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Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 11 gennaio 2005 - Strasburgo Edizione GU

12. Tempo delle interrogazioni (Commissione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0001/2005).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.

Prima parte

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 26 dell’onorevole Jacky Henin (H-0505/04):

Oggetto: Eliminazione delle quote nel settore tessile

In conseguenza della proposta approvata il 26 ottobre dalla Commissione europea, le quote per i prodotti tessili saranno eliminate a partire dal 1 gennaio 2005.

Tale decisione avrà gravi conseguenze sul territorio dell’Unione in termini di ristrutturazione industriale e occupazione. Gli economisti della regione Nord-Pas-de-Calais parlano già di una perdita, sul loro territorio, di 9.000 dei 29.000 posti di lavoro diretti di questo settore industriale.

Ne conseguiranno autentici drammi umani per i lavoratori colpiti e le loro famiglie.

Quali iniziative concrete di aiuto intende intraprendere la Commissione al fine di salvaguardare e sviluppare l’occupazione nelle grandi regioni dell’industria tessile dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda i fondi strutturali e la lotta contro le delocalizzazioni, dentro e fuori i confini europei?

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Onorevoli deputati, rispondo all’interrogazione a nome del collega, il Commissario Mandelson, che oggi non può essere presente poiché al momento è in viaggio per l’India.

L’accordo dell’OMC sul settore tessile e dell’abbigliamento, che ha fissato un periodo di dieci anni per l’eliminazione delle quote, è scaduto il 31 dicembre 2004; da quel momento il commercio di prodotti tessili e dell’abbigliamento è soggetto alle norme generali dell’OMC.

L’eliminazione delle quote probabilmente modificherà l’esportazione di prodotti tessili e dell’abbigliamento e le tendenze di esternalizzazione globale. Potrà esserci un effetto di sostituzione tra i fornitori a vantaggio di quei paesi in grado di offrire una gamma completa di prodotti, economie di livello, prezzi competitivi e servizi efficienti. L’impatto dell’abolizione delle quote sarà in effetti notevole, anche se a questo stadio è difficile esprimere una valutazione. Inoltre esso varierà considerevolmente a seconda delle condizioni del paese, dell’abilità nel raggiungere vantaggi concorrenziali nel segmento più alto della produzione a valore aggiunto e nelle risposte politiche interne. Sarà necessario un impegno continuo per favorire l’aggiornamento delle capacità tecniche dei lavoratori, elevare la qualità del loro impiego e mettere le parti sociali a tutti i livelli in condizione di affrontare le numerose sfide del settore.

Per quanto riguarda l’Europa, questo settore presenta aspetti decisamente positivi per il futuro. Gli investimenti, la svolta verso un mercato esclusivo e la leadership mondiale nell’ambito dell’industria della moda hanno reso l’Europa il maggiore esportatore mondiale di prodotti tessili e il secondo per quanto riguarda l’abbigliamento.

La Commissione ritiene opportuna una triplice reazione, consistente nel monitorare il livello delle importazioni nell’Unione europea, nell’aiutare il settore a rafforzare la propria competitività e a rimanere un’industria cardine dell’UE, e nel continuare a dedicare un’attenzione particolare ai paesi in via di sviluppo più poveri e vulnerabili. La comunicazione della Commissione del 13 ottobre 2004, dal titolo “Il settore tessile e dell’abbigliamento dopo il 2005”, è un elemento chiave di questa strategia. Tale comunicazione è stata una risposta a una serie di raccomandazioni del gruppo ad alto livello per il settore tessile e l’abbigliamento, in cui erano rappresentati i sindacati.

Per quanto riguarda gli interventi strutturali e i processi di decentramento, la partecipazione del settore tessile e dell’abbigliamento a programmi plurisettoriali dovrebbe fornire un quadro efficiente per il sostegno al settore, consentire la diversificazione della produzione e da ultimo servire gli interessi economici delle regioni interessate.

La Commissione propone inoltre che, in tutti i programmi futuri, gli Stati membri riservino la somma dell’1 per cento del contributo annuale del Fondo strutturale all’obiettivo “Convergenza” e il 3 per cento del contributo annuale del Fondo strutturale all’obiettivo “Competitività regionale e occupazione”, per far fronte alle crisi locali o settoriali impreviste legate alla ristrutturazione economica e sociale o alle conseguenze della liberalizzazione degli scambi commerciali.

 
  
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  Henin (GUE/NGL).(FR) Signora Presidente, mi permetta di esprimere dinanzi all’Assemblea la mia profonda solidarietà verso i milioni di lavoratori che vedranno le loro vite distrutte al fine di soddisfare ancora una volta una minoranza di persone abbienti.

Sì, gli economisti della Federazione internazionale dei sindacati – se la Commissione non lo sa, loro lo sanno – parla della distruzione di trenta milioni di posti di lavoro, di cui un milione in Europa, nel nord Africa, nello Sri Lanka e in Indonesia. Come se non bastasse quello che parecchi di questi paesi hanno da poco subito, ora si trovano in guai ancora peggiori. Lo dico con forza, è responsabilità e compito della Commissione, del Consiglio e del Parlamento porre fine a questo disastro sociale.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 27 dell’onorevole Robert Evans (H-0509/04):

Oggetto: Schiavitù nella produzione di cioccolato

È necessario che la Commissione sia al corrente del problema del lavoro forzato ed illegale dei bambini nell’industria del cacao.

L’Africa Occidentale fornisce la maggior parte del cacao mondiale, e le stime valutano che più di 200.000 bambini lavorino in condizioni pericolose nelle fattorie di cacao (Istituto Internazionale di Agricoltura Tropicale, luglio 2002). I consumatori europei sono soggetti all’eventualità che una parte del cioccolato che consumano sia stato prodotto da lavoro forzato.

Potrebbe la Commissione fornire informazioni su quali iniziative sono state prese al fine di garantire che il gusto della schiavitù sia bandito dal cibo europeo?

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Onorevoli deputati, rispondo all’interrogazione a nome del collega, Commissario Michel, che questo pomeriggio non può essere presente, dovendo partecipare alla Conferenza dei donatori per il disastro dello tsunami.

Su questo tema, l’approccio della Commissione è duplice. Innanzi tutto, da un lato sosteniamo le iniziative e i programmi dell’OIL. In secondo luogo, rafforziamo la capacità dei paesi della regione di attuare le pertinenti misure di Cotonou e i diversi protocolli e iniziative della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale nell’ambito della tutela dell’infanzia.

L’Organizzazione internazionale del lavoro, attraverso il suo programma internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile, nel 2000 ha lanciato una nuova iniziativa chiamata “Combattere il traffico di bambini per lo sfruttamento del lavoro nell’Africa occidentale e centrale”. Nel 2003 si è aggiunto il documento “Cacao dell’Africa occidentale/Programma agricolo commerciale per la lotta al lavoro minorile rischioso e allo sfruttamento dei bambini mediante il lavoro”, che si concentra in particolare sulla coltivazione del cacao.

La Commissione ha un partenariato strategico con l’OIL, in cui la lotta al lavoro dei bambini è una priorità. In questo contesto, attualmente si sta considerando un programma di 15 milioni di euro nell’ambito dei fondi ACP. Tra gli obiettivi rientrerebbero innanzi tutto l’istituzione di un meccanismo sostenibile per impedire che i bambini svolgano ogni sorta di lavoro nel settore agricolo e in altri settori e, in secondo luogo, il potenziamento della capacità di agenzie e organizzazioni a livello nazionale e comunitario nel pianificare, avviare, attuare e valutare azioni volte a prevenire ed eliminare progressivamente il lavoro dei bambini. Il terzo obiettivo è sollevare dal loro impiego tutti i bambini coinvolti nel lavoro nel settore del cacao, prevenire l’ingresso in tale attività di bambini a rischio e migliorare la capacità di guadagno dei membri adulti delle famiglie, in particolare delle donne, mediante sistemi di protezione sociale.

La CEDEAO è un’organizzazione regionale attiva nella lotta contro il lavoro minorile. Oltre alle disposizioni di Cotonou sugli standard del commercio e del lavoro, i capi di Stato della CEDEAO hanno adottato una dichiarazione e un piano d’azione per la lotta allo sfruttamento dei bambini, e recentemente la CEDEAO ha istituito un’unità per l’infanzia all’interno del suo segretariato. Il programma indicativo regionale del nono FES contribuirà alla capacità di sviluppo di questa nuova unità della CEDEAO, allo scopo di promuovere l’efficacia del suo operato.

 
  
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  Evans, Robert (PSE).(EN) Ringrazio il Commissario McCreevy per avermi fornito informazioni in merito all’OIL e a varie altre organizzazioni e all’attività già di pubblico dominio. Mi chiedo se la Commissione stia prendendo effettivamente in considerazione un programma più concreto riguardo alle società che attualmente traggono profitto dal lavoro dei bambini, magari insistendo sul fatto che se le società europee – non dimentichiamo che gli europei e i nordamericani consumano la maggior parte dei prodotti derivati dal cacao – non possono garantire di non trarre i propri prodotti e profitti dal lavoro minorile, non possono importare i loro prodotti in Europa. La Commissione ha preso in considerazione e terrà conto di questo fatto?

 
  
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  McCreevy, Commissione. (EN) La Commissione ritiene che il quadro dell’accordo di Cotonou tra l’Unione europea e i 77 paesi ACP offra opportunità concrete per affrontare gli aspetti umani e sociali di tale pratica, come pure l’elemento della corruzione che può esservi legato, attraverso il dialogo politico e il sostegno al buon governo nei paesi ACP. Essa reputa inoltre che la povertà e la mancanza di opportunità a livello locale siano tra le cause principali dello sfruttamento del lavoro minorile e del traffico di bambini. L’approccio mirante alla riduzione della povertà attraverso la cooperazione allo sviluppo da parte dell’UE rappresenta una base solida per affrontare il problema, poiché riserva la priorità alla crescita equa e a un più ampio accesso all’istruzione.

In conclusione, l’accordo di Cotonou rappresenta un passo avanti importante nella promozione delle norme fondamentali del lavoro negli accordi bilaterali. L’articolo 50 comprende una disposizione specifica in merito agli standard commerciali e lavorativi, che ribadisce l’impegno delle parti a rispettare le norme fondamentali del lavoro così come vengono fissate dalla Convenzione OIL pertinente.

 
  
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  Harbour (PPE-DE).(EN) La Commissione è a conoscenza del fatto che nel 2001 l’Associazione mondiale dei produttori di cioccolato ha concluso un accordo che tratta specificamente di questo argomento? Vorrebbe pertanto provvedere a leggere la relazione dei produttori internazionali di cioccolato prevista per la metà dell’anno in corso, lodarli per il lavoro svolto e incoraggiarli a proseguire il loro programma di certificazione?

Sono perplesso riguardo alla scelta del cioccolato in questo contesto, in quanto esistono molti altri prodotti alimentari originari dei paesi del Terzo mondo che presentano le medesime problematiche; i problemi relativi all’etichettatura e agli standard qualitativi sono molto importanti per l’intero settore.

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Non mancherò di informare il Commissario Michel circa i commenti dell’onorevole Harbour.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 28 dell’onorevole Bogusław Sonik (H-0572/04):

Oggetto: Sospensione delle esportazioni dai nuovi Stati membri verso la Russia

Può la Commissione avviare immediatamente colloqui con la Federazione russa in ordine alla minaccia di sospendere e di creare ostacoli alle esportazioni di generi alimentari verso la Russia dalla Polonia e da altri nuovi Stati membri? Tali colloqui dovrebbero contribuire ad agevolare, normalizzare, accelerare e definire i criteri d’ispezione. Suscita infatti indignazione la posizione assunta dalla Commissione, secondo cui le ispezioni veterinarie da parte della Federazione russa sarebbero per gli Stati summenzionati una questione interna. Tale dichiarazione rappresenta una discriminazione nei confronti dei nuovi Stati membri nell’ambito delle relazioni interne all’UE, poiché gli Stati membri non hanno il potere di adottare decisioni autonome riguardo a questioni veterinarie connesse con l’importazione di prodotti da paesi terzi. Sarà pertanto impossibile risolvere il problema senza un dialogo fra tutte le parti. La situazione non è una novità per la Commissione, dal momento che ha già "sponsorizzato" colloqui fra la Francia e gli Stati Uniti su una questione analoga.

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Rispondo all’interrogazione a nome del collega, Commissario Kyprianou, che oggi non può essere presente perché indisposto.

La Commissione ha compiuto ogni ragionevole sforzo per evitare la discontinuità nelle esportazioni di prodotti di origine animale e vegetale dall’Unione europea alla Russia. Tale potenziale discontinuità deriva dal fatto che la Russia insiste affinché le esportazioni dell’Unione europea soddisfino i suoi requisiti specifici per l’importazione.

Per i prodotti di origine animale esisteva il concreto timore di un blocco totale degli scambi a partire dal 1° gennaio 2005. A partire da questa data, infatti, la Russia insiste su un’unica serie di certificati sanitari per le importazioni. I negoziati condotti dalla Commissione a nome dell’Unione europea hanno tuttavia scongiurato questo rischio.

Per quanto riguarda i prodotti di origine vegetale, per cui potrebbe delinearsi un simile rischio a partire dal 1° aprile 2005, la Commissione intendeva avviare i negoziati non appena si fosse manifestata tale eventualità e ha chiesto al Consiglio di appoggiare questa decisione. In seguito a un dibattito tra gli Stati membri condotto sulla base di questa richiesta, nel dicembre 2004 il Consiglio “Agricoltura” ha accettato, e la Commissione ha avviato immediatamente i negoziati al riguardo a nome dell’Unione europea. La Commissione confida che il risultato di questo processo sarà positivo.

L’onorevole Sonik può quindi stare certo che, pur avendo scarsissima competenza in merito ai requisiti per le esportazioni in paesi terzi, la Commissione ha espresso la propria disponibilità e si è adoperata per contribuire alla soluzione di questo problema e, non appena ha ricevuto il via libera del Consiglio, ha dato tempestivamente inizio ai negoziati.

Nel corso dei negoziati non si è fatta distinzione tra i vecchi e i nuovi Stati membri. La Russia ha tuttavia insistito affinché venissero ispezionati tutti gli stabilimenti dei nuovi Stati membri che avevano richiesto l’approvazione delle esportazioni. La Commissione ha sottolineato che questi stessi stabilimenti hanno ricevuto l’approvazione per il commercio all’interno dell’Unione in seguito al processo di allargamento. Ha inoltre fatto pressioni affinché le ispezioni venissero condotte il più velocemente possibile.

Nel complesso, questa situazione ha portato senza dubbio a una discontinuità negli scambi tra questi Stati membri e la Russia, complicata dal fatto che la Russia non è membro dell’OMC e pertanto non si considera vincolata dalle sue norme.

L’onorevole Sonik può stare certo che la Commissione ha coinvolto tutti gli Stati membri nei suoi sforzi volti a evitare la discontinuità degli scambi, in particolare per i nuovi Stati membri. Tali sforzi sono continui e la Commissione proseguirà nella tutela degli interessi comunitari.

 
  
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  Sonik (PPE-DE).(PL) Signora Presidente, signor Commissario, la situazione è più drammatica di quanto la risposta del Commissario McCreevy non faccia pensare. Dal 1° maggio la Russia tergiversa e non accetta le merci provenienti dalla Polonia per ripicca verso il rifiuto di alcuni paesi, quali i paesi baltici, di accettare le importazioni russe perché non rispettavano i requisiti sanitari imposti dall’Unione europea. Gli Stati membri non hanno però facoltà di prendere decisioni indipendenti su questioni di natura veterinaria legate all’importazione di prodotti da paesi terzi. Le chiederei di intervenire con urgenza in merito alla questione.

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Come ho affermato nella mia risposta, la Commissione ha trattato la questione con notevole urgenza, chiedendo l’autorizzazione del Consiglio e dando inizio ai negoziati. L’onorevole Sonik afferma a ragione che ciò causa notevoli difficoltà ad alcuni di questi paesi e la Commissione farà il possibile per trovare una soluzione adeguata. Devo tuttavia sottolineare i limiti dei risultati che possiamo ottenere. E’ auspicabile che, con la buona volontà di tutte le parti, la questione possa essere conclusa in modo soddisfacente nel prossimo futuro.

 
  
  

Seconda parte

Interrogazioni al Commissario McCreevy

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 29 dell’onorevole Proinsias De Rossa (H-0515/04):

Oggetto: Servizi nel mercato interno

Vi è la diffusa preoccupazione che il progetto di direttiva sui servizi, in particolare per quanto concerne la disposizione relativa al "paese di origine" possa portare al dumping sociale e ad un "race to the bottom" (livellamento verso il basso) nella fornitura di servizi.

É disposta la Commissione a ritirare adesso il progetto di direttiva ed avviare un processo di consultazione inteso a produrre una proposta più bilanciata, tenendo conto anche dell’esigenza di una direttiva quadro che consenta una prestazione di servizi di interesse generale/di servizi pubblici di elevata qualità?

 
  
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  McCreevy, Commissione. – (EN) La Commissione tiene a sottolineare che rimuovere le barriere del mercato interno non significa pregiudicare la qualità dei servizi, né che la direttiva sui servizi conduca al dumping sociale, bensì il contrario.

Per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, la proposta di direttiva non incide sull’acquis comunitario esistente, ovvero sulla direttiva del 1996 relativa alla mobilità dei lavoratori secondo cui i lavoratori distaccati, compresi quelli temporanei, hanno diritto, a prescindere dalla legislazione applicabile al rapporto di lavoro, a una serie di importanti tutele relative alle condizioni di lavoro in vigore nello Stato membro in cui il lavoratore è distaccato. Pertanto le aziende non possono servirsi di questa proposta per stabilirsi in paesi con retribuzioni basse al fine di eludere la tutela sociale dello Stato membro di provenienza.

Inoltre la proposta di direttiva rafforza il controllo sui lavoratori distaccati perché istituisce un sistema di cooperazione tra gli Stati membri e obbliga il paese di origine del fornitore di servizi a collaborare con le autorità dello Stato membro ospite nel monitoraggio delle condizioni di lavoro. La proposta di direttiva contribuirà in tal modo a prevenire il dumping sociale.

La Commissione non condivide la preoccupazione per l’eventualità che la direttiva porti a un “livellamento verso il basso” nella fornitura di servizi. Innanzi tutto, il principio del paese di origine si applica solo per le prestazioni transfrontaliere temporanee di servizi. Per i servizi prestati tramite un insediamento in un altro Stato membro – per esempio un ospedale o una casa di cura per anziani – il prestatore di servizi dovrà osservare tutte le relative norme vigenti in quello Stato membro.

In secondo luogo, il principio del paese di origine è incorporato nell’armonizzazione e nella rafforzata cooperazione amministrativa tra gli Stati membri. Inoltre, alcune deroghe al principio del paese di origine riguardano, per esempio, le condizioni di lavoro applicabili al trasferimento dei lavoratori, ai contratti con gli utenti, alla salute e alla sicurezza nei cantieri e alla sanità pubblica.

Infine, la Commissione tiene a sottolineare che la proposta di direttiva non implica la liberalizzazione o la privatizzazione dei servizi attualmente prestati a livello nazionale, regionale o locale dal settore pubblico o dagli enti pubblici. La proposta non pregiudica neppure la facoltà degli Stati membri di stabilire quali servizi siano, a loro avviso, di interesse economico generale e come occorra organizzarli e finanziarli.

Inoltre, non influisce sulla capacità degli Stati membri di mantenere una normativa appropriata in materia di qualità, disponibilità e prestazione di servizi di interesse generale, o altre regolamentazioni che garantiscano il rispetto dei diritti del consumatore e dell’utente. E’ importante altresì osservare che la proposta non pregiudica il lavoro su specifiche iniziative comunitarie né il loro esito, specialmente per quanto riguarda il seguito del Libro bianco sui servizi di interesse generale.

La Commissione si è impegnata a instaurare un dialogo autentico sia con i legislatori che con le parti interessate al fine di trovare soluzioni per i punti che presentano difficoltà. Fino a oggi non sono state avanzate valide critiche alla necessità di compiere un significativo progresso verso l’apertura del mercato interno.

Sono convinto che anche l’onorevole De Rossa vorrebbe che le aziende, i consumatori e i lavoratori usufruissero dei benefici derivati da un mercato dei servizi integrati aperto e competitivo. Siamo tutti consci delle sfide economiche e sociali che attendono l’Unione. Considerata l’importanza del settore dei servizi, la proposta di direttiva contribuirà in misura significativa ad affrontare queste sfide.

 
  
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  De Rossa (PSE). – (EN) Innanzi tutto vorrei dare il benvenuto al Commissario, al suo primo Tempo delle interrogazioni in Parlamento. Attendo con ansia le prossime occasioni.

Mi ha lasciato un po’ perplesso la risposta del Commissario, stando alla quale la direttiva non avrà conseguenze, ovvero non influirà su nessuno dei settori per i quali avevamo espresso la nostra preoccupazione. Il Commissario afferma che la direttiva verrà applicata solo alle prestazioni temporanee transfrontaliere di servizi. In che modo, allora, questa direttiva porterà a un mercato competitivo dei servizi integrati? Come può raggiungere un simile risultato se si occupa soltanto delle prestazioni temporanee transfrontaliere di servizi?

 
  
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  McCreevy, Commissione. – (EN) Come ho illustrato nella mia risposta, il principio del paese di origine si applica solo alle prestazioni temporanee transfrontaliere di servizi. Il resto della direttiva si occupa di tutti gli altri settori. Se i servizi vengono prestati tramite un stabilimento in un altro Stato Membro, il prestatore di servizi dovrà osservare tutte le relative norme vigenti in quello Stato.

Vorrei far presente all’onorevole De Rossa che concordo sul fatto che la direttiva sui servizi è molto ambiziosa perché mira a fornire un quadro globale. Sono conscio delle preoccupazioni di molti eurodeputati e della gente al di fuori di questo Parlamento. Sono altresì pienamente consapevole che in alcuni Stati membri queste preoccupazioni hanno reso tesa l’atmosfera politica . Ho avviato un dialogo aperto e costruttivo con i deputati e continuerò a farlo. Mi aspetto di ricevere in futuro altre comunicazioni dal relatore per valutare i pareri dei deputati in sede di commissione competente.

 
  
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  Harbour (PPE-DE). – (EN) Il Commissario concorda sul fatto che è d’importanza vitale che i deputati del Parlamento prendano atto della quantità incredibile di prassi discriminatorie e anticoncorrenziali attuate dagli Stati membri contro i fornitori di servizi? Sarebbe molto utile se lei potesse chiarire più dettagliatamente queste prassi ai parlamentari che continuano a definire questa direttiva con i termini del tutto ingiustificati, da lei respinti in maniera così convincente nella sua risposta, di “dumping sociale” e “livellamento verso il basso”. Non c’è nulla che dimostri in alcun modo che una di queste due cose avverrà in futuro, e sarebbe utile se l’aspetto relativo alla creazione di posti di lavoro contemplato dalla direttiva venisse reso noto.

 
  
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  McCreevy, Commissione. – (EN) Sono senz’altro d’accordo con l’onorevole Harbour sul fatto che le possibilità di creare posti di lavoro in seguito all’apertura del mercato dei servizi in tutta Europa sono enormi. Sono stati avviati diversi studi e ci sono grandi opportunità di creare posti di lavoro. Poiché i servizi incidono su più del 60 per cento del PIL comunitario, è chiaro che qualsiasi miglioria nel settore dei servizi comporterà un incremento della ricchezza e dell’occupazione per i cittadini della Comunità europea.

Concordo con l’onorevole Harbour sull’esistenza di molte prassi anticoncorrenziali in tanti Stati membri che impediscono l’effettiva apertura del mercato dei servizi. La direttiva sui servizi cerca di aprire il settore corrispondente a vantaggio di tutti gli europei. Ma poiché ho detto questo rispondendo alla domanda precedente dell’onorevole De Rossa, sono anche consapevole delle preoccupazioni specifiche espresse dai deputati. Spero che, durante l’iter parlamentare e le altre procedure, saremo in grado di fugare anche questi timori.

 
  
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  Martin, David (PSE). – (EN) Se si prendessero alla lettera le precisazioni del Commissario nella sua risposta alla prima domanda, risulterebbe chiaro che la direttiva non sarebbe applicabile al servizio sanitario britannico, fondato sull’assistenza gratuita nel luogo di fruizione. Se possiamo prendere alla lettera le sue rassicurazioni, perché il Commissario non si limita semplicemente a escludere la sanità dall’ambito della direttiva?

 
  
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  McCreevy, Commissione. – (EN) Ho iniziato il mio lavoro col Parlamento europeo e con quanti hanno espresso le loro preoccupazioni affrontandole e facendole confluire in un documento. Non mi piace cominciare con un elenco di questioni che, a mio avviso, vanno eliminate. Non sarebbe un approccio corretto.

Convengo che il documento è molto ambizioso e vale la pena di battersi per ciò che stiamo cercando di fare. In quest’Aula i deputati trattano i diversi argomenti da prospettive diverse, a seconda delle loro esperienze e delle loro filosofie politiche ed economiche. Tutti dobbiamo convenire che, se l’Europa deve affrontare le sfide del futuro, mantenere il modello di protezione sociale e altri elementi di cui auspichiamo l’introduzione in Europa, è nostro dovere assicurare la crescita dell’economia europea. L’inazione non è una scelta. La direttiva sui servizi cerca di aprire questo particolare mercato. Come ho detto rispondendo all’onorevole Harbour, i servizi costituiscono il grosso dell’attività economica dell’Unione e rappresentano pertanto un obiettivo per cui vale la pena battersi.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 30 dell’onorevole Brian Crowley (H-0528/04):

Oggetto: Obiettivi di Lisbona

All’inizio del 2004, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sui servizi, considerata come un contributo fondamentale per perseguire la Strategia di Lisbona. La proposta ha suscitato un ampio dibattito con conseguenti schieramenti fortemente favorevoli e altri fortemente contrari.

Quali conclusioni trae la Commissione dalle reazioni indotte dalla sua proposta?

Può spiegare i motivi per cui ha scelto di presentare una proposta che investe un così vasto campo di azione? Per quale motivo insiste tanto sul ruolo del paese di stabilimento del prestatore di servizi? Perché non ha optato per un approccio settore per settore?

Qual è la funzione del settore dei servizi nell’economica dell’UE e che incidenza ha sulla realtà interfrontaliera? Quali risultati concreti relativamente agli obiettivi di Lisbona auspica di ottenere con questa sua proposta?

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Come ha affermato l’onorevole Crowley, la proposta di direttiva relativa ai servizi nel mercato interno si trova al centro dei nostri sforzi di riforma dell’economia europea. I servizi ammontano a circa il 70 per cento del PIL e dell’occupazione dell’Unione europea. L’eliminazione delle barriere del mercato interno nel settore dei servizi prevista dalla proposta è essenziale per soddisfare gli obiettivi di crescita e di occupazione che sono alla base dell’agenda di Lisbona. Le opportunità economiche potenziali che scaturiscono dalla proposta sono in effetti notevoli. Una recente ricerca economica olandese lo ha sottolineato, mostrando che l’attuazione della proposta nella sua forma attuale potrebbe portare a un incremento compreso tra il 15 e il 35 per cento degli scambi bilaterali e degli investimenti diretti stranieri nei servizi commerciali.

La Commissione ha proposto una direttiva orizzontale per molteplici e diverse ragioni. Innanzi tutto si affronta una vasta gamma di servizi perché molte delle barriere individuate sono comuni a diverse attività nel settore dei servizi.

Il modo più efficace di affrontare queste barriere è quello orizzontale. In secondo luogo, un processo di armonizzazione su larga scala e dettagliato, se condotto attraverso direttive settoriali sarebbe superfluo, scarsamente realistico e incoerente con i principi di sussidiarietà e di miglioramento della regolamentazione. In terzo luogo, la proposta relativa ai servizi tiene conto anche della specificità di alcune attività, propone un’armonizzazione specifica, se del caso, e adotta un approccio graduale per l’attuazione.

E’ evidente che la proposta ha sollevato molte discussioni. Tuttavia questo è quanto ci si può aspettare da una proposta tanto ambiziosa ed estesa, il che dimostra che la proposta affronta alcune questioni molto importanti. Nel contempo ciò significa anche che vi è molto lavoro da fare per raggiungere un obiettivo comune.

Il principio del paese d’origine è un elemento centrale della proposta per quanto riguarda la prestazione transfrontaliera di servizi. Esso elimina il problema della molteplicità di norme diverse cui sono soggetti i servizi transfrontalieri. In questo modo si stimolerà l’offerta di servizi transfrontalieri e si migliorerà la competitività dell’economia comunitaria.

Il principio del paese d’origine è essenziale in particolare per le PMI, che non hanno i mezzi per istituire una filiale o un ufficio in un altro Stato membro e perciò possono esportare il proprio know-how solo con la prestazione temporanea di servizi transfrontalieri. Vorrei tuttavia far notare che il principio del paese d’origine non si applica ai servizi forniti con una presenza commerciale permanente nel paese ospite.

Allo stesso tempo vorrei ribadire che il principio del paese d’origine non è isolato. Oltre alla specifica armonizzazione prevista per alcune attività, la proposta prevede anche l’ulteriore sviluppo di cooperazione amministrativa tra le autorità e le amministrazioni degli Stati membri. Tale armonizzazione e cooperazione procurerà agli Stati membri il grado di fiducia necessaria all’effettiva applicazione del principio del paese d’origine.

In conclusione, sono previste numerose deroghe per i servizi che dimostrino una particolare sensibilità a causa dell’esigenza di tutelare i consumatori, la salute pubblica o la pubblica sicurezza o nelle situazioni in cui le attuali divergenze legislative tra Stati membri non permettano l’applicazione del principio del paese d’origine.

Come ho affermato nella precedente risposta, la Commissione confida che la proposta sia il modo migliore per permettere al potenziale economico del settore dei servizi di realizzarsi in concreto, nell’interesse dei nostri lavoratori, dei nostri consumatori e delle nostre imprese.

 
  
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  Crowley (UEN).(EN) Anch’io desidero dare il benvenuto al Commissario McCreevy, al suo primo Tempo delle interrogazioni in seno al Parlamento; vorrei inoltre ribadire fin da subito che sono pienamente a favore della strategia di Lisbona e dei suoi obiettivi, perché possono incrementare la ricchezza e l’occupazione all’interno dell’Unione europea.

Quanto alla sua risposta, però, uno degli ostacoli maggiori al commercio transfrontaliero e alla tutela del principio del paese di origine è l’idea di uno sportello unico per la registrazione di una società; in altre parole, se uno Stato membro accorda a una società la possibilità di fornire un dato servizio in un dato Stato membro, ciò deve valere anche in tutti gli altri Stati membri, perché si deve applicare la medesima base decisionale nell’ambito delle norme che regolano il mercato interno.

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Il principio del paese d’origine, che sta al centro della direttiva relativa ai servizi, porterà alla situazione descritta dall’onorevole Crowley. Come ho affermato nella mia risposta, essa permetterà alle società di operare in un altro Stato membro senza dover passare attraverso una lunga trafila di ulteriori test. Tale prassi è alla base del principio del paese d’origine, che si applicherebbe alla situazione delineata.

 
  
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  Mitchell (PPE-DE).(EN) Anch’io do il benvenuto al Commissario McCreevy al suo primo tempo delle interrogazioni.

Vorrei domandargli, per quanto riguarda la competitività e le capacità economiche – aspetti dell’agenda di Lisbona – se condivide la mia opinione, secondo cui vanno affrontati i problemi strutturali relativi al lavoro, soprattutto se si confronta l’Europa con gli Stati Uniti. A questo proposito, il Commissario concorda sul fatto che si debba affrontare la questione dell’accesso delle donne al lavoro – che nell’Unione europea è notevolmente limitato rispetto agli Stati Uniti, in parte a causa della mancanza di strutture per l’infanzia a prezzi modici? La Commissione si occuperà della questione?

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Accolgo con favore il contributo dell’onorevole Mitchell, ma vorrei sottolineare che l’argomento menzionato riguarda l’ambito di competenza del mio collega, il Commissario Spidla. L’onorevole Mitchell ha menzionato ulteriori problemi che riguardano la crescita all’interno della Comunità europea. Il processo di Lisbona mira ad affrontare tali questioni e, come probabilmente sapete, il Presidente Barroso ha dato all’agenda di Lisbona la priorità assoluta nel corso del nostro mandato.

Prendo nota di quanto l’onorevole Mitchell ha affermato riguardo all’accesso delle donne al mercato del lavoro e dei suoi commenti sull’assistenza all’infanzia. Sono certo che altri colleghi della Commissione si occuperanno di questi problemi.

 
  
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  Cederschiöld (PPE-DE).(SV) Anch’io porgo il benvenuto al Commissario McCreevy. Quando si parla della direttiva sui servizi, è chiaro che tutti hanno capito i motivi per cui è necessaria. Ritengo pertanto che sarebbe opportuno, e chiederò al Commissario se si sente di smentirmi, produrre un elenco di esempi che dimostrino chiaramente come, nella pratica, si è impedito alle società di contribuire allo sviluppo economico. Un esempio è dato dal caso di una società francese che vuole produrre lapidi, cui ciò viene impedito dai tedeschi e che è esposta al rischio di multe.

Il Commissario può ritornare con una lista dettagliata e concreta dei numerosi problemi che abbiamo visto in SOLVIT e in altri contesti – problemi cui le società vanno incontro e che impediscono lo sviluppo economico?

 
  
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  McCreevy, Commissione.(EN) Abbiamo già redatto tale documento e sarò lieto di inviarne una copia all’onorevole deputato.

 
  
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  Martin, David (PSE).(EN) Signora Presidente, so quant’è difficile presiedere queste sedute, ma mi domando che cosa c’entrasse la domanda complementare dell’onorevole Mitchell con quella originale. Pare che l’onorevole Cederschiöld sia ritornata alla domanda precedente. So che il mio collega, l’onorevole De Rossa, aveva una valida domanda complementare alla precedente e non gli è stata data la parola!

 
  
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  Presidente. – Onorevole Martin, è evidente che l’intera Assemblea nutre molto interesse per la questione. Numerosissimi deputati hanno chiesto di intervenire, e io non ho modo di sapere in anticipo quale sarà il contenuto delle domande complementari dei deputati quando do loro la parola. Dovrebbe forse discutere nuovamente della questione con l’onorevole Cederschiöld.

In ogni caso, la seconda parte del tempo delle interrogazioni si è già protratta troppo a lungo, il che significa che le interrogazioni nn. 31-33 non possono più avere luogo, e riceveranno invece risposta per iscritto. Procederemo ora alla serie di interrogazioni successiva.

Interrogazioni al Commissario Ferrero-Waldner

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 34 dell’onorevole Luis Yañez-Barnuevo García (H-0506/04):

Oggetto: Programmi di insegnamento in America Latina in seguito al Vertice dei capi di Stato e di governo in Costa Rica

Il Vertice iberoamericano dei capi di Stato e di governo lo scorso novembre a San José (Costa Rica) ha deciso di promuovere i programmi di insegnamento quale elemento fondamentale per lo sviluppo dei paesi dell’America Latina.

La Commissione non ritiene che questa sia un’importante opportunità per le relazioni tra l’Unione europea e l’America Latina?

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (DE) Signora Presidente, devo ammettere che questo è il mio primo Tempo delle interrogazioni, ma non vedo l’ora di cominciare. L’opportunità di confrontarsi con domande specifiche è sempre la benvenuta.

Ora parlerò in inglese.

 
  
  

(EN) L’interrogazione riguardava il settore dell’istruzione, che è in effetti importantissimo nel quadro dei rapporti della Commissione con l’America latina, come hanno sottolineato i capi di Stato e di governo di ambedue le regioni a Rio, a Madrid, a Guadalajara, e in occasione di molti altri vertici, chiedendo in particolare il consolidamento della cooperazione regionale in materia di istruzione superiore.

La Commissione sta attualmente applicando a livello nazionale, subregionale e regionale i programmi di cooperazione nel campo dell’istruzione per una somma pari a circa 300 milioni di euro. In particolare sta finanziando due programmi regionali nell’ambito dell’istruzione superiore. Uno è il programma Alfa – America-Latina Formación Académica, e l’altro è il programma Alban – America-Latina Becas de Nivel.

Il programma Alfa promuove la cooperazione tra gli enti di istruzione superiore e altre organizzazioni del settore nelle due regioni per forgiare le capacità umane e istituzionali, mobilitare la società civile dell’Unione e dell’America latina nella sua totalità e conseguentemente creare e rinsaldare legami duraturi. Alfa 1 riguarda il periodo 1994-1999 e Alfa 2 il periodo 2000-2005.

Per quanto riguarda gli stanziamenti, Alfa 1 ha una dotazione di bilancio di 32 milioni di euro e Alfa 2 un bilancio di 42 milioni di euro.

Il programma Alban è stato avviato nel 2002 in occasione del Vertice Unione europea-America latina di Madrid, seguendo in tal modo le raccomandazioni del Vertice di Rio de Janeiro. Il programma assegna borse di studio a cittadini dei paesi latinoamericani per la formazione e l’istruzione a livello di master e dottorato nelle Istituzioni dell’Unione, e borse di studio per la formazione superiore nelle organizzazioni dell’Unione destinate a professionisti latinoamericani.

A livello regionale e nazionale sono stati attuati vari progetti nel campo dell’istruzione, soprattutto nell’istruzione di base. Vale la pena di osservare che il programma da 74,6 milioni di euro è destinato all’istruzione nel contesto del programma per la ricostruzione e il risanamento in America centrale a seguito dell’uragano Mitch del 1998.

In Nicaragua la Commissione sta contribuendo a migliorare il settore dell’istruzione con un aiuto finanziario che ammonta a 62,5 milioni di euro.

 
  
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  Yañez-Barnuevo García (PSE). – (ES) Signora Presidente, innanzi tutto vorrei dare il benvenuto al Commissario Ferrero, che, oltre ad avere un cognome acquisito ispanico, ha una buona padronanza dello spagnolo ed è esperta dell’America latina. Sono soddisfatto dalla sua risposta. Mi ha detto ciò che volevo sapere circa il sostegno della Commissione ai programmi in materia d’istruzione e, in particolare, allo strumento cui mi riferivo nella mia interrogazione, il Vertice iberoamericano dei capi di Stato e di governo, cui partecipano i paesi di lingua spagnola e portoghese dell’America latina, la Spagna e il Portogallo.

La ringrazio ancora una volta, signora Commissario. In futuro avremo l’opportunità di discutere ulteriormente su questi temi.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (EN) Avendo già risposto, non ho niente da aggiungere.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 35 dell’onorevole Bart Staes (H-0510/04):

Oggetto: È il caso a decidere sulla cooperazione allo sviluppo?

Con la campagna "Tu lasci la decisione al caso? L’Europa no!" la Commissione fa sapere agli europei che l’Europa è disposta a spendere molto per la cooperazione allo sviluppo. Secondo la dichiarazione resa dal Commissario Ferrero-Waldner nel quadro di tale campagna, il mondo deve diventare un posto migliore, a quanto pare in primo luogo per gli europei, e la cooperazione allo sviluppo deve portare in primo luogo alla stabilità dei "paesi limitrofi". Rispetto a tale obiettivo, la lotta alla povertà diviene un elemento secondario.

Può la Commissione far sapere se tale impostazione, che sembra in primo luogo intesa a rendere l’Europa più sicura piuttosto che a trovare soluzioni durature per lo sviluppo del Terzo Mondo, è conforme all’Agenda per lo sviluppo dei paesi in via di sviluppo e all’articolo 177 del trattato, nonché agli obiettivi del Progetto del Millennio delle Nazioni Unite?

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (EN) Come ha spiegato la Commissione quando ha lanciato la campagna dei manifesti di cui sopra, le priorità della Commissione europea nell’ambito della cooperazione allo sviluppo sono: ridurre e alla fine estirpare la povertà; promuovere lo sviluppo sostenibile; costruire le democrazie; contribuire all’integrazione dei paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale; sostenere il buon governo e promuovere il rispetto dei diritti umani.

La Commissione s’impegna ad aiutare il Terzo Mondo a raggiungere gli obiettivi del Progetto del Millennio in materia di sviluppo. Tuttavia ci sono scopi e attività importanti che vanno al di là di questi obiettivi, come per esempio promuovere la pace e la sicurezza nonché sostenere il consolidamento delle istituzioni.

Pertanto un’impostazione esauriente e integrata è fondamentale per realizzare lo sviluppo sostenibile, come affermato anche dall’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea, che sottolinea l’importanza di assicurare la coerenza delle politiche estere e degli strumenti in materia di relazioni esterne, di sicurezza, di sviluppo, di politica economica e commerciale, il che è sottolineato chiaramente anche nella relazione annuale del 2004 sulla politica di sviluppo della Comunità.

Le azioni esterne della Comunità, compresi gli aiuti, vengono successivamente adeguate all’eterogeneità delle regioni e dei paesi partner dell’Unione. La politica europea di vicinato è espressione di una strategia di partenariato molto vasta e integrata. Parimenti, le nostre relazioni con i maggiori paesi in via di sviluppo dell’Asia e dell’America latina in particolare comprendono una vasta gamma di obiettivi. In tale contesto, è chiaro che recare vantaggi concreti ai nostri partner renderà il mondo un posto migliore, non solo per chi beneficia direttamente degli aiuti comunitari, ma anche per i cittadini europei. Tuttavia, l’obiettivo prioritario della politica di sviluppo della Commissione rimane quello di estirpare la povertà.

 
  
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  Staes (Verts/ALE). – (NL) Signora Presidente, sono soddisfatto dalla risposta del Commissario, perché devo dire che sono rimasto un po’ sbigottito quando ho letto la sua dichiarazione del 2 dicembre. In effetti, era scusabile il fatto di pensare che gli obiettivi elencati dal Commissario non concordassero con quelli del Progetto del Millennio.

Signora Commissario, la questione è stata discussa precedentemente in sede di commissione per il controllo dei bilanci. Lei ha invaso, anche sotto questo aspetto, il campo della cooperazione allo sviluppo. Il signor Michel è il Commissario allo sviluppo e penso sia necessario che troviate una buona intesa, anche relativamente alle dichiarazioni rese, per evitare che quanto lei ha dichiarato venga frainteso nel più ampio contesto degli obiettivi prefissati dal Progetto del Millennio. Vorrei chiederle di discutere approfonditamente al riguardo con il Commissario Michel.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (EN) Grazie per aver riconosciuto che la campagna persegue gli obiettivi di sviluppo giusti, evidenziando i settori chiave della politica in materia di assistenza esterna, delineati dalla comunicazione sulla politica per lo sviluppo e dagli stessi obiettivi di sviluppo.

Ci sono sette elementi associati alle sette priorità relative all’intervento della Commissione. La prima è la prosperità, perseguita dal commercio e dal settore privato. La seconda è la sicurezza, perseguita mediante la giustizia e la cooperazione regionale. La terza è la libertà, perseguita dai diritti umani e dal buon governo. La quarta è l’alimentazione: la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale. La quinta, l’acqua: l’iniziativa per l’acqua che tutela lo sviluppo sostenibile. La sesta, l’istruzione: i sistemi educativi e l’accesso all’istruzione. L’ultima è costituita dallo slogan di EuropeAid – “partnerships improving lives worldwide” ed evoca il come e il perché dell’assistenza esterna. Quanto al suo raggio d’azione, la campagna è rivolta a più di 150 paesi del mondo, istituendo partenariati a lungo termine, e la sua impostazione si concentra sulla gestione di progetti nei paesi partner. Deve anche tener conto dell’esito raggiunto dai settori prioritari: l’impatto sulla qualità della vita delle persone dev’essere dimostrabile. Questa campagna ha colto veramente all’essenza di ciò che intendiamo fare e rientra nel novero degli obiettivi globali.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 36 dell’onorevole David Martin (H-0553/04):

Oggetto: Violazione continuata dei Protocolli Ue – Israele da parte di Israele

Alla luce della violazione continuata dei Protocolli Ue – Israele da parte di Israele, vaglierà la Commissione la possibilità di sospendere tali accordi?

Gli articoli in materia di Diritti Umani dell’Accordo di associazione Ue – Israele indicano "la libertà economica e (...) i principi della carta delle Nazioni Unite, in particolar modo il rispetto dei diritti umani e della democrazia" come "la base stessa dell’associazione".

All’articolo 2, l’articolo operativo sancisce chiaramente che "le relazioni tra le parti, nonché tutte le disposizioni dell’accordo stesso, devono essere basate sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, che guida la loro politica interna ed internazionale e costituisce un elemento essenziale dell’accordo stesso".

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (EN) Rispondendo alla sua richiesta di sospensione dell’Accordo di associazione tra l’Unione e Israele, la Commissione giudica che provvedimenti sanzionatori indurrebbero le autorità israeliane a essere meno sensibili – anziché ad esserlo di più – nei confronti degli sforzi compiuti dalla comunità internazionale per promuovere una soluzione duratura. In questo periodo l’Unione sta cercando di svolgere un ruolo molto costruttivo nel garantire che il ritiro da Gaza avvenga in un clima positivo, in collaborazione con una nuova, e ora democraticamente eletta, leadership palestinese. Capisco perfettamente la frustrazione di chi tenta di favorire il processo di pace quando si deve confrontare con l’attività espansionistica degli insediamenti israeliani.

La Commissione ha regolarmente espresso le sue preoccupazioni non solo per il terrorismo e la violenza incessanti, ma anche per il tracciato del muro di separazione e l’espansione degli insediamenti. Vogliamo occuparci di questi problemi ricorrendo al dialogo. La Commissione sta cercando di sviluppare relazioni con Israele e i palestinesi per il tramite della politica di vicinato europea, del sostegno alle riforme palestinesi e dello sviluppo del dialogo politico con Israele.

Il piano d’azione adottato per Israele comprende misure atte a rafforzare il dialogo e la cooperazione in merito all’importanza di adeguarsi al diritto internazionale e alla necessità di preservare la prospettiva di un insediamento vasto e realizzabile, il che significa minimizzare l’impatto delle misure antiterroristiche e di sicurezza sulla popolazione civile.

La Commissione è dell’idea – e credo che questo parere sia condiviso dagli Stati membri – che misure volte a sospendere l’accordo di associazione tra l’Unione e Israele sarebbero pertanto controproducenti.

 
  
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  Martin, David (PSE). – (EN) Approvo tutto quello che il Commissario Ferrero-Waldner afferma in merito alla dinamica delle circostanze. Da quando ho presentato quest’interrogazione, Mahmud Abbas è stato eletto Presidente dei palestinesi e abbiamo assistito all’ingresso di Shimon Peres nel governo israeliano, il che ci fa sperare nel dialogo tra le due parti in causa.

Tuttavia vorrei chiederle di tenere, in qualità di neo Commissario, sotto costante osservazione questo protocollo e di continuare a esercitare pressioni su Israele affinché ne osservi il contenuto. So che in passato la Commissione ha preso provvedimenti nei confronti dei prodotti che venivano da Gerusalemme est, dalle alture del Golan, dalla Cisgiordania e dalla striscia di Gaza. Le chiedo di continuare a monitorare la situazione per garantire che i prodotti provenienti da quelle aree non siano etichettati come “prodotti di Israele”.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (EN) Posso assicurarle che la Commissione lo farà certamente, perché abbiamo tenuto una riunione del Consiglio appena prima di Natale. Questo era ovviamente uno degli argomenti principali del Consiglio, pertanto cercheremo di fare del nostro meglio per ottenere che le parti in causa tengano fede ai loro impegni.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 37 dell’onorevole Vincas Paleckis (H-0559/04):

Oggetto: Nuova politica di vicinato e Bielorussia

Il 9 dicembre, in occasione dell’adozione dei primi piani di azione della nuova politica europea di vicinato, la Commissaria incaricata delle relazioni esterne e della politica europea di vicinato ha dichiarato che il suo obiettivo era creare una cerchia di amici attorno alle frontiere dell’Unione ampliata. Dei setti paesi con i quali sono stati conclusi i primi piani di azione, solo l’Ucraina ha delle frontiere terrestri dirette con l’Europa ampliata. Per contro, la Bielorussia, che ha frontiere comuni con tre nuovi Stati membri dell’UE, secondo la Commissaria è troppo poco democratica per essere inclusa in questo programma.

La Commissione prevede di mettere in atto altre misure interne per risolvere il problema della Bielorussia? Intende tener conto delle proposte sulla creazione di un programma orizzontale di assistenza comunitaria a favore dei diritti dell’uomo e della democrazia o sulla trasmissione di programmi radiofonici o televisivi a partire dai paesi vicini? Si prevede di insediare una delegazione UE a Minsk o di nominare un rappresentante UE in Bielorussia? Queste iniziative contribuirebbero alla formazione della società civile della Bielorussia e permetterebbero di operare a favore della democratizzazione, evitando qualsiasi compromesso con il regime autoritario in carica.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione.(EN) La Commissione sottolinea che il quadro per la politica europea di prossimità è molto importante, e desidera rafforzare ulteriormente le relazioni tra l’Unione europea allargata e gli Stati limitrofi, compresa la Bielorussia.

Un principio fondamentale della “cerchia di amici” è la creazione di proprietà congiunte. L’Unione non può imporre la propria politica a nessuno, ma è pronta a convincere i propri vicini dei vantaggi della politica europea di prossimità. L’Unione offre una più stretta cooperazione a tutta la sua rete di relazioni – dal dialogo politico all’integrazione economica – sulla base dell’impegno per i valori comuni. In linea di principio, l’offerta è valida anche per la Bielorussia.

Attraverso la politica europea di prossimità, l’Unione è disposta a rafforzare il suo continuo impegno al sostegno dello sviluppo democratico in Bielorussia. Se e quando avranno luogo le fondamentali riforme politiche e democratiche, la Bielorussia potrà essere coinvolta appieno nella politica europea di prossimità, con tutti i vantaggi che ciò comporterà. Allo stato attuale, tuttavia, non vi può essere un vero e proprio piano d’azione nell’ambito della politica europea di prossimità per la Bielorussia. Le elezioni parlamentari e il referendum dell’ottobre del 2004 erano pietre miliari importanti per la Bielorussia nel quadro della politica europea di prossimità, ma purtroppo il paese non è riuscito a raggiungere gli obiettivi. Resta tuttavia una chiara prospettiva per l’intensificazione delle relazioni, anche nel quadro della politica europea di prossimità, a patto che vengano operate le riforme fondamentali.

Al momento un elemento chiave – e anche questo fa parte della politica comunitaria nei confronti della Bielorussia – è sostenere la società civile e il processo di democratizzazione. Inoltre la Bielorussia continuerà a poter beneficiare dei pertinenti programmi regionali, transfrontalieri e tematici. La Commissione sta moltiplicando gli sforzi volti a coordinare l’assistenza a favore della democratizzazione e della società civile.

Inoltre la Commissione sta valutando – e a questo proposito voglio entrare nel dettaglio della questione – la possibilità di sostenere la società civile e il processo democratico in modo flessibile. Innanzi tutto l’assistenza dovrebbe essere operativa e gestita nel paese interessato. Tuttavia la Commissione non esclude a priori situazioni specifiche in cui un progetto possa essere attuato principalmente al di fuori della Bielorussia. Le modalità di svolgimento vanno considerate con attenzione alla luce delle pertinenti regole e normative.

Il sostegno all’indipendenza dei media e alla diffusione dell’informazione è una delle principali priorità dell’assistenza da parte dell’Unione europea. Una stazione radiofonica o televisiva che trasmette alla Bielorussia dall’esterno del paese è un’idea interessante, ma richiede ulteriori chiarimenti circa la possibilità di sostenere tale iniziativa con fondi comunitari nel quadro delle normative esistenti.

Per quanto riguarda la questione dell’apertura di una delegazione in Bielorussia, bisogna tenere a mente che l’Unione europea dispone di risorse limitate per estendere la rete di delegazioni vere e proprie. La Bielorussia è coperta dalla delegazione della Commissione europea a Kiev, che dispone di un ufficio per l’assistenza tecnica a Minsk. La Commissione considererà l’eventualità di assegnare, all’interno delle strutture esistenti, risorse umane aggiuntive da destinare alla Bielorussia. In questo momento non si sta però valutando l’opportunità di aprire una delegazione della Commissione europea a Minsk.

 
  
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  Paleckis (PSE).(DE) Signora Commissario, anch’io vorrei congratularmi con lei per il suo primo Tempo delle interrogazioni. Le sue risposte dettagliate sembrano indicare che la Commissione lavorerà davvero con grande solerzia al caso della Bielorussia. Vorrei chiederle se crede possibile la cooperazione con le attuali autorità bielorusse, anche nella situazione presente.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione. – (DE) Signora Presidente, al momento è impossibile una nostra cooperazione con le attuali autorità. Ciò che possiamo fare, tuttavia, come ho detto poc’anzi, è fornire uno specifico sostegno alla società civile, nonché concentrare gli sforzi sul lavoro con la comunità accademica. Posso dirle che stiamo organizzando tre workshop al fine di individuare con precisione che cosa possiamo fare, coinvolgendo le organizzazioni non governative e il maggior numero possibile di paesi limitrofi, in quanto riteniamo che il sostegno alla società civile sia l’unica opportunità che abbiamo in questo momento per determinare un cambiamento in Bielorussia.

 
  
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  Kudrycka (PPE-DE).(PL) Molte grazie. Signora Commissario, sembrerebbe in effetti essenziale coinvolgere gli Stati limitrofi della Bielorussia negli sforzi volti a sostenere lo sviluppo della società civile nel paese. I programmi accademici e quelli relativi all’indipendenza dei media possono essere attuati solo con la collaborazione dei paesi limitrofi. Ritengo che trovare progetti che possano portare a finanziamenti aggiuntivi per tali misure sia il modo migliore di assicurare che in futuro si possa instaurare una cooperazione con un vero governo democratico in Bielorussia.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione.(EN) Innanzi tutto vorrei sottolineare che ho già risposto, in linea di principio, alla domanda relativa ai media. Ho illustrato chiaramente qual è per ora il parere della Commissione. Tuttavia, per quanto riguarda progetti e denaro le posso fare qualche esempio: il sostegno comunitario alla società civile dev’essere rafforzato; il programma comunitario TACIS – che prevede 10 milioni di euro per la Bielorussia nel 2005 e nel 2006 – si concentrerà sul sostegno alla società civile e all’indipendenza dei media – esattamente ciò su cui lei voleva concentrarsi; la cooperazione con i gradi più elevati dell’istruzione, compresi gli scambi di studenti e professori; l’alleviamento delle conseguenze del disastro di Chernobyl. Verrà intensificata anche la diffusione di informazioni relative all’Unione europea e alla politica europea di prossimità presso il grande pubblico. Inoltre, il programma TEMPUS finanzierà gli scambi con l’estero dei giovani studenti universitari bielorussi, lo sviluppo dei curricula di studi europei e la costruzione di capacità nelle università locali.

Come ho già detto, la Bielorussia ha i requisiti per il programma “Nuovi vicini”. Perciò beneficerà dello strumento di politica europea di prossimità a partire dal 2007.

In conclusione, l’iniziativa europea per la democratizzazione e i diritti umani (IEDDU) svolgerà un ruolo più attivo in Bielorussia negli anni a venire. Nel 2005 e nel 2006 i candidati bielorussi potranno richiedere il nostro sostegno grazie a due campagne: “Promuovere una cultura dei diritti umani” e “Promuovere i processi di democratizzazione”.

 
  
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  Onyszkiewicz (ALDE).(PL) Vorrei sapere se la Commissione europea è consapevole del fatto che questi programmi d’istruzione così necessari sono controllati dalle autorità bielorusse, e quindi non possono essere considerati un vero e proprio strumento di sostegno al processo di democratizzazione in Bielorussia. Vorrei inoltre chiedere se, alla luce dei commenti del Commissario Ferrero-Waldner, nell’ambito dell’iniziativa europea per la democratizzazione e i diritti umani (IEDDU) verrà assegnata una somma di denaro per sostenere iniziative indipendenti in Bielorussia, ricordando che negli ultimi anni non è stato destinato un solo euro del fondo a questo scopo.

 
  
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  Ferrero-Waldner, Commissione.(EN) Come ho affermato poc’anzi, si terranno tre workshop, l’ultimo dei quali avrà luogo in Lituania, in quanto questo paese ha invitato la Commissione a lavorare insieme ad alcuni paesi limitrofi ad alcune nuove idee e strategie e ad eventuali azioni da intraprendere con le organizzazioni non governative e altri organismi. Senza dubbio riferirò il suo suggerimento nel corso di tali workshop per vedere che cosa si può fare, ma ciò dovrà avvenire nel rispetto del quadro delle normative esistenti. Tuttavia ne terremo certamente conto.

 
  
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  Presidente. – Le interrogazioni nn. 38-41 riceveranno risposta per iscritto. Si ritornerà sulle interrogazioni nn. 39 e 40, perché fanno già parte dell’ordine del giorno di questa tornata.

Interrogazioni al Commissario Frattini

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 42 dell’onorevole Dimitrios Papadimoulis (H-0511/04):

Oggetto: Intercettazioni telefoniche senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria

Il 5.12.2004 e il 7.12.2004, il prestigioso quotidiano greco "To Vima" ha rivelato l’esistenza di una rete di intercettazioni telefoniche da parte dei servizi italiani, le quali hanno interessato la telefonia mobile e fissa di cittadini greci in Grecia. Ciò trova conferma anche in un documento della Procura della Repubblica di Bari (Italia) riportato dal suddetto quotidiano. In particolare si è scoperto che la suddetta rete di intercettazioni è stata posta in essere in assenza di qualsivoglia decreto al riguardo, da parte delle autorità giudiziarie greche, mentre dirigenti della polizia greca e dell’organismo preposto alla lotta contro il crimine economico hanno dichiarato di essere stati informati a posteriori dell’esistenza della rete.

Intende la Commissione chiedere ulteriori ragguagli alle autorità italiane e greche? Dispone di informazioni circa l’esistenza o meno di una qualche forma di rimostranza da parte delle autorità greche per le intercettazioni telefoniche effettuate senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, dalle autorità italiane, a danno di cittadini greci ? È possibile che le conversazioni telefoniche di cittadini di uno Stato membro siano intercettate dai servizi di un altro Stato membro senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) La Commissione non ha avuto notizia di alcuna deposizione delle autorità greche su nessuno dei fatti menzionati dall’onorevole Papadimoulis. Poiché, nel caso delle intercettazioni telefoniche, bisogna sempre valutare la proporzione tra la violazione potenziale di diritti fondamentali e l’interesse pubblico tutelato da questi provvedimenti, il permesso di effettuare intercettazioni telefoniche intese come strumento di indagine penale è, nella maggior parte dei casi, soggetto all’autorizzazione di un giudice. Quando le autorità competenti di uno Stato membro, nel corso di indagini penali che si svolgono all’interno del loro paese, hanno bisogno di intercettare i telefoni o i servizi di telecomunicazione in un altro Stato membro, devono seguire le procedure istituite a questo scopo.

Ovviamente la Commissione non ha titolo per giudicare il comportamento di autorità giudiziarie indipendenti. Lo strumento europeo principale previsto per questi casi è la Convenzione del 2000 sulla reciproca assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione. Prima che tale Convenzione entrasse in vigore, gli Stati membri potevano ricorrere alla Convenzione del Consiglio d’Europa del 1959 sull’assistenza in materia penale e alla raccomandazione del Consiglio d’Europa (85)10 riguardante le rogatorie per l’intercettazione delle telecomunicazioni.

 
  
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  Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, le do il benvenuto, ma lei mi sorprende. E’ incomprensibile che la Commissione eviti di fare commenti su una grave violazione delle norme fondamentali sulla tutela dei dati. Abbiamo avuto casi di intercettazioni telefoniche a danno di cittadini greci in Grecia da parte delle autorità italiane a totale insaputa delle autorità greche. Signor Commissario, fino a qualche settimana fa lei era un ministro del governo italiano. Perché non può alzare il telefono e chiedere al governo greco e al governo italiano cos’è successo?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Mi scuso con l’onorevole parlamentare, ma posso soltanto ripetere che la Commissione non ha avuto informazioni su questo caso. Ad ogni modo, la Commissione non ha titolo legale per giudicare una violazione che, se commessa, sarebbe stata commessa da un’autorità giudiziaria indipendente e non da un’autorità governativa di uno Stato membro. Ci sono degli strumenti giuridici a disposizione, io li ho ricordati: in particolare le raccomandazioni del Consiglio d’Europa e la Convenzione sulla reciproca assistenza sempre del Consiglio d’Europa.

 
  
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  Mavrommatis (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, penso che qui ci sia un altro equivoco o che le sia sfuggito qualcosa. Nel dicembre scorso i quotidiani la Repubblica e il Corriere della Sera hanno diffusamente trattato delle intercettazioni telefoniche; erano addirittura in possesso degli specifici schemi del dispositivo con cui viene perpetrato questo reato, con o senza virgolette. Questo dispositivo si trova da qualche parte a Milano o nell’Italia meridionale. Perciò mi sorprende che lei non abbia scoperto ancora nulla in proposito per poter dare oggi le risposte pertinenti.

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Certamente quello che dice l’onorevole è corretto. I giornali italiani hanno riportato alcuni fatti, tuttavia la Commissione può e deve rimanere nell’ambito dei suoi poteri giuridici, tra i quali non rientra quello di sottoporre né ad investigazioni né ad azioni il comportamento di autorità giudiziarie. Vi sono strumenti, anche all’interno degli Stati nazionali, che permettono di sottoporre ad un procedimento un magistrato, che ha compiuto un’attività illegale, ma questo ovviamente non può avvenire su richiesta della Commissione.

 
  
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  Martin, David (PSE). – (EN) Signor Commissario, indipendentemente dal caso in questione, la prossima volta che lei incontrerà i ministri della Giustizia spiegherà loro che, in base alle varie convenzioni internazionali da lei menzionate e nello spirito di appartenenza dell’Unione, è inaccettabile che le autorità – sia politiche che giudiziarie – di uno Stato membro effettuino intercettazioni telefoniche in un altro Stato membro senza l’approvazione esplicita di quest’ultimo?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Onorevole, lei ha perfettamente ragione e questa è certamente la strada giusta. Come probabilmente sa in Italia spetta, da un lato al Ministro della giustizia, dall’altro all’organo di autogoverno della magistratura, agire contro i magistrati che hanno commesso atti contro la legge. Questa sollecitazione è stata certamente da me trasmessa al Ministro della giustizia italiana.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 43 dell’onorevole Claude Moraes (H-0522/04):

Oggetto: Relazione annuale della Commissione sulla migrazione

Cosa pensa la Commissione in merito alle reazioni concernenti la sua relazione annuale sulla migrazione (luglio 2004), incluso il parere di esperti come SOLIDAR (Katrin Hugendubel) e la piattaforma sociale delle ONG secondo i quali è difficile stabilire quali sono le "migliori pratiche" sulla politica d’integrazione, dal momento che i contesti dei vari Stati membri dell’UE sono estremamente diversi?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) E’ certamente vero che negli Stati membri si riscontrano approcci diversi riguardo all’integrazione. La teoria e la pratica variano in base a diversi fattori: differenti vicissitudini in materia d’immigrazione e cambiamenti nei ruoli del governo e della società civile per quanto riguarda le politiche d’integrazione costituiscono appunto due esempi.

La Commissione ha coerentemente sottolineato che la politica d’integrazione era per definizione un settore nel quale è in gioco la sussidiarietà. D’altra parte, tutti gli Stati membri aderiscono a diritti umani e a valori condivisi come l’uguaglianza, la lotta alla discriminazione, la solidarietà, la tolleranza, ecc.

Mediante lo scambio di informazioni e di esperienze attualmente in corso e soprattutto grazie al lavoro dei punti di contatto nazionali per l’integrazione, assistiamo ora a un certo grado di convergenza per quanto riguarda gli approcci di carattere politico, gli scopi e gli obiettivi, come ha confermato a dicembre l’adozione, da parte del Consiglio, di principi fondamentali comuni in materia d’integrazione.

La Commissione ha pubblicato nel novembre 2004 un manuale sull’integrazione per i responsabili politici e gli addetti che riporta esempi provenienti da tutta l’Unione di buone prassi in materia di programmi di presentazione e di indicatori per l’integrazione e per la cittadinanza attiva, spiegando che ci sono molti problemi comuni e mostrando quanto possiamo imparare gli uni dagli altri. Le migliori procedure vanno prese per quello che sono: idee, lezioni da imparare e consigli che possono ispirare e informare i responsabili politici in merito alla definizione delle politiche richieste.

 
  
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  Moraes (PSE). – (EN) Ringrazio il Commissario per la chiarezza della sua risposta. So dal precedente dibattito che lei ha preso sul serio il tema dell’integrazione.

La Commissione ha un reale impatto sulla politica d’integrazione e un ruolo diretto, per esempio, nel consolidamento delle direttive esistenti che sono fondamentali per l’integrazione – mi riferisco espressamente alla direttiva sull’occupazione e alla direttiva sull’uguaglianza razziale. La Commissione ha svolto un ruolo di primo piano nel cercare di consolidare queste direttive, che sono rimaste inattuate, per quanto mi è dato sapere, in almeno due Stati membri. Può far ricorso ai poteri della sua carica per rafforzare tali direttive che hanno un ruolo così importante nel processo d’integrazione? Lei ne ha la facoltà.

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Sì, la Commissione ha ovviamente questa facoltà e posso assicurarle che la Commissione farà tutto quanto è in suo potere per garantire, stimolare e incoraggiare gli Stati membri ad attuare integralmente tutte le direttive nell’interesse comune dell’Europa.

 
  
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  Muscat (PSE). – Signor Commissario, userò la vostra lingua madre per essere diretto su una questione datata: quella dell’immigrazione illegale. Gli sbarchi dei clandestini non attenderanno certo che noi abbiamo una strategia comune prima di continuare nel Mediterraneo. Di sicuro, se non continuano anche adesso, è perché i disperati sono in fondo al mare. Allora voglio chiedere cosa sta facendo la Commissione e che cosa è previsto nel futuro prossimo per aiutare paesi sulla frontiera dell’Unione europea – mi riferisco in particolare al mio paese, Malta – per fornire aiuto, per accogliere in modo decente i clandestini? Quanti fondi saranno stanziati per questo?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Il tema dell’immigrazione illegale è uno di quelli che la Commissione considera prioritari. Mentre prepariamo azioni politiche e soluzioni europee comuni, come lei ha osservato, ci dobbiamo preoccupare anche del dramma quotidiano delle persone disperate. La Commissione può e deve agire, ed agirà, per garantire che siano rispettati i diritti fondamentali delle persone che entrano nel territorio europeo, ovviamente anche quelle che entrano in modo illegale: il diritto al rispetto della vita umana e della sua dignità non è questione di differenze giuridiche.

Detto questo, le politiche strategiche debbono essere accelerate. Non possiamo approfittare di un ritardo per continuare a permettere un afflusso illegale, dobbiamo subito rispettare i diritti fondamentali delle persone e contemporaneamente preparare le politiche comuni di accoglienza, da un lato, e di prevenzione contro l’illegalità, dall’altro lato.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 44 dell’onorevole Ignasi Guardans Cambó (H-0523/04):

Oggetto: Terrorismo

Nella decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo si chiedeva agli Stati membri di legiferare in determinati settori connessi con tale lotta, allo scopo di pervenire a definizioni comuni di fronte alle minacce incombenti. Ai sensi dell’articolo 11 di detta decisione quadro, la Commissione e il Consiglio dovevano valutare, entro la fine del 2003, in quale misura gli Stati membri avevano posto in atto misure specifiche contro il terrorismo.

Tali testi sono stati infine presentati dalla Commissione l’8 giugno 2004 (COM(2004)0409/def.) e dal Consiglio il 12 ottobre 2004 (11687/2/04/rev. 2). Da entrambe le relazioni emerge in modo chiaro e oggettivo la passività degli Stati membri e il mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla decisione quadro del Consiglio.

La Commissione manca di strumenti vincolanti per esigere dagli Stati che rispettino le decisioni quadro. Al fine di garantire la credibilità dell’Europa nella lotta contro il terrorismo, come intende procedere la Commissione per dare impulso e pervenire ad un’autentica politica antiterroristica europea, nonché per garantire che gli Stati tengano fede a quanto promettono in materia di sviluppo legislativo?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Conformemente all’articolo 34 del Trattato sull’Unione europea, le decisioni quadro sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, fatta salva la competenza delle autorità nazionali in merito alla scelta delle modalità e dei mezzi. “Tuttavia le decisioni quadro non hanno efficacia diretta”.

Se nell’ambito del primo pilastro la Commissione ha l’autorità di avviare un procedimento di infrazione contro uno Stato membro, questa possibilità manca nell’ambito del Trattato sull’Unione europea. La situazione descritta dall’onorevole Guardans Cambó non agevola di certo il ruolo della Commissione, ma ciò non le impedisce di elaborare una vasta gamma di iniziative politiche che sono state la base per definire la politica dell’Unione nell’importante settore della lotta contro il terrorismo.

La Commissione ha svolto molto attivamente questo ruolo, redigendo nel giugno 2004 la versione riveduta del piano d’azione sulla lotta al terrorismo, aggiornandola nel dicembre 2004 e applicando più della metà dei relativi provvedimenti. Ciò risulta chiaramente anche dalla presentazione, avvenuta nell’ottobre 2004, di quattro comunicazioni relative a vari aspetti della prevenzione, preparazione e risposta in caso di attentati terroristici, nonché dall’adozione, nello stesso anno, di una comunicazione sull’accesso reciproco alle informazioni relative alla lotta contro il terrorismo e di vari documenti riservati nel campo della gestione delle conseguenze e della protezione delle infrastrutture critiche.

La Commissione in generale, il Presidente Barroso e il sottoscritto in particolare, sono decisi a lavorare in stretta cooperazione con le Presidenze del Consiglio per sostenere la lotta contro il terrorismo. Si tratta di uno dei punti principali nell’agenda del Consiglio, del Consiglio “Giustizia e affari interni” e di quello europeo che comprende i capi di Stato e di governo.

 
  
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  Guardans Cambó (ALDE). – Conosco bene il quadro giuridico nel quale si può muovere la politica antiterroristica europea per quel che riguarda la Commissione e lei lo ha descritto benissimo. Ma se non vogliamo fare un’ipocrisia collettiva, bisogna chiamare le cose con il loro nome. Il nome è che si fanno grandi convegni, dove si trovano tutti i presidenti di governo, dopo fanno la conferenza stampa, presentano una decisione, dopo questa decisione non succede niente. E’ la Commissione stessa che lo ha ammesso l’8 giugno del 2004. Allora la domanda è: cosa farà la Commissione politicamente per mettere questo in pratica?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – La Commissione inizierà ad illustrare alla fine di questo mese al Consiglio informale dei ministri degli interni e della giustizia il piano d’azione per attuare la strategia dell’Aia. Il piano d’azione sarà presentato in maggio di quest’anno e io auspico che sia approvato dal Consiglio europeo in giugno.

Il piano d’azione contro il terrorismo conterrà misure ed indicazioni concrete, scadenze precise per gli Stati membri e obblighi vincolanti per una politica comune di rafforzamento della cooperazione, degli scambi d’informazione, della protezione delle vittime degli attacchi terroristici. Queste sono le misure che la Commissione intende preliminarmente sottoporre a questo Parlamento, cosa che noi faremo all’inizio del mese di febbraio, quindi ben prima di formulare la nostra proposta, raccoglieremo poi la voce di questo Parlamento sulle proposte concrete.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 45 dell’onorevole Bill Newton Dunn (H-0524/04):

Oggetto: Notificazione e raccolta di dati statistici sulla criminalità nell’Unione

Come procede il lavoro della Commissione in vista di una proposta per la fissazione di criteri standardizzati per la notificazione e la raccolta di dati statistici sulla criminalità in tutta l’Unione europea?

Fino a che non si sarà istituito un sistema del genere, sarà difficile per le autorità incaricate dell’applicazione della legge avere un quadro chiaro delle dimensioni dell’attività delle organizzazioni criminali e sarà perciò estremamente difficile contrastarle efficacemente.

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) La Commissione è d’accordo sul fatto che l’assenza di dati statistici comparabili sulla criminalità renda più difficoltoso lo sviluppo di una politica di controllo sull’applicazione del diritto comunitario.

La Commissione sta elaborando un progetto di piano d’azione sui dati statistici relativi alla criminalità nell’Unione. Per questo progetto, che sarà presentato sotto forma di comunicazione della Commissione nella primavera del 2005, si stanno consultando esperti di statistica sulla criminalità negli Stati membri. I due blocchi principali del progetto sono: l’istituzione di un apparato di coordinamento adeguato per assicurare che gli Stati membri, la Commissione e altri soggetti chiave partecipino al processo di elaborazione di metodi comuni di raccolta dei dati e di una definizione armonizzata; il secondo elemento riguarda lo sviluppo di un’elaborazione di dati statistici comparabili, cosa che includerà molti componenti diversi da approfondire nel tempo, come le definizioni di tipologie criminali e un inventario di definizioni sul quale c’è già un accordo a livello di Unione.

La Commissione, collaborando strettamente con Europol e altri fornitori e utenti di dati statistici sulla criminalità nell’Unione, sta sviluppando questo progetto gradualmente, a seconda della capacità, da parte degli Stati membri, di fornire dati in materia. Il progetto di piano d’azione della Commissione è stato discusso con i direttori europei delle statistiche sociali nel settembre 2004. Si è stabilito di istituire una task force incaricata di esaminare metodi statistici appropriati per monitorare la criminalità. Questa task force comincerà la sua attività nel maggio 2005.

Vorrei anche far presente che la Commissione sta collaborando al lavoro intrapreso al fine di valutare statisticamente la qualità e l’efficienza delle strutture giudiziarie. Un seminario sul tema, cofinanziato dal programma AGIS dell’Unione, è stato ospitato dal ministero della Giustizia italiano a Roma nell’ottobre 2004.

 
  
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  Newton Dunn (ALDE). – (EN) Grazie, signor Commissario, per aver risposto anche a questa interrogazione. Le sono molto grato perché si è reso conto dell’urgenza del problema dal momento che, con l’apertura delle frontiere nell’Unione, la criminalità organizzata è libera di operare e prosperare, mentre le nostre forze di polizia sono nazionali e non possono varcare le frontiere. Perciò si tratta di un problema serio. Mi compiaccio che lei se ne stia occupando con notevole sollecitudine.

Può dirci chi sarà responsabile dell’apparato di coordinamento? Sarà Europol, la Commissione o una nuova agenzia?

 
  
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  Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Non credo che si possano e si debbano istituire nuovi organismi; credo che questo settore debba vedere, da un lato un indirizzo strategico, direi politico, della Commissione, dall’altro, la possibilità di impiegare diversamente Europol che, come tutti sappiamo, sta cercando di sviluppare le sue funzioni e le sue missioni. La Commissione intende stimolare proprio questa progressione, questa crescita delle funzioni di Europol. Questo è sicuramente uno dei settori in cui un lavoro si può fare.

 
  
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  Sbarbati (ALDE). – Signora Presidente, vorrei esprimere alcune considerazioni: qui ci sono colleghi che come me sono qui dall’inizio della seduta, hanno posto domande scritte e non hanno trovato la possibilità di avere una risposta in Aula e per poi controbattere eventualmente con un’ulteriore domanda, se erano soddisfatti o meno.

Credo che sia opportuno che la presidenza e gli uffici giuridici valutino meglio la questione del Tempo delle Interrogazioni e pensino bene quale tempo, quante interrogazioni in questo tempo possono essere soddisfatte, perché non si può costringere un deputato a stare in Aula tutto questo tempo e non avere poi la soddisfazione di avere una risposta immediata e diretta dal Commissario competente.

Credo che la situazione meriti un approfondimento da parte dei servizi del Parlamento, è assolutamente inammissibile che si possa verificare una situazione di questo tipo.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Sbarbati, il Regolamento contiene chiare disposizioni per lo svolgimento del Tempo delle interrogazioni. Prima diversi deputati hanno chiesto di intervenire su un determinato argomento e non sono riuscita a dare la parola a tutti. A mio parere, il problema principale è che molti deputati impiegano parecchio tempo a formulare le domande complementari, senza attenersi al limite dei 30 secondi, il che ovviamente fa sì che siamo spesso in ritardo. Tuttavia, terrò conto delle vostre osservazioni. Vorrei rivolgere a tutti i miei sinceri ringraziamenti e soprattutto ringraziare di nuovo il Commissario Frattini per la sua disponibilità a trattenersi tanto a lungo in Aula con noi per il Tempo delle interrogazioni.

Le interrogazioni dal n. 46 al n. 76 riceveranno risposta per iscritto.

 
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