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Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 16 giugno 2008 - Strasburgo Edizione GU

18. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, ho ascoltato molto attentamente il suo messaggio sul “no” espresso dagli irlandesi al referendum. Sostengo appieno la sua dichiarazione sulla necessità di continuare il processo di ratifica.

E’ effettivamente motivo di perplessità che il “no” irlandese giunga in un momento in cui l’Unione europea è sempre più democratica, trasparente ed efficace. Tuttavia, signor Presidente, dobbiamo dipanare il messaggio che ci viene inviato dal “no” irlandese. I cittadini irlandesi hanno preso la loro decisione e hanno esercitato il loro diritto democratico; tuttavia, questo “no” ci induce a fare dell’autocritica costruttiva. Propongo di concentrare questa autocritica su due punti: siamo bombardati, signor Presidente, dall’iperregolamentazione della Commissione; il Parlamento europeo non può occuparsi di ogni singolo dettaglio tecnico inerente a questa iperregolamentazione.

Signor Presidente, conosco il suo impegno a favore degli affari europei, e esorto il Parlamento europeo ad essere all’altezza del suo ruolo di organo politico, di corps politique, di punto di riferimento per gli obiettivi annunciati del processo di unificazione europea.

 
  
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  Presidente. − Grazie per le sue parole di incoraggiamento, onorevole Papastamkos, ma devo anche chiederle di attenersi al limite di tempo di un minuto riservato alle dichiarazioni di voto. Inoltre, mi era stato comunicato che avrebbe parlato di un altro argomento.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (PSE). (ES) Signor Presidente, anche se durante l’ultima seduta non vi è stato tempo per il mio intervento, e nonostante sia passato un mese da allora, sento di dover ricordare che il 12 maggio si è celebrata la giornata mondiale della fibromialgia e della sindrome d’affaticamento cronico, due malattie che colpiscono prevalentemente le donne.

Si tratta in entrambi i casi di malattie specifiche del sesso femminile, di difficile diagnosi e per le quali sono disponibili poche risorse per la ricerca e la cura. Spesso causano problemi sul lavoro perché le persone non capiscono che queste malattie riducono la capacità di chi ne soffre, rendendoli tali persone inabili al lavoro.

Dobbiamo prendere questa situazione sul serio e cercare in modo urgente di individuare le cause di tali malattie, garantire cure più intensive e confrontare i risultati, nonché sensibilizzare e informare maggiormente sull’impatto che esse hanno sul piano sociale, giuridico e occupazionale.

Le persone che soffrono di queste malattie non devono sentire che non godono di alcuna protezione. Lo dobbiamo ai nostri cittadini.

 
  
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  Metin Kazak (ALDE). - (BG) La prossima Presidenza francese dell’Unione europea giunge in un momento critico per il processo d’integrazione europea. Tematiche come la strategia per lo sviluppo sostenibile, il Patto europeo sull’immigrazione, Europa di difesa nonché la riforma della politica agricola comune sono di importanza fondamentale per l’Europa, ma la questione centrale adesso è come portare avanti la riforma dell’Unione e approfondire il processo d’integrazione all’indomani del “no” irlandese.

Il rifiuto opposto dall’Irlanda al Trattato di Lisbona ha nuovamente messo alla prova la volontà comune degli europei di superare insieme le sfide della globalizzazione. Come paese cofondatore dell’Unione europea, la Francia e il suo Presidente, Nicolas Sarkozy, hanno il compito di unire ancora una volta gli sforzi di tutti i 27 Stati membri, e individuare una formula giuridica e un piano d’azione per trovare una via di uscita dalla crisi di Lisbona, perché se non la superiamo, corriamo il rischio che le forze centrifughe e nazionaliste abbiano il sopravvento e congelino il processo di ulteriore allargamento dell’Unione europea. Di fronte a questo momento decisivo dobbiamo renderci conto di queste minacce e assumerci le nostre responsabilità, facendoci carico della aspettative della maggioranza dei cittadini europei, per i quali l’Inno alla Gioia è diventato una specie di secondo inno nazionale.

 
  
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  Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). - (PL) Signor Presidente, vorrei oggi parlare di un incidente che è avvenuto di recente a Varsavia. Una persona vicina all’ambasciata cinese in Polonia ha attaccato una donna che distribuiva il periodico di opposizione The Epoch Times. Incidenti simili sono stati riscontrati negli ultimi tempi a New York, dove gruppi organizzati dal consolato cinese hanno attaccato adepti di Falun Gong, nonché persone che stavano dimostrando pacificamente a favore del Tibet.

Se eventi analoghi dovessero cominciare a verificarsi in altri paesi, ci troveremmo di fronte ad una plateale violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche adottata nel 1961. Per di più, nonostante stia facendo tutto il possibile per mostrare il suo volto buono durante i Giochi olimpici, il regime cinese continua a perseguire tutti i gruppi che rappresentano ideologie non comuniste. Si spinge anche oltre, raddoppiando i propri sforzi ed esportando le proprie pratiche sul territorio delle nazioni democratiche occidentali.

Per tale ragione esorto le autorità dell’Unione europea e gli Stati membri a monitorare la situazione con attenzione e a reagire con determinazione, qualora le situazioni che ho descritto dovessero ripetersi.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, il Consiglio Affari generali si riunisce oggi. Non sono ancora al corrente dell’esito, ma fra le questioni al vaglio vi è la proposta di elevare di livello le relazioni dell’Unione europea con Israele.

Inoltre, i pescatori della Striscia di Gaza hanno indetto per oggi una manifestazione contro le misure disumane che il governo israeliano impone loro. Israele non solo proibisce loro di pescare nelle loro acque marine aperte, bensì li priva del carburante necessario, così che sono costretti a pescare nelle acque basse dove le acque non depurate vengono scaricate senza alcun controllo. Questa situazione costituisce una minaccia immediata e preoccupante di epidemie.

Mi rivolgo a lei, signor Presidente, chiedendo a nome di questi pescatori che, così stando le cose, l’Unione europea non proceda ad elevare di grado le relazioni con Israele.

Un’ulteriore ragione per non elevare adesso il livello di queste relazioni, soprattutto per noi deputati del Parlamento europeo, è il fatto che Israele ha dimostrato di recente, ancora una volta, di non rispettare nemmeno i nostri diritti umani. Le sue forze hanno cercato di reprimere violentemente delle manifestazioni pacifiche contro la costruzione del muro razzista di divisione; hanno ferito dei manifestanti, fra cui la nostra collega, l’onorevole Morgantini.

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI). - (BG) In questa Assemblea, in seno alla Commissione e in Bulgaria si fa un gran parlare della lotta alla corruzione ai livelli più alti del governo. Tuttavia la parola “corruzione” non vive di vita autonoma, bensì nasconde delle persone reali. Voglio mostrarvi il volto della corruzione ai più alti livelli della Bulgaria ufficiale.

Ieri, il più grande quotidiano bulgaro ha pubblicato una foto del leader del partito della minoranza turca, MRL, Ahmed Dogan, che tre anni fa venne incaricato di formare il governo bulgaro. Queste foto scandalose rivelano che Dogan vive in un enorme serraglio che è registrato come un albergo a quattro stelle, nel lusso più sfrenato. Questa stessa persona, Dogan, coniò le frasi secondo cui il suo partito era circondato da una cerchia di imprese e che la compravendita di voti era una prassi europea. Rivelò al quotidiano Trud che la sua principale occupazione era di gestire la propria impresa, qualcosa che non può fare legalmente dal momento che è un deputato del parlamento bulgaro.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori Commissari, Dogan è una delle teste dell’idra della corruzione in Bulgaria. La distruzione di questo mostro comincia con l’indagare sul giro di società che gravitano attorno a Ahmed Dogan e sulla sua impresa.

Signor Presidente, le rimetto il giornale così che possa rendersene conto di persona.

 
  
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  Gerard Batten (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con gli 862 415 irlandesi che hanno votato contro il Trattato di Lisbona al referendum di giovedì scorso. Hanno votato per la libertà, la democrazia e il senso comune. Se il popolo britannico potesse votare in un referendum, senza dubbio voterebbe contro in proporzioni ancora più grandi che non gli irlandesi. Se avessero la possibilità, molti popoli europei direbbero anch’essi di no, come hanno dimostrato i francesi e gli olandesi nel 2005.

Con incredibile arroganza e disprezzo della democrazia, l’elite politica europea ha deciso di far passare la ratifica del Trattato ad ogni costo. Il Trattato è morto, ma l’Unione europea si rifiuta di seppellirlo. L’attuale storia di amore dell’Unione con il Trattato è un atto di necrofilia politica. Ma il cadavere comincia a puzzare e, più si tarderà a seppellirlo, e peggio sarà il tanfo. Dobbiamo seppellire il Trattato, perché sta inquinando l’atmosfera politica.

 
  
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  Presidente − Onorevole Batten, se posso esprimere la mia opinione al riguardo, il suo paragone è del tutto inopportuno. Lei siede in un Parlamento che è più che vivo. Se il Parlamento non fosse stato dotato della facoltà di parlare, lei, come essere vivente, non vi si sarebbe rivolto.

(Applausi)

 
  
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  Pál Schmitt (PPE-DE). - (HU) Grazie, signor Presidente. Parlerò in ungherese. In Slovacchia il parlamento ha approvato una nuova legge sull’istruzione, e l’unica cosa che manca affinché entri in vigore è la firma del Presidente della Repubblica. La nuova legge comporta che da ora in poi, i toponimi e i personaggi storici citati nei libri di storia destinati agli studenti la cui madrelingua è l’ungherese seguiranno l’ortografia slovacca, ignorando quindi la nostra storia e le nostre tradizioni linguistiche vecchie di secoli. La nuova legge costituisce una grave violazione del diritto della comunità ungherese in Slovacchia di usare la propria lingua. La Slovacchia ha firmato e ratificato nel 2001 la Carta europea per le lingue regionali o minoritarie. Lo stesso Commissario Leonard Orban ritiene che la promozione delle lingue delle minoranze etniche è una questione di importanza strategica. In questo Anno europeo del dialogo interculturale, è deprecabile e inaccettabile che la Slovacchia si comporti in una maniera che va contro la prassi europea. Invece di ampliare i diritti delle minoranze, va nella direzione contraria, restringendoli. In conseguenza del trattato di Trianon, diverse migliaia di insediamenti di lingua ungherese si ritrovarono al di fuori dei confini nazionali, e abbiamo il diritto di chiamare tali luoghi coi loro nomi ungheresi. La diversità linguistica è parte integrante del patrimonio culturale europeo, nonché un tesoro unico che siamo tutti chiamati a tutelare. Grazie per avermi dato la possibilità di intervenire.

 
  
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  Inés Ayala Sender (PSE). - (ES) Signor Presidente, nelle prime ore dell’8 giugno, il gruppo terroristico dell’ETA ha attaccato la sede del quotidiano El Correo quando c’erano 50 dipendenti che stavano preparando l’edizione domenicale. Fortunatamente nessuno è stato ferito, ma i danni materiali sono stati ingenti.

Sarei grata se inviasse un messaggio di solidarietà. Tuttavia, vorrei anche rilevare, e vorrei che l’Aula ne prendesse atto, che è urgente sradicare la violenza perpetrata dai terroristi dell’ETA nei confronti dei media, così come è necessario garantire appieno la libertà di parola. Ciò costituisce una buona ragione per sostenere il Trattato di Lisbona, il quale consentirà di sviluppare delle politiche comuni per la giustizia, la sicurezza e l’antiterrorismo, e di non dipendere totalmente dalla cooperazione bilaterale e intergovernativa. La nostra solidarietà deve perciò esprimersi anche in sostegno al Trattato di Lisbona.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Ayala Sender, dal momento che si è rivolta direttamente a me, mi consenta di dire che siamo una comunità che si fonda sulla solidarietà, e questa solidarietà vale in tutti i casi, incluso quello attuale. Sono lieto che lei apprezzi questo aspetto.

 
  
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  Viktória Mohácsi (ALDE). - (HU) Onorevoli colleghi, durante la precedente sessione plenaria, il leader del nostro gruppo, l’onorevole Graham Watson, si è rivolto all’Assemblea con un intervento di un minuto relativo alle vessazioni cui sono sottoposti i Rom in Italia. Oggi devo purtroppo riferirvi di casi simili, occorsi questa volta nel mio paese, l’Ungheria. Alcune settimane fa, a 70 chilometri da Budapest, nel villaggio di Pátka, tre vigilantes hanno lanciato una decina di bottiglie Molotov contro tre case che ospitavano Rom. Il 16 aprile, nel villaggio di Fadd, nel distretto ungherese di Tolna, delle persone non identificate hanno lanciato delle bottiglie Molotov contro due case. Una settimana fa un mio collega è stato attaccato a Nyíregyháza da estremisti che gridavano: “Sporco zingaro, vattene dal nostro paese!” La maggior parte degli abitanti di Pátka continuano a sostenere che i vigilantes sono innocenti, anche se uno dei sospettati ha confessato di aver partecipato all’attacco. Ciononostante, venerdì si è tenuta una manifestazione fatta di 150 individui in uniforme, i quali proclamavano dei principi nazisti, e più tardi diverse persone non identificate incappucciate hanno tentato nuovamente di sferrare un attacco, in presenza di 100 poliziotti in assetto antisommossa. Anch’io ero presente. Allo stesso tempo, la polizia ha nascosto l’identità della persona ferita nell’incidente occorso a Pátka. In Italia, i nostri concittadini europei vivono in prigioni pensate per i profughi; anche loro sono, ovviamente, Rom. Commissario Barrot, spero che, una volta che il suo gabinetto sarà formato, anche noi Rom saremo in grado di usufruire della sicurezza garantita dalla democratica Unione europea, e speriamo che la definizione di cittadinanza europea valga per me e per i miei figli, così come vale per i miei concittadini che non sono Rom. Grazie molte.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, anche in situazioni in cui i problemi sono completamente chiari, le soluzioni da adottare dovrebbero tenere conto del contesto e delle relazioni fra diversi obiettivi, dell’importanza della questione in oggetto e dei costi legati al raggiungimento degli obiettivi. In ogni questione, soprattutto in quelle che, come il cambiamento climatico, riguardano miliardi di persone, è importante agire con moderazione, buon senso e con la dovuta dose di imparzialità quando si cerca di risolvere il problema.

Non vedo alcuna imparzialità nella proposta di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Vi sono due soluzioni che sono particolarmente offensive a tale riguardo: il trattare dei paesi altamente sviluppati, che sono stati responsabili finora di un’ampia fetta delle emissioni di anidride carbonica e di gran parte dell’inquinamento, ma i quali dispongono di migliori tecnologie, alla stessa stregua di paesi meno sviluppati, in modo particolare quei paesi le cui economie si basano sul carbone; in secondo luogo, il trattare i produttori di grandi veicoli, dove ridurre le emissioni di anidride carbonica del 20 per cento è più semplice, alla pari dei produttori di veicoli con motori piccoli e con bassi livelli di emissioni, così che la riduzione avrà dei costi più alti. E’ come se la posta in gioco qui non fosse il cambiamento climatico, bensì delle questioni di ordine commerciale.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, le api europee sono minacciate di andare incontro all’estinzione nel giro di dieci anni. Le malattie e i virus hanno già cancellato un terzo delle colonie americane e adesso minacciano le nostre api. La situazione in America ci dà un quadro preoccupante di quello che potrebbe accadere in Europa, a meno che non prendiamo dei provvedimenti adesso. Almeno 70 tipi di coltivazione che contribuiscono in maniera significativa all’economia nel suo insieme dipendono direttamente dall’impollinazione da parte delle api.

Gli Stati Uniti sono costretti a importare api per compensare le perdite. Nell’attuale clima vi sono dei punti interrogativi per quanto riguarda la capacità dell’Unione europea di produrre abbastanza derrate alimentari per soddisfare la domanda, e le conseguenze di una simile epidemia qui da noi sarebbero disastrose.

Gli apicoltori di tutta Europa sono già a conoscenza della minaccia rappresentata dalla varroa, acaro che ha decimato le colonie di api. Devono fronteggiare la sindrome dello svuotamento degli alveari, fenomeno in cui gli alveari sono sistematicamente abbandonati e le api scompaiono dall’oggi al domani.

Dobbiamo far sì che vi siano fondi e un’adeguata ricerca scientifica in questo campo. Il governo britannico stanzia attualmente soltanto 250 000 di sterline per la ricerca nel campo dell’apicoltura. Si tratta di una goccia nell’oceano per una questione così importante. Le api sono parte integrante della catena alimentare: senza api, gli apicoltori, le colture, la frutta e le noci ne saranno influenzati negativamente.

 
  
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  Gérard Onesta (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, vedo dall’ordine del giorno che considereremo una versione codificata della direttiva sulle prove statiche dei dispositivi di protezione in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote. Il mio sentire è che il voto irlandese ci impone di occuparci di altre questioni, più urgenti. Non possiamo delegare una questione come il Trattato di Lisbona solamente al Consiglio europeo. Noi parlamentari europei possiamo prendervi parte in modo legittimo, soprattutto se conosciamo gli ingredienti necessari per trovare le soluzioni.

Innanzi tutto, le questioni cruciali devono essere riferite a certi aspetti istituzionali di importanza vitale e non dipanarsi per centinaia di pagine. E’ necessario ricorrere ad un referendum europeo di convalida, che preveda una clausola di opt-out per i paesi che non vogliono seguire questo percorso e, infine, come ha detto il Presidente, abbiamo bisogno di un calendario molto serrato, altrimenti la campagna elettorale diverrà impossibile. Che nessuno mi dica che tale scenario è impossibile; non è più improbabile di quello al quale stanno lavorando attualmente le cancellerie. Comunque sia, per quanto mi riguarda, sono pronto.

 
  
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  Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, la Commissione sta attualmente esaminando i reclami presentati da alcune imprese spagnole, francesi e italiane nei confronti delle cooperative, e nei confronti del movimento delle cooperative per quanto riguarda il loro statuto e il loro trattamento fiscale.

Vorrei esortare la Commissione, durante l’esame di tale reclamo, a tenere conto dei bisogni e delle caratteristiche particolari dei movimenti delle cooperative. Non si tratta di società per azioni a scopo di lucro. Una cooperativa è di proprietà dei suoi membri e i ricavi sono distribuiti in modo equo, e non sborsati semplicemente agli azionisti.

L’Unione europea ha riconosciuto la natura particolare del movimento delle cooperative nel 2003 adottando il regolamento sullo statuto della società cooperativa europea. Esorto la Commissione a tenerne debito conto, guadagnandosi così la gratitudine dei 55 milioni di persone che in Europa sono impiegati dalle cooperative e dei 163 milioni di persone che ne sono membri.

 
  
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  Milan Horáček (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, la settimana scorsa la Cina ha posto la condizione che le proteste in Tibet finissero per tenere ulteriori colloqui con i rappresentanti del Dalai Lama. Nelle parole del ministro degli Esteri cinese, i tibetani devono abbandonare i loro tentativi di rovinare i Giochi olimpici.

Non ci si può certo aspettare dai manifestanti tibetani, tuttavia, che essi accettino con docilità la repressione delle loro manifestazioni di marzo. Il governo cinese ha la possibilità di cambiare la situazione in Tibet in modo radicale. Se sarà avviato un dialogo franco senza precondizioni, il popolo tibetano prenderà parte ad un processo di cambiamento costruttivo. La priorità assoluta è lanciare un segnale chiaro, non in ultima istanza permettendo ad osservatori stranieri di entrare nel paese per valutare coi propri occhi la situazione.

 
  
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  Presidente. − Grazie, onorevole Horáček! Vorrei fare inoltre riferimento alla nostra risoluzione del 10 aprile, nella quale facevamo appello a tutti i politici europei affinché non presenziassero alla cerimonia di apertura dell’8 agosto, a meno che non fossero stati garantiti i diritti dei tibetani. Raccomando ancora una volta a tutti quella dichiarazione del 10 aprile.

 
  
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  László Tőkés (Verts/ALE). - (HU) Signor Presidente, quando Papa Benedetto XVI si rivolse ai vescovi ungheresi parlando della pesante eredità della lunga era del regime comunista, lo fece nel modo più appropriato. Le sue osservazioni sono di particolare attualità oggi, giorno in cui ricorre il cinquantenario dell’esecuzione di Imre Nagy, il Primo ministro martire, e il sessantesimo anniversario dall’inizio delle brutali repressioni religiose e dall’incarcerazione del cardinale József Mindszenthy. Il fantasma di questa epoca così dolorosa, in cui la violenza di Stato è andata di pari passo con sentimenti antireligiosi di carattere partigiano, è stato risvegliato dall’onorevole Magda Kósáné Kovács, deputata ex comunista di questa Assemblea, nel suo più recente intervento in plenaria, in cui ha tentato di difendere i valori europei da Papa Benedetto, o piuttosto dalla Chiesa cattolica. Alcuni anni fa, Kósáné Kovács, ex presidente del partito, ha fatto una dichiarazione diffamatoria, in cui sosteneva che il Vaticano, con allora Papa Giovanni Paolo II alla sua guida, stava cercando di mettere le sue mani su tutta l’Europa in modo da averne il controllo. In qualità di vescovo della Chiesa riformata, sapendo che le Chiese cristiane hanno esse stesse contribuito a plasmare i veri valori europei di questa Unione europea, che ha le sue radici nel movimento cristiano democratico, respingo qualsiasi manifestazione di ideologia e intolleranza antireligiosa. Invitiamo Papa Benedetto al Parlamento europeo.

 
  
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  József Szájer (PPE-DE). - (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi, cinquanta anni fa, il 16 giugno 1958, Imre Nagy, Primo Ministro protagonista della rivoluzione e della lotta per la libertà del 1956, fu condannato e giustiziato in seguito ad un processo farsa sommario assieme al ministro della Difesa Pál Maléter e ai colleghi Miklós Gémes e József Szilágyi; Géza Losonczi fu invece ucciso mentre era ancora in carcere. I loro cadaveri, legati col fil di ferro e avvolti nella carta, furono bruciati con il volto rivolto verso il basso. Il loro processo fu uno dei fatti più vergognosi e una delle più grandi ingiustizie del XX secolo. Imre Nagy era un fervente comunista, eppure cercò di riportare il suo paese nell’alveo dell’Europa libera piuttosto che rimanere nella sfera sovietica. Ciò ne fece un eroe nazionale, un martire della rivoluzione, un politico di levatura europea. La sua statura morale ne fece un simbolo di libertà, nonché di un’Ungheria europea. La meritata traslazione del corpo di Imre Nagy non avvenne che il 16 giugno 1989, quando il regime comunista era crollato e l’Ungheria potè ricongiungersi alla famiglia delle nazioni libere europee. Il messaggio che inviano questi fatti è chiaro: era alla libertà e all’indipendenza cui l’Ungheria aspirava quando rovesciò il comunismo. E’ per questo che chi morì cinquanta anni fa diede la vita; il loro sacrificio non fu vano.

 
  
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  Martin Schulz (PSE). - (DE) Signor Presidente, ho ascoltato molto attentamente il parlamentare che è intervenuto prima dell’onorevole Szájer attaccando la mia collega, l’onorevole Magda Kósáné Kovács, in maniera del tutto fuori luogo.

L’onorevole Kovács è la mia vice in seno al comitato direttivo del gruppo socialista. Non è presente, il che significa che non può difendersi da questo attacco. So che l’onorevole Kovács è una convinta democratica e un’impegnata sostenitrice dell’unità europea. Non merita certamente di sentirsi rivolgere degli insulti da parte di parlamentari che vogliono regolare dei conti che possono esistere fra loro in Ungheria. I commenti in questione sono a mio avviso del tutto inopportuni, nonché un grave affronto nei confronti dell’onorevole Magda Kovács, un affronto che respingo con la massima avversione.

 
  
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  Brigitte Fouré (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei esprimere il mio sostegno all’iniziativa della Commissione di concedere ai pescatori un aiuto di emergenza. Anche se tale aiuto non è certamente sufficiente per risolvere i problemi del settore, pare essere quantomeno necessario al momento. La situazione attuale è in effetti critica: nello spazio di un anno, il prezzo del gasolio è cresciuto da 35 a 73 centesimi al litro. Il conto da pagare per l’aumento del prezzo del petrolio è quindi salato e nella mia circoscrizione, la Baie de Somme, i pescatori di professione sono molto preoccupati e arrabbiati. A parte la questione dei prezzi petroliferi, i pescatori vogliono innanzi tutto vendere il proprio pesce al prezzo giusto e si oppongono ai margini ingiustificati incassati dagli intermediari. Questa è più di una crisi; si tratta di un problema strutturale per il settore della pesca, problema che dobbiamo affrontare a livello europeo. Come abbiamo visto, la protesta ha assunto proporzioni che coprono tutta l’Europa. Ciò è del tutto logico, visto che la politica per la pesca è una delle politiche più di vecchia data dell’Europa. Dobbiamo aiutare il settore della pesca a modernizzarsi, così che possa liberarsi dalle restrizioni che derivano dal prezzo del gasolio, rispettando al contempo il nostro impegno a tutelare l’ambiente e a gestire le risorse ittiche. Tenendo presente ciò, spero che la discussione plenaria prevista per mercoledì si concluderà con una risoluzione favorevole alla pesca europea, settore attualmente a rischio.

 
  
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  István Szent-Iványi (ALDE). - (EN) Signor Presidente, Chee Soon Juan è stato rilasciato dalla prigione di Queenstown a Singapore due giorni fa. E’ stato condannato e incarcerato diverse volte nel corso degli ultimi anni. Chee Soon Juan non è un criminale. Il “delitto” di cui si è macchiato è molto semplice: è il leader dell’opposizione democratica. Combatte ininterrottamente per la libertà e la democrazia del suo paese.

Dopo la sua ultima scarcerazione, i media di Singapore controllati dallo Stato hanno iniziato a discreditarlo, a distruggere la sua credibilità, con attacchi personali infondati e distruggendo la sua figura. Siamo fortemente solidali con Chee Soon Juan e con i suoi sostenitori, che lottano per la democrazia e i diritti umani a Singapore.

Facciamo appello alle autorità di Singapore affinché smettano di intimidire l’opposizione democratica, smettano di violare i diritti umani, e inizino a rispettare il diritto fondamentale della libertà di parola. Speriamo con vigore che Singapore si adegui al nostro forte desiderio di far sì che i diritti fondamentali siano rispettati.

 
  
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  Eoin Ryan (UEN). - (EN) Signor Presidente, la settimana scorsa il popolo irlandese ha preso una decisione democratica sul Trattato di Lisbona che deve essere rispettata appieno. Mentre molti di noi che hanno votato o fatto campagna a favore del sì sono delusi dal risultato, ritengo che sia importante riflettere su tale esito.

In risposta alle osservazioni dell’onorevole Batten, vorrei sottolineare che l’Irlanda non è antieuropea, bensì rimane totalmente devota all’idea europea. Siamo ben consci del fatto che l’Irlanda è uno dei 27 Stati membri, ma non si tratta di un problema esclusivamente irlandese, bensì di un problema di tutti gli Stati membri. L’Europa nel passato ha affrontato molte sfide, superandole grazie ad una leadership saggia e avveduta. Vorrei che qui si mostrasse la stessa leadership relativamente alla presente questione e alle sfide che fronteggiamo. Ci troviamo in acque inesplorate ed è a mio avviso molto importante evitare delle reazioni istintive o delle decisioni affettate. Occorre riflettere con maturità sul da farsi, in modo da poter affrontare appieno la presente situazione e cercare di riportare l’Europa sulla retta via, così che sia pienamente responsabile nei confronti dei cittadini.

 
  
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  Manolis Mavrommatis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, gli uffici del Parlamento europeo negli Stati membri rappresentano la linea di comunicazione fra il Parlamento e i cittadini. Uno degli obiettivi principali di questi uffici è di informare l’opinione pubblica attraverso varie attività su quello che avviene nel Parlamento europeo. Una di queste attività consiste nell’invitare i giornalisti a venire a Strasburgo a coprire le sedute plenarie.

Il 24 gennaio 2008, signor Presidente, ho presentato un’interrogazione al Parlamento europeo sulla decisione di ridurre il bilancio stanziato per le visite dei giornalisti. Ciononostante, sono passati circa cinque mesi e non ho ancora ricevuto una risposta. Qualcosa di analogo sta accadendo anche ad altre commissioni, ovvero delle legittime interrogazioni presentate da deputati rimangono senza risposta. Mi chiedo se questa politica possa avere un effetto positivo sull’operato delle istituzioni parlamentari e dei dipartimenti competenti, in un momento in cui l’Unione europea necessita di procedure pienamente funzionanti, come previsto dal loro Regolamento.

 
  
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  Hélène Flautre (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione dei miei colleghi sull’espulsione di Sami Essid dall’Italia verso la Tunisia il 3 giugno, in assoluta violazione degli impegni assunti dall’Italia nell’ambito della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e, in particolare, nell’ambito dell’articolo 3 di quest’ultima. Questo perché Essid è accusato di terrorismo e la Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito aldilà di ogni ragionevole dubbio che tutte le persone accusate di terrorismo erano state torturate in Tunisia.

E’ per tale motivo che la Corte europea ha chiesto all’Italia di sospendere il provvedimento di espulsione. Ciononostante, l’Italia lo ha espulso il 3 giugno, violando così in modo flagrante i suoi impegni. Chiedo sia che l’Italia sia richiamata ai propri impegni in qualità di parte alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo nonché in qualità di Stato membro dell’Unione europea, sia assicurazioni che Sami Essid, adesso espulso verso la Tunisia, non vi sarà sottoposto a trattamenti inumani e degradanti.

(Applausi)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MECHTILD ROTHE
Vicepresidente

 
  
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  Bairbre de Brún (GUE/NGL).(GA) Signora Presidente, il voto contrario al Trattato di Lisbona espresso dagli irlandesi giovedì scorso non era un voto contro l’Europa. Il posto dell’Irlanda è all’interno dell’Unione europea, dove ha riscosso benefici sociali ed economici - sia a nord che a sud - grazie alla sua appartenenza all’Unione stessa.

I cittadini erano preoccupati dall’indebolimento della voce dell’Irlanda, e di quella di altri paesi piccoli, in seno all’Unione europea; così come erano preoccupati da questioni come la neutralità e gli affari militari, i diritti dei lavoratori e i servizi pubblici. Tali preoccupazioni non sono state espresse solo fra le mura domestiche, bensì anche nei sondaggi d’opinione pubblicati nel corso della campagna. Il loro diritto automatico a tenere un referendum su dei cambiamenti di peso è anch’esso un fattore importante.

Alcune di tali questioni sono già state sollevate in Francia e nei Paesi Bassi. Dobbiamo affrontare queste preoccupazioni.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE). - (HU) Signora Presidente, in qualità di deputato di un paese il cui parlamento, col sostegno di tutti i partiti politici, è stato il secondo a ratificare il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e il primo a ratificare il Trattato di Lisbona, vorrei ricordarvi che il pericolo maggiore in Europa attualmente è l’egoismo nazionale, o per meglio dire il nazionalismo. Dobbiamo considerare se dobbiamo premiare coloro che richiedono sempre di più, oppure se dobbiamo invece punire tale comportamento? La protezione degli interessi nazionali rappresenta un compito fondamentale di qualsiasi governo, di qualsiasi paese e dei suoi rappresentanti al Parlamento europeo, ma l’Unione europea non può funzionare a meno che non si giunga a dei compromessi sobri fra i diversi interessi nazionali, a patto che vi sia solidarietà fra le sue nazioni e i suoi popoli. Esorto pertanto i nostri amici polacchi a fornire il loro sostegno, come hanno fatto gli altri 26 Stati membri, per creare l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia a Budapest. Per quanto riguarda Frontex a Varsavia, l’Ungheria sembrava essere anch’essa in ballo per un po’, ma non ha fatto uso del proprio veto. Sarebbe stato ingiusto pertanto se i nostri amici polacchi non si comportassero in maniera analoga. Gli ungheresi e i polacchi sono in buone relazioni; come dice l’adagio, “l’ungherese e il polacco, due amici per la pelle, insieme lottano e bevono vino”.

 
  
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  Presidente. − Questo punto dell'ordine del giorno è chiuso.

 
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