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Resoconto integrale delle discussioni
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Mercoledì 2 luglio 2003 - Strasburgo Edizione GU
1. Programma di attività della Presidenza italiana
 2. Votazioni
 3. Cecenia
 4. Preparazione della riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Cancún, 10/14 settembre 2003)
 5. Corte penale internazionale
 6. Tempo delle interrogazioni (Consiglio)
 7. Cielo unico europeo
 8. Sistema temporaneo di transito per gli automezzi pesanti che transitano attraverso l’Austria (2004)
 9. Passeggeri del trasporto aereo (compensazione, assistenza)
 10. Programma Marco Polo
 11. Protezione dei pedoni e di altri utenti della strada vulnerabili in caso di urto con un veicolo a motore


  

PRESIDENZA DELL’ON. COX
Presidente

(La seduta inizia alle 9.05)

 
1. Programma di attività della Presidenza italiana
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la dichiarazione del Presidente in carica del Consiglio sul programma della Presidenza italiana(1).

Invito ora il Primo Ministro italiano, il Presidente in carica del Consiglio Silvio Berlusconi, a presentare all’Assemblea il programma della Presidenza italiana.

(Il Presidente in carica del Consiglio si alza per intervenire e alcuni deputati del gruppo Verde/Alleanza libera europea espongono cartelli in varie lingue con la scritta “La legge è uguale per tutti”; proteste da parte dell’onorevole Pannella)

Abbiamo un Presidente in Aula, onorevole Pannella. Tratterò la questione nelle mie funzioni di Presidente.

Onorevoli colleghi, avete chiarito il vostro punto di vista. Vi chiedo ora di rispettare il decoro della procedura, ritirare i cartelli e permetterci di ascoltare dignitosamente la dichiarazione della Presidenza italiana.

(Applausi a destra)

 
  
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  Berlusconi, Presidente del Consiglio. – Signor Presidente, in quanto paese fondatore, l’Italia ha una lunga esperienza di fedeltà alla lettera e allo spirito dei Trattati che in pochi decenni ci hanno portato a costruire, nel segno della pace, uno dei più straordinari esperimenti politici e istituzionali nella storia dell’umanità. Sentiamo perciò con viva tensione morale e intellettuale la responsabilità e l’onore di presiedere l’Unione in una fase costituente, quando bisogna aggrapparsi saldamente alla lezione del passato per costruire l’avvenire, per affrontare novità e occasioni fino a ieri impensabili, per superare le differenze e risolverle in una nuova ricchezza da investire nel progetto comune.

L’ingresso a pieno titolo di nuovi Stati membri e la conseguente ridefinizione della nostra identità impongono oggi il rilancio dell’arte della mediazione. L’Europa contemporanea, così come l’hanno costruita le sue classi dirigenti, è nata da grandi sforzi della volontà e da grandi intuizioni dell’intelligenza, che hanno dato un’anima e un linguaggio a valori e sentimenti comuni, integrando e rilanciando i diversi filoni in cui si suddividono la storia, la tradizione e la cultura degli Stati nazionali.

L’Europa oggi è grande: è grande per il cammino che ha percorso, per le sue potenzialità, per il suo orgoglioso contributo alla pace e al diritto internazionale, ma è grandissima per la concretezza e la perizia tecnica con cui è riuscita a superare ogni tipo di crisi, ogni difformità di interessi, ogni diversità di visione, attraverso un metodo comune, regole comuni e uno stile comune nell’adeguare questo metodo e queste regole alla realtà del mondo in movimento.

Sappiamo tutti che l’arte della mediazione talvolta ha i suoi costi, e qualche volta costi pesanti. Senza il soffio vitale e trascinante di obiettivi condivisi, la mediazione può diventare qualcosa di molto simile alla paralisi burocratica, ad una lunga ed estenuante serie di elusioni dei problemi e di rinvii delle soluzioni. Il parlamento italiano, a cui non è mai mancato il coraggio della verità, ha avvertito con forte sensibilità e ha spesso denunciato con sincero trasporto europeista le fasi di stanchezza e di gioco al ribasso che hanno caratterizzato certi periodi della nostra vita nella Casa comune degli europei. Ed è per questo che l’Italia, con la sicurezza che le deriva da un’esperienza antica e con l’umiltà necessaria nel trattamento delle grandi e decisive questioni politiche, farà tutto quanto è in suo potere – e tutto quanto essa considera suo dovere – per garantire a questo Parlamento, alla Commissione esecutiva e al governo del Consiglio europeo il terreno più fertile per una consapevole, serena e responsabile decisione politica sul nostro futuro. Lo scopo della mediazione è, infatti, decidere sulla sostanza delle cose, e la composizione delle nostre differenze sarà un successo soltanto se ci consentirà di fare un grande salto in avanti e di dotare le nostre economie in via di progressiva integrazione, le nostre culture, la nostra politica estera e la nostra politica di difesa, di una nuova ed efficiente fisionomia istituzionale.

Una grande Europa ha bisogno di grandi istituzioni. E se il mondo chiede un’Europa autorevole di fronte alle grandi sfide della lotta al terrorismo internazionale, della riduzione delle ineguaglianze e degli squilibri, della ripresa dell’economia globale, è nostro dovere offrirgli un’Unione capace di pesare perché decide, un soggetto capace di decidere con voce forte e chiara in base a una chiara percezione dell’interesse e delle convinzioni comuni, superiori a ogni tipo di particolarismo. Questa Unione, che abbiamo deciso di costruire insieme e i cui contorni abbiamo discusso anche nello splendido lavoro della Convenzione presieduta dal Presidente Valéry Giscard d’Estaing, con il fattivo contributo della Presidenza greca e dei rappresentanti della Commissione, del Parlamento europeo e dei parlamentari nazionali, non può che fondarsi sul quadro di valori e di esperienza storica che ci unisce da oltre mezzo secolo all’altro grande soggetto della democrazia liberale moderna, agli Stati Uniti d’America, cofondatori, insieme a noi, dell’Alleanza atlantica. E affinché questo intreccio di diverse partnership, a un diverso livello di integrazione politica, ricominci a vivere all’altezza delle sue ambizioni e delle sue conquiste di civiltà, in uno spirito di pace e di sicurezza mondiale, occorre che dai rapporti fra gli Stati sia bandita ogni forma di monologo in favore del più aperto, sincero e corretto dialogo.

L’Europa può curarsi della sindrome di Amleto e decidere di essere senza riserve un protagonista attivo della scena mondiale; può dotarsi degli strumenti diplomatici, economici e militari per farlo in modo convincente, senza mettere in discussione né la sua autonomia né le sue radici né il grande impianto di libertà difeso per lunghi decenni nel quadro delle sue alleanze occidentali. Intorno a questo, come abbiamo constatato di recente al Vertice di Salonicco, c’è una grande consapevolezza comune, fissata in un documento di grande interesse coordinato dal Rappresentante per la politica estera e di sicurezza Javier Solana, che già tende a superare in una nuova visione strategica le differenze emerse negli scorsi mesi a proposito della drammatica crisi irachena e degli sviluppi della cruciale questione mediorientale.

L’Italia sa di non essere sola nel tentare ancora una volta l’azzardo, la scommessa di una mediazione felice, positiva, che faccia andare avanti le cose. Nel Parlamento presieduto dal collega Pat Cox e nei suoi gruppi politici, che abbiamo incontrato con piacere e con profitto a Roma, sentiamo di avere un interlocutore attento e paziente, ma che non farebbe sconti di fronte a nostri errori. Nella Commissione esecutiva, presieduta da Romano Prodi, vediamo l’indispensabile elemento di continuità dell’amministrazione e di coordinamento quotidiano del nostro sistema istituzionale. E il Consiglio europeo, sia nel rilancio del piano per la crescita, fondato sull’investimento di grandi risorse nelle infrastrutture civili, sia nella grande occasione costituzionale della imminente Conferenza intergovernativa, sarà la sede deputata in cui questa Presidenza semestrale dell’Unione, affidata all’Italia, cercherà di definire un’intesa coraggiosa, ma non spericolata, sulle grandi questioni degli assetti istituzionali, dell’estensione del voto a maggioranza, dei confini della politica estera e di sicurezza comune, e dello spazio giudiziario europeo.

Non possiamo ignorare che su alcuni di questi argomenti esistono tra gli Stati membri posizioni ancora differenziate. La Presidenza italiana compirà ogni sforzo per far convergere queste posizioni, avendo però ben chiaro che non sarà possibile procedere ad una completa ridiscussione del progetto di Trattato costituzionale della Convenzione. La Conferenza intergovernativa dovrà quindi concentrare i propri sforzi sui punti ancora realmente controversi. Da questa impostazione deriva anche l’obiettivo della Presidenza di rispettare il calendario suggerito dal Consiglio europeo di Salonicco. Apriremo quindi la Conferenza intergovernativa nel corso del mese di ottobre e la condurremo a ritmo serrato nella auspicabile prospettiva di pervenire ad un accordo entro dicembre.

(Applausi a destra)

Il Parlamento europeo sarà associato nel modo più appropriato ai lavori della Conferenza. Io chiederò al Consiglio europeo di associare in via permanente il Presidente del Parlamento europeo ai lavori dei Primi Ministri e capi di governo.

(Applausi a destra)

Chiederò al Consiglio dei ministri degli Esteri di associare in modo permanente ai loro lavori i rappresentanti del Parlamento europeo. I lavori si svolgeranno ad elevato livello politico per evitare che lo slancio della Convenzione si areni in un negoziato tecnico-diplomatico, come si è verificato nelle precedenti Conferenze intergovernative. In questa prospettiva mi impegno a ritornare innanzi a voi dopo l’apertura della Conferenza intergovernativa e all’indomani del Consiglio europeo di dicembre per verificare insieme il cammino percorso.

L’obiettivo è quello di consentire la firma del futuro Trattato costituzionale nel periodo compreso fra il 1° maggio 2004, data dell’ingresso formale dei dieci nuovi Stati membri, e le elezioni per il rinnovo del Parlamento previste nel prossimo giugno. Un prolungamento del negoziato oltre tali date comporterebbe, da un lato, la dispersione del prezioso patrimonio costituente elaborato dalla Convenzione, e, dall’altro, richiederebbe ai cittadini europei di votare per le elezioni del loro Parlamento senza conoscere i lineamenti istituzionali della futura Unione.

Non posso, infine, che essere compiaciuto del fatto che, per una apprezzabile ragione di continuità storica e simbolica con gli originali Trattati del 1957, si sia convenuto che la firma conclusiva del Trattato costituzionale debba aver luogo a Roma. Ne siamo onorati e faremo di tutto per riservare ai rappresentanti dei paesi membri un’accoglienza degna dell’occasione e naturalmente all’altezza della nostra tradizione.

Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione, la riforma costituzionale è certamente prioritaria per l’avvenire dell’integrazione europea, ma l’Unione deve essere anche in grado di rispondere giorno per giorno alle legittime attese dei suoi cittadini. L’Europa deve porsi sempre più come un fattore di crescita economica e di prosperità. Muoviamo in questo ambito da basi solide: l’Euro rappresenta un elemento di stabilità per le economie dei paesi che hanno scelto di condividere la sovranità monetaria, e la strategia di Lisbona ha individuato un percorso consensuale per il rafforzamento della competitività europea. Non dobbiamo però nasconderci le perduranti debolezze delle nostre strutture economiche, confermate da tassi di crescita che sono inferiori a quelli previsti.

La Presidenza italiana ha predisposto, sulla base del programma operativo annuale che abbiamo presentato all’inizio dell’anno insieme alla Grecia, alcune iniziative concrete. La modernizzazione dell’agricoltura, la tutela dell’ambiente, la protezione dei consumatori, la sicurezza alimentare rappresentano altrettante esigenze imprescindibili per i nostri cittadini, sulle quali l’Italia lavorerà al perseguimento delle finalità già individuate dalle precedenti Presidenze.

In questa sede dunque mi limiterò ad indicare tre punti che riteniamo cruciali per la competitività dell’Europa. Il primo è l’esigenza di un più efficace sostegno all’economia tramite un incremento degli investimenti pubblici e privati con la collaborazione delle istituzioni finanziarie europee, in primo luogo della BEI. Tale strategia deve, a nostro avviso, basarsi soprattutto su un rilancio della politica delle grandi reti infrastrutturali transeuropee. Nell’Unione ampliata l’effettivo funzionamento del mercato interno richiede un’accresciuta mobilità di merci e servizi, e quindi una più efficiente rete di trasporti. Si tratta di conciliare le legittime esigenze della stabilità monetaria e del rigore finanziario – che non vanno in alcun modo messe in discussione – con un maggiore stimolo alla crescita dell’economia, mediante investimenti non solo nelle infrastrutture ma anche nella ricerca e nella innovazione tecnologica, giacché siamo fermamente convinti del fatto che il capitale umano rappresenti la principale risorsa dell’economia europea.

(Applausi a destra)

Secondo elemento prioritario è la riflessione sulla sostenibilità dei regimi pensionistici e previdenziali europei. La solidarietà tra le generazioni e l’adattamento dei regimi esistenti alla realtà di un progressivo invecchiamento della nostra società costituiscono una sfida a cui non possiamo sottrarci. Tenendo conto delle diverse situazioni di ciascuno Stato membro, dobbiamo porre allo studio politiche volte ad incrementare il tasso di occupazione tra i lavoratori più anziani e a ridurre la propensione al pensionamento anticipato.

Infine, come terzo punto poniamo la modernizzazione dei mercati del lavoro e la promozione dell’imprenditorialità, soprattutto con riferimento alle piccole e medie imprese. Anche in questo campo solo un approccio coordinato tra i vari membri dell’Unione europea ci permetterà di cogliere le opportunità che sono offerte dal grande mercato comune che si sta estendendo ai nuovi dieci membri.

Queste linee di azione potranno attuarsi attraverso il dialogo tra le parti sociali. Il modello europeo, infatti, si fonda su un’economia di mercato che mira a bilanciare la libera impresa con le esigenze di coesione e di solidarietà. A questo proposito non possiamo non rivolgere la nostra attenzione a quell’Europa più fragile, silenziosa, troppo spesso messa in secondo piano dall’inerzia delle legislazioni, ma non per questo meno ricca di valore civile e significato morale: mi riferisco a quei 38 milioni di cittadini europei che sono disabili. L’Unione europea ha proclamato il 2003 “Anno europeo delle persone con disabilità”. La Presidenza italiana, congiuntamente alle manifestazioni e campagne di sensibilizzazione e di informazione già organizzate, si attiverà per gettare le basi di un’azione legislativa contro le discriminazioni: uno strumento che vada a tutelare le persone con disabilità in tutti gli aspetti della vita quotidiana e ad assicurare loro un futuro di speranza.

(Applausi a destra)

Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione, l’Unione europea è anche un fattore di stabilità internazionale e la sua responsabilità a questo riguardo comincia alle sue immediate frontiere e dipende dalla sua capacità di rivelarsi disponibile a forme sempre più avanzate di cooperazione con i paesi vicini. Anche in questo caso la Presidenza italiana intende proseguire nel solco delle attività svolte da quanti ci hanno preceduto nell’esercizio delle funzioni presidenziali.

Nell’attuale fase tra la firma e l’entrata in vigore dei Trattati di adesione cercheremo di assicurare la piena partecipazione dei dieci nuovi Stati membri ai lavori del Consiglio facilitandone la completa integrazione nei meccanismi istituzionali dell’Unione. Nel contempo, cercheremo di definire entro dicembre una tabella di marcia per la Bulgaria e per la Romania che apra le porte all’adesione di questi due paesi entro il 2007. Continueremo la strategia di preadesione nei confronti della Turchia sulla base delle condizioni definite al Consiglio europeo di Copenaghen dello scorso dicembre. Sappiamo che la decisione sulla data dell’avvio dei negoziati sarà presa solo alla fine del prossimo anno, ma in tale prospettiva ci sembra quanto mai opportuno che l’Unione sostenga attivamente il processo di riforma già avviato dall’attuale governo turco. Continueremo a ribadire la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali, in linea col processo di Zagabria. L’agenda che abbiamo approvato in materia a Salonicco rappresenta un ulteriore passo avanti. Analizzando retrospettivamente il ruolo dell’Unione europea nei Balcani, possiamo sentirci orgogliosi. Se compariamo la situazione attuale a quella di dieci anni orsono, constatiamo che l’intervento dell’Europa e degli Stati Uniti ha permesso di chiudere i conflitti sanguinosi dell’ex Jugoslavia, l’ultima grande guerra civile europea, sperando che questa sia stata anche l’ultima volta in cui si è versato sangue europeo in terra europea.

Riteniamo che ora sia opportuno passare dalla fase attuale degli accordi di associazione e stabilizzazione ad una strategia più integrata, con lo scopo di rafforzare il nostro rapporto con i paesi della regione. Siamo coscienti della complessità di tale approccio, ma sappiamo anche che la prospettiva europea è l’unica in grado di fornire un incentivo efficace ai governi di questi paesi affinché procedano senza indugi sulla strada delle riforme, della modernizzazione, del libero mercato e dello Stato di diritto.

La Presidenza italiana valuta in modo estremamente positivo l’invito della Commissione, condiviso dagli Stati membri, a favorire rapporti sempre più stretti con le aree a noi più prossime, per la cosiddetta Wider Europe; cercheremo quindi di rafforzare i nostri rapporti con l’Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia. Cercheremo altresì di consolidare in special modo il rapporto con la Federazione russa attraverso un dialogo sempre più serrato e attraverso misure concrete che diano il segno tangibile della volontà russa di appartenere al tessuto economico, politico, sociale e culturale dell’Europa e dell’Occidente.

Pensiamo che l’attenzione dedicata, dopo il crollo del comunismo, all’Europa dell’est debba essere ora bilanciata da un uguale interesse per il dialogo euromediterraneo: un dialogo decisivo nei rapporti dell’Occidente con il mondo islamico, un problema che ci sembra oggi dominante quanto lo fu in passato il problema dei paesi dell’est. La nostra prospettiva è l’attuazione di una zona di libero scambio euromediterranea, già aperta dalla conferenza di Barcellona. Lo sviluppo economico e sociale dell’area sud del Mediterraneo è essenziale per l’equilibrio mondiale, dato il livello culturale, politico e demografico del Mediterraneo meridionale. L’integrazione dell’economia europea con quella dei paesi arabi è una grande sfida del nostro tempo ed è la chiave per la pace e la sicurezza di quest’area e dell’Europa tutta.

Coltiveremo quindi il dialogo euromediterraneo, a cui dedicheremo molteplici iniziative nel settore economico, culturale e sociale – tra cui una Fondazione per il dialogo tra le culture e le civiltà – e coltiveremo il progetto di trasformare la facility finanziaria, attualmente attiva in ambito BEI, in un organismo autonomo, cioè in una vera e propria Banca mediterranea.

La Presidenza italiana, sulla base delle decisioni adottate dalle Conferenze ministeriali euromediterranee di Valencia e di Creta, recepite dal Consiglio europeo di Salonicco, conferma la volontà, espressa dal Parlamento europeo e dai parlamenti nazionali, d’istituire entro il semestre di Presidenza italiana l’Assemblea parlamentare euromediterranea, segno di una permanente volontà di dialogo tra l’Europa e i paesi che si affacciano sulle rive del Mediterraneo.

Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione, l’instaurazione di condizioni di sicurezza internazionale rappresenta oggi un compito primario per i paesi che condividono un sistema di valori universali basati sulla libertà, sulla democrazia, sulla pace. E’ questo il principale terreno su cui vanno oggi rilanciate le fondamentali relazioni transatlantiche e la partnership tra Europa e Stati Uniti. Vogliamo ribadire il nostro convincimento sul fatto che non ci sono contraddizioni tra un forte impegno europeo ed una altrettanto forte solidarietà transatlantica. In questo spirito intendiamo adoperarci per restituire al rapporto tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America spessore e dinamismo, che sono anche condizione essenziale per una maggiore autorevolezza dell’Europa sulla scena internazionale. La definizione di una solida ed equilibrata relazione transatlantica dipende anche da un sostanziale impegno europeo in materia di difesa che sia coerente con il quadro NATO.

La lotta contro il terrorismo e contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il sostegno alla promozione della democrazia e al rispetto dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali rappresentano terreni concreti sui quali sperimentare la nostra capacità di costruire un solido rapporto di collaborazione tra le due sponde dell’Atlantico: pensiamo nella fattispecie alla ricostruzione di un tessuto democratico e civile in Iraq e al sostegno del processo di pace in Medio Oriente.

Quanto al Medio Oriente, ora, sappiamo bene che si tratta di una situazione estremamente complessa. La nostra Presidenza – unitamente a Stati Uniti, Federazione russa e Nazioni Unite – opererà a sostegno della roadmap affinché si indichino tempi e modalità per l’avvio di una Conferenza internazionale di pace. Il mio paese ha offerto la Sicilia come sede per questa conferenza. Vi sono almeno due linee di azione che intendiamo promuovere: da un lato, recuperare un rapporto di maggiore fiducia con Israele, nella prospettiva di una più ampia e strutturata collaborazione reciproca; dall’altro, attuare il piano – già lanciato dall’Italia ai Consigli europei e in sede di G8 – per la ricostruzione dell’economia palestinese, un piano che possa fungere da incentivo concreto ed efficace nei negoziati tra le parti.

Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione, obblighi di sintesi mi precludono la possibilità di elencare tutti i compiti che competono all’Unione sulla scena mondiale. Ma non posso non accennare agli interessi economici, culturali, civili, e direi spirituali, che legano l’Europa all’America latina, che in questo momento vive un periodo di cambiamento che l’Europa si augura fecondo di libertà e di giustizia. Sono gli Stati latinoamericani a chiederci un’apertura delle frontiere degli scambi economici. Il successo dell’America latina è quello dell’altra America, legata all’Europa in modo diverso ma non meno profondo che l’America del Nord.

Desidero anche assicurare che lavoreremo per intensificare i rapporti già esistenti con l’Africa, cui siamo legati per la sua storia carica di pagine dolorose, con l’Asia, con le organizzazioni regionali, con il sistema delle Nazioni Unite per portare innanzi insieme le grandi sfide della lotta alla povertà e alle malattie, della difesa dell’ambiente, della prevenzione dei conflitti. Saremo attenti anche all’equilibrato sviluppo del commercio internazionale come fonte di maggiore benessere e di riduzione delle disparità, che sarà l’oggetto della Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio di Cancún del prossimo settembre.

Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione, i cittadini europei chiedono istituzioni democratiche e trasparenti, un’economia prospera, una società libera, ma anche uno spazio di libertà e di sicurezza. A Tampere, a Siviglia e, da ultimo, a Salonicco, il Consiglio europeo ha riconosciuto l’esigenza di migliorare le capacità europee di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, all’immigrazione clandestina e ai traffici ad essa collegati, attuando un più efficace controllo delle frontiere esterne dell’Unione. Cercheremo di lavorare su questi temi puntando alla mobilitazione di adeguate risorse finanziarie, alla graduale realizzazione di una politica comune dei rimpatrii e ad una gestione integrata delle frontiere esterne. Soprattutto, però, ribadiremo l’esigenza di inserire i temi dell’immigrazione clandestina nelle relazioni tra l’Unione e i paesi di origine e transito dei flussi. Dovremo avviare incisive forme di collaborazione con alcuni dei nostri vicini, soprattutto mediterranei e balcanici, in materia di controllo e gestione dei flussi migratori. La nostra legittima richiesta a tali paesi di una più efficace collaborazione nell’opera di prevenzione dell’immigrazione clandestina si accompagnerà ad una volontà di integrazione nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, legalmente residenti nel territorio dell’Unione. Oltre al proseguimento delle attività normative in materia di asilo e di visti, riteniamo prioritario migliorare il funzionamento di tutti i meccanismi operativi dell’Unione in materia di contrasto alle attività criminali, a cominciare dal potenziamento di Europol.

Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione, dalle considerazioni che ho svolto emergono chiaramente la delicatezza e la complessità delle sfide con cui si deve confrontare l’Unione europea e alla cui soluzione la nostra Presidenza cercherà di contribuire, compatibilmente con il limitato tempo a disposizione, con spirito di umiltà, con spirito di servizio e nel fermo e pieno convincimento che la sicurezza e la prosperità del nostro avvenire dipenderanno sempre più dal processo di integrazione europea che ci ha già garantito, per mezzo secolo sino ad oggi, pace, libertà, sicurezza e benessere. L’Europa di oggi non è più quel leggero aquilone, capace di intercettare il vento della storia, dei tempi del Trattato di Roma. Si è molto irrobustita, la nostra Unione, e dunque si è appesantita di responsabilità e di doveri, verso i partner e verso il resto del mondo. La mia aspirazione è che, nel corso della Presidenza italiana e in vista di quella irlandese, si riesca, con la cooperazione di tutti i soggetti interessati e con lo speciale aiuto dei nuovi paesi membri, a restituire a questo nostro gigante istituzionale qualcosa della sua leggerezza e del suo slancio originario.

(Applausi a destra)

 
  
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  Prodi, Presidente della Commissione. Signor Presidente del Parlamento, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli parlamentari, la Presidenza italiana si apre in un periodo cruciale della vita dell’Unione: essa ha innanzitutto il compito, impegnativo ma esaltante, di portare a buon fine il processo di revisione dei Trattati fondatori dell’Unione realizzando la prima Costituzione europea. Durante il semestre di Presidenza italiana si aprirà, infatti, la Conferenza intergovernativa, che lavorerà sulla – anzi, sulla “buona base”, per riprendere le conclusioni di Salonicco – del progetto di Trattato costituzionale elaborato dalla Convenzione. Grazie a questa Convenzione l’Europa ha infatti vissuto, per la prima volta, un processo costituzionale. Non possiamo quindi sottovalutare l’irruzione della parolaCostituzione” nella nostra vita europea. Tale irruzione ha permesso di raggiungere risultati che sembravano del tutto irrealizzabili qualche tempo fa: la Carta dei diritti fondamentali entra a far parte del Trattato costituzionale; l’Unione acquista una sola personalità giuridica, ciò che ne rafforza la statura internazionale. La definizione dei poteri dell’Unione consentirà ai cittadini di distinguere meglio le competenze tra Unione e Stati membri.

Tuttavia, non ho mai fatto mistero della mia insoddisfazione per il fatto che alcune riforme indispensabili – e invocate da molti – o non sono state intraprese, oppure lo sono state con eccessiva timidezza. Ecco perché la Commissione si appresta, in settembre, nel suo parere relativo all’apertura della Conferenza intergovernativa, a rimettere sul tavolo negoziale della Conferenza le questioni chiave tuttora irrisolte. Il voto a maggioranza qualificata è stato esteso a molte aree ma non in misura sufficiente a rispondere ai bisogni di un’Unione allargata: vi sono altre aree in cui l’unanimità va eliminata. E’ difficile infatti pensare ad un’Europa efficiente se essa deve prendere decisioni col consenso unanime di 25 Stati: è impossibile.

La soluzione individuata per la composizione della Commissione non concilia le esigenze di rappresentatività e di efficienza. La Presidenza stabile del Consiglio europeo rischia infatti di dar luogo a sovrapposizioni e conflitti con la Commissione.

L’euro, una delle più grandi realizzazioni politiche dell’Unione – forse la più grande – continua a non essere rappresentato in modo efficace e coerente sulla scala internazionale. Rimane inoltre necessario inserire le clausole di revisione della Costituzione a maggioranza rafforzata. Non riesco infatti a immaginare come si potrà adattare la Costituzione alle nuove esigenze dell’Unione senza una procedura di revisione fondata sulle regole della maggioranza. Nulla si riforma all’unanimità.

Un quadro istituzionale, infine, più democratico e più efficiente dovrà scaturire dalla Conferenza intergovernativa ed è fondamentale anche per condurre una politica economica e sociale e una politica estera più incisive. La Commissione ha la volontà politica, gli argomenti e, permettetemi di dire, anche l’entusiasmo per insistere con forza e sino in fondo su questi punti.

Signor Presidente del Parlamento, signor Presidente del Consiglio, onorevoli parlamentari, l’altra grande sfida di questi prossimi sei mesi è il proseguimento della costruzione della “grande Europa” e l’attuazione di una nuova strategia di vicinato. Stiamo proseguendo nella realizzazione dell’allargamento e dovremo attuare pienamente le strategie di preadesione nei confronti dei paesi candidati. La Commissione vi lavora attivamente. L’obiettivo è che questo processo funzioni bene, al servizio dei cittadini e al servizio degli Stati membri, vecchi e nuovi. Sotto la spinta del Vertice di Salonicco potremo inoltre proseguire sulla via di un partenariato sempre più stretto con i Balcani, senza cui questa fase del processo di allargamento non potrà mai definirsi completa.

A Salonicco abbiamo concordato l’agenda che dovrà portare i paesi dei Balcani a diventare membri a pieno titolo dell’Unione, e io sono certo che la Presidenza italiana si impegnerà a fondo per continuare a mantenere questa regione al centro degli obiettivi prioritari dell’Unione. Sono lieto che la strategia da me proposta, cioè la costruzione dell’anello dei paesi amici, cominci a portare i frutti attesi e che i capi di Stato e di governo abbiano dato il loro appoggio unanime a questa politica di lungo termine dell’Unione. In questo contesto è fondamentale passare subito alla fase operativa di questa nuova strategia di vicinato, attraverso specifici piani di azione e nuovi sistemi di assistenza. In tal senso stiamo elaborando alcune proposte che il Parlamento e il Consiglio avranno occasione di esaminare e approfondire. In particolare, per quanto riguarda l’area mediterranea, conto che entro la fine dell’anno potranno vedere la luce la Banca euromediterranea e la Fondazione per il dialogo tra le culture. Sarà inoltre fondamentale svolgere un ruolo chiave nell’attuazione, come lei ha detto, Presidente, della roadmap, alla cui elaborazione l’Unione europea ha offerto un contributo assolutamente decisivo, assieme agli Stati Uniti, alla Russia e alle Nazioni Unite.

Le relazioni transatlantiche continueranno a ricevere tutta la nostra attenzione. Il recente Vertice UE-USA di Washington ha rappresentato un momento importante di svolta positiva nei nostri rapporti con gli Stati Uniti. Al di là dei contenuti del Vertice stesso – che si è dimostrato uno dei più densi degli ultimi anni – l’elemento più significativo è stata la ferma volontà, espressamente manifestata da tutt’e due le parti, di ricreare un clima di collaborazione e di solidarietà. Non voglio con questo dire che non esistano differenze nel nostro modo di vedere e di affrontare specifiche questioni, ma anche quando questo accade, la solidità del nostro rapporto non può essere messa in discussione. Come ho sottolineato in occasione del Vertice, i nostri obiettivi sono gli stessi, anche se talvolta li vogliamo realizzare con metodi fra di loro assai diversi. L’esempio forse più evidente di questa realtà è il rapporto tra Stati Uniti e Unione europea in materia di commercio internazionale. Entrambi vogliamo meno barriere, migliore accesso ai mercati, un commercio più equo, regole più certe ma anche intelligentemente temperate per favorire i paesi più poveri.

Su alcuni di questi temi, le nostre proposte operative sono tuttavia divergenti. Questo non ci impedisce però di avere un rapporto stretto e continuo, grazie al quale noi gestiamo le nostre differenze, né ci impedisce di lavorare congiuntamente per assicurare un esito positivo ai negoziati multilaterali nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio. Questo vorrei sottolinearlo con forza, perché tutto ciò è possibile grazie al fatto che, in materia commerciale, l’Unione parla e negozia con una sola voce. Essa è perciò un partner autorevole e influente, mentre non lo è affatto nei campi in cui la competenza è divisa e frammentata.

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli parlamentari, la sfida più difficile che abbiamo di fronte è quella di ricreare le condizioni di una crescita economica dell’Unione forte, equilibrata e duratura. La situazione è difficile: la crescita economica è molto rallentata, anche se mi pare fuori luogo parlare di deflazione. Dobbiamo inoltre, nello stesso tempo, affrontare la riforma del sistema di sicurezza sociale europeo. La concorrenza dei nostri partner commerciali e l’invecchiamento della popolazione rendono urgentissima la realizzazione di tale riforma. Contemporaneamente, però, disponiamo di un’enorme, unica opportunità: un mercato interno integrato di quasi mezzo miliardo di persone. Credo che non ci rendiamo conto di questo grande strumento per il nostro futuro.

E’ dunque indispensabile riflettere operativamente sugli strumenti di coordinamento più stretto delle politiche economiche e fiscali dell’Unione, per affrontare insieme le difficoltà, usufruendo insieme degli enormi vantaggi che l’Unione offre. Conscia della serietà di queste sfide, la Commissione ha già lanciato, nei mesi scorsi, due iniziative che hanno ricevuto un sostegno convinto da parte del Consiglio europeo: da un lato, abbiamo proposto, e ottenuto, di utilizzare tutta la flessibilità contenuta nel Patto di stabilità e di crescita al fine di permettere di adattare la politica fiscale di ogni paese alla specifica situazione congiunturale, senza perdere di vista gli obiettivi di stabilità e senza superare il limite del 3 per cento. Come ho già detto più volte, però, questo era necessario, ma non sufficiente. Bisogna allora passare a una fase di coordinamento più stretta e le politiche fiscali degli Stati membri, specie quelle con il debito pubblico più elevato, debbono diventare più sostenibili nel lungo termine. D’altra parte, al Consiglio europeo di Bruxelles del marzo scorso, avevo sollevato a nome della Commissione il problema della necessità di rilanciare con urgenza la realizzazione delle infrastrutture necessarie allo sviluppo europeo e a sostenere la ricerca, fino a raggiungere il tetto del 3 per cento rispetto al prodotto interno lordo europeo, com’era peraltro previsto dagli obiettivi che ci siamo, noi stessi, imposti a Lisbona. Nello stesso Consiglio avevo anche osservato con preoccupazione che gli investimenti della ricerca negli Stati membri sono invece diminuiti, in termini assoluti, rispetto allo scorso anno, mentre le grandi imprese europee trasferiscono una parte sempre più importante della loro ricerca fuori dall’Europa: centinaia di migliaia dei nostri migliori talenti vanno a lavorare – e vi rimangono per tutta la vita, contrariamente agli asiatici, che tornano a casa – negli Stati Uniti.

La Commissione ha perciò deciso di reagire. In collaborazione con la Banca europea per gli investimenti, stiamo finalizzando un’iniziativa per contribuire ad accrescere l’investimento complessivo e la partecipazione del settore privato nelle due aree chiave per raggiungere gli obiettivi di Lisbona: le reti transeuropee e i progetti di ricerca e sviluppo. Vogliamo mobilitare e coordinare tutte le attuali fonti di finanziamento dell’Unione ed esplorare possibili alternative, senza compromettere la stabilità dei bilanci dei paesi membri. La Commissione ha notato con compiacimento il forte sostegno che il governo italiano ha espresso recentemente nei confronti di questa strategia.

Infine, bisogna accelerare l’approvazione delle proposte che la Presidenza greca ha preparato ma che non sono ancora state approvate. L’approvazione di questi provvedimenti nel corso della Presidenza italiana contribuirà al miglioramento delle prospettive economiche e sociali dell’Unione. Si tratta in particolare delle proposte legislative nelle seguenti materie: lavoro interinale; offerte pubbliche d’acquisto (OPA); misure a seguito della catastrofe del Prestige; sicurezza degli approvvigionamenti del gas e dell’elettricità; il secondo pacchetto di liberalizzazione dei servizi ferroviari; le norme in materia di responsabilità ambientale; l’attuazione del piano decennale di azione per i disabili, che sarà presentato dalla Commissione durante il semestre italiano; le norme in materia di appalti; la creazione di un cielo unico europeo; la direttiva, così voluta, così importante, sulla tracciabilità degli OGM; la finalizzazione della direttiva sul brevetto europeo; l’armonizzazione delle procedure d’asilo; lo statuto di rifugiato e, infine, l’accordo con l’ESA per lo sviluppo della politica spaziale europea. Sono fiducioso che, con l’aiuto della Presidenza italiana e con l’aiuto suo personale, signor Presidente, potremo adottare rapidamente le decisioni operative che mancano alla realizzazione di questi obiettivi. La ripresa economica non è soltanto riforme; è anche fiducia che le proposte diventino rapidamente fatti concreti.

Signor Presidente del Parlamento, signor Presidente del Consiglio, onorevoli parlamentari, queste sono le sfide principali che dovremo affrontare nei prossimi mesi. Siamo innanzi a un vero e proprio processo di rifondazione europea, di tipo non solo costituzionale ma anche politico ed economico. La Commissione opera per mantenere e consolidare un’Europa forte e prospera, giusta e solidale. La grandezza del progetto europeo sta proprio nella sua capacità di rafforzare ed estendere la pace, la democrazia, la giustizia, la prosperità e la solidarietà.

La Commissione, infine, ha avviato un’ampia riflessione interna sulle prospettive finanziarie, com’era suo dovere, per il dopo 2006. In autunno, presenteremo il nostro progetto politico per un’Unione europea allargata e riformata, che dovrà venire discusso sotto la Presidenza italiana durante il Consiglio europeo di dicembre. Le prossime prospettive finanziarie rappresentano un passo fondamentale per il progetto europeo: entro il 2007 l’Unione avrà un nuovo assetto costituzionale, probabilmente 27 membri e quasi 500 milioni di cittadini.

Onorevoli deputati, stiamo vivendo un momento storico decisivo per la nostra Unione: un momento che richiede unità e forte volontà di cooperazione tra tutte le Istituzioni comunitarie, e tra queste e i nostri governi. Sono convinto che sapremo dare le risposte adeguate ai grandi interrogativi dell’Europa di oggi. Per questo, abbiamo bisogno di visione e di convinzione: di visione, perché stiamo veramente ponendo le basi per l’assetto dell’Europa nei decenni a venire e non possiamo adottare soluzioni di corto respiro semplicemente legate alla congiuntura, ancorché difficile; di convinzione, perché l’Europa non è una semplice opzione, non è una delle vie possibili; l’Europa è la sola via possibile: senza l’Europa, le nostre patrie, le nostre società saranno irrimediabilmente marginalizzate.

L’Italia, sin dall’inizio dell’avventura comunitaria, è stata presente e ha svolto un ruolo di grandissima rilevanza. Si pensi al trattato di Roma, si pensi alla preparazione dell’Atto Unico, si pensi, più in generale, all’entusiasmo e alla convinzione con cui l’Italia ha contribuito al raggiungimento dei grandi obiettivi europei, proprio partendo da questa Assemblea con grandi parlamentari come Altiero Spinelli o Emilio Colombo. Ci aspettiamo tutti con fiducia che l’Italia segua ancora e senza esitazioni questa strada.

(Applausi)

 
  
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  Poettering (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, Presidente Berlusconi, lei ha ricevuto vivi applausi per la sua dichiarazione al Parlamento europeo. Mi auguro che ciò sia indicativo del successo della Presidenza italiana che tutti attendiamo e auspichiamo. Vorrei chiedere a tutti i deputati, a prescindere dall’ala del Parlamento cui appartengono, di evitare che i dibattiti che si svolgono all’interno dei singoli Stati membri dell’Unione europea salgano a livello europeo e ci impediscano di realizzare i nostri obiettivi a questo livello. Dobbiamo ora realizzare i grandi e ambiziosi obiettivi che ci attendono.

(Applausi a destra)

Permettetemi di essere chiaro: il mio gruppo seguirà l’operato della Presidenza italiana con obiettività, onestà e con spirito di critica costruttiva, come ha fatto con ogni presidenza. A volte non si ha alcun senso del simbolismo. Tuttavia, sono estremamente consapevole della competenza di tutte le persone che rappresentano l’Italia non solo in seno al Parlamento, ma anche in seno al Consiglio europeo e alla Commissione: lei stesso, signor Presidente in carica del Consiglio, il Vicepresidente Fini, che ha svolto un ruolo importante in seno alla Convenzione, il ministro degli Esteri Frattini, il ministro per l’Europa Buttiglione, il Presidente della Commissione europea, Romano Prodi, e in ultimo ma non da meno, il Commissario italiano Mario Monti.

Sono molto lieto che le sue osservazioni concordino con quelle del Presidente della Commissione. In questo momento non si può fare a meno di pensare al 25 marzo 1957, data della firma dei Trattati di Roma in Campidoglio. Avete ora il compito formidabile – alcuni potrebbero considerarlo un peso, ma in realtà si tratta di una splendida opportunità – di apportare il vostro contributo mediante azioni specifiche, in modo che alla fine dell’anno si possa affermare che abbiamo la Costituzione europea di Roma, che sarà firmata proprio a Roma, forse in Campidoglio, quando i dieci nuovi paesi dell’Europa centrale e meridionale, cioè Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta e Cipro, ed i loro cittadini faranno parte dell’Unione europea. E’ un grandissimo momento storico! Non so se si debbano porgere al suo ministro degli Esteri Frattini le condoglianze o le congratulazioni per l’enorme compito che dovrà assolvere nelle prossime settimane e mesi, sotto la sua responsabilità, signor Presidente in carica del Consiglio, per completare il lavoro pratico necessario a conseguire tale obiettivo. Vorrei rassicurare la Presidenza italiana e tutti i nostri amici in Italia che il mio gruppo farà tutto il possibile per garantire il successo di questo importante processo e per arrivare ad ottenere una Costituzione europea.

(Applausi a destra)

Signor Presidente in carica del Consiglio, vorrei ringraziarla espressamente per aver ripetuto oggi in Aula – e penso che ciò abbia comportato una deviazione dal suo testo scritto – ciò che ha affermato la settimana scorsa a Roma alla Conferenza dei presidenti. Ha confermato la sua intenzione di far sì che il nostro Presidente sia presente alle riunioni dei capi di Stato e di governo e che i rappresentanti del Parlamento europeo partecipino alle riunioni dei ministri degli Esteri in cui si discute della Costituzione. Vorrei ringraziarla per tale rassicurazione, ma vigileremo per accertare che le sue parole diventino effettivamente una realtà.

Vorrei ribadire i sinceri ringraziamenti che ho già rivolto ieri ai nostri rappresentanti in seno al Praesidium della Convenzione, gli onorevoli Iñigo Méndez de Vigo e Klaus Hänsch, per l’ottimo lavoro svolto. I miei ringraziamenti vanno anche a tutti i parlamentari europei che hanno partecipato alla Convenzione, compreso il presidente del nostro gruppo in seno alla Convenzione, l’onorevole Elmar Brok. Siamo certi che, con il sostegno del Parlamento, sarà possibile raggiungere un risultato entro la fine dell’anno.

Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha parlato di forti Istituzioni europee. Ieri, in presenza del presidente del parlamento italiano, Pier Ferdinando Casini, di Helmut Kohl, cittadino onorario d’Europa, del Primo Ministro francese Jean-Pierre Raffarin e di molti altri, abbiamo festeggiato il cinquantesimo anniversario del nostro gruppo ed abbiamo ancora una volta affermato a chiare lettere che noi del gruppo PPE-DE siamo favorevoli a un’Europa comunitaria, perché sappiamo che un ritorno alla semplice cooperazione tra governi sarebbe un passo indietro. Questo è il motivo per cui le Istituzioni d’Europa devono essere forti e questo dev’essere il risultato finale del dibattito sulla Costituzione.

Al tempo stesso sappiamo che noi europei abbiamo le radici nei nostri paesi d’origine e nelle nostre regioni e che la cittadinanza europea deriva dalle nostre nazionalità e dai paesi da cui proveniamo. Un’Unione europea forte non è quindi in conflitto con i nostri paesi d’origine, bensì li completa.

Purtroppo, non ho il tempo di parola concesso al Presidente del Consiglio europeo e al Presidente della Commissione.

(Si ride, commenti)

Vorrei quindi limitarmi a un ultimo punto. Signor Presidente in carica del Consiglio, ha parlato di progetti di infrastrutture. Li esamineremo con grande attenzione. Tuttavia, ci porremo anche la seguente questione: la stabilità dell’euro, che deve anch’essa essere rappresentata all’estero – e sono d’accordo con il Presidente Prodi al riguardo – sarà indebolita da tali progetti? Non vogliamo che ciò accada. Vogliamo difendere un euro forte e la stabilità della nostra nuova moneta europea.

Per concludere, signor Presidente in carica del Consiglio, vorrei dire che le auguriamo un successo strepitoso, sia per lei personalmente che per il suo amato paese, l’Italia, ma soprattutto per noi, l’Unione europea. Sono lieto che i colleghi socialisti siano d’accordo: se saprete procedere lungo questa linea si potrà parlare di successo condiviso. Se riusciremo a conseguirlo, sarà per sempre scritto nei nostri libri di storia che il 16 aprile 2003 dieci paesi dell’Europa centrale e meridionale, come altri prima di loro, hanno firmato i trattati di adesione e quindi, dal 1° maggio 2004, avremo una Costituzione europea, firmata a Roma. Vi auguro un grande successo; il mio gruppo continuerà a seguirvi lungo questo percorso con uno spirito di critica costruttiva.

(Applausi a destra)

 
  
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  Presidente. Niente male, per un oratore con tempo di parola limitato!

(Si ride)

 
  
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  Barón Crespo (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, il Presidente in carica del Consiglio ha esordito parlando del ruolo storico dell’Italia nella costruzione europea.

Parlerò con franchezza a nome del gruppo socialista: desideriamo che l’Italia e la sua Presidenza facciano “bella figura” e trionfino, non che facciano “brutta figura” e falliscano. Ciò che ci inquieta è che, se ascoltiamo il Presidente Ciampi parlare di Europa, ci sentiamo molto tranquilli, ma se ascoltiamo il Presidente Berlusconi parlare di Europa, ci sentiamo più preoccupati. Oggi lei ha seguito la linea Ciampi. Il problema è quando afferma che bisogna abolire la Commissione europea o che la Russia e Israele devono aderire all’Unione europea domani mattina.

Siamo d’accordo sul fatto che la Convenzione ha prodotto un risultato storico. Mi permetta, signor Presidente, di ricordarle la prima frase del preambolo della Costituzione elaborata dalla Convenzione, che è stata scritta 2 500 anni fa e rimane tuttora valida – è la nostra convinzione fondamentale – ed è una citazione di Tucidide: “La nostra Costituzione … si chiama democrazia perché il potere non è nelle mani di pochi, ma dei più”.

(Applausi a sinistra)

Ciò significa che abbiamo l’obbligo di fare leggi nell’interesse generale e non per risolvere i casi specifici di pochi. Questa è la pietra angolare della costruzione europea.

(Applausi a sinistra)

Riguardo alla Convenzione e alla Costituzione, prendo atto della volontà di mediazione da lei manifestata. Vorrei dirle che noi, che vorremmo migliorare il testo della Convenzione, riteniamo si debbano prevedere solo formulazioni di ordine tecnico, cioè che si debba mediare sui problemi in sospeso, ma non riscrivere la Costituzione e, soprattutto, non fare passi indietro.

Ha fatto una proposta sulla partecipazione del Parlamento. La accolgo con favore, ma devo dirle una cosa: è un diritto che abbiamo già acquisito in virtù del Trattato di Amsterdam e persino del Trattato di Maastricht, che il Presidente possa partecipare ai Consigli europei e ai vertici e che il Parlamento sia rappresentato in sede di Conferenza intergovernativa: li chiamiamo osservatori, mentre noi vorremmo veri e propri rappresentanti. Ora però c’è un elemento in più. La Convenzione è conclusa. Non si possono chiudere le porte. Ciò che chiediamo – e spero che il Parlamento approvi la richiesta nella sua risoluzione – è che la Presidenza abbia anche l’obbligo di fornire regolarmente informazioni, in Aula e in seno alla commissione per gli affari costituzionali, presieduta dall’onorevole Giorgio Napolitano, nonché la possibilità di invitare, come già facciamo, i rappresentanti dei parlamenti nazionali. Ieri ne abbiamo parlato con il Presidente Casini e siamo d’accordo, perché ciò che dobbiamo evitare è un ritorno alla diplomazia a porte chiuse.

Ha anche parlato dell’economia europea. Mi ha stupito che non abbia citato la strategia di Lisbona, perché ciò che ha affermato corrisponde in gran parte all’attuazione di tale strategia. Tuttavia, per quanto riguarda la cosiddetta proposta Tremonti, che è una risurrezione del piano Delors e della proposta Van Miert, è un piacere sentire affermare da politici e da governi conservatori che un certo keynesianismo è accettabile, perché sono dieci anni che chiediamo questo piano. Molto bene, staremo a vedere in che modo si procederà, come si applicherà la golden rule

(Applausi a sinistra)

… come si stabiliranno garanzie… anche lei, che è un imprenditore di successo, potrebbe cominciare facendo una prima sottoscrizione per il ponte di Messina, che rappresenterebbe il superamento della frattura fra Scilla e Cariddi, fondamentale nella storia europea degli ultimi 3 000 anni.

Per quanto riguarda la questione della solidarietà intergenerazionale e il futuro della previdenza sociale, è vero che dobbiamo parlare di pensioni. Non credo che lei proponga di far rientrare la sicurezza sociale e le pensioni nelle competenze europee – ciò andrebbe oltre quanto affermiamo noi – tuttavia è importante collegare tale sfera alla nostra situazione demografica e al nostro futuro, soprattutto in relazione all’immigrazione. Si è da poco svolto un dibattito sulla questione in seno al suo governo, tra la linea dura e una politica più intelligente e umana. Riteniamo che Salonicco abbia costituito un passo avanti molto importante.

Riguardo a un’altra questione costituzionale che ci preoccupa, perché si tratta di una risoluzione approvata dall’intera Assemblea, anche con i voti del PPE, alla fine dell’anno scorso ci siamo espressi a favore della necessità di applicare la Carta dei diritti fondamentali per quanto riguarda la libertà di espressione e, precisamente, riguardo ai mezzi di comunicazione a livello europeo, al fine di attenuare la crescente disparità tra le norme nazionali anticoncentrazione e garantire i diritti dei cittadini. Si tratta di un Libro verde elaborato dalla Commissione dieci anni fa, che finora non ha dato frutti. Consideriamo importante – nella prospettiva di un’Europa allargata e al fine di garantire i diritti fondamentali – affrontare l’argomento. Vorrei anche rilevare, signor Presidente in carica del Consiglio, che questo non ha niente a che vedere con una questione da lei affrontata quando era parlamentare: la revoca dell’immunità in relazione con un processo nel mio paese. Ciò che proponiamo è lo sviluppo di un diritto costituzionale per tutti gli europei.

Infine, signor Presidente, vorrei accennare alla politica estera. Se lei prosegue il lavoro svolto dalla Presidenza greca in materia di relazioni transatlantiche, lo considereremo un fatto positivo e siamo anche convinti che si possa svolgere un ruolo importante nell’ambito del Quartetto in Medio Oriente. Le chiedo di agire come la signora Rice, e con questo intendo che, quando si recherà in Medio Oriente, non dovrà limitarsi a parlare con gli israeliani. La signora Rice non ha avuto problemi a parlare con tutti, perché dovrebbe porseli un autorevole europeo? Apprezzo molto ciò che ha affermato riguardo all’America latina, che rappresenta anch’essa una questione transatlantica, e soprattutto riguardo al Mercosur.

Concluderò ringraziandola per la sua generosità e parlando di italiani: quando il Trattato di Roma “II” sarà firmato in Campidoglio, sono certo che il collega del mio gruppo e sindaco di Roma Veltroni sarà lieto di dare il benvenuto al Presidente in carica del Consiglio italiano.

(Si ride)

Le assicuro, Presidente Berlusconi, che giudicheremo la sua Presidenza senza settarismi, in base ai fatti e a ciò che saprà fare, non solo in base alle promesse.

(Applausi)

 
  
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  Watson (ELDR). – (EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, fino a ieri sera il vostro programma era disponibile solo sul vostro sito web e solo in italiano ed è tuttora disponibile solo in italiano e in inglese. Se io ho la fortuna di saper usare un computer e leggere entrambe le lingue, non si può dire altrettanto di tutti i colleghi. Mi auguro che non sia un segno premonitore.

Il suo compito primario sarà di convocare la CIG per esaminare il progetto di Costituzione. Il mio gruppo condivide la sua ambizione di completare i lavori quanto prima, e con un buon anticipo sulle elezioni del prossimo anno. Siamo certi che garantirete una rappresentanza adeguata del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, la cui partecipazione alla Convenzione ha contribuito a farne un successo. Tuttavia, il futuro dell’Europa dipende dagli Stati membri. Se continuano a scontrarsi tra loro, non avremo un trattato di Roma, e nemmeno un trattato di Dublino, ma forse un trattato di Utrecht, cioè la pace ottenuta per sfinimento.

I liberali democratici concordano con le sue priorità in materia di economia europea. La nostra economia versa in gravi condizioni, il motore tedesco della crescita europea si è arrestato. Le iniziative volte a stimolare la crescita sono quindi benvenute. Tuttavia, il completamento delle reti transeuropee dei trasporti dev’essere considerato un mezzo per raggiungere un fine economico – il miglior funzionamento del mercato interno – e non un fine in sé.

Come liberale britannico, sono entusiasta della fedeltà del vostro programma a John Maynard Keynes e il mio entusiasmo è eguagliato solo dalla sorpresa. Tuttavia, mi auguro conveniate sul fatto che la spesa che proponete per le reti transeuropee e la difesa dovrà essere compatibile con gli impegni degli Stati membri nel quadro del Patto di stabilità, che è già sottoposto a forti pressioni.

Per i liberali, il perpetuo valore di Keynes sta nel suo insistere sulla solidarietà. Il vostro programma parla molto di consumatori, ma siamo innanzi tutto cittadini. L’ideologia del mercato ingannevolmente induce ad equiparare potere d’acquisto e potere di voto e ci deruba della libertà civica attraverso la quale controlliamo le conseguenze sociali delle nostre scelte private. La regolamentazione è necessaria laddove i vantaggi derivanti dal correggere i fallimenti del mercato per i cittadini o l’ambiente siano superiori ai costi dell’intervento pubblico. Nel dibattito politico italiano, questa è la differenza tra “liberalismo”, nel quale crediamo, e “liberismo”, al quale siamo fermamente contrari.

Il mio gruppo è favorevole alla più stretta cooperazione da voi proposta con i paesi intorno alle nuove frontiere dell’Unione, ma non dobbiamo creare false speranze di adesione tra i nostri vicini. Le più strette relazioni con l’Unione devono essere condizionate alla democrazia, al rispetto dei diritti umani e allo sviluppo di un’economia di mercato. Accogliamo con particolare favore l’accento posto sul partenariato euromediterraneo, da tempo una priorità dei liberali, e i vostri progetti relativi all’Albania, riguardo ai quali l’Italia può senza dubbio svolgere un ruolo guida.

Le proposte del vostro programma sulle relazioni transatlantiche, in via di guarigione dopo la frattura provocata dalla crisi irachena, e la vostra intenzione di ripristinare i legami con l’America sono benvenute. Tuttavia, nel ricercare valori comuni con gli Stati Uniti, non dobbiamo temere di far valere le nostre ragioni nell’interesse dell’Europa sui punti su cui siamo in disaccordo e accogliamo con favore il rigore della sua dichiarazione sul Tribunale penale internazionale.

Anche riguardo al Medio Oriente l’Unione deve far sentire, attraverso il Quartetto, una voce forte e chiara. L’assistenza per la ricostruzione dell’economia palestinese dev’essere vincolata ad un’azione contro il terrorismo, così come la cooperazione rafforzata con Israele dev’essere vincolata ai progressi compiuti nell’attuazione della tabella di marcia, in particolare per quanto riguarda lo smantellamento degli insediamenti.

In materia di agricoltura e di immigrazione, i liberali democratici hanno molto meno in comune con le vostre priorità.

Le politiche relative a questi due settori sono collegate. Il vostro programma contiene pochissimo sulla riforma della PAC, eppure attualmente ogni vacca in Europa beneficia di una sovvenzione di 2 euro al giorno, mentre un miliardo di cittadini a livello mondiale deve sopravvivere con meno di un euro al giorno. Se non apriamo i nostri mercati ai prodotti agricoli dei paesi in via di sviluppo, le popolazioni di quei paesi esprimeranno il loro dissenso emigrando. Le politiche che proponete in materia di giustizia e affari interni mirano essenzialmente ad impedire l’immigrazione. Non funzioneranno, perché non potete sconfiggere la legge della domanda e dell’offerta, che funziona sui mercati del lavoro come sugli altri. Quando dite di essere preoccupati per la reputazione dell’Europa – “cercheremo di fare bella figura per l’Europa”, lei ha detto – la invito a ricordare che i bianchi caucasoidi sono una minoranza sul nostro pianeta. Ci auguriamo che nel settore della giustizia e degli affari interni si lascerà guidare dall’impostazione equilibrata della Presidenza greca, anziché dal tono di Siviglia.

Signor Presidente in carica del Consiglio, il suo paese assume la Presidenza dopo una Presidenza greca di grande successo, segnata dalla ricerca del compromesso e dell’accordo. I liberali democratici in seno all’Assemblea si augurano che durante il vostro semestre di Presidenza rispetterete, con le parole e con le azioni, la dignità del mandato e terrete fede alla tradizionale vocazione europea dell’Italia.

(Applausi)

 
  
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  Wurtz (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, diversi di noi provano un affetto particolare per l’Italia, per la straordinaria vitalità della sua società, la creatività del suo popolo, il suo eccezionale patrimonio culturale, la ricchezza della sua democrazia locale, attenta agli aspetti sociali. Amiamo l’Italia delle grandi mobilitazioni popolari a favore dell’occupazione, della giustizia sociale e dell’uguaglianza; l’Italia dell’energico movimento contro la guerra; l’Italia delle manifestazioni dei cittadini di Genova contro la violenza sociale e di polizia; l’Italia del forum sociale europeo di Firenze; l’Italia giovane, esigente, entusiasta e combattiva, perché è convinta, come sottolinea il motto che la caratterizza, che un’altra Europa sia possibile e perché è decisa a farla emergere.

Questa altra Europa è un’Europa che si dota delle risorse necessarie per allentare la morsa della globalizzazione neoliberista, al fine di rendere più sicuri l’occupazione, la formazione, il pensionamento e la protezione sociale dei suoi cittadini, garantire adeguati servizi pubblici e migliorare il tenore di vita, in breve, porre la vita delle persone al di sopra delle esigenze di mercato.

Questa altra Europa è un’Europa fondata sull’etica e sull’uguaglianza davanti alla legge, che bandisce l’elitarismo e l’esclusione, proibisce i privilegi e la sottomissione, estirpa il veleno dell’intolleranza, del razzismo e della xenofobia all’interno delle nostre società e nelle relazioni con il resto del mondo. Questa altra Europa è un’Europa emancipata dalla tutela americana, che osa far sentire un’altra voce nelle grandi istituzioni internazionali, al fine di sanare, insieme con i suoi alleati del sud, le ferite aperte che rendono il pianeta sempre più invivibile e pericoloso e che portano il nome di povertà, sottosviluppo, catastrofi ambientali e guerra.

Come noi, questa Italia, bella e ribelle, non si identifica con gli attuali orientamenti dell’Unione europea. E’ anzi disgustata dalla politica del gruppo dirigente al potere a Roma, che sta trasformando gli orientamenti europei in una caricatura. Il loro neoliberismo è senza freno, il loro atlantismo è incondizionato e il loro gusto per la democrazia è alquanto moderato. Una delle priorità di questa Presidenza è un progetto faraonico di infrastrutture. Esso meriterebbe un attento esame caso per caso, perché di fatto esistono esigenze palesi, come quella di un progetto di trasporto su rotaia a livello di Unione europea. Tuttavia, fare assegnamento su capitali privati per realizzare opere che saranno redditizie solo a lunghissimo termine significa andare verso un fallimento assicurato in termini di occupazione, crescita e qualità dei servizi.

Un’altra priorità della Presidenza è accelerare il ritmo di smantellamento dei regimi pensionistici e della protezione sociale, marchio di fabbrica dei poteri più conservatori. Per quanto riguarda i piani in materia di immigrazione e diritto d’asilo, che devono essere completati nel corso di questo semestre, non possiamo fare a meno di provare repulsione all’idea che questo dibattito, estremamente delicato, possa essere inquinato dalle grida barbariche cui spesso indulge una personalità di spicco della coalizione al potere.

Abbiamo infine appreso ieri che entro dicembre si dovranno adottare decisioni ufficiali riguardo alla nuova dottrina strategica dell’Unione, la quale, quando è stata descritta prima dell’inizio della Presidenza italiana, aveva già suscitato gravi timori. Durante l’intero semestre sarà quindi necessario rimanere estremamente vigili su tutti i fronti. Se il processo costituzionale in corso ha un senso, cominciamo a garantire il rispetto dell’articolo 2 del progetto di Costituzione, dedicato ai valori dell’Unione europea e formulato come segue, cito: “L’Unione si fonda sui valori della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. Questi sono valori comuni agli Stati membri in una società fondata sul pluralismo, sulla tolleranza, sulla giustizia, sulla solidarietà e sulla non discriminazione”.

(Applausi a sinistra)

 
  
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  Frassoni (Verts/ALE). – Signor Presidente, l’Europa, si sa, è un continente fatto di popoli e culture molto diverse, però una cosa è certa: non c’è nulla di sorprendente nella preoccupazione che accompagna il suo arrivo alla guida dell’Unione. Esiste un’anomalia italiana che rischia di essere contagiosa nella nuova Unione: una straordinaria concentrazione di potere, prima economico e mediatico, e poi politico, che le permette, fra le altre cose, di essere oggi al di sopra della legge. Ma sappiamo che l’indignazione permanente non basta; preferiamo agire. Anche durante questo semestre noi continueremo a sollecitare la Commissione a rispettare l’impegno che aveva preso di presentare una comunicazione sullo stato del pluralismo nei media dell’Unione e a onorare il suo ruolo di guardiana dei Trattati. Ci pare infatti che, quando si tratta di far rispettare in Italia la direttiva “televisione senza frontiere”, essa sia un po’, diciamo così, esitante. Ci siamo battuti perché fra i valori fondanti della nuova Costituzione europea figuri il pluralismo, così da evitare che, con la scusa dell’assenza di una base giuridica, si continui a non agire in Europa in materia di concentrazione e pluralismo nei media.

In un momento di crisi economica è normale ingegnarsi per trovare strade per rilanciare l’economia. E noi sappiamo che l’Italia dispone di ministri molto creativi e ansiosi di trasferire a livello europeo i loro ambiziosi piani di ponti, tunnel, autostrade. Siamo disposti ad entrare in un dialogo costruttivo sulle TEN e sul ruolo della BEI, ma non ci dobbiamo prendere in giro. Non è vero che, dei 14 progetti decisi a Essen, se ne sono realizzati soltanto tre per mancanza di soldi: se gli investitori non si trovano è anche perché per molti di quei progetti l’utilità, la viabilità socioeconomica e – aggiungiamo noi – la sostenibilità ambientale non erano assicurate. Dobbiamo tornare allo spirito del piano di Delors e a due idee forza contenute nel Libro bianco della Commissione sui trasporti, che purtroppo a volte tutti sembriamo dimenticare: gli investimenti devono servire non solo per riempire di infrastrutture il territorio ma anche per promuovere la coesione economica e sociale. Bisogna abbandonare l’idea che alla crescita economica debba per forza accompagnarsi la crescita dei trasporti, perché altrimenti ci troveremo tra poco in un ingorgo permanente. Che senso ha spendere, per il ponte di Messina, 6 miliardi di euro per risparmiare mezz’ora di viaggio, se migliaia di siciliani non dispongono di acqua potabile e ci mettono tre ore a percorrere 100 km in treno? Che senso ha investire 15 anni di lavoro per la Torino-Lione in un tunnel di 54 km, bucando una montagna piena di amianto, quando l’ammodernamento e il potenziamento della linea attuale permetterebbero di assorbire il doppio del traffico delle merci in cinque anni? Noi vorremmo discutere non di progetti faraonici e forse irrealizzabili, ma di investimenti che favoriscano l’innovazione, le energie rinnovabili e la rigenerazione del territorio, per i quali la partecipazione e l’accettazione dei cittadini che in quel territorio vivono sia considerata come un valore e non come un fastidioso ostacolo.

Presidente, nel suo programma europeo c’è scritto, nero su bianco, che bisogna aprire una nuova stagione e che bisogna battersi contro le burocrazie ambientali. Questo è un interessante giro di parole, che si riferisce – crediamo noi – alla necessità di far passare anche in Europa un’idea di gran moda in Italia, cioè la deregulation totale. Noi ci opporremo a questo tentativo di esportazione, particolarmente rischiosa in tempi di allargamento, perché strettamente funzionale alla politica del “tutto infrastrutture” e deriva da una concezione antiquata dell’ambiente come merce da usare e da svendere.

L’Italia è seconda soltanto alla Spagna in materia di violazione di legislazione ambientale. Il suo governo, Presidente, ha cambiato le leggi sui rifiuti in modo da rendere più difficili i controlli, anche se in Italia, ogni anno, si perdono le tracce di 11 milioni di tonnellate di rifiuti e il giro d’affari delle ecomafie è stimato intorno ai 2,5 miliardi di euro; ha talmente alleggerito le norme sulla valutazione di impatto ambientale da renderla una procedura dal valore solo formale; ha dato il benestare alla cultura indiscriminata della caccia nei parchi da parte delle Regioni; ha stanziato, per quest’anno, 56 milioni di euro per le aree protette, e cioè meno del costo della costruzione di un 1 km di autostrada in galleria; sta preparando la depenalizzazione indiscriminata dei reati ambientali, e tutto questo nell’indifferenza del quadro normativo comunitario. Anche su questo tema, come per quello dei media, noi crediamo che ci sia un “caso Italia”. Presidente Prodi, in un settore dove l’Unione dispone di reali competenze e di responsabilità internazionali, noi temiamo che la macchinosa procedura delle infrazioni non basti più e che, mantenendo un atteggiamento troppo tollerante e attento al dettaglio formale più che alla sostanza, si rischi seriamente di contribuire allo svuotamento della legislazione comunitaria in materia ambientale.

Presidente Berlusconi, in materia di politica estera vorremmo che facesse approfittare tutti noi dei suoi ottimi rapporti col Presidente Bush, ma non certo per organizzare un’impossibile competizione sul piano delle spese militari, riducendo magari i contributi alle organizzazioni di cooperazione allo sviluppo per finanziare la presenza italiana in Iraq. Sul Tribunale penale internazionale è nato un conflitto di fondo con l’amministrazione Bush. Noi vorremmo sapere, Presidente, se lei vorrà portare avanti e aggiornare il piano di azione a favore del Tribunale, adottato nel maggio del 2002. E poi, lei ha eccellenti rapporti col Presidente Putin. Noi vorremmo davvero che lei rendesse questa amicizia, ancora una volta, utile a tutti. Ha fatto una lista di tutti i paesi nel mondo: come può dimenticare la Cecenia? Noi abbiamo bisogno di un’azione forte per arrivare alla risoluzione di questo conflitto. Dobbiamo prendere un’iniziativa e saremo con lei, se lei la prenderà, per convocare una Conferenza regionale per il Caucaso in cui affrontare tutti, tutti i conflitti in corso. E poi, Presidente, noi crediamo che saremmo fieri, con lei, se riuscisse a contribuire a convincere il Presidente Putin a ratificare il Protocollo di Kyoto.

Un’ultima parola sulla Costituzione europea. Sosterremo l’azione della Presidenza italiana a favore di una Conferenza intergovernativa breve per non smantellare i peraltro scarsi risultati positivi della Convenzione, ma, Presidente, tenga fuori – e, Vicepresidente Fini, ci aiuti a tenere fuori – il nucleare dalla Costituzione. Esattamente com’è successo per gli OGM, non sarebbe saggio sottovalutare la reazione negativa dell’opinione pubblica di molti paesi europei, inclusa l’Italia, di fronte alla promozione esplicita di una fonte energetica così costosa e pericolosa, che esiste oggi nella Costituzione.

(Applausi a sinistra)

 
  
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  Muscardini (UEN). – Signor Presidente, una società in continua trasformazione impone alla politica nuove riflessioni, capacità di decisione immediate, ma soprattutto disponibilità a meditare in modo approfondito e in piena conoscenza sulle situazioni geopolitiche e le diverse realtà economiche e culturali che per certi aspetti rendono sempre più forte il divario tra nord e sud e tra cittadini e cittadini.

Come membro della Convenzione esprimo soddisfazione, anche a nome del gruppo che ho avuto l’onore di rappresentare in tale sede – il gruppo Unione per l’Europa delle nazioni – per un testo che riconosce il valore degli Stati nazionali nella nuova Unione europea: Unione che, ci auguriamo, dopo la Conferenza intergovernativa avrà Istituzioni più forti e trasparenti, per sancire nel mondo che il polo europeo esiste come modello di civiltà e di sviluppo: di una civiltà che vuole vedere riconosciuti i suoi valori e non desidera prevaricare quelli di altre culture; di uno sviluppo che deve essere compatibile con i tempi di adattamento dell’essere umano. Auspichiamo che la Conferenza intergovernativa, per quanto riguarda il preambolo, trovi un accordo per il riconoscimento delle radici dalle quali ha preso vita l’Unione. La storia greco-romana, la tradizione giudaico-cristiana, i valori laici e liberali che si sono via via definiti, non possono essere ignorati perché da essi il futuro dell’Europa trae forza culturale e morale. Osserviamo inoltre che, per rendere più coese tutte le Istituzioni, sarebbe opportuno ridiscutere la necessità di un Commissario europeo per ogni Stato membro.

Il Trattato costituzionale farà finalmente nascere un’Europa politicamente coesa, libera e indipendente, rispettosa delle lingue e delle tradizioni di ogni nazione. La Presidenza italiana ha davanti a sé appuntamenti quanto mai onerosi e siamo certi che, nello spirito di collaborazione che saprà creare con le altre Istituzioni europee, con i membri di questo Parlamento eletto dal popolo, darà nuova spinta propulsiva al processo di unificazione dell’Europa e al ruolo dell’Europa nel mondo.

L’urgenza del problema immigrazione richiede un’ottica globale. Come ebbi a scrivere alla vigilia del Vertice di Salonicco, solo l’Europa, anche attraverso una nuova politica mediterranea e finalmente con un nuovo concetto di cooperazione verso i paesi più poveri, potrà impedire che l’immigrazione clandestina da esodo biblico si tramuti in una tragedia collettiva. Ben vengano i corpi europei di polizia di frontiera e i nuovi accordi con i paesi terzi; ben vengano le cooperazioni rafforzate anche in tema di lotta alla criminalità organizzata, al terrorismo e all’integralismo; ma sia affrontato anche il tema di una via europea alla globalizzazione dei mercati, per impedire che culture e tradizioni siano disperse e soccombenti.

Una sana economia sociale di mercato non può continuare a lasciare spazio alla speculazione finanziaria sfrenata, simile a quella che abbiamo conosciuto in questi anni e che è esplosa qua e là senza tuttavia stroncare le radici, le cause che l’hanno determinata. La buona salute dell’economia dipende anche dalle regole entro le quali si deve muovere, e una buona regola è che l’economia finanziaria debba muoversi di pari passo con l’economia reale. L’Europa non può ignorare che la mobilità richiesta per dare più sviluppo all’economia parte anche da due postulati: la formazione culturale, che consenta ai giovani di tutte le nazioni di avere basi di reciproca conoscenza – e perciò i governi nazionali dovranno affrontare il problema di una maggiore e migliore informazione sull’attività delle Istituzioni europee – e il problema abitativo, che non può ricadere solo sui singoli e sui privati ma alla cui soluzione devono concorrere anche le Istituzioni; del pari, i problemi legati alle infrastrutture e ai trasporti hanno bisogno di soluzioni sia nazionali che europee, e per questo ricordiamo anche qui la rapida realizzazione del corridoio 5 e del corridoio 8.

Nell’affrontare la lotta alle nuove povertà, che sempre più emergono nei paesi dell’Unione, riteniamo vitale una più forte politica energetica per l’Europa che, basandosi sulla ricerca di nuove fonti e sul miglior utilizzo di quelle conosciute, vada di pari passo con la salvaguardia di quei valori ambientali senza i quali verrebbe messa a repentaglio la vita stessa del pianeta. Contestualmente, va affrontata la questione del finanziamento della ricerca: senza aumenti consistenti il livello europeo in questo campo non eccellerà, con tutte le evidenti conseguenze. In questo contesto, assume particolare significato una più incisiva politica europea per la sicurezza alimentare, per la difesa della qualità dei prodotti e per la tutela della loro origine, salvaguardando così la salute dei cittadini, bene primario dell’Unione.

Oggi l’Europa è chiamata, non solo a difendere il diritto alla vita dei suoi cittadini e di ogni essere umano ma a lanciare il messaggio che ciascuno ha diritto ad una vita dignitosa. Nel terzo millennio, infatti, i popoli più sviluppati sono comunque chiamati, all’interno e all’esterno dei loro Stati, a svolgere quell’azione politica, culturale ed economica, necessaria affinché non continuino le tragedie a cui stiamo assistendo. In questo momento i bambini dell’Afghanistan hanno un’aspettativa di vita che è la più bassa del mondo, così come milioni di bambini – dall’Africa al Sudamerica, all’Oriente – si vedono privati del diritto a vivere e a vivere dignitosamente. La lotta senza quartiere al terrorismo e il consolidamento della pace passano anche dalla capacità dell’Europa di realizzare quanto annunciato nel corso di questi anni: il diritto ad una vita dignitosa, signor Presidente, anche per porre fine a quelle azioni che portano alle pratiche di menomazione fisica a cui sono sottoposte tante donne nei loro paesi di origine e che subiscono la stessa violenza anche nel territorio europeo.

Il gruppo Unione per l’Europa delle nazioni chiede, inoltre, alla Presidenza italiana politiche volte a combattere le discriminazioni, a colpire i trafficanti di armi e di esseri umani, a distruggere l’oscuro ma potente mondo della pedofilia. Queste attività criminali viaggiano liberamente su Internet, senza regole, veicolando la propria cultura malefica in ogni parte del mondo. Chiediamo perciò la definizione di regole che impediscano che uno strumento al servizio della comunicazione tra i cittadini si tramuti in uno strumento al servizio di chi víola le leggi degli Stati nazionali dell’Unione. Per impedire che questo avvenga l’Europa abbia, per ogni scoperta tecnologica, il vaglio di un controllo scientifico e sperimentale che ne garantisca l’utilizzo senza pericoli.

Signor Presidente, la libertà, per essere tale, ha bisogno di regole: poche, chiare e applicate. A queste regole noi ci appelliamo perché la Presidenza italiana riceva oggi l’augurio e la collaborazione di questo Parlamento, del gruppo Unione per l’Europa delle nazioni e di tutti i venticinque paesi che compongono la grande Europa.

(Applausi a destra)

 
  
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  Bonde (EDD). – (DA) Signor Presidente, l’Italia insiste sulla necessità che la Conferenza intergovernativa sia pronta a cominciare entro dicembre, cosicché il Presidente Berlusconi possa trasmettere gli inviti al Vertice di Roma, seppellire solennemente il Trattato di Roma e dare alla luce la Costituzione di Roma. Una costituzione seria non può essere concepita con tanta rapidità. Quando l’Unione europea si sarà dotata di una cittadinanza comune, di diritti fondamentali e di un’intera carta dei diritti che possa essere invocata direttamente dinanzi ai tribunali, il carattere dell’intera impresa cooperativa sarà modificato ed ogni singola disposizione del titolo III dovrà essere letta sotto una nuova luce e potrà acquisire nuovo significato.

Per citare soltanto un esempio: quando il Trattato di Maastricht ha introdotto la cittadinanza comune, è stato espressamente dichiarato per iscritto che la cittadinanza non avrebbe avuto efficacia diretta. Le sentenze della Corte di giustizia hanno nondimeno fatto valere l’efficacia diretta della cittadinanza e i cittadini sono ora liberi di stabilirsi in qualsiasi paese dell’Unione; i loro diritti sono ulteriormente estesi dai numerosi principi fondamentali di cui al titolo I della Costituzione e al titolo II della Carta. I cittadini e i rappresentanti eletti devono conoscere tutte le conseguenze della Costituzione prima che venga adottata. Ciò richiede un gran numero di gruppi di lavoro, possibilità di presentare emendamenti e una democrazia trasparente.

Che significato avrebbe la Costituzione, per esempio, per il protocollo sulle case di villeggiatura danesi? La Danimarca vieta ai cittadini tedeschi di acquistare seconde case alle stesse condizioni dei cittadini danesi. Ciò è chiaramente in contrasto con il divieto di discriminazione in base alla nazionalità di cui all’articolo 4 e con il principio dell’uguaglianza sancito dall’articolo 44. Due principi fondamentali di questo tipo possono essere annullati da una deroga, sotto forma di protocollo, alle disposizioni che disciplinano la libera circolazione dei capitali? Esiste un rapporto gerarchico tra i principi fondamentali e le disposizioni della Costituzione e i protocolli? In alternativa, prendiamo l’articolo 51, che protegge lo status delle chiese. Grazie a questa disposizione la Danimarca può mantenere una chiesa di Stato protestante, ma l’articolo 51 può anche sopprimere il divieto di discriminazione in base alla religione di cui all’articolo 2, paragrafo 21, del titolo II? La costituzione danese è legittima o illegittima? Sarebbe utile conoscere la risposta prima della firma della Costituzione. L’articolo 12, paragrafo 2, rende illegittima la maggioranza degli accordi internazionali, in quanto l’Unione europea non solo avrebbe la competenza condivisa, ma anche la competenza esclusiva per la conclusione di qualsiasi accordo, se solo fosse adottato un atto interno. Non si dovrebbe almeno dichiarare per iscritto che tutti gli accordi esistenti rimarranno in vigore finché non saranno modificati?

(Applausi)

 
  
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  Pannella (NI). – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, vediamo, in concreto, cosa sta già accadendo. Misuriamo in questo modo, con onestà intellettuale e, credo, con questa forma di collaborazione, le distanze che possono esserci fra il dire e il fare. Il 7 giugno, Presidente Berlusconi, a Gerusalemme, lei diceva testualmente: “Ho sempre indicato Israele come futuro membro dell’Unione europea per le sue assolute affinità religiose, culturali e politiche, come unica e vera democrazia in tutto il Medio Oriente”. Ripeto: “Ho sempre indicato Israele come futuro membro dell’Unione europea”. Questa è la dizione ufficiale del documento scritto, che abbiamo. “Nell’ambito del partenariato euromediterraneo – cito – non trascureremo l’opportunità di consolidare i rapporti con Israele nella prospettiva di una più ampia e strutturata collaborazione reciproca”. Questa è la linea che si oppone a quella di “Israele nell’Unione europea”, perché evidentemente quelli che si oppongono non dicono “non vogliamo questi sporchi ebrei”; dicono “basta la collaborazione”. E noi siamo con il Presidente Berlusconi, che in quel momento non era ancora il Presidente del nostro Consiglio.

E ancora, la Turchia. Abbiamo sempre sentito dire: Russia, Turchia e Israele. Beh, qui ancora il vostro testo nega esplicitamente l’obiettivo dell’adesione turca. Cosa scrivete? “La Presidenza italiana ritiene inoltre essenziale dare contenuti più concreti al rapporto con la Federazione russa” e via dicendo. E questo è preciso. Per quanto riguarda la Turchia, “siamo impegnati a verificare insieme il cammino verso l’integrazione, incoraggiando il governo di Ankara a proseguire gli sforzi nel fondamentale processo di riforme interne”. Beh, se questo è un annuncio di integrazione! E’ vero che il ministro Buttiglione nei giorni scorsi diceva: “E’ un regime militare; non potrà mai venire da noi” ma, se si aboliscono i militari, diventa teocratico. Ma questo è un altro discorso. Questa è l’Europa cristiana! Vorrei dire qui, in fretta, solo una cosa, e non possiamo tacerla: non è vero che esiste una storia di Europa, una; ve ne sono tante: c’è la storia della Riforma e della Controriforma; c’è la storia di un’Europa che ha prodotto comunismi vincenti, fascismi, nazismi vincenti, che ha prodotto e produce antidemocrazia; e poi vi è l’altra, quella che purtroppo il Pontefice dalla Polonia accusa, quando accusa il liberalismo – a proposito, il liberalismo, collega Watson, non il liberismo; qui c’è anche il liberalismo, da cent’anni -; e c’è un’Europa degli zuaves – zuaves europei e francesi – contro il risorgimento italiano; c’è un’Europa che è l’Europa dell’anti-nostra Europa di Altiero Spinelli, di Ernesto Rossi, dell’Europa, Presidente Berlusconi, che al G8 lei ha preannunciato in un modo che io ho applaudito, che noi Radicali abbiamo applaudito. Noi vogliamo portare l’Europa verso l’organizzazione mondiale della democrazia e a occuparsi positivamente delle Community of Democracies. Al G8 abbiamo applaudito! Oggi Watson naturalmente si è subito affrettato a sottolineare l’impostazione keynesiana del suo intervento, ma io ho sempre detto che fra il Presidente Prodi e lei vi è, culturalmente, una profonda sintonia di fondo, nelle scelte politiche che fate. Tremonti dice “colbertismo” invece di dire keynesianismo, ma insomma ...

Quello che dobbiamo chiedervi, allora sono semplicemente due cose: primo, all’Assemblea generale dell’ONU l’Unione europea iscriva, faccia iscrivere, come il Vicepresidente Fini ha annunciato, il problema della moratoria sulla pena di morte; secondo, che a partire dagli appuntamenti ONU i caucus democratici vedano la convocazione da parte della Presidenza dell’Unione europea. Sono due cose che per noi oggi basterebbero ampiamente. Per il resto, auguri a lei e a noi!

 
  
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  Tajani (PPE-DE). – Signor Presidente del Parlamento, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, un anno e mezzo fa, quando iniziarono i lavori della Convenzione, pochi erano convinti che si potesse arrivare alla trasformazione di un sogno in realtà; pochi credevano che l’Europa, come sta accadendo, avrebbe potuto darsi un assetto istituzionale capace di farle assumere sempre maggiori responsabilità sul palcoscenico internazionale. I pochi sono oggi diventati la stragrande maggioranza. Si inizia con questo positivo risultato – voluto anche, e fortemente, dal suo governo, signor Presidente – il semestre più denso d’impegni e di speranze degli ultimi anni. L’Italia, paese fondatore, ha ottenuto a Salonicco il mandato da parte dei paesi dell’Unione di portare a conclusione i lavori della Convenzione. Non è tutto. L’Europa ha scelto Roma come sede della firma della prima Costituzione: si tratta di un risultato politico di grande rilievo, si tratta di un riconoscimento storico per l’Italia e per il suo governo che gli elettori hanno liberamente scelto. Si tratta di un riconoscimento che incoraggia e sosterrà il suo lavoro nei prossimi mesi, Presidente, un lavoro che, ne sono convinto, ci permetterà di raggiungere gli obiettivi da lei illustrati in quest’Aula.

Il testo che abbiamo approvato a conclusione dei lavori della Convenzione è certamente perfettibile ma rappresenta, come lei ha detto, una base fondamentale di lavoro che non può essere stravolta. Il suo programma, che noi Popolari europei condividiamo, disegna per domani un’Europa riunificata, alleata degli Stati Uniti, ma capace di assumersi responsabilità che fino ad oggi non è stata capace di svolgere. Il nuovo Trattato, con l’individuazione di un sistema equilibrato tra Consiglio, Commissione e Parlamento – le diamo atto in quest’Aula, signor Presidente, di aver sottolineato l’importanza del ruolo che svolge e svolgerà il Parlamento europeo anche in occasione della CIG – con l’individuazione di un Presidente del Consiglio e di un ministro degli Esteri fornirà la risposta a chi cercava – con la domanda: “Dov’è Mr. Europe”? – interlocutori chiari nel nostro Continente.

La caduta del principio dell’unanimità è l’altra scelta che ci permetterà di superare ostacoli che troppo spesso hanno bloccato l’iniziativa europea. Ora è auspicabile che la Conferenza intergovernativa aumenti il numero delle materie dove si possa decidere a maggioranza. Ma la Costituzione è solo uno strumento: le norme non sono in grado di produrre effetti se manca la volontà politica.

Signor Presidente, dal suo intervento emerge chiara la scelta italiana di dare grande peso all’azione esterna dell’Unione. Se lo vorremo, l’Europa – con lo sguardo rivolto ad est, ma anche a sud – sarà protagonista di pace, di progresso, di sicurezza, di sviluppo e di giustizia sociale anche per le persone più deboli, quelle con disabilità, come lei ha ricordato.

Costituzione e volontà politica non sono però sufficienti, da sole, a realizzare il progetto degli Adenauer, degli Schuman, dei De Gasperi, dei Monnet, dei Martino, degli Spinelli. L’Europa non sarà, se non riuscirà a parlare al cuore dei cittadini. L’Europa sarà l’Europa dei valori: sono i valori nei quali affondano le nostre origini. Mi auguro che la CIG voglia inserire un riferimento esplicito alle radici giudaico-cristiane nel preambolo della Costituzione laica della nostra Europa, perché, se perderemo la cognizione delle nostre origini, non riusciremo a percorrere nuove vie, a guardare verso quei nuovi orizzonti che l’Europa di domani dovrà raggiungere.

(Applausi a destra)

 
  
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  Napoletano (PSE). – Signor Presidente, i problemi da affrontare in questo momento sono essenziali per il futuro dell’Unione e ad essi intendiamo dare un’assoluta prevalenza. E’ su questi che valuteremo il lavoro della sua Presidenza. Tuttavia, le preoccupazioni che l’hanno accompagnata non sono tutte dettate da pregiudizi. Il conflitto di interessi, non risolto, rimane una legittima fonte di preoccupazione che va ben oltre il nostro paese. D’altra parte le stesse dimissioni del ministro degli Esteri Ruggiero intervennero significativamente sul modo di intendere il ruolo dell’Italia in Europa, quell’Europa che il ministro Bossi definì “Forcolandia”, cioè repressiva, e che ancora oggi egli bolla come progetto neogiacobino, intrinsecamente autoritario e globalizzatore. Forse questo spiega la vostra freddezza a lavorare seriamente alla costruzione di uno spazio europeo di giustizia, libertà e sicurezza, a cominciare dal mandato di arresto europeo, che dovrebbe essere recepito entro dicembre 2003.

Problemi importanti, dicevo: la Costituzione, innanzitutto. Chiediamo che la prossima Conferenza intergovernativa non rimetta in discussione i risultati raggiunti dalla Convenzione e che l’Italia si adoperi per migliorare il testo su punti essenziali, quali quello dell’estensione del voto a maggioranza. Sulle questioni economiche, vediamo che la Presidenza italiana intende rilanciare l’idea di investimenti pubblici per le infrastrutture. Noi aggiungeremo anche la formazione, la ricerca e l’ambiente. Questa proposta può fare strada solo se assume veramente una valenza europea, se sarà saldamente ancorata al metodo comunitario e dotata di una proposta credibile sul piano finanziario.

Quanto alle pensioni, lei sa bene, signor Presidente, che l’Europa non ha competenza sui sistemi previdenziali, tra di loro tanto diversi ed intrecciati con le politiche di welfare. La Presidenza intende promuovere davvero un’iniziativa europea in campo economico e sociale? Bene, allora si adoperi affinché nel nuovo Trattato le politiche fiscali e sociali diventino comunitarie e siano sostenute dagli orientamenti di un vero e proprio governo europeo dell’economia, come chiede da tempo questo Parlamento. Peraltro si tratta di temi in cui si impone il metodo della concertazione tra le parti sociali, previsto dalla strategia di Lisbona.

Quanto all’immigrazione, non si può invocare solo un pezzo di politica europea, quello relativo al controllo delle frontiere per il contrasto dell’immigrazione illegale, ed ignorare tutti gli altri, riguardanti la gestione dei flussi, l’accoglienza e i diritti di quanti, venendo qui a cercare lavoro, contribuiscono alla crescita economica dei nostri paesi, quelli per intenderci che il suo ministro per le Riforme chiama in blocco “Bingo Bongo”.

Infine, sulla politica estera, si può essere allo stesso tempo europei ed amici degli USA. L’amicizia tuttavia è un rapporto che non deve scadere nella subalternità. Per questo, dopo la difficile crisi irachena è ancora più urgente definire una solida politica estera e di sicurezza comune, sostenuta dal superamento del diritto di veto. A Salonicco è stato definito un quadro chiaro sulle relazioni esterne dell’Unione, distinguendo le ulteriori prospettive dell’allargamento dalle relazioni più strette con i nostri vicini; speriamo che sulla Turchia, a questo proposito, dopo le contraddittorie dichiarazioni che avete fatto, lei e il suo ministro per le Politiche europee, valga quello che ci ha detto questa mattina. Così, per il Medio Oriente, noi ci auguriamo che il processo di pace sia sostenuto dalla Presidenza italiana ma, per arrivare a questo obiettivo, occorrerà parlare e tenere in considerazione tutte le parti in causa. Buon lavoro, Presidente!

(Applausi)

 
  
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  Rutelli (ELDR). – Signori Presidenti dell’Assemblea, del Consiglio, della Commissione, noi oggi parliamo da europei; non portiamo in quest’Aula opinioni sulla politica interna dei nostri paesi. Nei prossimi sei mesi l’Europa deve accelerare il proprio cammino; il Trattato costituzionale dell’Europa a 25 dovrà far capire al mondo se il nostro continente continuerà ad essere motore di progresso economico e sociale e, dopo la grave crisi irachena, se si doterà di strumenti efficaci per essere protagonista di sicurezza e di libertà in partnership con gli Stati Uniti, in una nuova cooperazione multilaterale. Da europeo, dunque, mi auguro un successo della Presidenza italiana in stretta collaborazione con la Commissione, presieduta da Romano Prodi, e con il nostro Parlamento.

Lei, Presidente, oggi ha mostrato prudenza e uno sforzo per presentare il suo programma in una linea di collaborazione con gli altri paesi e non in discontinuità con le storiche linee della politica europea dell’Italia. Ci vuole tuttavia più coraggio, se non vogliamo compromessi in continuo ribasso, soprattutto per il governo dell’economia, per la politica estera e la necessaria nuova politica di difesa, per ridurre al minimo il rischio di paralisi del voto all’unanimità. Noi ci aspettiamo in questi sei mesi un radicale cambiamento capace di rimuovere le cause di quelle critiche, scetticismi e preoccupazioni che accompagnano queste prime giornate del semestre da lei guidato. Non è, infatti, la politica interna di un paese, ma l’Europa che chiama ad escludere conflitti di interesse e concentrazioni mediatiche. Sono i fondamenti liberali della separazione dei poteri e dell’equilibrio tra i poteri a rispecchiarsi nei Trattati europei che noi abbiamo liberamente sottoscritto e a cui siamo vincolati. Lo spirito di Roma del Trattato del ’57 era basato su una visione coraggiosa e anticipatrice; ha costruito cinquant’anni di democrazia, di prosperità, di pace. Se saremo guidati da quella visione, anche da posizioni politiche alternative raccoglieremo frutti comuni per il bene dell’Europa e del suo futuro.

(Applausi)

 
  
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  Bertinotti (GUE/NGL). – Signor Presidente del Consiglio, la nostra avversione alla sua politica e al suo governo, come ella sa, è radicale, e non avrebbe senso se, adesso, applicandosi questa politica all’Europa e non solo all’Italia, la nostra posizione cambiasse segno. Penso che ci sia una retorica sul semestre di una nazione, che non può nascondere la realtà politica: la politica è che ogni semestre è il semestre di un governo, non di un paese, cosicché, se uno è contro l’Amministrazione Bush, non per ciò è antiamericano, e se uno in Italia e in Europa è contro il suo governo, non per ciò è contro l’Italia.

L’Europa è, certo, un passaggio importante, è una sfida che giustamente è stata definita storica. Noi temiamo che il suo governo aggravi, anziché favorire, le scelte necessarie. Lei parte con un handicap: incrinato in Italia il consenso del paese, avversa una parte importante dell’opinione pubblica europea – e le cause io credo siano proprio nella sua politica –, falsificate le premesse della crisi economica nel paese, sottoposto a una forte tensione sul conflitto di interessi, sul conflitto fra poteri costituiti. Personalmente, sento persino di più la lesione di un ministro del suo governo che può parlare dell’esigenza di cannoneggiare i convogli degli immigrati sul mare.

Non grideremo tuttavia allo scandalo per il semestre del suo governo; ci soffermiamo invece sulla critica alla sua politica, i cui fondamenti sono essenzialmente il primato degli Stati Uniti d’America e il primato del mercato. Entrambi sono fattori di crisi per l’Europa da costruire: l’uno, gli Stati Uniti d’America, guidati oggi da una dottrina, quella della guerra preventiva; l’altro, il mercato di fronte ad un’evidente produzione di crisi della coesione sociale. Lei ha avanzato una proposta, signor Presidente del Consiglio, di un’Europa transatlantica, neoliberista, postdemocratica. Noi pensiamo che questa proposta contraddica la vocazione e la missione storica dell’Europa, oggi, di un’Europa che ha bisogno di un’altra prospettiva. Hanno parlato di una politica keynesiana; mi permetto di dubitare: le grandi infrastrutture non sono una politica keynesiana; possono essere invece una minaccia per la condizione ambientale attraverso la deregolamentazione, e rischiano peraltro di non potersi fare interamente per la difficoltà di finanziamenti.

C’è un altro lato della sua politica che invece è organicamente neoliberista: è quella che noi chiamiamo della precarizzazione del lavoro, e che lei chiama di flessibilità; è quella che si manifesta, del resto in sintonia con altri paesi europei, nell’attacco al sistema previdenziale. Questa, signor Presidente, non è l’Europa. L’Europa che c’è è quella che chiede un’autonomia dalla politica nordamericana in nome di una diversa cultura politica, che chiede un diverso modello sociale. Oggi il suo punto di forza è la debolezza dell’Europa politica, perché è vero che quest’Europa politica è fondata su un deficit democratico e perché penso che anche la Convenzione risulti ambigua e debole, lontana dalle grandi costituzioni progressiste.

Per questo, signor Presidente del Consiglio, noi non le faremo un’opposizione in nome di quest’Europa, ma in nome di un’altra Europa: di un’Europa sociale e democratica. Ed è per questo che il nostro augurio – e non lo prenda invece come una propensione nemica – è che nel semestre italiano crescano la partecipazione e il protagonismo dell’azione di massa dei movimenti in Europa. Su una sola cosa vorremmo poter convergere con lei: alzare forte la richiesta di una moratoria sulla pena di morte. Questo almeno sarebbe un buon segno di civiltà.

 
  
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  Maes (Verts/ALE). – (NL) Signor Presidente, signor Presidente della Commissione, signor Presidente in carica del Consiglio, la Presidenza italiana viene salutata con sentimenti misti. Ha parlato del fiero contributo dell’Italia alla pace e al diritto internazionale, e vorremmo chiederle se la sua Presidenza si distinguerà come pietra miliare in questo ambito. Per esempio, in che modo affronterete le pressioni che gli Stati Uniti stanno esercitando sulla Serbia per convincerla a non firmare il trattato sul Tribunale penale internazionale, proprio mentre l’Europa vuole offrire ai paesi dei Balcani la prospettiva di aderire all’Unione europea? I profughi gettati sulle coste del Mediterraneo sono una prova della disumanità del nostro sistema. Non funzionerà mai senza possibilità di immigrazione legale.

Ha parlato soprattutto di procedure di controllo e di rimpatrio, ma lo sviluppo sostenibile e la pace nei paesi da cui proviene questa gente devono diventare una priorità nel futuro immediato. Tale sviluppo richiede non solo misure commerciali, ma anche il rispetto dell’ambiente e opportunità di sviluppo per quei paesi. Al momento sono depredati di tutto e la popolazione in cambio riceve armi.

La pace è importante anche nelle regioni d’Europa. Vi sono regioni in ogni paese in via di adesione che sperano in opportunità di sviluppo sostenibile, perché le attendono, in caso contrario, l’impoverimento e lo spopolamento. Alcune delle nostre regioni si trovano nella stessa situazione. Chiediamo maggiore visibilità per le regioni nella Costituzione. Le regioni costituzionali, in particolare, vogliono ottenere rispetto anziché un trattamento arrogante da parte degli Stati membri che hanno sempre l’ultima parola. Ciò non fa che alimentare la frustrazione nelle regioni costituzionali. Mi auguro che la sua Presidenza si dimostrerà sensibile a questo aspetto.

 
  
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  Speroni (NI). – Signor Presidente Berlusconi, ritengo che il compito più importante del semestre italiano sia quello relativo al nuovo Trattato costituzionale che, ricordiamolo, non mira solo a delle idee, a dei concetti, ma si rivolge a un territorio e alle persone che in questo territorio abitano. Il lavoro fatto dalla Convenzione è un lavoro buono, la base di partenza è buona, ci potrebbero essere solo pochi aggiustamenti. Accenno ad una migliore definizione delle competenze legislative fra l’Europa, fra l’Unione e i singoli Stati. Quanto al problema della maggioranza o dell’unanimità per le decisioni, si tratta di contemperare due esigenze: l’esigenza di efficienza e l’esigenza del rispetto della sovranità e degli interessi degli Stati che compongono l’Unione. Nel suo discorso lei ha ripetuto più volte la parola “mediazione”. Penso che anche in questo settore sia necessaria un’opera di contemperamento di esigenze diverse.

Da ultimo, vorrei accennare a qualcosa che penso non sarà possibile ottenere, ma che mi preme sottolineare: un’attenuazione del monopolio d’iniziativa legislativa della Commissione anche a favore di questa Camera. Questo Parlamento non ha il diritto di iniziativa legislativa: caso, ritengo, unico al mondo. Anche un semplice consigliere comunale può fare proposte, ma il parlamentare europeo non ha questo diritto. Ritengo, quanto meno, che questa questione meriti la sua attenzione. Le rivolgo anch’io i migliori auguri per il suo semestre di Presidenza.

 
  
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  Galeote Quecedo (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, qualcuno dovrebbe ricordare che oggi stiamo discutendo il programma della Presidenza italiana, sul quale – e mi premuro di dirlo – sono fondamentalmente d’accordo.

Mi auguro che durante l’intero semestre – dovrei dire sempre – sapremo fare distinzioni fra le differenze ideologiche interne e le responsabilità istituzionali come quelle che assume ora questo grande paese che è l’Italia. Prendiamo atto, al riguardo, dell’impegno del gruppo socialista.

Il compito principale del governo italiano è organizzare con successo la Conferenza intergovernativa e fare ricorso a tutta la sua capacità di dialogo per ravvicinare le posizioni degli Stati membri. Al riguardo, accogliamo con favore l’impegno della Presidenza in carica del Consiglio. L’obiettivo è che la CIG, in ogni caso, cominci e termini a Roma.

I tempi, signor Presidente, sono molto importanti, affinché i paesi che intendono indire un referendum sulla ratifica della Costituzione di Roma – e mi auguro sia l’intenzione di tutti –, facendolo coincidere con le elezioni europee del 13 giugno 2004, possano farlo. In questo contesto, signor Presidente, mi permetta di cogliere l’occasione per esortare l’opposizione politica nel mio paese ad acconsentire a una riforma consensuale delle norme che disciplinano il referendum, in modo da poter indire la consultazione che tutti desiderano.

Auspichiamo anche che durante questi sei mesi sia dato forte impulso ai negoziati di adesione della Romania e della Bulgaria e invitiamo la Presidenza a fare tutto il possibile per permettere la conclusione dei negoziati entro il termine dell’attuale legislatura europea.

Riguardo alle politiche interne dell’Unione europea, sosteniamo pienamente la necessità di approfondire la strategia di Lisbona e portare avanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in particolare nella lotta contro l’immigrazione clandestina. Quanto alla politica estera della Presidenza italiana, ci auguriamo che rilanci il dialogo euromediterraneo a Napoli e, in questo contesto, accogliamo con favore i suoi impegni relativi alla creazione dell’Assemblea parlamentare euromediterranea e soprattutto al rilancio dell’idea della banca euromediterranea.

La esortiamo altresì a promuovere negoziati nell’ambito del Mercosur, che saranno agevolati dall’OMC e che i suoi compatrioti italoargentini senza dubbio gradiranno.

Signor Presidente in carica del Consiglio, le facciamo i migliori auguri, perché il vostro successo durante questo semestre sarà un successo per l’Europa.

(Applausi)

 
  
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  Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, mai prima d’ora una Presidenza del Consiglio si è attirata tante critiche e scetticismo come quella italiana. Vi sono state aspre critiche non solo nei mezzi d’informazione di sinistra, ma anche, in larga misura, in quelli conservatori. Da questo, tuttavia, noi socialdemocratici non traiamo alcuna soddisfazione, perché non vogliamo né possiamo sostituirci all’opposizione nazionale in Italia. Nell’interesse dell’Europa, auguriamo al governo italiano una Presidenza di successo; la posta in gioco è troppo alta per desiderare altrimenti.

Il problema, Presidente Berlusconi, è che negli ultimi mesi abbiamo sentito molte dichiarazioni contraddittorie provenire dall’Italia. Prendiamo la politica estera, per esempio. Nel suo intervento di oggi, Presidente Berlusconi, lei ha affermato che l’Europa deve essere protagonista attivo sulla scena mondiale, che deve dotarsi di strumenti diplomatici e militari. Ha anche parlato della necessità di un forte partenariato tra Europa e Stati Uniti. Ha assolutamente ragione su tutti e tre i punti!

Tuttavia, l’esperienza degli ultimi mesi ci ha mostrato un Primo Ministro Berlusconi che non ha coltivato il partenariato con gli Stati Uniti, ma ha praticato il servilismo e la cieca obbedienza. Ci ha mostrato un Primo Ministro Berlusconi assai restio a creare una forza militare per l’Europa. Oltre a ciò, Presidente Berlusconi, mi auguro che adotterà una posizione più equilibrata sul Medio Oriente e che chiederà con vigore ad entrambe le parti di evitare il ricorso alla violenza. Dobbiamo combattere il terrorismo in Medio Oriente con la stessa determinazione con cui dobbiamo esigere il ritiro delle truppe israeliane e la demolizione del muro che divide crudelmente in due la Palestina.

Per quanto riguarda l’importante questione della politica economica e finanziaria, le dichiarazioni fatte finora dalla Presidenza italiana sono ancora una volta contraddittorie. Il programma di investimenti proposto da lei e dal ministro Tremonti per i progetti di infrastrutture e di ricerca e sviluppo di per sé è una buona idea. Tuttavia, non è ancora chiaro se si tratti soltanto di indebolire la disciplina di bilancio o se l’Italia stia cercando il sostegno dell’Europa per progetti che ha difficoltà a finanziare. Anche in questo caso la invito a dar prova di maggiore chiarezza ed apertura, se vogliamo attuare insieme l’approccio del Libro bianco di Delors e le proposte della Commissione. Mi riferisco in particolare alle proposte adottate dalla Commissione durante il mandato di Karel Van Miert. Se lo farà, signor Presidente in carica del Consiglio, se riuscirà a presentare una proposta coerente e precisa, potrà contare anche sul sostegno dei socialdemocratici.

Signor Presidente in carica del Consiglio, ogni presidenza corre il rischio di confondere gli interessi nazionali con quelli europei. Purtroppo, negli ultimi mesi si è diffusa l’impressione che nel suo caso si tratti anche di interessi personali e politici. Sarebbe pericoloso per una Presidenza dell’Unione europea se si dovessero mescolare gli interessi personali, nazionali ed europei…

(Applausi)

… e mi auguro che lei farà tutto il possibile, durante la Presidenza italiana, per rendere chiaro ed inequivocabile che non agisce in veste di Primo Ministro italiano con interessi personali, bensì in veste di Presidente del Consiglio dell’Unione europea. Se lo farà, anche se seguiremo i suoi progressi con occhio critico, sosterremo comunque il suo lavoro.

(Applausi)

 
  
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  Di Pietro (ELDR). – Signor Presidente, da italiano e da parlamentare europeo, provo ad un tempo imbarazzo, preoccupazione, ma anche orgoglio per il fatto che il mio paese, l’Italia, assuma oggi il ruolo di guida dell’Unione europea. Provo imbarazzo di fronte alle tante critiche, censure, sarcasmi, derisioni riservate al mio paese per quella che è stata definita, purtroppo a ragione, l’anomalia italiana, ovvero il grave conflitto di interessi che coinvolge il nostro Presidente del Consiglio. Provo anche umiliazione perché riconosco che, in effetti, ogni volta che il nostro Presidente del Consiglio esprime un concetto, illustra una proposta, vara un provvedimento in materia di economia, finanza, informazione, soprattutto giustizia, non sappiamo mai se lo fa pensando ai nostri interessi o ai suoi e a quelli dei suoi amici. Anzi, noi in Italia purtroppo lo sappiamo benissimo, visto quello che ha fatto finora.

Provo preoccupazione perché non vorrei che il virus del conflitto di interessi che sta umiliando la democrazia italiana si espandesse anche a livello europeo, perché questo sì è il vero cancro per la democrazia, Presidente Berlusconi, e non il lavoro dei magistrati, come lei stoltamente ha affermato l’altro giorno. Provo però anche orgoglio – sì, orgoglio – perché, grazie a Dio, le istituzioni italiane non sono composte solo dal Presidente del Consiglio e dagli amici che si è portato appresso, specie nel parlamento italiano. Per questo sono certo che la direzione italiana dell’Unione europea, nel suo complesso, con il concorso e la collaborazione di tutte le Istituzioni, opposizioni comprese, saprà farsi onore nonostante l’anomalia italiana, per fortuna transeunte.

 
  
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  Cossutta (GUE/NGL). – Signor Presidente, l’Italia, che tanto tempo fa è stata tra i fondatori della Comunità europea, ha oggi il grande compito di portare compiutamente l’Europa al suo storico allargamento continentale e al varo della sua prima Carta costituzionale. Questo è il nostro augurio ed è anche il nostro impegno ma, francamente, è un male per l’Italia e per l’Europa che la persona che dovrà rappresentarci in questo semestre sia Silvio Berlusconi. Tutta l’Europa sa che nella sua persona si esprime un’anomalia unica al mondo. Su di lui e sul suo operato pesa un macigno immenso per il conflitto permanente fra i suoi interessi personali e quelli della collettività italiana ed europea. E’ l’uomo più ricco d’Italia, la sua immensa potenza economica e i suoi affari privati, presenti in ogni campo, confliggono con le leggi, le norme, i postulati stessi dello Stato; confliggono con la giustizia, ed è la verità. E’ motivo tristissimo per l’Italia e per l’Europa dover leggere sui quotidiani più illustri di ogni paese giudizi feroci su di lui. Li avete letti tutti, colleghi; non li ripeto: sono giudizi severi, ma sono veri.

E’ per tutti noi motivo di fortissima preoccupazione vedere alla testa del Consiglio chi, durante la guerra in Iraq, ha operato non per unire ma per dividere l’Europa, schierandosi in contrasto con i sentimenti espressi dalla stragrande maggioranza del popolo europeo e collocandosi, oggi come ieri, su posizioni subalterne rispetto agli Stati Uniti d’America; chi, sulle questioni internazionali, agisce al di fuori della prevalente linea europea, per esempio a proposito dei rapporti con Israele e con la Palestina, o della situazione drammatica dell’immigrazione; chi, per quanto riguarda le vicende economiche e sociali, a partire dall’attacco alle pensioni, ha sposato una linea iperliberista, profondamente antipopolare.

Berlusconi è la destra, è la peggiore destra europea, la più pericolosa, e dunque io non mi faccio nessuna illusione. Francamente prevedo che la gestione Berlusconi si rivelerà del tutto fallimentare. Auspico che per lo meno si riesca, nell’interesse dell’Europa e della mia patria italiana, a ridurne al minimo i danni e, sia ben chiaro, per questo noi opereremo decisamente con limpido senso di responsabilità nazionale e convinto spirito europeo e, appunto per questo, in opposizione a lui e alla sua politica.

 
  
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  Nogueira Román (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, in seno al Parlamento e nella società europea si guarda con profonda sfiducia alla Presidenza italiana. Non per colpa dell’Italia, naturalmente, fondamento della nostra cultura, di molte nostre lingue e dell’idea stessa di Europa, ma a causa della personalità politica del Presidente Berlusconi.

Presidente Berlusconi, lei è uno dei principali rappresentanti della destra autoritaria della nostra epoca, protagonista della lotta di classe, interna e mondiale, dei ricchi contro i poveri e i lavoratori. Riesce persino a definire “comunista” persone come il Presidente Prodi, i giornalisti critici e i giudici che la giudicano. Utilizza un linguaggio antiquato, persino troglodita, confondendo il secolo in cui vive. E’ amico di Sharon contro Arafat.

Questa sfiducia è stata confermata da alcuni elementi chiave del suo intervento di oggi. Subordina la Costituzione dell’Unione europea alle relazioni con gli Stati Uniti. Ignora la situazione caotica e tragica in Iraq, provocata dai governi suoi amici. Dimentica la catastrofe della Prestige, che ha colpito principalmente la mia nazione, la Galizia. Ha minimizzato le continue morti di immigranti, sia lungo le nostre coste che nella sua Sicilia. Non ha detto una parola sull’Europa sociale, sulla coesione sociale e territoriale, nemmeno di fronte alla prospettiva dell’allargamento. Non ha difeso espressamente il progetto di Costituzione.

In Italia, signor Presidente, le hanno concesso una tregua patriottica. In questa sede, come Presidente in carica del Consiglio, non l’avrà.

 
  
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  Abitbol (EDD). – (FR) Signor Presidente in carica del Consiglio, dopo aver salutato, come di dovere, il suo arrivo a capo dell’Unione europea, devo immediatamente esprimere il mio profondo disaccordo sul principale fine che intende perseguire la sua Presidenza: far sì che l’Unione europea segua le orme degli Stati Uniti d’America. I popoli europei non sono affatto d’accordo e lo hanno dimostrato durante la guerra in Iraq. Non è neanche la scelta preferita dalle Istituzioni europee. Su esempio del Parlamento, la Commissione, nelle persone del Commissario Patten – che non è un pericoloso comunista – e del Presidente Prodi – forse un po’ più incline a tale corrente – e persino il Consiglio, almeno in apparenza, hanno espresso il loro attaccamento a un mondo multilaterale sotto l’egida delle Nazioni Unite e non degli Stati Uniti.

Ciò che si aspettano gli europei è l’affermazione di una propria identità europea. Lo hanno espresso chiaramente, Presidente Berlusconi. Non li deluda. Quale sarebbe l’utilità di questa cosiddetta Costituzione, che – sia essa fonte di soddisfazione o indignazione – rappresenta un balzo considerevole verso la sovranità europea, se il nostro continente dovesse finire col diventare una succursale dell’impero americano? Signor Presidente, poiché il trattato dovrà essere firmato a Roma all’inizio di maggio 2004, mi auguro non mancherà di proporre ai suoi colleghi in seno alla Conferenza intergovernativa di chiamare i popoli d’Europa – i soli titolari della sovranità e quindi i soli autorizzati a rinunciarvi – a pronunciarsi su tale Costituzione attraverso un referendum.

Infine, signor Presidente, la Conferenza ministeriale dell’Organizzazione commerciale del mondo – una denominazione che mi sembra più appropriata di Organizzazione mondiale del commercio – si terrà a Cancún durante la sua Presidenza. Nello stesso spirito, mi auguro che tale riunione non sia l’occasione per la nostra vecchia Europa, alla quale in definitiva siamo piuttosto legati, di sacrificare le sue culture, i suoi stili di vita e la sua Comunità sull’altare di un libero scambio senza freni. La nostra agricoltura è già stata più o meno rimodellata in base alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Temo che le nostre culture, le nostre identità e la nostra specificità, che è peraltro stata la matrice delle civiltà mondiali, possano subire la stessa sorte.

 
  
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  Dillen (NI). – (NL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, vorrei innanzi tutto scusarmi per i numerosi insulti che i ministri e i presidenti di partito belgi hanno rivolto al governo italiano e al suo Primo Ministro. Mi riferisco in particolare a Louis Michel, ministro degli Affari esteri, e ad Elio di Rupo, presidente del Parti Socialiste vallone. Gli italiani devono sapere che una grande maggioranza della popolazione fiamminga prova solo imbarazzo per tali signori, che hanno voluto ergersi a paladini della morale universale, mentre farebbero meglio a mettere ordine in casa propria.

Ciononostante, siamo contrari alla politica del governo italiano su tutta la linea. Per esempio, la vostra posizione sull’adesione della Turchia all’Unione europea. Il mio partito, il Vlaams Blok, si augura nondimeno che sotto la Presidenza italiana si lavorerà ai fini di una severa politica in materia d’immigrazione, una politica coraggiosa contro il costante aumento dell’immigrazione clandestina e tutti i problemi di criminalità e corruzione sociale che essa comporta.

L’Europa merita politici favorevoli all’azione, che rifiutino di inchinarsi dinanzi al terrore della correttezza politica. Se la Presidenza italiana riuscirà a definire una politica europea concreta in tutti questi settori, potrà contare sul nostro sostegno.

 
  
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  Evans, Jonathan (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, vorrei cominciare porgendole senza riserve i nostri migliori auguri per il successo della sua Presidenza. Ultimamente, il dibattito sulla struttura, i poteri e le Istituzioni dell’Unione europea sembra dominare quasi tutte le discussioni a livello europeo. Giunge quindi come una boccata d’aria fresca apprendere che ha posto il proseguimento della strategia di Lisbona in cima ai suoi obiettivi programmatici.

Dobbiamo affrontare le sfide del cambiamento e della riforma economica. In un’epoca in cui l’Europa è minacciata dalla deflazione e dal ristagno, è incoraggiante che lei riconosca la necessità di rilanciare l’importante processo di liberalizzazione delle economie europee. E’ necessaria un’azione reale sulla strategia di Lisbona, anziché vuota retorica.

I milioni di disoccupati in tutta Europa vogliono posti di lavoro sostenibili e non considerano prioritaria la nostra evidente ossessione per il modello e l’architettura istituzionale. La creazione di posti di lavoro e prosperità avrà un impatto più diretto e reale sulla vita dei cittadini da noi rappresentati che il nostro cincischiare sulle Istituzioni dell’Unione.

Per passare alla CIG e al futuro nuovo trattato costituzionale, esorto lei e i suoi colleghi capi di Stato a riprendere gli obiettivi fissati a Laeken. Lei era tra i leader europei che hanno chiesto alla Convenzione di ravvicinare l’Unione europea ai cittadini. Alcuni di noi dubitano seriamente che la Convenzione raggiunga davvero questo risultato. I governi europei dovranno avere ben presente la dichiarazione di Laeken quando cominceranno i negoziati in seno alla CIG.

Le nostre élite politiche sono sempre partite dal presupposto che l’unica possibilità di successo per l’Europa fosse una regolare riforma istituzionale. Tuttavia, la nostra Europa allargata di 25 Stati dovrà essere un luogo in cui promuovere e difendere il dovuto rispetto della diversità degli Stati nazionali. Imporre una camicia di forza di uniformità può solo danneggiare gli interessi reali dell’unità in seno all’Unione europea.

Mi compiaccio della dichiarazione inserita nei suoi obiettivi prioritari, in cui afferma che il suo desiderio di completare il lavoro della CIG è dettato dal rispetto per i valori della democrazia e della trasparenza. Confidiamo sul fatto che si atterrà a tali valori durante i futuri negoziati intergovernativi.

Vorrei inoltre chiarire una questione che ho sollevato ieri in Parlamento con il Presidente Cox. Il risultato della CIG interesserà i paesi in via di adesione tanto quanto gli attuali 15 Stati membri. Noto che essi parteciperanno alla CIG a parità di condizioni con gli attuali Stati membri. Il Presidente Cox ha ribadito tale dichiarazione ieri, dopo il mio intervento. Ma che cosa significa precisamente nella pratica? Senza dubbio, dovrebbe significare che i paesi in via di adesione avranno pieno titolo e pari diritto di votare in seno al Consiglio sul risultato della CIG. Forse può confermare se anche lei ha inteso così.

Accolgo infine con favore il suo chiaro impegno a rilanciare e rafforzare le relazioni transatlantiche. I recenti avvenimenti hanno danneggiato i forti legami che esistono tra Europa e Stati Uniti. In un quotidiano di ieri, lei affermava che l’Occidente deve essere unito. Non deve esistere rivalità tra noi e l’America. Alla luce delle crescenti tensioni tra l’America e alcuni paesi negli ultimi mesi, contiamo su di lei per portare avanti questa presa di posizione come alta priorità. Dobbiamo assicurare che l’Unione europea nel settore della difesa non persegua obiettivi che portino ad un antagonismo con le istituzioni dell’alleanza NATO.

(Applausi)

 
  
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  Schulz (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto replicare all’onorevole Poettering, che nel tessere le lodi dei rappresentanti della Presidenza arrivati oggi dall’Italia – Berlusconi, Fini, Frattini, Buttiglione – si è lasciato trasportare dall’entusiasmo al punto che ho persino temuto che arrivasse a citare anche Maldini e Del Piero o Garibaldi e Cavour. Si è però dimenticato di una persona in particolare, ovvero di Bossi. Anche lui fa parte del governo italiano, ed ogni sua minima dichiarazione è ben peggiore di quelle che hanno indotto il Parlamento europeo a muovere censure contro l’Austria e ad opporsi alla partecipazione del Partito liberale austriaco al governo di questo paese. Si deve parlare anche di lui.

(Applausi)

Mi rendo conto che lei non è responsabile del quoziente intellettivo dei suoi ministri, signor Presidente in carica del Consiglio, tuttavia lei è chiamato a rispondere di quello che dicono. Le asserzioni di Bossi, il ministro del suo governo che si occupa di politica di immigrazione, che è uno dei temi che lei ha affrontato nel suo discorso, sono del tutto incompatibili con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In qualità di Presidente in carica del Consiglio, lei ha il dovere di difendere i valori in essa sanciti, pertanto dovrà difenderli contro il suo stesso ministro.

Vorrei riprendere un’osservazione formulata dall’onorevole Di Pietro, il quale ha detto che non vorrebbe che il virus del conflitto di interessi si espandesse anche a livello europeo. Ha proprio ragione, e a questo proposito da alcuni giorni ci troviamo in una situazione difficile in Aula ogni volta che parliamo della Presidenza italiana, perché continuiamo a sentirci dire che adesso dobbiamo stare attenti a non criticare Berlusconi per ciò che fa in Italia, in quanto il Parlamento europeo non è la sede giusta. Perché mai? L’Italia non fa parte dell’Unione europea?

(Applausi)

E’ ovvio che il Parlamento europeo è la sede giusta, e ve ne dirò il motivo. I deputati del parlamento italiano sono eletti per occuparsi delle azioni da lei compiute in qualità di Primo Ministro italiano e noi siamo eletti per discutere su ciò che lei fa in qualità di Presidente in carica del Consiglio, poiché questo è il nostro compito. Lei ha fatto riferimento allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e al processo di Tampere. Vorrei farle notare che a questo proposito lei non ha completato il suo discorso, in quanto si è limitato a parlare di Europol. Volevo ricordarglielo e chiederle se può dire qualcosa riguardo a tutti e tre i concetti. Cosa intende fare per accelerare la creazione di una procura europea?

(Applausi)

Cosa intende fare per accelerare l’introduzione del mandato di arresto europeo? Cosa pensa di fare riguardo al riconoscimento reciproco dei documenti nei procedimenti penali internazionali? Ritengo che in fatto di autenticità dei documenti il suo paese abbia un tantino bisogno di riforme. Se lei attuasse tali riforme nel suo stesso paese, il mandato di arresto europeo potrebbe entrare in vigore più rapidamente.

Nonostante tutto, sono lieto che oggi lei sia presente in questa sede e di poter discutere con lei. Di questo dobbiamo ringraziare non da ultimo Nicole Fontaine, in quanto lei non godrebbe più dell’immunità di cui ha bisogno se Nicole Fontaine non fosse riuscita con tanta abilità a rinviare così a lungo la procedura relativa alla richiesta di revoca dell’immunità parlamentare sua, Presidente Berlusconi, e di Dell’Utri, il suo assistente, che oggi in via del tutto eccezionale una volta tanto è presente in Aula. Anche questa è una verità che oggi dev’essere detta.

(Commenti)

 
  
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  Sbarbati (ELDR). – Signor Presidente del Consiglio, come europarlamentare italiana del movimento Repubblicani europei nell’ELDR e per i liberalsocialisti dell’onorevole Martelli, non posso che auspicare che questo semestre rappresenti un sicuro successo per l’Europa e per l’Italia. La soluzione dei difficili compiti che l’attendono – dalle grandi infrastrutture alle pensioni, all’immigrazione clandestina – non ha però bisogno di suggestive formule televisive ma di un lavoro intelligente, creativo di mediazione politica per onorare l’impegno assunto di fronte a questo Parlamento. Il profilo della sua azione dovrà perciò essere molto alto e centrato sulle grandi scelte internazionali, prima fra tutte la nuova Costituzione a venticinque, sul cui testo saranno benvenuti tutti i passi in avanti, ma su cui non dovrà essere assolutamente consentito alcun passo indietro.

La ricostruzione di una reale partnership con gli USA passa per un rapporto diretto con l’Unione europea attraverso una graduale assunzione di responsabilità e di guida europea della NATO, con una visione moderata, non antagonista né subalterna dei rapporti. Per questo, Presidente, crediamo che si debba assolutamente incoraggiare l’ingresso della Gran Bretagna nell’Unione monetaria per rafforzare l’Europa sul piano internazionale.

L’altro difficile banco di prova che l’attende è la soluzione del problema mediorientale con l’attenzione al fatto che la roadmap richiede un atteggiamento di grande imparzialità, per cui l’intervento europeo non può essere rivolto ad una sola parte. Sono grandi appuntamenti, Presidente, per i quali le formulo ancora i migliori auguri, anche per conto del nostro paese.

 
  
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  Fiori (PPE-DE). – Signor Presidente, se c’è una cosa che mi preoccupa della situazione europea – e anche stamattina ne abbiamo avuto qualche esempio – è una politica che troppo spesso ha manifestazioni di autoreferenza. Sono quindi certo – e i fatti lo confermeranno – che il suo impegno di rispondere giorno per giorno alle aspettative dei suoi cittadini europei contraddistinguerà il suo semestre di Presidenza. La regola nei nostri interventi è di cercare di dare un contributo alle relazioni. Qui, signor Presidente, c’è una grande difficoltà, perché i temi trattati hanno coperto tutte quelle che sono le nostre aspettative. C’è solo un punto su cui vorrei richiamare la sua attenzione: nel semestre di Presidenza italiana noi avremo la costruzione delle nuove regole sulle politiche di coesione. Orbene, penso che la Presidenza italiana debba richiamare l’Unione europea a una serie di responsabilità precise: il rafforzamento della coesione economica sociale; la riduzione della disparità fra i livelli di sviluppo di molte regioni, ancora presenti nella nostra Unione e ancor più accentuati dall’allargamento; l’attuazione di concetti di solidarietà geografica, e al riguardo pensiamo alle regioni più lontane. Questo sulla base, fra l’altro, di tre principi: che la politica di coesione senza risorse è difficile da attuare; che le politiche settoriali che l’Unione sta elaborando – pensiamo soltanto alle conseguenze della riforma della politica agricola – dovranno contribuire a una grande idea di coesione europea; che la nuova idea di coesione europea debba recepire anche il criterio della flessibilità.

Un ultimo punto, già toccato dal mio collega Tajani: tutte queste politiche si concretizzeranno nel lavoro della CIG, di conferma della Convenzione. Bene, un richiamo ai valori fondanti dell’Europa, un esplicito richiamo dei valori cristiani ritengo sia un contributo alla nostra storia.

 
  
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  Titley (PSE). – (EN) Signor Presidente, sono deputato al Parlamento europeo da 14 anni. Durante questo periodo, ogni sei mesi ho ricevuto montagne di documenti dalla Presidenza entrante che illustravano le sue priorità, ma non questa volta. Non ho ricevuto nulla. Ieri ho visitato il sito web della Presidenza – era il primo giorno di Presidenza – per vedere quali fossero le sue priorità e ho trovato un avviso che diceva che non sarebbe stato disponibile alcun documento fino alle 16.30. Ho quindi pensato “ah, la segretezza è dovuta al fatto che ci sarà un annuncio importante”. Ho aspettato col fiato sospeso. Invece abbiamo avuto le solite belle parole.

Ciò m’induce a ritenere che il vero motivo di questo ritardo e della mancanza di informazioni sia semplicemente che la Presidenza non è pronta. Questo è ciò che mi preoccupa. Nel momento in cui l’Europa deve affrontare alcune delle sue più grandi sfide, come quella di prepararsi per l’allargamento del prossimo anno, abbiamo una Presidenza che sembra essere così distratta dalle questioni nazionali da non essersi adeguatamente preparata per questo alto incarico. Mi chiedo se si tratti della Presidenza con la peggiore preparazione di tutto il periodo che ho trascorso al Parlamento.

Sono anche preoccupato per la mancanza di coerenza. Non ripeterò ciò che ha affermato l’onorevole Swoboda, sebbene condivida il suo parere. Tuttavia, oggi abbiamo sentito la Presidenza parlare con entusiasmo di sviluppo della difesa europea. Rilevo che questo è lo stesso governo che ha respinto l’A-400 M, il quale, dopo tutto, costituisce l’elemento chiave della capacità di difesa europea. Ciò m’induce a chiedermi precisamente quante di queste belle parole saranno tradotte in realtà.

Sono altresì preoccupato per le dichiarazioni contraddittorie sull’immigrazione in seno al governo. Vi sono stati interventi carichi di emotività sull’argomento. Francamente, non possiamo gestire l’importante questione dell’asilo e dell’immigrazione con una retorica impulsiva che non fa altro che sconvolgere e alimentare le inquietudini dei nostri concittadini. Dobbiamo dimostrare una capacità di leadership politica e un’impostazione equilibrata, sia nell’esaminare l’integrazione dei migranti – aspetto che il Parlamento europeo esaminerà per la prima volta durante questa Presidenza – sia nella gestione della migrazione in base alle nostre necessità economiche e alle esigenze dei migranti stessi. Mi auguro che la Presidenza darà prova di tale capacità di leadership politica in questo ambito.

 
  
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  Schmidt, Olle (ELDR). – (SV) Signor Presidente, in Italia lei afferma spesso di essere oggetto di persecuzioni politiche da parte di chi la critica. Ciò non accadrà in quest’Aula. Il suo lavoro sarà nondimeno esaminato con grande attenzione, perché in quest’Aula non esiste alcuna immunità contro le trasgressioni e la sventatezza politica. In autunno l’Unione europea dovrà coalizzare le forze intorno a una politica di asilo e immigrazione basata sull’umanitarismo e sull’umanità condivisa. Questo è un argomento su cui non ha detto molto nel suo intervento, Presidente Berlusconi. Il successo esige una leadership chiara, in grado di operare con legittimità e autorevolezza. Purtroppo devo chiedermi se il governo italiano oggi sia davvero in grado di assumersi tale responsabilità. Uno dei suoi ministri, già menzionato in Aula, chiede che la polizia utilizzi armi da guerra contro i profughi che cercano la libertà nel suo paese. Questa è una proposta che lei deve ora respingere con fermezza.

Il suo stesso ruolo di proprietario di mezzi d’informazione in Italia ha permesso al governo di dettare il contenuto sia della stampa privata che della televisione pubblica. Si tratta di uno sviluppo assai preoccupante, che riguarda l’intera Unione europea e che non sarebbe mai stato accettato se si fosse verificato in qualsiasi nuovo Stato membro dell’Unione. La triste domanda che dobbiamo ora porci è se l’Italia sia un paese che soddisfa i criteri politici di Copenaghen. Spero saprete dimostrare che noi critici e scettici abbiamo torto. In ogni caso, le auguro buona fortuna per i prossimi sei mesi.

 
  
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  Sudre (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, mi permetta di dirle, signor Presidente in carica del Consiglio, che abbiamo fiducia nella Presidenza italiana. Sappiamo che lei sarà in grado di associare volontà politica e spirito di conciliazione al fine di far progredire la costruzione europea.

In campo internazionale, le relazioni transatlantiche sono ovviamente fondamentali. Le discussioni dell’Unione europea con gli Stati Uniti, sulla linea di quelle svoltesi di recente a Washington, devono diventare più regolari. Le questioni che sono oggetto di controversie tra le due sponde dell’Atlantico, come la tutela dell’ambiente, devono essere affrontate in modo più pragmatico.

Condividiamo il parere della Presidenza italiana sulla necessità di una CIG breve, che esamini, se possibile nella sua forma attuale, il progetto di Costituzione della Convenzione europea e, soprattutto, non riapra il vaso di Pandora delle rivendicazioni nazionali. Siamo sul punto di adottare una Costituzione comune elaborata alla luce del sole. Mi auguro che sapremo cogliere questa opportunità unica e prepararci al nuovo trattato costituzionale di Roma.

Riguardo all’allargamento dell’Unione, è necessario che i cittadini si sentano sicuri all’interno delle frontiere di un’Unione che vigila sulle minacce esterne rappresentate dall’immigrazione clandestina, dalla criminalità organizzata e dal terrorismo. D’ora in poi dovremo dimostrare la determinazione necessaria per realizzare la volontà espressa dal Consiglio di Salonicco.

Sul piano economico, il programma della Presidenza italiana volto a dare nuovo slancio alla rete transeuropea dei trasporti stradali, ferroviari e marittimi, nonché al progetto di ricerca e sviluppo, è oltremodo necessario. Come ha ricordato il Primo Ministro francese, Jean-Pierre Raffarin, il patto che lega gli europei s’intitola “Patto di stabilità e di crescita”. Siamo quindi favorevoli all’adozione di iniziative in materia di crescita da parte dell’Unione europea.

Come rappresentante delle regioni d’oltremare, vorrei insistere sull’importanza per la coesione sociale dell’Unione di fare tutto il possibile per promuovere l’apertura delle regioni distanti dal centro dell’Europa. La solidarietà dell’Europa dipende da tale sforzo.

In vista della Conferenza euromediterranea di Napoli del 2 e 3 dicembre prossimo, non possiamo che incoraggiare la nuova Presidenza a sviluppare le sue relazioni, in particolare nei settori del commercio, dell’agricoltura, delle infrastrutture e della migrazione, al fine di garantire che il processo di Barcellona non perda il suo slancio.

Infine, rivolgiamo un vivo incoraggiamento a tutti i politici europei e nazionali incaricati di promuovere la diversità linguistica. Un’Europa ricca di 20 lingue e altrettante culture non deve ridursi a un’Europa con una sola lingua. Tuttavia, ciò richiede sforzi da parte di tutti e attendiamo dalla nuova Presidenza iniziative concrete al riguardo.

 
  
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  Berès (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, le farò una confidenza: preferisco la sua presentazione dai toni morbidi all’intervento del Primo Ministro francese di ieri, qui a Strasburgo, che ha fatto il gioco della divisione nazionale. Ciò detto – e immagino se ne sia reso conto nel corso del dibattito – la giudicheremo in base alle azioni, non alle parole. Saprà anche che il Parlamento ha una grande ambizione per la sua Presidenza: il successo della CIG. Questa è l’ambizione del Parlamento e del mio gruppo politico, nell’interesse di una democrazia europea che funzioni a tutti i livelli, sia a livello europeo sia in ciascuno dei nostri Stati membri, nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali che abbiamo appena incorporato nel progetto di Costituzione.

Mi è appena giunto, molto tardivamente, il vostro programma in inglese – purtroppo non so leggere l’italiano – e ho scoperto che si parla di nuovo del Libro bianco di Jacques Delors. Ne sono felice, perché ritengo che Jacques Delors avesse ragione. Soltanto che, da quando Jacques Delors ha proposto all’Unione questo grande progetto di reti transfrontaliere e di infrastrutture europee, ci troviamo di fronte allo stesso problema: i finanziamenti. Lei lancia l’idea di un finanziamento da parte della BEI, ma la BEI è solo una banca. Non propone soluzioni, a parte la possibilità di ottenere un prestito europeo. E’ disposto, signor Presidente in carica del Consiglio, a lottare per ottenere un prestito europeo per finanziare queste grandi opere? Altrimenti, saranno solo parole, parole, parole. In definitiva, questo piano di rilancio serve a rilanciare la crescita europea o semplicemente a rilanciare l’economia italiana che ha difficoltà a rispettare il Patto di stabilità?

 
  
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  Bodrato (PPE-DE). – Signor Presidente, tra le questioni dell’agenda della Presidenza italiana particolare attenzione questo Parlamento ha naturalmente dedicato alla Conferenza intergovernativa che dovrà approvare la proposta della Convenzione. La Costituzione sarà una svolta storica che ricorda il Trattato di Roma del 1957. Questo Parlamento si attende, tuttavia, un passo avanti nel voto a maggioranza ed una politica estera comune, che ritiene unica alternativa all’unilateralismo americano e la base più seria per un’intesa euroatlantica. Mi auguro anche una riflessione sul fatto che i valori umani, che sono tradotti in modo chiaro nelle norme della Costituzione e sono posti a presidio della cittadinanza europea, abbiano radici cristiane. Il cristianesimo non è un limite alla laicità della politica.

La Presidenza italiana ha l’opportunità di inquadrare in un più ampio programma le reti transeuropee che i progetti prioritari della Commissione hanno segnalato come obiettivo per rafforzare la coesione territoriale europea. Bisogna però dedicare – come lei ha detto, Presidente Berlusconi, e come ha ribadito il Presidente Prodi – più risorse alla politica della ricerca e dell’innovazione, poiché la competitività dell’economia europea dipende soprattutto da questi investimenti.

Questa Presidenza dovrà, infine, rendere concreta l’iniziativa, delineata a Salonicco, per una politica dell’immigrazione che trovi un equilibrio concreto tra legalità ed accoglienza, che sia cioè rispettosa dei valori che leggiamo nella Carta dei diritti fondamentali europei.

Da ultimo, per rilanciare la politica mediterranea dell’Europa dobbiamo essere consapevoli che nessuna iniziativa verso i paesi del Mediterraneo meridionale potrà avere successo se non sarà fondata su una forte politica di pace che garantisca la sicurezza di Israele ma anche una patria per i palestinesi. Buon lavoro!

 
  
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  Goebbels (PSE). – (FR) Signor Presidente, la Presidenza italiana propone iniziative di politica economica interessanti e al tempo stesso sconcertanti. Infatti, il governo italiano sembra praticare la strategia del “gelato caldo”. Dice tutto e il contrario di tutto. Il Patto di stabilità dovrà così diventare, contemporaneamente, più forte e più flessibile. Si parla di una “Maastricht delle pensioni”, uno slogan a prima vista privo di senso.

Il Presidente Berlusconi ci ha invitati a riflettere sulla sostenibilità della previdenza sociale europea. Il gruppo socialista è pienamente consapevole dei problemi attualmente posti dal contratto tra le generazioni. Il benvenuto aumento della speranza di vita, accompagnato da una vita lavorativa più breve, ha determinato una diminuzione del numero di persone attive rispetto a quello dei pensionati. Naturalmente, ciò solleva un problema di finanziamento dei sistemi pubblici, che funzionano in base alla ripartizione. Constatiamo nondimeno che i fondi pensionistici privati, che funzionano in base alla capitalizzazione, presentano problemi analoghi. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e altrove, i fondi pensionistici accumulano perdite e hanno gravi problemi di liquidità. Ovunque, le imprese trasformano i propri fondi pensionistici basati su prestazioni definite in fondi pensionistici basati su contributi definiti. In altre parole, i lavoratori sanno quanto devono pagare, ma non conoscono più l’importo cui avranno diritto una volta raggiunta l’età pensionabile. Questa “Maastricht delle pensioni” non nasconde per caso l’intenzione di ridurre l’impegno pubblico in materia di pensioni? La Presidenza deve chiarire quanto prima le sue reali intenzioni al riguardo. I socialisti non sono affatto disposti ad accettare una Waterloo delle pensioni.

Le proposte del ministro Tremonti a favore dei sistemi di trasporto transeuropei rispondono a una priorità politica che il mio gruppo difende da anni. Tuttavia, poiché il concetto non è molto chiaro e i finanziamenti non sono affatto assicurati, è difficile prevedere l’impatto della realizzazione delle future reti transeuropee sulla situazione economica europea.

Come ha affermato il Presidente Ciampi – e con questo concludo, signor Presidente – non ci sarà stabilità senza crescita e non ci sarà crescita senza stabilità. La crescita e la stabilità sono i due motori che permetteranno all’economia europea di avanzare.

 
  
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  De Sarnez (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, vorrei augurare alla Presidenza italiana un grande successo. Poiché interviene in un momento estremamente importante per l’avvenire dell’Europa, mi auguro che sia armoniosa ed efficace. Mi associo a ciò che hanno già espresso diversi altri oratori, cioè il desiderio di dare alla luce un nuovo trattato costituzionale durante questa Presidenza. L’Italia è un grande paese europeo. E’ anche un paese di grandi europei e sono certa che, fedele a questa eredità, il Presidente in carica del Consiglio, il Presidente della Commissione e il Vicepresidente della Convenzione non mancheranno di accordarsi sui punti essenziali per dare un nuovo volto all’Europa.

La nuova Costituzione, che mi auguro adotteremo mediante referendum, a mio parere avrà un gran merito: quello di esistere finalmente. Questo testo fondamentale deve tuttavia essere un punto di partenza per una nuova Europa e non un fine in sé. Ritengo inoltre che le prossime elezioni offriranno l’occasione ai nostri concittadini di affermare il loro desiderio di compiere progressi nelle politiche comuni europee, che si tratti del coordinamento delle politiche economiche, di bilancio, fiscali, sociali, di creare un’Europa della difesa e della ricerca o di definire una politica estera comune che ci permetta infine di esercitare un’influenza nel mondo. Questa sarà la prossima sfida per coloro che amano l’idea di un’Europa che ci unisca e ci trascenda.

La Presidenza italiana avrà anche la grande responsabilità di compiere progressi nel campo dell’istruzione e della cultura. Dovrà dare nuovo slancio all’Europa della conoscenza e vorrei che fosse adottato quanto prima il programma Erasmus Mundus, affinché possa diventare operativo entro il 2004.

Infine, mi permetto di richiamare la sua attenzione sulla riunione dell’Assemblea generale dell’UNESCO nell’ottobre 2003, che dovrà affrontare il progetto di convenzione internazionale sulla diversità culturale. E’ più che auspicabile che l’Unione adotti una posizione chiara e pubblica su tale progetto.

Per concludere, vorrei esprimere il desiderio che questa Presidenza italiana sia permeata dallo spirito dei firmatari del Trattato di Roma.

 
  
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  Terrón i Cusí (PSE). – (ES) Signor Presidente in carica del Consiglio, il calendario vi ha portati ad assumere la Presidenza nel semestre chiave per l’introduzione del mandato di arresto europeo, richiesto dal Parlamento e dal mio paese, la Spagna. Le chiedo, per favore, di fare tutto il necessario per renderla possibile. L’Unione europea deve contribuire con il proprio approccio alla lotta contro il terrorismo, soprattutto ora che abbiamo constatato che l’approccio militare ha i suoi limiti.

Ha i suoi limiti anche riguardo alla questione dell’immigrazione. Con i mezzi militari non risolveremo nulla, e non parlo di diritti, parlo di efficacia. Signor Presidente in carica del Consiglio, non c’è nulla di più facile che criticare la politica di immigrazione del governo attuale. Voi, in Italia, ne siete un chiaro esempio. Vi siete accaniti con il governo precedente sulla questione dell’immigrazione e ora vi trovate di fronte agli stessi problemi o a problemi peggiori, non è nemmeno necessario che ve lo dica l’opposizione: lo si dice anche all’interno del suo stesso governo.

Ci chiede di non portare in questa sede le discussioni italiane. Facciamo un patto: le chiedo esattamente la stessa cosa. Non alzi il tono rinviando in sede europea i problemi che non riesce a risolvere in ambito nazionale. Non porti qui il dibattito italiano sull’immigrazione. Non ne abbiamo bisogno. Non abbiamo bisogno di un’escalation di titoli di giornale.

Abbiamo invece bisogno di dare seguito alle conclusioni di Salonicco, al loro contenuto e allo spirito con cui sono state scritte. Dobbiamo definire una politica di ammissione, di controllo delle frontiere, di integrazione – una parola che è scomparsa dal suo programma – e di dialogo con i paesi terzi, non sull’immigrazione clandestina, ma sull’immigrazione, su tutti gli aspetti dell’immigrazione. Con tono sereno e ragionevole, senza mescolare la clandestinità, la sicurezza e la legalità, senza insinuazioni che funzionano sempre, non perché ciò non sia politicamente corretto, signor Presidente in carica del Consiglio, ma perché in tal modo la gestione dell’immigrazione e la lotta contro la criminalità fallirebbero, e questo non possiamo permettercelo.

(Applausi)

 
  
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  Podestà (PPE-DE). – Signor Presidente, lei ha parlato di grande Europa e in effetti, con l’arrivo dei nuovi paesi, stiamo vivendo un momento di riconciliazione dell’Europa con la propria storia, con la propria civiltà. Ma l’Europa sarà grande se tale saprà restare anche nella propria capacità di competere nell’ambito economico. Come lei ha detto, l’Europa sarà in grado di pesare se saprà decidere. Se oggi vi è uno spettro che si aggira per l’Europa, questo è il rischio di perdere capacità competitiva su scala mondiale. Per questo plaudo al suo richiamo alla strategia di Lisbona e anche al riferimento, nel suo programma, alla competitività messa al servizio di una prosperità condivisa. Dopo Lisbona, signor Presidente, si sono sprecati – dico, sprecati – tre anni. Per questo è giusto cercare, come lei ha fatto, nuove linee di sviluppo, nuovi strumenti di volano economico. Ci vuole immaginazione, ci vuole capacità di vedere al di là dell’ovvio, e pertanto la proposta di infrastrutture materiali e immateriali – quindi capitale umano, ricerca – mobilizzando anche risorse private, oltre che quelle pubbliche, è la strada giusta.

E’ anche necessario portare a livello dell’Unione il tema di un sistema pensionistico sostenibile. In tanti, dentro e fuori questo Parlamento, siamo convinti che la sua Presidenza sarà chiave di successo per questo passaggio così critico nella costruzione dell’Europa unita. A coloro che anche oggi hanno portato qui i veleni di una certa, mediocre politica italiana voglio ricordare che in democrazia è il voto dei cittadini che legittima, e null’altro. Forse per costoro il concetto di democrazia è troppo recente perché l’abbiano assunto completamente. Siamo orgogliosi, da italiani e da europei, che sia lei a guidare l’Europa in questi sei mesi. Buon lavoro, Presidente!

 
  
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  Roth-Behrendt (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, il programma della Presidenza italiana in realtà non è disponibile. Ho dovuto scaricarlo dal sito web e leggerlo in inglese stamattina. Per fortuna comprendo l’inglese, ma non l’italiano purtroppo. In ogni caso, per quel che ho trovato nel suo programma sulla politica ambientale non era necessaria una grande conoscenza dell’inglese, perché non c’era praticamente nulla da leggere. Ha detto alcune cose carine e simpatiche, che avrebbe facilmente potuto copiare da un quotidiano. Poiché ha menzionato il processo di Lisbona, vorrei chiederle, signor Presidente in carica del Consiglio, se è consapevole del fatto che il processo di Lisbona richiede l’integrazione della sostenibilità e delle misure ambientali nelle politiche relative a tutti i settori. Se ne è al corrente, può gentilmente dirmi in che modo intende farlo? Le sarei inoltre grata se potesse confermare se il suo governo ha davvero pubblicato un documento intitolato Environment as an Opportunity, cioè “L’ambiente come opportunità”, secondo il quale la Presidenza italiana dovrebbe usare questo semestre per allentare e ridimensionare la legislazione ambientale. Se è vero, Presidente Berlusconi, non dubito che lei intenda mandare immediatamente al macero tale documento e denunciarne l’illegalità.

Gradirei anche sapere se intende usare il suo semestre di Presidenza per assicurare che l’attuale legislazione dell’Unione europea sia recepita nel diritto italiano, per esempio quella sulla valutazione dell’impatto ambientale. Vorrei che ci dicesse, Presidente Berlusconi, se le persone che non si conformano a tale legislazione saranno perseguite penalmente, perché si tratta di un reato penale, e invito anche la Commissione ad adottare opportuni provvedimenti qualora sia a conoscenza di casi di non conformità.

Infine, Presidente Berlusconi, vorrei sapere se durante la sua Presidenza intende portare avanti anche la legislazione ambientale, della quale sarà responsabile, in particolare se la responsabilità ambientale sarà all’ordine del giorno della sua Presidenza. Le sarei grata se potesse spiegarci in che modo intende agire.

 
  
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  Tannock (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei cominciare ringraziando l’Assemblea per aver permesso al Presidente in carica del Consiglio di pronunciare il suo importante messaggio senza interruzioni. Sono un grande italofilo e un amico di Alleanza nazionale e Forza Italia in seno al Parlamento.

Il Presidente Berlusconi saggiamente accenna in modo positivo al più ampio dibattito europeo. Sono d’accordo, e accolgo con favore il rafforzamento dei legami con l’Ucraina e la Moldavia in particolare. Vorrei chiedere che per la prima volta si riconosca in modo formale che, a norma dell’articolo 49 del Trattato, questi due paesi possono presentare domanda di adesione all’Unione europea. In ogni caso, l’assenza a Chisinau di una delegazione della Commissione europea e il fatto che l’Italia, diversamente da Regno Unito, Francia e Germania, non abbia un’ambasciata in Moldavia – nonostante i legami con la popolazione di lingua rumena – sono deplorevoli. Dobbiamo esercitare pressioni al fine di risolvere definitivamente la questione della Transnistria, che spezza e inquina lo Stato moldavo. Il regime ha recentemente impedito a una delegazione di parlamentari europei di entrare nel territorio occupato. Esercitando pressioni sulla Russia e sull’Ucraina si contribuirebbe a risolvere la questione.

E’ altresì importante che l’Unione europea s’impegni costruttivamente con la Bielorussia, paese in cui, nonostante le differenze, dobbiamo agire in modo concreto nei settori di interesse reciproco, come il controllo delle frontiere, al fine di promuovere le riforme e la democrazia e scoraggiare l’isolamento di tale governo.

Invito il Consiglio a conferire un mandato politico alla BEI affinché estenda per la prima volta la sua attività all’Ucraina e alla Moldavia, in attesa delle loro definitive candidature all’Unione europea. Dopo tutto, la BEI è già attiva in Russia, a proposito della quale naturalmente accolgo con favore l’interesse e l’impegno del Presidente Berlusconi. Mi compiaccio del piano relativo alle reti transeuropee e un buon inizio sarebbe un treno veloce che colleghi Bruxelles e Strasburgo, per rendere le nostre vite di parlamentari europei molto più sopportabili.

Mi compiaccio altresì del rilancio dell’agenda di Lisbona, senza la quale il nostro continente perderà quota a favore dei mercati emergenti dell’Oriente e dei progetti di zone di libero scambio delle Americhe.

Infine, accolgo con favore i vigorosi sforzi dell’Italia volti a rendere sicure le frontiere meridionali dell’Europa contro l’immigrazione clandestina. Tuttavia, in che modo si possono conciliare tali sforzi con la comunicazione della Commissione su un’Europa più ampia, che sembra discutibilmente promettere alle persone provenienti dai paesi del partenariato euromediterraneo una futura libertà di circolazione?

 
  
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  De Rossa (PSE). – (EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, come ogni altro parlamentare europeo, desidero porgere alla Presidenza italiana i miei auguri di successo nei prossimi sei mesi. Vi sono importanti lavori da svolgere e mi auguro che, nonostante le preoccupazioni che molti di noi nutrono riguardo al suo esercizio del potere in Italia, l’agenda europea verrà portata avanti.

Il giudizio che l’Assemblea esprimerà in merito al suo lavoro in veste di Presidente in carica del Consiglio si baserà sui progressi che riuscirà a compiere nell’ambito dell’agenda europea. Le altre questioni saranno affrontate a tempo debito dagli elettori italiani e presumibilmente anche dai tribunali italiani. Tuttavia, per quanto riguarda ciò che occorre fare ora, la questione più importante da affrontare è la Conferenza intergovernativa.

E’ essenziale non permettere che la Conferenza intergovernativa lavori nell’ombra. La Convenzione sul futuro dell’Europa si è riunita in pubblico, ha discusso in pubblico, tutte le questioni sono state sezionate in pubblico. Non permetteremo che diplomatici non eletti si ritirino dietro porte chiuse per smantellare l’ottimo lavoro della Convenzione.

E’ quindi una responsabilità estremamente importante della sua Presidenza garantire che i documenti della Conferenza intergovernativa siano resi pubblici, così come tutte le risposte a tale documenti. Non è sufficiente elaborare relazioni sporadiche, redatte con cura, da presentare ogni tanto al Parlamento nel corso dei prossimi sei mesi. Dobbiamo sapere esattamente che cosa succede. I cittadini devono saperlo, i parlamenti nazionali devono saperlo e il Parlamento europeo deve essere informato del dibattito in corso in sede di Conferenza intergovernativa. Non possiamo garantire il sostegno degli elettori europei al risultato della Conferenza intergovernativa, senza essere pienamente informati del dibattito che si svolge in tale sede.

 
  
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  Brienza (PPE-DE). – Signor Presidente del Parlamento, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, due regole auree sono emerse dall’intervento del Presidente Berlusconi: continuità per la politica estera e la sicurezza e richiamo al giudizio sui fatti. La linea della mediazione annunciata dal Presidente Berlusconi è la linea della saggezza e della vera operosità, la linea di cui l’Europa ha bisogno nell’interesse di tutti. I fatti urgono; l’Europa è a una svolta storica, deve darsi una Costituzione, ma la bozza presentata ha ricevuto un generico gradimento che ha però, per il momento, messo sottotono le obiezioni di diversi governi, obiezioni che verranno alla luce nella Conferenza intergovernativa. La mediazione sarà l’unica strada per creare una conclusione positiva.

In politica estera gli obiettivi sono quattro: il processo di pace in Medio Oriente, il recupero delle relazioni transatlantiche incrinate dalla crisi irachena; il lancio nei Balcani di nuove operazioni gestite da forze europee sotto la bandiera europea e, infine, il dialogo con i paesi del sud del Mediterraneo, che è uno dei punti di forza della linea della Commissione europea, ottimamente guidata da Romano Prodi. Anche in questi casi, la mediazione da lei indicata, signor Presidente del Consiglio, sarà determinante. Lei doveva, fin dal suo esordio in questa sede, fare chiarezza, non solo sulle priorità della Presidenza italiana ma anche sul metodo che essa intendeva seguire, e lo ha fatto con chiarezza, con coerenza, con il senso della vera democrazia, soprattutto con l’aver annunciato un maggior coinvolgimento del Parlamento europeo.

Infine, abbiamo apprezzato l’impegno a favorire il rilancio economico dell’Unione, a definire il futuro della politica agraria comune e a sottolineare il suo spirito di collaborazione su problemi spinosi come quelli dell’immigrazione e della politica di sicurezza.

Voglio concludere esprimendo l’orgoglio di un parlamentare italiano – un sentimento che qualsiasi altro collega europeo proverebbe nelle stesse condizioni – di appartenere ad un’azione fondatrice dell’Unione europea, un’Unione che oggi vede ai vertici due rappresentanti italiani, Berlusconi e Prodi. Siamo persuasi che essi non deluderanno e saranno anzi degni della storia italiana e della creazione comunitaria. Presidente Berlusconi, la sua Presidenza avrà successo, nonostante i gufi italiani ed europei che imperversano oggi, e avrà il pieno appoggio del gruppo DC di questo Parlamento. Auguri per il suo successo, che sarà il successo dell’Europa!

 
  
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  Santos (PSE). – (PT) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, la Presidenza italiana dell’Unione europea comincia in un clima di scelte economiche difficili e complesse. Perché questa Presidenza abbia successo, dobbiamo lasciarci definitivamente alle spalle il periodo di euroscetticismo che solo poco tempo fa ha indotto il governo italiano ad esprimere riserve in merito alla moneta unica.

Al tempo stesso, dobbiamo riconoscere fin d’ora che l’obiettivo cui la Presidenza italiana ha dato priorità è positivo. Esso consiste nel rilanciare l’economia europea, che al momento ristagna e sembra dipendere eccessivamente dalla ripresa dell’economia statunitense. E’ quindi importante ottenere informazioni dettagliate sulle proposte concrete della nuova Presidenza, dal lancio di un vasto programma di investimenti in infrastrutture, sostenuto dalla Banca europea per gli investimenti, alla riapertura del dibattito sulla flessibilità del Patto di stabilità e di crescita, che costringe le economie europee in una camicia di forza di restrizioni di bilancio, persino in un periodo come questo, in cui i tassi di crescita sono negativi o molto vicini allo zero.

Il pieno successo di questa Presidenza, a prescindere da chi ne sia al timone, può scaturire solo dal desiderio comune e condiviso da tutti di garantire il successo dell’integrazione europea. Signor Presidente, le auguro un grande successo.

 
  
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  Jarzembowski (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, signora Vicepresidente della Commissione, purtroppo il programma di lavoro della Presidenza italiana nel settore dei trasporti, nella sua forma attuale, contiene due importanti omissioni. La prima è la necessità di accelerare e completare la procedura di conciliazione sul secondo pacchetto ferroviario; la seconda è la procedura di conciliazione sulla direttiva portuale.

In veste di relatore del Parlamento europeo, chiedo alla Presidenza italiana di dare priorità a queste due proposte legislative, in quanto la promozione dei trasporti ferroviari e dei servizi portuali può anche essere nell’interesse nazionale dell’Italia. Il governo italiano, in particolare, potrebbe avere grande interesse nell’ulteriore graduale apertura delle reti ferroviarie, al fine di rilanciare il settore ferroviario e trasferire più merci e passeggeri dalle strade alla ferrovia. In veste di relatore del Parlamento, vorrei proporre alla Presidenza una procedura di conciliazione anticipata in sede di seconda lettura del Parlamento, in modo da poter completare il secondo pacchetto ferroviario entro il termine della Presidenza italiana.

Aumentare l’efficienza dei servizi portuali rafforzando la concorrenza e la trasparenza potrebbe tuttavia anche essere nell’interesse dell’Unione nel suo insieme, oltre che dell’Italia, con la sua lunga linea costiera e il suo ruolo centrale nel Mediterraneo. Per questo motivo, mi auguro che la Presidenza italiana prenda sul serio questa procedura di conciliazione e ne riconosca la priorità.

Signor Presidente in carica del Consiglio, mi permetta di invitarla, come ex membro e amico del nostro gruppo, ad aiutarci ad accelerare questi due importanti progetti nel settore dei trasporti, cioè l’apertura delle reti ferroviarie e l’apertura dei servizi portuali, al fine di intensificare la concorrenza e garantire una maggiore efficienza, lavorando con noi in modo rapido ed efficace. La ringrazio.

(Applausi)

 
  
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  Napolitano (PSE). – Signor Presidente, avendo la ventura di prendere la parola al termine di questo dibattito, desidero esprimere innanzitutto la mia soddisfazione, come italiano, per il riconoscimento, che è venuto da tante parti, del ruolo storico dell’Italia nel processo di integrazione europea: un ruolo, aggiungo, sempre teso a valorizzare in modo particolare quelle originali Istituzioni sovranazionali che si chiamano Commissione europea e Parlamento europeo. Sono sicuro, Presidente Berlusconi, che lei condividerà, da italiano, questo sentimento di soddisfazione e comprenderà come le riserve, le preoccupazioni, le sollecitazioni che le vengono rivolte rispecchino le attese di tutti per il semestre di Presidenza di un grande paese fondatore e federatore dell’Europa comunitaria.

Esprimerò ora le mie preoccupazioni e aspettative come presidente della commissione per gli affari costituzionali. La Convenzione sul futuro dell’Europa ha rappresentato un’innovazione di straordinaria importanza. Il progetto di Costituzione che essa ha adottato viene certamente rimesso, ai sensi del Trattato, alle decisioni finali dei capi di Stato e di governo, ma sarebbe insensato metterne in questione le innovazioni più significative dopo sedici mesi di intenso lavoro, cui hanno contribuito i rappresentanti sia dei governi sia dei parlamenti, di quelli nazionali e di quello europeo. Lei, Presidente Berlusconi, ha parlato di opinioni differenziate e dunque di mediazione necessaria, ma sforzi notevoli di mediazione sono stati già fatti nella Convenzione e in particolare nel suo Praesidium. Ora la mediazione della Presidenza italiana nella preparazione e nello svolgimento della Conferenza intergovernativa deve mirare a un ulteriore avanzamento del progetto di Costituzione, all’assunzione netta di quelle scelte essenziali rimaste irrisolte, che il Presidente della Commissione ha indicato oggi, nonché già ieri mattina in questa sede. Il Parlamento condivide pienamente le indicazioni della Commissione.

Tra poco in quest’Aula si voterà una risoluzione, sostenuta da popolari, socialisti e liberali, che chiede una formulazione coraggiosa delle parti III e IV della Costituzione e, in particolare, l’ulteriore estensione dei voti a maggioranza qualificata. Daremo, come Parlamento, il nostro contributo alla Conferenza intergovernativa nei modi che sono stati indicati dalla commissione costituzionale e che lei si è impegnato a proporre al Consiglio. Ho anch’io naturalmente apprezzato questa sua presa di posizione che spero si estenda agli altri aspetti suggeriti dal collega Barón. Guardi con serenità e con apertura, Presidente Berlusconi, al dialogo col nostro Parlamento.

 
  
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  Gemelli (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, condivido sinceramente il programma della Presidenza italiana e credo che, con la prudenza necessaria, con l’umiltà che contraddistingue il popolo italiano e con la quasi unica capacità di mettere al servizio dei più l’estro e l’intelligenza, saremo in grado di guadagnare il porto della nuova Europa. Il senso alto della politica deve essere il nobile governo dei bisogni delle genti, in una società in continua e sempre più veloce evoluzione. Per fare questo c’è bisogno di una grande sensibilità politica che governi la tecnostruttura e si opponga alla tecnocrazia. Questa società così governata è fatta per la stragrande maggioranza, fuori dal gergo, di gente comune, buona, semplice, uomini, donne, giovani, anziani, bambini, diversamente abili, che lavorano, vivono nell’anonimato ma sono animati da buoni e semplici sentimenti di solidarietà e amore. Questa è l’Europa importante a cui dobbiamo rivolgerci, piegando la struttura economica alla crescita di questa gente comune che non deve vivere nella precarietà e nella provvisorietà a cui l’economia globalizzata vorrebbe costringerla.

Il partenariato euroatlantico con tutte le Americhe non è solo un’esigenza, una scelta economica e politica; esso è un fatto culturale che si motiva con le comuni radici e con la condivisione di comuni valori. Va rafforzato, deve crescere, anche attraverso la trasformazione della NATO, per divenire uno strumento di polizia internazionale al servizio dell’ONU riformata, superando la logica di Yalta.

Un’ultima riflessione riguarda la povertà nel mondo. Vi è troppa povertà, che va aiutata. Per questo, nella discussione sulle prospettive finanziarie dell’Unione, dobbiamo porci quale obiettivo una proiezione della contribuzione verso il 2 per cento del PIL, con coraggio e determinazione, perché alle agenzie internazionali non sono sufficienti l’apertura dei mercati e la riforma delle istituzioni.

Signor Presidente, mi auguro che la nostra Presidenza italiana abbia una grandissima capacità di ascolto, perché solo così potrà celebrare la costituzione della nuova Europa, con soddisfazione anche della Commissione presieduta da Romano Prodi, convinto assertore del metodo comunitario e di questa Europa che vogliamo.

 
  
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  Lisi (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, molti colleghi hanno sottolineato la straordinarietà degli appuntamenti e degli snodi della politica europea che si svolgeranno sotto la sua Presidenza, dal Trattato costituzionale alla roadmap per il Medio Oriente, al preavvio dell’allargamento, al rilancio della strategia di Lisbona. Io intendo certamente riconoscere la storicità, l’importanza di questi appuntamenti, ma vorrei richiamare la sua attenzione, signor Presidente, anche sulla ordinarietà del lavoro delle Istituzioni europee. Noi abbiamo necessità di far avanzare, passo dopo passo, molti dossier importanti, e mi riferisco in particolare – lo ha già fatto il collega Jarzembowski – al settore della mobilità e dei trasporti. Ci troviamo in questo settore in una felice circostanza: la proposta Van Miert che finalmente ci dà una nuova prospettiva di nuovi progetti all’altezza delle sfide che abbiamo come continente, la proposta del suo governo per un’idea intelligente di finanziamento di questi progetti, la proposta della Commissione che propone di aumentare al 20 per cento il finanziamento europeo. Questo è certamente uno scenario di prospettive importanti, ma bisogna chiudere il cerchio, signor Presidente.

Il Consiglio si è un po’ rilassato in tema di liberalizzazione dei servizi portuali, in tema di pacchetto ferroviario, per quanto riguarda il problema annoso, spinoso dei valichi alpini. Questo Parlamento domani voterà per l’ennesima volta una richiesta di archiviazione del tema degli ecopunti e io spero che il Consiglio voglia questa volta seguire le nostre indicazioni. C’è poi il settore aereo, nonché il settore della sicurezza marittima. Solo un esempio dunque, Presidente, per richiamarla all’impegno che, sono certo, la sua Presidenza sarà pronta a dimostrare in questi settori, proprio perché, ogni volta che su questi dossier riusciremo a fare dei passi avanti, forniremo ai nostri concittadini europei una prova tangibile che l’Europa offre maggiori opportunità, benessere e prosperità per tutti.

 
  
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  Gawronski (PPE-DE). – Signor Presidente, gli attacchi volgari e tendenziosi di certa stampa straniera – ed anche italiana, devo dire – di cui c’è stata eco in questa sala negli interventi di alcuni colleghi e poi in quella patetica dimostrazione, hanno dato un carattere inutilmente polemico a questo inizio di semestre italiano. Paradossalmente, credo che tutto questo sia di buon augurio, Presidente Berlusconi: ricordiamo che malignità di questo genere si manifestarono già prepotentemente nel 2001 e contribuirono solo alla sua schiacciante vittoria in quelle elezioni. Voglio augurarmi che, dopo questi schiamazzi iniziali, il successo del semestre italiano sarà giudicato non dalle vicende private del cittadino Berlusconi o dal suo conflitto di interessi – che sta cercando di risolvere e spero risolva presto – ma dalla sua capacità di imprimere alla costruzione europea quella leadership e quella accelerazione di cui ha molto bisogno, e il discorso-programma di oggi è un ottimo primo passo in questa direzione.

Come membro della commissione per gli affari esteri di questo Parlamento, sono sicuro che in questo settore, nel settore che mi riguarda, alcuni problemi potranno essere risolti, come quello di ricucire i rapporti lacerati con gli Stati Uniti. Su altri problemi ci saranno progressi, come il Medio Oriente, dove l’Italia ha già dimostrato grande agilità diplomatica, o come l’assimilazione dei nuovi paesi aderenti che vedono giustamente in Berlusconi un difensore dei loro interessi e dei loro principi, un leader politico che ha capito, a differenza di altri, che non c’è contraddizione fra impegno europeo e solidarietà atlantica.

Detto questo, il suo compito, Presidente Berlusconi, rimane difficile perché per lei non ci saranno sconti; ogni sua decisione, ogni suo gesto saranno valutati e scrutati da vicino, nessun passo falso le verrà perdonato. Ma non è la prima volta che subisce questo tipo di esami: auguri, Presidente Berlusconi!

 
  
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  Brunetta (PPE-DE). – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, riforma costituzionale e riforme economiche oggi in Europa non rappresentano altro che due facce della stessa medaglia. Competitività, coesione sociale, solidarietà tra generazioni, valorizzazione del capitale umano, solidarietà verso i paesi dei tanti sud del mondo non sono solo tanti obiettivi alla nostra portata, ma sono anche i valori fondanti delle storie migliori dei nostri popoli. Oggi abbiamo di fronte una grande occasione. Mettere insieme il processo costituente con la volontà, con la necessità delle riforme: le riforme come implementazione quotidiana e progressiva di quel cantiere aperto che è, e sarà, la nostra Costituzione formale. Le condizioni ci sono tutte, tanto nelle luci quanto nelle ombre, che si possono trasformare in opportunità: un mercato interno integrato, come ha ricordato il Presidente Prodi, il più grande e ricco del mondo; bassi tassi di interesse, ma anche – come ombra che può trasformarsi in opportunità – ancora alta disoccupazione; mercati del lavoro ancora troppo rigidi; insufficienti infrastrutture. Il piano d’azione da lei proposto, Presidente, per lo sviluppo delle grandi reti infrastrutturali transeuropee, attraverso investimenti pubblici e privati, va in questa direzione. Com’è noto, gli investimenti infrastrutturali producono più reddito attraverso il moltiplicatore keynesiano, più competitività, più coesione economica e sociale, a nord, sud, est, ovest.

Lo stesso dicasi per l’obiettivo di rendere sostenibili attraverso le riforme i nostri regimi di welfare, non per togliere ma per dare di più, con equità, anche ai nostri figli, garanzie e sicurezza. Ma gli investimenti in infrastrutture e le riforme del welfare richiedono un mercato del lavoro efficiente, flessibile, ben strutturato, con buone regole e più giusto.

Signor Presidente, lei in Italia ha vinto le elezioni con un programma modernizzatore, così come modernizzatore è il suo programma presentato oggi. Non ho alcun dubbio che li realizzerà entrambi. Auguri e buon lavoro!

 
  
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  Mauro (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio è l’ultimo intervento e quindi anche in qualche modo il più confuso. Ha contribuito a confondermi l’acume di alcuni degli interventi che mi hanno preceduto. Non so più se a Roma il Presidente del Consiglio presiederà la CIG nella pienezza delle sue prerogative o se sarà, come sostiene Enrique Barón Crespo, ospite occasionale del sindaco di quella città. Ma soprattutto non so più se l’appellativo di “bomba atomica umana” spetti, come l’ha dato la storia, all’indimenticabile Rita Hayworth o vada trasferito, come vuole l’amica Frassoni, al Vicepresidente Fini.

Perciò, per rimettere ordine nei miei valori, ho deciso di fare un intervento ottuso ma chiaro, qualcosa del tipo “Dio, patria, famiglia”, tornando sul tema delle radici cristiane dell’Europa, che non è un tema ideologico, bensì un tema di procedure democratiche. Infatti, quel riferimento non è un contributo all’ansia clericale di alcuni gruppi sociali, ma la memoria storica del senso più vero delle nostre Istituzioni. Le istituzioni democratiche sono infatti frutto di un patto di libertà tra i cittadini, che cedono ad esse quote della propria sovranità in cambio di garanzie e di servizi. Da questo punto di vista gli Stati, e di più le istituzioni sovranazionali, sono garanti dei tentativi che noi cittadini facciamo per rispondere ai nostri bisogni – sono garanti, non sono padroni – e sono tali perché hanno chiaro di non potere essere la risposta esaustiva ai desideri del cuore dell’uomo. Il riferimento alle radici cristiane dell’Europa non è altro che la presa di coscienza, da parte dell’Europa di oggi, del fatto che, senza il legame alla tensione unitiva e personalistica del cristianesimo, l’Europa di sempre è più fragile, più esposta alla scorciatoia politica dei totalitarismi che, sempre, per poter negare l’uomo fino in fondo, hanno preferito cominciare negando Dio, seppure con motivazioni più soft del politicamente corretto di oggi.

 
  
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  Berlusconi, Presidente del Consiglio. Signor Presidente, voglio cominciare ringraziando il collega Poettering per le sue parole di sostegno, di incoraggiamento, di augurio, e tutti i colleghi del gruppo del Partito popolare europeo che nei loro interventi ci hanno sollecitato, su un punto o sull’altro, ma ci hanno dato il segno del sostegno con cui vorranno seguirci in questi mesi di lavoro. Ringrazio anche il presidente del gruppo liberale ed estendo il mio ringraziamento al presidente del gruppo socialista, l’onorevole Barón Crespo, che ha espresso le sue sollecitazioni critiche con grande cortesia e anche con fine senso dell’umorismo. Vorrei dirgli che io sono sempre convinto che la grande Europa del futuro, se vorrà davvero essere un protagonista della politica mondiale e poter sedersi a un tavolo in condizioni di parità con gli Stati Uniti d’America, dovrà essere una grande Europa, che possa comprendere anche l’Ucraina, la Bielorussia, la Moldavia, Israele, la Federazione russa e la sua potenza militare. Certamente questa è una visione che il Presidente del Consiglio italiano ha e che, naturalmente, può esprimere in piena libertà, quando parla per se stesso e per il suo governo, ma quando il Presidente del Consiglio diventa il Presidente del Consiglio europeo, si deve attenere a quello che è il parere prevalente nel Consiglio europeo e quindi è chiaro che ciò che egli esprime e le attività a cui si dovrà consacrare non potranno che riflettere il mandato che gli viene dato dai suoi colleghi del Consiglio.

(Applausi a destra)

Voglio rispondere anche a quell’altra battuta spiritosa, che finalmente un liberale doc si accodi a una dottrina che fa parte del pensiero socialista, cioè al keynesismo. Sono d’accordo con lei, onorevole, che si può vedere un’atmosfera keynesiana o colbertiana nella richiesta di un intervento dell’Europa attraverso la BEI e il reperimento di capitale privato per la realizzazione delle grandi infrastrutture transeuropee, già previste dieci anni fa dal Presidente Delors, ma, vede, siamo di fronte a un fatto che nessuno può contraddire. Che cosa è successo nel mondo dopo l’11 di settembre? E’ successa la guerra in Afghanistan, è successa la guerra in Iraq, ma soprattutto sono crollate le Borse del mondo. Questo ha provocato un abbassamento di tutti i patrimoni finanziari impiegati in titolo azionari e ha provocato un abbattimento cruciale di tutti i loro rendimenti. Chi aveva un patrimonio che valutava 100, si trova ora con un patrimonio che vale 35; chi aveva un reddito dell’8 o del 10 per cento sul suo patrimonio, si trova ora ad avere un reddito dell’uno per cento. Questo ha provocato una riduzione della domanda privata sul mercato dei beni di consumo e dei beni elevati di consumo e, quindi, quando la domanda privata scende, quando scendono i consumi, non c’è altro modo che ricorrere alla domanda pubblica per sostenere l’economia. Questa domanda pubblica non può venire dai singoli Stati, perché i singoli Stati non hanno più la possibilità di svolgere una politica monetaria perché c’è l’euro, non hanno la possibilità di intervenire sui cambi, non hanno la possibilità di una politica di sviluppo, per il semplice fatto che devono restare dentro i parametri di Maastricht. Allora è soltanto l’Europa che si deve dare, finalmente, una sua capacità di politica economica. La proposta italiana è che sia l’Europa – attraverso una sua Istituzione, la BEI – a reperire quei fondi di capitali privati che sono sul mercato e che si possono avere a dei bassi tassi di interesse, per cercare di dare un impulso alla domanda attraverso opere transnazionali per quanto riguarda le infrastrutture, anche attraverso le necessità di investimenti nelle nuove tecnologie militari, attraverso investimenti nella ricerca e nella scuola. E’ solo per questo, di fronte a una realtà economica che è cambiata, che si deve far ricorso agli investimenti degli Stati e, in questo caso, all’investimento dell’Unione europea.

(Applausi a destra)

Rispondo anche, se mi consente, onorevole, a quell’appunto che mi ha fatto dicendo: “Io spero che l’attitudine italiana del signor Berlusconi a fare leggi soltanto per casi concreti, magari in qualche modo a lui vicini, non si possa estendere all’ambito europeo”. Io vorrei ricordarle con i numeri che il mio governo, che è il cinquantasettesimo in cinquant’anni d’Italia e che ha la responsabilità, ma anche l’opportunità dato che ha una grande maggioranza nei due rami del Parlamento, di lavorare per cinque anni, sta operando ventiquattro diverse riforme. Ha ereditato infatti uno Stato in cui nessun governo precedente, avendo potuto lavorare in media per meno di cinque anni, le ha potute evidentemente fare. Ricordo che il mio governo ha raggiunto il record di trecentocinquanta disegni di legge e decreti legge, di cui duecento sono già trasformati in legge dalla nostra maggioranza parlamentare. Quindi, se non concedo ma posso aprirmi a quei tre disegni di legge che sono stati la risposta, con gli strumenti della democrazia, con un voto parlamentare, a chi invece profitta del suo ruolo di funzionario della giustizia per attaccare con la giustizia dei nemici politici, se credo che questo è stato fatto, è stato fatto soltanto in tre casi su trecentocinquanta: l’uno per cento, signor Crespo.

Confermo invece – Dio perdoni coloro che non sanno – che terremo informati i colleghi del Parlamento ed il Parlamento per quanto riguarda il procedere della nostra opera di mediazione, che non sarà così facile concludere nel poco tempo a disposizione. Informo che noi, da qui al quindici di ottobre circa, impiegheremo questo tempo per contattare i Primi Ministri e i ministri degli Esteri di tutti i ventiquattro altri membri dell’Unione europea, al fine di presentarci all’apertura della Conferenza con già delle ipotesi di soluzione che possano mettere d’accordo tutti.

Ringrazio naturalmente anche gli altri oratori che sono intervenuti – il signor Graham Watson, la signora Monica Frassoni, il signor Francis Wurtz – per gli auguri di buon lavoro. Non posso però non rispondere a lui e a tutti coloro che hanno guardato all’Italia dandone una versione assolutamente caricaturale e lontana dalla realtà. Io li invito a venire a godere di qualcosa che il governo Berlusconi evidentemente non è riuscito a negare, cioè del sole, della bellezza, dei centomila monumenti e chiese dell’Italia, dei tremilacinquecento nostri musei, dei duemilacinquecento siti archeologici, delle quarantamila case storiche dell’Italia che non siamo riusciti a distruggere in questi due anni. Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti: la suggerirò per il ruolo di kapò. Lei è perfetto!

(Risate, proteste a sinistra)

Concludo questa polemica dicendo che probabilmente gli amici e colleghi socialdemocratici dovrebbero ampliare le loro frequentazioni al di là dei colleghi italiani che trovano qui in Parlamento e dovrebbero forse ampliare le loro letture al di là dei giornali di estrema sinistra, che evidentemente hanno formato questi loro convincimenti.

Vorrei rispondere anche al collega Pannella che mi faceva presente la linea personale che ho sempre seguito, e che è ancora il mio convincimento, per quanto riguarda Israele – di cui ho poc’anzi parlato – e la Turchia. Anche a lui devo dire che, in questi sei mesi, io devo interpretare la linea del Consiglio europeo; avrò la possibilità successivamente, nell’ambito del Consiglio europeo, di sostenere queste mie visioni, che sono naturalmente visioni non dei prossimi sei mesi, visioni che non si possono concretizzare in un semestre ma che abbisognano di un tempo molto più lungo. Lo rassicuro invece per quanto riguarda la moratoria sulla pena di morte. Ho sempre sostenuto la necessità di questo intervento e quindi mi farò premura di portare all’Assemblea delle Nazioni Unite di settembre questa richiesta come richiesta condivisa dal Parlamento europeo.

(Applausi a destra)

Mi è stato anche addebitato un assoggettamento agli Stati Uniti. Ho ricordato diverse volte che vedo l’Europa come coprotagonista per il mantenimento della sicurezza, della pace, per lo sviluppo del benessere nel mondo, ma per farlo l’Europa non dev’essere soltanto un gigante economico, dovrà essere anche un gigante politico che possa trovare il modo di esprimersi con una sola voce in politica estera e che possa investire di più, anche, per quanto riguarda le forze militari. Nessuna diplomazia, nessuna politica nella storia ha mai avuto successo se non sostenuta da un’adeguata potenza militare. Allora, per quanto riguarda gli Stati Uniti, io penso che noi dobbiamo essere amici degli Stati Uniti ma non credo che nulla nei comportamenti del governo italiano possa aver fatto pensare ad una posizione di assoggettamento. Ho cercato a molte riprese di convincere quello che qui è stato ricordato essere mio amico, il Presidente George Bush, dalla iniziativa militare in Iraq. Non ci sono riuscito, e allora ho insistito – anche firmando quella lettera con altri sette paesi europei, cui poi si sono aggiunti altri dieci paesi, soprattutto tra i paesi nuovi membri dell’Unione europea – affinché ad un male, la guerra in Iraq, non si aggiungessero altri mali, e precisamente non si aggiungesse il discredito, che purtroppo è sopravvenuto, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che si è mostrata impotente; non si aggiungesse la crisi nei rapporti transatlantici, che è avvenuta; non si aggiungesse l’ultimo male, cioè la divisione tra i paesi europei, cosa anch’essa avvenuta e che stiamo cercando tutti insieme di comporre e di superare.

Sul conflitto di interesse a cui molto hanno fatto riferimento: bene, forse non siete a conoscenza del fatto che, in Italia, i giornali ma soprattutto le televisioni che ancora appartengono al mio gruppo e alla mia famiglia, sono tra i nostri più decisi critici. Perché? Evidentemente vi manca il sole dell’Italia; non siete venuti e non avete mai acceso una televisione italiana. Dovreste sapere – eppure molti di voi vengono dal giornalismo – che ogni giornalista ha come massima sua preoccupazione quella di apparire indipendente nei confronti dei suoi colleghi. E questa indipendenza lo porta ad essere ogni giorno critico nei confronti di colui che considera il padrone. Se questa è la forma di democrazia che intendete usare per chiudere la bocca al Presidente del Consiglio europeo, vi posso dire che dovreste venire come turisti in Italia, perché qui sembrate turisti della democrazia.

(Tumulti a sinistra)

Sono stato sei anni capo dell’opposizione in Italia, non mi fanno paura questi interventi, ho l’abitudine ad essere contraddetto. Sull’immigrazione vorrei ricordarvi che, se c’è un paese che affonda le sue radici nel cristianesimo, un paese generoso, aperto a chi ha di meno e a chi soffre, questo paese ho l’orgoglio di dire che è il mio, è l’Italia. Non confondiamo quindi la guerra che si deve fare tutti insieme ai trafficanti di schiavi, alla nuova tratta di schiavi con l’accoglienza che si deve dare a chi viene per migliorare la sua vita nel continente europeo. Questa accoglienza noi la diamo e la diamo con generosità. Vogliamo lottare contro questa nuova forma di schiavismo che si manifesta attraverso numerose organizzazioni internazionali: nulla di più e nulla che possa contraddire la generosità italiana.

Circa l’ambiente, forse i signori Verdi non sanno che tra gli hobby del Presidente Berlusconi il principale è quello dei fiori, del verde, dei giardini e dei parchi. E’ praticamente l’unico hobby, dopo che il calcio si è allontanato da me. Se legge a pagina quarantanove del nostro programma, onorevole Frassoni, lei troverà che vogliamo introdurre degli alti livelli di tutela ambientale; la nostra politica, al di là di ciò che si dice erroneamente, va esattamente nella direzione di una maggiore tutela dell’ambiente, e siamo i primi ad essere perplessi sul fatto che troppe volte l’espansione produttiva e industriale è andata contro l’ambiente. Per quanto riguarda l’applicazione del protocollo di Kyoto, anche qui interporremo la nostra attività per convincere chi ancora non l’ha siglato a farlo.

Infine, agli avversari vorrei dire con il sorriso che non devono fare una tragedia di questa nostra Presidenza. In fondo, sei mesi passano molto in fretta. Agli amici invece, a coloro che ci hanno incoraggiato e ci incoraggeranno vorrei dire che, per quanto riguarda il passato che fa l’uomo e l’uomo stesso, credo che valga non solo per quello che dice – in politica poi si cambia, o altri cambiano molto spesso le cose che si dicono – ma vale la sua storia, ciò che ha fatto. Bene, io credo che nella mia storia ci sono solo successi e ci sono soltanto cose tese a fini buoni. Quindi, anche questi sei mesi noi li faremo fruttare e cercheremo di arrivare a una conclusione che consenta all’Europa di essere un fattore positivo per la pace, per la sicurezza, per il benessere nel mondo. Ci applicheremo, signor Presidente, alla nostra attività con umiltà, con serietà, con passione; ci applicheremo alla mediazione tra le varie e ancora distanti posizioni tra i vari membri per arrivare a un risultato che ci dia un’Europa più forte, capace di decidere sul piano internazionale; per arrivare ad un’Europa attraverso la nuova Costituzione, un’Europa che sia più vicina ai cittadini. Questa è la nostra speranza, questo è il nostro impegno, questo è il nostro traguardo.

Ringraziandovi ancora per gli auguri di buon lavoro, faccio a voi tutti gli auguri migliori per il vostro lavoro e perché tutti possiate trasformare le speranze che avete nel cuore in effettive realtà. Tanti auguri a tutti e buon lavoro ancora!

(Applausi a destra, tumulti a sinistra)

 
  
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  Presidente. Nel corso della sua risposta energica e colorita, il Presidente Berlusconi ha fatto un’osservazione personale su un nostro collega, l’onorevole Schulz, il quale, a norma del Regolamento, ha diritto a fare una dichiarazione in Aula, se lo desidera. Vorrei che questo punto fosse chiaro, prima di dare la parola al Presidente Prodi. Ciò che farò innanzi tutto, secondo la procedura, è ascoltare il Presidente Prodi e quindi, se lo desidera, inviterò l’onorevole Schulz a fare una dichiarazione per fatto personale alla fine della discussione, come previsto dall’articolo 122.

(Proteste)

 
  
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  Barón Crespo (PSE). – (ES) Signor Presidente, intervengo per chiederle di tutelare, in qualità di Presidente del Parlamento, i diritti dei deputati, in particolare l’onore del collega Schulz.

(Applausi)

Lei ha fatto una proposta. Oltre a dare la parola all’onorevole Schulz, le chiedo di invitare il signor Berlusconi, Presidente in carica del Consiglio, a ritirare le sue parole per rispetto dei valori condivisi da tutti gli europei.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. Forse è meglio affrontare direttamente la questione. Non intendo aprire un intero dibattito. Vi è notevole concitazione in Aula. E’ più che evidente che un deputato ha diritto a intervenire in una discussione e a sentirsi rispondere con serenità. In questo caso, nel vigore e nella facondia della sua risposta, il Presidente Berlusconi si è forse permesso di andare oltre le regole consuete del confronto politico.

(Reazioni miste)

Darò innanzi tutto la parola all’onorevole Schulz, che ha diritto a intervenire, poi la passerò al Presidente in carica del Consiglio, se desidera rispondere. Concluderemo la discussione dopo aver ascoltato il Presidente Prodi.

 
  
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  Schulz (PSE). – (DE) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. Non ho bisogno di tre minuti. Sarò molto breve. Durante la sua dichiarazione, se la traduzione è stata corretta, il Presidente Berlusconi ha affermato che un regista sta girando un film in Italia sui campi di concentramento e mi ha invitato a ricoprire il ruolo di kapò, …

(Commenti)

… cioè il ruolo di tirapiedi delle SS. Ho solo una cosa da dire in risposta: il mio rispetto per le vittime del fascismo m’impedisce di fare qualsiasi commento al riguardo. Tuttavia, ho le idee molto chiare sul fatto che è estremamente difficile accettare una situazione in cui un Presidente in carica del Consiglio, di fronte alla minima contestazione nel corso di un dibattito, perda a tal punto la padronanza di sé.

(Vivi e prolungati applausi a sinistra e al centro sinistra)

(L’Assemblea, in piedi, applaude lungamente)

 
  
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  Berlusconi, Presidente del Consiglio. Signor Presidente, chi non è stato qui a sentire l’intervento del signor Schulz? Che mi ha offeso gravemente sul piano personale, gesticolando e con un tono di voce che, quello sì, non è ammissibile in un Parlamento come questo. Io ho detto con ironia quello che ho detto. Se non siete in grado di capire l’ironia, mi spiace. Ma non ritiro quanto con ironia ho detto, se il signor Schulz non ritira le offese personali che mi ha rivolto. Io l’ho detto con ironia, lui l’ha fatto con cattiveria!

(Applausi a destra, tumulti a sinistra)

 
  
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  Presidente. Onorevoli colleghi! Per favore, calmatevi!

Vi sono molti colleghi che desiderano fare richiami al Regolamento e prendere la parola. Siamo molto in ritardo e non accoglierò tali richieste.

Vorrei dire, in qualità di Presidente dell’Assemblea, che personalmente deploro il tono in cui si è svolta l’ultima parte della discussione. E’ un’incresciosa distrazione dagli affari europei che stiamo esaminando. E’ davvero deplorevole.

Vorrei ora invitare il Presidente della Commissione europea a concludere la discussione con serenità e quindi procedere alla votazione.

(Prolungati applausi)

 
  
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  Prodi, Presidente della Commissione. Signor Presidente del Parlamento, signor Presidente del Consiglio, onorevoli parlamentari, il dibattito di stamane ha maggiormente messo in rilievo come grandi siano i compiti e le difficoltà del semestre che oggi si è aperto: un semestre di importanza cruciale per le grandi iniziative da concludere e per le strade nuove da aprire. Tra gli obiettivi è emerso su tutti la Conferenza intergovernativa, che ci deve dare una Costituzione che non solo deve contenere un’architettura istituzionale ma costituire un insieme di visioni, di valori e di modelli di società. Noi ci attendiamo molto dalla Presidenza italiana perché questa è la nostra grande sfida e perché questa Costituzione detterà a lungo le regole della nostra Europa.

La linea di azione dovrà essere nella continuità con la Presidenza greca ma con alcuni momenti di particolare rilevanza. In questi momenti la Commissione svolgerà il suo compito – compito non solo esecutivo ma di impulso e di proposta – ripeto, nella continuità politica e di collaborazione che, insieme al Parlamento europeo e alle diverse Presidenze, abbiamo, in questi anni, costruito. La Commissione dev’essere la garanzia di questa continuità e inciterà e sosterrà la Presidenza italiana a camminare nella nostra stessa direzione.

Il dibattito si è svolto proprio su queste linee di grandi problemi e la Commissione metterà concretamente in atto questi obiettivi, li concretizzerà utilizzando i suoi strumenti istituzionali per la rappresentanza e la promozione degli interessi dell’Unione. In quali campi? Lo faremo nel campo delle riforme istituzionali, come abbiamo detto, nello sforzo per il rilancio economico, per la normalizzazione dei rapporti di amicizia con gli Stati Uniti in una posizione di dignità e di parità; lo faremo proseguendo e accelerando il difficile, complicato processo di adesione dei paesi balcanici all’Europa, e con la progressiva realizzazione del progetto dell’anello dei paesi amici, che dà concretezza alla nostra visione. Vorrei richiamare qui, onorevoli parlamentari, il dibattito che, lungo tutto quest’anno, si è svolto sui confini dell’Europa: un dibattito difficile e complicato che, voi ricordate, è stato impossibile cominciare all’inizio della legislatura e che vede il completamento della nostra Unione con i paesi candidati, con l’aggiunta dei paesi balcanici, e vede una costruzione intorno ad essi di rapporti forti, stretti e amichevoli con i paesi che ci stanno intorno, dalla Russia fino al Marocco, con cui noi dovremo condividere tutto tranne le nostre Istituzioni, poiché la nostra Unione deve avere un suo confine, una sua forza e una sua profondità. Lo faremo proseguendo il nostro lavoro per la sicurezza dei nostri cittadini e sulle regole e sui diritti degli emigranti.

Su alcuni tra i punti che ho elencato vorrei soffermarmi soltanto un attimo, perché li ritengo punti qualificanti del nostro lavoro futuro. In primo luogo, voglio assicurare gli onorevoli parlamentari che saremo sempre guardiani corretti e rigorosi del rispetto dei Trattati e delle nuove Costituzioni; in secondo luogo, sosterremo con forza uno sviluppo equilibrato in rapporto alla nostra società. Il processo di Lisbona, che oggi è emerso come punto forte, è il nostro punto di riferimento, perché l’Europa deve vincere la sfida mondiale, ma la deve vincere con uno sviluppo equilibrato e socialmente sostenibile. L’aumento delle differenze fra i cittadini dei diversi paesi europei in quasi tutte le nostre nazioni, nell’ultimo decennio, mi preoccupa almeno quanto la mancata crescita. Non possiamo, in questa fase storica, buttare a mare il dialogo sociale e la concertazione, che costituiscono il pilastro del modello sociale europeo su cui abbiamo tanto lavorato in questi anni.

Sulle infrastrutture abbiamo già sottolineato il nuovo impegno, e sarà nostro compito e dovere essere rigorosi e selettivi nella valutazione dei costi e dei benefici, come altrettanto rigorosi nel reperire le fonti di finanziamento compatibili con le nostre regole e con la sostenibilità di lungo periodo. Noi lavoriamo a questo proposito fianco a fianco con la Banca europea per gli investimenti, e lo stesso sforzo lo faremo nel campo della ricerca, senza la quale l’Europa sarà un continente perduto.

Sull’immigrazione la Commissione sosterrà un impegno europeo contro i nuovi mercanti di schiavi, ma non tollereremo, come già avvenuto a Salonicco, che si confonda fermezza con disumanità, regolamentazione dei flussi con violenza e discriminazione.

(Applausi)

Sulle relazioni internazionali, infine, la Commissione mantiene il suo impegno per la pace e per un approccio multilaterale per la soluzione dei conflitti. L’impegno umanitario dell’Unione continuerà poi a fornire l’aiuto di gran lunga più importante a tutti i paesi della terra.

Queste sono le linee direttive del semestre. Io credo che sarà un semestre di collaborazione e un semestre che, attraverso la conclusione della Conferenza intergovernativa, aprirà veramente un nuovo capitolo della storia europea.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. So che molti colleghi desiderano intervenire, ma siamo terribilmente in ritardo.

Prima di concludere la discussione e passare le consegne a uno dei Vicepresidenti per condurre la votazione, vorrei dire che personalmente deploro i termini offensivi rivolti al nostro stimato collega, onorevole Schulz.

(Vivi applausi)

La discussione è chiusa.

DICHIARAZIONE SCRITTA (ARTICOLO 120 DEL REGOLAMENTO)

 
  
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  Berthu (NI), per iscritto. – (FR) La Presidenza italiana ha inserito la politica d’immigrazione e la lotta contro l’immigrazione clandestina tra le sue priorità e noi le garantiamo il nostro sostegno.

Ci auguriamo, in particolare, che dia prova di maggiore chiarezza e determinazione del Consiglio di Salonicco, svoltosi due settimane fa. Pur avendo dedicato alla politica d’immigrazione gran parte delle sue conclusioni – sette pagine e mezza contro una pagina e mezza prodotta dalla Convenzione! – il Consiglio è stato alquanto oscuro, persino incomprensibile, in particolare nel definire il suo obiettivo in termini di “processo a doppio senso”, volto a combattere l’immigrazione clandestina e al tempo stesso “sondare canali di migrazione legale”.

L’Europa ha ora bisogno di una politica chiara e risoluta di controllo delle frontiere, di rimpatrio dei clandestini e di riforma del diritto d’asilo per porre fine agli abusi. Al riguardo, ci rammarichiamo che il Consiglio di Salonicco non abbia esaminato seriamente la richiesta britannica di creare centri di transito, incaricati di esaminare le richieste d’asilo, presso le frontiere esterne dell’Unione ed “aree regionali di protezione” vicino ai paesi d’origine dei richiedenti. Facciamo assegnamento sulla Presidenza italiana per compiere progressi in materia.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. IMBENI
Vicepresidente

 
  

(1) Seguito dato ai pareri e alle risoluzioni del Parlamento: cfr. Processo verbale.


2. Votazioni
  

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0218/2003) della commissione per i problemi economici e monetari, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta al pubblico o l’ammissione alla negoziazione di valori mobiliari e recante modifica della direttiva 2001/34/CE

[5390/4/2003 – C5-0143/2003 – 2001/0117(COD)] (Relatore: onorevole Christopher Huhne)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0242/2003) della commissione giuridica e per il mercato interno, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi [11029/3/2002 – C5-0141/2003 – 2000/0115(COD)] (Relatore: onorevole Stefano Zappalà)

Prima della votazione

 
  
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  Wuermeling (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, se non sbaglio non è stato ancora votato l’emendamento n. 75 presentato dal gruppo del Partito popolare europeo (democratico-cristiano) e dei Democratici europei. Si tratta di un emendamento che deve essere votato prima di tutti gli altri, in quanto l’obiettivo è respingere la posizione comune del Consiglio.

 
  
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  Andersen (EDD). – (DA) Signor Presidente, desidero presentare un emendamento orale per omettere il termine “europeo”, in maniera tale da consentire l’utilizzo delle etichette nazionali e internazionali. Ciò sarebbe in linea con quanto da noi deciso nell’emendamento n. 32, che ci permette di utilizzare ancora tutte le etichette, e si applica agli emendamenti nn. 88 e 89. In altre parole, propongo un emendamento orale volto a eliminare il termine “europeo”.

 
  
  

(L’Assemblea manifesta il suo assenso alla presentazione dell’emendamento orale)

 
  
  

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0245/2003) della commissione giuridica e per il mercato interno, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua, di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e postali

[12634/3/2002 – C5-0142/2003 – 2000/0117(COD)] (Relatore: onorevole Stefano Zappalà)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0202/2003) della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati

[5204/3/2003 – C5-0133/2003 – 2001/0173(COD)] (Relatore: onorevole Karin Scheele)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0204/2003) della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l’etichettatura degli organismi geneticamente modificati, la tracciabilità di prodotti alimentari e mangimi prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE

[15798/1/2002 – C5-0131/2003 – 2001/0180(COD)] (Relatore: onorevole Antonios Trakatellis)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0191/2003) della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2000/13/CE per quanto riguarda l’indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari [15514/2/2002 – C5-0080/2003 – 2001/0199(COD)] (Relatore: onorevole Christa Kla)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0201/2003) della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 96/22/CE del Consiglio concernente il divieto di utilizzazione di talune sostanze ad azione ormonica, tireostatica e delle sostanze B-agoniste nelle produzioni animali [14502/1/2002 – C5-0079/2003 – 2000/0132(COD)] (Relatore: onorevole Karl Erik Olsson)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0200/2003) della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio

[14843/1/2002 – C5-0082/2003 – 2001/0291(COD)] (Relatore: onorevole Dorette Corbey)

Prima della votazione sull’emendamento 24

 
  
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  Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, chiedo un attimo di attenzione. Sono tra quei deputati, così come i colleghi ancora presenti, che rimangono fino al termine di una votazione simile. Altri hanno lasciato già da tempo l’edificio. Vorrei dire senza mezzi termini che coloro che lavorano per davvero non dovrebbero essere penalizzati per il fatto che altri fanno già i bagagli il giovedì pomeriggio!

(Applausi)

 
  
  

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

Raccomandazione per la seconda lettura (A5-0207/2003) della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una disciplina per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio

[15792/1/2002 – C5-0135/2003 – 2001/0245(COD)] (Relatore: onorevole Jorge Moreira Da Silva)

(Il Presidente dichiara approvata la posizione comune)

 
  
  

DICHIARAZIONI DI VOTO

– Relazione Huhne (A5-0218/2003)

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come afferma il relatore, la direttiva relativa al prospetto è uno dei punti basilari del piano di azione dei servizi finanziari, parte integrante della strategia di Lisbona che mira all’integrazione dei mercati finanziari entro il 2005. E’ comprensibile quindi che il relatore ritenga “indispensabile ricercare un consenso ed assicurare una rapida adozione della direttiva che contribuirà alla creazione di un quadro giuridico tale da rafforzare le condizioni per la raccolta di capitale attraverso i mercati finanziari europei”. Vale a dire che oltre a garantire il rifinanziamento delle (grandi) imprese, mira a promuovere una maggiore liberalizzazione degli investimenti e dei capitali.

In tale contesto gli emendamenti reintrodotti dal relatore nella posizione comune adottata dal Consiglio sono volti ad aumentare la flessibilità delle regole, ad accelerare il processo di approvazione del prospetto ed a ridurre il ruolo decisionale autonomo degli Stati e della legislazione nazionale, o meglio la facoltà dello Stato di definire chi può essere considerato un investitore qualificato, e a ridurre i termini di approvazione del prospetto, introducendo il concetto di approvazione tacita. La direttiva ritiene eccessivo che l’autorità competente faccia ispezioni in loco per verificarne l’applicazione. Vuole inoltre innalzare la soglia al di sotto della quale per gli investitori non vi è alcun obbligo di pubblicare un prospetto. Insomma, vuole liberalizzare. Questi i motivi del nostro voto contrario.

 
  
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  Ribeiro e Castro (UEN), per iscritto. – (PT) Condivido in gran parte le preoccupazioni del relatore quanto alle condizioni di ottimizzazione della raccolta di capitale attraverso i mercati finanziari europei.

Ritengo che la trasparenza e la chiarezza di tali mercati, derivanti dalla semplificazione procedurale prevista, in tale contesto, costituiscano un motivo valido per giustificare norme minime a livello comunitario. Tali misure potranno contribuire alla creazione di un quadro giuridico che rafforzi e faciliti la raccolta di capitali attraverso i mercati finanziari europei e migliori le norme relative all’informazione degli investitori, andando così a vantaggio degli emittenti, degli investitori, degli operatori e dei mercati stessi.

Prendo atto della sensibilità del relatore quanto alla necessità di alleggerire alcuni obblighi, al fine di adeguare la legislazione alle esigenze ed alle vicissitudini del mercato e di ridurre gli oneri che ricadono sulle piccole e medie imprese, in particolare sopprimendo l’obbligo di tenere un “registro” degli organismi considerati investitori qualificati e permettendo alle piccole banche regionali di emettere obbligazioni senza dover sostenere i costi di elaborazione di un prospetto.

Per questo motivo ho votato a favore della relazione.

 
  
  

Relazione Zappalà (A5-0242/2003)

 
  
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  Korhola (PPE-DE). – (FI) Signor Presidente, molti colleghi hanno rifiutato l’idea di includere gli obiettivi ambientali nei criteri relativi agli appalti pubblici. Tale principio è però pienamente in linea con l’idea, espressa nel Trattato, che promuove l’integrazione della politica ambientale in tutte le politiche dell’UE. Il Parlamento ha dato un contributo positivo all’aumento del numero di leggi a favore dello sviluppo sostenibile nella normativa in materia di produzione. Questo punto, proposto dagli offerenti, ha però anche bisogno dell’appoggio di chi presenta la domanda: sono proprio gli appalti pubblici a poter essere utili in questo senso, se si riesce a dimostrare che esistono buoni motivi per includere i criteri ambientali in un bando di gara.

La cosiddetta causa di Helsinki, su cui si è pronunciata la Corte di giustizia europea, sottolinea un punto importante. Quando l’ordine viene commissionato da un ente pubblico, tale ente agisce in rappresentanza dei cittadini, nel qual caso non è solo tenuto a tutelare gli interessi finanziari della popolazione ma deve anche pensare, ad esempio, alla difesa della salute pubblica. La causa di Helsinki verteva proprio su questo punto. E’ inutile dire che la salute pubblica rappresenta anche un vantaggio economico a lungo termine, che consente a un ente pubblico di risparmiare almeno tanto quanto avrebbe potuto risparmiare scegliendo un fornitore meno costoso.

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sulla scia degli orientamenti della strategia di Lisbona, con la presente proposta di direttiva si intende stabilire le regole di coordinamento per garantire la libera circolazione delle merci in materia di appalti pubblici di forniture e la realizzazione della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi in materia di appalti pubblici di lavori e di servizi.

Gli autori della raccomandazione affermano che è necessario garantire la non discriminazione, in particolare quella basata sulla nazionalità, e facilitare la concorrenza attraverso una maggior uniformazione delle procedure nazionali esistenti, scegliendo la proposta economicamente più vantaggiosa. A tal fine è necessario che le norme nazionali, in particolare quelle tecniche, siano subordinate al principio di non discriminazione e compatibili con l’obiettivo di aprire i mercati nel settore degli appalti pubblici.

Tuttavia si dimentica che, nonostante la trasparenza negli appalti pubblici sia indispensabile, tali appalti possono essere un importante strumento di politica economica, anche se operano una discriminazione positiva a favore delle piccole e medie imprese nell’aggiudicazione delle forniture pubbliche. Utilizzando condizioni specifiche di appalto è possibile tener conto dello sviluppo regionale e promuovere obiettivi sociali e ambientali (in particolare legati alle condizioni di lavoro e alla tutela dell’occupazione o agli stessi metodi di produzione). I fattori economicamente più vantaggiosi potrebbero non essere il prezzo più basso, bensì la creazione di occupazione. Questo il motivo per cui abbiamo respinto la presente proposta.

 
  
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  Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Le gare pubbliche d’appalto sono state a lungo considerate una panacea. Se da una parte rappresentano un’alternativa al nepotismo, all’aggiudicazione di appalti pubblici a imprenditori amici di politici o alti funzionari, dall’altra sono volte a mettere fine alla produzione e fornitura di servizi da parte di pubbliche imprese, consentendo l’accesso delle imprese private a nuovi mercati.

Durante la prima lettura del 17 gennaio 2002 ho già affermato di essere d’accordo sul primo intento, ma non sul secondo, che aumenta sempre più la dipendenza dei governi dalle imprese. Il danno può essere limitato esclusivamente con l’applicazione di tutti i tipi di norme burocratiche che, tuttavia, rimarranno sconosciute ai più e saranno quindi periodicamente disattese. Infatti, l’associazione olandese degli imprenditori VNO-NCW ha richiesto di non ampliare ulteriormente la portata delle direttive sulle gare d’appalto con l’aggiunta di “un gran numero di criteri sociali e ambientali”. A suo avviso, indire una gara d’appalto è “un processo puramente economico che non dovrebbe essere contaminato dal perseguimento di altri obiettivi”. Il relatore stesso ha già cancellato alcuni punti riguardanti la tutela sociale e l’ambiente. Personalmente sono contrario a questo approccio.

Tuttavia, concordo con il relatore quando sostiene che il mercato dei libri scolastici non è applicabile oltre confine e non è aperto alla libera concorrenza, e che è quindi preferibile non stabilire norme che, invece, presuppongono che sia proprio così.

 
  
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  Moreira da Silva (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’aggiudicazione di lavori, servizi e forniture nell’ambito di appalti pubblici rappresenta il 14 per cento del PIL europeo. Ciò nonostante, il settore degli appalti pubblici ha tratto pochi benefici dalla creazione del mercato interno. Pur essendo vero che le presenti direttive sono importanti per l’equilibrio del mercato interno e per l’aggiudicazione transfrontaliera degli appalti, il maggior vantaggio delle direttive non sta in questo, ma nella possibilità di dare impulso allo sviluppo sostenibile. E’ fondamentale che gli obiettivi ambientali e sociali entrino a far parte degli appalti pubblici. Purtroppo né la proposta di direttiva, né la relazione del collega Zappalà concedono agli enti pubblici il diritto (non parliamo poi dell’obbligo!) di scegliere un determinato servizio o prodotto nell’ambito di una gara di appalto pubblica, basandosi sulla sua sostenibilità. Appoggio pertanto gli emendamenti volti a dare tale diritto agli enti pubblici. E’ difficile giustificare il fatto che l’Unione europea, da un lato, riconosca, attraverso la sua strategia per lo sviluppo sostenibile e gli impegni assunti a Johannesburg, la necessità di internalizzare i costi ambientali nell’economia, e dall’altro, proibisca agli Stati membri di basare la loro politica di acquisizioni sullo stesso principio.

 
  
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  Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) La relazione Zappalà è diventata una questione controversa in questa Assemblea a causa di una serie di emendamenti riguardanti la fase di assegnazione delle gare pubbliche d’appalto. E’ giusto dare spazio alle considerazioni sociali e ambientali nell’ambito di un dossier sugli appalti pubblici, a condizione che ci si limiti ai requisiti di conformità che descrivono i prodotti o i servizi e ai criteri di selezione che descrivono i potenziali fornitori partecipanti alla gara.

Queste, tuttavia, non possono essere le uniche considerazioni nella fase di assegnazione, che deve potersi basare su un confronto obiettivo. Ecco perché non ho potuto votare a favore di molti emendamenti sociali e ambientali ai criteri di assegnazione.

Lo stesso dicasi per i timori di discriminazione: anche la discriminazione dev’essere combattuta. E’ possibile adottare misure legislative tenendo in considerazione questo aspetto. Tali misure tuttavia non rientrano nell’elenco dei criteri di assegnazione applicabili agli appalti pubblici.

 
  
  

– Relazione Zappalà (A5-0245/2003)

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente direttiva segue da vicino gli orientamenti della strategia di Lisbona. Il suo obiettivo è completare la direttiva generale che stabilisce le regole di coordinamento nell’ambito degli appalti pubblici, rispondendo ai requisiti specifici delle regole di aggiudicazione degli appalti nel settore dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali.

Le presenti relazioni si inquadrano in larga misura nella filosofia più generale di liberalizzazione e privatizzazione dei mercati e dei servizi pubblici, che ha ricevuto nuovo impulso dall’ultimo Consiglio di primavera, soprattutto in questi settori essenziali. Esiste comunque un parallelo tra le relazioni e i prossimi negoziati OMC, non solo a causa dell’accordo generale per la liberalizzazione dei servizi (GATT), ma anche per il fatto che queste affrontano il tema dell’apertura dei mercati e degli appalti pubblici, che era nell’agenda di Doha e a cui l’Unione europea attribuisce molta importanza.

Trattandosi di settori essenziali a livello socioeconomico, non possiamo lasciarli alla mercé delle forze di mercato, le quali obbediscono ai principi dell’apertura dei mercati e della non discriminazione, limitando il potere degli Stati e delle amministrazioni nazionali.

Anche per questa ragione respingiamo la presente proposta.

 
  
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  Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Le stesse obiezioni possono essere sollevate per questa direttiva, ancor più che per la relazione dell’onorevole Zappalà sugli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, che è stata al contempo oggetto del dibattito. In questo caso si tratta di imprese e grossi appalti a lungo termine che, per un secolo o più, sono stati considerati tra le principali incombenze del governo.

Si tratta di prodotti e servizi essenziali per l’intera società, i nuclei familiari e l’industria che, a un certo punto, sono stati intenzionalmente sottratti al controllo delle imprese private poiché non erano riuscite a garantire la continuità, un servizio di qualità, prezzi accettabili e un dovuto trattamento del consumatore. Un monopolio di governo democraticamente controllato era ritenuta l’unica soluzione accettabile che potesse garantire la necessaria tutela del prodotto e del consumatore. Tale scelta, a quel periodo, dava adito a poche polemiche anche tra i sostenitori del capitalismo. Per le consegne e i servizi erogati in questi settori, le aziende private preferivano dipendere da un affidabile monopolio di governo piuttosto che dall’incertezza e dalla non continuità che caratterizzano il libero mercato.

Nel frattempo, i governi che intendono ridurre le imposte e mancano di fondi hanno venduto queste imprese a società operanti su scala internazionale desiderose di ricavarne profitti. Se questo è quanto scelgono di fare, allora è vero che bisogna assolutamente stabilire le regole, anche se poi è sbagliato prestare eccessiva attenzione ai segreti aziendali e agli altri interessi delle società.

 
  
  

Relazione Scheele (A5-0202/2003)

 
  
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  Breyer (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo approvato il compromesso raggiunto tra Consiglio, Parlamento e Commissione perché questo è un bel giorno per la tutela dei consumatori.

Finalmente siamo riusciti a ottenere un’etichettatura completa, a far sì che i consumatori non siano più abbindolati e che i prodotti dicano la verità sulle sostanze geneticamente modificate in essi contenute. Penso che ciò darà modo all’industria di riflettere in futuro, se sia il caso di far ricorso alle manipolazioni genetiche, dal momento che la maggior parte dei consumatori non desidera tali prodotti. Ciò significa anche che dovremo ancora farci carico di trovare un buon regolamento per il settore delle sementi. Ieri mi ha molto seccato il fatto che la Commissione non abbia risposto alla mia interrogazione, sul modo in cui dovrà essere disciplinato in futuro tale settore.

Abbiamo bisogno di questo tipo di etichettatura. Si tratta di una buona proposta che farà sì che i consumatori possano farsi valere, dando finalmente loro la possibilità di decidere liberamente se optare o meno per questi prodotti. Allora vedremo davvero se questi prodotti verranno accettati, in quanto sarà il mercato a decidere. Le procedure di autorizzazione UE non rappresentano pertanto un grosso problema, come tenta di farci credere l’industria. Il problema per quest’ultima sarà piuttosto il mercato, in quanto sarà questo a decidere, ed il mercato è composto dai singoli consumatori.

 
  
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  Berthu (NI), per iscritto. – (FR) Durante questa seconda lettura del progetto di regolamento concernente gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati (relazione Scheele), ho votato a favore dei seguenti emendamenti che sono molto più rigorosi rispetto a quelli adottati dal Consiglio:

– gli emendamenti che riducono dallo 0,9 per cento allo 0,5 per cento la soglia per l’etichettatura degli OGM autorizzati e, in particolare, l’emendamento n. 19;

– gli emendamenti che aboliscono la tolleranza degli OGM non autorizzati nella catena alimentare quando la loro percentuale è inferiore allo 0,5 per cento e, in particolare, l’emendamento n. 43 (in proposito ci si chiede come il Consiglio possa, in questo caso, proporre una soglia dello 0,5 per cento quando la ritiene tecnicamente impossibile se riferita alla soglia per l’etichettatura degli OGM autorizzati);

– gli emendamenti che richiedono agli Stati membri di adottare misure per evitare la contaminazione delle colture convenzionali da parte delle colture di OGM (emendamenti di compromesso nn. 44 e 45);

– gli emendamenti che autorizzano gli Stati membri ad adottare misure di emergenza per limitare o proibire l’utilizzo di un OGM autorizzato qualora quest’ultimo possa rappresentare un rischio (ad esempio l’emendamento n. 40);

A parte queste questioni tecniche, spiegherò la mia posizione di principio nella dichiarazione di voto sulla relazione parallela relativa alla tracciabilità degli OGM.

 
  
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  Bordes, Cauquil e Laguiller (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Nella serie di emendamenti introdotti in seconda lettura, abbiamo votato a favore di tutto ciò che garantisce la trasparenza e l’etichettatura più completa possibile. Al contrario, ci siamo pronunciate contro gli emendamenti di compromesso che, di fatto, appoggerebbero la revoca della moratoria.

 
  
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  De Keyser (PSE), per iscritto. – (FR) Nessun compromesso è pienamente soddisfacente. Il compromesso sugli OGM che il Parlamento europeo ha appena approvato significa semplicemente che era impossibile portare avanti i negoziati. La moratoria sugli OGM sarà quindi revocata, come auspicato dagli Stati membri. La soglia dello 0,5 per cento, oltre la quale i sostenitori del principio di precauzione esigono che venga segnalata la presenza di un OGM, non avrebbe ottenuto la maggioranza qualificata né in Parlamento né in Consiglio. Con mio rammarico, si è quindi votato a favore di una soglia dello 0,9 per cento.

Vi sono, tuttavia, vantaggi considerevoli in questo compromesso perché ci siamo anche espressi a favore di una maggiore tracciabilità che permetterà ai consumatori di essere più attenti, favorirà una normativa severa in materia di rilevazione di OGM, consentirà una precisa etichettatura e darà la possibilità di distinguere chiaramente se la produzione è o non è geneticamente modificata. La trasparenza ne ha guadagnato, anche se il principio di precauzione è stato in parte compromesso. Non è una vittoria, ma gli emendamenti approvati sono segnali importanti che, in futuro, dovremo ulteriormente rafforzare. Ecco perché ho votato a favore della relazione Scheele.

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente posizione comune del Consiglio, nonostante non abbia accolto alcune proposte del Parlamento europeo, migliora l’attuale quadro legislativo nel settore degli organismi geneticamente modificati. Sappiamo comunque che tale passo servirà a giustificare ulteriormente la soppressione della moratoria che dovrebbe essere mantenuta.

Il compromesso trovato, nonostante sia lungi dall’essere perfetto, garantisce che tutti gli alimenti per il consumo umano e animale che contengono OGM, da essi costituiti o con essi prodotti, siano sottoposti, in futuro, ad una procedura di autorizzazione più coerente ed uniforme, autorizzazione che avrà una durata massima di 10 anni.

Inoltre, l’etichettatura obbligatoria viene estesa a tutti gli alimenti geneticamente modificati, indipendentemente dalla tracciabilità degli OGM. Viene data priorità anche alla possibilità per gli Stati membri di adottare misure appropriate per impedire la contaminazione accidentale delle colture convenzionali e organiche con materiale OGM, sebbene sia difficile concepire misure efficaci di controllo una volta che gli OGM sono stati immessi nell’ambiente, a causa dell’abolizione delle frontiere e della libera circolazione delle merci.

Deploro, tuttavia, che il valore limite per la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale OGM non ancora autorizzato sia dello 0,5 per cento, sebbene soltanto per un periodo transitorio. Questo è un settore in cui dovrebbe esserci “tolleranza zero”.

 
  
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  Ribeiro e Castro (UEN), per iscritto. – (PT) I problemi legati agli organismi geneticamente modificati (OGM) si scontrano con questioni che vanno in senso apparentemente opposto. Da un lato abbiamo l’aspetto della ricerca scientifica e tecnologica, in particolare nella sua applicazione alle attività della vita quotidiana, cui non devono mai venire a mancare appoggio e incentivi. Dall’altro ci imbattiamo nei rischi inerenti l’attività di ricerca scientifica in materia di alimentazione, nonché nella questione della qualità alimentare che deve essere garantita ai cittadini. Tutti aspetti che meritano la massima attenzione e cautela. Pertanto la mia posizione rispetto alla presente relazione si fonda sull’assenza di prove definitive quanto al carattere assolutamente innocuo per la salute umana e animale di tali mutazioni genetiche. Gli OMG suscitano in me le riserve e le cautele tipiche di chi si occupa del bene comune. Ma, d’altro canto, non ho voluto nemmeno che la mia posizione fosse intesa come ostruzionismo nei confronti del progresso scientifico, che è sempre auspicabile e non deve incontrare ostacoli legislativi eccessivi. Sottolineo quindi la necessità di rispettare le varie forme di vita ed i rigorosi codici deontologici che presiedono alla manipolazione e all’utilizzo di materiali tanto delicati e complessi.

 
  
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  Souchet (NI), per iscritto. – (FR) Per quanto attiene agli OGM, non vogliamo che l’Europa si impegni con leggerezza, come hanno fatto gli Stati Uniti, in un’incauta e incontrollata diffusione su vasta scala degli organismi geneticamente modificati, guidata esclusivamente dagli interessi delle aziende che li producono. Tuttavia non vogliamo neppure che, per principio, l’Europa si tenga lontana da una tecnica che può far nascere alcune speranze per l’alimentazione del genere umano.

Di fronte a una tecnica che permette all’uomo di manipolare il genoma, vale a dire di agire sul nucleo stesso della vita, è indispensabile che la società si interroghi e non si sottragga ai necessari dibattiti di natura etica. E’ dovere delle autorità pubbliche legiferare e regolamentare. La sovranità degli Stati implica che i paesi mantengano il potere di ammettere sul proprio territorio solo i prodotti voluti, scelti e rispondenti a reali esigenze. Il Protocollo di Cartagena sulla biodiversità riconosce questo diritto. Sfruttiamolo pienamente per tenere, in Europa, le nostre conoscenze sulle colture geneticamente modificate. La libertà di scelta del consumatore e del produttore implica inoltre l’adozione delle misure necessarie per garantire la coesistenza tra produzione basata sugli OGM e produzione naturale.

 
  
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  Van Brempt e Van Lancker (PSE), per iscritto. – (NL) Insieme al Consiglio e alla Commissione, la delegazione dell’Alternativa sociale progressista ha espresso il proprio consenso sulle proposte di compromesso della relatrice.

Grazie a questi compromessi è possibile compiere rapidi progressi per l’adozione di un’efficace normativa sulla tracciabilità, l’etichettatura, gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati. Al contempo, essi forniscono una serie di garanzie sulla coesistenza dell’agricoltura geneticamente modificata e di quella convenzionale, perché un emendamento alla direttiva 2001/18/CE permetterà apertamente agli Stati membri di evitare la presenza involontaria degli OGM. Infine, tali compromessi precisano che è stato il Parlamento a sollecitare la stesura di una normativa europea in materia di coesistenza.

Dopo tutto, visto che la tracciabilità e l’etichettatura non sono sufficienti a garantire la libertà di scelta del consumatore a lungo termine, è altrettanto importante adottare misure che assicurino la coesistenza. In cambio di questi compromessi, il Parlamento sta rinunciando alle richieste riguardanti la fissazione di soglie più rigide per la contaminazione degli OGM (0,5 per cento), valori che, in realtà, non sarebbero approvati da nessuno né in Assemblea né in Consiglio. Di conseguenza, ci sembra più importante avere la certezza di un accordo sulla coesistenza, perché senza tali misure nessuno Stato membro sarebbe in grado di applicare i valori limite.

Con questa normativa, seppure nata da un compromesso, l’Europa è la prima a introdurre un ordinamento più severo in materia di autorizzazione, tracciabilità ed etichettatura degli OGM. Anche la responsabilità, tuttavia, dovrebbe essere disciplinata al più presto, come il Parlamento ha richiesto alla Commissione durante la prima lettura della direttiva sulla responsabilità ambientale.

 
  
  

– Relazione Trakatellis (A5-0204/2003)

 
  
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  Berthu (NI), per iscritto. – (FR) Come la relazione Scheele, la relazione Trakatellis sulla tracciabilità e l’etichettatura degli organismi geneticamente modificati ci dà l’occasione di lanciare un serio monito alla Commissione e agli Stati membri.

In effetti, abbiamo il forte presentimento che non aspettino altro che l’adozione definitiva delle norme sulla tracciabilità prima di revocare la moratoria attualmente imposta sugli OGM in Europa. Questa adozione, quindi, fungerebbe da garanzia, pur non essendo state ancora soddisfatte altre due condizioni essenziali: l’esistenza di una chiara definizione delle responsabilità (associata alle relative garanzie finanziarie) per gli eventuali danni causati dagli OGM, nonché l’entrata in vigore di norme, tuttora inesistenti, che garantiscano pienamente la non contaminazione delle colture convenzionali da parte delle colture geneticamente modificate.

Quest’ultimo punto è fondamentale. Vorrei ricordare che il dirigente sindacale José Bové è stato condannato in Francia per avere estirpato alcune piante di mais transgenico, un atto considerato violazione del diritto di proprietà privata. Questa violazione non era però stata forse preceduta da un’altra, molto più grave, causata dal rischio di contaminazione da OGM delle proprietà private limitrofe e dell’ambiente naturale in generale, che è proprietà di tutti?

 
  
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  Caudron (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) In nome del principio di precauzione e poiché lo sviluppo degli OGM mi fa pensare all’apprendista stregone a servizio dei facili guadagni e a un’eccessiva e anacronistica importanza data all’alta produttività, ora sono contrario all’utilizzo e allo sviluppo degli OGM.

Detto questo, poiché gli OGM esistono a prescindere dalla nostra approvazione, né io né nessun altro possiamo opporci al miglioramento della tracciabilità e dell’etichettatura. Questo miglioramento è il minore dei mali e non deve farci dimenticare la questione di fondo.

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il presente regolamento va a completare il sistema comunitario di autorizzazione e controllo degli OGM: un sistema obbligatorio di etichettatura per tutti gli alimenti geneticamente modificati destinati all’alimentazione umana e animale.

Sappiamo che la sua approvazione rappresenterà una tappa ulteriore verso la rimozione dell’attuale moratoria che dovrebbe essere mantenuta a fronte dei rischi legati all’immissione di OGM nell’ambiente e alla coesistenza degli OGM con colture convenzionali e colture organiche.

Sono forti le pressioni dell’industria delle biotecnologie per aprire il mercato europeo alle importazioni di OGM e, di conseguenza, per imporre l’accettazione di tali tecnologie, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, come dimostra il recente discorso di Bush al convegno dell’industria delle biotecnologie tenutosi a Washington, in cui accusava l’Unione europea di contribuire ad aumentare la fame in Africa, bloccando le importazioni di OGM, e chiedeva di porre fine alle restrizioni comunitarie. Nel frattempo si rifiuta di ratificare il protocollo di Cartagena sulla biosicurezza.

E’ la pressione esercitata dagli Stati Uniti e dalle multinazionali, le quali vogliono alle loro dipendenze non solo gli agricoltori, bensì anche le politiche agricole e alimentari degli Stati, che spinge verso la rimozione della moratoria e l’eliminazione del sistema di tracciabilità ed etichettatura. Tale sistema diventa così la prima linea di difesa nella lotta e nella mobilitazione di consumatori e agricoltori contro gli alimenti geneticamente modificati e l’immissione di OGM nell’ambiente.

 
  
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  Martinez (NI), per iscritto. – (FR) Tutti, nessuno escluso, sono favorevoli all’etichettatura dei generi alimentari contenenti OGM per informare il consumatore e garantire la tracciabilità di questi prodotti lungo tutta la catena di produzione e distribuzione. Queste misure, tuttavia, servono solo a gettare polvere negli occhi perché difficilmente le etichette, i controlli e le altre ispezioni potranno evitare la diffusione del polline, la compenetrazione dei due circuiti alimentari – uno con gli OGM e l’altro senza – e, infine, la vittoria delle biotecnologie della multinazionale Monsanto e delle altri grandi società americane di sementi.

Questo fariseismo dei dirigenti europei che fingono di controllare il fenomeno degli OGM – per ragioni sanitarie tanto incerte quanto i possibili contributi positivi dei prodotti geneticamente manipolati per l’agricoltura mondiale – è reso ancora più ironico dal suo tempismo. In effetti, proprio quando il leader degli agricoltori francesi José Bové, simbolo mondiale dell’allarme lanciato contro i veri o sopravvalutati pericoli degli OGM, è stato incarcerato in maniera eccessiva e sproporzionata, il Parlamento europeo si è pronunciato su questo argomento.

Etichettatura per gli OGM e incarcerazione per chi vi si oppone: ecco riassunta l’ambiguità di queste biotecnologie e della posizione europea.

 
  
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  Moreira da Silva (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Di fronte all’assenza di una legislazione robusta e integrata sugli organismi geneticamente modificati (OGM) capace di dare garanzie ai consumatori e all’industria, negli ultimi tre anni sono state sospese le procedure di autorizzazione all’immissione in commercio a livello di Unione europea. Saluto l’approvazione odierna delle norme legislative in merito (tracciabilità ed etichettatura degli OGM), in quanto rende possibile registrare e monitorare i movimenti degli OGM sul mercato, nonché degli alimenti per il consumo umano ed animale con essi prodotti. In tal modo si permette al consumatore di fare le sue scelte e si facilita il processo di ritiro di un prodotto, nel caso si ritenesse necessario. Tuttavia, la proposta di direttiva conteneva disposizioni che potevano aprire la strada a falsificazioni, inganni nei confronti del consumatore e distorsioni della concorrenza. Le norme devono essere chiare e semplici. Per questo ho appoggiato gli emendamenti volti a rafforzare la rilevabilità, ad assicurare la coesistenza tra colture OGM e colture esenti da OGM, ad applicare la tracciabilità e la conseguente etichettatura solo sugli OGM e sui prodotti nei quali è stato rilevato DNA geneticamente modificato o proteine geneticamente modificate, e non su tutti i prodotti.

 
  
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  Souchet (NI), per iscritto. – (FR) La tracciabilità è il principio di base su cui devono fondarsi la tutela del consumatore e il rispetto della libertà di scelta sugli OGM.

Questa tracciabilità dipende dall’introduzione di sistemi atti a individuare gli OGM, vale a dire di procedure che garantiscono la possibilità di conoscere, a tutti gli stadi della catena di produzione e commercializzazione, la loro provenienza e l’identità di chi li ha messi sul mercato.

Le imprese hanno inoltre l’obbligo di segnalare se un prodotto è stato ottenuto da OGM, di tenere queste informazioni sull’identità e la tracciabilità e di metterle a disposizione delle autorità competenti.

Per quanto riguarda la presenza di OGM autorizzati, siamo a favore dei limiti più severi dato che la percentuale d’utilizzo deve essere realistica, cioè fondata su criteri tecnici e misurabili. Tale condizione dovrà essere costantemente aggiornata di pari passo con il perfezionamento dei metodi di rilevamento e analisi.

Infine, bisogna garantire che gli operatori che scelgono di non utilizzare gli OGM possano usufruire di vantaggi commerciali.

 
  
  

– Relazione Scheele (A5-0202/2003)

– Relazione Trakatellis (A5-0204/2003)

 
  
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  Bowe (PSE), per iscritto. – (EN) Con il nostro voto di oggi cerchiamo di garantire alle persone un vero e proprio diritto di scelta sui prodotti geneticamente modificati. Abbiamo ascoltato i timori di chi invoca il diritto di poter fare una scelta informata sul cibo geneticamente modificato e stiamo cercando di mettere a punto un programma d’informazione e di etichettatura che la renda possibile. Dobbiamo, tuttavia, operare nei limiti di ciò che è scientificamente dimostrabile e che, a livello pratico, è di possibile attuazione.

Viviamo in un mondo imperfetto, come dimostrato anche dall’utilizzo di soglie limite. In tutti i sistemi di etichettatura c’è un punto di interruzione che deriva da una realtà oggettiva e scientifica: è quanto di meglio possiamo fare con la scienza che abbiamo a disposizione. La normativa in materia di sostanze organiche consente la presenza massima del 5 per cento di ingredienti non organici. Pur non indicando nelle etichette i bassissimi livelli di residui di pesticidi o di sostanze chimiche inquinanti contenute nei prodotti alimentari, siamo consapevoli della loro presenza. Accogliamo con favore le norme in materia di coesistenza che, permettendo la produzione di colture geneticamente modificate accanto a quelle convenzionali, rappresentano un ulteriore passo verso la possibilità di garantire una vera e propria scelta al consumatore.

 
  
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  Ferreira (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore degli emendamenti adottati dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori poiché migliorano nettamente la posizione comune del Consiglio e danno garanzie forti in materia di tracciabilità e di etichettatura, in quanto tendono a tutelare la libertà di scelta del consumatore tra prodotti geneticamente modificati e non.

Contrariamente alla decisione del gruppo politico cui appartengo e alla maggioranza del Parlamento europeo, ho votato contro gli emendamenti di compromesso nn. 44 e 45, conclusi con il Consiglio, che rimettono alla discrezione degli Stati membri l’adozione di misure sulla coesistenza di colture geneticamente modificate e colture convenzionali.

Poiché l’emendamento n. 40 alla relazione Scheele è stato respinto, agli Stati membri è fatto divieto di limitare o proibire, per quanto valide possano essere le loro ragioni, l’utilizzo di generi alimentari geneticamente modificati che comportino un rischio per la salute umana o animale o per l’ambiente, nonché di sospendere o limitare la loro importazione.

Che cosa ne è stato della garanzia della libertà di scelta del consumatore?

Ne deriva che l’unica finalità di questa legislazione sia permettere la revoca della moratoria europea sugli OGM il più rapidamente possibile.

Una grandissima maggioranza del Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno appena adottato una normativa inefficace e imporranno gli OGM agli europei contro la loro volontà.

 
  
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  Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) I relatori sui fascicoli degli OGM hanno cercato di stendere relazioni tra loro coerenti che rendano possibile un accordo con il Consiglio. Rispetto il loro lavoro e penso anche che sia indispensabile procedere con questi dossier per poter revocare l’attuale moratoria sull’approvazione di nuove applicazioni degli OGM. Ho votato insieme al mio gruppo per questi due motivi.

Tuttavia, non sono per niente convinta della qualità di alcune parti delle normative e temo che, a tempo debito, dovremo sottoporle a revisione. Ovviamente vorrei anche aumentare la fiducia del consumatore negli alimenti geneticamente modificati e, a questo proposito, ritengo sia indispensabile dare moltissime informazioni sui vantaggi derivanti dall’utilizzo delle nuove tecniche e sulla sicurezza dei cibi in questione.

Spero che le associazioni di consumatori e le università diano il loro contributo perché, secondo “l’eurobarometro”, hanno il maggiore potere di persuasione nei confronti dei consumatori. Anch’io desidero dare al consumatore la massima libertà di scelta, anche se la distinzione forzata tra varietà, tracciabilità ed etichettatura fa aumentare i prezzi. Ad ogni modo, le informazioni fornite al consumatore devono essere complete e trasparenti. Il criterio della trasparenza dovrebbe sostituire quello delle eccessive informazioni.

Purtroppo, noi del gruppo del Partito popolare europeo (democratico-cristiano) e dei Democratici europei abbiamo perso questa battaglia in prima lettura, e per questo stiamo ora seguendo una strada costosa – che implica costi per l’agricoltore, l’industria e quindi anche per il consumatore – senza raggiungere lo scopo vero e proprio.

Il problema è che, forse, sarebbe stato meglio se avessimo messo a punto misure miranti a rafforzare la fiducia, in altre parole se avessimo fornito informazioni obiettive su larga scala. Fortunatamente abbiamo una via di salvezza: la valutazione che sarà effettuata durante tutti questi anni consentirà di ristabilire, almeno speriamo, il buon senso.

 
  
  

– Relazione Klaß (A5-0191/2003)

 
  
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  Bernié, Butel e Esclopé (EDD), per iscritto. – (FR) La posizione comune sull’indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari è soddisfacente, ad eccezione di un punto.

Una revisione s’impone sul tema degli ausiliari tecnologici. La posizione comune è, infatti, del tutto esagerata poiché richiede di indicare sull’etichetta tutte le sostanze utilizzate nel processo di fabbricazione, soprattutto nel caso in cui non lascino traccia nel prodotto finito.

E’ questo il caso di bevande famose da cui dipende l’economia di intere regioni, come la birra e il vino, che quindi potrebbero essere etichettate come contenenti derivati dell’uovo e del pesce. E’ sufficiente per rovinare la reputazione di bevande di qualità che, per secoli, sono state consumate senza comportare alcun rischio alla salute.

Gli emendamenti avanzati, che hanno lo stesso tenore di quelli da noi presentati all’approvazione della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, richiedono che questi ausiliari tecnologici siano sottoposti a specifici test scientifici che provino i loro effetti allergenici.

Al momento non è stato provato niente, sono tutte congetture. Dobbiamo quindi aspettare i primi risultati prima di rendere obbligatoria l’etichettatura degli ausiliari tecnologici. Siamo a favore della trasparenza per informare i consumatori degli ingredienti presenti all’interno dei prodotti, ma ci opponiamo a un numero eccessivo di informazioni sulle etichette che sarebbe disastroso per le catene agroalimentari, di vitale importanza per la Francia e per molti altri paesi.

 
  
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  Martinez (NI), per iscritto. – (FR) Dopo la salmonellosi, la listeriosi e altre infezioni alimentari, gli integralisti sanitari dell’Europa settentrionale stanno ora puntando gli occhi verso le allergie che potrebbero essere causate da ingredienti presenti nei prodotti alimentari. Da ciò deriva la necessità di una direttiva sull’etichettatura degli additivi allergenici.

Ma poiché il vino è trattato come un alimento, anche le bottiglie di vino dovrebbero essere etichettate in virtù del diritto d’informazione sui rischi d’intolleranza, soprattutto alle uova e al pesce, citati nell’allegato 3b che elenca i 20 ingredienti a rischio. E’ vero che vengono utilizzate colle a base di uova o pesce per eliminare le sospensioni nel vino in fase di produzione, ma è chiaro che queste scompaiono insieme ai depositi che formano nel processo di flocculazione. Non c’è quindi alcun motivo per far apparire questi ausiliari tecnologici su un’etichetta, in quanto non vi sono più allergeni alla fine del processo.

Insieme ai campioni della viticoltura e del buon senso, abbiamo presentato gli emendamenti necessari per liberare il vino da questa richiesta fobica e nevrotica di etichettatura.

 
  
  

– Relazione Olsson (A5-0201/2003)

 
  
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  Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Negli ultimi quindici anni gli ispettori delle carni in Belgio – che non sono ingegneri tecnici ma veterinari qualificati – hanno investito tutte le loro energie, tutte le loro forze, tutte le loro grandi risorse nella lotta all’utilizzo illecito di ormoni nell’allevamento di bestiame.

Essi svolgono il loro lavoro in circostanze difficili. Devono resistere ai tentativi di corruzione, la loro incolumità fisica è minacciata e alcuni vengono toccati nella propria sfera privata, sono infatti vittime di aggressioni alle loro proprietà, alla loro stessa persona e ai loro cari. Un ispettore veterinario, Karel Van Noppen, è stato ucciso il 20 febbraio 1995. E’ una fortuna che gli assassini e i mandanti siano stati condannati lo scorso anno e ora si trovino in carcere.

Sono quindi di questo tenore le difficili circostanze in cui questi coraggiosi funzionari garantiscono il rispetto del divieto assoluto di utilizzo di ormoni a livello europeo. In qualche occasione, gli ispettori sono stati ostacolati nel loro incessante lavoro dalle impertinenti dichiarazioni di alcuni scienziati, che proclamavano a gran voce che l’utilizzo di questi ormoni era totalmente innocuo per la salute pubblica. Chiunque legga la relazione Olsson sa che queste affermazioni sono una vera e propria fesseria. Per questo motivo, ritengo che l’approvazione della relazione Olsson sia un RICONOSCIMENTO D’ONORE per tutti gli ispettori di carni in Europa che svolgono un ottimo lavoro e un INCENTIVO a rimanere sempre vigili.

 
  
  

– Relazione Corbey (A5-0200/2003)

 
  
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  Bowe (PSE), per iscritto. – (EN) Negli ultimi dieci anni il Regno Unito ha fatto grandissimi passi avanti in materia di riciclaggio che, in gran parte, è stato però effettuato dalle imprese, mentre ora dobbiamo iniziare a pensare ai rifiuti domestici. Le famiglie cominceranno a separare il vetro, la carta e la plastica dagli altri rifiuti, e le imprese dovranno collaborare con gli enti locali per il finanziamento di nuove attrezzature e la costruzione di nuovi impianti che garantiscano il flusso dei materiali. Cinque anni sono un termine realistico per l’attuazione, e qualsiasi tentativo di accorciare i tempi porterà a un aumento vertiginoso dei costi. Fissare la scadenza al 2007 comporterà un costo aggiuntivo di 143 milioni di sterline, portando da 397 milioni a 540 milioni di sterline la spesa necessaria in cinque anni per il raggiungimento dei nuovi obiettivi. Tutto questo comporta campane per il vetro, camion per la raccolta dei rifiuti e la costruzione di nuovi centri per il trasporto, il deposito e il trattamento dei rifiuti, la qual cosa richiede tempo e soldi. Queste norme comunitarie sugli imballaggi presuppongono un importante salto qualitativo e quantitativo nell’attività di riciclaggio da parte delle imprese, delle autorità locali e dei consumatori britannici. L’introduzione delle modifiche necessarie, eseguita in maniera efficiente ed efficace dal punto di vista dei costi, richiede periodi di tempo più lunghi. Per questo motivo ci siamo astenuti dal votare sugli emendamenti che cercano di anticipare la data di attuazione a prima del 2008.

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riteniamo sia fondamentale sviluppare misure che contribuiscano a ridurre, riciclare e riutilizzare i rifiuti urbani e industriali, con soluzioni razionali e integrate, in particolare per quanto riguarda gli imballaggi, e incentivando l’uso di materiali biodegradabili.

Tuttavia, la definizione e l’attuazione di tali misure dovrà tener conto delle realtà e degli interessi dei singoli paesi. Pertanto sarà difficile capire perché le norme UE vengano trasposte nelle legislazioni nazionali in modo avulso, senza tener conto delle differenze esistenti tra i paesi. Pertanto, nel condividere le preoccupazioni espresse nella relazione, soprattutto rispetto allo sviluppo di misure preventive, non posso non chiedermi se le scadenze e gli obiettivi proposti in materia di riciclaggio dei prodotti siano praticabili.

Tengo a ribadire che l’efficacia della politica ambientale dipende dalla volontà e dall’impegno delle istituzioni nazionali; esse sono responsabili dell’organizzazione e della raccolta di risorse, della responsabilizzazione diretta dell’industria nei confronti della riduzione dei rifiuti di imballaggio, ma anche del ruolo che spetta ai cittadini nella protezione e nella valorizzazione dell’ambiente. Ciò richiede, a fronte dei problemi esistenti e al cammino da compiere per superarli, uno sforzo continuo di educazione, sensibilizzazione e mobilitazione.

 
  
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  Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) L’esame di questa proposta della Commissione, il cui scopo è rivedere solo gli obiettivi del riciclaggio e del riutilizzo degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, rappresenta un compito gravoso per l’Assemblea.

In effetti le situazioni nazionali, per non parlare di quelle locali, sono estremamente varie. Anche gli Stati membri hanno raggiunto risultati diversi nel rispetto degli obiettivi previsti dalla direttiva del 1994. Le spese che oggi dovrebbero sostenere per raggiungere gli obiettivi fissati nella proposta della Commissione variano quindi notevolmente da uno Stato all’altro, senza contare i casi specifici dei paesi candidati.

Per questo motivo il Consiglio è sinora riuscito solo a raggiungere una posizione comune che la relatrice considera totalmente insoddisfacente.

Personalmente non sono d’accordo. Non si può negare l’evidenza, anche se non corrisponde ai nostri ideali. In un mondo virtuale e ideale l’onorevole Corbey avrebbe goduto del mio appoggio e avrei potuto essere addirittura più audace di quanto non sia stata lei. Tuttavia, nel mondo reale in cui viviamo ogni decisione ha delle conseguenze e implica dei costi che gravano su tutti noi, contribuenti e consumatori.

Sarebbe stato controproducente, oggi, votare a favore di disposizioni che non sono mai state quantificate e che impongono obblighi utopistici a tutti gli Stati membri.

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 137, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  Moreira da Silva (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il primo requisito essenziale nella politica di recupero e riciclaggio dei materiali è la prevenzione. La prevenzione dei rifiuti di imballaggio implica la garanzia che il produttore basi la sua decisione, rispetto al tipo ed alla quantità dei materiali utilizzati, sull’analisi del ciclo di vita dei prodotti, quantificando il loro impatto ambientale (dalla fase progettuale alla sua eliminazione) e, in tal modo, internalizzando i costi ambientali nel prezzo finale del prodotto. Purtroppo la direttiva proposta dalla Commissione non si è spinta molto lontano nella prevenzione dei rifiuti. Il secondo requisito essenziale è la definizione di obiettivi vincolanti. Da questo punto di vista la direttiva è più ambiziosa, in quanto stabilisce obiettivi relativi al recupero ed al riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, in particolare per i seguenti materiali: vetro, carta, plastica, metalli e legno. Gli obiettivi garantiscono un cambiamento nei comportamenti soltanto se sono credibili, vale a dire realizzabili. Per questo motivo appoggio gli obiettivi definiti nella posizione comune e contesto quelli presentati dalla relatrice. Contesto in particolare la proposta di anticipare dal 2012 al 2009 le scadenze di riciclaggio e recupero fissate per Portogallo, Grecia e Irlanda. Occorre ricordare che questi tre Stati membri presentano caratteristiche che rendono più difficile il raggiungimento degli obiettivi in materia di riciclaggio e recupero dei rifiuti di imballaggio, in particolare la dispersione territoriale (regioni ultraperiferiche) e demografica.

 
  
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  Ribeiro e Castro (UEN), per iscritto. – (PT) Ho condiviso nel complesso la posizione della relatrice. La presente materia riscuote, per fortuna, un ampio consenso tra tutti i cittadini, che si è riflesso in particolare nel voto quasi unanime in prima lettura. E’ indispensabile promuovere il recupero dei rifiuti di imballaggio, il loro riciclaggio, per quanto possibile, e prevenire la loro produzione. Gli obiettivi strategici dell’Unione delineati a Lisbona e, in particolare, l’aspetto ambientale rafforzato e trasformato a Göteborg nello sviluppo sostenibile, ci obbligano ad adottare misure e politiche in grado di combattere gli sprechi e l’aggressione all’ambiente. E’ un dato acquisito che la tutela ambientale, a lungo termine, rappresenta l’unica garanzia di tutela dei cittadini consumatori. Tuttavia, in linea con quanto affermato da vari colleghi della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori, devo esprimere preoccupazione per la proposta di ridurre i termini di recepimento della direttiva all’interno degli Stati membri. Ritengo preferibile un approccio più realistico, come proposto nella posizione comune, in funzione delle unità di trattamento, recupero e riciclaggio esistenti di fatto sul terreno. La realizzazione degli obiettivi, che interessa tutti quanti, passa attraverso una strategia credibile e, anch’essa, sostenibile.

 
  
  

– Relazione Moreira Da Silva (A5-0207/2003)

 
  
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  Breyer (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, anche noi abbiamo votato a favore del compromesso sullo scambio di quote di emissioni, in quanto costituisce uno strumento davvero innovativo nella tutela dell’ambiente che in futuro consentirà di tenere, per così dire, sotto controllo il 50 per cento delle emissioni di CO2. E’ un’opportunità unica nel suo genere da accogliere positivamente. Ci rallegriamo del fatto che in Germania non sia passata la richiesta del ministero per l’Economia di escludere dalla direttiva interi settori, ma che si sia ottenuta l’estensione della direttiva virtualmente a tutti i settori industriali e che soltanto determinati impianti, che rispondono a condizioni molto restrittive, possano esserne esclusi, vale a dire, in pratica, nessuno.

Speriamo che questo strumento faccia sì che tutti gli Stati membri presentino effettivamente nella primavera dell’anno prossimo i loro piani nazionali di assegnazione delle quote di emissione e che possa diventare un vero strumento economico in grado di contribuire efficacemente anche alla tutela del clima. Vedremo in tal modo che la tutela del clima va a beneficio delle imprese, va a beneficio di tutti. Tuttavia in futuro avremo bisogno anche di un nuovo regolamento, di un programma d’azione per le emissioni di CO2 nei trasporti stradali e aerei, che stanno aumentando in modo drammatico.

Come gruppo Verde abbiamo votato a favore del compromesso. Riteniamo sia uno strumento buono. Farà sì che la tutela del clima venga presa sul serio e vengano rispettati gli impegni di Kyoto. Solo così saremo credibili agli occhi degli altri Stati. Spero inoltre che tale decisione spinga i paesi che non hanno ancora ratificato il protocollo, ad esempio la Russia, a farlo, consentendo così di passare davvero all’azione in ambito di tutela del clima.

 
  
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  Caudron (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Visto il mortale pericolo che il mondo corre a causa dell’effetto serra, non è possibile trascurare le proposte che cercano di migliorare le misure adottate per ridurre la gravità della minaccia.

Sono, tuttavia, tra quelli che pensano che non si possa speculare sull’inquinamento e permettere ai ricchi di acquistare il diritto di inquinare da chi non ha i mezzi per svilupparsi.

Ecco perché il mio voto è stato contrario, e chiedo di accelerare con impellenza i programmi di ricerca per la produzione di forme di energia non inquinanti. La fusione rientra tra queste, motivo per cui occorre iniziare la costruzione di ITER con urgenza.

 
  
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  Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riteniamo prioritario e urgente promuovere la lotta contro la distruzione della fascia di ozono, l’effetto serra e il conseguente riscaldamento globale del pianeta, sia aumentando il ricorso ad energie alternative e rinnovabili che riducano il consumo di combustibili fossili, che attraverso l’applicazione di misure che riducano le emissioni delle industrie inquinanti ed i loro effetti. Ciò richiede investimenti nella ricerca e nell’applicazione di nuove tecnologie che possano contribuire a raggiungere gli obiettivi fissati nel Protocollo di Kyoto.

Ribadiamo però la nostra opposizione alla creazione di uno “scambio delle quote di emissione”. Un simile commercio trasformerebbe tali diritti in una merce e permetterebbe ai paesi più sviluppati di comprare “quote di emissione” dai paesi meno sviluppati, garantendo ai primi lo status di “inquinatori privilegiati” e provocando il mancato sviluppo dei secondi. Tra l’altro, dati recenti delle Nazioni Unite indicano una tendenza all’aumento delle emissioni da parte dei paesi industrializzati.

Accettando lo scambio di quote di emissioni dei gas, considerato da alcuni lo strumento per raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, la presente relazione s’inserisce in tale prospettiva. Pensiamo non sia questa la strada da percorrere.

 
  
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  Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questo testo.

Non sono particolarmente favorevole a questo sistema mondiale di vendita delle quote di emissione. Infatti, alcuni esperimenti che ho potuto condurre con gli industriali del mio settore dimostrano che questi attori economici possono compiere sforzi considerevoli per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

Ho voluto tuttavia apportare alcune modifiche alla proposta iniziale della Commissione.

In effetti, sembrava molto importante allargare il campo d’applicazione della direttiva ai settori dei prodotti chimici e dell’alluminio. Con l’adozione dei miei emendamenti, il Parlamento ha appoggiato la mia posizione. Esprimo inoltre il mio vivo rammarico perché, su questo punto, il Consiglio dei ministri non ha accettato la posizione adottata dai miei colleghi, ritardando così l’inclusione dei settori dei prodotti chimici e dell’alluminio.

 
  
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  Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Per non ritardare ulteriormente l’adozione di questa controversa direttiva, ho votato a favore del compromesso con il Consiglio senza, però, grande entusiasmo.

La mia prima preoccupazione riguarda il potenziale di riduzione delle emissioni. Il testo non fa alcun riferimento ai legami tecnici esistenti tra le attività dei diversi operatori.

Nel caso particolare della siderurgia, questo riferimento avrebbe potuto evitare che i diritti sui gas di altoforno, inviati alle compagnie elettriche per essere convertiti in energia destinata al consumo degli impianti siderurgici, fossero concessi – nell’ambito dei piani nazionali di assegnazione – alle compagnie elettriche che, diversamente, potrebbero sostituire queste fonti di energia con altre, per esempio il gas naturale. Paradossalmente, le compagnie siderurgiche dovrebbero bruciare i propri gas di altoforno provocando così un aumento delle emissioni di CO2, senza contare i diritti di emissione che dovrebbero riacquistare dalle compagnie elettriche. Questi costi aggiuntivi potrebbero sicuramente mettere in pericolo l’industria siderurgica europea, che già deve affrontare una crescente concorrenza a livello mondiale.

Un riferimento più esplicito al diritto di scambiare, all’interno della stessa società, i diritti sui propri impianti situati in paesi diversi avrebbe incoraggiato la creazione e lo sviluppo di società paneuropee.

 
  
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  Ribeiro e Castro (UEN), per iscritto. – (PT) Saluto la presente proposta di direttiva che costituisce il primo passo verso la creazione di un mercato internazionale per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra. In quest’area l’Unione ha saputo essere pioniera, anticipando l’applicazione, nel 2008, del regime internazionale previsto dal protocollo di Kyoto, un risultato cui il lavoro eccellente del relatore ha dato un grosso contributo.

La direttiva creerà un mercato delle emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione europea, introducendo quote di emissioni per i complessi industriali che verranno attribuite dalle autorità degli Stati membri.

Ritengo particolarmente lodevole l’emendamento, suggerito dalla commissione e approvato in prima lettura, che prevede l’introduzione di un metodo ibrido, secondo il quale il 15 per cento delle quote di emissione dovrà essere venduto mentre la parte restante dovrà essere ceduta a titolo gratuito (sistema “grandfathering” preferito anche dalla Commissione), per tutto il periodo che va dal 2005 al 2012.

L’adozione della direttiva darà inizio ad una nuova era, caratterizzata dalla cultura della responsabilità, sia in campo imprenditoriale che statale, e porterà operatori e responsabili politici a compiere insieme un cammino che i cittadini desiderano intensamente sia proseguito.

 
  
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  Ries (ELDR), per iscritto. – (FR) L’Unione europea deve agire concretamente per ridurre le emissioni dei gas più inquinanti.

Deve farlo per salvaguardare la salute dei propri cittadini, per raggiungere gli obiettivi di Kyoto, per dare un esempio al mondo e per evitare la catastrofe che incombe: l’ultima relazione dei climatologi dell’Agenzia internazionale per l’energia prevede il raddoppiamento del consumo energetico e delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030.

Per tale motivo ho votato per la creazione di questo “permesso di inquinare meno”, che sarà applicabile ai principali settori industriali a partire dal 1° gennaio 2005. Le imprese che supereranno le quote loro consentite saranno multate: 40 euro per ogni tonnellata in eccesso e 100 euro alla tonnellata dopo il 2008.

Questo sistema di scambio delle quote rappresenta, quindi, una vera e propria ventata d’aria fresca che consentirà una riduzione delle emissioni di oltre il 20 per cento dopo il 2010, per non parlare del risparmio energetico di 2 miliardi di euro.

C’è, però, una nota amara in tutto questo: mi sembra irragionevole chiedere al Belgio di accollarsi un ottavo della spesa totale europea per Kyoto, dal momento che è abitato da solo circa il 2,5 per cento della popolazione e rappresenta meno del 3 per cento del PNL. La salvezza del pianeta è responsabilità di noi tutti, di tutti i paesi ricchi, di tutte le industrie, comprese quelle dei trasporti, e di tutti gli individui.

 
  
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  Presidente. Con questo si conclude il turno di votazioni.

(La seduta, sospesa alle 14.20, riprende alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PODESTÀ
Vicepresidente(1)

 
  

(1) Approvazione del processo verbale della seduta precedente: cfr. Processo verbale.


3. Cecenia
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  Presidente. L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla Cecenia.

Do il benvenuto in quest’Aula al ministro Frattini, Presidente in carica del Consiglio.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Signor Presidente, saluto il rappresentante della Commissione e tutti gli onorevoli membri del Parlamento europeo presenti in Aula. Se lei me lo permette, signor Presidente, vorrei introdurre questa mia dichiarazione sulla Cecenia con la più ferma volontà di un impegno mio personale a continuare sin d’ora la mia presenza, la mia partecipazione assidua ai lavori del Parlamento europeo, la mia volontà di ascoltare le considerazioni che, in questo e in altri casi, raccoglierò e di tenere costantemente informato il Parlamento sui dossier e sulle attività del Consiglio, per quanto di mia competenza.

Venendo alla questione della Cecenia, voi tutti sapete che la situazione della Repubblica cecena, una delle Repubbliche che compongono la Federazione russa, è da tempo all’attenzione dell’Unione europea per i gravi episodi di violenza bellica e terrorismo che la caratterizzano e per le conseguenze che è suscettibile di causare per l’Europa. La partita che si gioca in Cecenia ha una valenza ben più ampia che non questa piccola repubblica. Le sue conseguenze, negative o positive, avranno effetti in tutto il Caucaso.

Ritengo che la sia pur sommaria conoscenza degli eventi passati sia importante per il giudizio sul presente e sulle prospettive future. Ecco quindi il perché di questa mia breve premessa sul passato. Fin dalla disgregazione dell’Unione Sovietica, con la successiva nascita della Federazione russa, la Repubblica cecena è stata teatro di violenti scontri russo-ceceni e di sanguinose iniziative indipendentiste. Il Trattato di pace del 1997 pose le premesse per una situazione di larghissima autonomia di fatto sotto la presidenza del leader ceceno Mashkadov, mentre sul territorio agivano formazioni di guerriglia. Nel 1999, Mosca intervenne in Inguscezia e Ossezia del nord, mentre in Cecenia le truppe russe occuparono la capitale Grozny. Seguirono anni di attentati e di repressioni, in un clima di violenze sia da parte degli irriducibili indipendentisti che da parte delle forze russe.

Già allora, l’Unione europea, il Consiglio d’Europa e l’OSCE riconobbero il diritto della Russia a difendere la propria integrità territoriale e a combattere il terrorismo, ma condannarono l’uso sproporzionato della forza invitando il governo russo ad avviare una soluzione politica della crisi, consentendo l’accesso delle organizzazioni umanitarie per assistenza nel territorio ceceno. Dopo l’11 settembre del 2001 la tesi russa della lotta al terrorismo si rafforzò, benché il collegamento tra Cecenia e integralismo islamico – collegamento che pure esiste – appaia indiretto. Le radici della guerra rimangono essenzialmente di natura nazionalista, nonostante la crescente e pericolosa contaminazione con l’estremismo islamico, soprattutto nei metodi e negli strumenti. Malgrado l’apertura, nel settembre del 2001, di un canale di dialogo tra le autorità russe e uno dei principali esponenti della resistenza cecena, restarono nebulose, confuse le prospettive di una soluzione politica del conflitto. Fu in questo quadro che si verificò il grave episodio di terrorismo al teatro Na Dubrovke, cui seguirono i numerosi attentati, egualmente violenti, degli ultimi mesi.

La situazione sul terreno è molto difficile: economia locale in disfacimento, contese interne all’amministrazione filorussa, minacce terroristiche da parte degli irriducibili e violenze, operazioni militari violente da parte delle milizie russe. Mentre in passato la Cecenia ebbe un’economia florida, dovuta ovviamente innanzitutto al petrolio e ad un settore metalmeccanico molto sviluppato, attualmente l’economia è a livelli ridotti; la disoccupazione è al 42 per cento, ci sono 64 000 rifugiati ceceni nella vicina Repubblica di Inguscezia, 8 000 sfollati in campi di raccolta, 290 000 senza tetto. La vita civile è in gran parte azzerata, ridotta veramente in condizioni drammatiche per la distruzione degli archivi e degli uffici.

Onorevoli membri del Parlamento, su queste basi si è innestata l’importante iniziativa di riforma istituzionale avviata dal Presidente Putin con il varo di una nuova Costituzione, da approvare con un referendum locale. Nel piano del Presidente Putin questo percorso dovrebbe avvalersi del sostegno della comunità internazionale, in particolare dell’Europa, del Consiglio d’Europa e dell’OSCE. Il disegno politico è la concessione di ampia autonomia e forti poteri agli organismi locali, nell’ambito della Federazione russa di cui viene salvaguardata l’integrità territoriale. Per favorire la progressiva normalizzazione della regione e lo svolgimento del referendum è stato avviato il ritiro dei contingenti militari non necessari e la diminuzione dei posti di blocco. L’esito del referendum del 23 marzo – con l’89 per cento di partecipazione al voto – è stato, come noto, ampiamente favorevole al progetto di Costituzione. Ciò dimostra che il popolo ceceno, stanco della situazione bellica, ha scelto la soluzione politica all’interno della Federazione russa. Al contempo, è emerso come il leader indipendentista ribelle Mashkadov e i suoi seguaci abbiano in buona misura perso il sostegno della società civile. In base alla Costituzione, quella appena adottata, è prevedibile che le elezioni presidenziali si terranno entro ottobre, mentre quelle parlamentari avranno luogo non prima di tre mesi dalla elezione del futuro Presidente.

Malgrado il buon risultato, il referendum è solo il primo passo di questo processo di transizione politica. C’è un largo numero di questioni non risolte, come la delimitazione dei poteri tra Repubblica cecena e Federazione russa, le compensazioni a chi ha perduto i propri beni, le misure per combattere la criminalità, inclusi i reati commessi dalle forze federali. Come tutti lorsignori sanno, ci sono attualmente 200 procedimenti penali per gravi reati contro membri delle forze dell’ordine. Il 6 giugno scorso, la Duma di Stato ha approvato l’amnistia per la Cecenia, sia per i ribelli sia per i componenti delle forze dell’ordine che, beninteso, non abbiano commesso delitti di sangue. E’ stata offerta inoltre clemenza a coloro che rinunceranno alla lotta armata e al separatismo entro il 1° settembre prossimo. Malgrado l’amnistia, continuano però sul terreno gli attentati, con la conseguente, consequenziale, dura attività di risposta delle forze dell’ordine.

La comunità internazionale ha seguito attivamente gli eventi e le iniziative di Mosca. Mentre l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha approvato una risoluzione che contempla la possibilità di un Tribunale internazionale per processare i colpevoli di gravi violazioni di diritti umani in Cecenia, più di recente il percorso politico istituzionale è stato esaminato nel corso di colloqui svolti dal Commissario per i diritti umani a Mosca. Nell’ambito OSCE, la Presidenza in esercizio sta preparando, in accordo con la Russia, la ripresa delle attività dell’organizzazione nella repubblica, basata su specifici programmi concordati in materia elettorale, di good governance, di sistema giudiziario, di mezzi di comunicazione, di polizia, di aiuti umanitari. I 15 membri dell’Unione hanno presentato in aprile a Ginevra, alla Conferenza dei diritti umani, un progetto di risoluzione che stigmatizzava, condannava le gravi violazioni perpetrate in Cecenia, risoluzione che, come sapete, non è stata adottata per non aver raggiunto la maggioranza dei voti favorevoli. La mancata adozione di quella risoluzione è stata, com’è noto, qualificata da Mosca il “trionfo del buon senso”.

Onorevoli parlamentari, il Consiglio recepisce le sensibilità espresse dal Parlamento europeo sulla situazione della Repubblica cecena e si impegnerà affinché il processo politico avviato di recente conduca al ripristino dello Stato di diritto e alla ricostruzione del tessuto economico-sociale in quella regione. L’Unione è concorde nel giudicare in modo complessivamente positivo l’inizio del processo istituzionale avviato dal Presidente Putin nei confronti della Cecenia. Ci si aspetta ora anche un’inversione di rotta nel rispetto dei diritti dell’uomo e si auspica la punizione di chi ha commesso degli abusi. L’attenzione continua dell’Unione europea si è esplicata sia attraverso una recente visita, in aprile, proprio in Cecenia, della troika dei capi missione a Mosca, sia attraverso il sostegno al ritorno delle attività dell’OSCE nelle regione, circostanza che ho poc’anzi richiamato.

Il Consiglio di cooperazione Russia/Unione europea, del 15 aprile scorso, è stato la prima occasione per l’Unione di inviare ad alto livello politico questo messaggio di attenzione, di interesse e di disponibilità di principio. Il Vertice di San Pietroburgo tra Russia e Unione europea ha espresso l’auspicio che il processo politico di recente avviato, con la ricostruzione economico-sociale, conduca al ripristino dello Stato di diritto, alla promozione dei diritti umani e a una sincera riconciliazione. Quel Vertice di San Pietroburgo ha condannato ogni atto di violenza, in particolare la violenza del terrorismo, che possa mettere a rischio le attuali prospettive di soluzione politica, ed ha riconosciuto il contributo di sostanza che le organizzazioni internazionali possono fornire in collaborazione con le autorità russe.

Infine, una volta avviata la ricostruzione economica, l’impegno dell’Unione dovrà essere anche finanziario, pur se ovviamente sottoposto a rigorose condizioni. Il rappresentante della Commissione, che parlerà tra non molto, potrà illustravi il pacchetto di aiuti che si sta definendo. La cooperazione delle autorità russe sarà essenziale per assicurare che questi aiuti possano raggiungere effettivamente coloro che si trovano in stato di grave bisogno. In prospettiva appare meritevole di serio approfondimento la possibilità di avviare un’iniziativa dell’Unione in Cecenia, un’iniziativa che, assecondando il processo avviato dal Presidente Putin, possa estendere l’intervento comunitario dal settore dell’assistenza umanitaria, sul quale sinora ci siamo tutti concentrati, verso il diverso settore – altrettanto importante, mi permetto di dire – dell’institution building e della promozione dello sviluppo socioeconomico, inquadrando alcune iniziative concrete nella collaborazione attualmente operante tra l’Unione europea e l’OSCE. Quest’ultima sta attualmente valutando, insieme alla controparte russa, la possibilità di interventi di assistenza in determinati settori: ho già richiamato il settore elettorale, di grande importanza, il settore giudiziario, la riforma dell’ordinamento delle forze di polizia, il reinserimento di profughi e sfollati. Questi elementi di institution building sono tradizionalmente una priorità anche per l’Unione.

In conclusione, in riferimento al percorso istituzionale avviato da Mosca, la Presidenza italiana si impegnerà per incoraggiare una definitiva soluzione politica che coinvolga possibilmente tutti i rappresentanti e segmenti della popolazione cecena non compromessi con il terrorismo. Riteniamo che un miglioramento degli standard attuali di rispetto dei diritti umani della popolazione cecena possa essere concreta e forte conseguenza – mi permetto di dire, quasi automatica conseguenza – della riforma istituzionale avviata.

 
  
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  de Palacio, Commissione. (ES) Signor Presidente, in seguito alla posizione del Consiglio, chiaramente espressa dal Presidente in carica, Ministro Frattini, la Commissione può soltanto ribadire che l’Unione europea è risolutamente impegnata nella lotta contro il terrorismo e che, a questo proposito, sostiene la Russia e la sua lotta legittima contro il terrorismo in Cecenia e in ogni altro luogo. Su questo non deve esserci alcun dubbio. Ciò riconferma che la difesa dei diritti umani è una priorità assoluta e che, se la violazione principale di tali diritti è rappresentata dal terrorismo stesso, che non rispetta il diritto essenziale alla vita, ciò non significa che non si debba tener conto, in qualsiasi iniziativa o atto volto a contrastare il terrorismo, che i diritti umani costituiscono un elemento fondamentale e che devono essere rispettati in ogni circostanza.

Detto questo, passerei agli ambiti più strettamente collegati all’attività della Commissione, sui quali si concentrerà il mio intervento, per evitare di ripetere quanto è stato già detto. Desidero sottolineare che è necessario agevolare il processo di erogazione degli aiuti umanitari in Cecenia. Come gli onorevoli deputati già sanno, l’Unione europea, tramite l’Ufficio umanitario della Comunità europea (ECHO), è il principale fornitore di aiuti umanitari nel Caucaso settentrionale. Dall’ottobre del 1999, abbiamo consegnato un quantitativo di aiuti pari a oltre 110 milioni di euro alle vittime dei conflitti in Cecenia. Le condizioni di sicurezza nel Caucaso settentrionale sono ancora carenti, per cui sussistono seri problemi logistici. La Commissione confida tuttavia nel fatto che le autorità russe adotteranno un atteggiamento più aperto, per esempio riguardo ai tentativi di liberare Arjan Erkel, l’operatore sociale europeo tuttora tenuto in ostaggio.

I maggiori ostacoli alla fornitura di aiuti umanitari rimangono la riluttanza manifestata in certi casi dalle autorità russe a consentire alle organizzazioni non governative di utilizzare i collegamenti radio necessari ed il sistema di rilascio dei permessi di residenza e di lavoro in Cecenia. In questo settore, continueremo ad esercitare pressioni affinché si riservino trattamenti migliori e si consenta lo svolgimento delle operazioni umanitarie, in conformità delle regole basilari di sicurezza, efficienza e supervisione, nonché naturalmente di valutazione indipendente.

Inoltre, benché le autorità russe ci abbiano assicurato che non rimpatrieranno con la forza le migliaia di profughi dislocate nelle regioni confinanti con la Cecenia, cui ha fatto riferimento poc’anzi il Presidente in carica del Consiglio, in realtà ECHO ci ha comunicato che è stata negata la possibilità di sostituire le tende malandate e di costruire ricoveri più solidi nella vicina Inguscezia.

Il ritorno in Cecenia non deve rappresentare l’unica opzione offerta ai ceceni sfollati. Oltre a continuare a monitorare da vicino lo sviluppo degli eventi, insisteremo soprattutto sul fatto che il rimpatrio dei ceceni sfollati deve essere volontario ed incondizionato. In futuro la Commissione non cesserà di seguire l’andamento della situazione e delle iniziative in corso, in vista della conclusione di un trattato teso a chiarire lo status della Cecenia nell’ambito della Federazione russa, nonché della fase preparatoria delle elezioni presidenziali e parlamentari nella Repubblica russa, che si terranno a ottobre e dicembre. In tal senso, continueremo ad analizzare l’evolvere degli eventi.

Attualmente la Commissione è impegnata a ribadire che tutte queste azioni, tutti i progressi, devono essere contraddistinti dalla massima trasparenza, ottemperare rigorosamente alle norme internazionali e, soprattutto, essere effettuati in modo da contribuire alla risoluzione definitiva del conflitto.

 
  
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  Oostlander (PPE-DE). (NL) Signor Presidente, il Presidente in carica del Consiglio ci ha appena comunicato, in modo positivo e costruttivo, che è disposto ad unirsi a noi. Le diamo il nostro caloroso benvenuto fra noi, Ministro Frattini.

Signora Commissario, lei poc’anzi ha giustamente menzionato Arjan Erkel, cittadino olandese. Gliene sono molto grato, perché Arjan Erkel, capomissione di Medici senza frontiere in Daghestan, risulta disperso dallo scorso agosto. E’ stato rapito, ed è particolarmente importante che il suo sequestro riceva l’attenzione della Commissione, ed anche del Consiglio. Sappiamo che, da mesi, il padre di Arjan ci tiene tutti informati sul caso, che spero avrà un esito fortunato.

Dopo il viaggio compiuto di recente con quattro parlamentari europei, siamo rientrati passando attraverso la Cecenia. Devo ammettere che è stata un’esperienza molto deprimente: Grozny e la Cecenia versano in condizioni peggiori rispetto alla Bosnia e a Sarajevo, facendo un raffronto con la situazione all’epoca della guerra.

Noi, e soprattutto gli americani, tendiamo pericolosamente a definire questa guerra russa nel modo che più ci conviene, del tipo “se voi non criticate la nostra guerra, noi non critichiamo la vostra”. L’Unione europea dovrebbe evitare di farlo. Non sono soltanto i ribelli ed i terroristi che combattono l’esercito russo, ma ci sono altre persone che rientrano appieno nella categoria di combattenti per la resistenza. I ceceni non hanno torto per definizione, così come non lo hanno i russi. In effetti, molti cittadini ceceni, a causa delle azioni intraprese dalle truppe russe, tendono per disperazione a passare al campo antirusso. Noi stessi abbiamo desunto dalle conversazioni con i passanti che vi sono giustificati motivi di protesta da parte di chi ha assistito al maltrattamento di amici e che, quindi, sa che c’è chi è troppo impaurito per recarsi al lavoro a Grozny, in quanto sussistono enormi rischi di essere vittima di atti aleatori e brutali da parte dei militari russi. Possiamo in certa misura immedesimarci nella situazione, giacché molti di noi vengono da paesi che hanno un passato coloniale, in cui succedeva di tutto e lo si scopriva molto dopo. Nel caso delle operazioni russe in Cecenia, la verità fortunatamente viene a galla prima. E’ per questo motivo che desidero esortare sia la Commissione che il Consiglio ad avvalersi di tutti i mezzi politici e diplomatici disponibili per porre fine alla violenza in Cecenia. E’ assolutamente necessario e la nostra azione non può, in ogni caso, essere tanto incisiva quanto sarebbe auspicabile.

 
  
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  Paasilinna (PSE).(FI) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, onorevoli colleghi, la delegazione che presiedo si rallegra di aver avuto la possibilità di acquisire conoscenza diretta della situazione. Questo è quanto è avvenuto la prima volta. Abbiamo incontrato i leader ed i rappresentanti dei governi della Russia, dell’Inguscezia e della Cecenia. Abbiamo parlato con alcune persone nei campi ed a Grozny, con membri della diaspora cecena a Mosca, e naturalmente con i rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, sia nazionali che internazionali. Oltre alla questione dei diritti umani, volevamo raccogliere informazioni sulle condizioni sociali ed economiche, sulle opportunità di istruzione e sulle strutture mediche, sulla situazione dei rifugiati e sulla possibilità di condurre una vita normale in generale.

Innanzi tutto, vorrei soffermarmi sul cambiamento di strategia da parte della Russia, che non persegue più una soluzione militare, bensì politica. E’ un approccio positivo che il Parlamento europeo raccomandava da molto tempo. In secondo luogo, è evidente che tutte le parti in causa sono sfinite dalla guerra e vogliono la pace. Non mi riferisco in questo caso ai criminali che hanno trasformato la guerra in una fonte di guadagno. In terzo luogo, pare che si sia aperto uno spiraglio di speranza che durerà circa un anno, fino alla conclusione delle elezioni nella Federazione russa ed in Cecenia. C’è da temere che, dopo le elezioni, la situazione ritorni allo stadio precedente. Per questo motivo, dobbiamo dare un vigoroso sostegno al processo politico che è stato avviato.

Sussiste altresì il rischio della “cecenizzazione” del conflitto, se la violenza dovesse portare sempre più verso una guerra civile. Sulla strada verso la pace, è essenziale che la Russia condanni i criminali di guerra e che l’esercito si ritiri. I diritti umani devono essere tutelati. I ceceni devono, a loro volta, porre fine alla lotta armata e agli attentati terroristici. E’ stato rilevato da più fonti che le operazioni di combattimento da parte dell’esercito russo sono già diminuite negli ultimi sei mesi. Nel contempo, è però aumentata la violenza da parte dei gruppi armati. Questo sviluppo è molto preoccupante.

Dobbiamo stimolare con determinazione la ricostruzione sociale, culturale ed economica appena iniziata. Uno dei potenziali candidati alla Presidenza della Cecenia mi ha detto che i soldi portano la pace. Il governo russo ha confezionato una sorta di pacchetto politicoeconomico per normalizzare la situazione. Potrebbe richiedere modifiche ed aggiunte, ma la scelta di direzione è quello che conta, in questo caso.

A tale proposito, l’Unione europea dovrebbe anch’essa rafforzare le sue misure nella regione. L’Unione europea è già il maggiore fornitore esterno di aiuti. Recentemente la Commissione ha stanziato 16 milioni di euro in aiuti umanitari, e questa è un’iniziativa lodevole.

La nostra delegazione si sta adoperando perché le organizzazioni umanitarie si rechino nella regione rapidamente, in sicurezza e senza ostacoli. Senza l’aiuto esterno ci vorrà ancora più tempo per risolvere i problemi. E’ inoltre essenziale assicurare quanto prima la piena operatività dell’ufficio dell’OSCE a Znamenskoje.

Fra qualche mese nella zona inizieranno i preparativi per le elezioni e si avvierà la campagna elettorale. Sarà fondamentale controllare che la campagna sia condotta in modo trasparente e nel rispetto dei requisiti della democrazia, e questo richiederà una presenza di lunga durata. Se la campagna non è democratica, difficilmente potranno esserlo le elezioni.

Infine, è stata altresì proposta l’idea di una conferenza di pace, cui parteciperebbero tutte le parti in causa, l’Unione europea, il Consiglio d’Europa e l’OSCE. Nel mio intervento non ho citato le parti che si sono rese colpevoli, perché è ora di ricercare la pace.

 
  
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  Väyrynen (ELDR).(FI) Signor Presidente, il gruppo del Partito europeo dei liberali democratici e riformatori sostiene la risoluzione congiunta dei gruppi politici sulla Cecenia. Appoggiamo quindi i tentativi del governo russo di stabilizzare le condizioni nella regione sulla base del recente referendum. Desideriamo altresì sottolineare l’obbligo di rispettare i diritti umani in Cecenia.

Se l’attuale politica della Russia non sortisce il risultato auspicato in tempi brevi, sarebbe saggio, a mio parere, che la Russia si interrogasse sull’esistenza di un’alternativa. E’ estremamente difficile instaurare la pace in Cecenia quando taluni potenti gruppi si prefiggono la secessione dalla Russia. D’altro canto, la Russia difende tenacemente l’unità regionale, obiettivo chiaramente sostenuto dalla comunità internazionale.

La Russia ha indubbiamente sufficienti risorse per assicurare il controllo militare della Cecenia, ma le costerà caro in termini di vite umane, di impegno finanziario, nonché a livello politico. A meno che la resistenza armata perda gradualmente vigore, i russi dovranno chiedersi se vale la pena pagare un prezzo così alto per mantenere sotto controllo militare una Cecenia devastata dal conflitto. Dovranno valutare se esiste un’alternativa all’attuale politica in Cecenia.

La soluzione raggiunta per il Kosovo potrebbe forse servire da esempio come linea di principio. In tal modo, la Cecenia continuerebbe ad appartenere alla Federazione russa, ma le forze internazionali di pace e la polizia locale sarebbero responsabili della sicurezza. Sarebbe certamente difficile per la Russia accettare una soluzione di questo genere, ma non sarebbe semplice nemmeno il perdurare della situazione attuale.

La soluzione è nelle mani degli stessi russi. Gli osservatori esterni non possono né consigliarli né guidarli. E’ la Russia che deve decidere che tipo di politica intende attuare in Cecenia. Almeno per ora, la Russia continua a perseguire la politica attuale e, come ho detto all’inizio, il gruppo ELDR sostiene la risoluzione congiunta dei gruppi politici sulla Cecenia.

 
  
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  Markov (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che il referendum popolare del 23 marzo sia stato un primo passo per tentare di stabilizzare la situazione in Cecenia. Mi rallegro anche degli sforzi compiuti dall’amministrazione per rendere la vita più sopportabile, per riaprire gradualmente le scuole e ripristinare in parte, perlomeno a Grozny, i rifornimenti energetici, i trasporti pubblici e l’assistenza sanitaria. Tutto questo, però, non basta. Per i russi la ricostruzione dev’essere davvero la principale priorità. Partendo da questo presupposto, spero che le elezioni del dicembre 2003 o del marzo 2004 diano stabilità politica alla Cecenia.

L’Unione europea dovrebbe essere pronta a garantire il necessario appoggio all’indizione di elezioni libere e regolari. Ritengo tuttavia alquanto problematico il fatto che le organizzazioni internazionali non abbiano ancora libero accesso in Cecenia, al fine di portare gli aiuti umanitari e l’assistenza medica necessaria. Lo abbiamo già detto: la situazione dei profughi è precaria come in passato. Non si possono tagliare gli aiuti umanitari, né si possono rimpatriare i profughi contro la loro volontà, finché non vi saranno i presupposti per farlo.

Sono preoccupato perché, dopo l’11 settembre, Consiglio e Commissione hanno di fatto cessato i colloqui sulle azioni dell’esercito russo in Cecenia, che hanno causato soprattutto enormi sofferenze alla popolazione civile. Condanniamo le violenze brutali perpetrate dai terroristi ceceni, ma condanniamo anche l’utilizzo sproporzionato della forza militare e gli atti arbitrari da parte dell’esercito russo. I diritti dell’uomo sono indivisibili e la loro violazione non porta ad una diminuzione del conflitto. Se l’Unione europea vuole dare un contributo alla soluzione del conflitto, deve collaborare con la Russia ed insistere affinché apporti ulteriori cambiamenti alla sua politica nei confronti della Cecenia.

 
  
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  Staes (Verts/ALE).(NL) Signor Presidente, Ministro Frattini, signora Commissario, onorevoli colleghi, vi invito a leggere la relazione sul nostro viaggio, perché ritengo che sia equilibrata e che operi distinzioni più sottili rispetto a quanto hanno fatto alcuni dei colleghi finora intervenuti.

Signora Commissario, il conflitto in Cecenia non è soltanto una lotta contro il terrorismo. La situazione è decisamente più complessa. Se si documentasse sull’argomento, parlerebbe sicuramente della Cecenia in maniera più equilibrata.

Onorevoli colleghi, ci siamo recati in visita in Cecenia, ma non ho avuto la sensazione che i russi avessero il controllo della situazione. I rapimenti sono all’ordine dl giorno. I soldati vengono uccisi quotidianamente: la media è di dieci al giorno. Si violano i diritti umani, ed i russi hanno effettivamente cambiato strategia, passando da un approccio militare ad uno politico, che comporta un referendum e rapide elezioni. Tuttavia, Ministro Frattini, signora Commissario, si tratta di una strategia imposta dall’alto al basso. Non è un processo onnicomprensivo, che coinvolge tutte le fasce della popolazione cecena. Non coinvolge i ribelli, né i combattenti della resistenza, e nemmeno Mashkadov, il Presidente insediatosi di recente. Penso che ci sia molto da fare per risolvere la situazione.

Per quanto attiene alla situazione umanitaria, sostengo appieno quanto affermato dalla signora Commissario, che ha fornito una sintesi corretta, a mio parere. Occorre intervenire sul trattamento riservato alle organizzazioni umanitarie in Cecenia.

Signor Presidente, vorrei concludere ricordando il caso di Arjan Erkel. Il padre di Arjan è seduto nella tribuna riservata al pubblico, insieme ai rappresentanti di Medici senza frontiere. Desidero comunicargli ufficialmente che la risoluzione che voteremo domani contiene un paragrafo dedicato al rapimento di suo figlio. Gli assicuro inoltre che il testo sarà tradotto in russo dopodomani. Lunedì e martedì prossimo si terrà a Mosca un incontro tra le delegazioni dei due paesi. In qualità di presidente della delegazione di cooperazione UE-Russia, posso garantire ai parenti di Arjan che, martedì prossimo, solleveremo la questione per discuterla nel corso della riunione della delegazione nella Duma.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, onorevole Staes. Al padre del dottor Erkel va tutta la nostra solidarietà.

 
  
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  Dupuis (NI). – Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signora Commissario, onorevoli colleghi, credo davvero che non ci sia peggior cieco di chi non vuole vedere. Di che tipo di processo politico stiamo parlando? Abbiamo visto un referendum nel quale ha votato meno del 15 per cento della popolazione, nel quale dei giornalisti occidentali presenti a Grozny hanno potuto votare: di che cosa ancora abbiamo bisogno per dimostrare quanto fasullo era? Apprendo con soddisfazione che il collega Oostlander, recatosi in Cecenia, ha scoperto che il processo di normalizzazione, di cui ci parla il suo amico Putin, da mesi non ha prodotto alcun effetto. Quella che è in corso in Cecenia è una politica terrorista di uno Stato che è riuscito – e non ne parliamo nella risoluzione – ad ammazzare 200 mila persone nel corso di dieci anni; che è riuscito a produrre, su una popolazione di un milione di abitanti, 300 mila rifugiati; che ogni giorno fa fuori, attraverso le forze armate russe presenti in Cecenia, decine e decine di civili ceceni, e parlo di civili, non di militari ceceni. E questo sarebbe il processo di normalizzazione! Se noi vogliamo fingere, in nome di un grande mercato potenziale russo, che questa politica di terrore della Federazione russa in Cecenia non esiste, possiamo continuare a farlo; ma allora siamo – e dobbiamo esserne consapevoli – complici di un genocidio, perché quando si sopprime il 20-25 per cento di un popolo in meno di dieci anni, questo si chiama genocidio; questo è peggio della Bosnia, è peggio del Kosovo. Signor Presidente del Consiglio, io credo – l’ha detto l’onorevole Bart Staes – che il problema sia quello di un negoziato tra le due parti, quindi tra il Presidente Putin e il Presidente Mashkadov; tutto il resto sono delle vere e proprie balle che ci raccontiamo in nome di interessi che non vogliamo confessare.

 
  
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  Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, prima si è detto che la guerra in Cecenia è collegata alla lotta al terrorismo. Vorrei ribadire con chiarezza che le azioni della Russia in Cecenia non combattono il terrorismo, ma lo creano.

Dobbiamo renderci conto che Elena Bonner, la vedova di Andrej Sacharov, ha ragione quando dice che ciò che sta accadendo in Cecenia è un genocidio. Vorrei affermare senza mezzi termini che si tratta di una guerra colonialista alimentata dagli interessi energetici di Gazprom ed altri. In realtà è di questo che si tratta. Pertanto non bisogna assolutamente illudersi. Il cosiddetto referendum è stata una vera e propria farsa, lo hanno stabilito numerose organizzazioni per i diritti umani riconosciute a livello internazionale. Si sono inventati partner di comodo coi quali condurre pseudo-negoziati di pace.

L’OSCE ha mandato osservatori in Cecenia in occasione di un’altra elezione. Era già stata conclusa una volta la pace in Cecenia. Il Presidente Mashkadov è stato eletto democraticamente, sotto la supervisione dell’OSCE: perché non si negozia con lui? Perché è stato messo da parte? Perché rappresenta il suo popolo e non è un burattino. Tutto questo non può portare alla pace, signor Presidente del Consiglio, e per questo motivo i presupposti basilari di questa discussione sono del tutto sbagliati. Scegliere dei burattini come interlocutori non ha mai condotto all’obiettivo, né tantomeno alla pace.

Vorrei ribadire un punto: per me la cosa più ingannevole nell’intera discussione, in taluni interventi, anche nei discorsi del Presidente Putin, che ha usato la Cecenia per condurre la campagna elettorale più sanguinosa della storia dell’umanità, ovvero quella con cui è salito al potere, è il termine normalizzazione. Quando si è parlato per l’ultima volta di “normalizzazione”? A Praga nel 1968, in occasione della repressione della rivolta dei cechi e degli slovacchi. Ebbene, una simile normalizzazione noi non la vogliamo!

(Applausi)

 
  
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  Fava (PSE). – Signor Presidente, signora Commissario, una certezza che mi ha consegnato l’aver partecipato a questa delegazione è che, oggi, la parola “pace” in Cecenia è una parola assolutamente bugiarda. Ci sono tremila morti ammazzati dall’inizio dell’anno, sono state scoperte quarantanove fosse comuni, che in minima parte possono essere attribuite al terrorismo, in massima parte alle violenze quotidiane di un esercito che si pone come forza di occupazione. Il referendum è stato una simulazione di normalità. E’ difficile in un paese appendere la normalità alla canna di un kalashnikov.

Di fronte a tutto ciò, noi crediamo che la soluzione politica debba essere realmente una soluzione politica e per essere tale, ministro Frattini, mi rivolgo a lei: occorre che partecipino tutte le parti, occorre che partecipi anche l’ex Presidente Mashkadov, che non può essere definito, così sbrigativamente, ministro Frattini, un indipendentista ribelle. L’ex Presidente Mashkadov fu eletto democraticamente dal popolo ceceno alla fine della prima guerra. Oggi l’ex Presidente Mashkadov è un punto di riferimento fondamentale se si vuole arrivare a una pace reale, a una pace vera. Il rischio è che anche la Cecenia si trasformi in un teatro di guerra permanente, dove a vecchi odii se ne sovrappongono di nuovi.

Un’ultima raccomandazione al ministro Frattini e alla Commissione. Facciamo in modo che la Russia venga coinvolta in questo processo di pace e venga responsabilizzata. Continuare oggi a prospettare l’eventualità di un’adesione della Russia all’Unione europea, senza considerare l’insistenza di questo conflitto come un elemento che determina in ogni caso difficoltà nelle relazioni con il paese, certamente non è un argomento che serve a facilitare questo processo di pace. Parlare oggi dell’ingresso della Russia, oltre che essere assolutamente prematuro, nei confronti del destino della Cecenia rischia di essere molto dannoso.

 
  
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  Thors (ELDR). (SV) Signor Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, penso che ci sia molta verità in quello che i miei colleghi, onorevoli Fava e Staes, hanno detto sulle continue violenze in Cecenia. Le relazioni che hanno presentato sulla mancata ricostruzione e sugli ostacoli frapposti alle organizzazioni umanitarie sono sconvolgenti. Le informazioni che abbiamo raccolto, secondo cui 30 000 soldati russi hanno votato al referendum è esilarante.

La Cecenia è una questione internazionale. Dire che si tratta di una questione interna che deve risolvere la Russia significa rispolverare una nozione superata, incompatibile con la politica generale dell’Unione europea. Dobbiamo chiedere che siano intrapresi maggiori sforzi e che si offra un sostegno più vigoroso. Occorre inoltre che sia consentito all’OSCE di riaprire il suo ufficio. Bisogna monitorare efficacemente le elezioni. Nel contempo, anche l’Unione europea deve contribuire alla ricostruzione.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 2, del Regolamento(1).

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


4. Preparazione della riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Cancún, 10/14 settembre 2003)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla preparazione della riunione dell’Organizzazione mondiale del commercio (Cancún, 10/14 settembre 2003).

 
  
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  Lamy, Commissione.(FR) Signor Presidente, ho cercato di fare il più in fretta possibile. E’ positivo che ogni tanto il Parlamento sia in anticipo sull’ordine del giorno, il che ci costringe a cambiare le nostre risposte abituali e me ne rallegro.

Vi ringrazio di avermi invitato a fare il punto sull’importante evento rappresentato dalla quinta Conferenza ministeriale dell’OMC che si svolgerà a settembre a Cancún. La sostanza della nostra posizione è ben nota: auspichiamo che il programma di Doha per lo sviluppo riesca a raggiungere i tre fondamentali obiettivi fissati dall’Unione europea.

Il primo obiettivo riguarda il sostegno alla crescita economica, di cui abbiamo bisogno in Europa e nel mondo. Il secondo obiettivo concerne la necessità di norme multilaterali per disciplinare mercati più aperti, onde permettere una migliore articolazione tra i nostri interessi commerciali e i valori delle nostre società. Il terzo obiettivo mira a integrare i paesi in via di sviluppo nel sistema commerciale internazionale e costituisce il filo conduttore di questo ciclo di negoziati. Non concepiamo questo obiettivo in modo retorico, ma molto concreto. Ogni parte del programma negoziale deve apportare un valore aggiunto per lo sviluppo.

Mancano alcune settimane alla Conferenza di Cancún; il tempo che ci resta per fare sì che questa conferenza sia un successo è pertanto contato e il processo preparatorio deve essere intensificato. Occorre imprimere il necessario impulso politico in vari ambiti, quali l’agricoltura, l’accesso ai mercati industriali, gli investimenti, la concorrenza, l’agevolazione degli scambi, gli appalti pubblici. In tutti gli ambiti citati occorre definire dettagli per la preparazione dei negoziati finali. Su altri temi, quali le indicazioni geografiche, il legame tra commercio e sviluppo, le questioni relative alla composizione delle controversie, auspichiamo di ottenere durante la Conferenza dei primi risultati, eventualmente anche modesti, da sviluppare nell’accordo finale.

Resta quindi molto da fare. Riteniamo che tali obiettivi siano realizzabili e che il problema non sia la complessità delle questioni, ma la volontà politica. Questa constatazione vale anche per un argomento che non ho citato, ma che sarà importante alla Conferenza di Cancún, vale a dire il problema dell’accesso dei paesi poveri ai farmaci. Su questo punto, come sapete, lo scorso dicembre gli Stati Uniti hanno impedito l’adozione di una decisione, malgrado l’equilibrio raggiunto in seno all’Organizzazione mondiale del commercio. Sembra che ci sia stato qualche sviluppo, ma non ci sono conferme ed è chiaro che, per poter ottenere un accordo globale a Cancún, la posizione americana dovrà mutare.

Esaminiamo uno per uno gli argomenti testé menzionati senza entrare nel dettaglio.

Innanzi tutto l’agricoltura. Abbiamo bisogno di un pacchetto normativo completo e di una data per la presentazione delle offerte. Da questo punto di vista, l’accordo raggiunto la settimana scorsa in seno al Consiglio “Agricoltura” rafforza i vostri negoziatori. Questo accordo segna chiaramente l’inizio di una nuova era. Che si tratti di agricoltori, di consumatori o di contribuenti, questo passo avanti permetterà un migliore utilizzo delle risorse, una maggiore trasparenza, un miglioramento della qualità e della tutela ambientale, nonché del benessere degli animali, che sono le diverse preoccupazioni emerse in proposito. Questa riforma invia inoltre un chiaro segnale al resto del mondo: voltiamo le spalle per molti aspetti a un sistema vecchio, generatore di alcune distorsioni commerciali. La nuova politica agricola è più favorevole agli scambi, come del resto auspicavano i paesi in via di sviluppo.

Dunque, dopo aver consultato il Parlamento, i ministri dell’Agricoltura hanno concesso ai negoziatori, vale a dire a Franz Fischler e a me, una linea di credito che non renderemo pubblica, non siamo ingenui, ma a cui potremo ricorrere in base a quanto si renderà necessario e giustificato. Questa linea di credito, del resto, verrà utilizzata solo se avremo la certezza di ottenere delle contropartite. Penso, ad esempio, alle forme di regolamentazione che occorre introdurre per altri sistemi di sostegno, tra cui quello americano di cui conosciamo l’effetto nefasto sugli scambi commerciali. Penso inoltre alla protezione delle denominazioni geografiche. In tutti questi ambiti saranno necessarie delle contropartite, non devono esserci fraintendimenti al riguardo. Non si tratta di concessioni unilaterali, come ha detto molto bene il collega Fischler. In materia agricola abbiamo svolto il nostro dovere. Adesso spetta ai nostri partner adottare iniziative, in particolare agli americani che hanno reintrodotto in questi ultimi anni un sistema che genera distorsioni.

Il secondo punto è l’accesso al mercato dei prodotti industriali. Si tratta di un obiettivo fondamentale del programma di Doha. L’apertura degli scambi deve essere il più globale possibile, affinché i beneficiari dei vantaggi che ne derivano siano il più numerosi possibile. Il nostro obiettivo è fare sì che i paesi in via di sviluppo ottengano un migliore accesso ai nostri mercati, vale a dire ai mercati dei paesi sviluppati, nonché permettere una diminuzione significativa degli ostacoli al commercio, eventualmente presenti tra i paesi in via di sviluppo. Non bisogna perdere di vista l’importanza della dimensione sud-sud dell’accesso al mercato.

In terzo luogo, le cosiddette questioni di Singapore, ovvero la concorrenza, gli investimenti, l’agevolazione degli scambi e la trasparenza degli appalti pubblici. Dobbiamo fissare le modalità dei negoziati per avviarli formalmente. Questo obiettivo resta una delle priorità dell’Unione. Tali questioni sono inscindibili dall’impegno unico. Resisteremo alle tentazioni di sopprimere questo o quell’elemento, in quanto così si rimetterebbe in discussione l’equilibrio complessivo del ciclo. Dobbiamo pertanto trovare un accordo sulle modalità.

In quarto luogo, le questioni di capitale importanza per i paesi in via di sviluppo, ovvero il trattamento speciale e differenziato e l’attuazione. Cerchiamo di accrescere la flessibilità nei confronti dei paesi in via di sviluppo, tenendo conto delle loro volontà e delle loro aspettative, senza per questo creare una sorta di OMC a due velocità. In proposito siamo pronti a procedere, ad elaborare un accordo quadro o anche un insieme di principi orientativi da adottare a Cancún, onde garantire maggiore attenzione ai problemi, ripeto, di capitale importanza per i paesi in via di sviluppo.

A proposito del commercio e dell’ambiente, argomenti cui questa Assemblea è sensibile, alla Conferenza di Cancún dovremmo pronunciarci sullo statuto di osservatore in seno all’OMC per gli accordi ambientali multilaterali e sull’approfondimento delle discussioni su altre questioni ambientali. Conoscete il nostro programma in materia: massima coerenza tra gli accordi ambientali multilaterali e le regole del commercio internazionale. Ecco perché abbiamo chiesto per esempio che i segretariati degli accordi multilaterali e l’UNEP, che svolge la funzione di segretariato per alcuni accordi multilaterali, godano dello statuto di osservatori in occasione delle sessioni speciali del Comitato del commercio e dell’ambiente che si svolgono a Ginevra sull’argomento.

Pensiamo inoltre che la Conferenza ministeriale di Cancún dovrebbe decidere di approfondire le discussioni sull’etichettatura volontaria a fini ambientali. In proposito vi è una possibilità di dialogo costruttivo a favore del commercio di prodotti rispettosi dell’ambiente, in particolare quando provengono dai paesi in via di sviluppo.

Concludo con un cenno ai nostri metodi di lavoro, ovvero ai rapporti tra Parlamento e Commissione in quest’ambito. Come sempre, stiamo lavorando in stretta collaborazione con il Parlamento per preparare la Conferenza di Cancún. In un certo senso abbiamo precorso in questo ambito alcuni risultati positivi della Convenzione, in quanto il testo attualmente in discussione propone di attribuire al Parlamento pressoché gli stessi diritti del Consiglio in materia di politica commerciale, ovvero la codecisione per l’approvazione di leggi di attuazione della politica commerciale, il diritto all’informazione nel corso dei negoziati di accordi internazionali, il diritto di esprimere un parere conforme sull’esito del negoziato – cosa che corrisponde all’allineamento cercato da alcuni di voi che si sono dedicati alla questione. Credo quindi che i nostri sforzi congiunti siano stati proficui.

Forse per alcuni versi il testo potrebbe sembrare ancora un po’ astruso e passibile di miglioramento. Penso che permangano delle sacche di unanimità che alcuni di voi hanno continuato a contestare a giusto titolo. Cionondimeno, i progressi sono effettivi e la democrazia europea ne uscirà manifestamente vittoriosa se il testo della Convenzione su questo punto non verrà indebolito dalla Conferenza intergovernativa. Collaboreremo quindi in questo spirito in vista della Conferenza di Cancún.

Come sapete, una delegazione di deputati al Parlamento europeo sarà presente con noi a Cancún, come è avvenuto a Seattle e a Doha. Personalmente ne sono felicissimo. Siamo altresì favorevoli all’idea di una conferenza parlamentare dell’OMC, in quanto il contributo parlamentare non può che rafforzare la legittimità del negoziatore. Per giungere ai risultati che ho esposto e che, come ho detto, sono ambiziosi e realizzabili, dobbiamo lavorare alacremente fino alla Conferenza di Cancún. Lo faremo con voi. Questo dialogo e queste discussioni sono necessari, perché sappiamo che altrimenti non avremo il vostro sostegno. Ecco perché attendiamo con impazienza la risoluzione che, se ho ben capito, sarà votata domani.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. IMBENI
Vicepresidente

Presidente. – La ringrazio, Commissario Lamy.
Circa le ultime parole che lei ha pronunciato, Commissario, a proposito della Conferenza parlamentare, vorrei informare i colleghi che è stato concordato, tra Unione interparlamentare e Parlamento europeo, di predisporre una brochure che raccoglie gli interventi, il dibattito e gli atti conclusivi della Conferenza interparlamentare che abbiamo tenuto a Ginevra nel febbraio scorso, a cui diversi colleghi che si apprestano a prendere la parola erano presenti e che è stato praticamente l’atto fondativo di questa Conferenza parlamentare sui temi dell’Organizzazione mondiale del commercio.

 
  
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  van Velzen (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, il gruppo del Partito popolare europeo (democratico-cristiano) e dei Democratici europei sostiene tutti gli sforzi profusi dal Commissario Lamy per raggiungere risultati positivi a Cancún e naturalmente siamo in totale accordo con lui sulla necessità di far approvare il testo proposto in seno alla Convenzione e alla CIG in materia di politica commerciale. Il Commissario può esserne certo. L’esito positivo del ciclo sullo sviluppo di Doha resta un fattore cruciale di promozione della crescita economica al fine di rafforzare il multilateralismo e la governance globale. Il gruppo del PPE-DE sostiene l’approccio generale ai negoziati contenuto nel mandato del Consiglio per la terza Conferenza ministeriale di Seattle. Vorremmo sollecitare tutti i membri dell’OMC ad adottare a Cancún le ulteriori decisioni necessarie al fine di concludere con successo nei tempi prefissati i negoziati sull’impresa unica e sui temi di questo ciclo. La volontà politica dimostrata dagli Stati membri nel corso della riunione ministeriale dell’OCSE di fine aprile e al Vertice del G8 a Evian è ritenuta cruciale per il successo della Conferenza di Cancún e del ciclo commerciale. Ora è importante la volontà di passare dalle parole ai fatti e di creare un clima negoziale appropriato.

Negli ultimi tre mesi non abbiamo constatato grandi progressi nei negoziati dell’OMC. Molte date fissate per trattare argomenti specifici non sono state rispettate e pertanto tali temi sono stati purtroppo inseriti nell’agenda di Cancún che, di conseguenza, rischia già di essere sovraccarica. Inutile dire che in questo contesto esprimiamo la nostra soddisfazione per l’accordo raggiunto la settimana scorsa dall’Unione europea in sede di Consiglio sulle riforme della politica agricola, risultato di cui mi congratulo in modo particolare con il Commissario Fischler. Abbiamo buoni motivi di appoggiare quanto il Commissario Fischler ha detto. Ora speriamo che soprattutto gli Stati Uniti seguiranno l’UE nell’adottare provvedimenti analoghi. Dovremmo peraltro considerare che si tratta di un’importante conquista.

A nostro parere punti importanti dell’agenda di Cancún sono altresì le cosiddette questioni di Singapore – investimenti, concorrenza, procedure commerciali, trasparenza degli appalti pubblici – e desideriamo esortare il Commissario ad occuparsene da vicino. Il gruppo PPE-DE richiede inoltre l’apertura formale di negoziati nel settore della politica della concorrenza. Desideriamo sottolineare i potenziali benefici di principi vincolanti nel settore della politica della concorrenza, come la trasparenza, la non discriminazione, la correttezza procedurale e la cooperazione internazionale tra le autorità garanti della concorrenza.

Per quanto riguarda gli appalti pubblici il PPE-DE è favorevole ad un accordo multilaterale e giuridicamente vincolante in materia, comprendente appalti per beni e servizi.

Inutile dire che siamo totalmente d’accordo sulla necessità di affrontare separatamente i settori dell’istruzione, della sanità e quello audiovisivo, e vorremmo che continuasse a essere così. L’Unione europea è sempre stata tra i sostenitori del ciclo dell’OMC e, in quanto massimo blocco commerciale, deve continuare a impegnarsi affinché Cancún sia un successo completo.

 
  
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  van den Berg (PSE).(NL) Signor Presidente, signor Commissario, molto prima del Vertice di Doha che ha dato inizio ai negoziati commerciali in questione, il mio gruppo, vale a dire il PSE, ha messo l’accento sulla particolare natura di questi negoziati e sulla particolare responsabilità che comportano. Da un lato vi sono, naturalmente, i normali punti all’ordine del giorno sull’apertura dei mercati che il mio gruppo sostiene incondizionatamente. Dopo tutto siamo consapevoli della capacità del commercio di creare prosperità per i nostri cittadini e per i nostri partner commerciali. D’altro canto, come infatti mette in rilievo la risoluzione, questi negoziati sondano soprattutto la capacità dell’OMC di correggere un grave squilibrio nel sistema commerciale, di distribuire i proventi commerciali in modo più uniforme e di promuovere lo sviluppo sostenibile. I negoziati sono un test della nostra capacità di far funzionare la globalizzazione nell’interesse di tutti.

Ecco perché le rivolgiamo le seguenti domande fondamentali: i negoziati determineranno una distribuzione significativamente più equa dei profitti commerciali, soprattutto fra nord e sud? I negoziati dimostreranno che il sistema commerciale deve essere al servizio del desiderio dei nostri cittadini di un progresso ecologico e sociale invece che subordinare tale desiderio al proprio funzionamento? I negoziati rafforzeranno la trasparenza e la responsabilità dell’OMC per quanto riguarda l’integrazione in un più ampio sistema di governance globale? Il mandato che vorremmo affidare ai Commissari Lamy e Fischler a Cancún deve assicurare che tali domande ricevano risposta affermativa. Il mio gruppo ha concepito i seguenti quattro criteri in proposito.

Innanzi tutto, i negoziati UE devono rispondere maggiormente alle richieste dei paesi in via si sviluppo nei settori dell’accesso al mercato industriale, dell’attuazione, del trattamento speciale e differenziato e, soprattutto, del commercio dei prodotti agricoli, ma devono altresì chiedere lo stesso impegno agli Stati Uniti e agli altri paesi sviluppati. Le Nazioni Unite hanno di recente chiesto ai paesi industrializzati di ridurre in modo considerevole, o possibilmente di eliminare, i sussidi agricoli distorsivi della concorrenza senza chiedere alcuna contropartita ai paesi in via di sviluppo. Sosteniamo la richiesta e chiederemo ai negoziatori UE di fare altrettanto.

Secondo, – a Cancún, se non prima – l’OMC deve finalmente rispettare la promessa di Doha volta ad estendere i benefici dei TRIPS in materia sanitaria ai paesi con strutture farmaceutiche modeste o assenti, impegno, questo, cui gli Stati Uniti sono ormai gli unici ad opporsi dal dicembre 2002.

Terzo, Cancún deve lanciare il giusto messaggio sulle relazioni tra questioni commerciali e non commerciali, il che, in materia agricola, significa salvaguardare il diritto dei membri OMC a fissare gli standard alimentari e a sostenere i beni pubblici, come lo sviluppo rurale, la tutela dell’ambiente e il benessere degli animali. Ne consegue inoltre la necessità di compiere chiari progressi nell’agenda di Doha in materia di commercio e ambiente. Cancún deve imprimere nuovo impulso all’attuale revisione dei TRIPS, concentrarsi più nettamente sugli interessi dei paesi in via di sviluppo e superare l’impasse degli standard lavorativi fondamentali.

Infine, il rafforzamento della trasparenza e della responsabilità democratica dell’OMC, ambito in cui Doha ha solo compiuto un piccolo passo, deve essere inserito con decisione nell’agenda dei negoziati. Vogliamo una forte iniziativa UE in linea con le proposte approvate dal Parlamento a larga maggioranza nell’ottobre 2001.

Allo stato di cose attuale, i cittadini di tutto il mondo hanno due obiezioni rispetto all’OMC: il deficit di sincerità e di democrazia. Dovremmo ascoltare i nostri cittadini, dovrebbero essere loro le nostre priorità. Signor Commissario, sappiamo che attualmente in Africa occidentale il cotone è un esempio specifico di proposte e negoziati in cui l’Europa può fare la differenza. Se lei potesse dare un contributo in tal senso nei prossimi mesi, sarebbe un considerevole aiuto. Vorremo avere da lei risposte concrete su tali punti.

 
  
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  Clegg (ELDR). (EN) Signor Presidente, vorrei porle tre serie di domande nei 120 secondi assai generosamente concessimi questo pomeriggio.

Primo, sull’agricoltura. Naturalmente, come tutti, noi del gruppo ELDR condividiamo l’entusiasmo per gli elementi essenziali dell’accordo raggiunto sulla riforma della politica agricola comune. Siamo completamente d’accordo sul fatto che ora la priorità strategica debba consistere nel capovolgere i rapporti di forza soprattutto con gli americani e nel verificare se faranno seguire alle parole i fatti in materia di riforma agricola.

Il mio gruppo ha diversi interrogativi fondamentali da porre. Innanzi tutto, pur rilevando un visibile progresso nella riforma volta ad eliminare o ridurre il sostegno interno distorsivo del mercato, vorremmo sapere che ne è dell’accesso al mercato. Non vi è alcun elemento in questo pacchetto che, a priori, includa un miglioramento dell’accesso al mercato: oltre a ripetere che l’Unione europea importa più prodotti di tutti, vorrei sapere quando offriremo un miglior accesso al mercato e anche quando affronteremo realmente alcuni degli imperdonabili aspetti di determinati regimi ancora in essere in settori specifici, come quello dello zucchero.

La seconda serie di domande riguarda le questioni di Singapore. Il mio gruppo accetta la posizione fondamentale secondo cui l’agenda di Singapore va portata avanti; tuttavia, non siamo del tutto persuasi che siano state adeguatamente affrontate le legittime preoccupazioni dei paesi in via di sviluppo sull’ambito di applicazione e sulla complessità di questi negoziati. Quali garanzie può fornirci il Commissario che dette preoccupazioni verranno affrontate al Vertice di Cancún?

Una serie finale di domande. Nelle sue osservazioni preliminari il Commissario, quasi precorrendo l’esito della prossima Conferenza intergovernativa, ha asserito che opererà in conformità di accresciuti poteri del Parlamento europeo. Oggi il Commissario potrebbe assicurarmi che, anche se il trattato che scaturirà dalla Conferenza intergovernativa, comprendente il potere di approvazione del Parlamento europeo, non sarà ancora stato ratificato, sottometterà comunque alla nostra approvazione l’esito della conclusione del prossimo anno di questo ciclo?

 
  
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  Miranda (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, le difficoltà riscontrate in questa fase cruciale dei negoziati che precedono Cancún non sono di buon auspicio per la Conferenza ministeriale che si terrà il prossimo settembre. Tali difficoltà derivano in larga misura dall’attuale sistema commerciale mondiale, con la sua tendenza alla liberalizzazione e i conseguenti effetti, così spesso negativi per le fragili economie dei paesi meno sviluppati. Il nord e il sud non hanno tratto gli stessi benefici da tale sistema. Pertanto è indispensabile affrontare col massimo rispetto i temi più rilevanti sollevati da tali paesi, così com’è altrettanto fondamentale che vi sia una battuta d’arresto della suddetta tendenza, perlomeno finché non verrà fatto un bilancio effettivo dei risultati rispettivamente conseguiti.

L’agenda dello sviluppo non può essere un’espressione priva di significato, anzi, deve suscitare in noi una volontà ed un orientamento quanto mai fermi. E’ indispensabile, oltretutto, dare un contenuto reale e importante alla clausola che garantisce un trattamento speciale, privilegiato, ai paesi in via di sviluppo, coi quali, del resto, l’Unione europea deve stipulare un’alleanza strategica.

Sappiamo tutti quali sono i temi principali in discussione. Mi limiterò a fare tre brevi osservazioni: i farmaci possono diventare una questione chiave, se non lo sono già. Gli Stati Uniti hanno bloccato l’accordo e stanno esercitando pressioni su alcuni paesi affinché rinuncino al diritto di importare farmaci generici. Occorre insistere e sottolineare che il diritto alla salute deve prevalere su qualsiasi interesse commerciale. Quanto al commercio dei prodotti agricoli – altro tema rilevante –, probabilmente la questione dell’accesso al mercato sarà al centro dei negoziati. Lo spettacolare aumento delle sovvenzioni date alle aziende agricole negli Stati Uniti non facilita certo un accordo, ma l’Unione europea potrà fare un importante passo avanti, soprattutto se contribuirà alla soppressione, a lungo termine, dei sussidi all’esportazione. Infine, per quanto riguarda l’accesso al mercato industriale, merita una particolare attenzione il settore tessile e dell’abbigliamento, vista la sua particolare vulnerabilità e le concessioni già fatte, specialmente a livello bilaterale. Possiamo accettare in tale settore alcune misure specifiche, rivolte esclusivamente ai paesi meno sviluppati, continuando però a salvaguardare tale importante filiera e il suo potenziale occupazionale.

 
  
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  Rod (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, calano molte incertezze sulla Conferenza di Cancún, i cui negoziati preparatori sono lungi dall’essere conclusi, soprattutto nei settori ritenuti favorevoli ai paesi in via di sviluppo. Il limitatissimo smantellamento delle sovvenzioni agricole dimostra lo scarso entusiasmo dei paesi ricchi a rinunciare ai propri privilegi, Stati Uniti in prima fila, nonostante la loro partecipazione al ciclo dello sviluppo. L’Unione europea, obnubilata dai suoi interessi, ha inoltre rivisto verso il basso la riforma della PAC.

Rivedere l’accordo TRIPS onde vietare il brevetto di organismi viventi dovrebbe essere una delle priorità di Cancún. Dal momento che si applicano a ogni forma di vita, i diritti di proprietà intellettuale violano la sovranità degli Stati e delle popolazioni sulla protezione delle loro risorse e del loro know-how e negano l’esistenza stessa del bene pubblico. Signori negoziatori, ascoltate l’appello del gruppo Africa, se volete che Cancún sia un successo, e lasciate da parte le cosiddette questioni di Singapore.

L’assenza di soluzioni sul famigerato paragrafo 6 della dichiarazione di Doha sull’accesso ai farmaci prova che i nostri governi, a causa delle pressioni delle ditte farmaceutiche, hanno paura di adottare una posizione coraggiosa e autenticamente umanitaria. Ancora una volta è forte il rischio di finire per lodare una soluzione di compromesso che a priori sarebbe stata giudicata inaccettabile.

In Egitto, la settimana scorsa, sembrava che gli americani avessero compiuto un passo avanti rinunciando a una lista restrittiva delle malattie. Resta quindi il problema dei paesi ammissibili. Che cosa si intende per capacità di produzione sufficiente? Anziché accettare un compromesso al ribasso, non sarebbe meglio ricominciare su una nuova base negoziale in grado di fornire una soluzione economica e pratica ai paesi in via di sviluppo? Non dimentichiamo lo spirito di Doha. Niente deve impedire ai paesi di tutelare la salute della loro popolazione. Soprattutto niente deve impedire a un qualunque membro di prendere parte in modo equo e trasparente ai negoziati dell’OMC. A Cancún, dove saremo presenti, saremo particolarmente vigili in proposito.

Signor Commissario, le chiedo di non rinnegare i nostri impegni. Il ciclo di Doha deve essere dedicato ai paesi in via di sviluppo. La natura e gli esseri umani non sono delle merci. L’ambiente e la salute sono più importanti delle regole dell’OMC. Non pregiudichi la credibilità e la buona fede dell’Unione. A Cancún dovrà lavorare per soluzioni durature ed eque.

 
  
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  Ó Neachtain (UEN).(EN) Signor Presidente, negli ultimi anni le riunioni dell’OMC sono divenute l’epicentro di proteste contro la globalizzazione. Si avverte il timore comune che vengano introdotti meccanismi di governance globale che sfuggono al controllo e alla partecipazione democratici e che venga creato un ordine mondiale al servizio del capitalismo e non della gente. Chiaramente, data la situazione, è essenziale che noi parlamentari, in quanto diretti rappresentanti del popolo europeo, partecipiamo pienamente alla definizione e all’esito del processo.

L’attuale ciclo, iniziato a Doha, viene definito ciclo dello sviluppo. Condividiamo tutti la convinzione che dovrebbe essere data priorità alle necessità dei paesi in via di sviluppo. Questi paesi non hanno condiviso i vantaggi dei precedenti cicli commerciali e l’Unione europea deve insistere sulla loro piena e attiva partecipazione ai negoziati di Cancún.

L’accesso al mercato è un elemento molto importante nell’incoraggiare l’integrazione dei paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale. L’UE ha offerto ambiziose aperture dei mercati ai paesi in via di sviluppo, sia per le merci che per i servizi, evitando il rischio della liberalizzazione totale, che la maggior parte di questi Stati per il momento non è in grado di sostenere.

L’iniziativa Tutto fuorché le armi è la prova dell’approccio UE al riguardo. Esorto la Commissione a sollecitare gli altri paesi sviluppati, in particolare gli Stati Uniti d’America, a seguire l’esempio dell’Unione europea. E’ intollerabile che l’UE sia criticata dal Presidente degli Stati Uniti per le sue relazioni con il mondo in via di sviluppo quando, in termini di aiuti e di accesso al mercato, siamo anni luce avanti. Le importazioni dell’UE dai paesi in via di sviluppo crescono a un tasso medio del 12 per cento, attualmente incidono per il 4 per cento sul totale delle importazioni UE e nel 2001 ammontavano a 420 milioni di euro.

A seguito dell’accordo della settimana scorsa sulla riforma della politica agricola comune, è imperativo salvaguardare il modello agricolo europeo nei negoziati. Abbiamo un dovere nei confronti dei nostri consumatori e dei nostri agricoltori, mantenere la stabilità dei mercati agricoli nazionali, proteggerli dalle fluttuazioni internazionali dei prezzi e sostenere i modelli di produzione e utilizzo dei terreni che sono tipici dell’agricoltura europea.

Sottolineo che qualsiasi riduzione concordata in seno all’OMC su tariffe all’importazione, restituzioni all’esportazione o aiuti agricoli nazionali che distorcono la concorrenza può essere stabilita unicamente sulla base di un’equa ripartizione dei costi tra tutti i paesi sviluppati, Stati Uniti in primis.

In conclusione, a settembre l’UE parteciperà a Cancún a una serie di colloqui che sono di cruciale importanza per numerosi settori delle nostre economie nazionali, dall’agricoltura alla cultura. In tale contesto va da sé che la Commissione dovrà difendere strenuamente gli interessi vitali in queste aree e soprattutto sollecitare l’inserimento integrale dei cosiddetti aspetti non commerciali come la sostenibilità ambientale, la tutela dei consumatori, l’equilibrio sociale e regionale. Altrimenti ne deriverà un accordo che non sarà accettabile né per i cittadini europei né tantomeno per i loro rappresentanti parlamentari.

 
  
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  Bernié (EDD).(FR) Signor Commissario, l’apparente obiettivo della sua riforma della politica agricola comune era dare all’Europa dei margini di manovra in vista dei negoziati OMC. Il compromesso concluso a Lussemburgo la settimana scorsa ricalca in larga misura le raccomandazioni della Commissione. Mi consenta di farle alcune domande. Può dirmi oggi quali nuovi orizzonti apre questa riforma per i negoziati? Può precisarmi quali saranno i vantaggi per l’agricoltura, nonostante una riforma che produrrà conseguenze molto nefaste per i nostri agricoltori?

I consumatori europei sono sempre più esigenti in materia di sicurezza alimentare, di qualità dei prodotti e di condizioni di produzione. Tali esigenze si traducono in vincoli sempre più stretti per gli agricoltori in materia di rispetto dell’ambiente e di attenzione per il benessere degli animali. Lei pensa di riuscire a rispondere alle attese dei consumatori autorizzando l’accesso al mercato europeo solo dei prodotti che rispondono a tali esigenze? In caso contrario nei nostri mercati si creerebbe una distorsione della concorrenza a svantaggio dei nostri prodotti. In materia di sanità, l’Unione ha deciso di vietare la carne agli ormoni. Lei difenderà recisamente questa posizione, che non vogliamo veder contestata per alcun motivo?

La nostra agricoltura produce anche derrate di altissima qualità, riconosciute da denominazioni di origine che rappresentano spesso la punta di diamante delle economie regionali. Come pensa di convincere i nostri partner in seno all’OMC ad accettare tali prodotti?

Sosteniamo infine la moratoria dell’Unione sugli OGM, nonostante la doglianza presentata dagli Stati Uniti. Signor Commissario, contiamo che lei difenda in modo battagliero e senza cedimenti l’agricoltura europea e le esigenze dei consumatori e che rifiuti qualsiasi concessione in materia di apertura dei mercati. Cedere su tutta la linea al liberalismo finirà per essere la condanna dell’agricoltura europea.

 
  
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  Della Vedova (NI). – Signor Presidente, signor Commissario, anch’io mi auguro che l’appuntamento di Cancún possa essere un appuntamento per lo sviluppo, ma dovrà esserlo soprattutto per lo sviluppo del commercio internazionale, per un’ulteriore liberalizzazione degli scambi. Stiamo attenti, noi europei, a non caricare l’agenda di elementi estranei alla liberalizzazione del commercio, perché finiremmo per mettere piombo nelle ali delle trattative. E’ stato detto da lei, signor Commissario, che abbiamo fatto quello che era necessario per quanto riguarda la PAC. Io credo che abbiamo fatto il minimo indispensabile per evitare che le trattative fossero definitivamente sepolte, ma non abbiamo fatto di più, abbiamo fatto troppo poco e troppo tardi: l’impianto della politica agricola comunitaria resta un impianto fortemente e duramente protezionista. Il collega Nicholas Clegg è già intervenuto su questo. Io volevo riprendere l’esempio dello zucchero: come facciamo a dire che la politica agricola comunitaria non è protezionista, per esempio sullo zucchero? Cosa c’entra lo zucchero con lo sviluppo rurale? Cosa c’entra lo zucchero con le clausole ambientali o le clausole sociali? Sullo zucchero continuiamo a fare protezionismo puro e duro ai danni della comunità degli agricoltori, ad esempio del Mozambico. E quello dello zucchero – protezionismo puro e null’altro – non è che un esempio. Su questa base, signor Commissario, a Cancún l’Europa sarà ancora in gravissima difficoltà.

 
  
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  Suominen (PPE-DE).(FI) Signor Presidente, Commissario Lamy, il ciclo di colloqui dell’OMC iniziato a Doha è stato denominato ciclo dello sviluppo già dal Vertice in Qatar: il risultato finale avrebbe dovuto garantire soprattutto ai paesi in via di sviluppo di trarre maggiori vantaggi dalla globalizzazione. Questo dovrà essere anche l’obiettivo di Cancún a settembre.

In proposito sarà importante assicurare che i paesi in via di sviluppo ricevano l’assistenza tecnica e finanziaria di cui hanno bisogno per sviluppare le proprie capacità in termini di amministrazione, industria, commercio ed esportazioni. Nel contempo sarà tuttavia necessario sottolineare l’importanza della buona amministrazione, dei buoni rapporti di vicinato, dell’armonia interna e della lotta contro la corruzione, poiché questi paesi cercano di raggiungere gli standard dei paesi sviluppati.

L’allarmante diffusione dell’AIDS, che non è però l’unica epidemia in quanto ce ne sono molte altre in corso, rende necessario rimuovere, prima del Vertice di Cancún, gli ostacoli che hanno impedito l’accesso universale ai medicinali a prezzi ragionevoli. Il problema è difficile sia dal punto di vista politico che di politica industriale, ma è risolvibile.

La Russia, che in termini di risorse e di potenziale commerciale potrebbe essere un’effettiva superpotenza, è ancora fuori dall’OMC. L’agenda di Cancún non include, né potrebbe farlo, la discussione sulla legislazione interna della Russia e sull’adeguata organizzazione della sua amministrazione, né quella sulle modalità per accelerare i negoziati in vista del suo ingresso nell’OMC. Cionondimeno l’UE ha tutto l’interesse a che la Russia entri a far parte dell’OMC il più rapidamente possibile. Senz’ombra di dubbio è solo la Russia a patire l’attuale stato di cose, che sta essenzialmente indebolendo le relazioni economiche bilaterali UE-Russia nel settore degli investimenti e del commercio. Come avviene con i paesi meno sviluppati – o forse dovrei dire con gli altri paesi meno sviluppati – anche la Russia dovrebbe essere aiutata a riorganizzare l’amministrazione interna, i sistemi doganali, la tassazione, i pagamenti e quant’altro, al fine di raggiungere il livello di affidabilità richiesto dall’OMC.

Al riguardo la Commissione avrà uno spinoso lavoro da svolgere per il futuro. Il Commissario Lamy è aduso alle imprese difficili e fruttuose. Tuttavia, i vantaggi economici di questo specifico campo di attività si ripercuoteranno anche sull’Unione europea.

 
  
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  McNally (PSE).(EN) Signor Presidente, accogliamo favorevolmente la disponibilità del Commissario Lamy a lavorare in collaborazione con il Parlamento, pur senza darla per scontata.

Vi sono temi che il gruppo dei socialisti, al pari di altri, trova spinosi come le questioni di Singapore, in particolare l’investimento e la concorrenza. Naturalmente siamo consapevoli dell’importanza di entrambi gli elementi.

Per quanto riguarda l’investimento, attualmente vi sono oltre 2 000 trattati bilaterali in materia. Ne consegue una grande complessità per i paesi in via di sviluppo e uno squilibrio di poteri che non verrà eliminato da un trattato multilaterale.

Quanto alla concorrenza, è ovvio che il predominio di un pugno di società comporta alti costi e i paesi in via di sviluppo sono i primi a farne le spese. Tuttavia, continuiamo ad essere preoccupati per il nostro approccio all’agenda di Doha e non siamo ancora convinti che l’OMC sia la sede giusta per discutere di investimenti e concorrenza, né che questo sia il momento opportuno per farlo.

Al pari del Commissario, abbiamo prestato grande attenzione ai paesi in via di sviluppo. Sappiamo che sono molto preoccupati per le questioni di Singapore. La dichiarazione del due giugno dei ministri del Commercio dei paesi meno sviluppati ne è una chiara dimostrazione. Alcuni dei maggiori paesi in via di sviluppo sono fermamente contrari ad aprire negoziati su tali temi. Siamo dunque tutt’altro che vicini all’esplicito consenso necessario. Cosa dovrebbe fare l’UE in tali circostanze? Dovrebbe persistere e imporre un’agenda ai paesi in via di sviluppo recalcitranti? Se agiremo in tal senso ci saranno delle costose ricadute in altri negoziati! Vi sono numerose questioni molto più importanti che sono enunciate nella nostra risoluzione e nel mandato della Commissione. Concentriamoci su di esse a Cancún.

 
  
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  Herzog (GUE/NGL). (FR) Siamo tutti convinti che battersi per il multilateralismo sia giusto. Dal momento che il multilateralismo è a rischio, dobbiamo fare tutto il possibile per la buona riuscita del Vertice di Cancún. E’ però un po’ come la quadratura del cerchio: da una parte, gli americani difendono i loro interessi con ogni mezzo, pur coltivando il mito del libero scambio integrale e, dall’altra, numerosi paesi del sud non trovano un posto nell’economia mondiale, contestano le attuali regole commerciali ed esigono discriminazioni positive.

Come può l’Unione svolgere il suo ruolo di trait d’union portando gli americani nella direzione giusta? Pur notando i positivi sforzi compiuti, mi interrogo su diversi punti della linea di condotta adottata su Cancún, in quanto neanche noi siamo affatto al riparo da contraddizioni tra i nostri interessi e le nostre intenzioni.

In primo luogo, come possiamo difendere meglio il trattamento speciale e differenziato? I paesi in via di sviluppo non sono i soli ad essere in fallo; neanche noi siamo chiari su questo punto. Il campo di questo trattamento è eccessivamente ampio, il che priva la nozione di differenziazione di una reale pertinenza. La questione delle regole è tutt’altro che chiara. Possiamo riesaminare le regole per i TRIPS e per le zone regionali senza eludere la questione dei trasferimenti di tecnologia?

In secondo luogo, sostengo la volontà di continuare a lavorare sulle cosiddette questioni di Singapore – e su questo punto la mia posizione è lievemente diversa da quella dell’onorevole McNally – in quanto toccano le dimensioni cruciali del legame tra commercio e sviluppo. L’Unione deve però attestarsi sulla sua linea iniziale? Sono d’accordo sull’approccio dal basso verso l’alto, ma non dobbiamo forse sostenere maggiormente le restrizioni, in particolare il prestabilimento, che sono associate alla rivendicazione di uno spazio politico? Inoltre è urgente sostenere i negoziati di Cancún con valide iniziative parallele volte a ridistribuire gli investimenti diretti e a garantirne la sostenibilità.

In terzo luogo, in materia di agricoltura sosteniamo una posizione solida per quanto riguarda gli aiuti interni e il calcolo delle riduzioni delle tariffe. Tuttavia, i paesi del sud più vulnerabili, che sono monoproduttori e importatori netti, che utilità ne ricavano? Non dobbiamo forse rafforzare l’accesso ai mercati ed eliminare le sovvenzioni all’esportazione per i prodotti strategici di questi paesi e adottare un’iniziativa quadro a favore del commercio equo?

 
  
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  Auroi (Verts/ALE). (FR) Signor Presidente, signor Commissario, grazie per aver ricordato che il filo conduttore di Cancún dovrà essere l’integrazione dei paesi in via di sviluppo. Grazie, quindi di voler far seguire alle parole i fatti nelle questioni che l’OMC dovrebbe trattare in modo diverso. Se vogliamo essere solidali verso il sud e verso le popolazioni più fragili della nostra area, è impossibile trattare alla stregua di semplici merci la salute, l’istruzione, nonché l’acqua, l’energia e i necessari progressi dei sistemi sanitari. E’ necessario che questi che sono veri e propri servizi pubblici per l’umanità abbiano prezzi accessibili per tutti i popoli.

I negoziati sul GATS devono effettuare un’inversione di rotta. Anche il diritto di avere un’alimentazione sufficiente e sana è un bene comune dell’umanità. Gli agricoltori del nord e del sud devono riuscire a sostenere una prospettiva di autentica multifunzionalità. Lo sviluppo rurale, simbolo stesso del settore non commerciale, nodo fondamentale per oggi e per domani, fa effettivamente parte del riorientamento della PAC che è stato attuato dal Consiglio. Tale riorientamento sostiene la modulazione che costituisce un segnale positivo per i piccoli agricoltori europei e dei paesi del sud del mondo. Tuttavia, per poter insistere sull’inizio del disaccoppiamento che tocca i prodotti cerealicoli o la carne, bisogna che le sovvenzioni all’esportazione siano meno patenti e che lo diventino sempre meno. Occorre inoltre tutelare le peculiarità degli agricoltori europei. Tuttavia, affinché la solidarietà nei confronti dei contadini del sud sia chiara, bisogna permettere loro di beneficiare di sistemi di sostegno analoghi alla PAC, che continua a proteggere gli agricoltori europei. Gli agricoltori europei e dei paesi del sud del mondo hanno la missione prima di nutrire i propri concittadini producendo liberamente gli alimenti appropriati. Bisogna aiutarli a reggere il confronto con i due o tre monopoli dell’industria agroalimentare.

 
  
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  Sandbæk (EDD).(DA) Signor Presidente, dall’istituzione dell’OMC nel 1995, il divario tra paesi ricchi e poveri è aumentato. Il ciclo di sviluppo di Doha non è stato degno del nome che porta. Ora occorre rispettare le scadenze di Doha. L’onorevole McNally ha assolutamente ragione a dire che non è il momento di aggiungere nuovi argomenti nell’agenda del Vertice, che non tiene conto né dei paesi in via di sviluppo né dell’ambiente. Ulteriori aggiunte svierebbero il dibattito sugli argomenti relativi alla promozione dello sviluppo sostenibile, obiettivo che, unitamente al libero ed equo commercio e all’eliminazione della povertà, è inserito nel nuovo progetto di Costituzione dell’UE. L’Unione europea ora ha un’opportunità unica per dimostrare che la Costituzione non è solo una tigre di carta. L’Europa deve soprattutto assicurare il diritto di parola nei negoziati a tutti i paesi e non solo, come capita di solito, ai paesi ricchi e privilegiati che cureranno i propri interessi. Cancún deve produrre progressi concreti per i paesi in via di sviluppo e dimostrare che i paesi ricchi intendono realmente dare priorità alla lotta contro la povertà. Occorre infine togliere ai governi il monopolio sui negoziati e sull’applicazione degli accordi dell’OMC e ottenere l’istituzione di un’assemblea democraticamente eletta.

 
  
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  Souchet (NI). (FR) Signor Presidente, in un negoziato, se è ben condotto, si dà e si riceve. Se l’Europa riceve in proporzione a quanto ha già dato, dovrebbe ricevere molto a Cancún. Lo scopo dichiarato della riforma della PAC non era forse quello di migliorare la posizione negoziale dell’Unione nel ciclo di Doha, anziché definire la politica agricola di cui gli europei hanno bisogno?

La mia domanda è dunque la seguente: quali concessioni sostanziali l’Unione chiede ai suoi partner come contropartita della serie di concessioni unilaterali da essa fatte dopo la conclusione dell’Uruguay round? Menziono alcune di queste concessioni: l’iniziativa Tutto fuorché le armi, la rinuncia unilaterale ai diritti d’importazione sui cereali del Mar Nero, la concessione di contingenti tariffari, il disaccoppiamento degli aiuti compensatori e il corrispondente smantellamento delle nostre OCM agricole.

Spero che l’Unione riaprirà i negoziati almeno sul malaugurato accordo di Blair House, che ci impedisce di condurre una politica coerente di sviluppo delle piante oleaginose e fa stagnare la nostra produzione al livello irrisorio di un milione di tonnellate, mentre la produzione mondiale cresce del 5 per cento annuo e supera oggi i 300 milioni di tonnellate. Mi auguro inoltre che la Commissione ottenga il riconoscimento del principio per cui i popoli hanno diritto all’alimentazione, principio elementare della sicurezza alimentare quantitativa e qualitativa. Non dobbiamo infatti permettere che paesi strutturalmente esportatori ci costringano a concedere loro un cosiddetto diritto di accesso al mercato comunitario per prodotti che l’Unione europea produce in eccedenza o per prodotti, signor Presidente, che intendiamo disciplinare strettamente come gli OGM.

 
  
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  Schwaiger (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario Lamy, la discussione odierna ci trova tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo rendere maggiormente partecipi che in passato i paesi in via di sviluppo dei vantaggi derivanti da un commercio mondiale libero ed equo. Affinché sia così, i loro prodotti industriali ed agricoli devono trovare sbocchi maggiori nel nostro mercato. Tuttavia, è anche necessario che tali paesi migliorino le loro conoscenze, per poter prendere piede nei diversi mercati, nonché la loro capacità di difendere attivamente e con competenza i propri interessi nell’ambito dei negoziati OMC.

Pertanto sosteniamo fermamente lo sforzo compiuto dalla Commissione per facilitare a questi paesi l’ingresso nel mercato mondiale in qualità di soggetti autonomi, fornendo loro aiuti di carattere tecnico. Se però non vogliamo perdere di vista il fatto che l’obiettivo prioritario dei negoziati OMC per tutti i partner commerciali è la crescita economica, ne consegue ovviamente che, offrendo accesso a tale mercato, dobbiamo sviluppare nell’ambito dei negoziati una strategia adeguata nei confronti dei paesi in via di sviluppo, in modo tale che prendano coscienza a livello pratico dell’utilità degli stessi per quanto riguarda temi classici come l’accesso al mercato, la concorrenza e altre questioni.

Siamo anche interessati ad ottenere, nell’ambito dei negoziati GATS, una cauta estensione del campo di applicazione dei servizi, insistendo però sulla varietà culturale ed organizzativa dell’Europa, che si rispecchia anche nei settori della salute, dell’educazione, degli audiovisivi, nonché della fornitura di servizi di interesse generale a livello locale. Riteniamo comunque che non dovremmo aver alcun interesse a fare eccezioni per altri settori, escludendoli dall’organizzazione dei mercati per i servizi. L’Europa è leader, a livello mondiale, per la fornitura di servizi. Coloro che in questo contesto assumono un atteggiamento difensivo e protezionistico non riconoscono i punti di forza e i vantaggi della concorrenza dell’Unione europea.

Quanto al regolamento dell’OMC, è utile ribadire che vanno migliorate soprattutto le regole procedurali, sulla trasparenza e sulla composizione delle controversie e che anche l’OMC dovrebbe acquisire una giurisdizione internazionale autonoma in ambito commerciale.

 
  
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  Mann, Erika (PSE). – (DE) Signor Presidente, vorrei cogliere l’occasione per comunicare al signor Commissario che il Parlamento europeo, insieme all’Unione interparlamentare, organizzerà di nuovo una manifestazione a Cancún, come già abbiamo fatto in precedenza. Scopo dell’impresa è riunire i parlamentari degli Stati che appartengono all’OMC per ottenere uno scambio di informazioni. A ciò va aggiunto il fatto che molti temi di carattere commerciale, a nostro parere, si discostano sempre più dai temi classici del passato e toccano settori sensibili che per molti cittadini sono di grande interesse. Il settore dei servizi rientra tra questi, insieme a molti altri. La manifestazione si svolgerà a Cancún il 9 e il 12 settembre ed il Parlamento europeo vi parteciperà con ampie competenze. Molti colleghi saranno presenti. Ovviamente ci farebbe piacere se anche i colleghi interessati diffondessero informazioni in merito.

Permettetemi di affrontare un secondo punto, sollevato dal collega Clegg, ovvero di porre la seguente domanda: siete d’accordo che il Parlamento debba dare il proprio consenso, a prescindere dal fatto che la Convenzione decida o meno, all’accordo negoziato a Cancún, quali che siano i tempi e i modi della sua conclusione?

Il terzo punto è il seguente: se la sentirebbe di ripetere in data odierna che il Parlamento deve dare la propria approvazione e avere lo stesso diritto del Consiglio, nell’ambito del Comitato dell’articolo 133, ad essere coinvolto e informato? Può inoltre ribadire che il Parlamento potrà partecipare anche alla definizione dei mandati di negoziato?

 
  
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  Boudjenah (GUE/NGL). (FR) Qualche giorno prima dell’ultimo vertice Unione europea-Stati Uniti, lei, signor Commissario, esprimeva la sua soddisfazione per l’esistenza, cito, “di relazioni commerciali solide tra l’Unione e gli Stati Uniti che permettono di lavorare di concerto al programma di Doha”. Eppure, alla vigilia di Cancún, in diversi ambiti è di capitale importanza un impegno europeo che non tema di prendere le distanze dagli orientamenti americani. Tali, mi sembra, sono le aspettative di quanti denunciano, come di recente hanno di nuovo fatto i ministri del Commercio dei PMA, l’incapacità dell’OMC di rispettare il calendario di Doha, di far scaturire dai negoziati decisioni a favore dello sviluppo, sull’accesso ai farmaci, sul trattamento speciale e differenziato o sul commercio di prodotti agricoli. Per il momento niente si è mosso.

Ribadisco la mia paura di veder sparire la “dimensione” dello sviluppo a causa di una politica che privilegia solo gli scambi commerciali e la scelta dogmatica della liberalizzazione degli scambi. Mentre si aggrava il divario tra paesi ricchi e paesi poveri, è difficile accettare la volontà di includere nuovi argomenti quali l’investimento, la concorrenza o gli appalti pubblici.

Il GATS, a sua volta, minaccia i servizi pubblici e i compiti dello Stato, mentre non è ancora stato tracciato alcun bilancio sulle conseguenze delle liberalizzazioni. Data la situazione, occorre una moratoria. Il diritto alla salute, all’istruzione, alla sicurezza alimentare e all’energia deve prevalere sugli interessi commerciali. L’Unione europea, invece, deve agire a favore della democratizzazione del sistema commerciale internazionale e cooperare strettamente con i paesi in via di sviluppo affinché si affermino gli obiettivi dello sviluppo.

 
  
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  Belder (EDD).(NL) Signor Presidente, l’agenda dell’incipiente Conferenza ministeriale è più che satura e contiene varie questioni essenziali, tra cui le medicine salvavita e l’agricoltura. Abbiamo inoltre il compito di far sì che i paesi poveri siano in grado di soddisfare gli standard sulle condizioni di lavoro, il benessere degli animali e l’ambiente, in modo che possano importare i loro prodotti in Europa. A tal fine i produttori dei paesi in via di sviluppo avranno bisogno di aiuto nel settore della produzione e del commercio di prodotti conformi agli standard europei.

In proposito sono a favore di un’agenda ristretta che contenga i punti essenziali che ho menzionato. Vorrei pertanto chiedere al Commissario di incentrare il suo contributo su questi argomenti così da ottenere un risultato mirato. All’Europa può sembrare più interessante dal punto di vista commerciale negoziare su nuovi argomenti, ma i paesi in via di sviluppo semplicemente non ne hanno la capacità.

Il successo di Cancún verrà pertanto misurato in relazione agli interessi dei paesi in via di sviluppo. Dopo tutto è un ciclo dello sviluppo.

 
  
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  Ferrer (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, signor Commissario, a Cancún non sarà facile ottenere progressi significativi nell’attuazione dell’agenda dello sviluppo, tenendo conto della necessità di riflettere gli interessi di tutti i membri dell’OMC, di riconoscere le preoccupazioni dei paesi meno sviluppati e della portata dei temi da trattare.

Tutti questi temi sono fondamentali per assicurare che le relazioni commerciali multilaterali siano un fattore di crescita economica, che questa crescita sia equa e che i suoi benefici raggiungano anche i paesi meno sviluppati. Di qui la necessità di far avanzare tutti i punti dell’agenda dello sviluppo, per quanto possibile nei tempi previsti e conformemente all’impegno da lei profuso a nome dell’Unione europea.

Data la brevità del tempo concessomi per parlare, mi limiterò all’accesso ai mercati dei prodotti industriali, in particolare, com’è naturale, a quello dei settori tessili e dell’abbigliamento e al rispetto delle norme che disciplinano il commercio internazionale.

In proposito, signor Commissario, le chiedo di garantire che non ci sia alcuna riduzione dei dazi dell’Unione europea, se gli altri paesi non hanno raggiunto i livelli tariffari vigenti nell’Unione.

Secondo, le chiedo di prestare particolare attenzione, nell’ambito dei TRIPS, alla questione dei disegni e dell’esaurimento internazionale dei marchi registrati nonché alle azioni per combattere la contraffazione e la pirateria.

Infine, le chiedo di promuovere la semplificazione dei meccanismi di difesa commerciale al fine di renderli più agili ed efficaci, perché la persistenza delle barriere tariffarie, dei picchi tariffari e delle barriere non tariffarie è incompatibile con la liberalizzazione dei mercati. Dal momento che le regole dell’OMC sono vincolanti per tutti i membri, la loro osservanza deve essere garantita, anche perché, del resto, il futuro del settore tessile e dell’abbigliamento europeo dipende da tali norme, come lei ben sa, signor Commissario.

 
  
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  Garot (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, dopo la riforma della PAC adesso è la volta di affrontare Cancún. E’ del tutto evidente che, al riguardo, dovremo ribadire gli obiettivi commerciali europei mostrando la volontà di ridurre i divari nello sviluppo tra il nord e il sud, tra i paesi sviluppati e il resto del mondo.

In tal senso, in materia agricola, occorre senz’altro accettare di rafforzare il trattamento speciale e differenziato a favore dei paesi in via di sviluppo già inseriti nel trattato di Marrakech. Dobbiamo inoltre confermare i risultati di Doha sulla riduzione sostanziale delle nostre restituzioni all’esportazione e, parallelamente, ottenere l’estensione di questa misura a tutte le forme di sovvenzione alle esportazioni perché l’Unione, è noto, non è l’unica interessata.

Nello stesso tempo è chiaro che l’Unione deve denunciare l’ultimo farm bill americano, che protegge i produttori americani dai rischi del mercato generando in tal modo una probabile sovrabbondanza dell’offerta e una diminuzione dei prezzi sui mercati internazionali. Inoltre, signor Commissario, l’Unione deve difendere il diritto di ogni Stato membro dell’OMC a fissare le proprie norme di produzione e di sicurezza alimentare e ad applicarle ai prodotti che penetrano nei propri mercati. I produttori europei hanno diritto a questa garanzia sulle importazioni nonché al riconoscimento internazionale delle indicazioni geografiche per valorizzare il loro territorio e il loro know-how tradizionale.

In definitiva, signor Commissario, Cancún deve andare a vantaggio del mondo in via di sviluppo, senza peraltro danneggiare la grande maggioranza di piccoli e medi agricoltori europei.

 
  
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  Chichester (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sovraccaricando l’agenda di Cancún dobbiamo fare attenzione a non suscitare aspettative e ambizioni eccessive su troppi fronti. Tuttavia, non possiamo neppure dare troppo risalto al fatto che il commercio è positivo per entrambe le parti. Vi sono molte ricerche e prove empiriche a suffragio di questa posizione. Dobbiamo concentrarci sulla rimozione degli ostacoli e sul miglioramento dell’accesso perché, a livello commerciale, sono misure vantaggiose per tutte le parti.

Mi auguro che il pacchetto della riforma della PAC persuada i nostri partner commerciali della nostra buona volontà in proposito. Non posso però fare a meno di chiedermi se i nostri partner staranno ad aspettare come noi il testo finale, quando il diavolo avrà avuto modo di metterci lo zampino. Ricordo le varie controversie in corso con i nostri partner transatlantici, in particolare quella sugli OGM e sull’accesso al mercato UE, che attualmente è oggetto di una procedura di composizione delle controversie. Mi auguro che Cancún e la procedura di composizione delle controversie ci permetteranno di risolvere questo genere di questioni perché l’UE non deve essere considerata una fortezza dei paesi privilegiati.

Cancún è nel nuovo mondo. Spero che questa Conferenza permetterà di avvicinare le due sponde dell’Atlantico – il vecchio mondo e il nuovo mondo – affinché sia possibile risolvere insieme le controversie commerciali all’insegna del vantaggio reciproco dei nostri cittadini e delle nostre economie. Non mi resta che augurare la riuscita della Conferenza al Commissario Lamy e ai colleghi che parteciperanno all’incontro in qualità di membri della delegazione del Parlamento europeo.

 
  
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  Désir (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, la Conferenza di Cancún non promette bene. Si ha infatti la sensazione che l’Unione europea la renderà ancora più complicata con la sua strategia negoziale. Cancún non promette bene a causa delle frustrazioni accumulate dai paesi in via di sviluppo dopo l’Uruguay round, frustrazioni che avevano già provocato il fallimento della Conferenza di Seattle. Ebbene, la loro fiducia viene di nuovo messa alla prova, dal momento che molti degli importanti impegni assunti a Doha non sono stati onorati e le scadenze non sono state rispettate. E’ il caso dell’accesso ai farmaci, nonché del trattamento speciale e differenziato, delle questioni relative all’attuazione, della riforma della composizione delle controversie e di altri temi. Occorre chiedersi quale obiettivo riuscirà a realizzare l’Europa, il cui peso è notevole, nel corso di questi negoziati. L’Europa utilizzerà il suo peso per dare risposte in grado di riguadagnare la fiducia dei paesi in via di sviluppo o si fermerà a una visione ristretta dei suoi interessi commerciali?

Prendiamo le questioni di Singapore. Perché questo accanimento nell’imporre a ogni costo ai paesi in via di sviluppo, che sono contrari, un accordo multilaterale sugli investimenti? Tali paesi non capiscono perché le norme e le condizioni che disciplinano gli investimenti esteri sul loro territorio nazionale dovrebbero passare sotto la giurisdizione dell’OMC. Tuttavia, l’Unione europea insiste a farne una condizione per raggiungere un accordo a Cancún. Non le sembra di imporre un onere inutile? Lei ingaggerà un braccio di ferro tra Unione europea e paesi in via di sviluppo. Noi, al contrario, vorremmo un’alleanza tra l’Unione europea e i paesi del sud.

Lei ha ascoltato, da numerosi scanni di questa Assemblea, gli oratori di diversi gruppi chiederle di concentrarsi sull’essenziale. Utilizzi il suo peso, ovvero il peso dell’Unione europea, che è notevole, per migliorare il trattamento speciale e differenziato, per accrescere l’accesso ai mercati, per riformare la composizione delle controversie, per prestare attenzione all’ambiente e per permettere l’accesso ai farmaci, anziché per sostenere un accordo sugli investimenti, gli appalti pubblici o la concorrenza, temi che non rientrano nella sfera di competenza dell’OMC.

 
  
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  Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario Lamy, onorevoli colleghi, quando parliamo dei negoziati OMC di Cancún abbiamo in mente un chiaro obiettivo. Ci servono condizioni generali per il commercio mondiale. Se non riusciremo a creare per tempo tali condizioni, ci troveremo di fronte a situazioni di conflitto che potrebbero causare grossi problemi, non solo qui in Europa, ma anche nel resto del mondo.

Il 20 per cento dei nostri posti di lavoro dipende dal commercio mondiale, vale a dire che è nostro interesse primario valutare quali mercati avremo a disposizione in futuro. Adesso ci sono 10 nuovi paesi candidati all’adesione e, quando entreranno a far parte dell’Unione, la popolazione dell’Europa crescerà del 20 per cento. Tali paesi ci offriranno un mercato interessante e tecnologie produttive avanzate. In tutto il mondo miliardi di consumatori sono in attesa dei prodotti e dei servizi che noi forniamo.

Dovremmo essere sempre consapevoli del fatto che il successo dell’Europa in realtà è fondato sull’attività delle piccole e medie imprese. L’80 per cento delle tasse viene pagato da tali imprese. Per questo motivo dovrebbe essere di primaria importanza per noi creare i presupposti necessari per far partecipare le piccole e medie imprese agli scambi commerciali internazionali. Chiediamo pertanto di istituire l’obbligo di notifica all’OMC di tutte le disposizioni in materia d’importazione, affinché sia finalmente chiaro e trasparente quali norme bisogna adempiere, in materia di etichettatura, imballaggio e dazi doganali, quando si tratta di fornire merci ad un paese specifico.

Oggi una ditta che fa parte di un grosso gruppo industriale ed ha i propri specialisti può facilmente trovare le risposte ad un ampio numero di questioni, ma per una piccola ditta con meno di mezza dozzina di dipendenti ciò è impossibile. Per questo motivo chiediamo la creazione di un registro OMC in cui vengano notificate le disposizioni in materia d’importazione per tutti i paesi, con la possibilità di compilare un modulo standard, reperibile su Internet, nel linguaggio corrente.

Vogliamo fare in modo che anche le piccole e medie imprese dei paesi in via di sviluppo abbiano la possibilità di esportare. Dall’altro lato, però, chiediamo che i 18 milioni di piccole e medie imprese esistenti nell’Unione europea, ed in particolare quelle interessate ad esportare a livello mondiale, ottengano ciò cui hanno diritto e che l’OMC offra loro una giusta opportunità. Di fatto queste aziende danno occupazione a due terzi della forza lavoro dell’Unione europea e credo pertanto che sia utile adoperarsi per loro.

 
  
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  Cunha (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei fare due considerazioni sulla strategia da seguire a Cancún il prossimo settembre. La prima è che la dichiarazione di Doha è molto chiara rispetto alla necessità di garantire il massimo equilibrio tra gli aspetti commerciali e quelli non commerciali legati al commercio. In tal senso, questioni quali il principio di precauzione, la sicurezza alimentare, le regole basilari sugli OGM e il rispetto delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche sono determinanti. Dovremo ribadire che è del tutto inaccettabile che alcuni paesi terzi utilizzino come prodotti generici o semigenerici le nostre indicazioni geografiche e di origine, che sono legate ad una cultura, ad un territorio e ad una storia. Produrre e vendere prodotti con la denominazione di “porto”, “Madeira”, “champagne”, “prosciutto di Parma”, “formaggio manchego” e via dicendo, negli Stati Uniti, in Australia, in Canada e in Nuova Zelanda è una cosa inaccettabile perché significa appropriarsi indebitamente di un vantaggio commerciale che spetta ad altri.

Con la seconda considerazione intendo ricordarvi che la recente riforma della PAC ci consente di assumere un atteggiamento più offensivo in sede negoziale. Anziché impiegare tutte le nostre energie nella difesa delle indicazioni geografiche e degli aspetti non commerciali, potremmo anche tentare di imporre un vasto complesso di regole e in particolare disciplinare i crediti all’esportazione, le imprese commerciali pubbliche e l’abuso degli aiuti alimentari e della clausola de minimis. Possiamo convincere tutti i paesi ricchi a concedere ai 49 paesi più poveri del mondo le stesse condizioni garantite dall’Unione europea con l’iniziativa Tutto fuorché le armi, nonché insistere affinché si faccia una chiara distinzione tra paesi in via di sviluppo e i paesi più poveri del mondo. Infatti non è realistico porre sullo stesso piano paesi come l’India, la Malesia, l’Indonesia e i vari paesi dell’America del sud e paesi drammaticamente poveri come il Mozambico, il Ciad, il Burkina Faso e la maggior parte dei paesi ACP. Oltre che per l’agricoltura, ciò rappresenta un problema per il settore tessile e dell’abbigliamento, dove la completa apertura del mercato comunitario ai prodotti dei paesi del primo gruppo distruggerebbe centinaia di migliaia di posti di lavoro all’interno dell’Unione europea, in particolare nei paesi più poveri e arretrati, come Portogallo, Grecia e Spagna o nei nuovi paesi dell’est europeo.

Speriamo quindi che a Cancún si raggiunga un equilibrio di fondo tra tutti questi aspetti. In caso contrario, la globalizzazione verrebbe respinta dalle nostre società.

 
  
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  Maat (PPE-DE).(NL) Vorrei complimentarmi con la Commissione perché è riuscita ad ottenere un nuovo accordo agricolo che offre numerose possibilità per raggiungere un nuovo accordo in seno all’OMC. Attualmente nessun prodotto riceve più sostegno diretto e, fino a quando vigeranno le tariffe sull’importazione in seno all’Unione europea, la produzione sarà limitata e si perderà un’importante quota del mercato mondiale. Di conseguenza l’assegnazione di quote nel settore lattiero comunitario ha significato perdere il cinque per cento della nostra quota commerciale mondiale. Purtroppo devo dire che questo 5 per cento non è stato utilizzato in alcun modo dai paesi in via di sviluppo.

L’Unione europea ha inoltre concluso un accordo commerciale con i 48 paesi più poveri del mondo e ha fornito libero accesso al mercato a numerose ex colonie e ai paesi balcanici. Se consideriamo che siamo alla vigilia di una grande espansione dell’Unione, dobbiamo dare atto all’Europa che ha dato grande impulso al libero commercio. Ormai importiamo più prodotti agricoli dai paesi in via di sviluppo che da Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda messi insieme, il che significa che l’Unione ha adottato una posizione aperta e in proposito ha contribuito senz’altro a un nuovo accordo commerciale mondiale.

Non mi sorprenderei pertanto se alcuni gruppi, anche in Parlamento, affermassero che la portata di questo accordo non è abbastanza ampia. Siamo andati oltre tutti gli altri blocchi commerciali; offriamo un accesso al mercato superiore a qualsiasi altro blocco commerciale, il che significa che sarà proprio questa posizione di punta a indebolirci, se non adotteremo una posizione unita. L’indebolimento della posizione comune europea comporterà ancora meno considerazione a livello mondiale per le questioni non commerciali, come il benessere degli animali, la sicurezza alimentare e l’ambiente, ma anche per gli aspetti sociali. Questo è appunto il valore aggiunto che l’Europa può apportare a un nuovo accordo commerciale mondiale.

Vorrei ringraziare ancora la Commissione europea, in particolare il Commissario Lamy e il suo collega, Franz Fischler. Spero che il Parlamento appoggerà la linea della Commissione. Grazie ai presenti accordi sulla riforma della politica agricola, siamo davvero in una posizione forte per i nuovi negoziati e abbiamo molto da offrire al mondo per quanto riguarda la giustizia sociale e le questioni non commerciali.

 
  
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  Lamy, Commissione.(FR) Signor Presidente, come emerge dagli interventi, nel XXI secolo i negoziati commerciali multilaterali presentano numerose sfaccettature e mescolano in modo pressoché inseparabile, quantomeno per noi europei, interessi e valori. Si presentano inoltre, come abbiamo potuto constatare ascoltandovi, interrogativi legati ai macroequilibri sulla scena internazionale tre nord e sud, tre nord e nord e tra sud e sud. Vorrei brevemente rispondere ad alcuni dei vostri interventi raggruppandoli in tre temi: innanzi tutto, la questione dell’accesso al mercato, poi le regole del commercio internazionale e, infine, diversi altri punti che, pur non essendo necessariamente legati in modo diretto ai precedenti, meritano comunque delle precisazioni.

Innanzi tutto, sull’accesso al mercato del settore industriale sono d’accordo con quanto è stato detto. Dobbiamo andare nella direzione auspicata da alcuni paesi in via di sviluppo. E’ nell’interesse di entrambi. Ricordiamoci tuttavia che c’è già un interesse sud-sud alla liberalizzazione del commercio dei manufatti. Il commercio dei manufatti rappresenta sempre l’80 per cento del commercio mondiale. In questo caso sussistono quindi tutte le dimensioni di cui parlavo e l’onorevole Ferrer ha ragione a dire che, in questi settori, non bisogna fermarsi alle questioni tariffarie, ma occorre interessarsi anche alle barriere di altro tipo.

Tutti avete parlato molto dell’agricoltura, ed è normale che sia così: lo impone l’attualità. Senza dubbio la riforma della politica agricola comune adottata la settimana scorsa ha prodotto risultati più evidenti in termini di disciplina – la questione del sostegno finanziario ai nostri agricoltori – che di promesse di maggiore accesso ai mercati per l’avvenire. Per questo motivo non abbiamo ancora accettato di confermare in qualche modo, a livello di Organizzazione mondiale del commercio, le regole che abbiamo deciso tra noi. Siamo liberi di confermarle o meno sul piano internazionale e lo faremo, se altri lo faranno. Occorre quindi cercare delle contropartite, obiettivo per cui ora ci adopereremo, in quanto il sostegno serve effettivamente a compensare un certo numero di svantaggi e a rispondere alle preoccupazioni dei consumatori e dei cittadini europei. Come hanno detto gli onorevoli Auroi e Bernier, in effetti grazie al nostro sostegno compensiamo gli svantaggi o i vincoli supplementari di questo tipo.

L’onorevole Clegg ha chiesto se nei negoziati c’è ancora un margine di manovra in materia di accesso al mercato. Onorevole, ne sono sicuro, lei permetterà a me e al Commissario Fischler di rimanere discreti sulla questione relativa alla dotazione finanziaria di cui disponiamo. L’onorevole Clegg saprà che negoziare con le tasche trasparenti non è cosa facile. Le nostre tasche non saranno quindi trasparenti in una seduta pubblica come quella di oggi. Tuttavia, lei ha ragione, come l’onorevole Della Vedova. Con ogni probabilità l’imminente riforma del mercato dello zucchero, annunciata dal Commissario Fischler e dalla Commissione per l’autunno, da questo punto di vista è probabilmente più promettente in quanto riguarda un prodotto di grande interesse per i paesi in via di sviluppo.

Ricordo – e rispondo all’onorevole Souchet – che questa riforma della politica agricola comune è stata fatta per ragioni europee, da europei e per gli europei. Tanto meglio se migliora la nostra posizione in un negoziato internazionale, ma non era questa la motivazione iniziale. La nostra motivazione, come d’altronde prevedeva il Consiglio europeo di Berlino, era di rivedere a livello intermedio alcune organizzazioni di mercato e il funzionamento del nostro sostegno all’agricoltura.

Per quanto riguarda le regole, alcuni di voi hanno accennato all’accesso ai farmaci. Non ripeto quanto ho detto nel mio intervento introduttivo. La posizione dell’Unione europea in proposito è chiara: sosteniamo il compromesso di dicembre e aspettiamo che gli americani vi aderiscano, altrimenti a Cancún sarà davvero un problema grave.

Per quanto riguarda le preoccupazioni non commerciali, ricordate, tra gli altri, dall’onorevole van den Berg, ebbene, sono al vaglio, anche in materia agricola: benessere degli animali, ambiente e sicurezza alimentare. Ci sono anche punti volti a disciplinare il commercio internazionale, come le indicazioni geografiche di cui hanno parlato gli onorevoli Garot e Cunha. Avete ragione. Non possiamo dire ai nostri agricoltori che è venuto il momento di pensare più alla qualità che alla quantità senza essere coerenti con la nostra agenda, volta a rafforzare, rendere più operative e più agevoli le disposizioni attualmente previste dai testi dell’OMC in materia di protezione: le indicazioni geografiche.

Ultimo argomento delicato: le cosiddette questioni di Singapore e in particolare l’investimento. Da sempre il nostro presupposto è che sia preferibile una buona base internazionale multilaterale a una nefasta giungla di accordi bilaterali. Avete detto, a ragione, che alcuni paesi in via di sviluppo non ne sono entusiasti. Non tutti, però! Altri sono assolutamente favorevoli all’apertura di negoziati su tali questioni, in particolare sull’investimento. In sostanza, i paesi in via di sviluppo si esprimono in proposito un po’ come hanno fatto gli oratori che ho ascoltato oggi pomeriggio in questo Emiciclo: alcuni sono molto favorevoli, alcuni sono molto contrari, altri sono indecisi, altri sono contrari “a meno che”. Questa è la situazione attuale e all’onorevole Désir rispondo che, nella scelta tra la giungla del bilaterale e l’ordine multilaterale, lo ho spesso sentito pronunciare frasi più multilateraliste di quelle di oggi pomeriggio.

Qual è la via che dobbiamo seguire? Dobbiamo ribadire fermamente la necessità di affrontare tali questioni, dissipando nel contempo le preoccupazioni giustificate e ripetute di alcuni paesi in via di sviluppo, che temono che la sottoscrizione di accordi multilaterali su tali questioni comporti una riduzione dello spazio di autonomia della loro politica economica. Dobbiamo in effetti trovare modalità che rispondano a questa preoccupazione. In ogni caso resto convinto che, in generale, in questi ambiti sia meglio un approccio multilaterale che bilaterale.

A proposito del trattamento speciale e differenziato e delle questioni di attuazione, mi sembra di aver detto nel mio intervento iniziale che l’Unione europea è aperta e che si tratta piuttosto di convincere altri partner del nord del mondo, ovvero Stati Uniti, Giappone e Canada, a dimostrare maggiore flessibilità. Stiamo lavorando in tal senso.

Affronterò ancora due o tre punti. A proposito del cotone, onorevole van den Berg, per una volta non è l’Unione ad essere al banco degli imputati dei paesi in via di sviluppo. Non esportiamo cotone. Importiamo grandi quantità di cotone e la nostra produzione non necessita di alcun sostegno all’esportazione. Produciamo dal 2 al 3 per cento del volume mondiale della produzione di cotone. Oggi sono quindi gli Stati Uniti ad essere in causa su questo punto.

Gli onorevoli McNally e van den Berg hanno parlato delle norme fondamentali del lavoro. Ahimè, questo tema non rientra nel programma di Cancún perché non era stato inserito nel ciclo negoziale avviato a Doha. Nel programma di Cancún si trova solo una parte degli argomenti affrontati a Doha. Detto questo, non è possibile aggiungere altri temi al programma di Doha. Conoscete la nostra posizione: ci dispiace di non essere giunti ad una migliore articolazione tra le norme fondamentali del lavoro e le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. In un certo senso, ci siamo affidati alle nostre politiche bilaterali per farlo. Purtroppo, non possiamo dunque sperare in buone notizie da Cancún in proposito. Bisognerà attendere un altro ciclo di negoziati per riaffrontare la questione.

In merito all’associazione del Parlamento all’esito dei negoziati, la Commissione non ha alcuna obiezione a che i risultati del ciclo si concludano con una votazione del Parlamento europeo, fatto salvo, naturalmente, parere contrario del Consiglio dei ministri. In ogni caso la posizione della Commissione è quella che vi ho comunicato e così rispondo agli onorevoli Mann e Clegg.

Onorevole Suominen, quanto all’adesione della Russia all’OMC, ci stiamo lavorando. Del resto, trascorrerò la giornata di oggi in questo edificio con il collega German Gref, ministro russo dell’Economia e delle Finanze, nonché negoziatore designato dal Presidente Putin. E’ forse la nostra sesta sessione negoziale e, grazie alla discussione di oggi pomeriggio, voi gli avete offerto l’occasione di visitare la bella città di Strasburgo, e sono sicuro che ve ne sarà molto riconoscente.

Quanto al GATS, onorevoli Auroi e Boudjenah, ne abbiamo discusso appena qualche settimana fa. Il Parlamento europeo ha preso posizione e quindi non ritorno sull’argomento.

Infine, la buona notizia annunciataci dall’onorevole Mann in merito alla manifestazione congiunta a Cancún del Parlamento europeo e dell’Unione parlamentare internazionale, e in merito all’opera che quest’ultima, gli onorevoli Schwaiger, Plooij-van Gorsel e molti altri hanno svolto in vista di una più stretta associazione dei parlamenti nazionali ai lavori dell’OMC, è effettivamente ritenuta molto positiva dalla Commissione. Sapete che sosteniamo i vostri sforzi in proposito.

 
  
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  Presidente. La ringrazio, signor Commissario.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 2, del Regolamento(1).

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


5. Corte penale internazionale
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  Presidente. L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla Corte penale internazionale.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Signor Presidente, signor Commissario Lamy, onorevoli parlamentari, per la Presidenza italiana è un grande onore, ma anche una grande responsabilità, prendere la parola di fronte al Parlamento europeo sul tema della Corte penale internazionale. E’ certamente un onore perché l’Italia, fin dall’inizio, ha sostenuto, più di molti altri paesi, la Corte penale ed è il paese che ha dato il suo nome allo Statuto di Roma. E’ allo stesso tempo però una responsabilità quella di continuare a sostenere, con la stessa determinazione dei nostri predecessori, gli sforzi della comunità internazionale per rendere vitale una giurisdizione internazionale che ponga termine all’impunità per i colpevoli dei crimini più aberranti.

La Corte si sta dimostrando un grande successo. Fino ad oggi, novanta Stati sono divenuti parte dello Statuto di Roma. La Corte ha tenuto quest’anno la sua sessione inaugurale con l’elezione del presidente, dei giudici, del procuratore e del cancelliere. Essa è oggi una realtà pienamente funzionale nelle relazioni internazionali e l’Unione europea può essere orgogliosa per aver dato un contributo determinante a questo sviluppo. La Presidenza italiana ha un’importante eredità da difendere e intende difenderla. Pochi giorni fa, il 16 giugno, il Consiglio ha ribadito il suo impegno nei confronti della Corte con una posizione comune che ha il significato politico di riaffermare il pieno sostegno dell’Unione europea nei confronti di questa istituzione. Sulla base della posizione comune, verrà aggiornato il piano di azione del maggio 2002. L’azione a favore della Corte rimarrà una componente essenziale dell’azione di politica estera dell’Unione. E’ a tutti noto che in tale azione l’Unione europea si troverà ad affrontare questioni delicate e complesse, ma questo certamente non diminuirà il nostro impegno.

La nostra iniziativa andrà in diverse direzioni: in primo luogo, l’Italia rappresenterà l’Unione europea nel corso della seconda Assemblea degli Stati parte in settembre. Noi ci prepariamo con impegno per questo appuntamento e non risparmieremo gli sforzi per risolvere tutte le questioni che sono ancora in sospeso, relative all’istituzione e al funzionamento. In secondo luogo, per assicurare l’effettivo funzionamento della Corte e garantire la sua indipendenza, l’Unione europea continuerà a incoraggiare gli Stati a trasferire rapidamente e per intero i loro contributi, fissati secondo le decisioni prese dall’Assemblea, e ad aderire all’accordo sull’immunità e i privilegi della Corte. In terzo luogo, l’Unione europea continuerà a chiedere agli Stati che non lo hanno ancora fatto di divenire parte dello Statuto, perché noi riteniamo che sia auspicabile e necessaria l’adesione più larga possibile. In conformità con quanto previsto dalla posizione comune, è già stata avviata un’ampia opera di sensibilizzazione in questo senso, in particolare negli appuntamenti di dialogo politico con gli Stati terzi. In quarto luogo, l’Unione europea continuerà a difendere l’integrità dello Statuto di Roma, e questo vale anche nell’ambito delle nostre relazioni con i nostri amici degli Stati Uniti d’America. Come potete immaginare, questo è un argomento frequente nell’agenda del dialogo euroatlantico ed è stato sollevato, ancora la scorsa settimana, nel corso del Vertice Unione europea/Stati Uniti a Washington. Onorevoli membri del Parlamento, la nostra ambizione è di continuare, con gli Stati Uniti, un ampio dialogo su tutti gli aspetti della questione. Noi condividiamo con gli Stati Uniti d’America gli stessi valori fondamentali e attribuiamo la stessa importanza – una grande importanza – all’obiettivo di far cessare l’impunità per i crimini più gravi e di individuare le responsabilità personali nella loro commissione. Ma obiettivamente – dobbiamo ammetterlo – vi sono diverse sensibilità nella valutazione del ruolo della Corte. Gli Stati Uniti, nella loro imponente proiezione su scala globale, sono preoccupati della possibilità di accuse motivate politicamente contro i loro cittadini. L’Unione europea ritiene che lo Statuto della Corte dia sufficienti garanzie di imparzialità e autorevolezza, quali l’alta qualità dei giudici e il principio di complementarità dell’operato della Corte, per attenuare, direi per dissipare, le preoccupazioni circa una possibile strumentalizzazione dell’attività di tale istituzione. I miei predecessori hanno aggiornato questo Parlamento sugli sviluppi di questa dialettica che è in corso tra Unione europea e Stati Uniti d’America e circa le iniziative sviluppate da entrambe le parti. Non ripeto quanto è noto a tutti, ma vorrei indicarvi come, da parte italiana, si intenderebbe procedere durante la Presidenza.

Gli Stati Uniti temono, tra l’altro, che la Corte possa costituire una minaccia, sia pure indiretta, per lo svolgimento e l’attuazione delle operazioni di pace delle Nazioni Unite. L’Unione europea ritiene che la Corte sia un’importante salvaguardia per proteggere anche le forze di pace e in tale contesto il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha esaminato per due anni consecutivi le proposte degli Stati Uniti per escludere le forze di pace dalla giurisdizione della Corte. In entrambi gli anni l’Unione europea ha potuto esprimere la sua posizione di fermo sostegno per la Corte durante le riunioni del Consiglio di sicurezza aperte agli Stati non membri. Quest’anno, l’Unione si è anche espressa pubblicamente a favore della convocazione della riunione del Consiglio di sicurezza, che si è svolta lo scorso 12 giugno. In tale occasione si è chiesto a tutti i membri del Consiglio di sicurezza di impegnarsi a trovare una soluzione che preservi l’integrità dello Statuto di Roma e il regolare svolgimento delle operazioni di pace: due fattori che sono evidentemente non incompatibili.

Gli Stati Uniti, com’è noto, perseguono la stipula di una rete di accordi bilaterali per esentare i propri cittadini dalla giurisdizione della Corte. E’ di ieri la notizia della sospensione dell’assistenza militare americana ad alcuni paesi, tra cui cinque che stanno per aderire all’Unione europea, che si sono dichiarati non disponibili a tali accordi. L’Unione si rammarica di tale iniziativa. Ci riserviamo, ovviamente, di approfondirla in vista di ulteriori contatti con Washington.

Ricordo che lo scorso settembre il Consiglio ha approvato delle conclusioni con alcuni principi guida da rispettare nella conclusione di accordi di esenzione per preservare l’integrità dello Statuto di Roma. Le conclusioni e i principi guida erano indirizzati in primo luogo agli Stati membri e ai paesi candidati, ma essi sono evidentemente rilevanti per tutti gli Stati che sono parte dello Statuto di Roma. Questi documenti sono stati diffusi in un vasto numero di Stati terzi allo scopo di rendere nota la posizione di principio che l’Unione europea ha già assunto sulla questione. L’Unione europea è fermamente convinta che la Corte penale internazionale renderà il mondo più sicuro, o meglio, contribuirà a rendere il mondo più sicuro, giusto e pacifico. Riteniamo che la semplice istituzione concreta della Corte avrà un valore di deterrenza dalla commissione dei crimini più gravi. Ponendo termine all’impunità, la Corte rafforzerà il primato della legge e fornirà un contributo di fondamentale importanza alla pace.

La Corte, per concludere, dimostrerà molto presto di essere un’istituzione realmente indipendente ed efficace. Lo farà lavorando in concreto, e coloro che sono diffidenti verso di essa potranno constatare – ripeto, nel concreto lavoro della Corte – che lo Statuto di Roma garantisce i più alti criteri di giustizia e non si presta – o almeno noi dobbiamo lavorare perché non si presti mai – a strumentalizzazioni politiche. Sarà questo evidentemente uno degli impegni nel dialogo franco e amichevole che la Presidenza avrà con gli Stati Uniti d’America.

 
  
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  Lamy, Commissione.(FR) Moreno Campo, recentemente nominato procuratore della Corte penale internazionale, al momento di prestare giuramento ha detto: “Una Corte penale internazionale totalmente indipendente e imparziale è una garanzia di speranza, ma suscita anche timori e malintesi”.

Questo tribunale suscita effettivamente la speranza di una nuova era per la giustizia internazionale, fornisce uno strumento efficace per combattere l’impunità ed è quindi un fattore di deterrenza – come ha appena detto il Presidente del Consiglio – per potenziali autori di crimini gravi il cui giudizio è di competenza della Corte. Tuttavia, riguardo alla posizione degli Stati Uniti, questa istituzione suscita anche timori e malintesi. E’ proprio il timore di vedere perseguiti i propri cittadini per motivi politici che ha spinto gli Stati Uniti a profondere sforzi a livello mondiale per ottenere accordi bilaterali di immunità e che ha altresì determinato il rinnovo della risoluzione 1422 del Consiglio di sicurezza.

Per stipulare tali accordi gli Stati Uniti non si sono fatti scrupolo di brandire la minaccia di negare aiuti militari ai paesi non intenzionati a firmarli. Che cosa significa questa posizione? Gli Stati Uniti, non avendo aderito allo Statuto di Roma, si considerano liberi di concludere accordi di immunità, soprattutto in ragione dell’ingente numero di soldati americani dispiegati nei quattro angoli del pianeta. A prescindere dal valore di questa argomentazione, l’importante contributo degli Stati Uniti alle azioni di mantenimento della pace non può certo essere ignorato. E’ altrettanto evidente che invece i paesi aderenti allo Statuto di Roma non possono, per così dire, defilarsi alla chetichella per sottrarsi ai loro obblighi nei confronti della Corte penale internazionale.

I principi guida approvati dall’Unione nel settembre 2002, cui la Presidenza del Consiglio ha fatto riferimento, non potrebbero essere più chiari in proposito: non condividiamo la necessità di questi accordi, ma li accettiamo, purché soddisfino alcuni criteri ben definiti. Gli accordi che gli Stati Uniti si sforzano di concludere non sono conformi alle nostre condizioni e hanno chiaramente lo scopo di minare lo Statuto di Roma in quanto non prevedono alcuna precisa disposizione volta ad evitare l’impunità che per gli USA non si limita solo ai cittadini americani presenti in un determinato paese per motivi militari o strettamente amministrativi. In quale modo stiamo quindi cercando di affermare la nostra posizione?

Lo abbiamo fatto, tra l’altro, nella posizione comune del 16 giugno, in cui si afferma senza ambiguità che i principi guida non si riducono a una sorta di stratagemma interno, ma devono essere applicati per giustificare la tutela dell’integrità dello Statuto di Roma nelle nostre relazioni con i paesi terzi. Questa posizione è il frutto di iniziative e di dialoghi. I colleghi Patten e Verheugen si sono impegnati insieme alla Presidenza greca ad inviare lettere comuni ai ministri degli Affari esteri degli Stati membri, dei paesi candidati e dei paesi balcanici. In tali missive è stata messa in rilievo la necessità di tenere conto della posizione dell’Unione.

Abbiamo chiesto ai responsabili delle delegazioni presenti nei paesi terzi di ribadire l’importanza della questione. Nei paesi che hanno già firmato un accordo di immunità i responsabili delle delegazioni sono stati invitati ad analizzare più da vicino la probabilità di ratifica di detti accordi.

Questi sforzi diplomatici si fondano sull’importante sostegno da noi concesso alle ONG che militano a favore di una Corte penale internazionale efficace per mezzo dell’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo. Proprio ultimamente, inoltre, il Consiglio europeo di Salonicco ha ribadito il sostegno senza riserve dell’Unione alla Corte penale internazionale.

Quali sono i risultati ottenuti? Dopo aver ricordato i nostri principi e l’azione intrapresa, è necessario avere un quadro chiaro della situazione. I risultati sono piuttosto timidi. Pur lasciando da parte l’accordo precipitosamente firmato dalla Romania nell’agosto 2002 e pur considerando che i paesi aderenti e i paesi candidati hanno resistito alle pressioni americane e si sono allineati alla posizione dell’Unione del 16 giugno, è chiaro che la situazione nei Balcani resta precaria: l’Albania, la Bosnia-Erzegovina e molto di recente l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia hanno firmato tali accordi, nessuno dei quali rispetta le condizioni definite dai principi guida dell’Unione. Non abbiamo nascosto la nostra delusione, che anzi abbiamo comunicato a questi paesi. Quanto al rinnovo della risoluzione 1422 del Consiglio di sicurezza, a nostro avviso la legalità di questa misura è senz’ombra di dubbio quantomeno discutibile.

Abbiamo accettato che si svolgesse in seno al Consiglio di sicurezza una discussione aperta in cui hanno potuto esprimersi le preoccupazioni sulla legalità della proposta. In un intervento eccellente, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, non solo ha espresso dubbi sull’opportunità di fondare la risoluzione del Consiglio di sicurezza sull’articolo 16 dello Statuto di Roma, ma ha contestato la stessa ragion d’essere della risoluzione. In effetti i soldati delle missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite restano sotto la giurisdizione dello Stato di cui sono cittadini e verrebbero immediatamente rimpatriati, qualora avessero commesso un crimine grave. Se lo Stato d’origine tratta debitamente la questione, la giurisdizione complementare della Corte penale non c’entra.

A nome dell’Unione la Presidenza greca si è infine opposta in modo inequivocabile al rinnovo automatico della risoluzione nei prossimi anni, impedendo così che questo procedimento, perché si tratta a tutti gli effetti di un procedimento, si perpetuasse senza contestazioni.

Cito infine il cospicuo aiuto – 13 milioni di euro non sono uno scherzo – fornito a partire dal 1995 dall’Unione alla Corte penale internazionale attraverso l’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo e le iniziative di sensibilizzazione rivolte ai parlamentari, ai funzionari, alla società civile, ai funzionari giudiziari e persino al personale militare, ad esempio nei nuovi Stati indipendenti. A questo va aggiunto il nostro impegno volto a curare la formazione degli avvocati difensori affinché la Corte sia un’istituzione concreta e immediata. Pensando poi a quale forma assumerà il nostro sostegno nei prossimi anni, ascolteremo le ONG e i vari parlamentari europei che interverranno nel seminario organizzato dalla Commissione per il 14 luglio per conoscere i diversi punti di vista esistenti sulla questione.

Mi sembra di aver difeso ed illustrato una linea in completa sintonia con quanto indicato dalla Presidenza del Consiglio. Non c’è da stupirsene. Certo, la Corte penale internazionale colloca le relazioni transatlantiche di fronte a una sfida. Quando però l’illustre gruppo formato da 18 giudici e procuratori si metterà al lavoro, siamo convinti, in quanto europei, che la Corte penale internazionale renderà ragione del nostro sostegno e della nostra fiducia. In tal modo essa contribuirà anche a dissipare le inquietudini che aleggiano ancora sia qui che nella testa degli americani.

 
  
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  Oostlander (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, concordo con il Commissario che poc’anzi ha detto di condividere senza riserve le posizioni del Consiglio. Il totale sostegno del Parlamento a entrambe le posizioni emerge chiaramente dalla risoluzione che abbiamo approvato. Contrariamente a quanto ritenevamo in passato, l’ordine economico e il mercato interno non sono le componenti più importanti nell’Unione europea. Il nodo della questione – come è emerso con grande chiarezza nel corso del processo di allargamento – è che siamo una comunità giuridica che sostiene lo Stato di diritto e un ordine giuridico internazionale. Questi sono gli elementi centrali dell’Unione europea che ne determinano il carattere. Ecco perché va da sé che le tre grandi Istituzioni dell’Unione europea devono condividere la stessa linea.

Talvolta si sente dire che appellarsi al diritto è un segno di debolezza. Si dice che l’Europa presta particolare attenzione ad aspetti come l’ordine giuridico internazionale in ragione della sua debolezza militare. Gli americani sono forti dal punto di vista militare, motivo per cui possono agire senza preoccuparsi dell’ordine giuridico internazionale e affidarsi a politiche di potenza. Si tratta di una posizione estremamente cinica, sebbene naturalmente vi sia stato in passato motivo di pensarla in questi termini.

A mio parere il predecessore della Corte penale internazionale, il Tribunale per la Jugoslavia, era stato istituito all’epoca perché quanti si ritenevano responsabili, o si comportavano come se lo fossero, per la guerra in Jugoslavia e per la sua conclusione, cercavano un modo per rinviare l’intervento militare. Ecco le circostanze in cui è stato istituito il Tribunale per la Jugoslavia. Fortunatamente, la Corte penale internazionale, che è l’istituzione attuale, da lungo tempo non è più un semplice palliativo.

L’Unione europea, naturalmente, deve convincersi che in altre aree non è incapace di vantare il proprio potere. In definitiva l’applicazione del diritto richiede sempre l’appoggio del potere e il diritto si applica anche agli americani. Il potere viene esercitato per amministrare la legge. In proposito possiamo infatti anche citare la Costituzione americana, che considera l’ordinamento giuridico internazionale, lo Stato di diritto e la democrazia parte degli interessi nazionali. Si tratta di un’ottima definizione di interessi nazionali.

Le attuali minacce rivolte ai paesi terzi al fine di indurli a firmare accordi bilaterali di immunità sono, come si sa, un problema grave. I nuovi paesi che aderiranno sono allo stesso tempo nuovi membri della NATO; c’è da chiedersi quanto gli americani prendano ancora sul serio l’esistenza della NATO se in pratica revocano l’assistenza militare. Inoltre, la CPI fornisce solo una giurisdizione supplementare, per cui si presuppone che i paesi firmatari dell’accordo siano a loro volta Stati costituzionali e citino senz’ombra di dubbio in giudizio quanti eventualmente si siano comportati scorrettamente nell’esercizio delle loro funzioni militari.

Alcuni Stati membri talvolta si lasciano andare a pagliacciate che suscitano sfiducia negli americani. Un esempio è la singolare denuncia presentata dal Belgio contro il Generale Franks, accusato di essere un criminale di guerra. Se la legislazione viene usata in questo modo, viene politicizzata, come ha affermato poco fa il Ministro, il che genera sfiducia nel diritto. A mio parere è pertanto di vitale importanza che gli Stati membri UE siano ben consapevoli di come devono comportarsi in proposito al fine di non suscitare diffidenza negli americani.

E’ ovviamente risaputo che gli americani – questo dobbiamo riconoscerglielo – corrono rischi maggiori dei nostri, soprattutto nelle attività militari su larga scala. Ciononostante, soprattutto alla luce di questa consapevolezza, credo che il dialogo con gli Stati Uniti debba essere una priorità. Deve esserci posto per un po’ di humour al riguardo. La legge su una eventuale invasione dell’Aia, ad esempio, non può naturalmente essere presa sul serio.

 
  
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  De Keyser (PSE).(FR) Signor Presidente, non vorrei ripetere quanto il Commissario Lamy ha già detto, ovvero che la Corte penale internazionale, pur non essendo uno strumento politico, nasce in un contesto politico particolarmente difficile e che, dal 2002 gli Stati Uniti tentano in modo evidente di eludere questa giurisdizione con la violenza, sia in seno all’ONU che attraverso la firma di accordi bilaterali con vari paesi. In quanto parlamentare, vorrei quindi esprimere il mio stupore per i mezzi utilizzati per fare pressione su alcuni paesi – mi riferisco tra l’altro alle pressioni esercitate sulla Colombia, minacciata di vedersi sospendere l’aiuto americano per la lotta ai narcotrafficanti, o sui paesi baltici o su altri paesi candidati alla NATO – nonché far presente quanto al momento tutta l’Europa dipende dall’Unione europea. Il fatto che Consiglio, Parlamento europeo e Commissione siano d’accordo assume un significato simbolico tutto particolare.

E’ di capitale importanza che la Presidenza italiana prenda coscienza del fatto che la Corte penale internazionale è ben più che uno strumento per contrastare gli americani e il loro unilateralismo, è la garanzia di ritrovare una coerenza europea in materia di politica e di diritto internazionale. Vigileremo quindi molto da vicino sulle sorti di questa Corte.

 
  
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  Ludford (ELDR).(EN) Signor Presidente, la buona notizia è che la CPI è stata istituita con successo dai 139 paesi firmatari e che sono stati nominati il presidente, il procuratore e i giudici di questa istituzione. La Corte penale internazionale perseguirà i crimini più aberranti come il genocidio, le carneficine, gli stupri di massa e la pulizia etnica. Contribuirà a rendere il mondo più sicuro. L’Unione europea deve essere all’altezza della sua leadership nell’istituire la Corte in modo da assicurare che tutti gli Stati membri adempiano i loro obblighi finanziari e giuridici.

L’opposizione degli Stati Uniti alla CPI è totalmente irrazionale. Vi sono ampi controlli e garanzie per impedire che vengano avviati procedimenti penali viziati da ragioni politiche. E’ assurdo affermare che gli americani impegnati in operazioni di mantenimento della pace verrebbero sottoposti alle forche caudine del pregiudizio antiamericano.

L’ideologia politica nazionale statunitense è in conflitto con gli interessi della sicurezza americana. Di certo un tribunale internazionale istituito dalla comunità internazionale per impedire che gravi violazioni del diritto restino impunite coincide con gli obiettivi della dottrina statunitense sulla sicurezza globale.

Magari non sappiamo impedire agli Stati Uniti di darsi la zappa sui piedi da soli, ma dobbiamo impedire che la diano a noi. Questo paese sta ricorrendo alle più vergognose e incredibili tattiche per indurre gli Stati di piccole dimensioni a firmare accordi bilaterali sull’immunità. Sei dei sette Stati che aderiranno all’UE e che sono candidati alla NATO non sono riusciti a ottenere la deroga e si sono visti interrompere gli aiuti militari.

E’ preoccupante vedere l’amministrazione Bush portare avanti la campagna contro la CPI fino al punto di tagliare l’assistenza militare ai suoi alleati nella guerra contro il terrorismo. Orbene, poiché la maggior parte degli Stati membri della CPI sono democrazie impegnate in modo piuttosto deciso a favore dello Stato di diritto, la sospensione degli aiuti rappresenta una sanzione che colpisce Stati rispettosi dei valori democratici, fatto, questo, che è estremamente increscioso.

Gli Stati balcanici sono in una posizione alquanto vulnerabile. Croazia e Bulgaria si sono rifiutate di firmare. Romania, Albania e Bosnia hanno concesso l’immunità e così anche la Macedonia; è comprensibile. Non basta esprimere il proprio rammarico per il fatto che questi Stati non sono all’altezza dei criteri UE. Dobbiamo appoggiare e proteggere gli Stati candidati e aspiranti tali. Se l’UE non riuscirà ad essere coerente con i paesi candidati e aspiranti tali, la gente non avrà fiducia in una politica estera e di sicurezza comune. Dobbiamo riuscire a fare di più e spero che ne saremo in grado.

 
  
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  Wuori (Verts/ALE).(FI) Signor Presidente, la Corte penale internazionale, di cui ieri ricorreva il primo anniversario, ha ricevuto un nuovo dono avvelenato dalla sua matrigna cattiva, ossia la minaccia degli Stati Uniti di imporre sanzioni ai paesi che, nonostante le pressioni, non hanno firmato accordi bilaterali sull’immunità. Così, nel conflitto tra sovranità e diritto per la definizione del nuovo ordine mondiale, gli Stati Uniti hanno scelto in modo ancor più palese di accrescere ulteriormente la loro potenza a scapito del diritto internazionale.

Poiché il nostro scopo ultimo è salvaguardare lo Stato di diritto e impedire che i crimini di guerra e altri crimini internazionali restino impuniti, è più importante che mai rafforzare la nostra collaborazione per creare un’amministrazione universale della giustizia che costringa senza eccezioni e in modo adeguato gli autori di gravi crimini a rispondere delle loro azioni. Occorre dunque sostenere la CPI in ogni modo ed eliminare le enormi scappatoie tuttora esistenti nella prassi giudiziaria, ad esempio rafforzando le competenze legislative degli Stati membri UE in materia di crimini internazionali.

Tutti devono essere uguali di fronte alla legge. Qualsiasi passo indietro in questo ambito equivarrebbe a una regressione alla barbarie.

 
  
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  Crowley (UEN). (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con il Presidente in carica del Consiglio per la sua prima giornata in tale veste e mi auguro che la risposta fornitaci oggi sulla Corte penale internazionale rifletta la sua futura collaborazione con il Parlamento.

Benjamin B. Ferencz, ex pubblico ministero di Norimberga, ha detto: “Non esiste pace senza giustizia, né giustizia senza legge, né un diritto sostanziale senza un Tribunale in grado di decidere cosa sia giusto e legittimo in ogni circostanza”. La Corte penale internazionale ci dà l’opportunità di assicurare che vengano processati per i capi di imputazione di genocidio e crimini contro l’umanità non solo i prigionieri catturati o le persone di rango più basso coinvolte nel conflitto, ma anche i generali e i capi di Stato. Nella seconda metà del XX secolo, anche se si sono verificati molti eventi positivi, purtroppo sono entrate a far parte del vocabolario comune parole come “pulizia etnica” e “genocidio”. Dobbiamo disporre di un meccanismo adatto per assicurare che, qualora un tribunale nazionale non sia in grado o non voglia sottoporre a processo presunti colpevoli di crimini contro l’umanità, ci sia un foro internazionale che lo faccia. Ecco perché invochiamo e appoggiamo la Corte penale internazionale.

Mi dispiacerebbe tuttavia se le persone, in particolare quelle sedute in tribuna che oggi ci stanno osservando, uscissero dall’Aula pensando che per l’Europa si tratta semplicemente di un’occasione per criticare l’America. La posizione assunta dall’America nei confronti della Corte penale internazionale è sbagliata. Tuttavia gli Stati Uniti hanno il diritto di pensarla così; hanno il diritto di portare avanti i loro punti di vista e le loro idee; hanno il diritto di stipulare nuovi accordi con i paesi terzi, se così vogliono. Questi paesi, tuttavia, dovranno affrontare le conseguenze di tali negoziati.

Infine dobbiamo creare una leadership, come abbiamo già fatto. Il miglior modo di farlo è dare l’esempio, non semplicemente criticare chi è in disaccordo con noi.

 
  
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  Theorin (PSE). (SV) Signor Presidente, la Corte penale internazionale ha iniziato il suo lavoro. Tale istituzione deve essere sostenuta da tutti gli Stati del mondo, senza eccezione. Gli autori di gravi crimini di guerra, come lo stupro, non devono poter sfuggire alla giustizia. L’UE sostiene senza riserve la Corte e le dà il suo pieno appoggio.

E’ incomprensibile che un paese democratico come gli Stati Uniti chieda che i cittadini americani coinvolti in gravi crimini di guerra non vengano ritenuti perseguibili per tali capi di imputazione. Se gli Stati Uniti stessi avviassero procedimenti giudiziari contro tali criminali, conformemente alla Carta della Corte penale internazionale, la Corte non avrebbe motivo di perseguire i cittadini americani.

L’azione degli Stati Uniti, tuttavia, non può che dare l’impressione che questo paese non intende avviare procedimenti giudiziari contro i suoi cittadini, qualora essi si rendano colpevoli di gravi crimini di guerra, cosa che sarebbe terribile, soprattutto per un paese fondato sullo Stato di diritto. Naturalmente è altrettanto inaccettabile che gli Stati Uniti ricattino altri paesi al fine di indebolire la Corte penale internazionale. La minaccia degli Stati Uniti di revocare gli aiuti economici e militari ai paesi che non firmano accordi bilaterali sull’immunità è un linguaggio da dittatura inaccettabile.

Presumo che Commissione e Consiglio si opporranno recisamente a questo comportamento e faranno pressioni sugli Stati Uniti perché accettino la Corte penale internazionale quale strumento giuridico di capitale importanza per combattere i gravi crimini di guerra.

 
  
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  Lamy, Commissione.(FR) Vorrei dire solo una parola, signor Presidente, in risposta a un punto menzionato da molti oratori, ovvero la dichiarazione degli Stati Uniti sulla sospensione dell’assistenza militare ai paesi che rifiutano di sottoscrivere accordi di esenzione degli americani dalle disposizioni dell’accordo sulla Corte penale internazionale. Questa notizia non ci sorprende, cionondimeno ce ne rammarichiamo e, anzi, – come ha detto poc’anzi la Presidenza del Consiglio – la deploriamo. D’altro canto, constatiamo con una certa soddisfazione che molti paesi sono riusciti a resistere alle pressioni che hanno subito. Credo che il coraggio di cui danno prova questi paesi nell’adoperarsi per il successo dell’accordo sulla Corte penale internazionale meriti il nostro rispetto e la nostra ammirazione.

Concludo ribadendo che le pressioni di cui sono oggetto questi paesi sono tanto più inopportune e incomprensibili, e sono inopportune perché incomprensibili, per il fatto che lo statuto della Corte prevede strumenti per rispondere alle preoccupazioni americane, preoccupazioni che per certi versi, al pari di molti di voi, possiamo comprendere. Perché, dal momento che le soluzioni esistono, accanirsi per cercare di andare oltre? Questo comportamento non può che lasciarci tutti perplessi.

 
  
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  Presidente. Ringrazio il Presidente in carica del Consiglio e il Commissario Lamy. Sono sicuro che il Parlamento sosterrà tutti gli sforzi perché la Commissione e la Presidenza del Consiglio, nelle relazioni con il governo degli Stati Uniti, ottengano dei risultati positivi. Devo dire, anche sulla base dell’esperienza personale, che sarebbe opportuno trovare delle orecchie più sensibili di quanto non abbiamo trovato noi, come delegazione del Parlamento europeo, quando abbiamo sollevato questo problema con il presidente della commissione per gli affari esteri del Congresso degli Stati Uniti, che ci ha risposto, diciamo, in modo non molto diplomatico. Noi abbiamo i nostri tribunali e la nostra Costituzione e non permetteremo mai che un cittadino degli Stati Uniti sia processato e giudicato al di fuori di questi. Sono sicuro che, all’interno dell’amministrazione americana nonché del parlamento americano, si troveranno delle orecchie più sensibili.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PUERTA
Vicepresidente(1)

 
  

(1) Comunicazione della Presidenza Richiesta di difesa dell’immunità parlamentare: cfr. Processo verbale.


6. Tempo delle interrogazioni (Consiglio)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B5-0098/2003).

Saranno prese in esame le interrogazione rivolte al Consiglio.

Vorrei porgere il benvenuto al Tempo delle interrogazioni al Ministro Frattini, che potrà contare sulla massima collaborazione del Parlamento per questo dialogo con il Consiglio.

Do la parola all’onorevole Carnero per una mozione di procedura.

 
  
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  Carnero González (PSE).(ES) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la possibilità di esprimere all’Aula quanto siamo addolorati dalla notizia dell’uccisione di una giovane volontaria spagnola, una ventiduenne di Toledo, Ana Isabel Sánchez Torralba, avvenuta la notte scorsa in Guinea equatoriale.

Stando alle informazioni che ci sono pervenute, è stata vittima dei colpi di arma da fuoco di alcuni militari di quel regime che, in maniera ingiustificabile e criminale, hanno sparato contro un veicolo civile che aveva appena superato un posto di blocco militare.

Signor Presidente, credo che si tratti di un’azione indicativa del comportamento di forze dell’ordine che sono abituate a maltrattare ed aggredire i cittadini. Di certo chiederemo debitamente conto dell’accaduto, ma, oltre ad esprimere indignazione, condanna e dolore, vorrei anche dire che ritengo che il Consiglio dell’Unione debba adottare tutte le misure necessarie ad esigere responsabilità, chiarezza e giustizia da questa dittatura, caratterizzata dagli elementi che sono stati in grado di uccidere una giovane donna davvero eccezionale.

 
  
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  Presidente. Onorevole Carnero, come Presidente di questa seduta parlamentare, non posso che sottoscrivere le sue parole e le sue intenzioni. Il Consiglio ha certamente preso nota della questione, sulla quale non dubito che tutti i colleghi siano d’accordo, e il Parlamento le darà il seguito che merita.

Annuncio l’

interrogazione n. 1 dell’onorevole Alexandros Alavanos (H-0351/03):

Oggetto: Divieto a cittadini europei di recarsi in Europa dalla Palestina

I cittadini europei, in possesso di passaporti europei, residenti nei territori palestinesi affrontano grandi difficoltà al momento di recarsi in Europa a causa degli ostacoli posti dalle autorità israeliane. A questi cittadini, esattamente come ai palestinesi, è fatto divieto di recarsi in Europa con un volo di linea e, pertanto, la loro unica possibilità consiste nel partire dalla Giordania, paese che però impone una serie di limitazioni agli spostamenti (contingentamento, obbligo di invito da parte di un cittadino giordano eccetera).

Quali azioni intende intraprendere il Consiglio per persuadere Israele a garantire ai cittadini europei la libertà di recarsi in Europa?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Il Consiglio è perfettamente consapevole delle difficoltà causate dalle restrizioni di viaggio imposte dalle autorità israeliane ai cittadini europei residenti nei territori palestinesi, problema a cui l’onorevole interrogante ha fatto riferimento. Tali restrizioni non sono in nessun caso giustificabili. Come in passato, l’Unione europea, e ora quindi la Presidenza del Consiglio, si avvarrà dei suoi frequenti contatti con le autorità israeliane per sottolineare l’importanza della libera circolazione dei cittadini di paesi europei, con passaporti europei, che intendono viaggiare da e verso i Territori occupati.

 
  
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  Alavanos (GUE/NGL).(EL) Ringrazio il Presidente in carica del Consiglio per la risposta, che è stata molto esauriente. Vorrei dire che questo problema riguarda moltissime persone in possesso di passaporti europei, tra cui donne e bambini, italiani, greci e altri cittadini dell’Unione europea coniugati con palestinesi. Vorrei che le affermazioni del Ministro Frattini trovassero attuazione nella realtà. In altre parole, alla prima occasione e tenendo conto dei buoni rapporti che intercorrono tra il governo italiano e Israele, di cui si è avuta addirittura una dimostrazione quando è stato espresso l’auspicio che un giorno Israele possa diventare uno Stato membro dell’Unione europea, vorrei che la questione venisse sollevata con urgenza, affinché si possa trovare rapidamente una soluzione alla spiacevole situazione che questi cittadini si trovano a dover affrontare.

 
  
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  Presidente. Poiché vertono sullo stesso argomento, annuncio congiuntamente l’

interrogazione n. 2 dell’onorevole Josu Ortuondo Larrea (H-0352/03):

Oggetto: Attentati suicidi a Casablanca contro obiettivi europei

Lo scorso 17 maggio, cinque attentati suicidi a Casablanca, diretti, tra gli altri, contro bersagli quali la Casa de España e la Camera di commercio spagnola, nonché una zona in cui si trovava un ristorante italiano, hanno provocato 41 morti e un centinaio di feriti, tra cui diversi spagnoli.

Mentre il governo spagnolo negava qualsiasi connessione tra questi attentati e il suo appoggio alla guerra in Iraq, sulla stampa spagnola, scrittori di rilievo affermavano il contrario, come Antonio Gala secondo il quale “non si può lottare contro il terrorismo con il terrorismo, sia esso di natura nazionale o internazionale” o come F. López Agudín che ricordava “era prevedibile che una guerra illegale, una palese forma di terrorismo di stato, avrebbe rafforzato il terrorismo islamico”. Simili opinioni avevano eco anche in altri mezzi di comunicazione europei.

Il sig. Rodríguez Zapatero ha affermato: “Temo che purtroppo avevamo ragione quando abbiamo affermato che l’arma di distruzione di massa più preoccupante erano l’odio e il fanatismo che questa guerra avrebbe potuto scatenare” (Iraq).

Oltre a condannare personalmente tali atti e a esprimere la mia solidarietà nei confronti delle vittime, mi domando: il Consiglio ha valutato questi attentati contro obiettivi europei? Il Consiglio reputa attendibili le affermazioni di certi leader secondo cui oggi il mondo è più sicuro e i rischi di subire attentati terroristici sono minori?

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interrogazione n. 3 dell’onorevole Camilo Nogueira Román, sostituito dall’onorevole Josu Ortuondo Larrea (H-0355/03):

Oggetto: Gli Stati dell’Unione e l’attentato terroristico in Marocco con 41 morti

Che cosa pensa il Consiglio degli attentati terroristici di Casablanca che hanno causato 41 morti, fra cui diversi cittadini dell’Unione, oltre a numerosi feriti? Poiché gli attentati sono stati perpetrati dopo la guerra condotta dagli USA e dai suoi alleati in Iraq, il Consiglio attribuisce un qualche significato al fatto che gran parte dei morti e feriti è stata registrata in un locale legato ad uno Stato membro? Che misure politiche pensa di adottare il Consiglio per evitare o limitare il pericolo connesso a tali atti terroristici?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Risponderò congiuntamente alle due interrogazioni, dicendo anzitutto che l’Unione europea, com’è evidente, condanna ancora una volta con fermezza i barbari attentati terroristici perpetrati a Casablanca e in ogni altra parte del mondo. Quegli attentati di Casablanca hanno brutalmente confermato che il terrorismo rappresenta una crescente minaccia per la democrazia, la pace, la sicurezza internazionale, da cui nessun paese può ritenersi libero o sicuro. La lotta contro il terrorismo impone alla comunità internazionale la massima determinazione, la più forte volontà per cooperare e avviare un’azione concertata. L’Unione europea continuerà – e ritengo che sia questa una priorità assoluta della Presidenza italiana – a fare la propria parte per prevenire e sradicare questa minaccia.

L’Unione ha adottato un approccio globale per la lotta al terrorismo che abbraccia tutte le politiche dell’Unione europea, si basa su un piano d’azione la cui attuazione procede secondo le previsioni e una tabella di marcia regolarmente aggiornata. Una relazione aggiornata della Presidenza sulle attività nella lotta contro il terrorismo è stata, come lorsignori sanno, presentata al Consiglio nella tornata di giugno 2003. Sul piano interno l’Unione opera con strumenti politici, economici e giudiziari; parallelamente, l’Unione provvede ad incorporare la lotta al terrorismo in tutti gli aspetti della sua politica esterna. Nelle riunioni di dialogo politico con tutti i paesi terzi – e ovviamente per quel che ci interessa ora, il Marocco – tale questione è regolarmente inserita nell’ordine del giorno. L’Unione europea, infine, continua nello stesso tempo a promuovere il dialogo e gli scambi tra culture, religioni e civiltà. Un lavoro sostanziale è effettuato segnatamente nel quadro del processo di Barcellona per la creazione di una fondazione euromediterranea per il dialogo tra le culture e le civiltà, misura questa in grado di contribuire a sradicare le cause di ogni forma di violenza estremista che possa condurre al terrorismo.

 
  
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  Ortuondo Larrea (Verts/ALE).(ES) Signor Presidente, Ministro Frattini, parlando della questione degli attentati suicidi, mi viene in mente un libro scritto di recente dal sociologo e ideologo francese Emmanuel Todd, che s’intitola “Dopo l’impero”. In esso si afferma che le società, con il progredire dell’istruzione, evolvono verso la democrazia quale sistema politico che garantisce libertà e giustizia e, in questo processo, l’Occidente assurge a grande propulsore della democrazia, del progresso e dello sviluppo dei popoli, oltre ad essere leader e arbitro di conflitti.

Ciononostante, se, anteponendo e privilegiando i propri interessi, l’Occidente non agirà con giustizia ed equità nelle relazioni internazionali, non farà altro che dare vita ad una nuova forma di autarchia antidemocratica che finirà col metterlo in conflitto con il resto del mondo e provocherà il suo inevitabile declino.

Alla luce delle riflessioni del signor Todd, vorrei chiederle se non crede che, con imposizioni e sfruttamenti ingiusti, con guerre preventive basate su prove infondate dell’esistenza di armi di distruzione di massa e di rischi per la sicurezza mondiale – come nel caso dell’Iraq – i governi invasori, anziché portare pace e libertà, abbiano creato nuovi odi e disperazione per i quali l’unica via d’uscita sembra quella degli attentati e dell’autoimmolazione terroristica al fine di ottenere un mondo più giusto per chi è vittima di sfruttamento e aggressione.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Credo che il terrorismo non possa mai avere – dico mai – una giustificazione quando si uccidono donne, bambini, persone innocenti, quando si colpisce la vita civile. Detto questo, è evidente che le cause strutturali del terrorismo debbono essere affrontate, e quelle cause possono trovarsi anche nella disperazione, nella povertà, nella difficoltà di dialogo tra culture. Ecco perché credo che la strategia europea complessiva debba essere, da un lato, una lotta senza quartiere ad ogni forma di terrorismo e, dall’altro, un dialogo profondo tra civiltà e culture. Si tratta di affrontare le ragioni strutturali che possono portare – ma, lo ripeto, mai giustificare – ad azioni di terrorismo.

 
  
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  Ortuondo Larrea (Verts/ALE).(ES) Signor Ministro, mi creda, anch’io condanno tassativamente le azioni terroristiche e i crimini commessi, ma vorrei sottolineare che il professore americano John Esposito, esperto islamista e direttore del centro per la comprensione tra musulmani e cristiani, ha affermato che Washington ha sempre fondato le proprie relazioni con i paesi del Golfo Persico sugli interessi petroliferi, e non sulla comprensione della loro cultura e della loro popolazione. Ha affermato che bisogna distinguere tra gli estremisti e la maggioranza dei cittadini e che, per combattere il terrorismo, senza alienare i musulmani e provocare un vero e proprio scontro di civiltà, è necessario ricorrere alla diplomazia pubblica, costruire ponti e andare alla radice dei problemi, giacché il semplice utilizzo di mezzi militari ed economici non è sufficiente.

Pertanto, la mia domanda è questa: il Consiglio ritiene che la decisione di invadere l’Iraq, che ha provocato un gran numero di vittime, oltre a distruzione, immigrazione e desolazione e che è stata adottata con l’assenso di leader europei come José María Aznar, Tony Blair e anche Silvio Berlusconi, sia più valida, per affrontare il problema della sicurezza mondiale, di iniziative come l’accordo del Venerdì Santo, raggiunto nell’Irlanda del Nord, o come la roadmap elaborata per il conflitto israelo-palestinese? Non crede che, come afferma il professor Esposito, se vogliamo che in Medio Oriente, o in qualunque altra parte del mondo, regni la democrazia, non possiamo continuare a dire ai cittadini degli altri paesi in cosa deve consistere, come dev’essere articolata e chi deve guidare quella democrazia?

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 4 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0354/03):

Oggetto: Elaborazione di profili di sospetti autori di atti terroristici

Capisco che, in risposta alla raccomandazione adottata dal Consiglio Giustizia e Affari Interni dell’UE a Bruxelles nel novembre 2002 concernente l’elaborazione di profili di terroristi, si intenda avviare un progetto pilota.

Il primo rapporto (marzo 2003) della Rete europea di esperti indipendenti in materia di diritti fondamentali affermava che tali profili “presenta[no] un rischio rilevante di discriminazione [e] possono essere accettati soltanto in presenza di una dimostrazione giusta e statisticamente significativa dei rapporti esistenti tra le caratteristiche rilevate e il rischio di terrorismo, una dimostrazione a tutt’oggi non disponibile”.

Che forme di tutela il Consiglio/gli Stati membri stanno applicando per garantire che il progetto pilota non presenti rischi di discriminazione o di minaccia delle libertà democratiche?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Il Consiglio non conosce, non è stato informato dell’avvio del progetto pilota riguardante la materia che è citata nell’interrogazione dell’onorevole parlamentare. Nelle considerazioni e nel dispositivo, invece, del rapporto concernente l’elaborazione di profili di terroristi, citato dall’onorevole parlamentare nella sua interrogazione, viene sottolineato l’obbligo di rispettare i diritti e le libertà fondamentali. Ripeto, non conosco l’avvio di un progetto pilota, ma quel richiamo all’obbligo di rispetto assoluto dei diritti e delle libertà fondamentali credo non possa in ogni caso venire né cancellato né attenuato.

 
  
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  Ludford (ELDR).(EN) Ringrazio il Ministro Frattini per averci garantito che finora non esiste alcun progetto pilota. Avevo capito che ci fosse l’intenzione di avviarne uno. Ovviamente è inutile approvare la raccomandazione se mancava l’intenzione di applicarla.

Il mio timore deriva dal fatto che la raccomandazione approvata lo scorso novembre non conteneva il minimo accenno a rischi di discriminazione, di cui bisogna invece tenere conto perché la rete di esperti in materia di diritti fondamentali ha rilevato che tale elaborazione di profili, invece, presenta seri rischi di questo tipo. Secondo tali esperti, se il profilo individuale dev’essere elaborato in base a caratteristiche quali la nazionalità e i tratti psicosociologici delle persone, e se poi si deve partire da questi presupposti per stabilire chi può essere un eventuale terrorista, occorre essere assolutamente certi che esista un logico nesso statistico tra le caratteristiche e i rischi.

Vorrei che, qualora non fosse stato ancora avviato alcun progetto pilota o qualora vi fosse l’intenzione di mettere in cantiere progetti simili da parte degli Stati membri, il Presidente in carica del Consiglio mi garantisse che svolgerà analisi statistiche prima di dare il via libera al loro avvio.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Credo di poter confermare all’onorevole interrogante che è e sarà dovere del Consiglio tener conto di quanto emerso nel dibattito di oggi. Ne darò certamente informazione alla segreteria del Consiglio affinché possa tenerne conto ove questa intenzione vi fosse e ove questo progetto pilota dovesse in futuro essere preparato, cosa che – lo ripeto – allo stato non mi risulta.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 5 dell’onorevole Patricia McKenna (H-0361/03):

Oggetto: Occupazione illegale dell’Iraq

Il Regno Unito, un membro del Consiglio, sta occupando illegalmente l’Iraq.

Che cosa ne pensa il Consiglio del fatto che uno dei suoi membri stia occupando illegalmente un altro paese e quali azioni intende promuovere per rettificare tale situazione?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Il Consiglio non ha dibattuto la natura giuridica della guerra in Iraq e, come l’onorevole parlamentare sa bene, sulla questione sia la comunità internazionale sia gli Stati membri dell’Unione europea hanno avuto opinioni differenti. Il Consiglio si è fortemente rallegrato per la fine dell’azione militare e l’adozione unanime della risoluzione 1483 del Consiglio di sicurezza sul dopoguerra in Iraq. Ciò è la dimostrazione di un nuovo spirito di cooperazione nella comunità internazionale, sul quale dobbiamo costruire il futuro. La risoluzione e la nomina di un rappresentante speciale in Iraq dà alle Nazioni Unite un ruolo importante nel processo di ricostruzione del paese, secondo quanto aveva raccomandato proprio l’Unione europea. L’Unione si è impegnata a svolgere una funzione significativa proprio nella ricostruzione politica ed economica dell’Iraq. Un’assistenza umanitaria è già in atto: la Commissione e gli Stati membri dell’Unione hanno sottoscritto impegni per oltre 700 milioni di euro per aiuti umanitari. Nell’anno 2003 la Commissione e il Segretario generale/Alto rappresentante Javier Solana, si tengono in stretto contatto con il Rappresentante speciale delle Nazioni Unite per esplorare eventuali azioni ulteriori dell’Unione europea proprio per il dopoguerra in Iraq, per contribuire in questa fase, comunque e in via assoluta, ai bisogni di assistenza immediata del popolo iracheno.

 
  
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  McKenna (Verts/ALE).(EN) E’ piuttosto evidente che l’invasione e l’attuale occupazione dell’Iraq non sono suffragate da alcuna legittimità internazionale. Adesso sappiamo che il governo britannico, formato da Blair and company, ha mentito per giustificare il sostegno dell’invasione e dell’occupazione attuata dalle truppe britanniche e statunitensi. Vorrei chiedere due cose al Consiglio.

La prima domanda riguarda la risoluzione. E’ abbastanza palese che il suo unico scopo è prestare aiuto a Regno Unito e Stati Uniti per l’atto illegale che hanno commesso. Il paese è in crisi: c’è un’enorme quantità di persone la cui sopravvivenza dipende dagli aiuti alimentari; l’ordine pubblico non esiste più; la popolazione irachena dice che, adesso che si può uscire per strada, la società è morta; l’intero sistema è crollato. E’ questa la prima cosa che vorrei sapere dal Consiglio sull’attuale situazione in Iraq, che non può assolutamente essere lasciato nelle mani di britannici e americani.

In secondo luogo, che cosa intende fare il Consiglio per diversi cittadini dell’Unione europea detenuti nella baia di Guantánamo, giacché è evidente che i britannici sono troppo codardi per opporsi agli americani e difendere i propri connazionali?

Sono anche loro cittadini europei e spetta all’Unione fare qualcosa per risolvere questo problema, così come pure quello dell’occupazione illegale dell’Iraq. E’ assolutamente inaccettabile che Regno Unito e Stati Uniti possano trarre profitto da attività illecite.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Posso dire soltanto all’onorevole interrogante che l’Unione europea ha già affrontato la questione in varie occasioni, a livello anche di riunioni di ministri degli Esteri – come credo continuerà a fare e sia opportuno che faccia – per esplorare quali ulteriori azioni di coinvolgimento dell’Europa per l’Iraq, anzitutto a beneficio del popolo iracheno, quali ulteriori contributi, quali ulteriori iniziative l’Europa può disporre sul territorio iracheno. Credo che l’esame attualmente in corso vada approfondito, evidentemente in stretto contatto con le forze angloamericane che sono sul territorio. Alcuni Stati, com’è noto, hanno svolto azioni di intervento umanitario sul territorio a titolo nazionale. L’Italia è tra questi paesi, ma io credo che sia importante radicare un impegno dell’Europa in quanto tale per il popolo iracheno, per le sue necessità e per i suoi bisogni.

 
  
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  Ortuondo Larrea (Verts/ALE).(ES) Signor Ministro, non ha risposto alla domanda che le ho rivolto, relativa al coinvolgimento dei Primi Ministri Aznar, Blair e Berlusconi nella guerra irachena. Lei ha parlato del Consiglio di Barcellona e del dialogo euromediterraneo, e questo va bene, ma ha anche detto, rispondendo all’onorevole McKenna, che il Consiglio non ha affrontato la questione della guerra in Iraq. Quindi le chiedo: non è forse vero che la Presidenza greca aveva cercato di riunire il Consiglio europeo per discutere della questione e che Tony Blair, José María Aznar e Silvio Berlusconi si erano opposti a che l’argomento venisse trattato in quella sede?

 
  
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  Presidente. – In tutta onestà, devo dirle che non sono certo che si tratti di una domanda complementare all’interrogazione n. 5; spetta al signor Presidente in carica del Consiglio decidere e fornire una risposta, se lo ritiene opportuno.

 
  
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  Alyssandrakis (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha affermato che il Consiglio non ha dibattuto la natura giuridica della guerra in Iraq; la Presidenza greca, tuttavia, con la dichiarazione del 16 aprile ha in pratica legalizzato l’intervento angloamericano – o ciò che io definirei invasione – e, a Salonicco, il Consiglio ha adottato una posizione analoga. Senza dubbio un simile atteggiamento è palesemente contrario alla volontà dei popoli degli Stati membri dell’Unione europea, che in ogni paese hanno manifestato contro quest’invasione omicida. Il Consiglio non è preoccupato per il divario esistente tra le sue azioni e il volere dei cittadini?

 
  
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  Frattini, Consiglio. La mia risposta sarà particolarmente breve perché io credo che noi, Stati e popoli dell’Unione europea che ci siamo tutti rallegrati fortemente e abbiamo fortemente auspicato l’intervento delle Nazioni Unite con la risoluzione 1483, dobbiamo oggi guardare al futuro. Guardare al futuro vuol dire preoccuparci della gente che soffre in Iraq, preoccuparci di creare le condizioni perché in un futuro, che speriamo non lontano, il popolo iracheno riprenda in mano il proprio destino e quindi il proprio paese. Credo che guardare al futuro significhi come poter assistere, come poter aiutare il popolo iracheno a far funzionare nuovamente lo Stato, le istituzioni, la pubblica amministrazione dopo la caduta di una brutale dittatura. Questo credo che voglia dire guardare al futuro; questo hanno inteso fare il Consiglio di Salonicco e la Presidenza greca che ha gestito in modo eccellente la crisi dell’Iraq.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 6 dell’onorevole John Joseph McCartin (H-0363/03):

Oggetto: diritti umani in Russia

Il Consiglio è consapevole della portata della violenza contro le donne in Russia e in particolare della violenza domestica che, secondo le stime, causa ogni anno il decesso di 14 000 donne? Il Consiglio è consapevole del fatto che il governo russo non ha ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, che conferisce alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna l’autorità di esaminare le denunce presentate collegialmente e individualmente? Infine, il Consiglio si impegna a esaminare il problema e riferirne al Parlamento?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Al Consiglio non sono pervenute informazioni dettagliate riguardanti quei casi di violenza contro le donne che sono oggetto dell’interrogazione dell’onorevole parlamentare, né sulle ragioni della mancata ratifica da parte della Duma del protocollo alla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, convenzione firmata dalla Russia l’8 maggio del 2001. Il Consiglio segue attentamente gli sviluppi relativi ai diritti umani nella Federazione russa e affronta periodicamente le questioni dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto nelle riunioni con le autorità russe. Il Consiglio, posso assicurarlo, solleverà la questione della violenza contro le donne, nonché della mancata ratifica di quel protocollo, in un ambito appropriato. Occorre tener presente che anche Stati membri di questa Unione europea non hanno ancora ratificato il protocollo. L’Unione europea continuerà inoltre a manifestare le sue generali preoccupazioni in quest’ambito – per promuovere la tutela della dignità della persona umana senza distinzioni tra donna e uomo, con particolare riferimento ai diritti della donna – anche nel quadro delle organizzazioni internazionali, prima fra tutte le Nazioni Unite.

 
  
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  McCartin (PPE-DE).(EN) Desidero ringraziare il Presidente in carica del Consiglio per la soddisfacente risposta che mi ha fornito. Si tratta di un problema che l’Unione europea, con la quota di commercio internazionale che detiene, con il peso economico che riveste a livello mondiale e con l’influenza politica di cui è indubbiamente dotata, non può ignorare. Questo è un problema che va affrontato e sono lieto che, a tale riguardo, il Presidente in carica del Consiglio sia d’accordo con me.

Dovremmo ricordare che, sebbene alcuni Stati dell’Unione non abbiano ratificato questa convenzione, nei propri Trattati l’Unione europea garantisce tuttavia la parità tra uomini e donne nell’ambiente di lavoro e in molte altre situazioni, per cui si tratta di un problema che, in seno all’Unione europea, non è grave come lo è invece nello Stato russo.

Oggi la Russia sta realizzando la crescita economica, sta di nuovo compiendo progressi. Ne siamo lieti, ma il progresso non sarà sostenuto a meno che non venga garantita la parità per tutti i cittadini, soprattutto per i più deboli.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 7 dell’onorevole Malcolm Harbour (H-0372/03):

Oggetto: Verifica dei pesi e delle misure dei metalli preziosi

La Presidenza può confermare la sua intenzione di ripresentare le proposte di direttiva sull’armonizzazione della verifica dei pesi e delle misure per i metalli preziosi e, in caso affermativo, a quale base giuridica intenda riferirsi nella presentazione di tale proposta?

 
  
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  Frattini, Consiglio. La Presidenza italiana proporrà la riapertura delle discussioni, interrotte nel 1998, relative alla proposta di direttiva sull’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative sulla verifica dei pesi e delle misure per i metalli preziosi, come presentata dalla Commissione europea il 22 aprile del 1996. Alla luce delle ultime evoluzioni normative in alcuni Stati membri, la Presidenza ritiene opportuno rilanciare il dibattito per evidenziare delle possibili soluzioni di compromesso. In tal senso la Presidenza italiana intende ricercare soluzioni su punti ancora non risolti, quali l’accrescimento del livello di protezione dei consumatori attraverso l’obbligo del rispetto dei requisiti tecnici armonizzati per tutti i prodotti immessi sul mercato; la posizione di marchi con un contenuto informativo maggiore per quanto riguarda l’identificazione; la responsabilità dei fabbricanti e degli organismi di controllo e, infine, il completamento della libera circolazione dei prodotti nel mercato interno per questo settore.

 
  
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  Harbour (PPE-DE).(EN) Vorrei ringraziare il Presidente in carica del Consiglio per l’esauriente risposta. Tuttavia, per quel che riguarda il mio paese, il Regno Unito, temo che l’attuale proposta presentata dalla Commissione indebolirebbe seriamente un consolidato sistema di protezione del consumatore in vigore da secoli.

Vorrei far presente alla Presidenza che disponiamo già di un accordo internazionale sulla verifica dei pesi e delle misure dei metalli preziosi di cui l’Unione europea potrebbe avvalersi poiché, oltre a costituire un sistema consolidato di protezione del consumatore, eliminerebbe la necessità di orientarsi verso una direzione che, come sa, molti paesi non condividono.

In secondo luogo, mi preme segnalarle che si registra un forte interesse da parte dei paesi candidati. Posso fornirle una dichiarazione dei diversi uffici di saggio dei metalli presenti in Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia, che sono seriamente preoccupati da questa proposta e temono che la Presidenza italiana insista per portare a termine questa direttiva prima che i suddetti Stati possano avere voce in capitolo. E’ assolutamente inaccettabile che la Presidenza italiana apra un dossier per il quale sa che sarà difficile trovare una soluzione e che pregiudicherà gravemente la protezione dei consumatori.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Ringrazio l’onorevole interrogante per aver richiamato queste difficoltà. Evidentemente la Presidenza terrà doverosamente conto, prima dell’apertura concreta del dossier, delle difficoltà cui l’onorevole parlamentare ha fatto riferimento. La funzione dello scambio continuo tra Consiglio e Parlamento è, appunto, anche quella di raccogliere perplessità e problemi.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 8 dell’onorevole Lennart Sacrédeus (H-0377/03):

Oggetto: Relazione sulla libertà di credo e religione nel mondo

La commissione parlamentare degli Stati Uniti d’America per la libertà religiosa internazionale (USCIRF) ha una funzione consultiva per il governo di suddetto paese in materia di libertà religiosa. Nella sua relazione annuale, l’USCIRF esprime preoccupazione per il fatto che il regime saudita destina capitali all’estero per diffondere la sua interpretazione estremista dell’Islam wahabita, accrescendo il tal modo l’intolleranza religiosa in altri paesi. A titolo esemplificativo si possono menzionare la formazione di funzionari in materia di legge della sharia negli Stati federati della Nigeria settentrionale, il finanziamento saudita per l’edificazione di una moschea wahabita e per attività missionaria, nonché la scelta operata da musulmani wahabiti estremisti di recarsi in Afghanistan, Bosnia, Cecenia e Kashmir per prendere parte a una “guerra santa”. Sulla base di ciò, l’USCIRF raccomanda al ministro degli esteri statunitense di inserire l’Arabia Saudita nell’elenco da egli annualmente stilato dei paesi costituenti fonte di particolare preoccupazione.

Come valuta il Consiglio i dati apparsi nella relazione dell’USCIRF concernenti l’Arabia Saudita e la violenza e il terrorismo di matrice islamico-wahabita? E’ il Consiglio disposto ad intensificare gli sforzi dell’UE per la difesa della libertà di religione e di credo nel mondo, mediante l’elaborazione di analoghe relazioni e analisi sulla libertà religiosa e di una lista come quella stilata dal governo statunitense?

 
  
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  Frattini, Consiglio. La relazione cui fa riferimento l’onorevole parlamentare non è stata discussa da nessuno dei gruppi pertinenti del Consiglio. La relazione annuale dell’Unione europea sui diritti dell’uomo illustra, tra l’altro, la chiara posizione che noi abbiamo in merito alla libertà di religione e alle azioni intraprese su tale base. L’Unione coglie, credo, ogni occasione per sollecitare gli Stati a perseguire leggi e prassi che favoriscano la tolleranza e il rispetto reciproco. Le preoccupazioni relative alla libertà di religione sono manifestate regolarmente presso tutti i governi interessati, sia nei contatti bilaterali sia nelle sedi multilaterali come, ad esempio, le riunioni annuali della Commissione per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e il terzo comitato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nel corso della più recente sessione della Commissione per i diritti umani l’Unione ha espresso, tra l’altro, la sua viva preoccupazione per l’attuazione delle norme internazionali fondamentali relative ai diritti umani in Arabia Saudita, tra cui le persistenti restrizioni alla libertà di religione e di espressione e la discriminazione sistematica delle donne. Alla 59a sessione della Commissione per i diritti umani, come negli anni precedenti, l’Unione ha sostenuto la risoluzione, presentata proprio dal governo irlandese, sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza religiosa e dove si esortano gli Stati ad adottare le azioni necessarie a combattere l’odio, l’intolleranza, la violenza e la coercizione dovuti a motivi di religione o di credo spirituale.

 
  
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  Sacrédeus (PPE-DE).(SV) Vorrei innanzi tutto porgere il benvenuto all’Italia, paese di turno alla Presidenza del Consiglio, e ringraziare molto il Ministro Frattini per la risposta. So che il governo italiano, e soprattutto il Ministro Buttiglione, si dedicano attivamente a questioni relative alla libertà e alla tolleranza religiosa nel mondo. Ciononostante, vorrei chiedere nuovamente come valuta il Consiglio la relazione dell’USCIRF concernente l’Arabia Saudita e la violenza e il terrorismo di matrice islamico-wahabita. Che cosa può fare l’Unione europea, sotto la Presidenza italiana, per rafforzare le posizioni dell’UE sull’argomento?

Vorrei anche formulare una domanda complementare. Il Consiglio è disposto ad intensificare gli sforzi dell’Unione in quest’ambito? L’Unione europea può elaborare relazioni sulla libertà religiosa analoghe a quelle stilate annualmente dal governo statunitense?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Non ho difficoltà a confermare quanto detto in apertura: il Consiglio non esprime, oggi, una valutazione su quella relazione perché essa non è stata ancora discussa dai gruppi competenti del Consiglio. Prendo atto della sollecitazione dell’onorevole interrogante per dire che sottoporrò al segretariato del Consiglio l’opportunità di farla esaminare per potere, eventualmente e ovviamente, esprimere una nostra valutazione. Posso dirle sin d’ora, onorevole deputato, che ritengo sia importante rafforzare il principio di tutela a cui ella ha fatto riferimento nella sua interrogazione.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 9 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0379/03):

Oggetto: Divieto di clonazione

Può il Consiglio far sapere come valuta gli sforzi che si stanno compiendo per vietare qualsiasi forma di clonazione umana a livello mondiale e nell’Unione europea?

 
  
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  Frattini, Consiglio. La Presidenza del Consiglio ringrazia l’onorevole parlamentare per aver richiamato l’attenzione su questo argomento così importante. La questione della clonazione umana e del divieto della medesima non rientra, come tutti sappiamo, nelle competenze dell’Unione europea. Tuttavia la Presidenza ricorda, a tale riguardo, i principi che sono sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: l’articolo 1 stabilisce che la dignità umana è inviolabile e dev’essere rispettata e tutelata; l’articolo 3 stabilisce, inoltre, che nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati, tra l’altro, il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare quelle che hanno per scopo la selezione delle persone, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti una fonte di guadagno, il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. La risposta credo possa essere che – al di là di un valore profondo che chi vi parla personalmente sente dentro di sé – il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani è chiaramente stabilito dall’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

 
  
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  Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, sono molto grato al Presidente in carica del Consiglio per la risposta esauriente e chiara. Vorrei solo formulare due domande complementari. Innanzi tutto, la Carta dei diritti fondamentali si riferisce semplicemente alla clonazione “riproduttiva”, anziché a quella “terapeutica”, sebbene siano la stessa cosa. Germania, Francia ed altri paesi stanno cercando di costringere le Nazioni Unite a vietare qualsiasi tipo di clonazione nel mondo. Vorrei solo chiedere se la Presidenza del Consiglio non potrebbe avviare a sua volta qualche azione in tal senso.

In secondo luogo, lei ha ragione ad invocare il principio della sussidiarietà in quest’ambito, ma non sussiste il rischio che, in settori quali la ricerca embrionale, l’Unione europea possa modificare o indebolire le disposizioni più severe vigenti negli Stati membri in materia di protezione degli embrioni?

 
  
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  Frattini, Consiglio. La sollecitazione che oggi ho raccolto sarà oggetto di un esame approfondito che la Presidenza del Consiglio farà, proprio allo scopo di valutare le iniziative della Germania e della Francia, che lei ha richiamato, onorevole, e proprio per evitare quei pericoli che possono in qualche modo toccare un principio tanto importante nella coscienza delle persone umane, vorrei dire ancor prima che nelle regole del diritto.

 
  
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  Liese (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, ringrazio molto il Presidente in carica del Consiglio per la dichiarazione. A rigor di precisione, vorrei solo formulare una domanda complementare. Poiché il professor Girolamo Sirchia, ministro della Sanità, si è attivamente interessato alla questione, penso che la Presidenza sia a conoscenza del fatto che il Parlamento è fermamente convinto che esista una base giuridica per un divieto totale della clonazione, ossia per proibire sia la cosiddetta clonazione riproduttiva che la clonazione a fini di ricerca. Il Parlamento ha adottato questa posizione nel corso della procedura di codecisione sulla relazione riguardante la definizione di parametri di qualità e di sicurezza di cellule e tessuti. Nella riunione del Consiglio del 2 giugno, il professor Sirchia ha sostenuto la fondatezza della posizione del Parlamento. Vorrei sapere se la Presidenza è consapevole dell’importanza che il Parlamento attribuisce alla questione, nonché dell’intenzione del Parlamento di ripresentare questa mozione in seconda lettura.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Ne sono certamente consapevole, con il limite che ho indicato in premessa, ovvero che l’Unione europea non ha una competenza ad adottare azioni normative direttamente incidenti su tutto questo. Evidentemente, un’azione politica, un’azione forte, questa sì – come le ho detto, onorevole deputato – sarà da me sottoposta, previo esame approfondito, alle valutazioni del Consiglio.

 
  
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  Sacrédeus (PPE-DE).(SV) Grazie molte per la risposta. Tramite il suo Primo Ministro, la Presidenza italiana ha sottolineato oggi l’importanza di una stretta collaborazione con gli Stati Uniti, con la creazione di un’alleanza nordatlantica su una serie di questioni.

In che modo l’Unione europea può sfruttare i buoni rapporti che intercorrono tra il Primo Ministro italiano, per così dire il nuovo Presidente dell’Unione europea, e il Presidente degli Stati Uniti per promuovere un’azione congiunta tra USA e UE al fine di vietare la clonazione nel quadro dell’ONU?

 
  
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  Presidente. – Il Consiglio ne ha preso nota, ma non risponderà a questa domanda.

Annuncio l’

interrogazione n. 10 dell’onorevole Linda McAvan (H-0381/03):

Oggetto: Operatori del settore dei diritti umani in Indonesia

I recenti sequestri e assassinii di operatori del settore dei diritti umani ad Aceh destano grande inquietudine. Secondo l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’ONU, il governo indonesiano ha raccomandato a cinque delle sei ONG internazionali nonché a quattro agenzie ONU che operano ad Aceh di sospendere le loro attività per la propria sicurezza. E’ responsabilità del governo indonesiano garantire la sicurezza dei propri cittadini e degli operatori del settore dei diritti umani nel suo territorio.

Quali misure intende adottare il Consiglio alla luce del rapido deterioramento della situazione?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Il Consiglio segue la situazione dei diritti umani in Indonesia, e in particolare nell’Aceh, con molta attenzione. Fin dalla rottura delle trattative per la pace e la successiva proclamazione della legge marziale in questa provincia, nel maggio del 2003, le forze di sicurezza dell’Indonesia hanno avviato una rilevante operazione combinata contro il movimento per l’Aceh libero. In questa provincia si stanno svolgendo operazioni militari di polizia su vasta scala che potrebbero effettivamente mettere in pericolo la sicurezza del personale delle organizzazioni non governative internazionali e delle agenzie dell’ONU.

In varie occasioni l’Unione europea ha esortato, in pubblico e in privato, il governo indonesiano a proteggere i civili nelle battaglie in corso, a salvaguardare i diritti umani della popolazione di quella provincia e a ricercare una soluzione pacifica e negoziata. L’Unione ricorda la recente risoluzione sui difensori dei diritti umani, adottata per consenso nella 59a Commissione dei diritti umani a Ginevra. Tale risoluzione chiede a tutti gli Stati di adottare le misure necessarie per la protezione dei difensori dei diritti umani, e in questo contesto posso assicurare che l’Unione europea inviterà il governo indonesiano a permettere la visita in quella provincia di Hina Hilani, rappresentante speciale del Segretario generale dell’ONU per la situazione dei difensori dei diritti umani. L’Unione continuerà inoltre a seguire da vicino gli sviluppi sul posto e a manifestare nel modo appropriato le proprie, serie preoccupazioni al governo indonesiano.

 
  
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  McAvan (PSE).(EN) Il Consiglio è a conoscenza del fatto che, solo negli ultimi giorni, è stato dato un ulteriore giro di vite alle attività delle organizzazioni per i diritti umani nell’Aceh? Ad esempio, adesso è stato loro proibito di rivolgersi alla stampa e di rilasciare dichiarazioni. Se il Consiglio è al corrente della situazione, cosa intende fare al riguardo? Contatterà le autorità indonesiane?

Mentre noi siamo qui ad assistere all’odierna seduta parlamentare, diventa effettivamente sempre più difficile verificare ciò che accade e se vengono violati i diritti umani.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Confermo all’onorevole interrogante che, anche alla luce degli episodi degli ultimi giorni e delle ultime settimane, i nostri contatti e la nostra presa di posizione saranno fermi, anzitutto per conoscere e poi per rappresentare quello che il Parlamento europeo e il Consiglio europeo condividono su questo tema.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 11 dell’onorevole María Izquierdo Rojo (H-0308/03):

Oggetto: Vittime della guerra in Iraq

Relativamente alla guerra in Iraq e in base ai dati in possesso del Consiglio:

A quanto ammonta il numero di vittime tra i civili? Quante sono le vittime tra i militari? Tra le donne? Tra i bambini? Tra i giornalisti? A quanto ammonta il numero di feriti tra i civili? Quanti sono i feriti tra i militari? Tra i giornalisti? Tra i bambini? Tra le donne? Quale altro tipo di dati potrebbe essere preso in considerazione in questo senso?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Sono spiacente di non poter rispondere nel merito all’onorevole interrogante perché il Consiglio non è, evidentemente, in possesso dei dati richiesti. Per quanto ho detto poc’anzi – credo a proposito dell’interrogazione n. 5, sempre sull’Iraq – l’Europa ha assunto di recente delle iniziative per partecipare al programma di aiuti umanitari per questo paese, ma non conosciamo questi dati, che sono certamente conoscibili in altri modi, per esempio rivolgendosi alle organizzazioni, agli Stati che sono presenti sul territorio e che probabilmente di quei dati sono a conoscenza. Quel che posso dire, e me ne dispiaccio, è che il Consiglio non dispone di questi dati.

 
  
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  Izquierdo Rojo (PSE).(ES) Signor Presidente, è inammissibile che il Presidente in carica del Consiglio dia risposte retoriche, caute, evasive, scarne e insulse come questa.

Signor Presidente in carica del Consiglio, ci sono silenzi che la dicono lunga, che si fanno sentire, che sono spaventosi per la loro complicità. Che vergogna per un’Istituzione come il Consiglio dei ministri!

L’Unione europea registra minuziosamente il numero di molluschi e pesci, pulcini, polli, bovini e capre; identifica burocraticamente animali e vegetali di specie di ogni tipo, analizzandoli in modo approfondito; esamina i telai dei motori, i componenti e gli utensili industriali, i pneumatici, eccetera... E’ inammissibile che non sia in grado di quantificare le vittime di una guerra durata solo tre settimane! Tenendo conto del fatto che si tratta di una guerra che ha violato il diritto internazionale e che non ha goduto dell’appoggio multilaterale delle Nazioni Unite, la domanda che le rivolgo, e la prego di rispondere, signor Presidente in carica del Consiglio, è questa: condanna la violazione del diritto alla vita perpetrata ai danni delle vittime di questa guerra illegale?

 
  
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  Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei chiedere anche all’onorevole Izquierdo Rojo di attenersi alle formalità parlamentari. Dobbiamo capire che, ovviamente, il ruolo del Presidente in carica del Consiglio consiste solo nell’assolvere i doveri del Consiglio e che non è in alcun modo responsabile dei singoli Stati membri. Pertanto la mia domanda è se di fatto si sa se è stato possibile liberare dalle carceri irachene detenuti politici altrimenti condannati alla pena di morte.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Prenderò certamente informazioni su quanto l’onorevole interrogante mi ha ora chiesto e, se sarà ammissibile, presenterò una risposta scritta.

 
  
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  Korakas (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, come l’onorevole Izquierdo, penso che il Presidente in carica del Consiglio non abbia fornito una risposta adeguata. L’interrogazione gli era pervenuta in tempo e avrebbe potuto cercare di informarsi in modo da poter così informare anche noi. Vorrei tuttavia soffermarmi su una questione più fondamentale.

Oggi ho sentito il suo Primo Ministro, il Presidente in carica Berlusconi, affermare con dovizia di parole che era contrario alla guerra in Iraq, che non condivide il disprezzo mostrato nei confronti delle Nazioni Unite e che, in ogni caso, ha fatto tutto il possibile per evitare questa sciagura. Oggi, però assistiamo ad un’occupazione. Per di più si tratta di un’occupazione illegale, che continua nonostante la forte resistenza opposta quotidianamente dalla popolazione irachena.

Giacché si presume che la Presidenza sia contraria agli sviluppi appena descritti, anche se io la penso diversamente sulla posizione assunta dal governo italiano in proposito, vorrei sapere che cosa intende fare il Consiglio per porre fine a questa grave situazione, soprattutto adesso che il pretesto dell’esistenza di armi di distruzione di massa si è rivelato una menzogna. Gli stessi leader americani affermano che queste armi non esistono. I motivi, quindi, erano altri. Che cosa farà la Presidenza italiana? Si adopererà per porre fine a questa occupazione criminale?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Credo di poter rispondere a questa ulteriore domanda confermando quanto ho detto già prima, a proposito dell’azione della precedente Presidenza della Grecia, azione che sarà seguita anche dalla Presidenza italiana, in assoluta continuità. Noi riteniamo che si debba guardare al futuro, riteniamo che si debba, nel quadro delle Nazioni Unite e della risoluzione 1483, preoccuparsi delle esigenze umanitarie, della ricostruzione e stabilizzazione dell’Iraq, e credo che si debba pensare, in prospettiva, ad un impegno dell’Unione europea non limitato agli aiuti umanitari, come in questo momento sta accadendo. Evidentemente guardare al futuro vuol dire guardare in prospettiva alle condizioni che potranno riportare il popolo iracheno al governo del proprio paese dopo la caduta della dittatura. Questo è il percorso sul quale abbiamo iniziato a lavorare sotto la precedente Presidenza, e la Presidenza italiana continuerà a muoversi in tale direzione.

 
  
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  Presidente. Annuncio l’

interrogazione n. 12 dell’onorevole Seán Ó Neachtain (H-0384/03):

Oggetto: Regioni dell’obiettivo 1, Fondi strutturali e Fondo di coesione

Intende il Consiglio sotto la Presidenza italiana illustrare la sua posizione sul futuro dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione nelle regioni dell’obiettivo 1?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Il Consiglio non prevede di illustrare la sua posizione sul futuro dei Fondi e del Fondo di coesione per le regioni dell’obiettivo 1 durante la Presidenza italiana. Infatti, il Consiglio non sarà in grado di avviare i suoi lavori sul futuro della politica di coesione fino a quando la Commissione non avrà presentato le sue proposte. Tuttavia, in vista della presentazione del terzo rapporto sulla coesione economica e sociale, la Presidenza italiana del Consiglio intende mantenere vivo nell’agenda dei lavori di questo semestre il dibattito sulla riforma della politica di coesione dell’Unione. A tal fine verranno organizzati un certo numero di eventi, a livello politico come tecnico, tra cui in particolare un incontro informale dei ministri per lo Sviluppo regionale incentrato proprio sulla relazione tra coesione e competitività regionale e tra coesione e cooperazione. E’ intenzione del ministro competente dare informazioni più dettagliate su questa attività in occasione del suo intervento alla commissione per gli affari regionali del Parlamento europeo, intervento che evidentemente avrà luogo nei prossimi giorni.

 
  
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  Ó Neachtain (UEN).(EN) Ringrazio il Presidente in carica del Consiglio per la risposta, anche se non è stata molto esauriente. Resto del parere che la questione dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione nelle regioni dell’obiettivo 1 sia di competenza dell’Unione europea e che, come tale, meriti una risposta più approfondita. Giacché provengo da una regione dell’obiettivo 1 dell’Irlanda occidentale, credo che abbiamo il diritto di sapere che cosa intende fare il Presidente in carica del Consiglio per il futuro di questa importantissima zona, soprattutto perché è previsto un periodo di transizione per le regioni dell’obiettivo 1, che potrebbero beneficiare di tutti i vantaggi derivanti dai finanziamenti ricevuti.

 
  
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  Frattini, Consiglio. Certamente un elemento di merito in più potrebbe arrivare dalla Commissione che, come ho cercato di spiegare, non ha ancora presentato il proprio rapporto di merito. Solamente dopo quel rapporto la Presidenza del Consiglio potrà avviare un’azione. Ho detto anche che, vista l’importanza della materia, la Presidenza italiana affronterà ugualmente questo argomento e che il ministro italiano competente esporrà alla competente commissione di questo Parlamento i contenuti di merito. Queste sono le conclusioni a cui oggi, mancando il rapporto della Commissione, si può pervenire.

 
  
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  Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, vorrei rivolgere un’altra domanda al Ministro Frattini. Si è discusso a lungo del denaro inutilizzato dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione, che viene restituito ogni anno ai ministri delle Finanze. E’ ora in corso un dibattito molto approfondito per verificare l’opportunità di trasferire questi fondi per l’estensione delle reti transeuropee. Il Consiglio si sta occupando della questione e qual è il calendario previsto per poter disporre al più presto di questi finanziamenti, per realizzare la regione più competitiva del mondo?

 
  
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  Frattini, Consiglio. Mi permetterei, anche in merito a questa domanda, di fare riserva di una risposta scritta all’onorevole interrogante, positiva o negativa che sia. Trattandosi di una materia molto delicata, vorrei evitare di dire cose che non siano perfettamente chiare e precise.

 
  
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  Presidente. Essendo scaduto il tempo assegnato alle interrogazioni rivolte al Consiglio, le interrogazioni dal n. 13 al n. 29 riceveranno risposta per iscritto.

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni rivolte al Consiglio.

(La seduta, sospesa alle 19.05, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DIMITRAKOPOULOS
Vicepresidente

 

7. Cielo unico europeo
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la raccomandazione per la seconda lettura (A5-0219/2003), della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il quadro per la realizzazione del cielo unico europeo [15851/3/2002 – C5-0138/2003 – 2001/0060(COD)] (Relatore: onorevole Fava);

– la raccomandazione per la seconda lettura (A5-0225/2003), della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, sulle posizioni comuni definite dal Consiglio in vista dell’adozione di regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio su:

1. la prestazione di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo (“regolamento sulla fornitura di servizi”) [15853/2/2002 – C5-0137/2003 – 2001/0235(COD)],

2. l’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo (“regolamento sullo spazio aereo”) [15852/3/2002 – C5-0139/2003 – 2001/0236(COD)],

3. l’interoperabilità della rete europea di gestione del traffico aereo (“regolamento sull’interoperabilità”) [15854/3/2002 – C5-0140/2003 – 2001/0237(COD)] (Relatore: Sanders-ten Holte).

 
  
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  Fava (PSE), relatore. – Signor Presidente, siamo in dirittura di arrivo con una relazione, con un’iniziativa della Commissione che questo Parlamento ha accolto con grande favore e che ci sembra uno dei punti più qualificanti del lavoro che la commissione per la politica regionale ha svolto in questi anni: un cielo unico europeo che ha come obiettivi l’efficienza, la sicurezza, il contenimento dei costi. E’ chiaro che cielo unico è una concretezza di comportamenti e di regole, non certo una metafora letteraria: regole e sinergie che vanno definite, applicate, rispettate.

La proposta della Commissione, signor Presidente, ha avuto il merito e il coraggio – ne diamo atto al Commissario, signora de Palacio – di porre questo tema con rigore e con urgenza, anche nell’indicazione di termini. Un anno fa il Parlamento ha avuto il merito di raccogliere la sfida della Commissione in un momento particolare, dopo l’11 settembre, in un tempo in cui discutere di sicurezza nei cieli comportava un valore aggiunto di sensibilità, di ragionamento, di attenzione. Il Parlamento ha raccolto questa sfida, ha sostenuto con un consenso ampio e convinto questo progetto, che è stato approvato in prima lettura e che è stato affidato ad alcune regole semplici che noi auspichiamo vengano riconfermate ed applicate.

La regola più elementare è una necessaria armonia, una necessaria sinergia fra tutte le Istituzioni, tutti gli organi, tutti gli enti che sono chiamati a realizzare gli obiettivi del cielo unico – efficienza, sicurezza e mantenimento dei costi – e quindi anzitutto l’attenzione, la puntualità, la definizione di un rapporto chiaro fra Eurocontrol – l’Agenzia che si è occupata sul piano del know-how tecnico di gestire i cieli europei – e la Commissione, l’Unione europea. In questo senso siamo riusciti ad arrivare ad un punto di equilibrio ben preciso, che attribuisce alla Commissione la funzione, la responsabilità di gestione, di governo politico di questo cielo unico europeo e chiede ad Eurocontrol di mettere a disposizione la propria competenza, la propria esperienza, il proprio know-how tecnico.

Altro punto fondamentale è quello delle sanzioni: la previsione – che poi viene naturalmente rinviata alla definizione che compiutamente i vari Stati faranno – di un sistema di sanzioni che possa intervenire, punire le compagnie aeree e gli altri soggetti interessati nel caso in cui vengano violate queste regole. La parola sanzione è una parola sempre sgradevole, una parola che va sempre pronunciata con grande pudore e con grande attenzione, ma una parola necessaria in questo caso. Lo è dai tempi di Cesare Beccaria: se non abbiamo un sistema sanzionatorio, difficilmente riusciamo ad avere la certezza del rispetto della regola. E questo è un sistema di regole che non ammette eccezioni, se non in alcuni casi molto particolari; è un sistema di regole che si fonda sulla qualità del rispetto, altrimenti viene meno l’idea di cielo unico.

Terzo punto: cooperazione tra civili e militari. La cooperazione tra autorità civili e militari è il punto qualificante: per questo si prevede un comitato per il cielo unico al quale dovrebbero partecipare anche i militari; per questo si prevede una clausola di salvaguardia che attribuisce agli Stati membri la possibilità di soprassedere ad alcune norme del cielo unico qualora vi siano particolari situazioni, particolari urgenze, e questo naturalmente compete anzitutto al ruolo e alla funzione che hanno le forze armate e i militari.

Bene, rispetto a tutto ciò la posizione comune risente probabilmente di un clima, dopo l’11 settembre, molto più attento alle ragioni della sovranità nazionale e della difesa nazionale. E’ tuttavia una posizione che noi riteniamo abbastanza conservatrice. La cooperazione fra civili e militari è una cooperazione che viene sostanzialmente messa da parte. Il cielo unico perde uno dei suoi punti più qualificanti. Noi riteniamo che ci sia in questo senso, forse, un’ingenuità di prospettiva. Riteniamo che la cooperazione fra autorità civili e militari debba essere considerata, non un limite alla sovranità degli Stati membri ma una grande opportunità, un’opportunità che peraltro è garantita da una clausola di salvaguardia ampliata e che noi ci siamo limitati ad impedire che venga estesa anche alle semplici esercitazioni, altrimenti verrebbe meno l’idea stessa di cielo unico europeo.

Presidente, non ho null’altro da aggiungere. Ho riepilogato rapidamente i passaggi fondamentali della vicenda politica e istituzionale di questa relazione. Mi auguro che nelle settimane, nei mesi successivi, in un trilogo sereno con le altre Istituzioni questo Parlamento possa dare il proprio contributo perché si arrivi rapidamente a definire un sistema di norme che rappresenterà un punto di merito per il lavoro della Commissione, del Consiglio e, naturalmente, di questo Parlamento: per avere finalmente un cielo unico che sia un luogo di sicurezza che mettiamo a disposizione dei cittadini europei.

 
  
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  Sanders-ten Holte (ELDR), relatore. – (NL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, credo di parlare a nome della maggioranza dei colleghi quando dico che la nostra principale reazione nei confronti della posizione comune del Consiglio sul cielo unico è stata una certa delusione. Nell’ambito della sicurezza, il Consiglio ha fortunatamente interpretato nel modo corretto la volontà del Parlamento europeo. Ha anche apportato maggiore chiarezza alla proposta originaria della Commissione. Purtroppo, però, molte richieste fondamentali del Parlamento europeo sono state ampiamente ignorate, il che è deplorevole. Ora analizzerò più in dettaglio le condizioni che, a nostro parere, sono necessarie per la riuscita di un cielo unico europeo.

Innanzi tutto, vorremmo che una normativa stabilisse a chiare lettere la responsabilità in materia di certificazione e formazione dei controllori di volo, in modo da permettere alla Commissione di risolvere la questione. Vogliamo anche che, per questo tipo di personale, gli Stati membri perfezionino le modalità di assunzione. Inoltre penso che per tutti i fornitori di servizi di navigazione aerea sia necessario non avere conflitti di interesse, disporre di uno staff adeguato e garantire l’accesso ai servizi su una base non discriminatoria. Chiediamo altresì che la tariffazione di questi servizi sia trasparente ed offra incentivi in modo da migliorare l’efficienza e la sicurezza. Signora Commissario, noi non vogliamo uno spazio aereo più integrato, ma un cielo unico europeo, e mi auguro che trasmetta questo messaggio anche al Consiglio. Di fatto auspichiamo un impegno chiaro e univoco per la creazione di un’unica regione di informazione di volo, prima dello spazio aereo europeo superiore, e poi anche di quello inferiore.

Stiamo inoltre lavorando per riuscire ad attuare tutti gli elementi contenuti nel pacchetto, quindi anche quelli relativi all’interoperabilità, e questo è forse il fattore più importante. So che è un aspetto fondamentale anche per lei.

In terzo luogo, per noi è estremamente importante che gli Stati membri esprimano in modo chiaro e univoco la seria intenzione di riconfigurare lo spazio aereo europeo in blocchi funzionali transfrontalieri. Senza questo impegno, il cielo unico europeo sarà solo un’espressione vuota e non avrà alcuna speranza di successo. Ecco perché l’emendamento n. 26 della mia relazione è tanto importante. Al di là della decisiva priorità attribuita alla sicurezza, la gestione dello spazio aereo è anche un settore economico nel quale, in mancanza di stimoli da parte dell’UE, ogni Stato membro cercherà di perseguire i propri interessi. Se non fosse così, i blocchi funzionali di spazio aereo transfrontalieri sarebbero stati creati molto tempo fa.

Quarto, i desideri degli Stati membri non sempre corrispondono ai veri interessi dei cittadini. I passeggeri hanno diritto a minori ritardi e ad una sicurezza aerea addirittura maggiore. Inoltre, le persone che restano a terra a volte vengono ignorate, ma anch’esse hanno gli stessi diritti. Istituendo voli con rotte il più possibile dirette si deve poter garantire sicurezza aerea per tutti e minimi effetti negativi per l’ambiente. E’ proprio questo l’obiettivo che la riconfigurazione dello spazio aereo deve realizzare. Invitiamo gli Stati membri ad allentare le redini della sovranità sul loro spazio aereo per raggiungere quest’obiettivo.

Quinto, posso capire che gli Stati membri siano preoccupati per il coordinamento della gestione civile e militare dello spazio aereo e rispetto anche le restrizioni giuridiche imposte dal Trattato CE in quest’ambito. Tuttavia, signor Commissario, non credo che il Consiglio abbia raggiunto l’optimum in questo campo. Riguardo al cosiddetto uso flessibile dello spazio aereo, esistono sicuramente altre possibilità di migliorare il coordinamento tra i gestori civili e militari di questo settore senza violare il Trattato CE o pregiudicare le competenze degli Stati membri nell’ambito della difesa. Nessuno vuole minare l’efficacia delle forze aeree militari europee; vogliamo solo ottimizzare nei limiti del possibile l’uso dello spazio aereo migliorando la comunicazione e il coordinamento.

Vorrei infine ringraziare i colleghi per l’ottima collaborazione prestata lungo tutto l’arco del processo. Il buon coordinamento raggiunto con il collega Fava ha migliorato e rafforzato entrambe le proposte. Poiché esiste ancora una minima divergenza, il mio gruppo ha chiesto una votazione distinta per l’emendamento n. 14. Temiamo che la Commissione venga tenuta troppo sotto controllo. A parte questo, però, penso che sarà davvero possibile instaurare un trilogo rapido ed efficace; potremo così rispettare il calendario originale per l’attuazione del cielo unico, obiettivo che è negli interessi di tutti.

 
  
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  de Palacio, Commissione. – (ES) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto congratularmi con i due relatori, onorevoli Fava e Sanders-ten Holte, per il lavoro svolto in tutto questo arco di tempo. Vorrei anche ringraziarli per la speciale attenzione che hanno dedicato ad una questione molto complessa, sia dal punto di vista tecnico che da quello istituzionale. Capisco – e lo dico come premessa alle questioni che spiegherò in seguito – che probabilmente, su alcuni punti, gli onorevoli parlamentari avrebbero voluto ottenere maggiori risultati, e soprattutto definizioni molto più chiare, ma il messaggio che voglio trasmettere è che, in questo caso specifico, stiamo aprendo frontiere assolutamente nuove.

Nel settore aereo, stiamo affrontando questioni per le quali finora non esisteva alcun tipo di regolamentazione o accordo a livello comunitario. Vorrei quindi esprimere i miei ringraziamenti ai relatori e a tutti i parlamentari, perché so che hanno partecipato in maniera molto attiva alle discussioni tenutesi in seno alla commissione, e ricordare loro un fatto di cui tutti siamo a conoscenza: fino al 2000 questo settore ha subito una sistematica evoluzione, in ambito intergovernativo, nel quadro di Eurocontrol e dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale. Come ha detto poc’anzi l’onorevole Sanders-ten Holte, però, sappiamo che le esigenze dei cittadini vanno oltre, che essi ci chiedono di risolvere problemi urgenti e che esiste una possibilità di migliorare sensibilmente la capacità e la sicurezza del nostro spazio aereo e l’efficacia della sua gestione se riusciremo a realizzare un’integrazione di respiro europeo anche in quest’ambito. L’obiettivo è quindi organizzare e gestire lo spazio aereo in funzione della mobilità nel cielo, ossia creare un cielo unico entro la fine del 2004. Questa, come gli onorevoli deputati sanno, è una delle iniziative più significative della Commissione Prodi.

Vorrei anche rilevare che nel frattempo si sono verificati fatti, cui hanno accennato alcuni deputati, come la crisi del settore aereo sotto determinati aspetti, l’11 settembre, la guerra in Iraq e l’incidente di Überlingen, tutti fattori che hanno indubbiamente inciso sul nostro lavoro, ma che non hanno affatto intaccato l’importanza dell’iniziativa, né l’urgenza di metterla in atto. Devo dire che, purtroppo, a quanto pare, le vostre reazioni alla posizione comune del Consiglio non permetteranno di giungere ad un accordo in seconda lettura. Gli interrogativi degli onorevoli deputati mi sembrano legittimi e meritano di essere discussi in seno al Consiglio; quando parliamo di questa iniziativa, però, dobbiamo tenere presente – lo ripeto – che si tratta della prima incursione su un terreno nuovo, dove emergono innumerevoli questioni complesse e occorre procedere in maniera graduale. Il lavoro che stiamo realizzando, infatti, è molto delicato e il Consiglio deve accettare il passo avanti che è stato compiuto, mentre noi dobbiamo essere pragmatici e realisti ed elaborare testi operativi che permettano di raggiungere risultati concreti immediati.

So che il Parlamento non ritiene sufficiente la proposta finale contenuta nella posizione comune del Consiglio e rivendica una maggior azione in ambito comunitario. Vorrei sottolineare che condivido senz’altro queste preoccupazioni, ma che alcuni ostacoli giuridico-istituzionali ci impediscono di accogliere taluni degli emendamenti presentati, ad esempio gli emendamenti nn. 1, 8, 9, 10, 11, 13 e 14 della relazione Fava e nn. 13, 16, 25, 29 e 33 della relazione Sanders-ten Holte. Quanto agli altri emendamenti, a tempo debito potremo accoglierli in parte, se non in toto, sia nel merito che nella forma, o previa riformulazione.

Mi preme segnalare che manteniamo una posizione contraria a determinati emendamenti che potrebbero compromettere o pregiudicare la realtà operativa istituzionale. Tra gli emendamenti che non possiamo accogliere rientrano, per la precisione, l’emendamento n. 14, relativo alla consultazione delle parti interessate in seno a Eurocontrol, nonché, per quanto riguarda la relazione Sanders-ten Holte, gli emendamenti nn. 13, 16, 25 e 29, la seconda parte dell’emendamento n. 15 e l’emendamento n. 33, ormai obsoleto a seguito dei progressi tecnologici.

Affronterò due questioni che rivestiranno un’importanza fondamentale nelle prossime discussioni tra le Istituzioni e nel quadro della conciliazione, e che sono state sollevate dagli onorevoli parlamentari: il coordinamento civile/militare, di cui si occupano entrambe le relazioni, e la creazione dei blocchi funzionali, oggetto dell’emendamento n. 26 della relazione Sanders-ten Holte.

Onorevoli deputati, avete ragione quando affermate che la questione civile/militare è un elemento chiave per la buona riuscita del cielo unico europeo, ma non dovete dimenticare quali sono le competenze a livello comunitario, e questo è un limite di cui dobbiamo tenere conto nell’ambito dell’intera questione. Le discussioni tenutesi in seno al Consiglio hanno dimostrato che, per raggiungere un equilibrio tra le necessità della politica dei trasporti e le esigenze della politica di difesa, occorrono meccanismi di coordinamento che esulano dalle possibilità offerte dal primo pilastro. Per sostenere la creazione del cielo unico, nonostante questo ostacolo, gli Stati membri si sono impegnati con una dichiarazione a sviluppare la cooperazione militare come complemento all’iniziativa nel quadro del primo pilastro. Credo che dovremmo cogliere l’occasione e procedere con pragmatismo al riguardo. L’emendamento n. 29 della relazione Sanders-ten Holte stabilisce la supremazia della politica dei trasporti nell’utilizzo del cielo unico, proposta che non riflette debitamente le necessità e le legittime preoccupazioni degli Stati dell’Unione in materia di difesa.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, i blocchi funzionali, di cui tratta l’emendamento n. 26 della relazione Sanders-ten Holte, la Commissione condivide il parere del Parlamento, ma ritiene che una soluzione accettabile consisterebbe nel rafforzare il ruolo della Commissione in concomitanza con il “comitato cielo unico” e con il sostegno tecnico di Eurocontrol, al fine di valutare in maniera coerente l’insieme di questi blocchi, lasciando agli Stati dell’Unione il diritto di iniziativa e di decisione. La creazione di questi blocchi incide sugli aspetti militari di cui ho parlato nella prima parte del mio intervento. Pertanto accettiamo, in linea di principio, l’emendamento n. 26 della relazione dell’onorevole Sanders-ten Holte, ma dovremo modificarne la formulazione.

Per concludere, signor Presidente, onorevoli deputati, vi ricordo che le proposte di cui ci occupiamo oggi sono il frutto di un anno di lavoro di un gruppo ad alto livello, formato da rappresentanti civili e militari degli Stati membri dell’Unione e da un gruppo sociale composto dai diversi attori nel campo dell’aviazione civile, con una partecipazione inoltre a tutti i livelli del settore. Nel settembre 2002 avevate formulato un parere in prima lettura e, già allora, avevo espresso la mia gratitudine per il sostegno e l’impegno riservati a questa iniziativa. Siamo d’accordo su molti punti, ma, come ripeto, è necessaria una posizione realista che ci permetta di procedere.

Grazie per il sostegno e soprattutto per il lavoro dei due relatori. Mi auguro che, in fase di conciliazione, potremo giungere rapidamente ad un risultato positivo che ci permetta di realizzare, entro il 2004, il famoso cielo unico europeo.

 
  
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  Schmitt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare i relatori che, non solo per la prima lettura, ma anche per la seconda, in sostanza hanno dovuto ricominciare tutto il lavoro daccapo dopo che il Consiglio ha stranamente deciso di riformulare la posizione comune in un modo che rendeva impossibile stabilire quali degli emendamenti del Parlamento fossero stati adottati e quali no.

Verrebbe da chiedersi se questo sia soltanto un atteggiamento di sprezzante noncuranza o se si tratti di un meccanismo studiato. Credo che la seconda sia l’ipotesi più attendibile, per il semplice fatto che gli Stati membri non hanno alcuna intenzione di accettare queste norme indubbiamente lungimiranti, ma mi preme anche affermare a chiare lettere che il Parlamento difende la causa del cielo unico, che garantirà maggior sicurezza ed anche più efficienza.

Vorrei elencare quattro punti che credo debbano essere considerati d’importanza fondamentale. Innanzi tutto, la gestione dello spazio aereo europeo non può continuare a rimanere nelle mani del settore militare. Occorre instaurare un coordinamento adeguato, in cui i prestatori civili e militari dei servizi di navigazione aerea siano partner su un piano di parità e si assicuri la capacità di reciproca cooperazione.

In secondo luogo, anche nel settore dell’aviazione bisogna eliminare definitivamente il puzzle europeo. Dopo tutto, nessuno riesce a capire come sia possibile che i cieli al di sopra dei quindici Stati membri siano ancora suddivisi in circa quaranta blocchi di spazio aereo dopo che le frontiere a terra sono state abolite ormai molto tempo fa. E’ estremamente importante stabilire a chi spetta la responsabilità di questa decisione, poiché negli ultimi decenni gli Stati membri hanno avuto tempo a sufficienza per decidere di creare blocchi di spazio aereo transfrontalieri. Non essendo riusciti a farlo, tale decisione dovrà quindi essere adottata a livello europeo, ovvero dalla Commissione.

Il terzo punto che intendo sollevare è la richiesta di aprire cautamente al mercato i servizi per la sicurezza della navigazione aerea.

In quarto luogo, pretendiamo un’armonizzazione obbligatoria tra tecnologia e formazione dei controllori del traffico aereo, come metodo per rendere reciprocamente compatibili l’ambito tecnologico e le risorse umane.

Oggi ricorre il primo anniversario del terribile disastro aereo avvenuto sul Lago di Costanza. Pur non essendo direttamente correlato al regolamento in esame, questo incidente dimostra i potenziali pericoli che la molteplicità di blocchi di spazio aereo comporta. Le compagnie aeree, infatti, devono costantemente comunicare la loro entrata ed uscita da tali blocchi, con tutti i probabili malintesi che ne possono derivare. Questo significa che abbiamo la responsabilità di garantire sicurezza ed efficienza.

Se la mia valutazione è corretta, posso solo dire che il mio gruppo non si assumerà alcuna responsabilità riguardo a regolamenti che, in definitiva, non fanno che attribuire effettive competenze a livello europeo, nonché il potere di attuarle. Desidero rivolgere un urgente appello alla Commissione. Signora Commissario, sono alquanto sorpreso: in certo qual modo, lei ha ridotto la portata del regolamento, e i suoi collaboratori sono stati ancor più cauti, mentre, su diversi altri fronti, ha espresso richieste ben più pressanti. Nel caso della politica “cielo aperto”, in cui la Commissione vuole tutti i poteri per sé, lei ha improvvisamente iniziato a fare marcia indietro su questo importante argomento.

Vorrei che decidesse da che parte stare. Chiedo alla Commissione di unire le sue forze a quelle del Parlamento, in modo da poter creare un cielo unico europeo, nell’interesse dei cittadini dei nostri paesi.

(Applausi)

 
  
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  Stockmann (PSE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, l’onorevole Schmitt ha ragione a ricordare che oggi ricorre il primo anniversario del disastro di Überlingen, in cui la collisione di due aerei ha causato numerose vittime. I cittadini ritengono che il progetto del cielo unico rappresenti la risposta europea alla situazione dei cieli sull’Europa, che è quanto meno insoddisfacente.

Come stanno effettivamente le cose? Il numero dei nostri centri di controllo è triplo rispetto a quello di cui è dotata un’area di pari dimensioni degli Stati Uniti, mentre i cieli europei sono un mosaico di tasselli che abbiamo ereditato dagli anni ’60. Volando da Bruxelles a Roma, si attraversano nove diversi settori di controllo, mentre in un volo tra Bruxelles e Ginevra la frequenza radio dev’essere cambiata cinque volte. Se si considera che il numero dei voli è destinato ad aumentare nel corso dei prossimi anni, l’intera situazione mette sempre più a rischio la sicurezza, oltre a rivelarsi alquanto inefficiente. Un volo su quattro è in ritardo e si perdono 350 000 ore di volo l’anno. Questo stato di cose costa alle compagnie aeree due miliardi di euro l’anno.

La Commissione, con il suo pacchetto normativo, e il Parlamento, in prima lettura, hanno affrontato questa sfida, ma la posizione comune degli Stati membri non soddisfa aspettative e necessità. Perché?

Il motivo principale è che il fulcro del cielo unico europeo sono i blocchi funzionali di spazio aereo. In che modo diventeranno realtà? Qual è il valore aggiunto di un regolamento se la sua attuazione continua a dipendere dai capricci degli Stati membri? Essi possono già creare blocchi di spazio aereo su base bilaterale. Siamo del parere che in questo senso nulla potrà cambiare a meno che non venga presentata una proposta di normativa da Eurocontrol e dalla Commissione.

Il secondo punto che intendo sollevare è che, anche nella posizione comune, abbiamo compiuto ben scarsi progressi rispetto allo status quo, in termini di cooperazione tra il settore civile e quello militare. So che si tratta di una questione molto delicata, ma non possiamo lasciar passare qualche altro decennio prima che i cittadini siano in grado di effettuare un volo con rotta diretta tra un punto A e un punto B dell’Europa.

In terzo luogo, è angosciante che l’Europa non abbia reagito alla disperata mancanza di controllori del traffico aereo. Il pacchetto normativo deve tenere conto di questo problema e, soprattutto per motivi di sicurezza, affrontarlo al più presto.

Il mio gruppo è favorevole alla reintroduzione degli emendamenti approvati dal Parlamento in prima lettura. Dovremo senza dubbio intavolare schiette discussioni con il Consiglio in sede di Comitato di conciliazione.

Devo ringraziare soprattutto i relatori per l’approccio valido e cooperativo adottato nei confronti del lavoro che abbiamo svolto insieme.

 
  
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  Virrankoski (ELDR).(FI) Signor Presidente, il pacchetto legislativo all’esame, volto ad istituire un cielo unico europeo, è molto impegnativo. A questo punto vorrei ringraziare i relatori per l’eccellente collaborazione prestata e per essere riusciti a far avanzare la questione.

Il problema dello spazio aereo europeo è la congestione. Nell’Europa centrale il volume del traffico aereo è enorme. Per gestirne il flusso in maniera adeguata è necessario che gli Stati membri cooperino, e questo risultato è già stato raggiunto. Tuttavia, in Stati membri scarsamente popolati come la Finlandia, non esistono molti problemi di questo tipo. In particolare, il traffico aereo nazionale può essere gestito di per sé con molta flessibilità.

La relazione si è prefissata obiettivi molto ambiziosi; contiene diverse proposte di ampia portata, una delle quali riguarda la divisione dello spazio aereo. Qualora fosse necessario, la divisione dello spazio aereo in settori potrebbe essere realizzata tramite decisioni a maggioranza qualificata. Viene da interrogarsi sulla necessità di realizzare questi obiettivi e da chiedersi se non sarebbe sufficiente che gli Stati membri collaborassero. Può ben darsi che nell’Europa centrale sia indispensabile una maggior integrazione, ma questa non è probabilmente necessaria nelle regioni periferiche, se si considerano le loro peculiari caratteristiche. Un altro problema riguarda le tariffe. Se la base imponibile per la tariffazione dei servizi di controllo del traffico aereo venisse calcolata su valori medi, in talune aree potrebbero probabilmente verificarsi aumenti tariffari.

Una questione più delicata è l’integrazione dell’aviazione militare e della difesa aerea nel sistema europeo. Tradizionalmente, le questioni militari e di difesa non rientrano nell’ambito della procedura di codecisione che, in seno all’Unione europea, coinvolge Consiglio e Parlamento. Un simile iter, quindi, al momento sarebbe a sua volta immotivato. Dovremmo pertanto procedere con cautela anche in quest’ambito e rispettare i principi stabiliti.

Pur rilevando queste difficoltà, però, devo dire che le relazioni sono davvero pregevoli e che gli obiettivi sulle quali si sono incentrate sono eccellenti.

 
  
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  Ainardi (GUE/NGL).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, credo che, dopo la prima lettura in Parlamento, la posizione comune del Consiglio rappresenti una tappa importante nella costruzione della politica comunitaria per il traffico aereo. Sebbene l’approccio prevalso in seno al Consiglio sia improntato al realismo su diverse questioni, mi rammarico che talune disposizioni non siano state messe maggiormente in discussione, aspetto su cui tornerò più avanti.

Il requisito di una separazione di funzioni tra i prestatori di servizi e le autorità nazionali di vigilanza è, al pari del requisito della certificazione dei fornitori di servizi, una misura di strutturazione. Se si vuole affermare il desiderio di distinguere il ruolo dell’operatore da quello del regolamentatore e aumentare la trasparenza, il requisito deve tenere conto di realtà che dimostrano come concezioni differenti possano essere altrettanto efficaci. In ogni caso, trovo ragionevole che ad ogni Stato membro spetti la possibilità di scegliere come far funzionare le cose nel proprio paese. Mi rammarico che non si sia chiaramente affermato che la gestione della sicurezza del traffico aereo rientrava in una serie di servizi e azioni che richiedevano un approccio globale, anziché singolo. Dopo aver trascorso due giorni, la settimana scorsa, alla conferenza annuale del gruppo della “navigazione aerea” della Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sono sempre più convinta di questo approccio.

Sono lieta che si parli di suddivisione, ma penso che si debba anche tenere conto del fattore umano. Possiamo sempre ridurre il personale nei centri di controllo, ma è inconcepibile che un settore dello spazio aereo venga gestito solo da uno o due controllori: ci sono anche dei limiti umani.

Al tempo stesso, nell’ambito dello spazio aereo si sono compiuti progressi perché è stata creata un’unica regione europea di informazione di volo nello spazio aereo superiore e la Commissione ha elaborato una pubblicazione comune sulle informazioni aeronautiche in tale ambito; questi sono dati di fatto. Si dovrebbe garantire l’armonizzazione anche per la tariffazione dei servizi.

Per quanto riguarda l’organizzazione dello spazio aereo e la fornitura di servizi, conveniamo tutti sul fatto che la sicurezza richiede anticipazione, ricerca e accordo tra gli Stati e i prestatori di servizi interessati. Le modifiche apportate al testo originale riguardano in particolar modo il riconoscimento della sovranità degli Stati sul loro spazio aereo e l’evidenziazione delle responsabilità di quegli Stati nei confronti dell’ICAO. Il Consiglio è quindi giunto alla conclusione che i blocchi funzionali di spazio aereo, che sono stati oggetto di molte discussioni, verranno definiti dagli Stati interessati. E’ una decisione giusta o sbagliata? Penso che si tratti semplicemente di un processo.

Si tratta anche di riconoscere che il controllo del traffico aereo rientra nell’esercizio delle prerogative dei poteri pubblici e che non ha un carattere economico tale da giustificare l’applicazione delle regole di concorrenza contenute nel Trattato.

In questo modo sono gli Stati che decidono se fornire o meno incentivi finanziari ai propri prestatori di servizi o utenti tramite la tassazione; questo è l’approccio che, personalmente, preferisco.

L’importante, quindi, è riconoscere il ruolo centrale che Eurocontrol deve svolgere nell’approntare misure delegate alla Commissione, che rientrano tra le responsabilità di quell’organizzazione; a mio parere, questo è un passo avanti.

L’ultimo punto è riconoscere che spetta esclusivamente agli Stati membri stabilire le proprie operazioni di difesa, compresa la loro attuazione, che invece non è auspicabile, ne convengo con lei, signora Commissario. Propenderei maggiormente per un’anteposizione del settore civile a quello militare in tempo di pace, cioè per quella che è senza dubbio la situazione attuale.

Detto questo, la posizione comune ingloba un’ampia parte degli emendamenti proposti dal Parlamento in prima lettura. Tuttavia, mi rammarico che il Consiglio, analogamente al Parlamento, in prima lettura sia stato cauto a proposito di talune richieste che a mio giudizio sono ragionevoli. Trovo quindi deplorevole che la proposta del mio gruppo, volta a raddoppiare il sistema di controllo per garantire la continuità delle operazioni in caso di problemi, nonché la proposta di valutare la corretta attuazione della direttiva siano state respinte.

Mi sono riunita con gli operatori e ho lavorato a lungo con i sindacati a questo proposito. Nel settore qualcuno sta già lavorando nell’ambito dello spazio aereo europeo e mondiale ed è determinato a far progredire l’Europa in tal senso. Credo che dovremmo dar ascolto a queste persone. Ascoltarle significa coinvolgerle nel vero e proprio senso della parola, non solo consultarle. L’Europa sarà costituita da elementi provenienti da diversi settori e richiederà la loro attiva partecipazione: penso che senza di loro non vi sarà alcun futuro.

Per concludere, mi spiace tuttavia che l’approccio sia nel complesso incentrato sulla premessa ideologica secondo cui la liberalizzazione sarebbe sinonimo di efficienza, il che è tutto da vedere.

 
  
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  Hatzidakis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, senza dubbio le questioni tecniche relative a questo argomento specifico sono state debitamente analizzate; mi concentrerò pertanto sull’aspetto politico della questione, affermando che il concetto di cielo unico europeo si ispira a due filosofie diverse e in un certo qual modo contraddittorie. Secondo la prima filosofia, i voli ritardati, che sono un fenomeno molto diffuso in Europa, rappresentano un grave problema per le compagnie aeree, i passeggeri stessi, l’ambiente e l’economia nel suo complesso. Uno dei motivi più basilari ai quali viene attribuita questa situazione è il costante aumento del traffico aereo e, fatto ancor più importante, la mancanza di un sistema comune per la gestione dello spazio aereo dei paesi europei.

L’altra filosofia riflette le preoccupazioni di taluni Stati membri che vorrebbero che venissero loro garantiti i diritti di spazio aereo, soprattutto riguardo ai loro obblighi e alle loro necessità di difesa, nonché alla corrispondente possibilità di svolgere esercitazioni militari in tale spazio. Queste preoccupazioni sono più marcate quando alle questioni ad esse sottese sono connessi problemi, come accade in paesi come il mio.

Il Parlamento europeo ha sposato la prima filosofia. Come in diversi altri settori della politica europea, ad essere giudicata più efficace è stata la scelta di un’autentica politica comunitaria e di una regolamentazione uniforme. La filosofia seguita in prima lettura è stata questa. Il Consiglio, purtroppo, si è basato solo sull’altra. Sono prevalsi dubbi e preoccupazioni. Il Consiglio ha attribuito particolare importanza a questioni di ordine pubblico, sicurezza e difesa. In questo modo in sostanza ha attenuato la proposta della Commissione e, naturalmente, la sua posizione non ha alcun rapporto con quella adottata dal Parlamento europeo in prima lettura. Se il Consiglio avesse approvato l’obiettivo del cielo unico europeo, avrebbe adottato una strategia diversa. Altrimenti, avrebbe dovuto dire onestamente che non condivideva questo sforzo.

E’ quindi inevitabile affrontare una procedura di conciliazione, nella quale il Consiglio dovrà dare prova di flessibilità. Sono fermamente convinto del fatto che, in materia di cielo unico europeo, esista il modo di compiere passi fondamentali senza compromettere delicate questioni di carattere nazionale ed interessi fondamentali. Volere è potere.

 
  
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  Savary (PSE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, credo che il motivo per cui oggi abbiamo all’esame una posizione comune del Consiglio alquanto diversa dalla proposta iniziale della Commissione e dal lavoro elaborato dal Parlamento è che, come tutti sappiamo, la questione ha avuto origine dal malinteso sorto, da un lato, dalla volontà di sostituire la Commissione ad Eurocontrol e, dall’altro, di attribuire in misura troppo ampia la responsabilità dei ritardi ai controllori del traffico aereo, soprattutto nel 1999, anno che è stato segnato da eccezionali limitazioni di carattere militare.

Penso che, da allora, si siano compiuti notevoli passi avanti e che non siamo lontani dal raggiungere un punto di equilibrio. Abbiamo riconosciuto che i servizi di traffico aereo rivestono un interesse sia per la sicurezza che a livello generale. Abbiamo stabilito che siano gli Stati a designare i propri servizi e abbiamo affidato un ruolo ad Eurocontrol nella questione, come credo fosse assolutamente necessario fare.

Al momento, restano ancora alcuni punti da affrontare. Pur essendo consapevole delle limitazioni giuridiche che comportano, approvo ed incoraggio gli sforzi che la Commissione sta compiendo affinché le autorità militari accettino almeno di discutere. In questo caso siamo consapevoli di essere di fronte ad un ostacolo, di dimensioni notevoli, che riguarda la capacità e che è indubbiamente molto più significativo rispetto ad altri che vengono troppo spesso chiamati in causa.

In secondo luogo, la questione dei blocchi di spazio aereo transfrontalieri non è ancora stata risolta. Penso che basterebbe che tutte le parti presenti decidessero di prendere nuovamente in considerazione la valutazione di Eurocontrol; la Commissione, secondo la prassi abituale, deve avere l’ultima parola su tale valutazione.

Infine, sono del parere che dovremmo applicare il considerando 16 e l’articolo 7 della relazione Sanders-ten Holte, che mirano a coinvolgere il più possibile il personale, in quanto parte integrante della catena di sicurezza. Le attività nell’ambito della navigazione aerea non sono semplicemente una questione di mercato – e penso che la Commissione possa essere fiera di averne finalmente preso atto –, ma soprattutto di “mantenimento dell’ordine” dello spazio aereo, il quale diventerà sempre più affollato. Ne dovremo tutelare il know-how e l’eccellenza a tutti i costi, evitando di introdurre troppa competizione nei servizi di “mantenimento dell’ordine” del cielo.

 
  
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  Miranda (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ribadire anch’io la mia totale disponibilità a realizzare qualunque proposta che, oltre a garantire maggiori livelli di sicurezza, sia effettivamente orientata a migliorare il coordinamento e ad assicurare un uso ottimale dello spazio aereo europeo. Tuttavia, come peraltro ha già sottolineato il Commissario de Palacio, si tratta di una questione delicata, sia a livello tecnico che a livello istituzionale e politico, che richiede molto realismo e buon senso. Quando lo scorso mese di settembre ho preso parte alla discussione in prima lettura sull’organizzazione del cielo unico europeo, ho avuto l’opportunità di evidenziare i punti che più destavano la mia perplessità nelle proposte della Commissione, ma anche in quelle adottate dalla commissione per i trasporti, la politica regionale e il turismo.

Posso solo dire che le mie preoccupazioni, soprattutto quelle relative alla questione dei blocchi funzionali, sono in gran parte svanite grazie alla posizione comune adottata dal Consiglio, che è molto equilibrata. Sempre per questo motivo, non posso far altro che prendere nuovamente le distanze da alcuni emendamenti approvati per la seconda volta dalla commissione per i trasporti, in quanto si discostano nettamente dal consenso ottenuto in seno al Consiglio, nonché dalla nuova posizione della Commissione, che ovviamente sostengo.

In realtà, penso che sia particolarmente difficile giustificare l’insistenza sulla proposta di creare blocchi funzionali a prescindere dalla volontà degli Stati membri: la Comunità è priva di competenze nella gestione dello spazio aereo e in qualunque altro aspetto inerente al territorio europeo. Ne è ancor meno dotata quando sono in gioco questioni di carattere militare, come in questo caso. Inoltre non mi risulta che finora, per la definizione di blocchi di spazio aereo transfrontalieri, siano sorte controversie insanabili tra gli Stati membri, e neppure si prevede che si verifichi una situazione di questo tipo. Conflitti simili sono ancor più improbabili ora che gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione che garantisce il necessario livello di coordinamento tra organizzazioni militari e civili al fine di attuare integralmente l’uso flessibile del concetto di spazio aereo.

 
  
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  Jarzembowski (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, onorevoli colleghi, a parte alcune opinioni, come quelle di certi parlamentari francesi presenti in Aula, ho l’impressione che il parere del Parlamento su queste due relazioni sia unanime. La nostra posizione resta quella che avevamo adottato in prima lettura e quindi non intendo rispondere alla piccola minoranza di radicali che è appena intervenuta. Vorrei invece rivolgermi alla signora Commissario rifacendomi alle parole di un grande poeta tedesco: sia più coraggiosa, signora Commissario, sia più coraggiosa!

Credo, signora Commissario, che dovremmo ricordare come, nell’estate del 1999, discutendo della presentazione del suo programma di lavoro, avevamo osservato che un sistema unitario di controllo del traffico aereo era un esempio di come un’efficace politica europea potesse produrre un valore aggiunto tangibile. Proprio perché la posizione da lei adottata nel 1999 era questa e le proposte che aveva presentato erano in linea con tale posizione, ci rammarichiamo, come l’onorevole Schmitt, che la sua ultima osservazione sulla posizione comune sia stata che, se ciò che il Consiglio poteva concedere era tutto lì, lei se ne dichiarava soddisfatta. Quindi, signora Commissario, le chiedo di essere più coraggiosa; vogliamo che la seconda lettura ci permetta di intraprendere la strada indicata dalle sue proposte, vogliamo i blocchi funzionali di spazio aereo!

All’onorevole Miranda, che è intervenuto proprio adesso, e a diversi altri che hanno parlato prima di me, devo dire che gli Stati membri, analogamente ad Eurontrol, hanno avuto quarant’anni di tempo a disposizione per creare blocchi di spazio aereo capaci di garantire un solido riscontro economico, ma non hanno mai fatto nulla in merito. E’ per questo motivo che noi – Parlamento e Commissione insieme – dobbiamo riuscirci tramite una normativa elaborata nei minimi particolari.

Quindi, signora Commissario, in sede di seconda lettura su queste relazioni, la Commissione e noi, che rappresentiamo la maggioranza in Parlamento, dobbiamo cercare di essere più coraggiosi, se vogliamo un valore aggiunto europeo nei cieli sopra l’Europa!

 
  
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  Watts (PSE).(EN) Signor Presidente, desidero ringraziare entrambi i relatori per aver elaborato relazioni di elevata qualità. Posso accogliere la maggior parte dei 51 emendamenti presentati, ma nutro forti riserve su 10 di questi. Il Regno Unito è uno strenuo sostenitore del concetto di cielo unico europeo. Personalmente, sarei lieto se esso venisse attuato al più presto in modo da eliminare i ritardi, ridurre le emissioni e rafforzare la sicurezza. Sono soprattutto scettico sul modo di garantire la miglior partecipazione delle autorità militari al cielo unico europeo. Ecco perché sostengo la posizione comune del Consiglio, ossia il suo compromesso sull’uso flessibile dello spazio aereo, secondo cui l’aviazione civile può accedere ad uno specifico spazio aereo militare quando esso non viene utilizzato.

Questa soluzione di compromesso è stata raggiunta dopo accorti negoziati protrattisi per molti mesi, e credo che offra effettivi ed importanti vantaggi, poiché permette di diffondere a tutta l’Unione europea la maggior efficacia del concetto di uso flessibile dello spazio aereo. Gli emendamenti che fanno rientrare l’ambito militare nella portata della normativa sul cielo unico europeo saranno sicuramente avversati da alcuni deputati e, temo, anche da buona parte del Consiglio. Riavviare il dibattito sulla questione, ovviamente, si rivelerebbe controproducente per l’intero processo del cielo unico europeo.

In conclusione, sussiste il vero e proprio rischio che, cercando di modificare la posizione comune a questo riguardo, si possa mettere a repentaglio l’intero progetto del cielo unico europeo, eventualità che di certo vogliamo tutti evitare.

 
  
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  Cauquil (GUE/NGL).(FR) Signor Presidente, i relatori del Parlamento europeo vorrebbero farci credere che creare un cielo unico sarebbe una nobile causa e un grande passo avanti, per il quale i cittadini europei si dovrebbero rallegrare. Il Consiglio, però, non ha bisogno di abbellire la realtà ed è a questo che si devono le divergenze nella formulazione del testo.

Le differenze di contenuto, tuttavia, più che mettere in luce la realtà la nascondono. L’Unione europea è un’associazione dominata da Stati rivali che rimangono ancorati alle proprie frontiere, anche nel cielo. Quella che definiscono sovranità non è che la difesa civile e militare dei loro egoistici interessi e di quelli delle classi agiate. Anche se il cielo è unico per natura, non lo è per la società umana e le Istituzioni europee non stanno facendo alcunché per porre fine a quest’aberrazione.

L’espressione “cielo unico”, tuttavia, viene utilizzata per definire un’operazione volta ad influire ulteriormente sul servizio pubblico del controllo del traffico aereo a vantaggio degli operatori, dei fornitori e dei prestatori di servizi privati. Ecco qual è la questione. Le autorità europee hanno già autorizzato la privatizzazione dell’ente britannico responsabile del controllo del traffico aereo. Sono anche state modificate alcune regole di Eurocontrol per permettere alle compagnie private di trarre guadagno dal settore del controllo del traffico aereo. I sindacati europei per il controllo del traffico aereo stanno giustamente condannando questa dilagante privatizzazione e le sue conseguenze sia per la sicurezza dei voli che per le condizioni di lavoro del personale.

Un anno fa, all’epoca dell’incidente aereo del Lago di Costanza, abbiamo constatato quali tragedie possano verificarsi introducendo, seppure in misura limitata, la legge del profitto in quest’ambito. Ciononostante, difendendo al contempo ipocritamente se stesse, le autorità europee persistono e sottoscrivono. Vanno addirittura oltre, verso lo smantellamento di questo servizio pubblico, verso la corsa al profitto e la divisione del cielo in settori da destinare ad operatori privati. Le compagnie aeree ne avranno sicuramente un tornaconto, ma per il personale addetto al controllo del traffico aereo e la sicurezza dei passeggeri non è così.

Pertanto, ribadiamo nuovamente che siamo contrari ad un aumento della privatizzazione del cielo, che danneggia sia gli utenti sia i lavoratori del settore del trasporto aereo in senso lato, nonché la popolazione delle aree sulle rotte di volo.

 
  
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  Foster (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare i relatori e i relatori ombra per il grande impegno profuso nell’elaborare una relazione altamente tecnica come questa.

La mia delegazione sosterrà diversi emendamenti durante la votazione di domani, ma non quelli che riavviano il dibattito sulle operazioni militari. Diversamente da molti colleghi, per noi è fondamentale mantenere la posizione comune in quest’ambito, che ora esclude la dimensione militare e che, da quanto ho capito, gode del sostegno della Commissione. Respingeremo quindi gli emendamenti nn. 6 e 10 alla relazione Fava, nonché l’emendamento n. 18, volto a sopprimere l’addestramento militare dal testo.

L’addestramento militare non è compreso nella definizione di “operazioni militari”. E’ fondamentale che questo non rientri nella portata del regolamento.

Per ragioni militari respingiamo inoltre l’emendamento n. 25 alla relazione Sanders-ten Holte, poiché chiede che i prestatori di servizi di traffico aereo dell’EUIR siano a conoscenza di tutto il traffico aereo.

Quanto agli emendamenti nn. 29 e 30, credo che la posizione del Consiglio sull’uso flessibile dello spazio aereo, che nel Regno Unito è stato praticato per diversi anni, offra vantaggi e maggiore efficacia in tutta Europa.

Tra le altre questioni, quella delle tariffe, contenuta all’emendamento n. 3 – che propone di costituire una riserva – è opinabile poiché in questo modo si potrebbe creare un fondo per sovvenzionare gli Stati membri, e questa misura non sarebbe quindi legittima ai sensi del diritto comunitario.

Rispetto agli emendamenti nn. 24 e 31, relativi alla creazione automatica di un’unica regione di informazione di volo dello spazio aereo inferiore, credo francamente che sia prematuro ed irrealistico chiedere agli Stati membri di istituirne automaticamente una siffatta regione entro cinque anni.

Quanto all’emendamento n. 21 sui blocchi funzionali di spazio aereo, che propone un approccio basato su una pianificazione completamente centralizzata, credo che non tenga conto di requisiti di carattere locale.

 
  
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  Marques (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, signora Commissario, esaminiamo oggi, in seconda lettura, un pacchetto di misure per la creazione di un cielo unico europeo. Pur concordando pienamente con gli obiettivi delle proposte in esame, nutro qualche riserva sul loro contenuto, e mi vedo costretto ad esprimerla all’Assemblea. Le mie preoccupazioni derivano, in primo luogo, dal fatto che la politica comune dei trasporti è priva di una base giuridica che consenta di affrontare a livello legislativo determinate questioni, soprattutto di carattere militare. Inoltre, esse sono motivate dall’eccessiva e sproporzionata limitazione del potere sovrano degli Stati membri sul proprio spazio aereo.

A questo proposito, permettetemi di soffermarmi su tre punti che ritengo fondamentali. Il primo è quello che considero un tentativo della Commissione di comunitarizzare lo spazio aereo degli Stati membri, tramite la creazione immediata di un’unica EUIR, sulla quale si fonderebbe l’istituzione dei cosiddetti “blocchi funzionali”. A tale riguardo vorrei dare il mio totale appoggio alla posizione comune del Consiglio, secondo cui la definizione dei blocchi funzionali è di esclusiva competenza degli Stati membri e non può essere modificata dall’Unione europea.

In secondo luogo, in ambito militare, le proposte della Commissione permettono di sottoporre le attività militari a regole di gestione e di utilizzo dello spazio aereo. Ancora una volta, condivido la posizione comune adottata dal Consiglio, che mi sembra molto più adatta ed equilibrata poiché riconosce che un uso più efficiente dello spazio aereo è effettivamente legato ad una più stretta collaborazione tra autorità civili e militari. In altre parole, il cosiddetto concetto di “uso flessibile dello spazio aereo” dev’essere applicato in maniera uniforme in tutto il cielo unico europeo. Quest’obiettivo dovrà sempre essere perseguito nel debito rispetto delle competenze nazionali.

Vorrei infine spendere alcune parole sulla gestione dello spazio aereo ed esprimere il mio totale disaccordo verso qualunque approccio tenda ad assimilarla ad un servizio economico equiparabile a quello dei mercati liberalizzati delle telecomunicazioni o dei trasporti, sottoposto alla vigilanza di un ente di regolamentazione europeo. Ritengo quindi che ciascuno Stato membro debba poter designare il prestatore di servizi del proprio spazio aereo in tutta libertà, sotto la vigilanza delle autorità nazionali di regolamentazione e senza alcuna subordinazione ad altri organi.

 
  
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  de Palacio, Commissione. – (ES) Signor Presidente, vorrei esprimere i più sentiti ringraziamenti per tutte le osservazioni e gli interventi che sono stati formulati, i quali dimostrano l’importanza che gli onorevoli parlamentari attribuiscono a quest’iniziativa, una delle più ambiziose della Commissione Prodi.

Mi preme ricordarvi che, nel campo dell’aviazione, negli ultimi anni abbiamo compiuto passi da gigante, giacché gli Stati membri hanno affrontato in comune questioni che prima erano di competenza esclusiva di ciascuno Stato. In materia di sicurezza aerea, un esempio è dato dall’Agenzia per la sicurezza aerea europea, che ci permetterà di ottenere, per la prima volta, la certificazione comune degli aerei europei e, tra l’altro, quella dell’Airbus 380. Un altro esempio è la definizione di nuove norme di sicurezza per la lotta contro il terrorismo e altri tipi di attacchi, condivise e comuni a tutti gli Stati membri, che prevedono revisioni e controlli per verificare che queste norme siano applicate da tutti. Un ulteriore esempio, infine, è la possibilità di ottenere un mandato per negoziare con gli Stati Uniti su una zona di aviazione comune tra USA e UE.

L’ultima grande iniziativa è proprio il cielo unico europeo, che facilita tutte le azioni che ho elencato prima e soprattutto il negoziato con gli Stati Uniti, sempre nel quadro della sicurezza e dell’Agenzia per la sicurezza aerea europea, e per di più farà sì, per il futuro, che questa volta l’Europa non rimanga indietro in questo settore. Mi riferisco alla questione delle nuove definizioni e dei nuovi concetti di gestione del traffico aereo per l’anno 2020, quando ovviamente la possibilità di disporre di un cielo unico, dotato di sistemi integrati, armonizzati e comuni, ci permetterà di contare su una massa critica con cui l’Europa potrà avviare opportuni negoziati con gli Stati Uniti che, tramite un’iniziativa equivalente, stanno a loro volta occupandosi del settore.

L’iniziativa STAR 21 ha un’importanza fondamentale per il futuro. Si tratta di un elemento chiave per la sicurezza aerea europea e per la tecnologia, lo sviluppo tecnologico e l’industria europea.

Onorevoli deputati, si è parlato di Eurocontrol, che non solo è contemplato dall’iniziativa, ma vi prenderà anche parte, come abbiamo detto fin dall’inizio. Eurocontrol ha partecipato ad ogni riunione che, nei gruppi ad alto livello, abbiamo tenuto in tutto questo tempo sul cielo unico europeo, in virtù delle conoscenze degli esperti che lo compongono. La Commissione non intende creare un sistema alternativo ad Eurocontrol; non è questo il nostro compito. Non possiamo però permettere che la Commissione legiferi in funzione delle decisioni di un organo totalmente estraneo all’ambito comunitario come Eurocontrol, che tra l’altro è un organismo intergovernativo del quale fa parte una serie di paesi che non appartengono all’Unione europea. Gli onorevoli deputati devono capire che esiste un problema istituzionale di fondo che non possiamo evitare quando si tratta di accogliere un certo tipo di emendamenti. Un conto è impiegare, negoziare e giungere addirittura a sottoscrivere accordi con Eurocontrol affinché sia l’organismo di esperti al quale ci rivolgeremo e che ci fornirà un certo tipo di informazioni, di documenti ed anche di proposte; un altro è impegnarci a legiferare e agire sulla scorta delle affermazioni di un’organizzazione intergovernativa formata anche da paesi terzi. Non possiamo accettarlo, onorevoli deputati.

La questione successiva è l’emendamento n. 4 dell’onorevole Sanders-ten Holte, relativo alle licenze dei controllori del traffico aereo. E’ ovvio che io l’abbia ripristinato. Lo accogliamo per il semplice fatto – come ho detto prima – che rientrava nella nostra proposta iniziale. E’ stato il Consiglio a sopprimerlo dalla posizione comune, mentre la Commissione è lieta di potervelo nuovamente inglobare: infatti riteniamo necessario dare un titolo ed una formazione comune a tutti i controllori del traffico aereo a livello europeo, sebbene esista poi una specializzazione nell’ambito concreto nel quale dovranno operare e lavorare.

Quanto alla liberalizzazione, onorevoli deputati, non so più come dirlo, perché l’ho ripetuto talmente tante volte... Qui non si liberalizza niente. Dove abbiamo detto che a questo argomento verrà riservato lo stesso trattamento di cui sono state oggetto le telecomunicazioni? Se mi fate vedere in quale punto l’abbiamo detto, sono pronta a correggere quest’affermazione, per il semplice fatto che non abbiamo mai detto una cosa simile. Se così fosse, ne sarei preoccupata, come del resto lo sono gli onorevoli deputati. Come ha giustamente detto uno degli oratori intervenuti poc’anzi, si tratta di competenze che spettano al settore pubblico, all’attività di polizia e, di conseguenza, gli operatori non possono essere più di due, altrimenti si creerebbe una situazione poco auspicabile. Né liberalizzazione né concorrenza, quindi. Invece, è una cosa ben diversa quando si tratta di utilizzare determinati servizi, come per esempio quelli per le previsioni meteorologiche, poter ricorrere al centro meteorologico nazionale del paese in questione o a quello di un altro Stato o a chiunque sia in grado di fornire i dati più attendibili. Questo è un altro conto. Quanto al traffico e al controllo aereo, però, non si propone niente del genere: né liberalizzazione, che non ha alcun senso, né privatizzazione. Tra l’altro è vero che uno Stato ha realizzato la privatizzazione per proprio conto, in una maniera molto particolare.

Concluderò soffermandomi sui due problemi che, a mio parere, costituiranno il nocciolo del dibattito in sede di conciliazione. L’onorevole Jarzembowski mi ha chiesto di dare prova di coraggio, mentre altri hanno parlato di timidezza da parte della Commissione. Onorevoli deputati, sapete molto bene che, fin dall’inizio, la Commissione si è dedicata a questo problema con tutto il coraggio, la forza e il rigore necessari. Stiamo però parlando di una questione di possibilità, realtà e urgenze in un ambito complicato, in cui siamo tutti coscienti che una cosa è il primo pilastro e un’altra sono gli aspetti di difesa, sui quali non siamo in grado di intervenire. Credo che, come hanno affermato alcuni deputati, il compromesso del Consiglio relativo all’uso flessibile dell’impiego civile e militare sia assolutamente accettabile. E’ molto probabile che in futuro si assisterà ad un’evoluzione di questo compromesso e di questa formulazione. Ne sono certa, onorevoli deputati, ma questo è il primo passo. Dobbiamo ricordare che stiamo compiendo passi avanti, che questo è il primo e che si sta verificando un cambiamento dalla portata quasi rivoluzionaria, oserei dire. Chiedo quindi al Parlamento di non approvare gli emendamenti volti a modificare il compromesso del Consiglio sull’impiego civile e militare dello spazio aereo. Si tratta di un compromesso delicato e, se venisse infranto, potrebbero sorgere seri problemi, come diceva poc’anzi l’onorevole Watts.

Quanto ai blocchi funzionali, capisco le affermazioni degli onorevoli deputati. Credo che in questo caso si possano associare i due problemi: garantire agli Stati che manterranno le proprie competenze e capacità e assicurare la coerenza complessiva del concetto. Credo che, se il Consiglio darà prova di flessibilità, esista un margine entro il quale lavorare. E’ chiaro che sono gli Stati a doversi mettere d’accordo, ma grazie al gruppo che lavora con la Commissione si darà coerenza all’intera questione e a tutti i blocchi proposti. A tale proposito, alcuni emendamenti proposti potranno forse semplificare questo processo e mi auguro che così sia possibile compiere progressi.

Vorrei comunque ringraziare ancora una volta i relatori, onorevoli Fava e Sanders-ten Holte, per il lavoro svolto, e tutti i deputati intervenuti; vorrei chiedere loro di non andare oltre il compromesso del Consiglio in termini di flessibilità, perché so che in questo caso non esistono margini di manovra. Si metterebbe a repentaglio l’intero accordo raggiunto, che come gli onorevoli deputati ben sanno è piuttosto fragile, nell’ambito di un’iniziativa assolutamente urgente e necessaria.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

 

8. Sistema temporaneo di transito per gli automezzi pesanti che transitano attraverso l’Austria (2004)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A5-0213/2003), sul sistema temporaneo di transito per gli automezzi pesanti che transitano attraverso l’Austria, per l’anno 2004 (Relatore: onorevole Caveri).

 
  
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  van Dam (EDD), in sostituzione del relatore. – (NL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, il relatore, onorevole Caveri, presidente della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo non è potuto essere qui per presentarvi personalmente le sue raccomandazioni. Si prevede che presto lascerà il Parlamento europeo per assumere un importante incarico presso la sua amministrazione regionale, la Valle d’Aosta. In qualità di vicepresidente della commissione per la politica regionale, i trasporti ed il turismo, mi appresto quindi ad illustrarvi queste raccomandazioni.

In virtù del Trattato di adesione, l’Austria fruisce di un sistema di permessi per gli automezzi pesanti, che scadrà fra sei mesi. I cosiddetti ecopunti rappresentano una questione spinosa, che coinvolge molti interessi contrastanti. Tutti condividiamo l’obiettivo: una riduzione delle emissioni degli autocarri che attraversano la regione alpina. E’ uno degli obiettivi della Convenzione alpina, firmata da tutti i paesi interessati. Per quanto riguarda la strada da percorrere per conseguire tale fine, tuttavia, sussiste una divergenza di pareri tra il Consiglio ed il Parlamento.

La posizione comune non convince il Parlamento europeo, tanto più che non gode del sostegno dei due Stati membri più colpiti: l’Italia e l’Austria. E’ vero che i due paesi hanno motivazioni opposte, ma ciò rappresenta la riprova dell’opportunità di ulteriori consultazioni. E’ stato inoltre necessario prevedere talune esenzioni per ottenere l’appoggio di alcuni altri Stati membri. La commissione per la politica regionale, i trasporti ed il turismo mira a raggiungere un equilibrio tra la tutela della qualità dell’aria, da un lato, e la libera circolazione delle merci, dall’altro. E’ per questo che abbiamo ricercato un compromesso per le regioni austriache più problematiche: le Alpi, soprattutto i tre passi principali. Si tratta ovviamente di una fase transitoria verso un approccio sostenibile per tutta la regione alpina.

La nostra proposta di mantenere gli automezzi più puliti, quelli della categoria Euro 4, al di fuori del sistema di ecopunti è compatibile con la posizione comune. D’altro canto, i camion più inquinanti, gli Euro 0, devono essere vietati indiscriminatamente, senza eccezioni per i veicoli greci e portoghesi. Infine, va accelerato, a nostro parere, il processo legislativo relativo alla tariffazione dell’utilizzo delle infrastrutture.

Per queste ragioni, la maggioranza in seno alla commissione per la politica regionale, i trasporti ed il turismo ha deciso di ripresentare tutti gli emendamenti della prima lettura. Partendo da questa posizione, vogliamo avviare un dialogo con il Consiglio al fine di trovare una soluzione strutturale, poiché ci avviamo direttamente verso la procedura di conciliazione. Vorrei sottolineare che in questo processo non si dovrebbe perdere tempo prezioso. Dopo la pausa estiva, rimarranno soltanto pochi mesi prima che l’attuale accordo venga a scadere. E’ nell’interesse di tutti che un sistema transitorio entri in vigore entro Natale.

Questa questione sensibile richiede che il Parlamento europeo assuma una posizione decisa. Raccomando quindi vivamente a tutti voi gli emendamenti del relatore.

 
  
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  de Palacio, Commissione. (ES) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, abbiamo raggiunto un punto importante in questa complessa discussione, nell’ambito della quale il Parlamento sarà chiamato a presentare il suo parere sulla posizione comune del Consiglio.

Probabilmente sosterrete la raccomandazione ed approverete in seconda lettura gli emendamenti adottati in prima lettura, al fine di avviare rapidamente la procedura di conciliazione, come indicato dall’onorevole van Dam, in sostituzione dell’onorevole Caveri.

Desidero ringraziare gli onorevoli van Dam e Caveri, nonché tutta la commissione, per il lavoro svolto in questo complesso settore.

Come sapete, l’obiettivo di passare rapidamente alla conciliazione è fortemente sostenuto dalla Commissione, poiché l’attuale sistema si conclude il 31 dicembre 2003. Tuttavia, le varie parti dovranno compiere uno sforzo per trovare una soluzione di compromesso, e le autorità austriache dovranno dare prova di maggiore flessibilità. In caso contrario, sarà impossibile addivenire ad una soluzione entro la fine dell’anno, con tutte le conseguenze che ciò comporterà. Ricordiamo, per esempio, le proibizioni attualmente imposte dalla regione del Tirolo e le procedure avviate dalla Commissione in merito.

In questa situazione, la Commissione deve agire in coerenza con l’impegno assunto il 31 dicembre 2002, confermato il 28 marzo 2003, e respingere quindi la maggior parte degli emendamenti presentati dal Parlamento europeo.

Desidero però assicurare agli onorevoli deputati che la Commissione è disposta ad adottare un atteggiamento aperto nei confronti di certi emendamenti sulla portata geografica del sistema, sui metodi per applicarlo ai paesi candidati, ed altri, ed è altresì intenzionata, in ogni caso, a mostrare la flessibilità necessaria per raggiungere l’accordo auspicato da tutti nel contesto della conciliazione. Ci adopereremo a tal fine, anche se il compito si profila molto difficoltoso, viste le profonde divergenze tra Parlamento e Consiglio.

 
  
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  Hatzidakis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, il Parlamento ha approvato una proposta, in prima lettura, che disciplinava la questione in modo, a mio parere, soddisfacente, senza ignorare la legittima sensibilità austriaca in materia. Il paradosso è rappresentato dal fatto che il Consiglio ha proceduto alla posizione comune come se il Parlamento non esistesse. Con un atteggiamento che ricorda i vecchi tempi, ha proceduto all’adozione della posizione comune nonostante il Commissario, signora de Palacio, avesse raccomandato di tener conto della prima lettura del Parlamento europeo. Ha ignorato il Parlamento, che, in questa seconda lettura, a seguito dell’atteggiamento inaccettabile del Consiglio, è obbligato a confermare la posizione assunta in prima lettura. Si va quindi, necessariamente, verso la procedura di conciliazione. Spero che il Consiglio abbia recepito il messaggio del Parlamento e sia disposto ad intavolare una discussione di fondo nel corso della procedura di conciliazione.

Cosa ci attendiamo dalla procedura di conciliazione? Ovviamente, non vogliamo isolare l’Austria, perché vi è un’ottima collaborazione con i colleghi austriaci e riteniamo inopportuno isolare un paese. Come ho affermato in seno alla commissione, e ribadisco anche qui, se oggi la campana suona per qualcun altro, non va dimenticato che domani potrebbe suonare per noi. Dobbiamo perciò moderare la nostra posizione.

Non possiamo tuttavia nemmeno ignorare gli interessi degli altri Stati membri. Ci sono alcuni paesi che hanno interessi particolarmente vitali in materia: la Germania, l’Italia, ed il mio paese, la Grecia. Principalmente, non dobbiamo dimenticare che l’Unione europea si fonda su una precisa filosofia e su un Trattato specifico. Questo Trattato parla della libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali. Abbiamo un mercato unico e dobbiamo rispettarne i principi, anche in questo caso. Naturalmente, siamo disposti a discutere un accordo transitorio, ma che deve inspirarsi a questo spirito e tendere verso questo obiettivo: il rispetto dei principi del mercato unico. E’ questa la posizione del gruppo del Partito popolare europeo (democratici cristiani) e dei democratici europei.

 
  
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  Fava (PSE). – Signor Presidente, pochi punti ci interessa sottolineare. Dirò innanzitutto che, a nome del nostro gruppo, appoggiamo la proposta che il collega Caveri ha già offerto al giudizio della Commissione e che offre al giudizio della plenaria, la quale riprende quanto questo Parlamento aveva già definito in prima lettura.

Poche sottolineature: la prima serve a ricordare a noi stessi qual è il nodo, la contraddizione che oggi ci troviamo ad esaminare. Siamo di fronte ad un regime derogatorio – dunque eccezionale, dunque temporaneo – che per la seconda volta ci si chiede di prorogare. E questa seconda proroga mostra la flessibilità e la disponibilità, il buon senso politico di questo Parlamento, di tutto il Parlamento. Al secondo punto, signor Presidente, vorrei sottolineare che in questa discussione c’è un falso discrimine, che si è cercato di inserire, spesso surrettiziamente, tra chi difende la natura e chi inquina. E’ un discrimine falso. C’è un’ampia maggioranza che è attenta agli interessi e alle necessità di ciascuno degli Stati membri, ma è un’ampia maggioranza che riconosce la necessità di smantellare progressivamente nei prossimi anni questo regime derogatorio, il sistema degli ecopunti, e cerca di arrivare a questo obiettivo incentivando l’uso di veicoli sempre meno inquinanti, ma sapendo anche che non si può pretendere che in pochi mesi tutti gli autotrasportatori europei cambino radicalmente i loro automezzi. Un altro punto importante è che abbiamo ritenuto di dover evitare che venga offerta un’ulteriore deroga, in questo caso su proposta del Consiglio, ad alcuni paesi – Grecia e Portogallo – per un trattamento particolarmente tollerante.

Non aggiungo nient’altro, signor Presidente, se non il fatto che questo lungo dibattito, questa lunga discussione, che è stata spesso costretta a ripetere, a ripercorrere concetti, ragionamenti e anche rigidità che erano sempre le stesse, è stata una prova importante, più che per il Parlamento, per ciascuno di noi: una prova difficile perché si trattava – non è raro, ma in questo caso forse in modo più marcato – di spogliarsi del proprio abito civile di cittadino di uno Stato membro – che è una divisa, ma che spesso in questo Parlamento è una divisa stretta – per rivestire i panni, di grande decoro e di grande decenza, di un parlamentare europeo che deve agire, rispondere e intervenire in nome di tutto il Parlamento. Credo che, in questo senso, la relazione Caveri abbia perfettamente raccolto questa richiesta di decoro che il Parlamento faceva al suo relatore, offrendo una relazione che serve anzitutto agli interessi degli europei.

 
  
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  Echerer (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, vorrei cominciare con un’obiezione all’onorevole Fava, secondo cui stiamo combattendo una battaglia simulata. Non credo che sia così, questo dovrebbe essere un dibattito. Come è possibile risolvere sulla base della Convenzione alpina un problema che non riguarda solo l’Austria? Eppure da molto tempo portiamo avanti un dibattito fra il piccolo Stato austriaco e l’Unione europea. Non voglio adesso ricominciare col gioco delle colpe, che è durato anche troppo. I governi austriaci hanno commesso i loro errori, l’Unione europea anche. Mi sembra che sia troppo tardi ormai per cercare di persuadervi o convincervi. Voglio darvi però qualche elemento in più da considerare prima della decisione di domani, perché sono dell’avviso che le decisioni prese da noi deputati debbano basarsi su fatti oggettivi.

Nel 1996 abbiamo notato che i rilevamenti della qualità dell’aria non mostravano alcuna riduzione degli elementi che indicano inquinamento da ossido d’azoto, sebbene i valori limite per gli automezzi fossero diventati più severi e i modelli delle emissioni avessero previsto un calo di circa il 45 per cento. L’elevato livello di emissioni dovute agli automezzi pesanti confermava il sospetto che l’incremento del livello di emissioni potesse venire da questo settore. E’ stato dunque commissionato uno studio, realizzato dall’Università di Graz, che collabora anche con la Commissione all’interno del programma ARTEMIS. I risultati, nettamente più precisi di quelli precedenti, sono stati pubblicati all’interno di uno studio internazionale a cui hanno partecipato i migliori laboratori europei di misurazione.

Permettetemi di citare dalla relazione finale: “E’ stato constatato che le emissioni di automezzi pesanti, soprattutto quelle del gruppo di sostanze tossiche NOx, sono state finora sottovalutate. Questo riguarda gli autocarri dotati di motori di categoria EURO 2 ed EURO 3, i quali, nel traffico reale, producono emissioni più elevate rispetto a quelle indicate per la loro categoria di appartenenza. Il fenomeno si spiega analizzando il modo in cui è programmato il funzionamento del motore degli automezzi. Essi sono infatti progettati in modo tale da presentare, nel corso del ciclo di collaudo dei punti prescritti per legge, livelli di emissione più bassi. Vi sono punti che in sede di collaudo non vengono controllati, ma che sono di grande importanza durante la guida, nei quali gli automezzi presentano lo stesso livello di emissioni, se non più alto, dei motori più vecchi”.

Lo scopo del sistema di ecopunti è naturalmente quello di ridurre le emissioni di NOx, anche se non ho mai affermato che sia il migliore dei metodi possibili. Questo studio conferma ora che non ci sono basi scientifiche per ridurre di numero di ecopunti per ogni transito effettuato alle categorie EURO 2 e EURO 3 rispetto a EURO 1.

Quando ho pregato l’onorevole Caveri di includere questi elementi nella sua relazione, mi ha rimandato al suo emendamento n. 17, che in maniera piuttosto lapidaria prescrive che occorre verificare che le emissioni reali corrispondano ai valori autorizzati. Al contempo ha spiegato di non poterci fare niente, se i motori degli automezzi pesanti sono truccati. Se questa è un’accusa rivolta anche agli autotrasportatori italiani, per favore lo dica apertamente.

 
  
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  Raschhofer (NI).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, prolungando il sistema di ecopunti non si intende riservare un trattamento speciale all’Austria, né tanto meno rendere la vita difficile agli autotrasportatori europei o boicottare la libera circolazione delle merci. L’Austria non ha intenzione di applicare questo regime a tempo indeterminato.

In Europa occorre giungere a una soluzione sostenibile del problema del traffico. Per anni non ne abbiamo trovata alcuna. La questione del transito è una saga di reciproche omissioni che dura da dieci anni. A tutt’oggi, non è ancora disponibile una direttiva sui costi delle infrastrutture di trasporto, né abbiamo raggiunto l’obiettivo, formulato nell’accordo sul transito, di una duratura e sostenibile riduzione delle sostanze tossiche. Sono queste le ragioni per cui l’Austria ritiene indispensabile una normativa transitoria.

Con le proposte della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo riguardanti il libero transito per gli autocarri della categoria EURO 3, l’Austria viene, nel vero senso della parola, travolta. In alcune parti del mio paese, l’inquinamento da traffico ha raggiunto livelli inaccettabili per l’uomo e per l’ambiente. Nel caso le proposte della commissione dovessero essere accolte, i cittadini austriaci sarebbero letteralmente costretti a scendere in strada. Chiedo perciò che si appoggi l’emendamento n. 19, proposto da un certo numero di deputati appartenenti a diversi gruppi politici, col quale si tenta di impedire il peggio, e di presentare un compromesso accettabile per le trattative con il Consiglio.

Lancio qui un appello al Consiglio affinché la procedura di conciliazione non sia rimandata. L’Europa necessita di una direttiva sui costi delle infrastrutture di trasporto, la politica europea ha bisogno di uno strumento per una politica dei trasporti sostenibile, l’Austria nel frattempo non può fare a meno di un regime transitorio. La maggioranza di quest’Aula può anche ignorare tali richieste, ma sappia che così facendo renderà ai cittadini austriaci un cattivo servizio.

 
  
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  Ferber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, a mio avviso il Parlamento ha svolto bene i suoi compiti, cercando di procedere il più velocemente possibile alla seconda lettura. Questo è importante, giacché il Consiglio non ha voluto sentir ragioni, concentrandosi quasi unicamente sui compromessi raggiunti a New York, senza reagire alle proposte del Parlamento. Solo una procedura di conciliazione può permettere dunque di giungere a una soluzione, e quindi, all’interno della commissione, abbiamo preparato e presentato in plenaria la seconda lettura in tempo davvero record, di modo da avere tempo sufficiente per condurre le trattative entro fine anno.

Non voglio perdere l’opportunità di ringraziare espressamente la Commissione per aver avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Austria, in risposta ai provvedimenti unilaterali del Tirolo, e spero che si otterranno risultati entro il 1° agosto, quando le suddette misure entreranno in vigore.

Desidero inoltre ringraziare la Commissione per la decisione, presa questa settimana, di non fare ricorso alla regola del 108 per cento. Questo è un ulteriore segnale che dimostra che siamo davvero una comunità di diritto, all’interno della quale non è permesso fare ciò che si vuole, bensì dove ognuno deve rispettare l’ordinamento elaborato e deciso congiuntamente.

Per questo motivo chiedo molto semplicemente a tutti i colleghi, e anche al Consiglio, di sfruttare la pausa estiva per riflettere su come sia possibile arrivare a una posizione comune. Abbiamo molto spazio per negoziare. Cerchiamo di prendere seriamente le trattative che si svolgeranno in autunno, e di concluderle con una terza lettura entro fine anno. Se riusciremo a far concordare gli interessi ambientali, quelli dell’economia dei trasporti e quelli dell’economia europea, allora saremo sulla buona strada.

 
  
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  Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, per come sono presentate le cose sembra che l’Austria sia sempre in disaccordo con il resto dell’Unione. Onorevole Jarzembowski, per fortuna non è così. Se guardiamo ai fatti, anche lei, che è una persona informata e non può addurre a pretesto l’ignoranza, deve ammettere che negli anni passati questo regolamento ha contribuito a migliorare la situazione ambientale in tutta Europa. E’ stato grazie all’accordo sul transito con l’Austria che il parco autocarri è stato modernizzato e reso meno inquinante, contribuendo in maniera essenziale al cambiamento.

(Applausi)

Non si tratta dunque, come è già stato detto, della difesa di interessi meschini e locali. La popolazione del Tirolo difenderà com’è naturale i propri interessi, e se lei, onorevole Ferber, si oppone agli interessi dei suoi vicini, sono cose che dovete sbrigare fra voi. Ma in passato questo accordo ha davvero contribuito al miglioramento della qualità ambientale nelle regioni più sensibili, non solo in Tirolo, ma anche in altre zone d’Europa. Si tratta ora di giungere a una soluzione transitoria, che valga sino al varo di una direttiva sull’uso delle infrastrutture di trasporto, per portare avanti il processo di modernizzazione e riduzione degli scarichi inquinanti degli automezzi pesanti in Europa.

Per questo motivo, assieme all’onorevole Brian Simpson, ho presentato un emendamento a nome del gruppo PSE, identico al già citato emendamento n. 19. Il nostro emendamento prevede l’inclusione degli autoveicoli della categoria EURO 3. Se ciò non avvenisse, infatti, gli effetti pratici del passaggio dalla categoria EURO 2, quella cioè degli automezzi veramente inquinanti, alla categoria EURO 3, e qui rimando allo studio già in precedenza citato, oltre a non essere in alcun modo positivi, potrebbero addirittura contribuire al peggioramento della situazione. Sarebbe positivo che, malgrado tutte le possibili critiche, decidessimo di integrare anche la categoria EURO 3.

Lasciatemi ripetere ancora una volta che si tratta di decidere a che cosa vogliamo dare la precedenza, se all’ambiente, alla salute e alla qualità della vita oppure a una circolazione di merci priva di limitazioni. Entrambi i fattori sono rilevanti. Non voglio dire che non sia importante che le merci possano circolare in assoluta libertà, ma per tutti i nostri elettori, dunque anche per quelli bavaresi, deve essere chiaro che la salute e l’ambiente hanno la precedenza.

Permettetemi un’ultima osservazione: sì, ci sarà una procedura di conciliazione, e ringrazio tutti coloro che hanno collaborato perché fosse possibile arrivarci velocemente. Si tratta adesso di lavorare duramente al raggiungimento di un compromesso. Anche se non è mia intenzione entrare nei dettagli della discussione di questa mattina, tutto ciò che abbiamo udito e visto, e le dichiarazioni quasi quotidiane del ministro dei Trasporti italiano, ci dimostrano che l’Italia non è ancora pronta a giungere a un compromesso. A mio parere la Presidenza italiana deve rendersi conto che nei prossimi sei mesi dovrà agire per conto dell’Europa e non solo dell’Italia. Spero quindi che anche in Italia si riconosca che l’ambiente, in Europa come in Italia, rappresenta un valore tanto grande che, fino a quando non entrerà in vigore la direttiva sull’uso delle infrastrutture, occorre impegnarsi a giungere a un compromesso transitorio ragionevole.

(Applausi)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DAVID MARTIN
Vicepresidente

 
  
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  Bouwman (Verts/ALE).(NL) Onorevoli colleghi, consentitemi di fare un paio di brevi osservazioni sull’attuale proposta. Penso che ci sia più di un obiettivo: le emissioni non sono l’unico fattore. Sono stati presentati poc’anzi dei fatti che dimostrano la problematicità della questione delle emissioni, da un lato, e delle proposte volte a limitare gli standard europei per gli automezzi pesanti, dall’altro. Anche il rumore rappresenta un disturbo. Per questa ragione, non ritengo sia una buona idea sostituire la clausola che fa riferimento al territorio austriaco nel suo insieme con i passi austriaci, come propone il Consiglio. Si dovrebbe prevedere un accordo applicabile a tutte le regioni alpine, non soltanto a qualche passo. A mio parere – e vengo dai Paesi Bassi, uno dei paesi da cui ha origine il traffico in transito – ciò condurrebbe senz’altro alla ricerca di itinerari alternativi attraverso la regione alpina che potrebbero essere esonerati. Non contribuirà certo a risolvere il problema.

Alcuni affermano che non c’è posto per un sistema di esenzione a ecopunti nel quadro della libertà di circolazione. Vorrei sottolineare che ci dovrebbe essere un sistema diverso, applicato ovunque: la tariffazione. E’ stato concordato nel Libro bianco, ma, dopo aver partecipato a decine di dibattiti in quest’Aula durante i quattro anni di mandato, non prevedo un approccio definitivo di questo tipo nel breve né nel lungo termine. In questo contesto, la cautela è di rigore. Penso che, tutto sommato, il Parlamento stia facendo importanti passi avanti nella giusta direzione. E’ evidente che siamo impazienti di trovare una soluzione. Passiamo allora alla conciliazione: siccome le posizioni del Consiglio e dei paesi interessati continuano a divergere, come è noto, dovremo trovare una soluzione soddisfacente nel contesto della conciliazione entro la fine dell’anno.

 
  
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  Lisi (PPE-DE). – Signor Presidente, devo dire che sono sempre più ammirato nell’ascoltare i colleghi austriaci, di tutte le formazioni politiche. Sono ammirato da questa loro tenacia, nonché da questa loro capacità retorica di presentare l’impresentabile, ahimè, di presentare cioè una battaglia – che posso anche capire nelle sue motivazioni – che è una battaglia totalmente nazionale, che non ha niente di europeo, come invece una battaglia per la difesa dell’ambiente, per la difesa dell’Europa. Lei, collega Swoboda, chiede: a cosa diamo priorità? Io credo che dobbiamo dare priorità alla credibilità dell’Unione europea, al fatto che, quando andiamo nei nostri paesi e parliamo coi nostri cittadini, magari chiedendo loro sacrifici nei vari settori, dobbiamo poter dire che questi sacrifici vengono chiesti perché c’è un bene comune superiore, che si chiama Europa, che si chiama comunità di diritto, che si chiama quindi libertà di circolazione, che si chiama libertà di commercio, che si chiama tutta quella serie di valori comuni che stiamo realizzando. Se però noi non possiamo andare con questa tranquillità e dobbiamo poi sentirci dire dai nostri concittadini che in Europa c’è qualcuno di serie A e qualcuno di serie B, il tutto diventa difficile ed è la credibilità dell’istituzione europea che cade.

Il problema di vivere in un ambiente sano e compatibile l’hanno tutti i cittadini d’Europa, non solo i cittadini austriaci. Anche a me dispiace che il livello delle emissioni non sia accettabile, ma non capisco perché debba essere ottimo per i cittadini austriaci, mentre il problema sarebbe del tutto irrilevante per gli altri cittadini. Allora, cari amici, signora Commissario, io non vorrei che si equivocasse su un punto: siamo stati veloci nella seconda lettura non solo perché vogliamo andare rapidamente in conciliazione – anche per questo, certo – ma perché il Parlamento, la commissione per i trasporti si ritrovano nella prima lettura: non abbiamo niente da modificare; quella è la nostra proposta – che è già una proposta di compromesso – e prima il Consiglio lo capirà, prima forse riusciremo a conseguire un risultato possibile. Nessuno si illuda che da quella proposta ci si possa distanziare enormemente: non ci si potrà affatto distanziare. Dev’essere chiaro che il regime termina, che le deroghe terminano, che si ripristina lo Stato di diritto, dopo di che cercheremo per tutta la zona alpina, di qua e di là dalle Alpi, di trovare quelle avvertenze che ci portino fino al 2006 riducendo le emissioni, perché è ciò che tutti vogliamo; ma nessuno si illuda che si possa andare al di là di pochissime variazioni. Lo voglio dire, non perché la Commissione da questo punto di vista non sia ben consapevole, ma perché mi pare che il Consiglio a volte non lo sia stato. Spero quindi che la conciliazione ci offra i termini per una chiusura rapida di una vicenda che tutti, ripeto, vogliamo concludere, ma nel rispetto del diritto comunitario.

 
  
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  Martin, Hans-Peter (PSE).(DE) Signor Presidente, atteggiamenti analoghi a quelli di Berlusconi sono in agguato un po’ dappertutto, compreso nel fondamentale settore del transito degli automezzi pesanti, come mostrano gli sviluppi della discussione. Ci sono in Aula influenti parlamentari che intorbidano le acque con asserzioni false, cercando addirittura di impedire a coloro che sostengono opinioni a loro sgradite di prendere la parola. In questo modo il tempo di parola che mi era stato promesso, inizialmente lungo abbastanza, si è ora trasformato in un minuto scarso.

Mi basta appena per lanciare un appello a quei cittadini europei, soprattutto delle regioni alpine maggiormente colpite dal transito degli automezzi pesanti, che l’Europa sta trattando senza alcun riguardo. Invece di ridurre la produzione di sostanze inquinanti, come era sempre stato promesso, l’intero problema viene spostato all’ultimo posto della lista delle priorità, anche dal punto di vista temporale. Da parte dei partiti maggiori non viene alcun sostegno, e della tanto a lungo attesa verità sui costi dei trasporti non si parla neppure più per demagogia. Anche dall’ormai imminente procedura di conciliazione a mio avviso c’è poco da aspettarsi.

E’ tempo dunque di scendere pacificamente in piazza, perché le strade appartengono ai cittadini, non agli autotrasportatori che distruggono l’ambiente, né tanto meno alle loro lobby!

(Applausi)

 
  
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  Rack (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, la Corte di giustizia delle Comunità europee è considerata a ragione la custode del diritto comunitario, ma soprattutto custode e promotrice delle quattro classiche libertà di circolazione, quella dei beni, delle persone, dei servizi e del capitale, tutte molto importanti ai fini della nostra discussione.

Non molto tempo fa la Corte di giustizia si è trovata a dover decidere fra queste libertà e le proteste della popolazione colpita dal traffico di automezzi pesanti in Austria, per la quale la situazione è diventata intollerabile. La gente si è seduta per strada dicendo: non si può più andare avanti così. I rappresentanti delle libertà europee hanno tessuto le lodi dei principi che difendevano, come hanno fatto molti di coloro che sono intervenuti oggi.

La Corte di giustizia era però di parere diverso, e ha espresso la rimarchevole opinione che le libertà, sebbene di grande importanza, non sono tutto. Valori altrettanto importanti sono i diritti fondamentali dei cittadini, in questo caso la libertà di opinione e di manifestazione e – come si legge nella Carta dei diritti fondamentali, che speriamo abbia presto un peso aggiuntivo come Parte II della Costituzione europea – l’obbligo della tutela ambientale in generale, e in particolare nelle cosiddette aree sensibili. Quest’imperativo va difeso, perché ha la stessa importanza e allo stesso livello delle libertà europee.

Purtroppo in prima lettura il Parlamento europeo non ha dato grande importanza all’equilibrio fra il diritto alla libera circolazione e i diritti dell’uomo e dell’ambiente sulle strade di transito. Quasi tutti i colleghi dei 14 Stati membri non colpiti dal problema hanno insistito sulle proprie ragioni, nell’obiettivo di arrivare ad abolire l’accordo sul transito. In questo modo si è affermato il diritto del più forte. Spero e prego che almeno alcuni domani, in occasione della votazione, vogliano prestare ascolto all’altra parte, tenendone in conto argomentazioni e diritti. Noi austriaci, con gli emendamenti n. 18 e n. 19, sui quali è stata già richiamata l’attenzione, abbiamo fatto un’offerta ai colleghi, e possiamo solo sperare che venga accettata.

(Applausi)

 
  
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  Jarzembowski (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Vicepresidente, l’onorevole Rack non può affermare che lui o altri colleghi austriaci abbiamo sentimenti morali più alti. Questo è falso. Se si va avanti con simili argomentazioni, andrà a finire che organizzeremo manifestazioni per chiudere i confini del paese, e non fare più uscire gli austriaci, perché violano le nostre leggi comuni. All’interno dell’Unione la legge deve essere uguale per tutti, e non è accettabile che gli austriaci rivendichino privilegi particolari.

Vi darò un esempio molto semplice. Viaggiando in Austria, passando da Linz e Vienna diretti in Ungheria, le condizioni topografiche sono esattamente le stesse che troverebbero svedesi e danesi diretti a Rotterdam via Amburgo. Perché le zone pianeggianti dell’Austria dovrebbero avere maggior diritto a un regime particolare che non altri territori di transito? Una cosa del genere non è in alcun modo giustificabile.

Siamo d’accordo che l’area alpina vada protetta. Ma credete che le aree sensibili dell’arco alpino austriaco abbiano maggior diritto di essere protette che non quelle francesi o italiane? Se vogliamo introdurre regimi particolari per aree sensibili, allora dobbiamo farlo ovunque esse siano. Non è giusto che l’Austria sia privilegiata. I suoi cittadini non hanno più valore di quelli italiani o francesi, né, dal punto di vista morale, hanno titoli maggiori.

Onorevole Swoboda, lei ha giustamente ricordato che il nostro obiettivo è il miglioramento delle condizioni ambientali in tutta Europa. Ecco perché, con riferimento alla tariffazione, il Parlamento ha chiesto che gli oneri venissero maggiormente suddivisi e fossero calcolati in base alla quantità di emissioni. Il Consiglio non ha accolto la nostra proposta. E ora siamo alle solite: a dicembre il Consiglio è giunto a quest’infelice e assurdo compromesso, che più che un compromesso è una soluzione fittizia, senza prendere atto delle argomentazioni da noi espresse in prima lettura. E’ quindi il Consiglio che impedisce di arrivare a una soluzione ragionevole.

Signora Vicepresidente, spero che ci sottoporrà entro breve una versione riveduta della tariffazione, e spero anche che si faranno distinzioni in senso ecologico. Ma la regola è che dobbiamo stabilire i medesimi standard per tutta l’Unione europea, senza arrivare ad approvare un regime particolare per l’Austria.

Per questo motivo chiedo ai colleghi austriaci di essere un po’ più riflessivi. Non ci si può dare arie di superiorità morale se, dopo la decisione del 1996 sulle reti transeuropee, non si è neppure iniziato a costruire il tunnel del Brennero. Semplicemente non si può! Il ministro dei Trasporti olandese Karla Peijs ha cercato nelle scorse settimane di raggiungere un accordo col Consiglio. E cosa abbiamo udito? Che gli austriaci rifiutano qualsiasi accordo. Ogni volta che ci sono stati colloqui, il ministro dei Trasporti austriaci ha ripetuto, a due giorni di distanza, le stesse assurdità.

Come la maggior parte dei colleghi chiedo anch’io di sforzarci di trovare un compromesso ragionevole, per il quale, mi pare, siamo tutti pronti.

 
  
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  Santini (PPE-DE). – Sono dieci anni che litighiamo su questo argomento, Presidente, e non mi perderei un round nemmeno se dovessi pagare un biglietto per entrare in quest’Aula, se non altro per poter testimoniare che siamo sempre allo stesso punto. Le posizioni sono identiche a quelle di dieci anni fa. Era inevitabile, quindi, andare alla soluzione del tentativo di conciliazione; intanto, però, ci troviamo ancora una volta a dover dire “no” ad una proposta del Consiglio, identica a quella precedente, ma soprattutto perché in questa proposta non si tiene minimamente conto di quanto è accaduto in questo Parlamento, cioè del largo consenso che, in prima lettura, ha trovato il rifiuto di qualsiasi ipotesi di prorogare il regime degli ecopunti oltre il termine naturale previsto per il 31 dicembre di quest’anno. In quella circostanza il Parlamento europeo condannò, ancora una volta, la violazione del diritto basilare della libera circolazione delle merci, ma indicando anche ragionevoli modalità per garantire il transito e difendere l’ambiente nella giusta misura.

Le proposte tecniche le conosciamo tutte. Ma mentre noi stiamo qui a cercare un difficile accordo sugli ecopunti, cosa combina il governatore del Tirolo del nord? Inventa una norma in base alla quale vieta il transito agli autocarri di peso superiore alle sette tonnellate e mezzo per una gamma vastissima di merci, praticamente tutte quelle del settore della costruzione, e ciò a partire dal 1° agosto sul tratto fra i comuni di Kundl e di Ampass: quasi una beffa nel dibattito che stiamo vivendo. Fortunatamente la Commissione, questa volta almeno – complimenti, signora Commissario! – è stata tempestiva: ha varato immediatamente una procedura di infrazione, il 24 di giugno, e ora aspettiamo di vedere se vi sarà un verdetto da parte della Corte di giustizia o se il Tirolo ci ripenserà e ritirerà questo provvedimento, che va direttamente a cozzare contro l’articolo 38 del Trattato sulla libera circolazione dei beni.

Importante è però fare presto perché occorre evitare anche un altro tipo di danno, oltre a quello ecologico: quello economico, che va contro gli interessi di tutti gli autotrasportatori, molti dei quali nel frattempo hanno addirittura dichiarato fallimento. Io abito nella regione immediatamente al di là del Brennero, e noi ci chiediamo sempre: come mai gli austriaci pretendono questo enorme rispetto? Come mai, visto che il danno è uguale anche per noi, a nessuno di noi è mai balenata l’idea di inventare ecopunti o diavolerie del genere?

 
  
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  Flemming (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevole Jarzembowsky, è possibile che noi austriaci non abbiamo sentimenti più alti, ma certo di più alto abbiamo le montagne. Non chiediamo una soluzione valida per i decenni che verranno…

(Applausi)

chiediamo molto semplicemente un breve periodo di transizione fino a che non si giunga a una soluzione di portata europea, che finalmente tenga conto dell’intero arco alpino. Si tratta delle Alpi, non dell’Austria. Noi austriaci siamo molto orgogliosi degli obiettivi raggiunti nel campo della politica ambientale. Siamo molto sensibili, per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, e nessun altro paese d’Europa, a parte forse la Svizzera, vive a più stretto contatto con le montagne. Come recita il nostro inno nazionale, siamo un paese di valli e montagne. Viviamo con le montagne: esse son parte della nostra anima e senza di loro non possiamo vivere. Non rendete un inferno la vita degli uomini che da secoli, nelle loro fattorie, popolano le nostre valli! Non portate via la loro patria! Le Alpi appartengono a tutti! Smettetela una buona volta di pensare solo al vostro paese, e provate invece a pensare, con una visione europeista, che le Alpi sono un bene comune, e che il nostro obiettivo è quello di proteggerle nell’interesse di tutti.

Desidero ringraziare la signora Commissario per la sua ottica paneuropea e prego di cuore i colleghi di seguire la strada del Consiglio. Si tratta di un periodo di tempo molto breve. Onorevole Jarzembowsky, le cime delle nostre vette sono puntellate di croci e, anche se ho 70 anni, continuo a salirci. La prossima volta reciterò per te un padrenostro, affinché lo Spirito Santo possa illuminarti.

(Vivi applausi)

 
  
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  de Palacio, Commissione. (ES) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, innanzi tutto desidero assicurare ai deputati austriaci che noi tutti comprendiamo il loro problema. E’ un problema politico, un problema reale. Lo prova il fatto che stiamo discutendo di questa iniziativa, concepita in modo specifico per l’Austria. Si tratta di un’eccezione a favore dell’Austria.

In secondo luogo, mi dispiace che l’onorevole Echerer sia uscita, perché parlava di fatti oggettivi. Vorrei fornire una cifra, per evitare equivoci: le emissioni provocate dagli automezzi soggetti alle restrizioni degli ecopunti sono diminuite del 60 per cento. Non importa se si ottiene un risultato diverso dalle misurazioni delle emissioni che non sono riconducibili soltanto a questi automezzi, ma anche agli autocarri dei paesi terzi esterni all’Unione europea e alle automobili private, oltre agli autocarri ed alle vetture austriache che circolano in Austria. In ogni caso, le emissioni dovute gli autocarri soggetti alle restrizioni degli ecopunti si sono ridotte del 60 per cento. E’ una realtà, e non possiamo accettare che gli automezzi dell’Unione europea non possano viaggiare perché circolano comunque in Austria autocarri dei paesi terzi che rilasciano alti livelli di emissioni. L’impegno relativo agli autocarri europei è stato mantenuto.

In terzo luogo, abbiamo visto ancora una volta quanto è difficile raggiungere un consenso. Ritengo che dobbiamo riuscirci, a qualsiasi costo. La Commissione è disposta a dare prova della flessibilità necessaria e continuerà ad adoperarsi per conseguire un consenso sui vari elementi in discussione, che sono il dibattito interservizi e la modifica della direttiva “eurobollo”, che potrebbe contribuire a risolvere il problema.

(Applausi)

 
  
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  Swoboda (PSE). (DE) Signor Presidente, volevo semplicemente chiarire un punto all’onorevole Jarzembowski. Il governo austriaco non respinge le proposte dell’onorevole Peijs. Posso affermarlo pur non essendo vicino al ministro. Desideravo soltanto precisare quest’aspetto. E’ tutto.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

 

9. Passeggeri del trasporto aereo (compensazione, assistenza)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A5-0221/2003) della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri del trasporto aereo in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato [15855/1/2002 – C5-0136/2003 – 2001/0305(COD)] (Relatore: onorevole Giorgio Lisi).

 
  
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  Lisi (PPE-DE), relatore. – Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, sono lieto di presentare all’Aula la raccomandazione per la seconda lettura sul regolamento concernente assistenza e compenso ai passeggeri del trasporto aereo in caso di negato imbarco, di protratti ritardi e di cancellazioni.

Penso sia utile fare un breve riassunto degli sviluppi che ha conosciuto questa proposta dalla sua presentazione, l’anno passato. La prima lettura è stata approvata in quest’Aula l’anno scorso e aveva già evidenziato le debolezze della proposta iniziale della Commissione. I 39 emendamenti adottati dal Parlamento avevano per principale obiettivo di rendere la normativa più coerente di fronte alle reali esigenze dei passeggeri e più praticabile per le compagnie aeree. In seguito, la posizione comune del Consiglio, pur modificando notevolmente la forma del regolamento, ha comunque integrato numerose preoccupazioni sollevate dal Parlamento: un lavoro considerevole del Consiglio, che però noi riteniamo vada ancora in qualche punto chiarito, in particolare per l’obiettivo che ci siamo prefissi, che è di elaborare una normativa chiara, limpida per i passeggeri e, al tempo stesso, sostenibile per le compagnie aeree che, come tutti sappiamo, stanno affrontando un momento assai delicato.

Atteso che la questione forse più spinosa – l’ammontare complessivo delle compensazioni – è stata, possiamo dire, a questo punto risolta con soddisfazione di quasi tutti i colleghi, segnalo solo le questioni che rimangono aperte e che sono oggetto di questa seconda raccomandazione. La prima riguarda i tour operator e il loro diritto di rivalsa. L’esito della votazione in seno alla commissione per i trasporti non è stata, a mio modo di vedere, completamente soddisfacente, ed ora ci troviamo una raccomandazione che in parte è contraddittoria sulla questione dei tour operator. Infatti, secondo il parere di chi vi parla, necessitano minime modifiche per quanto riguarda la definizione degli operatori turistici e la reciprocità del diritto di rivalsa – emendamenti nn. 5 e 16 – ma complessivamente la posizione del Consiglio ha, da questo punto di vista, centrato bene il problema, poiché ha posto la responsabilità complessiva e generale sul vettore che opera il servizio. E’ per questo motivo, dunque, che io non ritengo condivisibili gli emendamenti nn. 1 e 9, così come la seconda parte dell’emendamento n. 17, per il quale è stato richiesto uno split vote.

Il secondo tema riguarda le fasce chilometriche. In prima lettura il Parlamento ha optato per un unico criterio di distanza, ossia la divisione in tre fasce chilometriche per i ritardi, per i compensi e per la sistemazione del passeggero in una classe inferiore o superiore. Il Consiglio, invece, nella sua posizione comune ha adottato tre criteri diversi e ne ha introdotto inoltre uno nuovo, quello dell’intra o extra Unione europea; non c’è, però, da questo punto di vista, una chiara motivazione per questa aggiunta. Tutto ciò introduce una disparità che non giova alla chiarezza del testo legislativo e non aiuta sicuramente il passeggero a comprendere esattamente i propri diritti. Ecco perché, anche in questo caso, proponiamo di uniformare ad un unico criterio queste tre diverse proposte del Consiglio: un unico criterio, cioè tre fasce chilometriche per tutte le casistiche.

C’è poi il tema delle cancellazioni. La proposta del Consiglio, frutto di un faticoso compromesso, anche in questo caso secondo me non ci offre la chiarezza necessaria e rischia di complicare notevolmente la comunicazione con i passeggeri. Mi sono permesso, in questo campo, di proporre un unico emendamento di compromesso per definire chiaramente quando i passeggeri hanno diritto ad un’assistenza, soprattutto per quanto riguarda la cancellazione, e per definire un’unica scadenza – cinque giorni prima della partenza prevista – al di là della quale i passeggeri possono beneficiare della compensazione pecuniaria. Chiedo ai colleghi di seguire in questa posizione che, appunto, cerca di rendere più chiaro e più comunicabile ai passeggeri e anche alle compagnie di cosa stiamo parlando. Per quanto riguarda i ritardi, occorre garantire un’assistenza immediata in caso di protratti ritardi, quindi le informazioni, l’assistenza, rinfreschi, eventualmente l’albergo, mentre crediamo che il re-routing e il rimborso del biglietto – pienamente giustificati per le cancellazioni e per il negato imbarco – rappresenterebbero, in caso di ritardi, un’incredibile complicazione e farebbero scattare un fenomeno a catena di ritardi che paralizzerebbero il traffico aereo.

E’ stato presentato, infine, un emendamento sull’entrata in vigore, che credo dovrebbe essere accettato perché è di buon senso: diamo alle compagnie il tempo di attrezzarsi, e dodici mesi è la proposta che noi facciamo. In conclusione, oltre a qualche altra piccola osservazione su emendamenti che però non sono di sostanza, io credo che, a questo punto, se riusciremo ad approvare questa proposta, ci possa essere da parte del Consiglio un atteggiamento un po’ più costruttivo, il che mi fa confidare nella possibilità di chiudere presto questo dossier, nell’interesse dei passeggeri ma anche del settore aereo.

 
  
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  de Palacio, Commissione. (ES) Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzi tutto vorrei complimentarmi con il relatore, l’onorevole Lisi, per il suo eccellente lavoro e, in particolare, per gli emendamenti di compromesso molto costruttivi che ha proposto su alcune delle questioni più controverse, che mi auguro ci permettano di conseguire un risultato positivo nella procedura di conciliazione.

Sono felice che il Parlamento accetti in gran parte la posizione comune del Consiglio, poiché si tratta di un testo equilibrato che persegue l’obiettivo di proteggere i passeggeri senza per questo dimenticare gli interessi dell’industria, un’industria, che sappiamo, attraversa una fase difficile. La Commissione ha quindi appoggiato la posizione comune, anche se avremmo preferito compensazioni pecuniarie più elevate, come ben sanno gli onorevoli deputati.

Fortunatamente il Parlamento non propone una riduzione di tale compensazione, giacché riteniamo che costituisca il minimo necessario per incentivare le compagnie aeree a cercare volontari piuttosto che negare direttamente l’imbarco ai passeggeri contro la loro volontà.

Vi comunico che la Commissione può accettare gli emendamenti nn. 8, 10 e 11, relativi alle cancellazioni e ai ritardi, che semplificano il testo ed eliminano possibili problemi di applicazione e che, allo stesso tempo, offrono ai passeggeri un livello di protezione globale, simile a quello contenuto nella posizione comune.

Sono accettati anche gli emendamenti nn. 12 e 14, che rendono il testo più chiaro e coerente armonizzando le fasce chilometriche, così come il n. 13, in parte, e i nn. 16, 19 e 20.

Non possiamo, tuttavia, accettare gli emendamenti dal n. 1 al n. 7 e i nn. 9, 15, 17, 18 e 21. In particolare, tengo a dire che l’emendamento n. 1 e l’emendamento n. 9 implicherebbero l’esclusione dei passeggeri dei viaggi “tutto compreso” dalla normativa. La direttiva sul turismo “tutto compreso” non offre tale livello di protezione e l’esclusione di questi viaggi darebbe luogo a due diversi livelli di protezione per passeggeri che incontrano le stesse difficoltà e che possono essere seduti uno vicino all’altro. E ciò sarebbe difficile da spiegare ai cittadini e ai consumatori.

In breve, signor Presidente, onorevoli deputati, sono contenta che, ad eccezione della questione dei viaggi “tutto compreso”, Parlamento e Consiglio condividano in larga misura gli stessi punti di vista.

Vorrei ringraziare in particolar modo l’onorevole Lisi per il lavoro svolto e per aver conseguito tali emendamenti di compromesso, grazie ai quali credo che questa conciliazione possa essere conclusa rapidamente.

 
  
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  Hatzidakis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Lisi per il magnifico lavoro svolto.

In secondo luogo, vorrei dire che è ovvio che passeggeri, che scoprono inaspettatamente di non potere viaggiare, anche se in possesso del biglietto, oppure che il proprio volo è stato cancellato all’ultimo minuto, necessitino di una protezione legale adeguata da parte dell’Unione europea e del nostro quadro giuridico. Si stanno facendo molti passi in tale direzione.

In prima lettura, il Parlamento europeo ha assunto una posizione generale, considerando tale necessità pur senza ignorare gli interessi individuali delle compagnie aeree e dei tour operator, in particolare in questa fase cruciale per il trasporto aereo e il turismo. Il Consiglio ha quindi proceduto all’adozione di una posizione comune che, in una certa misura, prende in considerazione la posizione del Parlamento europeo. Per questa ragione, in seconda lettura, come ha giustamente detto il relatore, ci si concentra su tre questioni essenziali: primo, il diritto di reclamare una compensazione, non solo da parte del vettore aereo operativo nei confronti del tour operator o di altra persona, ma anche, analogamente, da parte di chiunque abbia sostenuto delle spese o subito delle perdite nei confronti del vettore aereo operativo; secondo, il termine utile massimo per informare i passeggeri; terzo, la questione dei programmi Frequent Flyer.

Sussiste comunque la questione, cui ha fatto riferimento il relatore, degli emendamenti n. 1 e, soprattutto, n. 9, relativi ai tour operator: in altre parole, se siano contemplati nel quadro della direttiva o se vengano trattati separatamente. La mia posizione è che in questa fase sia meglio non accettare tali emendamenti così come approvati dalla Commissione, poiché si devono anche considerare le reazioni dei consumatori, dei viaggiatori. Non possiamo infatti ignorarli e ritengo non sia facile spiegare loro perché, nel caso specifico, persone che viaggiano secondo questa formula debbano essere trattate in modo diverso, cioè peggio, degli altri passeggeri. Pertanto, concordo pienamente con il relatore.

 
  
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  Stockmann (PSE). (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, siamo tutti consapevoli che overbooking, cancellazioni e ritardi sono particolarmente frequenti durante i mesi estivi a venire, e quindi le notizie che comunichiamo saranno comprese da tutti: in futuro i passeggeri avranno una maggiore certezza giuridica. In questi casi, avranno sostanzialmente un’assistenza migliore e il doppio in materia di compensazione, non solo nei servizi di linea ma anche sui voli charter e rispetto a diversi servizi offerti dagli operatori turistici.

Queste buone notizie per i passeggeri, sfortunatamente, saranno valide soltanto dalla prossima estate. Se da una parte questo è dovuto alla difficile situazione in cui si trovano attualmente le compagnie aeree, rappresenta anche un’opportunità di fornire a tutti i passeggeri, per tempo, informazioni esaurienti, alla stregua della carta dei diritti dei passeggeri esposta in tutti gli aeroporti. Probabilmente le compagnie aeree si uniranno ed installeranno uno sportello in ogni aeroporto, facilmente riconoscibile, dove i passeggeri potranno presentare reclamo. Dopotutto, le leggi migliori non sono di alcuna utilità se non sono conosciute e se non possono essere attuate in maniera chiara per il consumatore.

Ringraziamo il relatore per il lavoro svolto. Ha sempre cercato il compromesso e ha lavorato correttamente con tutti i gruppi politici. Dissentiamo ciononostante dalla sua posizione su due punti. Il primo riguarda i voli “tutto compreso”, per i quali non è molto chiaro quello che vuole veramente. Siamo convinti che non debbano rientrare nel regolamento, essendo tutelati da una propria direttiva. Il secondo punto riguarda la modalità di gestione della compensazione per le cancellazioni, sul quale appoggiamo l’approccio del Consiglio, più rispettoso del consumatore di quanto non abbia proposto il relatore.

La compensazione pecuniaria dovrebbe dipendere dal momento in cui viene data la comunicazione e dallo scarto fra i voli offerti in alternativa e il contratto di viaggio originale. Quali effetti secondari potrebbe avere il regolamento? La cosa migliore sarebbe, evidentemente, che i casi descritti fossero in futuro drasticamente ridotti. Se sono dovuti a circostanze non prevedibili, una maggiore concorrenza fra le compagnie aeree potrebbe aiutare a renderle più attente agli utenti. Questo potrebbe inoltre significare che, oltre agli ambiti già menzionati, gli indicatori potrebbero anche quantificare l’affidabilità del servizio trasporto bagagli e la percezione soggettiva della qualità del servizio offerto dalle compagnie aeree. Per tale motivo, in Europa servirebbe una graduatoria della qualità delle prestazioni offerte agli utenti, come quella esistente negli Stati Uniti.

Come hanno affermato alcuni parlamentari, è giusto che si ricorra a norme equivalenti per tutti i vettori, ma il fatto che non siamo ancora riusciti a stabilire delle norme per altri vettori non è una ragione per rinunciarvi nel trasporto aereo.

 
  
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  Vermeer (ELDR).(NL) Signor Presidente, signora Commissario, relatore, onorevoli colleghi, una migliore tutela dei passeggeri è una questione che mi sta particolarmente a cuore. Tuttavia, da molto tempo nutro notevoli riserve su tale proposta. Mi sono impegnato a tradurle in emendamenti, sia ora che in prima lettura. Si tratta certamente di un enorme miglioramento per i passeggeri del trasporto aereo europeo, ma non è tutto. Non credo che possa vincere alcun premio come modello di normativa chiara. Ciò che più mi preoccupa è che l’intero settore aereo è stato accorpato. Non si considerano in alcun modo le differenze e le pratiche commerciali delle diverse nicchie del mercato aereo europeo. Aerei di linea, compagnie aeree regionali, tour operator e compagnie aeree a tariffe ridotte sono tutti allo stesso livello.

Trovo poi particolarmente deplorevole che la Commissione europea non abbia effettuato alcuno studio serio di fattibilità sulle implicazioni delle misure che saranno introdotte. E’ molto strano dato che il carico amministrativo sarà enorme. Da liberale, sostengo caldamente la liberalizzazione del mercato interno. Molte delle compagnie aeree che vi partecipano sono vettori a tariffe ridotte e sono proprio quelle che probabilmente verranno colpite più duramente da tale regime. I passeggeri non meritano un trattamento simile, poiché saranno loro alla fine a pagare il conto. L’ammontare della compensazione dovrebbe essere proporzionale alla somma finale pagata per il biglietto.

La compensazione è dovuta in caso di cancellazione del volo. La portata mi sembra particolarmente limitata: solo il 10 per cento dei voli cancellati rientrano, in realtà, nei criteri di compensazione. Mi auguro che saremo in grado di dare ai consumatori informazioni trasparenti, in modo che sappiano chi è responsabile e di quale compensazione. In caso di cancellazione, i passeggeri hanno il diritto di sapere quando hanno o meno diritto alla compensazione. Questa la mia principale obiezione al momento.

 
  
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  Maes (Verts/ALE).(NL) Chiunque, nel corso di questa settimana, abbia prestato attenzione in Aula, si sarà reso conto che i parlamentari stanno gradualmente raggiungendo la schiera di coloro che, sulla base di esperienze in prima persona, sono ormai esperti in cancellazioni di voli, ritardi prolungati, prenotazioni in eccesso eccetera.

Molti passeggeri si trovano a scontrarsi con il sistema ed è questo che li esaspera. Soltanto in Europa, ogni anno 250 000 persone sono vittime dell’overbooking. Non è più accettabile. In futuro, la perdita sarà suscettibile di compensazione non solo nel caso di negato imbarco, ma anche di cancellazioni e di ritardi prolungati, e riteniamo che ciò sia estremamente positivo.

E’ ancora più importante, comunque, che i passeggeri possano essere sicuri dei propri voli e le contribuzioni devono quindi essere sufficientemente elevate da fungere da incentivo affinché le compagnie optino per un buon servizio invece che per la compensazione. Vogliamo che tutto questo venga applicato non soltanto ai voli di linea, ma anche ai voli non di linea.

La compensazione non è applicabile in caso di forza maggiore. Sfortunatamente ci sembra un concetto molto vago. Avremmo voluto vederlo associato a una definizione, ad esempio della Corte di giustizia delle Comunità europee, per conferirgli maggior peso. Invocare la forza maggiore non deve, dopotutto, essere una soluzione di comodo per abbandonare i passeggeri al proprio destino senza compensazione.

Ovviamente, i passeggeri riterrebbero il più delle volte preferibile che si trovi una soluzione piuttosto che ricevere una compensazione. Norme simili dovrebbero infatti applicarsi a tutti i fornitori di servizi di trasporto; allora si vedrebbero molti meno passeggeri insoddisfatti del trasporto pubblico.

 
  
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  Booth (EDD).(EN) Signor Presidente, vorrei sottoporre una questione che concerne direttamente il mio elettorato. L’elicottero navetta per le Isole Scilly fornisce un servizio pubblico fondamentale ed è il pilastro dell’economia delle isole. Non esiste alcuna alternativa valida e a volte rappresenta l’unico collegamento con la terraferma per necessità primarie quali appuntamenti in ospedale, istruzione e affari. Sono certo che esistono collegamenti simili in Europa che si possono definire “vettori sociali”. Sono anche certo che tali regolamenti non possono essere applicabili a questi servizi con lo stesso rigore con cui si applicano alle compagnie aeree a pieno titolo.

Il problema riguarda i guasti meccanici. Trattandosi di un servizio navetta – per cui non è economicamente sostenibile avere mezzi di riserva – qualora si verifichi un guasto meccanico all’inizio della giornata tutti i voli successivi ne risentono. Il costo di compensazione e assistenza sarebbe talmente eccessivo che pregiudicherebbe la sopravvivenza economica del servizio, che potrebbe essere sospeso. Se ciò dovesse succedere, avrebbe chiaramente conseguenze devastanti sulla vita degli abitanti delle Isole Scilly, che usino o meno di fatto il servizio.

Nell’eventualità di un guasto meccanico, sembrano esservi alcune eccezioni contemplate dall’articolo 5, nell’esenzione prevista per circostanze eccezionali. Non è chiaro comunque se un velivolo non disponibile per cause tecniche sia considerato una circostanza eccezionale. Vorrei chiedere alla signora Commissario, pertanto, di chiarire che cause tecniche – ovvero guasti meccanici – con ripercussioni sulla sicurezza operazionale, equivalgono a circostanze eccezionali, qualora interessino quelli che ho definito “vettori sociali”: servizi navetta per isole e regioni periferiche.

La condizione limitativa stabilisce chiaramente che la manutenzione di routine prevista per legge debba essere interamente eseguita. A tal fine, chiedo che una definizione appropriata venga inserita o allegata al regolamento, in modo da assicurare che questo collegamento vitale, insieme a tanti altri, non sia costretto a sparire.

 
  
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  Ferber (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, mentre desidero sinceramente ringraziare il nostro relatore, onorevole Lisi, per la relazione che ha presentato, vi sono due ambiti problematici che non vorrei tralasciare di menzionare.

Innanzi tutto, ringrazio Dio che i passeggeri non dovranno sopportare le infinite discussioni che posso prevedere, secondo le attuali norme, quando si tratta di definire se una compagnia sia o non sia responsabile di un ritardo. All’inizio della serata, abbiamo discusso il cielo unico europeo. Se vi sono problemi con l’infrastruttura, avremo contenziosi fra le compagnie aeree, i controllori del traffico e anche le società che gestiscono gli aeroporti. Spero che arriveremo a delle soluzioni efficaci. Grazie a Dio non è un problema dei passeggeri, ma quel che posso prevedere è che sarà un grosso problema per noi.

In secondo luogo, vorrei menzionare i viaggi “tutto compreso” e i tour operator. Sin dal 1990 rientrano in un’apposita direttiva, che offre al consumatore un’ampia protezione, e sorge la domanda se qualcuno che ha prenotato non solo un volo, ma anche contemporaneamente un viaggio vacanza, pernottamenti o camere in albergo, necessiti o meno di una protezione supplementare. Ritengo che non ne abbia bisogno e sono felice che in quest’Aula si appoggi tale posizione. Avendo riordinato la normativa tredici anni fa, non c’è bisogno oggi di normative supplementari.

Mi permetta, signora Commissario, di insistere perché lei prenda la nostra attuale esperienza legislativa come base per affrontare l’accordo internazionale sui ritardi ferroviari – che è un disastro in termini di applicazione pratica ed è spaventosamente mal adattato negli Stati membri – e per proporre norme europee per la compensazione pecuniaria dei ritardi ferroviari. E’ in quest’ambito che si deve agire con urgenza!

 
  
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  Watts (PSE).(EN) Signor Presidente, vorrei iniziare ringraziando l’onorevole Lisi a nome dei milioni di passeggeri delle compagnie aeree che beneficeranno del suo lavoro e di quello del Parlamento e della Commissione. I giorni di attesa senza assistenza mentre le compagnie aeree cancellavano, ritardavano ed effettuavano prenotazioni in eccesso saranno presto finiti. Dopo anni in cui si è lasciato che le compagnie aeree dettassero le regole, i passeggeri avranno finalmente un diritto giuridico pari agli standard del servizio clienti che meritano.

Per quanto riguarda gli emendamenti, esorto i colleghi a votare contro l’emendamento n. 21 presentato dai liberali che cercano di ridurre la compensazione. La compensazione del resto sicuramente riconosce il livello di disagio, non quello della tariffa.

Mi auguro che i colleghi sostengano l’emendamento n. 2, che estende la misura ad altre modalità di trasporto. Ringrazio la signora Commissario per la lettera che mi ha fatto pervenire recentemente, nella quale conferma che adotterà una misura simile per i viaggi ferroviari internazionali ad alta velocità. Ma che dire dei viaggi internazionali su traghetti e in autobus da turismo? Sosterrà l’emendamento n. 2, signora Commissario?

In base all’emendamento n. 18 – graduatorie – si dovrebbero identificare e mettere all’indice le compagnie aeree per la scarsa qualità dei loro servizi. Signora Commissario, sosterrà questo emendamento?

Infine, vorrei unirmi al mio collega del sud, l’onorevole Booth, e spezzare una lancia a favore del servizio di elicotteri delle Isole Scilly. E’ un esempio di collegamento vitale per un gruppo di isole come, certamente, ce ne sono molti altri nella Comunità europea. Possiamo avere la garanzia, signora Commissario, che non saranno penalizzati dagli inevitabili problemi tecnici che incontrano occasionalmente?

 
  
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  Ries (ELDR).(FR) Signor Presidente, questo nuovo regolamento, come è stato detto, è molto importante per i passeggeri, e molto atteso anche, dal momento che la qualità dei servizi, a causa in particolare della concorrenza spietata fra le compagnie aeree, suscita ancora, bisogna dirlo, numerosissime critiche. Capisco bene che non si tratta di aggiungere normative su normative, semmai di adottare un quadro chiaro per trattare i reclami e la compensazione, poiché i passeggeri sono generalmente male informati sui propri diritti nei confronti di compagnie aeree potenti e influenti, e sostengo i molti oratori che hanno espresso questo stesso punto di vista. So anche che le stesse compagnie attraversano un periodo difficile, in particolare dall’11 settembre 2001. Vorrei porre tuttavia una o due domande sul problema del negato imbarco. L’overbooking è un termine più corretto, anche se non propriamente francese, perché indica la vera causa, o addirittura la strategia delle compagnie in alcuni casi, e non solo la conseguenza. Ma questa è una parentesi semantica.

In sede di dibattito durante la sessione plenaria in prima lettura, la Commissione ha dichiarato che questo overbooking è un fenomeno marginale rispetto al flusso generale dei passeggeri del trasporto aereo. Vorrei sapere se ne si è veramente certi. La Commissione sostiene di disporre di cifre vicine ai 250 000 passeggeri a cui è stato negato l’imbarco nel 1999, ovvero l’1,1 per mille. Mi domando semplicemente quanto possano essere affidabili queste statistiche dal momento che, suppongo, sono fornite dalle stesse compagnie aeree.

Se pongo tali domande, è perché ho avuto un problema simile meno di un mese fa su un volo Nizza-Bruxelles della SN Brussels Airlines. Senza entrare nei dettagli, giacché non è questo il luogo, su questo volo, un volo regolare, sei persone erano in overbooking, fra cui la sottoscritta, mentre mio marito e mio figlio di 7 anni, che avevano lo stesso biglietto, prenotato allo stesso momento e nella stessa agenzia, sono stati imbarcati. Un caso fra 250 000 altri, immagino. Che sia la strategia della compagnia – e, chiaramente, non è l’unica ad agire in questo modo – mi è stato confermato dal personale a terra dell’aeroporto e da molte associazioni per la difesa dei consumatori. Non sono quindi del tutto certa che tale fenomeno sia così marginale e non posso che essere contenta, come altri oratori prima di me, del rafforzamento, in questo nuovo regolamento, della tutela dei diritti del consumatore.

 
  
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  Presidente. – Con questo si conclude la discussione.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

DICHIARAZIONE SCRITTA (ARTICOLO 120 DEL REGOLAMENTO)

 
  
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  Miranda (GUE/NGL).(PT) Il regolamento in oggetto ha l’obiettivo di proteggere i passeggeri del trasporto aereo in caso di negato imbarco e di cancellazione o ritardo prolungato dei voli. La proposta in discussione, comunque, non è totalmente conforme a tale obiettivo, e gli emendamenti presentati indeboliscono la posizione comune del Consiglio che, per alcuni aspetti, costituiva già un passo indietro rispetto alla proposta della Commissione.

Siamo consapevoli delle difficoltà momentanee che stanno vivendo attualmente i vettori aerei, e per tale ragione riteniamo necessario trovare una soluzione equilibrata. Non riteniamo, comunque, che tali problemi giustifichino l’esclusione dall’ambito di protezione di tale regolamento dei passeggeri dei viaggi organizzati, la riduzione della protezione offerta loro nel caso di cancellazione dei voli, o l’eliminazione della possibilità di esercitare il proprio diritto al rimborso o al re-routing nel caso di ritardi prolungati dei voli.

Riconosciamo che esistono “circostanze eccezionali”, per cui si potrebbe arrivare alla conclusione che i vettori aerei non sempre sono responsabili dei ritardi o delle cancellazioni dei voli. Tali “circostanze”, tuttavia, dovrebbero essere specificamente circoscritte a problemi meteorologici o di sicurezza, in modo da evitare che gli interessi dei passeggeri possano essere compromessi per motivi puramente economici o commerciali.

 

10. Programma Marco Polo
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A5-0220/2003), della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla concessione di contributi finanziari comunitari destinati a migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci (“programma Marco Polo”) [5327/1/2003 – C5-0225/2003 – 2002/0038(COD)] (Relatore: onorevole Philip Charles Bradbourn).

 
  
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  Dover (PPE-DE), in sostituzione del relatore. – (EN) Signor Presidente, vorrei cominciare scusandomi per l’assenza dell’onorevole Bradbourn. Per motivi di salute, non può unirsi a noi e, pertanto, leggerò in sua vece il discorso da lui preparato in precedenza. So che è orgoglioso di essere il relatore per il programma Marco Polo e che ne attende fiducioso l’approvazione da parte del Parlamento questa settimana.

Come ha affermato più volte in seno alla commissione all’inizio del mese, l’onorevole Bradbourn ritiene che le tre Istituzioni non siano lontane dal raggiungere un accordo, e un attento esame della posizione comune lo dimostra. In realtà, dal punto di vista del Parlamento, le due questioni in sospeso che l’onorevole Bradbourn riteneva necessario discutere sono state risolte nell’ambito del trilogo informale. Dato il successo del trilogo, ha ritenuto che non fosse necessario un nuovo, lungo dibattito sul programma, che ha ottenuto l’indiscussa approvazione della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo in occasione della sua ultima riunione. Come l’onorevole Bradbourn ha affermato più volte nella fase di definizione, il programma dev’essere equilibrato ed egli è fermamente convinto che la posizione comune raggiunga proprio questo risultato.

A suo parere, imporre alle attività commerciali oneri burocratici ancora maggiori sarebbe un grave errore, nonostante la necessità di una verifica scrupolosa del modo in cui vengono spesi i fondi e dell’efficacia del programma stesso.

La posizione comune significa che il programma rimane trainato dal mercato ed offre così un’ottima opportunità di dimostrare che l’Unione europea intende aiutare e non ostacolare le imprese, come spesso avviene.

Come di certo saprete, l’onorevole Bradbourn si è battuto con vigore per la questione delle soglie, non solo a nome delle numerose piccole e medie imprese della sua regione, le West Midlands in Inghilterra, ma per le PMI in generale, le quali, se non fosse per queste soglie modeste, non potrebbero beneficiare dei finanziamenti disponibili per aiutarle a realizzare gli obiettivi del programma.

Secondo il relatore, l’abbassamento delle soglie permette alle imprese di lavorare insieme per presentare progetti innovativi a favore dei trasporti e, di fatto, dell’industria nel suo insieme. Mantenendo le soglie originarie, le piccole imprese sarebbero ancora una volta ignorate dall’Europa, che sembrerebbe interessata solo a programmi da mettere in mostra, i quali, seppur buoni in apparenza, non apportano benefici per coloro che li hanno pagati: noi o i contribuenti.

Gli obiettivi immediati del programma Marco Polo sono il miglioramento delle prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci e la riduzione della congestione del traffico stradale, seppure in misura relativamente modesta. Il vostro relatore motivatamente ritiene che questo abbassamento delle soglie rivesta un’importanza decisiva per la realizzazione di tali obiettivi.

La sua ultima osservazione si limita a rafforzare uno dei principali obiettivi della proposta: la riduzione delle strozzature. Fin dall’inizio si è trovato d’accordo con la Commissione sul fatto che la congestione costituisce una minaccia sia per l’ambiente sia per l’operatività dell’intero settore del trasporto merci. Considera tuttora imperativo concentrarsi sulle possibilità pratiche di ridurre le strozzature esistenti, soprattutto presso i porti.

Per quanto riguarda l’attuazione del programma, l’ultima cosa che l’onorevole Bradbourn desidera è ritardare inutilmente il processo legislativo. Come tutti concorderete, questo programma non è solo l’ennesimo atto legislativo; esso è un importante segnale all’industria dei trasporti europea che possiamo, e in realtà vogliamo, aiutarle anziché ostacolarle.

Quanto prima il programma Marco Polo diventerà operativo, tanto meglio sarà per il settore europeo dei trasporti. Pertanto, considerato l’esito di questa posizione comune e la sua approvazione incontrastata da parte dei membri della commissione per i trasporti, il relatore, onorevole Bradbourn, ritiene si possa procedere alla seconda lettura del programma Marco Polo senza necessità di grandi cambiamenti.

Come ultima osservazione, il relatore vorrebbe tuttavia ribadire la necessità di un approccio aperto: la carota anziché il bastone, al fine di incoraggiare sia la partecipazione sia la direzione da parte della comunità imprenditoriale. Mi scuso di nuovo per l’inevitabile assenza dell’onorevole Bradbourn.

 
  
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  de Palacio, Commissione. – (ES) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei innanzi tutto esprimere i miei ringraziamenti per il lavoro realizzato dal relatore, onorevole Bradbourn, e per l’intervento dell’onorevole Dover, che ha sostituito il relatore nella presentazione all’Assemblea.

Onorevoli deputati, vorrei ringraziare il Parlamento in generale per il suo atteggiamento costruttivo, che ha permesso, attraverso una riunione tripartita e informale svoltasi lo scorso novembre, di raggiungere un accordo che ci consentirà di attuare rapidamente il programma Marco Polo, con una dotazione di 75 milioni di euro nell’arco di quattro anni. Questo progetto è destinato ad agevolare lo sviluppo del trasporto intermodale nell’ambito dell’Unione europea.

Il trasporto intermodale è assolutamente indispensabile se vogliamo rendere efficaci ed efficienti i nostri sistemi di trasporto. Esso consiste nel superare la visione monomodale del trasporto e nel prendere in considerazione tutti i diversi sistemi e modi, al fine di ottimizzare le risorse e le possibilità a nostra disposizione nell’Unione europea per ottenere trasporti efficienti.

Grazie a questo programma potremo finanziare, tra l’altro, i primi progetti di autostrade del mare, che sono già stati avviati tramite accordi tra l’Italia, la Francia e la Spagna nel Mediterraneo occidentale, nonché altri progetti analoghi nell’area atlantica, unitamente ad altri progetti ancora, riguardanti la combinazione dei trasporti fluviali e ferroviari e, infine, anche il trasporto marittimo e su strada, naturalmente.

Vorrei esprimere ancora una volta i miei ringraziamenti per il lavoro svolto. Ritengo si tratti di un buon testo, che sia stato ottenuto un risultato ragionevole ed equilibrato e che ciò che dobbiamo fare ora sia promuovere, con questa e con tutte le altre misure, un sistema di trasporto competitivo ed efficace, al servizio dell’efficienza economica, dello sviluppo e della crescita.

 
  
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  Stockmann (PSE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, è ora di rendere disponibile il sostegno nel quadro dello strumento Marco Polo per gli operatori europei del settore del trasporto merci; l’urgenza con cui tale sostegno è atteso è dimostrata dal gran numero di domande presentate in risposta a un annuncio su piccola scala. Rispondendo precisamente agli obiettivi specifici dell’assistenza, il programma di sostegno mira a favorire il trasferimento delle merci dalle strade a modi di trasporto più rispettosi dell’ambiente. Nell’ambito di questo progetto di trasferimento del traffico, per esempio, è stato possibile fornire sostegno a un servizio di chiatte che trasportano merci da Magdeburgo o da Amburgo nella Repubblica ceca. Le azioni catalizzatrici richiedono risposte particolarmente creative agli ostacoli strutturali. A mio parere, dovrebbero provocare un’enorme domanda, soprattutto nel trasporto ferroviario, nell’ambito del quale – com’è risaputo – gli ostacoli sono numerosi.

Ciò significa che il programma Marco Polo è un ottimo complemento dei pacchetti ferroviari che abbiamo introdotto. Alla luce dell’urgente necessità di consultazioni transfrontaliere sulle priorità comuni ai fini dell’eliminazione degli ostacoli, posso ben immaginare quale sia il terzo settore di sostegno: le azioni di apprendimento comuni, comprese le conferenze sui corridoi che il Parlamento chiede da tempo. L’esistenza di una forte domanda naturalmente dimostra che i fondi non saranno sufficienti; peraltro, non abbiamo grandi probabilità di realizzare l’obiettivo di stabilizzare la separazione modale del 1998. Per fortuna è stata accolta la nostra richiesta di includere i progetti dei futuri Stati membri. Non c’è bisogno di essere un profeta per prevedere che in occasione delle prossime elezioni riemergeranno le questioni della sostenibilità e della compatibilità ambientale nell’agenda della politica dei trasporti.

 
  
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  Pohjamo (ELDR). – (FI) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei anch’io ringraziare il relatore, onorevole Bradbourn, a nome del mio gruppo, per aver elaborato questa relazione in modo eccellente e con grande determinazione. Con la crescita del volume del traffico, sussiste una necessità vitale di ridurre la congestione e migliorare il sistema di trasporto merci, soprattutto dal punto di vista ambientale. L’allargamento dell’Unione europea comporterà anche nuove sfide, in quanto si allungheranno le distanze di trasporto.

Il nostro gruppo sostiene il programma Marco Polo ed è soddisfatto della posizione comune del Consiglio. L’Unione europea può apportare un valore aggiunto sostenendo progetti innovativi e nel campo delle nuove tecnologie. L’obiettivo è di passare dalle forme di trasporto più inquinanti a modi di trasporto più rispettosi dell’ambiente. Nessuna forma di trasporto, tuttavia, può essere esclusa dal programma, il quale deve contemplare una vasta gamma di modi di trasporto, compreso il trasporto su strada.

A mio parere, è importante riuscire a promuovere, parallelamente alle nuove azioni, il miglioramento delle attività in corso. In questo ambito, i miglioramenti spesso si ottengono attraverso un rapporto costi/benefici più efficiente, anziché lanciandosi in un progetto completamente nuovo. Se ci si concentra solo su alcuni nuovi progetti, ovviamente si corre il rischio di distorsioni della concorrenza in relazione alle vecchie misure.

Nella posizione comune è stato deciso di dimezzare le soglie minime per tutte le categorie di azione. Ciò permetterà anche la realizzazione di progetti innovativi intrapresi in comune da imprese più piccole, come le PMI.

La dotazione per il programma è molto modesta e l’obiettivo molto ambizioso. Considero importante, tuttavia, approvare il regolamento ed avviare i primi progetti entro l’autunno. A più lungo termine, si spera che il programma Marco Polo si dimostri valido ed ottenga finanziamenti supplementari. Inoltre, dobbiamo esaminare le possibilità di aumentare i finanziamenti per progetti di rilievo, che integrino la rete transeuropea dei trasporti.

 
  
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  Ortuondo Larrea (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, oggi esaminiamo il programma Marco Polo, volto a ridurre la congestione del traffico stradale e a contribuire a un sistema di trasporto più efficace e sostenibile. Voteremo a favore del testo proposto dalla commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, ma non possiamo dire di essere pienamente soddisfatti della proposta.

In primo luogo, perché il Consiglio dei ministri ha ridotto la dotazione finanziaria da noi richiesta da 115 a 75 milioni di euro, una riduzione che, a nostro parere, non permetterà di realizzare l’obiettivo di trasferire a modi di trasporto alternativi l’aumento totale annuo previsto del trasporto internazionale di merci su strada, per il quale ci si attende una crescita del 50 per cento entro il 2010. A tal fine, e secondo i dati del Libro bianco sui trasporti, i trasporti ferroviari e marittimi dovrebbero assorbire un ulteriore 39 per cento, in termini di tonnellate di merce per chilometro, rispetto alla situazione attuale, il che, sommato all’aumento tendenziale di tali modi di trasporto, ora pari al 29 per cento, significherebbe un aumento totale del 68 per cento della loro capacità di traffico, che non credo possa essere finanziato con la dotazione ridotta.

Se, come indica la Commissione, con un euro di sovvenzione si possono trasferire 500 tonnellate, con i 75 milioni di euro concessi dal Consiglio si potranno trasferire 37 500 milioni di tonnellate/km, anziché 52 250 milioni di tonnellate annue, corrispondenti all’aumento previsto del trasporto su strada. In altre parole, non si potranno realizzare gli obiettivi del programma Marco Polo.

D’altro canto, consideriamo altrettanto insoddisfacente che sia stata prevista la possibilità di finanziare azioni di riduzione e prevenzione del trasporto di merci su strada, senza che ciò comporti necessariamente il trasferimento ad altri modi di trasporto. Riteniamo sia possibile intervenire nelle fasi precedenti l’operazione di carico degli autocarri, per esempio promuovendo forme più compatte di imballo delle merci, in modo che occupino meno spazio e richiedano un minor numero di autocarri.

Infine – sebbene ciò possa essere oggetto di una diversa proposta – consideriamo altresì necessario riflettere sull’attuale modello di produzione e distribuzione delle merci. Se incorporiamo realmente, senza alcuna eccezione, tutti i costi esterni del trasporto, forse giungeremo alla conclusione che sia necessario riesaminare la nostra teoria sull’economia di scala nella produzione e sui benefici della sua concentrazione.

 
  
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  Presidente. – Con questo si conclude la discussione.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

 

11. Protezione dei pedoni e di altri utenti della strada vulnerabili in caso di urto con un veicolo a motore
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A5-0223/2003), presentata dall’onorevole Herman Vermeer a nome della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla protezione dei pedoni e di altri utenti della strada vulnerabili in caso di urto con un veicolo a motore e che modifica la direttiva 70/156/CEE [COM(2003) 67 – C5-0054/2003 – 2003/0033(COD)].

 
  
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  de Palacio, Commissione. – (ES) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Vermeer per il lavoro svolto, nonché i relatori delle commissioni interessate, onorevoli Staes e Harbour, per i loro sforzi volti a garantire la rapida presentazione della proposta.

Un anno fa, il Parlamento europeo ha presentato al Commissario Liikanen il suo parere sulla comunicazione della Commissione del luglio 2001. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare la relatrice in tale occasione, onorevole Hedkvist Petersen, e tutti i parlamentari europei per l’impegno dedicato alla questione.

Nella sua risoluzione, il Parlamento europeo ha formulato principalmente due richieste: in primo luogo, per quanto riguarda la forma, il Parlamento ha chiesto la proposta di una legislazione quadro in questo campo, compresi un calendario chiaro e realistico per l’applicazione di alcuni obiettivi intermedi e finali e i relativi metodi di verifica; in secondo luogo, per quanto riguarda il contenuto, ha chiesto, come obiettivo a lungo termine, l’applicazione, a partire dal 2010, dei quattro test raccomandati dal Comitato europeo per il miglioramento della sicurezza dei veicoli o di altri test che offrano lo stesso livello di protezione dei pedoni.

La proposta di direttiva della Commissione del 19 febbraio di quest’anno intende rispondere alle richieste del Parlamento. La relazione dell’onorevole Vermeer in realtà non contesta gli elementi centrali della proposta della Commissione. Gli emendamenti proposti chiariscono o precisano il testo.

Gli emendamenti nn. 1, 2, 5 e 7 insistono sul fatto che la proposta deve essere un elemento di un pacchetto più ampio di misure atte a garantire un elevato livello di protezione dei pedoni, che comprenda misure di sicurezza attiva e modifiche delle infrastrutture. La Commissione condivide e accoglie tali suggerimenti.

Gli emendamenti nn. 3, 6, 8 e 16 sono volti a chiarire che il problema della protezione dei pedoni può essere affrontato con misure di sicurezza passiva o con una combinazione di misure attive e passive; accogliamo anche questi emendamenti, in quanto condividiamo l’approccio del relatore.

Lo stesso vale per gli emendamenti nn. 9, 10 e 11, che riguardano l’applicazione della direttiva; essi impongono alla Commissione di comunicare al legislatore, entro un termine specificato, i risultati della sua valutazione ed indicano la procedura di comitatologia da seguire per modificare la direttiva, qualora le modifiche si limitino ad introdurre misure di sicurezza passiva.

Accogliamo infine l’emendamento n. 4, che chiede alla Commissione di valutare la possibilità di estendere in futuro l’ambito di applicazione della direttiva ai veicoli con una massa non superiore a 3,5 tonnellate.

In sintesi, la Commissione accoglie tutti gli emendamenti presentati dalla commissione per i trasporti, nonché l’emendamento n. 16. Tuttavia, non possiamo accogliere gli emendamenti nn. 12, 13, 14, 15, 17 e 18.

Tenuto conto dell’importanza della proposta per la sicurezza stradale e del calendario previsto per l’applicazione dei test, nonché della consultazione sulle possibili iniziative in materia di protezione dei pedoni che ha preceduto la proposta, la Commissione si augura che il testo venga approvato in sede di prima lettura.

Signor Presidente, vorrei ringraziare ancora una volta l’onorevole Vermeer e tutti gli onorevoli deputati per il loro impegno.

 
  
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  Vermeer (ELDR), relatore. – (NL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, personalmente sono lieto che la relazione sia già pronta per la presentazione oggi e vorrei quindi rivolgere un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno contribuito a questo risultato. Cercherò di essere il più possibile conciso, come durante la procedura. Il testo si basa sulla relazione dell’onorevole Hedkvist Petersen dell’anno scorso al Parlamento, che chiedeva l’adozione di una normativa sugli accordi volontari tra la Commissione europea e l’industria automobilistica sotto forma di legislazione quadro.

La relazione sottolinea che il metodo di prova del Comitato europeo per il miglioramento della sicurezza dei veicoli dev’essere soprattutto un metodo dinamico. Si tratta di un aspetto importante: poiché intendiamo introdurre una legislazione il cui obiettivo è la piena ottemperanza a questo metodo di prova, tale metodo deve anche essere mantenuto flessibile. Ritengo che, insieme, si sia riusciti in questo intento. Occorre continuare a porre l’accento sulle misure di sicurezza passive. Le misure attive, e una combinazione di misure attive e passive, devono tuttavia rimanere una possibilità in questa proposta, al fine di offrire maggiori garanzie di sicurezza rispetto al metodo attuale.

Il risultato dello studio indipendente di fattibilità tecnica il prossimo anno, per il quale la Commissione europea ha recentemente pubblicato un invito a presentare offerte, riveste grande importanza. Entro luglio del prossimo anno si dovrà chiarire fino a che punto i costruttori automobilistici sono obbligati ad applicare il metodo di prova EEVC. Non intendo quindi accogliere gli emendamenti supplementari ora in esame, perché mettono sotto pressione il compromesso adottato dalla stragrande maggioranza della commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo.

A mio parere, la velocità del processo è particolarmente significativa. Siamo riusciti a raggiungere il risultato di oggi in poco più di due mesi. Vorrei anche tentare di fare in modo che questa prima lettura sia anche l’ultima. I contatti intrattenuti con la Commissione europea, nonché i contatti informali con il Consiglio, indicano che non solo si potrebbe riuscire a completare rapidamente la procedura, ma anche a concluderla senza intoppi in questa sede, in modo da poter cominciare molto presto ad introdurre miglioramenti reali nella sicurezza stradale.

La nostra responsabilità si estende ai modelli delle automobili. Oltre a ciò, siamo fortunatamente riusciti a richiamare l’attenzione sulle infrastrutture stradali e sul comportamento degli utenti delle strade. Questa non è una nostra responsabilità, ma merita di essere menzionata.

Accolgo inoltre con favore la dichiarazione del Commissario, anche a nome dei suoi colleghi in seno alla Commissione, che concorda sulla nostra richiesta congiunta di introdurre una legislazione supplementare per la categoria di veicoli a motore fino a 3,5 tonnellate. Considero particolarmente importante evitare di giungere a un punto morto, ma occorre sottolineare e migliorare anche questo aspetto della sicurezza. Ciò esula da questo ambito, perché il metodo di prova proposto è stato applicato per 20 anni a veicoli di categoria non superiore a 2 500 kg.

Per questo motivo, in seno alla commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, abbiamo tentato di raggiungere un compromesso, come proposto da diversi colleghi, proprio su questo punto, al fine di non ritardare il processo, pur continuando a guardare avanti per garantire una maggiore sicurezza in futuro. In breve, il processo è stato molto positivo, soprattutto perché tutti hanno dato prova di generosità nell’ambito della cooperazione. Vorrei esprimere i miei ringraziamenti per questo atteggiamento positivo.

 
  
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  Harbour (PPE-DE), relatore per parere della commissione giuridica e per il mercato interno. – (EN) Signor Presidente, a nome della commissione giuridica e per il mercato interno, vorrei anch’io ringraziare il relatore per il lavoro esauriente, riguardante il riesame della proposta trattata con grande competenza dall’onorevole Hedkvist Petersen alcuni mesi fa, della quale mi ero anch’io occupato.

La commissione giuridica e per il mercato interno, con la relazione dell’onorevole Hedkvist Petersen ed insieme con l’onorevole Vermeer, ha ampiamente sostenuto l’impostazione adottata dalla Commissione. Non abbiamo ritenuto necessario presentare emendamenti sostanziali alla direttiva quadro, perché a nostro parere essa segue la strategia indicata dal Parlamento. L’onorevole Vermeer ha introdotto alcuni validi miglioramenti, senza tuttavia alterare in alcun modo la sostanza della direttiva. Ciò è importante e concordo con lui sul fatto che non dovremmo sostenere gli altri emendamenti. Mi compiaccio che la Commissione accolga quelli presentati dall’onorevole Vermeer, in modo da poter procedere il più rapidamente possibile.

Vorrei fare un paio di osservazioni sui due emendamenti da noi proposti, uno dei quali è stato gentilmente accolto dalla commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo, ed anche su alcuni aspetti più generali riguardanti la proposta nel suo insieme. In primo luogo, il considerando che abbiamo proposto s’incentra sull’importanza delle misure di sicurezza attiva, in combinazione con misure di sicurezza passiva, per introdurre il generale miglioramento della sicurezza da noi auspicato.

Sono stati introdotti enormi miglioramenti nella tecnologia durante gli ultimi mesi, in seguito al nostro esame della proposta. Devo fare una dichiarazione di interesse al riguardo, in quanto sono un ingegnere automobilistico e ho guidato alcune delle vetture munite di tale tecnologia. E’ importante evidenziarne il carattere pratico. Se sono disponibili tecnologie in grado di ridurre la velocità di collisione rilevando la presenza di ostacoli, o persino di adattare la direzione dell’impatto, si potranno ottenere miglioramenti sostanziali.

Alcuni deputati in seno all’Assemblea sembrano pensare che questi requisiti siano una bazzecola. Vorrei concludere raccontando un’esperienza che ho fatto di recente, quando ho visitato la Young Designers Exhibition presso l’università di Coventry per capire quale sia l’approccio dei giovani progettisti riguardo ai modelli di veicoli del futuro. I colleghi della commissione saranno interessati ad apprendere che molti di tali giovani progettisti disegnano veicoli rispettosi dei pedoni ma, per quanto riguarda le prove EEVC della fase 2, l’unico modo in cui riescono a soddisfare tali requisiti è installando il motore nella parte posteriore dei veicoli, in modo da lasciare sufficiente spazio di collisione sulla parte frontale.

Chiunque pensi che le prove della fase 2 siano una bazzecola, o che si possano superare facilmente con le tecnologie attuali, devono prestare maggiore attenzione a ciò che avviene nell’industria e non rimanere in Aula ad elaborare emendamenti irrealistici.

 
  
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  Koch (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, non sempre la Commissione coglie l’occasione di soddisfare in così larga misura le richieste della stragrande maggioranza del Parlamento europeo come ha fatto con questa direttiva quadro. Per questo motivo vorrei esprimere la mia gratitudine alla Commissione, ma anche al relatore, onorevole Vermeer, per la sua relazione, che contribuisce a chiarire gli aspetti sostanziali del testo.

Se noi deputati al Parlamento europeo vogliamo rimanere credibili e degni di fiducia, dobbiamo sostenere le richieste che abbiamo fatto nel quadro dell’impegno assunto dai costruttori automobilistici europei, giapponesi e coreani, non avanzare nuove e maggiori richieste. Con la direttiva quadro in esame, da noi sollecitata in tale occasione, otteniamo la certezza giuridica cui aspiravamo e continueremo ad esercitare la nostra influenza su ogni futuro sviluppo significativo. Al tempo stesso, concediamo all’industria automobilistica il tempo e le risorse necessarie per conformarsi alle prescrizioni tecniche. Essa avrà inoltre una certa libertà d’azione riguardo alla ricerca di misure innovative di sicurezza attiva e passiva che possano essere ancora più efficaci ed efficienti. In fin dei conti, si tratta di proteggere le persone: non solo di ridurre le conseguenze degli incidenti, ma di prevenirli, il che non comporta soltanto l’introduzione di alcune tecnologie e procedure, per quanto possano essere costose e sviluppate con le migliori intenzioni. Con questa normativa, dimostreremo di essere particolarmente sensibili alle esigenze dei nostri concittadini.

Fino all’ultimo momento vi sono state controversie in merito a se le quattro procedure di prova EEVC dovessero essere prescritte dalla direttiva come unica possibilità. Senza dubbio tali prove, secondo gli standard attuali, sembrano essere le più efficaci e le meno costose, ma sono anche le uniche disponibili, ed è da qui che devono prendere mossa le critiche. Sembra che un aspetto sia completamente sfuggito allo sviluppo, in quanto ci si preoccupa più della protezione degli occupanti dei veicoli che di quella degli utenti della strada esposti a rischi a causa dei veicoli. Persino i consumatori hanno una percezione parziale della sicurezza. Sono sempre più disposti a pagare per la propria sicurezza in quanto occupanti dei veicoli, ma è dimostrato che sono molto meno disposti a spendere di più per proteggere i pedoni e gli utenti di biciclette, carrozzelle e skateboard. Questo dev’essere il punto di partenza di una nuova riflessione, che potrebbe essere promossa e accompagnata da una campagna europea.

Noi parlamentari non dobbiamo ostacolare l’ulteriore sviluppo delle prove EEVC sulla base della pratica, né fondamentalmente impedire lo sviluppo di procedure alternative che offrano almeno lo stesso livello di protezione. Per esempio, in altri settori molto sensibili, come il trasporto aereo e spaziale, da molto tempo si applicano metodi di simulazione virtuale. Perché questi ed altri metodi di prova futuri – perché si tratta del periodo successivo al 2010 – non dovrebbero offrire una sicurezza ancora maggiore? Cerchiamo quindi di sostenere, con una stragrande maggioranza, la rapida applicazione della direttiva e di salvare così delle vite umane!

 
  
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  Hedkvist Petersen (PSE). – (SV) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Vermeer per la sua valida collaborazione in veste di relatore. Sono estremamente lieta di aver potuto contribuire, a nome del gruppo PSE, a raggiungere i compromessi necessari per introdurre gli emendamenti in esame, che la Commissione ora conferma di poter accogliere, con mia grande soddisfazione.

La sicurezza stradale è importante per il Parlamento europeo, il che emerge chiaramente dalla relazione in esame. E’ nostro compito curare gli interessi degli utenti della strada, ma anche accertarci di ottenere leggi che permettano all’industria di produrre veicoli sicuri, una considerazione ora evidente nel testo della direttiva. Sono estremamente lieta che si sia arrivati al terzo programma d’azione per la sicurezza stradale. Ritengo che presenti vari aspetti interessanti e mi auguro di poter continuare a discuterlo in seno al Parlamento. Il programma è stato molto influenzato dal dibattito sulla sicurezza stradale svoltosi in seno al Parlamento negli ultimi anni.

La protezione dei pedoni è stata discussa a lungo. In Parlamento, abbiamo dedicato un anno e mezzo a questo dibattito, sia in seno alla commissione che in Aula. Ne è ora emersa la direttiva richiesta l’estate scorsa. Abbiamo davvero cercato di permettere a tutte le parti di contribuire ad ottenere veicoli il più possibile sicuri per gli utenti della strada non protetti. Abbiamo stabilito quadri per gli obiettivi e per la loro realizzazione e abbiamo sottolineato il ruolo del Parlamento europeo nel dar seguito alla questione della sicurezza stradale. Ora abbiamo ottenuto la direttiva e constatiamo che si possono usare misure sia passive che attive per promuovere la protezione dei pedoni. Saranno effettuate valutazioni indipendenti dei progressi realizzati e il Parlamento europeo avrà diritto di codecisione in caso di modifiche significative della direttiva. Sono stati inoltre presentati emendamenti della commissione che riguardano le auto sportive: le automobili di grandi dimensioni che conosciamo sono estremamente pericolose ed anche la Commissione ha richiamato l’attenzione su tali veicoli nel suo programma per la sicurezza stradale.

Sono molto soddisfatta dei compromessi raggiunti. Ritengo sia un bene aprire la strada alle misure attive, ma non dobbiamo abbandonare quelle passive. Non possiamo fare di tutta l’erba un fascio. Ho contribuito a raggiungere i compromessi e sostengo la relazione. Ritengo ci si debba attenere al compromesso, in modo che una prima lettura sia sufficiente e la direttiva possa essere rapidamente approvata. Sono molto soddisfatta del risultato. Attendo fiduciosa il dibattito sulla sicurezza stradale in seno al Parlamento, perché è molto importante.

 
  
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  Meijer (GUE/NGL). – (NL) Signor Presidente, gli spazi pubblici all’aperto una volta erano, soprattutto, il regno dei pedoni e dei bambini che giocano. L’automobile ha poi reclamato gran parte di tali spazi per la guida e il parcheggio. Ciò costituisce un grande pericolo, in particolare nelle aree urbane densamente popolate, ma anche nelle strette strade di campagna costeggiate da case. Tale pericolo aumenta se le automobili sono anche dotate di accessori decorativi sulla parte anteriore o posteriore.

L’uso di accessori decorativi affilati è stato vietato a livello nazionale ben 40 anni fa, ma vi sono ancora costruttori e conducenti che considerano l’apparenza esteriore più importante della sicurezza di altri individui. Il problema non si può risolvere su base volontaria; ciò vale in particolare per il montaggio di paraurti tubolari rigidi sulle jeep ingorde di carburante che pesano fino a 3,5 tonnellate.

Ho insistito a lungo sulla necessità di una legislazione contro tale tendenza – all’epoca ancora predominante – in seno alla commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo e in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori. Un anno fa, nelle conclusioni in seduta plenaria, il Parlamento ha chiesto una direttiva quadro, oltre agli accordi volontari con i costruttori automobilistici europei ed asiatici. Oggi, intervengo a favore degli emendamenti proposti, che offrono la massima protezione agli utenti non motorizzati della strada, anziché continuare a riporre la nostra speranza nell’obbligo di tenere i fari accesi di giorno, per esempio.

 
  
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  van Dam (EDD). – (NL) Signor Presidente, sono lieto che stasera il mio tempo di parola sia arrivato prima di mezzanotte – ieri era mezzanotte e un quarto. La direttiva riguarda la protezione degli utenti della strada vulnerabili in caso di urto con un veicolo a motore. Tale documento conclude un dibattito durato molti anni sulla necessità e l’utilità di disposizioni giuridiche in materia di sicurezza passiva. Sebbene il risultato non si distingua per l’equilibrio fra benefici per la società e per l’industria, probabilmente è il massimo che si possa sperare in questo momento. In quest’ottica, siamo favorevoli alla proposta. E’ ora importante garantire che gli accordi entrino in vigore quanto prima possibile.

Questa non è la mia ultima parola sull’argomento. Lo sviluppo di sistemi che promuovano la sicurezza non è statico. Dovremo anche indicare la direzione da seguire in futuro. In questo contesto, vorrei fare tre osservazioni.

In primo luogo, la proposta si applica solo a una parte limitata delle categorie di veicoli a motore M1 e N1. Se si vuole ottenere il massimo effetto, occorre ampliare il campo di applicazione. La Commissione deve esaminare le condizioni alle quali si possa estendere il campo di applicazione della direttiva a tutti i veicoli delle categorie M1 e N1.

In secondo luogo, durante la discussione della proposta, l’attenzione si è spostata dalle misure esclusivamente passive alle misure sia passive che attive. Siamo favorevoli a questa impostazione, ma siamo del parere che sia necessario imporre criteri di qualità anche per i sistemi attivi. Si deve escludere la possibilità che sistemi passivi conformi ai criteri più rigorosi vengano sostituiti da sistemi attivi per i quali non è previsto alcun criterio di qualità europeo.

In terzo luogo, l’attenzione prestata alle misure attive non deve ritardare l’entrata in vigore dei criteri relativi alle misure passive. Com’è già stato affermato, i risultati riguardanti la sicurezza passiva sono stati ottenuti a caro prezzo. La società trarrà quindi benefici dall’introduzione più rapida possibile di tali criteri. Tenere un dibattito sui sistemi attivi non favorirebbe questo esito.

Infine, ringraziamo l’onorevole Vermeer per l’energia e l’impegno dedicati a questo dossier.

 
  
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  Presidente. Potrà dire ai cittadini della sua circoscrizione che ha cominciato a parlare di mercoledì e il suo zelo le ha impedito di finire prima di giovedì!

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

(La seduta termina a mezzanotte)(1)

DICHIARAZIONE SCRITTA (ARTICOLO 120 DEL REGOLAMENTO)

 
  
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  Bautista Ojeda (Verts/ALE). – (ES) Abbiamo cercato di raggiungere un compromesso. Ritengo vi siano due modi di fare politica. Quello inflessibile, che rende difficile il dialogo, e quello flessibile, in cui si cede e si cerca di essere costruttivi, una politica positiva.

Proponiamo di accettare una combinazione di misure passive e attive (che in ogni caso si sarebbero potute inserire in un’altra direttiva!), in caso di sostituzione dei test EEVC, purché tali misure passive non costituiscano più del 25 per cento delle misure stesse. Le misure alternative ai test EEVC (che si sono dimostrati efficaci per oltre 20 anni) non devono quindi differire da questi ultimi per oltre il 25 per cento.

Accettiamo che i test EEVC possano essere oggetto di un nuovo studio di fattibilità (al pari delle misure alternative eventualmente proposte dall’industria). La condizione è che tale studio sia assolutamente indipendente.

Infine, abbiamo voluto precisare che le misure alternative devono in ogni caso garantire lo stesso livello di protezione dei test EEVC, in modo da proteggere tutte le parti del corpo previste da tali test.

Considero queste concessioni un grande sforzo da parte del mio gruppo e mi auguro che siano approvate e che migliorino la protezione dei pedoni.

 
  

(1) Ordine del giorno della prossima seduta: cfr. Processo verbale.

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