Torna al portale Europarl

Choisissez la langue de votre document :

 Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 4 settembre 2003 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO
Interrogazione n. 8 dell'on. Esko Olavi Seppänen (H-0447/03)
 Oggetto: La base giuridica della direttiva sulla sicurezza nucleare
 

Nella proposta di direttiva della Commissione al Consiglio (EURATOM) sulla sicurezza nucleare CNS/2003/0021, si propone l’armonizzazione della gestione dei fondi per lo smantellamento delle centrali nucleari. Il Consiglio ritiene che la Commissione disponga della corretta base giuridica per avanzare tale proposta?

 
  
 

Il Consiglio informa l'Onorevole Parlamentare che la questione della base giuridica è tuttora allo studio in seno al proprio competente Gruppo di lavoro. Pertanto il Consiglio non è, in questa fase, in grado di anticipare i risultati delle discussioni.

 

Interrogazione n. 9 dell'on. Lennart Sacrédeus (H-0450/03)
 Oggetto: Patto di stabilità contestuale all'UME e impegno attivo contro la bassa congiuntura
 

La Presidenza italiana ha riconosciuto, per bocca del primo ministro Silvio Berlusconi il quale ha preso la parola dinanzi al Parlamento europeo il 2 luglio 2003, che gli Stati membri della zona euro non disponevano di strumenti finanziari e monetari per lottare contro la bassa congiuntura e che pertanto risultava necessario un “impegno europeo” e un’attiva politica finanziaria europea unitamente a interventi della Banca europea per gli investimenti. La nuova Presidenza del Consiglio ha altresì sollecitato una mitigazione del patto di crescita e stabilità dell’UME contestuale all’euro.

Come valuta il Consiglio la proposta avanzata in giugno/luglio 2003 dalla ministra francese della difesa, Michèle Alliot-Marie, parzialmente sostenuta dal suo omologo tedesco, Peter Struck, di non considerare come spese bensì come investimenti le risorse destinate alla difesa senza perciò intaccare l’equilibrio di bilancio? Come valuta altresì il Consiglio l’iniziativa del ministro italiano per gli Affari europei, Rocco Buttiglione, di considerare alla stessa stregua gli stanziamenti destinati alla ricerca? Quale attivo “impegno europeo” si intende promuovere per combattere la bassa congiuntura?

 
  
 

Il patto di stabilità e crescita prevede la valutazione delle posizioni di bilancio delle amministrazioni pubbliche degli Stati membri, quali descritte nei conti nazionali. Le disposizioni particolareggiate per l'elaborazione dei conti nazionali, inclusa la nozione di "amministrazione pubblica", sono stabilite nel regolamento n. 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (comunemente indicato come SEC 95).

Le cifre stabilite per le posizioni di bilancio delle "amministrazioni pubbliche" includono sia le spese per la difesa che quelle per la ricerca, per cui queste sono prese in considerazione nella valutazione delle posizioni nazionali di bilancio nel quadro del patto di stabilità e crescita. Il Consiglio non ha discusso alcuna proposta intesa a modificare le definizioni del SEC 95 ai fini della sorveglianza nel quadro del patto di stabilità e crescita.

Per quanto riguarda il contenuto dei programmi di spesa pubblica, il Consiglio ha sempre rilevato l'importanza di tenere conto della qualità di tale spesa al momento della valutazione dei programmi annuali di stabilità e convergenza degli Stati membri nel quadro del patto di stabilità e crescita. Ciò è rispecchiato nella relazione del Consiglio ECOFIN per il Consiglio europeo della primavera 2003 sul rafforzamento del coordinamento delle politiche di bilancio, approvata dal Consiglio europeo ed espressione del più recente dibattito tenuto dal Consiglio ECOFIN nel quadro del coordinamento delle politiche di bilancio. In tale relazione il Consiglio ECOFIN ha inequivocabilmente concluso che "non vi è necessità di modificare né il trattato né il patto di stabilità e crescita, né di introdurre nuovi obiettivi o norme in materia di bilancio". La relazione rileva tuttavia che "nell’ambito dei vincoli generali del Patto di stabilità e crescita, maggiore attenzione dovrebbe essere destinata alla qualità delle finanze pubbliche, nella prospettiva di accrescere il potenziale di crescita delle economie UE in conformità dell’agenda di Lisbona". Pertanto la qualità delle finanze pubbliche e il loro contributo all'incremento del potenziale di crescita saranno valutate nel quadro del patto di stabilità e crescita senza alcuna modifica dei parametri del patto stesso.

L'"impegno europeo" che potrebbe essere previsto per promuovere la crescita è stato esposto sia dalla Presidenza italiana nella sua "Azione europea per la crescita" che dalla Commissione nella sua

"Iniziativa per la crescita".

Le modalità di un eventuale contributo della BEI sono descritte nel memorandum della stessa per il Consiglio ECOFIN, intitolato "Ruolo della BEI nella promozione della crescita a lungo termine attraverso investimenti nelle RTE e nei principali progetti di R&S". Il 15 luglio il Consiglio ECOFIN ha discusso tutti e tre questi documenti e adottato conclusioni sul sostegno alla crescita economica incaricando il Comitato economico e finanziario di proseguire i lavori in materia. Nelle conclusioni è chiaramente rilevato che la questione dovrebbe essere ulteriormente discussa nel Consiglio ECOFIN e nel Consiglio europeo di ottobre e, successivamente, nel Consiglio ECOFIN di novembre e nel Consiglio europeo di dicembre. Altre formazioni del Consiglio proseguiranno i lavori sui particolari aspetti che le riguardano al fine di strutturare il dibattito in sede di Consiglio europeo.

 

Interrogazione n. 10 dell'on. Carlos Carnero González (H-0453/03)
 Oggetto: Assassinio della cittadina spagnola Ana Isabel Sánchez Torralba in Guinea Equatoriale
 

Secondo le informazioni disponibili al momento della redazione della presente interrogazione, la cittadina spagnola Ana Isabel Sánchez Torralba è stata assassinata ieri in Guinea Equatoriale dai colpi esplosi dai militari di detto Stato contro l’autobus su cui viaggiava nella zona continentale del paese. Ana Isabel si era trasferita in Guinea, insieme ad altre amiche, per collaborare con le suore missionarie scolopie. Si tratta di un atto brutale, che è costato la vita a una giovane spagnola, del quale sembrano essere autori coloro che, in modo premeditato, ingiustificabile e criminale, hanno aperto il fuoco contro un automezzo civile, che aveva appena attraversato un posto di controllo militare. Ci troviamo di fronte a un’azione che dimostra il comportamento di alcune forze dell’ordine, abituate a maltrattare e ad aggredire i cittadini. Quali informazioni pensa ottenere il Consiglio? Come intende protestare? Come intende esigere che sia fatta giustizia di fronte all’omicidio di una cittadina europea? Quali conseguenze avrà questo crimine sulle relazioni tra l’Unione e la dittatura al potere in Guinea Equatoriale?

 
  
 

Il Consiglio non dispone di informazioni riguardo al presunto assassino della cittadina spagnola Ana Isabel Sánchez Torralba in Guinea Equatoriale e non è pertanto in grado di segnalare iniziative specifiche che potrebbero essere intraprese. Ritiene che il problema della violenza e della criminalità debba essere affrontato in termini generali e non esclusivamente in relazione ai cittadini dell'UE.

L'UE è profondamente preoccupata per il deterioramento della situazione politica interna in Guinea Equatoriale per quanto riguarda i diritti dell'uomo e il processo di democratizzazione. Dopo le elezioni dell'anno scorso (del dicembre 2002), l'UE ha espresso preoccupazione per gli sviluppi politici nel paese, in particolare per l'aumento dei casi di violazione dei diritti umani. L'UE ha esortato il governo e l'opposizione politica a tenere un dialogo politico globale sul processo di democratizzazione e sull'introduzione di garanzie per il rispetto dei diritti umani. Continuerà a farlo e in ogni caso a sfruttare ogni contatto con le pertinenti autorità per prevenire e chiarire situazioni drammatiche come quella riferita dall'Onorevole Parlamentare nella sua interrogazione.

 

Interrogazione n. 11 dell'on. Paulo Casaca (H-0455/03)
 Oggetto: Lista delle organizzazioni terroristiche
 

Durante il tempo delle interrogazioni del 4 giugno il Consiglio ha affermato che “le liste delle organizzazioni terroristiche sono stabilite da magistrati indipendenti”(1) il che è una volgare mistificazione della lettera, della forma e della prassi della legislazione del Consiglio.

In luglio, per la prima volta in Europa, un’organizzazione giudiziaria indipendente di uno Stato membro, la Francia, ha avuto occasione di pronunciarsi sulle accuse di terrorismo nei confronti della resistenza iraniana. Non ritiene il Consiglio di mettere in pratica quello che ha affermato essere la realtà?

Ha già esaminato la decisione della giustizia argentina di spiccare vari mandati internazionali di cattura nei confronti di funzionari del regime iraniano per atti di terrorismo commessi a Buenos Aires, Berlino e Parigi che hanno provocato varie decine di vittime?

Che cosa aspetta per sostituire le organizzazioni dell’opposizione iraniana con il regime iraniano nella lista delle organizzazioni terroristiche?

Non ritiene che la sua azione costituisca una flagrante violazione delle norme di uno Stato di diritto che mette a repentaglio la vita e la sicurezza dei cittadini europei e di offendere il Parlamento non dicendo la verità sul terrorismo?

 
  
 

Il Consiglio desidera far presente all'onorevole parlamentare che la decisione presa dal Consiglio il 2 maggio 2002 di includere l'organizzazione Mujahedin-e Khalq nell'elenco di persone e gruppi coinvolti in atti terroristici redatto dall'UE si fonda sull'esame particolareggiato e approfondito delle informazioni disponibili nel pieno rispetto dei criteri stabiliti nell'articolo 1, paragrafo 4 della posizione comune 2001/931/PESC del 27 dicembre 2001. Tali criteri sono stati stabiliti per far sì che tutti i casi ottemperino ai principi e alle procedure dello stato di diritto e rispettino i diritti dell'uomo.

Il Consiglio desidera chiarire ancora una volta che l'inserimento nell'elenco di una persona o gruppo è soggetto a previa decisione di un'autorità competente. L'autorità competente di cui trattasi è l'autorità competente di cui all'articolo 1, paragrafo 4 della posizione comune succitata.

Riguardo all'operazione condotta dalle autorità francesi contro la MEK il 17 giugno 2003, il Consiglio non è a conoscenza di alcuna decisione della giustizia francese che stabilisca se la MEK sia o meno un'organizzazione terroristica.

Riguardo alla decisione della giustizia argentina di spiccare vari mandati internazionali di cattura nei confronti di funzionari del regime iraniano, il Consiglio non ha adottato una posizione in merito.

L'UE sta attualmente negoziando con le autorità iraniane un accordo commerciale e di cooperazione e parallelamente un accordo sul dialogo politico e sulla cooperazione nella lotta al terrorismo. Il Consiglio ha rilevato che tutti i suddetti accordi formano un tutt'uno indissociabile per quanto ne riguarda l'entrata in vigore, l'applicazione e la denuncia.

L'UE altresì sfrutta tutte le riunioni del dialogo politico con l'Iran per fare pressione affinché quest'ultimo compia ulteriori progressi nell'attuazione di riforme democratiche. Al riguardo si è instaurato con l'Iran un dialogo specifico sui diritti dell'uomo; si sono già svolte due riunioni e una terza è prevista a settembre.

L'UE ha sempre chiarito nel suo dialogo con tutti i paesi terzi che la lotta al terrorismo deve essere condotta nel pieno rispetto dei diritti dell'uomo e dello stato di diritto e che non deve mai fungere da pretesto per rafforzare o mantenere le restrizioni imposte alle libertà fondamentali.

 
 

(1) H-0312/03 – risposta orale del 4.6.2003.

 

Interrogazione n. 13 dell'on. Brian Crowley (H-0460/03)
 Oggetto: Assicurare il futuro sviluppo dei paesi occidentali periferici dell'UE
 

Con il completamento del prossimo processo di allargamento, il centro geografico dell’Europa si sposterà ulteriormente verso oriente. In quale modo intende il Consiglio assicurare la continuazione dello sviluppo e della promozione degli interessi dei paesi occidentali periferici?

 
  
 

Conformemente al trattato CE la coesione economica e sociale è sia una missione sia una politica della Comunità europea. Naturalmente gli obiettivi di coesione economica e sociale per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità, quali enunciati al titolo XVII del trattato, resteranno attuali nel quadro dell'allargamento.

Spetterà in primo luogo alla Commissione, nell'ambito delle sue proposte – attese per il 2004 - di nuovi regolamenti dei Fondi strutturali per il periodo di programmazione 2007-2013, procedere a una valutazione delle esigenze sia degli Stati membri aderenti sia degli Stati membri attuali. Spetterà in seguito al Parlamento europeo e al Consiglio stabilire le disposizioni che permettano di tenere conto degli interessi delle diverse regioni interessate alla luce, in particolare, della loro situazione periferica. Alcune regioni dell'Europa occidentale si trovano effettivamente in questa situazione, ma non sono le sole.

 

Interrogazione n. 14 dell'on. Liam Hyland (H-0462/03)
 Oggetto: Sviluppo del mercato della lana
 

Intende il Consiglio far sapere quelle che considera le prospettive per il futuro sviluppo del mercato della lana nell’UE, tenendo conto sia dei vari settori del mercato legati alla produzione della lana, sia della necessità di garantire un futuro ai coltivatori attivi in tale settore?

 
  
 

Spetta in primo luogo alla Commissione europea valutare la necessità di misure comunitarie per lo sviluppo del mercato della lana.

Il Consiglio rammenta tuttavia che tale prodotto non è contemplato nel Trattato che istituisce la Comunità europea, che disciplina l'agricoltura (articoli da 32 a 38) in quanto non compreso nel relativo allegato I.

 

Interrogazione n. 15 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0465/03)
 Oggetto: Formazione degli specialisti che si occupano di pazienti tossicodipendenti
 

Il Consiglio ha adottato nel giugno del 2003 una serie di risoluzioni(1) sui problemi derivanti dall’abuso di stupefacenti. Nella sua risoluzione sulle tossicodipendenze nel sistema sanitario nazionale, il Consiglio ha sottolineato l’importanza di assicurare che medici e altri professionisti del settore seguano appropriati corsi di formazione finalizzati all’acquisizione delle capacità necessarie per fornire servizi di qualità ai pazienti tossicodipendenti.

Ritiene il Consiglio che il Fondo sociale europeo possa essere utilizzato per formare il personale medico e gli altri professionisti del settore menzionati nella risoluzione del Consiglio, nonché per aiutare altri importanti operatori delle comunità locali e delle scuole a sviluppare le necessarie tecniche di consulenza e prevenzione?

 
  
 

Nella sessione del Consiglio che si è svolta dall'11 al 26 giugno 2003 è stata effettivamente adottata una serie di testi in materia, comprendente una raccomandazione sulla prevenzione e la riduzione del danno per la salute causato da tossicodipendenza, un piano d'azione dell'UE in materia di droga e una serie di risoluzioni nel settore "Giustizia e affari interni".

Queste ultime riguardano i tossicodipendenti nell'ambito del sistema sanitario nazionale, il programma di studio sui disturbi provocati dall'abuso di sostanze e la droga tra i giovani che ne fanno uso.

Tutti questi testi insistono effettivamente, in particolare, sull'importanza di un'integrazione adeguata dei servizi sanitari e dei servizi sociali per consentire una migliore continuità dei trattamenti e sullo sviluppo di azioni di formazione e di qualificazione dei professionisti per offrire servizi di qualità ai pazienti tossicodipendenti migliorando sia le diagnosi che i trattamenti.

A tal fine nella risoluzione relativa al programma di studio sui disturbi provocati dall'abuso di sostanze i rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio hanno sottolineato la necessità di elaborare programmi di studio specifici destinati a studenti e professionisti del settore medico e di altri settori di assistenza sanitaria.

In risposta alla specifica interrogazione dell'Onorevole parlamentare il Consiglio ricorda che nell'attuale regolamento relativo al Fondo sociale europeo (FSE), adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 12 luglio 1999, una delle attività ammissibili è in effetti l'istruzione e la formazione professionale, tra cui insegnamento e aggiornamento di conoscenze di base.

Spetta tuttavia alle autorità nazionali e regionali presentare progetti secondo le priorità principali di un programma di sviluppo definito in cooperazione con la Commissione. Vi partecipano anche operatori locali dei settori economici e sociali. L'ammissibilità delle attività di formazione menzionata dall'Onorevole parlamentare va considerata sulla scorta di tali elementi e regole.

 
 

(1) Riunione del Consiglio 2516, Lussemburgo, 11,12,17,18, 19-25-26 giugno 2003.

 

Interrogazione n. 16 dell'on. James (Jim) Fitzsimons (H-0466/03)
 Oggetto: Promozione degli investimenti diretti esteri
 

Secondo Eurostat, gli investimenti del resto del mondo nell'UE (afflussi di capitali) nel 2002 sono stati di 76 miliardi di euro, un calo del 35% rispetto all'anno precedente.

Può' spiegare il Consiglio le ragioni di questo significativo calo degli investimenti nei paesi dell'UE e precisare se ritiene che occorra fare di più al fine di rendere l'UE maggiormente attraente per gli investitori?

 
  
 

Il Consiglio informa l'Onorevole Parlamentare che non ha discusso della questione.

Il Consiglio invita l'Onorevole Parlamentare a rivolgere la sua interrogazione direttamente ai servizi competenti della Commissione.

Per quanto riguarda le eventuali azioni alle quali si riferisce l'Onorevole Parlamentare il Consiglio sottolinea che la Commissione non gli ha trasmesso, fino ad oggi, alcuna proposta in tal senso.

 

Interrogazione n. 17 dell'on. Pedro Marset Campos (H-0469/03)
 Oggetto: Mancato adempimento del Governo spagnolo nei confronti dei lavoratori di SINTEL
 

Sono trascorsi due anni dall’accettazione della proposta e delle condizioni del Governo attraverso l’accordo del 3 agosto 2001 il cui unico obbiettivo è servire da strumento per portare a termine l’applicazione dell’insieme di misure destinate a trovare una soluzione alla crisi di SINTEL (azienda dichiarata in fallimento il 28/06/2001). Il problema che si presenta è che i rappresentanti dei lavoratori-creditori non sono stati convocati a nessuna riunione né dagli organi di fallimento, né dall’Amministrazione, né dalla Telefónica e ciò impedisce l’applicazione dell’accordo. Davanti alla mancanza di difesa dei lavoratori e il mancato compimento di quanto pattuito dal Governo spagnolo, il Consiglio ritiene necessario un rapido intervento da parte del Governo spagnolo affinché venga realizzato quanto pattuito e risolvere una volta per tutte il conflitto di SINTEL?

 
  
 

Il Consiglio è a conoscenza del fatto che l'attuazione del piano di salvataggio per quanto riguarda l'azienda di telecomunicazioni fallita SINTEL è un argomento particolarmente sensibile in Spagna.

La legislazione comunitaria adottata negli ultimi anni dimostra l'importanza attribuita dal Consiglio all'informazione e alla consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

Le disposizioni sull'informazione e la consultazione dei lavoratori sono contenute nella direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie(1), nella direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(2) e nella direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(3). Un altro strumento fondamentale in questo contesto è la direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea(4), che gli Stati membri dovrebbero recepire non oltre il 23 marzo 2005.

Cionondimeno è sulla Commissione che ricade la responsabilità di verificare e, se del caso, assicurare l'applicazione delle pertinenti direttive da parte degli Stati membri. Il Consiglio non è pertanto in grado di esprimersi sul caso specifico.

 
 

(1) GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64.
(2) GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16.
(3) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 16.
(4) GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29.

 

Interrogazione n. 18 dell'on. Maurizio Turco (H-0471/03)
 Oggetto: Recepimento della direttiva anti-discriminazioni sul lavoro in Italia
 

Il Consiglio dei ministri italiano ha approvato il decreto legislativo di attuazione della direttiva europea 2000/78/CE(1) contro le discriminazioni sul lavoro motivate da religione o convinzioni personali, handicap, età o orientamento sessuale. Tale decreto solleva dubbi in merito ad una corretta ed integrale applicazione della direttiva anti-discriminazioni, in particolare per quanto riguarda orientamento sessuale e religione. A tal riguardo, non ritiene il Consiglio che la direttiva sia trasposta forse in modo eccessivamente vago, senza che siano circoscritte come nella direttiva le possibili eccezioni al divieto di discriminazione? In particolare consente la dizione del comma 3 dell'articolo 3 del decreto discriminazioni in contrasto con la direttiva? È il decreto in contrasto con lo spirito e la lettera della direttiva, in particolare per quanto riguarda religione ed orientamento sessuale? Nel caso in cui la direttiva fosse attuata in Italia secondo tali norme, sarebbe il Consiglio tenuto a citare l'Italia davanti alla Corte di Giustizia?

 
  
 

Il Consiglio ricorda all'Onorevole Parlamentare che non è di sua competenza pronunciarsi sull'applicazione della legislazione comunitaria negli Stati membri e Lo invita a rivolgere la sua interrogazione direttamente alla Commissione.

Il Consiglio ricorda inoltre che l’ordinamento giuridico comunitario mette a disposizione di ogni parte lesa nell’applicazione delle sue disposizioni mezzi di ricorso giurisdizionale per garantire il rispetto del diritto.

 
 

(1) GU L 303 de 2.12.2000, pag. 16.

 

Interrogazione n. 19 dell'on. Proinsias De Rossa (H-0475/03)
 Oggetto: Aloysius Toe
 

Quali azioni intraprenderà la Presidenza del Consiglio per assicurare l’immediato rilascio di Aloysius Toe, direttore esecutivo del Movimento per la difesa dei diritti dell’uomo in Liberia, trattenuto dalle autorità libanesi con accuse di presunto tradimento dalla fine del 2002 e il cui processo è stato ripetutamente rinviato, alimentando ulteriormente i timori di un ritardo deliberato del procedimento giudiziario per giustificare il suo ininterrotto stato di detenzione?

 
  
 

Aloysius Toe, direttore esecutivo del Movimento per la difesa dei diritti dell’uomo in Liberia, non è più detenuto a Monrovia. Crediamo che adesso non si trovi più in Liberia. Le violazioni dei diritti dell’uomo e dei diritti giuridici fondamentali sono affrontate su base regolare in un contesto più generale. La guerra civile in Liberia ha contribuito al deterioramento di tali diritti fondamentali e il paese ha rischiato di disgregarsi completamente.

Come affermato nella dichiarazione della Presidenza a nome dell’Unione europea del 21 luglio 2003, l’UE è pienamente impegnata a sostenere il processo di pace sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’ECOWAS. Il rappresentante speciale della Presidenza presso l’Unione del fiume Mano, sig. Hans Dahlgren, copresidente del gruppo di contatto internazionale in Liberia (ICGL) continua a fornire la sua collaborazione ai fini di un accordo di pace globale tra il governo di transizione e i gruppi ribelli. Inoltre il Consiglio rammenta all’onorevole parlamentare che la Comunità ha deciso di fornire, nel quadro dell’accordo di partenariato ACP-CE, assistenza finanziaria alla missione dell’ECOWAS in Liberia.

 

Interrogazione n. 20 dell'on. Myrsini Zorba (H-0478/03)
 Oggetto: Idrogeno
 

L’economia dell’idrogeno è stato uno dei temi di discussione al Vertice UE-USA dello scorso giugno. Stando al comunicato finale, la cooperazione UE-USA si inscrive nel quadro della cooperazione ampliata nel campo dell’energia e ne investe gli aspetti tecnici, giuridici e commerciali.

Può il Consiglio fornire ulteriori informazioni e dati sulla cooperazione specie nel settore della ricerca, e sul rafforzamento della cooperazione tra il settore pubblico e privato? Può inoltre fornire il calendario e il piano d'azione riguardanti il “partenariato internazionale per l’economia dell’idrogeno”?

 
  
 

L'onorevole Parlamentare è senz'altro consapevole della prospettiva a lungo termine richiesta dallo sviluppo del potenziale dell'idrogeno come vettore di energia, nell'interesse della sostenibilità. Si fa rilevare che la Comunità finanzia la ricerca sull'idrogeno e le celle a combustibile fin dagli anni 70 e che, nell'ambito dell'attuale sesto programma quadro, tale finanziamento è stato notevolmente incrementato rispetto al programma precedente. Data l'entità del compito rappresentato dallo sviluppo dell'economia dell'idrogeno, la cooperazione internazionale appare non solo necessaria, ma addirittura essenziale se si vogliono compiere progressi nel settore. L'accordo recentemente concluso con gli USA andrebbe visto in tale contesto, in quanto esso deriva dalla modifica di un accordo di attuazione esistente, concluso tra la Commissione e il Dipartimento dell'energia USA (DOE) (1).

L'onorevole Parlamentare sarà altresì consapevole del fatto che l'attuazione dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica concluso tra la Comunità europea e il Governo degli Stati uniti d'America nel 1998 è di competenza della Commissione e che il Consiglio non vi è direttamente implicato.

Il Consiglio non dispone quindi di compiti specifici nella formulazione del calendario e del piano d'azione riguardanti il "partenariato internazionale per l'economia dell'idrogeno", che rappresenta un'iniziativa degli Stati Uniti in fase di sviluppo nel 2003. Esso seguirà ovviamente con grande attenzione i progressi compiuti nel settore, nel quadro dello sviluppo di una politica a lungo termine in materia di energia e ricerca.

Per informazioni più particolareggiate circa il calendario e il piano d'azione riguardanti il "partenariato internazionale per l'economia dell'idrogeno" si suggerisce all'onorevole Parlamentare di rivolgersi alle autorità competenti.

Esistono attualmente vari mezzi per promuovere la cooperazione tra il settore pubblico e quello privato nel campo della ricerca e dello sviluppo, il più ovvio dei quali è l’attuazione del sesto programma quadro nell'ambito del settore europeo della ricerca. Le varie iniziative recentemente intraprese per aumentare gli investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo in modo da raggiungere l'obiettivo del 3% del PIL hanno rilevato l'importanza di tale cooperazione (2), il cui contenuto potrebbe essere esposto con maggiore dovizia di particolari dalla Commissione.

 
 

(1) "Amendment to the Implementing Agreement between the Department of Energy of the United States of America and the European Commission, for Non-nuclear Energy Scientific and Technological Co-operation relating to Co-operation in the Area of Fuel Cells" (Modifica dell'accordo di attuazione della cooperazione scientifica e tecnologica per l'energia non nucleare, concluso tra il Dipartimento USA dell'energia e la Commissione europea, relativa alla cooperazione in materia di tecnologie delle celle a combustibile).
(2) Ved. le comunicazioni della Commissione:
"Investire nella ricerca: un piano d'azione per l'Europa" (doc. 8860/03 RECH 75)
"An Initiative for Growth: investing in Trans-European Networks and major R&D projects" (doc. 11343/03 ECOFIN 216 FIN 321 ECO 153 TRANS 187 ENER 217 RECH 121).

 

Interrogazione n. 21 dell'on. Patricia McKenna (H-0484/03)
 Oggetto: Accordo comunitario su un sistema informatico di visti
 

I governi dell’Unione europea hanno unanimemente deciso per l’adozione di un accordo comunitario su un sistema informatico di visti, che comprenderà l’identificazione biometrica armonizzata, con scansione dell’iride e impronte digitali, collegato a database comunitari. Può il Consiglio illustrare le iniziative intraprese dagli Stati membri per attuare tale decisione e l’impatto che essa avrà sulla circolazione delle persone? Inoltre, quali consultazioni hanno avuto luogo con i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo prima che tale decisione fosse presa?

 
  
 

Nella sessione del 5 e 6 giugno 2003, il Consiglio “Giustizia e affari interni” ha adottato “conclusioni sullo sviluppo del sistema d’informazione visti (VIS)”. In dette conclusioni, che sono state successivamente approvate dal Consiglio europeo di Salonicco del 19-20 giugno 2003, il Consiglio “invita la Commissione a continuare i lavori preparatori sullo sviluppo del sistema di informazione visti (VIS) di concerto con gli Stati membri” e dichiara che il Consiglio “darà gli orientamenti politici necessari entro e non oltre dicembre 2003 sugli elementi di base del sistema di informazione visti (VIS) compresa l’architettura, le funzionalità - tenendo conto della componente finanziaria - la scelta di uno o più elementi di identificazione biometrici, ecc.”.

Come l’onorevole parlamentare avrà dedotto da queste citazioni, non è stata ancora presa alcuna decisione definitiva né sull’inclusione di elementi di identificazione biometrici né sul tipo degli stessi qualora questa opzione fosse inclusa nel VIS. Ci si attende che la Commissione, alla luce degli orientamenti politici che il Consiglio fornirà entro la fine dell’anno, presenti appropriate proposte in merito al quadro giuridico del VIS all’inizio del 2004, e che dette proposte siano esaminate secondo le abituali procedure stabilite nel Trattato che istituisce la Comunità europea.

 

Interrogazione n. 22 dell'on. Bernd Posselt (H-0486/03)
 Oggetto: Richiesta di adesione della Croazia
 

Quali passi intende intraprendere entro fine anno la Presidenza italiana del Consiglio per concedere finalmente lo status di paese candidato alla Croazia, come richiesto dal Parlamento europeo?

 
  
 

Il 21 febbraio 2003 il governo della Croazia ha presentato al primo ministro greco Costas Simitis, Presidente del Consiglio europeo, la domanda ufficiale di adesione all'Unione europea. Meno di due mesi dopo, il 14 aprile, il Consiglio "Affari generali e relazioni esterne" ha deciso di applicare la procedura di cui all'articolo 49 del trattato sull'Unione europea e ha invitato la Commissione a sottoporre al Consiglio un parere su detta domanda.

La Commissione ha già iniziato ad elaborare il suo parere e, al riguardo, il presidente Prodi ha trasmesso il 10 luglio alle autorità croate un questionario sulla situazione attuale nel paese in relazione ai requisiti dell'UE per l'adesione. Poiché l'intera procedura durerà circa un anno, il parere della Commissione dovrebbe essere pronto entro la primavera del 2004.

La Presidenza italiana ha fatto presente alla Commissione la necessità di uno studio accurato, rapido, ampio e approfondito della situazione croata e continuerà ad appoggiare gli sforzi che il governo croato sta compiendo nel processo di riforma del paese.

 

Interrogazione n. 23 dell'on. Olivier Dupuis (H-0490/03)
 Oggetto: Lao-Hmong
 

Secondo i giornalisti arrestati in Laos mentre effettuavano un reportage sulle popolazioni Hmong nella provincia di Xieng Khouang, 5 o 6 gruppi di Lao-Hmong vivono in detta provincia in condizioni disperate. Costrette a nutrirsi di radici, queste popolazioni "subiscono da decenni una politica di repressione brutale da parte delle autorità di Vientiane. Senza altre armi se non vecchi AK-47 e M16 rabberciati e senza munizioni", "esse aspirano alla pace e ad una vita normale". Secondo i suddetti giornalisti, si può giungere ad una soluzione soltanto con la mediazione di una "terza parte", in quanto i Lao-Hmong non hanno fiducia nelle autorità laotiane.

Il Consiglio è al corrente della tragica situazione delle popolazioni Hmong in Laos? Quali iniziative intende intraprendere per porre fine alla feroce repressione di cui sono vittime da quasi 40 anni? Il Consiglio sarebbe disposto a svolgere un ruolo di mediazione tra le popolazioni Hmong e il governo di Vientiane per giungere rapidamente ad una soluzione giusta della questione ed è disposto ad avviare un’operazione straordinaria di accoglienza sul territorio dell’Unione dei circa 2.000 Hmong?

 
  
 

Il Consiglio sta seguendo con grande attenzione la situazione relativa ai diritti dell'uomo e alle minoranze etniche in Laos, e ha più volte manifestato le preoccupazioni europee a tale riguardo nei suoi contatti con il governo laotiano.

Cionondimeno il Consiglio non ha discusso in merito alla possibilità di agire quale mediatore o facilitatore dei colloqui tra gruppi Hmong e il governo di Vientiane. In linea generale, il Consiglio è del parere che una mediazione esterna abbia la possibilità di essere proficua solo se entrambe le parti del conflitto accettano la mediazione da parte di terzi e sono disposte ad agire di conseguenza. Per il momento non sembra essere questo il caso in Laos.

Analogamente, il Consiglio non è al corrente che circa 2 000 Hmong sarebbero disposti a lasciare il Laos e a chiedere asilo nell'UE. Qualora rifugiati Hmong giungano in Europa, gli Stati membri interessati esamineranno le singole domande di asilo in base alla normativa pertinente in vigore.

 

Interrogazione n. 24 dell'on. Neil MacCormick (H-0492/03)
 Oggetto: Direttiva sugli integratori alimentari
 

È consapevole il Consiglio che molti cittadini scozzesi e di altre parti del Regno Unito ma anche altrove nell’Unione europea sono angosciati all’idea della riduzione degli integratori alimentari che si avrà con l’entrata in vigore della recente direttiva in materia (2002/46/CE(1)), attualmente in fase di recepimento da parte degli Stati membri? Intende esso richiedere alla Commissione una sollecita relazione in merito in cui si prenda in considerazione la possibilità di una revisione al rialzo dei tenori massimi autorizzati?

 
  
 

L'onorevole parlamentare sa che nella Comunità sono commercializzati in numero crescente prodotti proposti quali integratori delle sostanze nutritive assunte con la normale alimentazione.

Il preambolo della direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari indica che questi prodotti sono assoggettati negli Stati membri a disposizioni nazionali eterogenee, che possono ostarne la libera circolazione ed instaurare condizioni di concorrenza ineguali, con dirette ripercussioni sul buon funzionamento del mercato interno e che è pertanto necessario disciplinare a livello comunitario i prodotti di questo tipo commercializzati come prodotti alimentari.

L’altro importante obiettivo della direttiva è fare in modo che i prodotti sul mercato siano assoggettati ai massimi livelli di sicurezza, per evitare l’assunzione in quantità eccessive che può dar luogo a reazioni avverse, e abbiano un’etichettatura appropriata, volta a assicurare un elevato livello di protezione e a facilitare le scelte dei consumatori.

In una prima fase la direttiva stabilisce norme specifiche per alcuni nutrienti utilizzati come ingredienti di integratori alimentari. In una seconda fase, quando saranno resi disponibili dati scientifici sufficienti e appropriati, saranno definite norme specifiche relative ad altri nutrienti o alle altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico utilizzati come ingredienti di integratori alimentari. Fino all’adozione di tali norme comunitarie specifiche sono applicate le norme nazionali.

I livelli quantitativi massimi di nutrienti elencati negli allegati della direttiva e presenti negli integratori alimentari per ogni dose giornaliera raccomandata dal fabbricante non sono ancora stati stabiliti, tenendo conto in particolare dei livelli tollerabili dei nutrienti risultanti da valutazioni dei rischi condotte nell’ambito di studi scientifici e del livello di assunzione di questi nutrienti mediante la normale alimentazione. Pertanto una revisione in questa fase sembra prematura.

 
 

(1) GU L183 del 12.7.2002, pag. 51.

 

Interrogazione n. 25 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0494/03)
 Oggetto: Regioni insulari dell'Unione europea
 

La Commissione europea ha di recente pubblicato una relazione intitolata “Analisi delle regioni insulari e ultraperiferiche”(1) da cui risulta che le regioni insulari degli Stati membri dell’Unione europea denotano considerevoli ritardi rispetto alle rimanenti regioni continentali sia dal punto di vista del reddito procapite sia da quello dei ritmi di sviluppo e di altre caratteristiche strutturali (accesso ai servizi, istruzione, sanità, strutture economiche, ambiente, presenza di enti pubblici, ecc.). Con la presentazione del progetto di trattato costituzionale non è stato tuttavia colmato il deficit relativo alla previsione di disposizioni a specifica tutela e per lo sviluppo delle regioni insulari, mancando qualsiasi articolo di carattere vincolante contenente deroghe a determinate norme comunitarie e fungibile come base giuridica per l’adozione di provvedimenti particolari di carattere finanziario o di altro genere.

Sulla base di quanto su esposto intende il Consiglio assumere iniziative per una più efficace politica di coesione a favore delle regioni insulari dell’Unione europea? Intende esso proporre alla Commissione di adottare provvedimenti a sostegno delle regioni insulari più svantaggiate sulla base degli ultimi dati comparativi e qualitativi di cui quest’ultima è in possesso? Cosa intende fare per tutelare istituzionalmente le regioni insulari nell’ambito dei negoziati finali per la definizione del trattato costituzionale?

 
  
 

Il Consiglio ricorda all'Onorevole Parlamentare che per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione, come risulta dall'articolo 158 del TCE, in particolare mirando a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali.

Per i territori di cui all’articolo 299, paragrafo 2, il trattato considera inoltre l'insularità come uno dei fattori la cui persistenza e il cui cumulo recano grave danno allo sviluppo.

Dalla relazione elaborata su iniziativa della Commissione che contiene un'analisi delle regioni insulari e ultraperiferiche dell'Unione europea. Nel documento, dal quale emerge che i 286 territori insulari sono ripartiti tra undici Stati membri dell'Unione europea, si rileva altresì che oltre il 75% delle isole individuate è concentrato sul territorio di cinque Stati membri e che, a parte alcune eccezioni, esse versano in una situazione economica e sociale peggiore, in generale rispetto al paese di appartenenza, e comunque assai differenziata nel panorama insulare.

Il Consiglio rammenta che a livello dell'Unione europea esiste già una serie di strumenti che, direttamente o indirettamente, forniscono una risposta o contributi alla situazione delle isole.

Ricordiamo ad esempio gli aiuti concessi alle isole ammissibili a titolo del Fondo di coesione, le regole più flessibili che si applicano nei loro confronti per la politica di concorrenza o i programmi dell'Unione che, pur non essendo prioritari per le isole, si sono tuttavia rivelati positivi per i settori emergenti quali la promozione dell'energia rinnovabile, i programmi riguardanti la società dell'informazione, i progetti di telemedicina, il programma LIFE o per l'occupazione - maggiore dimensione locale.

In questa fase, per il Consiglio è prematuro esprimersi sullo svolgimento dei negoziati finali che saranno avviati sui fondi strutturali dopo il 2006.

A tal riguardo, la Presidenza italiana ha ricordato nel suo programma che le politiche di coesione devono restare un pilastro fondamentale della costruzione comunitaria. La riforma delle politiche di solidarietà e la nuova definizione della programmazione relativa all'Unione allargata per il periodo 2007-2013 si baserà sugli elementi concreti che la Commissione fornirà nella sua terza relazione.

Il Consiglio rammenta comunque all'Onorevole Parlamentare che ogni azione o iniziativa simile a quelle oggetto della sua interrogazione prima della revisione generale del quadro attuale è subordinata alla presentazione di una proposta della Commissione. Al Consiglio non è pervenuta alcuna proposta in tal senso.

Per quanto riguarda la Conferenza intergovernativa, i lavori saranno organizzati e svolti conformemente alle regole all'uopo previste dal trattato. Il Consiglio prenderà atto dei risultati a tempo debito.

 
 

(1) 2000. CE. 16. 0.AT. 118.

 

Interrogazione n. 26 dell'on. Concepció Ferrer (H-0496/03)
 Oggetto: V Conferenza ministeriale di Cancun
 

Considerando la risoluzione approvata dal Parlamento il 3 luglio 2003 in cui si rammenta che l’UE ha già ridotto sostanzialmente i suoi dazi doganali su tessili e sull’abbigliamento, e in cui si chiede ai membri dell’OMC di migliorare le condizioni di accesso al mercato in detto settore mediante un’armonizzazione tariffaria e la soppressione di tutte le barriere non tariffarie;

Considerando la posizione della Commissione in relazione a tale questione, ripresa nella dichiarazione sul futuro del tessile e della confezione in vista dei negoziati dell’OMC del 18 giugno 2003;

E’ pronto il Consiglio a mantenere la posizione sostenuta dal Parlamento e dalla Commissione, volta a ottenere un’armonizzazione tariffaria e l’eliminazione di tutte le barriere non tariffarie nel settore del tessile e della confezione, al fine di garantire in questo settore l’accesso ai mercati dei paesi terzi a condizioni reciproche?

 
  
 

Al Consiglio è ben nota la risoluzione sui preparativi per la quinta Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio (Cancún, Messico, 10-14 settembre 2003) adottata dal Parlamento europeo il 3 luglio 2003.

Il Consiglio ha del pari preso nota e discusso nelle fasi preparatori la dichiarazione fatta dal Commissario Pascal Lamy dinanzi al Parlamento europeo il 18 giugno 2003 sul futuro del settore tessile e della confezione in vista dei negoziati dell'OMC. L'anno 2005 è una duplice data di scadenza per il settore del tessile e della confezione. Entro tale data, il ciclo di Doha deve essere concluso ed inoltre tutte le restrizioni quantitative o contingenti dovranno essere stati aboliti. Il 31 dicembre 2004 segna pertanto al termine dei negoziati generali commerciali in corso presso l'OMC, nonché la fine di quattro decenni di gestione degli scambi nel settore del tessile e della confezione.

In generale, per quanto concerne il settore del tessile e della confezione, la nostra politica commerciale comune è stata, de facto, sempre basata sulla richiesta di reciprocità nel corso dei negoziati con parti terze, come delineato nel mandato generale adottato dal Consiglio il 9 novembre 2000, e come assai di recente ottenuto nel nuovo accordo con il Vietnam sul commercio dei prodotti tessili e dell'abbigliamento, approvato dal Consiglio il 2 giugno 2003.

Va detto comunque che i negoziati del ciclo di Doha si basano sulla corrispondente dichiarazione ministeriale, che chiede che detti negoziati tengano pienamente conto degli interessi e delle necessità particolari dei paesi partecipanti in via di sviluppo e meno sviluppati, ivi compreso attraverso una reciprocità meno che completa in materia di impegni di riduzione. Il mandato dell'OMC si discosta pertanto in qualche modo dal principio di una completa reciprocità, che ha costituito sino ad oggi l'orientamento costante della CE.

Alla luce di quanto precede, il Consiglio può assicurare all'onorevole parlamentare che condivide le posizioni espresse dal Parlamento europeo e dalla Commissione.

 

Interrogazione n. 27 dell'on. Glenys Kinnock (H-0497/03)
 Oggetto: Bambini
 

Può il Consiglio riferire quali progressi siano stati fatti riguardo alla decisione adottata il 10 dicembre 2002 sulla comunicazione relativa ai bambini in situazioni di conflitto? Quali ulteriori azioni in materia sono previste?

 
  
 

Le conclusioni del Consiglio del 10 dicembre 2002 (doc. 15138) menzionano, tra l’altro, la necessità di “considerare la possibilità di una strategia o di orientamenti di portata limitata per azioni concrete dell’UE, ad esempio per quanto riguarda (....) i minori ed i conflitti armati, come alternativa ad una strategia ad ampio raggio dell’UE”. Il Gruppo “Diritti umani” del Consiglio è chiamato a considerare una siffatta strategia o orientamenti di portata limitata durante la Presidenza italiana.

Il Consiglio cerca di rafforzare, in tutte le sedi appropriate, l’azione internazionale diretta a promuovere i diritti e la tutela dei minori, garantire il recupero dei bambini vittime di conflitti armati e impedirne il reclutamento negli stessi. A tal fine, l’UE appoggia in particolare l’opera dell’Ufficio del Rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i bambini e i conflitti armati e riconosce l’importanza dell’opera svolta dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dal Fondo di sviluppo delle Nazioni Unite per la donna (UNIFEM), dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR).

L’UE ha accolto con favore l’entrata in vigore, nel febbraio 2002, del Protocollo opzionale alla convenzione sui diritti del fanciullo concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati. Come negli anni precedenti, anche quest’anno l’UE ha presentato con successo, in sede di Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU, una risoluzione (2003/86) in materia di diritti dei bambini in cui chiede la protezione dei bambini vittime dei conflitti armati (punti 38-43).

L’UE ha inoltre salutato con favore l’adozione della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1460 (2003) del 30 gennaio 2003 e l’impegno da questo assunto di prestare particolare attenzione alla protezione, al benessere a ai diritti dei bambini nei conflitti armati nell’intraprendere azioni dirette al mantenimento della pace e della sicurezza, incluse disposizioni per la protezione dei bambini nei mandati delle operazioni di mantenimento della pace, nonché l’inclusione di consiglieri per la protezione dei bambini in queste operazioni. In tale contesto, il 21 luglio 2003 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla protezione dei civili nelle operazioni dirette dall’UE. Il Consiglio svilupperà, in particolare attraverso i lavori del Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi, ulteriori strumenti appropriati per garantire un’efficace attuazione delle suddette conclusioni nelle operazioni di gestione delle crisi dirette dall’UE.

 

Interrogazione n. 28 dell'on. Richard Howitt (H-0501/03)
 Oggetto: Finanziamenti UE per le popolazioni indigene
 

Vista la sua risoluzione del novembre 1998 sulle popolazioni indigene, non ritiene il Consiglio che l’allontanamento dei boscimani Gana e Gwi dalle loro case nella riserva del Kalahari centrale (Central Kalahari Game Reserve) dimostri come i fondi UE non andrebbero utilizzati in zone abitate da popolazioni indigene senza la garanzia che il governo interessato si conformi all’articolo 14 della Convenzione OIL sulle popolazioni indigene e tribali che sostiene il loro diritto alla proprietà delle terre ancestrali?

Concorda, inoltre, il Consiglio sul fatto che il finanziamento UE del Programma di gestione e conservazione della fauna selvatica in Botswana dovrebbe essere subordinato all’effettivo riconoscimento dei diritti alla terra dei boscimani della Central Kalahari Game Reserve e al fatto che ai boscimani venga consentito di ritornare liberamente nelle loro terre in tale riserva?

 
  
 

Nelle sue conclusioni sulle popolazioni indigene adottate il 19 novembre 2002, il Consiglio ha ribadito il fermo impegno assunto nella risoluzione del 30 novembre 1998 sulle popolazioni indigene nel quadro della cooperazione allo sviluppo della Comunità e degli Stati membri. In tale occasione, ha invitato la Commissione a proseguire l’attuazione della politica della CE nei confronti delle popolazioni indigene e segnatamente a:

includere un'analisi della situazione politica, sociale, economica e culturale delle popolazioni indigene nell'ambito dei paesi partner nei documenti di strategia per paese, in base all'attenzione prestata alle popolazioni indigene nei piani e strategie nazionali per lo sviluppo e la riduzione della povertà. Tali analisi dovrebbero inoltre comprendere una valutazione dell'impatto di politiche, programmi e progetti dell'UE in materia di cooperazione allo sviluppo presso le popolazioni indigene;

integrare gli aspetti che interessano le popolazioni indigene nel dialogo politico con i paesi partner quale parte integrante delle clausole relative ai diritti dell'uomo dei vari accordi e regolamenti connessi in materia di cooperazione e associazione, tenendo presente che a diverse situazioni sul campo corrispondono diverse impostazioni. Tra l'altro, i paesi partner potrebbero essere incoraggiati a promuovere il dialogo e la cooperazione interculturali;

integrare i temi relativi alle popolazioni indigene nelle politiche dell'Unione europea così come nelle prassi e nei metodi di lavoro. Ove pertinente, le popolazioni indigene dovrebbero essere in grado di partecipare appieno e efficacemente a tutte le fasi del ciclo del progetto (programmazione, identificazione, pianificazione, attuazione e valutazione).

Circa l’utilizzazione degli stanziamenti dell’Unione europea che riguardano gli interessi dei boscimani Gana e Gwi della riserva del Kalahari centrale, il Consiglio non è in grado di pronunciarsi non disponendo di informazioni sull’attuazione dei progetti comunitari che interessano queste popolazioni.

 

Interrogazione n. 29 dell'on. Konstantinos Alyssandrakis (H-0504/03)
 Oggetto: Imputabilità penale dell'azione politica in Lettonia
 

La legislazione della Lettonia vieta agli ex aderenti del Partito comunista lettone, che continua ad essere fuorilegge, di candidarsi a qualsiasi competizione elettorale, come nel caso assai significativo di Alfred Rubiks, presidente del Partito socialista, che non si può candidare malgrado il suo partito sia rappresentato nel parlamento nazionale e, attraverso un osservatore, al Parlamento europeo.

Quali azioni intende prendere il Consiglio affinché siano rimosse tutte le limitazioni poste ai cittadini lettoni a causa della loro passata militanza politica, che così potranno candidarsi alle elezioni mentre tutti i partiti che lo desiderino, incluso il PC lettone, potranno svolgere legalmente la loro attività e partecipare senza tanti ostacoli alle elezioni europee e a quelle nazionali?

 
 

Interrogazione n. 30 dell'on. Efstratios Korakas (H-0505/03)
 Oggetto: Quadri del Partito comunista lituano perseguiti e condannati per la loro attività politica
 

Secondo quanto dichiarato in una recente intervista al giornale Radicale dal Primo Vicepresidente del parlamento lituano Ceslovas Jursenas, il Partito comunista lituano continua ad essere fuori legge, non può svolgere attività politica e non gli è consentito partecipare alle elezioni. Inoltre, il capo di detto partito, Mikolas Burokevicius, come pure il dirigente politico Juozas Kuolelis, condannati per la loro attività politica, si trovano in carcere e hanno già scontato i due terzi della pena, mentre decine di altri esponenti del partito sono perseguiti in giudizio per motivi politici.

Quali azioni intende intraprendere il Consiglio per consentire a tutti i partiti della Lituania, compreso il Partito comunista, di svolgere la loro attività politica liberamente e senza ostacoli, nonché per far sì che i dirigenti soprammenzionati attualmente in carcere siano rilasciati e che altri non siano perseguiti, segnatamente in vista delle prossime elezioni parlamentari europee che dovranno svolgersi senza restrizioni o esclusioni di carattere politico?

 
 

Interrogazione n. 31 dell'on. Ioannis Patakis (H-0512/03)
 Oggetto: Centinaia di migliaia di cittadini privati dei diritti civili e politici in Estonia e Lettonia
 

Centinaia di migliaia di cittadini, vale a dire una parte considerevole della popolazione complessiva dell'Estonia e della Lettonia, vengono privati, con vari pretesti riguardanti soprattutto la lingua o l'origine, della cittadinanza e dei diritti civili e politici, pur risiedendo stabilmente e da decine di anni in tali paesi o essendovici nati.

Intende il Consiglio prendere iniziative per risolvere questo grave problema, sia pure dopo la firma degli Atti relativi all'adesione di tali paesi all'Unione europea, allo scopo di restituire la cittadinanza e i diritti civili e politici a coloro che lo desiderano, ripristinando la legalità democratica e non consentendo che siano fortemente snaturati i risultati dei referendum di ratifica dell'adesione di tali paesi all'UE e la rappresentatività delle elezioni europee?

 
  
 

L’Estonia, la Lettonia e la Lituania figurano tra i dieci paesi che hanno firmato lo scorso aprile ad Atene i trattati di adesione e che entreranno a far parte dell’Unione europea nel maggio 2004. È evidente quindi che essi hanno l’obbligo di conformarsi ai criteri politici dell’adesione fissati dal Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, vale a dire la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo e la protezione delle minoranze. Ciononostante, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen del dicembre 2002, l’Unione continuerà a seguire attentamente fino al momento dell’adesione la situazione al riguardo in ciascuno degli Stati aderenti.

 

Interrogazione n. 32 dell'on. Ioannis Souladakis (H-0510/03)
 Oggetto: Libro bianco sui trasporti e autostrade marittime
 

Nell’ambito di una revisione delle reti transeuropee intende il Consiglio inserirvi anche le autostrade marittime dei paesi che sono in fase di adesione (Cipro, Malta, Lituania, Lettonia ed Estonia), dei paesi vicini all'Unione europea che aderiranno in futuro e dei paesi del bacino del Mediterraneo?

 
  
 

La revisione delle reti transeuropee (RTE) nel settore dei trasporti si svolgerà nel quadro della procedura di codecisione sulla base di una proposta della Commissione. Dato che la proposta non è ancora stata presentata, non è possibile fornire indicazioni quanto alle intenzioni del Consiglio riguardo a specifiche questioni prioritarie in materia di RTE.

Tuttavia, come avrà notato l'Onorevole Parlamentare, la relazione del Gruppo ad alto livello, noto come Gruppo Van Miert, incaricato dalla Commissione di individuare progetti prioritari alla luce delle proposte degli Stati membri in preparazione della proposta della Commissione, ha identificato quale misura orizzontale prioritaria le "autostrade marittime". Esse includono le rotte che collegano gli Stati membri del Mar Baltico con gli Stati membri centrali ed occidentali nonché del Mediterraneo orientale ed occidentale.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 38 dell'on. Liam Hyland (H-0463/03)
 Oggetto: Il futuro del mercato della lana
 

Può la Commissione indicare quali sono i suoi programmi per sviluppare e sostenere il mercato della lana all'interno e al di fuori dell'Unione Europea e quale futuro prevede per i giovani allevatori che già lavorano o che sperano di lavorare in questo settore?

 
  
 

Prima di rispondere in modo più approfondito all’interrogazione dell’onorevole parlamentare, la Commissione desidera richiamare l’attenzione sul fatto che essa sostiene il reddito degli allevatori di pecore attraverso un’organizzazione comune del mercato. A livello comunitario non esiste alcun regime specifico a sostegno del settore della lana e la Commissione non intende istituire un regime di questo genere nel prossimo futuro. Esistono tuttavia alcune possibilità di sostenere il settore.

In questo contesto, la Commissione desidera citare i programmi di sviluppo rurale, e più specificamente l’iniziativa LEADER+, che hanno finanziato alcuni progetti relativi alla lana. Anche i Fondi strutturali hanno sostenuto progetti di sviluppo rurale di cui ha beneficiato il settore della lana.

Per quanto riguarda i giovani allevatori, a seguito della riforma della politica agricola comune (PAC) sulla quale il Consiglio “Agricoltura” ha raggiunto un accordo nel giugno 2003, nel regolamento (CE) n. 1257/99 sul sostegno allo sviluppo rurale verranno introdotte tre nuove disposizioni dalle quali a trarre vantaggio saranno in particolare i giovani che lavorano nel settore agricolo, vale a dire:

innanzi tutto, un nuovo considerando che stabilisce che i giovani agricoltori devono essere considerati una priorità;

in secondo luogo, un aumento di 5 punti percentuali del livello massimo di aiuti pubblici che possono essere concessi a favore degli investimenti nelle aziende agricole; ciò significa in pratica un aumento dal 45 al 50 per cento per le zone non svantaggiate e dal 55 al 60 per cento per le zone svantaggiate;

in terzo luogo, un più elevato sostegno a favore dell’insediamento di giovani agricoltori che fanno ricorso ai servizi di consulenza aziendale in relazione all’insediamento, con un aumento del premio massimo da 25 000 a 30 000 euro.

A seguito dell’adozione dei testi giuridici di riforma della PAC, gli Stati membri potranno avvalersi di queste nuove possibilità e adattare i loro programmi di sviluppo rurale. Se vi sono giovani agricoltori che ritengono esistano per loro buone opportunità nel settore della lana e intendono avviare un’azienda ed investire in essa, le nuove disposizioni possono consentire loro di farlo. Spetta tuttavia ai giovani agricoltori in qualità di operatori del mercato prendere una simile decisione sulla base di una valutazione delle opportunità di lavoro che riescono a scorgere.

 

Interrogazione n. 39 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0464/03)
 Oggetto: Sviluppo del potenziale commerciale delle nostre risorse di alghe marine
 

Può dirsi la Commissione convinta circa il pieno sfruttamento del potenziale delle risorse naturali di alghe marine dell’UE? Benché in Irlanda se ne ricavi un profitto annuo di soli 15 milioni di Euro, esiste la possibilità di uno sviluppo di gran lunga superiore. Accanto a tanti altri modi d’impiego, le alghe raccolte possono costituire la base per la preparazione di cibi e integratori alimentari, fertilizzanti, prodotti per l’ammendamento del terreno e per l’acquacoltura.

Può la Commissione rendere noto l’aiuto che intende fornire allo sviluppo delle risorse di alghe marine, nonché ad attività di ricerca e di formazione in tale settore? Può rivelare le sue eventuali future proposte in questo settore suscettibile di creare occupazione nelle regioni costiere dell’Unione Europea? Ha infine realizzato studi relativi a questo settore in altri Stati membri e al di fuori dell’Unione?

 
  
 

Come l’onorevole parlamentare ha sottolineato, le alghe marine rappresentano una preziosa risorsa che può contribuire allo sviluppo socioeconomico delle regioni costiere attraverso la raccolta delle alghe marine che crescono naturalmente o la loro coltivazione. La prima soluzione offre poche possibilità di sviluppo nell’Unione europea in quanto nella maggior parte degli Stati membri la raccolta delle alghe viene già effettuata nella massima misura possibile. Tali Stati membri hanno infatti già definito complesse normative per ottimizzare la raccolta delle alghe nelle zone in prossimità della costa evitando un eccessivo sfruttamento di queste risorse sessili marine viventi.

Per quanto riguarda la seconda opzione, nell’Unione europea vengono già coltivate quantità minime di alghe marine e in alcuni Stati membri può esistere la possibilità di una futura espansione, come indicato nella recente comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo intitolata “Una strategia per lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura europea”. In tale documento strategico, la Commissione raccomanda di diversificare le attività nel settore dell’acquacoltura e di dedicare maggiori sforzi alla ricerca su nuove specie, soprattutto quelle, come le alghe, che sono più atte ad utilizzare efficacemente la produzione primaria. A questo proposito, è già stato fornito un contributo comunitario ad almeno due progetti di ricerca volti a migliorare le tecniche di coltivazione delle alghe, di cui uno che riguarda la Laminaria digitata (progetto AIR3-CT94-2235), l’altro l’alga rossa commestibile Palmaria palmata (progetto FAIR-CT97-3828).

Gli Stati membri che desiderano sviluppare la coltivazione delle alghe, possono ricorrere a tale scopo ai Fondi strutturali europei, destinando in particolare una quota rilevante dei fondi ad essi assegnati attraverso lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP) allo sviluppo dell’acquacoltura e/o alla trasformazione o alla commercializzazione dei suoi prodotti. Gli Stati membri possono altresì seguire la raccomandazione della Commissione di destinare maggiori finanziamenti pubblici alla diversificazione dell’acquacoltura, che potrebbe offrire buone prospettive di un futuro sviluppo della coltivazione delle alghe.

 

Interrogazione n. 40 dell'on. María Rodríguez Ramos (H-0480/03)
 Oggetto: Stabilimento di una nuova tipologia delle zone rurali nell'UE
 

Alla luce delle conclusioni del resoconto della Corte dei conti n° 4/2003 e tenendo conto delle conclusioni critiche della stessa riguardo all’efficacia delle misure a sostegno delle zone sfavorite dei diversi programmi di sviluppo rurale, è evidente che la nuova situazione creata attraverso la riforma della PAC aumenta i rischi di abbandono dell’attività e lo spopolamento delle zone sfavorite dell’Unione europea.

La Commissione pensa ad una nuova classificazione delle zone rurali con criteri obiettivi ambientali, di impiego e di ruralità, così come ha sollecitato il PE nei suoi resoconti A5-0164/2002 a proposito dello sviluppo rurale nel quadro dell’Agenda 2000 e A5-0189/2003 riguardo la multifunzionalità nella riforma della PAC?

 
  
 

La Commissione ha preso atto con attenzione dell’interrogazione dell’onorevole parlamentare sulla classificazione delle zone rurali.

Tenuto conto della loro notevole diversità, delle zone rurali non esiste un’unica definizione decisa di comune accordo e riconosciuta a livello internazionale. La stessa Commissione attualmente non intende proporre nuovi criteri obiettivi per la definizione di una tipologia delle zone rurali.

Tale definizione potrebbe essere presa in considerazione solo nel contesto dell’elaborazione della politica di sviluppo rurale per il periodo successivo al 2006. Tuttavia, anche in questa prospettiva a più lungo termine, la Commissione non è sicura che per l’attuazione della politica comunitaria di sviluppo rurale sia necessaria una tipologia comune definita a livello comunitario, né che un’unica tipologia comune possa tener conto dell’ampia varietà di situazioni rurali che esisterà in un’Unione allargata.

In base al regolamento (CE) n. 1257/1999, attualmente spetta agli Stati membri definire, durante l’elaborazione dei loro programmi di sviluppo rurale, ciò che ritengono essere zone rurali, nell’ambito dei loro specifici contesti nazionali e/o regionali.

La Commissione ritiene che l’attuale quadro flessibile nell’ambito del quale viene attuata la politica comunitaria di sviluppo rurale, che offre un elevato grado di sussidiarietà agli Stati membri, garantisca anche un sufficiente margine di manovra per quegli Stati membri o regioni che desiderano concentrare le misure previste nei loro programmi sulle esigenze specifiche delle zone rurali.

Nel quadro delle misure relative alle zone svantaggiate e alle zone soggette a vincoli ambientali specificate nel capo V del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, esistono alcuni precisi criteri comunitari che comportano quanto segue:

a) innanzi tutto, una distinzione tra zone rurali svantaggiate e altre zone rurali;

b) una tipologia comunitaria degli svantaggi delle zone svantaggiate, vale a dire:

svantaggi naturali (zone di montagna, zone situate a nord del 62o parallelo, zone nelle quali ricorrono svantaggi specifici, zone soggette a vincoli ambientali derivanti dal diritto comunitario);

svantaggi socioeconomici con minaccia di spopolamento.

Come specificato nelle risposte della Commissione alla relazione speciale n. 4/2003 della Corte dei conti riguardante il sostegno alle zone svantaggiate, la valutazione dei risultati degli attuali programmi fornirà indicazioni sulla necessità o meno di rivedere i criteri di classificazione delle zone svantaggiate e, sulla base di tali indicazioni, per quanto riguarda il periodo successivo al 2006, la Commissione prenderà in esame l’opportunità di modificare l’attuale sistema.

 

Interrogazione n. 41 dell'on. María Esther Herranz García (H-0508/03)
 Oggetto: Organizzazione comune di mercato degli ortofrutticoli
 

La normativa adottata recentemente, che modifica i regolamenti (CE) 609/2001(1) e (CE) 412/97(2) che disciplinano la costituzione di organizzazioni di produttori di prodotti ortofrutticoli, anziché semplificare le disposizioni sinora vigenti le complica ulteriormente, poiché riconosce agli Stati membri un notevole margine di manovra relativamente alla fissazione dei requisiti per la costituzione di tali organizzazioni. Le nuove norme prevedono la possibilità, qualora lo Stato membro in questione lo ritenga opportuno, che le organizzazioni di produttori commercializzino ortofrutticoli che non siano prodotti dai propri affiliati. È altresì autorizzata la partecipazione al capitale di soci non produttori. Oltre ad essere suscettibili di provocare distorsioni della concorrenza, in quanto implicano una rinazionalizzazione dell'organizzazione comune di mercato, le nuove norme potrebbero segnare la fine degli sforzi compiuti dal settore per concentrare la produzione.

Può la Commissione indicare quali sono le ragioni alla base di questa vera e propria riforma dell'organizzazione comune di mercato, specificando altresì se dispone di previsioni circa il possibile impatto di tali misure sul mercato?

 
  
 

A seguito della relazione relativa al funzionamento dell’organizzazione comune dei mercati (OCM) nel settore degli ortofrutticoli presentata dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo nel gennaio 2001 e in base alle conclusioni cui è giunta la Presidenza spagnola dopo l’esame di tale relazione in sede di Consiglio, è apparsa tassativa la necessità di semplificare la normativa in materia di prodotti ortofrutticoli.

Si è rivelato necessario procedere in tal senso per semplificare la vita degli operatori ed accrescere la certezza giuridica per loro nonché per gli Stati membri, a maggior ragione se si pensa all’imminente allargamento e all’importanza, per i futuri Stati membri, di un miglioramento dell’acquis comunitario.

La Commissione ha avviato tale processo nel dicembre 2002 attraverso un riesame delle disposizioni di applicazione dell’OCM in questione. I lavori si sono svolti nel quadro del Comitato di gestione, anche se la discussione è stata estesa ai principali rappresentanti del settore e alla Commissione sono pervenuti numerosi suggerimenti e osservazioni da parte di organizzazioni professionali nazionali, regionali ed europee, cooperative e organizzazioni di produttori (OP).

Nella riunione del comitato di gestione tenutasi all’inizio di luglio 2003, la maggioranza delle delegazioni ha sostenuto gran parte delle nuove disposizioni di semplificazione proposte dalla Commissione.

La Commissione ritiene che tale semplificazione consentirà al settore di conseguire uno degli obiettivi della riforma del 1996, vale a dire che le OP siano in grado di concentrare maggiormente l’offerta di prodotti ortofrutticoli. Partendo da un dato di circa il 30 per cento della produzione concentrata da parte delle OP alla vigilia della riforma, l’obiettivo prefissato era quello di arrivare al 60 per cento. Nel 2001 tale indicatore era tuttavia ancora limitato al 40 per cento. Secondo la Commissione, le modifiche apportate potranno rendere le OP più atte a rispondere alle sfide di un mercato molto competitivo e più capaci di concentrare maggiormente l’offerta mediante OP transnazionali ed associazioni di OP, strumenti questi che sono stati rafforzati, nonché attraverso la cooperazione tra varie OP, largamente incoraggiata dalle nuove norme.

La semplificazione consentirà altresì agli Stati membri di tener conto in modo più adeguato delle situazioni concrete particolari che caratterizzano ciascuno di essi e per le quali è stato ritenuto necessario un rafforzamento della sussidiarietà.

 
 

(1) GU L 90 del 30.3.2001, pag. 4.
(2) GU L 62 del 4.3.1997, pag. 16.

 

Interrogazione n. 45 dell'on. Bernd Posselt (H-0487/03)
 Oggetto: Situazione umanitaria nel Caucaso
 

Come giudica la Commissione i recenti sviluppi della situazione umanitaria nelle seguenti aree di crisi nel Caucaso: Cecenia, Abkhazia e Nagorno-Karabakh?

 
  
 

La situazione nella parte settentrionale del Caucaso continua a deteriorarsi, soprattutto per quanto riguarda la protezione degli 85 000 sfollati in Inguscezia e la fornitura di aiuti umanitari. La Commissione è estremamente preoccupata in particolare per l’attuale situazione degli sfollati, che sono oggetto di crescenti pressioni affinché rientrino in Cecenia. Le ultime dichiarazioni rese alcune settimane fa dalle autorità cecene, ingusce e russe, secondo le quali entro la fine di settembre non vi sarebbero state più tendopoli in Inguscezia, sono andate ad aggiungersi alle varie forme di pressione esercitate sugli sfollati affinché lascino il paese. Alle organizzazioni umanitarie, fra le quali l’Ufficio per gli aiuti umanitari della Comunità europea (ECHO), continua ad essere impedito di sostituire le tende nei campi o di costruire ripari alternativi per gli sfollati che non vogliono tornare in Cecenia finché prevarrà una situazione di incertezza. Le 180 camerate costruite da Médicins sans Frontières (MSF) con il finanziamento di ECHO finora sono rimaste vuote. Si tratta di fattori che indicano con chiarezza una maggiore vulnerabilità degli sfollati in Inguscezia e una riduzione del livello di protezione al quale hanno diritto. La situazione si è inoltre deteriorata anche dal punto di vista della sicurezza, per il fatto che le forze armate provenienti dalla Cecenia hanno esteso le operazioni di rastrellamento ai civili dislocati in insediamenti spontanei.

Nella Cecenia propriamente detta, la situazione continua a deteriorasi e con ogni probabilità la violenza e l’insicurezza sono destinate ad intensificarsi con l’avvicinarsi delle elezioni. Continuano ad essere commesse gravi e diffuse violazioni dei diritti umani, in particolare il rapimento di civili di notte, le torture e le esecuzioni senza processo. Finora non è migliorata neppure la situazione umanitaria e le persone, in particolare a Grozny, continuano a dipendere in larga misura dagli aiuti umanitari esterni per la loro sopravvivenza.

L’accesso alla Cecenia continua ad essere purtroppo estremamente difficile, se non impossibile, per il personale umanitario e svolgere attività nel paese comporta enormi rischi per gli operatori umanitari, come dimostra l’esempio di Arjan Erkel, il capo di MSF rapito 13 mesi fa. Come l’onorevole parlamentare sa, tutti i tentativi compiuti finora presso le autorità russe per quanto riguarda Erkel non hanno sortito alcun effetto e la Commissione conta sul costante sostegno degli onorevoli parlamentari per sollevare la questione in ogni possibile occasione finché non si otterrà la sua liberazione.

A causa dell’elevato livello di insicurezza, la maggior parte delle agenzie umanitarie ha dovuto attuare la propria attività a distanza, affidandosi in larga misura all’eccezionale opera svolta dal personale locale.

ECHO continuerà a sostenere tali organizzazioni e manterrà lo stesso livello di finanziamento per le vittime della crisi cecena: la dotazione finanziaria per quest’anno è di 26 milioni di euro. La Commissione, attraverso ECHO, continua ad essere il principale donatore nella regione e dall’inizio del secondo conflitto in Cecenia ha già stanziato 93 milioni di euro. I principali settori di intervento di ECHO sono la fornitura di alimenti, la distribuzione di prodotti non alimentari, l’assistenza sanitaria, l’approvvigionamento idrico ed i servizi igienico-sanitari, la protezione, l’istruzione e gli alloggi. La maggioranza dei beneficiari di ECHO è costituita da donne e bambini.

Per essere più vicino a tali beneficiari ed avere maggiore accesso in Cecenia, ECHO sta ancora cercando di aprire una sezione distaccata a Nazran, in Inguscezia. Il compito si sta purtroppo rivelando molto difficile in quanto le autorità russe finora si sono rifiutate di concedere il permesso. La Commissione spera che alla fine le autorità russe forniscano una risposta positiva alla richiesta e che sia possibile raggiungere un accordo in materia.

Tenuto conto del deterioramento della situazione e dei numerosi problemi che ECHO e le organizzazioni associate devono affrontare nella distribuzione degli aiuti, la Commissione ha sollevato la questione con la controparte russa in varie occasioni e con particolare insistenza e il Commissario responsabile per lo sviluppo e la cooperazione ha personalmente scritto due volte al Presidente dell’Inguscezia per esprimere le proprie preoccupazioni e chiedere il suo sostegno, nella speranza che in questo modo si possa favorire il perseguimento della nostra opera a favore delle molte vittime della terribile crisi in atto.

La situazione in Abkhazia non è affatto migliorata da un punto di vista umanitario, ma si è addirittura deteriorata negli ultimi anni, con una presenza molto limitata di organizzazioni umanitarie. Per questo motivo, tenuto conto dell’entità delle esigenze dimenticate, nel 2002 ECHO ha deciso di rinnovare il suo sostegno a favore delle popolazioni più vulnerabili. Nel 2000 ECHO, come la maggior parte dei donatori umanitari, si era gradualmente ritirato dall’Abkhazia, sperando che la situazione sarebbe migliorata. Purtroppo le speranze si sono rivelate vane e la mancanza di una soluzione al conflitto ha avuto conseguenze negative sulla situazione economica della regione.

Il finanziamento di ECHO a favore delle vittime del conflitto abkhaziano, in Abkhazia e nel resto della Georgia occidentale, è stato pari a 1,3 milioni di euro nel 2002, mentre nel 2003 sarà di 2,2 milioni di euro. I fondi consentiranno di finanziare mense gratuite e la distribuzione di alimenti secchi, nonché programmi per la creazione di reddito e la produzione alimentare e attività di lavoro in cambio di cibo. ECHO continuerà a tenere regolarmente la situazione sotto controllo ed il suo impegno durerà finché permarranno le esigenze umanitarie.

ECHO non è presente in Nagorno-Karabakh, ma continua a seguire l’evolversi della situazione e sarà pronto ad intervenire nel caso di un deterioramento.

 

Interrogazione n. 46 dell'on. Yvonne Sandberg-Fries (H-0489/03)
 Oggetto: Più equa ed efficace esecuzione dei pagamenti alle organizzazioni non governative
 

Alcuni organi comunitari, come ad esempio l’Agenzia europea per la ricostruzione (EAR), invitano le ONG a partecipare a specifici progetti per i quali sono previsti finanziamenti comunitari. Le norme concernenti le modalità di pagamento sono ritenute da alcune ONG come poco pratiche e penalizzanti, anche perché i pagamenti possono consistere nel versamento di più rate a consuntivo su presentazione delle pezze giustificative. In pratica, ciò comporta per le ONG la necessità di anticipare notevoli importi monetari, spesso senza averli a disposizione. Inoltre, il saldo definitivo dell’importo pattuito avviene solo a progetto ultimato e a conti chiusi, previa approvazione di un revisore dei conti. Ciò significa che sono le ONG, e non l’Istituzione comunitaria, a farsi carico del rischio economico. La procedura di pagamento è inoltre fonte di notevoli difficoltà amministrative per le ONG, che operano in larga misura grazie al volontariato.

Ha la Commissione effettuato, o intende provvedervi, una valutazione dell’equità e dell’efficacia di tale sistema di pagamento nei confronti dei soggetti selezionati mediante la relativa richiesta d’offerta?

 
  
 

Il pagamento delle sovvenzioni alle organizzazioni non governative (ONG) a titolo del bilancio generale dell’Unione è disciplinato dal regolamento finanziario applicabile al bilancio generale, in particolare dagli articoli da 79 a 82 e da 177 a 119 (nonché gli articoli 97, 99, 104-105, e da 180 a 183 delle modalità d’esecuzione). Tali disposizioni impongono alla Commissione di garantire la corretta utilizzazione dei fondi comunitari, in particolare limitando il livello di prefinanziamento e prevedendo l’effettuazione di revisioni contabili e la richiesta di garanzie finanziarie. E’ prevista una semplificazione delle procedure di controllo per le ONG che firmano un accordo quadro di partenariato con la Commissione sulla base dell’articolo 163 delle modalità d’applicazione del regolamento finanziario (procedura di attuazione per le azioni di aiuto umanitario).

La Commissione si avvale della flessibilità prevista dalle modalità d’esecuzione del regolamento finanziario in particolare per accelerare le procedure di pagamento a favore delle ONG.

Le procedure di versamento dei pagamenti relativi alle sovvenzioni nel quadro delle azioni esterne (anche da parte dell’Agenzia europea per la ricostruzione) sono pertanto favorevoli alle ONG. Entro 45 giorni dalla firma del contratto, viene versato un prefinanziamento che può arrivare fino all’80 per cento dell’importo contrattuale (o della dotazione finanziaria per il primo anno in caso di contratti pluriennali). Tale prefinanziamento è nettamente superiore alla media della Commissione. Per i contratti pluriennali il prefinanziamento cumulativo può arrivare fino al 90 per cento dell’importo contrattuale.

Inoltre, per accelerare i pagamenti, questi ultimi vengono effettuati dietro semplice presentazione e approvazione delle relazioni intermedie o finali (comprese le relazioni di revisione contabile qualora l’importo dei pagamenti lo giustifichi). Le pezze giustificative vengono conservate dal beneficiario in caso di eventuale verifica ex post da parte della Commissione.

La Commissione ritiene di non poter rendere ancor più flessibili le procedure di pagamento senza compromettere le sue possibilità di garantire una corretta esecuzione delle azioni sovvenzionate, conformemente al principio di una sana gestione finanziaria.

 

Interrogazione n. 47 dell'on. Richard Howitt (H-0502/03)
 Oggetto: Trasparenza della preparazione della revisione di medio termine
 

La comunicazione della Commissione “Partecipazione degli attori non statali alla politica di sviluppo della CE” (7/11/02 – COM(2002)0598/def) mira a diffondere il principio, stabilito nell’accordo di Cotonou (art. 2, par. 4 e 6, tra l’altro), della partecipazione degli attori non statali ad ogni fase della politica di sviluppo nei confronti di tutte le regioni. Inoltre, la comunicazione della Commissione “Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo” (COM(2002)0704/def), include l’impegno ad un dialogo aperto, onnicomprensivo e non restrittivo con gli attori non statali nella politica di sviluppo a tutti i livelli della formulazione e dell’attuazione strategica. In tale contesto può la Commissione descrivere la qualità e le dimensioni del dialogo che intende portare avanti con gli attori non statali e i paesi partner nel preparare la revisione di medio termine. Intende la Commissione rendere accessibili agli attori non statali i criteri su cui si basano le revisioni?

 
  
 

Le revisioni intermedie dei documenti strategici nazionali e regionali offrono l’opportunità di proseguire ed approfondire il dialogo con la società civile o di instaurarlo in una minoranza di casi in cui non sia ancora stato avviato. Si tratta di un momento fondamentale per compiere ulteriori progressi nell’attuazione del principio partecipativo nel processo di sviluppo.

La Commissione si avvarrà dell’esperienza acquisita, basandosi sulla revisione dei documenti strategici nazionali dell’anno scorso, per compiere ulteriori passi avanti durante le revisioni intermedie del 2004 per quanto riguarda i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Verranno pubblicati precisi orientamenti attualmente in fase di definizione. Verrà concesso più tempo per la consultazione. La Commissione farà in modo che vengano fornite informazioni sufficienti ad un’ampia serie di attori non statali e che venga effettuata un’adeguata verifica dei risultati delle consultazioni.

Saranno resi disponibili i criteri delle revisioni intermedie. Le relazioni annuali congiunte vengono già rese pubbliche. Esse contengono tutte le pertinenti informazioni sul processo di revisione intermedia e sull’uso delle risorse del FES per gli attori non statali, nonché informazioni sul processo di dialogo e di consultazione.

Gli attori non statali, nonché i parlamentari nazionali ed i membri dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, avranno accesso agli elementi fondamentali del processo di revisione. In questo modo, la Commissione fa del suo meglio per garantire trasparenza ed apertura.

 

Interrogazione n. 48 dell'on. John Bowis (H-0503/03)
 Oggetto: Aspetti sanitari dei documenti strategici per paese e dei documenti strategici per la riduzione della povertà
 

Ha la Commissione monitorato attentamente e verificato gli aspetti sanitari dei documenti strategici per paese e dei documenti strategici per la riduzione della povertà e in che modo intende eventualmente garantire una maggiore attenzione di sistemi sanitari e alla capacità sanitaria nei suoi documenti strategici per quanto attiene a ciascun paese in via di sviluppo, cui fornisce aiuti?

 
  
 

Prima di essere approvati, tutti i documenti strategici per paese vengono sottoposti ad un attento processo di verifica e di sostegno alla qualità. La verifica comprende un esame della scelta dei settori prioritari e non prioritari selezionati e consente alla Commissione di verificare quali paesi hanno incluso gli aspetti sanitari quali priorità.

La concentrazione degli aiuti su un numero limitato di settori prioritari e la partecipazione dei paesi alla gestione delle attività sono principi importanti nella programmazione strategica nazionale. I settori di intervento vengono scelti sulla base della complementarità con altri donatori e del vantaggio comparativo della Commissione nel paese interessato. Ne consegue che, mentre la Commissione la promuove costantemente quale obiettivo di sviluppo, la sanità non sempre viene scelta quale settore prioritario dell’aiuto comunitario.

Diciassette paesi in via di sviluppo hanno individuato la sanità quale settore prioritario nei documenti strategici nazionali completati entro la fine del 2002. Nei programmi indicativi nazionali, il livello degli stanziamenti a favore della sanità continua ad essere basso, ma i fondi comunitari sono sempre più finalizzati al sostegno al bilancio generale. Uno dei vantaggi è che, a differenza dei progetti tradizionali, il sostegno al bilancio offre la possibilità di disporre di finanziamenti aggiuntivi per le spese ricorrenti, che costituiscono la maggior parte del bilancio sanitario. Tale sostegno può anche fornire risorse supplementari per attività al di fuori del settore sanitario che hanno effetti positivi sulla situazione sanitaria, ad esempio il miglioramento dell’approvvigionamento idrico e dei servizi igienico-sanitari. Nei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico al sostegno al bilancio generale viene destinato il 24,4 per cento delle risorse programmabili del nono Fondo europeo di sviluppo, che ammontano ad oltre 1,73 miliardi di euro. Gli orientamenti della Commissione in materia di programmazione e di controllo degli indicatori nel settore sanitario mirano a garantire i collegamenti tra strategie di sostegno finanziario per la riduzione della povertà e miglioramento dei risultati nel settore sanitario.

I documenti strategici per la riduzione della povertà (DSRP) vengono definiti dalle autorità nazionali in consultazione con tutte le principali parti interessate. Qualora un paese disponga di un documento di questo genere, la politica della Commissione è che il documento di strategia nazionale deve essere ad esso allineato. I documenti in questione forniscono un quadro unico, completo e quantificato per le priorità di sviluppo sociale e dovrebbero prevedere lo stanziamento di maggiori risorse per i settori sociali. Di recente la Commissione ha partecipato ad una consultazione per valutare il lavoro analitico riguardo agli aspetti sanitari nei documenti strategici per la riduzione della povertà effettuato dall’Organizzazione mondiale della sanità, dal quale è risultato che l’importanza della sanità è in genere riflessa in modo adeguato nei DSRP e che questi ultimi includono strategie sanitarie riconosciute a favore dei poveri.

 

Interrogazione n. 49 dell'on. Bastiaan Belder (H-0507/03)
 Oggetto: Informazioni sull'HIV e sull'AIDS nei paesi in via di sviluppo
 

Nel quadro della cooperazione allo sviluppo, la Commissione europea si interessa ai vari aspetti connessi con un “comportamento sessuale sicuro e responsabile”. Quale quota percentuale degli sforzi della Commissione europea in materia di lotta contro l’HIV e l’AIDS è consacrata ad azioni volte a ritardare l’età dei primi rapporti sessuali e a diminuire il numero dei partner? Può la Commissione citare esempi concreti del suo approccio globale, mettendo in luce i vari aspetti del comportamento sessuale sicuro e responsabile?

Nel quadro della lotta contro l’HIV e l’AIDS, qual è la quota delle organizzazioni a carattere religioso che percepiscono aiuti, rispetto al numero totale di organizzazioni di tipo sociale?

Intende la Commissione europea vigilare affinché determinate organizzazioni non siano escluse dai benefici dei Fondi europei per la lotta contro l’HIV e l’AIDS a causa della loro concezione della sessualità e delle relazioni durevoli?

 
  
 

La presente risposta viene fornita quale chiarimento a seguito di interrogazioni precedenti discusse il 10 aprile ed il 3 luglio 2003.

La base della politica comunitaria in materia di salute sessuale e riproduttiva è il programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo. In relazione all’HIV/AIDS, i paragrafi 8.28-8.35 riguardano in particolare la fornitura di informazioni e la promozione di un comportamento sessuale sicuro e responsabile – compresi l’astinenza volontaria e l’uso di profilattici. La Commissione desidera sottolineare l’importanza di fornire informazioni riguardo all’offerta di consulenza e allo svolgimento di test dell’HIV su base volontaria (come citato nell’ICPD+5).

A parere della Commissione, pertanto, la questione dell’educazione in materia di sesso e di sessualità dev’essere affrontata nella sua globalità. I giovani devono essere informati ed incoraggiati a pensare e decidere da soli e ad agire in modo responsabile. Tale educazione deve anche tener conto di una forte prospettiva di genere. Anche se l’astinenza presuppone un comportamento “sicuro” per quanto riguarda la trasmissione dell’HIV, è necessario essere realistici e rendersi conto che non sempre costituisce la scelta o un’opzione per chi è sessualmente attivo, in particolare per le donne. Secondo la Commissione è irresponsabile limitarsi a predicare o a prescrivere l’astinenza quale unica possibilità. E’ pertanto fondamentale fornire informazioni pratiche su come ci si può proteggere, in particolare sull’uso dei profilattici.

E’ impossibile dire in termini percentuali quale quota relativa degli sforzi comunitari è consacrata ad azioni volte a ritardare l’età dei primi rapporti sessuali e a diminuire il numero dei partner. La maggior parte dell’assistenza comunitaria a favore di attività riguardanti la popolazione è costituito da un sostegno a favore del miglioramento della situazione sanitaria o in un sostegno al bilancio generale, ma anche il sostegno specifico in questo settore non è subordinato al fatto di concentrare gli sforzi su questo o quel mezzo di prevenzione dell’HIV/AIDS.

La Commissione non opera alcuna distinzione o categorizzazione specifica per quanto riguarda le organizzazioni a carattere religioso, anche se tali organizzazioni sono e continueranno ad essere incoraggiate a chiedere il sostegno comunitario attraverso regolari inviti a presentare proposte.

Per fornire un esempio concreto, i candidati dell’ultimo invito a presentare proposte nell’ambito della linea di bilancio tematica B7-6311 “Programma di lotta contro le malattie legate alla povertà nei paesi in via di sviluppo: lotta contro l’HIV/AIDS” dovevano essere non a scopo di lucro e appartenere ad una delle seguenti categorie: organizzazioni non governative, operatori del settore pubblico indipendenti rispetto allo Stato, organizzazioni locali, istituti di ricerca o di formazione. L’obiettivo dell’invito era accrescere la pertinenza e l’efficacia dei programmi di lotta contro l’HIV/AIDS migliorandone l’effetto sui giovani in generale, e sulle giovani donne in particolare, e includendovi i poveri e le popolazioni a rischio.

A seguito del processo di valutazione, sono stati selezionati sei candidati quali destinatari del sostegno comunitario, fra cui organizzazioni civili quali Danchurch e World Vision Netherlands.

Per quanto riguarda tutti gli altri candidati che seguono gli orientamenti dell’invito a presentare proposte in questione, una delle priorità dev’essere costituita da attività di informazione, educative e di comunicazione volte a modificare i comportamenti assicurandosi che il contesto sociale, sanitario, economico e culturale renda possibile i cambiamenti auspicati. Un comportamento sessuale sicuro e responsabile può comprendere un ritardo dell’età del primo rapporto sessuale e una diminuzione del numero dei partner, ma anche altri elementi quali l’uso di profilattici o di altri tipi di contraccettivi.

Informazioni relative agli inviti a presentare proposte, ai criteri di selezione e di ammissibilità e alle azioni selezionate sono disponibili sul sito di EuropeAid

.

 

Interrogazione n. 55 dell'on. Patricia McKenna (H-0485/03)
 Oggetto: Rispetto dei regolamenti dell'Unione europea riguardanti le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono
 

Il governo irlandese è l’unico governo degli Stati membri dell’Unione europea a non aver fornito informazioni alla Commissione a norma del regolamento (CE) 2037/2000(1) sul controllo delle sostanze che danneggiano lo strato di ozono. Può la Commissione illustrare le azioni in corso per garantire il rispetto del suddetto regolamento e indicare se il governo irlandese potrebbe essere passibile di ammende per detta inosservanza, specificando, in caso affermativo, l’ammontare di tali ammende?

 
  
 

L’Irlanda deve comunicare le iniziative intraprese per promuovere e istituire sistemi per il recupero, il riciclaggio, la rigenerazione e la distruzione delle sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono nonché le misure introdotte per controllare le fughe di tali sostanze e definire i requisiti professionali minimi del personale utilizzato(2). L’Irlanda non ha adempiuto a tali obblighi di informazione. La Commissione ha pertanto esercitato i poteri ad essa conferiti dall’articolo 226 del Trattato CE per avviare una procedura d’infrazione(3) contro tale paese. Il 9 luglio 2003 la Commissione ha deciso di rinviare l’Irlanda dinanzi alla Corte di giustizia. Il caso è stato oggetto di un comunicato stampa pubblicato il 22 luglio 2003(4).

Se la Corte di giustizia stabilirà che l’Irlanda è tenuta a comunicare le informazioni menzionate in precedenza, l’Irlanda dovrà conformarsi alla sentenza della Corte. Se tuttavia l’Irlanda non eseguirà tale sentenza, la Commissione potrà avviare una nuova procedura ai sensi dell’articolo 228 del Trattato CE. In questo caso, l’Irlanda potrebbe essere condannata a pagare una sanzione giornaliera fissata dalla Corte di giustizia qualora continuasse a non comunicare le informazioni richieste conformemente al regolamento(5).

La Commissione ha pubblicato una comunicazione sull’applicazione dell’articolo 171 del Trattato CE(6) e una comunicazione sulla sua dottrina e sul suo metodo di calcolo di una penalità giornaliera(7). Spetta tuttavia alla Corte pronunciarsi in merito al livello di un’eventuale sanzione giornaliera.

 
 

(1) GU L 244 del 29.9.2000, pag. 1.
(2) Ai sensi degli articoli 16 e 17 del regolamento (CE) n. 2037/2000 sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, GU L 244 del 29.9.2000, pag. 1.
(3) Infrazione A2002/2142.
(4) IP/03/1069.
(5) La sanzione giornaliera viene imposta qualora uno Stato membro non si conformi ad una prima sentenza della Corte di giustizia e la Commissione adisca in materia una seconda volta la Corte di giustizia.
(6) GU C 242 del 21.8.1996.
(7) GU C 63 del 28.2.1997.

 

Interrogazione n. 56 dell'on. Astrid Thors (H-0498/03)
 Oggetto: Strategia antidiossina nell'ambiente marino
 

In sede di fissazione, fine 2001, dei valori limite per le concentrazioni di diossina nei prodotti alimentari, la Commissione aveva rilevato l’opportunità di definire una capillare strategia di lotta alla diossina. Contestualmente alla strategia del 24.10.2001 (diossina, furano, PCB) si evidenziava altresì la necessità di effettuare ulteriori lavori di ricerca. Dal canto suo, la strategia in materia di tutela dell’ambiente marino sostiene l’opportunità di varare un programma pilota integrato per controllare le incidenze della diossina (misura 7). In tale contesto si rileva inoltre che i risultati dei controlli delle concentrazioni di diossina nei pesci di allevamento e allo stato selvatico saranno presentati entro e non oltre il 2004 (misura 15).

Potrebbe la Commissione fare il punto dei lavori di preparazione per il varo di un programma pilota in materia di sorveglianza delle incidenze? Ha la Commissione ventilato la possibilità di appoggiare attività di pesca finalizzate alla riduzione del tenore di diossina nel Mar Baltico? Intende la Commissione presentare un’apposita strategia diretta a ridurre il tenore di diossina nei pesci?

 
  
 

Il programma pilota intitolato “Monitoraggio integrato delle diossine e dei PCB nella regione baltica” è già stato avviato dalla Commissione.

Tale programma è stato avviato nel contesto di varie altre iniziative di seguito riportate.

Attuazione della strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati(1).

Concessione di una deroga alla Svezia e alla Finlandia per quanto riguarda i livelli massimi di diossina nei pesci del Mar Baltico destinati al consumo nella regione.

Definizione della strategia per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino(2).

Attuazione della strategia europea per l’ambiente e la salute.

Lo svolgimento del programma pilota si articola in tre fasi, come di seguito illustrato.

Nell’ottobre 2002 si è tenuta a Warnemünde una riunione della Commissione per la protezione dell’ambiente marino del Mar Baltico (HELCOM ) e del gruppo per il monitoraggio e la valutazione (MONAS). Ai nove paesi baltici è stato chiesto di designare esperti in materia di ambiente, risorse ittiche e salute umana e di fornire alla Commissione un quadro generale delle varie attività di monitoraggio svolte nella regione baltica.

Il 5 maggio 2003 ha avuto luogo a Bruxelles una riunione di esperti per discutere con specialisti in materia di diossina provenienti dalla regione baltica taluni aspetti, fra i quali un quadro generale delle attività di monitoraggio condotte nei vari paesi baltici, una strategia di monitoraggio delle risorse ittiche ed i collegamenti tra monitoraggio dell’ambiente e monitoraggio della salute.

Nel settembre 2003 sarà istituito un “gruppo di lavoro tecnico sul monitoraggio integrato delle diossine e dei PCB nella regione baltica” nel quadro della “strategia europea per l’ambiente e la salute”. La prima riunione del gruppo tecnico di cui trattasi si terrà durante la conferenza regionale che si svolgerà in Polonia il 6 e 7 ottobre 2003. Entro al fine del 2003 tale gruppo preparerà un rapporto di riferimento che comprenderà un quadro dei programmi di monitoraggio delle diossine e dei PCB esistenti nei paesi baltici, i problemi e le carenze degli attuali sistemi di controllo ed i requisiti per il monitoraggio integrato dell’ambiente, della salute, delle diossine e dei PCB. In una seconda fase, entro la fine del 2004 il gruppo di lavoro definirà le possibilità di intervento e raccomandazioni per il “piano d’azione in materia di ambiente e di salute 2004-2010” della Commissione che sarà presentato quale contributo comunitario alla quarta Conferenza ministeriale su ambiente e salute che si terrà a Budapest nel giungo 2004.

Nel 2001 la Commissione ha proposto nel quadro della strategia comunitaria sulle diossine, i furani e i bifenili policlorurati una strategia per ridurre la presenza di diossine nei mangimi e nei prodotti alimentari, che, basandosi su un approccio integrato per il conseguimento del suo obiettivo, avrebbe dovuto contribuire alla riduzione dei livelli di diossina nei pesci di allevamento ed allo stato selvatico destinati al consumo umano.

La Commissione è a conoscenza dell’idea secondo cui catturare il pesce in cui si concentrano le diossine sarebbe un modo per eliminare tali sostante inquinanti dall’ambiente della zona del Mar Baltico. Anche se prima di poter effettuare una valutazione completa della possibile efficacia di una misura di questo genere la Commissione dovrebbe disporre di maggiori dati scientifici, dalle informazioni attualmente disponibili non risulta che sarebbe opportuno adottarla nel quadro di una strategia generale per ridurre i livelli di diossina nell’ambiente.

 
 

(1) COM(2001)593.
(2) COM(2002)539.

 

Interrogazione n. 57 dell'on. Robert J.E. Evans (H-0515/03)
 Oggetto: Protezione dei cetacei nelle acque dell'Unione europea
 

Nel corso della recente riunione delle parti aderenti alla Commissione baleniera internazionale (CBI), l’adozione dell’iniziativa di Berlino, promossa dal Messico, rappresenta un significativo passo avanti per il benessere dei cetacei a livello mondiale, in particolare grazie alla creazione di un nuovo Comitato per la conservazione in seno alla CBI. Poiché numerosi Stati membri fanno parte della CBI e tenuto conto dell’obiettivo dell’Unione europea di tutelare e preservare l’ambiente marino in maniera integrata, può la Commissione fornire una sintesi di tutta la legislazione attualmente in vigore intesa ad assicurare la protezione di balene e delfini nelle acque comunitarie, spiegando altresì in che modo tali disposizioni saranno coordinate con gli interventi a livello internazionale?

 
  
 

A livello comunitario, tutte le specie di cetacei sono protette nell’ambito della direttiva “Habitat”,(1) il principale atto normativo europeo in materia di protezione degli habitat naturali e della fauna selvatica. Gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari per istituire un regime di rigorosa tutela al fine di garantire un soddisfacente stato di conservazione dei cetacei. Sono vietate tutte le forme di uccisione o di perturbazione deliberate dei cetacei nonché l’allevamento, il trasporto, la vendita o lo scambio di tali specie o di loro parti.

Quanto alla cattura accidentale di cetacei, si tratta di un problema che la Comunità ha affrontato in varie occasioni. La normativa comunitaria limita già le dimensioni delle reti da posta derivanti e ha introdotto misure volte a vietarne l’uso dall’inizio del 2002.(2) Di recente la Commissione ha proposto di disciplinare la questione nella sua globalità, estendendo al Mar Baltico il divieto esistente sulle reti da posta derivanti, imponendo l’utilizzo di dispositivi acustici in alcuni tipi di pesca ed istituendo un programma di controllo delle catture accessorie che prevede la presenza di osservatori a bordo delle navi.(3)

A livello internazionale, la Commissione compie ogni possibile sforzo per garantire che venga adottata ed applicata un’impostazione analoga. Pertanto, quando si discute di conservazione dei cetacei nell’ambito delle convenzioni e degli accordi internazionali in materia dei quali la Comunità è parte aderente, la posizione della Commissione è quella di cercare di ottenere il massimo livello possibile di tutela di tali specie, nel rispetto delle procedure interne definite nell’ambito degli organismi internazionali interessati.

Per quanto riguarda il commercio internazionale di prodotti derivanti dalla pesca delle balene, la Comunità applica le disposizioni adottate dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), attraverso una normativa interna(4). Inoltre, la Comunità va oltre quanto prescritto da tale Convenzione per garantire la coerenza con la tutela dei cetacei prevista dalla direttiva “Habitat”.

Infine, la Commissione accoglie con favore l’iniziativa di Berlino relativa al rafforzamento del programma di conservazione della Commissione baleniera internazionale, decisa nel corso dell’ultima riunione svoltasi quest’anno. La Commissione auspica che questo ulteriore sforzo da parte della Commissione baleniera internazionale contribuisca a migliorare la conservazione di tali specie.

 
 

(1) Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, GU L 206 del 22.7.1992.
(2) Regolamento (CE) n. 1239/98 del Consiglio dell’8 giugno 1998 che modifica il regolamento (CE) n. 894/97 che istituisce misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca, GU L 171 del 17.6.1998.
(3) COM(2003)451, Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce alcune misure relative alla cattura accidentale di cetacei nell'ambito della pesca e che modifica il regolamento (CE) n. 88/98.
(4) Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996 relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, GU L 61 del 3.3.1997.

 

Interrogazione n. 58 dell'on. Jean Lambert (H-0438/03)
 Oggetto: Attuazione da parte di Malta della direttiva sugli uccelli selvatici
 

Nel trattato di adesione firmato il 16 aprile 2003 Malta si è impegnata a recepire e attuare integralmente, entro il 1° maggio 2004, la direttiva 79/409/CEE(1), concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Nel gennaio 2003 Malta ha sottoposto a revisione la sua legislazione, che tuttavia non tiene pienamente conto della suddetta direttiva. La legislazione maltese non è infatti coerente con il testo comunitario per quanto concerne i periodi di caccia e di cattura al di là dell'accordo di transizione per la cattura di fringillidi. In che modo intende la Commissione garantire il rispetto della direttiva da parte di Malta a partire dalla data di adesione? Quali azioni intende intraprendere la Commissione in caso di mancato rispetto della direttiva a partire dalla data di adesione?

 
  
 

Fino al 1o maggio 2004 la Commissione continuerà a seguire i progressi compiuti da Malta e dai paesi in fase di adesione per quanto riguarda il rispetto della legislazione comunitaria. La relativa analisi sarà riportata nella relazione generale di controllo che verrà pubblicata nel novembre 2003.

Quando Malta diventerà paese membro dell’Unione europea, la Commissione verificherà che la direttiva 79/409/CEE del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici sia stata correttamente recepita, come viene fatto per tutti gli Stati membri. Se Malta non si conformerà alla direttiva, la Commissione valuterà le misure da adottare sulla base delle disposizioni del Trattato CE.

 
 

(1) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.

 

Interrogazione n. 59 dell'on. Othmar Karas (H-0442/03)
 Oggetto: Diversi regimi fiscali e loro impatto sul mercato interno
 

Al fine di realizzare l'obiettivo primario dell'integrazione europea – aumento del benessere degli Stati membri eliminando gli ostacoli esistenti alla libera circolazione di merci e persone –, occorre in primo luogo affrontare le sfide a livello di politica fiscale legate al mercato interno. In considerazione di una Unione di 15 e tra breve 25 diversi regimi fiscali ci si chiede quali ripercussioni avranno tali regimi sul funzionamento del mercato interno. E' possibile quantificare tali conseguenze, in larga misura negative, per aziende e consumatori? Quali passi intende compiere la Commissione per porvi rimedio, tanto più che sulle questioni fiscali vige il principio dell'unanimità? Le iniziative dell'UE in campo fiscale devono far sì che i regimi fiscali contribuiscano ad un funzionamento efficiente del mercato interno per poter creare il contesto adeguato a raggiungere gli obiettivi fissati a Lisbona.

 
  
 

La Commissione si sta attivamente occupando della questione sollevata dall’onorevole parlamentare. Ad esempio, dallo studio in materia di imposte sulle società condotto nel 2001 risulta che la necessità per le imprese di conformarsi a quindici, e presto venticinque, diversi regimi di imposte sulle società nell’Unione europea crea numerosi ostacoli allo svolgimento di attività economiche transfrontaliere, impedendo di sfruttare tutti i vantaggi economici che il mercato interno è in grado di offrire. Se non si interviene, la Comunità ed i suoi cittadini rischiano di dover rinunciare alle possibilità di crescita, occupazione e benessere sociale. Compiere progressi in questo campo è fondamentale anche per conseguire gli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona.

E’ molto difficile determinare o quantificare con esattezza gli effetti che la coesistenza di 15 e presto di 25 diversi regimi fiscali hanno sul funzionamento del mercato interno. In settembre la Commissione ha avviato un’ampia indagine tra le imprese dell’Unione europea in merito ai costi che devono essere sostenuti per conformarsi a tali regimi, dalla quale si augura di ottenere ulteriori elementi per approfondire la conoscenza di tali problemi.

Le attuali ricerche economiche non consentono una precisa quantificazione delle dimensioni delle perdite di benessere sociale, che esistono e sono considerevoli, ma riguardo alle quali sarebbe troppo speculativo fornire cifre certe. Per questo motivo è stato necessario intraprendere varie iniziative a breve e più lungo termine per affrontare il problema.

Le iniziative proposte dalla Commissione assumeranno diverse forme, che spazieranno dalle disposizioni non giuridicamente vincolanti e dal coordinamento alle tradizionali proposte di direttive. Tuttavia, per quanto riguarda le possibilità di successo delle misure legislative tradizionali, è vero che senza modificare il principio dell’unanimità per le decisioni in materia fiscale nell’Unione europea sarà estremamente difficile compiere passi avanti.

 

Interrogazione n. 60 dell'on. Glyn Ford (H-0445/03)
 Oggetto: Attuazione dell'articolo 9 1(a)
 

Nel caso della rotta regionale Gatwick-Plymouth-Newquay, che è attualmente a rischio, il governo britannico ha dichiarato che, per poter considerare la possibilità d’imporre un obbligo di servizio pubblico, è necessario chiarire ulteriormente come le rotte regionali possano essere tutelate ai sensi del regolamento sulle norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti comunitari. In particolare, non sono sufficientemente chiari gli strumenti volti ad attuare le disposizioni del regolamento in questione.

Può dare la Commissione ulteriori indicazioni che chiariscano come gli Stati membri debbano attuare l’articolo 9 1(a) e 9 1(b) del regolamento del Consiglio (CEE) 95/93(1)?

 
  
 

Il diritto comunitario garantisce la tutela dei servizi regionali in due modi.

Innanzi tutto, la normativa comunitaria in materia di accesso al mercato prevede la possibilità per i governi di imporre i cosiddetti oneri di servizio pubblico. Per quanto riguarda le rotte per le quali siano stati imposti oneri di servizio pubblico ed aventi carattere nazionale, la normativa comunitaria relativa all’assegnazione di bande orarie prevede che gli Stati membri possono riservare determinate bande orarie in aeroporti pienamente coordinati (articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 95/93). Per le rotte non nazionali, per le quali siano stati imposti oneri di servizio pubblico, tale possibilità non esiste.

In secondo luogo, per le rotte che non beneficiano di un onere di servizio pubblico, ma collegano aeroporti regionali sul territorio di uno Stato membro con un aeroporto pienamente coordinato, le disposizioni sull’assegnazione di bande orarie (articolo 9, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 3 dello stesso regolamento) conferiscono agli Stati membri il diritto di riservare bande orarie solo a determinate condizioni. Ne consegue che per tali rotte potrebbero essere riservate bande orarie solo se

le bande orarie sono utilizzate su detta rotta alla data di entrata in vigore del regolamento di cui trattasi;

sulla rotta in questione opera un solo vettore aereo;

nessun altro mezzo di trasporto può offrire un servizio adeguato;

la condizione di riserva di bande orarie cessa qualora un secondo vettore aereo abbia istituito un servizio nazionale di linea sulla rotta in questione con la stessa frequenza del primo vettore e l'abbia operato per almeno una stagione.

Inoltre, come indicato al paragrafo 3 dell’articolo 9 di detto regolamento, gli Stati membri interessati devono trasmettere alla Commissione un elenco delle rotte che soddisfano le condizioni di cui all’articolo 9, lettere a) e b) e per le quali sono state riservate bande orarie. Il primo elenco dev’essere trasmesso al momento dell’entrata in vigore del regolamento, vale a dire il 22 febbraio 1993, il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del 22 gennaio 1993, come previsto all’articolo 15 del regolamento.

L’unico Stato membro che finora abbia applicato l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a) è la Francia. Attualmente le rotte gestite in applicazione dell’articolo 9, paragrafo1, lettera a) del regolamento dall’aeroporto di Parigi-Orly sono le seguenti: Annecy, Avignone, Chambéry, Lannion, Limoges e Metz; per tali rotte all’aeroporto di Parigi-Orly è stato riservato un totale di 6 894 bande orarie.

 
 

(1) GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1

 

Interrogazione n. 61 dell'on. Esko Olavi Seppänen (H-0448/03)
 Oggetto: La tassazione dei diritti d'emissione
 

Nella direttiva approvata di comune accordo (relazione A5-0207/2003) si propone di trattare i diritti d’emissione concessi alle imprese, si tratta di diritti che permettono l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera, alla stessa stregua di un bene commerciabile. La proposta della Commissione trattava insufficientemente la questione della tassazione dei diritti d’emissione. Tramite quali atti legislativi la Commissione intende assicurare una legislazione uniforme in tutti gli Stati membri, basata sugli stessi principi sia nei casi di vendita sia nei casi di mancata vendita dei diritti d’emissione, per quanto concerne l’imposta sul reddito, l’imposta sul capitale, l’imposta sulla cessione nonché l’imposta sul valore aggiunto?

 
  
 

La Commissione rammenta che la vendita o la conservazione dei diritti d’emissione non sarà trattata allo stesso modo nei vari Stati membri dal punto di vista fiscale, almeno per quanto riguarda le imposte sul reddito, sul capitale e sul valore aggiunto (derivante dalla vendita di detti diritti), tenuto conto che a livello europeo non esiste un’armonizzazione di tali imposte. Quanto all’imposizione fiscale indiretta, la vendita dei diritti d’emissione sarà considerata una prestazione di servizi ai sensi della sesta direttiva IVA(1) e sarà assoggettata all’imposta sul valore aggiunto in tutti gli Stati membri.

Come la Commissione ha già fatto presente nel caso degli emendamenti alla proposta presentati dal Parlamento in prima lettura, la direttiva non può creare obblighi fiscali per gli Stati membri al di là del suo campo d’applicazione. Gli Stati membri mantengono le loro competenze in materia fiscale, anche se, come la Corte di giustizia ha più volte sottolineato, l’esercizio di tali competenze non li esime dall’obbligo di rispettare il diritto comunitario.

La Commissione è tuttavia consapevole delle questioni di fondo sollevate e del fatto che la mancanza di coordinamento tra i regimi fiscali degli Stati membri continua a comportare rischi di distorsione del mercato interno (cfr. ad esempio la risposta fornita all’interrogazione scritta P-0028/02(2)).

Accogliendo, in parte, un altro emendamento al progetto di direttiva proposto dal Parlamento, la Commissione ha ritenuto che tutti gli aspetti relativi all’imposizione fiscale (compresi i guadagni e le perdite di capitale sui diritti di emissione acquistati e venduti) presentano un interesse che merita di essere posto in evidenza nella relazione sull’applicazione della direttiva che gli Stati membri dovranno presentare ogni anno alla Commissione. Sulla base di tali relazioni nazionali, la Commissione pubblicherà una relazione che potrà eventualmente sottolineare i problemi di carattere fiscale legati all’applicazione della direttiva e al corretto funzionamento del mercato interno.

 
 

(1) Direttiva 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.
(2) GU C 172 del 18.7.2002.

 

Interrogazione n. 62 dell'on. Lennart Sacrédeus (H-0451/03)
 Oggetto: Patto di stabilità contestuale all'UME e impegno attivo contro la bassa congiuntura
 

La Presidenza italiana ha riconosciuto, per bocca del primo ministro Silvio Berlusconi il quale ha preso la parola dinanzi al Parlamento europeo il 2 luglio 2003, che gli Stati membri della zona euro non disponevano di strumenti finanziari e monetari per lottare contro la bassa congiuntura e che pertanto risultava necessario un “impegno europeo” e un’attiva politica finanziaria europea unitamente a interventi della Banca europea per gli investimenti. La nuova Presidenza del Consiglio ha altresì sollecitato una mitigazione del patto di crescita e stabilità dell’UME contestuale all’euro.

Come valuta la Commissione la proposta avanzata in giugno/luglio 2003 dalla ministra francese della difesa, Michèle Alliot-Marie, parzialmente sostenuta dal suo omologo tedesco, Peter Struck, di non considerare come spese bensì come investimenti le risorse destinate alla difesa senza perciò intaccare l’equilibrio di bilancio? Come valuta altresì la Commissione l’iniziativa del ministro italiano per gli Affari europei, Rocco Buttiglione, di considerare alla stessa stregua gli stanziamenti destinati alla ricerca?

 
  
 

Il Trattato impone agli Stati membri di evitare situazioni di disavanzo eccessivo (definito quale disavanzo delle amministrazioni pubbliche che non superi un valore di riferimento del 3 per cento del prodotto interno lordo) ed il patto di stabilità e crescita chiede agli Stati membri di raggiungere posizioni di bilancio “vicine al pareggio o positive”. Il concetto di “amministrazioni pubbliche” è definito nel regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio ed i corrispondenti dati statistici sono quelli previsti dal SEC 95. Tutte le spese che rientrano nel settore delle amministrazioni pubbliche hanno un’incidenza sul requisito del saldo prossimo al pareggio e su quello relativo al disavanzo eccessivo.

La Commissione ha sempre favorito, nel rispetto del patto di stabilità e crescita, il miglioramento della qualità della spesa pubblica. Nella sua comunicazione intitolata “Rafforzamento del coordinamento delle politiche di bilancio” la Commissione ha proposto di prendere in considerazione l’impatto di vaste riforme strutturali (comprese quelle in materia fiscale e di investimenti) in linea con la strategia di Lisbona nel valutare la conformità al requisito del saldo vicino al pareggio o positivo.

D’altro canto, la Commissione non sostiene alcuna proposta di escludere specifiche voci di spesa dal calcolo della spesa o dei disavanzi pubblici.

 

Interrogazione n. 63 dell'on. Bill Newton Dunn (H-0454/03)
 Oggetto: Rappresentante speciale per il Tibet
 

Nell’attuale bilancio della Commissione – nella linea B8-012 – vi sono sia degli impegni sia dei pagamenti “volti, inoltre, a finanziare le attività di un inviato speciale dell’UE per il Tibet".

Quali sono i progressi realizzati dalla Commissione nel nominare un inviato speciale per il Tibet, secondo gli auspici dell’autorità di bilancio, e nell’eguagliare l’azione già intrapresa a Washington DC? Se non vi sono progressi da comunicare, perché? E la Commissione ha la volontà politica di effettuare tale nomina?

 
  
 

La situazione del Tibet, ed in particolare il mantenimento e la tutela dell’identità culturale, linguistica e religiosa del paese, costituisce una delle priorità dell’Unione europea nel quadro della sua politica globale nei confronti della Cina.

I canali di comunicazione già esistenti tra Pechino e l’Unione europea hanno consentito a quest’ultima di esprimere regolarmente alle autorità cinesi le sue preoccupazioni in materia, nell’ambito del dialogo bilaterale sui diritti dell’uomo o al più alto livello politico, durante le riunioni di vertice.

In questo contesto, l’Unione europea ha ripetutamente chiesto che tra il Dalai Lama e le autorità cinesi si instaurasse un dialogo diretto, che essa ritiene l’unico mezzo realistico per giungere un giorno ad una soluzione duratura della questione del Tibet. Essa accoglie con favore la recente ripresa dei contatti in occasione della seconda visita degli inviati del Dalai Lama in Cina ed auspica che si possano intensificare. L’Unione è determinata a continuare a sostenere qualsiasi iniziativa che possa favorire il raggiungimento di una soluzione alla questione del Tibet accettabile per tutte le parti interessate nel quadro di un’autentica autonomia della regione.

Alla luce di tali sviluppi, l’Unione si chiede se la nomina di un rappresentante speciale dell’UE per il Tibet apporterebbe davvero un valore aggiunto all’attuale meccanismo di dialogo e se non rischierebbe di provocare una reazione cinese tale da compromettere il processo di riconciliazione avviato tra i rappresentanti tibetani e le autorità cinesi e da privare l’Unione di un eventuale ruolo di mediazione.

L’Unione europea nutre altresì alcuni dubbi riguardo all’effettivo margine d’azione in Tibet che potrebbe essere riconosciuto ad un suo rappresentante speciale. L’esperienza del rappresentante speciale degli Stati Uniti non sembra del tutto convincente al riguardo.

 

Interrogazione n. 64 dell'on. Niall Andrews (H-0459/03)
 Oggetto: Nuove iniziative per i giovani nell'Unione Europea allargata
 

Dato il futuro allargamento dell'Unione europea nel 2004 e data la necessità di costruire un'Europa dei giovani e per i giovani, intende indicare la Commissione i mezzi innovativi attraverso cui ritiene che tale obiettivo possa essere raggiunto?

 
  
 

La Commissione sostiene da tempo l’idea che l’Unione europea dev’essere costruita non solo per i giovani, ma con l’aiuto dei giovani. Per questo motivo ha istituito programmi d’azione quali SOCRATES, Leonardo da Vinci e GIOVENTÙ che sono rivolti ai giovani e che consentono loro di partecipare ad attività a livello europeo nel campo dell’istruzione, della formazione e del lavoro giovanile. Tali programmi sono già aperti alla partecipazione dei giovani provenienti dai paesi candidati conformemente alle condizioni fissate negli accordi europei, nei protocolli aggiuntivi e nelle decisioni adottate dai rispettivi Consigli di associazione. A partire dal 2004 i programmi in questione saranno aperti anche ai giovani turchi.

Quando nel novembre 2001 la Commissione ha pubblicato il Libro bianco intitolato “Un nuovo impulso per la gioventù europea”, lo ha fatto dopo aver condotto un’ampia consultazione tra i giovani e le organizzazioni giovanili degli Stati membri e dei paesi candidati. In tale documento la Commissione ha proposto di istituire un nuovo quadro di cooperazione in materia di gioventù basato su un metodo aperto di coordinamento al quale “i paesi candidati all’adesione sono associati nella misura del possibile”. Questa proposta è stata adottata dal Consiglio nella risoluzione del 27 giugno 2002 relativa al quadro di cooperazione europea in materia di gioventù (GU C 168 del 13.7.2002).

La risoluzione affida alla Commissione il compito di inviare questionari agli Stati membri e, su questa base, di proporre obiettivi comuni per le quattro priorità individuate dal Libro bianco e adottate dal Consiglio nella stessa risoluzione. I primi questionari inviati hanno riguardato i temi della partecipazione e dell’informazione. Nell’analisi delle risposte ricevute, la Commissione ha tenuto conto della situazione e delle aspettative dei paesi candidati ai quali sono stati anche inviati i questionari. Gli obiettivi comuni sono attualmente all’esame del Consiglio. Inoltre, prima di inviare le loro risposte alla Commissione, molti paesi candidati hanno consultato i giovani e le organizzazioni giovanili. Tale consultazione, che ha fatto seguito a quella condotta nel quadro del Libro bianco, costituisce uno strumento innovativo di preparazione all’allargamento in quanto ha consentito di coinvolgere i giovani degli stessi paesi candidati nel processo di elaborazione di una politica in materia di gioventù. Per rafforzare la partecipazione dei giovani al processo politico, la Commissione prevede di pubblicare nel 2004 un invito a presentare proposte di progetti pilota che incoraggino la cittadinanza attiva da parte dei giovani. Tale invito sarà aperto alle organizzazioni giovanili dei nuovi Stati membri.

L’attuale programma GIOVENTÙ giungerà al termine alla fine del 2006. La Commissione ha pertanto condotto un’ampia consultazione nella prospettiva dell’elaborazione del prossimo programma per il periodo 2007-2012 ed intende presentare all’inizio del 2004 una proposta relativa ai giovani, ma anche all’istruzione ed alla formazione professionale, che terrà pieno conto delle esigenze dei giovani in un’Europa allargata.

Inoltre, l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro e nella società in generale è una delle preoccupazioni centrali della strategia europea a favore dell’occupazione e di quella a favore dell’integrazione sociale. I paesi candidati lavorano in stretta collaborazione con la Commissione per prepararsi all’attuazione di tali strategie.

 

Interrogazione n. 65 dell'on. Brian Crowley (H-0461/03)
 Oggetto: Promozione degli scambi di giovani tra UE e USA
 

Le conclusioni della presidenza in occasione del vertice di Salonicco confermano che lo sviluppo su un piano di parità delle relazioni transatlantiche rimane di fondamentale importanza per l'UE e che l'UE è decisa a sviluppare un dialogo transatlantico a tutti i livelli.

In quanto parte di questo processo, può dire la Commissione in che modo intende promuovere nei prossimi anni gli scambi culturali, economici ed educativi a vantaggio dei giovani dell'UE allargata e degli Stati Uniti d'America?

 
  
 

Il principale mezzo per gli scambi multilaterali nel campo dell’istruzione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti (che hanno anche una dimensione culturale ed economica) è il programma di cooperazione nei settori dell’istruzione superiore e dell’istruzione e formazione professionali istituito a seguito dell’accordo concluso nel 1995 tra la Comunità e gli Stati Uniti. Il programma in questione è stato rinnovato nel 2001 per un ulteriore periodo di cinque anni (2001-2005)(1).

Gli obiettivi principali del programma sono promuovere la comprensione reciproca fra i popoli della Comunità e degli Stati Uniti e migliorare la qualità della preparazione delle loro risorse umane.

Per conseguire tali obiettivi la Comunità e gli Stati Uniti sostengono congiuntamente – entro i vincoli di una dotazione finanziaria molto limitata – progetti al servizio degli studenti, innovativi, multilaterali in grado di promuovere una cooperazione transatlantica strutturale effettiva e duratura nei settori dell’istruzione superiore e dell’istruzione e formazione professionali. Il programma può anche sostenere progetti internazionali nel campo dell’istruzione che possono dare origine a nuove forme di cooperazione tra gli Stati Uniti e la Comunità.

Sia la Comunità che gli Stati Uniti sono impegnati a continuare e rafforzare la cooperazione nel settore dell’istruzione e della formazione nell’ambito dell’attuale programma e per il futuro. La partecipazione dei nuovi Stati membri ai programmi di cooperazione con gli Stati Uniti a partire dal 1o maggio 2004 dipenderà dalla relativa dotazione finanziaria per il 2004, che non è ancora stata fissata.

 
 

(1) Cfr. decisione 2001/196/CE del Consiglio del 26 febbraio 2001 pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

 

Interrogazione n. 66 dell'on. James (Jim) Fitzsimons (H-0467/03)
 Oggetto: Nuovi "Programmi di vicinato"
 

La Commissione ha espresso l’intenzione di promuovere gli interventi dell’UE alle sue frontiere esterne al fine di potenziare la cooperazione con la Russia, i Balcani occidentali e i paesi del Mediterraneo. Alcuni strumenti esistenti come PHARE-CB e MEDA saranno meglio coordinati attraverso la creazione di “Programmi di vicinato”.

Può la Commissione spiegare se ciò significa che paesi quali il Libano e la Siria beneficeranno di questa nuova proposta e, in caso affermativo, secondo quali modalità?

 
  
 

La Commissione ha adottato la comunicazione sul tema “Europa ampliata” quale quadro per sviluppare le relazioni con i paesi che dopo l’allargamento diventeranno i nuovi vicini orientali e meridionali dell’Unione europea. In questo contesto, l’Unione collaborerà con i paesi partner per creare una zona di prosperità e di buon vicinato con la quale intrattenere relazioni pacifiche e una stretta collaborazione.

Nell’ambito di tale politica, la Commissione introdurrà nuovi programmi di vicinato utilizzando i programmi esistenti di cooperazione con i paesi limitrofi – principalmente TACIS per i paesi della Comunità degli Stati indipendenti (CSI), CARDS per i Balcani occidentali e MEDA per i paesi delle sponde orientale e meridionale del Mediterraneo, unitamente a INTERREG per la parte comunitaria dei programmi. Uno dei temi principali dei programmi di vicinato sarà la promozione della cooperazione regionale e transnazionale nonché la cooperazione transfrontaliera. In questo modo si porranno le basi per l’introduzione di un nuovo strumento di prossimità per il periodo successivo al 2006.

Sia la Libia che la Siria potranno beneficiare di tali programmi dopo aver soddisfatto i criteri necessari per concludere accordi di associazione con la Comunità ed i suoi Stati membri.

 

Interrogazione n. 67 dell'on. José Manuel García-Margallo y Marfil (H-0468/03)
 Oggetto: Importazioni di prodotti in ceramica dalla Cina
 

Sebbene dall'11 dicembre 2001 la Cina sia membro dell'Organizzazione mondiale del commercio, a tutt'oggi sussistono numerosi elementi che sono fonte di discriminazioni (politiche di controllo dei prezzi, requisiti sanitari e in materia di certificazione assolutamente arbitrari, ostacoli agli investimenti e gravissime carenze quanto alla tutela dei marchi) e che impediscono rapporti commerciali tra l'UE e la Cina su un piede di parità. Nel 2001 la Cina era il primo produttore mondiale di piastrelle in ceramica, con una quota pari al 36,4% della produzione mondiale, e le sue esportazioni hanno registrato un aumento del 122%.

Alla luce di tutto ciò, e visto il regolamento (CE) 427/2003 del Consiglio(1), può la Commissione far sapere se è consapevole del grave danno che tale situazione arreca all'industria comunitaria della ceramica? Intende la Commissione prendere provvedimenti affinché il problema sia risolto quanto prima, senza attendere che il mercato europeo sia invaso dai prodotti provenienti dalla Cina?

 
  
 

La Commissione è in stretto contatto con l’industria comunitaria delle piastrelle in ceramica, in particolare per quanto riguarda l’aumento delle importazioni di tali prodotti a bassi prezzi dalla Repubblica popolare cinese.

In relazione ai provvedimenti che la Commissione potrebbe adottare per assicurare un intervento efficace contro le importazioni pregiudizievoli e/o sleali dalla Cina, tale adozione può avvenire solo nel quadro degli strumenti di difesa commerciale, vale a dire i regolamenti relativi alle misure antidumping e antisovvenzioni e alle misure di salvaguardia (il regolamento sulle misure di salvaguardia applicabili erga omnes o il meccanismo di salvaguardia specifico per prodotto per le importazioni originarie della Cina previsto dal regolamento (CE) n. 472/2003 che attua il protocollo relativo all’adesione della Cina all’Organizzazione mondiale del commercio).

L’applicazione di misure nell’ambito degli strumenti menzionati in precedenza è subordinata alle norme internazionali e comunitarie. L’apertura di un’eventuale inchiesta deve pertanto essere basata su prove prima facie da cui risulti che le importazioni di prodotti di origine cinese causano grave pregiudizio a un’industria comunitaria. Tale analisi si basa sull’andamento negativo di taluni fattori, quali le quote di mercato, la redditività finanziaria, l’occupazione. Gli strumenti antidumping e antisovvenzioni prevedono inoltre l’esistenza di prove prima facie di un caso di dumping (discriminazione dei prezzi, ovvero vendita ad un prezzo inferiore al costo di produzione) o della concessione di aiuti di Stato agli esportatori. Se tali prove prima facie venissero presentate alla Commissione, essa sarebbe disposta ad avviare un’indagine per determinare se sono soddisfatte le condizioni per l’imposizione di misure.

Finora la Commissione non ha ricevuto alcuna richiesta ufficiale di apertura di un’inchiesta riguardo alle importazioni di piastrelle in ceramica dalla Cina secondo quanto previsto dagli strumenti di difesa commerciale citati. Inutile dire che la Commissione è sempre disposta a fornire assistenza all’industria comunitaria della ceramica ed agli Stati membri per valutare i pro e i contro di un possibile ricorso nell’ambito degli strumenti di difesa commerciale esistenti, in particolare quando si tratta di piccole e medie imprese.

 
 

(1) GU L 65 dell' 8.3.2003, pag. 1.

 

Interrogazione n. 68 dell'on. Maurizio Turco (H-0472/03)
 Oggetto: Recepimento della direttiva anti-discriminazioni sul lavoro in Italia
 

Il Consiglio dei ministri italiano ha approvato il decreto legislativo di attuazione della direttiva europea 2000/78/CE(1) contro le discriminazioni sul lavoro motivate da religione o convinzioni personali, handicap, età o orientamento sessuale. Tale decreto solleva dubbi in merito ad una corretta ed integrale applicazione della direttiva anti-discriminazioni, in particolare per quanto riguarda orientamento sessuale e religione. A tal riguardo, non ritiene forse la Commissione che la direttiva sia trasposta in modo eccessivamente vago, senza che siano circoscritte come nella direttiva le possibili eccezioni al divieto di discriminazione? In particolare consente la dizione del comma 3 dell'articolo 3 del decreto discriminazioni in contrasto con la direttiva? È il decreto in contrasto con lo spirito e la lettera della direttiva, in particolare per quanto riguarda religione ed orientamento sessuale? Nel caso in cui la direttiva fosse attuata in Italia secondo tali norme, sarebbe la Commissione tenuta a citare l'Italia davanti alla Corte di Giustizia?

 
  
 

La Commissione è al corrente del fatto che l’Italia ha approvato il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro(2).

La Commissione esaminerà il decreto legislativo per verificare la corretta ed integrale trasposizione dei requisiti della direttiva. Se al termine di tale valutazione esso dovesse rivelarsi non conforme al disposto della direttiva, la Commissione prenderà le misure del caso per garantire che l’Italia rispetti gli obblighi che le incombono ai sensi della direttiva. In particolare, una volta scaduto il termine per il recepimento della direttiva il 2 dicembre 2003 la Commissione potrà far uso dei poteri concessile dall’articolo 226 del Trattato e avviare, qualora lo reputi necessario, una procedura d’infrazione.

 
 

(1) GU L 303 de 2.12.2000, pag. 16.
(2) Il decreto legislativo è stato adottato il 9 luglio 2003 e verrà pubblicato tra breve nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.

 

Interrogazione n. 69 dell'on. Marialiese Flemming (H-0473/03)
 Oggetto: Rete transeuropea di trasporto /Canale Danubio-Oder-Elba
 

In riferimento alla proposta per una revisione degli orientamenti sulla rete transeuropea di trasporto prevista entro la fine dell’anno, la Commissione come intende assicurare la priorità di tali progetti sia negli stati membri che nei paesi in fase di adesione nel pieno rispetto delle direttive ambientali della Comunità europea con particolare attenzione alla Direttiva sugli habitat, la Direttiva sugli uccelli selvatici e la Direttiva per l’azione comunitaria in materia di acque?

Sono state espresse preoccupazioni riguardo all’impatto del canale Danubio-Oder-Elba riguardo ai siti e alle specie che rientrano sotto la protezione della Comunità europea sia negli Stati membri che nei paesi in fase di adesione. Quali azioni intende assicurare la Commissione affinché il progetto risulti compatibile con le disposizioni delle direttive sugli uccelli, sull’habitat e in materia di acque?

 
  
 

Gli orientamenti sulla rete transeuropea di trasporto (1996) fanno riferimento alle attuali normative in materia di ambiente all’articolo 8.

A livello di singoli progetti, in base alla direttiva concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati(1), gli Stati membri devono effettuare una valutazione dell’impatto ambientale.

A livello di programmi, dev’essere applicata la direttiva concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente(2) entro il luglio 2004. In base all’articolo 6 della direttiva “Habitat”, gli Stati membri devono valutare piani (e progetti) in relazione alla loro incidenza sui siti della rete Natura 2000. L’oggetto di tali normative sono i piani e i programmi degli Stati membri, compresi quelli nel settore dei trasporti, per i quali dev’essere effettuata una valutazione ambientale strategica per proteggere l’ambiente prima dell’elaborazione dei progetti. La valutazione ambientale strategica costituisce un contributo alla promozione di uno sviluppo sostenibile. A questo proposito, va citata anche la direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque(3), che dev’essere recepita nel diritto nazionale alla fine del 2003.

La Commissione propone di assistere gli Stati membri nella definizione di metodi adeguati per la valutazione strategica e l’analisi dei corridoi.

Inoltre, la Commissione desidera rammentare che, in conformità dei principi di buon governo, si appresta ad intraprendere un approfondito studio sull’impatto delle raccomandazioni del gruppo ad alto livello che, sotto la presidenza del Commissario Van Miert, ha individuato alcuni progetti prioritari relativi alla rete transeuropea di trasporto. Tale studio, che valuterà l’impatto su tutti gli aspetti riguardanti lo sviluppo sostenibile, sarà preso in considerazione nella prossima adozione della proposta della Commissione di revisione degli orientamenti sulla RTE-T in un’Unione allargata.

Da un punto di vista giuridico, la legislazione comunitaria si applicherà ai nuovi Stati membri solo a partire dalla data di adesione, tuttavia la Commissione ritiene che essi debbano applicare ed attuare le disposizioni dell’acquis in materia ambientale durante il periodo di preadesione. Nei casi in cui siano coinvolti finanziamenti comunitari di preadesione a favore di grandi opere di realizzazione di infrastrutture, prima che ai paesi in fase di adesione siano concessi finanziamenti della Commissione devono essere applicate “disposizioni analoghe” a quelle previste dalla normativa comunitaria in materia ambientale.

Non sono stati assegnati fondi della RTE-T allo sviluppo del canale Danubio-Oder-Elba ed il Fondo regionale non è coinvolto in questo progetto, che non fa parte degli attuali orientamenti sulla RTE-T e non è stato individuato dal gruppo ad alto livello come progetto prioritario.

 
 

(1) Direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985 (GU L 175 del 5.7.1985) modificata dalla direttiva 97/11/CEE del Consiglio del 3 marzo 1997.
(2) Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 (GU L 197 del 21.7.2001).
(3) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 (GU L 327 del 22.12.2000).

 

Interrogazione n. 70 dell'on. Karin Riis-Jørgensen (H-0476/03)
 Oggetto: Proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio sulle unità di carico intermodali
 

La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio COM(2003)0155/finale sulle unità di carico intermodali è stata criticata perché non tiene conto del fatto che in un mercato mondiale non è possibile isolare un singolo mercato regionale, come quello europeo, dove può essere utilizzata l’unità oggetto della proposta, quando tale unità non viene utilizzata altrove. Mi permetto quindi di rivolgere la seguente interrogazione alla Commissione.

Come pensa la Commissione che l’introduzione di uno standard regionale (in questo caso lo standard europeo per i container) possa coesistere con l’affermazione della Commissione stessa che sostiene che l’esistenza di troppi standard diversi per container crea problemi, e come ha eseguito la Commissione il proprio calcolo che dimostra che il rinnovamento delle navi container esistenti perché siano conformi al nuovo standard comporterà solo costi limitati?

Inoltre, quali argomentazioni può addurre la Commissione per sostenere la propria proposta relativa alla creazione di un sistema di controllo europeo per tutti i container, mentre tale compito è stato finora svolto in modo soddisfacente dalle autorità nazionali nell’ambito della convenzione CSC esistente?

 
  
 

E’ opportuno operare una distinzione tra tre tipi di unità di carico.

I contenitori che sono conformi alle norme ISO continueranno a circolare liberamente in Europa. Tali contenitori rappresentano più del 91 per cento della capacità della flotta mondiale di unità di carico. Va tuttavia sottolineato che essi non sono adeguati in modo ottimale per il trasporto intermodale e la logistica in Europa e pertanto non sono adatti per il trasporto intraeuropeo e vengono raramente utilizzati a tale scopo.

I contenitori che non sono conformi alle norme ISO,(1) in particolare quelli di lunghezza superiore a 40 piedi, rappresentano quasi il 4 per cento di detta capacità. Tali contenitori possono continuare ad essere utilizzati per il trasporto marittimo, fluviale o ferroviario, ma non rispettano le dimensioni massime autorizzate per le strade in Europa e pertanto non possono essere trasportati su strada.

Le casse mobili utilizzate in Europa rappresentano circa il 2,7 per cento della capacità della flotta mondiale di unità di carico e sono specifiche del continente europeo, il che spiega il fatto che le si vedano così spesso. A differenza delle due categorie precedenti, la maggioranza delle casse mobili non rientra nel campo d’applicazione della Convenzione sulla sicurezza dei contenitori. Esse sono standardizzate a livello europeo dal CEN(2), ma ve ne sono diversi modelli che non sono standardizzati. La varietà di modelli pone problemi di movimentazione durante i trasbordi.

La proposta della Commissione si prefigge tre obiettivi.

Estendere i controlli effettuati dalle autorità nazionali nel quadro della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla sicurezza dei contenitori alle casse mobili che attualmente non rientrano nel suo campo di applicazione.

Semplificare la movimentazione, facendo in modo che gli impianti impiegati per la movimentazione dei contenitori siano utilizzabili anche per quella delle casse mobili. Si tratta dell’obiettivo del progetto di normalizzazione delle interfacce di movimentazione e di fissaggio per le nuove unità di carico intermodali (UCI). L’idea è di ravvicinarsi alle configurazioni di queste interfacce per i contenitori ISO.

L’obiettivo principale della proposta di direttiva è creare un’unità europea di carico intermodale (UECI) il cui uso non sarà obbligatorio. L’UECI presenterà vantaggi che le consentiranno di conquistare quote di mercato, in quanto sarà un compromesso tra la solidità dei contenitori e la maggiore capacità delle casse mobili. Inoltre tale unità sarà adatta per i trasporti per via marittima, fluviale, ferroviaria e stradale. I compiti relativi all’elaborazione delle disposizioni in materia di movimentazione per le nuove UCI e la definizione dell’UECI saranno affidati agli organismi europei di normalizzazione (quali il CEN), di concerto con l’ISO. Se il CEN saprà trovare una soluzione tecnica per un’unità che rispetti le distanze tra le rotaie di guida esistenti nelle navi a struttura cellulare, pur consentendo di caricare due palette frontalmente, il problema sarà risolto. In ogni caso, è auspicabile che l’UECI possa viaggiare sul ponte e la stiva venga riservata per altri contenitori. Si tratta pertanto di aprire al trasporto marittimo a corta distanza un mercato in cui attualmente non è presente, quello delle casse mobili.

 
 

(1) Organizzazione internazionale per la standardizzazione.
(2) Comitato europeo di normalizzazione.

 

Interrogazione n. 71 dell'on. Yasmine Boudjenah (H-0477/03)
 Oggetto: Negoziati relativi agli accordi di partenariato economico ACP-UE
 

Un anno dopo l’avvio dei negoziati relativi agli accordi di partenariato economico ACP-UE, i paesi ACP hanno confermato la loro volontà di rispettare il calendario previsto ribadendo tuttavia che la prima fase di negoziati sfocia in un impegno formale di entrambe le parti in merito ai principi e gli obiettivi degli APE, nonché alle questioni d’interesse comune per tutti i paesi ACP. Tenuto conto del fatto che nel mese di settembre 2003 è previsto l’avvio della seconda fase chiamata “di negoziati regionali”, la Commissione conferma che la prima fase abbia permesso di “addivenire ad una definizione chiara degli obiettivi dei futuri APE” così come richiesto dal Parlamento il 26 settembre 2002 nella risoluzione che ho avuto l’onore di presentare in qualità di relatrice?

La Commissione aveva preannunciato studi sull’impatto che tali accordi potrebbero avere in vista della creazione di zone di libero scambio. Essa ha effettuato tali studi e/o ha sostenuto i paesi ACP affinché effettuassero loro stessi degli studi d’impatto? La Commissione si è inoltre impegnata a tener regolarmente informato il Parlamento sullo stato di avanzamento dei negoziati sotto forma di eventuali relazioni annuali. Qual è la situazione a questo proposito?

 
  
 

Nella fase dei negoziati con tutti i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) i progressi in sostanza sono stati lenti. E’ stato impiegato molto tempo, soprattutto all’inizio, per raggiungere un accordo su questioni organizzative. Negli ultimi mesi tuttavia i paesi ACP e la Commissione sono riusciti a compiere alcuni passi avanti. Ad esempio, da metà giugno 2003 si sono svolte sei riunioni nel cosiddetto “formato specifico” che hanno riguardato settori quali le questioni giuridiche, la dimensione dello sviluppo, i servizi, l’agricoltura, l’accesso al mercato e settori legati al commercio.

Per quanto riguarda il risultato delle discussioni, i colloqui tra tutti i paesi ACP e la Commissione hanno consentito di giungere ad un’intesa globale su principi importanti (ad esempio sulla flessibilità e l’integrazione regionale). In molte riunioni, la dimensione dello sviluppo degli accordi di partenariato europeo (APE) è stata al centro delle discussioni, consentendo di ottenere una sempre maggiore convergenza di opinioni su tale questione. Ad esempio, è stato deciso che, pur contribuendo direttamente allo sviluppo dei paesi ACP, gli APE dovranno essere accompagnati da adeguate misure di assistenza allo sviluppo in modo da poter ottenere i massimi benefici. Restano alcune divergenze in particolare sulla questione delle risorse aggiuntive.

All’ultima riunione dei ministri del Commercio dei paesi ACP tenutasi il 31 luglio 2003 a Bruxelles, i paesi ACP e la Commissione hanno concordato che il dialogo a livello di tutti i paesi ACP continuerà quando saranno avviati i negoziati regionali a partire da ottobre.

La Commissione sta elaborando in collaborazione con i paesi ACP una relazione congiunta relativa alla prima fase per la prossima riunione congiunta sugli APE a livello ministeriale prevista per il 1o ottobre 2003 a Bruxelles. Tale evento sarà seguito dall’avvio dei negoziati a livello regionale con l’Africa occidentale e l’Africa centrale.

Studi e informazione

In termini di valutazioni ex ante dei negoziati, sono stati compiuti progressi negli ultimi mesi. Il programma di sostegno di 20 milioni di euro per i preparativi dei negoziati sugli APE si è rivelato un’utile fonte di finanziamento per le valutazioni d’impatto nazionale e regionale da parte dei paesi ACP. In una prima fase, sono state effettuate valutazioni d’impatto regionale per un importo di oltre 1,1 milioni di euro. Ultimamente, sono stati avviati studi per 17 paesi ACP per un totale di 2,4 milioni di euro. Inoltre, sono stati approvati programmi di rafforzamento della capacità istituzionale per quattro paesi e tre programmi più grandi di sostegno regionale per un totale rispettivamente di 600 000 e di 2,5 milioni di euro. Oltre al programma di 20 milioni di euro, saranno presto disponibili ulteriori fondi per analisi legate al commercio: nel luglio 2003 il Comitato del Fondo europeo di sviluppo (FES) ha approvato un programma da 50 milioni di euro riguardante tutti i paesi ACP relativo alla capacità commerciale che dovrebbe diventare operativo entro l’inizio o la metà del 2004. I programmi regionali e nazionali finanziati dal nono FES offrono considerevoli risorse per l’effettuazione di analisi legate ai negoziati ed il rafforzamento delle capacità. Nei soli programmi regionali, è previsto un importo di circa 350 milioni di euro per l’integrazione regionale ed il commercio, compresi i negoziati sugli APE.

La prima fase della valutazione dell’impatto sotto il profilo della sostenibilità (VIS) finanziata dalla Commissione sarà sintetizzata in una relazione finale, prevista per ottobre. Nel frattempo, i risultati preliminari saranno discussi con la società civile nel corso di due seminari che si svolgeranno nell’Africa occidentale e nei Caraibi, per ottenere il massimo contributo e la massima partecipazione delle parti interessate. Gli ultimi documenti relativi alla VIS sono disponibili sul sito Internet dello studio di consulenza competente ().

In merito alla questione della trasparenza e, in particolare, della comunicazione con il Parlamento, il Commissario responsabile per lo sviluppo e la cooperazione ed il Commissario responsabile per il commercio si sono attivamente impegnati a rispondere alle interrogazioni e a riferire sullo stato dei negoziati. Quest’ultimo è stato anche oggetto di discussione in alcune delle riunioni con la società civile svoltesi a Bruxelles organizzate dalla Commissione e i documenti relativi ai negoziati sono stati pubblicati sul sito Internet della Direzione generale per il commercio. Infine, la relazione congiunta ACP-Commissione relativa alla prima fase sarà disponibile appena possibile, probabilmente all’inizio di ottobre.

 

Interrogazione n. 72 dell'on. Myrsini Zorba (H-0479/03)
 Oggetto: Idrogeno
 

L’economia dell’idrogeno è stato uno dei temi di discussione al Vertice UE-USA dello scorso giugno. Stando al comunicato finale, la cooperazione UE-USA si inscrive nel quadro della cooperazione ampliata nel campo dell’energia e ne investe gli aspetti tecnici, giuridici e commerciali.

Può la Commissione fornire ulteriori informazioni e dati sulla cooperazione specie nel campo della ricerca, e sul rafforzamento della cooperazione tra il settore pubblico e privato? Può inoltre fornire il calendario e il piano d'azione riguardanti il “partenariato internazionale per l’economia dell’idrogeno”?

 
  
 

L’importanza della cooperazione in materia di ricerca e di sviluppo tecnologico nel settore dell’idrogeno è stata riconosciuta, al più alto livello, in una dichiarazione allegata alle conclusioni dell’ultimo vertice transatlantico (25 giugno 2003).

Tale cooperazione verrà attuata nel quadro dei programmi esistenti, vale a dire il programma di cooperazione scientifica e tecnica (S&T) del 5 dicembre 1997, l’accordo di attuazione della cooperazione S&T nel campo dell’energia non nucleare concluso il 14 maggio 2001 e la clausola addizionale riguardante le celle a combustibile firmata il 16 giugno 2003.

I meccanismi di cooperazione S&T descritti in tali accordi vengono attuati in conformità delle regole di partecipazione definite nel sesto programma quadro e si applicano agli operatori pubblici e privati dei vari paesi ammissibili, compresi gli Stati Uniti.

In questo contesto si inserisce anche la possibile partecipazione della Commissione europea all’iniziativa di partenariato internazionale per l’economia dell’idrogeno (IPHE) proposta dal Dipartimento americano dell’energia (DoE). Tale partecipazione sarà coerente con gli impegni politici assunti dalla Commissione in questo campo e nei settori correlati (energia, ambiente, aspetti commerciali, ecc.) e non sostituirà in alcun modo le azioni in corso a livello comunitario (in particolare la piattaforma tecnologica europea per l’idrogeno e le celle a combustibile) e a livello internazionale (ad esempio i lavori dell’Agenzia internazionale dell’energia).

La proposta dell’IPHE è attualmente in corso di esame da parte dei vari servizi competenti della Commissione. Tale proposta, che è ancora provvisoria e verrà modificata dai futuri membri dell’IPHE, non comprende un preciso piano d’azione né un calendario ad eccezione della data di avvio dell’iniziativa prevista per il 19 novembre 2003 a Washington.

 

Interrogazione n. 73 dell'on. Christos Folias (H-0481/03)
 Oggetto: Giochi elettronici
 

Nella sua risposta all'interrogazione P-3281/02 la Commissione riferiva che era stata inviata alle autorità greche una lettera di messa in mora, conformemente a quanto disposto dall'articolo 226 del trattato CE. La Commissione precisava inoltre che i suoi servizi erano pronti ad esaminare i punti della legge che rientrano nel campo di applicazione degli articoli 43 e 49 di detto trattato e della direttiva 98/34/CE(1).

Considerato che da allora sono trascorsi sette mesi, può dire la Commissione come hanno reagito le autorità greche alla lettera di messa in mora? Che cosa è emerso dall'esame dei punti rientranti nel campo di applicazione degli articoli 43 e 49, e della direttiva 98/34/CE? Che cosa si propone di fare la Commissione sulla base dei nuovi dati?

 
  
 

La Commissione ha seguito con attenzione il divieto introdotto a partire dal 1o agosto 2002 dalla legge greca 3037/2002 di installare ed impiegare qualsiasi gioco elettrico, elettronico ed elettromeccanico, nonché tecnico di intrattenimento ovvero supportato da computer, in ogni luogo pubblico o privato, ad eccezione delle case da gioco.

A seguito dell’approvazione della legge e dopo aver ricevuto vari ricorsi, il 18 ottobre 2002 la Commissione ha inviato alle autorità greche una lettera di costituzione in mora nella quale si sottolineava che la legge 3037/2002 introduce misure che, in contrasto con quanto disposto dall’articolo 28 del Trattato CE, potrebbero avere effetti equivalenti alle restrizioni quantitative sulle importazioni di giochi e prodotti correlati da altri Stati membri e che tali misure non appaiono commisurate alle finalità perseguite, né giustificabili.

Le autorità greche hanno risposto sostenendo che le misure introdotte dalla legge 3037/2002 sono giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico e di pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 30 del Trattato CE.

Nel frattempo la Commissione è tuttavia giunta alla conclusione che talune disposizioni della legge greca appaiono anche in contrasto con la libertà di prestazione di servizi, la libertà di stabilimento nonché la direttiva 98/34/CE che impone agli Stati membri di notificare progetti di norme e regolamentazioni tecniche relative ai servizi della società dell’informazione. L’11 luglio ha pertanto inviato alle autorità greche un’altra lettera di costituzione in mora ed il 22 luglio ha emesso un comunicato stampa sull’argomento(2). Le autorità greche dovrebbero far pervenire la risposta entro metà settembre.

 
 

(1) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.
(2) IP/03/1062.

 

Interrogazione n. 74 dell'on. Proinsias De Rossa (H-0482/03)
 Oggetto: Futuro delle reti per la lotta ai tumori
 

Può la Commissione confermare che il comitato interno di selezione per il nuovo piano di azione sulla sanità pubblica della Commissione europea non ha selezionato alcuna domanda presentata dalle reti per la lotta ai tumori esistenti? Può la Commissione indicare il probabile effetto di tale decisione sulla politica dell’Unione europea in materia di prevenzione dei tumori e sui suoi strumenti esclusivi ed altamente sviluppati per la prevenzione dei tumori? Inoltre, può la Commissione illustrare come suggerisce adesso di sviluppare ulteriormente gli orientamenti europei sul cancro della mammella a beneficio di tutte le donne europee?

 
  
 

Anche se in autunno verrà adottata una decisione finale, sembra improbabile che i progetti cui fa riferimento l’onorevole parlamentare possano essere finanziati. Le domande sono superiori alla dotazione finanziaria del programma e pertanto la maggior parte di esse, comprese molte di qualità ed importanza elevate, non possono essere finanziate.

La dotazione finanziaria prevista per la parte del programma d’azione in materia di sanità pubblica relativa ai fattori sanitari determinanti è approssimativamente pari a quella del vecchio programma “l’Europa contro il cancro” (circa 15 milioni di euro), tuttavia con lo stesso importo dev’essere finanziata una serie molto più ampia di attività. I progetti di lotta ai tumori cui fa riferimento l’onorevole parlamentare assorbirebbero una quota di risorse finanziarie pari a quasi l’intera dotazione disponibile per un campo vasto come quello dei fattori sanitari determinanti. Tenendo conto che il programma “l’Europa contro il cancro” è giunto al termine e che le possibilità di finanziamento nell’ambito del nuovo programma d’azione in materia di sanità pubblica per le attività coperte da quello precedente sono molto più limitate, le reti in questione dovranno cercare fonti di finanziamento alternative.

Il sostegno comunitario alla prevenzione dei tumori in quanto tale non viene tuttavia interrotto; infatti, nell’ambito della presente serie di finanziamenti potrebbero essere sostenuti alcuni progetti nel campo della lotta ai tumori, fra i quali i progetti relativi all’istituzione di indicatori tumorali, alla prevenzione e all’eliminazione del tabagismo, alla prevenzione dell’alcolismo e all’alimentazione. Tali progetti dovrebbero consentire di ottenere risultati sostenibili che contribuiranno altresì, in modo diretto o indiretto, alla prevenzione dei tumori.

Per quanto riguarda la definizione di orientamenti europei sul cancro della mammella, sono disponibili strumenti altamente sviluppati. Mi riferisco in particolare agli “orientamenti europei sulla garanzia della qualità in materia di mammografia”, di cui nel 2004 verrà pubblicata la quarta edizione. La Commissione analizzerà con attenzione la necessità di un futuro aggiornamento di tale documento e la possibilità per la Comunità di fornire ulteriore sostegno.

Infine, in risposta ai nuovi sviluppi, quali la raccomandazione del Consiglio sullo screening dei tumori, che sarà adottata dalla Presidenza italiana, il piano di attività 2004 del programma d’azione in materia di sanità pubblica potrebbe includere uno specifico settore prioritario relativo alla prevenzione dei tumori.

 

Interrogazione n. 75 dell'on. Nuala Ahern (H-0488/03)
 Oggetto: OSPAR
 

La dichiarazione conclusiva della riunione ministeriale della Commissione “OSPAR”, formulata a Brema il 25 giugno 2003, afferma, in merito alle sostanze radioattive, che l’obiettivo è "la prevenzione dell’inquinamento dell’ambiente marino causato dalle radiazioni ionizzanti attraverso riduzioni progressive e sostanziali di scarichi, emissioni e fuoriuscite di sostanze radioattive, con il fine ultimo di ottenere concentrazioni nell’ambiente prossime ai valori storici per le sostanze radioattive presenti in natura e prossime a zero per le sostanze radioattive artificiali. Per conseguire tale obiettivo, si dovrebbero tenere presenti, tra l’altro, i seguenti elementi: (a) utilizzi leciti del mare, (b) fattibilità tecnica e (c) impatti radiologici sull’uomo e sul biota" (punto (6)). Il punto (7) afferma che, per ciò che riguarda il calendario, "entro il 2020, la Commissione [OSPAR] assicurerà che scarichi, emissioni e fuoriuscite di sostanze radioattive siano ridotti a livelli tali da rendere prossime a zero le concentrazioni nell’ambiente marino superiori ai livelli storici derivanti da detti scarichi, emissioni e fuoriuscite".

Quale contributo offrono rispettivamente Commissione, CCR ed EURATOM per raggiungere dell’obiettivo di ridurre drasticamente gli scarichi radioattivi nell’ambiente marino da impianti nucleari come Sellafield nel Regno Unito?

 
  
 

La Commissione ha partecipato attivamente alla recente riunione ministeriale della Commissione “OSPAR”(1) tenutasi a Brema cui fa riferimento l’onorevole parlamentare.

Come rammentato nella dichiarazione ministeriale formulata a Brema, la strategia in materia di sostanze radioattive, adottata dalla Commissione “OSPAR” a Sintra nel 1998, ha lo specifico obiettivo di assicurare che entro il 2020 scarichi, emissioni e fuoriuscite di sostanze radioattive siano ridotti a livelli tali da rendere prossime a zero le concentrazioni nell’ambiente marino superiori ai livelli storici derivanti da detti scarichi, emissioni e fuoriuscite. Nell’attuazione di tale strategia la Commissione “OSPAR” è assistita dal proprio Comitato per le sostanze radioattive (CSR).

Essendo parte aderente alla Convenzione OSPAR, la Comunità è rappresentata alle riunioni della Commissione “OSPAR” dalla Commissione europea e, in quanto tale, è fermamente impegnata a conseguire gli obiettivi della strategia in questione per quanto riguarda le sostanze radioattive. La Commissione, compreso il Centro comune di ricerca, partecipa attivamente alle attività del CSR e dei suoi vari gruppi di lavoro e contribuisce in misura considerevole alla comprensione dei problemi derivanti dagli scarichi di sostanze radioattive da qualsiasi fonte nelle zone marittime ed alla sensibilizzazione in materia.

Nell’ambito di tale contributo, di recente la Commissione ha portato a termine uno studio noto come MARINA II, che ha preso in esame tutti gli scarichi di sostanze radioattive ed i loro effetti sulla zona marittima dell’OSPAR. MARINA II, che è stato presentato alla Commissione “OSPAR”, ha posto le basi scientifiche per il raggiungimento di un consenso sulla definizione di un quadro di riferimento per valutare i progressi compiuti nell’attuazione della strategia OSPAR. Va sottolineato che nella riunione ministeriale di Brema svoltasi in giugno è stato raggiunto anche tale consenso su un quadro di riferimento.

Inoltre, in una recente comunicazione al Consiglio e al Parlamento, la Commissione ha delineato un quadro per una strategia comunitaria per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino. L’azione 10 di tale comunicazione prevede una revisione del processo OSPAR e la valutazione della necessità di adottare misure comunitarie aggiuntive. Tenuto conto del risultato della Conferenza di Brema, la Commissione valuterà quali ulteriori azioni siano necessarie in questo contesto.

 
 

(1) Commissione Oslo-Parigi.

 

Interrogazione n. 76 dell'on. Olivier Dupuis (H-0491/03)
 Oggetto: Lao-Hmong
 

Secondo i giornalisti arrestati in Laos mentre effettuavano un reportage sulle popolazioni Hmong nella provincia di Xieng Khouang, 5 o 6 gruppi di Lao-Hmong vivono in detta provincia in condizioni disperate. Costrette a nutrirsi di radici, queste popolazioni "subiscono da decenni una politica di repressione brutale da parte delle autorità di Vientiane. Senza altre armi se non vecchi AK-47 e M16 rabberciati e senza munizioni", "esse aspirano alla pace e ad una vita normale". Secondo i suddetti giornalisti, si può giungere ad una soluzione soltanto con la mediazione di una "terza parte", in quanto i Lao-Hmong non hanno fiducia nelle autorità laotiane.

La Commissione è al corrente della tragica situazione delle popolazioni Hmong in Laos? Quali iniziative intende intraprendere per porre fine alla feroce repressione di cui sono vittime da quasi 40 anni? La Commissione sarebbe disposta a svolgere un ruolo di mediazione tra le popolazioni Hmong e il governo di Vientiane per giungere rapidamente ad una soluzione giusta della questione ed è disposta ad avviare un’operazione straordinaria di accoglienza sul territorio dell’Unione dei circa 2.000 Hmong?

 
  
 

La Commissione è consapevole che i gruppi minoritari etnici in Laos spesso devono affrontare non poche difficoltà. Molti di essi vivono nelle zone montane povere della parte settentrionale del paese e hanno accesso limitato a servizi sociali quali l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Alcuni gruppi, fra cui quelli di Hmong, spesso sono guardati con sospetto dalle autorità, anche se la discriminazione giuridica non sembra costituire un problema.

La Commissione è al corrente delle notizie di scontri tra le “forze di sicurezza” laotiane ed alcuni gruppi armati di Hmong. La Commissione è altresì a conoscenza delle recenti notizie diffuse riguardo alle condizioni di vita di questi specifici gruppi.

La Commissione ha dichiarato in varie occasioni che è preoccupata della situazione dei diritti umani in Laos e che esaminerà tali questioni nella prospettiva della prossima riunione della Commissione mista CE-Repubblica democratica popolare del Laos, durante la quale la Commissione avrà la possibilità di sollevare la questione delle difficoltà con le quali si devono confrontare i gruppi etnici minoritari.

Per il momento la Commissione non è stata invitata ad assumere il ruolo di mediatore tra particolari gruppi di Hmong e il governo del Laos, tuttavia continuerà ad utilizzare tutti gli strumenti disponibili nel quadro del dialogo politico con il Laos per sollevare i vari problemi esistenti.

Per quanto riguarda l’idea di accogliere sul territorio dell’Unione circa 2 000 Hmong, si tratta di un argomento che dovrà essere discusso con gli Stati membri nelle sedi opportune.

 

Interrogazione n. 77 dell'on. Neil MacCormick (H-0493/03)
 Oggetto: Distorsioni nel settore dei noleggi di video e DVD
 

È consapevole la Commissione che i piccoli operatori nel settore del noleggio di video e DVD devono subire esagerate pressioni da parte della Warner Home Video e di altri grandi gruppi del settore? È disposta la Commissione a prendere in considerazione la possibilità di effettuare un’indagine sulle politiche dei prezzi che hanno come fine di mettere fuori gioco i piccoli operatori?

 
  
 

La Commissione è consapevole delle difficoltà che gli operatori nel settore del noleggio di video devono affrontare nel Regno Unito a causa del fatto che alcune società cinematografiche hanno smesso di concedere a tali operatori una possibilità di noleggio privilegiata prima della vendita al dettaglio dello stesso film. La Commissione comprende che questa situazione espone gli operatori in questione ad un aumento della concorrenza dovuto alla vendita al dettaglio dei film che può provocare una riduzione degli introiti derivanti dal noleggio.

Stando alle indicazioni fornite dall’onorevole parlamentare, sembra che gli effetti della presunta pratica restrittiva si facciano sentire essenzialmente nel mercato britannico. Ne consegue che, per garantire l’efficace applicazione delle regole della concorrenza, le autorità del Regno Unito competenti in materia di concorrenza siano le più idonee a trattare il caso segnalato.

A questo proposito, la Commissione non può che prendere atto che l’Office of Fair Trading è già stato informato delle questioni sollevate nella lettera dell’onorevole parlamentare. Per il momento non dispone di elementi tali da rendere necessario un suo intervento in materia.

 

Interrogazione n. 78 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0495/03)
 Oggetto: Regioni insulari in ritardo di sviluppo in Grecia
 

Nella recente relazione della Commissione dal titolo “Analisi delle regioni insulari e ultraperiferiche”(1) le regioni insulari greche vengono classificate, sulla base dei dati statistici, agli ultimi posti fra tutte le regioni, dato che le Isole ionie figurano all’ultimo posto quanto al reddito procapite e ai ritmi di sviluppo. Nei settori delle strutture economiche, dell’accesso ai servizi, della situazione demografica e dell’ambiente esse figurano in una posizione di svantaggio, mentre il quadro desumibile dai dati statistici greci non dà la stessa impressione(2).

Può la Commissione dire sulla base di quali dati quantitativi e qualitativi tale regione figura in detta posizione di svantaggio? Dispone essa di altri dati comparativi (al di là di quelli menzionati nella relazione di cui sopra) relativi alla situazione economica, alle infrastrutture, ai servizi, alle risorse umane e ad altre caratteristiche endogene delle Isole ionie?

Terrà essa conto di tale situazione in sede di revisione di medio periodo del III QCS (Quadro comunitario di sostegno)? Sulla base dello studio relativo alle regioni insulari intende essa proporre iniziative e misure concrete a sostegno delle regioni con maggiore ritardo di sviluppo?

 
  
 

Lo studio sulle regioni insulari e ultraperiferiche è stato condotto nel corso del 2002 ed è stato basato su un’ampia serie di banche dati statistiche, far cui quelle regionali di NewCronos/Eurostat e varie fonti nazionali e locali.

Per quanto riguarda le Isole Ionie, è stato contattato l’ufficio statistico nazionale greco che ha fornito alcune variabili registrate in una banca dati contenente tutte le informazioni quantitative che figurano nello studio.

Nel corso dello studio sono state contattate varie altre fonti greche, principalmente il servizio meteorologico, il ministero per l’Ambiente, il ministero della Marina e l’Università del Mar Egeo. Quanto al prodotto interno lordo (PIL) pro capite, i risultati dello studio sembrano essere attendibili, anche se i dati disponibili riguardano solo il livello regionale NUTS II e III. Le regioni non sempre coincidono con l’arcipelago o le singole isole.

Lo studio ha rappresentato il primo tentativo di esaminare le regioni ed i territori insulari in maniera armonizzata a livello europeo, ha consentito di individuare situazioni molto diverse in tali territori e ha posto in evidenza la mancanza di dati armonizzati.

Le conclusioni dello studio fanno parte di numerose fonti di informazione che contribuiranno a fornire alla Commissione uno spunto di riflessione sulla futura politica di coesione in occasione dell’elaborazione della terza relazione sulla coesione.

 
 

(1) 2000. CE. 16. 0.AT. 118.
(2) Ultime statistiche dell’ESYE (Servizio statistico nazionale di Grecia).

 

Interrogazione n. 79 dell'on. Jan Dhaene (H-0499/03)
 Oggetto: Cruise control sui mezzi pesanti
 

Nei mesi passati l’asse di collegamento internazionale E17 Anversa-Gand-Lilla è stato diverse volte teatro di allucinanti incidenti che hanno visto coinvolti autisti di mezzi pesanti. Tutti i camion sono dotati di cruise control. Gli autisti distratti piombano a tutta velocità sull’ultimo veicolo fermo in coda a causa dei lavori stradali.

Ma non si tratta di un problema isolato. In tutta Europa si registrano degli incidenti a causa del cruise control, sia per quanto riguarda i mezzi pesanti che le autovetture, incidenti che comportano la perdita di numerose vite umane. Nelle ultime settimane si sono avuti in Belgio 6 morti e 13 feriti gravi a seguito di incidenti dovuti al cruise control.

Anche i sindacati dei trasportatori considerano il cruise control un elemento più negativo che positivo per gli autisti.

Dispone la Commissione di dati sufficienti sull’impatto del cruise control di cui sono dotati i mezzi pesanti sulla sicurezza del traffico?

Intende la Commissione imporre un divieto all’installazione del cruise control sui mezzi pesanti? In caso affermativo, entro quando prevede di varare tale divieto? I singoli Stati membri potrebbero introdurre in maniera autonoma detto divieto senza modificare la legislazione europea in materia?

 
  
 

Si invita l’onorevole parlamentare a far riferimento alla risposta all’interrogazione scritta E-1501/03(1) dell’onorevole Van Brempt sullo stesso argomento. La Commissione è preoccupata dell’aumento degli incidenti che vedono coinvolti mezzi pesanti, nei quali i dispositivi di controllo della velocità sembrano avere una parte di responsabilità, e sta cercando di ottenere dalle autorità belghe informazioni obiettive che le consentano di valutare eventuali misure necessarie.

La Commissione non dispone di dati probanti sull’impatto sulla sicurezza stradale dei dispositivi di controllo della velocità installati sui mezzi pesanti. Per contro, da alcuni studi, condotti, tra gli altri, anche nei Paesi Bassi, risulta che gli adattatori in questione riducono il consumo di carburante in una misura compresa tra il 4 e il 10 per cento ed aiutano anche gli autisti responsabili a rispettare i limiti di velocità.

Per quanto riguarda altri dispositivi presenti sui veicoli, è chiaro che i dispositivi di controllo della velocità richiedono un uso responsabile da parte degli autisti. Ad esempio, non è consigliabile farne uso in caso di traffico intenso o instabile o di condizioni meteorologiche avverse. La Commissione non intende vietare l’uso generale dei dispositivi di controllo della velocità sui mezzi pesanti, ritenendo che sia più importante migliorare la preparazione degli autisti professionisti, in merito alla quale di recente il Parlamento ed il Consiglio hanno adottato una direttiva, ed il controllo dei periodi di guida e di riposo attraverso il tachigrafo digitale che verrà introdotto tra un anno e mediante un numero più elevato di controlli, come previsto nel quadro delle prossima revisione della direttiva 88/599(2). Gli Stati membri hanno il diritto di vietare l’uso di tali sistemi a livello locale in condizioni avverse, come nel caso, ad esempio, di lavori stradali.

 
 

(1) GU L
(2) Direttiva 88/599/CEE del Consiglio del 23 novembre 1988 sulle procedure uniformi concernenti l’applicazione del regolamento (CEE) n. 3820/85 relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada, GU L 325 del 29.11.1988.

 

Interrogazione n. 80 dell'on. Konstantinos Hatzidakis (H-0500/03)
 Oggetto: Liquidazione del secondo QCS in Grecia
 

Può la Commissione fornire informazioni sugli sviluppi che ci sono stati, a decorrere dallo scorso mese di maggio, in ordine alla liquidazione del secondo Quadro comunitario di sostegno in Grecia, precisando quali sono i programmi ormai conclusi, quali i finanziamenti che sono stati accordati o definitivamente persi e qual è la data per la chiusura definitiva del secondo QCS?

 
  
 

La Commissione ha già fornito all’onorevole parlamentare numerosi elementi d’informazione in risposta all’interrogazione orale H-0255/03.

La risposta può essere aggiornata sui punti di seguito indicati.

Per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale, si è concluso il programma “Sviluppo urbano – Metropolitana di Atene”. Il pagamento corrispondente effettuato a favore della Grecia è stato pari a 48,525 milioni di euro.

La Commissione ha altresì informato le autorità greche del risultato dell’esame relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale per tutti gli altri programmi, per i quali le autorità greche sono state invitate a rispondere al massimo entro il 30 settembre 2003. Quanto ai programmi interessati dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione Orientamento, e dallo Strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP), è in corso l’esame delle richieste di pagamento.

Per quanto attiene al Fondo sociale europeo, alla fine di aprile 2003 era stato pagato un importo complessivo di 173,6 milioni di euro nell’ambito di tre programmi operativi, vale a dire “Formazione continua”, “Pubblica amministrazione” e “Istruzione”.

Dal maggio 2003 sono stati effettuati pagamenti finali per un importo totale di 37 321 827 euro per il Fondo sociale europeo in relazione ad altri sette programmi operativi, ossia “Ricerca e tecnologia”, “Turismo”, “Assistenza tecnica”, “Tessalia”, “Isole Ionie”, “Egeo settentrionale” e “Egeo meridionale”. I restanti programmi interessati dal Fondo sociale europeo sono in corso di esame e la loro conclusione è prevista entro i prossimi mesi.

 

Interrogazione n. 81 dell'on. Efstratios Korakas (H-0506/03)
 Oggetto: Il Peloponneso, la regione più povera d'Europa
 

Secondo la nuova classificazione delle regioni dell'Unione europea pubblicata da Eurostat, sei delle dieci regioni più povere si trovano in Grecia. La metà di esse registra una diminuzione del PIL pro capite, un fenomeno che interessa anche la regione del Peloponneso, in cui il PIL pro capite è di appena 56 unità.

Può dire la Commissione se reputa insufficienti le misure prese per ridurre le disparità regionali, in particolare in Grecia? Come spiega la Commissione che le regioni greche più povere si allontanino dalla media comunitaria anziché avvicinarsi ad essa, cosa che vale soprattutto per il Peloponneso che, in continuo declino, finisce per essere la regione più povera d'Europa?

 
  
 

Si informa l’onorevole parlamentare che attraverso il quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per la Grecia si stanno intensificando gli sforzi per ottenere una migliore convergenza delle regioni greche alla media comunitaria.

- Sono state in larga misura migliorate le procedure di selezione dei progetti, che a loro volta dovrebbero contribuire a migliorare la qualità dei progetti cofinanziati attraverso il terzo quadro comunitario di sostegno (QCS III).

- Nella procedura di selezione dei progetti è stata introdotta la redditività, fatto questo che a sua volta dovrebbe assicurare un’ottimizzazione delle risorse per i progetti cofinanziati attraverso il QCS III.

- E’ disponibile una maggiore assistenza finanziaria per taluni beneficiari finali, quali i comuni.

- Mediante la strategia del QCS III, il governo greco riconosce la necessità di sostenere il potenziale produttivo delle regioni investendo non solo in infrastrutture, ma anche in risorse umane. La quota del QCS III destinata alle risorse umane è attualmente pari al 20 per cento (nel QCS II era del 15 per cento) ed è possibile che tale percentuale possa essere aumentata in occasione della revisione intermedia.

Per quanto riguarda il Peloponneso, oltre a quanto già indicato, va sottolineato che la nuova Università del Peloponneso dovrebbe aumentare il potenziale umano della regione.

 

Interrogazione n. 82 dell'on. Jillian Evans (H-0509/03)
 Oggetto: Errori giudiziari
 

Diversi procedimenti giudiziari relativi a illeciti civili, che risultano talvolta in lunghi periodi di detenzione indebita, sollevano dubbi sull’efficacia e l’integrità di taluni ufficiali di polizia (in servizio e in pensione) della South Wales Force (Polizia del Galles meridionale) dagli anni ’80 ad oggi.

Le vittime di una siffatta violazione della propria libertà hanno chiesto al governo britannico di avviare un’inchiesta pubblica indipendente sulla questione. Ciò premesso, ritiene la Commissione che un eventuale rifiuto da parte del governo britannico possa costituire una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea o ai sensi del Titolo VI, articolo II-47, secondo comma della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea allorché diverrà giuridicamente vincolante il prossimo anno?

 
  
 

La Commissione non dispone di informazioni relative ai casi giudiziari ai quali l’onorevole parlamentare fa riferimento.

Dalle informazioni fornite nell’interrogazione emerge tuttavia con chiarezza che spetta alle autorità britanniche assicurare che vengano rispettati i diritti personali fondamentali, compresi i diritti degli imputati in procedimenti penali, e di adottare tutte le misure a tal fine necessarie.

Il rifiuto da parte delle autorità britanniche di procedere ad un’inchiesta pubblica indipendente, come richiesto dalle vittime, rientrerebbe nel campo di applicazione del diritto comunitario e costituirebbe una violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea solo se:

tale violazione potesse essere considerata “grave e persistente” ai sensi dell’articolo 7 dello stesso Trattato o si potesse ritenere che esista “un evidente rischio di violazione grave ” in base allo stesso articolo, oppure se

tale violazione dovesse sorgere in relazione all’applicazione del diritto comunitario da parte del Regno Unito.

Alla Commissione non sembra che nel caso in questione possa essere constatata alcuna di queste due situazioni.

La Commissione desidera tuttavia richiamare l’attenzione dell’onorevole parlamentare sul fatto che essa è consapevole della necessità di garantire un’efficace tutela delle garanzie procedurali a favore di indagati e imputati in procedimenti penali nell’Unione europea e ha presentato un Libro verde sull’argomento allo scopo di stimolare una riflessione che potrebbe culminare in un’iniziativa legislativa nel settore(1).

Va infine sottolineato che chiunque ritenga che i propri diritti fondamentali siano stati lesi ha la possibilità di presentare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, dopo aver esperito tutte le procedure giudiziarie interne.

 
 

(1) Libro verde sulle garanzie procedurali a favore di indagati e imputati in procedimenti penali nel territorio dell’Unione europea, COM(2003) 75 def.

 

Interrogazione n. 83 dell'on. Ioannis Souladakis (H-0511/03)
 Oggetto: Libro bianco sui trasporti e autostrade marittime
 

Nell’ambito di una revisione delle reti transeuropee intende la Commissione inserirvi anche le autostrade marittime dei paesi che sono in fase di adesione (Cipro, Malta, Lituania, Lettonia ed Estonia), dei paesi vicini all'Unione europea che aderiranno in futuro e dei paesi del bacino del Mediterraneo?

 
  
 

La revisione degli orientamenti per lo sviluppo della rete transeuropea di trasporto di cui la Commissione si sta attualmente occupando includerà le reti dei nuovi Stati membri, in modo che il testo riveduto entri in vigore nei nuovi Stati membri nel momento della loro effettiva adesione alla Comunità.

Le autostrade marittime sono state raccomandate quali progetti prioritari dal gruppo ad alto livello incaricato dalla Commissione di definire raccomandazioni relative ai nuovi progetti prioritari nel settore della rete transeuropea. I paesi citati, nonché altri paesi comunitari, si trovano in zone individuate da tale gruppo: autostrada del mar Baltico, autostrada del mare dell’Europa occidentale, autostrada del mare dell’Europa sudorientale, autostrada del mare dell’Europa sudoccidentale(1).

Per quanto riguarda i paesi del bacino del Mediterraneo, l’importanza di sviluppare adeguati collegamenti è stata riconosciuta con chiarezza nella comunicazione sullo sviluppo di una rete euromediterranea di trasporto(2). La comunicazione elenca le condizioni e le azioni necessarie per la realizzazione di tale rete; in questo contesto viene anche sottolineata l’importanza delle autostrade marittime.

 
 

(1) - Autostrada del Mar Baltico (che collega gli Stati membri del Mar Baltico agli Stati membri dell’Europa centrale e orientale).
- Autostrada del mare dell’Europa occidentale (che collega la penisola iberica al Mare del Nord e al Mare d’Irlanda attraverso l’Arco atlantico).
- Autostrada del mare dell’Europa sudorientale (che collega il Mare Adriatico al Mar Ionio e al Mediterraneo orientale in modo da includere Cipro).
- Autostrada del mare dell’Europa sudoccidentale (Mediterraneo occidentale), che collega Spagna, Francia, Italia e Malta, nonché l’autostrada del mare dell’Europa sudorientale.
(2) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sullo sviluppo di una rete euromediterranea di trasporto, COM(2003)376.

 

Interrogazione n. 84 dell'on. Ioannis Patakis (H-0513/03)
 Oggetto: Perdita di valore dei risparmi degli strati popolari
 

Il continuo ribasso dei tassi di interesse praticati dalle banche commerciali sui depositi comporta una notevole diminuzione dei redditi e, essenzialmente, dei risparmi degli strati popolari. In Grecia tali tassi di interesse si collocano attualmente tra lo 0 e lo 0,5% per i depositi fino a 60 000 euro, mentre l’inflazione supera il 3,8%. Allo stesso tempo, le banche moltiplicano gli utili riscuotendo interessi di oltre l’11% sui saldi negativi e su tutta una serie di altri prodotti, mentre il grande capitale gode di un trattamento privilegiato in quanto ha la facoltà di investire in titoli pubblici e privati dal rendimento ben superiore a quello dei conti di risparmio, ma che non sono accessibili a tutti.

Intende la Commissione adottare misure o iniziative per garantire il risparmio degli strati popolari, eliminare le discriminazioni nell’accesso ai prodotti di investimento e porre fine al “salasso” dei capitali dei piccoli risparmiatori e dei piccoli investitori da parte del grande capitale?

 
  
 

La Commissione ringrazia l’onorevole parlamentare per la sua interrogazione riguardante la perdita di valore dei risparmi degli strati popolari in Grecia.

Innanzi tutto, la Commissione desidera rammentare che, in un contesto di maggiore integrazione del mercato finanziario nell’Unione europea, di una politica monetaria comune e di una moneta unica nella zona dell’euro, il mercato per gli istituti finanziari negli Stati membri è caratterizzato da una concorrenza sempre più vivace. Pur essendo influenzati da fattori comuni quali una variazione del tasso passivo/attivo di mercato, i singoli istituti finanziari possono tuttavia ancora decidere le condizioni da applicare ai propri clienti a seconda della loro rispettiva strategia individuale, dello stato patrimoniale e di altre considerazioni. Ad esempio, in situazioni di debole crescita economica gli istituti finanziari possono decidere di prestare maggiore attenzione ai fattori di rischio.

Gli investimenti in titoli offrono la possibilità di ottenere un rendimento più elevato rispetto ai conti di deposito, ma in cambio di un maggiore rischio per il capitale, per cui è necessario prestare attenzione nel confrontare i rendimenti che si possono ricavare dai conti di deposito e dai titoli. Per quanto riguarda la situazione in Grecia cui l’onorevole parlamentare fa riferimento, la Commissione attualmente non è a conoscenza di discriminazioni nell’accesso ai prodotti di investimento per i cittadini greci, anche se in passato la Commissione si è occupata di un caso di discriminazione fiscale del reddito derivante da fondi di investimento, avviando un’inchiesta che è stata chiusa nel 2002 dopo che le autorità greche si erano impegnate a porre rimedio alla situazione. Qualora venissero sottoposte alla sua attenzione informazioni aggiuntive e più precise, la Commissione effettuerà ulteriori indagini in merito.

La Commissione ha consultato l’autorità greca competente in materia di concorrenza in merito all’esistenza di una collusione o di un abuso di una posizione dominante collettiva da parte degli istituti finanziari in Grecia. Tale autorità non dispone di indicazioni significative che possano indurre a sospettare una violazione della legge sulla concorrenza, ma seguirà con attenzione il relativo mercato e condurrà un’inchiesta in caso di comportamenti che possano compromettere la concorrenza.

Inoltre, per il momento, dall’esperienza di controllo del mercato da parte della Commissione non emergono indicazioni concrete di una violazione degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, tuttavia la Commissione rivedrebbe tale conclusione se venisse a conoscenza di prove concrete di una violazione della legge sulla concorrenza.

 

Interrogazione n. 85 dell'on. Konstantinos Alyssandrakis (H-0514/03)
 Oggetto: Provvedimenti necessari per contrastare la pornografia infantile in Internet
 

La diffusione della pornografia infantile in Internet sta assumendo dimensioni pericolose e investe ormai paesi, come la Grecia, che hanno una bassa percentuale di connessioni alla rete. Di recente, è stato scoperto a Volos un giro di malavitosi dedito alla diffusione illegale di materiale fotografico e video che gestiva un sito con 5 000 aderenti ed oltre 600 000 visitatori. Stando a talune valutazioni, siti analoghi sono oltre 10 000 in Europa.

Per combattere efficacemente la criminalità informatica e soprattutto la pornografia infantile, intende la Commissione prendere le necessarie misure tanto nei confronti degli organizzatori che degli utenti, in modo da tutelare le vittime, contrastare lo svilimento della vita umana e rafforzare i servizi e le ONG impegnati nella lotta contro questo gravissimo reato?

 
  
 

La Commissione condivide appieno le preoccupazioni espresse dall’onorevole parlamentare riguardo al crescente problema della pornografia infantile diffusa attraverso Internet e ritiene necessario continuare a compiere ogni possibile sforzo per lottare contro la diffusione di informazioni di contenuto illegale e nocivo attraverso Internet mediante la cooperazione internazionale tra governi, in particolare tra le autorità giudiziarie e quelle preposte all’applicazione della legge, ma anche tra i governi ed il settore delle reti globali, le hot-line dedicate e le organizzazioni non governative per affrontare in modo efficace questo terribile fenomeno.

Il compito di affrontare il problema delle informazioni di contenuto illegale (compresa la pornografia infantile) spetta in primo luogo alle autorità preposte all’applicazione della legge ed a quelle giudiziarie degli Stati membri, che cooperano a livello internazionale nella lotta contro la pornografia infantile su Internet mediante i canali di comunicazione esistenti, quali l’Europol e l’Interpol.

L’Unione europea è in prima linea nella lotta alle informazioni di contenuto illegale e nocivo dal 1996, grazie all’approccio congiunto adottato dal Parlamento e dal Consiglio. Il piano d’azione pluriennale comunitario per promuovere l’uso sicuro di Internet adottato dal Consiglio e dal Parlamento nel 1999(1) è uno degli elementi principali dell’attività della Commissione in questo campo. Esso fornisce i fondi per finanziare la creazione di una rete europea di hot-line che consenta agli utenti di segnalare le informazioni di contenuto illegale, compresa la pornografia infantile. Nel marzo 2002(2), sulla base di una proposta della Commissione, l’attuale piano d’azione è stato prorogato per una seconda fase di due anni, a seguito di una revisione che ha tenuto conto dell’esperienza passata e delle nuove tecnologie, in modo da garantire il coordinamento con l’attività parallela svolta nel campo della sicurezza della rete e delle informazioni.

La strategia adottata dall’Unione per lottare contro la pornografia infantile consiste anche in strumenti giuridici e misure pratiche contro la criminalità informatica e la pornografia infantile, fra cui la proposta della Commissione di decisione quadro del Consiglio(3) relativa al ravvicinamento delle leggi e delle sanzioni nel campo dello sfruttamento sessuale dei bambini, con particolare riferimento alla pornografia infantile su Internet(4), che la Commissione auspica che il Consiglio possa adottare formalmente nel prossimo futuro, la raccomandazione del Consiglio del settembre 1998(5) che riguarda la tutela dei minori e della dignità umana e la decisione del Consiglio del maggio 2000 relativa alla lotta contro la pornografia infantile su Internet(6).

A titolo di esempio, all’inizio del 2003 la Commissione ha ricevuto la versione finale dello studio di fattibilità relativo alla creazione di una banca dati internazionale sullo sfruttamento infantile, cofinanziato nell’ambito del programma STOP II e gestito da un gruppo di progetto composto da esperti di vari Stati membri. Il gruppo di progetto ha emesso varie raccomandazioni, sottolineando la necessità di introdurre una sofisticata banca dati riportante immagini di sfruttamento sessuale infantile collegata in rete, sulla base del nuovo sistema dell’Interpol. Tale banca dati dovrebbe tener conto delle varie normative nazionali che disciplinano le immagini di sfruttamento sessuale infantile e la tutela dei dati personali.

Nel marzo 2003 la Commissione ha ricevuto una richiesta da parte di vari Stati membri, dell’Europol e di altri paesi terzi nell’ambito del programma AGIS per il finanziamento di uno studio di attuazione quale seguito concreto ad uno studio di fattibilità concluso nel dicembre 2002. Tali richieste sono in corso di esame in base alle norme del programma di finanziamento. La decisione finale di finanziamento sarà annunciata entro l’autunno.

Inoltre, il programma per la promozione di un uso sicuro di Internet fornisce finanziamenti per attività volte a lottare contro le informazioni di contenuto illegale e nocivo nell’ambio di un approccio coerente da parte dell’Unione europea. Tale programma si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi:

assicurare una maggiore interazione con programmi ed azioni condotti a livello nazionale,

migliorare lo scambio di informazioni e delle migliori pratiche tra gli Stati membri,

sviluppare software che consentano a genitori e/o insegnanti di limitare l’accesso dei minori a materiale ed informazioni di contenuto inadeguato su Internet,

offrire specifici servizi web che garantiscano un accesso sicuro a Internet.

 
 

(1) Decisione n. 276/1999/CE, GU L 33 del 6.2.1999 modificata dalla decisione n. 1151/2003/CE, GU L 162 dell’1.7.2003.
(2) COM (2002) 152 def.
(3) COM (2002) 854 def.
(4) Il Consiglio ha raggiunto un approccio comune su questa proposta della Commissione il 14 ottobre 2002. Due Stati membri nutrono ancora riserve parlamentari sulla proposta.
(5) GU L 270 del 7.10.1998.
(6) GU L 138 del 9.6.2000.

 
Note legali - Informativa sulla privacy