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Procedura : 2006/2107(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0087/2007

Testi presentati :

A6-0087/2007

Discussioni :

PV 23/04/2007 - 19
CRE 23/04/2007 - 19

Votazioni :

PV 24/04/2007 - 7.28
CRE 24/04/2007 - 7.28
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0130

Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 23 aprile 2007 - Strasburgo Edizione GU

19. Conseguenze dei futuri ampliamenti sull’efficacia della politica di coesione (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0087/2007), presentata dall’on. Markus Pieper a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulle conseguenze dei futuri ampliamenti sull’efficacia della politica di coesione [2006/2107(INI)].

 
  
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  Markus Pieper (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la politica strutturale è la massima e più compiuta espressione della Comunità europea basata sulla solidarietà; ma la politica di coesione, dopo il successo della riforma della politica agricola, costituisce la più cospicua voce del bilancio. Sia dal punto di vista dei contenuti sia da quello finanziario, il sostegno strutturale e la politica regionale sono dunque al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica europea.

Ci siamo dati delle regole che fino a oggi hanno funzionato; dal punto di vista della politica regionale l’adesione degli Stati membri meridionali e dell’Irlanda rappresenta un grande successo. Noi desideriamo allungare questa serie di successi, ma le sfide si fanno più ardue. La globalizzazione inasprisce le differenze regionali, mentre dal punto di vista demografico l’articolazione per fasce di età della nostra popolazione è sfavorevole. La situazione del bilancio pubblico è davvero incerta, e oggi nell’Europa occidentale è assai diversa da vent’anni fa. I Balcani occidentali e soprattutto la Turchia rappresentano nuove sfide. Finora non è mai stato integrato nell’Unione europea un paese di tali dimensioni, con un livello economico così debole e con disuguaglianze interne così gravi.

I compiti attuali e le condizioni complessive pongono quindi alla politica strutturale sfide difficilissime; contemporaneamente, a causa dell’ingresso dei nuovi Stati membri, cresce il fabbisogno finanziario. A questo proposito basta citare una sola cifra: se calcoliamo completamente gli effetti dell’adesione di Romania e Bulgaria sulla politica strutturale, e se contemporaneamente supponiamo che i paesi che attualmente ricevono gli aiuti di preadesione (ossia i paesi dei Balcani occidentali, la Turchia e la Croazia) fossero già membri della Comunità, in tal caso la politica strutturale – in base alle norme attuali – costerebbe oggi 150 miliardi di euro in più; il 63 per cento di questa somma verrebbe assorbito dalla sola Turchia. Una quantità di denaro inimmaginabile! Naturalmente questi paesi non entreranno tutti insieme nell’Unione europea, lo sappiamo; comunque, sono interessati ad aderire alla Comunità europea il più presto possibile. Oggi perciò dobbiamo fare i conti con i possibili effetti di tale adesione.

Ammetto apertamente di essere rimasto deluso dall’atteggiamento della Commissione, secondo la quale non sarebbe ancora il momento di trattare questo tema, poiché le questioni finanziarie si dovrebbero esaminare più avanti. E’ ovvio invece che il momento più opportuno è proprio questo; non è possibile discutere disinvoltamente delle adesioni per notare solo alla fine che non ci possiamo più permettere un allargamento dell’Unione effettuato secondo il consueto schema.

Questa relazione deve quindi smuovere le acque; dal punto di vista della politica regionale, la politica di allargamento dell’Unione non può continuare immutata. Chiediamo informazioni sulle prospettive future della politica strutturale; chiediamo che la Commissione avanzi proposte per valutare la strategia di allargamento dal punto di vista della politica regionale; chiediamo inoltre che il Parlamento venga chiamato a partecipare, su un piede di parità, all’elaborazione dei contenuti degli aiuti di preadesione; e infine, la popolazione europea potrà accettare solo una strategia di allargamento trasparente, alla cui elaborazione partecipino i suoi rappresentanti eletti.

Su tre questioni il Parlamento ha svolto un lavoro preliminare. In primo luogo, abbiamo raggiunto un consenso sostanzialmente unanime sulla necessità di mantenere i più importanti principi di base della solidarietà sociale europea. A tale scopo è necessario fornire ai Fondi strutturali un’adeguata dotazione; dobbiamo altresì evitare che gli allargamenti futuri vengano finanziati in modo da escludere dall’ammissibilità determinate regioni, senza che la loro situazione economica sia migliorata.

In secondo luogo, se la politica regionale deve offrire anche in futuro una prospettiva di equilibrio e di crescita alle regioni europee, dobbiamo riformarla in maniera coerente anche sotto altri aspetti. Chiediamo per esempio di rafforzare la responsabilità delle regioni e delle nazioni anche per mezzo di un più cospicuo finanziamento di prestiti, di verificare le prestazioni intermedie delle regioni che hanno beneficiato per lungo tempo dei finanziamenti, di esaminare rigorosamente le sovvenzioni concesse alle aziende, fino a vincolare i sussidi europei a una politica economica nazionale responsabile.

La commissione per lo sviluppo regionale avanza alcune proposte, che in molte regioni europee richiederanno un mutamento di mentalità non sempre agevole; così come richiediamo alla Comunità dolorose riforme nel settore della politica di coesione, allo stesso modo bisognerà elaborare anche un’altra strategia di allargamento. Ai paesi che ricevono gli aiuti di preadesione vogliamo e possiamo offrire la prospettiva di beneficiare della politica regionale europea.

Gli emendamenti presentati alla mia relazione in sede di commissione per lo sviluppo regionale hanno però dimostrato chiaramente che da questo punto di vista la Turchia assume una dimensione del tutto particolare. Di conseguenza, per le più importanti sfide di questo genere proponiamo un approccio graduale di politica regionale, che permetterebbe anche alla Turchia di partecipare maggiormente alla coesione europea. In luogo di una politica di compensazione a pioggia, l’approccio graduale prevede in primo luogo una promozione mirata della crescita, ossia il sostegno a regioni particolarmente importanti o a settori potenzialmente suscettibili di sviluppo; colleghiamo inoltre la politica regionale alla condivisione dei valori, per esempio in fatto di parità.

Quest’approccio graduale è strettamente legato ai progressi politici compiuti dai paesi candidati; non prevede ostacoli che la Turchia non possa superare da sé. D’altra parte, i meccanismi di adesione della politica regionale non sono una strada a senso unico. Non ignoro che questo modello di preparazione all’adesione graduale e a esito aperto viene criticato da alcuni partiti europei; da parte mia resto però fermamente convinto che questo sia l’unico modo per ancorare saldamente la Turchia all’Europa. Non si tratta di un trattamento preferenziale, bensì dell’unica strada praticabile, almeno dal punto di vista della politica regionale.

Concludo ringraziando i colleghi che hanno contribuito a questa relazione con i loro numerosi emendamenti; ringrazio inoltre il servizio scientifico del Parlamento, che ci ha garantito un affidabile e competente aiuto, fornendoci dati e calcoli in quantità. Ci attendiamo ora che la Commissione si dedichi a sua volta ai temi dell’aumento dell’efficienza e dell’allargamento considerato dal punto di vista della politica regionale; attendiamo con interesse la quarta relazione sulla coesione, nonché una valutazione in termini di politica strutturale della revisione del bilancio.

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevoli deputati, questa relazione riveste grande importanza, e nei tre minuti a mia disposizione vorrei soffermarmi su cinque punti.

In primo luogo, condivido senza riserve la vostra valutazione sull’importanza e i notevoli successi conseguiti dalla politica di coesione, che ha frenato le disuguaglianze grazie a investimenti che hanno stimolato lo sviluppo, ha contribuito alla coesione sociale, economica e territoriale in Europa e ha migliorato l’amministrazione e il governo della cosa pubblica, in particolare a livello regionale e locale. La quarta relazione sulla coesione, che verrà pubblicata alla fine di maggio, analizzerà la situazione insieme alle tendenze della coesione economica, sociale e territoriale nell’Unione e al contributo recato alla coesione dell’Unione dalla politica di coesione europea, dalle politiche nazionali e da altre politiche comunitarie. Su tale base, la relazione proporrà alcune riflessioni iniziali sulla futura conformazione della politica di coesione europea, e ci auguriamo che contribuisca pure alla revisione complessiva, senza pregiudicare le possibili opzioni. La quinta relazione sulla coesione, prevista per il 2010, terrà conto della revisione di bilancio e probabilmente conterrà una proposta particolareggiata della Commissione per la riforma della politica di coesione.

In secondo luogo, condivido senza riserve le vostre opinioni sulle nuove sfide che la politica di coesione dovrà affrontare sia sul piano interno che in conseguenza delle tendenze globali; mi riferisco in particolare alle opinioni da voi espresse sull’impatto delle tendenze demografiche, dei cambiamenti climatici e della più intensa pressione esercitata dai nostri concorrenti più dinamici. Mi affretto inoltre ad assicurarvi che considero del tutto legittima la domanda da voi posta in merito all’impatto di possibili allargamenti futuri sulla portata della politica di coesione; consentitemi però di aggiungere che abbiamo intrapreso la politica di riforma e modernizzazione della politica di coesione per il 2007-2013 precisamente allo scopo di affrontare tutte queste sfide.

In terzo luogo, per quanto riguarda l’impatto dell’eventuale adesione della Croazia e dei paesi dei Balcani occidentali, vorrei osservare anzitutto che, secondo le stime, l’effetto potenziale dell’adesione della Croazia è alquanto limitato, in quanto dovrebbe causare una diminuzione di appena lo 0,5 per cento del PIL pro capite, rispetto a quello dell’Unione europea a 27. L’impatto dell’eventuale adesione della Croazia sul bilancio verrà valutato dalla Commissione in una fase successiva, nell’ambito dei negoziati per l’adesione. Conformemente all’approccio adottato per gli allargamenti precedenti, la decisione finale sugli stanziamenti finanziari spetterà al Consiglio europeo.

In quarto luogo, per quanto concerne la Turchia, desidero sottolineare che, in base al quadro negoziale per l’adesione, i negoziati costituiscono un processo aperto, il cui esito non può essere garantito in anticipo. Dal momento che l’adesione della Turchia potrebbe avere significative ripercussioni finanziarie, gli aspetti finanziari dei negoziati per l’adesione si potranno precisare solo dopo la definizione del quadro finanziario per il periodo successivo al 2013, insieme alle eventuali riforme finanziarie conseguenti. Qualunque sia la soluzione cui si giungerà, essa dovrà garantire un’equa suddivisione degli oneri finanziari fra tutti gli Stati membri. Dobbiamo però tener presente che, nel medio termine, l’economia turca potrebbe presentare un volto assai diverso da quello attuale.

In quinto luogo, accetto le vostre proposte in materia di assegnazione degli stanziamenti, efficacia e corretta gestione della politica di coesione; ritengo altresì che l’assegnazione di stanziamenti sufficienti sia il prerequisito del successo di questa politica. L’impatto della politica di coesione è ben più vasto dei suoi aspetti finanziari, e si estende all’opera di governo, alle reti, alle migliori prassi e alla promozione della crescita. La riforma della politica di coesione mira già a intensificare l’effetto leva potenziando la partecipazione del capitale privato e utilizzando strumenti finanziari innovativi. Anch’io, comunque, ritengo necessario lavorare ulteriormente in questa direzione per rafforzare l’impatto della politica di coesione su una rinnovata coesione della crescita e sulla competitività; inoltre, sappiamo bene quanto sia importante sviluppare le capacità amministrative, applicare un rigoroso controllo, realizzare sistemi di gestione e combattere la corruzione per garantire l’efficacia della politica di coesione.

Seguirò attentamente il vostro dibattito su questa relazione.

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (FR) Signor Presidente, alla commissione per i bilanci è toccato il compito di esprimere – con un voto in cui si è registrata l’unanimità tranne un’astensione – un parere che, naturalmente, riguarda anzitutto le conseguenze in termini di bilancio dei futuri allargamenti sull’efficacia della politica di coesione. Tuttavia, se la politica di coesione costituisce – insieme a tutte le altre politiche strutturali – la massima espressione di solidarietà del popolo europeo, sarà opportuno dotare di mezzi finanziari adeguati questo desiderio di solidarietà intelligente.

In tale prospettiva, desidero sottolineare due idee importanti espresse dalla commissione per i bilanci. In primo luogo, noi insistiamo sul fatto che la Commissione e il Consiglio devono presentare regolarmente scenari finanziari preliminari prima di decidere l’avvio di negoziati con un paese candidato e anche scenari finanziari dettagliati durante il processo di negoziato. In secondo luogo, facciamo notare che, considerata l’attuale situazione del sistema delle risorse dell’Unione, sarebbe problematico finanziare eventuali futuri allargamenti senza mettere a repentaglio l’efficacia delle attuali politiche di coesione.

Per tale motivo, questa sera desidero rivolgere al Consiglio e alla Commissione un pressante appello per l’avvio di un dialogo costante e costruttivo con la nostra Assemblea, la quale – lo ricordo – è anch’essa partecipe dell’autorità di bilancio.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, la relazione Pieper giunge al momento opportuno. Abbiamo fissato norme unilaterali, generalmente accettate dal nostro Parlamento, per i rapporti tra le Istituzioni fra il 2007 e il 2013, mentre il lavoro sui programmi operativi procede a pieno ritmo. La politica di coesione è un elemento fondamentale della solidarietà – e della competitività – nell’Unione europea: è una risorsa che tutte le regioni europee possono utilizzare, grazie ai tre obiettivi che abbiamo concordato. In ogni regione, l’Europa è vicina ai suoi cittadini; tuttavia, nonostante i successi ottenuti, occorre ora effettuare una revisione anticipata della sostenibilità di questa politica. Come ha appena ricordato il Commissario, signora Hübner, la politica regionale deve attivamente prepararsi alla revisione di medio termine; un obiettivo senz’altro realistico, per quanto riguarda i quadri finanziari resi indispensabili dall’allargamento proposto. La relazione Pieper apre questo dibattito e invita la Commissione a definire le specifiche implicazioni finanziarie. Secondo questa relazione, non si tratta solo di denaro: occorrono anche maggiore flessibilità, una pianificazione specifica articolata su diverse fasi, una creatività più vivace e un approccio diverso al cofinanziamento.

Aggiungo che il gruppo PPE-DE è disposto – a condizione che le basi della politica regionale rimangano stabili negli Stati membri – a prendere in considerazione un approccio diverso e più flessibile; un’occasione in questo senso ci sarà offerta con la quarta relazione sulla coesione, prevista per il mese prossimo, e più avanti con la quinta relazione sulla coesione. Il messaggio però è chiaro: è impossibile, in ogni caso, che questa politica rimanga immutata. E’ opportuno quindi che il Parlamento partecipi in questa fase alla sua evoluzione, con questa relazione d’iniziativa, in modo da poterne indicare le conseguenze.

Concludo esprimendo l’auspicio che il nostro Parlamento venga coinvolto molto più a fondo in questo dibattito, soprattutto nei prossimi sei mesi, prima di effettuare la revisione di medio termine.

 
  
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  Gábor Harangozó, a nome del gruppo PSE. – (HU) Desidero anzitutto congratularmi con il relatore, onorevole Pieper, per la sua relazione d’iniziativa; questo tema è stato inserito nell’ordine dei lavori al momento opportuno. Ringrazio il relatore anche per la sua disponibilità al compromesso, e per aver lavorato lungamente e con grande pazienza alla stesura di un testo che risultasse accettabile per tutti noi.

Come relatore ombra socialista dopo il voto in commissione, mi dichiaro soddisfatto per il risultato, e sono convinto che l’esito finale sarà una relazione equilibrata. Per realizzare tale obiettivo, sarà però necessario apportare delle modifiche al testo originale; quest’ultimo, infatti, partiva dal presupposto che ogni paese candidato e potenziale paese candidato avrebbe aderito immediatamente all’Unione europea. Ma l’analisi degli effetti ha dovuto fare i conti con conseguenze finanziarie drammatiche e assolutamente non realistiche.

Ho presentato numerosi emendamenti, cercando di giungere a compromessi che definiscano in maniera precisa i limiti degli allargamenti futuri, consentendoci di adottare l’approccio più adeguato e opportuno nei confronti dei paesi candidati. Se esaminiamo caso per caso l’impatto dell’adesione di ciascun paese candidato sulla prosecuzione della politica di coesione, possiamo fare le seguenti osservazioni: né l’adesione della Croazia, né quella dei paesi dei Balcani occidentali rappresenta un pericolo immediato per la politica di coesione. Dal punto di vista della coesione europea, infatti, l’ingresso di questi paesi spalanca un ventaglio di opportunità assai più vasto dei rischi che potrebbe celare. Sono convinto che l’integrazione più rapida possibile dei Balcani occidentali possa rivelarsi importantissima per aiutare le regioni limitrofe agli attuali Stati membri a colmare il divario ancora esistente. Dobbiamo garantire che le regioni che attualmente beneficiano del sostegno della politica di coesione intraprendano la strada dello sviluppo economico e sociale, ossia riescano a raggiungere la media dell’Unione. L’Unione, da parte sua, deve far sì che le sue regioni non perdano l’ammissibilità ai finanziamenti a causa degli effetti statistici di ulteriori allargamenti; quanto poi all’adesione di nuovi Stati membri, dobbiamo esaminare la capacità dell’Unione di integrarli, e dobbiamo chiederci se saremo in grado di finanziare le nostre politiche nei limiti dell’attuale quadro di bilancio.

La Turchia è un paese candidato; la sua integrazione dipende in primo luogo dalla sua capacità di adempiere le condizioni dell’adesione, e in secondo luogo dalla capacità – non dalla volontà – dell’Unione di integrare nuovi paesi. Quindi, condizioni o dubbi avanzati a cose fatte nuocciono alla credibilità dell’Unione. Consentitemi di dichiarare esplicitamente che lo scopo di questa relazione d’iniziativa è quello di esaminare impatto e conseguenze degli allargamenti futuri sulla politica di coesione; non certo quello di prendere posizione sull’adesione di alcun paese candidato, o potenziale candidato, né su alcuna speciale forma di adesione. Per tale motivo il gruppo PSE ha proposto di cancellare il punto 14 della relazione; dobbiamo riconoscere chiaramente che l’adesione della Turchia richiede un radicale cambiamento di scala della politica di coesione, alla luce delle dimensioni, della popolazione e dello sviluppo economico di quel paese. Approvo qualsiasi iniziativa che proponga finanziamenti più mirati, che consentano alla Turchia di integrarsi nel modo più rapido e agevole possibile; di conseguenza sostengo il punto 13 della relazione.

Disponiamo ora di una relazione che contiene proposte concrete sulla direzione da imprimere alla nostra politica di coesione, per poter continuare i processi attualmente in corso.

 
  
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  Grażyna Staniszewska, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signor Presidente, ovviamente è necessario esaminare le implicazioni degli allargamenti futuri sull’efficacia della politica di coesione, ma sarebbe opportuno considerarne non solo gli aspetti negativi ma anche quelli positivi; purtroppo ho l’impressione che la relazione dell’onorevole Pieper si limiti sostanzialmente a esprimere il malcontento e la frustrazione prodotti dagli allargamenti più recenti e che – indipendentemente dalle decisioni politiche – egli stia semplicemente cercando di erigere barriere finanziarie contro qualsiasi potenziale allargamento futuro dell’Unione europea, e in particolare contro la Turchia. Alla Turchia, infatti, viene riservato un trattamento particolarmente duro.

La relazione si occupa degli allargamenti futuri quasi esclusivamente dal punto di vista degli oneri economici, e non menziona minimamente alcun aspetto positivo; non risponde neppure alla domanda sul metodo migliore per finanziare la politica di coesione in futuro.

A mio avviso si tratta di un documento assai controverso. Col proprio operato la commissione per lo sviluppo regionale ha cercato tenacemente di modificarne l’impostazione negativa e distruttiva; purtroppo il nostro tentativo non è stato coronato da completo successo.

Il gruppo ALDE si accinge ora a presentare un pacchetto di emendamenti fondamentali; se tale pacchetto non verrà approvato, saremo però costretti a votare per la reiezione dell’intera relazione. A nostro avviso non si può mutare la politica dell’intera Unione europea senza consultare la commissione per gli affari esteri, che dopo tutto è la commissione responsabile per il processo di allargamento.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, un vecchio proverbio polacco dice che chi vuol picchiare un cane troverà sempre un bastone adatto. Se l’élite europea – compreso il nostro Parlamento – è contraria ad accogliere nuovi paesi nell’Unione, troverà sempre un pretesto per impedire l’allargamento.

Il metodo più elegante per procrastinare l’adesione anche degli Stati balcanici, il cosiddetto metodo delicato, consiste in un’astuta manovra che fa dipendere l’allargamento delle strutture dell’Unione dalla riforma istituzionale dell’Unione stessa. Faccio notare che non si sa affatto quando tale riforma avrà luogo, e se fosse effettuata veramente la sua natura è altrettanto ignota. In secondo luogo, si fa dipendere l’allargamento delle strutture dell’Unione da una modifica dei principi di finanziamento per i nuovi Stati membri dell’Unione; è questo l’aspetto di cui la relazione si occupa in dettaglio.

Sollevare il problema di enormi sovvenzioni alla Turchia, se in futuro dovesse aderire all’Unione, equivale a una manipolazione. Ovviamente, prima di ammettere la Turchia dovremmo accogliere nella nostra famiglia europea paesi come la Croazia, il Montenegro, la Macedonia, la Serbia, la Bosnia-Erzegovina e l’Albania. Concludo osservando che non è opportuno alimentare le nostre ossessioni a spese di questi paesi.

 
  
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  Gisela Kallenbach, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, è ottima cosa che l’Unione europea si stia preparando per tempo ai nuovi allargamenti. Ciò significa anche realizzare le riforme istituzionali che si invocano da anni, insieme a un’approfondita analisi dell’efficienza con cui vengono impiegati i fondi europei. Le norme che valevano in un’UE a 15 non si possono applicare nello stesso modo in un’Unione europea con 27 o più Stati membri: su questo punto siamo pienamente d’accordo con il relatore. Desidero anche esprimere il mio ringraziamento per una cooperazione essenzialmente costruttiva.

Non abbiamo però potuto raggiungere un accordo su uno dei punti principali, ossia la particolarissima e squilibrata opinione espressa sulla Turchia e, in qualche misura, anche sui paesi dell’ex Jugoslavia. Il Commissario, signora Hübner, ha appena ribadito, ancora una volta, gli effetti di un’eventuale adesione della Croazia. Si sta cercando di valutare l’allargamento e l’integrazione da un punto di vista esclusivamente fiscale, ignorando virtualmente i progressi che si potrebbero compiere entro il 2013. Inoltre, nonostante le affermazioni in senso contrario, l’idea di un partenariato privilegiato sta ritornando in auge attraverso la porta di servizio; mi sembra che in questo caso la commissione per lo sviluppo regionale stia chiaramente oltrepassando i suoi poteri, e per di più con una relazione d’iniziativa.

Consideriamo inaccettabile anche il tentativo di applicare un tipo di diritto agli attuali Stati membri dell’Unione europea, e un altro agli Stati membri futuri; una revisione del bilancio – e anche della politica di coesione – è certamente necessaria, ma il risultato deve valere per tutti. Respingo l’idea di un sistema diviso in Stati membri di prima e seconda classe!

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, la relazione di cui discutiamo contiene alcuni modesti aspetti politici, oscurati però da aspetti tecnici alquanto negativi. Di conseguenza, alcune delle proposte avanzate nella relazione, come la radicale riforma della politica di coesione a metà del periodo di programmazione, non sono praticabili.

Vorrei soffermarmi su tre aspetti negativi. In primo luogo, l’Unione viene costantemente definita l’economia più competitiva e dinamica; questo slogan non solo è ormai venuto a noia, ma si è anche dimostrato falso e paradossale, in quanto la relazione stessa non indica un aumento di bilancio tale da permettere all’economia europea di raggiungere effettivamente quei livelli che ama propagandare.

In secondo luogo, c’è disaccordo in merito all’incremento delle spese comunitarie per la politica di coesione. Il testo indica un “tetto” pari all’1,18 per cento del PIL: ciò significa che il Parlamento vuol essere più realista del re, perché la stessa Commissione europea, sulla base delle statistiche per il periodo di programmazione 2000-2016, ha rilevato che essa assorbirà l’1,24 per cento del PIL. Più Europa con meno denaro: una formula del genere non può funzionare, e noi dobbiamo farlo notare.

In terzo luogo, c’è la parte tecnica, che prevede alcune disposizioni destinate a provocare parecchi problemi. In base al testo, l’Unione dovrà abbandonare in futuro i finanziamenti netti per utilizzare invece un sistema di prestiti a condizioni favorevoli. Ciò costituirà evidentemente un problema, perché cagionerà difficoltà ancor più gravi a quelle regioni dell’Unione che si trovano già a malpartito.

Analogamente, si invia un messaggio di inquietudine per il fatto che in alcune regioni il criterio di assegnazione degli aiuti comunitari è scarsamente mirato; di conseguenza in tali regioni non si registrano miglioramenti, nonostante un sostegno finanziario pluriennale, e si produce uno spreco di risorse comunitarie. Si chiede di fissare un periodo di tempo massimo, durante il quale le regioni potranno ricevere finanziamenti strutturali, allo scopo di evitare che si verifichino situazioni nelle quali le regioni che per molti anni hanno beneficiato dell’aiuto dell’UE continuano a restare allo stesso basso livello di sviluppo. In tal modo noi incoraggiamo la costituzione di un scenario del tipo mors tua vita mea, nel quale le regioni si faranno concorrenza per assicurarsi i finanziamenti comunitari; una situazione di questo tipo non è sostenibile e noi non intendiamo certamente approvarla.

 
  
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  Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, ho appena fatto ritorno da un viaggio nel più povero Stato membro dell’Unione europea, la Romania. Ancora una volta, mi ha colpito il fatto che la cordialità e l’accoglienza sono più calde e vive dove c’è più povertà; resta però il fatto che lo stipendio di un insegnante romeno – 180 euro – non basta a pagare un modesto appartamento. Nel caso di paesi ricchi come il Regno Unito, la Svezia, i Paesi Bassi, l’Austria e la Germania, i nostri paesi stanno concordando una riduzione speciale dei propri contributi; invece, paesi poveri come la Bulgaria e la Romania devono contribuire al pagamento delle quote degli Stati membri più ricchi. Lo sceriffo di Nottingham si è impadronito delle casse dell’Unione europea, ma dov’è Robin Hood?

Quando la Danimarca entrò nell’Unione europea, insieme a Regno Unito e Irlanda, ottenemmo una riduzione. Il primo anno pagammo il 20 per cento, quello successivo il 40, poi il 60, poi l’80, e solo il quinto anno pagammo il 100 per cento; eravamo ricchi, ma ci fu concessa una riduzione. Insieme agli altri nuovi Stati membri, Romania e Bulgaria devono pagare i propri contributi per intero; in compenso sono ridotti i sussidi che ricevono: il primo anno esse ricevono solo il 25 per cento dei propri aiuti agricoli, il 30 per cento l’anno seguente, poi il 35 e così via. Come possiamo essere così gretti e meschini?

Vorrei invitare la commissione per i bilanci a esaminare gli effetti del bilancio dell’UE e dell’integrazione europea in termini di distribuzione, e a proporre poi una riforma di bilancio che ridistribuisca le risorse dai ricchi ai poveri nell’ambito dell’Unione. Perché non offrire l’adesione gratuita ai paesi il cui reddito è inferiore, per esempio, al 75 per cento della media comunitaria? Perché non eliminare tutti gli aiuti all’agricoltura superiori, per esempio, a 40 000 euro? Perché non bloccare il pagamento dei Fondi strutturali nei paesi che formano la metà più ricca dell’Unione europea, per concentrare invece gli aiuti sui paesi più poveri? Per la Danimarca un bilancio siffatto significherebbe un reddito minore, ma sono sicuro che i nostri elettori sarebbero ben lieti di pagare sovvenzioni per venire in aiuto ai nuovi Stati membri. In cambio, tutti gli aiuti destinati alla Romania e alla Bulgaria dovrebbero essere trasparenti, per consentirci di verificare che il denaro sia veramente destinato allo sviluppo e non finisca nelle tasche di una vecchia guardia di politici corrotti con i loro accoliti.

Ho appena letto il libro di Cozmin Gusa sulla Romania, che è stato inviato in traduzione inglese a tutti i deputati al Parlamento europeo; esso dipinge uno sconvolgente quadro di corruzione. Solo poche parole ancora, signor Presidente; non è necessario che la commissione per il controllo dei bilanci perda tempo a controllare l’attendibilità delle affermazioni di Cozmin Gusa. L’allontanamento del ministro della Giustizia e il violento attacco sferrato contro Gusa stesso e il suo collega prima del fine settimana dimostrano purtroppo che egli è del tutto attendibile. La Romania deve sottoporsi a un rigoroso esame, ma va anche incoraggiata con un bilancio più equo.

 
  
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  Dumitru Gheorghe Mircea Coşea, în numele grupului ITS. – Încă de la început, vreau să subliniez utilitatea acestui raport şi vreau să-l felicit pe raportor pentru munca deosebit de interesantă pe care a depus-o. Consider că, în condiţiile în care în numai trei ani Uniunea Europeană s-a lărgit de la 15 state la 27, problema implicaţiilor extinderii devine din ce în ce mai importantă, mai interesantă şi mai presantă din punct de vedere financiar. Este evident că orice extindere costă, este evident că orice extindere costă mai mult şi, din acest punct de vedere, cred că raportul pe care îl discutăm astăzi este interesant nu numai pentru a ne explica ceea ce s-a întâmplat, ci şi pentru a putea preveni anumite dificultăţi în viitor. De aceea, cred că acest raport trebuie să fie sprijinit, trebuie să fie extins şi trebuie să fie în atenţia noastră şi în continuare pentru că, pe parcursul discuţiilor viitoare vom avea poate alte puncte de vedere nu numai în legătură cu Croaţia ci şi cu Turcia. Cred că la acest nivel însă, ar trebui să subliniem câteva elemente pe care eu le consider esenţiale din punct de vedere a ceea ce se va întâmpla în viitor cu ţări pe care antevorbitorii le-au menţionat, pe care le reprezint într-un fel, fiind deputat din partea României. În primul rând, cred că orice extindere trebuie să beneficieze de o analiză prealabilă foarte atentă în legătură cu posibilităţile bugetare şi financiare ale Uniunii, în acelaşi timp corelate cu posibilităţile de fonduri colaterale ale ţării respective. Numai după o astfel de analiză, trebuie să se treacă la o definitivare a actului de aderare. În al doilea rând, cred că trebuie să se realizeze cât mai curând posibil o revizuire a cadrului financiar al Uniunii, în primul rând prin analiza modului în care sunt folosite principalele fonduri şi, mă refer aici la Fondul European de Dezvoltare Regională, la Fondul Social European şi la Fondul de Coeziune. În al treilea rând, cred că trebuie definite sursele proprii bugetare. În al patrulea rând un lucru extrem de important din punctul meu de vedre este urmărirea mai atentă a modului în care sunt folosite fondurile şi aplicarea unui regim mai strict de sancţiuni în cazuri de folosire netransparentă sau coruptă a fondurilor. Această situaţie este încă foarte prezentă în multe ţări şi aduce daune considerabile situaţiei financiare a extinderii.

 
  
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  Jana Bobošíková (NI). (CS) Onorevoli colleghi, stiamo esaminando le potenziali conseguenze dei futuri allargamenti sull’efficacia della politica di vicinato. La relazione considera gli allargamenti dell’Unione verso est, e calcola in che modo gli attuali Stati membri ne sosterranno i costi se la struttura istituzionale rimane immutata e il contributo finanziario al bilancio comune non viene aumentato.

Non ci sarà abbastanza denaro per aiutare i nuovi Stati membri e non resterà nulla per le nazioni più ricche. Non ha senso discutere di quanto stiano calando i singoli coefficienti del PIL nei paesi che attendono di aderire all’Unione. Il problema sta altrove, e a mio avviso sta in ciò che l’Unione può offrire; se ci allarghiamo solo verso gli impoveriti Stati balcanici, i costi saranno alti, e toccherà ai cittadini dell’Unione europea a 27 decidere se dar prova di solidarietà e saldare il conto – a mio avviso farebbero bene a saldarlo. L’allargamento dell’Unione non ha solo una dimensione finanziaria, ma soprattutto – insisto su questo punto – una dimensione politica.

Penso inoltre che dovremmo chiederci perché alcuni paesi, che non hanno bisogno dell’Unione europea come distributrice di aiuti allo sviluppo, non desiderano sottoscrivere i valori e le politiche dell’Unione. Perché mai, per esempio, Norvegia, Svizzera e Islanda non si affrettano ad aderire all’UE? La causa, mi sembra, è da ricercarsi nella pervasiva e soffocante solidarietà dell’Unione, in una politica agricola di stampo bolscevico e nella totale incapacità di stimolare la competitività.

Sono fermamente convinta che un allargamento di corto respiro non servirà affatto a rafforzare né l’economia dell’Unione europea, né la sua influenza politica sulla scena mondiale. L’Unione può rafforzarsi solo tramite un radicale mutamento che la porti ad abbandonare l’ossessiva insistenza sulla solidarietà, propria delle politiche attuali, il paternalismo e gli eccessi normativi, per abbracciare invece una salutare politica di libera concorrenza. Vi ringrazio.

 
  
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  László Surján (PPE-DE). (HU) Nell’esaminare gli effetti di un ulteriore allargamento sulla politica di coesione dell’Unione europea, partiamo dal presupposto che gli Stati membri, animati da solidarietà reciproca, cerchino di ridurre le disuguaglianze che separano le loro regioni; tuttavia, le nostre capacità pongono dei limiti a questa lodevole intenzione.

Il relatore merita ogni elogio per averci posto di fronte ai problemi reali. L’odierno livello della politica di coesione diventerà impossibile da finanziare se si dovrà applicarlo anche agli attuali paesi candidati, ma non possiamo trattare tutti i paesi candidati come se fossero identici; l’adesione della Croazia, per esempio, non desta alcun timore né a causa delle dimensioni, né a causa della situazione economica di quel paese. Cerchiamo di essere onesti! Se nei paesi candidati si diffonde la delusione subito dopo il loro ingresso nell’Unione europea, ciò costituisce un problema; ma se, nel tentativo di recuperare, tagliamo i programmi esistenti, allora sono i cittadini degli attuali Stati membri a sentirsi defraudati. In entrambi i casi, il sentimento di coesione risulta incrinato; e inoltre tutto questo non riguarda il futuro, perché disuguaglianze ingiustificate si registrano già. Non c’è alcun motivo tecnico per cui nei suoi primi sette anni il mio paese, l’Ungheria, debba ricevere, per i finanziamenti allo sviluppo, un importo pro capite doppio rispetto al paese vicino, cioè la Romania. Come si vede, l’inevitabile compromesso cui siamo giunti in merito al quadro attuale sta limitando le opzioni.

Per il futuro, possiamo trarre un’importante lezione: l’Unione non può funzionare adeguatamente a un livello più basso di quello indicato dal Parlamento con l’approvazione della relazione Böge. Mi auguro che il 2013 non sia troppo tardi per tradurre in realtà l’impostazione espressa nella relazione Böge.

 
  
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  Constanze Angela Krehl (PSE). (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del mio gruppo desidero ribadire chiaramente che la relazione Pieper non riguarda l’allargamento, bensì la futura politica di coesione. Essa, inoltre, giunge nel momento più opportuno; infatti, se non cogliamo prontamente l’opportunità di riformare la politica di coesione e aspettiamo il 2011, o magari il 2012 o il 2013, per riflettere sul tipo di politica che intendiamo introdurre l’anno seguente, allora per le riforme sarà troppo tardi.

E ancora, questa relazione non intende neppure prendere decisioni sull’adesione all’Unione europea della Turchia o di qualsiasi altro paese candidato o futuro paese candidato. Comunque, per dissipare qualsiasi dubbio in merito ed eliminare ogni potenziale causa di recriminazioni, voteremo per cancellare dalla relazione il paragrafo 14. Iniziando oggi questo processo, però, dobbiamo essere sicuri di avere chiaro in mente il tipo di politica di coesione che desideriamo per il futuro; in tale prospettiva, è giusto pensare a uno strumento che riunisca in sé le caratteristiche dell’efficienza, della solidarietà, dello sviluppo sostenibile e dell’attenzione nei confronti dei cittadini. Dobbiamo sintetizzare tutti questi aspetti e verificare in che modo sia possibile applicare in pratica le nostre intenzioni.

Il relatore ha tutte le ragioni di elencare alcuni concetti chiave: per esempio, la revisione del sistema delle risorse proprie, l’eliminazione delle disuguaglianze in tutta l’Unione anziché in una piccola parte del suo territorio, la responsabilità individuale degli Stati membri, l’opportunità di far maggiormente ricorso, in futuro, al finanziamento di prestiti, e i metodi per potenziare e incrementare l’impiego del cofinanziamento privato. Allargamento o non allargamento, dovremo anche affrontare il problema del cambiamento demografico.

Gli spunti contenuti nella relazione Pieper stimolano quindi il dibattito, e ora ci occorre tempo, poiché essi susciteranno senza dubbio polemiche. Credo che la revisione di medio termine possa rappresentare un ulteriore passo verso la riforma – ma di una riforma c’è urgente bisogno, e quindi auspico un vasto sostegno per la relazione Pieper.

 
  
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  Jean Marie Beaupuy (ALDE). (FR) Signor Presidente, signora Commissario, a mio parere questa relazione presenta un aspetto positivo e uno negativo: un aspetto positivo in quanto – mi auguro – essa ci fornirà una conoscenza più approfondita delle conseguenze degli allargamenti futuri; ma potrebbe avere un aspetto negativo, se considerassimo unicamente gli svantaggi di tali futuri allargamenti. Il nostro collega ha messo in luce alcuni aspetti negativi che potrebbero diventare piuttosto inquietanti, e comprendo bene il suo punto di vista.

Signora Commissario, la domanda che le faccio personalmente è di darci una risposta – come lei, credo, certamente farà – articolata su tre punti. Bisogna che le conseguenze finanziarie ci vengano illustrate non solo in termini di spese, ma anche di entrate, e che vengano menzionate anche le eventuali entrate di altro tipo, che potrebbero essere per esempio di carattere umano. Occorre poi che ci vengano indicate le altre prospettive e conseguenze politiche.

Non chiudiamo gli occhi; qui si pone il problema della Turchia. Non sono favorevole all’integrazione della Turchia, ma mi sembra comunque doveroso esaminare questo problema in tempi rapidi, con lucidità e realismo, per trovare risposte valide sia nell’interesse dell’Unione europea, sia nell’interesse della Turchia. La ringrazio, signora Commissario, per la risposta che ci darà su questi tre punti: entrate, spese ed evoluzione politica.

 
  
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  Jan Tadeusz Masiel (UEN). (PL) Signor Presidente, la politica di allargamento e la politica di coesione rappresentano senz’altro due tra i più preziosi ed efficaci strumenti a disposizione dell’Unione europea, a patto però che vengano usati con sagacia.

La decisione presa nell’aprile 2006 dal Consiglio europeo stabilisce che, per quanto riguarda l’adesione di nuovi Stati membri, l’Unione europea dev’essere in grado di mantenere il ritmo dell’integrazione europea. La relazione che stiamo esaminando dimostra chiaramente che l’Unione non è pronta per l’adesione della Turchia, anche per ragioni di bilancio. Tralascerò oggi il problema dello shock culturale e della riluttanza manifestata dai cittadini europei, ma l’adesione della Turchia farebbe diminuire il PIL pro capite dell’Unione del 10,5 per cento: l’UE non è in grado di assorbire un simile sconvolgimento. Dal punto di vista economico, sarebbe più facile per noi accogliere insieme tutti i Balcani occidentali, l’Ucraina e la Bielorussia, anziché la Turchia.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL). (PT) Signor Presidente, la coesione economica e sociale – che in fondo è sancita dai Trattati – dovrebbe costituire la base delle politiche comunitarie, e andrebbe realizzata, per esempio, garantendo il carattere ridistribuivo del bilancio comunitario. Di conseguenza, la politica di sviluppo regionale è uno strumento essenziale per ridurre le disuguaglianze regionali e promuovere un’autentica convergenza, insieme alla crescita economica e all’occupazione. In teoria, essa dovrebbe funzionare come un meccanismo di compensazione per le regioni economicamente meno sviluppate, allo scopo di controbilanciare l’impatto del mercato interno, dell’euro e della liberalizzazione dei servizi pubblici, nonché della commercializzazione di beni e servizi.

Ricordo che l’odierna politica di coesione regionale ha visto modificare i propri obiettivi e ha subito drastici tagli finanziari nell’attuale quadro finanziario 2007-2013. La relazione che stiamo esaminando inasprisce queste tendenze negative, proponendo orientamenti che, se applicati, distorcerebbero e danneggerebbero gravemente un’autentica politica di coesione.

In tale situazione, ci opponiamo alle proposte che, per mantenere le attuali risorse finanziarie nel contesto di un futuro allargamento, prevedono di ridistribuire le risorse finanziarie di regioni e paesi che rientrano nella politica di coesione tra quei medesimi paesi e regioni. In tal modo saranno i paesi economicamente meno sviluppati a pagare il conto dell’allargamento, mentre i vantaggi maggiori dell’allargamento stesso andranno ai paesi più sviluppati dal punto di vista economico. Si propone pure di sostituire una parte del finanziamento proveniente dai fondi comunitari con un incremento del cofinanziamento nazionale, con l’accesso ai prestiti oppure con il cofinanziamento privato, nonché di fissare un periodo massimo di tempo durante il quale le regioni possano ricevere Fondi strutturali. Infine si intende far dipendere l’accesso alla politica di coesione dall’applicazione di una politica economica nazionale rispondente ai criteri definiti nella strategia di Lisbona e nel Patto di stabilità e di crescita.

Ci opponiamo fermamente a queste e ad altre intenzioni, e quindi abbiamo presentato un certo numero di emendamenti a questa relazione, miranti a tutelare efficacemente la politica di coesione; ci auguriamo che tali emendamenti vengano adottati.

 
  
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  Jan Olbrycht (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, la relazione di cui discutiamo oggi è particolarmente significativa, in quanto equivale a una proposta per la prima dichiarazione del Parlamento europeo sulla politica di coesione dopo il 2013. Nel corso del dibattito è emerso chiaramente che ognuno interpreta questa relazione a modo suo: alcuni vi scorgono prese di posizione sulla politica di coesione, mentre per altri essa si occupa solo dell’allargamento e di conseguenza della politica estera dell’Unione europea.

La relazione pone nuovi problemi; essa ci stimola a definire la politica futura. Ancora una volta, dobbiamo confrontarci con i nodi della rinazionalizzazione della politica, e ancora una volta occorre chiedersi se la politica di coesione debba indirizzarsi solo ai paesi meno sviluppati oppure se – come avviene oggi – debba anche costituire un meccanismo di sostegno per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Nella seconda alternativa tale politica dovrebbe diventare accessibile anche ai paesi più attivi.

La prima opzione – quella di concentrarsi sui paesi più poveri – solleva nuovamente il problema del criterio da impiegare per individuare le regioni più deboli, e quindi in futuro comporterà una discussione sulle prospettive finanziarie. Bisognerebbe anzitutto decidere se iniziare calcolando le risorse richieste dagli orientamenti politici e dalle esigenze derivanti dai criteri impiegati, oppure – in alternativa – se iniziare da una valutazione delle risorse disponibili, e poi adeguare a questa criteri e metodi di distribuzione.

Durante il periodo 2007-2013 risulterà probabilmente chiaro che quella di allargare la portata della politica di coesione, fino a includervi le azioni di sostegno alla strategia di Lisbona, è stata una decisione saggia; in questo momento però sarebbe arduo intraprendere valutazioni di tale politica o modificarne i piani. E’ chiaro che le decisioni politiche sui futuri allargamenti dovranno tener conto della gestione della politica di coesione dopo ogni allargamento.

Gli allargamenti futuri implicheranno modifiche della politica di coesione, della sua portata e dei suoi strumenti giuridici e finanziari. Gli allargamenti non sono però una minaccia per tale politica: essi non costituiscono solamente una spesa, ma recano anche taluni vantaggi agli Stati già membri dell’Unione. L’efficacia della politica di coesione deve spronare a perseguire una coerente politica di integrazione tramite gli allargamenti futuri; e questi ultimi vanno accuratamente preparati dal punto di vista degli strumenti finanziari e giuridici.

 
  
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  Stavros Arnaoutakis (PSE). (EL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, cinquant’anni di storia europea ci hanno insegnato che pace, democrazia, sicurezza, stabilità e prosperità si rafforzano e si consolidano grazie agli allargamenti; l’Unione europea è stata e deve rimanere aperta ad altri allargamenti in futuro.

Tuttavia, per rispondere adeguatamente a questa sfida, l’Unione deve dimostrarsi efficiente e funzionale. Oggi più che mai sono necessarie prestazioni valide ed efficaci da parte delle politiche comunitarie, e soprattutto da parte della politica di coesione – cioè la politica che esprime il principio di solidarietà con i gruppi più deboli nelle varie zone dell’Unione.

Tuttavia, l’efficienza e la funzionalità che una futura politica di coesione potrà fornire dipenderanno dalle risorse disponibili. E’ questo un aspetto che bisogna ribadire chiaramente, mentre si avvicina la revisione di medio termine delle prospettive finanziarie per il 2008-2009: infatti, la politica di coesione avvicina l’Europa ai suoi cittadini, e noi dobbiamo concedere queste risorse per renderla efficiente.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Non si possono nutrire dubbi sull’importanza della politica di coesione e dei risultati che la sua applicazione ha garantito, nella creazione e nella più profonda integrazione delle economie dell’Unione europea oltre che nel miglioramento del benessere umano. Tuttavia, la relazione che esaminiamo oggi dipinge l’ultimo ciclo di allargamenti e i futuri nuovi Stati membri dell’UE come la causa di tutti i guai dell’Unione.

La richiesta di valutare gli effetti sulla politica di coesione dell’ingresso nell’UE di Bulgaria e Romania, dopo che quei due paesi hanno già aderito all’Unione, contrasta con il principio di solidarietà proclamato nella relazione.

La politica di coesione non è l’unico elemento importante per l’Unione europea; contano anche gli effetti che la politica agricola comune (PAC) produce sull’economia e sul benessere sociale. L’ammontare dei fondi che si renderanno disponibili per essere distribuiti in base alla politica di coesione dipenderà dalla riforma della PAC, dalla riforma del bilancio dell’Unione e dall’applicazione della politica estera e di sicurezza comune.

La relazione suggerisce di introdurre nuovi criteri di coesione per i paesi candidati; ma questi paesi hanno già avviato i negoziati per l’adesione sulla base dei criteri di Copenaghen, che sono ben noti a tutti.

Onorevoli colleghi, questa relazione sulla politica di coesione ha considerato la coesione in maniera del tutto avulsa dalle altre politiche dell’UE, e si schiera con spirito tendenzioso contro l’allargamento, per tutelare gli interessi dei più ricchi Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE). (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, dall’ottobre del 2005 l’Unione europea conduce negoziati di adesione con la Croazia e la Turchia, senza pregiudizio per i risultati di tale processo. L’Unione ha pure riconosciuto lo status di paese candidato alla Macedonia, e considera come potenziali candidati all’adesione gli altri Stati dei Balcani; eccezion fatta per il caso particolare della Turchia, sono favorevole a tale prospettiva. Ciò premesso, pur convinta come sono che, senza i Balcani, l’Unione europea rimarrebbe incompiuta, ritengo tuttavia che il cammino sarà lungo e disseminato di insidie; penso soprattutto che l’eventualità di nuovi allargamenti ci obblighi a fornire risposte precise e urgenti a tre questioni ineludibili, relative alle riforme istituzionali, politiche e finanziarie di cui l’Europa ha assoluto bisogno.

In primo luogo, dobbiamo por fine a un dibattito che per troppo tempo gli Stati membri hanno ignorato, e fissare per il futuro le frontiere definitive dell’Unione; tale decisione ci permetterebbe di precisare contemporaneamente il contenuto di un partenariato privilegiato da proporre nel quadro di una politica di vicinato rafforzata.

In secondo luogo, dobbiamo chiarire quale sia il futuro del principio di coesione economica, sociale e territoriale nell’ambito dell’Unione. E’ inaccettabile che i successivi allargamenti conducano all’esclusione di un numero sempre maggiore di regioni dall’ammissibilità alla solidarietà europea per un semplice effetto statistico, senza che siano effettivamente eliminate le attuali disparità. Per la politica di coesione dobbiamo elaborare un modello più progressivo, che preveda periodi di transizione più lunghi, sia per i nuovi beneficiari, sia per coloro che non vi hanno più diritto.

L’ultimo punto riguarda naturalmente la riforma finanziaria. Nella nostra attuale situazione di bilancio, sarebbe impossibile finanziare eventuali allargamenti futuri senza mettere a repentaglio l’efficacia delle politiche di coesione esistenti. L’Unione ha bisogno di nuove risorse proprie e di un bilancio all’altezza delle proprie ambizioni. Tutti questi problemi si riassumono in una sola domanda: vogliamo dotare l’Unione della capacità di integrare i nuovi Stati membri? Dobbiamo prendere una decisione: si tratta di un obbligo di responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione e dei paesi che bussano alla nostra porta.

 
  
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  Miloš Koterec (PSE). (SK) Desidero ringraziare il relatore per il dettagliato e approfondito testo che ha presentato su questo tema. L’iniziativa presa dal Parlamento europeo in questo campo non fa che confermare l’importanza che la nostra Assemblea annette all’adeguato funzionamento dei sistemi comunitari, compresa la politica di coesione. A mio avviso, questa relazione non si propone tanto di analizzare nei dettagli i singoli allargamenti, quanto piuttosto di esaminare l’allargamento in generale. Il tema affrontato dalla relazione andrebbe considerato da almeno due punti di vista differenti: da un lato l’efficacia della politica di coesione dell’Unione europea, e dall’altro i modi in cui l’allargamento può influenzarla (si tratta cioè di chiedersi come definire la politica di coesione nel contesto dell’allargamento).

In mancanza di qualsiasi attendibile valutazione dell’impatto esercitato dai finanziamenti comunitari per lo sviluppo regionale, possiamo discutere gli effetti dell’allargamento sulla coesione solo in termini generali. Ma anche se disponessimo di una metodologia valida e rigorosa per gestire, applicare e valutare la politica regionale, non saremmo comunque in grado di portarla avanti senza un approccio professionale da parte degli Stati membri in qualità di garanti della giustizia, e senza trasparenza, elevati standard amministrativi e restrizioni sull’uso improprio dei fondi. Sarà interessante leggere la valutazione di medio termine della politica regionale nel 2008-2009.

Gli Stati membri, inoltre, devono individuare le modalità più appropriate per finanziare adeguatamente la politica europea di coesione; non deve succedere che regioni dal basso livello di sviluppo debbano lottare accanitamente per strappare ogni euro. La politica dell’Unione europea deve possedere equilibrio e obiettività tali da non ridursi a un semplice mercato, in cui ognuno cerca di ottenere qualcosa da qualcun altro. A tale scopo sono però necessari adeguati finanziamenti, e in una risoluzione del 2005 il Parlamento europeo ha chiaramente affermato la necessità di incrementare sensibilmente il bilancio dello sviluppo regionale per il periodo 2007-2013.

Per risolvere il problema occorre quindi ripensare le modalità di elaborazione del bilancio europeo; in caso contrario, si renderà evidentemente necessario ricorrere a un maggiore coinvolgimento finanziario diretto da parte di quegli Stati membri che ricevono assistenza e sono destinati a riceverla in futuro. Ma a questo punto che ne sarà della nostra proverbiale solidarietà europea? Concludo con un’ultima osservazione: la politica di coesione non deve cadere vittima dell’allargamento, e l’allargamento, a sua volta, non deve diventare ostaggio della politica di coesione. In ultima analisi, l’unico sistema valido sarà quello che riuscirà a tener conto dei nessi fra tutti i suoi componenti, compresi l’allargamento e la coesione.

 
  
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  Valdis Dombrovskis (PPE-DE). (LV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando si prendono decisioni che riguardano l’allargamento dell’Unione europea, è importante valutare l’impatto di queste stesse decisioni sul bilancio dell’Unione. L’adesione di paesi grandi ed economicamente poco sviluppati, come la Turchia, influirebbe in maniera significativa sulla politica regionale: diventerebbe necessario ridistribuire da capo le risorse a beneficio dei nuovi Stati membri, o in alternativa occorrerebbe un notevole incremento dei finanziamenti destinati alla politica regionale. In entrambi i casi la Commissione europea dovrebbe presentare dettagliate informazioni in merito al prevedibile impatto dell’allargamento sul bilancio e alle possibili soluzioni per la politica regionale comunitaria. Un certo aumento di risorse a favore della politica regionale comunitaria è possibile; il Parlamento europeo ha proposto, nelle prossime prospettive finanziarie, una spesa pari all’1,18 per cento del reddito interno lordo dell’Unione europea, incluso lo 0,41 per cento del medesimo reddito interno lordo per i fondi UE – ossia ben più dell’attuale 0,37 per cento. Presumo che dovremo ritornare su questo problema in occasione della revisione di medio termine delle prospettive finanziarie, nel contesto dei futuri allargamenti dell’Unione europea, come per esempio l’adesione della Croazia. La proposta del relatore concernente la diversificazione dei cofinanziamenti va accolta favorevolmente; essa rende possibile un’intensificazione degli aiuti da destinare agli Stati e alle regioni meno sviluppati. Quest’approccio è pienamente conforme agli obiettivi della politica regionale dell’Unione e ha già raccolto il giudizio positivo della relazione del Parlamento europeo sulle prospettive finanziarie. In futuro, il PIL pro capite delle regioni dovrà costituire il criterio principale per determinare la disponibilità dei fondi dell’Unione europea a favore di regioni e Stati. Preoccupa però la proposta di aumentare la quota di finanziamenti provenienti dagli Stati membri, concepita presumibilmente allo scopo di migliorare l’efficacia della politica regionale. Dobbiamo riconoscere che di recente la quota di cofinanziamento degli Stati membri è stata effettivamente aumentata, con l’esclusione dei pagamenti IVA non rimborsabili. Per ottenere i finanziamenti dell’Unione europea è già necessario accollarsi eccessivi oneri burocratici; quindi, le proposte del relatore che invocano un legame più stretto tra fondi UE e strategia di Lisbona nonché maggiore trasparenza, benché nel complesso degne di approvazione, non devono produrre ulteriori ostacoli burocratici che rendano ancor più difficile ottenere i finanziamenti dell’Unione europea. Vi ringrazio per l’attenzione.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE). (PL) Signor Presidente, ulteriori allargamenti dell’Unione europea sono inevitabili. L’impatto dei successivi allargamenti dell’Unione sull’efficacia dell’attuale politica di coesione è un problema importante, di cui si discute a livello europeo; le misure miranti ad accogliere nuovi membri nella Comunità europea sono un elemento essenziale per migliorare l’integrazione nel nostro continente.

Nondimeno, tenendo conto delle richieste che ci pone l’agenda di Lisbona e delle forti differenze che ancora sussistono tra gli attuali Stati membri dell’Unione europea in fatto di sviluppo economico e, conseguentemente, di tenore di vita, dobbiamo affrontare la questione dei futuri allargamenti con particolare attenzione e cautela.

Il bilancio dell’Unione non è un assegno in bianco; ha determinati limiti. Tutti conosciamo la quantità di finanziamenti assegnati alla politica regionale fino al 2013; occorre concedere priorità al mantenimento dei processi e delle azioni avviate per favorire la coesione e uniformare le condizioni di vita in tutta l’Unione. Non si può permettere che le regioni, a causa di un effetto statistico, perdano l’ammissibilità agli aiuti non appena raggiungono un livello di competitività e trasformazione strutturale stimato soddisfacente. Ai paesi che aspirano a entrare nell’Unione europea occorre offrire un invitante pacchetto di aiuti preadesione, in grado di stimolarne efficacemente la crescita economica, lo sviluppo e le trasformazioni strutturali, prima che essi divengano beneficiari a pieno titolo della politica di coesione.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). (PL) Signor Presidente, la relazione di cui discutiamo contiene alcune proposte per la razionalizzazione delle spese relative allo sviluppo regionale e valuta le possibili implicazioni dell’adesione di Turchia, Croazia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia, nonché dei paesi dei Balcani occidentali, all’Unione europea. Secondo gli studi effettuati, i futuri allargamenti dell’Unione europea potrebbero condurre da un lato a un’espansione del 35 per cento del territorio dell’Unione insieme a un aumento del 27 per cento del numero dei suoi cittadini, e dall’altro a un incremento di appena il 4 per cento del PIL comunitario: ciò significa una diminuzione del PIL pro capite pari al 18 per cento. Vi sono quindi vantaggi e svantaggi di cui tener conto.

Ciò nonostante, l’Unione deve svilupparsi. Dopo la revisione del quadro finanziario, tra il 2008 e il 2009, occorrerà prendere una decisione relativa alla riforma istituzionale, finanziaria e politica dell’Unione. Una valutazione dei risultati dell’attuale politica di coesione renderà possibile decidere quando potremo permetterci ulteriori allargamenti; è opportuno però ricordare che, finora, tutti gli allargamenti hanno costantemente aggiunto valore all’Unione. Nutro fiducia che sarà così anche in futuro.

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei precisare subito che interpreto questa relazione come una prova di ansioso interesse per la necessità di mantenere, o piuttosto migliorare, l’efficacia della politica europea di coesione durante la realizzazione della strategia di allargamento dell’Unione europea. Dal vostro dibattito sono poi scaturite numerose idee di cui farò certamente tesoro.

Vorrei soffermarmi su tre punti di cui dobbiamo tener conto, quando discutiamo della politica di coesione nel contesto dell’allargamento. In primo luogo, il quadro finanziario e le norme di ammissibilità per il 2007-2013 sono già state decise, e verranno applicate in tutto questo periodo, indipendentemente da qualsiasi ulteriore allargamento.

In secondo luogo, nel 2008-2009, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo, si effettuerà una revisione estesa a tutti gli aspetti delle spese e delle risorse dell’Unione europea; tale revisione sarà realizzata in stretta collaborazione con il Parlamento e comprenderà anche un ampio processo di consultazione.

In terzo luogo, per quanto riguarda l’allargamento, ribadisco che la Commissione – nella sua comunicazione sulla strategia di allargamento – e il Consiglio europeo del dicembre 2006 hanno confermato lo stretto nesso tra strategia di allargamento e capacità, da parte dell’Unione europea, di integrare nuovi Stati membri. Inoltre, il ritmo del processo di adesione dipenderà dai risultati delle riforme adottate nel paese che negozia l’adesione stessa; l’ingresso di nuovi Stati membri sarà sempre fondato sui loro rispettivi meriti. Continueremo a rispettare questo principio. Abbiamo anche deciso di comune accordo che l’Unione eviterà di fissare scadenze per l’adesione prima che i negoziati si avvicinino alla conclusione. Nel corso dei negoziati, la Commissione redigerà valutazioni d’impatto sui principali settori politici.

Sono pronta ad accogliere nuove idee, soprattutto per quel che riguarda la necessità di predisporre nuovi meccanismi che consentano alla politica di coesione di adeguarsi meglio a un ambiente in costante e rapido mutamento, nonché l’esigenza di individuare nuove modalità per realizzare ulteriori sinergie fra le strategie di sviluppo applicate a livello comunitario, nazionale e regionale. Dobbiamo vincolare la nostra politica di coesione a questa politica favorevole di crescita nazionale sostenibile, alla strategia di Lisbona e agli orientamenti integrati in materia di crescita e occupazione. Sono pienamente d’accordo con voi: dobbiamo esplorare più approfonditamente tutti questi nessi.

Per concludere, vorrei dichiarare che non dovete aspettarvi il mio appoggio per qualsiasi idea mirante a indebolire gli aspetti comunitari della politica di coesione.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Antonio De Blasio (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, giudico importantissimo che il Parlamento europeo stia esaminando l’impatto dei futuri allargamenti dal punto di vista della politica di coesione, e che quindi sia possibile includere nel dibattito sull’allargamento nuove considerazioni e prese di posizione in materia di bilancio.

Lo studio preparatorio condotto per la relazione indica che in un’Unione europea a 34, la Croazia, in base all’attuale quadro normativo, richiederebbe solo il 7 per cento delle risorse supplementari della politica di coesione, mentre la Turchia da sola beneficerebbe del 63 per cento; a mio avviso, questi dati ci dimostrano che è impossibile offrire a tutti i paesi candidati un trattamento dello stesso livello.

Vorrei sottolineare che – considerati il grado di sviluppo economico e la consistenza della sua popolazione – l’adesione della Croazia non imporrebbe oneri supplementari rilevanti al bilancio dell’Unione europea. Tra i potenziali paesi candidati presi in esame nella relazione, la Croazia è l’unico la cui adesione non provocherebbe alcun effetto statistico sulle aree ammissibili a livello regionale e nazionale; in altre parole, nessuna delle regioni che attualmente ricevono finanziamenti perderebbe l’ammissibilità agli aiuti finanziari dell’Unione europea.

Prima dell’ammissione di ogni paese candidato, propongo quindi di considerare come l’Unione europea possa integrare lo Stato in questione, e di analizzare dettagliatamente il nostro grado di preparazione a una riforma finanziaria complessiva nell’interesse degli allargamenti futuri. A mio avviso, sarà ragionevole pensare a una riforma complessiva solo dopo aver realizzato gli attuali obiettivi della politica di coesione.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) In qualità di membro della commissione per lo sviluppo regionale desidero esprimere i più calorosi ringraziamenti al relatore, che è riuscito ad analizzare criticamente l’aspetto della politica regionale collegato ai futuri allargamenti dell’Unione europea – ossia un nodo politicamente importante e allo stesso tempo assai delicato.

La politica regionale europea non deve solo tener conto di bilanci già tesi allo spasimo e di una pressione competitiva sempre più intensa tra i 27 Stati membri; deve anche soddisfare le attese della politica strutturale europea e della strategia di Lisbona, e mantenere contemporaneamente la propria capacità di azione.

Il relatore merita un ringraziamento particolare per averci dimostrato chiaramente che gli odierni obiettivi della politica di coesione si possono realizzare solo affrontando il processo di allargamento con un approccio graduale e avviando riforme che stimolino l’efficienza. In questo particolare contesto, occorre definire in maniera più precisa il concetto di “politica di vicinato rafforzata”, e intavolare un franco dibattito – soprattutto per quanto riguarda la Turchia – chiedendosi apertamente se, per tutte le parti interessate, l’esito più ragionevole sia l’adesione oppure un partenariato privilegiato.

Come deputati europei e rappresentanti dei cittadini noi abbiamo il dovere – nei confronti dei cittadini non solo dei nuovi, ma anche dei vecchi Stati membri – di condurre una politica regionale che continui a garantire equilibrio e crescita e quindi assicuri la coesione dell’Unione europea anche in futuro.

 
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