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Procedura : 2008/2289(INI)
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Testi presentati :

A6-0028/2009

Discussioni :

PV 12/03/2009 - 5
CRE 12/03/2009 - 5

Votazioni :

PV 12/03/2009 - 7.17
CRE 12/03/2009 - 7.17
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0141

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 12 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

8. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
PV
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione: Aita (A6-0086/2009)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, a proposito di questa relazione voglio solamente esprimere la mia soddisfazione nel vedere accolto l’emendamento n. 1 presentato dal nostro gruppo. Sono dunque lieta di questo sviluppo. Una delle sfide che dobbiamo affrontare è la protezione del suolo nell’Unione europea. Si tratta, però, di un tema di competenza degli Stati membri che non richiede un’impostazione comunitaria o direttive e regolamenti europei. Mi rallegro, quindi, del risultato della votazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0104/2009)

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, sono particolarmente soddisfatto del testo e ringrazio l’onorevole Swoboda perché questa importante relazione è stata adottata con un ampissimo consenso.

Vorrei cogliere questa occasione per incoraggiare gli onorevoli colleghi della Slovenia – e nutro per loro e per il loro paese grandissima simpatia – a cercare il modo di portare avanti i grandi successi raggiunti dalla Slovenia sulla strada dell’integrazione europea. La Slovenia è stata il primo nuovo Stato membro a introdurre l’euro e ad aderire a Schengen. La Slovenia è un pioniere dell’unificazione europea. Mi piacerebbe che la Slovenia, nel suo interesse, fosse un pioniere anche in merito all’adesione della Croazia all’Unione europea.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, in linea di principio appoggio l’ingresso della Croazia nell’Unione europea, ma non ho votato a favore di questa relazione. Mi sono astenuto perché in Croazia esistono ancora diversi problemi e la corruzione ne è un esempio. L’esperienza ci ha insegnato che la corruzione è aumentata in alcuni dei paesi che sono entrati a far parte dell’Unione europea prima di essere del tutto pronti per questo passo.

Il problema di questa relazione è che in essa si afferma che i negoziati potrebbero forse concludersi nel 2009, ovvero quest’anno, mentre è inopportuno, a mio giudizio, vincolarsi a una data precisa. La Croazia dovrebbe poter aderire all’Unione europea quando è pronta per farlo. In questo momento non lo è.

 
  
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  Romana Jordan Cizelj (PPE-DE). (SL) Mi auguro sinceramente che la Croazia entri a far parte dell’Unione europea al più presto e il mio desiderio è condiviso dalla Slovenia. Se vogliamo che diventi una realtà, dobbiamo aiutare la Croazia e collaborare con essa. Possiamo risolvere i conflitti dando ascolto a tutte le parti. Tuttavia la relazione – avvallata oggi dal Parlamento europeo – non suggerisce in alcun punto che abbiamo trovato il giusto equilibrio nella votazione sulla cosiddetta disputa sui confini fra Croazia e Slovenia. Per imparzialità dovremmo riprendere anche il principio di equità come requisito minimo.

In conclusione, vorrei sottolineare che, se vogliamo davvero risolvere questo problema, dovremmo fare in modo che entrambe la Slovenia e la Croazia si attengano alla decisione dell’organismo internazionale prescelto. Questo è il motivo per cui i parlamenti di entrambi i paesi dovrebbero ratificare a priori tale decisione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0105/2009)

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE).(BG) Grazie, signor Presidente, ho votato a favore della relazione sui progressi compiuti dalla Turchia. I negoziati di adesione con la Turchia rappresentano per gli Stati membri una sfida di grande rilevanza politica ed economica, oltre che di sicurezza. E’ particolarmente importante per il paese soddisfare i criteri di adesione e dare prova di coerenza, sufficiente precisione e trasparenza nei confronti dei cittadini dell’Unione europea. Reputo sia fondamentale che il processo prosegua tramite la buona cooperazione con i paesi vicini. A questo proposito credo si debba prendere atto di alcuni passi avanti nei rapporti fra Bulgaria e Turchia grazie all’accordo raggiunto sull’avvio di negoziati sui problemi ancora pendenti, in modo particolare sul tema della proprietà dei profughi della Tracia, accordo reso possibile dagli sforzi del Parlamento europeo. Seguiremo da vicino questo processo dal momento che tocca i diritti di migliaia di persone, diritti che devono essere rispettati in tutto il territorio dell’Unione europea. La questione della Tracia è tanto importante quanto i rapporti fra la Turchia e gli altri paesi vicini. Grazie.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0104/2009)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Sappiamo quante prove hanno dovuto superare i nostri amici nei Balcani. Mi riferisco a entrambe la Slovenia e la Croazia, che sono state attaccate dalla Serbia. La nostra simpatia va a entrambe. L’Unione europea è stata generosa ad accogliere la Slovenia prima che fosse trovata una soluzione alla disputa fra questo paese e la Croazia. Credo che lo stesso atteggiamento debba ora essere adottato nei confronti di quest’ultima.

Mi spiace che alcuni politici in Slovenia oggi vogliano bloccare l’adesione della Croazia, ma è quanto mi ha detto l’onorevole Jordan Cizelj, che ha un approccio sensato e, direi, equilibrato a questo problema politico. Sono certo che l’accordo informale che sarà oggetto di discussione fra Slovenia e Croazia sotto gli auspici della Commissione si concluderà con un successo.

 
  
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  Presidente. – Onorevoli colleghi, permettetemi di illustrarvi un punto del nostro Regolamento. Per prendere la parola durante le dichiarazioni di voto dovete farne richiesta ai servizi prima dell’inizio di questa parte della seduta. Sono ovviamente favorevole alla flessibilità e permetto ai membri presenti di intervenire. Ma non stiamo applicando la procedura “catch the eye”. Per intervenire bisogna iscriversi prima delle dichiarazioni di voto.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0105/2009)

 
  
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  Kristian Vigenin (PSE).(BG) Signor Presidente, ho appoggiato la relazione sui progressi compiuti dalla Turchia perché credo che sia un testo obiettivo che offre a entrambe la Turchia e l’Unione europea la possibilità di portare avanti il lavoro preparatorio all’adesione di questo paese. Allo stesso tempo vorrei esprimere il mio rammarico per la decisione dell’Assemblea di respingere la proposta del gruppo socialista al Parlamento europeo che chiedeva si inserisse un riferimento al fatto che l’adesione della Turchia all’Unione europea rappresenta un obiettivo condiviso da entrambe le parti.

Se vogliamo accelerare i progressi della Turchia in alcuni ambiti problematici, anche noi dobbiamo dare prova di sufficiente apertura e ribadire inequivocabilmente ai nostri partner che l’obiettivo di questo processo rimane l’adesione della Turchia all’Unione europea. Il ruolo della Turchia si rafforzerà ed è nell’interesse dell’Unione avere al suo interno un paese non cristiano perché ci consentirà di condurre politiche che per il momento non sono possibili. Grazie.

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI).(BG) Onorevoli colleghi, il partito politico Attacco vota contro la relazione sui progressi compiuti dalla Turchia perché ritiene non ci sia alcun progresso da registrare. Anzi, ogni progresso è impossibile. La Turchia guarda solamente ai propri interessi, fra i quali non rientra il rispetto per i diritti umani e per gli altri valori europei e cristiani. Da più di 80 anni la Turchia non rispetta il trattato di Ankara secondo il quale è obbligata a pagare alla Bulgaria 10 miliardi di dollari. Figuriamoci se rispetterà le normative europee.

Ieri l’onorevole Wiersma ha ricordato che il mancato riconoscimento del genocidio degli armeni nel 1915 e 1916 rappresenta un problema. Che dire, allora, del genocidio dei bulgari che si è protratto per 500 anni con i massacri di Stara Zagora, Batak and Perushtitsa descritti dalla Commissione internazionale europea nel 1876? L’onorevole Wiersma ha inoltre affermato che nell’Unione non c’è posto per una Turchia mussulmana. Tuttavia, vent’anni fa, alcuni turchi mussulmani hanno fatto saltare degli autobus in Bulgaria su cui viaggiavano donne e bambini. La Turchia ha finanziato la costruzione di monumenti per ricordare questi terroristi. Questa è la Turchia moderna, governata da un partito integralista islamico. Questi sono i suoi valori e noi pensiamo non siano appropriati per l’Europa.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, errare è umano, perseverare è diabolico. Questo detto non è stato mai tanto indicato come nel caso di questa deplorevole saga dei negoziati di adesione con la Turchia.

Dal 2005 riceviamo le stesse relazioni negative sul rispetto dei diritti umani, delle minoranze e degli impegni assunti nei confronti dell’Unione europea, ma l’obiettivo dell’adesione è rimasto immutato.

In realtà non è questo il problema. All’origine c’è il desiderio dei cittadini europei che non sono più disposti ad accettare le conseguenze della libertà di stabilimento che deriverebbero inevitabilmente dall’adesione.

C’è anche il fatto che la Turchia appartiene geograficamente, culturalmente, linguisticamente e spiritualmente a un’area che non è l’Europa. Dobbiamo dunque mettere da parte questa commedia, questa farsa dell’adesione e dare subito il via a discussioni concrete. In altre parole, dobbiamo puntare a un partenariato costruito su interessi mutui e reciproci. Dobbiamo accantonare questa procedura d’adesione.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, la Turchia non ha praticamente compiuto alcun progresso in ambiti fondamentali – i diritti umani, i diritti delle minoranze e la libertà d’espressione. Anzi, negli ultimi giorni, sono stati compiuti passi indietro.

Nonostante tutto, però, la Commissione sostiene che dobbiamo comunque adottare una posizione positiva perché la Turchia è un partner strategico importante. E’ vero, ma questa è una questione di politica estera. La necessità di creare partenariati strategici non è un criterio di adesione.

Cionondimeno ho votato a favore della relazione perché è stata respinta la richiesta socialista di centrare la relazione sull’adesione. La relazione in esame è un grande successo e una svolta per noi perché evita espressamente di indicare l’adesione come obiettivo e perché fa riferimento a un processo lungo e aperto il cui esito è ancora incerto. Avremmo preferito un no all’ingresso della Turchia nell’Unione, ma la redazione scelta si avvicina comunque a un no e rappresenta pertanto un grande successo per coloro fra noi che sono ben lieti di dire sì a un partenariato con la Turchia nel contesto della nostra politica estera, ma sono contrari alla sua adesione.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, mi sono astenuto dalla votazione sulla relazione dedicata alla Turchia perché ritengo che, se da un lato il testo contiene un lungo elenco di critiche relativamente a tutta una serie di gravi situazioni presenti ancora oggi nel paese, l’unica conclusione possibile del testo avrebbe dovuto essere l’interruzione dei negoziati, un’interruzione definitiva giacché a tre anni di distanza non si registra alcun miglioramento reale in Turchia.

Sono in ogni caso convinto che l’Unione europea debba rimanere un progetto europeo e che, pertanto, non dovrebbe esserci posto nell’Unione per un paese come la Turchia, che non è un paese europeo.

Ieri un membro del gruppo socialista al Parlamento europeo ha affermato che non avrebbe mai accettato un’ulteriore islamizzazione della Turchia. Mi auguro che l’onorevole collega e il suo gruppo si pronuncino anche contro l’islamizzazione dell’Europa, anche se non ci conterei troppo.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). – Signor Presidente, la relazione elenca i progressi compiuti dalla Turchia verso un’eventuale adesione all’Unione. E’ un obiettivo eventuale che appoggio. Nutro tuttavia alcuni timori circa i passi avanti realizzati verso l’adesione.

Mi preoccupano innanzi tutto la graduale erosione dell’ideale secolare repubblicano e la crescente importanza della religione nella politica. Mi preoccupano, inoltre, alcune delle violazioni dei diritti umani che sono state documentate in Turchia e alcuni degli interventi adottati nei confronti delle minoranze. Prima di prendere in considerazione l’adesione della Turchia, è necessario che si registrino dei passi avanti in alcuni di questi ambiti.

Allo stesso tempo ritengo sia importante essere onesti con la Turchia e affermare con chiarezza e in modo inequivocabile che il diritto all’adesione sorge quando sono soddisfatte tutte le condizioni che gli altri Stati membri hanno dovuto rispettare. Non è giusto che i singoli capi di Stati e di governo degli Stati membri introducano ostacoli iniqui e sproporzionati lungo il cammino della Turchia verso l’adesione. Se la Turchia soddisferà le condizioni poste, avrà il diritto di entrare a far parte dell’Unione e glielo dovremmo permettere. Abbiamo bisogno di un ampliamento e non di un approfondimento dell’Unione europea.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione sulla Turchia in considerazione degli elementi positivi relativi a Cipro contenuti nei paragrafi 32 e 40 sebbene sia contrario agli emendamenti 9 e 10.

L’emendamento n. 9 introduce una posizione inaccettabile sulle deroghe – seppure transitorie – ai principi sui quali si fonda l’Unione europea, comprese le quattro libertà fondamentali. Ciò avviene proprio mentre sono in corso i negoziati fra i leader delle due comunità di Cipro, gli unici che possano decidere in merito alla questione.

L’emendamento n. 10 nega che la politica estera e di sicurezza comune sia parte dell’aquis comunitario per l’Unione e i suoi Stati membri e i paesi terzi non possono avere carta bianca per partecipare alle fasi di elaborazione e decisione di tale politica.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0106/2009)

 
  
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  Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). (HU) Da tre anni la Macedonia è paese candidato all’adesione all’Unione europea. Ciononostante, i negoziati non sono ancora iniziati. Se l’Unione non provvede tempestivamente in questa direzione, la perdita di credibilità che ne deriverà potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per la regione. La Macedonia ha compiuto progressi significativi negli ultimi anni: ha raggiunto buoni risultati sul piano economico, si sta avvicinando a un’economia di mercato funzionante e si registrano ottime prestazioni sul fronte legislativo. E’ stato raggiunto un consenso fra governo e opposizione, società civile e opinione pubblica per poter soddisfare al più presto i criteri di Copenhagen. La convivenza della comunità nazionale con le minoranze etniche è stata ben organizzata. Non si comprende, quindi, perché la Grecia si ostini a bloccare l’avvio dei negoziati di adesione. Il nome del paese non può certo costituire un ostacolo! Si possono condurre simultaneamente dei negoziati bilaterali sul nome. Appoggio la relazione perché rappresenta un messaggio importante rivolto al popolo macedone e perché contribuirà in maniera decisiva all’avvio dei negoziati entro la fine dell’anno. Grazie.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, la relazione invia un segnale importante a un paese che svolge un ruolo stabilizzante nella regione, dispone di una normativa esemplare in materia di minoranze, può contare su un’ampia maggioranza di governo all’interno della quale sono rappresentate tutte le nazionalità, e ha scelto chiaramente a favore dell’Europa sotto la guida del primo ministro Gruevski. E’ dunque con piacere che ho votato a favore della relazione. Credo che debbano essere sottolineati in particolare due elementi: innanzi tutto, chiediamo che il Consiglio e la Commissione ci dicano quest’anno quando inizieranno i negoziati, e, secondariamente, non tollereremo alcuna difficoltà sollevata bilateralmente e sicuramente non in relazione a questa bizzarra questione del nome. Il paese si chiama Macedonia, che piaccia o no, ed è giunto il momento di agevolare il suo cammino verso l’Europa.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Meijer perché io e il mio gruppo siamo dell’opinione che l’allargamento debba essere fermato per un periodo indeterminato dopo l’ingresso della Croazia. I cittadini europei non ne vogliono sapere di un ulteriore allargamento nel breve o medio termine, e certamente non vogliono un allargamento che includa la Turchia, ovviamente. Tuttavia è giunto il momento che questo Parlamento, per una volta, ascolti coloro che dovrebbe rappresentare.

Per questa ragione mi oppongo all’avvio di negoziati di adesione con l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia come invece chiede il Parlamento. Mi oppongo altresì a che sia concessa una prospettiva europea a tutta l’area dei Balcani occidentali. Alcuni di questi paesi o entità sono profondamente islamici e, per quanto mi riguarda, non dovrebbero poter aderire all’Unione europea.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sono particolarmente soddisfatto delle votazioni oggi.

Mi sono recato di recente in Macedonia a nome della Westminster Foundation for Democracy, una fondazione istituita da Margaret Thatcher quando era primo ministro del mio paese. In Macedonia ho visto partiti politici vivaci, una politica fiscale affascinante, con aliquote forfettarie per le imposte societarie e sul reddito, e un’economia in crescita. In questo paese il mese prossimo si terranno elezioni libere, giuste e oneste – probabilmente migliori di quelle che abbiamo avuto poco fa nel Regno Unito tramite il voto per posta. Un paese così dovrebbe poter aderire all’Unione europea, se scegliesse di farlo in virtù dell’autodeterminazione – e questo è il motivo per cui gli onorevoli colleghi che mi hanno preceduto dovrebbero riflettere sulla questione.

In questo dibattito abbiamo assistito a una svolta significativa perché fino a oggi gli onorevoli colleghi della Grecia avevano una posizione del tutto assurda e cadevano nel ridicolo a causa delle considerazioni sul nome di questo paese, appunto la Repubblica di Macedonia.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, il problema nel prendere la parola dopo l’onorevole Heaton-Harris sta nel fatto che egli ha anticipato le stesse osservazioni che era mia intenzione fare. Mi sembra del tutto assurdo che la Grecia porti avanti questa eterna e francamente ridicola battaglia contro il nome della Macedonia. La mia circoscrizione elettorale comprende alcune bellissime contee – Durham, Northumberland – e, sinceramente, non mi interessa poi così tanto se un altro Stato membro vuole darsi il nome di queste straordinarie regioni.

E’ decisamente ridicolo bloccare i negoziati di adesione non a causa di un conflitto etnico o di un problema di democrazia o di diritti umani, ma solamente perché il paese in questione ha deciso di chiamarsi Macedonia. Mi auguro che gli onorevoli colleghi della Grecia se ne rendano conto. Spero che la Macedonia sia valutata in base a criteri di libertà validi per tutti. Se la Macedonia soddisferà tali criteri, se dimostra di essere uno Stato democratico e secolare che attua una politica corretta in materia di diritti umani, allora, come è accaduto per tutti gli altri Stati membri, avrà il diritto di aderire all’Unione senza alcun ridicolo veto della Grecia solo a causa di un nome.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0140/2009)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, per l’Unione europea e gli Stati Uniti le Tigri Tamil sono un gruppo terroristico, ma sembra che, fortunatamente, la loro campagna sanguinaria a favore dell’indipendenza del Tamil stia per finire. Lo Sri Lanka merita di vivere in pace, la stessa pace in cui viviamo in Europa.

Come altri onorevoli colleghi in questa Assemblea, sono favorevole a uno Stato unitario per lo Sri Lanka. Voglio altresì precisare che, probabilmente, è opportuno concedere un certo grado di autonomia ai Tamil all’interno di quello Stato unitario. Non appoggio la campagna di violenza delle Tigri e ritengo, anzi, fondamentale che sia permesso all’esercito dello Sri Lanka di continuare le operazioni militari contro tale gruppo.

Occorre tuttavia riconoscere che, in questo momento, è in atto una crisi umanitaria nello Sri Lanka e le agenzie di aiuti dovrebbero avere accesso alle zone interessate. Dovremmo quindi chiedere la cessazione delle ostilità per consentire agli organismi umanitari di avere accesso alle regioni interessate, e alla popolazione civile di lasciare le zone contese. Al di là di questo intervento credo si debba permettere all’esercito di portare avanti la propria campagna.

 
  
  

- Relazione: Neyts-Uyttebroeck (A6-0112/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, lo sviluppo di una giurisprudenza internazionale non ancorata ad alcuna legislatura nazionale eletta dai cittadini rappresenta uno degli sviluppi più allarmanti del nostro tempo. Non solo stiamo rovesciando 300 anni di storia del principio giuridico della responsabilità territoriale – secondo il quale la competenza di un crimine è del territorio dove tale crimine è stato commesso; stiamo anche ritornando all’idea pre–moderna per cui coloro che decidono delle leggi devono rendere conto del loro operato solo alla propria coscienza e non ai cittadini che a quelle leggi sono soggetti.

Potrebbe apparire ragionevole intervenire quando un uomo come Milošević o come Karadžić non viene assicurato alla giustizia nel proprio paese. Ma l’obiezione che muoviamo a despoti come Milošević è proprio quella di aver corrotto la democrazia del paese e di essersi posti al disopra della legge. Ripetere lo stesso errore a livello internazionale equivale a scendere al suo stesso livello, così come è accaduto con quella farsa di processo che si è tenuto all’Aia, dove in 6 anni ci sono state 27 modifiche procedurali, l’imposizione del consiglio di difesa e, alla fine, nessuna condanna.

Non appoggio Milošević: era un comunista sinistro e malvagio. Ma gli uomini malvagi – e specialmente loro – meritano di essere portati davanti alla giustizia e, se non sono puniti, siamo noi a esserne sminuiti.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0113/2009)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, sappiamo tutti quanto sia importante l’acqua. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove l’accesso all’acqua è molto difficile, sono le ragazze e le donne a pagare il prezzo più alto. Le loro prospettive di istruzione sono particolarmente limitate perché loro sono le portatrici d’acqua, se mi passate l’espressione. Ho potuto constatarlo in India durante la visita di una nostra delegazione. E’ molto importante investire di più nella gestione delle risorse idriche e fare in modo che il problema dell’acqua non impedisca alle donne e alle ragazze di migliorare la loro istruzione.

Mi rallegro dell’esito del voto in relazione al paragrafo 2, secondo il quale l’acqua è un bene pubblico e deve essere posta sotto controllo pubblico a prescindere da come viene gestita. E’ una risorsa preziosa a servizio del bene pubblico, non del profitto o degli interessi di controllo privati.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, appoggio anch’io la nostra proposta di risoluzione sull’acqua e sono lieta dell’esito del voto sul paragrafo 2 nel quale si afferma in modo inequivocabile che l’acqua è un bene pubblico e deve essere posta sotto controllo pubblico. Sono profondamente contraria alla privatizzazione dell’acqua.

Abbiamo potuto di recente constatare come l’incessante ricerca del profitto abbia messo in ginocchio l’economia mondiale. Sono certa che non vogliamo accada lo stesso con l’acqua. Per poter garantire la qualità dell’acqua e il continuo miglioramento del sistema di distribuzione servono costanti investimenti nelle reti di trasporto. Il settore privato non è incentivato in tal senso giacché la tentazione è quella di aumentare il prezzo per il consumatore piuttosto che di investire nel miglioramento della rete di trasporto. Ho potuto constatarlo proprio nella mia contea, Sligo, dove alcuni settori della comunità locale si trovavano a pagare l’acqua più del dovuto a causa della mancanza di investimenti del gestore privato nella rete di trasporto.

 
  
  

- Relazione Koppa (A6-0062/2009)

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione e della relazione, ma nutro alcune preoccupazioni. Questa mattina la Commissione ha riconosciuto che non è chiara la direzione nella quale l’Organizzazione mondiale per il commercio si sta muovendo ora. Pertanto, non è chiaro neppure come tutto ciò vada a innestarsi sul partenariato strategico.

Non possiamo permettere che si venga a creare una situazione in cui le decisioni del partenariato strategico – o un accordo mondiale sul commercio – abbiano un impatto negativo sugli interessi dell’Unione europea in materia di sicurezza alimentare. Voglio sottolineare il problema degli standard della produzione alimentare, che sono più elevati nell’Unione europea. Noi penalizziamo i nostri produttori laddove questi standard non vengono rispettati. Non possiamo permettere che si venga a creare una situazione in cui l’Unione europea importa da paesi terzi – Brasile o altri – prodotti alimentari che non soddisfano i nostri standard di produzione, con il risultato di sottoporre a concorrenza sleale i produttori alimentari e agricoli dell’Unione europea.

 
  
  

- Relazione Salafranca Sánchez-Neyra (A6-0028/2009)

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, un partenariato strategico fra Unione europea e Messico o altri paesi come il Brasile, del resto, è buona cosa ed è nell’interesse dell’UE. La relazione in quanto tale è redatta in termini estremamente equilibrati. Ciò che invece va contro gli interessi dell’Unione europea – e questo è un punto che sicuramente solleverà molti interrogativi fra l’opinione pubblica – è la disposizione nella relazione che chiede sia definito un accordo reciproco sulla politica di immigrazione. Non credo presagisca nulla di buono ed è questo il motivo per il quale ho scelto di astenermi dalla votazione su questa relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0135/2009)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Ho votato a favore anche della risoluzione sulla situazione in Tibet e sul 50° anniversario della rivolta tibetana perché recentemente le autorità cinesi hanno rafforzato le misure di sicurezza nel paese e hanno vietato a giornalisti e stranieri l’ingresso nella regione.

La discussione odierna al Parlamento lancia un messaggio di forte preoccupazione per la situazione in Tibet e, in modo particolare, per le sofferenze e le rappresaglie cui sono sottoposti cittadini innocenti.

Faccio appello al Consiglio affinché istituisca una commissione per la verità in linea con la risoluzione allo scopo di accertare cosa sia avvenuto esattamente nel negoziato fra la Repubblica popolare cinese e gli inviati di Sua Santità il Dalai Lama.

Invito il governo cinese a rilasciare immediatamente tutti coloro che sono stati arrestati solo per aver preso parte a una protesta pacifica.

 
  
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  Marco Cappato (ALDE).(IT) Signor Presidente, intanto per esprimere la soddisfazione per l'ampio sostegno che l'Assemblea ha dato alla proposta che avevamo lanciato con i colleghi Pannella e Onyszkiewicz, una proposta che fa una cosa diversa di quello che abbiamo sentito dalla commissaria Ferrero-Waldner oggi, cioè prende parte: la parte della ricerca della verità, sulle vere ragioni per la interruzione dei negoziati tra cinesi e tibetani invece di guardare, come purtroppo la Commissione, il Consiglio continua a fare, questo punto con neutralità, come se ci fosse semplicemente da auspicare il dialogo tra due parti.

Voglio sottolineare che il comportamento del gruppo socialista al Parlamento europeo mi pare particolarmente incomprensibile, prima si sono opposti al dibattito, poi si sono opposti a che io avessi una risoluzione, poi hanno addirittura votato contro, con il collega Ford che ha dato come ragione politica che votiamo troppe risoluzioni sul Tibet. Ecco, forse non comprendono e non si comprende – o si comprende fin troppo bene – che qui è in gioco molto altro, la libertà e la democrazia per oltre un miliardo di cinesi oltre che per il popolo tibetano.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, ovviamente ho votato favore di questa risoluzione, anche se non possiamo permetterci di credere che un semplice testo, tanto innocuo, possa impressionare il regime totalitario comunista della Cina, un paese con il quale siamo ben felici di sviluppare scambi commerciali.

Avremmo maggiore impatto su quel regime se il Parlamento e il Consiglio avessero il coraggio di affermare che l’occupazione e la successiva annessione del Tibet rappresentano una violazione del diritto internazionale e, come tali, non possono essere riconosciute dall’Unione europea. Dobbiamo continuare a ribadire che il Tibet deve essere uno Stato indipendente e non una provincia autonoma della Cina, e che in quello stesso paese si sono compiuti e si compiono un genocidio e un etnocidio.

 
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