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Interrogazione parlamentare - E-003310/2013Interrogazione parlamentare
E-003310/2013

Possibile nuova violazione da parte dell'Italia delle procedure di cui alla direttiva 2004/18/CE, in relazione alla realizzanda opera «Superstrada Pedemontana Veneta»

Interrogazione con richiesta di risposta scritta E-003310-13
alla Commissione
Articolo 117 del regolamento
Andrea Zanoni (ALDE)

Si fa seguito alle due precedenti interrogazioni P-009842/2011 e E-007368/2012, depositate rispettivamente in data 20 ottobre 2011 e 23 luglio 2012 in merito alla realizzanda Superstrada Pedemontana Veneta, per sottoporre all'attenzione della Commissione i possibili profili di violazione della direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, che potrebbero caratterizzare la convenzione di concessione di progettazione definitiva ed esecutiva, costruzione e gestione dell'opera del 21 ottobre 2009. Convenzione della quale, come riferito nelle precedenti interrogazioni, viene sistematicamente negata copia da parte delle autorità competenti agli espropriati e ai comitati e associazioni costituitisi a contrasto dell'infrastruttura[1].

In base allo schema di tale convenzione, a suo tempo allegato al bando di gara, che disciplina la costruzione e gestione della Superstrada in regime di concessione, sono previsti alcuni meccanismi volti a spostare il rischio imprenditoriale legato all'opera dal concessionario (la Società Superstrada Pedemontana Veneta S.P.V. s.r.l.), come proprio della forma della concessione, al concedente (la Regione Veneto[2]), come avviene invece nell'appalto pubblico. In particolare, viene previsto l'obbligo in capo al concedente di garantire l'equilibrio economico finanziario dell'accordo nel caso in cui il concessionario consegua ricavi da pedaggio minori rispetto a quelli previsti.

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, proprio nell'elemento della sussistenza del rischio in capo al concessionario risiede la distinzione tra il contratto di concessione di lavori o servizi pubblici e quello di appalto pubblico, discrimine che, come ha chiarito la Corte stessa, va valutato esclusivamente alla stregua del diritto comunitario[3], a garanzia della concorrenza nell'Unione europea[4]. L'Italia, in particolare, è già stata condannata in passato dalla Corte per violazione delle direttive 92/50/CEE e 93/37/CEE (ora rifuse nella direttiva 2004/18/CE) a causa del mancato rispetto delle procedure ivi previste[5].

Tutto ciò premesso, non ritiene opportuno aprire un'indagine per chiarire se, nel caso in esame, la citata convenzione sia stata stipulata impropriamente come concessione di lavori o servizi anziché come appalto pubblico, in violazione del disposto dalla direttiva 2004/18/CE?

GU C 12 E del 16/01/2014