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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 7 febbraio 2002 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO
QUESTIONS A LA COMMISSION

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO
Interrogazione n. 16 dell'on. Jonas Sjöstedt (H-0012/02)
 Oggetto: Prosecuzione della politica di chiusura delle chiese da parte dello Stato turco
 

In uno scritto trasmesso dall’ACSA ai deputati al Parlamento svedese l’11 dicembre 2001, si informa che le autorità turche, sulla base di un decreto del ministero degli interni, hanno chiuso la chiesa protestante a Diyarbakir. Lo Stato turco continua a chiudere chiese e congregazioni cristiane. Il 23 dicembre 2001 a Gaziantep la polizia ha chiuso la chiesa protestante e ha avviato un’indagine preliminare sui rappresentanti della congregazione. Il 6 gennaio 2002 la polizia ha chiuso le chiese protestanti di Mersin e Denisli avviando anche in questo caso un’indagine preliminare sui rappresentanti delle congregazioni. Da informazioni risulta che le autorità hanno anche sollecitato la chiusura di alcune chiese protestanti a Istanbul. Queste ultime si sono finora rifiutate di dar seguito a tali richieste, ma resta da vedere se le ingiunzioni verranno rese esecutive. Si fanno sempre più frequenti i casi di chiusura di congregazioni e chiese cristiane in Turchia, paese candidato all’adesione che chiaramente continua a non curarsi delle convenzioni e degli obblighi internazionali che ha sottoscritto.

Ha il Consiglio protestato contro suddetti abusi, che in nessun modo possono trovare spazio nel mondo civilizzato?

 
  
 

1. Ad oggi il Consiglio non è ancora venuto a conoscenza dei fatti esposti dall’onorevole parlamentare.

2. Nella sua relazione periodica del 2001 sui progressi realizzati dalla Turchia sulla strada dell’adesione, la Commissione concludeva che, per quanto attiene alla libertà di religione, si potevano constatare segni di una maggiore tolleranza nei confronti di determinate comunità non musulmane. Ciononostante, la Commissione faceva menzione anche delle difficoltà che incontravano le chiese cristiane, in particolar modo per quanto concerne i rapporti di proprietà.

3. Nel quadro dell’attento monitoraggio dell’applicazione degli impegni di associazione in vista dell’adesione, fra le cui priorità rientra il miglioramento delle condizioni per garantire appieno il diritto alla libertà di religione, considerato una delle priorità a medio termine, il Consiglio non manca occasione per ribadire agli occhi della Turchia la necessità di rispettare gli impegni assunti. Se dovesse rendersi necessario, il Consiglio si riserva il diritto di lanciare un appello alle autorità turche nel caso in cui vi siano prove del mancato rispetto del diritto alla libertà di religione di cui sopra e nel caso persistano problemi di questo tipo.

 

Interrogazione n. 17 dell'on. Catherine Stihler (H-0013/02)
 Oggetto: Combinazione di alcool con vitamine o bevande energetiche
 

La raccomandazione del Consiglio del 5 giugno 2001(1) sul consumo di bevande alcoliche da parte di giovani, e in particolare di bambini e adolescenti, raccomandava la promozione di ulteriori ricerche sui comportamenti e le motivazioni dei giovani, e in particolare dei bambini e degli adolescenti, per quanto riguarda il consumo di alcool nonché il monitoraggio degli sviluppi in corso. In essa si notava altresì che, secondo dati statistici, in alcuni Stati Membri vi sarebbero dei mutamenti nei modelli comportamentali degli adolescenti per quanto riguarda l'alcolismo che destano particolare preoccupazione, fra cui la tendenza a consumare alcool in combinazione con altre droghe.

Una moda emergente è appunto la combinazione di alcool con vitamine o bevande energetiche. Può il Consiglio riferire se siano in corso negli Stati Membri studi sulle ripercussioni della combinazione di alcool con bevande energetiche?

 
  
 

Il Consiglio ringrazia la onorevole parlamentare per aver rivolto questa interrogazione sulla combinazione dell’alcool con vitamine e bevande energetiche. Ciononostante, il Consiglio non è a conoscenza di alcuno studio in corso di svolgimento negli Stati membri sull’incidenza della combinazione di alcool e bevande energetiche.

L’interrogazione dell’onorevole parlamentare fa riferimento alla raccomandazione del Consiglio del 5 giugno 2001 sul consumo di bevande alcoliche da parte di giovani, e in particolare di bambini e adolescenti

(DO L 161, 16.6.2001, p. 38), e all’invito che detta raccomandazione rivolge alla Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, volto a “promuovere l’ulteriore ricerca a livello comunitario sui comportamenti e sulle motivazioni dei giovani, in particolare bambini e adolescenti, per quanto riguarda il consumo di bevande alcoliche e sorvegliare gli sviluppi in corso”. Si invita, inoltre, la Commissione a fornire informazioni sull’attuazione delle misure raccomandate, sulla base dei dati comunicati dagli Stati membri, prima della fine del 2005 e, in seguito, a scadenze regolari, a studiare fino a che punto le misure raccomandate producano risultati efficaci, oltre che a prendere in considerazione l’eventuale necessità di una riforma o di altre azioni.

La onorevole parlamentare sarà sicuramente al corrente delle iniziative attuali e future in materia di sanità pubblica in ambito comunitario, che possono essere correlate alla interrogazione presentata, come ad esempio l’attuale Programma comunitario di monitoraggio sanitario o la proposta di programma di azione comunitario nell’ambito della sanità pubblica.

 
 

(1) GU L 161 del 16.6.2001, pag. 38

 

Interrogazione n. 18 dell'on. Francisca Sauquillo Pérez del Arco (H-0016/02)
 Oggetto: Trattamento dei prigionieri talebani trasferiti alla base di Guantánamo
 

Secondo le notizie pubblicate dalla stampa, il modo in cui i prigionieri talebani e di Al Qaeda sono stati trasferiti dagli Stati Uniti alla base di Guantánamo (incappucciati, incatenati e drogati) nonché le condizioni di custodia (in gabbia), non rispetta le norme internazionali previste dalle convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario.

Non ritiene il Consiglio "Politica estera e di sicurezza" che si tratti di prigionieri di guerra a cui pertanto sono applicabili le convenzioni di Ginevra, di cui sono firmatari gli Stati membri dell'UE?

In caso di risposta affermativa, prevede il Consiglio di reagire in qualche modo a tali fatti?

 
 

Interrogazione n. 19 dell'on. Emilio Menéndez del Valle (H-0017/02)
 Oggetto: Trattamento dei prigionieri talebani e di Al Qaeda
 

Secondo le notizie pubblicate dalla stampa, il modo in cui i prigionieri talebani e di Al Qaeda sono stati trasferiti dagli Stati Uniti alla base di Guantánamo (incappucciati, incatenati e drogati) nonché le condizioni di custodia (in gabbia) non rispetta le norme internazionali previste dalle convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario.

Qual è la posizione della Presidenza spagnola riguardo al trattamento ricevuto da questi prigionieri?

 
 

Interrogazione n. 20 dell'on. Proinsias De Rossa (H-0036/02)
 Oggetto: Base navale statunitense nella baia di Guantanamano
 

Quali azioni ha intrapreso il Consiglio per verificare le condizioni dei prigionieri catturati nel corso della guerra in Afghanistan attualmente detenuti dagli Stati Uniti nella baia di Guantanamano (Cuba) e per garantire che la Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra venga rigorosamente applicata? Quali azioni ha intrapreso, o intende intraprendere, al fine di persuadere gli Stati Uniti a ritirare la base navale dalla zona della baia di Guantanamano a Cuba? Concorda il Consiglio sul fatto che un intervento del genere potrebbe agevolare le relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti?

 
  
 

Il Consiglio ribadisce che è importante che tutti i prigionieri vengano trattati in maniera dignitosa in conformità alle norme generali del diritto internazionale. Il Consiglio non può stabilire, visto che dispone solo delle informazioni fornite dai mezzi di comunicazione, se le condizioni di detenzione a Guantánamo rispettino o meno tali norme. Il Consiglio non dispone delle informazioni necessarie per determinare se i prigionieri di Guantánamo possano essere considerati prigionieri di guerra o meno. Il Consiglio ricorda che la Convenzione di Ginevra III relativa al trattamento dei prigionieri di guerra sancisce che, in caso di dubbio, si debba concedere al prigioniero la protezione della Convenzione fino a quando un tribunale competente non ne determini lo status. Nel frattempo, i prigionieri devono essere trattati in modo dignitoso e ricevere cure mediche, indumenti e alimenti adeguati. Lo Stato che li detiene ha, ciononostante, il diritto di adottare tutti i provvedimenti necessari volti a garantire la sicurezza della recinzione e dei prigionieri stessi.

Il Consiglio accoglie con favore l’autorizzazione concessa al Comitato internazionale della Croce Rossa, che gode di pieno accesso ai prigionieri, essendo così in grado di eseguire il proprio mandato.

Per quanto riguarda la possibilità, attraverso il ritiro della base navale statunitense dalla zona della baia di Guantánamo, di agevolare i rapporti fra Cuba e gli Stati Uniti, siamo qui di fronte a una questione che rientra nelle relazioni bilaterali fra Cuba e Stati Uniti.

 

Interrogazione n. 21 dell'on. Gerard Collins (H-0018/02)
 Oggetto: Libro bianco sui trasporti
 

Per quanto riguarda il settore dei trasporti, la Presidenza spagnola intende incentrare la sua azione sulla sicurezza dei vari modi di trasporto nonché sulla liberalizzazione e sul progetto Galileo (sistema di radionavigazione europeo). Essa non ha peraltro sottolineato l'importanza di altre questioni - come i diritti dei passeggeri, la prevenzione della congestione e conseguentemente di una perdita di competitività economica (considerando che il 10% della rete stradale europea è quotidianamente afflitto da ingorghi, che il 20% della rete ferroviaria presenta strozzature, e che molti degli aeroporti principali registrano ritardi), i principali sistemi di infrastrutture (rete ferroviaria transeuropea ad alta velocità per passeggeri, con le relative connessioni aeroportuali) e la mobilità sostenibile - tutte questioni chiaramente individuate nel Libro bianco della Commissione sui trasporti pubblicato nel settembre 2001.

Intende il Consiglio garantire che le questioni dei diritti dei passeggeri, della prevenzione della congestione, dei principali sistemi di infrastrutture nonché della mobilità sostenibile siano chiaramente inserite nell'ordine del giorno del Consiglio ed esaminate approfonditamente?

 
  
 

Il 25 e 26 marzo 2002, in seno al Consiglio, è previsto un dibattito approfondito sulla politica che offrirà agli Stati membri l’opportunità di render note le loro posizioni ufficiali in merito alle varie questioni importanti delineate nel Libro bianco. Il Libro bianco della Commissione sulla politica europea dei trasporti per il 2010 è già stato oggetto di uno scambio iniziale di punti di vista tra i ministri dei trasporti e dell’ambiente in occasione dell’incontro informale tenutosi sotto la Presidenza belga, lo scorso settembre. In quell’occasione, al centro del dibattito vi sono stati i temi relativi alla mobilità sostenibile.

La Commissione ha già formulato – o lo farà in un prossimo futuro – una serie di proposte su misure specifiche nell’ambito del programma di azione illustrato nel Libro bianco.

Il Consiglio ha pertanto iniziato a lavorare sulla proposta di revisione degli orientamenti comunitari per lo sviluppo di una rete di trasporti transeuropea. Lo scopo delle modifiche è quello di riorientare le priorità dell’azione comunitaria sulle misure che meglio potrebbero fornire una risposta rapida ma sostenibile ai problemi degli strozzamenti.

Altre proposte risultanti direttamente dal Libro bianco che dovrebbero essere presentate a breve riguardano: il secondo pacchetto ferroviario, i requisiti di sicurezza minimi nelle gallerie(1), i diritti dei passeggeri e il trasporto marittimo.

Il Consiglio attribuirà la massima priorità all’esame di tali proposte, come di qualsiasi altra proposta che potrebbe essere avanzata nello stesso contesto.

 
 

(1) La proposta della Commissione per una direttiva riguardante l’armonizzazione degli standard di sicurezza minimi per le gallerie dovrebbe essere adottata dalla Commissione nel marzo 2002 e figura nell’ordine del giorno preliminare proposto per il Consiglio “trasporti/telecomunicazioni” del 17 e 18 giugno 2002.

 

Interrogazione n. 22 dell'on. Pat the Cope Gallagher (H-0020/02)
 Oggetto: Presidenza spagnola e politica della pesca
 

La presidenza spagnola ha segnalato nel suo programma per il periodo che va dal gennaio al giugno 2002 che la revisione della politica comune della pesca costituirà una sfida e una priorità. Può il Consiglio indicare quali nuove misure vorrebbe vedere introdotte nell'attuale revisione della PCP per garantire un maggiore sostegno alle comunità costiere e concorda sul fatto che, nell'ambito dell'introduzione di controlli più rigorosi dei pescherecci che operano illegalmente nell'UE, si dovrebbe prendere in considerazione di sostenere la fissazione di zone esclusive di 24 miglia?

 
  
 

Vorrei rammentare che il Ministro Miguel Arias Cañete ha indicato le priorità della Presidenza spagnola nel settore della pesca allorquando si è presentato dinanzi alla commissione per la pesca del Parlamento europeo il 23 gennaio 2002. Posso pertanto essere estremamente succinto nel rispondere alla presente interrogazione.

Per quel che concerne la riforma della politica comune della pesca, il Consiglio si aspetta che la Commissione presenti al Consiglio “pesca” dell’8 aprile 2002 una serie di indicazioni per l’attuazione della riforma, nonché un primo lotto di proposte sui principi generali della PCP, sulla politica per le flotte, sul controllo della pesca e sui rapporti esterni nel campo della pesca. L’obiettivo è quello di giungere ad un dibattito politico ed eventualmente ad una serie di conclusioni del Consiglio, in attesa che vengano compiuti progressi, poiché il lavoro proseguirà in occasione della riunione del Consiglio di giugno.

L’interrogazione specifica dell’onorevole parlamentare suggerisce la creazione di fasce esclusive di 24 miglia al fine di proteggere gli interessi delle popolazioni costiere e migliorare il controllo della pesca. In questa fase, il Consiglio può solo affermare di non essere in grado di assumere alcun impegno al riguardo perché, nel quadro dell’attuale processo di riforma, esso è tenuto a decidere, entro il 31 dicembre 2002, se mantenere in essere le disposizioni specifiche in merito alla fascia di 12 miglia.

 

Interrogazione n. 23 dell'on. Niall Andrews (H-0022/02)
 Oggetto: Iraq e programma "oil-for-food" (petrolio per cibo)
 

Come la presidenza del Consiglio sa, a metà gennaio, per la prima volta dopo l'agosto 2000, il Direttore esecutivo del Programma ONU per l'Iraq si è dovuto recare in Iraq per rivedere il Programma "oli-for-food". Allo stesso modo il Consiglio è certo a conoscenza del fatto che il Direttore ha espresso gravi preoccupazioni per l'aumento senza precedenti del numero di contratti sospesi dal Comitato (Comitato del Consiglio di sicurezza che controlla le sanzioni contro l'Iraq). Intende la presidenza spagnola fare una dichiarazione al riguardo?

 
  
 

Per quanto riguarda il programma "petrolio in cambio di cibo", l’Unione europea continua ad insistere sul fatto che l’Iraq deve rispettare rigorosamente le corrispondenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU e, in particolare, tutte le disposizioni delle risoluzioni 687 e 1284. Evitare l’ulteriore acquisizione, da parte del governo iracheno, di armi per la distruzione di massa è un elemento fondamentale per garantire la sicurezza e la stabilità della regione.

Tuttavia, l’Unione europea è anche convinta della necessità di migliorare la situazione umanitaria in Iraq ed alleviare le sofferenze della popolazione irachena derivanti dall’applicazione delle sanzioni. L’Unione europea, pertanto, prosegue nel suo impegno per rivedere le attuali disposizioni del programma "petrolio in cambio di cibo" al fine di migliorare l’efficienza delle sanzioni. Il recente rinnovo delle disposizioni esistenti può solo rappresentare un rinvio di una discussione sui miglioramenti che vanno perseguiti e per i quali l’Unione europea continuerà ad impegnarsi attivamente. Nel frattempo, l’Unione europea resta il più importante fornitore di aiuti umanitari ed assistenza all’Iraq.

 

Interrogazione n. 24 dell'on. Brian Crowley (H-0024/02)
 Oggetto: Referendum in Kashmir
 

Ritiene il Consiglio che l'UE potrebbe adoperarsi per far sì che sussistano le condizioni propizie all'organizzazione di un referendum, su base regionale, in ciascuna delle regioni etniche che compongono il Kashmir? Si dovrebbe operare in base a principi di equità e sicurezza per garantire che vengano determinati gli effettivi desiderata delle popolazioni di questo paese dal destino tragico e per garantire una futura alleanza dei vari componenti della regione.

 
  
 

Nelle proprie dichiarazioni pubbliche e in occasione degli incontri per il dialogo politico, l’Unione europea ha richiesto in ripetute occasioni all’India e al Pakistan di ridurre l’attuale livello di tensione, di riallacciare il dialogo e di risolvere in maniera pacifica, prendendo come base di partenza l’Accordo di Silma e la Dichiarazione di Lahore, le diverse questioni che sono motivo di conflitto fra di loro, inclusa la questione del Kashmir. L’Unione europea è disposta a favorire e appoggiare ogni tipo di soluzione negoziale fra i due paesi. Ciononostante, dal punto di vista politico, considerate le circostanze attuali in cui non è stato ancora stabilito alcun dialogo fra le parti e in cui sarebbe impossibile arrivare a un accordo sul ruolo di una terza parte nella risoluzione del conflitto, il Consiglio non ritiene opportuno che l’Unione europea promuova attivamente proposte concrete, come quelle a cui fa riferimento l’onorevole parlamentare.

 

Interrogazione n. 25 dell'on. Liam Hyland (H-0026/02)
 Oggetto: Presidenza spagnola e miglioramento della redditività delle aziende agricole a condizione familiare
 

Il futuro dello sviluppo rurale è strettamente connesso al miglioramento della redditività delle aziende agricole, come riconosciuto dalla Presidenza spagnola. Il Consiglio intende assumere il chiaro impegno di adoperarsi nei prossimi mesi, periodo che coincide con la revisione a medio termine della PAC da parte della Commissione, per salvaguardare altresì le aziende agricole a condizione familiare e garantire la preferenza comunitaria ai settori della carne ovina e della lana?

 
  
 

Il miglioramento della redditività delle aziende agricole di ogni tipo, incluse le aziende a conduzione familiare, è fin dalla creazione stessa della PAC una delle preoccupazioni prioritarie del Consiglio.

Inoltre, il Consiglio europeo riunito a Berlino il 24 e 25 marzo 1999 ha riconosciuto che l’Agenda 2000 permetterà lo sviluppo di un’agricoltura plurifunzionale, sostenibile, competitiva, diffusa su tutto il territorio europeo, capace innanzitutto di contribuire in modo fondamentale alla vitalità del mondo rurale. Pertanto, il Consiglio esaminerà con spirito costruttivo tutte le proposte che la Commissione riterrà opportuno presentare nei prossimi mesi, nel quadro della revisione a medio termine di tale Agenda. Le proposte relative a settori specifici verranno esaminate nei dettagli nel quadro della totalità delle produzioni agricole che saranno oggetto di una organizzazione comune di mercato.

L’onorevole parlamentare sicuramente è a conoscenza del fatto che la riforma della OCM del settore della carne ovina è stata approvata in seno al Consiglio durante la riunione del 19 dicembre 2001 (regolamento 2529/2001) e che finora non esiste niente di parallelo ed equivalente per il settore della lana.

Il Consiglio si attiene all’impegno assunto in occasione della Conferenza di Cork sulle prospettive future dell’Europa rurale, che ha assunto tratti concreti in seguito, nel quadro dell’Agenda 2000, con il regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale, ed ha intenzione di lanciare nei prossimi mesi una riflessione sul futuro di tali impegni.

Durante il primo semestre del 2001, lo sviluppo rurale sarà uno dei temi prioritari del Consiglio in materia di agricoltura, nel rispetto del contenuto del programma di lavoro presentato dalla Presidenza, il 7 gennaio 2002, davanti alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo.

A sostegno di tale impegno e come espressione dell’importanza che la Presidenza attribuisce a tale questione, va ricordata la scelta del tema di riflessione “Analisi del futuro della politica di sviluppo rurale”, attorno al quale ruoteranno i lavori del Consiglio informale dei Ministri dell’agricoltura dell’Unione europea che si terrà a Murcia dal 27 al 30 aprile 2002.

 

Interrogazione n. 26 dell'on. James (Jim) Fitzsimons (H-0028/02)
 Oggetto: Cambiamento climatico e protocollo di Kyoto
 

In considerazione del fatto che gli Stati Uniti si sono dissociati dal protocollo di Kyoto, e visto l'impegno dell'Unione europea affinché il protocollo entri in vigore prima del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile in programma a Johannesburg nel settembre di quest'anno, può la Presidenza spagnola far sapere se intende discutere con gli Stati Uniti per invitarli a rivedere e modificare la propria posizione? Può altresì indicare quale ruolo prevede per il Parlamento europeo in occasione del suddetto vertice?

 
  
 

Da quando gli Stati Uniti hanno manifestato la propria intenzione di non ratificare il Protocollo di Kyoto, il Consiglio ha sempre cercato di coinvolgerli nuovamente nel processo, sforzandosi di tornare a porre la questione in termini costruttivi, nella speranza che, alla fine, gli Stati Uniti ratificassero il Protocollo.

Sono in atto contatti a tutti i livelli per promuovere il dialogo in questo ambito delicato e, a seguito del Vertice Unione europea-Stati Uniti a Göteborg nel 2001, è stato creato un Gruppo al alto livello UE-USA sul tema dei cambiamenti climatici. Il dialogo andrà avanti a diversi livelli e l’Unione europea continua a essere impegnata nella ricerca di una partecipazione quanto più ampia possibile agli sforzi globali di lotta ai cambiamenti climatici.

Le modalità di partecipazione dei membri del Parlamento europeo al Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile verranno definite in base alle procedure che si applicano solitamente ai negoziati internazionali.

 

Interrogazione n. 27 dell'on. Carmen Cerdeira Morterero (H-0032/02)
 Oggetto: Esecuzione di omosessuali in Arabia Saudita
 

Il 12 gennaio scorso, tre cittadini sauditi sono stati decapitati dopo esser stati accusati dal governo di tale paese di essere omosessuali. Il ministero saudita degli Interni ha comunicato che essi erano stati condannati a morte per “sodomia, matrimonio omosessuale e incitamento alla pedofilia”, sottolineando la recidività dei reati.

Può dire il Consiglio se ha previsto o realizzato un’azione di denuncia rispetto a tale esecuzione? Può dire, altresì, se pensa di comunicare al governo dell’Arabia Saudita che la suddetta esecuzione violando i diritti fondamentali alla vita, alla dignità e alla libertà personale, costituisce un attentato gravissimo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed è contraria ai principi e ai valori fondamentali dell’Unione europea?

 
  
 

1. Come saprà bene la onorevole parlamentare, l’Unione europea sta lavorando attivamente a favore dell’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, a livello di contatti bilaterali e nel quadro del dialogo con il Consiglio di cooperazione del Golfo, di cui è membro l’Arabia Saudita, si trattano attualmente questioni relative ai diritti umani, inclusa la pena di morte.

2. La Comunità e il Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) hanno sottoscritto un accordo di cooperazione nel 1989, di cui l’Arabia Saudita è membro eminente. Nel quadro dell’accordo di cooperazione, l’Unione europea e il CCG si riuniscono a livello ministeriale almeno una volta all’anno in un Consiglio congiunto. La prossima riunione di questo tipo si terrà a Granada (Spagna) il 27 e 28 febbraio. In tali riunioni, viene esaminato lo sviluppo della cooperazione CE-CCG, includendo altresì un dialogo politico all’interno del quale vengono affrontate le questioni relative ai diritti umani.

3. La recente esecuzione di tre cittadini sauditi condannati per atti di sodomia è stata oggetto di un breve dibattito in seno al gruppo “Diritti umani” del 10 febbraio 2002. Si è stabilito che verranno richieste più informazioni su tale questione ai capi missione a Riad, per poter trattare adeguatamente la questione.

 

Interrogazione n. 28 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0034/02)
 Oggetto: Lavoro sommerso in Grecia
 

Nel 1998 la Commissione ha elaborato una comunicazione(1) con l’obiettivo di avviare un dialogo tra gli Stati membri per sconfiggere la piaga del lavoro sommerso che, in base ai dati allora disponibili, era pari a circa il 15% del PIL dell’UE, mentre in Grecia e in Italia superava addirittura il 20%.

Recenti controlli disposti dalle autorità elleniche e altri dati oggi disponibili mostrano che il 10,5% delle imprese non sono registrate presso l’Istituto di previdenza sociale e che la percentuale dei lavoratori non affiliati oscilla tra il 21 e il 30% con la conseguente perdita di diversi miliardi di euro per le finanze pubbliche e soprattutto per gli enti previdenziali.

Quali impegni si sono assunti gli Stati membri a seguito del dialogo avviato nel 1998? Che valutazione viene fatta dei progressi finora realizzati? Quali obblighi incombono alla Grecia e quali raccomandazioni le sono state fatte? Quali provvedimenti intende prendere il Consiglio nell’ambito sia della politica per la qualità nel lavoro sia del metodo aperto di coordinamento per la sopravvivenza di regimi pensionistici?

 
  
 

Il Consiglio condivide la preoccupazione della onorevole parlamentare sui livelli di lavoro sommerso nell’Unione e sulle ripercussioni in termini di perdite per il gettito fiscale, anche se il Consiglio ricorda alla onorevole parlamentare che la lotta al lavoro sommerso continua ad essere innanzitutto una responsabilità degli Stati membri stessi.

Sulla base degli orientamenti per l’occupazione del 2001 e 2002, si richiede agli Stati membri di lottare contro il lavoro sommerso e di promuovere la trasformazione di tale tipo di lavoro in lavoro regolare, facendo ricorso alle forme di azione più opportune, anche attraverso misure di regolamentazione, incentivi e riforme fiscali e previdenziali, in collaborazione con le parti sociali.

Attualmente la Commissione sta portando a termine, congiuntamente agli Stati membri, una valutazione degli effetti della Strategia europea per l’occupazione. E’ stato ampiamente riconosciuto che tale Strategia dovrà svolgere anche in futuro la propria funzione di strumento chiave per la promozione dell’agenda di Lisbona, i cui obiettivi sono la piena occupazione, la competitività e la crescita economica sostenibile. Non vi sono dubbi sull’importanza che, in tale contesto, acquisterà la lotta contro il lavoro sommerso.

Per quanto concerne poi la questione delle pensioni, il Consiglio intende sottolineare che gli obiettivi comuni, concordati a favore del nuovo metodo del coordinamento aperto nell’ambito delle pensioni, includono anche la promozione dell’occupazione come modo per garantire la sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici. E’ chiaro che maggiore occupazione si traduce anche in benefici sociali se è un’occupazione in condizioni di regolarità, un’occupazione inquadrata nei regimi fiscali in vigore e negli obblighi di contributi per la previdenza sociale. I mezzi destinati a ridurre il livello di lavoro sommerso e a contribuire all’emersione di tale lavoro in seno all’economia ufficiale equivalgono quindi a un contributo significativo per la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici.

6. Il metodo di coordinamento aperto lascia nelle mani degli Stati membri il compito di determinare la combinazione più opportuna di provvedimenti volti a ottenere prestazioni pensionistiche adeguate e sostenibili, sullo sfondo di un continuo invecchiamento della popolazione. E’ chiaro che il Consiglio non può prescrivere, sulla base proprio del metodo del coordinamento aperto, le misure specifiche che devono adottare gli Stati membri.

 
 

(1) COM(1998)0219/def.

 

Interrogazione n. 29 dell'on. Ole Krarup (H-0038/02)
 Oggetto: Integrità dei membri della Convenzione
 

Dopo che il governo danese ha designato l’ex vicepresidente della Commissione, Henning Christophersen, quale membro della Convenzione costituzionale, risulta opportuno sollevare la questione generale dell’idoneità dei membri della Convenzione. Il problema è motivato dal fatto che il rappresentante danese ha notevoli interessi commerciali nel quadro dei lavori della Convenzione, dal momento che, fin dalla sua partenza dalla Commissione, ha praticato attività lobbystiche su vasta scala nei confronti dei decisori dell’EU. Egli è tra l’altro socio della KREAB la cui attività consiste nell’intermediazione commerciale del know-how dell’UE e attualmente svolge le funzioni di consulente dei governi dell’Europa dell’Est nel quadro dei negoziati sull’adesione.

I membri della Convenzione costituzionale dell’UE non devono forse soddisfare i normali criteri d’idoneità volti a impedire che interessi estranei alla causa – ad esempio notevoli interessi commerciali - influiscano sui lavori della Convenzione? Si adopererà il Consiglio affinché tutte le attività commerciali dei membri vengano rese di pubblico dominio?

 
  
 

Il Consiglio non ritiene opportuno sollevare la questione dell’idoneità delle nomine, da parte dei Capi di Stato e di governo dei propri rappresentanti alla Convenzione sul futuro dell’Unione, nomine che devono essere eseguite esclusivamente in ottemperanza alla Dichiarazione di Laeken.

 

Interrogazione n. 30 dell'on. Klaus Hänsch (H-0043/02)
 Oggetto: Criteri politici per l'adesione della Turchia all'Unione europea
 

Nel programma della Presidenza spagnola si legge, a proposito dell’allargamento dell’Unione europea, che alla luce delle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken la Presidenza spagnola intende dare un impulso alla strategia di preadesione della Turchia, che dovrà segnare una nuova tappa dell’analisi dello stato della sua preparazione in vista dell’allineamento all’acquis e, eventualmente, definire nuovi obiettivi del processo di adesione (programma della Presidenza spagnola, parte II, capitolo 4, settimo comma).

Il Consiglio può specificare in maggiore dettaglio i cambiamenti che indicano questa “nuova tappa”? A quali nuovi obiettivi pensa la Presidenza, e come si collegano ai requisiti fissati a Copenaghen e confermati dal Consiglio europeo di Helsinki, secondo i quali tutti i criteri politici per l’adesione devono essere soddisfatti prima che possano avere inizio i negoziati di adesione?

 
 

Interrogazione n. 31 dell'on. Giorgos Katiforis (H-0044/02)
 Oggetto: Programma della Presidenza spagnola - Ampliamento e Turchia - Criteri politici di Copenaghen
 

Nell'ambito del suo programma, nel capitolo riguardante l'ampliamento dell'UE (ultima parte), la Presidenza spagnola rende nota la propria intenzione – in linea con le conclusioni del Consiglio europeo di Laeken – di incoraggiare la Turchia nella sua strategia di preadesione. Inoltre, la Presidenza rileva che detta strategia dovrà segnare una nuova tappa per quanto riguarda l'analisi della preparazione della Turchia in vista del suo adeguamento all'acquis comunitario, che non esclude la possibilità di fissare nuovi obiettivi concreti.

Può il Consiglio descrivere più dettagliatamente questa nuova tappa? Inoltre, può il Consiglio indicare gli eventuali nuovi obiettivi della Presidenza e spiegare in che modo quanto precede è in relazione con il rispetto dei criteri politici di Copenaghen, la cui applicazione rappresenta una condizione preliminare per l'apertura dei negoziati di adesione?

 
  
 

Il programma di lavoro della Presidenza spagnola in merito all’ampliamento e alla Turchia si allinea totalmente alle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken, che sottolineano che i progressi della Turchia in vista del rispetto dei criteri politici sono tali che "si è così ravvicinata la prospettiva dell’apertura di negoziati di adesione con la Turchia" e sostengono che “la strategia di preadesione per la Turchia dovrebbe costituire una nuova tappa nell’analisi del suo stato di preparazione in vista di un allineamento all’acquis”.

Il Consiglio europeo di Laeken ha confermato le raccomandazioni della Commissione nel proprio Documento strategico per il 2001, per quanto concerne una nuova fase della strategia di preadesione per la Turchia. La Commissione ha in particolar modo raccomandato l’avvio di un processo di analisi dettagliata della legislazione turca, che si concentrerà su tutta una serie di temi specifici che verranno studiati da esperti, riuniti in sottocomitati. Il Comitato di associazione CE-Turchia, che si è riunito lo scorso 24 gennaio, ha confermato le priorità in questo ambito e ha stabilito un calendario di riunioni per i sottocomitati, che dovranno tenersi dal mese di marzo al mese di luglio di quest’anno. La Commissione procederà alla valutazione dei risultati dell’analisi legislativa e, alla luce di tale valutazione, verranno elaborate le possibili conclusioni in merito a “nuovi obiettivi nel processo di adesione”. Tale esercizio non riguarda comunque il requisito che devono soddisfare tutti i paesi candidati, Turchia compresa, ovvero il rispetto dei criteri politici di Copenaghen prima che possano avere inizio i negoziati di adesione, così come ha confermato il Consiglio europeo di Helsinki.

 

Interrogazione n. 32 dell'on. Bernd Posselt (H-0045/02)
 Oggetto: Esenzione dal visto per la Macedonia
 

Ha forse previsto il Consiglio di concordare anche per la Repubblica di Macedonia, come per la Romania e la Bulgaria, l'esenzione dal visto, dal momento che la Macedonia ha concluso con l'UE un accordo di associazione e stabilizzazione che deve ancora prendere corpo?

 
  
 

Il regolamento 539/2001 del Consiglio stabilisce la lista di paesi terzi per i cui cittadini è in vigore l’obbligo di visto per attraversare la frontiera esterna degli Stati membri e la ex Repubblica iugoslava di Macedonia figura in tale lista.

Il Consiglio ricorda che il diritto di iniziativa in tale ambito appartiene esclusivamente alla Commissione.

Il Consiglio finora non ha ricevuto alcuna iniziativa nel senso indicato dall’onorevole parlamentare.

 

Interrogazione n. 33 dell'on. Marialiese Flemming (H-0047/02)
 Oggetto: Protezione degli animali nella Costituzione europea
 

Intende il Consiglio provvedere immediatamente affinché la protezione degli animali abbia un riscontro nella Costituzione europea?

 
 

Interrogazione n. 34 dell'on. Inger Schörling (H-0058/02)
 Oggetto: Protezione degli animali
 

Benché nella UE viga tutta una serie di normative volte a salvaguardare il benessere degli animali impiegati in agricoltura, accade spesso che le norme in questione non vengano rispettate e che le bestie subiscano maltrattamenti. Finché si consentira che questo stato di cose vada avanti, il fatto di trascurare il benessere degli animali potrà procurare vantaggi concorrenziali. Un modo di porvi rimedio potrebbe essere che i paesi che non garantiscono il rispetto delle norme vigenti perdano parte delle sovvenzioni della UE destinate all'agricoltura. Detto questo, può il Consiglio far sapere se ha già previsto misure atte a garantire il rispetto delle norme di cui trattasi? Ha in mente altre idee su come risolvere il problema della scarsa cura degli animali?

 
  
 

1. Il Consiglio ricorda in primo luogo che non prende parte ai lavori della Convenzione convocata dal Consiglio europeo di Laeken.

2. Per quanto riguarda l’ambito specifico della protezione degli animali, il Consiglio segnala che ha sempre deplorato profondamente ogni forma di crudeltà nei confronti degli animali e ha sempre cercato di garantire agli animali stessi il più alto livello possibile di benessere.

A tal fine, il Consiglio ha creato nell’Unione un’importante legislazione in materia di benessere degli animali domestici, concretamente per quanto concerne i metodi di allevamento, trasporto e macellazione.

Tale legislazione, che può essere considerata una delle più urgenti, viene regolarmente aggiornata con l’obiettivo di tenere in debita considerazione l’evoluzione della situazione e del sapere scientifico e tecnico più moderno.

3. D’altra parte, i diversi regimi di aiuti comunitari, di cui possono usufruire gli allevatori vengono di volta in volta disciplinati dai regolamenti con i quali si stabilisce la organizzazione comune di mercato.

Tali atti legislativi del Consiglio fissano le condizioni per la concessione dei diversi premi. In particolare, il paragrafo 9 dell’articolo 33 del regolamento di base “carni bovine” (CE) n. 1254/1999, sancisce che “il pagamento delle restituzioni all'esportazione di animali vivi è soggetto alla conformità con le disposizioni stabilite dalla normativa comunitaria relativa al benessere degli animali e, in particolare, alla protezione degli animali durante il trasporto”.

Se la Commissione – unica depositaria del diritto di iniziativa – presentasse al Consiglio nuove proposte sul tema, il Consiglio vi dedicherà sicuramente una particolare attenzione, tenendo in debita considerazione in ogni caso, prima di prendere una decisione, il parere del Parlamento europeo.

4. Al di fuori di tali coordinate legislative, non spetta al Consiglio il controllo della applicazione dei propri atti negli Stati membri, visto che il Trattato CE attribuisce tale competenza alla Commissione.

 

Interrogazione n. 35 dell'on. Glenys Kinnock (H-0049/02)
 Oggetto: Istruzione di base nei paesi in via di sviluppo
 

I piani d’istruzione nazionali dovranno essere completati entro il 2002. Data questa scadenza, ritiene la Presidenza del Consiglio che sia estremamente importante che i vari finanziatori definiscano con urgenza il modo in cui intendono assolvere il compito di garantire che nessun paese impegnato nel campo dell’istruzione venga ostacolato per mancanza di risorse?

Intende la Presidenza adottare una dichiarazione, anziché semplici conclusioni, sulla comunicazione della Commissione riguardante l’istruzione, la formazione e la riduzione della povertà?

Non ritiene la Presidenza che per dare attuazione alla dichiarazione sulla politica di sviluppo sia essenziale accrescere le risorse da destinare all’istruzione, come peraltro proposto nella Comunicazione, e che il modo più efficace per sostenere tale obiettivo sia proprio una dichiarazione da parte del Consiglio?

 
  
 

1. Uno dei temi fondamentali che la Presidenza spagnola intende affrontare è quello dell’istruzione e della riduzione della povertà. Il programma della Presidenza nel campo della cooperazione allo sviluppo rispecchia la grande importanza che essa attribuisce a tale aspetto. È intenzione della Presidenza discutere le implicazioni che l’istruzione di base (elementare e superiore), un miglior accesso basato su pari opportunità ed altri temi fondamentali legati all’istruzione hanno sull’approccio settoriale nella lotta alla povertà.

2. Per questa discussione del Consiglio, la Commissione dovrà trasmettere a Parlamento e Consiglio una comunicazione sul tema. L’obiettivo della Presidenza è l’elaborazione di una risoluzione da adottare in occasione del Consiglio del 30 maggio 2002 ("sviluppo") che dovrebbe contenere le posizioni del Consiglio sulla politica da attuare in questo campo.

3. Nella fase attuale, non è possibile fornire ulteriori dettagli sugli eventuali esiti di tale dibattito.

 

Interrogazione n. 37 dell'on. Hans-Peter Martin (H-0055/02)
 Oggetto: Rivendicazioni retributive del presidente della Convenzione per la preparazione del trattato di Nizza
 

Stando a quanto riferito dalla stampa, Valéry Giscard d’Estaing avrebbe rivendicato per la sua attività di presidente della Convenzione una retribuzione oltretutto quanto mai cospicua. In occasione della riunione della commissione costituzionale del PE, del 21 gennaio 2002, la Presidenza in carica del Consiglio rappresentata dal sottosegretario di Stato, Ramón de Miguel, ha testualmente qualificato di “frottola” il fatto stesso e tutte le relative notizie di stampa.

Ciò premesso, ha Valéry Giscard d’Estaing avanzato rivendicazioni o no? In caso affermativo, potrebbe il Consiglio specificarle?

Come intende il Consiglio procedere in merito? Hanno altri membri della Convenzione già avanzato rivendicazioni retributive?

Quali versamenti ai membri della Convenzione reputa il Consiglio adeguati, con specifico riferimento alle trasferte in aereo (in quale classe), alle spese alberghiere e alle diarie? Come saranno finanziate queste spese?

 
  
 

Nella sua riunione del 28 gennaio, il Consiglio ha esaminato una serie di proposte di finanziamento della Convenzione, proposte nelle quali si prevede che il finanziamento avvenga in parte a carico del bilancio amministrativo delle Istituzioni e in parte mediante un bilancio di funzionamento separato che si avvarrà dei contributi di Consiglio, Commissione e Parlamento europeo. Tale bilancio di funzionamento coprirà, fra le altre cose, le spese legate al Presidente e ai due Vicepresidenti in relazione al proprio lavoro in seno alla Convenzione. Il Consiglio non ha mai ricevuto alcuna rivendicazione retributiva per il Presidente né per nessun altro membro della Convenzione.

 

QUESTIONS A LA COMMISSION
Interrogazione n. 48 dell'on. James (Jim) Fitzsimons (H-0029/02)
 Oggetto: Salute e sicurezza sul luogo di lavoro nel 2002
 

La Commissione ha annunciato che nel 2002 intende presentare una comunicazione su una strategia comunitaria in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro dedicando un'attenzione prioritaria alle misure intese a ridurre il numero di incidenti, decessi e lesioni, nonché affrontando l'aspetto delle malattie. Intende la Commissione delineare le dimensioni del problema a livello europeo e operare raffronti con altri paesi? Intende altresì presentare iniziative innovative in materia? Non pensa infine la Commissione che sia opportuno promuovere l'introduzione, nelle scuole, di programmi di prevenzione e sensibilizzazione?

 
  
 

La Commissione intende presentare una nuova strategia per la sicurezza e la salute nelle prossime due settimane. Tale strategia costituisce un elemento fondamentale dell’agenda di Lisbona per migliorare la qualità del lavoro ed innalzare la qualità dei prodotti, rafforzando così la competitività delle aziende europee. Essa svilupperà un approccio globale al conseguimento del completo benessere fisico, mentale e sociale sul luogo di lavoro e terrà conto dei cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro, come anche dei nuovi rischi emergenti, integrandosi in tutte le politiche comunitarie.

Il principale obiettivo generale è quello di ridurre il numero e la percentuale di infortuni sul lavoro e malattie professionali nell’Unione. A causa di tali infortuni e malattie, durante lo scorso anno oltre 350.000 persone hanno dovuto cambiare lavoro o ridurre il proprio orario e quasi 300.000 soffrono di diversi livelli di invalidità permanente, di cui 10.000 sono state permanentemente escluse dal mercato del lavoro.

La strategia, pertanto, porrà molta enfasi sul consolidamento di una cultura della prevenzione, utilizzando diversi strumenti e politiche, e si baserà su una maggiore collaborazione tra tutte le parti in causa nel campo della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro.

La strategia affronterà i rischi specifici di giovani e anziani, i problemi legati alle piccole e medie imprese, i settori a rischio specifico, le nuove forme di lavoro ed i rischi emergenti come i disturbi muscolo-scheletrici, lo stress ed alcuni problemi psicosociali, ma essa terrà anche conto, nelle disposizioni in materia di salute e sicurezza, del continuo aumento della rappresentanza femminile sul mercato del lavoro e della questione del genere.

Il documento prevederà una maggiore cooperazione a livello internazionale con varie organizzazioni internazionali, così come una maggiore collaborazione bilaterale con i paesi del Mediterraneo e quelli del Mercosur. Una speciale forma di cooperazione e di scambio di esperienze in questo campo verrà istituita con gli Stati Uniti.

La nuova strategia è volta a ridurre il dazio inaccettabile di infortuni e malattie mediante una combinazione di strumenti tradizionali e innovativi a livello nazionale e comunitario. Ove del caso, verranno avviate iniziative legislative, per esempio per adeguare gli standard esistenti all’evoluzione delle conoscenze e delle tecniche, nonché per affrontare nuove sfide come il mobbing e le molestie sul luogo di lavoro. La Commissione proporrà un rafforzamento degli orientamenti per l’occupazione chiedendo agli Stati membri di adottare target nazionali per ridurre i livelli di infortuni e malattie professionali, ed essa promuoverà anche le migliori prassi nel campo della responsabilità sociale delle aziende e del dialogo sociale.

Lo sviluppo di una vera cultura della prevenzione è particolarmente importante. Azioni di formazione continua e di sensibilizzazione, come anche l’inserimento dei temi della salute e della sicurezza nei programmi scolastici sin dalle prime fasi dell’apprendimento e per tutto il corso di studi, sono fondamentali.

È auspicabile che Parlamento e Consiglio contribuiscano attivamente al successo della nuova strategia fornendo il necessario sostegno politico per trasformare questi obiettivi in una realtà tangibile.

 

Interrogazione n. 49 dell'on. Efstratios Korakas (H-0052/02)
 Oggetto: Emissione di sostanze tossiche nella centrale elettrica di Kozani
 

A seguito di un incendio divampato la notte di Natale nell'unità n. 2 della centrale elettrica di Aghios Dimitrios a Kozani, c'è stata un'emissione di sostanze tossiche – PCB e clofen – che ha messo a repentaglio la salute dei lavoratori, dei vigili del fuoco e della popolazione in generale. Occorre segnalare altresì che la società costruttrice non ha tuttora risposto in merito alla pericolosità delle sostanze contenute negli accumulatori e non ha neanche provveduto alla loro tempestiva sostituzione, e che la DEI, da parte sua, non aveva preso alcuna misura di sicurezza a tutela dei lavoratori, ai quali non erano stati resi noti, come neanche ai vigili del fuoco, i rischi che attraversavano.

Il fatto che negli accumulatori ci fossero PCB e clofen, che i lavoratori e i vigili del fuoco non fossero stati informati e che non fossero state prese opportune misure non costituisce, per la Commissione, una violazione della normativa comunitaria? Inoltre, quali misure intende prendere la Commissione a tutela dei lavoratori e della popolazione locale? Infine, intende essa avviare un'indagine che faccia luce sull'eventuale impiego, in altri casi, di analoghe sostanze da parte della suddetta società o di altre ditte?

 
  
 

La Commissione non dispone di alcuna informazione specifica sulle cause e le circostanze di questo incidente e sui livelli di esposizione al bifenile policlorurato (PCB), al clofen e alle diossine subiti dai lavoratori, dai pompieri e dalla popolazione locale.

Nella fattispecie sono applicabili le seguenti direttive comunitarie:

- la direttiva quadro 89/391/CEE;

- la direttiva sui cancerogeni 90/394/CEE (come modificata);

- la direttiva sugli agenti chimici 98/24/CE.

Sebbene si sia ritenuto che la legislazione greca resa nota in riferimento alle prime due direttive le abbia recepite correttamente, la Commissione sta attualmente analizzando la legislazione nazionale riguardante la direttiva sugli agenti chimici.

Tali direttive stabiliscono chiaramente la responsabilità del datore di lavoro in merito al fatto che egli è tenuto a fornire ai lavoratori le informazioni pertinenti e ad introdurre le misure preventive necessarie per evitare che siffatti incidenti si verifichino.

Pertanto, senza anticipare gli esiti dell’indagine che dovrà essere intrapresa dalle autorità nazionali competenti in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, è possibile affermare che la mancata informazione dei lavoratori e dei servizi di emergenza circa il rischio intrinseco derivante da dette sostanze tossiche, la mancata valutazione dei rischi e la mancata adozione di misure appropriate costituiscono, di per loro, una violazione della normativa comunitaria.

Nondimeno, spetta alle autorità nazionali attuare le disposizioni nazionali che recepiscono le suddette direttive ed garantirne la concreta applicazione.

 

Interrogazione n. 50 dell'on. Astrid Thors (H-0056/02)
 Oggetto: I bambini e il piano d'azione contro la povertà e l'emarginazione
 

In sede di elaborazione delle direttive sui piani d'azione nazionali contro la povertà e l'emarginazione in qual modo sarà dato rilievo alla particolare situazione dei bambini? Quali misure sono state prese per la compilazione di statistiche che illustrino la situazione dei bambini?

 
  
 

La questione della povertà infantile e dell’esclusione sociale è già un tema fondamentale del metodo aperto di coordinamento sulla povertà e l’esclusione sociale, come sottolineato sia nei piani di azione nazionali sia nella recente relazione comune sull’integrazione sociale, avallata dal Vertice di Laeken nel dicembre 2001. È dunque certo che sarà un tema chiave durante il processo di revisione degli obiettivi di Nizza e di elaborazione di un quadro per la prossima serie di piani di azione nazionali nel 2002.

La Commissione riconosce tuttavia che la prima serie di piani di azione nazionali, pur contenendo molti elementi sulla povertà infantile, spesso risulta carente dal punto di vista di un approccio coerente e strategico alla questione. Solo Regno Unito e Portogallo fissano obiettivi chiari. Molti non contengono indicatori sulla povertà infantile in base ai quali misurare i progressi compiuti e, in riferimento alla situazione dei minori, le debolezze generali dei piani nazionali in materia di consultazione e partecipazione sono ancora più evidenti. La prossima serie di piani di azione nazionali fornirà l’opportunità per sviluppare un quadro più coerente e mirato per affrontare la povertà infantile.

In merito alla necessità di disporre di statistiche che descrivano la situazione dei minori, il tema è stato parte del lavoro intrapreso lo scorso anno sullo sviluppo di indicatori comuni. In particolare, l’elenco di indicatori comuni sulla povertà e l’esclusione sociale avallato in occasione del Vertice di Laeken include un indicatore che misura la percentuale di minori (con meno di 15 anni) che vivono a rischio di povertà. Vi sono inoltre indicatori che misurano la percentuale di coloro che abbandonano precocemente la scuola (per la fascia di età 18-24) ed il numero di famiglie monoparentali a rischio di povertà. L’importante nuovo sondaggio sui nuclei familiari, Statistiche sul reddito e le condizioni di vita (SILC), attualmente condotto da Eurostat, conterrà molte informazioni in merito alla situazione dei minori.

 

Interrogazione n. 57 dell'on. Carmen Cerdeira Morterero (H-0033/02)
 Oggetto: Esecuzione di omosessuali in Arabia Saudita
 

Il 12 gennaio scorso, tre cittadini sauditi sono stati decapitati dopo esser stati accusati dal governo di tale paese di essere omosessuali. Il ministero saudita degli Interni ha comunicato che essi erano stati condannati a morte per “sodomia, matrimonio omosessuale e incitamento alla pedofilia”, sottolineando la recidività dei reati.

Può dire la Commissione se ha previsto o realizzato un’azione di denuncia rispetto a tale esecuzione? Può dire, altresì, se pensa di comunicare al governo dell’Arabia Saudita che la suddetta esecuzione violando i diritti fondamentali alla vita, alla dignità e alla libertà personale, costituisce un attentato gravissimo alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed è contraria ai principi e ai valori fondamentali dell’Unione europea?

 
  
 

L’Unione ha ripetutamente espresso profonda preoccupazione per la situazione dei diritti umani e il ricorso più frequente della pena di morte in Arabia Saudita. In occasione delle ultime sessioni della Commissione ONU sui diritti umani, il 29 marzo 2001, essa ha dichiarato che “l’Unione europea continua ad essere seriamente preoccupata per le segnalazioni di torture e altri trattamenti o punizioni inumani, per l’uso più frequente della pena di morte e delle amputazioni, nonché per le leggi e le restrizioni o i divieti discriminatori imposti alle libertà fondamentali”.

In risposta a questa dichiarazione dell’Unione, il governo saudita ha segnalato che le accuse formulate contro il Regno mancavano di credibilità e non riconoscevano le caratteristiche giuridiche e culturali del paese. Esso ha anche asserito che la relazione trascurava il fatto che l’obiettivo del Regno nell’applicare le sue leggi era quello di proteggere la sicurezza e la stabilità dei suoi cittadini. La Commissione si rammarica per questo atteggiamento piuttosto difensivo assunto sinora nello scambio di punti di vista sui diritti dell’uomo. Pur riconoscendo, come è ovvio, che vi sono aspetti specifici da prendere in considerazione in ogni paese, essa non può accettare che questi giustifichino deroghe o deviazioni rispetto ai principi fondamentali ed universalmente applicabili dei diritti umani, incluso il divieto di infliggere torture e punizioni inumane o degradanti. Essa continuerà a cercare di sviluppare un dialogo costruttivo con l’Arabia Saudita sulle questioni riguardanti i diritti umani.

La prossima apertura di una delegazione della Commissione a Riyad costituirà un progresso importante nei suoi rapporti bilaterali, in quanto permetterà non solo di sviluppare legami politici, economici e commerciali, ma anche di rafforzare il suo dialogo sui diritti umani.

 

Interrogazione n. 58 dell'on. John Purvis (H-0041/02)
 Oggetto: Azioni israeliane in Palestina
 

In che misura può la Commissione giustificare le azioni israeliane nei territori occupati della Palestina?

 
  
 

L’Unione conferma e riconosce pienamente il diritto inalienabile di Israele di vivere in pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti, ma il modo migliore per conseguire questo obiettivo è la creazione di uno Stato palestinese sostenibile, democratico e indipendente, ponendo fine all’occupazione dei territori palestinesi.

Come è ovvio, la Commissione riconosce che, vista la situazione di violenza attualmente esistente nella regione, Israele ha realmente e legittimamente motivo per preoccuparsi della propria sicurezza. Il flagello del terrorismo deve essere combattuto con fermezza e costanza. Tuttavia, per creare una situazione di sicurezza, Israele ha bisogno che l’Autorità palestinese e il suo Presidente eletto, Yasser Arafat, operino sia per sradicare il terrorismo che per stabilire la pace. L’Autorità palestinese deve fare il possibile per evitare atti di terrorismo, smantellare le reti terroristiche ed arrestare e perseguire coloro che perpetrano atti terroristici. La loro capacità di combattere il terrorismo non deve essere indebolita. Il governo israeliano deve temperare l’azione militare ed interrompere le esecuzioni stragiudiziali, porre fine ai divieti e alle restrizioni imposti al popolo palestinese e alla sua leadership, nonché congelare gli insediamenti.

L’Unione è seriamente preoccupata per la distruzione dell’infrastruttura palestinese e di altre strutture che aiutano i palestinesi nel loro sviluppo economico, sociale e umanitario, strutture peraltro finanziate da donatori dell’Unione. Essa ha invitato il governo israeliano a porre termine a questa pratica. La Commissione non vede come questo sia legato alle preoccupazioni di Israele per la propria sicurezza. Al contrario, gli attacchi all’infrastruttura di sicurezza palestinese limitano la capacità dell’Autorità palestinese di far fronte alla violenza.

 

Interrogazione n. 59 dell'on. Bernd Posselt (H-0046/02)
 Oggetto: Sostegno alla città di Banja Luka
 

Quali iniziative ha preso o prenderà la Commissione per il ritorno, l'integrazione e il sostegno delle minoranze etniche nella Republika Srpska, che fa parte della Bosnia-Erzegovina, e in che modo essa appoggia l'attività umanitaria, interculturale e interreligiosa del vescovo Komarica di Banja Luka?

 
  
 

La Commissione stanzia ingenti risorse per il rientro dei profughi in Bosnia-Erzegovina (nel 2001 oltre 35 milioni di € nell’ambito dell’assistenza comunitaria per la ricostruzione, lo sviluppo e la stabilizzazione (CARDS)). Dal 1998, in linea con le raccomandazioni dell’Ufficio dell’Alto rappresentante e della task force per la ricostruzione e il rimpatrio, si è posto maggiormente l’accento sulla ricostruzione delle case e sul rientro delle minoranze nella Republika Srpska (RS). Nella Republika Srpska, infatti, la Commissione ha ripristinato circa 7.000 abitazioni. Inoltre, sempre nell’ambito di CARDS, si fornisce assistenza non solo per la ricostruzione degli alloggi, ma anche per misure di rimpatrio integrate come, ad esempio, lo sviluppo dell’infrastruttura sociale e dell’occupazione, volte a promuovere la sostenibilità dei rimpatri.

Benché il Vescovo Komarica abbia avuto più volte contatti con i funzionari della Commissione, egli non ha presentato alcuna richiesta in risposta agli inviti a presentare proposte per piccoli progetti nel settore sociale o per la promozione della società civile, inviti che la Commissione bandisce periodicamente in Bosnia-Erzegovina.

 

Interrogazione n. 60 dell'on. Jaime Valdivielso de Cué (H-0949/01)
 Oggetto: Vino proveniente dalla Rioja argentina
 

Lo scorso 28 novembre l'Ambasciatore dell'Argentina presso l'Unione europea ha dichiarato di non essere disposto a discutere la denominazione commerciale Rioja (relativa alla Rioja argentina). Tale fatto costituisce un chiaro pregiudizio per la denominazione d'origine spagnola, in quanto si usurpa la proprietà dell'indicazione geografica commerciale spagnola.

Quali misure intende prendere la Commissione europea per porre fine a questo illecito sfruttamento commerciale del termine spagnolo?

Come si pensa di evitare che il vino originario della Rioja argentina arrivi sui mercati dell'Unione europea?

Infine, per quanto riguarda l'aspetto doganale, attualmente il vino proveniente dall'Unione europea è soggetto ad un dazio superiore al 20%, mentre sulla produzione del Mercosur grava un dazio comunitario del 5%.

Quando si giungerà a una soluzione più equa e in quali termini?

 
  
 

La Commissione è perfettamente consapevole del problema posto dall’esistenza di alcune denominazioni commerciali che utilizzano il nome La Rioja o termini derivati da tale nome sull’etichettatura di alcuni vini argentini. Il problema è già stato sollevato, a più riprese, nell’ambito delle relazioni con il Mercosur, nonché in occasione di discussioni bilaterali tra la Commissione e l’Argentina.

Essa vorrebbe rammentare che, a norma della regolamentazione comunitaria in vigore, tale utilizzo non è attualmente consentito sul mercato dell’Unione.

Va inoltre ricordato che RIOJA o La Rioja non è una denominazione di origine riconosciuta in Argentina.

La Commissione ritiene dunque che non si tratti di un caso di omonimia e che, ad ogni modo, il problema debba essere affrontato, ove del caso, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio e, soprattutto, delle disposizioni previste dall’accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale connessi al commercio (TRIPS), con particolare riferimento agli articoli 22.4 e 23.3.

Tuttavia, le discussioni tra la Comunità e il MERCOSUR proseguono e, in tale ambito, sarà possibile ottenere dall’Argentina un accordo che preservi i diritti dei prodotti della «Denominacion de Origen Calificada RIOJA».

Infine, per quel che concerne gli aspetti tariffari, essi sono affrontati nelle discussioni che la Commissione prosegue con il MERCOSUR e soprattutto nell’ambito di un accordo sul vino e gli alcolici.

 

Interrogazione n. 61 dell'on. Miquel Mayol i Raynal (H-0953/01)
 Oggetto: Ricezione delle televisioni catalana e basca nello Stato francese
 

Il Presidente del Consiglio superiore dell’audiovisivo dello Stato francese, Dominique Baudis, ha dichiarato venerdì 30 novembre 2001 a Tolosa, nel corso delle giornate sulle tecnologie dell’informazione, che le trasmissioni della televisione in lingua catalana (TV3 e Canal 33) e in lingua basca (Euskaltelebista) provenienti dallo Stato spagnolo e captate dalle popolazioni catalanofone e bascofone dei dipartimenti francesi frontalieri beneficiavano di un regime di favore e che tale regime sarebbe dovuto presto cessare.

Occorre precisare che la presenza di queste lingue nelle reti francesi è simbolica e che dunque i telespettatori catalani e baschi dello Stato francese che desiderano guardare la televisione nella loro lingua non hanno altra scelta se non quella di collegarsi a tali trasmissioni. Nel dipartimento dei Pirenei orientali, essi hanno la possibilità di farlo dal 1984.

Ritiene la Commissione che un siffatto provvedimento, qualora dovesse essere adottato, sarebbe conforme con i principi contenuti nella direttiva 89/552/CEE(1) del Consiglio del 30 ottobre 1989, nonché con la norma sul rispetto delle diversità culturali e linguistiche contenuta nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 22)?

 
  
 

La direttiva sulla televisione senza frontiere (direttiva 89/552/CEE del Consiglio come emendata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento e del Consiglio) dispone che gli Stati membri debbano garantire la libertà di ricezione, sul loro territorio, di trasmissioni televisive messe in onda da altri Stati membri (articolo 2a (1)).

La direttiva si basa su una delle quattro libertà fondamentali enunciate nel Trattato CE (la libertà di fornitura di servizi – articolo 49) ed è in linea con la Carta dei diritti fondamentali, e segnatamente con l’articolo 22, cui l’onorevole parlamentare fa riferimento.

In merito alla questione sollevata, la Commissione non è al corrente degli eventi richiamati nell’interrogazione. Essa chiederà informazioni alle autorità francesi per procedere alla necessaria valutazione.

 
 

(1) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23.

 

Interrogazione n. 62 dell'on. Nuala Ahern (H-0956/01)
 Oggetto: Sicurezza degli impianti nucleari nell'UE
 

Nella sua risposta all'interrogazione H-0771/01(1) presentata durante il tempo delle interrogazioni della tornata di ottobre, la Commissione ha affermato di essere in procinto di eseguire uno studio della sicurezza degli impianti nucleari nell'UE e di essere a conoscenza delle notizie riportate dalla stampa circa uno studio che dimostrerebbe gli effetti particolarmente pericolosi di un attacco agli impianti di ritrattamento di Sellafield e L'Aia.

Intende la Commissione a presentare una dichiarazione sullo stato di avanzamento dello studio di sicurezza che sta eseguendo? Intende rendere noti le misure adottate al fine di conseguire e valutare lo studio in questione, formato da uno studio preparato da nove consulenti internazionali coordinati dalla WISE di Parigi per conto del programma STOA (Valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche) del Parlamento, pubblicato nel novembre 2001?

 
  
 

Nella risposta alla precedente interrogazione della onorevole parlamentare, la Commissione aveva segnalato che gli avvenimenti accaduti a New York l’11 settembre 2001 necessariamente inducono a riflettere sui fattori di vulnerabilità degli impianti. Da quel giorno, le autorità degli Stati membri e dei paesi candidati hanno rafforzato le misure di protezione fisica già esistenti per gli impianti a rischio, e più specificamente per le centrali nucleari. Tali misure rientrano tra le competenze nazionali di polizia. Inoltre, alcuni impianti particolarmente sensibili beneficiano di una speciale protezione militare. Alla Commissione preme nuovamente ricordare che la progettazione e la costruzione delle centrali elettronucleari sono di competenza esclusiva degli Stati membri.

 
 

(1) Risposta scritta del 2.10.2001

 

Interrogazione n. 63 dell'on. Lisbeth Grönfeldt Bergman (H-0957/01)
 Oggetto: Sgravi fiscali per i datori di lavoro del settore pubblico
 

Ritiene la Commissione compatibile con le disposizioni di cui all’articolo 87 del trattato CE il fatto che uno Stato membro conceda sgravi fiscali, ad esempio sotto forma di riduzione dei contributi di previdenza sociale, ai datori di lavoro del settore pubblico che concorrono con imprese private?

 
  
 

L’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE riguarda gli aiuti concessi dagli Stati «in qualsiasi forma». Pertanto, la natura fiscale di una misura non ha alcuna importanza quando si tratta di applicare le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato(1).

Nella comunicazione sull’applicazione delle norme riguardanti gli aiuti di Stati alle misure che rientrano nella fiscalità diretta delle aziende(2), la Commissione ha rammentato i criteri che vanno soddisfatti affinché una misura si definisca aiuto.

In primo luogo, la misura deve procurare ai suoi beneficiari un vantaggio che alleggerisca gli oneri solitamente gravanti sul loro bilancio. Un siffatto vantaggio può essere procurato mediante la riduzione dell’onere fiscale dell’azienda in varie forme.

In secondo luogo, il vantaggio deve essere concesso dallo Stato o mediante risorse dello Stato. Una perdita di gettito fiscale equivale al consumo di risorse statali in forma di spese fiscali. Tale criterio riguarda anche gli aiuti concessi da enti regionali e locali degli Stati membri.

In terzo luogo, la misura in questione deve influire sulla concorrenza e gli scambi tra Stati membri. Tale criterio presuppone che il beneficiario della misura eserciti un’attività economica, indipendentemente dal suo status giuridico o dalla sua modalità di finanziamento.

Infine, la misura deve essere specifica o selettiva, nel senso che deve favorire «alcune aziende o produzioni». Tale criterio del vantaggio selettivo può risultare sia da un’eccezione alle disposizioni fiscali di natura legislativa, normativa o amministrativa che da una pratica discrezionale dell’amministrazione fiscale. Il carattere selettivo di una misura può nondimeno essere giustificato «dalla natura o dall’economia del sistema»(3) 3. In tal caso, la misura sfugge alla definizione di aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE.

Peraltro, se una misura fiscale costituisce un aiuto, essa può beneficiare, proprio come gli aiuti concessi in altre forme, di una delle deroghe al principio di incompatibilità con il mercato comune previste nei paragrafi 2 e 3 del suddetto articolo. Quando il beneficiario – che si tratti di un’impresa privata o pubblica – è stato incaricato dallo Stato della gestione di servizi di interesse economico generale, l’aiuto potrebbe anche beneficiare delle disposizioni dell’articolo 86 del Trattato CE.

In virtù di tali principi, la Commissione valuta caso per caso se sgravi fiscali come quelli descritti dalla onorevole parlamentare costituiscano aiuti di Stato e se siano compatibili con il Trattato CE.

 
 

(1) CG CE 2 luglio 1974, Repubblica italiana/Commissione, caso 173/73, Racc. 709, punto 28.
(2) GU CE C 384/3 del 10.12.1998.
(3)3 CG CE 2 luglio 1974, Repubblica italiana/Commissione, caso 173/73 Racc. 709.

 

Interrogazione n. 64 dell'on. Lennart Sacrédeus (H-0961/01)
 Oggetto: Minacce contro i cristiani in Turchia
 

Il 7 dicembre 2001 all'ordine del giorno del Consiglio nazionale di sicurezza turco figurava la popolazione cristiana del paese. Nella relazione presentata in seguito alla riunione si dichiara che l'intenzione dei 50 000 cristiani non è di diffondere il cristianesimo bensì di creare divisioni nella popolazione turca, che conta circa 70 milioni di persone. Il generale Baki Onurlubas, comandante del Mar Nero, ha messo in guardia, attraverso i media, contro la "minaccia cristiana" e ha chiesto alla popolazione di contattare le autorità militari al numero 156 per segnalare l'avvistamento di cristiani nella zona. Secondo il generale le intenzioni ostili dei cristiani nei confronti della società sono chiare dal momento che essi hanno distribuito gratuitamente bibbie nella regione.

Prima della riunione del Consiglio nazionale di sicurezza il ministro dell'interno aveva emanato un decreto indirizzato a tutti i rappresentanti delle autorità locali, che dava loro carta bianca per attaccare e chiudere le comunità cristiane e i locali delle chiese. In seguito a tale decreto, il 1° dicembre 2001 la chiesa protestante di Diyarbakir è stata chiusa e i componenti della comunità sono stati indagati. Le notizie summenzionate sono comparse il 9 dicembre 2001 sul giornale Aydinlik.

Ciò premesso, come ha reagito la Commissione di fronte a tali minacce? Quali misure ha preso? Quali conseguenze avrà tutto ciò sulla data dell'eventuale avvio di negoziati ufficiali per l'adesione della Turchia?

 
  
 

Nella sua relazione periodica pubblicata il 13 novembre 2001, la Commissione ha osservato che si sono registrati maggiori segnali di tolleranza verso alcune comunità religiose non musulmane. Tuttavia, la relazione ha sottolineato che "le chiese cristiane continuano a dover far fronte a difficoltà in relazione alla proprietà di beni. Il mancato riconoscimento dello status giuridico di varie chiese crea una serie di vincoli, tra cui vincoli di accesso alla Turchia da parte di personale ecclesiastico”.

Alla luce, in particolare, delle circostanze richiamate dall’onorevole parlamentare, la Commissione continuerà a monitorare molto da vicino la situazione in Turchia per quel che riguarda la libertà di religione. Essendo uno dei diritti umani fondamentali, il diritto alla libertà di religione o di credo è inserito tra i criteri politici di Copenaghen che i paesi candidati sono tenuti a rispettare. Va rammentato che i negoziati di adesione con un paese candidato possono essere aperti unicamente quando questo ha soddisfatto le condizioni politiche per l’adesione.

 

Interrogazione n. 66 dell'on. Rosa Miguélez Ramos (H-0964/01)
 Oggetto: Presenza dei governi regionali alle riunioni del Consiglio
 

La struttura federale, regionale o decentrata di vari Stati membri ha indotto gli stessi ad inserire nelle loro delegazioni alle riunioni del Consiglio rappresentanti di tali regioni o "Länder", come consentito dal trattato sull'Unione europea in seguito alla sua riforma avvenuta a Maastricht dieci anni fa. Rappresentanze regionali sono giunte a guidare la delegazione dello Stato membro e, durante la presidenza belga, anche a presiedere quei Consigli in cui si trattavano affari di competenza delle regioni in questione.

Tuttavia in altri Stati membri come la Spagna, che hanno regioni o comunità autonome dotate di ampia capacità legislativa, il governo centrale impedisce la partecipazione di tali regioni o comunità autonome alle sue delegazioni alle varie riunioni del Consiglio, anche quando la competenza spetta esclusivamente a dette regioni e non al governo centrale.

Come valuta questo fatto la Commissione? Quali Stati membri a struttura politica federale o basata sulle autonomie, analoga a quella della Spagna, fanno partecipare alle loro delegazioni rappresentanti delle loro nazionalità e regioni, e quali Stati membri non lo fanno?

 
  
 

La Commissione vorrebbe ricordare alla onorevole parlamentare che l’articolo 203 del Trattato che istituisce la Comunità europea afferma che il Consiglio comprenderà un rappresentante a livello ministeriale per ciascuno Stato membro, autorizzato ad impegnare il governo dello Stato membro in questione. Ferma restando questa disposizione, spetta ad ogni Stato membro decidere in merito alla propria rappresentanza alle riunioni del Consiglio. Tale rappresentanza inevitabilmente dipende dall’ordinamento costituzionale nazionale, che differisce da uno Stato membro all’altro e sul quale la Comunità non può intervenire, come disposto dall’articolo 6, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea.

Ne consegue che la Commissione non può esprimere commenti sulle decisioni prese in materia di rappresentanza alle riunioni del Consiglio da singoli Stati membri.

 

Interrogazione n. 67 dell'on. Avril Doyle (H-0970/01)
 Oggetto: Accordi nucleari
 

Può la Commissione confermare che la procedura seguita nel contesto dell'accordo giuridicamente vincolante relativo all'impiego dell'impianto di ritrattamento nucleare di Temelin (Repubblica ceca), (recentemente siglato a Bruxelles dal commissario Verheugen, dal Primo ministro austriaco Schüssel e dal Primo ministro ceco Zeman) possa essere applicato ad altri Stati sovrani che intrattengono relazioni amichevoli in Europa come modello di comunicazione e di consultazione su questioni di sicurezza e di gestione dei rischi nel settore dell'industria nucleare?

Può la Commissione promuovere un simile accordo tra i governi irlandese e britannico per quanto riguarda Sellafield ed altre installazioni della BNFL, situate sulla costa occidentale della Gran Bretagna, in prossimità del mare d'Irlanda?

 
  
 

Molti Stati membri dell’Unione perseguono l’opzione nucleare per la produzione di elettricità e confinano con altri Stati membri che non si avvalgono di tale forma di produzione. Vengono subito in mente esempi come Danimarca–Svezia, Lussemburgo–Francia e Irlanda–Regno Unito. Procedure consolidate in seno all’Unione già disciplinano questi rapporti tra Stati membri come, ad esempio, la procedura per la valutazione dell’impatto ambientale legata alla valutazione degli effetti sull’ambiente di alcuni progetti pubblici e privati, basata sulla direttiva 85/337/CEE1 del Consiglio come emendata dalla direttiva 97/11/CE2 del Consiglio. Su tale base, gli Stati membri già dispongono di un quadro per comunicare in merito agli effetti transfrontalieri di nuovi impianti, inclusi quelli del settore nucleare. La “procedura Melk”, istituita per mediare il caso Temelin, si è ispirata a dette direttive e alle ulteriori indicazioni contenute nell’articolo 37 del Trattato Euratom. Spesso, in passato, gli Stati membri hanno stipulato ulteriori accordi bilaterali per discutere e scambiarsi informazioni.

La mediazione della Commissione nel caso della controversia internazionale tra Austria e Repubblica ceca sulla questione della messa in esercizio della centrale nucleare di Temelin riguardava un caso in cui una delle due parti in questione era uno Stato membro e l’altra un paese candidato all’adesione all’Unione, una situazione rarissima, se non unica. I buoni uffici sono stati offerti su richiesta esplicita di ambedue le parti, vista della controversia internazionale sviluppatasi sulla questione, controversia che aveva un impatto sui negoziati in corso per l’ampliamento. L’intervento della Commissione è stato anche dettato dalla necessità di agevolare la definizione di una posizione comune dell’Unione nei negoziati sul capitolo energia con la Repubblica ceca entro i tempi previsti dal calendario avallato dal Consiglio europeo di Nizza. L’obiettivo della mediazione era quello di trasformare il conflitto tra i due paesi in un rapporto di buon vicinato. L’esito consente ai due paesi di affrontare le questioni nucleari in base ad un dialogo formalizzato che andrà oltre l’ampliamento, nonostante gli approcci opposti all’energia nucleare e le opposte percezioni delle due parti in causa. Le “conclusioni del processo di Melk” hanno, in ogni caso, portato ad un accordo bilaterale che non è stato firmato dalla Commissione. L’esito non era inteso a far scomparire le differenze, bensì a consentire alle due parti di affrontarle in un quadro paragonabile ai rapporti di buon vicinato già esistenti tra gli Stati membri prima citati.

Considerata la situazione specifica esistente tra Austria e Repubblica ceca in quanto paese candidato, la Commissione non ritiene che l’accordo Melk sia un precedente applicabile al rapporto tra Stati membri. La Commissione è tuttavia del parere che la normativa comunitaria, nel suo stato attuale, già costituisca un quadro appropriato per discutere e comporre simili controversie tra Stati membri.

 

Interrogazione n. 68 dell'on. Konstantinos Alyssandrakis (H-0972/01)
 Oggetto: Partiti recanti il termine "comunista" nella loro denominazione: divieto di costituzione e di azione in Turchia
 

In Turchia, paese candidato all'adesione all'UE, si registrano sistematiche e continue violazioni dei diritti dell'uomo e dei diritti democratici, tra cui il divieto, per i partiti che recano nella loro denominazione il termine "comunista", di costituirsi e di operare, divieto basato su una disposizione ormai desueta (risalente al 1920) dell'articolo 96 della legge sui partiti politici.

Il Partito per il potere socialista della Turchia, creato nel 1993, opera in piena legalità. Esso ha condotto lotte significative per i diritti democratici e partecipa alle elezioni. In occasione del suo ultimo congresso ha deciso di cambiare denominazione per chiamarsi "Partito comunista della Turchia", motivo per cui, a causa della legge antidemocratica di cui sopra, rischia di vedersi interdire ogni attività.

Va rilevato che in questo periodo il parlamento turco sta discutendo una modifica della legge sui partiti politici, cosa che dovrebbe consentire di abolire questo divieto assolutamente antidemocratico.

Come valuta la Commissione il divieto opposto dalla legge turca alla costituzione e all'attività del Partito comunista? Ritiene che la Turchia possa aderire all'Unione europea senza aver prima abolito tale divieto? Intende sollevare presso il regime di Ankara la questione della modifica di tale legge antidemocratica e reazionaria al fine di permettere al Partito comunista di condurre liberamente la sua azione politica?

 
  
 

Quale paese candidato all’adesione all’Unione europea, la Turchia si è impegnata a soddisfare i criteri politici di Copenaghen. I principi di libertà di associazione e riunione pacifica fanno pienamente parte di questi criteri, principi che coprono anche il regime applicabile ai partiti politici.

Nella relazione periodica pubblicata il 13 novembre 2001, la Commissione ha osservato che “la disposizione costituzionale sui principi che i partiti politici devono osservare è stata modificata. È possibile imporre sanzioni ad un partito politico solo se "azioni" commesse da membri del partito in violazione dei principi di base, come enunciati nell’articolo 68 della Costituzione turca, sono avallate dal partito nel suo insieme. In luogo dello scioglimento definitivo, la Corte costituzionale può decidere di bandire interamente o parzialmente il partito politico in questione, a seconda della gravità delle "azioni"”.

Nel contempo, va sottolineato che i motivi per bandire partiti politici rimangono immutati (articolo 68 della Costituzione turca).

La Commissione sta verificando molto da vicino la concreta attuazione data a questo emendamento costituzionale. In tale contesto, in vista del rispetto dei criteri politici di Copenaghen, è particolarmente importante modificare la legge sui partiti politici.

 

Interrogazione n. 69 dell'on. Philip Bushill-Matthews (H-0003/02)
 Oggetto: Conformità con la legislazione dell'Unione europea.
 

Potrebbe la Commissione confermare il lasso di tempo che in media intercorre tra la data di una decisione della Corte di giustizia che stabilisce che uno Stato membro non ha rispettato la legislazione europea, e la data d’imposizione della penale giornaliera per inadempimento? Potrebbe inoltre confermare il termine più breve e quello più lungo finora registrati? Infine, potrebbe confermare il numero delle decisioni della Corte di giustizia a cui, tre anni dopo la decisione stessa, gli Stati membri non si sono ancora conformati, e se una penale è stata imposta a qualcuno di questi Stati membri?

 
  
 

L’onorevole parlamentare è pregato di far riferimento alla 18a relazione annuale della Commissione sul controllo dell’applicazione del diritto comunitario (2000)(1) 1, e soprattutto alla parte introduttiva di detta relazione (§ 1.6) e al suo allegato V (sentenze della Corte pronunciate sino al 31 dicembre 2000 e non ancora eseguite).

Al momento, la Commissione non dispone di statistiche sui tempi necessari agli Stati membri per rendersi conformi dopo una sentenza della Corte di giustizia. Questo lavoro è stato intrapreso nell’ambito della preparazione della 19a relazione annuale sul controllo dell’applicazione del diritto comunitario (2001). I risultati saranno riportati nella suddetta relazione che la Commissione intende trasmettere al Parlamento nel corso del secondo trimestre 2002.

 
 

(1)1 COM(2001)309 def. del 16 luglio 2001, disponibile sul sito Europa http://europa.eu.int/eur-lex/fr/com/rpt/2001/com2001_0309fr01.html.

 

Interrogazione n. 70 dell'on. Christos Folias (H-0004/02)
 Oggetto: Distruzioni nell'agricoltura greca
 

Dimensioni di vera e propria calamità nazionale hanno assunto i danni arrecati all'economia agricola in Grecia dalle pessime condizioni meteorologiche degli ultimi giorni. Le stime effettuate dal governo ellenico parlano di oltre 150 milioni di euro di danni, per cui i fondi della protezione civile greca non sono sufficienti, mentre le riserve delle assicurazioni agricole greche risultano irrisorie.

Stante la surriferita entità dei danni, intende la Commissione venire in aiuto degli agricoltori greci erogando sussidi straordinari? Esiste analogo precedente di sussidi straordinari corrisposti a agricoltori di altri Stati membri dell'Unione europea?

 
  
 

La Commissione non ha ancora ricevuto alcuna informazione ufficiale dalle autorità greche circa l’impatto delle recenti condizioni meteorologiche avverse sull’agricoltura e l’economia rurale. Le autorità greche stanno attualmente stimando l’entità dei danni nelle aree e nei settori interessati. I corrispondenti servizi della Commissione valuteranno la questione nel momento in cui la Grecia avrà ufficialmente sottoposto detti dati e informazioni quantitativi e qualitativi.

La Commissione vorrebbe segnalare all’onorevole parlamentare che, secondo l’attuale quadro giuridico e normativo, eventuali stanziamenti della Comunità che potrebbero essere necessari per superare questi specifici problemi dell’economia rurale greca possono essere prelevati dalle dotazioni complessive del terzo quadro comunitario di sostegno per la Grecia (2000-2006), riserva di programmazione compresa. La compensazione finanziaria per la popolazione rurale colpita può solo coprire la ricostituzione del potenziale produttivo perso. Non possono essere erogati altri fondi comunitari speciali o compensazioni comunitarie. A livello di Unione, vi sono numerosi precedenti di casi analoghi.

 

Interrogazione n. 71 dell'on. Jonas Sjöstedt (H-0009/02)
 Oggetto: Aiuti regionali a fabbricanti di pneumatici
 

Il fabbricante tedesco di pneumatici, Continental, ha di recente deciso di chiudere lo stabilimento di Gislaved nella Svezia meridionale. Oltre che minacciare direttamente centinaia di addetti la chiusura della fabbrica colpirebbe duramente l’intera cittadinanza di Gislaved. Stando a quanto riferito dal giornale svedese, Dagens Arbete, la produzione sarebbe trasferita nello stabilimento di Lousado in Portogallo dove la Continental sta effettuando nuovi investimenti in ordine ai quali, stando sempre a quanto riferito, avrebbe ricevuto la promessa di aiuti da parte dell’UE. Considerato che, venendo a mancare gli aiuti agli investimenti in Portogallo risulterebbe più conveniente mantenere la produzione nella fabbrica di Gislaved, potrebbe la Commissione far conoscere l’entità e il tipo di sussidi dell’UE che sono stati promessi allo stabilimento della Continental in Lousade?

Sarebbero detti aiuti revocati qualora risultassero gravi distorsioni della concorrenza sul mercato interno dell’UE?

 
 

Interrogazione n. 72 dell'on. Per Gahrton (H-0031/02)
 Oggetto: Sussidi comunitari a Gislaved
 

La chiusura dell’impianto di produzione di pneumatici a Gislaved, Svezia, la cui attività era caratterizzata da efficienza, redditività e rispetto dell’ambiente, ha sollevato aspre critiche. Secondo informazioni riportate dal periodico svedese Dagens Arbete, la concessione di sussidi comunitari ha costituito un fattore determinante per la decisione presa dall’azienda proprietaria, la tedesca Continental, di trasferire la produzione a Lousado, in Portogallo, malgrado stime effettuate indicassero che senza gli aiuti comunitari sarebbe risultato più vantaggioso ampliare l’attività a Gislaved. Né l’assessore municipale né il ministro svedese competenti sostengono di essere al corrente delle implicazioni del sostegno comunitario in tale ambito.

Può la Commissione riferire quali sussidi comunitari sono stati concessi in tale contesto?

 
 

Interrogazione n. 73 dell'on. Olle Schmidt (H-0040/02)
 Oggetto: Aiuti regionali dell'UE e politica di concorrenza
 

Da informazioni divulgate dai media, nel 2001 l’azienda tedesca produttrice di pneumatici Continental ha ricevuto in totale 184 milioni di corone svedesi a titolo dei fondi strutturali dell’UE per investimenti in Portogallo. Successivamente l’azienda ha chiuso la sua fabbrica a Gislaved, in Svezia, nonostante i più bassi costi di un investimento in quest’ultima sede se non vi fosse stato alcun sussidio.

Con la chiusura dello stabilimento di Gislaved sparisce il più grande posto di lavoro privato di quella parte di regione, con una perdita di 800 posti di lavoro in un bacino di 10 000 abitanti.

Ritiene la Commissione che quanto sopra descritto sia conforme agli obiettivi della politica comunitaria in materia di aiuti regionali e di concorrenza? In caso contrario, come intende agire la Commissione per evitare il ripetersi di situazioni analoghe in futuro?

 
  
 

L’azienda Continental Mabor ubicata a Lousado, in Portogallo, ha beneficiato di cofinanziamenti comunitari per un importo di 3 milioni di € nell’ambito del quadro comunitario di sostegno per il periodo di programmazione 1994-1999.

Per quel che riguarda il periodo 2000-2006, conformemente all’articolo 26 del regolamento generale sui Fondi strutturali(1), gli Stati membri devono preliminarmente informare la Commissione in merito a qualsiasi aiuto superiore a 50 milioni di € concesso ad aziende per investimenti cofinanziati nell’ambito dei Fondi strutturali, trasmettendo tutti gli elementi necessari per valutare il rispetto delle norme vigenti in materia di concorrenza. La Commissione può confermare la percentuale di aiuto proposta o decidere che il progetto non giustifica, parzialmente o interamente, la partecipazione dei suddetti fondi.

Per gli aiuti inferiori a 50 milioni di €, ogni singola decisione presa dalle autorità portoghesi deve essere comunicata alla Commissione che deve dichiararla conforme al Trattato.

Ad oggi, la Commissione non ha ricevuto alcuna comunicazione riguardante aiuti previsti per un investimento effettuato dalla succitata impresa nell’ambito del periodo di programmazione in corso. Essa ha chiesto alle autorità portoghesi ulteriori informazioni in merito.

Le decisioni che riguardano il luogo di stabilimento di un’azienda rientrano tra le responsabilità della sua direzione. Siffatte decisioni possono essere influenzate da numerosi fattori e, dunque, non solo dalla possibilità di disporre di sostegni finanziari di origine pubblica per la realizzazione di nuovi investimenti. In tutti i casi, qualsiasi sostegno pubblico di questa natura, che sia nazionale o comunitario, deve rispettare la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

Per quel che concerne i Fondi strutturali, le norme in vigore prevedono due misure per limitare gli effetti delle delocalizzazioni. In primo luogo, la Commissione ha previsto, negli orientamenti per gli aiuti di Stato a finalità regionale 2, disposizioni che obbligano i beneficiari degli aiuti strutturali a mantenere in essere, per un periodo di cinque anni, qualsiasi investimento o posto di lavoro così creato. In secondo luogo, e nello stesso spirito, la regolamentazione sui Fondi strutturali prevede che la partecipazione dei Fondi ad attività produttive resti possibile a patto che l’ubicazione di tali attività non cambi entro i cinque anni successivi alla decisione di partecipazione.(2) 3

 
 

(1) Regolamento (CE) 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante disposizioni generali sui Fondi strutturali.
(2)3 Articolo 30, paragrafo 4 (b), del regolamento (CE) 1260/99 del Consiglio.

 

Interrogazione n. 74 dell'on. Catherine Stihler (H-0014/02)
 Oggetto: Consumo di bevande alcoliche da parte di bambini e adolescenti
 

Nella sua raccomandazione del 5 giugno 2001(1) sul consumo di bevande alcoliche da parte di bambini e adolescenti, il Consiglio raccomandava di "promuovere l'ulteriore ricerca a livello comunitario sui comportamenti e sulle motivazioni dei giovani, in particolare bambini e adolescenti, per quanto riguarda il consumo di bevande alcoliche e sorvegliare gli sviluppi in corso". Esso rilevava altresì che "in alcuni Stati Membri esistono riscontri statistici di mutamenti delle abitudini riguardo al bere tra gli adolescenti che suscitano particolare preoccupazione, segnatamente: diffusione dell'assunzione di alcool in occasione di feste e forte consumo di alcool tra minorenni".

Per la Commissione riferire se negli Stati Membri si stanno effettuando studi circa l'impatto del nuovo tipo di bevande aromatizzate alla frutta con contenuto alcolico che molti giovani considerano come un modo per ubriacarsi senza spendere tanti soldi?

 
  
 

La Commissione non è al corrente di studi circa l’impatto delle "bevande leggermente alcoliche della nuova generazione" sulla salute di bambini e adolescenti.

Sebbene attualmente non siano in corso studi su tale aspetto, la raccomandazione del Consiglio del 5 giugno 2001 invita a condurre ulteriori ricerche sugli atteggiamenti e le motivazioni dei giovani in relazione al consumo di alcol. Il programma comunitario per la promozione della salute ha in particolare supportato una serie di progetti che trattano questo argomento generale.

Nell’ambito del programma di azione comunitaria sul monitoraggio della salute, sono state intraprese azioni per migliorare la raccolta di dati sugli indicatori della salute come la mortalità e la morbilità associate all’alcol e sui determinanti della salute come il consumo di alcol. Inoltre, uno dei tre capitoli principali di intervento citati nella proposta per un futuro programma comunitario in materia di sanità pubblica riguarda il miglioramento delle informazioni e delle conoscenze sulla salute, ivi compresi temi quali i problemi di sanità pubblica associati all’alcol.

 
 

(1) GU L 161 del 16.6.2001, pag. 38

 

Interrogazione n. 75 dell'on. Gerard Collins (H-0019/02)
 Oggetto: Centro di ricerca in materia di politica europea dei trasporti
 

Il Libro bianco della Commissione sui trasporti mette in luce la necessità di una politica di ricerca sui trasporti in Europa e, al fine di prevenire la congestione del traffico che secondo la Commissione minaccia il collasso dei centri e la paralisi delle periferie, propone di mettere a disposizione fondi (circa 30 milioni di euro) per un nuovo programma, denominato "Marco Polo", volto a promuovere l'intermodalità tra i diversi modi di trasporto. Tenendo conto della complessità delle questioni che vanno affrontate nel settore dei trasporti in tutta Europa, comprese le zone periferiche, e riconoscendo l'importanza della politica di ricerca per il trasporto in Europa, concorda la Commissione sul fatto che sarebbe opportuno portare avanti questo approccio e istituire un Centro di ricerca in materia di politica europea dei trasporti?

 
  
 

Il Libro bianco sulla politica europea dei trasporti per il 2010 propone una serie di misure legislative per ridurre la congestione, riequilibrare le modalità di trasporto e migliorare la sicurezza e la qualità dei trasporti. Tra le misure che potrebbero fornire una risposta concreta alle difficoltà di accesso delle regioni periferiche, la Commissione ha proposto, il 4 febbraio 2002, un nuovo regolamento che istituisce un programma dal 2003 al 2006 («Marco Polo»), dotato di 115 milioni di € e avente come obiettivo la promozione di nuovi servizi volti a sostituire il trasporto di merci su gomma con il trasporto marittimo o ferroviario. Tale programma completerà gli aiuti comunitari alla costruzione delle infrastrutture della rete di trasporti transeuropea nell’ambito del bilancio riservato alle reti transeuropee, del Fondo di coesione o del Fondo europeo di sviluppo regionale.

La Commissione riconosce l’importanza della ricerca per lo sviluppo e l’attuazione della politica dei trasporti. Il sesto programma quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione per il periodo 2000-2006, e soprattutto il nuovo programma specifico riguardante «integrazione e sviluppo dello spazio europeo della ricerca», in fase di adozione da parte del Parlamento e del Consiglio, conferiscono peraltro un posto importante ai trasporti, e segnatamente alla loro sicurezza, all’interoperatività e allo sviluppo della politica comune dei trasporti. Tale programma ricorrerà a nuove modalità di sostegno dei progetti e delle reti di eccellenza e consentirà di sostenere iniziative tese a mettere in rete la ricerca sulla politica europea dei trasporti, permettendo anche al Centro comune di ricerca di parteciparvi. Attività di diffusione dei risultati della ricerca sui trasporti sono d’altronde condotte direttamente dalla Commissione. Si pensi, ad esempio, alla conferenza organizzata a Barcellona nell’ottobre 2001 sul tema specifico della sicurezza. Vista situazione, in questa fase la Commissione non ritiene opportuno promuovere l’iniziativa di creare un Centro europeo di ricerca sulla politica dei trasporti.

 

Interrogazione n. 76 dell'on. Pat the Cope Gallagher (H-0021/02)
 Oggetto: Politica comune della pesca e sostenibilità delle comunità di pesca
 

Il Libro verde sulla politica comune della pesca ha posto l'accento soprattutto sulla sostenibilità delle risorse ittiche. Tuttavia, in che modo risponde la Commissione alle critiche secondo cui il Libro verde non tiene adeguatamente conto dell'aspetto essenziale della sostenibilità delle comunità di pesca, costituito dal fatto che l'industria ittica fornisce posti di lavoro che sostengono le strutture sociali delle zone meno favorite e che, aiutando il settore della pesca, contribuisce alla sussistenza delle popolazioni, delle famiglie e dell'economia locali; può comunicare inoltre a tale riguardo quali misure addizionali intende portare avanti per sostenere le comunità costiere in tutta l'UE?

 
  
 

Vigilare affinché vengano assicurate condizioni di vita soddisfacenti ed eque alle persone che vivono di pesca nelle regioni dipendenti dalla pesca, nonché alle loro famiglie, è un obiettivo prioritario della politica comune della pesca. Benché tale priorità sia espressamente indicata nel Libro verde, è vero che l’accento viene posto in primo luogo sulla necessità di risolvere rapidamente il grave problema posto dall’esaurimento delle risorse alieutiche.

Una politica responsabile in materia di pesca implica che siano presi in considerazione tutti i parametri che determinano la sostenibilità o su di essa incidono. Orbene, le informazioni più recenti del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM) dimostrano che, per assicurare un’attività di pesca sostenibile, il tasso di mortalità dei principali stock alieutici comunitari deve essere ridotto, a seconda del tipo di pesca e del settore interessato, dal 30 al 50 per cento. La Commissione, nelle sue proposte di gestione della pesca e della flotta relative alla nuova politica comune della pesca, dovrà tener conto di tale situazione, altrimenti sarà la stessa sopravvivenza del settore ad essere messa a repentaglio.

Nel contempo, la Commissione proporrà misure che consentiranno di preservare al meglio le attività di pesca nelle zone costiere fortemente dipendenti da tale attività. Tra l’altro, potrebbe trattarsi di riservare alla pesca tradizionale un accesso preferenziale alle acque e alle risorse nelle fasce dalle 6 alle 12 miglia.

La Commissione, inoltre, esaminerà con le parti sociali le esigenze specifiche delle regioni in cui le popolazioni locali dipendono particolarmente dalla pesca e dal suo indotto, proponendo, ove necessario, misure sociali complementari.

Il Parlamento verrà tenuto al corrente dell’evoluzione della questione.

 

Interrogazione n. 77 dell'on. Liam Hyland (H-0027/02)
 Oggetto: Revisione intermedia della PAC
 

La Commissione può assicurare che, in occasione della revisione intermedia della PAC che svolgerà nel 2002, rivolgerà particolare attenzione alle esigenze della politica rurale, al mantenimento delle aziende agricole familiari, alla promozione dell’accesso all’agricoltura dei giovani agricoltori e a una valutazione delle future esigenze del settore delle carni ovine, incluso il mercato della lana?

 
  
 

Negli anni a venire, la politica agricola comune (PAC) dovrà affrontare una serie di sfide. La revisione a medio termine offre l’opportunità di valutare se sia il caso di allineare maggiormente gli strumenti della PAC alle aspettative di cittadini e consumatori.

La Commissione sta ultimando l’analisi necessaria in tal senso e, al momento, non è possibile anticipare i risultati di tale lavoro. Tuttavia, essa può assicurare all’onorevole parlamentare che presterà particolare attenzione alle necessità della politica rurale, alla conservazione delle aziende a conduzione familiare e all’accesso alla professione di giovani agricoltori. In tal senso, la politica comunitaria deve promuovere un’agricoltura che sia ambientalmente solida, economicamente sostenibile e socialmente accettabile.

Quanto al settore della carne ovina, gli allevatori comunitari di ovini si troveranno in condizioni migliori grazie alla riforma recentemente concordata. Il nuovo regime è più semplice e concede agli Stati membri maggiore flessibilità nel rispondere alle esigenze locali. Esso garantirà agli allevatori di ovini la possibilità di continuare a svolgere il loro ruolo essenziale per l’Europa rurale.

 

Interrogazione n. 78 dell'on. Ole Krarup (H-0039/02)
 Oggetto: Integrità dei membri della Convenzione
 

Dopo che il governo danese ha designato l’ex vicepresidente della Commissione, Henning Christophersen, quale membro della Convenzione costituzionale, risulta opportuno sollevare la questione generale dell’idoneità dei membri della Convenzione. Il problema è motivato dal fatto che il rappresentante danese ha notevoli interessi commerciali nel quadro dei lavori della Convenzione, dal momento che, fin dalla sua partenza dalla Commissione, ha praticato attività lobbystiche su vasta scala nei confronti dei decisori dell’EU. Egli è tra l’altro socio della KREAB la cui attività consiste nell’intermediazione commerciale del know-how dell’UE e attualmente svolge le funzioni di consulente dei governi dell’Europa dell’Est nel quadro dei negoziati sull’adesione.

I membri della Convenzione costituzionale dell’UE non devono forse soddisfare i normali criteri d’idoneità volti a impedire che interessi estranei alla causa – ad esempio notevoli interessi commerciali - influiscano sui lavori della Convenzione? Si adopererà la Commissione affinché tutte le attività commerciali dei membri vengano rese di pubblico dominio?

 
  
 

Non tocca alla Commissione definire le qualità di cui dovrebbero disporre i membri della Convenzione né esprimere un giudizio sulla scelta delle persone designate per rappresentare i Capi di stato e di governo, i parlamenti nazionali, il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni, il Comitato economico e sociale o le parti sociali europee. Non spetterebbe dunque alla Commissione, ma eventualmente alla stessa Convenzione, adottare le misure suggerite dall’onorevole parlamentare. Per quel che riguarda i membri della Convenzione che rappresentano la Commissione, va rammentato che essi hanno rilasciato una dichiarazione sui loro interessi finanziari nel momento in cui sono stati investiti dell’incarico, dichiarazione che è accessibile al pubblico.

 

Interrogazione n. 79 dell'on. Marialiese Flemming (H-0048/02)
 Oggetto: Protezione degli animali nella Costituzione europea
 

Intende la Commissione provvedere immediatamente affinché la protezione degli animali abbia un riscontro nella Costituzione europea?

 
  
 

Il protocollo (n. 33) del Trattato che istituisce la Comunità europea sulla protezione e il benessere degli animali, divenuto legge comunitaria con il Trattato di Amsterdam, ha già introdotto nel diritto comunitario primario il principio della protezione del benessere degli animali nei settori principalmente interessati, vale a dire agricoltura, trasporti, mercato interno e ricerca.

I principi enunciati nel protocollo sono parte dell’acquis comunitario e ovviamente dovranno essere mantenuti o eventualmente perfezionati alla luce di possibili raccomandazioni od alternative sul futuro dell’Unione europea che dovessero emergere dalla Convenzione istituita a seguito dell’accordo raggiunto in occasione del Consiglio europeo di Laeken nel dicembre 2001.

La Commissione avrà due rappresentanti alla Convenzione che, attraverso il suo presidio, saranno anche in grado di consultare i funzionari della Commissione.

Poiché la Convenzione è solo in procinto di avviare il suo lavoro, ed è probabile che inizialmente si occupi di questioni di base di natura fondamentale, per il momento non si è ravvisata la necessità dell’adozione, da parte della Commissione, di una posizione sull’argomento sollevato dalla onorevole parlamentare. La Commissione sarebbe ovviamente pronta a valutare la sua posizione se la questione fosse posta come tema specifico nel quadro delle delibere della Convenzione.

Una decisione sulla revisione dei Trattati che porti alla possibile adozione di una Costituzione europea verrà presa dalla Conferenza intergovernativa nel 2004.

 

Interrogazione n. 80 dell'on. Ioannis Patakis (H-0050/02)
 Oggetto: Perdite catastrofiche subite dall'economia agricola greca
 

Le condizioni meteorologiche eccezionalmente ostili registrate in Grecia in quest'ultimo periodo hanno avuto conseguenze catastrofiche per la produzione agricola, a livello sia delle colture che degli allevamenti, nonché a livello delle strutture agricole fisse (serre, stalle, ecc.). Molte migliaia di aziende, piccole e medie, sono così sull'orlo del fallimento, analogamente ai correspondenti organismi assicuratori. Il fallimento potrebbe essere evitato se al risarcimento di questi danni senza precedenti contribuisse in modo determinante il bilancio comunitario, in quell'ottica di solidarietà e comprensione che deve prevalere in circostanze come questa, e che è d'altro canto prevalsa recentemente nel caso dei paesi colpiti dall'ESB.

Quali misure intende prendere la Commissione affinché il bilancio comunitario possa contribuire al risarcimento degli agricoltori greci vittime delle condizioni meteorologiche avverse?

 
  
 

La Commissione non ha ancora ricevuto alcuna informazione ufficiale dalle autorità greche circa l’impatto delle recenti condizioni meteorologiche avverse sull’economia rurale greca. Le autorità greche stanno attualmente stimando l’entità dei danni per la popolazione rurale colpita. La Commissione prenderà in esame la questione nel momento in cui la Grecia avrà fornito ufficialmente i suddetti dati e informazioni quantitativi e qualitativi.

Secondo l’attuale quadro normativo, il contributo del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) dovrebbe essere indicato nell’ambito dello stanziamento complessivo assegnato per l’intervento dei Fondi strutturali alla Grecia nel periodo di programmazione 2000-2006. L’attuale “programma operativo nazionale – sviluppo rurale (2000-2006)” per la Grecia, che prevede uno stanziamento totale di 1.233,42 milioni di €, copre anche il capitolo delle catastrofi naturali e delle emergenze con un credito di 14 milioni di €. Poiché è abbastanza chiaro che tale importo non è sufficiente, le autorità greche hanno la facoltà di presentare una richiesta per una ridefinizione delle priorità della programmazione e dei corrispondenti stanziamenti. Se tale richiesta dovesse essere presentata, la Commissione si impegna a rispondervi nel più breve tempo possibile.

Inoltre, le autorità greche possono prendere in esame la possibilità di utilizzare la riserva di programmazione del terzo quadro comunitario di sostegno (2000-20003) per la Grecia.

Va sottolineato che l’intervento del FEAOG si limiterà alla ricostituzione del potenziale produttivo e non potrà coprire le perdite di reddito. Se dovessero essere necessari aiuti per compensare le perdite di reddito, il corrispondente regime nazionale di aiuti dovrà essere comunicato alla Commissione per approvazione.

 

Interrogazione n. 81 dell'on. Konstantinos Hatzidakis (H-0051/02)
 Oggetto: Andamento dei lavori di costruzione della Via Egnatia in Grecia
 

Può dire la Commissione qual è lo stato di avanzamento dei lavori di costruzione della Via Egnatia (calendario inizialmente fissato per il completamento dell'opera e calendario attuale, dotazione finanziaria iniziale e attuale) e se è soddisfatta dell'andamento del progetto?

 
  
 

Durante il periodo 1994-99, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo di coesione hanno contribuito con 760 milioni di € alla costruzione dell’autostrada EGNATIA su una spesa pubblica complessiva ammissibile di 1170 milioni di €.

Per il periodo 2000-2006, il programma operativo "assi stradali" dispone che il FESR e il Fondo di coesione cofinanzino la costruzione della Via EGNATIA in una misura pari a 1070 milioni di € rispetto ad una spesa pubblica complessiva ammissibile di 2070 milioni di €. Inoltre, il programma indicativo pluriennale 2001-2006 per lo sviluppo delle reti di trasporto transeuropee prevede 30 milioni di € per studi tecnici.

Sino ad ora, sono stati costruiti circa 280 km dell’autostrada Egnatia, 328 km sono in fase di costruzione e la parte restante dell’autostrada, per una lunghezza complessiva di 680 km, è in fase di progettazione.

Quanto alle stime di bilancio e ai tempi di realizzazione del progetto, sono aspetti che rientrano tra le competenze e le responsabilità dello Stato membro interessato.

 

Interrogazione n. 82 dell'on. Hans-Peter Martin (H-0057/02)
 Oggetto: Sostituzione di Direttori generali da parte del Presidente della Commissione europea
 

Secondo quanto affermato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung del 21 gennaio 2002 e da successivi articoli di stampa, dieci Direttori generali della Commissione europea e i loro vice dovrebbero essere rimossi dall’incarico e assegnati a nuove funzioni.

Può la Commissione indicare per quale motivo si deve procedere a tali sostituzioni proprio ora, in un anno che sarà caratterizzato da attività cruciali (l’allargamento dell’Unione europea, la Convenzione per la Carta costituzionale europea, ecc.), e in che modo intende garantire che i posti che si renderanno vacanti verranno occupati da persone qualificate e in possesso di un’adeguata esperienza professionale?

Come risponde all’opinione ampiamente diffusa, secondo la quale queste sostituzioni rappresentano una nuova manifestazione della debolezza della leadership del Presidente della Commissione?

Quali oneri finanziari supplementari, inclusi gli accordi sulle pensioni, ricadranno sul contribuente europeo in seguito a questi trasferimenti e in che modo s’intende finanziarli?

 
  
 

Nel settembre 1999 e nel dicembre 2000, la Commissione ha enunciato i principi e i dettagli della politica adottata in merito alla nomina e alla valutazione degli alti funzionari dell’Istituzione. Tutti i corrispondenti documenti e le relative decisioni sono stati pubblicati e messi a disposizione del Parlamento. Le politiche introdotte nell’ambito della strategia generale per la riforma e l’ammodernamento della Commissione specificavano, tra l’altro, che i funzionari A1 e A2 sarebbero stati soggetti a mobilità dopo 5 anni e, in tutti i casi, non avrebbero ricoperto lo stesso incarico per più di 7 anni.

Coerentemente con tali decisioni politiche, il 23 gennaio 2002, la Commissione ha annunciato le modalità di applicazione, nei prossimi mesi, della sua politica riguardante le nomine degli alti funzionari.

Sin dall’inizio del mandato della Commissione Prodi, vale a dire dall’autunno 1999, la maggior parte dei funzionari più alti della Commissione ha già cambiato incarico nell’ambito della politica definita dalla Commissione. La decisione del 23 gennaio interessa i restanti 15 direttori generali e vicedirettori generali, che saranno soggetti a mobilità entro la fine del 2002.

Tutti gli avvicendamenti di personale si baseranno sui principi enunciati nel 1999, ossia il merito come principale fattore che deve presiedere alle nomine e la necessità di profondere il massimo impegno per rispettare l’esigenza di equilibrio tra le nazionalità e pari rappresentanza di uomini e donne per il maggior numero possibile di alti incarichi all’interno della Commissione.

La Commissione è certa che la mobilità attuata alle scadenze indicate consentirà di assicurare una buona gestione e garantirà sempre che gli incarichi più alti siano ricoperti dai migliori candidati.

La Commissione ha segnalato quali posti saranno interessati nell’esercizio in corso. Entro maggio 2002, essa individuerà e valuterà tutte le potenziali sostituzioni tra i funzionari direttamente interessati e, ove del caso, renderà noti gli incarichi vacanti al fine di ricevere il maggior numero di candidature possibile da persone qualificate. I candidati esterni ed interni verranno poi valutati con il supporto di consulenti specializzati esterni.

La Commissione ha deciso di procedere a tutti avvicendamenti richiesti dalla mobilità a metà del 2002 perché ciò offre maggiori possibilità di riassegnazione sia ai Commissari sia ai funzionari e perché tale soluzione garantisce maggiore efficienza e meno inconvenienti rispetto all’unica soluzione alternativa, vale a dire una serie di avvicendamenti eseguiti ad intervalli di poche settimane in un arco di tempo più ampio. Inoltre, la decisione è conforme ai tempi annunciati nel 1999 che prevedevano l’avvicendamento di vari funzionari A1 e A2 all’inizio del mandato della Commissione e, successivamente, l’avvicendamento di altri a metà mandato (ossia a metà 2002).

L’onorevole parlamentare certo ricorderà le richieste chiarissime di radicale ammodernamento e riforma della Commissione formulate con fermezza dal Parlamento e dal Consiglio nel 1999. La Commissione Prodi ha sempre agito in modo ponderato ed energico su tale base, e le decisioni del 23 gennaio sono solo l’ultima dimostrazione di tale risolutezza e riflessività.

La Commissione non è ancora in grado di quantificare i costi di potenziali misure di prepensionamento derivanti dagli attuali meccanismi di mobilità tra direttori generali e vicedirettori generali, poiché in questa fase non è possibile prevedere quante misure del genere verranno applicate. Inoltre, i costi delle procedure di cui all’articolo 50 variano considerevolmente e dipendono dall’età del funzionario, dalla sua anzianità di servizio e dal suo luogo di residenza al momento del pensionamento. Ulteriori informazioni saranno disponibili una volta completati gli avvicendamenti concordati, verso la fine di quest’anno.

Come l’onorevole parlamentare certamente saprà, la Commissione è continuamente impegnata in compiti ardui, eppure di importanza fondamentale, come la formulazione iniziale e lo sviluppo di politiche, l’applicazione dei Trattati e la gestione delle risorse dell’Unione, compiti che essa deve espletare ogni anno. Tali obblighi della Commissione ovviamente significano che la pur indispensabile attuazione della mobilità non può mai essere accompagnata da un periodo di tranquillità. Realisticamente parlando, non è dunque possibile aspettare un momento ragionevolmente calmo per l’avvicendamento della direzione né si può ipotizzare una sospensione di eventi e politiche durante l’avvicendamento delle cariche più alte.

Lungi dal dimostrare una “debolezza della leadership”, l’attuale avvicendamento offre invece la dimostrazione pratica dell’impegno risoluto e deliberato assunto dal Presidente della Commissione e dal Collegio di portare a compimento la missione di ammodernamento conferita loro dal Consiglio e dal Parlamento, e di farlo in modo coerente e rigoroso.

 

Interrogazione n. 83 dell'on. Inger Schörling (H-0059/02)
 Oggetto: Protezione degli animali
 

Benché nella UE viga tutta una serie di normative volte a salvaguardare il benessere degli animali impiegati in agricoltura, accade spesso che le norme in questione non vengano rispettate e che le bestie subiscano maltrattamenti. Finché si consentira che questo stato di cose vada avanti, il fatto di trascurare il benessere degli animali potrà procurare vantaggi concorrenziali. Un modo di porvi rimedio potrebbe essere che la Commissione deferisca alla Corte di giustizia delle CE i paesi che non garantiscono il rispetto delle norme vigenti. Detto questo, può la Commissione far sapere se ha già previsto misure atte a garantire il rispetto delle norme di cui trattasi? Ha in mente altre idee su come risolvere il problema della scarsa cura degli animali?

 
  
 

La Commissione concorda sul fatto che i problemi derivanti da un’inadeguata applicazione della normativa comunitaria riguardante gli animali da allevamento, e soprattutto il loro trasporto e la loro macellazione, sono diffusi in tutta la Comunità.

La Commissione è disposta ad avviare procedure di infrazione a norma dell’articolo 226 del Trattato CE nei casi appropriati di mancata osservanza, da parte degli Stati membri, degli obblighi che discendono loro dalla normativa comunitaria vigente in materia, e l’ha già fatto in diverse occasioni.

Tuttavia, il ricorso sistematico alle procedure di infrazione non è necessariamente il modo migliore per procedere, considerati i notevoli ritardi che ciò comporta e visto che la dimostrazione delle singole inadempienze non è necessariamente concludente in riferimento alla situazione generale esistente in uno Stato membro. Di conseguenza, una violazione può risultare difficile da dimostrare dinanzi alla Corte, soprattutto quando uno Stato membro afferma di aver intrapreso azioni per ovviare alla situazione.

Inoltre, per quel che concerne la direttiva 91/628/CEE come emendata dalla direttiva 95/29/CE riguardante la protezione degli animali trasportati, il testo stesso ha creato gravi problemi di interpretazione che hanno generato difficoltà di applicazione.

La Commissione intende presentare una proposta per una legislazione rivista in materia nel corso di quest’anno, proposta che, tra l’altro, sarà formulata in modo da evitare, per quanto possibile, i problemi che si sono riscontrati con l’attuale direttiva.

Va anche ricordato che, quando la relazione sulla missione condotta dall’Ufficio alimentare e veterinario della Commissione risulta negativa, allo Stato membro interessato vengono trasmesse raccomandazioni e viene avviata una procedura di verifica allo scopo di sincerarsi del rispetto degli obblighi da parte dello Stato membro in questione. Tale procedura può permettere di risolvere i problemi senza dover ricorrere ad una procedura di infrazione.

 
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