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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 28 settembre 2006 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 1 dell'on. Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0695/06)
 Oggetto: Disoccupazione giovanile
 

Per la presidenza finlandese, come sarà coordinata l'azione degli Stati membri in modo che siano mantenute le promesse del Consiglio di ridurre progressivamente la disoccupazione e la povertà dei giovani?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Innanzi tutto, occorre sottolineare che lo sviluppo e l’attuazione di una politica intesa a ridurre la disoccupazione e la povertà dei giovani ricade nella sfera di competenze degli Stati membri. La Presidenza finlandese darà seguito ai processi già definiti al fine di confrontare i piani programmatici degli Stati membri a ogni riunione del Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori”.

L’importanza dell’occupazione giovanile è più volte evidenziata nella strategia europea per l’occupazione. Gli obiettivi e i parametri di analisi comparativa riportati di seguito, che riguardano in particolare i giovani, sono stati concordati nell’ambito della strategia di Lisbona, nonché del quadro della strategia europea per l’occupazione.

In primo luogo, a ogni giovane verrà offerta, prima che siano trascorsi sei mesi di disoccupazione, la possibilità di ricominciare con un’attività di formazione o di riqualificazione professionale, con la pratica lavorativa, con un lavoro o altra misura che ne favorisca l’inserimento professionale.

In secondo luogo, entro il 2010 nell’Unione europea almeno l’85 per cento dei giovani di 22 anni di età deve aver completato il ciclo di studi di livello secondario.

Agli Stati membri è stata fornita un’ulteriore indicazione riguardo a come si potrebbero e dovrebbero conseguire tali obiettivi attraverso le linee di orientamento per le politiche per l’occupazione 2005-2008 adottate dal Consiglio nel 2005.

E’ d’uopo prima di tutto tener presente che tutti gli Stati membri avevano già inserito il problema dei giovani nei rispettivi programmi di riforma nazionale per il periodo 2005-2008, che hanno presentato nell’autunno 2005. Agli Stati membri, tuttavia, è stato chiesto di proporre una serie di propri obiettivi prioritari ed essi hanno scelto percorsi diversi per affrontare le questioni legate all’occupazione giovanile. Si dovrebbe altresì osservare che gli obiettivi fissati a livello comunitario sono già stati raggiunti in alcuni Stati membri.

Al momento gli Stati membri sono impegnati nell’adeguamento dei vari programmi di riforma nazionale che saranno verosimilmente portati a termine per la fine di ottobre di quest’anno. I programmi di riforma nazionali e le relative misure adottate per migliorare l’occupazione giovanile saranno esaminati nel corso del mandato presidenziale della Finlandia, più precisamente in novembre, da parte della commissione per l’occupazione e di nuovo in dicembre ad opera del Consiglio “Affari sociali”. I risultati verranno presentati alla Commissione che li utilizzerà quale base per la stesura della sua relazione annuale.

Attualmente gli Stati membri stanno anche predisponendo i loro programmi d’azione nazionale relativi alla prossima fase del Fondo europeo sociale (2007-2013). I collegamenti tra il FES e il quadro politico – vale a dire, la strategia europea per l’occupazione – saranno rafforzati affinché il Fondo in questione possa assumere un ruolo più incisivo nel conseguimento degli obiettivi in materia di occupazione definiti nell’ambito della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. L’intento è impiegare il FES a favore delle azioni volte ad ampliare e promuovere gli investimenti nel capitale umano, in particolare migliorando i sistemi di istruzione e di formazione. Un obiettivo è stimolare l’occupabilità tra gli studenti potenziandone la formazione professionale in modo da adeguarla alle esigenze del mercato del lavoro. Con queste premesse, gli Stati membri possono inserire nei propri programmi misure intese a rafforzare l’occupabilità dei giovani, ridurre il tasso di abbandono precoce degli studi e sostenere il passaggio dal mondo scolastico a quello del lavoro.

Per quanto attiene alla povertà dei giovani, dalle valutazioni intermedie della strategia di Lisbona dell’UE è emerso che i giovani hanno beneficiato meno rispetto ad altri gruppi di età delle politiche volte a incoraggiare l’inclusione e a sviluppare un mercato del lavoro dinamico. L’onorevole deputato può rivolgersi alla Commissione per chiedere ulteriori ragguagli in proposito.

La relazione congiunta sulla protezione sociale e sull’inclusione sociale 2006 del Consiglio e della Commissione ha sottolineato che l’azione intrapresa nell’ambito del metodo di coordinamento aperto deve assolutamente concentrarsi sulla povertà di bambini e giovani. Al contempo, è stato evidenziato il ruolo fondamentale dell’istruzione generale e della formazione professionale nella rottura della trasmissione della povertà tra una generazione e l’altra.

Nel corso del mandato della Presidenza finlandese, il comitato della protezione sociale avrà l’opportunità di proseguire il dibattito in materia, mentre la relazione congiunta sulla protezione sociale e sull’inclusione sociale 2007 verrà elaborata sulla base dei programmi d’azione nazionali relativi all’inclusione sociale per il periodo 2006-2008.

 

Interrogazione n. 2 dell'on. Manuel Medina Ortega (H-0698/06)
 Oggetto: Relazioni con le organizzazioni regionali dell'America del Sud
 

In base agli ultimi cambiamenti politici avvenuti in America del Sud, che prospettive ha il Consiglio di rafforzare le relazioni con le organizzazioni di integrazione di tale parte del mondo?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

A questo proposito, mi permetto di rammentare all’onorevole parlamentare gli importanti impegni sul versante dell’integrazione regionale assunti in occasione del quarto Vertice UE-America latina/Caraibi svoltosi il 12 maggio 2006 a Vienna, e riportati nelle conclusioni del Consiglio sulla comunicazione della Commissione relativa all’America latina. Il Consiglio riconosce che il Parlamento europeo si è prodigato non poco per incoraggiare l’integrazione regionale nell’America latina e per rafforzare le relazioni con organizzazioni di questa parte del mondo.

Il paragrafo 32 della Dichiarazione di Vienna recita: “L’integrazione regionale è un elemento essenziale per la stabilità, la crescita economica, gli investimenti e per rafforzare il ruolo di entrambe le regioni sulla scena internazionale. Affermiamo i principi di cooperazione e solidarietà quali basi dei nostri processi di integrazione. Date queste premesse, incoraggiamo e sosteniamo con forza i paesi dell’America latina e dei Caraibi affinché diano seguito ai rispettivi processi di integrazione regionale”.

L’integrazione regionale può contribuire in misura significativa alla stabilità. Entrambe sono obiettivi fondamentali del partenariato strategico tra Unione europea e America latina. L’UE e i paesi partner dell’America del sud hanno sviluppato sistemi globali volti a promuovere questi due fattori, perché occorre un impegno costante e notevole per essere in grado di sostenerli, per attuarli con maggiore efficacia, per consentire ad ambo le parti di beneficiarne e per poterne ampliare la portata in futuro. Questi sistemi si estendono ben al di là del commercio e della cooperazione. Comprendono il dialogo politico inteso a ricercare approcci condivisi, nonché l’azione congiunta in questioni multilaterali al fine di rafforzare la capacità dell’UE, e quella dell’America latina, di esercitare influenza su aspetti globali della massima importanza per entrambe le regioni.

E’ un dato di fatto che tutti i processi di integrazione hanno incontrato difficoltà e la situazione dell’UE non ne è di certo esente. A suo favore posso ribadire che a Vienna l’UE si è comportata in modo esemplare tentando di risolvere i vari problemi legati al processo di integrazione nell’America centrale, alla Comunità andina e al Mercosur.

E’ pertanto con particolare soddisfazione che affermo che a Vienna e a partire da quel Vertice si osservano e si sono potuti osservare progressi sufficienti che ci consentono ora di avviare gli indispensabili negoziati internazionali e di intraprendere i passi necessari per aprire il ciclo di consultazioni sugli accordi di associazione tra l’Unione europea, l’America centrale, la Comunità andina e il Mercosur. Tali accordi di associazione integreranno gli accordi già conclusi con Messico e Cile e quelli in fase negoziale con il Mercosur. L’11 luglio la commissione del Parlamento europeo per gli affari esteri si è riunita per riesaminare la situazione.

Al contempo abbiamo anche discusso come possano incidere eventuali cambiamenti nell’ambito della compagine della Comunità andina e del Mercosur in seguito alla decisione del Venezuela di aderire al Mercosur. All’attuale presidenza della Comunità andina, la Bolivia, e al suo segretario generale va riconosciuto il merito di aver gestito la crisi in queste ultime settimane con straordinaria abilità. Il Mercosur prenderà in considerazione le sfide associate al fatto di accogliere un nuovo membro tra le proprie fila. E’ un aspetto che potrebbe essere oggetto di dibattito al prossimo incontro con il Mercosur sul dialogo politico. L’UE conferma la disponibilità a riavviare le consultazioni con il Mercosur il più presto possibile.

Infine, posso dichiarare che, come riportato nelle conclusioni del Consiglio adottate nel febbraio 2006, è obiettivo dell’UE promuovere l’integrazione della regione nel suo insieme.

 

Interrogazione n. 3 dell'on. Brian Crowley (H-0703/06)
 Oggetto: Tariffe della telefonia mobile
 

Può il Consiglio fare una dichiarazione definitiva sui progressi compiuti quest'anno nell'eliminazione dei costi di roaming dalle bollette a carico degli utenti di telefoni cellulari in Europa?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Da vari anni il Consiglio e la Commissione controllano da vicino la tendenza registrata dai costi di roaming. Di recente la questione è diventata oggetto di maggiore attenzione, soprattutto dall’ottobre 2005, ossia da quando la Commissione ha creato il primo sito web volto a fornire informazioni più trasparenti agli utenti dei servizi di roaming e ad aiutarli a trovare le soluzioni più adeguate districandosi nella giungla di tariffe e contratti.

A seguito degli interventi da parte della Commissione, risulta che gli operatori hanno in qualche modo ridotto le tariffe e le hanno inoltre rese più trasparenti. I costi per i servizi di roaming internazionale continuano tuttavia a differenziarsi non poco, e i clienti ancora oggi spesso non sono in grado di comprendere il metodo impiegato per calcolarli. A quanto pare l’approccio graduale non si è dimostrato una scelta efficace, e il Consiglio nella sua veste di legislatore è disposto a prendere in considerazione altre soluzioni per eliminare gli oneri eccessivi.

La Commissione ha presentato una proposta di regolamento che potrebbe rivelarsi valida per conciliare le varie esigenze. Il Consiglio ha appena iniziato ad affrontare in dibattito la proposta in parola, che è stata pubblicata il 12 luglio 2006, e ne proseguirà la disamina in collaborazione con il Parlamento nella prospettiva specifica di pervenire a una soluzione equilibrata, evitando distorsioni del mercato, inutili interruzioni dell’attività degli operatori o aumenti dei prezzi in altri settori.

 

Interrogazione n. 4 dell'on. Liam Aylward (H-0705/06)
 Oggetto: Cambiamento climatico
 

Può il Consiglio comunicare quali nuove iniziative intende adottare la Presidenza finlandese dell'UE per risolvere il problema sempre più grave del cambiamento climatico?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

L’onorevole deputato è di certo a conoscenza che i piani della Presidenza finlandese in materia di cambiamenti climatici sono stati presentati in occasione dell’intervento del ministro Jan-Erik Enestam in sede di commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare in data 12 luglio 2006. In sintesi, tali piani sono i seguenti.

Nei prossimi mesi l’UE avvierà i lavori preparatori in vista dei negoziati internazionali da affrontare in occasione della conferenza di follow-up che si svolgerà a Nairobi dal 6 al 17 novembre 2006. Nell’ambito di tale evento, l’UE deve ancora una volta dimostrare di essere saldamente alla guida nell’attuazione del piano di azione di Montreal onde creare una base per un sistema per il 2012 e gli anni a venire che sia effettivamente di portata mondiale.

A tale scopo, la Presidenza si fa promotrice delle questioni legate ai cambiamenti climatici in sede dei vertici che vedono riunite l’Unione europea e i paesi terzi (Cina, India, Repubblica di Corea, l’ASEM, Russia, Canada). I vertici tra l’UE e la Cina, la Repubblica di Corea e l’ASEM hanno già avuto luogo, e la dichiarazione di quest’ultimo interlocutore in merito al clima è già disponibile. Per prepararsi adeguatamente alla partecipazione ai negoziati internazionali, il Consiglio e il Parlamento avranno l’opportunità di confrontarsi sulla recente analisi costi-benefici relativa alla strategia di riduzione delle emissioni che la Commissione ha richiesto al Consiglio europeo. Di recente l’UE e gli USA hanno deciso di promuovere un dialogo su cambiamenti climatici, tecnologia pulita e sviluppo sostenibile. Il primo incontro al riguardo si svolgerà in Finlandia quest’autunno.

L’UE inoltre sta proseguendo i lavori iniziati per rispettare gli impegni assunti. Su proposta della Commissione, il Consiglio e il Parlamento stanno riesaminando il sistema comunitario di scambi delle emissioni e procedendo a una valutazione della seconda fase del programma europeo sui cambiamenti climatici. Il secondo programma europeo sui cambiamenti climatici, varato nell’ottobre 2005, si propone di esplorare nuove soluzioni vantaggiose in termini di costo per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra in conformità dei principi della strategia di Lisbona dell’Unione. Sono stati istituiti appositi gruppi di lavoro la cui attività è concentrata sullo studio di aspetti quali la cattura e il sequestro del carbonio, le emissioni di biossido di carbonio generate dai veicoli commerciali leggeri, le emissioni prodotte dal settore aeronautico e l’adeguamento all’impatto del cambiamento del clima. L’attività del gruppo di lavoro in materia di aviazione è incentrata su aspetti tecnici attinenti a un’eventuale estensione degli scambi di emissioni alle emissioni generate dall’aviazione. Un altro gruppo di lavoro ha anche valutato il livello di attuazione da parte degli Stati membri delle politiche e delle misure del primo programma europeo sui cambiamenti climatici e in quale proporzione hanno inciso sulla riduzione delle emissioni.

Infine, occorre osservare che la Finlandia ha predisposto un indennizzo per le emissioni prodotte in occasione degli spostamenti di coloro che hanno preso parte a riunioni organizzate durante la Presidenza; in alternativa, offre ai partecipanti un modo facile di adeguare su base volontaria i propri livelli di emissioni.

 

Interrogazione n. 5 dell'on. Eoin Ryan (H-0707/06)
 Oggetto: Relazioni UE-Iran
 

Può il Consiglio rilasciare una dichiarazione sull'attuale situazione delle relazioni politiche tra l'UE e l'Iran e, più in particolare, sulla posizione del governo iraniano in merito alla sua inosservanza delle decisioni dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica per quanto riguarda i suoi programmi di ricerca nucleare?

 
 

Interrogazione n. 6 dell'on. Gay Mitchell (H-0746/06)
 Oggetto: Iran
 

Il Consiglio vorrà far conoscere il futuro percorso che l'Alto Rappresentante Javier Solana seguirà nei suoi negoziati con l'Iran sulle questioni nucleari ancora irrisolte?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio ha più volte manifestato la propria volontà di impegnarsi per pervenire a una soluzione diplomatica che tenga conto delle preoccupazioni della comunità internazionale suscitate dal programma nucleare dell’Iran, tuttavia al contempo afferma il diritto di tale paese a impiegare l’energia nucleare per scopi pacifici secondo quanto riportato nel Trattato di non proliferazione nucleare. A tale proposito, il Consiglio ha accolto con favore l’iniziativa dell’Alto rappresentante dell’UE e dei ministri degli Esteri di Francia, Germania, Regno Unito, Cina, Federazione russa e Stati Uniti d’America che il Segretario generale del Consiglio e l’Alto rappresentante hanno comunicato all’Iran il 6 giugno 2006.

Il Consiglio ha dato il suo pieno sostegno alla strategia equilibrata indicata nell’iniziativa in questione e ha invitato l’Iran a optare per un approccio positivo riguardo all’azione suggerita. La proposta spianerebbe la strada a nuove relazioni con il paese basate sul rispetto reciproco e su una cooperazione rafforzata in campo politico ed economico, mitigando al tempo stesso i timori che la comunità internazionale nutre nei confronti della natura pacifica del programma nucleare iraniano.

Il Consiglio si permette di ricordare che il Consiglio dei governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica e il Consiglio di sicurezza dell’ONU hanno reiteratamente chiesto all’Iran di sospendere qualsiasi attività legata all’arricchimento dell’uranio e al suo ritrattamento. Il 31 luglio il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1606 (2006) che chiede all’Iran di sospendere tutte le attività connesse con l’arricchimento e il ritrattamento dell’uranio in previsione di ispezioni che l’AIEA dovrà essere autorizzata a effettuare. Qualora l’Iran non si conformi alla risoluzione entro il 31 agosto, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha manifestato l’intenzione di adottare misure ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, del Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.

Il Consiglio ha dichiarato che se l’Iran decide di sospendere tutte le attività di arricchimento dell’uranio e applica il protocollo aggiuntivo, sarà possibile riavviare i negoziati, nonché bloccare la procedura in seno al Consiglio di sicurezza.

Il 15 settembre 2006 il Consiglio ha osservato che la relazione del 31 agosto 2006 elaborata da Mohamed El Baradei, direttore generale dell’AIEA, sottolineava che l’Iran non si era conformato a quanto richiesto nella risoluzione 1696 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e affermava che sarebbe stato opportuno prendere in considerazione l’adozione di una serie di misure di follow-up al documento in oggetto. I ministri hanno espresso la loro soddisfazione per il ciclo di consultazioni che l’Alto rappresentante ha tenuto con Ali Larijan, segretario del consiglio supremo di sicurezza nazionale dell’Iran, allo scopo di esplorare la possibilità di avviare negoziati con l’Iran stesso. Essi hanno accordato il proprio sostegno a queste azioni e hanno evidenziato l’importanza di pervenire a una soluzione in tempi rapidi.

 

Interrogazione n. 7 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0709/06)
 Oggetto: Iniziative relative alla banda larga
 

Può illustrare il Consiglio quali iniziative ha intrapreso al fine di promuovere un più ampio utilizzo della banda larga nelle zone regionali, periferiche e insulari d'Europa?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

La diffusione dell’impiego della banda larga figura da molti anni nel piano programmatico dell’UE e senza dubbio continuerà a comparirvi anche in futuro. I servizi a banda larga contribuiscono in misura rilevante al conseguimento degli obiettivi generali della strategia di Lisbona e tutte le fasi di sviluppo delle politiche in materia devono essere considerate alla luce del perseguimento dei due obiettivi della strategia i2010 (che sono compatibili per loro natura).

Il primo consiste nel creare uno spazio unico europeo dell’informazione capace di accogliere un mercato interno diverso basato su comunicazioni, messaggi e contenuti elettronici aperti e competitivi.

Il secondo obiettivo è costruire una società europea dell’informazione che promuova la partecipazione, in cui venga attribuita priorità al miglioramento dei servizi pubblici e alla qualità della vita e che, al contempo, riduca il divario digitale tra chi può e chi non può accedere ai servizi in banda larga.

Come ha sottolineato il Consiglio nelle sue conclusioni del 1° dicembre 2005, la strategia i2010 è una responsabilità condivisa tra Stati membri, Istituzioni comunitarie e parti interessate. Il Consiglio ha invitato gli Stati membri a “promuovere lo sviluppo di reti avanzate senza soluzione di continuità attraverso la rapida attuazione di strategie nazionali intese ad incrementare la copertura a banda larga e l’accesso multipiattaforma e a stimolarne l’adozione, utilizzando, ove opportuno, i Fondi strutturali dell’UE, secondo gli orientamenti della Commissione”(1).

Tutti i programmi di riforma nazionali (PRN) che gli Stati membri hanno presentato alla Commissione lo scorso anno dopo il rilancio della strategia di Lisbona hanno affrontato aspetti legati alla diffusione e alla copertura a banda larga. Molti PRN hanno proposto programmi di ampia portata in materia di banda larga (AT, IE, EE, FI, FR, HU, IT, LU, LT, PT, SI, ES). Benché la concorrenza sia ritenuta il principale propulsore per lo sviluppo delle comunicazioni a banda larga, le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato permettono agli Stati membri di fornire sovvenzioni pubbliche a reti di banda larga in regioni dove la copertura è scarsa. Questo genere di intervento è consentito laddove gli aiuti di Stato vengono impiegati per promuovere l’introduzione della banda larga e sono essenziali per correggere una distorsione del mercato o tariffe irragionevolmente elevate per i servizi in banda larga.

Gli orientamenti strategici proposti in merito alla politica di coesione comunitaria affermano altresì che è importante che in tutta l’Unione siano disponibili appropriate infrastrutture di comunicazione a banda larga a prezzi accessibili. E’ stata pertanto elaborata una specifica linea guida di azione relativa ai nuovi programmi in materia di politica di coesione per il periodo 2007-2013 in base alla quale si deve garantire la disponibilità di infrastrutture di informazione e comunicazioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse associati, in particolare nelle aree rurali, nelle regioni periferiche e nei nuovi Stati membri, qualora il mercato non sia in grado di mantenere i servizi necessari a un prezzo ragionevole né di offrire una loro diffusione adeguata.

In occasione della riunione a livello ministeriale svoltasi a Riga nei giorni 11-13 giugno 2006, incentrata sulla tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni per una società partecipativa, è stata adottata una dichiarazione relativa a una società dell’informazione che promuove la partecipazione, in cui si sostiene che per conseguire tale obiettivo una condizione imprescindibile è una strategia comunitaria su larga scala. I ministri dell’UE hanno deciso, tra l’altro, di dedicare maggiore attenzione alla diminuzione dello squilibrio nella distribuzione geografica della banda larga promuovendo l’accesso a tariffe ragionevoli a reti di informazione e comunicazione, nonché a dispositivi terminali, contenuti e servizi ovunque, soprattutto nelle aree remote e rurali e nelle zone in una posizione svantaggiata, tra cui i piccoli centri, e riducendo in misura sostanziale le disparità nell’accesso a Internet grazie all’aumento della disponibilità di connessioni a larga banda nelle zone poco servite, con l’obiettivo di garantire la fornitura di servizi in banda larga ad almeno il 90 per cento della popolazione dell’UE entro il 2010.

La dichiarazione di Riga ha invitato la Commissione a raccogliere materiale, creare reti a tutti i livelli, confrontare indicatori regionali e locali, nonché a procedere a valutazioni comparative e scambi di buone prassi ed esperienze maturate in Europa e altrove. Inoltre, all’Esecutivo è stato chiesto di proporre, quale elemento della strategia i2010 per il 2007(2) e in conformità della dichiarazione di Riga, un approccio comune all’iniziativa intesa a una società dell’informazione per il 2008 al fine di stimolare la partecipazione europea.

Infine, i ministri hanno incoraggiato le future Presidenze a suggerire interventi adeguati in materia e a proseguire a sostenere attivamente la Commissione nello sviluppo dell’iniziativa per il 2008. Con queste premesse, la promozione dei servizi a banda larga nelle aree rurali sarà argomento di dibattito in occasione della conferenza annuale sulla società dell’informazione i2010 in programma il 27 e 28 settembre 2006 a Espoo, in Finlandia.

 
 

(1) Documento di lavoro dei servizi della Commissione, “Orientamenti sui criteri e le modalità di attuazione dei Fondi strutturali a favore delle comunicazioni elettroniche” (SEC(2003) 895).
(2) Più a lungo termine, gli Stati membri elaboreranno misure durature e coordinate nell’ambito di un gruppo di lavoro ad alto livello sull’iniziativa i2010 e del relativo sottogruppo avente a oggetto una società dell’informazione che promuove la partecipazione. Quest’ultimo, in particolare, è impegnato nei lavori preparatori dell’iniziativa europea 2008. L’argomento sarà oggetto di dibattito nel mese di aprile 2007 in sede di gruppo di lavoro ad alto livello.

 

Interrogazione n. 8 dell'on. Bernd Posselt (H-0711/06)
 Oggetto: Negoziati di pace per la Cecenia
 

Come valuta la Presidenza le possibilità di intavolare negoziati di pace con il governo ceceno, democraticamente eletto nel 1997, sotto la sorveglianza dell'OSCE, e costretto alla clandestinità dal presidente Putin, con specifico riferimento alla proposta di pace avanzata dal suo ministro degli Esteri, Achmed Sakajev, in esilio a Londra?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

La Presidenza del Consiglio ringrazia l’onorevole deputato per la domanda posta, e lo assicura di condividerne le preoccupazioni riguardo alla situazione in Cecenia.

Sin dallo scoppio della crisi nella Repubblica di Cecenia della Federazione russa, il Consiglio ha sostenuto con estrema chiarezza che solo una soluzione politica basata sul dialogo e la fiducia, e che goda del consenso della popolazione cecena, può appianare la situazione in modo permanente.

Il Consiglio desidera sottolineare che sarà suo preciso impegno affrontare sistematicamente i problemi afferenti la situazione in Cecenia in sede di dialogo politico con la Federazione russa e in occasione degli incontri a scadenza semestrale con la Russia aventi a oggetto i diritti umani, il cui quarto ciclo è previsto per il mese di novembre.

Secondo le informazioni di cui dispone la Presidenza del Consiglio, le proposte di Ahmed Zakayev non godono del favore di altri leader separatisti ceceni ed è per tale motivo che è prematuro valutare se tali proposte sfoceranno in un confronto.

 

Interrogazione n. 9 dell'on. Frank Vanhecke (H-0714/06)
 Oggetto: Regolarizzazione dei clandestini in Italia
 

Dopo che il governo socialista spagnolo di Zapatero ha consentito, nei mesi di gennaio-febbraio 2005, a circa 800.000 clandestini di regolarizzare la loro situazione, anche il nuovo governo di sinistra Prodi II ha proceduto alla regolarizzazione delle persone che soggiornano illegalmente sul territorio italiano.

Con la libera circolazione delle persone, centinaia di migliaia di immigrati regolarizzati potranno a breve varcare liberamente le frontiere interne europee.

Il ministro degli Interni austriaco, Liese Prokop, rileva a giusta ragione la gravità delle conseguenze di tali decisioni per gli altri Stati membri e caldeggia intese fra gli Stati membri per addivenire a una procedura uniforme d'intervento contro i clandestini, essendo inteso che, in linea di massima, la politica di accoglienza degli stranieri rientra nella sfera nazionale di competenza.

Potrebbe il Consiglio far conoscere la sua opinione in merito?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Come afferma l’onorevole deputato, la politica in merito alla legalizzazione della situazione degli immigrati clandestini ricade nella sfera delle competenze nazionali, e fino a oggi il Consiglio non si è pronunciato sulla possibilità di tentare di pervenire a un accordo tra gli Stati membri riguardo a un approccio coordinato volto a regolarizzare la situazione di tali soggetti.

Un passo concreto in questa direzione sarà l’entrata in vigore della decisione del Consiglio che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione. La Commissione sarà responsabile dello sviluppo e della gestione della rete. Nel settembre 2006 il Consiglio ha stabilito un approccio generale alla questione. Manca ancora la valutazione del parere del Parlamento europeo, dopo di che lo strumento potrà essere adottato.

Per il prossimo anno è in programma l’avvio di uno studio incentrato sulle procedure di regolarizzazione applicate dagli Stati membri e sul loro impatto nell’Unione europea considerata nel suo insieme. L’indagine servirà da base per un futuro dibattito congiunto sulla legalizzazione. Sarà inoltre in occasione di questo evento che gli Stati membri si confronteranno sull’eventuale esigenza di disporre di una normativa comunitaria comune in materia.

 

Interrogazione n. 10 dell'on. Agustín Díaz de Mera García Consuegra (H-0720/06)
 Oggetto: Crisi migratoria nelle isole Canarie
 

Dei 18.000 immigranti che sono giunti alle Canarie in modo irregolare dal mese di gennaio, secondo il parere delle autorità dello Stato nell'arcipelago, nessuno è rimasto sulle isole, in quanto dai centri di accoglienza sono stati inviati sulla penisola, vale a dire sul continente, senza occupazione e senza luogo d'accoglienza. Le frontiere terrestri del nord della Spagna sono molto più vulnerabili di quelle marittime e sono molto utilizzate dalle reti mafiose che trafficano gli esseri umani. La maggior parte delle 18.000 persone di cui sopra provengono da Mauritania e Senegal e parlano francese.

Il Consiglio ha valutato quale sia la destinazione finale di questi flussi che patiscono per mesi su questo itinerario pericoloso, difficile e illegale?

Di fronte alla dimostrata incapacità e incompetenza delle autorità spagnole, che cosa può fare e che cosa ha intenzione di fare il Consiglio ?

 
 

Interrogazione n. 11 dell'on. Philip Bushill-Matthews (H-0730/06)
 Oggetto: Immigrazione in Spagna
 

Il Consiglio è preoccupato del crescente numero di immigranti africani che arriva illegalmente alle isole Canarie? Dato che gli immigranti che non possono essere rimpatriati entro 40 giorni hanno il permesso di rimanere in Spagna, il Consiglio è preoccupato che possano essere liberi di trasferirsi altrove nell'UE? Quale azione considera il Consiglio appropriata per affrontare la questione?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

L’approccio globale all’immigrazione adottato lo scorso dicembre contempla misure prioritarie che riguardano l’Africa e la regione del Mediterraneo intese a ridurre la pressione delle migrazioni in quelle regioni. Obiettivo dei provvedimenti è rafforzare la cooperazione e l’interazione tra gli Stati membri, nonché intensificare il dialogo e la cooperazione con gli Stati africani e l’intera regione mediterranea.

Il Consiglio segue da vicino il processo di attuazione dell’approccio globale. Inoltre, il Consiglio europeo ha esortato la Commissione a elaborare entro la fine del 2006 una relazione sui progressi compiuti in merito.

Si richiama l’attenzione dell’onorevole deputato sulle misure pratiche e sulle iniziative elencate nella risposta comune fornita dal Consiglio alle interrogazioni orali H-0440/06, H-0455/06, H-0460/06, H-0473/06 e H-0478/06.

Il Marocco ha organizzato, con il sostegno attivo di Spagna e Francia, un Vertice afro-europeo a livello ministeriale svoltosi il 10 e 11 luglio 2006 a Rabat, inteso a discutere il fenomeno dell’immigrazione e del suo sviluppo. In occasione dell’incontro è stato adottato un piano d’azione che affronta in particolare il controllo dell’immigrazione illegale dall’Africa centrale e occidentale nell’UE e la questione del rimpatrio degli immigrati clandestini. Tutti gli Stati che hanno partecipato hanno sottolineato il rispettivo impegno ad attuare il piano d’azione quale intervento urgente.

Per quanto riguarda in particolare la situazione delle Canarie, l’UE ha già adottato azioni per far fronte all’arrivo di gruppi di immigranti clandestini e ha sostenuto la Spagna con varie iniziative.

Tra le iniziative intraprese figura l’invio alle Isole Canarie di una missione di studio dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX), il cui compito è monitorare la situazione in loco. L’Agenzia ha altresì proposto di istituire un gruppo comune di sostegno formato da funzionari di FRONTEX ed esperti nazionali degli Stati membri e di mandarlo nelle Canarie.

Nel giugno 2006 FRONTEX ha presentato al Consiglio i risultati di uno studio di fattibilità relativo alla creazione di una rete di pattuglie costiere del Mediterraneo che coinvolga gli Stati membri dell’Unione europea e i paesi nordafricani (il progetto MEDSEA). Inoltre, è prevista l’elaborazione di uno studio di fattibilità di carattere tecnico riguardo a un sistema di controllo la cui portata si estenda alle frontiere marittime meridionali (BORTEC).

FRONTEX ha anche lanciato due operazioni, HERA I e HERA II, volte a ridurre il numero di immigranti che arrivano alle Canarie. HERA I è stata avviata il 15 luglio e durerà tre mesi. Gli Stati membri invieranno esperti al fine di coadiuvare le autorità spagnole nelle operazioni di identificazione degli immigranti. HERA II riguarda il monitoraggio delle zone marittime al largo della Mauritania e del Senegal e intorno a Capo Verde. L’operazione è stata lanciata a metà agosto ed è tuttora in corso. Italia, Portogallo e Finlandia hanno cooperato con l’amministrazione spagnola. La Spagna ha siglato accordi con la Mauritania e il Senegal che autorizzano le navi iberiche a pattugliare le loro acque territoriali. A Tenerife è stato istituito un centro di coordinamento il cui organico è formato da rappresentanti di alcuni Stati membri, un rappresentante di FRONTEX e funzionari per conto delle autorità spagnole.

E’ previsto il lancio di un’operazione analoga a Malta volta a ridurre il numero di immigranti che arrivano sull’isola (si tratta della missione JASON I) e che sarà strutturata in due parti: identificazione e rimpatrio degli immigranti clandestini intercettati in mare e pattugliamenti congiunti nelle acque costiere della Libia.

Infine, il Consiglio ha avviato la disamina di una proposta della Commissione per l’introduzione di un meccanismo inteso all’istituzione di squadre di intervento rapido alle frontiere.

Si richiama inoltre l’attenzione dell’onorevole deputato sul fatto che l’Unione europea è attualmente impegnata nella formulazione di una strategia per la gestione congiunta delle frontiere esterne. Il potenziamento di tale gestione figura tra le priorità del programma di lavoro della Presidenza finlandese ed è altresì oggetto di discussione approfondita nella comunicazione dell’Esecutivo del luglio 2006 relativa alle priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione illegale di cittadini di paesi terzi. Nel documento, la Commissione elenca i settori prioritari in cui occorre attuare una serie di misure, o proseguire quelle esistenti, e quali azioni ritiene sarebbe opportuno adottare.

 

Interrogazione n. 12 dell'on. Sajjad Karim (H-0717/06)
 Oggetto: Gaza
 

Il Relatore speciale delle Nazioni Unite John Dugard ha accusato Israele di violare "le norme più fondamentali del diritto umanitario" a Gaza, dove sono stati uccisi 200 palestinesi e sono state ferite parecchie centinaia di civili. I danni alle strade, ai ponti e agli edifici governativi, e un attacco aereo all'unica centrale elettrica hanno causato penuria di energia e problemi di approvvigionamento idrico. Può dire il Consiglio in che modo ha reagito dinanzi a queste violazioni del diritto internazionale e quali misure ha preso per alleviare la sofferenza collettiva del popolo palestinese?

La guerra in Libano ha impedito il referendum del Presidente Abbas, mentre l'annuncio di colloqui con Hamas sulla formazione di un governo di unità nazionale ad ampia base suscita in ugual misura speranze e brutti presagi. È d'accordo il Consiglio sul fatto che la maggior parte dei palestinesi sarebbe disposta a sostenere una formula che riconosca lo Stato di Israele, se ciò consentisse di allentare le restrizioni alla libertà di movimento e di sbloccare gli aiuti occidentali? In caso di risposta affermativa, quali passi ha compiuto il Consiglio per cercare di portare entrambe le parti ad una posizione di questo tipo, nella speranza di riavviare il processo di pace?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

La prima parte dell’interrogazione posta dall’onorevole deputato riguarda la situazione a Gaza in seguito agli attacchi da parte dell’esercito israeliano che il 25 giugno 2006 hanno colpito una base nella zona settentrionale di Kerem Shalom. Nella sua dichiarazione del 30 giugno il Presidente ha rammentato a tutte le parti interessate l’obbligo che incombe loro di proteggere le vite dei civili e che nell’ambito delle operazioni militari non deve mai venir meno il rispetto del diritto internazionale. E’ motivo di particolare biasimo la distruzione delle infrastrutture essenziali che ha comportato un ulteriore aggravamento della situazione umanitaria a Gaza. La Commissione è intervenuta direttamente, inviando combustibile agli ospedali di Gaza tramite il meccanismo temporaneo internazionale affinché tali strutture possano utilizzare i loro generatori di emergenza. In occasione della riunione straordinaria del 29 agosto della commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo, il rappresentante dell’Esecutivo ha dato ai membri della commissione in questione ulteriori ragguagli in merito al flusso di aiuti essenziali che quest’anno l’UE sta fornendo al popolo palestinese. Alla conferenza dei donatori internazionali svoltasi a Stoccolma il 1° settembre l’Unione ha assunto un grande impegno. Nella riunione del 15 settembre anche il Consiglio si è espresso a favore dell’estensione del meccanismo temporaneo internazionale e ha convenuto di prorogarne di altri tre mesi la durata.

La seconda parte dell’interrogazione è incentrata sul riavvio del processo di pace tra israeliani e palestinesi, che il Consiglio sostiene. La “formula che riconosca lo Stato di Israele”, cui fa riferimento l’onorevole parlamentare, corrisponde totalmente a uno dei tre principi del Quartetto, ossia il riconoscimento del diritto all’esistenza di Israele. Gli altri due principi sono un impegno alla non violenza e l’accettazione degli accordi e degli obblighi esistenti, compresa la tabella di marcia. Il Consiglio condivide quanto affermato dall’onorevole deputato, vale a dire che se l’Autorità palestinese fosse disposta a riconoscere Israele e a impegnarsi a rispettare gli altri due principi, tale scelta promuoverebbe progressi concreti nei settori menzionati nella domanda. La questione è un elemento focale dei contatti politici e delle azioni diplomatiche intraprese dall’UE in tale campo. Tale posizione è stata ribadita anche al vertice del Consiglio dell’UE del 15 settembre 2006.

 

Interrogazione n. 13 dell'on. Chris Davies (H-0724/06)
 Oggetto: Detenzione di membri eletti del Consiglio legislativo palestinese
 

Quali passi di protesta ha effettuato il Consiglio presso il governo di Israele riguardo alla detenzione senza accuse né processo di membri eletti del Consiglio legislativo palestinese?

 
  
 

Nelle conclusioni pubblicate a seguito della riunione del 17 luglio 2006, il Consiglio ha invitato Israele a rilasciare immediatamente i membri del Consiglio legislativo palestinese rinchiusi in carcere, cui l’onorevole deputato fa riferimento nell’interrogazione posta. Il Consiglio ha ribadito la propria richiesta in data 15 settembre 2006. Da allora, rappresentanti dell’UE a vari livelli hanno reiteratamente sollevato la questione.

 

Interrogazione n. 14 dell'on. Panagiotis Beglitis (H-0744/06)
 Oggetto: Congelamento dell'aiuto economico dell'Unione europea all'Autorità palestinese
 

Dopo le elezioni legislative palestinesi del 25 gennaio 2006 che si sono svolte, secondo l'Unione europea e le organizzazioni internazionali, in modo assolutamente libero e democratico, e la formazione del governo da parte di Hamas, il Consiglio dei ministri ha deciso di congelare l'aiuto economico dell'UE destinato all'Autorità palestinese. All'ora attuale Mahmud Abbas, presidente dell'Autorità palestinese, si sforza di formare un governo di unità nazionale.

Intende il Consiglio decidere la revoca immediata delle sanzioni economiche nel caso in cui si formi il nuovo governo palestinese, contribuendo così a rafforzare il presidente Abbas e a lottare contro i gravi problemi economici e sociali cui fa fronte il popolo palestinese?

In quale modo, allo stesso tempo, intende il Consiglio rispondere al rifiuto persistente di Israele di restituire i milioni di dollari in tasse e diritti doganali di cui priva illegalmente l'Autorità palestinese?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il 15 settembre 2006 il Consiglio ha espresso l’auspicio che il nuovo governo di unità nazionale per i palestinesi si conformi ai principi del Quartetto al fine di consentire di intervenire immediatamente nell’area cui fa riferimento l’interrogazione dell’onorevole deputato.

Il Consiglio europeo, in occasione del Vertice del 15 e 16 giugno 2006, e il Consiglio, nelle varie riunioni svoltesi a partire da aprile 2006, hanno sollecitato Israele a riprendere i trasferimenti delle entrate tributarie e doganali palestinesi essenziali per evitare una crisi nei territori palestinesi.

 

Interrogazione n. 15 dell'on. David Martin (H-0752/06)
 Oggetto: Bambini palestinesi detenuti
 

Quale iniziativa adotta il Consiglio per esercitare pressioni sul governo israeliano affinché rilasci i bambini palestinesi detenuti?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Le consultazioni dell’Unione con Israele sono incentrate su importanti questioni correlate ai diritti umani e concernenti in particolare la situazione dei palestinesi nei territori occupati, ovvero gli ostacoli e le restrizioni alla libertà di circolazione, la realizzazione e l’espansione degli insediamenti e la costruzione del muro sulla terra dei palestinesi. In questo contesto rientra anche il problema dei bambini palestinesi detenuti, cui l’onorevole deputato fa riferimento nella sua interrogazione.

Ognuno di questi elementi relativo ai diritti umani è costantemente oggetto di confronto nei contatti politici in corso tra l’Unione e Israele e in particolare nell’ambito del gruppo di lavoro UE-Israele sui diritti umani, per il quale il sottocomitato ha definito i dettagli relativi a dialogo politico e cooperazione.

 

Interrogazione n. 16 dell'on. Sarah Ludford (H-0719/06)
 Oggetto: Aiuti all'Afghanistan
 

Cosa pensa il Consiglio in merito all'annuncio del segretario generale della NATO Jaap de Hoop Scheffer che occorre aumentare urgentemente gli aiuti all'Afghanistan o correre il rischio che il paese ritorni a essere un focolaio di terrorismo?

È d'accordo il Consiglio con il segretario generale della NATO sul fatto che i paesi donatori e le organizzazioni internazionali non hanno rispettato gli impegni assunti nei confronti dell'Afghanistan in occasione della Conferenza di Londra del gennaio 2006 concernenti maggiori aiuti da parte delle Nazioni Unite, del Gruppo degli Otto, dei donatori bilaterali e anche dell'Unione europea e in particolare che "l'UE dovrebbe essere molto più attiva nell'addestramento della polizia nazionale afghana".

Per quale motivo l'UE e gli Stati membri non hanno mantenuto le promesse fatte al popolo dell'Afghanistan? Non pensa il Consiglio che così facendo mettono in pericolo l'avvenire di tale popolo e non contribuiscono certo alla lotta contro il terrorismo?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Come altri importanti donatori di aiuti, l’Unione europea è pienamente impegnata ad assicurare forte e costante sostegno a un Afghanistan democratico, tuttavia i semplici impegni a erogare aiuti sostanziali non cambiano il fatto che le attuali insurrezioni e i numerosi gruppi armati illegali impediscono a parte degli aiuti di raggiungere la destinazione auspicata nelle varie parti del paese.

L’UE continua a essere uno dei principali donatori che sostengono il processo di transizione in Afghanistan. In occasione delle Conferenze sull’Afghanistan di Tokyo (gennaio 2002) e Berlino (marzo 2004), l’Unione europea si è impegnata a stanziare 3,8 miliardi di dollari (3,1 miliardi di euro) a titolo di aiuti per la ricostruzione per il periodo 2002-2006. Questo importo rappresenta il 30 per cento degli aiuti totali di 12,5 miliardi di dollari (10 miliardi di euro) che i donatori internazionali si sono impegnati a erogare a Tokyo e Berlino.

L’Afghanistan riceve più aiuti dall’UE di qualsiasi altro beneficiario in Asia. Dal 2002 la Commissione ha concesso 657 milioni di euro all’Afghanistan a titolo di aiuti per la ricostruzione. Alla fine del 2005 e del 2006 sono stati/saranno stati forniti aiuti per un importo di almeno 376 milioni di euro, e questo significa che gli aiuti per la ricostruzione forniti dalla Commissione superano l’importo di 1 miliardo di euro indicato nel 2002. Queste cifre non comprendono l’importo di 216,5 milioni di euro di aiuti umanitari fornito tra il 2001 e il 2004. La Commissione gestisce gli aiuti con efficacia, in quanto gli stanziamenti vengono impegnati, si concludono i relativi accordi e i pagamenti sono effettuati con tempestività.

Finora l’UE è riuscita a rispettare gli impegni assunti a Londra ed è fiduciosa riguardo al futuro. L’UE continua a essere pienamente impegnata a sostenere la democrazia e la stabilità in Afghanistan nel lungo periodo. Come tutti i donatori, l’UE valuta costantemente gli aiuti che concede all’Afghanistan ed è consapevole che il paese costituisce ancora un contesto molto difficile in cui fornire aiuti internazionali. L’UE auspica di poter concentrare gli aiuti più di quanto sia avvenuto finora sulle province al di fuori di Kabul e intende soprattutto rafforzare le strutture di governo e lo Stato di diritto nel paese.

 

Interrogazione n. 17 dell'on. Dimitrios Papadimoulis (H-0733/06)
 Oggetto: Cooperazione tra la Bulgaria, la Grecia e la Russia nel settore dell'energia
 

Il 3 settembre 2006, il Presidente della Russia, il Primo Ministro greco e il Presidente bulgaro hanno sottoscritto ad Atene una dichiarazione comune in vista di una maggiore cooperazione nel settore dell'energia. Il primo asse di tale cooperazione è costituito dalla realizzazione dell'oleodotto Bourgas-Alexandroupoli. Le tre parti si sono impegnate a firmare l'accordo tra Stati sull'avvio dei lavori di costruzione dell'oleodotto anteriormente alla fine del 2006. La concorrenza internazionale in materia di risorse energetiche rende particolarmente importante il progetto non soltanto per i paesi partecipanti, bensì anche dal punto di vista dell'autosufficienza energetica dell'Europa.

Può il Consiglio dire come commenta la suddetta dichiarazione di cooperazione nel settore dell'energia tra la Russia, la Grecia e la Bulgaria, il cui obiettivo primario è la realizzazione dell'oleodotto Bourgas-Alexandroupoli? Qual è il suo parere sul progetto di trasporto di gas naturale russo con un oleodotto che attraverserà la Turchia, passerà per la Grecia e terminerà in Italia? Come intende incoraggiare tali progetti tenendo presenti anche le ragionevoli preoccupazioni ambientali che sono state espresse?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Per quanto riguarda la prima e la seconda domanda, posso dire che il Consiglio accoglie con favore la dichiarazione comune sottoscritta ad Atene il 3 settembre 2006. Quando saranno operativi, i previsti oleodotti cui l’onorevole parlamentare fa riferimento contribuiranno a diversificare le rotte di approvvigionamento di energia verso l’Unione europea. Nelle riunioni di marzo e giugno 2006, il Consiglio europeo ha espresso sostegno incondizionato alla diversificazione delle rotte di approvvigionamento, in quanto aumenterà la sicurezza delle forniture di energia nell’Unione europea.

Il progetto di gasdotto cui si accenna nella seconda domanda potrebbe beneficiare di un cofinanziamento comunitario, in quanto il gasdotto tra Turchia, Grecia e Italia è considerato un progetto di interesse europeo nella nuova decisione relativa alle reti transeuropee.

Quanto alla terza domanda, desidero ricordare che il Consiglio e il Parlamento europeo incoraggiano attivamente, attraverso la procedura di codecisione, soltanto i progetti indicati nella nuova decisione relativa alle reti transeuropee. Tali progetti riguardano le reti del gas e dell’elettricità (come menzionato in precedenza, il progetto di trasporto di gas naturale potrebbe beneficiare di un cofinanziamento comunitario). Le conclusioni del Consiglio europeo di marzo e giugno 2006 potrebbero essere interpretate come un incentivo politico per tali progetti. In questo contesto, vorrei anche menzionare il programma INOGATE (programma interstatale sul trasporto di petrolio e gas verso l’Europa). Nell’ambito di questo programma, l’oleodotto Bourgas-Alexandroupoli è stato designato come una delle rotte prioritarie per il trasporto di petrolio grezzo. Attualmente il programma INOGATE è finanziato a titolo del programma TACIS e in futuro riceverà finanziamenti a titolo dello strumento europeo di vicinato e partenariato.

Riguardo alle considerazioni ambientali cui si fa riferimento, il Consiglio desidera affermare che questi progetti devono rispettare le norme e le procedure nazionali in materia di ambiente e, com’è ovvio, nell’Unione europea devono essere applicate le normative ambientali comunitarie, oltre al fatto che la nuova decisione relativa alle reti transeuropee stabilisce che i progetti, e soprattutto quelli di interesse europeo, devono:

– promuovere lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente, riducendo, tra l’altro, i rischi ambientali associati al trasporto di energia

e

– rispettare le convenzioni internazionali in materia di ambiente.

Sotto questo punto di vita il gasdotto è utile, in quanto contribuirà a ridurre il numero di spedizioni effettuate via mare nello stretto del Bosforo, altrimenti molto congestionato.

 

Interrogazione n. 18 dell'on. Danutė Budreikaitė (H-0757/06)
 Oggetto: Accordo di partenariato e di cooperazione UE-Russia
 

L'Unione europea si accinge a sottoscrivere un nuovo accordo di cooperazione con la Russia. Si è dedicata un'attenzione particolare ovviamente all'approvvigionamento dell'Europa di risorse energetiche provenienti dalla Russia.

La Russia ha preso peraltro la decisione di costruire un oleodotto attraverso la Bulgaria e la Grecia (il petrolio proveniente da Novorossisk sarà trasportato fino in Bulgaria con petroliere). Il gasdotto dell'Europa del nord che va dalla Russia verso la Germania sotto il mar Baltico si aggiunge all'accordo nei Balcani. Vediamo quindi che, avendo abbondanti riserve energetiche e sviluppando le infrastrutture energetiche, la Russia rafforza in futuro la sua posizione dominante sul mercato dell'energia.

Tuttavia, nonostante questa politica russa dell'energia e il crescente rischio di un diktat energetico l'UE dà la priorità ad accordi strategici a lungo termine con la Russia per la fornitura di energia proveniente da questo paese.

Ritiene il Consiglio che la sicurezza energetica degli Stati membri dell'UE sia garantita se questi non hanno una politica energetica comune né un sistema di reti di approvvigionamento di risorse energetiche?

Nell'accordo di partenariato UE-Russia sono previsti dispositivi di salvaguardia per limitare la possibilità di un abuso della posizione dominante della Russia sul mercato dell'energia?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio, in collaborazione con il Parlamento europeo, ha definito una politica energetica comune introducendo in più fasi pacchetti legislativi sull’energia. Tali misure contribuiscono a garantire la stabilità dell’approvvigionamento di energia verso l’UE. La sicurezza dell’approvvigionamento energetico, insieme alle questioni della competitività e della sostenibilità, costituiscono anche la base dell’analisi strategica della politica energetica dell’UE, che la Commissione europea propone di presentare al Consiglio e al Parlamento europeo nel 2007, e alla quale il Consiglio, durante il mandato della Presidenza finlandese, intende dare il proprio contributo.

Gli accordi strategici a lungo termine sono un fattore importante in futuro per la sicurezza dell’approvvigionamento di energia, tuttavia è necessario anche tenere conto di altri fattori collaterali, in particolare quelli menzionati nelle conclusioni della Presidenza delle riunioni del Consiglio europeo di marzo e giugno 2006 e nel documento presentato congiuntamente dalla Commissione e dall’Alto rappresentante del Consiglio. Tra i principi enunciati in questi documenti figurano la diversificazione delle fonti energetiche, la trasparenza nel settore dell’energia e la buona gestione, la creazione di condizioni di trasparenza e di sicurezza per gli investimenti e il commercio nel settore dell’energia e l’accesso non discriminatorio di paesi terzi e di transito alle infrastrutture.

Il Consiglio intende avvalersi dei meccanismi di cooperazione e delle strutture esistenti in seno alla Commissione per cercare di rilanciare il dialogo sull’energia tra l’UE e la Russia. Per questo motivo, durante il mandato della Presidenza finlandese si svolgerà un’altra riunione del Consiglio di partenariato permanente tra i ministri dell’Energia di UE e Russia e le questioni all’ordine del giorno su cui si dovrà discutere saranno numerose. Il miglior modo per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di energia tra l’UE e la Russia in futuro è sottolineare l’importanza della dipendenza reciproca e includere la Russia in un sistema di regolamentazione coerente e vincolante. Il Consiglio incoraggia la Russia a ratificare il Trattato sulla carta dell’energia e a concludere i negoziati sul protocollo relativo al transito. Inoltre, il nuovo accordo tra UE e Russia comprenderà un capitolo sostanziale sull’energia, che conterrà principi fondamentali di cooperazione in materia di energia.

Infine, il Consiglio desidera menzionare che di recente il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una decisione sulle reti transeuropee nel settore dell’energia, che costituirà un importante passo avanti verso la diversificazione delle fonti energetiche e delle rotte di trasporto dell’energia, e pertanto darà un considerevole contributo all’aumento della sicurezza dell’approvvigionamento di energia. Questo obiettivo dovrebbe inoltre essere conseguito quando verrà concluso ed entrerà in vigore il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia con i paesi dell’Europa sudorientale, in quanto l’accordo estenderà il modello di mercato interno dell’energia ai paesi vicini.

 

Interrogazione n. 19 dell'on. Hélène Goudin (H-0736/06)
 Oggetto: Direttiva dell'UE sulla qualità dell'aria
 

Nell'ambito della direttiva dell'UE sulla qualità dell'aria la Svezia caldeggia la fissazione di valori limite vincolanti per il particolato scontrandosi con lo scetticismo di taluni Stati membri i quali propongono una speciale deroga. Inoltre, non pochi Stati membri intendono prorogare la decorrenza della deroga per gli Stati che non hanno ancora fissato valori limite per il biossido di azoto, il benzolo e le polveri fini (PM 10). Condivide la Presidenza la posizione svedese secondo cui la direttiva dell'UE sulla qualità dell'aria dovrebbe prefiggersi obiettivi più ambiziosi, stante la necessità di valori limite vincolanti? Conviene altresì la Presidenza sulla fondatezza delle critiche, di tanto in tanto rivolte alle istituzioni dell'UE, poiché esse non annettono, in misura sufficiente, ai problemi ambientali la rilevanza che meritano?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Come l’onorevole parlamentare sa, la decisione relativa all’emanazione della direttiva sulla qualità dell’aria verrà adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio attraverso la procedura di codecisione. In attesa dei risultati della prima lettura del Parlamento europeo, il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato un approccio generale alla direttiva. Lo scopo della direttiva è prevenire e limitare i rischi per la salute umana e gli effetti negativi sull’ambiente dell’inquinamento atmosferico. Per quanto riguarda il particolato fine (PM 2,5), il pacchetto di compromesso conteneva un programma in due fasi costituito da un valore non vincolante da conseguire entro il 2010 e da un valore limite vincolante che lo avrebbe sostituito nel 2015. In questo modo sarebbe possibile raccogliere dati in Europa sui livelli di concentrazione del particolato PM 2,5. I valori limite per l’anidride solforosa, il biossido di azoto, le polveri fini PM 10, il piombo, il benzene e il monossido di carbonio non sono stati modificati. A determinate condizioni rigorose, può essere chiesta per un periodo limitato un’esenzione dagli obblighi previsti per le polveri fini PM 10, il biossido di azoto e il benzene.

Il Consiglio ritiene che la direttiva costituisca un passo avanti verso il miglioramento della qualità dell’aria e confida che il Parlamento europeo esaminerà la questione, in modo da poter stabilire le condizioni necessarie per la conclusione dell’accordo.

In merito alla domanda generale riguardante l’attribuzione o meno da parte delle Istituzioni dell’UE di sufficiente priorità alle questioni ambientali, il Consiglio sottolinea che tiene attivamente conto del fatto che la protezione e il miglioramento dell’ambiente sono uno degli obiettivi fondamentali del Trattato.

 

Interrogazione n. 20 dell'on. Esko Seppänen (H-0739/06)
 Oggetto: Accordo sullo zucchero
 

La decisione dell'Unione europea di limitare la produzione di zucchero negli Stati membri ha causato la chiusura di uno zuccherificio in Finlandia. L'Unione europea accorda determinati aiuti strutturali per l'arresto della produzione di zucchero. Il governo finlandese orienta queste risorse unicamente verso l'industria e i produttori di zucchero, senza destinarle alla riqualificazione dei lavoratori o ad altre spese di ristrutturazione. Ritiene la Presidenza del Consiglio che non utilizzare le risorse finanziarie in questione anche a favore dei lavoratori dello zuccherificio chiuso sia conforme allo spirito dell'accordo sullo zucchero?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il 20 febbraio 2006 il Consiglio ha deciso di intraprendere una profonda riforma del settore dello zucchero nell’UE e ha elaborato tre regolamenti allo scopo di rafforzarne la competitività e l’orientamento al mercato.

In questo contesto, è stato introdotto un importante incentivo finanziario, che è stato offerto alle imprese produttrici di zucchero meno produttive sotto forma di adeguati aiuti alla ristrutturazione, in modo che pongano fine alla loro produzione nell’ambito delle quote. Tutte le imprese produttrici di zucchero, isoglucosio o sciroppo di inulina, per le quali è stata concessa una quota fino al 1o luglio 2006, hanno diritto all’aiuto alla ristrutturazione, che sarà versato per tonnellata di quote cui si è rinunciato, a condizione che la rinuncia avvenga nel corso delle campagne 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009 o 2009/2010.

Nel regolamento cui si fa riferimento il Consiglio ha tenuto conto degli aspetti sociali delle chiusure di zuccherifici. Per ricevere gli aiuti alla ristrutturazione, uno zuccherificio deve presentare allo Stato membro in questione una richiesta che contenga un piano di ristrutturazione. Tale piano deve presentare una proposta di razionalizzazione che suggerisca misure per la riqualificazione dei dipendenti, per il loro trasferimento a nuovi lavori e per il prepensionamento. Lo zuccherificio deve anche impegnarsi a soddisfare i requisiti menzionati nel periodo fissato dallo Stato membro interessato.

 

Interrogazione n. 21 dell'on. Bill Newton Dunn (H-0741/06)
 Oggetto: Convenzione sui reati informatici (Cybercrime)
 

Nessuno dei parlamenti nazionali degli Stati membri ha ancora ratificato la convenzione del Consiglio d'Europa sui reati informatici.

Perfino il Senato degli Stati Uniti lo ha già fatto - nonostante l'opposizione di un senatore repubblicano che obiettava trattarsi di una legge straniera. Se il Senato degli Stati Uniti ha potuto, perché non possono gli europei?

Cosa sta facendo il Consiglio per spronare quei parlamenti nazionali che stanno tirando per le lunghe aiutando così i criminali?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Come l’interrogante, il Consiglio è preoccupato per la situazione relativa alla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sui reati informatici. Finora la Convenzione è stata firmata da tutti gli Stati membri e sette l’hanno ratificata. E’ entrata in vigore il 1o luglio 2004 e attualmente viene applicata nei sette Stati membri menzionati in precedenza.

Nel maggio 2006 la Presidenza ha chiesto agli altri Stati membri di riferire in merito alle loro procedure di ratifica entro la fine dell’anno.

Il 24 febbraio 2005 il Consiglio ha anche adottato una decisione quadro relativa agli attacchi contro i sistemi di informazione (2005/222/GAI). La decisione stabilisce che è necessario completare il lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali, in particolare i lavori del Consiglio d’Europa sul ravvicinamento delle legislazioni penali in materia di criminalità ad alta tecnologia, mediante l’adozione di un approccio comune dell’Unione europea in questo settore. Gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione quadro entro il 16 marzo 2007.

 

Interrogazione n. 22 dell'on. Marian Harkin (H-0749/06)
 Oggetto: Sostegno ambizioso agli aeroporti regionali
 

Il Governo irlandese ha ideato un programma chiamato "The National Development Capital Grant Scheme for Regional Airports", ed ha chiesto alla Commissione di approvare tale schema.

Potrebbe il Consiglio indicare quando la domanda è stata ricevuta e su quale base era stata presentata?

Potrebbe il Consiglio riassumere tutte le questioni e difficoltà presentate da tale domanda, dalla prospettiva degli aeroporti di categoria D delle regioni Obiettivo 1?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio non può rispondere alle singole questioni sollevate, in quanto non rientrano nel campo di attività della Commissione.

 

Interrogazione n. 23 dell'on. Inger Segelström (H-0751/06)
 Oggetto: Libri infantili per il Kurdistan
 

L'interrogante è vivamente preoccupata per il mancato sdoganamento di più di 1200 libri per bambini pervenuti in Turchia da più di due settimane. La destinazione finale di detti libri è la città di Barman nel Kurdistan settentrionale. I libri, compilati da autori svedesi di letteratura infantile ovvero utilizzati nelle scuole svedesi, fanno parte di un progetto diretto dall'organizzazione KOMAK di difesa dei diritti dell'infanzia con sede in Svezia e sono finanziati dall'organizzazione svedese di assistenza allo sviluppo tramite il Centro internazionale Olof Palme. Il progetto fa capo ad un programma - il cui principale responsabile è il ministero degli Esteri - teso a promuovere la democratizzazione della Turchia. Il 7 agosto 2006, i libri sono giunti ad Istanbul dove sono rimasti bloccati presso le dogane turche poiché, nonostante gli sforzi dell'impresa di trasporto, nessun impiegato ha provveduto ad espletare le necessarie formalità.

Per poter avviare i negoziati relativi ad un'adesione all'Unione europea occorre adempiere i criteri politici di Copenaghen, i quali implicano, fra l'altro, che il paese candidato sia in grado di garantire la democrazia e la tutela dei diritti umani, ivi compresi i diritti delle minoranze. Non permettere che libri per bambini redatti in lingua kurda siano introdotti nel paese costituisce, a giudizio dell'interrogante, una manifesta violazione dei criteri di Copenaghen. Come intende il Consiglio attivarsi per porre rimedio a tale situazione ed impedire il ripetersi di casi analoghi?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio non è a conoscenza del caso particolare cui l’onorevole parlamentare fa riferimento, che tuttavia ha un nesso con la questione generale della protezione delle minoranze. Detto questo, vorrei sottolineare ancora una volta che l’Unione europea la considera una questione importante. Si tratta di uno dei settori fondamentali in cui dobbiamo continuare a compiere ogni possibile sforzo affinché la Turchia promuova la diversità culturale, nonché il rispetto e la protezione delle minoranze, in conformità dei principi sanciti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e nella Convenzione quadro del Consiglio d’Europa per la tutela delle minoranze nazionali, nonché delle migliori prassi degli Stati membri.

Anche se sono state attuate alcune misure, in particolare per quanto riguarda le trasmissioni radiofoniche locali private in lingua curda, occorre fare di più per eliminare gli ostacoli che ancora restano. Sono inoltre necessarie adeguate misure per incoraggiare lo studio di lingue diverse dal turco. Il quadro di negoziato comprende tali questioni, che costituiscono priorità a breve termine del partenariato di adesione riveduto. L’UE le solleverà sistematicamente a tutti i livelli nell’ambito del processo di riforma in corso in Turchia, come ha fatto in occasione dell’ultima riunione del Consiglio di associazione UE-Turchia svoltasi a Lussemburgo il 12 giugno 2006.

L’onorevole parlamentare può pertanto star certa che l’UE continua a seguire con attenzione gli sviluppi in questo ambito, per poter valutare i progressi compiuti dalla Turchia verso l’adesione. E’ ovvio che questi sviluppi incidono sullo svolgimento dei negoziati.

 

Interrogazione n. 24 dell'on. Avril Doyle (H-0755/06)
 Oggetto: Competitività e soluzioni energetiche
 

Uno dei temi fondamentali della Presidenza finlandese riguarda la competitività dell'Europa e la sua performance all'interno del mercato globale. La Presidenza ha indicato soluzioni energetiche quali parte del programma di crescita. Quali misure concrete verranno adottate a tal fine?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio ritiene che una politica energetica adeguatamente pianificata possa promuovere la crescita e la competitività nell’Unione europea. Molti fattori contribuiscono a conseguire questo obiettivo.

Innanzi tutto, l’efficienza energetica è uno degli scopi principali. In Europa vi sono ancora molte possibilità di investire in modo economicamente efficace nell’efficienza energetica. I progressi compiuti in questo ambito saranno vantaggiosi per le imprese europee, in quanto, da un lato, ridurranno i loro costi energetici e, dall’altro lato, aumenteranno la competitività della tecnologia europea in tale settore. Durante l’attuale Presidenza, vengono intraprese alcune iniziative concrete attuando una direttiva sulla pianificazione ecologica, una direttiva sull’efficienza energetica nell’edilizia e una direttiva su un efficiente uso finale dell’energia e il risparmio energetico. Il Consiglio si aspetta inoltre che la Commissione presenti un piano d’azione in materia di efficienza energetica, raccomandando gli interventi necessari per accrescere tale efficienza, al quale il Consiglio risponderà in maniera adeguata. Per quanto riguarda la R&S, il Consiglio richiama l’attenzione dell’onorevole parlamentare sulla proposta di settimo programma quadro, nella quale l’efficienza energetica figura tra i principali obiettivi nel campo dell’energia. E’ pertanto essenziale che la cooperazione tra il Parlamento europeo e il Consiglio sia efficace e produttiva, in modo che il programma quadro possa essere adottato entro la fine di quest’anno. Va inoltre menzionato il programma quadro per la competitività e l’innovazione, che sarà approvato entro breve, che include un programma sull’energia intelligente e pertanto misure per promuovere l’uso di fonti energetiche rinnovabili, l’efficienza energetica e la competitività attraverso progetti integrati.

L’efficienza energetica deve anche essere considerata un fattore indispensabile nel processo innovativo, come si afferma nella comunicazione globale sul tema “strategia dell’innovazione a livello europeo: dalla teoria alla pratica”, recentemente pubblicata, sottolineando che inserire obiettivi di efficienza nell’innovazione ambientale potrebbe servire come modello per altri aspetti dell’energia.

In secondo luogo, si può dire che il funzionamento del mercato interno europeo dell’energia va migliorato in vista della sua completa liberalizzazione, consentendo una maggiore concorrenza. In questo modo il costo della distribuzione e dell’acquisto di energia si ridurrebbe a vantaggio delle imprese e dei cittadini europei.

Il Consiglio collabora con l’Esecutivo per conseguire questo obiettivo, in particolare sulla base delle due comunicazioni della Commissione sulle direttive relative al mercato del gas e dell’energia e mediante ricerche nel campo dell’elettricità e del gas.

In terzo luogo, il Consiglio sta adottando la stessa strategia nelle sue relazioni con i paesi terzi: cerca di migliorare il funzionamento del settore dell’energia dei paesi terzi e di promuovere la regolamentazione e la concorrenza in questi settori, che hanno ripercussioni sull’economia dell’Europa. Ad esempio, creando un mercato dell’energia regionale comune per le reti dell’elettricità e le reti del gas naturale nell’Europa sudorientale e legandolo al più ampio mercato europeo si compie un importante passo avanti per promuovere e mantenere lo sviluppo economico. La promozione dell’efficienza energetica in collaborazione con i paesi terzi è un altro elemento della politica del Consiglio in questo campo. In occasione della riunione del G8 di San Pietroburgo, la Presidenza e la Commissione hanno sostenuto le iniziative in materia di efficienza energetica, il cui scopo è accrescere tale efficienza in molti settori in tutto il mondo. L’energia e l’efficienza energetica sono stati importanti argomenti di discussione nel corso del Vertice dell’ASEM svoltosi a Helsinki in settembre e nelle riunioni bilaterali tenutesi con la Russia e altri paesi durante l’attuale Presidenza. Un altro esempio è il rinnovo approvato di recente dell’accordo Energy Star sulle apparecchiature per ufficio concluso con gli Stati Uniti; il Consiglio valuterà la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione e alla firma dell’accordo non appena la riceverà. Lo scopo è adottare la proposta il più presto possibile, avvalendosi di un’adeguata collaborazione con il Parlamento europeo al riguardo. Lo stesso vale per il regolamento dell’UE che integra l’accordo bilaterale nel diritto comunitario.

Questo è in sintesi il modo in cui il Consiglio intende influire sulla crescita e la competitività dell’economia europea attraverso la politica energetica nei prossimi mesi.

 

Interrogazione n. 25 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0761/06)
 Oggetto: Procedimenti penali nei confronti di antifascisti lituani
 

La Procura generale della Lituania ha avviato, il 24 agosto 2006, un procedimento penale nei confronti di due ex leader delle autorità di sicurezza dell'Unione sovietica ormai settantaseienni, a motivo del fatto che, nel 1952, i due uomini avevano scoperto il rifugio di un gruppo armato antisovietico. Furono arrestate sette persone armate, poi condannate a morte e giustiziate. Come è noto tuttavia, le forze che combattevano, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, contro le autorità sovietiche nella regione del Baltico in territorio sovietico non erano alto che i nazisti locali, che cercavano senza successo di scatenare un'ondata di terrore.

Condanna il Consiglio l'inaccettabile tentativo, da parte delle autorità lituane, di alterare la storia e intende chiedere la sospensione dei provvedimenti penali nei confronti dei due antifascisti settantaseienni?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio non ha mai discusso tale questione, che non rientra nella sua sfera di competenza.

 

Interrogazione n. 26 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0763/06)
 Oggetto: Brutale ingerenza del governo statunitense negli affari interni di Cuba
 

Approfittando dello stato di salute del dirigente cubano Fidel Castro, il governo statunitense sta intensificando gli sforzi per rovesciare il governo cubano e interferire nella vita del paese. Stando alle dichiarazioni dello stesso Presidente Bush e del Ministro degli Affari esteri, Condoleeza Rice, gli USA hanno chiesto il rovesciamento del governo legittimo di Cuba e la formazione di un governo di transizione cui hanno promesso sostegno politico ed economico, e hanno minacciato guai a quanti impediscono la formazione di un siffatto governo.

Condanna il Consiglio il tentativo di sfruttare la malattia di Fidel Castro, le dichiarazioni e i progetti del governo americano contro Cuba che costituiscono un'ingerenza gratuita nei suoi affari interni e una violazione brutale della sua integrità territoriale e della sua indipendenza, oppure intende conformarsi come ha chiesto lo stesso Presidente Bush ai governi alleati?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

La questione sollevata dall’onorevole parlamentare riguarda gli Stati Uniti d’America e Cuba. Il Parlamento europeo è a conoscenza della posizione comune dell’UE su Cuba e non è il caso di ribadirla.

La questione cubana è all’ordine del giorno delle riunioni del dialogo politico con gli Stati Uniti. In occasione del Vertice svoltosi il 21 giugno, l’UE e gli Stati Uniti hanno espresso seria preoccupazione riguardo alla situazione dei diritti umani a Cuba e hanno esortato il governo cubano a intervenire quanto prima per migliorare la situazione. L’UE è soddisfatta dell’impegno espresso nella seconda relazione pubblicata di recente dalla Commissione statunitense per l’assistenza a una Cuba libera. In base a tale impegno, spetta agli stessi cubani decidere in merito al futuro governo e al sistema sociale del loro paese.

 

Interrogazione n. 27 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0766/06)
 Oggetto: Allargamento della zona Schengen
 

I nuovi Stati membri dell'UE si stanno preparando ad entrare nella zona Schengen nell'ottobre 2007. A tal fine entrambe le parti - i paesi candidati e la stessa UE - devono soddisfare determinati requisiti tra cui l'SIS e l'SIS II. Quali sono le previsioni del Consiglio in merito ai progressi nella creazione ed attuazione del Sistema Informativo Schengen e confida esso nel completamento di tali lavori entro l'ottobre 2007? Prevede il Consiglio ritardi nell'allargamento della zona Schengen? Quali conseguenze politiche, economiche e di altra natura potrebbe causare tale ritardo ai paesi candidati della zona Schengen e all'UE?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Nella riunione del 15 e 16 giugno 2006, il Consiglio europeo ha ribadito che avrebbe aderito al piano relativo al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione, che dovrà essere operativo entro l’aprile 2007. Una valutazione, effettuata da gruppi di lavoro tecnici, dei dati forniti dai servizi della Commissione europea, induce tuttavia la Presidenza a ritenere che l’allargamento della zona Schengen subirà inevitabilmente un ritardo.

La Presidenza propone di organizzare un dibattito nel corso della riunione del Consiglio di dicembre sul calendario generale relativo all’inclusione dei nuovi paesi Schengen, tuttavia la discussione dipende innanzi tutto dal chiarimento da parte della Commissione di molti degli aspetti del piano del progetto. In secondo luogo, deve essere definito un calendario di valutazione per i nuovi paesi Schengen, sulla base del piano presentato dai servizi della Commissione.

Devono inoltre essere adottati nuovi strumenti giuridici per quanto riguarda il SIS II. Le caratteristiche tecniche devono essere adattate agli strumenti con cui sono strettamente connessi l’adozione degli strumenti e lo sviluppo del sistema. I servizi della Commissione hanno già precisato che la descrizione delle caratteristiche tecniche potrà essere completata soltanto quando sarà stato raggiunto un accordo sugli strumenti. Gli Stati membri dovranno valutare le possibili conseguenze di questo ostacolo in riferimento alle informazioni disponibili al momento della riunione del Consiglio di dicembre.

 

Interrogazione n. 28 dell'on. Proinsias De Rossa (H-0768/06)
 Oggetto: Nomina di un rappresentante UE per la Birmania
 

Quali azioni ha adottato il Consiglio a seguito della risoluzione del Parlamento europeo del 17 novembre 2005 sulla Birmania (P6_TA(2005)0444), alla luce in particolare dell'articolo 7 in cui viene sollecitata la nomina di un alto rappresentante dell'UE con l'incarico di adoperarsi per il rilascio di Aung San Suu Kyi, Hkun Htun Oo e di altri esponenti politici, per lo sviluppo di una strategia globale dell'UE per la Birmania che consenta di fornire l'aiuto umanitario alla popolazione birmana dall'interno del paese e attraverso strategie transfrontaliere, nonché per il conseguimento della transizione verso la democrazia e del rispetto dei diritti umani?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Nella sua risposta il Consiglio desidera richiamare l’attenzione sull’interrogazione scritta E-1779/06 che l’onorevole parlamentare ha presentato sullo stesso argomento. Nel periodo intercorso l’atteggiamento del Consiglio non è cambiato.

Al pari dell’interrogante, il Consiglio è preoccupato riguardo al permanere di una situazione di stallo e alla mancanza di riforme in Birmania/Myanmar. Per questo motivo, lo Stato membro che detiene la Presidenza, ossia la Finlandia, ha parlato della situazione nel corso del recente Vertice Asia-Europa (ASEM) svoltosi a Helsinki e al quale hanno partecipato tredici paesi asiatici, fra cui Birmania/Myanmar. Inoltre, in occasione della riunione bilaterale della troika del 10 settembre l’UE ha comunicato al ministro degli Esteri birmano i suoi più seri motivi di preoccupazione e ha condannato il fatto che Aung San Suu Kyi continui a essere tenuta agli arresti domiciliari e che altri prigionieri di coscienza siano in stato di detenzione. Ha anche esortato il governo birmano ad offrire al paese maggiori possibilità di sviluppo della democrazia e di rispetto dei diritti umani.

 

Interrogazione n. 29 dell'on. Simon Coveney (H-0771/06)
 Oggetto: Situazione di crisi nel Myanmar orientale e lungo la frontiera con la Thailandia
 

Stando alla maggior parte dei resoconti di organizzazioni di assistenza e difesa dei diritti delle minoranze che operano nel Myanmar e lungo le sue frontiere, all'interno del paese le condizioni sono notevolmente peggiorate nello spazio di un anno. Le offensive dell'SPDC (Consiglio di stato per lo sviluppo e la pace) negli stati di Karen e Karenni si sono tradotte in una quantità crescente di profughi che attraversano la frontiera e fuggono in Thailandia. Il ricorso allo stupro come arma da guerra per eliminare intere etnie è ben documentato in tutto il paese. Un altro rapporto riferisce di almeno 50 casi, soltanto nel 2006, di donne kachin vittime della tratta di esseri umani dal Myanmar alla Cina. Le donne vengono vendute come schiave del sesso a bordelli o come "mogli" a uomini cinesi. La Presidenza finlandese ha sospeso il divieto e concesso il visto al ministro degli affari esteri dell'SPDC per consentirgli di partecipare al vertice dell'ASEM, a Helsinki. Come previsto, al vertice, i rappresentanti dell'UE si sono ancora una volta sentiti dire che l'SPDC ha bisogno di "più tempo" per attuare le riforme in materia di democrazia e i diritti dell'uomo.

Può il Consiglio far sapere quali progressi in materia di diritti dell'uomo e di riforme democratiche ha comportato la concessione del visto a U Nyan Win? Quali azioni intende il Consiglio adottare per affrontare la situazione di crisi nel Myanmar orientale e lungo la frontiera con la Thailandia? Intende il Consiglio impegnarsi a sollevare con urgenza la questione della tratta delle donne, in particolare di quelle di etnia kachin, con il governo cinese e con l'SPDC del Myanmar?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

L’Unione europea segue con molta attenzione la situazione in Birmania/Myanmar e, in tale contesto, la situazione delle minoranze etniche nel paese. Come l’onorevole parlamentare sicuramente sa, in maggio il Consiglio ha fermamente condannato gli attacchi nei confronti di civili che hanno fatto seguito all’intensificarsi delle operazioni dell’esercito della Birmania/Myanmar contro l’Unione nazionale karen (KNU). Le azioni dell’esercito hanno costretto un considerevole numero di persone a spostarsi dal loro luogo di origine nella parte settentrionale della regione abitata dai karen, e inoltre una nuova ragguardevole ondata di rifugiati è fuggita in Tailandia.

L’UE ha costantemente chiesto alle autorità della Birmania/Myanmar di porre fine agli abusi contro i civili e ai movimenti di rifugiati nelle regioni del conflitto, e continua a invitare entrambe le parti a rispettare pienamente il diritto umanitario internazionale. L’UE sostiene l’inviolabilità regionale della Birmania/Myanmar, ma esorta il governo a tutelare i diritti umani di tutti i cittadini e gruppi, a prescindere dalla loro origine etnica o della loro religione.

In tutte le riunioni con la Birmania/Myanmar, l’UE esorta il governo a consentire alle organizzazioni internazionali e alle ONG un accesso senza ostacoli al paese, in particolare per fornire aiuti umanitari, per permettere al Comitato internazionale della Croce rossa (CICR) di far visita ai prigionieri politici senza supervisione e per favorire lo svolgimento di indagini indipendenti.

Sospendendo il divieto di visto nei confronti di U Nyan Win, l’UE ha avuto l’opportunità, in una riunione della troika e in presenza di altri ministri degli Esteri asiatici, di informare il ministro degli Esteri della Birmania/Myanmar direttamente, in modo approfondito e inequivocabile della perdurante insoddisfazione dell’Unione rispetto alla situazione in Birmania/Myanmar e dello sconcerto dovuto al fatto che il governo della Birmania/Myanmar non ha promosso in misura significativa la democratizzazione del paese, né migliorato la situazione dei diritti umani. Allo stesso modo, l’UE ha avuto l’opportunità di esprimere la propria preoccupazione riguardo alla situazione delle minoranze etniche del paese, in particolare nella regione dei karen.

Il Consiglio solleva anche regolarmente la questione della situazione in Birmania/Myanmar in occasione delle riunioni di dialogo politico con i paesi vicini alla Birmania/Myanmar, fra cui la Cina, e invita continuamente tali paesi ad avvalersi dei loro contatti con la Birmania/Myanmar per favorire un cambiamento nel senso della democrazia, della riconciliazione nazionale e dello sviluppo sostenibile. In questo modo il Consiglio esprime anche il parere secondo cui sarebbe vantaggioso per i paesi vicini sostenere il buon governo e la capacità amministrativa in Birmania/Myanmar, rendendo più facile, ad esempio, affrontare i problemi della tratta di esseri umani, del traffico di droga e della diffusione di malattie infettive.

 

Interrogazione n. 30 dell'on. Leopold Józef Rutowicz (H-0770/06)
 Oggetto: Importazioni di fragole provenienti dalla Cina
 

Dal 2004 vige una procedura antidumping sulle importazioni di fragole congelate dalla Cina. La protezione dei produttori di fragole surgelate sta a cuore alla Polonia, uno dei principali paesi produttori ove la situazione attuale, a seguito del crollo dei prezzi, vede l'esclusione da questo mercato di numerosi produttori.

Può il Consiglio precisare quando sarà sospesa la decisione relativa all'applicazione dei dazi antidumping temporanei sulle importazioni di fragole provenienti dalla Cina?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio è ben consapevole delle preoccupazioni che i produttori locali degli Stati membri, e soprattutto della Polonia, hanno espresso riguardo alle importazioni di fragole congelate dalla Cina.

L’interrogante conoscerà senza dubbio le norme antidumping generali, che prevedono che la Commissione compia indagini e applichi misure temporanee. Il 19 gennaio 2006 la Commissione ha avviato un’indagine allo scopo di verificare se le importazioni interessate costituiscano o meno un caso di dumping in senso giuridico e abbiano effetti economici negativi sulla produzione di fragole congelate. Se, alla luce di tale indagine, la Commissione giungerà alla conclusione che devono essere adottate misure temporanee, queste dovrebbero entrare in vigore entro il 18 ottobre 2006 e continuare a essere applicate per almeno sei mesi.

Qualora, a tempo debito, concluda che devono essere adottate misure definitive, la Commissione invierà una proposta ufficiale al Consiglio, il quale dovrebbe quindi decidere in merito alle misure in questione entro un mese. Finora il Consiglio non ha ricevuto proposte di questo genere dalla Commissione.

 

Interrogazione n. 31 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0774/06)
 Oggetto: Coinvolgimento di Stati membri dell'Unione europea in Libano
 

Come giudica il Consiglio la partecipazione di alcuni Stati membri dell'Unione europea alla prevista forza di pace in Libano?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Nelle conclusioni del 15 settembre 2006, il Consiglio ha sottolineato il suo impegno a sostegno della piena attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e ha fatto riferimento al consistente contributo degli Stati membri dell’UE alla missione dell’UNIFIL rafforzata. Le truppe europee costituiranno l’elemento centrale di questa operazione di pace rafforzata delle Nazioni Unite. L’elevato livello di coinvolgimento degli Stati membri evidenzia la loro determinazione a conseguire gli obiettivi indicati nella risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

 

Interrogazione n. 32 dell'on. Georgios Toussas (H-0776/06)
 Oggetto: Uccisione di leader sindacali nelle Filippine
 

Il 16 e 17 agosto 2006 alcuni "ignoti" hanno assassinato nelle Filippine Orlando Rivera, leader dell'organizzazione sindacale dei pescatori di sinistra, e Julie Velasquez, leader del sindacato contadino e presidente di una sezione del Movimento agricolo delle Filippine. Tali omicidi, che vanno ad aggiungersi ad una serie di atti analoghi perpetrati contro attivisti, giornalisti, sindacalisti ecc. di sinistra, sono stati condannati da partiti politici e personalità di spicco, nonché da Amnesty International, che ha rivolto critiche molto aspre alla Presidente Gloria Arroyo a causa della sua "incapacità di porre termine agli omicidi politici perpetrati nel paese", e da altre ONG.

Qual è la posizione del Consiglio riguardo alla situazione sopradescritta e al clima di terrore nei confronti di leader sindacali, clima che il governo Arroyo quantomeno tollera non adottando misure adeguate per farvi fronte?

 
  
 

La presente risposta fornita dalla Presidenza non è di per sé vincolante per il Consiglio né per i suoi membri.

Il Consiglio è a conoscenza di tali eventi e di varie altre esecuzioni illegali che si sono verificate nelle Filippine negli ultimi mesi e di cui sono stati vittime rappresentanti della stampa, difensori dei diritti umani, attivisti politici, avvocati e altri.

L’UE esprime regolarmente profonda preoccupazione riguardo a tali atti e invita le autorità a intervenire immediatamente per risolvere il problema perseguendo i colpevoli e attuando misure preventive.

La questione è stata discussa con le autorità filippine a vari livelli, e fra l’altro con la Presidente Arroyo e il ministro degli Esteri Romolo in occasione del Vertice Asia-Europa (ASEM) svoltosi a Helsinki il 10 e 11 settembre. L’UE ha preso atto che il governo filippino ha istituito uno specifico gruppo di lavoro con il compito di esaminare la questione delle esecuzioni illegali. Il gruppo di lavoro comprenderà anche rappresentanti della società civile. L’UE continuerà a esaminare queste misure e, se necessario, ad adottare le azioni pertinenti.

L’UE è anche disposta ad aiutare le Filippine nel tentativo di rafforzare il proprio sistema giuridico.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 40 dell'on. Liam Aylward (H-0706/06)
 Oggetto: Libro bianco dell'Unione europea sullo sport
 

Può illustrare la Commissione quali sono le sue aspettative nell'elaborare entro quest'anno un nuovo Libro bianco sullo sport nell'UE, nonché indicare entro quale termine le organizzazioni sportive europee potranno fornire i loro contributi in ordine al contenuto di tale Libro bianco?

 
  
 

Come l’onorevole parlamentare afferma a giusto titolo, la Commissione sta preparando un’importante iniziativa relativa al ruolo dello sport in Europa, nella prospettiva della possibile adozione di un Libro bianco sull’argomento.

Ambito e obiettivi del previsto Libro bianco

Il previsto Libro bianco sullo sport potrebbe essere basato su una valutazione intesa a chiarire l’importante ruolo svolto dallo sport in Europa sotto il profilo economico e sociale nonché a sottolinearne la capacità di contribuire agli obiettivi politici complessivi della Commissione. Tale documento tratterebbe inoltre degli interessi dello sport e delle sfide con cui le specifiche organizzazioni sportive devono attualmente confrontarsi in Europa, anche in termini di pubblica amministrazione.

Il previsto Libro bianco cercherebbe inoltre di individuare future azioni relative alla visibilità dello sport. Per il Libro bianco sarebbero pertanto necessarie una stretta collaborazione con vari servizi della Commissione e ulteriori consultazioni delle parti interessate.

E’ auspicabile che l’iniziativa possa rispondere alle aspettative manifestate dagli organismi sportivi interessati, che hanno espresso le loro opinioni nel quadro del dialogo sul tema “l’UE e lo sport: soddisfare le aspettative” avviato dalla Commissione nel 2005. Da varie parti, fra cui anche dai governi dell’UE, sono giunte richieste concrete di affrontare i recenti sviluppi relativi allo sport in Europa.

Per garantire la riuscita dell’iniziativa è indispensabile anche la collaborazione con il Parlamento, e pertanto la Commissione accoglie con favore il calendario della prevista relazione sul “calcio professionale”, in merito alla quale è disposta a fornire la propria collaborazione. I risultati di questa relazione potrebbero essere integrati nel previsto Libro bianco.

Calendario

Per quanto riguarda il calendario, la Commissione ritiene pertanto che vi sia l’impulso necessario per intraprendere nel 2007 un’importante iniziativa, come il previsto Libro bianco sullo sport.

E’ ovvio che l’elaborazione e la pubblicazione di un documento di questo genere devono essere precedute da un processo di ampia consultazione, in cui siano coinvolte tutte le parti governative e non governative interessate. La Commissione ha iniziato un periodo di intense consultazioni interne ed esterne che continuerà fino agli inizi del 2007.

Sul fronte esterno, nel giugno 2006 la Commissione ha avviato una Conferenza di consultazione cui ha partecipato il più ampio movimento sportivo europeo. Cinque giorni fa il Commissario per l’istruzione, la formazione, la cultura e il multilinguismo ha incontrato i responsabili delle federazioni sportive europee per discutere di governance nello sport in Europa. Verso la fine dell’autunno una consultazione on line offrirà a tutti l’opportunità di esprimere interessi e preoccupazioni in merito ad alcuni argomenti fondamentali del Libro bianco. La Commissione continua a incoraggiare le organizzazioni sportive a partecipare a tale processo.

La Commissione è disposta a esaminare ulteriormente le preoccupazioni specifiche delle organizzazioni sportive, i cui contributi scritti sono accolti con favore in qualsiasi fase del processo di consultazione. Al fine di strutturare il processo di consultazione, la Commissione invita le organizzazioni sportive a esprimere il loro parere attraverso le loro organizzazioni centrali europee. Questo sistema ha funzionato molto bene nel recente passato e dovrebbe aiutarci a portare a termine questo difficile compito.

 

Interrogazione n. 41 dell'on. Gay Mitchell (H-0747/06)
 Oggetto: Quadro europeo delle qualifiche
 

Considerando che il Quadro europeo delle qualifiche annunciato il 5 settembre è un esercizio facoltativo, la Commissione vorrà descrivere come sarà di utilità diretta per le Istituzioni che rilasciano dette qualifiche?

 
  
 

L’obiettivo del quadro europeo delle qualifiche e dei titoli (EQF) è aumentare la trasparenza delle qualifiche e dei titoli al fine di promuovere l’apprendimento permanente e la mobilità geografica e professionale di discenti e lavoratori.

Il progetto di proposta raccomanda agli Stati membri di usare l’EQF come strumento di riferimento per facilitare i confronti tra qualifiche e titoli rilasciati nell’ambito di sistemi diversi e di rapportare il sistema nazionale delle qualifiche e dei titoli all’EQF e, ove possibile, di sviluppare un quadro nazionale delle qualifiche e dei titoli. Agli Stati membri si raccomanda inoltre di garantire che tutte le nuove qualifiche nonché i titoli e i documenti dell’Europass contengano un riferimento all’appropriato livello dell’EQF. Tali raccomandazioni, se attuate, promuoveranno la trasparenza e la comparabilità di singole qualifiche e titoli laddove non esistano strumenti vincolanti. In base agli articoli 149 e 150 del Trattato, non possono essere adottati atti legislativi comunitari vincolanti su materie come l’EQF.

L’EQF risulterà pertanto utile per gli istituti e le autorità che rilasciano qualifiche e titoli, rendendo più facile interpretare le varie qualifiche e titoli rilasciati nell’ambito dei vari sistemi di istruzione e formazione e rendendo più trasparenti per gli altri le qualifiche da essi rilasciati. Qualora gli Stati membri adottino o dispongano già di un quadro nazionale delle qualifiche e dei titoli, è ovvio che l’attuazione dell’EQF potrà essere molto più efficace.

 

Interrogazione n. 42 dell'on. Simon Coveney (H-0772/06)
 Oggetto: Divario tra i livelli di competenza linguistica esistenti nei diversi Stati membri
 

Recenti studi hanno mostrato l'esistenza di enormi divari di competenza linguistica fra gli Stati membri. Prevede la Commissione di introdurre nuove misure per cercare di rafforzare il multilinguismo negli Stati membri?

 
  
 

Nel 2005 la Commissione ha pubblicato la comunicazione intitolata “L’indicatore europeo di competenza linguistica”(1), di cui si occuperà un gruppo di esperti governativi degli Stati membri. Poiché non esiste un’indagine standardizzata sulle competenze linguistiche nell’Unione europea, è necessario raccogliere dati precisi e aggiornati sull’efficacia dei sistemi di insegnamento delle lingue straniere. A tale scopo verrà utilizzato l’indicatore, dal quale la Commissione potrà desumere il livello generale di conoscenza delle lingue straniere negli Stati membri.

In questo contesto, si prevede di sottoporre ad appositi test di competenza un campione di allievi degli istituti di istruzione e formazione di tutti gli Stati membri. A seguito delle raccomandazioni del Consiglio europeo di Barcellona del 2002, l’indicatore dovrebbe misurare, per ciascun candidato del campione, le competenze in almeno due lingue diverse dalla lingua materna.

 
 

(1) COM(2005) 356 def.

 

Interrogazione n. 43 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0775/06)
 Oggetto: Finanziamenti per l'insegnamento delle lingue straniere
 

Può la Commissione far sapere se l'Unione europea intende destinare risorse finanziarie all'insegnamento delle lingue straniere per i giovani dei nuovi Stati membri nel quadro degli sforzi tesi ad assicurare pari opportunità in materia d'istruzione?

 
  
 

Attraverso i programmi SOCRATES e LEONARDO, la Commissione ha investito più di 30 milioni di euro all’anno in progetti concreti che stimolano l’entusiasmo degli studenti di lingue e dei loro insegnanti, fra cui scambi scolastici, programmi di assistenza linguistica e di formazione degli insegnanti nell’ambito dell’azione COMENIUS e attività di sensibilizzazione e creazione di strumenti linguistici innovativi nell’ambito dell’azione LINGUA.

Sono stati inoltre effettuati considerevoli investimenti nella mobilità attraverso l’azione ERASMUS e il programma LEONARDO, che prevedono entrambi fondi per corsi di preparazione linguistica, il programma GIOVENTU’e l’azione di gemellaggio tra città. Le relazioni che la Commissione riceve dai partecipanti a tali azioni indicano che la mobilità è un fattore fondamentale per motivare le persone a conoscere i propri vicini e ad apprenderne la lingua.

Questi tipi di attività continueranno con il nuovo programma nel campo dell’apprendimento permanente che durerà dal 2007 al 2013, in particolare attraverso l’attività principale relativa alle lingue e i sottoprogrammi COMENIUS, ERASMUS e LEONARDO. Come l’onorevole parlamentare saprà, tuttavia, conformemente all’articolo 149 del Trattato, la Commissione deve rispettare la responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell’insegnamento e l’organizzazione del sistema di istruzione, nonché le loro diversità culturali e linguistiche.

 

Interrogazione n. 46 dell'on. Eoin Ryan (H-0708/06)
 Oggetto: Misure di sicurezza negli aeroporti europei
 

Può indicare la Commissione quali misure ha adottato finora al fine di perfezionare i dispositivi di sicurezza negli aeroporti europei e illustrare quali sono eventualmente i suoi piani per migliorare ulteriormente la sicurezza in tali aeroporti in una prospettiva futura?

 
  
 

Subito dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, la Commissione ha elaborato un regolamento quadro sulla sicurezza dell’aviazione civile. Il regolamento, adottato nel dicembre 2002(1), ha istituito norme fondamentali comuni sulle misure di sicurezza aerea e meccanismi adeguati per controllare l’applicazione delle norme, fra cui l’effettuazione di ispezioni da parte della Commissione.

Dalla sua entrata in vigore, la Commissione, attraverso la procedura di comitatologia, ha adottato dieci regolamenti di attuazione contenenti le misure e gli adattamenti tecnici delle norme fondamentali comuni. La Commissione, con l’ausilio del Comitato per la sicurezza dell’aviazione civile, riesamina periodicamente le misure di sicurezza aerea e apporta gli adeguamenti eventualmente necessari.

Dal febbraio 2004 la Commissione conduce anche ispezioni periodiche negli aeroporti degli Stati membri per verificarne la conformità alle norme comuni. Finora la Commissione ha effettuato più di 70 ispezioni.

Sulla base dell’esperienza acquisita nell’attuazione del regolamento quadro, nel settembre 2005 la Commissione ha proposto una revisione di tale regolamento(2), allo scopo di semplificare l’attuale regolamento quadro e di garantire una maggiore flessibilità, in modo da consentire di reagire rapidamente ai nuovi rischi, di avvalersi degli ultimi sviluppi tecnologici e di proteggere in maniera più adeguata le informazioni sensibili sotto il profilo della sicurezza.

La proposta di regolamento quadro riveduta è stata presentata al Parlamento e al Consiglio il 23 settembre 2005 e attualmente è in fase di prima lettura da parte del Consiglio. La Commissione ritiene molto importante la rapida adozione del regolamento in questione.

La Commissione continuerà a compiere ogni possibile sforzo per assicurare un’applicazione armonizzata delle norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile al fine di prevenire atti di interferenza illecita nei confronti di aeromobili civili in Europa. La Commissione, con il Comitato per la sicurezza dell’aviazione civile, sta inoltre elaborando una risposta adeguata alle nuove minacce emerse a seguito degli ultimi eventi.

 
 

(1) Regolamento (CE) n. 2320/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile (GU L 355 del 30.12.2002).
(2) COM(2005) 429 def. – C6-0290/2005 – 2005/0191(COD).

 

Interrogazione n. 47 dell'on. Bernd Posselt (H-0712/06)
 Oggetto: Collegamenti ferroviari rapidi nella Germania meridionale
 

Di quali informazioni dispone la Commissione circa la dimensione temporale e finanziaria di due importanti collegamenti ferroviari rapidi nella Germania meridionale, ossia la tratta tedesca dell'asse europeo "Magistrale für Europa" da Kehl fino al confine austriaco nonché il collegamento da Monaco di Baviera fino al tunnel di base del Brennero di cui è appena iniziata la costruzione?

 
  
 

Per quanto riguarda la “Magistrale für Europa”, la relazione di Péter Balázs, Coordinatore europeo per l’asse prioritario n. 17 (Parigi-Stoccarda-Vienna-Bratislava) afferma che la modernizzazione dell’asse ferroviario in questione – di cui è già in corso una parte dei lavori – dovrebbe essere quasi del tutto completata entro il 2015. I ministri dei Trasporti di Francia, Germania, Austria e Slovacchia hanno confermato la loro volontà in tal senso firmando il 9 giugno 2006 una dichiarazione d’intenti.

Quanto alla linea tra Monaco e Kufstein (frontiera austriaca), non si tratta di una linea ad alta velocità, ma di una linea tradizionale. Situata sull’asse del Brennero, questa linea è stata oggetto negli ultimi anni di alcuni ammodernamenti. Nel medio periodo si prevede di aumentarne la capacità nel contesto dell’apertura del futuro tunnel di base del Brennero nel 2016. E’ prevista la conduzione di alcuni studi nel periodo 2007-2008 per individuare le migliori soluzioni tecniche. Tali studi esamineranno in particolare la variante di Rosenheim per i treni merci e la tratta transfrontaliera tra Germania e Austria. Allo scopo di garantire l’interoperabilità dell’asse, si sta inoltre valutando la possibilità di dotare la linea del sistema europeo di segnalamento ERTMS(1), in quanto tale sistema è previsto per il futuro tunnel di base e le nuove linee della valle dell’Inn in Austria.

 
 

(1) Sistema europeo di gestione del traffico ferroviario.

 

Interrogazione n. 48 dell'on. Sepp Kusstatscher (H-0713/06)
 Oggetto: Progetti-TEN: redditività del Tunnel di Base del Brennero (TBB)
 

La ferrovia del Brennero non è sufficientemente utilizzata, il trasporto di merci è in regresso e la linea ferroviaria Pontebbana è anch'essa poco utilizzata. Inoltre, la Svizzera sta costruendo due nuove trasversali alpine ferroviarie di grandi capacità.

Perché è necessaria, ciò nonostante, la costruzione del TBB ed in quale misura sarà esso redditivo visto che, entro il 2020, si prevede che il trasporto di merci su rotaia aumenterà di pochissimo?(1)

Esiste un approfondito studio di redditività ed è stato calcolato o si calcoleranno le perdite che il TBB accumulerà fintantoché non sarà realizzata la tratta meridionale?

Wolfgang Roth (ex vicepresidente della BEI) ritiene che "attualmente il progetto non dovrebbe essere affatto finanziato" poiché "si rischiano immani perdite"(2). Stando così le cose, non è forse il finanziamento del TBB compromesso anche dall'eventuale impossibilità di reperire investitori privati?

 
  
 

E’ vero che da alcuni anni il trasporto ferroviario di merci attraverso il passo del Brennero è in diminuzione. Ciò è in larga misura dovuto alle difficoltà legate alla “strada viaggiante”, ossia il servizio di trasporto di autocarri tramite ferrovia, il cui uso è diminuito da quando, alla fine del 2003, è giunto al termine il regime di ecopunti. Dai risultati del primo semestre del 2006 emerge tuttavia una considerevole ripresa del traffico sulla strada viaggiante lungo la rotta del Brennero.

Nel più lungo periodo occorre tenere presente che il traffico ferroviario attuale attraverso il passo del Brennero è raddoppiato rispetto a quello degli anni ’90. Nello stesso periodo di tempo è raddoppiato anche il trasporto su strada.

Il traffico lungo l’asse del Brennero continuerà ad aumentare in misura considerevole nei prossimi anni. Nelle condizioni attuali, tale aumento sarebbe sostanzialmente assorbito dal traffico stradale, che solleva il grave problema dell’inquinamento nelle valli alpine e della congestione.

Le attuali condizioni di utilizzo della linea ferroviaria che passa attraverso il passo del Brennero non sono tali da poter attrarre un ampio volume di traffico. Sono necessarie da due a tre locomotive per salire al passo del Brennero e due per ridiscendere, e la lunghezza e il peso massimi dei treni sono troppo limitati.

Il progetto di tunnel di base del Brennero, che comprende il tunnel in questione e le relative vie di accesso in Austria e in Italia, renderà possibile realizzare una rotta quasi piana. Una locomotiva potrà pertanto viaggiare senza fermarsi da Monaco a Verona, con treni più lunghi e più pesanti. L’eliminazione delle locomotive di trazione supplementari per salire al passo del Brennero e delle lunghe procedure alla frontiera consentirà di ottenere una considerevole riduzione dei costi di esercizio.

Il tunnel di base del Brennero è incluso nell’elenco dei progetti prioritari della rete transeuropea fissato dal Parlamento e dal Consiglio. Nel quadro dei preparativi per questo progetto, nel 2004 è stato condotto uno studio di fattibilità socioeconomica. Da tale studio, che tiene conto delle vie di accesso, risulta che l’opera offrirà nel complesso un vantaggio netto.

La struttura di finanziamento del progetto assumerà la forma di un partenariato tra pubblico e privato attualmente in fase di discussione. Il coordinatore europeo, Karel Van Miert, e la Banca europea per gli investimenti sono direttamente coinvolti in tali discussioni. L’obiettivo di tutti i partner del progetto è la presentazione, all’inizio del 2007, di un progetto definitivo, che includa gli aspetti giuridici e finanziari, da parte del promotore binazionale BBT SE, su raccomandazione di un consorzio consultivo guidato da KPMG e a seguito di una gara d’appalto internazionale indetta all’inizio del 2006.

Infine, è importante sottolineare che questo progetto rientra nel contesto di una politica globale per quanto riguarda l’attraversamento delle Alpi. I tunnel svizzeri in fase di costruzione, il progetto di tunnel del Moncenisio e il progetto di tunnel del Brennero sono complementari in quanto rispondono a flussi di traffico diversi: i tunnel svizzeri non ridurranno la crescita del trasporto stradale attraverso il passo del Brennero.

 
 

(1) Cfr. “Valutazione intermedia del Libro Bianco sui Trasporti della Commissione europea del 2001”.
(2) (Fonte: Der Standard, 1/2 luglio 2006)

 

Interrogazione n. 49 dell'on. Dimitrios Papadimoulis (H-0726/06)
 Oggetto: Azione concertata degli armatori in merito ai collegamenti navali da e per le isole greche
 

In risposta ad una precedente interrogazione (E-2290/06) dell'interrogante relativa all'"Azione concertata degli armatori in merito ai collegamenti navali da e per le isole greche", la Commissione ha affermato che "invierà alla Grecia un questionario dettagliato onde determinare in quale misura vengano rispettate le condizioni imposte dal regolamento (CEE) n. 3577/92(1) per la stipula di contratti per la prestazione di un servizio pubblico o l'imposizione di obblighi per la prestazione di un servizio pubblico. Essa verificherà inoltre in quale misura siano state concesse sovvenzioni pubbliche o, se del caso, in quale misura esse siano compatibili con le disposizioni del Trattato in materia di aiuti statali".

Dato che, a partire dall'introduzione del regolamento (CEE) n. 3577/92, la quantità di sovvenzioni per le società di cabotaggio aumenta di anno in anno a titolo del bilancio statale e dato che quest'anno, in parecchie isole, è calata l'affluenza di turisti a causa della riduzione dei collegamenti e dell'aumento delle spese di trasporto, può la Commissione dire se ha inviato alle autorità greche il summenzionato questionario? Intende essa esaminare la struttura azionaria delle società di cabotaggio che, in seguito a reciproci riscatti di quote, può portare a una posizione dominante? Qual è, finora, la reazione delle autorità greche?

 
  
 

Il questionario della Commissione dovrebbe fornire informazioni precise e approfondite su tutte le questioni di fatto e di diritto sollevate. A tale scopo, la Commissione deve integrare le informazioni ad essa fornite dall’onorevole parlamentare nell’interrogazione scritta E-2290/06, cui la Commissione ha fornito una risposta il 28 luglio 2006. Non appena disporrà delle informazioni necessarie, la Commissione invierà il questionario alle autorità greche. La Commissione esaminerà inoltre le questioni della concorrenza e delle partecipazioni incrociate nel settore del cabotaggio marittimo.

 
 

(1) GU L 364 del 12.12.1992, pag.7.

 

Interrogazione n. 50 dell'on. Frank Vanhecke (H-0734/06)
 Oggetto: Recepimento della direttiva europea 2003/20/CE da parte del Belgio
 

La direttiva europea 2003/20/CE(1) stabilisce che i bambini la cui statura non superi i 135 cm possono viaggiare soltanto in autovetture munite di un apposito seggiolino. Per le famiglie che contano molti bambini in tenera età un siffatto obbligo di (sicurezza) rappresenta un aggiuntivo quanto notevole onere finanziario. A quanto pare, la sesta direttiva europea sull'IVA dovrebbe consentire agli Stati membri di ridurre dal 21% al 6% l'IVA sui seggiolini di sicurezza.

Potrebbe la Commissione far sapere quali Stati membri dell'UE abbiano recepito, in data 9 maggio 2006, la direttiva 2003/20/CE nella loro legislazione nazionale ? Quali Stati membri dell'UE si sono avvalsi, e/o intendono avvalersi, della possibilità di ridurre l'IVA sui seggiolini per bambini?

 
  
 

Al 9 maggio 2006, che è la data entro la quale gli Stati membri avrebbero dovuto attuare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2003/20/CE, avevano comunicato le misure nazionali di recepimento i seguenti Stati membri:

Repubblica ceca, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo e Slovenia.

Successivamente hanno comunicato misure nazionali di recepimento i seguenti Stati membri:

Belgio(2), Danimarca, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Finlandia e Regno Unito.

La Commissione sta esaminando tali comunicazioni allo scopo di verificare la conformità alle disposizioni della direttiva.

Per quanto riguarda la questione della riduzione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), le disposizioni della sesta direttiva europea sull’IVA consentono agli Stati membri di applicare un’aliquota ridotta dell’IVA minima del 5 per cento ai seggiolini per bambini per autoveicoli. Questa possibilità è lasciata alla discrezione degli Stati membri.

In base alle informazioni di cui la Commissione dispone, gli Stati membri che si avvalgono di questa possibilità e attualmente applicano un’aliquota ridotta sono i seguenti:

Repubblica ceca, Polonia e Regno Unito.

La Commissione non dispone di informazioni riguardo alle intenzioni degli altri Stati membri in relazione alla possibile applicazione di un’aliquota dell’IVA ridotta sui seggiolini per bambini.

 
 

(1) GU L 115 del 9.5.2003, pag. 63.
(2) Decreto regio del 22.8.2006, Moniteur belge del 25.8.2006, pag. 42353.

 

Interrogazione n. 51 dell'on. Hélène Goudin (H-0737/06)
 Oggetto: Una direttiva dell'UE pone in discussione la circolazione di vecchie barche a vapore
 

In Svezia la circolazione di vecchie barche a vapore, fra l'altro nell'arcipelago di Stoccolma, costituisce un'apprezzata componente del patrimonio culturale nazionale. Le autorità marittime svedesi hanno fatto capire che una siffatta circolazione potrebbe cessare, e ciò perché la direttiva dell'UE sulla sicurezza marittima prescrive rigorose esigenze in ordine ad una capillare ristrutturazione delle barche a vapore, la quale, peraltro, si presenta estremamente complessa, dispendiosa o praticamente impossibile da realizzare. Pertanto la direttiva sulla sicurezza marittima mette a repentaglio il futuro del traffico di barche a vapore che circolano nelle acque svedesi fin dal 19° secolo. Potrebbe la Commissione confermare che la direttiva sulla sicurezza marittima minaccia la circolazione delle barche a vapore svedesi ovvero hanno le autorità svedesi interpretato con eccessivo zelo la predetta direttiva? Non ritiene la Commissione che la Svezia e gli altri Stati membri siano capaci di emanare da sé norme di sicurezza per disciplinare, a livello nazionale, la circolazione delle barche a vapore?

 
  
 

La direttiva 98/18/CE(1) relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri non si applica alle navi da passeggeri storiche progettate prima del 1965 e costruite principalmente con i materiali originali. Gli Stati membri hanno tuttavia la facoltà, se lo desiderano, di applicare le disposizioni di tale direttiva a questo tipo di navi.

In questo caso particolare, sembrerebbe che le autorità marittime svedesi abbiano deciso di limitare la circolazione di vecchie navi a vapore a zone costiere locali per motivi di sicurezza.

 
 

(1) Direttiva 98/18/CE del Consiglio del 17 marzo 1998, GU L 144 del 15.5.1998.

 

Interrogazione n. 52 dell'on. Marian Harkin (H-0750/06)
 Oggetto: Sostegno ambizioso agli aeroporti regionali
 

Il Governo irlandese ha ideato un programma chiamato "The National Development Capital Grant Scheme for Regional Airports", ed ha chiesto alla Commissione di approvare tale schema.

Potrebbe la Commissione indicare quando la domanda è stata ricevuta e su quale base era stata presentata?

Potrebbe la Commissione riassumere tutte le questioni e difficoltà presentate da tale domanda, dalla prospettiva degli aeroporti di categoria D delle regioni Obiettivo 1?

 
  
 

Il 7 giugno 2006 le autorità irlandesi hanno notificato il programma di concessione di capitali destinati allo sviluppo nazionale a favore di sei aeroporti regionali situati a Donegal, Sligo, Knock, Galway, Kerry e Waterford, conformemente all’articolo 88 del Trattato CE. Attualmente la Commissione sta esaminando il relativo fascicolo.

Nella riunione del 26 settembre 2006, la Commissione ha deciso di autorizzare il regime di sovvenzioni ritenendo che il sostegno del governo irlandese agli investimenti nei sei aeroporti regionali costituisca una forma di aiuto di Stato compatibile con le regole della concorrenza.

Questa decisione è stata presa sulla base degli orientamenti adottati lo scorso settembre dalla Commissione per promuovere lo sviluppo degli aeroporti regionali, soprattutto quelli più piccoli, come i sei in questione nel presente caso, in particolare se sono isolati o si trovano in regioni in ritardo di sviluppo (obiettivo 1).

 

Interrogazione n. 53 dell'on. Ivo Belet (H-0759/06)
 Oggetto: Attuazione del progetto IJzeren Rijn (Linea ferroviaria del Reno)
 

La riattivazione dell'IJzeren Rijn costituisce un progetto prioritario europeo TEN. Il 6 luglio 2006, è stata infine insediata una commissione di esperti indipendenti per predisporre un parere sulla valutazione e sull'entità dei costi, ciononostante l'attuazione del progetto potrebbe essere rinviata alle calende greche oltretutto perché le competenti autorità olandesi non intendono parteciparvi.

Conviene la Commissione che l'attuazione, quanto prima possibile, di tale progetto è nell'interesse della collettività e che la sua realizzazione dovrebbe andare di pari passo con le necessarie precauzioni per ridurre l'inquinamento acustico per chi abita nelle vicinanze?

E' la Commissione disposta a promuovere un'iniziativa tesa a contribuire all'attuazione di tale progetto, di notevole rilevanza sotto il profilo economico ed ecologico?

E', a giudizio della Commissione, la realizzazione di tale progetto compatibile con la tutela delle zone che rientrano nella sfera di applicazione della direttiva sull'avifauna e sugli habitat?

 
  
 

Nel quadro degli orientamenti comunitari del 2004 per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti approvati dal Parlamento e dal Consiglio europeo, il progetto di “ferrovia del Reno” è uno dei trenta progetti prioritari. Si tratta del progetto prioritario 24: asse ferroviario Lione/Genova-Basilea-Duisburg-Rotterdam/Anversa. Tali orientamenti, che rappresentano un quadro di riferimento generale per l’attuazione della rete, implicano il rispetto delle direttive europee e in particolare di quelle in materia di ambiente.

E’ ovvio che la Commissione farà tutto il possibile affinché il progetto sia realizzato conformemente agli orientamenti e seguirà con la massima attenzione i lavori della commissione di esperti indipendenti che fornirà un parere sulla ripartizione dei costi del progetto. Occorre tuttavia rammentare che la realizzazione di un progetto dipende da una decisione sovrana degli Stati membri interessati.

Per quanto riguarda l’importanza di questi progetti in termini ambientali, le valutazioni d’impatto sono obbligatorie nel quadro degli orientamenti comunitari per lo sviluppo delle reti transeuropee dei trasporti (articolo 8, paragrafo 1), e il rispetto della legislazione comunitaria, fra cui le direttive “uccelli”(1) e “habitat”(2), fa parte delle condizioni per la realizzazione del progetto. La Commissione accorderà finanziamenti soltanto se verrà rispettata la legislazione europea.

 
 

(1) Direttiva 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103 del 25.4.1979), modificata dalla direttiva 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 (GU L 115 dell’8.5.1991).
(2) Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992).

 

Interrogazione n. 54 dell'on. Leopold Józef Rutowicz (H-0765/06)
 Oggetto: Sviluppo del trasporto sulle vie navigabili interne
 

Se è vero che le imprese di trasporto sulle vie navigabili interne svolgono un ruolo di operatore minore sul mercato nazionale e internazionale dei trasporti di merci in Polonia è pur vero che lo stato delle vie navigabili e il potenziale dei porti fluviali interni non consentono una crescita sensibile dei volumi trasportati. Inoltre lo sviluppo del trasporto sulle vie navigabili interne in Polonia resta limitato soprattutto a seguito delle forti variazioni nella portata delle acque dei fiumi nel corso dell'anno, dell'assenza di regolarizzazione dei principali fiumi e dei relativi affluenti, del persistente ghiacciamento dei fiumi e di installazioni portuali obsolete. L'attuale rete delle vie navigabili e l'assenza di nuovi investimenti in infrastrutture importanti ostacolano lo sviluppo del trasporto di merci su nave e su convoglio a spinta attraverso tutta l'Europa nonostante il trasporto fluviale costituisca una soluzione particolarmente idonea per l'ambiente e garantisca costi di trasporto poco elevati per molte categorie di carichi.

Quali misure di aiuto intende quindi la Commissione adottare per estendere e sviluppare la rete delle vie navigabili in Polonia in modo che sia integralmente collegata alla rete europea di trasporto fluviale?

 
  
 

La Commissione è favorevole allo sviluppo del trasporto sulle vie navigabili interne in Europa per motivi legati all’ambiente, ai costi ridotti e alla sicurezza del trasporto.

Per quanto riguarda la Polonia, una parte della sua rete è inclusa nelle reti transeuropee. Si tratta del fiume Oder e di un piccolo segmento del fiume Vistola.

Finora la Commissione non ha ricevuto alcuna richiesta di assistenza finanziaria relativa a un progetto di infrastrutture di navigazione interna in Polonia.

Ciononostante, nell’ambito del quadro finanziario per il periodo 2007-2013 la Polonia ha dichiarato che intende avviare alcuni progetti di infrastrutture nella parte settentrionale del fiume Oder.

Spetta alla Polonia intraprendere l’iniziativa di attuare progetti di infrastrutture nella propria rete di navigazione interna. Questi progetti potranno beneficiare dell’assistenza finanziaria a titolo dei Fondi strutturali e del bilancio RTE-T o di prestiti della BEI.

La Commissione esaminerà qualsiasi richiesta di assistenza finanziaria della Polonia per progetti in questo settore.

Nel quadro del programma di azione “NAIADES” adottato dalla Commissione nel gennaio 2006 e relativo alla promozione del trasporto sulle vie navigabili interne, la Commissione ha annunciato un piano di sviluppo su scala europea finalizzato al miglioramento e al mantenimento delle infrastrutture idroviarie interne e delle installazioni di trasbordo. Tale piano dovrebbe concentrarsi sull’eliminazione delle strozzature, nel rispetto dell’ambiente acquatico naturale, e fornire orientamenti in materia di finanziamento e di priorità.

Il programma di azione “NAIADES” è stato accolto favorevolmente dal Consiglio dei ministri dei Trasporti e attualmente è in fase di esame da parte del Parlamento.

 

Interrogazione n. 55 dell'on. Georgios Toussas (H-0777/06)
 Oggetto: Rischi per la vita dei passeggeri e degli equipaggi delle navi
 

Con il DPR 124 (Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica 136/6.7.2006) sulla libera prestazione di servizi nel settore dei trasporti marittimi il governo greco ha proceduto arbitrariamente alla soppressione del limite di età per il ritiro delle navi greche fissato a 30 anni (legge 2932/2001), sostenendo di voler così armonizzare la legislazione greca con quella europea, su proposta della Commissione. Nell'interrogazione del 23 gennaio 2006 (H-0031/06(1)) si segnalava che, sulla base di un parere motivato della Commissione al governo greco, si sarebbe dovuto procedere alla soppressione del limite dei 30 anni fissato per il ritiro delle navi passeggeri vetuste e in cattivo stato di conservazione. L'argomento secondo cui la Commissione chiedeva un'armonizzazione della legislazione in materia di prezzi dei biglietti e di condizioni operative delle navi non regge, dal momento che negli ultimi tre anni gli aumenti reali dei prezzi hanno superato il 250%. Applicando il criterio dei profitti per le società di navigazione, gli armatori e il ministero della Marina mercantile stabiliscono le condizioni operative, le rotte e la frequenza delle navi, creando situazioni che rischiano di portare ad un nuovo naufragio analogo a quello del "Samina Express" e mettendo in grave pericolo la vita di passeggeri ed equipaggi.

Dal momento che il ministro della Marina mercantile afferma che nel quadro della messa in atto della politica dell'Unione europea questa misura è necessaria, qual è la posizione della Commissione riguardo all'aumento del limite di età delle navi al di là dei 30 anni?

 
  
 

La Commissione desidera rammentare che, come ha dichiarato nella sua risposta alla precedente interrogazione menzionata dall’onorevole parlamentare, non ha inviato alla Grecia alcun parere motivato contenente una contestazione relativa al limite di età fissato dalla legislazione greca per il ritiro delle navi vetuste.

La direttiva 98/18/CE del 17 marzo 1998(2) relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri, modificata dalla direttiva 2003/24/CE del 14 aprile 2003(3), non stabilisce limiti di età automatici per le navi da passeggeri, ma prevede soltanto il ritiro dal servizio per le navi Ro/Ro da passeggeri delle due classi superiori (A e B) la cui chiglia sia stata impostata anteriormente al 1o ottobre 2004 e che raggiungerebbe l’età di 30 anni entro il 1o ottobre 2010 senza soddisfare i requisiti di stabilità previsti dalla direttiva 2003/25/CE del 14 aprile 2003(4), per aumentare la sicurezza dei passeggeri e dell’equipaggio migliorando la capacità di salvataggio delle navi Ro/Ro da passeggeri in caso di incidenti.

Tutti gli Stati membri possono tuttavia adottare misure aggiuntive se ritengono che i requisiti di sicurezza applicabili in base alla direttiva 98/18/CE debbano essere rafforzati in determinate situazioni derivanti da specifiche condizioni locali. Spetta a ciascuno Stato membro decidere di avvalersi o meno di tale possibilità.

 
 

(1) Risposta scritta del 15.2.2006.
(2) GU L 144 del 15.5.1998, pag.1.
(3) GU L 123 del 17.5.2003, pag.18.
(4) GU L 123 del 17.5.2003, pag.22.

 

Interrogazione n. 56 dell'on. Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0696/06)
 Oggetto: Impegno per la salvaguardia della tradizione classica
 

Al punto 8 (scienze socio-economiche e le scienze umane) del settimo programma quadro per le attività di ricerca (2007-2013) si sottolinea che l'Europa dispone di una base di ricerca solida e di elevata qualità nelle scienze socio-economiche e nel settore delle scienze umane e che a livello dell'UE esiste un terreno estremamente fertile per la ricerca in questi campi che si spera presenti un elevato valore aggiunto europeo.

Con quali azioni concrete e con quali finanziamenti intende la Commissione sviluppare, diffondere e salvaguardare la tradizione classica (ricerche linguistiche e ricerche storiche sull'età antica, medioevale e moderna) onde dar vita, attraverso la valorizzazione delle differenze e somiglianze fra le civiltà, a una comprensione comune del passato storico, delle lingue e dei valori europei?

 
  
 

L’Europa dispone di una solida base di ricerca nelle varie discipline delle scienze umane. Negli ultimi anni i progetti di ricerca in questo settore hanno beneficiato di un sostegno in progressivo aumento attraverso i programmi quadro.

Già nel corso del quinto programma quadro (5PQ), l’UE ha sostenuto progetti che hanno coinvolto ricercatori nel campo delle scienze umane, in particolare su questioni quali l’identità europea e il rafforzamento di tale identità, anche in prospettiva storica, e valori legati alla democrazia e alla cittadinanza.

Nell’ambito del 6PQ, le scienze umane sono state esplicitamente oggetto di numerosi inviti a presentare proposte e attualmente sono in corso più di 10 progetti in alcuni settori, in particolare nel campo della linguistica e della storia:

Codice identificativo dell’invito

Oggetto

Progetti finanziati

FP6-2002-Citizens-3

“Dialogo culturale e società europea”

2 reti di eccellenza (NOE)

FP6-2004-Citizens-4

“Diversità linguistica e società basata sulla conoscenza”

1 rete di eccellenza (NOE) e 1 progetto integrato (IP)

FP6-2004-Citizens-5

“Valori e religioni in Europa”

5 progetti di ricerca specifici mirati (STREP) e 2 azioni di coordinamento (CA)

Informazioni su questi progetti sono disponibili sul sito http://cordis.europa.eu/citizens/home.html.

Per il 7PQ l’idea è quella di rafforzare ulteriormente l’inclusione delle scienze umane nel contesto generale del tema 8 “scienze socioeconomiche e scienze umane”. Ad esempio, il testo proposto per il programma specifico fornisce le seguenti parole chiave per le scienze umane: interazioni culturali, tradizioni, patrimonio culturale, strategie rispetto alla convivenza di molteplici culture, ruolo delle lingue, dell’arte e delle religioni, atteggiamenti e valori.

Per accrescere ancor più la partecipazione delle scienze umane e incoraggiare la ricerca interdisciplinare e multidisciplinare tra scienze sociali e scienze umane, nel maggio 2006 è stato istituito un gruppo di esperti per le scienze umane.

Parallelamente, la Commissione ha avviato una consultazione su Internet, invitando la comunità dei ricercatori a esprimere osservazioni su un primo progetto di programma di ricerca per il tema 8.

In questo contesto, sono in corso i preparativi per il programma di lavoro per il periodo 2007-2008 per il tema 8. Anche se per il momento sarebbe prematuro rivelare particolari al riguardo, va sottolineato che aspetti della ricerca relativi alla letteratura e alle arti, nonché alle interazioni culturali e alle strategie rispetto alla convivenza di molteplici culture, potrebbero essere inseriti nel primo invito a presentare proposte, la cui pubblicazione avverrà subito dopo l’entrata in vigore del 7PQ.

Inoltre, anche la nuova proposta di programma Cultura (2007-2013), che si auspica venga adottata entro la fine del 2006, è un altro degli strumenti di finanziamento della Commissione nel campo della cultura. Dopo la sua adozione, è molto probabile che gli inviti a presentare proposte vengano pubblicati agli inizi del 2007, tuttavia per ottobre 2006 è previsto un invito a presentare proposte preliminare per il 2007 contenente le informazioni più importanti.

L’obiettivo generale del programma proposto è quello di contribuire alla valorizzazione di uno spazio culturale comune agli europei sviluppando la cooperazione culturale tra i creatori, gli operatori culturali e le istituzioni culturali dei paesi partecipanti al programma, al fine di favorire l’emergere di una cittadinanza europea. Gli obiettivi specifici del programma sono: 1) promuovere la mobilità transnazionale delle persone che lavorano nel settore culturale, 2) incoraggiare la circolazione transnazionale delle opere e dei prodotti artistici e culturali, 3) favorire il dialogo interculturale.

 

Interrogazione n. 57 dell'on. Manuel Medina Ortega (H-0699/06)
 Oggetto: Negoziati nell'OMC: protezione della banana comunitaria
 

Nel quadro dei negoziati dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, che proposte sta presentando la Commissione al fine di proteggere in maniera efficace i produttori di banane dell'Unione europea?

 
  
 

Il mercato dell’UE finora ha reagito bene al nuovo regime delle importazioni per le banane che consiste in un’aliquota tariffaria di 176 euro per tonnellata e in un contingente esente da dazi di 775 000 tonnellate per le banane provenienti dai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), che dal 1o gennaio 2006 ha sostituito il precedente regime dei contingenti.

Alla luce dell’estrema delicatezza che continua a rivestire tale questione che è stata oggetto di annose controversie commerciali, dalla Conferenza ministeriale di Hong Kong del dicembre 2005 il nuovo regime delle importazioni è stato sottoposto a un meccanismo di controllo e di revisione di cui è stata affidata la responsabilità al ministro norvegese Støre. Lo scopo è determinare l’aliquota tariffaria da consolidare nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e sulla cui base si applicheranno le future riduzioni derivanti dai negoziati sull’agenda di Doha per lo sviluppo. Nel contesto di tali negoziati, che per il momento sono sospesi, la Commissione ha anche respinto la richiesta avanzata da alcuni paesi di trattare le banane come prodotto tropicale e pertanto di applicare riduzioni più elevate all’aliquota tariffaria.

La Commissione segue con estrema attenzione il funzionamento del nuovo regime delle importazioni e partecipa in maniera costruttiva al processo Støre allo scopo di giungere a un accordo che offra un livello adeguato di protezione del mercato dell’UE e, com’è auspicabile, allo stesso tempo ponga fine alla controversia sulle banane.

 

Interrogazione n. 58 dell'on. Mairead McGuinness (H-0702/06)
 Oggetto: Finanziamento del bilancio dell'UE e conseguenti prospettive per la PAC
 

Secondo una recente relazione di Teagasc, l'ente nazionale irlandese di ricerca, consulenza e formazione per l'industria agricola e alimentare, gli agricoltori irlandesi usufruiranno maggiormente in futuro degli aiuti diretti al reddito elargiti dall'UE, qualora l'UE dovesse concordarlo in sede OMC.

Questa prospettiva si presenta in un periodo in cui sembra sussistere un minore impegno da parte degli Stati membri dell'UE nel finanziare le politiche dell'Unione per il futuro, incluse quelle relative all'agricoltura, rendendo così meno certa la sopravvivenza dell'attuale regime dei pagamenti disaccoppiati oltre il 2013.

Dal punto di vista del bilancio, come intende la Commissione affrontare le realtà sempre più dure e conflittuali cui sono confrontati molti agricoltori nell'UE?

Gli agricoltori devono essere più competitivi, ma sanno di non poter competere con le crescenti quantità di alimenti a buon mercato prodotti in base a standard più bassi all'esterno dell'UE a seguito di un accordo concluso nell'ambito dell'OMC. Allo stesso modo si rendono conto che l'impegno dell'UE nel settore agricolo e alimentare si sta attualmente riducendo.

 
  
 

Lo scopo principale della riforma della politica agricola comune (PAC) del 2003 era rafforzare la competitività del settore agricolo comunitario. La nuova PAC incoraggia gli agricoltori a ottenere redditi più adeguati dal mercato anziché calcolare la migliore combinazione di sovvenzioni, e promuove norme elevate in materia di protezione dell’ambiente, benessere degli animali e sicurezza alimentare per consentire all’agricoltura dell’UE di far fronte alle sfide di un futuro contesto commerciale ragionevole.

Un esito ambizioso dei negoziati, attualmente interrotti, nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) sulla liberalizzazione degli scambi commerciali rappresenterà di certo una sfida per l’agricoltura dell’UE, in particolare l’applicazione di tariffe più basse e la prevista eliminazione delle restituzioni all’esportazione. Al contempo, un accordo in seno all’OMC aprirebbe nuove opportunità di mercato per le esportazioni agricole dell’UE, soprattutto per i prodotti di qualità e ad alto valore aggiunto.

Per il momento non esiste alcun motivo per prendere in considerazione la possibilità di modificare il contenuto politico della riforma della PAC del 2003. Per il 2008 è prevista una verifica dei principali strumenti della PAC allo scopo di mantenere l’idea generale alla base della riforma della PAC, ossia la sostenibilità sotto il profilo economico, ambientale e sociale, che resterà valida anche in futuro.

L’onorevole parlamentare fa riferimento all’aspetto finanziario della questione. Con l’accordo interistituzionale del maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria sono state decise le prospettive finanziarie per tutto il periodo dal 2007 al 2013. Nel dicembre 2005 il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a procedere “a una revisione generale e approfondita comprendente tutti gli aspetti relativi alle spese dell’UE, compresa la PAC, e alle risorse, inclusa la correzione per il Regno Unito, e a presentarla nel 2008/2009”. Si tratterà pertanto di una revisione che affronterà la questione di bilancio sollevata dall’onorevole parlamentare. Il Parlamento sarà associato a tale revisione.

 

Interrogazione n. 59 dell'on. Brian Crowley (H-0704/06)
 Oggetto: Bilancio dell'UE per il periodo 2007-2013
 

Può la Commissione fare una dichiarazione su come il bilancio dell'Unione europea per il periodo 2007-2013 contribuirà a migliorare il livello di competitività dell'Unione europea dal punto di vista economico?

 
  
 

L’accordo finale su un quadro finanziario per l’UE per il periodo 2007-2013 fornisce uno schema stabile e coerente per il finanziamento di un’Unione europea allargata nei prossimi sette anni.

Per tutto il periodo l’UE spenderà 74 miliardi di euro per programmi e iniziative nell’ambito della sottorubrica 1A, incentrata direttamente su competitività e occupazione. Inoltre, i considerevoli investimenti previsti in altre rubriche contribuiranno a promuovere la crescita e l’occupazione in Europa e pertanto a rafforzare la competitività globale dell’UE. Questo vale in particolare per lo stanziamento di 308 miliardi di euro della sottorubrica 1B destinato alla coesione per la crescita e l’occupazione. L’UE investirà pertanto 382 miliardi di euro, ovvero il 44 per cento del proprio bilancio generale, per promuovere la crescita, l’occupazione e la competitività.

La spesa destinata alla competitività per la crescita e l’occupazione (sottorubrica 1A) aumenterà di circa il 70 per cento tra il 2006 e il 2013 e quella destinata alla coesione per la crescita e l’occupazione (sottorubrica 1B) di più del 20 per cento nello stesso periodo.

Alcuni esempi di programmi specifici che accresceranno la capacità dell’Europa di competere sul mercato mondiale sono costituiti dal programma per la competitività e l’innovazione (CIP), dal settimo programma quadro di ricerca, dal programma riguardante l’apprendimento permanente, dal programma GALILEO e dalle reti transeuropee.

Inoltre, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione proposto di recente contribuirà a far fronte ai costi sociali del processo di adeguamento in corso nell’UE per promuovere la competitività nel contesto dei mutamenti del commercio mondiale. Questo strumento sarà finanziato attraverso i fondi non spesi.

Il quadro finanziario offre una base per un’Unione europea più competitiva nei prossimi sette anni ed è chiaro che i finanziamenti comunitari possono svolgere un ruolo catalizzatore al riguardo. Detto questo, la promozione della crescita, dell’occupazione e della competitività è una responsabilità condivisa e richiederà il compimento da parte degli Stati membri di analoghi sforzi. Anche se le basi sono ormai state poste, all’ambizione e alle azioni a livello europeo dovranno corrispondere adeguati investimenti e contributi da parte di attori pubblici e privati a tutti i livelli per consentire all’Europa di crescere e prosperare.

 

Interrogazione n. 60 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0710/06)
 Oggetto: La sesta direttiva IVA dell'Unione europea
 

L'interrogante ha ricevuto da un cittadino irlandese alcune segnalazioni che in termini generali si possono sintetizzare nel modo seguente:

Questa persona svolge un servizio pubblico, ossia si occupa della fornitura di servizi postali, e a questo scopo ha arredato dei locali nuovi sostenendo una spesa di 250.000 euro. Per l'arredamento dei suddetti locali l'importo dell'IVA dovuta ammonta ad oltre 33.000 euro.

Secondo le disposizioni della sesta direttiva IVA dell'UE (77/388/CEE(1)) egli non ha alcuna possibilità di chiedere il rimborso dell'IVA allo Stato per il fatto che svolge un servizio pubblico, mentre, qualora prestasse un servizio privato o commerciale, potrebbe recuperare tale somma dallo Stato.

È disposta la Commissione a rivedere l'applicazione della sesta direttiva IVA dell'UE al fine di esaminare come i fornitori di servizi pubblici possono essere trattati in modo così diverso rispetto ai fornitori di servizi privati, e valutare quali misure si possono adottare per garantire il superamento di tale anomalia nell'ambito dell'attuale regime fiscale dell'UE in una prospettiva futura?

 
  
 

Uno dei principi fondamentali della sesta direttiva relativa all’imposta sul valore aggiunto (IVA)(2) è che l’IVA versata per i costi sostenuti da un soggetto passivo è deducibile soltanto se tali costi sono legati alla fornitura di beni o servizi soggetti a imposta.

L’articolo 13, punto A, paragrafo 1, lettera a) e punto B, lettera e) stabilisce che la fornitura di servizi pubblici postali e di francobolli è esentata dall’IVA. Quando le attività di un operatore rientrano nell’ambito di questa disposizione, beni e servizi forniti (come uscite) sono esentati dall’IVA, ma l’IVA versata per i beni e i servizi dallo stesso acquistati (come entrate) non è deducibile.

E’ vero tuttavia che l’esenzione dall’IVA per i servivi pubblici postali e i francobolli non è del tutto adeguata al mercato postale liberalizzato a seguito della direttiva 97/67/CE. L’attuale esenzione dall’IVA è distorsiva della concorrenza tra operatori come gli ex monopoli di Stato che beneficiano dell’esenzione e altri operatori che non ne hanno diritto. La Commissione ha già segnalato le disparità di applicazione di questa esenzione nella Comunità.

Per affrontare questa situazione, nel 2003 la Commissione ha proposto(3) di abolire l’attuale esenzione dall’IVA sui servizi pubblici postali e sui francobolli con la possibilità per gli Stati membri di applicare un’aliquota ridotta dell’IVA a un’ampia serie di servizi postali. Quest’ultimo aspetto limiterebbe le ripercussioni sui prezzi per i consumatori privati. Gli Stati membri non sono tuttavia riusciti a giungere a un accordo e la proposta è ancora bloccata in Consiglio.

E’ tuttavia necessaria una corretta applicazione dell’esenzione dell’IVA sui servizi postali nella Comunità. La Commissione ha dovuto avviare procedure di infrazione contro alcuni Stati membri(4) in cui l’attuale esenzione dall’IVA non viene applicata in modo corretto. Nel frattempo, la Commissione esorta il Consiglio a riprendere le discussioni e ad adottare la sua proposta di modernizzazione del trattamento IVA dei servizi postali. E’ chiaro che la situazione attuale è insoddisfacente per tutte le parti, compresi, come sottolineato dall’onorevole parlamentare, gli operatori del settore esentato, che non possono recuperare l’IVA versata per investimenti indispensabili.

 
 

(1) GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1.
(2) Sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (77/388/CEE), GU L 145 del 13.6.1977.
(3) COM (2003) 234 def. del 5 maggio 2003 modificato da COM (2004) 468 dell’8 luglio 2004.
(4) Regno Unito, Germania e Svezia.

 

Interrogazione n. 61 dell'on. Sajjad Karim (H-0715/06)
 Oggetto: Scambi studenteschi
 

Nella sua relazione sulle relazioni UE-India: una partnership strategica (A6-0256/2005) il Parlamento europeo "si congratula per la recente firma fra la Commissione e il governo dell'India di un accordo in base al quale la Commissione crea mille borse di studio (per un importo di 33 milioni di euro) per l'accesso di studenti indiani a università europee in virtù del programma Erasmus Mundus, (...) prende nota del fatto che il Consiglio indiano per le relazioni culturali offre a studenti europei la possibilità di accedere a università indiane, ma lo invita a mostrare maggiore interesse per questo aspetto al fine di contribuire più attivamente a consolidare le basi dell'associazione strategica."

Può la Commissione fornire informazioni aggiornate in merito alla situazione dell'attuazione di queste proposte, con particolare riferimento alla collaborazione in materia scientifica e tecnologica?

La Commissione crede che scambi professionali ed economici potrebbero essere utili, sia per la comprensione interculturale, sia per la promozione di un flusso di informazioni a doppio senso?

La Commissione prevede di dar seguito al successo del Programma di formazione di dirigenti - Scambio tra i popoli - esistente con il Giappone e la Corea estendendo il programma all'India con finanziamenti congrui?

 
  
 

La promozione di scambi accademici e studenteschi costituisce un aspetto importante del piano d’azione comune UE-India concordato nel corso dell’ultimo Vertice UE-India svoltosi nel settembre 2005. Si tratta di uno degli elementi fondamentali degli sforzi compiuti per accrescere la visibilità dell’UE in India e dimostrare che anche l’Europa, al pari dell’India, rappresenta il futuro.

La Commissione ha stanziato un importo di 33 milioni di euro per la “finestra” a favore dell’India del programma ERASMUS per il periodo 2005-2007. Tale importo dovrebbe consentire di finanziare circa 900 borse di studio in un periodo di tre anni (2005-2007).

Erasmus Mundus ha registrato risultati estremamente positivi in India. Nei primi due anni di attuazione della “finestra” a favore dell’India del programma, è stata utilizzata circa la metà dell’importo totale per finanziare più di 400 borse di studio per studenti indiani. Nel terzo e ultimo anno di attuazione della “finestra” (anno accademico 2007-2008), la Commissione prevede di finanziare circa 500 altre borse di studio.

Per conseguire questo risultato, di recente la Commissione, attraverso la sua delegazione a Delhi, ha intensificato gli sforzi volti a divulgare informazioni su Erasmus Mundus in India. Dal 24 al 26 novembre 2006 si svolgerà a Delhi un’importante fiera europea dedicata all’istruzione superiore, che potrà essere utilizzata quale occasione per un’opera di ulteriore sensibilizzazione sulle opportunità offerte dal programma.

A seguito dell’esito positivo della prima fase, in seno alla Commissione sono in corso discussioni riguardo alla proroga della “finestra” a favore dell’India di Erasmus Mundus dopo il 2007.

Per rispondere alla preoccupazione dell’onorevole parlamentare, la Commissione desidera sottolineare che più della metà degli studenti indiani che hanno ricevuto una borsa di studio nell’ambito di ERASMUS per studiare in Europa intende scegliere quali materie scienza e tecnologia.

La Commissione e le autorità indiane non hanno previsto di attuare in India il programma di formazione di dirigenti in quanto il suo scopo principale è fornire formazione a professionisti europei nelle lingue dei mercati di esportazione più importanti per l’UE, ossia Cina, Giappone e Corea, in cui non è diffusa la conoscenza delle lingue europee. L’uso sistematico dell’inglese nei contatti commerciali con l’India non rende necessario estendere il programma in questione a tale paese.

 

Interrogazione n. 62 dell'on. Rosa Miguélez Ramos (H-0716/06)
 Oggetto: Incendi di foreste in Galizia
 

La Penisola iberica, soprattutto la regione della Galizia, è stata colpita ancora una volta quest'estate da un'ondata di incendi di foreste che hanno distrutto centinaia di migliaia di ettari di bosco e di vegetazione, allevamenti, vigneti, orti, case e infrastrutture agricole, compromettendo l'agricoltura, l'allevamento e il patrimonio forestale e causando gravi danni alle economie locali, all'attività produttiva e al turismo.

Può dire la Commissione in che modo le nuove misure o i nuovi piani di gestione sostenibile delle foreste da essa previsti potranno contribuire a ridurre tali effetti catastrofici e a correggere la complessa ed incerta situazione ambientale in cui si trova il territorio della Galizia, che è parte integrante dell'importante patrimonio forestale del sud dell'Europa?

Può dire inoltre quali misure intende prendere per correggere alcune delle conseguenze negative della PAC, che sono all'origine dello spopolamento e dell'abbandono – dovuti alla scarsa redditività – degli spazi forestali e dell'ambiente rurale?

Può dire infine in che modo conta di facilitare l'applicazione del Fondo di solidarietà, onde evitare che, ancora una volta, come è già accaduto in altre occasioni, la sua utilizzazione sia un insuccesso?

 
  
 

La Commissione è consapevole della gravità dei danni causati dagli incendi di foreste verificatisi quest’estate, soprattutto nella regione della Galizia, e desidera esprimere profonda solidarietà alle persone colpite.

Attualmente la Commissione sta organizzando lo svolgimento di uno studio il cui scopo è ottenere un quadro globale delle cause alla base del deterioramento delle foreste nell’UE, fra cui anche gli incendi forestali. Questo studio, i cui risultati sono previsti per la fine del 2007, dovrebbe consentire di definire proposte concrete per prevenire il deterioramento delle foreste a livello di UE. Lo studio fa parte del piano d’azione dell’UE per le foreste presentato dalla Commissione nel giugno 2006(1). Inoltre, la proposta LIFE+(2) si aggiunge agli strumenti esistenti a sostegno delle azioni in materia ambientale, inserendosi in un nuovo strumento più ampio e più integrato. La proposta prevede di sostenere programmi di monitoraggio di boschi e foreste e di prevenzione degli incendi boschivi, consentendo di continuare le attività attuate nell’ambito del regolamento Forest Focus, che scadrà alla fine del 2006.

Per quanto riguarda la politica agricola comune (PAC), negli ultimi anni sono state introdotte modifiche sostanziali a seguito delle riforme della PAC del 2003/2004. La politica di sviluppo rurale promuove lo sviluppo sostenibile delle aree rurali, contribuendo a rafforzare la competitività dell’agricoltura e della silvicoltura, e la creazione di nuove fonti di reddito e di occupazione nelle aree rurali. Il nuovo regolamento relativo allo sviluppo rurale(3) per il periodo 2007-2013 include alcune misure a favore del settore forestale che gli Stati membri possono attuare in base alle loro priorità, fra cui misure di prevenzione degli incendi di boschi e foreste e di ricostituzione di boschi e foreste danneggiati dagli incendi.

In merito al Fondo di solidarietà, lo Stato membro interessato deve presentare richiesta alla Commissione entro dieci settimane dalla data in cui si è verificato il primo danno. Al 26 settembre 2006 non è pervenuta dal governo spagnolo alcuna richiesta di questo genere. La possibilità di assistenza finanziaria a titolo del Fondo di solidarietà dipende dal fatto che siano o meno soddisfatti i criteri stabiliti nel regolamento(4) per la mobilitazione del Fondo. L’assistenza finanziaria del Fondo di solidarietà può essere utilizzata per un numero limitato di interventi di emergenza effettuati dalle autorità pubbliche, come la riparazione provvisoria di infrastrutture fondamentali, la fornitura di alloggi temporanei e il finanziamento di servizi di soccorso. Il Fondo non può compensare perdite private, neppure nei settori agricolo e forestale.

 
 

(1) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su un piano d’azione dell’UE per le foreste, COM(2006) 302 def. del 15.6.2006.
(2) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante lo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE +), COM(2004) 621 def. del 29.9.2004.
(3) Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), GU L 227 del 21.10.2005.
(4) Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea.

 

Interrogazione n. 65 dell'on. Sarah Ludford (H-0722/06)
 Oggetto: Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate
 

Nell'aprile 2004 il Consiglio ha approvato la direttiva 2004/82/CE(1) sull'obbligo dei vettori di comunicare in anticipo i dati relativi alle persone trasportate, nonostante che il Parlamento europeo avesse respinto la proposta in ragione delle inadeguate garanzie di protezione dei dati. Il fatto che la direttiva sia basata sulle basi giuridiche del controllo delle frontiere e dell'immigrazione (articoli 62, paragrafo 2, a) e 63, paragrafo 3, b) TEC) non ha impedito agli Stati membri di assumersi l'autorità di utilizzare i dati per scopi di polizia (articolo 6, paragrafi 1 e 5), senza limiti di tempo sulla conservazione dei dati o nessun altra salvaguardia a livello europeo della privacy dei dati.

La direttiva 2004 doveva essere attuata dagli Stati membri al 5 settembre 2006 ma la proposta decisione quadro del terzo pilastro sulla protezione dei dati per le informazioni relative alla sicurezza tuttora non è stata concordata dal Consiglio. Qual è pertanto l'attuale posizione della Commissione sulla conformità della direttiva 2004 ai requisiti di protezione dei dati?

 
  
 

Gli Stati membri stanno recependo la direttiva 2004/82/CE nel diritto nazionale. In tale processo devono rispettare le disposizioni della direttiva in questione e della direttiva 95/46/CE relativa alla protezione dei dati personali e la corrispondente legislazione nazionale in materia di protezione dei dati personali. Per il momento, nove Stati membri hanno informato la Commissione di aver (parzialmente) recepito la direttiva 2004/82/CE. La Commissione sta analizzando le misure nazionali di recepimento alla luce della direttiva 2004/82/CE e della direttiva 95/46/CE.

 
 

(1) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 24.

 

Interrogazione n. 66 dell'on. Jacky Henin (H-0723/06)
 Oggetto: Azione contro i movimenti speculativi di capitali investiti a breve termine
 

La società Tréfimétaux, del gruppo italiano KME, specializzata nella trasformazione del rame, intende delocalizzare in Germania e in Italia le attività di fonderia e di laminazione attualmente presenti in Francia, sopprimendo in tal modo 215 posti di lavoro. Tale scelta si rivela incomprensibile sotto il profilo della competitività dell'impresa, in quanto lo stabilimento tedesco è meno performante e il costo della manodopera è più elevato. La decisione adottata dalla KME, su pressione della società finanziaria INTEK, che impone tassi di redditività del 18%, spingerà la clientela verso fornitori esterni all'Unione europea. Ci troviamo dunque alla presenza di una situazione in cui azionisti poco scrupolosi, che compromettono la strategia e l'esistenza dell'impresa per rendere produttivi i propri investimenti speculativi a breve termine.

Quali iniziative intende adottare la Commissione per contrastare il flagello dei movimenti di capitale speculativi a breve termine che distruggono l'occupazione e minano lo sviluppo industriale dell'Unione?

 
  
 

Le perdite di posti di lavoro dovute alla delocalizzazione di imprese sono motivo di preoccupazione per la Commissione, tuttavia l’onorevole parlamentare saprà che il Trattato prevede la libera circolazione dei capitali nell’Unione europea, tranne che in specifiche circostanze, quale condizione per il corretto funzionamento del mercato unico. La delocalizzazione di imprese è un fenomeno normale nella vita economica e riflette un processo di efficace distribuzione delle risorse nell’economia dell’UE, facendo sì che gli investimenti siano destinati ai progetti che offrono il massimo livello di redditività e che l’economia possa ristrutturarsi e diversificarsi. In questo processo di distribuzione delle risorse vi sono purtroppo inevitabili costi di adeguamento, in quanto capitali, posti di lavoro e competenze legati ai progetti si trasferiscono da un luogo a un altro. L’effetto complessivo dei movimenti di imprese sull’andamento dell’economia dell’UE e sul benessere dei cittadini dell’Unione resta tuttavia positivo. Sarebbe pertanto controproducente scoraggiare o vietare questo processo economico.

L’Unione europea dispone tuttavia di norme molto chiare applicabili in questi tipi di circostanze, e dobbiamo chiedere con fermezza che vengano mantenute. Ad esempio, una decisione di delocalizzazione deve essere preceduta da un’adeguata informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori, come previsto da varie direttive comunitarie. In questo contesto riveste fondamentale importanza il dialogo sociale, come la Commissione rammenta sistematicamente.

Le imprese hanno una considerevole responsabilità sociale per l’Europa, e ciò dovrebbe risultare ovunque evidente. La Commissione non critica a priori la decisione di un’impresa che comporti una delocalizzazione, tuttavia conduce politiche in cui si attribuisce maggiore importanza alle soluzioni sostenibili rispetto ai benefici a breve termine. Non si tratta soltanto di una questione di responsabilità sociale, ma anche di conseguire obiettivi di politica industriale, una politica industriale attiva che mantenga l’attività in Europa.

La Commissione sta anche definendo una serie di strumenti che possono contribuire ad attenuare le ripercussioni sociali del cambiamento e delle ristrutturazioni, e a questo proposito possono svolgere un ruolo molto importante in particolare i Fondi strutturali e il Fondo sociale europeo. La Commissione esorta gli Stati membri a integrare pienamente nelle loro priorità e nella programmazione nazionale l’obiettivo definito a livello europeo di un adattamento al cambiamento.

 

Interrogazione n. 67 dell'on. Chris Davies (H-0725/06)
 Oggetto: Detenzione di membri eletti del Consiglio legislativo palestinese
 

Quali passi di protesta ha effettuato la Commissione presso il governo di Israele riguardo alla detenzione senza accuse né processo di membri eletti del Consiglio legislativo palestinese?

 
  
 

La Commissione condivide la preoccupazione dell’onorevole parlamentare riguardo alla detenzione di membri eletti del Consiglio legislativo palestinese (CLP). La detenzione di legislatori palestinesi è in contrasto con il diritto internazionale, oltre ad avere effetti negativi per le istituzioni dell’Autorità palestinese che è nostro dovere tutelare.

La Commissione ha sollevato la questione con le controparti israeliane in varie occasioni, per esempio durante il viaggio compiuto dal Commissario per le Relazioni esterne in Israele nel luglio 2006.

La Commissione ritiene che la questione vada considerata tenendo conto di un quadro più vasto. Il rilascio dei membri del CLP detenuti fa parte di una più ampia serie di questioni che deve essere risolta per consentire il riavvio dei negoziati tra israeliani e palestinesi.

La Commissione ha accolto con favore la decisione del tribunale militare palestinese della scorsa settimana di rilasciare diciotto legislatori palestinesi. Si resta in attesa della decisione definitiva del tribunale a seguito dell’appello della procura delle forze di difesa israeliane.

 

Interrogazione n. 68 dell'on. Catherine Stihler (H-0728/06)
 Oggetto: Coordinamento dei Servizi segreti
 

Il settimanale italiano L'espresso ha pubblicato recentemente un riferimento della Commissione alla creazione di un "Centro che coordina vari servizi segreti". Virtualmente niente è trapelato sul Centro dalla sua costituzione - sembra - l'anno scorso, nonostante l'auspicio espresso dalla Commissione per un "maggior controllo parlamentare" sui servizi di sicurezza nazionali nell'Unione.

Potrebbe la Commissione confermare l'esistenza di un Centro UE di coordinamento dei servizi segreti? Potrebbe inoltre fornire dettagli sul suo finanziamento, il suo staff, le nazioni partecipanti e che tipo di controllo parlamentare esista sulle sue attività?

 
  
 

E’ vero che il Commissario per la Giustizia, la libertà e la sicurezza ha fatto riferimento al Centro di situazione dell’UE, noto in generale come “SITCEN”, nell’intervista al settimanale italiano L’Espresso menzionata nell’interrogazione. La Commissione accoglie con favore il contributo del SITCEN alla sicurezza dell’UE dopo il rafforzamento dei suoi mezzi e del suo mandato a seguito degli attentati terroristici di Madrid dell’11 marzo 2004.

L’espressione “Centro che coordina vari servizi segreti” menzionata dall’onorevole parlamentare non è stata usata in quanto tale dal Commissario per la Giustizia, la libertà e la sicurezza per descrivere il SITCEN. Tale espressione è stata in realtà usata dal settimanale L’Espresso che fa riferimento in italiano a un “centro di coordinamento dei servizi a Bruxelles”. Questa espressione può indurre in errore il lettore per quanto riguarda le attività del SITCEN che non comprendono il coordinamento di attività operative antiterroriste, ma soltanto l’attività relativa alla pertinente analisi di dati informativi strategici.

In ogni caso, non vi è nulla di segreto riguardo all’originaria creazione del SITCEN per sostenere la politica estera e di sicurezza comune alla fine degli anni ’90 o alla decisione adottata nel 2004 di estenderne il mandato alla fornitura al Consiglio di valutazioni strategiche delle minacce ai fini della lotta contro il terrorismo sulla base di informazioni provenienti dai servizi nazionali. In effetti, nel dicembre 2004 lo stesso Consiglio europeo ha accolto con favore il piano d’azione riveduto dell’UE e le relazioni aggiuntive presentate dal Segretario generale/Alto rappresentante e dalla Commissione sulla lotta contro il terrorismo nonché i progressi compiuti dal giugno 2004, che dovrebbero portare a ulteriori risultati concreti come evidenziato in tali contributi e in particolare: […/…] per quanto concerne la cooperazione in materia di intelligence, le connessioni stabilite tra il Gruppo antiterrorismo e il rafforzato Centro di situazione dell’UE, che a decorrere dal 1o gennaio 2005 fornirà al Consiglio valutazioni strategiche delle minacce sulla base di informazioni provenienti dai servizi nazionali, e un migliore scambio di informazioni con l’Europol. Il Consiglio europeo ha invitato il Segretario generale/Alto rappresentante a riferire sui progressi compiuti, compresa la cooperazione rafforzata tra i servizi di polizia e i servizi di sicurezza anche in connessione con il Centro di situazione. Queste conclusioni del Consiglio europeo sono pubbliche.

Dal punto di vista istituzionale e amministrativo il SITCEN è un servizio del Segretariato generale del Consiglio. La Commissione non può fornire maggiori informazioni come richiesto dall’onorevole parlamentare.

 

Interrogazione n. 69 dell'on. Gerardo Galeote (H-0729/06)
 Oggetto: Incendi nell'estate 2006 in Galizia
 

Tra il 3 e il 15 agosto dell'anno corrente la Galizia ha subito la maggiore ondata di incendi della sua storia. Quest'anno, sia il numero di incendi che l'estensione delle aree bruciate sono stati molto maggiori del solito.

E' evidente che per lottare contro gli incendi, le autorità regionali e nazionali del territorio interessato organizzano i dispositivi adeguati che, qualora risultino insufficienti, possono e debbono essere coadiuvati dall'aiuto e la solidarietà europea, particolarmente mediante i servizi di protezione civile funzionanti nell'Unione.

Potrebbe la Commissione fornire informazioni esatte su quale giorno del mese di agosto le autorità spagnole hanno contattato i servizi della Commissione richiedendo aiuti e in che giorno la Commissione ha ricevuto la richiesta di aiuti nella lotta contro il fuoco che imperversava nella Comunità autonoma di Galizia durante la prima metà del mese di agosto?

Potrebbe la Commissione specificare che tipo di aiuti ha sollecitato il governo spagnolo e quali sono stati i mezzi forniti dall'Unione nella lotta contro gli incendi?

 
  
 

Il Centro di monitoraggio e informazione (CMI) della protezione civile della Commissione ha ricevuto una richiesta di assistenza dal governo spagnolo per lottare contro gli incendi forestali nella Comunità autonoma della Galizia. La richiesta è pervenuta al CMI il 9 agosto 2006 alle 9.32.

Il governo spagnolo ha chiesto tre aerei Canadair, cinque elicotteri dotati di benne per l’acqua o elicotteri cisterna e 20 autobotti antincendio.

Tale richiesta ha provocato una rapida risposta da parte del CMI, che ha immediatamente allertato le autorità della protezione civile dei 30 paesi che partecipano al meccanismo comunitario di protezione civile. Entro poche ore la Spagna ha ricevuto offerte di assistenza da vari Stati membri. Lo stesso giorno, a poche ore dalla richiesta di assistenza della Spagna, sono arrivati nel paese quattro aerei Canadair e un’unità antincendio composta da 20 veicoli e 65 vigili del fuoco. Le offerte successive hanno incluso elicotteri e unità antincendio composte da personale, vari tipi di autobotti e attrezzature antincendio. Italia, Portogallo e Francia sono stati tra i primi a fornire l’assistenza della protezione civile attraverso il meccanismo comunitario.

 

Interrogazione n. 70 dell'on. Hans-Peter Mayer (H-0731/06)
 Oggetto: Obbligo per i cittadini dell'UE di pagare un elevato dazio doganale per l'importazione di veicoli in Portogallo
 

Ogni cittadino dell'UE il cui veicolo sia immatricolato in uno Stato diverso dal Portogallo e che risieda sul territorio portoghese più di 180 giorni l'anno (per esempio, se decide di trascorrervi l'inverno), è tenuto a pagare un dazio doganale nel quadro di una procedura d'importazione (cfr. in particolare il decreto legislativo n. 40/1993). Sono esclusi da tale obbligo di pagamento soltanto gli automezzi pesanti, le roulotte, i motocicli e i veicoli industriali, che devono dimostrare di essere in possesso di determinati requisiti (per esempio, il numero dei posti).

Un'esenzione per i cittadini dell'UE che vogliono fissare in Portogallo la loro dimora abituale è possibile solo in base a requisiti rigorosi (cfr. il decreto legislativo n. 264/1993).

Il metodo di calcolo del dazio comporta di norma che l'importo da pagare per l'importazione del veicolo raggiunge un livello sproporzionato rispetto al prezzo d'acquisto o al valore di mercato.

Può la Commissione far sapere se le disposizioni nazionali della Repubblica portoghese, che obbligano i cittadini dell'UE che soggiornano in Portogallo più di 180 giorni a importare il loro veicolo e a pagare un dazio elevato, sono compatibili con il diritto comunitario?

 
  
 

Occorre innanzi tutto sottolineare che le tasse di immatricolazione di autoveicoli, come l’Imposto automóvel (di seguito denominato IA) stabilito conformemente ai decreti legislativi n. 40/1993 e n. 264/1993 in Portogallo, presentano palesemente carattere fiscale e vengono riscosse non a causa dell’attraversamento da parte di un’autovettura della frontiera dello Stato membro che l’ha introdotta, bensì per altri elementi fattuali, fra cui la prima immatricolazione dell’autovettura sul territorio di tale Stato(1). Tali tasse devono pertanto essere considerate parte di un sistema generale di tributi interni che gravano sulle merci e non dazi doganali all’importazione ai sensi degli articoli 23 e 25 del Trattato CE. Il Portogallo non agisce pertanto in violazione del diritto comunitario solo perché mantiene tale tassa, a condizione che non si creino nei confronti dei veicoli importati discriminazioni vietate dall’articolo 90 del Trattato CE. La Commissione non dispone di informazioni da cui risulti l’esistenza di tali discriminazioni.

Quanto al requisito di immatricolare un veicolo in Portogallo e di versare la relativa tassa quando una persona abbia trascorso più di 180 giorni in tale paese, va sottolineato che la direttiva 83/182/CEE del Consiglio relativa alle franchigie fiscali applicabili in materia d’importazione temporanea di autoveicoli prevede un requisito quantitativo di sei mesi per ogni periodo di dodici mesi, durante i quali gli Stati membri devono esentare da tali tasse i veicoli privati immatricolati in un altro Stato membro. Quando una persona trascorre più tempo in un particolare Stato membro, come regola generale lo Stato membro interessato può imporre la tassa in questione. Stabilendo un criterio quantitativo di 180 giorni a tale fine, in alcuni casi il decreto legislativo portoghese n. 264/1993 può determinare una differenza pari anche a cinque giorni. La Commissione intende contattare le autorità portoghesi in materia.

In merito alla possibilità prevista dalla legislazione portoghese di ottenere a condizioni molto rigorose l’esenzione dalla tassa di immatricolazione di autoveicoli nei casi in cui cittadini dell’UE desiderino stabilire la propria residenza in Portogallo, va rammentato che a livello di UE non esiste alcuna armonizzazione nel settore delle tasse di immatricolazione di autoveicoli, e pertanto gli Stati membri non hanno alcun obbligo di esentare da tali tasse i veicoli importati definitivamente nel loro territorio(2). Il Portogallo, di sua iniziativa, ha tuttavia deciso di esentare dall’IA i veicoli personali importati in occasione del trasferimento della propria residenza in Portogallo da parte del proprietario. E’ ovvio che la Commissione accoglie con favore l’iniziativa, ma non ha la competenza necessaria per chiedere al Portogallo di modificare le condizioni stabilite a tale fine.

Per quanto riguarda le elevate aliquote fiscali, è necessario ribadire che, poiché non esiste un’armonizzazione nel settore della tassazione di autoveicoli a livello di UE, gli Stati membri possono stabilire tali tasse e determinarne il livello come ritengono opportuno. Secondo la sentenza emessa dalla Corte nella causa Commissione contro Danimarca, l’articolo 90 del Trattato CE non consente di censurare il carattere eccessivo dei livelli di tassazione e pertanto gli Stati membri possono decidere liberamente in merito alle aliquote fiscali, anche se potrebbero apparire eccessivamente elevate(3). Ne consegue che il Portogallo, applicando aliquote fiscali elevate all’immatricolazione di autoveicoli, non viola il diritto comunitario, a condizione che non si creino ostacoli transfrontalieri agli scambi tra Stati membri e che venga rispettato il principio di non discriminazione sancito nel Trattato CE.

 
 

(1) Sentenza della Corte del 17 giugno 2003 pronunciata nella causa C-383/01, De Danske Bilimportører Skatteministeriet, Told- og Skattestyrelsen, Racc. 2003, pag. I-06065, punto 34.
(2) Purtroppo, secondo la Corte, le tasse di immatricolazione di autoveicoli non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 83/183/CEE, nel senso che l’esenzione in essa prevista non si applica nei casi di IA. Cfr. sentenze del 15 luglio 2004 pronunciate nella causa C-365/02, Marie Lindfors, punti 22 e 23 e nella causa C-387/01, Harald Weigel, Ingrid Weigel Finanzlandesdirektion für Vorarlberg, punto 45.
(3) Sentenza della Corte dell’11 dicembre 1990 pronunciata nella causa C-47/88, Commissione delle Comunità europee/Regno di Danimarca, Racc. 1990, pag. I-04509, punto 10.

 

Interrogazione n. 71 dell'on. Georgios Karatzaferis (H-0732/06)
 Oggetto: Sentenza a favore delle cooperative edilizie greche
 

Secondo taluni articoli della stampa greca (per esempio, il quotidiano "ETHNOS", del 17.7.2006, ecc.), la Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto il ricorso di una cooperativa edilizia greca la cui proprietà è vincolata dallo Stato greco (da decenni) in quanto ritenuta "area forestale" benché lo stesso Stato greco abbia riconosciuto ufficialmente che detta cooperativa e altre 325 cooperative ed i loro membri hanno pagato e pagano regolarmente i contributi. Curiosamente, l'unica a restare indifferente è la Commissione sebbene anche il Parlamento europeo abbia invitato -attraverso il sig. Libicki, presidente della commissione per le petizioni- il sig. Karamanlis, primo ministro greco, a risolvere tale questione.

Non si rende conto la Commissione che tutti, tranne la stessa, constatano le azioni illegali delle autorità greche che mantengono vincolata la proprietà di 1,5 milioni di cittadini greci e di altre nazionalità dell'UE in Grecia? Come intende la Commissione reagire nei confronti delle autorità greche?

 
  
 

La Commissione desidera richiamare l’attenzione dell’onorevole parlamentare sul fatto che ha risposto in varie occasioni a interrogazioni del Parlamento europeo riguardanti proprio lo stesso argomento. Si tratta delle interrogazioni scritte E-0316/05 e E-0450/06 e delle petizioni P-819/2005, P-462/2005, P-392/2005, P-330/2004, P-298/2004 e P-158/2004.

In una lettera inviata all’onorevole parlamentare il 7 giugno 2006 in risposta a una lettera del 13 marzo 2006, il Presidente della Commissione ha ribadito la posizione della Commissione secondo cui “…le questioni sollevate non rientrano nel diritto comunitario e pertanto la Commissione non può intervenire. Questo caso riguarda possibili violazioni del diritto fondamentale in materia di proprietà da parte dello Stato greco in Grecia. La controversia con lo Stato greco è limitata a questioni relative all’esercizio di diritti come comproprietari di terreni edificabili, che non rientrano in alcun modo nel diritto comunitario. Non è pertanto possibile stabilire il legame necessario tra diritto fondamentale eventualmente violato e diritto comunitario”.

 

Interrogazione n. 72 dell'on. Claude Moraes (H-0735/06)
 Oggetto: Acquisto e vendita di armi leggere
 

Con riferimento a Europol e alla cooperazione generale in materia di polizia, la Commissione ha proposte specifiche riguardo all'acquisto, vendita e trasferimento di armi leggere tra Stati membri, in quanto la questione interessa particolarmente la mia circoscrizione di Londra?

 
  
 

I trasferimenti intracomunitari di armi leggere (ossia escluse le armi da guerra) sono disciplinati essenzialmente dalle disposizioni della direttiva del Consiglio(1) relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi.

Questa direttiva stabilisce un’armonizzazione minima, nel senso che gli Stati membri possono adottare nella propria legislazione disposizioni più rigorose di quelle previste nella direttiva.

La direttiva prevede in particolare uno scambio di informazioni e/o un’autorizzazione nel caso di trasferimenti intracomunitari di armi da fuoco, riportando anche dati sulle loro caratteristiche.

A seguito della conclusione del Protocollo delle Nazioni Unite (ONU) contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco e delle loro parti, elementi e munizioni, nel marzo 2006 la Commissione ha proposto di adattare le disposizioni della direttiva 91/477/CEE al contesto normativo(2). Conformemente al protocollo dell’ONU sulle armi da fuoco si propone di rendere obbligatoria la marchiatura delle armi durante la fabbricazione e di far sì che gli Stati membri si impegnino a conservare i registri sulle armi da fuoco per un periodo di almeno dieci anni.

Questa proposta è attualmente in fase di discussione in seno al Parlamento.

 
 

(1) Direttiva 91/447/CEE del Consiglio del 18 giugno 1991.
(2) COM(2006) 93 def.

 

Interrogazione n. 73 dell'on. Alejo Vidal-Quadras (H-0740/06)
 Oggetto: Attuazione della direttiva 95/46/CEE relativa alla tutela dei dati personali
 

Si è messo in evidenza, in una precedente interrogazione (H-0022/06(1)) che esistono seri dubbi quanto all'uso delle anamnesi cliniche in Catalogna a fini non sufficientemente chiari e, sicuramente, illegittimi. Pare, all'ora attuale, che l'Agenzia catalana per la protezione dei dati stia finalmente considerando la possibilità di sanzionare i responsabili ospedalieri e non la Generalità di Catalogna che ha commissionato lo studio in questione. Ritiene la Commissione che l'uso di anamnesi cliniche per realizzare studi linguistici sia "necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico", ai sensi dell'articolo 7, lettera e) della direttiva 95/46/CE(2)?

Tenendo presenti le disposizioni degli articoli 14, 15, 22, 23 e 24 (diritto di opposizione della persona interessata, ricorsi, responsabilità e sanzioni) e il fatto che la pagina web dell'Agenzia catalana per la protezione dei dati dispone solamente dei rispettivi formulari in catalano, essendo la Catalogna una Comunità Autonoma in cui metà della popolazione utilizza il castigliano (lingua ufficiale di Stato) come lingua materna, ritiene la Commissione che i diritti dei cittadini catalani siano pienamente protetti?

 
  
 

Come la Commissione ha già precisato nella precedente risposta all’interrogazione H-0022/06, la direttiva 95/46/CE relativa alla protezione dei dati personali affida la competenza di controllare la liceità delle attività di trattamento dei dati personali eseguite in uno Stato membro alle autorità responsabili della protezione dei dati negli Stati membri. Tali autorità devono essere dotate di poteri di intervento adeguati per applicare la legislazione nazionale in materia di protezione dei dati e prevenire o porre fine alle attività illecite di trattamento dei dati, in particolare per mezzo di controlli o sanzioni.

La direttiva prevede inoltre che le autorità nazionali responsabili della protezione dei dati devono poter ricevere ed esaminare reclami presentati da qualsiasi persona riguardo alla tutela dei propri diritti e delle proprie libertà in relazione al trattamento dei dati personali. Nell’attuazione della direttiva, gli Stati membri devono assicurare che le condizioni stabilite dalla legge o le prassi amministrative nazionali consentano a qualsiasi persona di esercitare effettivamente questo diritto.

Spetta pertanto a ciascuno Stato membro, in applicazione dell’articolo 7 della direttiva, che stabilisce le basi giuridiche relative alla legittimazione del trattamento dei dati, determinare per legge o con decisione delle autorità responsabili della protezione dei dati se si può eseguire un’indagine per valutare l’uso di una lingua negli ospedali e nei servizi medici e le relative condizioni.

Come la Commissione ha affermato nella precedente risposta, qualora le indagini svolte dai servizi della Generalità di Catalogna siano in contrasto con la normativa spagnola relativa alla protezione dei dati personali adottata per attuare la direttiva in questione, le autorità spagnole responsabili della protezione dei dati devono adottare misure adeguate per garantire il rispetto della normativa.

La Commissione ha già chiesto alle autorità spagnole di fornire informazioni sui fatti cui si fa riferimento nell’interrogazione per verificare che lo studio condotto dalla Generalità di Catalogna sia conforme alla legislazione spagnola di attuazione della direttiva 95/46/CE relativa alla protezione dei dati personali. Le autorità spagnole hanno informato la Commissione che, a seguito delle indagini e delle ispezioni effettuate per verificare la legittimità degli studi condotti dai servizi della Generalità di Catalogna, sono stati avviati vari procedimenti che potrebbero portare alla luce l’eventuale violazione delle disposizioni normative spagnole relative alla protezione dei dati personali. Tali procedimenti, ancora in corso, potrebbero comportare l’imposizione di sanzioni o l’adozione di altre misure da parte delle autorità responsabili della protezione dei dati al fine di garantire la conformità alle disposizioni normative spagnole in materia.

 
 

(1) Risposta scritta del 15.2.2006.
(2) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.

 

Interrogazione n. 74 dell'on. Bill Newton Dunn (H-0742/06)
 Oggetto: Evitare lo spamming
 

Lo spamming - che è l'invio simultaneo di milioni di noiosissime e-mail a un costo virtualmente gratuito per il mittente - potrebbe essere sensibilmente ridotto se esistesse la volontà politica di farlo. Se gli autori di queste e-mail fossero obbligati a suddividere gli invii in piccoli lotti, per evitare le spese, ciò li rallenterebbe considerevolmente. La Commissione ha intenzione di proporre tariffe onerose per l'impiego esagerato della posta elettronica?

 
  
 

La direttiva 2002/58/CE relativa alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche usa l’espressione “comunicazioni commerciali indesiderate” per definire ciò che è comunemente noto come “spam”. L’articolo 13 di questa direttiva stabilisce che gli Stati membri devono vietare l’invio di messaggi commerciali indesiderati mediante posta elettronica o altri sistemi di messaggeria elettronica quali SMS o MMS (Multimedia Messaging Service), a meno che l’abbonato al servizio di comunicazione elettronica non abbia preventivamente espresso il proprio consenso. Questa forma di tutela si applica agli abbonati che sono persone fisiche. Gli Stati membri possono decidere di estendere questo regime alle persone giuridiche o scegliere un sistema basato sull’opposizione (opt-out) per le comunicazioni indesiderate inviate a persone giuridiche.

Inoltre, qualora gli Stati membri permettano l’invio di comunicazioni commerciali non sollecitate a persone giuridiche tramite posta elettronica, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2000/31/CE relativa al commercio elettronico prevede che tali comunicazioni siano identificabili in modo inequivocabile.

L’imposizione di tariffe relative all’invio di (grosse quantità di) comunicazioni non sollecitate tramite posta elettronica penalizzerebbe in misura eccessiva le imprese che attuano prassi di commercializzazione legittime conformemente alle disposizioni nazionali in materia di comunicazioni commerciali non richieste. Per quanto riguarda le imprese che violano le norme in materia di comunicazioni commerciali non richieste, per scoraggiare questo tipo di comportamento è necessaria un’azione volta a far rispettare la normativa.

La Commissione intende adottare entro la fine del 2006 una comunicazione su comunicazioni commerciali non richieste (spam), programmi spia (spyware) e altre forme di software maligno (malware), in cui saranno valutati gli sforzi finora compiuti per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi suscitati da spam, spyware e software maligno e le azioni intraprese dall’UE, dal settore e dagli Stati membri per affrontare questo tipo di problemi. Sulla base dei risultati finora conseguiti la comunicazione individuerà le ulteriori azioni che devono essere intraprese dalle pertinenti parti interessate. La Commissione resta in attesa di ascoltare i pareri del Parlamento e del Consiglio su questa comunicazione.

 

Interrogazione n. 75 dell'on. Francesco Enrico Speroni (H-0743/06)
 Oggetto: Discriminazione fra cittadini britannici ed altri cittadini europei
 

Nel pronunciare il 30 agosto 2006 una sentenza nei confronti di Francesco Ferrari, di professione autista ed imputato per infrazioni alle norme della circolazione stradale, il giudice della Crown Court di Londra, secondo testimoni presenti in aula, ha rimarcato che la condanna a sei mesi di reclusione doveva essere intesa come esempio per tutti gli autisti europei. Come intende agire la Commissione a fronte di tale palese discriminazione?

 
  
 

La Commissione ricorda che l’applicazione del codice della strada e gli atti giudiziari che ne conseguono sul territorio del Regno Unito rientrano nella competenza esclusiva di tale Stato.

Per tale motivo, e in assenza di elementi di diritto comunitario nella fattispecie, la Commissione non può esaminare la questione nel senso auspicato dall’onorevole deputato.

 

Interrogazione n. 76 dell'on. Panagiotis Beglitis (H-0745/06)
 Oggetto: Costruzione di un oleodotto da Bourgas (Bulgaria) a Alexandroupoli (Grecia)
 

La Grecia, la Russia e la Bulgaria hanno riconfermato recentemente la loro volontà politica di costruire un oleodotto da Bourgas (Bulgaria) a Alexandroupoli (Grecia) destinato a trasportare il petrolio russo verso i paesi europei.

Tenuta presente l'importanza economica e strategica del progetto, può la Commissione dire se intende partecipare al finanziamento della costruzione di tale oleodotto?

Considerando che la costruzione e il funzionamento dell'oleodotto esigono il rispetto di norme ambientali elevate, può la Commissione dire come intende pianificare il controllo ambientale di tale progetto?

 
  
 

Per adeguare le infrastrutture del settore energetico che invecchiano e per definire nuove rotte di approvvigionamento alternative sono necessari considerevoli investimenti nell’UE e nei paesi di transito. Come indicato nel Libro verde intitolato “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura”, una delle priorità è costruire oleodotti destinati ad agevolare l’approvvigionamento di petrolio del Mar Caspio nell’UE.

La Commissione è consapevole che vengono presi in considerazione vari progetti di oleodotti allo scopo di trasportare nei mercati europei il petrolio grezzo del Mar Nero. Oltre ad accrescere la sicurezza dell’approvvigionamento, questi progetti possono contribuire a ridurre il trasporto marittimo di petrolio nei congestionati stretti turchi, diminuendo pertanto i gravi rischi per l’ambiente e la popolazione locale. La Commissione sostiene ogni progetto adeguatamente fondato che possa contribuire al raggiungimento di tali obiettivi. Ne consegue che la Commissione accoglie con favore il recente accordo intergovernativo relativo all’oleodotto Bourgas-Alexandroupoli e si augura che possa favorire la realizzazione di questo progetto.

La Commissione ha fornito un sostegno finanziario di 1,9 milioni di euro per gli studi di fattibilità di questo progetto nel quadro dei Fondi strutturali per il periodo 1994-1999 attraverso l’iniziativa comunitaria INTERREG II “frontiere esterne”. (I fondi pubblici totali destinati al progetto sono stati pari a 2,7 milioni di euro). Non è previsto alcun contributo finanziario nelle attuali prospettive finanziarie per il periodo 2000-2006 a titolo dei Fondi strutturali o degli strumenti finanziari della politica estera.

In base agli attuali orientamenti relativi alle reti transeuropee nel settore dell’energia (RTE-E), gli oleodotti non sono ammissibili ai fondi comunitari, secondo quanto deciso dal Parlamento e dal Consiglio(1). Il progetto potrebbe tuttavia essere ammissibile al sostegno di istituzioni finanziarie internazionali e, in particolare, della Banca europea per gli investimenti.

La costruzione e il funzionamento dell’oleodotto dovranno rispettare le direttive comunitarie in materia ambientale applicabili a questo tipo di grandi progetti nel settore dell’energia, in particolare per quanto riguarda l’impatto ambientale del progetto e le zone di protezione speciale interessate.

 
 

(1) Decisione n. 1229/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003 che stabilisce un insieme di orientamenti relativi alle reti transeuropee nel settore dell’energia e che abroga la decisione n. 1254/96/CE.

 

Interrogazione n. 78 dell'on. David Martin (H-0753/06)
 Oggetto: Bambini palestinesi detenuti
 

Quale iniziativa adotta la Commissione per esercitare pressioni sul governo israeliano affinché rilasci i bambini palestinesi detenuti?

 
  
 

La Commissione è a conoscenza del fatto che bambini palestinesi sono detenuti in Israele, talvolta in condizioni difficili.

Nell’ambito dell’iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo, la Commissione finanzia alcuni progetti che rivolgono particolare attenzione alla questione dei bambini prigionieri, tra cui progetti che si occupano di detenzione/custodia (Medici per i diritti umani) e di tortura (B’tselem, Comitato pubblico contro la tortura in Israele, Consorzio italiano di solidarietà).

Nelle riunioni con le autorità israeliane, e in particolare nel contesto della politica europea di vicinato, la Commissione rammenta a Israele gli obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale.

 

Interrogazione n. 79 dell'on. María Isabel Salinas García (H-0754/06)
 Oggetto: Annullamento dell'OCM del cotone da parte della Corte di giustizia
 

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha annullato, il 7 settembre 2006, dopo un ricorso presentato dal governo spagnolo, il regime di aiuti previsto dalla nuova Organizzazione comune di mercato del cotone. La Corte argomenta che, nel calcolo degli aiuti necessari per garantire la redditività e la sostenibilità della coltura, non si è tenuto conto né dei salari dei lavoratori come spese fisse né dell'industria ausiliaria della sgranatura, che è necessaria e indissolubilmente legata alla coltivazione.

Nelle circostanze attuali, che sono incoraggianti per un settore che si era visto fortemente danneggiato dalla riforma, e tenuto conto del fatto che quest'ultima rimarrà in vigore, per motivi di certezza giuridica, fino all'adozione di un nuovo regime di aiuti proporzionale e in linea con i principi della riforma, può dire la Commissione quali azioni conta di intraprendere al riguardo? Può dire inoltre quale sarà il calendario della nuova riforma dell'OCM del cotone?

 
  
 

La Commissione ha preso atto della sentenza emessa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nella causa avviata dal Regno di Spagna contro il Consiglio dell’Unione europea. Tale sentenza annulla la riforma del settore del cotone adottata dal Consiglio nel 2004.

La Commissione procederà ora a un’analisi approfondita della sentenza prima di trarre le proprie conclusioni sulle misure adeguate da adottare per conformarsi alla sentenza. Occorre uno studio approfondito del settore del cotone dell’UE, in particolare tenendo conto dei costi della manodopera e della sostenibilità del settore della sgranatura.

L’analisi del mercato e l’elaborazione di una proposta nel settore del cotone dovranno tuttavia essere effettuate secondo le procedure e le norme stabilite internamente alle Istituzioni comunitarie. La Commissione non potrà pertanto presentare immediatamente una nuova proposta.

La Corte ha chiarito che deve essere adottato un nuovo regolamento entro un “tempo ragionevole”, ma nel frattempo la riforma del 2004 può continuare a essere applicata fino alla definizione del nuovo regime.

 

Interrogazione n. 80 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0762/06)
 Oggetto: Disastro ecologico causato dai bombardamenti israeliani nel Mediterraneo meridionale
 

Alle incalcolabili conseguenze e alla strage di migliaia di innocenti provocate dalla guerra criminale di Israele contro il Libano va aggiunto anche l'immane disastro ecologico delle coste meridionali del Mediterraneo. Inoltre, a causa dei raid aerei israeliani contro gli impianti della centrale elettrica di Jieh, circa 30.000 tonnellate di nafta si sono riversate in mare per centinaia di chilometri di costa, col rischio reale che possano lambire anche le coste europee. Le prime stime fatte dall'Organismo Marittimo Internazionale valutano il costo del disinquinamento a oltre cinquanta milioni di euro.

Può la Commissione precisare se intende chiedere allo Stato di Israele di porre rimedio, a sue spese, al disastro ecologico provocato dai suoi raid aerei contro le infrastrutture civili di Jieh, oppure, se ancora una volta dovranno essere i popoli a pagare per i crimini di Israele contro l'umanità?

 
  
 

La Commissione ha deplorato in varie dichiarazioni gli attacchi israeliani contro infrastrutture civili durante gli ultimi episodi di violenza.

La Commissione ha assistito le autorità libanesi che hanno dovuto affrontare il problema dell’inquinamento da petrolio provocato dai bombardamenti coordinando la fornitura di competenze e occupandosi del controllo e dell’analisi di immagini satellitari.

Non spetta alla Commissione sollevare la questione degli indennizzi con lo Stato di Israele a nome del governo libanese.

 

Interrogazione n. 81 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0764/06)
 Oggetto: Incendi devastanti in Grecia
 

La scorsa estate in Grecia, in particolare, in Calcidica e nella Laconia, gli incendi hanno distrutto migliaia di ettari di bosco e decine di abitazioni, e arrecato danni al patrimonio zootecnico e floreale. L'accresciuto numero degli incendi ma anche la loro portata, che è stata tre volte superiore a quella dello scorso anno, sono dovuti soprattutto ad attività criminali volte a far declassare le zone forestali e alla grave assenza di misure preventive e di mezzi antincendio.

Intende la Commissione invitare gli Stati membri ad astenersi da azioni di commercializzazione, declassamento e privatizzazione delle suddette zone forestali? Cofinanzia misure di rilevazione dei danni, indennizzo e soccorso ai sinistrati e contribuisce al pieno rimboschimento delle aree devastate dagli incendi? Intende favorire misure volte alla messa a punto di meccanismi uniformi di protezione dei boschi e di lotta agli incendi boschivi, nonché a far fronte alle carenza di mezzi e personale?

 
  
 

I Trattati dell’UE non prevedono una politica forestale comune, che continua a rientrare principalmente nell’ambito di competenza nazionale. Questo vale anche per la politica di assetto territoriale in quanto l’unica legislazione comunitaria esistente è relativa ai siti di Natura 2000.

Tuttavia, nel quadro del regolamento Forest Focus(1) e del sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi, l’UE cofinanzia misure di prevenzione degli incendi boschivi attuate dagli Stati membri. E’ stata anche creata una banca dati al fine di raccogliere tutti i dati sulle zone incendiate nell’UE. Poiché il regolamento Forest Focus scadrà alla fine del 2006, le misure di protezione di boschi e foreste da esso previste potrebbero essere mantenute attraverso il nuovo strumento finanziario per l’ambiente LIFE+(2).

Per quanto riguarda la possibile assistenza a titolo del Fondo di solidarietà dell’Unione europea(3), lo Stato membro interessato deve presentare richiesta alla Commissione entro dieci settimane dalla data in cui si è verificato il primo danno. A tutt’oggi (26 settembre 2006) non è pervenuta alcuna richiesta di questo tipo dal governo greco.

In merito al rimboschimento delle zone incendiate, il nuovo regolamento relativo allo sviluppo rurale(4) per il periodo 2007-2013 prevede alcune misure forestali che gli Stati membri possono attuare in base alle proprie priorità, fra cui misure di prevenzione degli incendi di boschi e foreste e la ricostituzione di boschi e foreste danneggiati dagli incendi.

Nel 2001 è stato istituito un meccanismo comunitario di protezione civile allo scopo di favorire la cooperazione negli interventi di assistenza della protezione civile in caso di gravi emergenze, come gli incendi boschivi, che possono rendere necessarie urgenti azioni di risposta. Riunendo le capacità di protezione civile degli Stati membri partecipanti, il meccanismo comunitario può garantire una protezione ancor più adeguata soprattutto per le persone, ma anche per l’ambiente naturale e culturale nonché per i beni. In questo modo, costituisce per gli Stati membri uno strumento utile per ovviare a possibili carenze di mezzi e di personale per affrontare emergenze come gli incendi boschivi.

 
 

(1) Regolamento (CE) n. 2152/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativo al monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali nella Comunità (Forest Focus), GU L 324 dell’11.12.2003.
(2) Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante lo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE +), COM(2004) 621 def. del 29.9.2004.
(3) Regolamento (CE) n. 2012/2002 del Consiglio dell’11 novembre 2002 che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea, GU L 311 del 14.11.2002.
(4) Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre 2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), GU L 227 del 21.10.2005.

 

Interrogazione n. 82 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0767/06)
 Oggetto: Utilizzazione dei fondi strutturali dell'UE nei nuovi Stati membri
 

L'attuale periodo di programmazione dei fondi strutturali (2000-2006), che riguarda tutti gli Stati membri e in particolare quelli nuovi a partire dal 2004, sta per giungere al termine. Come valuta la Commissione la performance dei nuovi Stati membri nell'attuazione della politica strutturale dell'UE durante questo periodo di programmazione? Quali sono stati i maggiori problemi da essi incontrati e i principali risultati da essi conseguiti nell'utilizzazione dei fondi strutturali dell'UE?

 
  
 

Le spese nell’ambito dell’attuale periodo dei Fondi strutturali continueranno fino alla fine del 2008 e soltanto in quel momento sarà possibile effettuare una valutazione finale. Questo vale in particolare per i nuovi Stati membri, in cui la programmazione è iniziata soltanto nel 2004 e la maggior parte degli effetti si avrà in futuro.

Va tuttavia sottolineato che, in termini di crescita del prodotto interno lordo, tutti i nuovi paesi tranne Malta hanno di recente superato i vecchi Stati membri dell’UE a 15. Ad esempio, nel 2005 la crescita in Estonia e Lettonia è stata di circa il 10 per cento e nella Repubblica ceca e in Slovacchia di circa il 6 per cento, contro una media dell’UE stimata dell’1,6 per cento.

I contributi comunitari favoriscono la crescita e la creazione di posti di lavoro nei nuovi Stati membri. In molti dei nuovi Stati membri l’assistenza dell’UE è incentrata sul rafforzamento della competitività del settore delle imprese, sull’aumento dell’occupazione e delle opportunità di lavoro e sulla correzione delle carenze delle infrastrutture nel settore ambientale e in quello dei trasporti.

Anche per quanto riguarda la capacità di assorbimento, è troppo presto per trarre conclusioni sui pagamenti intermedi in quanto nel 2004 e nel 2005 sono stati versati soprattutto anticipi.

Infine, dai primi risultati delle valutazioni emerge che i nuovi Stati membri hanno compiuto considerevoli progressi nel rafforzamento della necessaria capacità amministrativa, nonostante il periodo di tempo relativamente breve e la limitata esperienza maturata in precedenza nella gestione di tali programmi. E’ stato istituito con successo il quadro di gestione dei Fondi strutturali, creando le autorità di pagamento, i comitati di sorveglianza e gli organi di attuazione e introducendo sistemi di gestione e di verifica.

La Commissione è pertanto sicura che, man mano che arriveranno ulteriori dati, potrà confermare l’efficacia dei Fondi strutturali nel promuovere la crescita, la competitività e l’occupazione nei nuovi Stati membri.

 

Interrogazione n. 83 dell'on. Jens-Peter Bonde (H-0773/06)
 Oggetto: Gli arumani della Romania
 

Può la Commissione far sapere se gli arumani della Romania sono considerati alla stessa stregua delle altre minoranze nazionali dell'Unione europea? Che cosa è possibile fare per migliorare la loro situazione?

 
  
 

La Commissione è stata informata che gli arumani non sono considerati in Romania una minoranza nazionale. Ciò significa che godono degli stessi diritti degli altri romeni.

La Commissione attribuisce tuttavia grande importanza alla tutela delle minoranze in Romania e pertanto segue continuamente la situazione delle minoranze in Romania fin da quando ha iniziato a pubblicare relazioni periodiche su tale paese. E’ nostro parere che nel corso degli anni la situazione generale per quanto riguarda la tutela delle minoranze sia migliorata.

E’ ovvio che la Commissione non può indicare soluzioni concrete per la definizione delle relazioni tra minoranze e maggioranza in Romania, in quanto spetta alle autorità romene decidere in materia. La Commissione è disponibile a dare seguito favorevole a qualsiasi soluzione positiva su cui le parti possano trovare un accordo.

Come l’onorevole parlamentare sa, il parlamento romeno attualmente sta discutendo un progetto di legge sulle minoranze nazionali. La Commissione ritiene che una soluzione negoziata nel contesto delle raccomandazioni della Commissione di Venezia sarebbe uno sviluppo positivo, anche se continua a sottolineare l’importanza di un soluzione decisa a livello nazionale.

 

Interrogazione n. 84 dell'on. Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (H-0778/06)
 Oggetto: Tetto dei pagamenti diretti agli agricoltori
 

Attualmente l'importo annuale dei pagamenti diretti alle aziende agricole non è assolutamente limitato. In tal modo le aziende più vaste, che potrebbero essere redditizie sul mercato senza aiuto esterno, percepiscono una quota assolutamente sproporzionata dei pagamenti, il che è contrario sia agli obiettivi che ai principi della PAC, nonché allo spirito della strategia di Lisbona. Ciò detto sarebbe la Commissione favorevole alla creazione di un tetto per i pagamenti diretti annuali, fissato per esempio a 50.000 euro per azienda agricola? Questo tetto si applicherebbe soltanto al 2% degli agricoltori e consentirebbe di risparmiare quasi 8 milioni di euro all'anno.

 
  
 

La possibilità di introdurre tetti, o massimali, per i singoli agricoltori, al fine di migliorare la distribuzione dei pagamenti diretti tra agricoltori, è stata considerata per la prima volta nel 1992 quando furono stabiliti i pagamenti diretti per gli agricoltori.

All’epoca delle discussioni su Agenda 2000 e sulla revisione intermedia nel 2002, tale considerazione è stata estesa e la Commissione ha proposto misure concrete per fissare massimali, che in definitiva non sono state tuttavia inserite nell’accordo finale.

Nel contesto delle discussioni generali sull’esame completo e globale del bilancio dell’UE e sulla verifica dello stato della politica agricola comune (PAC) previsti per il periodo 2007-2009, la Commissione riesaminerà la questione dei massimali.

Il 4 giugno 2006 sono stati pubblicati dati indicativi per l’esercizio finanziario 2004 sulla distribuzione degli aiuti diretti versati ai produttori in base al regolamento (CE) n. 1259/1999 e una relazione di accompagnamento.

Da questi dati si può calcolare che ricevono più di 50 000 euro 83 060 beneficiari, che rappresentano l’1,7 per cento degli agricoltori dell’UE. In totale, questi agricoltori hanno ricevuto 8 157 miliardi di euro per l’esercizio finanziario 2004. Se per questo esercizio finanziario fosse stato applicato un meccanismo di fissazione di un massimale con un tale tetto individuale, la spesa di bilancio sarebbe stata di 4 153 miliardi di euro, con una differenza di 4 004 miliardi di euro.

Va tuttavia sottolineato che questo calcolo di bilancio non tiene conto di possibili cambiamenti strutturali in risposta a tale misura.

 
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