Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

RC-B6-0295/2006

Discussioni :

PV 31/05/2006 - 12
CRE 31/05/2006 - 12

Votazioni :

PV 01/06/2006 - 7.10
CRE 01/06/2006 - 7.10
PV 13/06/2006 - 7.10
CRE 13/06/2006 - 7.10

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 31 maggio 2006 - Bruxelles Edizione GU

12. Situazione dei detenuti a Guantánamo (discussione)
Processo verbale
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione dei detenuti a Guantánamo.

 
  
MPphoto
 
 

  Ursula Plassnik, Presidente in carica del Consiglio. − (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, la posizione del Consiglio era e rimane inequivocabile: la lotta contro il terrorismo va condotta in ogni parte del mondo nel pieno rispetto delle norme umanitarie internazionali e dei diritti umani. Non possono esistere zone che si sottraggono al dominio delle leggi. Su questo siamo d’accordo.

Parere comune del Consiglio è che Guantánamo continui a costituire un serio motivo di preoccupazione. Siamo favorevoli a combattere contro il terrorismo in maniera efficace, impiegando tutti i mezzi legali a nostra disposizione. Esso costituisce infatti una minaccia per il nostro sistema di valori, fondato sullo Stato di diritto. Tuttavia, dobbiamo anche fare attenzione a non pregiudicare né mettere in dubbio, nella lotta al terrorismo, le procedure e gli ordinamenti basati su quello Stato di diritto. Nessuno può sottrarsi al dominio della legge, e le norme in materia di diritti umani e di diritto umanitario devono essere rispettate anche nella lotta contro il terrorismo.

L’Unione europea ha discusso in molte occasioni il problema di Guantánamo con l’amministrazione degli Stati Uniti: questo dialogo proseguirà. I consulenti legali del Dipartimento di Stato americano e gli omologhi servizi dell’Unione europea stanno prendendo in esame modalità più adeguate per tutelare i diritti umani nella lotta contro il terrorismo: è importante, infatti, che la ricerca intesa a incrementare la tutela dei diritti umani sia comune. Si dovrebbe anche verificare se esistono basi giuridiche complete o se invece − e, in questo caso, in quale ambito − occorre intervenire.

Per un paese come gli Stati Uniti, dichiaratamente favorevole alla libertà, allo Stato di diritto e all’applicazione di processi equi, Guantánamo rappresenta un’anomalia. A nostro avviso pertanto, il governo degli Stati Uniti dovrebbe adottare misure per chiudere il campo di detenzione il più rapidamente possibile.

Vorrei anche aggiungere che le ultime relazioni − stando alle quali numerosi prigionieri di Guantánamo avrebbero avuto, al momento della cattura, meno di diciotto anni e dunque, in base alla Convenzione europea sui diritti dei minori, erano bambini − sono ovviamente molto preoccupanti e devono essere verificate con esattezza. Durante la Presidenza britannica, il Consiglio si è rivolto all’amministrazione degli Stati Uniti chiedendole di accordare agli incaricati delle cosiddette procedure speciali delle Nazioni Unite − tra cui il relatore speciale sulla tortura Manfred Nowak − libero accesso a Guantánamo.

Purtroppo la visita dei rappresentanti ONU a Guantánamo non si è potuta svolgere nelle condizioni previste solitamente per le procedure speciali: nella fattispecie, gli incaricati ONU non hanno ricevuto la garanzia di poter parlare in privato con i prigionieri. Si tratta della stessa linea adottata dagli Stati Uniti in occasione della visita dei parlamentari europei il 22 maggio. Come già detto, continuiamo a insistere affinché il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura abbia libero accesso a Guantánamo.

Al Consiglio preme tuttavia anche salvaguardare o, a seconda del caso, rafforzare ulteriormente, nel contesto della lotta al terrorismo, la coesione della comunità euroatlantica. Quest’ultima è uno dei partenariati di maggior successo che il mondo abbia mai conosciuto. Questa comunanza di valori deve dimostrare la sua validità anche, e in modo particolare, dinanzi alla sfida posta dal terrorismo internazionale. Per questo sia la Presidenza austriaca che il Consiglio hanno cercato di avviare un dialogo tra esperti di diritto internazionale, di condurre il dibattito su basi concrete e perseguire posizioni comuni, corrispondenti al nostro sistema di valori. Non dobbiamo dimenticare che in seguito ai criminali attentati terroristici del settembre 2001 gli Stati Uniti si sono visti costretti a reagire con misure straordinarie alle nuove sfide del terrorismo globale. Alcuni dei provvedimenti presi sono stati criticati dagli europei o considerati del tutto inconciliabili con il nostro comune sistema di valori. Come si è potuto constatare, da allora gli americani hanno riconsiderato la loro posizione originaria e vi hanno apportato numerosi miglioramenti. A nostro avviso, il dialogo con gli Stati Uniti, costruttivo e orientato al conseguimento di determinati obiettivi, deve contribuire ad ancorare più saldamente nel quadro dello Stato di diritto la futura lotta contro il terrorismo.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, ho seguito con grande interesse la visita della delegazione parlamentare a Guantánamo guidata dall’onorevole Brok, e la proposta di risoluzione oggi all’esame.

La lotta globale contro il terrorismo su una scala senza precedenti ci ha posti di fronte a nuove sfide nel campo della tutela dei diritti umani. La Commissione europea sottolinea costantemente che gli Stati devono garantire, anche durante la lotta al terrorismo, il pieno rispetto dei diritti umani, ed è proprio questo rispetto a essere a rischio.

Molti Stati membri hanno espresso i loro timori su Guantánamo Bay al governo degli Stati Uniti. In sé la Commissione non ha la competenza per intervenire a nome dei detenuti che vi sono rinchiusi, ma sta seguendo molto da vicino tutti gli sviluppi della vicenda e non ha mancato di rilevare la recente affermazione del Presidente Bush secondo la quale sarebbe sua intenzione porre fine a Guantánamo. Ci auguriamo che l’amministrazione statunitense si muova in questa direzione.

La Commissione sottolinea che tutte le misure antiterroristiche devono essere compatibili sia con il diritto umanitario internazionale che con il diritto internazionale dei diritti umani. E’ nostra ferma convinzione che le Convenzioni di Ginevra debbano valere per tutti i prigionieri catturati sui campi di battaglia. La Commissione ritiene inoltre che debbano essere applicate a Guantánamo Bay le disposizioni della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione ONU contro la tortura. A questo proposito, accogliamo con favore il proposito degli Stati Uniti di adottare un nuovo Manuale da campo dell’esercito per gli interrogatori dei servizi segreti, il quale si spera assicuri, in futuro, il rispetto del divieto internazionale di praticare la tortura o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

A nostro avviso, inoltre, chi è stato detenuto deve godere di un stato giuridico nell’ambito del diritto internazionale ed essere al riparo da detenzioni arbitrarie. Oltre a ciò, il prigioniero deve essere sottoposto a un processo equo e regolare. La Commissione evidenzia inoltre che nessuno può essere detenuto in segregazione e che il Comitato internazionale della Croce rossa deve poter incontrare in qualunque momento i detenuti ovunque si trovino. Per concludere, abbiamo ribadito più volte agli Stati Uniti la nostra opposizione indiscriminata all’impiego della pena di morte.

L’Unione europea ha inoltre espresso il suo chiaro appoggio a favore della richiesta, avanzata da molti relatori speciali delle Nazioni Unite, di visitare Guantánamo Bay e poter avere colloqui privati con i detenuti. La stessa Unione europea ha inoltre sollevato ripetutamente il problema con gli Stati Uniti e continuerà a farlo.

E’ essenziale che la comunità internazionale si sforzi di ristabilire la piena osservanza del diritto internazionale, incluse le norme in materia di diritti umani e umanitari, nel caso dei presunti talebani e membri di Al-Qaeda detenuti a Guantánamo e in qualunque altro luogo. Solo se tutti le parti in causa garantiranno il rispetto di questi valori si potranno compiere progressi concreti.

 
  
MPphoto
 
 

  Simon Coveney, a nome del gruppo PPE-DE. − (EN) Signora Presidente, sono lieto che ci sia stata data l’opportunità di discutere sul centro di detenzione di Guantánamo Bay con il Consiglio e la Commissione. Guantánamo è diventata, nell’opinione pubblica, una ferita aperta per molte persone, legata a tutto quanto vi è di negativo nella cosiddetta guerra al terrorismo.

Combattere il terrorismo e ridurne al minimo la minaccia è necessario ma non è facile: si sono commessi e si continuano a commettere errori. Ciò che si sta perdendo di vista in modo preoccupante, nella lotta al terrorismo, è la battaglia per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica: l’appoggio di vaste popolazioni, in modo particolare nel mondo arabo. Di conseguenza, molti musulmani moderati ritengono che alcuni sforzi fatti per combattere il terrorismo accrescano la gravità del problema e alimentino il fondamentalismo, più che offrire una soluzione reale. Guantánamo rientra in questa categoria.

Ho presentato e sottoscritto una proposta di risoluzione comune d’urgenza, approvata da tutti i gruppi politici nel febbraio 2005, in cui si chiedeva la chiusura del centro di detenzione di Guantánamo Bay. Si trattava di una proposta breve, chiara ed equilibrata, da cui emergevano fondamentalmente tre messaggi forti: in primo luogo, vi si chiedeva la chiusura del centro di detenzione e l’applicazione di processi equi ai detenuti, conformi al diritto internazionale e alle norme vigenti in materia; in secondo luogo, si condannava l’impiego di tortura e maltrattamenti e si sosteneva la necessità di conformità al diritto internazionale in tutti i centri di detenzione; in terzo luogo, si sottolineava il fatto che il terrorismo attuale continua a costituire una minaccia per i diritti umani fondamentali e per le nostre popolazioni.

Una delegazione formata da europarlamentari provenienti da vari gruppi ha visitato di recente il centro di detenzione di Guantánamo. Per quanto riguarda la nostra proposta di risoluzione comune, ritengo che si debba dare alla delegazione parlamentare di ritorno da Guantánamo l’opportunità di portarvi il suo contributo, nonché di accrescerne la precisione, l’efficacia e la credibilità. Per questo mi auguro che gli altri gruppi domani sostengano la mia proposta, avanzata a nome del gruppo PPE-DE, di rimandare il voto sulla risoluzione alla prossima tornata di Strasburgo di giugno.

Qualche settimana di tempo ci darà l’opportunità di elaborare una proposta che chieda e giustifichi con argomentazioni la chiusura di Guantánamo Bay, in una forma che incontri l’appoggio di tutti i gruppi principali e si avvalga, nel periodo preparatorio al vertice tra Unione europea e Stati Uniti che si terrà a fine giugno, di una maggior credibilità.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Valenciano Martínez-Orozco, a nome del gruppo PSE. − (ES) Signora Presidente, non è la prima volta che ci pronunciamo su Guantánamo: ci auguriamo che sia l’ultima volta che siamo costretti a farlo.

Il mio gruppo concorda con gli appelli contenuti nelle conclusioni della relazione del Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite, pubblicata il 19 maggio.

Chiediamo al governo statunitense che cessi di detenere persone in centri segreti, sul loro territorio o su territori che si trovano sotto la loro giurisdizione o sotto il loro controllo de facto.

Chiediamo al governo degli Stati Uniti di riconoscere che la detenzione di persone in queste condizioni costituisce, di per sé, un atto di tortura o maltrattamento, proibito dalle convenzioni che abbiamo sottoscritto.

Infine, torniamo a chiedere al governo Bush di chiudere il centro di detenzione di Guantánamo, di concedere ai detenuti un processo equo o rilasciarli immediatamente, assicurandosi che non vengano espulsi verso un paese nel quale potrebbero essere sottoposti a torture, come sembra sia successo in alcuni casi.

Mi rivolgo ora al Consiglio e alla Commissione. Signora Commissario, l’Unione europea deve attenersi alle proprie linee direttrici per quanto riguarda la lotta contro la tortura e la pena di morte. Lei ha il dovere di sollevare il problema con gli Stati Uniti e chiedere loro la chiusura della prigione di Guantánamo.

La riunione del vertice transatlantico che avrà luogo a Vienna offrirà l’opportunità di esercitare pressioni sulle autorità nordamericane. I socialisti chiedono di iscrivere la questione di Guantánamo all’ordine del giorno del vertice di Vienna.

L’Europa deve inoltre esprimere molto chiaramente la sua posizione: in Europa nessuno può essere detenuto senza capi d’imputazione, né trasferito illegalmente, così come non si può esternalizzare la tortura. Non saremo complici di tutto ciò. Questo Parlamento non sarà complice.

 
  
MPphoto
 
 

  Elizabeth Lynne, a nome del gruppo ALDE. − (EN) Signora Presidente, approvo quanto dichiarato dal Consiglio e dalla Commissione. Ora, però, al vertice tra Unione europea e Stati Uniti del prossimo mese, il Consiglio dovrà esercitare una pressione concreta sul governo americano perché Guantánamo Bay sia chiusa definitivamente. I prigionieri dovranno essere rilasciati, in mancanza di prove contro di loro, oppure processati in conformità del diritto internazionale. Qualunque altro modo di procedere non sarà che una parodia della giustizia.

Quante relazioni inerenti a gravi violazioni dei diritti umani ci toccherà leggere ancora? L’ultima, elaborata dal Comitato contro la tortura, ribadisce che le tecniche di tortura, abominevoli agli occhi di qualunque persona rispettabile, vengono ancora impiegate. Abbiamo sentito queste affermazioni dalla bocca del mio elettore Moazzam Begg, rilasciato l’anno scorso, e le abbiamo ritrovate in relazioni successive. Occorre inoltre verificare, come il Presidente in carica del Consiglio ha giustamente affermato, se a Guantánamo sono state davvero incarcerate decine di minori, come è stato recentemente affermato.

Il Consiglio deve essere fermo e impedire che il governo americano aggiri il problema. Per quanto riguarda la proposta dell’onorevole Coveney, vorrei dire a nome del mio gruppo che non siamo favorevoli a rinviare questa risoluzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Kathalijne Maria Buitenweg, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signora Presidente, sebbene il Consiglio sia contrario a Guantánamo, ha anche rilevato alcuni progressi. La Commissione avrà anche dei sani principi, che io condivido, ma crede realmente che si possa prendere in parola il Presidente Bush quando dice che gli Stati Uniti hanno intenzione di chiudere Guantánamo Bay. Ciò che entrambi sembrate trascurare è che sono in corso nuovi sviluppi, ovvero che vi è necessità di costruire nuove prigioni, anche a Guantánamo Bay, che l’onorevole Brok ha visitato e sul quale potrà fornire lui stesso maggiori delucidazioni: ritengo che si debba reagire a questi sviluppi. Cosa avete intenzione di fare al riguardo? Avvierete un nuovo dialogo con gli Stati Uniti o comincerete finalmente ad avanzare richieste, in un periodo in cui gli Stati Uniti ne fanno a noi, chiedendoci, per esempio, di fornire loro i dati relativi ai passeggeri? Avanzerete richieste concrete?

Possiamo anche offrire agli Stati Uniti il nostro aiuto, per esempio agendo a favore dei detenuti che non saranno processati. Di fatto, persino le autorità americane hanno ammesso che alcuni dei detenuti sono innocenti. Ora cosa faremo al riguardo? Nonostante l’Unione europea non sia ovviamente responsabile di Guantánamo, potrebbe offrire a queste persone una soluzione, come atto di umana solidarietà. Vorrei citarvi il caso degli Uighurs detenuti a Guantánamo: lo stesso Presidente Bush ha ammesso che sono innocenti, ma che non possono rimanere negli Stati Uniti né tornare in Cina, dove verrebbero sottoposti a torture. Quale futuro riservare a queste persone? L’Unione europea non è riuscita a offrire il suo aiuto in quell’occasione. Ora si trovano in Albania, ma probabilmente verranno estradate verso la Cina. Ciò induce inevitabilmente a chiedersi se questa procedura sia stata loro di qualche aiuto. Cosa siete disposti a fare per i molti prigionieri ancora detenuti a Guantánamo Bay che, a quanto pare, non possono essere processati perché non esistono prove della loro colpevolezza? L’Unione europea non ha la possibilità di aiutarli e di offrire loro asilo?

Concludendo, è molto facile concentrare il problema su Guantánamo Bay − che è un sito ben organizzato con un numero limitato di detenuti −, ma naturalmente le violazioni dei diritti umani sono un fenomeno diffuso anche nel resto del mondo, dal momento che sempre più alto è il numero dei detenuti che vengono trasferiti, anche in altre parti d’Europa, come qualcuno ha accennato poco fa. Mi auguro che i governi siano disposti a riflettere sul ruolo che hanno svolto, anche se passivamente, in questo processo.

 
  
MPphoto
 
 

  Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, diverse volte questo Parlamento ha chiesto la chiusura della prigione di Guantánamo e continuiamo oggi a chiederla. In questo luogo vengono violati i diritti umani, le torture sono all’ordine del giorno e recentemente abbiamo addirittura scoperto che 60 minori sono stati trattenuti irregolarmente a Guantánamo.

Guantánamo è un luogo extra legem, vi vengono rinchiusi terroristi o presunti terroristi sottraendoli alla regolare procedura giudiziaria. Guantánamo è il simbolo della vittoria, della barbarie sullo Stato di diritto, ma io vorrei dire alla signora ministro, Guantánamo non è un’anomalia, purtroppo, Guantánamo è solo la punta dell’iceberg perché ultimamente si pensa di combattere il terrorismo utilizzando gli stessi strumenti barbari del terrorismo e ciò sta conducendo verso la sconfitta. Se pensiamo a come la guerra sta alimentando il terrorismo internazionale, abbiamo un’idea chiara di quello che sta avvenendo in questo momento.

Gli attentati terroristici sono la manifestazione più evidente del passaggio dallo Stato di diritto allo stato di natura e allora dobbiamo ripristinare le regole democratiche, dobbiamo ripristinare il primato della politica e difendere lo Stato di diritto. Invece si è scelto di lottare sul terreno privilegiato dell’avversario, di competere sulla negazione dei diritti umani, sul controllo militare della popolazione civile, sulla negazione dei principi cardine della democrazia e sul primato della sicurezza.

Le immagini di Guantánamo o della prigione di Abu Ghraib, sono l’emblema della vittoria e della cultura del terrorismo sullo Stato di diritto, sono il segno evidente della sconfitta di chi dichiara spesso di voler combattere il terrorismo, anche perché quelle immagini trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo rappresentano una linfa vitale per l’integralismo estremista, allo stesso modo le prigioni segrete, oppure i rapimenti effettuati dai servizi segreti americani dalla CIA nel territorio europeo.

Non possiamo essere complici né osservatori distratti della barbarie e finisco dicendo che l’idea di sconfiggere il terrorismo con ogni mezzo è un errore. C’è solo un modo per sconfiggere il terrorismo: salvaguardare lo Stato di diritto.

 
  
MPphoto
 
 

  Gerard Batten , a nome del gruppo IND/DEM. − (EN) Signora Presidente, gli Stati Uniti hanno subito il primo grave attentato terroristico l’11 settembre. La loro reazione è stata “una guerra al terrorismo”, ovvero un’impresa militare alquanto discutibile.

Per decine di anni, il Regno Unito ha subito ripetuti attentati terroristici da parte dell’Irlanda continentale. Questi terroristi venivano di fatto finanziati da cittadini statunitensi. Il governo degli Stati Uniti è stato determinante nel processo di capitolazione del governo britannico dinanzi all’offensiva terroristica.

Ora che gli Stati Uniti si trovano in pericolo, applicano al problema un peso e una misura diversi: il governo degli Stati Uniti si sente in diritto di ignorare la Convenzione di Ginevra e ogni norma civile, e di sequestrare, detenere, maltrattare e torturare presunti terroristi. Alcuni di questi sospettati sono cittadini britannici. Possono essere del tutto innocenti o colpevoli: chi può dirlo? Non vengono prodotte prove né hanno luogo processi. Se sono davvero terroristi, allora vengano processati, anziché languire in un campo di detenzione che gli americani non hanno neppure il coraggio di situare entro i loro confini.

 
  
MPphoto
 
 

  Elmar Brok (PPE-DE). − (DE) Signora Presidente, Presidente Plassnik, Commissario Ferrero-Waldner, vorremmo sottolineare, innanzi tutto, che il terrorismo è un oltraggio al genere umano e che gli Stati Uniti sono stati colpiti dal terrorismo in modo spaventoso. Questo fattore deve fare da sfondo a ogni nostra critica. Va presa coscienza del fatto che questo terrorismo è rivolto contro i nostri valori e il nostro ordinamento giuridico e che le preoccupazioni che suscita sono legate alla situazione di pericolo in cui ci getta. D’altra parte, però, la resistenza al terrorismo non deve andare a detrimento dei nostri valori, altrimenti sarà proprio il terrorismo a uscirne vittorioso. Per questo ha avuto luogo un grande dibattito internazionale, il quale ha inoltre portato ad alcuni cambiamenti.

Dopo la mia visita, sono persuaso che la situazione e le immagini che ci erano familiari nel 2001 e nel 2002 non esistano più. Non credo neppure che avvengano torture fisiche dirette, come probabilmente era accaduto in precedenza, anche se naturalmente non ne ho le prove. Inoltre, i grandi sforzi che si stanno compiendo negli Stati Uniti e il dibattito inteso a porre fine alla tortura e alle pratiche affini, trovano riscontro, ad esempio, nelle iniziative del senatore McCain. Non si tratta dunque del tipico atteggiamento dell’Europa nei confronti dell’America, quanto piuttosto di un dibattito che viene condotto in ognuna delle nostre società.

D’altra parte − e qui concordo pienamente con il Commissario e con la Presidente Plassnik − i diritti umani e il diritto umanitario internazionale vanno rispettati. Sebbene di fatto il nostro sistema di valori comporti il rischio che un detenuto possa diventare recidivo dopo il rilascio, rinunciando a tale sistema di valori dovremmo rinunciare alla nostra stessa libertà. In dubio pro reo è uno dei principi fondamentali della nostra civiltà. Nella situazione in cui ci troviamo ora, trattenere in prigione detenuti che altrimenti potrebbero entrare nelle fila, in costante aumento, dei nuovi kamikaze, inducendo così nuove mobilitazioni, è di gran lunga la soluzione meno rischiosa. Rilasciare i detenuti esclusivamente in base alla valutazione dei rischi implicati non è probabilmente la strada giusta.

Al punto in cui stanno le cose, tuttavia, i detenuti vengono trattenuti in prigione anche se sono stati prosciolti. Se si stima che un prigioniero sia stato interrogato solo all’ottanta per cento, e non ancora al cento per cento, viene trattenuto in carcere. Se poi viene costruita una nuova prigione in cemento armato, questa volta priva di finestre, allora abbiamo, a dir poco, un problema. Sebbene quella in corso non sia una guerra nel vero senso della parola, dobbiamo cercare, attraverso la Corte di giustizia e altre organizzazioni internazionali, di affrontare il problema. Ritengo che in questo ambito si stia chiedendo troppo ai singoli Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Sarah Ludford (ALDE). − (EN) Signora Presidente, in qualità di deputato di una circoscrizione elettorale nella quale rientra una dozzina di detenuti o ex detenuti di Guantánamo, sono lieta di sentire finalmente un accenno di protesta su Guantánamo Bay tra i ministri degli Esteri dell’Unione europea.

Un comunicato stampa circa l’accordo raggiunto lo scorso fine settimana sulla necessità di chiedere agli Stati Uniti la chiusura di Guantánamo affermava: “I ministri convengono che l’Europa non può continuare a ignorare le critiche sul campo di detenzione diffuse a livello internazionale”. Impiegare quattro anni e mezzo per una semplice richiesta informale non significa esattamente schierarsi in prima linea. A quanto ho capito, non abbiamo ancora una dichiarazione formale, né una posizione comune, né una condotta condivisa. Tuttavia siamo lieti che i ministri degli Esteri si siano infine uniformati all’opinione mondiale. Approvo l’affermazione fatta oggi pubblicamente dal Presidente in carica del Consiglio sulla necessità di chiedere la chiusura del campo.

Oggi si è detto ciò che si sarebbe dovuto dire nel corso degli ultimi quattro anni. Il modo migliore che l’Unione europea ha di avviare un dialogo costruttivo e mirato con gli Stati Uniti − come auspica la Presidente Plassnik e sulla cui necessità concordo − è aiutare questo Parlamento a stabilire la verità sul programma di consegne straordinarie e sulla complicità dell’Europa al riguardo. Mi auguro che nella sua risposta il Presidente in carica si dimostri disposto ad aiutarci a stabilire tale verità.

L’obiettivo che dobbiamo perseguire insieme agli Stati Uniti è un ritorno al pieno rispetto del diritto internazionale, e non una sua attenuazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE). − (ES) Signora Presidente, quando discutemmo il problema e approvammo la risoluzione d’urgenza su Guantánamo, alcuni mesi fa, il dibattito subì una svolta e si condannò una pratica che fino ad allora era stata del tutto negata o semplicemente ignorata dalle autorità costituite in Europa.

La lotta contro il terrorismo − si è detto, lo condivido e credo che la maggioranza di noi sia dello stesso parere − non può essere un pretesto per giustificare la tortura, il sequestro e, men che meno, l’assassinio, come sta avvenendo non soltanto a Guantánamo, ma in molte parti del mondo.

Occorre quindi continuare a esercitare pressioni sugli Stati Uniti in tutti i modi possibili, per persuaderli, da un lato, a chiudere Guantánamo, ma anche, dall’altro, ad assicurare ai quasi 500 detenuti le garanzie giuridiche di cui hanno bisogno. Occorre quindi sottolineare ancora una volta, come ha fatto anche l’onorevole Valenciano Martínez-Orozco, che non si devono rilasciare i detenuti quando si sa che saranno inviati in paesi dove potrebbero essere torturati. In molti casi non possono neppure tornare ai loro paesi di residenza, perché è stato loro ritirato il permesso di residenza.

Credo pertanto che occorra ricordare al Consiglio che tali misure vanno prese sul serio e che dev’essere adottato un approccio attivo per assicurare a queste persone, insisto, non solo un processo equo, ma anche le garanzie umane e giuridiche cui hanno diritto.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria da Assunção Esteves (PPE-DE).(PT) Il principale compito dell’Europa consiste nel rispettare e promuovere il diritto internazionale e i principi umanitari su cui è fondato. Anche per questo è importante che il progetto europeo abbia successo. La lotta contro il terrorismo non può minare il sistema di garanzie individuali su cui si basano i fondamenti morali della democrazia e lo Stato di diritto. Il pericolo più grosso per la democrazia è la perdita del primato morale, che costituirebbe la più grave capitolazione di fronte al terrorismo. Le garanzie di sicurezza devono quindi rispettare i valori fondamentali dei diritti umani e inquadrarsi nel dibattito condotto su questi valori. Una politica di sicurezza distrugge gradualmente l’architettura illuminata delle politiche democratiche e il loro potenziale di realizzazione della dignità umana. La lotta contro il terrorismo, inoltre, non si avvale solo dei meccanismi del diritto penale, ma persegue, a un livello più profondo, la creazione di un ordine mondiale più equilibrato e l’ambizioso programma di una forma di giustizia globale.

Nel conseguimento di un ordine che garantisca il pieno rispetto dei principi del diritto internazionale e dei valori fondanti della civiltà, l’Europa si configura quindi come il miglior partner degli Stati Uniti. In un simile contesto, ciò che occorre è un tenace impegno al dialogo. Gli Stati Membri, inoltre, devono prendere parte alla riflessione condotta dal Consiglio d’Europa allo scopo di emendare le Convenzioni di Ginevra: a torto, infatti, esse non accordano ai sospetti di terrorismo alcuno stato giuridico.

Guantánamo non delimita gli ambiti della legge e della politica; tracciarne i confini è, invece, un’esigenza fondamentale della giustizia, e rappresenta la più grande vittoria della democrazia sul terrorismo. Per citare Simone de Beauvoir, “non dobbiamo permettere ai nostri carnefici di trasmetterci le loro cattive abitudini”.

 
  
MPphoto
 
 

  Cem Özdemir (Verts/ALE). − (DE) Signora Presidente, Presidente Plassnik, Commissario Ferrero-Waldner, Guantánamo è diventato un simbolo della soppressione dei diritti umani e delle procedure basate sullo Stato di diritto. Per noi europei è facile criticare la situazione. Tuttavia, non dovremmo limitarci a mettere in luce l’incompatibilità di alcune circostanze con i diritti umani e con lo Stato di diritto: dovremmo invece chiederci quale sia la nostra parte di responsabilità e in che modo possiamo contribuire a trovare una soluzione.

Addirittura accade che persone ritenute innocenti dagli americani non possano fare ritorno nei loro paesi. A ragione, gli stessi Stati Uniti si rifiutano di inviare questi detenuti in paesi dove rischierebbero di incorrere in torture o persecuzioni. Quale debba essere invece il futuro di queste persone è una domanda cui dobbiamo rispondere collettivamente. Il destino dei detenuti di Guantánamo riguarda tutti noi e non deve lasciarci indifferenti.

Infine − e questo è un altro aspetto che oggi andrebbe sottolineato − anche i governi europei sono stati coinvolti nell’estradizione di detenuti di Guantánamo Bay, e in parte persino negli interrogatori. E’ il caso, per esempio, di Murat Kurnaz. Se intendiamo davvero chiedere la chiusura definitiva di Guantánamo Bay, dobbiamo far sì che le nostre parole si traducano in fatti.

 
  
MPphoto
 
 

  Ursula Plassnik, Presidente in carica del Consiglio. − (DE) Signora Presidente, il Consiglio continuerà ad approfondire e ad affrontare, con assiduità e coscienza delle sue responsabilità, il discorso su Guantánamo. Esso infatti costituisce l’interfaccia tra molte delle priorità politiche dell’Unione europea: da un lato, la validità universale dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, così come la lotta al flagello del terrorismo basata sui principi dello Stato di diritto; dall’altro, per contro, la necessità di buone relazioni transatlantiche, interessate anch’esse da questo problema. E’ ovvio che queste ultime devono essere assolutamente franche e che i temi controversi vanno affrontati in vista di determinati obiettivi.

Il Consiglio proseguirà senza dubbio la politica seguita durante la Presidenza austriaca e in precedenza: nell’introduzione ho accennato ad alcuni dei punti chiave. Questi temi saranno inoltre affrontati al prossimo vertice del 22 giugno.

Per concludere, vorrei sottolineare ancora una volta che, in tutte le indagini relative a voli sospetti e prigioni segrete, la Presidenza ha agito in modo da garantire la più ampia collaborazione possibile con gli organi investigativi. Ci auguriamo che tali indagini possano concludersi al più presto.

 
  
MPphoto
 
 

  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, Presidente Plassnik, i diritti umani costituiscono un grave motivo di apprensione per tutti noi, in quanto rispondono a un principio universale e hanno validità universale. Concordo ampiamente con tutti i concetti chiave menzionati oggi nel corso della discussione. Da un lato, le azioni terroristiche costituiscono un’esplicita violazione dei diritti fondamentali; dall’altro, qualunque misura antiterroristica deve attenersi alle norme giuridiche stabilite dal diritto internazionale in materia di diritti umani e umanitari. Ogni detenuto deve poter ricevere un processo equo e regolare, e tortura e maltrattamenti vanno proibiti categoricamente in ogni circostanza. Noi tutti riteniamo pertanto che Guantánamo vada chiusa il prima possibile.

E’ in gioco, inoltre, la credibilità dell’Unione europea nel mondo arabo. Nondimeno va sottolineato che noi non applichiamo due pesi e due misure. L’Unione ha una posizione comune: la settimana scorsa, tutti i 25 Stati membri hanno espresso chiaramente il loro parere, e la Commissione ha già sollevato il problema di Guantánamo con l’amministrazione statunitense in più occasioni. Come ha affermato la Presidente Plassnik, il dialogo proseguirà sulla base di questa posizione comune. Al prossimo vertice tra Unione europea e Stati Uniti il problema sarà messo certamente sul tavolo, così come sarà sollevata la questione più generale inerente alla necessità di rispettare, nella lotta contro il terrorismo, i nostri valori comuni. Trovare rapidamente una soluzione comune è nell’interesse di tutti noi.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di aver ricevuto sette proposte di risoluzione(1) ai sensi degli articoli 103, paragrafo 2, e 108, paragrafo 5, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, alle 11.00.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

Note legali - Informativa sulla privacy