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Testi presentati :

RC-B6-0268/2007

Discussioni :

PV 11/07/2007 - 14
CRE 11/07/2007 - 14

Votazioni :

PV 12/07/2007 - 6.10
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Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 11 luglio 2007 - Strasburgo Edizione GU

14. Palestina (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla Palestina.

 
  
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  Manuel Lobo Antunes , Presidente in carica del Consiglio. – (PT) Signora Presidente, onorevoli deputati, desidero comunicarvi che il Consiglio vuole sinceramente discutere con il Parlamento dei drammatici eventi occorsi a Gaza il mese scorso, come richiesto nella seduta plenaria del 19 giugno.

Il Consiglio e la Commissione hanno reagito prontamente, come reso noto il 18 giugno nelle conclusioni del Consiglio stesso, in cui si dichiarava che non avremmo abbandonato la popolazione civile di Gaza. E’ stato compiuto ogni sforzo al fine di garantire che gli aiuti umanitari raggiungessero Gaza, nello specifico, sforzi intesi a fornire sostegno finanziario e a garantire, attraverso mezzi politici, che Israele consentisse l’accesso dei convogli umanitari in questo territorio. Inoltre, manteniamo in standby la nostra missione di assistenza alle frontiere al valico di Rafah. Se tutte le parti potessero raggiungere un accordo relativo alla riapertura della missione e se le condizioni sul territorio lo permettessero, l’Unione europea ricomincerebbe nuovamente a sostenere le operazioni preposte in questo valico tra Gaza e l’Egitto.

Sosteniamo inoltre il governo provvisorio del Primo Ministro Salam Fayyad. I rapporti tra il governo dell’Autorità palestinese e l’Unione europea sono stati immediatamente normalizzati. Anche Israele ha degli obblighi specifici, in quanto deve agire allo stesso modo e rendere finalmente disponibili i proventi delle imposte e dei dazi doganali palestinesi, nonché facilitare l’accesso e la circolazione in Cisgiordania e a Gaza, al fine di consentire il commercio palestinese. Innanzi tutto, Israele ha il dovere di contribuire a un processo di pace credibile al cui sviluppo stanno lavorando leader palestinesi quali il Presidente Abbas e il Primo Ministro Fayyad. Questo apporterebbe un notevole contributo.

La nomina di Tony Blair a nuovo inviato del Quartetto non lascia dubbi che la comunità internazionale continui a essere attivamente coinvolta in questa questione. Siamo lieti che l’ex Primo Ministro britannico abbia dato la sua disponibilità per tale incarico e ci auguriamo con tutta sincerità che il suo lavoro contribuisca a rafforzare il ruolo dell’Unione europea nel processo di pace.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner , Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, dal nostro ultimo dibattito in quest’Aula, la situazione nel territorio palestinese occupato è profondamente cambiata.

Ci sono numerosi sviluppi che dovremmo accogliere con favore. Israele ha finalmente ripreso il trasferimento dei proventi derivanti dalle imposte doganali, l’Unione europea ha deciso quindi di stabilizzare le proprie relazioni con l’Autorità palestinese e attualmente si è instaurato un nuovo governo palestinese con a capo il Primo Ministro Salam Fayyad. Dopo tre mesi di interruzione, è stato riavviato anche l’incontro bilaterale tra Abbas e Olmert. Infine, come molti altri, ho accolto con gioia il rilascio del corrispondente della BBC Alan Johnston, dopo più di tre mesi di prigionia.

Tuttavia, dopo la presa del controllo di Gaza da parte di Hamas, adesso esiste un elevato rischio di separazione tra le parti del territorio palestinese. La popolazione di Gaza è stata isolata dal mondo e le tensioni tra le fazioni palestinesi non sono mai state così intense. La stessa creazione di un possibile Stato palestinese è, quanto meno, a rischio.

Dobbiamo continuare a lavorare allo sviluppo di una prospettiva politica al fine di riportare pace e prosperità nella regione. Mi auguro che il prossimo incontro bilaterale tra il Presidente Abbas e il Primo Ministro Olmert, che, è auspicabile, si svolgerà il 16 luglio, contribuisca alla creazione di una prospettiva politica credibile per il popolo palestinese e spiani la strada al prossimo incontro congiunto con il Quartetto diplomatico.

Spero che il Quartetto diplomatico possa continuare la sua collaborazione con i partner arabi, e attendo il prossimo incontro del Quartetto, che si svolgerà con tutta probabilità la prossima settimana, in cui potranno essere discusse tutte queste questioni. Accolgo positivamente la nomina di Tony Blair quale inviato del Quartetto, che sicuramente renderà più dinamico il nostro ruolo nel processo di pace in Medio Oriente. Blair può diventare un nuovo veicolo di progresso assieme all’iniziativa di pace araba. Gli offrirò, ovviamente, tutta l’assistenza possibile, come è accaduto per Jim Wolfensohn, compreso il personale per la sua squadra a Gerusalemme.

Per quanto riguarda l’assistenza, la Commissione ha reagito prontamente alla nuova situazione. Ho ricevuto una lettera dal Primo Ministro Fayyad in cui egli descrive le sue necessità prioritarie. Siamo pronti e, naturalmente, abbiamo già mobilitato la nostra assistenza intesa a fornire sostegno al nuovo governo. Il Quartetto diplomatico e i Consigli “Affari generali” e “Affari esteri” hanno approvato il prolungamento del meccanismo internazionale temporaneo (MIT) fino alla fine di settembre. Abbiamo inviato una richiesta all’autorità di bilancio per un trasferimento di 80 milioni di euro, al fine di finanziare le operazioni del MIT nel terzo trimestre. Sono soddisfatta e ringrazio la commissione per i bilanci, che questa settimana ha accordato i trasferimenti. Adesso siamo in grado di fornire sostegno, mediante il MIT, fino alla fine del suo prolungamento. L’assistenza finanziaria diretta all’Autorità palestinese è stata già predisposta sotto forma di uno schema di rimborso degli arretrati al settore privato, come richiestoci da Salam Fayyad. Questo dovrebbe avere un duplice effetto benefico per la situazione finanziaria dell’Autorità e del settore privato palestinesi. Stiamo individuando alcuni fondi a tal fine.

La Commissione ha ripreso i propri sforzi di lunga durata intesi alla creazione delle istituzioni del futuro Stato palestinese. Stiamo anche fornendo assistenza tecnica al ministero delle Finanze. Al fine di assistere quest’ultimo nel sistema di controllo interno e di audit, è stato appena avviato un progetto e a breve ne avvieremo altri due: uno riguarda la gestione doganale e l’altro la gestione dei proventi delle imposte.

Per finire, un accenno alla situazione di Gaza. Sicuramente non abbandoneremo la popolazione di Gaza o l’obiettivo di un reale Stato palestinese. Stiamo fornendo aiuti umanitari e di emergenza alla popolazione del luogo, e i partner dell’ECHO stanno lavorando sul campo. Il MIT sta portando sussidi sociali e carburante. Tuttavia, la situazione può peggiorare ulteriormente in quanto l’accesso alla striscia di Gaza è tuttora un problema. Pertanto, dobbiamo collaborare ancora di più con gli egiziani e gli israeliani al fine di garantire l’apertura dei valichi di Rafah e Karni. La loro chiusura permanente impedisce l’effettivo passaggio di personale umanitario e di beni e ci si augura che ciò non abbia conseguenze devastanti per l’economia della striscia.

Infine, è necessario riaprire le frontiere sia per l’accesso degli aiuti umanitari sia per il commercio. Se l’economia collassa, ci saranno serie conseguenze per la sicurezza di tutta la regione, per il futuro dello Stato palestinese e, di certo, per il bilancio della Commissione. Non dovremmo consentire che la popolazione di Gaza diventi completamente dipendente dagli aiuti esterni.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra , a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, domani il Parlamento europeo approverà una nuova risoluzione sulla situazione in Medio Oriente, che ha ottenuto il consenso secondo le procedure convenzionali.

Tuttavia, signor Presidente, oltre a questo ci sono due punti sui quali vorrei soffermarmi nel mio intervento. Il primo, la nomina dell’ex Primo Ministro britannico Tony Blair a inviato speciale del Quartetto diplomatico. Apparentemente, e questa è una domanda che vorrei rivolgere alla Presidenza in carica del Consiglio, uno dei compiti di questo mandato comporta il garantire un corretto utilizzo dei fondi della comunità internazionale per la regione.

Il secondo punto al quale desidero fare riferimento, signor Presidente, è la lettera firmata da 10 ministri degli Affari esteri, tra cui il ministro portoghese che attualmente riveste anche il ruolo di Presidente in carica del Consiglio, e che è stata criticata in maniera abbastanza netta dall’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune.

In questo documento si afferma che l’Unione europea ha mancato di convinzione nella sua politica relativa al Medio Oriente. Con una dichiarazione molto decisa, vi si afferma anche che la “roadmap” è terminata e che siamo tutti responsabili della situazione attuale; inoltre, che le condizioni imposte dall’Unione europea e dalla comunità internazionale in generale hanno aggravato la situazione.

Desidero domandare alla Presidenza in carica del Consiglio, in quanto lo ritengo opportuno, se condivide queste affermazioni e se le stesse sono state fatte a titolo individuale, in qualità di ministro portoghese, o a nome dell’Unione europea.

Infine, signor Presidente, desidero anche chiarimenti in merito alle proposte che si trovano nella lettera, in particolare riguardo a una conferenza internazionale relativa alla situazione in Medio Oriente e alla mobilitazione di una forza internazionale, come la NATO o a titolo del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, inteso a garantire la pace e a mantenere un cessate il fuoco.

 
  
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  Hannes Swoboda , a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, sono state versate molte lacrime di coccodrillo per la situazione in Medio Oriente. Avremmo già dovuto sapere che si sarebbe raggiunto con facilità questo punto. Certamente, era impossibile prevedere quanto le forze politiche palestinesi si sarebbero inoltrate nel cammino dell’autodistruzione, ma quanto sostegno ha dimostrato Israele a favore del Presidente Abbas nel corso degli ultimi anni? In quale momento ci siamo indignati apertamente a causa della mancanza di supporto per Abbas? Dov’era la strategia visionaria e indipendente dell’Unione europea? E per quale motivo, Presidente in carica e Commissario, stiamo semplicemente ignorando lo scetticismo di Alvaro De Soto riguardo alla politica del Quartetto? E’ perché abbiamo la coscienza sporca? O perché qualcosa è andato veramente male? Perché, onorevole Salafranca, dobbiamo ammettere che abbiamo sbagliato notevolmente in qualche punto.

Non desidero, tuttavia, rievocare la storia passata, in quanto abbiamo bisogno di guardare al futuro. Che cosa è necessario fare? Il mio gruppo ha di recente tenuto una conferenza riguardo al Medio Oriente, presieduta da Pasqualina Napoletano, e le nostre valutazioni erano simili a quelle dichiarate recentemente in un articolo da dieci ministri degli Esteri. Avrei preferito che fossero stati tutti i ministri degli Esteri. E’ necessario sostenere attivamente il governo Abbas/Fayyad, almeno per il momento. Tuttavia, non dobbiamo credere che qualsiasi supporto significhi risolvere i problemi con Hamas né che tali questioni possano essere risolte con mezzi militari, in particolare armando le truppe del Presidente Abbas, come qualcuno pensa. Questo sarebbe il modo più sbagliato per conquistare il cuore e le menti dei sostenitori di Hamas.

Come punto di partenza dei negoziati, Israele deve riconoscere finalmente i confini del 1967, sebbene questo comporti qualche ritardo. Abbiamo bisogno di discutere ampiamente di tutte le questioni, dalla riammissione degli esiliati al muro di separazione. Questi problemi non saranno facili da risolvere, ma necessitano di un aperto e onesto dibattito. Abbiamo inoltre bisogno di associarci all’iniziativa di pace araba se abbiamo intenzione di raggiungere una pace autentica tra Israele e i suoi vicini arabi.

Il nostro obiettivo deve essere la prevenzione della violenza, ma dobbiamo essere imparziali. Se chiediamo a una delle parti di rinunciare alla violenza, allora dobbiamo chiedere la stessa cosa alla parte avversa, il che non è avvenuto negli ultimi mesi.

Permettetemi di aggiungere poche parole riguardo a Tony Blair e alla sua missione: saremmo stati più soddisfatti se Tony Blair, nel corso dei suoi dieci anni di governo, avesse perseguito una politica attiva, progressista e positiva nei confronti del Medio Oriente. Non vi è stata traccia di una politica simile. Forse adesso Blair prenderà le distanze da alcuni dei legami che lo vincolavano, l’alleanza transatlantica e altri, e sarà in grado di apportare un contributo differente. Se ciò accadrà, sarà il benvenuto. Gli auguriamo tutto il meglio per il suo impegno nella regione, ma dobbiamo lavorare duramente al fine di adottare una nuova e diversa politica.

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck , a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, l’intervento precedente ha già dimostrato chiaramente che il nostro atteggiamento nei confronti della situazione in Medio Oriente in generale e della questione israelo-palestinese in particolare è cambiato notevolmente.

Io stessa potrei testimoniarlo, ma ciò che non farò, come qualcuno ha fatto, è allontanarmi da questi atteggiamenti perché io, anche a nome del mio gruppo, mi sento realmente in parte responsabile per tutto quello che è accaduto o non è accaduto, a seconda dei casi. Sarebbe troppo semplice dire: è colpa loro o degli altri e noi siamo i buoni perché sappiamo cosa deve essere fatto d’ora in avanti. Ritengo che tutti noi abbiamo una parte di responsabilità per il corso degli eventi, per la mancanza di partecipazione di alcuni paesi, o per il tardivo coinvolgimento di altri.

In ogni caso, quanto accaduto a Gaza poteva sembrare un fallimento totale, ma, al contempo, ha condotto ad alcuni sviluppi che costituiscono un corridoio di opportunità, tra cui la coraggiosa presa di posizione del Presidente dell’Autorità palestinese e del Primo Ministro, il ripristino del dialogo con Israele, la liberazione di Alan Johnston, che è certamente motivo di gioia, e il rilascio di un certo numero di prigionieri palestinesi. Tuttavia, desidereremmo assistere al rilascio di un maggior numero di persone.

Sono ugualmente segnali di speranza la rinnovata iniziativa della Lega Araba, che è fondamentale, e la prova di volontà di Egitto, Giordania e altri paesi arabi nell’accrescere il proprio impegno in modo considerevole, al fine di essere maggiormente coinvolti nei successivi colloqui. Ciò non significa, certamente, che per le persone coinvolte la situazione a Gaza non sia terribile. Questo è il motivo per cui accolgo con favore le rinnovate iniziative della Commissione, come il fatto che Israele, sebbene abbia aspettato troppo tempo, abbia realmente cominciato a trasferire i proventi dei contribuenti all’Autorità palestinese.

Desidero concludere, in quanto rispetto la sua richiesta di attenermi al mio tempo di parola, signor Presidente, con un appello rivolto a tutti noi affinché, tutti insieme, dimostriamo il coraggio politico e la determinazione a operare in direzione di una soluzione che ci accomuni tutti: due Stati reali che convivono in maniera pacifica l’uno accanto all’altro all’interno di confini riconosciuti a livello internazionale. Se tutti noi potessimo fare appello a questo coraggio politico e mettere da parte le nostre piccole e grandi divergenze, allora il sole potrebbe già sorgere in Medio Oriente.

 
  
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  Liam Aylward, thar ceann an Ghrúpa UEN. – A Uachtaráin, cuirim fáilte mór roimh an sceál gur scaoileadh an t-iriseoir, Alan Johnson, ón BBC saor ó Gaza tar éis dó a bheith gafa le ceithre mhí anuas. Tá áthas ó chroí orm go bhfuil sé saor agus go bhfuil sé sa bhaile anois lena mhuintir agus lena chairde. Cuirim fáilte freisin roimh shocrú rialtas Iosrael an deireadh seachtaine seo caite 250 príosúnach a scaoileadh saor. Ach tá cúrsaí daonnachta in Gaza dona go fóill. Caithfear ord agus eagar a chur ar an soláthar bia atá ag dul isteach go muintir na Palaistíne. Níor cheart cead a thabhairt d'údaráis Iosrael cosc a chur ar an mbia ag teorainn Gaza agus Iosrael.

(EN) Il problema maggiore riguardo alla popolazione di Gaza è quello umanitario. Il fatto che Hamas controlli attualmente Gaza e che Fatah controlli la Cisgiordania non contribuisce in alcun modo alla causa palestinese. In sintesi, ciò significa che i palestinesi possono essere accusati di mantenere due posizioni differenti nello stesso tempo. In altre parole, Israele potrebbe nascondersi dietro il fatto che i palestinesi sono divisi e non costituiscono un fronte comune. Ritengo inoltre che l’Unione europea si trovi in una posizione forte per fungere da onesto mediatore per molte questioni in Medio Oriente. Infatti, l’Europa deve impegnarsi politicamente su vasta scala al fine di garantire che la guerra civile venga evitata.

 
  
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  Hélène Flautre , a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, lei ha richiesto, onorevole Antunes, con nove dei suoi colleghi, un nuovo approccio in Palestina, il che costituisce un buon punto di partenza. La relazione di Alvaro de Soto, coordinatore speciale dell’ONU, è fortemente critica rispetto alla strategia del Quartetto, e ciò non contribuisce alla reputazione della stessa Unione. La sua strategia non ha saputo favorire la normalizzazione di Hamas in ambito politico, né incoraggiare il rispetto degli obblighi internazionali da parte di Israele, tanto meno gli sforzi di unificazione dei palestinesi. Il disastro, oggi, è umano, economico, sociale e politico. Quale nuovo approccio sviluppare, dunque?

L’Unione europea, signora Commissario, non è un’organizzazione caritatevole. Deve impegnarsi politicamente e, in primo luogo, offrire una prospettiva credibile per una definitiva risoluzione del conflitto. Il potenziale del piano di pace presentato dalla Lega araba deve essere totalmente sfruttato a questo scopo. L’Unione deve impegnarsi a favore di una conferenza internazionale per la pace che coinvolga tutte le parti interessate, e deve farlo risolutamente a costo di tirare per le mani il Quartetto. Devono essere utilizzati tutti i mezzi possibili al fine di mettere le autorità israeliane in condizione di rispondere ai propri obblighi internazionali e di ottenere, legalmente, risultati tangibili a vantaggio della popolazione civile palestinese. L’Unione europea dovrebbe assumersi le proprie responsabilità al valico di Rafah e denunciare, qualora necessario, gli ostacoli all’adempimento della propria missione di controllo. Il blocco della striscia di Gaza, che crea condizioni favorevoli all’esplosione di violenza e che è stato seguito dalla dimostrazione di forza di Hamas, deve essere revocato. La circolazione di persone e beni tra Gaza e la Cisgiordania e tra Gaza e Israele deve essere ripristinata.

Concludo, signor Presidente, affermando che in un caso come questo l’Unione europea dovrebbe proporre ai propri partner di valutare l’opportunità di una forza internazionale al fine di fornire ogni possibilità di pace.

 
  
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  Luisa Morgantini, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, spero davvero che Tony Blair sia in fase di redenzione dopo i suoi peccati sulla guerra irachena e possa contribuire a portare pace e giustizia ai palestinesi e pace agli israeliani. Per questo ringrazio davvero molto l’input dato dai dieci ministri degli Esteri europei che hanno dato a Blair quattro punti fondamentali sui quali lavorare. Si tratta di punti urgenti e veramente drammatici.

Per aiutare Mahmoud Abbas, il popolo palestinese e Israele, credo sia veramente indispensabile negoziare un accordo risolutivo e farla finita con un’occupazione militare brutale che dura da più di 40 anni. Ciò è fondamentale ma è altrettanto fondamentale l’emergenza.

Come Unione europea noi abbiamo delle responsabilità: riaprire Rafah, seimila persone sotto il sole, senza nulla, che non possono rientrare a casa. Dobbiamo fare in modo che l’EU BAM funzioni. In relazione ai prigionieri politici, occorre senz’altro liberare Gilad Shalit ma allora anche i prigionieri politici palestinesi, tra cui Marwan Barghouti, che può rappresentare un fattore di unità sia politica che per la pace in Medio Oriente.

 
  
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  Jana Hybášková (PPE-DE) . – (EN) Permettetemi di esprimere il compiacimento mio personale e del mio gruppo riguardo alla proposta di risoluzione che voteremo domani.

Con nostra soddisfazione, la proposta non critica il Quartetto, come hanno invece interpretato alcuni gruppi politici; al contrario, essa esprime appoggio per le sue azioni, che si intensificheranno in futuro. La proposta di risoluzione esprime chiaramente piena comprensione e sostegno per le decisioni straordinarie prese da Mahmoud Abbas e terrà conto dei dialoghi intesi a instaurare fiducia tra il governo di Salam Fayyad e il governo israeliano, nonché della rinnovata cooperazione per la sicurezza.

Accogliamo con favore la decisione relativa alle tasse e alle entrate e il principio di rilascio dei prigionieri politici da parte di Israele. Tuttavia, Mahmoud Abbas deve agire in direzione di una reale democrazia, di un congresso del partito politico e di una collaborazione con l’ala giovane di al-Fatah.

Israele deve considerare seriamente la revoca dei blocchi, per riportare la situazione com’era prima del dicembre 2000, e fermare l’espansione degli insediamenti. L’Egitto dovrebbe costituire una parte della soluzione del problema di Gaza.

L’invio di forze internazionali a Gaza sarebbe un rischio enorme per tutti noi, e per l’Unione europea la composizione della conferenza internazionale proposta sarebbe un problema di grande portata. La Siria dovrebbe assumersi la responsabilità delle proprie azioni esterne e solo allora potrebbe far parte del dialogo e della soluzione.

Cerchiamo di aiutare la popolazione in Cisgiordania, i palestinesi, quanto possiamo attraverso aiuti finanziari e in ogni altra maniera. Tuttavia, il 90 per cento di coloro che si trovano in Cisgiordania sono contadini, felaheen, e dipendono dalle esportazioni dei prodotti agricoli. Sollecitiamo Israele a dare il via alla circolazione dei beni, e la mia domanda è la seguente: come funziona la nostra ipocrisia agricola? Siamo pronti ad aprire i nostri mercati ai prodotti agricoli palestinesi e della Cisgiordania?

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE) . – (EN) Ringrazio il Commissario e tutti i colleghi presenti per il sostegno che hanno manifestato nei confronti di Alan Johnston, che siamo tutti felici di vedere sano e salvo a casa nella mia circoscrizione in Scozia. Tuttavia, la sua liberazione è solo uno spiraglio luminoso in un mare di sofferenza, e dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità in questo fallimento.

Concordo con il Commissario nell’affermare che, alla fine, ci può essere spazio per l’ottimismo. Ciò nonostante, quando io, l’onorevole Morgantini e altri siamo stati in Cisgiordania e a Gaza lo scorso anno, fu subito chiaro che la politica comunitaria è un cerotto, non una cura.

Il Quartetto diplomatico non è visto di buon occhio da gran parte del mondo arabo e certamente non gode della stima dei palestinesi. L’Unione europea dovrebbe prendere le redini della situazione e fornire una vera leadership e un approccio chiaro.

Mi unisco allo scetticismo di alcuni colleghi sulla nomina di Tony Blair come inviato. Per una volta parlo da parlamentare britannico, e l’idea che la persona più profondamente compromessa possa in maniera credibile rappresentare la pace in Medio Oriente mi spaventa. E questo è un dato importante, perché basta pensare agli attentati di Glasgow e Londra per capire che le conseguenze, dirette o indirette, del nostro continuo fallimento in Palestina si ripercuoteranno su di noi.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL) . – (EL) Signor Presidente, purtroppo non abbiamo il tempo di analizzare la situazione in Palestina. Siamo nel Parlamento europeo e ci è stato richiesto di rispondere con tempestività a una questione complicata e di estrema urgenza.

Pertanto, commenterò solo quattro punti fondamentali.

Primo, l’Unione europea ha la responsabilità della situazione attuale, non avendo sostenuto il governo di unità nazionale.

Secondo, le soluzioni e le azioni del Quartetto e di Israele, cui abbiamo recentemente assistito, potrebbero apparire superficialmente a sostegno del Presidente Abbas, tuttavia pongono più ostacoli alla sua ricerca di una soluzione concreta al problema della divisione de facto della Palestina.

Terzo, faccio appello a tutte le parti interessate affinché lavorino duramente per l’unità, in quanto è l’unico modo di uscire dalla crisi.

Quarto e ultimo punto, esiste il problema della tragica situazione umanitaria a Gaza e in Cisgiordania. E’ necessario adottare immediatamente misure, in particolare a Gaza, intese alla vivibilità economica e sociale dei suoi abitanti.

Per concludere, desidero formulare una richiesta al Consiglio e alla Commissione: a un certo punto, anche se si sarà raggiunta l’unità tra Hamas e Fatah, dovrete decidere riguardo alla politica futura dell’Unione in questo ambito, in cui non dovranno essere ripetuti gli errori del passato, con l’Unione europea che ha negoziato selettivamente con una metà del governo e palesemente ignorato l’altra, senza tener conto del fatto che l’intero governo era il risultato di elezioni libere e democratiche.

 
  
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  Eugen Mihăescu (ITS) . – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci troviamo nel villaggio del mondo, l’Europa, lamentandoci perché, vicino alle nostre frontiere, esseri umani si uccidono tra di loro. Anziché intervenire, piangiamo e gridiamo come donne anziane. Questo si chiama omissione di soccorso, reato punito dalla legge. Un vecchio saggio diceva che i santi e i profeti valgono molto di più degli artisti, dei letterati, degli uomini di Stato, dei soldati e dei mercanti. Ma dove sono oggi gli uomini saggi e i profeti?

Ci sarebbe bisogno di un nuovo san Francesco d’Assisi. Anch’egli viveva in un’epoca di crociate, ma si occupava degli altri, di coloro contro cui le crociate venivano combattute. Faceva di tutto per far loro visita. Alla fine, durante la quinta crociata, in occasione dell’assedio di Damietta, in Egitto, rattristato a causa del comportamento dei crociati disse: “Ho visto il male e il peccato”. Sconvolto dalla vista dei morti sul campo di battaglia, san Francesco varcò la linea del fronte. Fu catturato, incatenato e condotto presso il sultano Saladino, nato a Tikrit. L’incontro deve essere stato molto particolare in quanto, dopo una conversazione prolungatasi fino a tarda notte, il giorno successivo il sultano lasciò ritornare san Francesco, sano e salvo, al campo dei crociati.

Mi auguro che l’uno abbia esposto le proprie ragioni all’altro, che san Francesco abbia parlato di Cristo e che il sultano abbia letto passi del Corano, e che alla fine siano giunti concordi al messaggio che il povero Francesco ripeteva ovunque: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Tony Blair è stato uno dei crociati in Iraq. Può diventare il san Francesco di cui l’Europa ha bisogno in Medio Oriente?

 
  
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  Edward McMillan-Scott (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, la questione palestinese e i rapporti tra Palestina e Israele non dividono solo le famiglie, ma anche i gruppi politici in quest’Aula e in altre assemblee del mondo, nonché, ovviamente, le istituzioni. Uno dei dilemmi di oggi sono le vere istituzioni che noi rappresentiamo qui e il nostro ruolo nel Quartetto negli ultimi anni. Qualcuno si augura che la nomina di Tony Blair, con un ruolo molto specifico nei confronti della popolazione palestinese, possa ripristinare il processo di pace. Non so. Ritengo importante che i valori che muovono l’Unione europea stessa possano continuare a ispirare la gente in Medio Oriente, in particolare in Palestina e in Israele.

Come altri, ho gioito per il rilascio di Alan Johnston. Sono un sostenitore del BBC World Service Trust. Johnston stava trasmettendo un servizio da Gaza mentre si svolgevano le elezioni, vinte da Abu Mazen nel gennaio 2005, cui ha fatto seguito la formazione del governo palestinese di Hamas nel gennaio 2006. Il dilemma per i paesi democratici, ossia quello che si soleva chiamare “Occidente”, era se riconoscere o meno il governo di Hamas. Bene, sappiamo che cosa è accaduto e ancora oggi continuiamo a pagarne le conseguenze. Mi domando se l’Unione europea possa realmente sentirsi soddisfatta per aver svolto un ruolo adeguato in questo periodo.

Sono lieto che il Parlamento europeo stia oggi discutendo la creazione di un gruppo di lavoro all’interno della commissione per gli affari esteri, qualcosa che io per primo ho proposto due anni e mezzo fa. Sono altresì lieto che alla fine di agosto ospiteremo una conferenza delle Nazioni Unite, tuttavia ritengo che ci sia ancora lavoro da fare, un lavoro impegnativo per i parlamentari europei, in collaborazione con i parlamentari eletti del mondo arabo, compresi coloro con i quali normalmente non vogliamo avere a che fare. In futuro dobbiamo affrontare i problemi in maniera diversa.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, è stato detto che ci sono cinque complicate crisi in Medio Oriente. E’ evidente che l’Iran è coinvolto in ciascuna di esse. Gaza può essere controllata da Hamas, ma Hamas non è l’unico a detenere il potere: a Teheran c’è un veto. Forse, quindi, sarebbe più corretto dire che esiste un solo conflitto in Medio Oriente, e che ha luogo tra estremisti e moderati. Abbiamo l’obbligo di sostenere la parte moderata.

C’è il pericolo che qualcuno guardi ad Hamas come a una specie di servizio sociale. Sarebbe un grave errore: Hamas è essenzialmente un’organizzazione terroristica. Il suo potere deriva da intimidazioni e omicidi e vuole imporre la propria distorta interpretazione dell’islam a una popolazione spaventata. Ricordo fin troppo bene l’appello fatto 18 mesi fa, all’epoca delle elezioni legislative, dalla dottoressa Hannan Ashrawi, donna palestinese nota a livello internazionale: “Dobbiamo sconfiggere le forze del male”.

La popolazione di Gaza non è veramente libera di esprimersi. Nel frattempo, Israele si trova sotto attacco costante e, ieri, colpi di mortaio sono stati sparati da Gaza al valico di Kerem Shalom, dal quale passano gli aiuti umanitari diretti a Gaza provenienti dall’Egitto.

Non dimentichiamo che, mentre ci compiacciamo e solleviamo per il rilascio di Alan Johnston, un anno fa è stato rapito il caporale Shalit e non sappiamo nulla riguardo alla sua situazione. Ieri i suoi familiari si trovavano in Parlamento.

Che cosa si può dedurre quindi da questa miscela confusa e pericolosa? Da parte sua Israele ha agito con moderazione: ha riconosciuto il governo di Salam Fayyad, ha rilasciato centinaia di prigionieri palestinesi, ha trasferito circa 400 milioni di dollari dei proventi delle tasse pagate dai palestinesi e si è impegnato attivamente nel dialogo con i leader dell’Autorità palestinese. Tuttavia, sarebbe necessaria una terza parte, araba o possibilmente europea, per compiere veri progressi. L’iniziativa di pace araba del 2002 offre tuttora la prospettiva più promettente e sono sicuro che Israele la riconosca. Così come noi dobbiamo sostenere le forze moderate e opporci ai terroristi, così i governi arabi devono essere disposti a impegnarsi più attivamente e in maniera più flessibile nel processo di pace: politicamente, economicamente e finanziariamente. E’ nel nostro interesse, e nel loro, che lo facciano.

 
  
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  Philip Claeys , a nome del gruppo ITS. – (NL) Signor Presidente, la ringrazio per la sua comprensione. L’Unione europea deve sostenere le forze pragmatiche all’interno della fazione palestinese, il che significa che aiuti e risorse dovrebbero essere inviati all’Autorità palestinese in Cisgiordania ma non alla striscia di Gaza, governata da Hamas.

Dobbiamo inoltre sollecitare le autorità israeliane a trasferire le entrate doganali all’Autorità palestinese in Cisgiordania e a ridurre quanto più possibile le restrizioni alla circolazione delle persone tra la Cisgiordania e Israele. E’ altresì di enorme importanza che l’influenza iraniana venga limitata.

 
  
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  Manuel Lobo Antunes , Presidente in carica del Consiglio. – (PT) Signor Presidente, mi permetta innanzi tutto di congratularmi con Benita Ferrero-Waldner e di richiamare la vostra attenzione sul suo primo intervento molto chiaro e illuminante riguardo all’azione svolta dall’Unione europea in Palestina, sotto l’autorità della Commissione, discorso per il quale le sono molto grato.

Desidero fare brevemente riferimento alle due questioni sollevate qui dall’onorevole Salafranca, la prima relativa alla nomina di Tony Blair a inviato del Quartetto e la seconda riguardante la lettera sottoscritta da dieci ministri degli Esteri dell’Unione europea.

Ritengo che dobbiamo essere soddisfatti della nomina di Blair, in primo luogo perché è europeo, in secondo luogo perché è stato Presidente del Consiglio europeo, in terzo luogo perché è un politico di straordinaria esperienza negli affari internazionali e in parte anche perché è un uomo convincente. Credo, pertanto, che tale nomina vada a vantaggio del Quartetto, dell’Unione europea e di tutti noi come europei, e dovremmo offrirgli tutta l’assistenza possibile. Il suo incarico è definito e ben documentato, e Tony Blair agirà naturalmente entro i limiti del mandato conferitogli. Ovviamente, auspichiamo che il suo lavoro giovi al processo di pace in Medio Oriente e gli auguriamo ogni bene per la sua missione.

Per quanto riguarda la lettera di cui sopra, ho il dovere di dire che è stata redatta e firmata nell’ambito di uno specifico gruppo informale di ministri, e il ministro degli Esteri portoghese l’ha firmata esattamente in quanto tale. Se osservate la lettera, non si legge Luis Amado, ministro degli Esteri e Presidente del Consiglio dell’Unione europea, bensì Luis Amado, ministro degli Esteri portoghese, ed è esclusivamente su queste basi che la lettera è stata firmata.

Possiamo essere concordi o meno con il contenuto e la formulazione della lettera, ma ritengo che una cosa sia importante. L’essenza fondamentale della lettera è che pone l’attenzione sull’urgenza, la complessità, il bisogno dell’intera Unione europea di svolgere un ruolo centrale nella risoluzione di questo conflitto iniziato 40 anni fa, e quindi di rispondere all’appello di molti membri dell’Assemblea affinché l’Unione europea tenti quanto più possibile di apportare un contributo decisivo in questa questione. Devo dire, onorevoli deputati, che durante la nostra Presidenza cercheremo, naturalmente collaborando con la Commissione, di lavorare il più duramente possibile al fine di garantire il conseguimento dei risultati preposti e affinché il processo di pace in Medio Oriente prosegua, con positivi passi avanti.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner , Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sarò veramente breve. Dalla discussione dobbiamo trarre gli elementi positivi di questo processo di pace molto complesso e tentare di riassemblare i pezzi in modo tale che ci siano dei progressi.

Mi auguro che il prossimo incontro del Quartetto, in cui, credo, si comincerà a parlare di orizzonti e accordi politici, costituisca un passo avanti.

Inoltre, desidero citare tutti i miglioramenti quotidiani per i palestinesi: la mobilitazione dell’assistenza internazionale, le necessità istituzionali e governative dello Stato palestinese e i progetti intesi alla promozione dello sviluppo economico della Palestina. In proposito, siamo pronti a rinnovare il nostro accordo di associazione con l’Autorità palestinese, che, tra l’altro, contempla l’importazione di prodotti agricoli dalla Palestina, sebbene, ovviamente, sulla base di un sistema di quote.

Cerchiamo tutti di fare del nostro meglio, ma dipende anche dalla volontà politica di entrambe le parti che, purtroppo, non possiamo sostituire.

 
  
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  Presidente. – Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) conformemente all’articolo 103, paragrafo 2 del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, 12 luglio 2007.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

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