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 Indice 
 Testo integrale 
Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 22 novembre 2016 - Strasburgo Edizione rivista

Accordo sui beni ambientali (discussione)
MPphoto
 

  Alessia Maria Mosca, Autrice. – Signora Presidente, signora Commissaria, onorevoli colleghi, il commercio e l'ambiente sono strettamente collegati. Il rapporto tra i due ambiti, però, non è univoco. Si potrebbe argomentare che l'espansione degli scambi internazionali e la crescita siano una delle cause del riscaldamento globale. È tuttavia necessario riconoscere alla globalizzazione il grande merito di aver favorito la diffusione delle tecnologie a basso impatto ambientale e di migliori standard.

È per questo che riteniamo così importante l'accordo sui beni verdi che si sta negoziando tra 17 parti, tra cui Stati Uniti e Cina, oltre all'Unione europea. I negoziati che, da quanto sappiamo, hanno avuto fasi alterne di rapidità e successo, ma che potrebbero concludersi in dicembre, presentano alcuni elementi di criticità. Abbiamo dunque presentato questa interrogazione con cui chiediamo chiarimenti relativamente alla strategia della Commissione e agli interessi offensivi e difensivi dell'Unione nell'ambito dei beni ambientali.

Alla base della nostra richiesta vi sono due preoccupazioni. La prima, concettuale, riguarda la natura dell'accordo stesso e, in particolare, l'obiettivo di contribuire alla lotta al cambiamento climatico. Temiamo infatti che a causa della mancanza di una definizione di "bene ambientale", l'accordo possa tradire i risultati della conferenza di Parigi. Ci interroghiamo su come la credibilità ambientale dell'accordo possa non essere compromessa dall'inclusione di alcuni prodotti che a fatica si possono classificare tra quelli ad uso ambientale o a maggiore efficienza energetica.

Altrettanto preoccupante è la scelta di non considerare l'impatto della produzione e il potenziale doppio uso degli articoli selezionati. L'aumento delle importazioni da paesi con una regolamentazione meno stringente potrebbe determinare un aumento delle emissioni. Ricordo a questo proposito che quando parliamo di dumping non ci riferiamo solo alla dimensione economica ma che pensiamo anche alle conseguenze sociali e ambientali. La liberalizzazione di alcuni prodotti come le biciclette, il cui processo manifatturiero in Europa rispetta i più rigidi standard, potrebbe paradossalmente avere un impatto ecologico negativo. Una tonnellata di CO2 emessa in un paese con regolamenti meno rigorosi, oltre che parimenti dannosa, è anche più conveniente.

Pensando ad articoli come le tubature, domandiamo alla Commissione come intenda regolarne l'eventuale doppio uso. Un tubo, infatti, potrebbe essere impiegato sia per una centrale per il riciclo delle acque, sia nella costruzione di un oleodotto.

La seconda preoccupazione è di natura economica. L'Europa è leader nell'ambito dei beni ambientali. Consci della crescita ininterrotta del settore e della relativa ricaduta occupazionale, ci chiediamo se gli interessi offensivi europei siano effettivamente riflessi nell'accordo. Oltre ai dazi, infatti, i maggiori ostacoli incontrati dalle nostre aziende sono di natura non tariffaria. Temiamo che una loro esclusione possa pregiudicare i nostri interessi. L'Europa non può permettersi di aumentare la propria esposizione alla concorrenza senza ottenere eguale accesso ai mercati esteri.

Un'altra importante esclusione riguarda i servizi. Ad esempio, la manutenzione e la riparazione di un parco eolico possono raggiungere il 40% del valore totale della vendita: domandiamo pertanto alla Commissione come procedano le trattative per l'inclusione di entrambi questi aspetti.

In conclusione, lo stato attuale dell'ambiente ci impone un'azione concreta contro il cambiamento climatico. Allo stesso tempo, questo accordo potrebbe offrire grandi potenzialità economiche per un settore in forte crescita. Non possiamo perdere l'occasione di dimostrare come il commercio sia anche uno strumento di sviluppo sostenibile e possa quindi contribuire al miglioramento della vita delle persone e del pianeta.

 
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