Indice 
Resoconto integrale delle discussioni
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Martedì 24 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Libro verde sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione - Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei Fondi strutturali - Dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione - Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale - Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007-2013 - Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (discussione)
 4. Turno di votazioni
  4.1. Accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (A6-0071/2009, Paolo Costa) (votazione)
  4.2. Trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) (A6-0130/2009, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) (votazione)
  4.3. Regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) (A6-0129/2009, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) (votazione)
  4.4. Raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (A6-0119/2009, Sirpa Pietikäinen) (votazione)
  4.5. Priorità dell'Unione europea per la 64a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (A6-0132/2009, Alexander Graf Lambsdorff) (votazione)
  4.6. Un anno dopo Lisbona: il partenariato UE-Africa in azione (A6-0079/2009, Maria Martens) (votazione)
  4.7. Contratti OSM (A6-0085/2009, Alain Hutchinson) (votazione)
  4.8. Studi artistici nell'Unione europea (A6-0093/2009, Maria Badia i Cutchet) (votazione)
  4.9. Dialogo attivo con i cittadini sull'Europa (A6-0107/2009, Gyula Hegyi) (votazione)
  4.10. Attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (A6-0081/2009, Thierry Cornillet) (votazione)
  4.11. Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei Fondi strutturali (A6-0095/2009, Constanze Angela Krehl) (votazione)
  4.12. Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale (A6-0042/2009, Wojciech Roszkowski) (votazione)
  4.13. Prodotti cosmetici (rifusione) (A6-0484/2008, Dagmar Roth-Behrendt) (votazione)
  4.14. Immissione sul mercato dei biocidi (A6-0076/2009, Daciana Octavia Sârbu) (votazione)
  4.15. Struttura e aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati (A6-0121/2009, Zsolt László Becsey) (votazione)
  4.16. Lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'UE (A6-0054/2009, Cristiana Muscardini) (votazione)
  4.17. Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune (A6-0092/2009, Vasco Graça Moura) (votazione)
  4.18. Libro verde sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione (A6-0083/2009, Lambert van Nistelrooij) (votazione)
  4.19. Dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (A6-0031/2009, Oldřich Vlasák) (votazione)
  4.20. Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007-2013 (A6-0108/2009, Miroslav Mikolášik) (votazione)
  4.21. Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (A6-0041/2009, Zsolt László Becsey) (votazione)
 5. Dichiarazioni di voto
 6. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 7. Preparazione del Vertice del G20 del 2 aprile – con la partecipazione di Gordon Brown, Primo Ministro del Regno Unito Membro del Consiglio europeo (discussione)
 8. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 9. Relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS - Garanzia della Comunità accordata alla BEI (discussione)
 10. Strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio - Revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 (discussione)
 11. Avvenire dell’industria automobilistica (discussione)
 12. Prestazioni e sostenibilità del sistema aeronautico europeo - Aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea (discussione)
 13. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 14. Interoperabilità tra i caricabatteria dei telefoni cellulari (discussione)
 15. Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto (discussione)
 16. Nuovi prodotti alimentari (discussione)
 17. Sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (discussione)
 18. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 19. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTHE
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
Video degli interventi
  

(La seduta inizia alle ore 9.00.)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Libro verde sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione - Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei Fondi strutturali - Dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione - Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale - Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007-2013 - Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L'ordine del giorno reca, in discussione congiunta, le seguenti risoluzioni:

- A6-0083/2009 presentata dall’onorevole van Nistelrooij, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione [2008/2174(INI)];

- A6-0095/2009 presentata dall’onorevole Krehl, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulle migliori prassi nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali [2008/2061(INI)];

- A6-0031/2009 presentata dall’onorevole Vlasák, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione [2008/2130(INI)];

- A6-0042/2009 presentata dall’onorevole Roszkowski, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sulla complementarietà e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale [2008/2100(INI)];

- A6-0108/2009 presentata dall’onorevole Mikolášik, a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sull’attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione [2008/2183(INI)];

- A6-0041/2009 presentata dall’onorevole Becsey, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sull’iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione [2008/2122(INI)].

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore.(NL) Signora Presidente, è esplicito desiderio della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento tenere un’unica discussione congiunta sul futuro della politica di coesione alla fine di questo mandato, ma tra oggi e domani dovremo discutere e anche votare su non meno di cinque importanti relazioni presentate dai deputati dell’Assemblea, così a ridosso delle elezioni europee. Stiamo parlando della principale voce di bilancio della Comunità europea e dell’elemento più visibile agli occhi dei cittadini. La politica di coesione ha dipinto sul volto dell’Europa tratti di interdipendenza e solidarietà. Nessun’altra regione al mondo ha creato una simile coesione reciproca. La coesione rientra nuovamente tra gli obiettivi fondamentali del nuovo trattato di Lisbona aggiungendo una terza componente, quella della coesione territoriale.

I periodi atipici richiedono nuove risposte. La crisi finanziaria, la maggiore concorrenza legata alla globalizzazione, la crisi climatica e, a tutt’ora, l’incapacità di raggiungere gli obiettivi di Lisbona richiedono un approccio maggiormente integrato, associato al rafforzamento e a un impulso della politica regionale. Tali tematiche vengono affrontate nel Libro verde dinanzi a noi. Questo Libro verde è lungi dall’essere la solita pubblicazione: è una richiesta di migliore governance e coesione territoriale, critica degli sviluppi che vedono alcune regioni spiccare il volo e le grandi aree urbane progredire, e altre regioni rimanere indietro. Non è questa l’Europa a cui ambisce il Parlamento. Nella discussione congiunta di oggi decidiamo quindi il senso di marcia per il periodo successivo al 2013, dopo la revisione della legislazione che inizieremo nel prossimo mandato parlamentare in seguito alle elezioni.

Farò una breve panoramica sui punti salienti di questa discussione e della coesione territoriale. Nel 2005, l’onorevole Guellec ha esposto nella sua relazione i desideri del Parlamento. La nuova dimensione territoriale è ora considerata un obiettivo permanente dagli articoli 13 e 174 del nuovo trattato di Lisbona. A mio avviso, si oppone apertamente a un’Europa asimmetrica composta da regioni che si sviluppano a pieno ritmo lasciando indietro le aree più rurali. Esprime al tempo stesso l’unità e la diversità dei centri d’eccellenza o pôles d'excellence e la posizione specifica di altre regioni e luoghi dotati di qualità e complessità proprie. La coesione territoriale, inoltre, integra la politica di coesione economica e sociale in essere. E’ un concetto integrato. Fornisce un quadro generale sugli effetti delle attività settoriali decentrate e comunitarie come la ricerca e lo sviluppo, la politica agricola comune, il traffico e i trasporti, la situazione lavorativa e la lotta ai cambiamenti climatici.

Il concetto di coesione territoriale, come sembra suggerire la consultazione degli ultimi sei mesi, è stato ampiamente sottoscritto e ciò è motivo di rallegramento. Il concetto integra la concentrazione e, al tempo stesso, il collegamento e la cooperazione, e lo vorremmo approfondire nel prossimo periodo.

 
  
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  Constanze Angela Krehl, relatore. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la politica di coesione è importante per l’Europa, è un’espressione di solidarietà. Tuttavia, non è solo necessaria a chi, nella società, sembra essere più debole. Tutti i cittadini hanno bisogno di una politica di solidarietà e di integrazione europea. Ciò complica di molto le cose se non vengono sfruttati i Fondi strutturali nelle regioni, che sono più di 260 nell’Unione europea. Questo succede non perché non ci sia bisogno di aiuto, ma perché gli ostacoli all’ottenimento dei fondi sono troppo grandi da sormontare. Alcuni di questi si riscontrano a livello nazionale. Ovviamente, il rispetto delle norme e l’esecuzione di controlli per garantire il corretto utilizzo dei soldi versati dai contribuenti europei sono una condizione di base fondamentale. Ciononostante, questo non deve risultare in lunghi e incomprensibili moduli di candidatura o spiegazioni sull’ottenimento dei fondi, da risultare chiari solo a un dottorando.

Pertanto, nella relazione invoco misure specifiche per snellire la burocrazia a livello europeo, perché spetta a noi farlo. Occorre, ad esempio, semplificare il sistema dei controlli, ridurre gli oneri amministrativi sui progetti e modificare la portata dei progetti. Inoltre si devono semplificare, chiarire e accelerare le procedure progettuali, da orientare maggiormente ai risultati. Sono però convinta sia possibile fare qualcosa in tal senso anche a livello regionale e nazionale.

La seconda parte della mia relazione verte sulle migliori prassi nella politica di coesione. Non si tratta di reinventare la ruota: non sarebbe efficiente né intelligente. Dobbiamo quindi trovare un sistema perché altri possano sfruttare buoni esempi progettuali. Poiché ogni anno ci sono decine di migliaia di progetti sulla politica di coesione, il trucco è individuare, selezionare e fornire informazioni sui progetti esemplari nelle regioni. Credo che, in questo senso, la Commissione sia già partita bene: si pensi all’iniziativa RegioStars che, però, deve essere ulteriormente sviluppata.

In alcuni settori che ritengo essere fondamentali, la relazione propone criteri di selezione per i progetti. I settori fondamentali comprendono, per citarne alcuni, ricerca e innovazione, la creazione di posti di lavoro di elevata qualità, il sostegno alle PMI, i progetti sul clima, lo sviluppo urbano integrato e lo sviluppo dei progetti di partenariato tra settore pubblico e privato. I criteri per scegliere i progetti fondati sulle migliori prassi, ad esempio, potrebbero riguardare la qualità e la sostenibilità dei progetti, l’impulso che forniscono alle regioni e all’Unione europea, l’uso efficace delle risorse e, ovviamente, la trasferibilità ad altre regioni.

Ovunque si trovano buoni esempi. Nell’allegato alla relazione ho elencato alcuni progetti, attuati in tutti gli Stati membri, di cui sono venuta a conoscenza grazie al lavoro preliminare svolto nelle regioni. Vorrei ricordarne alcuni: un centro di eccellenza per le tecnologie ambientali in Slovenia, il centro di mobilità del Burgenland in Austria, il concorso “Brain hunt” in Estonia, la ricostruzione dell’Istituto Fraunhofer per la terapia cellulare e l’immunologia in Germania, il parco della scienza a Granada in Spagna e lo sviluppo della problematica area urbana del “Leipziger Osten” in Germania.

Infine, in qualità di relatrice e coordinatrice del mio gruppo, desidero esprimere i più calorosi ringraziamenti ai colleghi per la collaborazione dimostrata, non solo per redigere questa relazione ma anche negli ultimi cinque anni. Vorrei inoltre ringraziare la Commissione, la commissione per lo sviluppo regionale e tutto l’organico per la loro cooperazione. Spero che, in futuro, continueremo a lavorare insieme allo stesso modo.

(Applausi)

 
  
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  Oldřich Vlasák, relatore. – (CS) Signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei presentare brevemente la relazione sulla dimensione urbana della politica di coesione. E’ un documento che prende in esame le possibilità e il coinvolgimento delle città nella gestione e nell’utilizzo dei fondi europei nell’attuale periodo di programmazione. E’ una relazione che fornisce orientamenti e, al tempo stesso, dà suggerimenti su come adattare i regolamenti dei Fondi strutturali affinché possano meglio rispondere alle esigenze delle città e metropoli europee. Nel redigere il documento non mi sono solo basato su studi scientifici e pareri di esperti appartenenti a gruppi di interesse come il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa ed EUROCITIES, ma soprattutto sull’esperienza diretta e i pareri di sindaci, consiglieri, dirigenti comunali, responsabili di progetto e chiunque operi con i fondi europei. Uno degli incontri ispiratori che ci hanno dato l’opportunità di tenere discussioni congiunte sulla dimensione urbana è stato un evento dal titolo “Giornata europea della dimensione urbana” che, insieme ai partner, ho organizzato a Praga all’inizio di febbraio durante la presidenza ceca dell’Unione europea. In questo senso desidero nuovamente ringraziare il commissario Hübner, l’onorevole Soboda e gli onorevoli Olbrycht, Beaupuy e Kallenbach per avere partecipato in maniera proattiva.

E’ logico che la nostra attenzione si concentri sulle città. Le città ospitano l’80 per cento dei circa 500 milioni di abitanti dell’Unione europea. E’ nelle città che troviamo gran parte dei posti di lavoro, delle aziende e degli istituti scolastici. Le città generano più del 70 per cento dell’IVA in Europa e, pertanto, rappresentano un indubbio stimolo per la crescita economica dell’intero continente, diventando ancora più importanti in periodo di crisi. Molte città, però, devono affrontare una serie di gravi problemi. Per tale motivo, città e aree urbane meritano particolare attenzione nel quadro della politica di coesione.

Vorrei soffermarmi su due delle principali idee contenute nel testo della relazione. La prima riguarda la questione della subdelega, ovvero trasferire il controllo delle risorse europee alle città. Benché la legislazione europea già preveda la subdelega delle risorse alle città che le possono erogare per la messa a punto di piani di sviluppo integrati, gli Stati membri hanno sfruttato questa possibilità solo marginalmente. Uno dei principali scopi della relazione è sostenere il ruolo delle città nel processo di coesione. Dobbiamo smettere di considerare le città solo come beneficiari finali e guardarle, invece, come entità che amministrano territori. Proprio come le regioni e gli organi amministrativi nazionali gestiscono il proprio bilancio, le città devono assumersi maggiori responsabilità nell’assistenza strutturale alla programmazione e nella distribuzione dei Fondi strutturali. La dimensione urbana deve diventare obbligatoria.

La seconda idea importante è sfruttare concretamente il potenziale dello strumento finanziario JESSICA. Sinora la politica di coesione si è basata esclusivamente su un sistema di sovvenzioni, ovvero di contributi non rimborsabili. Le organizzazioni e gli individui che presentano progetti sono quindi abituati a una situazione in cui ricevono, gratuitamente, fondi europei e risorse di bilancio nazionali destinate al cofinanziamento. La priorità è spesso sfruttare i fondi, non investirli in maniera efficace o valutare le risorse disponibili. Di conseguenza il sistema delle sovvenzioni talvolta porta a una situazione in cui parte dell’assistenza strutturale non viene usata in maniera efficiente. In questo periodo di programmazione abbiamo visto attuare JESSICA per dare spazio a una modifica sistematica della politica di coesione. Il problema, però, è che l’opportunità non è stata sfruttata. Le cose devono cambiare nel prossimo periodo di programmazione. La politica europea deve sfruttare maggiormente le possibilità legate all’utilizzo dei meccanismi di ingegneria finanziaria come i crediti rotativi. Per il momento è tutto. Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nel redigere questa relazione.

 
  
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  Wojciech Roszkowski, relatore. (PL) Signora Presidente, la riforma della politica strutturale dell’Unione europea per il periodo 2007-2013 ha comportato alcune modifiche dei fondi a livello strutturale e dei principi di distribuzione degli aiuti. La creazione di un nuovo Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, legato alla politica agricola comune, rappresenta un importante cambiamento. Se, nelle prospettive finanziarie per il 2000-2006, i mezzi destinati allo sviluppo rurale erano legati ai Fondi strutturali e alla politica di coesione, separandoli in questo modo dai mezzi destinati alla PAC, nel nuovo quadro finanziario per il 2007-2013 sono diventati parte integrante di una rubrica collegata alla PAC. A seguito di tali modifiche, è opportuno chiedersi se questa separazione dei fondi abbia realmente consentito di migliorare l’efficacia dei fondi disponibili.

Il fatto di collegare i fondi della PAC ai mezzi destinati allo sviluppo rurale non è che una semplificazione apparente della struttura del bilancio. In realtà, ciò contribuisce a far sì che mezzi destinati a obiettivi non agricoli siano separati dalla politica di coesione e, di conseguenza, che alcuni obiettivi diano luogo a ripetizioni o siano semplicemente negati in ciascun ambito. Vi è un rischio che i mezzi disponibili nell’ambito della politica regionale siano utilizzati in gran parte per lo sviluppo della competitività economica concentrata nei centri urbani più importanti o nelle regioni più dinamiche, mentre il fondo per lo sviluppo rurale è destinato principalmente a un miglioramento non prettamente agricolo, ovvero al miglioramento della competitività dell’agricoltura. In queste circostanze, le spese destinate al sostegno delle attività non agricole e dello sviluppo delle PMI nelle zone rurali potrebbero trovarsi nel punto di convergenza tra i due fondi, senza essere coperte da nessuno dei due.

La mancanza di mezzi potrebbe essere percepita anche nei servizi pubblici di base e negli investimenti destinati alle infrastrutture nelle zone rurali, ambiti in cui il Fondo di coesione dovrebbe apportare ugualmente il suo contributo. Alla luce di ciò, l’elaborazione di una strategia trasparente per le aree rurali a lungo termine a livello sia degli Stati membri che regionale riveste un’importanza fondamentale se si vogliono identificare chiaramente le priorità e gli obiettivi in materia di sviluppo rurale e, di conseguenza, adattare gli aiuti provenienti da fonti disponibili diverse. L’associazione del secondo pilastro alle politiche di coesione richiederebbe tuttavia un coordinamento diretto delle azioni su scala nazionale.

Finora, la nozione di zone rurali non è stata ancora definita in modo preciso. Le zone rurali tradizionali si differenziano dalle zone urbane per la minore densità di popolazione, per la diversa struttura d’impiego, per il reddito inferiore e per l’accesso più limitato alle strade pubbliche. Dal punto di vista della coesione territoriale che, ripeto, a sua volta non è stata adeguatamente definita, una minore densità di popolazione non dovrebbe rappresentare una caratteristica determinante.

La modernizzazione della struttura sociale, ivi inclusa la struttura d’impiego, costituisce uno degli obiettivi di sviluppo dell’Unione europea. La coesione territoriale può pertanto essere rinforzata mediante il ravvicinamento delle strutture d’impiego rurali e urbane. Le principali sfide in materia di coesione territoriale, comunque, rimangono il livello di reddito e l’accesso ai beni pubblici, mentre il sostegno delle attività non agricole nelle regioni rurali rappresenta il metodo più efficace per realizzare questi obiettivi. Lo sviluppo rurale non dovrebbe tuttavia comportare una diminuzione dei mezzi destinati agli aiuti diretti all’agricoltura.

La difficoltà collegata all’attuazione della politica di sviluppo rurale risiede nella sovrapposizione tra le politiche settoriali e la politica di coesione territoriale, così come tra le dimensioni economiche e sociali, e pertanto le attività precedentemente svolte si sono concentrate sulla separazione dei poteri, e non sulla creazione di sinergie. L’obiettivo del coordinamento dovrebbe invece essere proprio la creazione di sinergie nell’utilizzo dei fondi. Nei diversi Stati membri, esistono varie modalità di coordinamento di queste attività. Al momento attuale è difficile affermare che la soluzione di un paese possa rappresentare un modello per gli altri paesi. Pare effettivamente che la volontà politica sia l’unica chiave di successo in questo ambito, piuttosto che una o l’altra soluzione organizzativa. Questo è anche il motivo per cui potrebbe essere utile applicare il metodo di coordinamento aperto su scala comunitaria a questo aspetto della cooperazione.

È tuttavia opportuno sottolineare che la politica di sviluppo rurale esercita un notevole impatto sulla coesione territoriale. Per questo non sembra opportuno separare le attività previste da questa politica dalla politica di coesione e dalle misure di sviluppo regionale. Questa politica può contribuire, in modo più efficace della PAC, a risolvere alcuni problemi di sviluppo rurale che non riguardano il settore agricolo, almeno in materia di aiuti alla riconversione professionale delle risorse umane verso altri settori economici. Ciononostante, la politica di sviluppo rurale non potrà essere integrata alla politica di coesione se gli opportuni fondi non saranno destinati allo sviluppo rurale.

 
  
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  Miroslav Mikolášik, relatore. (EN) Signora Presidente, prima di aprire la discussione inerente alla relazione sull’attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013, colgo l’opportunità per ringraziare la Commissione di avere fornito una solida base su cui lavorare, ovvero una comunicazione concreta e le schede nazionali. Ringrazio soprattutto chi ha collaborato con me alla stesura della relazione, in particolare la signora Stoian, consulente del PPE-DE e il signor Chopin, amministratore della commissione: entrambi si sono dedicati a lungo a questa relazione.

Farà una breve sintesi sulla stesura del documento lo scorso mese ha ottenuto, con solo alcuni compromessi, il pieno sostegno della commissione per lo sviluppo regionale. Come forse già sapete, l’obiettivo della presente relazione è mostrare il modo in cui gli Stati membri hanno inteso e seguito gli orientamenti strategici comunitari del 2006 in materia di coesione nella formulazione dei rispettivi 27 quadri di riferimento strategico nazionali e dei 429 programmi operativi atti a rispondere ai loro specifici vincoli e requisiti.

Pertanto ho deciso di basare la relazione su tre principali documenti: la comunicazione della Commissione, le 27 schede nazionali fornite dalla Commissione e la decisione del Consiglio del 2006 sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione, che rappresenta un quadro indicativo per gli Stati membri ai fini dell’elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali e dei programmi operativi per il periodo 2007-2013.

Le tre principali priorità chiaramente indicate nella succitata decisione del Consiglio sono rendere l’Europa e le sue regioni più attraenti per gli investimenti e l’occupazione, promuovere la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita e attirare più persone nel mondo del lavoro o in attività imprenditoriali per creare posti di lavoro migliori e più numerosi.

Prima di condividere con voi quanto da me osservato nella stesura della relazione, è importante sottolineare che la portata è in parte limitata dal fatto che i programmi operativi sono stati approvati solo a giugno 2008, e che occorrerà almeno un anno prima di potere valutare qualsiasi reale progresso nella loro attuazione. Tuttavia, posso già affermare che le priorità generali sono state rispettate da tutti gli Stati membri, con caratteristiche specifiche imposte dal relativo livello di sviluppo economico e territoriale.

E’ importante anche notare che potrebbero essere per certi versi modificate concentrandosi sempre più sugli investimenti nei settori più urgenti e caratterizzati da un potenziale di crescita immediata nell’ambito del piano europeo di ripresa economica, ovvero la risposta comunitaria alla crisi finanziaria globale, e dall’attuale rallentamento dell’economia. In altre parole è importante ricordare che ogni Stato membro, e ancor più le regioni, hanno esigenze diverse legate alla propria posizione geografica e al proprio sviluppo economico e istituzionale. Di conseguenza le relative strategie ad hoc in materia di coesione nazionale riportate nel programma operativo indubbiamente variano in maniera significativa a seconda delle esigenze.

E’ risaputo che il regolamento generale sul Fondo europeo per lo sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione prevede che gli Stati membri stanzino il 60 per cento della spesa totale per l’obiettivo di coesione e il 75 per cento per l’obiettivo relativo alla competitività regionale e all’occupazione. Tuttavia, sono lieto di vedere che gli sforzi compiuti dalle autorità nazionali hanno garantito uno stanziamento medio della spesa per la realizzazione dell’agenda di Lisbona pari al 65 per cento – una percentuale maggiore ai fondi disponibili nelle regioni dell’obiettivo di convergenza – e all’82 per cento nelle regioni dell’obiettivo di competitività regionale e occupazione, che a sua volta supera quanto inizialmente richiesto.

Vedo che il tempo a mia disposizione è finito. Avevo preparato molto di più, ma terminerò alla fine della discussione.

 
  
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  Zsolt László Becsey, relatore. – (HU) Dopo molti rinvii, eccoci finalmente al grande giorno. Esprimo la mia gratitudine alla Commissione per avere affrontato il tema del microcredito in una relazione separata a novembre 2007, anche se è vero che già quella estate il Parlamento aveva chiesto di affrontare l’argomento. Approvo anche il fatto che la discussione sia coordinata dal commissario responsabile della coesione perché, come sappiamo, si era discusso se dovesse essere coordinata dal commissario per la programmazione finanziaria e il bilancio. L’obiettivo è che gli strumenti comunitari riflettano concretamente le prospettive di coesione.

Mi rammarico, però, che i materiali della Commissione non si siano estesi ai compiti legislativi o incluso proposte legislative; per questo la relazione della commissione per i problemi economici e monetari ha invocato la misura più forte possibile, ovvero l’articolo 39, e chiesto l’adozione di misure giuridiche concrete o interventi organizzativi e finanziari in cinque diversi settori da parte della Commissione.

Colgo l’opportunità per esprimere la mia gratitudine alla relatrice ombra, onorevole De Vits, alla collega, onorevole Baeva, e alla signora Ambruster del segretariato per avere lavorato con tanto entusiasmo.

Perché il microcredito è importante? Da una parte vorremo includere nei programmi nazionali della strategia di Lisbona l’obbligo per gli Stati membri di riferire regolarmente sui progressi compiuti in materia. Solo ciò che è obbligatorio dà risultati.

Dall’altra, e questo è il più grande merito dell’approccio del Commissario, vogliamo includere nuovi gruppi sociali nell’ambito delle attività economiche. A tal fine dobbiamo lanciare una forma di credito che aiuti le persone dotate di poche competenze, prive delle conoscenze immobiliari o collaterali necessarie per il credito delle piccole imprese tradizionali, a entrare nel mercato del lavoro. Coinvolgere questi nuovi segmenti nel mercato del lavoro sarà indispensabile per lo sviluppo sostenibile e per raggiungere il 70 per cento del tasso occupazionale previsto per legge.

Come rivolgersi a queste fasce sociali? Da una parte, come cita anche la relazione, dobbiamo smettere di considerare chi è in difficoltà come se appartenesse a un unico gruppo. Occorre definire i gruppi svantaggiati con maggiore precisione: tra questi i migranti nei paesi occidentali, i rom nelle aree orientali, le persone che vivono in zone rurali o accampamenti e, in generale, le donne.

Eppure, non riusciamo di fatto a raggiungere queste persone con le modalità attuali, ovvero direttamente tramite le reti tradizionali delle banche commerciali, perché queste categorie di destinatari sono sospettose nei confronti di questi strumenti e, come già detto, non sono in grado di integrarsi nel libero mercato. Pertanto, ispirati dall’esempio asiatico trasposto in Europa, occorre erogare prestiti a piccoli gruppi, dopo averne guadagnato la fiducia, basando il credito più sulla fiducia che su garanzie collaterali. L’organizzazione intermediaria, ovviamente, svolge un ruolo importante nel sistema, e deve essere in grado di portare avanti l’attività pur non avendo una licenza per svolgere attività bancaria. Siamo riusciti a farlo in alcuni Stati membri ma non dappertutto è così, motivo per cui dobbiamo coinvolgere organizzazioni non bancarie, compresi istituti finanziari vicini alla popolazione ed estranei al mercato della cartolarizzazione.

E’ stata sollevata la questione di un limite massimo dei tassi di interesse, ed è nostra opinione che nonostante l’elevato costo del credito, la cosa più importante sia un flusso costante di liquidità per chi utilizza il sistema. Per questo motivo sono contrario a introdurre un massimale per gli interessi. In questo caso dobbiamo fare una distinzione tra credito al consumo e microcredito, perché non bisogna confondere le due cose.

Inoltre, è importante creare incentivi a livello nazionale, per stimolare nelle persone il desiderio di diventare microimprenditori con l’aiuto del microcredito, e non di percepire assegni di disoccupazione. Dobbiamo dimostrare solidarietà nella lotta al terrorismo e al riciclaggio del denaro, perché è proprio grazie a un sistema di assistenza che possiamo in qualche modo superare i problemi dovuti alla mancanza di residenza o di un conto corrente, e alla mancanza del capitale di avviamento.

 
  
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  Danuta Hübner, membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, innanzi tutto tengo a ringraziare vivamente gli onorevoli van Nistelrooij, Krehl, Vlasák, Roszkowski, Mikolášik e Becsey per averci dato la possibilità, oggi, di tenere questa discussione, che indubbiamente contribuirà al dibattito sulla futura politica di coesione.

Siamo nel pieno della discussione, come sapete, e le vostre relazioni contengono tante raccomandazioni molto specifiche che considererò contributi importanti in questo dibattito sulla futura politica di coesione. Al tempo stesso in tutte le relazioni appaiono anche molti messaggi importanti.

Il primo è che la politica di coesione è, e deve rimanere, un asse portante per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Unione europea. Questo impegno sarà ancora più pertinente nel periodo successivo alla crisi, quando la creazione di posti di lavoro per colletti verdi sarà il passaporto europeo all’occupazione sostenibile.

In tutte le relazioni è presente anche un altro chiaro messaggio, ovvero che la politica di coesione deve riguardare l’intero territorio europeo, pur continuando a concentrarsi apertamente sul sostegno al processo di recupero dei più poveri. Condivido il vostro parere sull’importanza di dare accesso ai beni pubblici europei in tutte le regioni. La crisi rende ancora più pertinente questo messaggio. Di questi tempi molte regioni sono alla ricerca di nuove modalità e strumenti per adattarsi ai rapidi cambiamenti globali ed evitare di rimanere indietro. Mobilitando le risorse poco sfruttate e sfruttando i vantaggi comparativi, la politica di coesione mira a garantire che tutte le regioni europee, in ritardo o meno, contribuiscano alla crescita economica e al cambiamento globale e alla creazione di posti di lavoro sostenibili, e che tutti i cittadini possano beneficiare del mercato interno.

Anche noi siamo convinti che la geografia sia importante in Europa, ed è uno dei principali motivi per cui abbiamo pubblicato il Libro verde sulla coesione territoriale. Sono molto felice di vedere che concepite la coesione territoriale in maniera molto simile alla mia, ovvero una coesione territoriale che si occupa innanzi tutto di mobilitare il potenziale di sviluppo dei diversi territori. La politica regionale è una politica di sviluppo che aiuta i cittadini e le imprese a sprigionare il potenziale insito nei luoghi in cui vivono e lavorano.

Concordo con voi sulla necessità di migliorare le sinergie e il coordinamento tra tutte le politiche nazionali ed europee aventi un impatto territoriale. In tal senso, la sfida è attribuire un ruolo di primo piano alla coesione territoriale nella messa a punto delle politiche, e non considerarla uno strumento per riparare al danno una volta fatto. Ciò significa, tra le altre cose, che occorre investire di più per collegare le regioni rimaste indietro a quelle più prospere.

E’ chiaro anche il messaggio che lanciate sulla necessità di rafforzare il legame tra mondo urbano e mondo rurale. Considerata l’attuale frammentazione dei fondi, significa anche che dobbiamo meglio capire come razionalizzare le regole e le procedure di tutti i fondi in materia di spese ammissibili, gestione, monitoraggio, obblighi di comunicazione e di gestione finanziaria.

Occorre maggiore flessibilità nel definire i territori in cui sviluppare e attuare programmi sulla politica di coesione. In altre parole, dobbiamo puntare su una politica suddivisa per aree funzionali. Talvolta, ad esempio, dobbiamo considerare le città concentrandoci sui quartieri e talvolta uscire dai confini cittadini, concentrandoci sull’area metropolitana.

Questa geografia funzionale o flessibile non si ferma ai confini nazionali, e la cooperazione oltre i confini nazionali è ovviamente un valore aggiunto europeo e riveste una certa importanza per i cittadini. Esistono ancora ostacoli nel mercato interno europeo, e un grande potenziale inutilizzato nei mercati del lavoro transfrontalieri e nei cluster transnazionali. La strategia del mar Baltico, in corso di definizione, è un buon esempio di quello che intendiamo per area funzionale. La considero un banco di prova per la coesione territoriale, che in un secondo momento potrebbe essere estesa ad altre macroregioni. Ci stiamo lavorando.

Tutte le relazioni evidenziano che la politica di coesione deve rispondere alle nuove sfide quali la demografia, l’energia, il clima e la globalizzazione. Tutte le regioni europee saranno coinvolte in queste nuove sfide ma il loro impatto sarà molto diverso sul territorio europeo, portando spesso a perdite di competitività, occupazione e coesione sociale. Questo potrebbe consolidare le disparità esistenti e crearne di nuove, ma queste sfide possono anche essere trasformate in opportunità. Per farlo dobbiamo continuare a puntare sugli investimenti della politica di coesione nella ricerca e sviluppo, e sull’innovazione nello sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e nella promozione di imprenditorialità e servizi di assistenza alle imprese. Sono fattori fondamentali per dare uno slancio alla competitività sostenibile dell’economia europea e generare crescita e posti di lavoro sostenibili. Sono al cuore della politica di coesione e hanno una forte dimensione territoriale, che richiede soluzioni personalizzate e sostegno politico.

Per rendere più efficiente la gestione dei programmi della politica di coesione – e questa è una preoccupazione comune – occorre rafforzare gli scambi di esperienze e di buone prassi a livello interregionale. La pratica del buon governo deve diffondersi rapidamente in tutta Europa, contribuendo anche a superare le difficoltà nell’attuare i programmi di coesione. Sono d’accordo con voi sul fatto che si debba continuare a riformare l’attuazione delle politiche.

Invocate ulteriori sforzi nella cosiddetta “ingegneria finanziaria” per sfruttare il potenziale del settore privato. Come ben sapete, con un importante cambiamento culturale, abbiamo deciso di integrare con nuovi strumenti il tradizionale approccio basato sul territorio.

Il sostegno che date alla nostra iniziativa sul microcredito è una buona notizia, e vi ringrazio di cuore. Sono convinta che la messa a punto di programmi di microcredito sia fondamentale per lo sviluppo sostenibile e la competitività delle regioni e delle città europee. Ciò prevede l’adozione di misure a tutti i livelli. Valuteremo nuove modalità per rafforzare questo strumento in futuro.

Chiedete inoltre il rafforzamento dei principi fondamentali della politica di coesione quali il partenariato, la governance multilivello e la trasparenza, e appoggio pienamente questa richiesta. Sfruttando le conoscenze locali, coinvolgendo tutte le parti interessate in loco e migliorando la visibilità della politica di coesione europea, sicuramente miglioreremo l’impatto e la qualità degli investimenti nella coesione europea.

Rinnovo i ringraziamenti per il vostro continuo impegno nel rendere più efficace ed efficiente la politica di coesione in futuro.

 
  
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  Gary Titley, relatore per parere della commissione per i bilanci. (EN) Signora Presidente, voglio solo concentrarmi sul tema del microcredito, che la commissione per i bilanci sostiene pienamente perché aiuterà le persone che non hanno accesso alle normali fonti di finanziamento, quelle stesse persone che adesso hanno bisogno di aiuto. Accogliamo con favore anche l’iniziativa JASMINE della Commissione.

Tuttavia vorremo fare alcune considerazioni. In primo luogo i fondi devono essere utilizzati solo nei casi in cui altre fonti si rivelano inadeguate perché eccessivamente rischiose o scarsamente redditizie. In secondo luogo, devono essere usati anche per apportare finanziamenti privati. Inoltre, visti i diversi approcci usati dagli Stati membri, vorremmo vedere se è fattibile dotarsi di un quadro comunitario per gli istituti microfinanziari non bancari. Vorremmo anche valutare se i limiti massimi dei tassi di interesse, presenti in alcuni paesi, sono adeguati in queste circostanze.

A più lungo termine vorremmo spingerci oltre l’utilizzo dei Fondi strutturali in questa importante iniziativa, perché alcune persone bisognose di aiuto non si trovano nelle zone che traggono sostegno dai Fondi strutturali.

 
  
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  Nathalie Griesbeck, relatore per parere della commissione per i bilanci. – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, oggi sono all’esame cinque documenti molto importanti sulla politica di coesione che, vi ricordo, da qualche mese costituisce la prima voce del nostro bilancio. Questo è indubbiamente un segnale forte che lanciamo alle future istituzioni rinnovate: al Parlamento, ovviamente, ma anche alla Commissione.

Indubbiamente gli strumenti di coesione, e soprattutto i fondi, devono rappresentare un vero e proprio valore aggiunto europeo per i nostri concittadini, ma oggi, considerando la profonda crisi che colpisce l’Europa, devono essere più reattivi e più adeguati soprattutto alle realtà urbane. Saluto in particolare il lavoro svolto sul piano per l’assistenza abitativa poiché la casa, dopo il lavoro, è la seconda priorità per i cittadini.

In realtà non si tratta sempre di una questione di soldi, perché i fondi ci sono, ma di quello che potrei definire un rallentamento “strutturale” – a volte nella gestione dello Stato, a volte nell’inerzia amministrativa e a volte, purtroppo, in entrambi – che ostacola questo impatto di cui sempre parliamo, essenziale per le nostre regioni e i nostri cittadini. Può finire per sembrare – è il colmo – controproducente.

In qualità di relatrice permanente per i Fondi strutturali nella commissione per i bilanci, insisto più che mai, in questa crisi, sulla necessità di semplificare, chiarire e dare una realtà politica concreta a questi soldi europei.

 
  
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  Atanas Paparizov, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.(BG) Signora Presidente, in qualità di relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sull’attuazione del regolamento relativo ai Fondi strutturali, desidero ringraziare l’onorevole Мikolášik per avere riportato nella relazione le conclusioni e i suggerimenti di base avanzati dalla nostra commissione.

In primo luogo, la questione riguarda gli sforzi compiuti dagli Stati membri per associare l’utilizzo dei fondi alla strategia di Lisbona. Al contempo, si sottolinea che le risorse stanziate a favore dell’energia sono estremamente inadeguate, soprattutto nel caso delle risorse destinate alle fonti rinnovabili.

Esortiamo nuovamente la Commissione europea ad aumentare l’importo delle risorse stanziate per il miglioramento dell’efficienza energetica nell’edilizia abitativa dal 3 per cento ad almeno il 5 per cento.

Al tempo stesso, la relazione non risponde alla nostra proposta sui progetti per catturare il biossido di carbonio, benché la scorsa settimana gli Stati membri abbiano convenuto di sostenere 12 progetti in sette paesi per un valore di 1,05 miliardi di euro.

Questo non è assolutamente sufficiente per risolvere i problemi in tutti gli Stati membri interessati a garantire, entro il 2012, le risorse per attuare questi progetti. Ecco perché esorto la Commissione a tenere conto di questo aspetto nella ricerca di risorse, e nell’utilizzo dei fondi stanziati dalla Banca europea per gli investimenti.

 
  
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  Neena Gill, relatore per parere della commissione giuridica. (EN) Signora Presidente, le piccole imprese svolgono un ruolo essenziale nel creare coesione all’interno dell’Unione europea, e l’estensione del microcredito sarà alla base della ripresa economica delle PMI.

La commissione giuridica riconosce che aprire un’azienda può essere un’avventura scoraggiante. L’Unione europea deve adoperarsi di più per fornire adeguata consulenza legale sull’avviamento di un’attività. Lo si potrebbe fare istituendo una rete europea di avvocati disposti a fornire consulenza alle nuove microimprese, inizialmente a titolo gratuito. Occorre intervenire con urgenza per affrontare gli oneri normativi che gravano sulle microimprese e rendere il più accessibili possibile gli istituti microfinanziari.

Abbiamo bisogno più che mai di questo tipo di legislazione che tuttavia, di per sé, non è sufficiente. La Commissione deve assicurare che si trasformi in interventi concreti recepiti immediatamente sul campo, perché questa relazione non riguarda solo l’imprenditoria: il microcredito permette anche la coesione sociale, e incoraggia le persone ad appropriarsi della propria vita e del proprio potenziale. Congratulazioni a tutti i relatori.

 
  
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  Zita Pleštinská, relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (SK) Inizierò ringraziando il collega, l’onorevole Mikolášik, per avere incluso ai punti 12, 16, 17, 18 e 23 della relazione i punti espressi nel parere che ho redatto a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Essi si basano sulla mia esperienza personale in qualità di assessore nella città di Chmelnice e sui suggerimenti dati da associazioni di volontariato, e li considero fondamentali per un utilizzo più efficace e trasparente delle risorse stanziate dai fondi europei.

Sono fermamente convinta che il periodo di programmazione 2007-2013 sarà un fallimento se gli Stati membri non elimineranno gli eccessivi ostacoli amministrativi che hanno scoraggiato le associazioni di volontariato dal richiedere finanziamenti per i progetti, soprattutto quelli incentrati sul sostegno alle donne in difficili condizioni finanziarie, donne profughe, donne appartenenti a minoranze etniche, donne disabili e donne rimaste vittima di stupro o tortura.

Desidero nuovamente esortare gli Stati membri, in particolare quelli che hanno aderito all’Unione europea dopo l’1 maggio 2004, a evitare eccessivi ritardi nel rimborsare i costi di progetti ultimati, perché l’insolvenza derivante da un simile comportamento spesso impedisce ai beneficiari, soprattutto autorità locali e associazioni di volontariato, di continuare con altre attività nei settori di competenza.

La crisi economica registra un impatto persino sull’utilizzo dei soldi concessi dai fondi europei. Il metodo usato per il finanziamento dei progetti è particolarmente inadeguato per le piccole autorità locali, che non hanno possibilità di ottenere sovvenzioni. E’ quindi fondamentale discutere e adottare misure per semplificare il sistema di finanziamento. I rappresentanti delle autorità locali del mio paese, la Slovacchia, insistono che se la legislazione vigente non sarà emendata usufruiranno di molti meno soldi dei Fondi strutturali europei. La mancanza di un’assistenza semplice, efficace e diretta per le piccole autorità locali è un problema molto grave, motivo per cui credo questa relazione darà un contributo all’uso dei Fondi strutturali.

 
  
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  Emmanouil Angelakas, a nome del gruppo PPE-DE. (EL) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, tutte le sei relazioni oggetto della discussione sono importanti poiché riflettono la situazione attuale nella politica regionale e descrivono il modello e le priorità per il periodo successivo al 2013.

Congratulazioni a tutti i relatori per il lavoro svolto. Vorrei commentare, nello specifico, la relazione dell’onorevole Krehl sulle migliori prassi nel settore della politica regionale, di cui sono stato relatore per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, e sottolineare l’ottimo lavoro svolto dalla onorevole collega.

Questa relazione presenta i principali ostacoli al corretto utilizzo dei Fondi strutturali e come possono essere superati, usando una serie di criteri per classificare alcuni progetti e azioni come migliori prassi e facendo riferimento alla mancanza di una definizione comunemente accettata del concetto di migliori prassi.

Parlando di migliori prassi, ritengo estremamente importante che nella relazione siano stati inclusi emendamenti quali:

- la necessità di rafforzare le piccole e medie imprese e di associare la politica regionale all’industria e alla scienza;

- misure per trattenere la popolazione, soprattutto la generazione dei giovani, nelle regioni di appartenenza e fornire assistenza ai genitori che lavorano;

- l’agevole integrazione degli immigrati.

Al tempo stesso, se parliamo di migliori prassi nella politica regionale, dobbiamo tenere conto di alcuni aspetti:

- l’esistenza di caratteristiche geografiche e demografiche specifiche alle regioni;

- la mancanza di uniformità nei modelli di organizzazione regionali degli Stati membri;

- la necessità di suddividere i criteri delle migliori prassi in criteri obbligatori e criteri opzionali;

- la necessità di tenere conto di metodi efficaci già applicati che possano essere definiti migliori prassi.

Due parole sulla relazione dell’onorevole van Nistelrooij sul Libro verde, per rimarcare il buon lavoro svolto e sottolineare che, giustamente, il relatore evidenzia la necessità di una consultazione pubblica per trovare una definizione di coesione territoriale comunemente accettata, e il bisogno di considerare zone con caratteristiche particolari in maniera tale che rientrino il più possibile nella coesione territoriale.

 
  
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  Iratxe García Pérez, a nome del gruppo PSE.(ES) Signora Presidente, vorrei iniziare ringraziando i vari relatori per il lavoro svolto, in particolare gli onorevoli Krehl e van Nistelrooij, che hanno permesso di raggiungere un ampio consenso nella nostra commissione. Dobbiamo inoltre rallegrarci del Libro verde sulla coesione territoriale della Commissione europea, che pone in primo piano questioni importanti.

Da un lato, la politica di coesione è un importante strumento per garantire lo sviluppo equilibrato dell’Unione europea, respingendo qualsiasi tentativo di rinazionalizzare queste politiche. Si integra il nuovo concetto di coesione territoriale, motivo per cui è stato avviato un processo di consultazione – ora in fase conclusiva – di cui si deve tenere conto, adattato alle nuove sfide quali gli effetti della globalizzazione, i cambiamenti climatici e i cambiamenti demografici.

I dati dell’ultima relazione sulla coesione evidenziano che, nonostante le differenze tra regioni stiano diminuendo e si stia quindi adempiendo al principio di convergenza, ora ci troviamo di fronte a un’altra realtà, ovvero la persistenza delle differenze intraregionali. Per questo, nel determinare i criteri di ammissibilità dei fondi, è necessario considerare la possibilità di tenere conto di alcuni aspetti che non siano esclusivamente il reddito pro capite.

Inoltre, nell’integrazione del concetto “territoriale” dobbiamo essere coscienti della necessità di prendere in considerazione le caratteristiche specifiche di alcune regioni quali gli svantaggi geografici, la posizione ultraperiferica o i processi di spopolamento in determinate regioni.

La coesione è uno dei successi più evidenti del progetto europeo. La Spagna ne è stata un chiaro esempio con lo sviluppo economico e sociale che ha registrato. Questa è la direzione che dobbiamo seguire per garantire pari opportunità a tutti gli europei, a prescindere dalla zona in cui vivono.

L’Unione europea si compone di un’ampia gamma di regioni, caratterizzate da differenze che le arricchiscono e danno senso a questo progetto. Tuttavia, se dobbiamo insistere su qualcosa nella politica di coesione, dobbiamo farlo sulla necessità di fornire alle nostre regioni tutti gli strumenti che diano loro pari opportunità di accesso allo sviluppo e alla crescita.

 
  
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  Grażyna Staniszewska, a nome del gruppo ALDE. (PL) Signora Presidente, vorrei commentare due relazioni in particolare: la relazione sulla coesione territoriale e quella sullo scambio delle buone prassi. I colleghi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa si occuperanno delle altre questioni.

La relazione van Nistelrooij risponde al Libro verde sulla coesione territoriale pubblicato dalla Commissione. Conveniamo tutti sulla necessità di integrare il dibattito iniziato sulla futura politica di coesione alla dimensione territoriale. Ma c’è un paradosso: discutiamo della coesione territoriale senza definirne il significato.

Vogliamo che la dimensione territoriale contribuisca a raggiungere uno sviluppo più equilibrato di quanto fatto sinora, cosicché tutti i cittadini dell’Unione europea possano avere uguale accesso, in particolare, ai servizi. Ad oggi, però, manca una precisa serie di criteri cui fare riferimento. Eppure, questo è di fondamentale importanza per il futuro. La discussione sulla coesione territoriale nell’Unione europea non ha più senso se non viene elaborata una definizione coerente.

Raggiungere la coesione territoriale significa garantire il migliore sviluppo possibile su tutto il territorio della Comunità, e migliorare le vite dei cittadini. Come sancito nella relazione, scopo della coesione territoriale è soprattutto uniformare le disparità nel livello di sviluppo delle singole regioni e Stati membri e, in particolare, eliminare le crescenti disparità all’interno di regioni e paesi.

Più si ridurrà il divario tra singoli Stati, più si avrà una differenziazione interna. Gran parte degli investimenti e dei finanziamenti si riversano nelle capitali regionali e nazionali a spese di altri territori, e gli Stati membri non possono o non vogliono opporsi a questo. In tale situazione è necessario creare meccanismi a livello comunitario che stimolino efficacemente uno sviluppo più equo e sostenibile.

A mio avviso dovremmo analizzare i dati statistici di NUTS3, e non solo di NUTS2. I dati NUTS3 presentano il problema con molta più chiarezza. Dovremmo tenerne conto nello stanziamento dei fondi. Il processo per giungere alla coesione territoriale deve essere attuato tenendo conto del principio di sussidiarietà a tutti i livelli: europeo, nazionale e regionale.

Lo scambio di buone prassi è di fondamentale importanza. L’efficacia della politica di coesione dipende in gran parte dalla semplificazione delle procedure e, in particolare, dalla conoscenza delle opportunità offerte dalle soluzioni più efficaci usate altrove.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. (PL) Signora Presidente, la discussione verte sullo sviluppo regionale e sulla politica di coesione, questioni importanti per l’intera Comunità. Ciò è legato alla presenza di un’enorme disparità tra le regioni in termini di ricchezza, che supera il livello di 10:1. E’ quindi nell’interesse dei cittadini dell’Unione europea sfruttare tutte le opportunità per dimostrare l’effettiva solidarietà degli europei.

Ciò non significa assolutamente che tutti debbano ricevere le stesse cose, bensì che a tutti devono essere concesse pari opportunità. Tale principio si deve applicare ai residenti degli agglomerati urbani e a chi vive nelle zone rurali, alle persone che vivono al centro dell’Europa e a chi vive nelle aree periferiche, ai più giovani e agli anziani. Dobbiamo dimostrarci innovativi in questo senso, pensando al presente e al futuro.

Oggi abbiamo dinanzi a noi sei eccellenti relazioni. E’ un peccato che le stiamo discutendo tutte insieme. Mi congratulo con gli autori. Ci terrei che le nostre attività fossero utili a questa vera Comunità europea, a questa unità, e che ogni euro fosse speso per una buona causa, non perché i ricchi diventino ancora più ricchi …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, nel suo intervento di oggi, signora Commissario, ha citato il contributo della politica di coesione alla protezione del clima. Mi rallegro di questo cambiamento di prospettiva, perché non viene messo in risalto nel Libro verde sulla coesione territoriale. Perché no, vista la crisi climatica che ci troviamo ad affrontare?

Il contributo dei Fondi strutturali europei alla trasformazione ambientale è un futuro tema della coesione territoriale. Il documento “Regioni 2020” pubblicato dalla Commissione rivela che i cambiamenti climatici hanno avuto un forte impatto su molte regioni europee. E’ quindi necessario un cambiamento di rotta. I Fondi strutturali devono essere usati solo per sostenere progetti sostenibili. Progetti e programmi dannosi per il clima, molti dei quali approvati in passato, non devono più essere autorizzati. I fondi dell’Unione europea non devono essere utilizzati per promuovere programmi e progetti dannosi per il clima. Perché non lo fate?

La seconda questione riguarda l’attuazione del principio di partenariato. Signora Commissario, lei ha affermato che le conoscenze locali sono una base importante per uno sviluppo positivo. Perché, ciononostante, avete approvato programmi operativi che trascuravano completamente il principio di partenariato, e in cui i partner dichiaravano di non essere coinvolti? Non ha risposto a questa domanda. Le conoscenze locali di base sono, per noi, una risorsa. Se continuate a ignorare il fatto che gli Stati membri si dimenticano completamente del principio di partenariato e, nonostante questo, li sovvenzionate, violerete il regolamento sui Fondi strutturali.

Non ha assolutamente citato nella relazione, che è alla base della relazione Mikolášik, che molti Stati membri non hanno osservato il principio di partenariato. Non ha tenuto conto delle relazioni dei partner. Perché rimanere zitti su questo punto?

A questo punto è chiaro che necessitiamo di una nuova dimensione per i Fondi strutturali, che devono basarsi su principi ambientali e democratici, sfruttare le conoscenze locali e rispettare il principio di partenariato.

 
  
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  Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL.(PT) Intendiamoci: i trattati affermano che, per promuovere uno sviluppo armonioso di tutta la Comunità, essa deve sviluppare e perseguire azioni volte a rafforzare la coesione economica e sociale, cercando di ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e l’arretratezza delle regioni o isole meno favorite, comprese le aree rurali.

Di conseguenza, in questo dibattito sul futuro della politica di coesione, cui si deve integrare la cosiddetta dimensione della coesione territoriale, occorre sottolineare i seguenti principi essenziali.

Primo, l’obiettivo primario e principale della politica strutturale deve essere la promozione della convergenza reale, che funga da strumento di ridistribuzione dei costi, delle disuguaglianze e delle asimmetrie causate dal mercato interno, dall’unione economia e monetaria e dalla liberalizzazione del commercio mondiale, per i paesi e regioni dell’Unione europea economicamente meno sviluppati.

Secondo, la cosiddetta competitività non può sostituire la convergenza negli Stati membri e regioni in ritardo sullo sviluppo socioeconomico. Per questo la politica di coesione e le risorse finanziarie ad essa associate non devono essere subordinate alla concorrenza e alla liberalizzazione propugnate dalla strategia di Lisbona.

Terzo, la cosiddetta coesione territoriale deve contribuire alla coesione economica e sociale. In altre parole, l’obiettivo fondamentale è ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo economico delle varie regioni e l’arretratezza delle regioni meno favorite.

Quarto, i nuovi obiettivi e priorità devono corrispondere alle nuove risorse finanziarie della Comunità, ovvero la cosiddetta coesione territoriale non deve essere finanziata a discapito dell’obiettivo di convergenza.

Quinto, le attuali risorse finanziarie comunitarie per la politica di coesione sono insufficienti per soddisfare le esigenze di una vera e propria convergenza e rispondere alle disparità regionali, agli elevati livelli di disoccupazione, alle differenze di reddito e alla povertà nell’Unione europea.

Sesto, rafforzare il bilancio comunitario per promuovere la coesione economica e sociale è un’esigenza assoluta.

Settimo, la pianificazione e l’assetto territoriale sono di competenza di ciascun Stato membro.

Da ultimo, oltre ad altri importanti aspetti che qui non abbiamo sottolineato, ribadiamo che per le regioni è inaccettabile essere finanziariamente danneggiate dal cosiddetto effetto statistico, motivo per cui occorre adottare misure che annullino questo effetto.

 
  
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  Peter Baco (NI). – (SK) La discussione sul coordinamento della politica di coesione e delle misure per lo sviluppo delle aree rurali è ricca di contraddizioni. Principalmente ciò è dovuto alla sostanziale riduzione di bilancio destinato allo sviluppo rurale, promossa durante la presidenza britannica, che rende impossibile raggiungere gli scopi originali della politica rurale. Il prezzo più alto, però, sarà pagato dalle aree rurali nelle regioni più arretrate dei nuovi Stati membri. La politica agricola comune è quindi diventata, insieme alla discriminazione nei pagamenti diretti, uno strumento per uno sviluppo a due velocità delle aree rurali e, indirettamente, anche delle regioni.

Lo sviluppo reale, di fatto, mostra chiaramente quanto sia assurdo pensare di potere sviluppare le zone rurali con un’agricoltura in declino. Non riusciremo mai a rivitalizzare le regioni meno prospere dell’Unione europea se non garantiremo lo sviluppo delle zone rurali nel quadro originale di bilancio. Lo sviluppo rurale non può essere promosso con improvvise decisioni ad hoc perché si deve basare su un piano a lungo termine, che però non abbiamo. Il ripristino del bilancio destinato allo sviluppo rurale diventa, pertanto, una condizione fondamentale per l’intera politica di coesione.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare i relatori per tutte le eccellenti relazioni e, in particolare, quella di cui sono stato relatore ombra. Ringrazio il relatore della buona collaborazione di cui ha dato prova e del grande lavoro svolto. Non è stato un documento facile da elaborare, ma siamo riusciti a trovare buoni compromessi sui punti fondamentali. Mi rallegro che, ora, se ne stia discutendo.

Lo sviluppo rurale è una questione molto importante e dobbiamo fare in modo che tutti i fondi dell’Unione europea a sua disposizione siano usati e sfruttati nella maniera più efficiente ed efficace possibile. A mio parere, lo sviluppo rurale implica sostenere le comunità agricole attive, in particolare i giovani agricoltori e gli agricoltori che desiderano diversificare la propria attività. I progetti imprenditoriali nelle zone rurali, per essere efficaci, devono concentrarsi sul miglioramento delle infrastrutture e sul sostegno alle piccole e medie imprese.

Questa relazione mira essenzialmente a garantire che i progetti di sviluppo rurale, finanziati dai Fondi strutturali o dal FESR, non si sovrappongano o, nel peggiore dei casi, si lascino sfuggire delle opportunità. Ciò che si evince chiaramente dal documento è la necessità di un migliore coordinamento tra la politica di sviluppo regionale e il FESR.

Non credo, tuttavia, di potere approvare una situazione in cui i fondi sono raccolti attraverso la modulazione e ridistribuiti tramite l’autorità di sviluppo regionale. Se agli agricoltori viene chiesto di contribuire alla PAC occorre garantire che i fondi rientrino nelle tasche delle comunità rurali. Penso che questo aspetto debba essere presente nel secondo pilastro della PAC. Tuttavia, il relatore ha brillantemente aperto un dibattito su questo tema attuale e pertinente. Concordo con lui sui principali aspetti della relazione, ma questa è una questione su cui dovrà decidere il prossimo Parlamento.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE) . – (PL) Signora Presidente, le due ultime adesioni all’Unione europea hanno inasprito fortemente gli squilibri regionali all’interno della Comunità. Ciò porta sempre più a un accentuato fenomeno di “segregazione spaziale” che crea enclavi regionali isolate, soprattutto in zone lontane dai centri di sviluppo costituite principalmente da aree rurali.

Obiettivo prioritario della politica regionale europea è uno sviluppo economico sostenibile ed ecocompatibile e la riduzione delle disparità regionali. A ottobre 2006, il Consiglio ha adottato gli orientamenti strategici in materia di coesione per dare agli Stati membri linee guida nell’elaborazione dei quadri di riferimento strategico nazionali e dei programmi operativi per il 2007-2013.

Le priorità evidenziate in questi documenti rendono l’Europa e le regioni più attraenti a livello di investimenti e posti di lavoro, aumentano il livello di conoscenza e innovazione per la crescita e creano più occupazione di migliore qualità. L’attuazione di queste priorità nei programmi operativi deve consentire alle regioni di affrontare le sfide della globalizzazione, i cambiamenti strutturali, demografici e climatici, nonché dare uno slancio allo sviluppo armonioso e sostenibile a lungo termine delle regioni.

Dobbiamo riconoscere il fatto che tutti gli Stati membri si sono già adoperati per includere nei propri programmi operativi le priorità in linea con gli scopi della strategia di Lisbona. Tuttavia, l’eccessiva lentezza nell’assorbimento dei fondi di pertinenza del nuovo periodo di programmazione, osservata in molti Stati membri, può comprometterne l’effettivo utilizzo.

E’ quindi estremamente importante, soprattutto per i nuovi Stati membri, consolidare le misure volte a promuovere la capacità di sfruttare realmente i fondi a disposizione, sia nelle modalità con cui vengono utilizzati sia con uno scambio delle migliori prassi, campagne informative, scambio di nuove tecnologie e sviluppo dei vari tipi di partenariato, in maniera tale da consentire ai programmi di diventare programmi concreti e di qualità per eliminare efficacemente i ritardi a livello di sviluppo, che costituiscono un problema particolarmente sentito nelle regioni più povere dell’Unione europea.

 
  
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  Elspeth Attwooll (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, parlerò della relazione van Nistelrooij e mi soffermerò su tre punti.

Primo, la coesione territoriale prevede la promozione di uno sviluppo policentrico in tutta l’Unione europea. Ciò significa eliminare le disparità all’interno delle regioni e tra di loro. Si avverte quindi l’esigenza di migliorare l’analisi spaziale e lo sviluppo di indicatori con cui mettere a punto e valutare le politiche e il relativo impatto.

Secondo, deve esistere un approccio integrato, che misuri in anticipo i possibili effetti delle politiche settoriali a livello regionale e il raggiungimento di maggiori sinergie. Sicuramente questa valutazione d’impatto potrebbe prevenire alcuni problemi, come quelli legati all’identificazione elettronica delle pecore in Scozia.

Terzo, un approccio integrato richiede un’adeguata governance multilivello, che coinvolga tutte le parti interessate nella messa a punto e attuazione di strategie.

Le parole espresse a tale riguardo dal Commissario sono state molto gradite, e spero che questa eccellente relazione riscuota un forte sostegno.

 
  
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  Giovanni Robusti (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Roszkowski evidenzia la disparità tra le diverse aree rurali e tra queste e le aree urbane nella gestione dei fondi strutturali. Il relatore giustamente rileva la necessità di ristabilire coerenza tra FESR e FEASR, anche se forse andrebbe meglio chiarito il termine “coordinamento aperto” che contrasta con le evidenti disparità in atto e gli spazi delle competenze nazionali.

Per una migliore coesione serve trasparenza sui dati e sui pagamenti. Sapere come si distribuiscono le risorse è uno strumento essenziale per fare emergere le distorsioni e correggerle. Purtroppo questa trasparenza non c'è. Nella pratica si assiste alle più varie attività per nascondere dati, per negare accessi e per occultare informazioni e tutto ciò da parte di enti pubblici e degli stessi governi nazionali. La Commissione dice che non è competente e tutto diventa ovattato e impalpabile. Da noi si dice che siamo di fronte a un muro di gomma.

Se non risolveremo questo problema saremo sempre più distanti dai problemi reali che i fondi strutturali dovrebbero risolvere.

 
  
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  Gisela Kallenbach (Verts/ALE) . – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, mi rallegro molto di questo provvidenziale dibattito politico basato sulle relazioni di iniziativa, che ci consentirà di utilizzare lo strumento di solidarietà in maniera più mirata ed efficiente entro al massimo il 2014. E’ per me molto importante anche informare i cittadini europei del valore aggiunto che avrà a livello comunitario.

Per noi è quindi logico respingere tutti i tentativi di rinazionalizzare la politica strutturale. Necessitiamo più che mai di un modello di politica comunitaria in grado di raccogliere le sfide attuali come la globalizzazione, i cambiamenti climatici e il cambiamento demografico. Capiremo se ne usciremo vittoriosi o se ci stiamo illudendo con l’impegno di bilancio per la strategia di Lisbona al più tardi, speriamo, con la realizzazione dell’analisi richiesta.

Siamo arrivati a un bivio: dobbiamo decidere se la coesione territoriale e il vero sviluppo sostenibile siano i simboli della politica europea oppure no. Per prendere questa decisione abbiamo bisogno di molti partner, soprattutto delle città. Per questo motivo vogliamo che i fondi globali siano direttamente indirizzati a questi partner non solo sulla carta, ma anche in concreto. Per quanta importanza si attribuisca alla sussidiarietà, i fondi europei devono essere stanziati in base a criteri vincolanti che, oltre al valore dato alla dimensione urbana, includano un approccio integrato e la realizzazione dei nostri obiettivi climatici. Noi abbiamo già raggiunto un consenso in materia, ma purtroppo non si può dire altrettanto per il voto della commissione per lo sviluppo regionale.

Un’altra osservazione: secondo il piano di ripresa economica della Commissione, lo stanziamento dei Fondi strutturali deve essere semplificato e accelerato. Non ho ancora capito perché ci sia stato bisogno di una crisi per farlo, ma è un segno di speranza. Se l’ampia analisi sui progetti inerenti alle migliori prassi è veramente parte integrante della discussione politica, l’Europa non deve più essere ostacolata nel suo ruolo pionieristico nello sviluppare una politica effettivamente sostenibile.

Ringrazio tutti i relatori per il duro lavoro svolto.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL) . – (EL) Signora Presidente, il mito della convergenza e della coesione tra paesi e regioni dell’Unione europea viene demolito dalla stessa realtà:

- le disuguaglianze economiche e sociali sono in costante aumento;

- le artificiose convergenze statistiche dovute all’adesione dei nuovi Stati membri non possono deludere lavoratori, agricoltori, giovani e donne che assistono al costante peggioramento del proprio tenore di vita;

- lo sviluppo regionale inserito in una logica capitalista non può eliminare i conflitti di classe nel sistema;

- lo sviluppo disomogeneo è insito nel metodo di produzione capitalista, perché l’incentivo a qualsiasi processo di sviluppo è la massimizzazione del capitale;

- le strategie nazionali di coesione e i programmi operativi del quadro strategico nazionale di riferimento 2007-2013 hanno, come i precedenti programmi, uno specifico orientamento classista: obbediscono alla logica antipopolare della strategia di Lisbona e sono adattati ai programmi nazionali di riforma; in altre parole, promuovono le ristrutturazioni capitaliste e contratti di lavoro più flessibili.

In questo modo, l’Unione europea e i governi borghesi sono al servizio del capitale, sia nel periodo della crisi capitalista, facendo pesare tutti gli oneri sulla classe lavorativa, sui lavoratori, sia con il chiaro obiettivo di rendere permanenti le misure contro i lavoratori, per proteggere e aumentare i profitti dei monopoli anche in futuro.

Il nuovo fattore rilevante aggiunto alla sfera della politica di coesione è il concetto di coesione territoriale e, cosa ancora più importante, il Libro verde. La natura reazionaria degli orientamenti all’interno della proposta della Commissione va al di là delle posizioni e delle competenze dell’Unione europea previste dal trattato di Lisbona, come viene ora chiamata l’Euro-Costituzione, e questo è un insulto per i popoli degli Stati membri.

Il Libro verde sulla coesione territoriale descrive come primi settori di intervento dei monopoli la salute, l’istruzione, l’energia e altri servizi, ove l’elemento fondamentale è soprattutto l’accesso alle reti di trasporto.

Il partito comunista greco si oppone categoricamente e respinge fermamente la natura reazionaria della proposta della Commissione relativa alla coesione territoriale.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, la politica di coesione in tutte le sue forme dovrebbe essere l’elemento trainante dell’uguaglianza, e ha riscosso molti successi. Tuttavia, deve essere considerata alla luce di una valutazione a lungo termine del proprio effetto. In questa valutazione la domanda è semplice: le comunità e le persone che vi vivono stanno meglio grazie alle politiche di coesione comunitarie e ai Fondi strutturali su cui poggiano? Analizzando obiettivamente i fatti, probabilmente si scoprirebbe che la risposta immediata è “sì”, ma quella a lungo termine è troppo spesso “no”.

Ci viene detto che gli agricoltori in Irlanda sono stati bravi, ed è vero. Ma allora perché, a lungo termine, sono rimasti così pochi agricoltori e così tanti disoccupati e sottoccupati nelle zone rurali irlandesi? Forse perché i Fondi strutturali e la politica di coesione non si sposavano bene con la PAC? O forse perché non potevano attenuare gli effetti della politica comune della pesca che, per trentacinque anni, ha decimato le comunità costiere irlandesi e il patrimonio ittico nelle acque del nostro paese? Perché, con strade e infrastrutture migliori (per gentile concessione dei fondi europei), Limerick nel sudovest dell’Irlanda sta diventando una zona critica per l’occupazione? E’ forse perché la politica di coesione non sa rispondere alla politica della concorrenza, che permette a un nuovo Stato membro di attirare la Dell, un’industria chiave della zona, con 54 milioni di euro in aiuti di Stato?

La politica di coesione combatte per l’uguaglianza, ma le direttive sulla privatizzazione, come la direttiva postale, hanno portato all’ulteriore cancellazione di servizi in zone scarsamente servite. Il problema può essere che la nostra politica di coesione non è coesa con altre politiche dell’Unione europea sulla concorrenza, la liberalizzazione dei mercati eccetera.

Il segreto è che la coesione non nasce dalle politiche, bensì da principi di base unificanti che devono permeare ogni politica: il rispetto della persona umana, la vera sussidiarietà, la priorità data alle persone più vulnerabili, il rispetto della vita, la gestione responsabile della creazione, l’importanza della famiglia, la dignità del lavoro, la solidarietà e il ruolo centrale del bene comune. Finché tutte le politiche dell’Unione europea saranno guidate da questi principi, i programmi continueranno a essere in conflitto.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Carl Lang (NI).(FR) Signora Presidente, tra il 2007 e il 2013 la politica di coesione rappresenterà la prima voce di spesa dell’Europa di Bruxelles ma questa evoluzione, lungi dal beneficiare le regioni francesi, le penalizzerà. Di fatto, l’aumento della spesa regionale avviene a spese della politica agricola comune, e quindi a spese della Francia. Vediamo che la quota stanziata a favore delle regioni francesi continua a diminuire. Gran parte dei 347 miliardi di euro di Fondi strutturali è destinata all’Europa orientale, distrutta da oltre 40 anni di comunismo.

Già nel 2000 Bruxelles aveva ritirato ai cantoni della regione dell’Hainaut francese i Fondi strutturali concessi nel quadro del vecchio obiettivo I. Oggi la Francia, che contribuisce per il 16 per cento alle entrate di bilancio europee, da sempre di più ma riceve sempre di meno.

Inoltre, questi aiuti regionali non hanno protetto chi è stato colpito dalla crisi economica mondiale perché rientrano nella logica ultraliberale della strategia di Lisbona. Ora più che mai dobbiamo costruire una nuova Europa che dia finalmente protezione economica alle nostre regioni e alle nostre nazioni mediante un’attiva politica di riconquista del mercato interno.

 
  
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  Markus Pieper (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono lieto di avere l’opportunità di discutere più approfonditamente della relazione Roszkowski.

I due ambiti politici affrontati dalla relazione – i Fondi strutturali e il sostegno a favore delle zone rurali – sembrano funzionare bene. Tuttavia, ho l’impressione che in alcuni casi queste due politiche perseguano gli stessi obiettivi. Nei settori demografico, energetico e delle telecomunicazioni troviamo progetti finanziati sia dai Fondi strutturali sia dalla politica di sviluppo rurale, che ambiscono agli stessi obiettivi ma competono a diversi ministeri. Abbiamo molti progetti europei, ma abbiamo anche progetti che danno un valore aggiunto europeo? La mia impressione è che, a volte, non si riesca a vedere il quadro in generale.

Se dovessimo unire progetti di dipartimenti diversi riusciremmo a dare molto di più alle zone rurali, ad esempio infrastrutture energetiche decentralizzate, cablaggio a banda larga su zone molto più estese e infrastrutture idriche transfrontaliere. Abbiamo bisogno di un maggior numero di progetti sostenuti contemporaneamente da più ministeri. Se così fosse non lavoreremmo più su piccola scala, ma riusciremmo a introdurre miglioramenti stabili nelle regioni utilizzando i fondi europei. Dobbiamo rendere vincolanti le condizioni europee per la cooperazione tra dipartimenti; forse dovremmo addirittura considerare seriamente di definire un importo minimo per i progetti.

Ancora un commento sui finanziamenti: a mio avviso, modulazione non è una bella parola. Toglie i pagamenti a titolo di compensazione promessi agli agricoltori, senza concedere ai programmi di sviluppo rurale finanziamenti affidabili. Per tale motivo, in futuro la politica agricola deve essere destinata agli agricoltori con chiari impegni finanziari senza trasferire i fondi altrove. Al tempo stesso, la politica regionale deve essere una politica per le regioni, concentrandosi in particolare sulle regioni rurali e le loro condizioni. Ciò porterà a vere e proprie iniziative europee che, a lungo termine, miglioreranno le nostre regioni.

 
  
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  Evgeni Kirilov (PSE).(BG) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, nella discussione odierna sembra nuovamente esservi un consenso generale sul fatto che la politica di coesione sia utile e necessaria.

Chi di noi è a favore vuole che continui a evolvere e a dare risultati positivi. Per questo credo sia per noi importante rispettare uno dei requisiti fondamentali: la politica di coesione deve essere accessibile alle persone cui è destinata e a chi ne ha bisogno, nello specifico le regioni e i territori in condizioni di arretratezza che incontrano difficoltà nello sviluppo socioeconomico.

La relazione dell’onorevole Krehl elenca una serie di ostacoli ai potenziali beneficiari degli aiuti concessi dai Fondi strutturali. Questi ostacoli, dovuti a difficoltà burocratiche e procedure vaghe e complesse, inducono a errori. Questo scoraggia i beneficiari e alimenta le critiche degli enti di vigilanza.

Per affrontare questa duplice sfida, da un lato dobbiamo collaborare con tutte le istituzioni e gli Stati membri, e dall’altro esorto noi tutti a fare tesoro dell’esperienza acquisita e a concentrarci maggiormente sui risultati positivi nel cercare nuovi modi per superare gli ostacoli.

A tale proposito, le proposte da noi avanzate nella relazione Krehl sulle migliori prassi costituiscono una solida base per le future azioni e misure tese a semplificare le regole e a migliorare lo scambio di informazioni e la comunicazione nell’utilizzo dei Fondi strutturali. La Commissione europea e gli organi direttivi sono nuovamente chiamati a svolgere un ruolo chiave, ma ovviamente devono sapere di avere l’appoggio del Parlamento europeo.

L’onorevole van Nistelrooij ha sottolineato che la politica di coesione è un’espressione di solidarietà. Non ci resta che impegnarci a fondo per fare in modo che i nostri cittadini si rendano veramente conto di beneficiare dei risultati di questa solidarietà. Scopo ultimo della politica di coesione è fornire pari opportunità a tutti i cittadini europei, a prescindere da dove abitano.

 
  
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  Jean Marie Beaupuy (ALDE).(FR) Signora Presidente, signora Commissario, negli ultimi 30 anni abbiamo visto i vantaggi delle diverse politiche di coesione attuate. Dobbiamo sottolineare questi vantaggi alle prossime elezioni, perché sono ovviamente interessanti per i cittadini, che in alcuni casi hanno visto triplicare la qualità della vita, e per le regioni, che dopo essere state in deficit ora registrano grandi progressi. I vantaggi, quindi, sono innegabili.

Oggi, poi, la politica di coesione si è aggiudicata il primo posto nel bilancio dell’Unione europea. Ciò che chiedono questa mattina le sei relazioni, cosa vogliamo ottenere noi deputati europei, è la maggiore efficacia di questi fondi e regolamenti a disposizione dei nostri concittadini.

Signora Commissario, la Commissione ha in mano le chiavi dell’efficacia di questi strumenti e bilanci. Come? Innanzi tutto, se posso permettermi, signora Commissario, perché la conosciamo e sappiamo che ci ascolterà e farà in modo che la Commissione tenga in debito conto le richieste avanzate in queste sei relazioni, e colgo l’opportunità per congratularmi con i sei colleghi che le hanno elaborate.

Signora Commissario, queste relazioni danno risposte estremamente concrete, che si tratti di ambiente urbano, aree rurali, migliori prassi o futura politica di coesione; come sapete, contengono esempi molto specifici che faciliteranno il lavoro della Commissione.

Rimaniamo quindi in attesa di proposte della Commissione su soluzioni specifiche a livello europeo, ma questa è solo metà del lavoro necessario per garantire efficacia. Ecco perché, signora Commissario, le chiediamo anche di sfruttare tutta la sua influenza a livello dei governi, delle regioni e delle autorità locali, perché loro metteranno in pratica le disposizioni, i bilanci e i regolamenti, e noi non saremo efficaci se non lo saranno anche loro.

Contiamo su di lei, signora Commissario, a livello nazionale ed europeo per la buona riuscita delle sei relazioni che presentiamo.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN). - (PL) Signora Presidente, oggigiorno una politica razionale di coesione e di sviluppo rurale fa da importante contraltare alla crescente tendenza al protezionismo nazionale che si registra in Europa. L’attuale sistema di assistenza fornita da una serie di fondi per lo sviluppo rurale è riuscito solo a consolidare, e non a pareggiare, i livelli di sviluppo nelle varie parti dell’Unione europea.

Il risultato è una forte disparità nelle sovvenzioni agricole tra nuovi e vecchi Stati membri, che continuerà dopo il 2013. Tutti gli agricoltori hanno simili costi di produzione, e i servizi agricoli nei nuovi Stati membri stanno aumentando e rapidamente arrivando ai livelli dei vecchi Stati membri. Quindi, che possibilità hanno le zone rurali di uniformare il proprio livello di sviluppo nei prossimi decenni?

Solo grazie a un sostegno stabile e a lungo termine alle comunità locali delle regioni più povere, associato alla massima razionalizzazione delle procedure, sarà possibile eliminare le disparità e ci consentirà di parlare di vera concorrenza nell’Unione europea nel prossimo decennio.

 
  
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  Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, voglio parlare dei finanziamenti destinati alle città e alle aree urbane. Signora Commissario, lei ha visitato Belfast alcune volte. Spero abbia visto, come ho visto io, il grande beneficio derivato dal programma URBAN, soprattutto a Belfast nord. Mi dispiace che il programma si sia concluso, soprattutto perché non è stato sostituito da niente di analogo. Il nuovo interesse per i partenariati tra settore pubblico e privato è un cattivo sostituto, con l’accesso a JESSICA che fa poco per attutire il colpo, almeno fino ad ora. A dire la verità abbiamo abbandonato URBAN senza avere un valido sostituto.

Con l’attuale congiuntura economica viene meno la prospettiva di JESSICA con il suo anticipato effetto moltiplicatore, lasciando uno spazio vuoto in molte città che ancora necessitano di investimenti e di riqualificazione urbana. Il divario tra adesione puramente formale alle strategie governative e la loro effettiva realizzazione si acuisce sempre più ad ogni aumento della pressione fiscale. Di conseguenza si sente sempre più la mancanza di finanziamenti specifici per la spesa urbana nel programma 2007-2015.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Jan Olbrycht (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, bisogna sottolineare che non è un caso se la discussione si è svolta in questo modo e se stiamo discutendo diverse relazioni contemporaneamente. E’ perché non si possono separare gli argomenti né le singole tematiche se vogliamo tenere una seria discussione sulla politica europea dei prossimi anni. Inoltre, se prendiamo in considerazione l’attuale dibattito sul pacchetto di ripresa, ovviamente le decisioni che siamo chiamati a prendere influenzeranno in maniera significativa la struttura della politica di coesione dopo il 2013.

Pertanto, se vogliamo parlare di tutte le relazioni, invece di perderci nei dettagli è importante che la politica di coesione diventi un’opportunità e, al contempo, uno strumento per avanzare concretamente verso l’integrazione dei diversi tipi di politica europea, la complementarietà di queste politiche e la promozione di un approccio integrato. Non è un caso che la Commissione europea stia proponendo soluzioni parallele in grado di cambiare la politica europea nel suo complesso.

La discussione sulla coesione territoriale è fondamentalmente un dibattito sull’azione integrata. E’ un dibattito sul rinunciare a qualsiasi tipo di logica settoriale nella politica europea. Questo orientamento suggerisce anche che l’intero territorio dell’Unione europea deve essere trattato come un tutt’uno, non suddiviso tra parti ricche e parti povere: ciò significa che ci troviamo di fronte a importanti decisioni nella politica di coesione. Desidero ringraziarvi per avere fatto di questa discussione un dibattito congiunto a tutti gli effetti.

 
  
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  Mia De Vits (PSE).(NL) Signora Presidente, innanzi tutto rivolgo le più sentite congratulazioni all’onorevole Becsey e lo ringrazio della valida collaborazione prestata nella stesura della relazione sul microcredito. E’ inutile sottolineare l’importanza di questo documento, soprattutto nelle circostanze attuali. Vorrei poi tracciare un parallelo tra questa relazione e la crisi che affrontiamo. Vediamo gli Stati membri cercare di trascinarsi fuori dal tunnel della crisi economica sfruttando una vasta gamma di misure, spesso concentrati su se stessi e occupati nel risollevare i propri mercati.

La soluzione, però, non è “ognuno per sé”, bensì un approccio di stampo più europeo ai problemi. Gli Stati Uniti del presidente Obama hanno optato per massicci investimenti governativi, e credo che questa sia la giusta direzione. Qui in Europa abbiamo 27 piani di ripresa, quantunque coordinati, ma in ogni caso finanziati dai singoli Stati membri. Questi piani di ripresa sono una necessità, ma anche un passo molto limitato nella giusta direzione.

In tal senso, le relazioni sul microcredito e un’altra relazione che sarà pronta nelle prossime settimane sul fondo di adeguamento alla globalizzazione rappresentano passi molto concreti per i cittadini, soprattutto in un momento come questo caratterizzato da una crescente disoccupazione e da un rallentamento nella concessione dei crediti bancari. Quindi ho molto poco da dire sulla relazione Becsey, ma soprattutto voglio sottolineare nuovamente quelli che crediamo essere i punti più importanti: essi sono stati reintrodotti nella relazione, migliorando in molti casi il testo della Commissione.

Il primo riguarda il finanziamento pubblico europeo a lungo termine. E’ un aspetto importante, perché attualmente vi sono troppe iniziative promosse in parallelo. Il bilancio dell’Unione europea deve includere un bilancio per questi microcrediti.

Il secondo verte sulla necessità di chiarire che i microcrediti sono effettivamente destinati ai disoccupati a lungo termine, alle persone appartenenti alle fasce svantaggiate e a chiunque non sia in grado di ottenere credito attraverso i canali tradizionali. Questi microcrediti sono concessi, in prima battuta, a livello locale. Per tale motivo è molto importante promuovere una politica di attivazione a livello locale. Pertanto insistiamo sul fatto che i beneficiari di prestazioni sociali non perdano il diritto a ricevere microcrediti.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) . – (PL) Signora Presidente, istituire un Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale è molto importante per la politica strutturale. Tuttavia, per sfruttare le opportunità in maniera adeguata, occorre elaborare una strategia trasparente di sviluppo a lungo termine per le aree e le regioni rurali, e creare un sistema che consenta di coordinare con continuità le attività a livello nazionale.

Sappiamo tutti che il dibattito sulla politica di coesione cela molti pareri sulle modalità di utilizzo dei fondi per i contributi all’agricoltura e allo sviluppo rurale. Si teme anche che dopo essere stati ridistribuiti, alcuni fondi saranno usati per sviluppare le zone urbane e le aree più dinamiche a spese di aree storicamente meno sviluppate e gestite meno attivamente. Non possiamo essere d’accordo su soluzioni e risultati di questo tipo.

 
  
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  Ambroise Guellec (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, mi unisco a tutti i colleghi nell’esprimere soddisfazione per la discussione odierna e vorrei concentrare il mio intervento sulla coesione territoriale. Non è mai troppo tardi per fare la cosa giusta; ciononostante, abbiamo perso molto tempo per fare della coesione territoriale un obiettivo politico fondamentale dell’Unione europea. Ovviamente ci sono stati problemi istituzionali, che presto saranno eliminati, spero, oltre – mi scuserà, signora Commissario – all’estrema prudenza usata dalla Commissione in questo frangente. Si noti, tuttavia, che per l’intero mandato parlamentare, dal 2004-2005, il Parlamento ha costantemente cercato di dare una marcia in più, perché attribuiamo estrema importanza al principio di uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini europei, ovunque essi vivano, e crediamo sia fondamentale procedere insieme.

Il Libro verde è finalmente arrivato, e ne siamo lieti. Mi sembra manchi leggermente di ambizione: avremmo voluto che la Commissione desse una definizione e obiettivi chiari invece che fare osservazioni molto aperte sulla questione. Tuttavia stiamo facendo progressi anche se, credo, per certi versi saremo nuovamente ostacolati dal legame eccessivo creato con la strategia di Lisbona durante l’attuazione della precedente generazione di Fondi strutturali.

La consultazione è attualmente in corso e, spero, giungerà alla conclusione che occorre aumentare le risorse, perfezionare gli strumenti – tutto questo dopo il 2013, abbiamo il tempo ma ci arriveremo presto – rafforzare gli strumenti finanziari, sviluppare la cooperazione a diversi livelli, avere una visione integrata dello sviluppo, in particolare riguardo alle politiche settoriali in discussione, coordinare la politica agricola comune e lo sviluppo regionale e così via. Abbiamo bisogno del Libro bianco il più rapidamente possibile, signora Commissario.

Per concludere, sottolineo l’urgenza di promuovere la coesione territoriale in tutte le regioni d’Europa, perché l’uguaglianza territoriale è fondamentale per porre fine alla crisi e raggiungere la ripresa economica e, soprattutto, incoraggiare i nostri concittadini a partecipare ai progetti europei.

 
  
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  Pierre Pribetich (PSE).(FR) Signora Presidente, si crea una bella armonia quando alle parole si uniscono le azioni. Con queste parole, Montaigne pensava indubbiamente alle parole e alle azioni dei politici.

Qui, nella politica di coesione, dobbiamo tendere all’armonia. Ispirati dal nostro desiderio di europei a considerare la città europea un asse principale dello sviluppo delle nostre società, ci vengono proposti spunti di riflessione e promesse per continuare a occuparci di declino generale della popolazione, mancanza di posti di lavoro, inquinamento urbano, mobilità ridotta nelle città e abitazioni inadeguate allo sviluppo sostenibile. Sono tutte sfide cruciali da raccogliere per rendere le città europee attraenti, competitive e luoghi piacevoli in cui vivere. Per ovviare ai problemi, quindi, le nostre parole devono essere in armonia con le nostre azioni. Questo è il senso della dimensione urbana della politica di coesione: coordinare l’efficienza e il credito, armonizzandoli e rendendoli efficaci per il nuovo periodo di programmazione.

Per concludere abbiamo due impegni: la necessità di garantire risorse finanziarie ingenti e chiaramente individuate per raggiungere gli obiettivi di Lipsia e, infine, la necessità di vedere cooperare le nostre città di fronte alla concorrenza mondiale sfruttando la ricchezza e la diversità delle soluzioni nel nostro spazio europeo.

 
  
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  Rolf Berend (PPE-DE). (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la relazione van Nistelrooij sul Libro verde e la futura forma della politica di coesione è indubbiamente uno dei documenti più importanti prodotti negli ultimi anni dalla commissione per lo sviluppo regionale.

Siamo d’accordo sul concetto fondamentale del Libro verde, in base a cui l’obiettivo della coesione territoriale consiste nel garantire lo sviluppo policentrico dell’Unione europea nel suo complesso, lo sviluppo sostenibile di territori con caratteristiche e peculiarità differenti e, al contempo, la salvaguardia della loro diversità. Nel prossimo periodo di programmazione occorre istituire un sistema più esauriente di assistenza graduale transitoria alle regioni che superano la soglia del 75 per cento del prodotto interno lordo, di modo che queste possano avere uno status più chiaro e maggiore sicurezza nel loro sviluppo.

La relazione Krehl sugli ostacoli nell’utilizzo dei Fondi strutturali giustamente elenca i principali problemi incontrati dai richiedenti nella domanda di Fondi strutturali quali l’eccessiva burocrazia, regolamentazioni troppo complesse o l’amministrazione centrale lenta e macchinosa negli Stati membri. Alla Commissione vengono rivolte molte raccomandazioni sulle misure efficaci da adottare per eliminare gli ostacoli. Vorrei evidenziare e ribadire due di queste misure.

Primo, i responsabili dei progetti sono attualmente obbligati a conservare la documentazione relativa al progetto per un periodo di 10 anni allo scopo di poterla esibire in caso di eventuali controlli da parte della Commissione. Tale disposizione impone un onere burocratico eccessivo, in particolare ai progetti di piccole dimensioni. E’ giusto che questo periodo venga adesso limitato a tre anni.

Secondo, i criteri di valutazione usati dalla Commissione per i progetti innovativi causano grossi problemi. Per i progetti innovativi e quelli di altra natura non bisogna applicare gli stessi criteri: in tal caso è fondamentale usare un processo diverso.

 
  
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  Miloš Koterec (PSE). – (SK) La politica di sviluppo regionale dà un chiaro contributo al benessere generale dei cittadini europei. In linea di principio già costituisce una politica sociale e, in quanto tale, noi del gruppo socialista al Parlamento europeo l’appoggiamo pienamente e la sviluppiamo con coerenza. Recentemente mi è stato chiesto da alcune persone presenti a un incontro pubblico perché dovessero darsi la pena di eleggere i rappresentanti al Parlamento europeo. Dopo avere discusso in che misura e in quali settori l’Unione europea contribuisce alle varie regioni europee, offrendo esempi concreti su milioni di persone, la politica di coesione per me è diventata uno dei principali motivi per cui dovremmo votare.

Oltre a ciò ho anche ricordato l’importante ruolo svolto dal Parlamento europeo nell’approvazione della politica di coesione e delle risorse di bilancio, che aumenterà enormemente se entrerà in vigore il trattato di Lisbona. Ho evidenziato che, in base al trattato, la politica regionale avrà un effetto diretto sui cittadini molto più consistente, e che le autorità locali e tutti i potenziali beneficiari assumeranno un ruolo più importante nella gestione delle politiche regionali, sostenendo le relative sinergie e il rafforzamento dello sviluppo della coesione territoriale, comprese le aree rurali. Inoltre, ho affermato che la politica di sviluppo regionale è uno degli strumenti comunitari più semplici e più flessibili per risolvere crisi come quella attuale. La politica regionale, ad esempio, contribuisce a risolvere la disoccupazione, gli investimenti e anche problemi sociali. Se attuata con professionalità e trasparenza, la politica regionale si conferma un forte caposaldo dell’Unione europea. In futuro dovremo insistere molto su questa colonna portante rendendola più efficace, poiché rappresenta un importante punto di contatto tra cittadini europei e istituzioni europee.

 
  
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  Mariela Velichkova Baeva (ALDE).(BG) Quali sono gli obiettivi di base dell’iniziativa sul microcredito? Stimolare lo sviluppo di questo strumento e la formazione di un contesto istituzionale e imprenditoriale positivo, aiutare le istituzioni finanziarie non bancarie a consolidare le proprie capacità, garantire la crescita e lo sviluppo sostenibile, e sviluppare la fiducia dei mercati dei capitali privati.

La relazione Becsey si concentra sulle opportunità offerte dal microcredito per integrare nel mercato del lavoro le categorie svantaggiate. Coordinando le varie misure e iniziative in materia, la Commissione europea deve proporre un quadro europeo generale con parametri specifici anche per istituti finanziari di microcredito e non bancari.

Promuovere l’imprenditoria porta a una maggiore concorrenza e una migliore economia della conoscenza, in linea con la rinnovata strategia di Lisbona.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MORGANTINI
Vicepresidente

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, signora Commissario Hübner, mi rammarico che il Consiglio e la Commissione europea non abbiano ancora elaborato una definizione chiara di coesione territoriale. La presidenza francese ha tentato di farlo e ne sono lieta. Il nostro Parlamento continua a insistere sull’esigenza di rendere tale obiettivo applicabile contestualmente all’entrata in vigore del trattato di Lisbona e darne quanto prima una definizione dettagliata.

Spero che, facendo riferimento all’eccellente relazione dell’onorevole van Nistelrooij, la coesione territoriale diventi la base giuridica su cui fondare uno sviluppo armonioso di tutte le regioni dell’Unione europea consentendo di far emergere le caratteristiche migliori di ciascuna regione europea. E’ fondamentale migliorare il coordinamento delle politiche comunitarie per ottimizzarne l’impatto a livello locale.

La coesione territoriale non deve concentrarsi esclusivamente sulle regioni che soffrono di handicap permanenti. Essa deve seguire lo sviluppo policentrico dell’Unione europea nella sua interezza tenendo conto delle peculiarità di ciascuna regione e tutelandone la diversità. Questo nuovo concetto è a mio avviso rilevante soprattutto in riferimento alle regioni ultraperiferiche per garantire loro una crescita sostenibile ed equilibrata.

In proposito, ringrazio il relatore per aver incluso negli emendamenti di compromesso le richieste relative alle specifiche sfide che tali regioni si trovano a dover affrontare in termini di accessibilità e competitività, poiché questi ultimi sono aspetti vitali della coesione territoriale.

Nel leggere la recente comunicazione della Commissione intitolata “Le regioni ultraperiferiche, una risorsa per l’Europa” ho osservato che la Commissione intende applicare alle regioni ultraperiferiche tutte le raccomandazioni sul miglioramento della governance nella politica di coesione facendone un esempio pionieristico di realizzazione della coesione territoriale.

Spero che le consultazioni d’oltremare, i cosiddetti États généraux de l’Outre-Mer, che si apriranno prossimamente in Francia, muovano nella stessa direzione integrando largamente il notevole impatto territoriale delle politiche europee per le regioni ultraperiferiche, il cui valore aggiunto è innegabile e indiscusso.

Per concludere, vorrei naturalmente ringraziare tutti i relatori.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE). (HU) Signora Presidente, se vogliamo reagire adeguatamente alle sfide con cui l’Unione europea è chiamata a confrontarsi, dobbiamo fare tutto il possibile per annullare definitivamente i divari esistenti in termini economici e condizioni di vita in determinate regioni. A tale proposito, in futuro la politica di coesione europea dovrà concentrarsi sul suo obiettivo originale, vale a dire attuare i necessari cambiamenti strutturali nelle regioni che si trovano a dover affrontare difficoltà di natura socioeconomica.

Per risultare più efficaci in futuro, dobbiamo concentrarci sulle unità territoriali più interessate da tali sfide rielaborando gli schemi della collaborazione economica, processo in cui le macroregioni possono svolgere un ruolo significativo.

Nel contempo è necessario affrontare anche il problema della povertà, che si concentra in determinate aree. Se vogliamo farci promotori di un effettivo cambiamento, dobbiamo poi concentrarci sul livello al quale si pone il problema. In altre parole, servono misure complesse e mirate anche a un livello inferiore rispetto a quello regionale. Non basta finanziare i progetti: serve una strategia integrata che coinvolga tutti i fondi e offra un’assistenza concreta ai cittadini più vulnerabili dell’Unione europea.

 
  
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  Rumiana Jeleva (PPE-DE).(BG) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la politica di coesione è una componente fondamentale dell’Unione europea. Per decenni essa è stata lo specchio del desiderio comune di tutti i cittadini europei di poter beneficiare di un futuro migliore con una qualità di vita e lavoro superiore.

I risultati della politica di coesione mostrano che essa è una delle politiche comunitarie di maggior successo. Alcuni Stati membri dell’Unione che in passato risultavano molto meno sviluppati rispetto alla media europea sono oggi tra i paesi più sviluppati del mondo. Questi elementi contribuiscono a dimostrare l’efficacia della politica di coesione e rappresentano un incentivo per gli Stati che hanno recentemente aderito alla Comunità, come per esempio la Bulgaria.

Il popolo bulgaro ha atteso a lungo di entrare a far parte a pieno titolo dell’Unione europea e ripone giustamente le proprie speranze nelle opportunità offerte dai fondi strutturali e dal fondo di coesione. Credo di parlare a nome di tutti nel ringraziare il commissario Hübner per gli enormi sforzi profusi in materia di sviluppo regionale e il suo sostegno deciso alla politica di coesione.

Le cinque relazioni elaborate dalla commissione per lo sviluppo regionale mettono in luce anche l’impegno di lungo periodo del Parlamento europeo per una politica di coesione forte ed efficace. Onorevoli colleghi, oltre a dover affrontare la crisi finanziaria, oggi dobbiamo gestire i problemi derivanti dai cambiamenti climatici e demografici, quelli riguardanti l’efficienza energetica e l’eccessiva urbanizzazione, le migrazioni e altre questioni.

In tutti questi ambiti serve una risposta forte e consolidata da parte dell’Unione europea, ragion per cui la politica di coesione deve essere usata come forza trainante per realizzare i necessari cambiamenti. Una delle sfide che l’Unione europea si trova a dover attualmente affrontare è, per esempio, la riduzione della dipendenza esterna per il petrolio e il gas.

Onorevoli colleghi, la politica di coesione e i fondi strutturali non sono mai stati solo un semplice gesto di solidarietà europea. Essi sono, di fatto, una componente di un sistema di reciproco vantaggio che può essere sfruttato per creare nuovi mercati e nuove relazioni commerciali. Concluderò ricordando che ciascun cittadino ha il diritto di beneficiare della politica di coesione. Questo vale ovviamente anche per i cittadini del mio paese, che meritano condizioni di vita e di lavoro migliori.

 
  
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  Jamila Madeira (PSE).(PT) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei in primo luogo ringraziare tutti per il lavoro svolto.

I tre concetti fondamentali definiti nel Libro verde – concentrazione, collegamento e cooperazione – possono contribuire a rimuovere alcuni ostacoli allo sviluppo armonioso della Comunità, in particolare per quanto concerne gli effetti negativi correlati alla concentrazione dell’attività economica, le disparità in termini di accesso ai mercati e ai servizi causate dalla distanza e le divisioni che sono imposte dai confini non solo tra Stati membri, in particolare quelli meno favoriti, ma anche tra regioni.

Dobbiamo quindi cercare di migliorare le sinergie tra queste politiche ed elaborare metodi per misurarne efficacemente l’impatto territoriale. E’ proprio per questo che ho sempre sostenuto l’elaborazione di ulteriori indicatori qualitativi che consentano una migliore definizione e attuazione delle politiche corrispondenti sul campo tenendo debitamente conto delle diverse specificità territoriali.

A oggi il prodotto interno lordo è ancora l’unico criterio per stabilire se un paese abbia il diritto di ricevere sostegno attraverso i fondi strutturali.

Tuttavia, l’elaborazione di ulteriori indicatori e lo svolgimento di valutazioni territoriali non dovrebbero comportare un incremento della burocrazia o maggiori ritardi, ma piuttosto condurre a un’applicazione semplificata delle nuove politiche e azioni a sostegno della coesione territoriale.

La quinta relazione sui progressi compiuti – sto per concludere, signora Presidente – fa esplicito riferimento alle regioni in transizione, collocate fra le “regioni dell’obiettivo convergenza” e le “regioni dell’obiettivo competitività e occupazione”. Va ricordato che tali regioni hanno bisogno di uno status più chiaro, maggiore sicurezza e stabilità nel loro sviluppo.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE) . – (RO) Signora Presidente, vorrei ringraziare tutti i relatori per aver composto il pacchetto per lo sviluppo regionale complimentandomi in particolare con l’onorevole van Nistelrooij per gli straordinari sforzi profusi. Egli è riuscito a includere nella proposta di risoluzione l’esigenza degli Stati membri di attuare misure tese a conseguire la coesione territoriale.

Il Libro verde contribuisce inoltre a evidenziare che, al di là della coesione economica e sociale, la politica di coesione territoriale rappresenta uno dei principali obiettivi dell’Unione europea. Se mancherà un coordinamento attraverso una politica comunitaria unica, le regioni europee si svilupperanno in modi diversi.

La coesione territoriale è un fattore chiave nel processo di integrazione europea e convergenza interregionale. Credo che sia necessario rivolgere particolare attenzione alle regioni europee della convergenza, sia oggi sia in futuro, per attenuare quanto prima le forti disparità regionali.

Nel caso del mio paese, la Romania, sono stati compiuti grandi progressi nello sviluppo delle sue regioni, ma ci troviamo a dover affrontare disparità sia interregionali sia intraregionali, oltre a quelle tra zone rurali e urbane.

Per realizzare uno sviluppo regionale sostenibile ed equilibrato, è necessario creare le condizioni per utilizzare efficacemente le risorse specifiche di ciascuna area. Per esempio, uno dei principali aspetti della Romania occidentale è la presenza di diverse fonti di acqua geotermica. Destinare a questa regione fondi sufficienti per generare una fonte alternativa di energia elettrica utilizzando a tal fine l’acqua geotermica consentirà di creare nuovi posti di lavoro e ottenere svariati vantaggi economici.

Ritengo che il pacchetto oggi in esame sia particolarmente importante anche per la Romania.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE).(PL) Signora Presidente, la politica di coesione è il pilastro portante del processo di integrazione. Disporre di una politica di coesione che funzioni correttamente è un requisito necessario per conseguire la coesione territoriale, sociale ed economica dell’Unione europea. Oggi per noi la sfida principale è realizzare rapidamente la riforma delle basi su cui poggia il funzionamento della politica europea snellendo e rendendo più flessibili le complesse procedure di attuazione dei progetti e le regole di finanziamento.

Lo sviluppo di un concetto interregionale e lo scambio delle migliori prassi vengono oggi inseriti nei piani di riforma della politica di coesione completandola in modo eccellente. Per questo la Commissione europea dovrebbe formulare quanto prima una proposta concreta sulla possibilità di uno scambio di esperienze tra gli enti responsabili dell’attuazione dei progetti.

A mio parere nessuno degli Stati rappresentati in quest’Aula ha bisogno di essere persuaso del fatto che, di fronte a una crisi economica e finanziaria, i fondi strutturali sono uno strumento decisivo per stimolare l’economia a livello regionale. E’ quindi importante semplificare le procedure e accelerare l’afflusso dei fondi alle economie degli Stati membri. I progetti europei sono un modo per creare posti di lavoro nuovi e sostenibili, oltre che un’occasione per chi versa nelle situazioni di maggiore difficoltà e le regioni più povere dell’Unione europea.

La politica di coesione dovrebbe anche essere uno strumento per far fronte a nuove sfide, come la politica energetica comune e i cambiamenti climatici.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signora Presidente, la politica di coesione è spesso considerata il migliore esempio di solidarietà all’interno dell’Unione. Livellare le differenze di sviluppo tra i singoli paesi e le regioni europee è nell’interesse di tutta l’Unione europea. A mio avviso nel Libro verde la Commissione elabora una diagnosi accurata delle sfide che la politica di coesione comunitaria oggi è chiamata ad affrontare.

La Commissione tratta poi le specifiche esigenze di sostegno alle regioni con una particolare natura geografica come le regioni montane o le zone agricole svantaggiate, che meritano un sostegno deciso. E’ importante specialmente coordinare e pianificare in maniera appropriata il sostegno alle zone rurali, dove lo sviluppo economico e la densità demografica sono minori, l’accesso a tutti i tipi di servizi pubblici è inadeguato e le opportunità lavorative al di fuori del settore agricolo sono limitate. Esiste poi una forte disparità tra le diverse zone rurali all’interno dei singoli Stati membri e nel confronto tra zone rurali ed urbane le discrepanze sono anche maggiori.

I previsti incrementi degli stanziamenti per lo sviluppo delle zone rurali sono stati oggetto di forti critiche nell’attuale documento sulla prospettiva finanziaria. Vorrei ricordare a tutti voi che la politica di sviluppo rurale e i relativi stanziamenti contribuiscono a mantenere vive queste aree e ad agevolare la vita di quanti vi abitano. Per concludere, il documento della Commissione, le relazioni e il dibattito odierno muovono tutti nella giusta direzione.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE).(PT) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto complimentarmi con gli onorevoli Krehl e van Nistelrooij per le loro relazioni e la loro disponibilità ad accogliere i contributi dei colleghi. In tali relazioni si riconosce l’importanza delle migliori prassi, che sono un fattore di sinergia, soprattutto nei settori ambientale, energetico e occupazionale, e si ricollega il dibattito sulla coesione territoriale a quello sul futuro della politica di coesione dell’Unione europea.

Condivido la valutazione riportata nel Libro verde e l’analisi del concetto di coesione territoriale e sottoscrivo le raccomandazioni per il futuro della coesione territoriale contenute nelle suddette relazioni, in particolare i seguenti elementi: definizione di coesione territoriale, pubblicazione di un libro bianco sulla coesione territoriale, rafforzamento dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea, integrazione della coesione territoriale nella futura elaborazione di tutte le politiche comunitarie, elaborazione di ulteriori indicatori qualitativi, valutazione dell’impatto territoriale delle politiche comunitarie e proposta di modalità per creare sinergie tra politiche territoriali e settoriali, messa a punto di una strategia globale per le regioni con caratteristiche geografiche specifiche, in particolare quelle ultraperiferiche, creazione di un sistema più completo per un’assistenza graduale nella fase di trasformazione per le regioni cosiddette “in fase di transizione”, sviluppo di una nuova governance territoriale a più livelli (locale, regionale, nazionale ed europeo).

Per questo invito i miei onorevoli colleghi a sostenere le relazioni ed esorto gli Stati membri e la Commissione a darvi il giusto seguito.

 
  
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  Maria Petre (PPE-DE).(RO) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere il mio favore all’idea di un dibattito sostanziale sul tema della coesione e complimentarmi con ciascuno dei colleghi per gli sforzi profusi e le proposte elaborate.

Passerei poi al commento di alcuni temi iniziando dalla coesione territoriale. La questione basilare riguarda le modalità per garantire lo sviluppo armonioso di tutti i territori dell’Unione europea e il partenariato tra aree urbane e rurali per interrompere quel processo di perdita del territorio e reagire all’esodo dalle aree rurali. In mancanza di una definizione del concetto di coesione territoriale, che il Parlamento attende, il concetto integrato di coesione economica, sociale e territoriale costituisce la base della futura politica regionale comunitaria e dei fondi strutturali dopo il 2009.

Per quel che riguarda la relazione Krehl, sostengo tutte le proposte in essa contenute a favore delle regioni europee, la rimozione degli ostacoli e la semplificazione delle procedure per garantirne stabilità nel tempo, oltre che la proposta di elaborare metodi rigorosi per lo scambio interregionale delle migliori prassi.

Per quanto concerne la dimensione urbana della politica di coesione, sappiamo di non disporre di una definizione comune del termine “urbano” e sappiamo anche che in Europa vi sono circa 5 000 città con popolazione inferiore ai cinquantamila abitanti. In Romania esistono svariati insediamenti di questo tipo. A mio avviso abbiamo bisogno di un modello di sviluppo e risorse sufficienti per gli insediamenti urbani di queste dimensioni, che rimangono parzialmente o del tutto esclusi dall’impatto positivo della strategia policentrica.

Conformemente al nuovo trattato, nell’ambito della coesione territoriale gli Stati membri e l’Unione europea gestiranno congiuntamente uno sviluppo urbano integrato e sostenibile. Le autorità locali e regionali dovranno essere pronte a questo approccio già definito come governance multilivello. Appoggio l’idea di uno stanziamento minimo obbligatorio pro capite di 1 000 euro contro i 500 euro precedentemente previsti.

 
  
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  Francisca Pleguezuelos Aguilar (PSE).(ES) Signora Presidente, per quanto riguarda la relazione sul microcredito, vorrei congratularmi con tutti i relatori che hanno svolto un ottimo lavoro migliorando senza dubbio l’iniziativa della Commissione.

Ritengo che le raccomandazioni elaborate in questa relazione ci consentiranno di creare i presupposti per sviluppare un quadro comunitario adeguato per il microcredito. Il settore ha ottenuto risultati positivi in diversi paesi in via di sviluppo, tra cui alcuni paesi europei, sia come mezzo per generare attività economica sia come strumento per migliorare l’inclusione sociale e promuovere la creazione di posti di lavoro. Tuttavia, sinora tali risultati positivi non sono ancora stati trasferiti nel contesto comunitario. Credo che abbiamo oggi l’opportunità di farlo, soprattutto alla luce della crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo.

In proposito, dobbiamo rendere prioritario il rafforzamento delle iniziative suggerite nella relazione, ma anche agire su altri fronti. Dobbiamo aumentare i fondi disponibili per le strutture di sostegno al microcredito. Dobbiamo garantire un accesso agevolato a soggetti e imprese che non hanno accesso diretto al credito. In merito, signora Presidente, vorrei sottolineare l’esempio della garanzia europea per i microprestiti, strumento che potrebbe migliorare l’accesso ai prestiti ed è stato incluso nella relazione.

Concludo sottolineando che la relazione getta sicuramente le basi per consentirci di creare a livello europeo un quadro armonioso per la promozione del microcredito.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE).(RO) Signora Presidente, nel 2010 la Commissione e gli Stati membri rivedranno il metodo di utilizzo e il grado di assorbimento dei fondi strutturali. Esorto gli Stati membri a ridefinire con grande attenzione le priorità che hanno fissato e a cui intendono destinare l’utilizzo di tali fondi.

A mio parere tra le priorità degli Stati membri per l’utilizzo dei fondi strutturali nel periodo 2011-2013 dovranno figurare i temi della mobilità urbana, dello sviluppo rurale, dell’efficienza energetica degli edifici e dello sviluppo delle infrastrutture dei trasporti.

In qualità di relatrice per l’efficienza energetica degli edifici ho chiesto un aumento dal 3 al 15 per cento della quota del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) che gli Stati membri possano utilizzare nell’edilizia popolare per incrementare l’efficienza energetica degli immobili. Questo offrirebbe agli Stati membri maggiore flessibilità e la possibilità di accelerare l’assorbimento dei fondi comunitari per migliorare la qualità della vita dei cittadini europei.

Soprattutto a fronte nell’attuale crisi, gli Stati membri devono utilizzare i fondi pubblici, e in particolare i fondi strutturali, per garantire lo sviluppo economico e aumentare l’occupazione.

 
  
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  Eoin Ryan (UEN). (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto congratularmi con i relatori coinvolti in questa importantissima relazione. Credo che la crisi economica abbia costretti tutti noi a un attento riesame critico del nostro comportamento economico passato. D’altro canto, questo ci offre oggi la possibilità di imparare dagli errori commessi. Credo che mentre le nostre economie avanzavano a passo spedito, abbiamo sfortunatamente lasciato indietro alcuni gruppi.

Affrontare e migliorare l’accesso al microcredito ci offre oggi l’occasione di ovviare agli errori del passato. Rielaborare il quadro normativo riguardante il microcredito può aiutarci a rafforzare e ricostruire le nostre economie, dalla comunità in su. In Irlanda sono state adottate iniziative lodevoli in tal senso. Nella mia circoscrizione di Dublino dal 1993 sono stati istituiti quattro comitati per le imprese che hanno fornito sostegno locale alle microimprese della città e della contea. All’inizio dell’anno l’associazione dei comitati delle contee e delle città irlandesi ha annunciato un pacchetto di incentivi finanziari volto a dare sostegno a tremila imprese irlandesi e creare quindicimila nuovi posti di lavoro. Il progetto prevede inoltre corsi di formazione per circa cinquantamila persone.

A livello europeo queste sono cifre insignificanti, ma per noi l’attività di microcredito a Dublino e in Irlanda è straordinariamente importante. Auspico vivamente che, dando il giusto seguito a questa eccellente relazione, potremo assistere alla nascita di un’azione comunitaria significativa e coordinata, intesa a sostenere il lavoro di inestimabile valore compiuto dalle microimprese e a loro destinato, a livello nazionale e locale, sul territorio dell’Unione europea, poiché esso è una componente molto importante della nostra economia odierna e lo sarà anche in futuro.

 
  
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  Presidente. Grazie onorevole Ryan. Non sono stata particolarmente severa perché in realtà abbiamo un po’ di tempo in più rispetto alle norme.

Però volevo dire una cosa prima di passare a cogliere i vostri occhi, che questa mattina si è aperto in questo Parlamento un evento molto importante, che è stato aperto dal Presidente Pöttering e che riguarda un’organizzazione europea che si chiama FLARE e di cui fanno parte più di trenta paesi, in cui giovani e non solo giovani sono estremamente impegnati per combattere la criminalità organizzata e per fare in modo che i beni confiscati alla criminalità organizzata vengano usati per opere sociali.

In questo Parlamento c’è un impegno preso anche dal Presidente del Parlamento europeo e dalla commissione libertà e giustizia e qui, tra l’altro, tra noi nel palco, vi sono alcuni di questi giovani che fanno, io credo, l’onore dell’Europa perché insieme a noi cercano di far sì che l’Europa sia un’Europa libera dal razzismo, ma libera anche dalla criminalità organizzata. Quindi un saluto anche a loro che sono qui e che sono in questo palco.

 
  
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  Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE).(FR) Signora Presidente, vorrei complimentarmi con tutti i relatori. Queste relazioni sono preziose per le nuove politiche. Mi rammarico solo che nessuna faccia riferimento alla politica culturale.

La politica culturale è forse la politica di coesione per antonomasia. Ciò che crea coesione in una regione è la cultura, che avrebbe potuto essere citata perché non si sono ancora introdotte politiche culturali interregionali. Incontriamo sempre grandi difficoltà nel finanziare progetti interculturali perché non esiste una società interculturale né una sicurezza sociale in grado di offrire agli artisti la mobilità necessaria per lavorare oltre i confini della propria regione di appartenenza. Mi rivolgo a cuore aperto a tutti coloro che stanno lavorando all’attuazione di questa politica affinché non trascurino questo importante aspetto di qualsiasi politica europea.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN).(PL) Signor Presidente, la coesione territoriale e sociale previene i conflitti eliminandone le cause ed è questo ciò che rende tanto importanti le misure volte a livellare le condizioni di vita nelle zone rurali e urbane ed equilibrare le infrastrutture a livello regionale. L’uso diffuso del microcredito è un valido strumento al servizio della politica di coesione. Oggi, in un momento di crisi economica e finanziaria, mentre stiamo tutti cercando di trovare il modo di salvaguardare i posti di lavoro, dobbiamo essere consapevoli dei fattori che minacciano la politica di coesione come il protezionismo e la discriminazione contro le regioni più povere.

 
  
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  Den Dover (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, la commissione per lo sviluppo regionale e i fondi da distribuire in tutta Europa rappresentano il programma più importante di tutta la Comunità europea.

Posso parlare dell’Inghilterra nordoccidentale e affermare quanto questi fondi siano risultati proficui negli ultimi dieci anni, in particolare per la città di Liverpool. Guardando al futuro vedo una città che continua a espandersi grazie a questi fondi, stanziati e controllati oculatamente.

Vorrei lanciare un appello per un maggior coinvolgimento del settore privato per quel che riguarda lo stanziamento, la gestione e il controllo dei fondi perché il settore privato può sempre risultare più efficiente rispetto al pubblico.

Vorrei altresì sottolineare l’inestimabile valore di questo denaro per le zone rurali del nord-est, dove troviamo numerose aree agricole che svolgono un ruolo fondamentale dal punto di vista economico.

Infine, consentitemi di dichiarare il mio sostegno all’onorevole Becsey sul microcredito: esso rappresenta uno sviluppo molto interessante e fondamentale nell’attuale situazione economica.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a mio parere l’odierna discussione congiunta sulla politica regionale è il dibattito più importante di questa sessione plenaria, ma anche uno dei più importanti nel periodo preelettorale. E’ infatti un’occasione per rivolgerci ai cittadini europei e parlare loro di un argomento che possono comprendere facilmente, in particolare in vista delle prossime elezioni di giugno del Parlamento europeo. Desta preoccupazione l’assenza di un sostegno efficace, semplice e diretto alle autorità minori, in particolare per quanto riguarda l’accesso alle risorse destinate agli investimenti. Ritengo quindi che, sulla base di queste relazioni, assisteremo a una rivalutazione della politica di coesione e specialmente di alcuni programmi operativi che dovrebbero essere riaperti e rivisti.

Vorrei concludere esprimendo la mia convinzione che le raccomandazioni del Parlamento europeo contenute in queste cinque relazioni forniscano valore aggiunto e possano soddisfare le aspettative dei cittadini europei, sia delle città sia delle zone rurali, che credono nella capacità della politica di coesione di garantire lo sviluppo delle loro regioni, il graduale livellamento delle disparità regionali, la creazione di nuove opportunità occupazionali, la sicurezza energetica, una maggiore efficienza energetica delle loro case, infrastrutture tecniche e di trasporto più avanzate e condizioni di vita migliori.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, in questo importante dibattito sulla coesione territoriale e il futuro della politica di coesione economica e sociale devo ricordare la particolare condizione in cui si trovano le regioni ultraperiferiche. A causa della costante combinazione di una serie di fattori geografici, tali regioni sono estremamente vulnerabili in termini sociali ed economici, in particolare nei momenti di grave crisi internazionale come quello attuale.

Vorrei quindi invitare la Commissione europea, e in particolare la signora commissario Hübner, a prestare grande attenzione agli effetti dell’attuale crisi sulle regioni ultraperiferiche. Valutarne le ripercussioni in ciascuna regione ultraperiferica, in particolare per quanto riguarda turismo, edilizia e aumento della disoccupazione, sarebbe molto utile per garantire una risposta europea ad hoc per queste regioni.

Esorto pertanto caldamente la Commissione europea a elaborare una risposta europea alla crisi per le regioni ultraperiferiche, che vada oltre le misure già annunciate nel quadro della politica di coesione economica e sociale, rivolte alle regioni europee in genere. Una risposta europea specificatamente dedicata alla crisi che affrontano le regioni ultraperiferiche …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – Ha superato il tempo a sua disposizione.

Il regolamento elaborato dall’ufficio di presidenza stabilisce che in questo tipo di dibattito possono prendere la parola fine a cinque deputati e il tempo di parola è rigorosamente limitato a un minuto per ogni intervento.

Vi sono ancora sei deputati che hanno chiesto di intervenire, oltre ai cinque che hanno già ha avuto modo di farlo conformemente al regolamento. Poiché abbiamo ancora tempo, secondo i servizi della sessione farò un’eccezione e concederò la parola a quanti l’hanno chiesta. Vorrei però invitare tutti ad attenersi rigorosamente all’argomento e a rispettare il minuto concesso dalla procedura catch the eye.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, sono estremamente lieta di confermare che la presidenza ceca sta promuovendo una chiara definizione della politica di coesione in modo da includere l’assistenza alle regioni meno sviluppate. Vorrei poi invitare la Commissione a presentare norme vincolanti allo scopo di armonizzare le condizioni per la creazione di un mercato del microcredito efficace, che è importante non solo in un momento di crisi. Dobbiamo agevolare l’accesso ai finanziamenti per i privati e gli imprenditori che non sono in grado di ottenere prestiti dal settore bancario tradizionale. La storia passata del credito ai consumatori fa emergere la necessità di un’azione europea unificata ed efficace, in particolare per quanto riguarda gli strumenti di controllo. Ritengo inoltre che il microcredito debba essere orientato soprattutto ai progetti che interessano le regioni europee meno sviluppate, al pari della politica di coesione, verso i gruppi di cittadini svantaggiati o i progetti altamente innovativi, conformemente agli obiettivi della strategia di Lisbona. Vorrei infine mettere in guardia la Commissione in merito al rischio di abuso del microcredito a fini di riciclaggio di denaro. E’ un peccato che non sia ancora stata presentata una proposta legislativa concreta al riguardo.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, poiché parliamo di politica di coesione e sviluppo regionale dell’Unione europea, forse dovremmo rivolgere il nostro pensiero anche ai paesi candidati a entrare a far parte dell’Unione. Lo scorso fine settimana sono stato in Turchia, in particolare nella regione dell’Anatolia orientale, e ho potuto osservare i problemi di Diyarbakir, nell’area curda, rendendomi conto dell’esigenza di informare i candidati all’adesione dei benefici e della necessità dello sviluppo regionale.

Nella regione curda il problema non è solo di natura etnica e non è solo questione di diritto all’autodeterminazione e simili. Non è neanche un problema di terrorismo, ma riguarda soprattutto lo sviluppo regionale e la necessità di equilibrare lo sviluppo regionale tra città e zone rurali. Ritengo che dovremmo spiegare alla Turchia che in questo caso dovrebbe applicare la politica di coesione europea, altrimenti non sarà pronta a entrare nell’Unione europea neppure da questo punto di vista.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE) . – (RO) Signor Presidente, oltre a essere oggetto di vivace dibattito in quest’Aula, i fondi di coesione e quelli strutturali sono anche un’opportunità sicuramente lodevole, ma purtroppo non adeguatamente sfruttata. Ciò accade per svariate ragioni, tra cui normative tardocratiche e farraginose, regolamenti che rimangono in vigore per periodi troppo brevi, difficoltà di accesso alle informazioni e mancanza di trasparenza.

Posso dire che molti cittadini rumeni che hanno richiesto fondi lamentano problemi per quanto concerne i requisiti di ammissibilità delle spese, la brevità del periodo di validità, la documentazione incomprensibile, i lunghi periodi per la valutazione dei progetti.

Sono lieto che anche la Commissione europea abbia iniziato a prendere coscienza di tali ostacoli. Le proposte di emendamento delle normative includono disposizioni volte a semplificare le norme per l’utilizzo di tali fondi, in particolare nell’attuale fase di crisi economica. Questo è un primo passo e mi piacerebbe pensare che anche molte delle nostre proposte saranno adottate dalla Commissione.

Una soluzione a questi problemi viene fornita dai programmi di assistenza tecnica e gemellaggio, ma poiché attraverso gli emendamenti da me presentati ho anche dato sostegno alla relazione dell’onorevole Krehl, serve un programma a livello europeo …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Ljudmila Novak (PPE-DE). (SL) Signor Presidente, la qualità della vita è effettivamente migliorata molto grazie al denaro proveniente dai Fondi strutturali che l’Unione europea ha utilizzato per rafforzare la coesione territoriale, economica e sociale e lo sviluppo di tutte le sue 268 regioni.

Dal punto di vista finanziario, sono lieta di osservare che il Parlamento, nella sua attuale composizione, ha anche svolto un ruolo importante contribuendo allo stanziamento di maggiori fondi per gli scopi discussi, rispetto a quanto proposto inizialmente. Nel contempo, deploro il fatto che, come già evidenziato dal mio collega, sussistano tanti ostacoli burocratici e a volte mi chiedo se la colpa sia da attribuire all’Europa o ai governi nazionali.

A ogni modo, credo che dobbiamo ridurre tali ostacoli per rispondere adeguatamente alle pressanti esigenze delle autorità locali e regionali. Tuttavia, se vogliamo far restare i giovani nelle aree rurali, dobbiamo investire molte più risorse nel sostegno allo sviluppo rurale.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, molti argomenti oggetto della discussione odierna saranno attuati nel corso della prossima legislatura del Parlamento europeo. Su questo non vi è dubbio. Lo sviluppo rurale è fondamentale per far progredire l’economia rurale, ma quando alcuni anni fa è stato elaborato il secondo pilastro, volto a dare supporto alla società rurale, non sono stati stanziati fondi sufficienti a sostenerne le attività. Adesso ricorriamo alla modulazione, che significa prelevare i fondi extra dai pagamenti diretti agli agricoltori per sviluppare la società e l’economia rurale.

Sicuramente questo scatenerà forti reazioni. Da una parte troviamo coloro che chiedono il passaggio della politica regionale o del sostegno alla società rurale dalla direzione generale per l’agricoltura a quella per le politiche regionali, che è invece inaaccettabile per quanti vivono nel contesto dell’economia rurale. Tale dibattito ha già avuto luogo all’inizio degli anni Novanta con il commissario MacSharry e non torneremo sull’argomento. Io dico “assolutamente no”. I fondi extra devono essere spesi nell’ambito dell’agricoltura e dell’economia rurale per dare sostegno ai piccoli agricoltori e alla popolazione attiva nelle zone rurali.

 
  
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  Francesco Ferrari (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore per la relazione. Il tema affrontato è molto delicato per le implicazioni che può avere nel sistema economico dei vari paesi dell’Unione. Il fatto di legare il nuovo fondo agricolo per lo sviluppo rurale alla PAC può avere aspetti positivi e negativi in funzione dell’uso che di tale fondo verrà fatto.

Da un certo punto di vista questo permetterà un utilizzo più efficiente di tali fondi e questa è sicuramente una buona notizia. Concordo però con il relatore sul fatto che siamo in una linea di confine molto sottile e tra l’altro vi è il rischio che i fondi siano utilizzati solo per il miglioramento della competitività dell’agricoltura a scapito di altri settori delle zone rurali.

Le zone rurali hanno bisogno, infatti, di investimenti forti per il rilancio dell’economia, investimenti strutturali ed agroalimentari, la formazione di giovani agricoltori, che sono il motore dell’economia rurale, così come la formazione per le donne che vivono in tali aree e gli investimenti nel settore informatico per avvicinare i giovani alle nuove tecnologie. Il rischio cui si va incontro è che i fondi siano utilizzati in maniera sbagliata.

Ecco perché resto convinto che debba prevalere il buon senso per evitare una cattiva allocazione dei fondi, perché l’impatto dell’economia rurale potrebbe essere molto pesante in Europa.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, alla luce dell’attuale crisi economica, la politica di coesione diventa ancora più importante, poiché i Fondi strutturali che essa offre possono tradursi in efficaci strumenti di stimolo all’economia a livello regionale. Concentrarsi su attività di impulso alla crescita, come per esempio investire nei settori della ricerca e dello sviluppo, dell’innovazione e della creazione attiva di posti di lavoro, dovrebbe imprimere nuovo slancio all’economia europea e garantire un ritorno la crescita. Approvo anche lo stanziamento di ulteriori fondi per migliorare l’accesso a Internet nelle aree rurali.

 
  
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  Danuta Hübner, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ho accorciato le mie osservazioni introduttive di due minuti in maniera da disporre di più tempo ora per rispondere alle domande. Mi dispiace di non poter rispondere a tutte, ma apprezzo moltissimo gli scambi bilaterali che abbiamo avuto negli ultimi anni a Bruxelles e durante le mie visite nelle vostre circoscrizioni. Vi invito a proseguire il dialogo con noi della Commissione e vi ringrazio per questo dibattito schietto e positivo.

Dobbiamo sfruttare appieno e con saggezza il potenziale di tutte le politiche nazionali e comunitarie per garantire che l’economia e la società dell’Unione escano dalla crisi più forti economicamente, socialmente e politicamente, con basi solide per uno sviluppo sostenibile di lungo periodo. Credo che il dibattito odierno confermi che la politica di coesione europea può svolgere un ruolo importante in questo processo, nel presente come nel futuro. Oggi è nostro compito garantire che il potenziale della politica di coesione la sua capacità di creare sviluppo sostenibile e posti di lavoro sia utilizzato pienamente e saggiamente in questo nuovo contesto globale. Non penso soltanto alla crisi, ma anche a tutte quelle sfide a noi ben note che già da anni consideriamo importanti per lo sviluppo dell’Europa.

Favorire una competitività sostenibile è il modo più efficace per realizzare la coesione dell’Unione europea. In tale contesto, dobbiamo utilizzare la politica di coesione per risolvere questioni come per esempio l’accesso delle piccole e medie imprese ai finanziamenti. Dobbiamo poi risolvere le questioni riguardanti un migliore accesso a quei servizi pubblici che consentono di migliorare la capacità occupazionale e la produttività, contribuendo in tal modo a migliorare le pari opportunità.

Come alcuni di voi hanno sottolineato, negli ultimi anni si è giustamente diffusa l’idea che per affrontare le nuove sfide abbiamo evidentemente bisogno di una strategia integrata, da realizzare sul posto, che ottimizzi l’utilizzo delle risorse e consenta la partecipazione di tutti i partner a livello locale e regionale, ma anche a livello nazionale ed europeo, in modo da risultare attivi a tutti i livelli della governance europea.

Per quanto riguarda il principio del partenariato, vorrei sottolineare che esso ha rappresentato un obiettivo importante dal primo giorno del mio mandato e la Commissione europea ha investito molto per dare concreta attuazione al principio del partenariato e alla politica di coesione, che viene effettivamente attuata sul campo. Subito dopo la fase negoziale, abbiamo svolto un’approfondita valutazione delle modalità di attuazione del principio del partenariato e del processo di elaborazione di programmi di policy da parte degli Stati membri e delle regioni. Non volevamo limitarci ad una presenza formale dei principi del partenariato, quindi abbiamo lavorato con i partner aiutandoli a costruire la loro capacità di partecipare realmente a un sistema di gestione della politica e reagiamo con efficacia a qualsiasi segnale ricevuto sul campo circa il mancato rispetto di questo criterio nei singoli Stati membri. Ho da poco concluso una riunione sull’argomento con alcune organizzazioni non governative proveniente da uno Stato membro dell’Europa centrale.

Sono pienamente d’accordo con quanti tra voi sostengono che la politica di coesione non funziona e non deve funzionare in modo isolato e dobbiamo rafforzare le sinergie e il coordinamento tra la politica di coesione e tutte le altre politiche settoriali, nazionali o comunitarie. Ciò non solo per evitare sovrapposizioni o doppioni, ma anche per sfruttare la sinergia derivante da un buon coordinamento tra le politiche. Di certo lo sviluppo rurale e le politiche regionali sono il massimo esempio della necessità di disporre di un ottimo coordinamento e utilizzare le sinergie tra politiche.

Un altro esempio potrebbe essere quello della competitività e dell’esigenza di tener conto dei vincoli derivanti da un’economia a basse emissioni di CO2 e dai cambiamenti climatici negli investimenti infrastrutturali. Vorrei sottolineare con enfasi che abbiamo investito molto per rendere la politica di coesione europea più verde. Abbiamo fissato gli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici, all’efficienza energetica e alle energie rinnovabili prima ancora che fosse avviato il grande dibattito sul cambiamento climatico nell’Unione europea. Oggi un terzo degli stanziamenti della politica di coesione è direttamente rivolto agli investimenti “verdi” in tutte le sfere della nostra quotidianità. Recentemente è stato aggiunto alla politica un ulteriore 4 per cento da utilizzare per l’efficienza energetica degli immobili e l’utilizzo di energie rinnovabili che ci consentono di dare maggiore rilievo a questa sfida.

Dal dibattito emerge poi chiaramente che abbiamo bisogno sia di continuità sia di una riforma delle modalità di attuazione delle politiche. Per quanto riguarda la continuità, vorrei sottolineare che questa programmazione pluriennale, l’addizionalità finanziaria, i principi di gestione condivisa e del partenariato rappresentano un grande valore europeo di cui dovremmo continuare a occuparci. Vi è poi un’esigenza di cambiamento per ottenere un migliore equilibrio tra le richieste di gestione e controllo finanziario e gli obiettivi di conseguimento di buoni risultati e di una buona attuazione della politica. Senza dubbio dobbiamo creare un meccanismo di attuazione più semplice, più efficace e più efficiente per ridurre la complessità e gli oneri amministrativi.

Negli ultimi mesi abbiamo lavorato su questo punto beneficiando del vostro grande appoggio. Lo scorso dicembre abbiamo ottenuto il primo emendamento all’articolo 55 e la votazione sul primo gruppo di proposte di semplificazione è prevista tra una settimana. La task force per la semplificazione delle politiche, istituita insieme agli Stati membri, prosegue il suo lavoro e alla fine di maggio disporremo di una nuova proposta, auspicabilmente ancora riferita alla legislazione in corso.

Sono d’accordo con voi sul fatto che per aumentare l’efficacia della politica dobbiamo poi concentrarci maggiormente sui risultati, garantire un maggior controllo e creare una cultura della valutazione. Continuiamo a lavorare su questi aspetti. Apprezzo notevolmente il vostro sostegno in tema di ingegneria finanziaria. Ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma sicuramente possiamo fare molto di più. Per quanto riguarda l’ingegneria finanziaria, che rappresenta oggi uno dei principali strumenti a favore delle piccole e medie imprese per accedere al credito, attraverso l’iniziativa congiunta JEREMIE e ora anche attraverso il programma JASMINE per il microcredito, vi prego di considerare che abbiamo intrapreso il processo molto prima del manifestarsi della crisi e, di conseguenza, la politica si è rivelata discretamente pronta ad affrontare i momenti di difficoltà.

Alcuni di voi hanno citato la questione della trasparenza. Vorrei solo ricordare a tutti i presenti che per il periodo 2007-2013 valgono nuove regole. Abbiamo l’obbligo di informare l’opinione pubblica di tutti i beneficiari degli stanziamenti, quindi speriamo che questi obblighi di trasparenza comportino anche un radicale cambiamento in termini di consapevolezza dell’opinione pubblica e integrità dell’intero processo.

Mi soffermo rapidamente sul tema della cultura, che è stato citato come un elemento importante: siamo pienamente consapevoli che, dal punto di vista culturale, sia le regioni sia le città svolgono un ruolo significativo in Europa, come rilevo anche nei miei viaggi. La cultura svolge inoltre un importante ruolo economico contribuendo allo sviluppo regionale, come abbiamo riconosciuto nel quadro della politica di coesione europea. In diverse strategie urbane regionali e locali la cultura è stata integrata con successo nella nostra politica.

Consentitemi poi di informarvi che la Commissione avvierà presto uno studio indipendente sul contributo della cultura allo sviluppo regionale e locale che dovrebbe essere ultimato all’inizio del prossimo anno e consentirà di disporre di informazioni più specifiche per includere ulteriormente l’elemento culturale nelle politiche europee.

Esprimo infine il mio enorme apprezzamento per tutti i commenti formulati non soltanto sulla relazione, così come apprezzo notevolmente le preoccupazioni e le idee per il futuro che sono state esposte in Aula. Includerò la maggior parte dei vostri messaggi nel mio documento di orientamento che presenterò al Consiglio alla fine di maggio. Stiamo poi completando lo studio indipendente condotto da un gruppo di ricercatori ed esperti presieduto dal professor Barca, che sarà presentato pubblicamente alla fine di aprile. La valutazione ufficiale finale della consultazione relativa al Libro verde sulla coesione territoriale sarà presentata nella nostra sesta relazione intermedia sulla coesione economica e sociale che sarà adottata dalla Commissione verso la fine di giugno.

 
  
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  Constanze Angela Krehl, relatore. – (DE) Signor Presidente, mentre il dibattito volge al termine vorrei formulare due commenti.

L’opinione pubblica ha una visione molto ambivalente della politica strutturale europea. Alcuni danno per scontato che riceveranno sostegno, ma considerano eccessivi gli ostacoli burocratici. Per altri, tra cui alcuni membri della nostra Camera, questa politica sembra soltanto una via per la frode. Nessuna delle due visioni è corretta.

Il mio gruppo attribuisce un’importanza reale alla solidarietà, che però deve essere ben fondata e non rappresentare una strada a senso unico. D’altro canto, non è vero che i promotori dei progetti, le comunità e le associazioni che chiedono finanziamenti per l’attuazione dei loro progetti sono intenzionati a truffare l’Unione europea. I processi complessi spesso provocano errori, ma non sono all’origine di frodi. Per questo motivo dobbiamo cambiare le modalità operative.

Il secondo punto su cui vorrei riflettere è il fatto che la politica di coesione è sicuramente un elemento determinante della politica europea. Trovandoci a dover affrontare sfide come i cambiamenti climatici, la crisi economica e la globalizzazione, i cambiamenti demografici e gli sviluppi relativi al mercato del lavoro, abbiamo urgente bisogno di questa politica. Il Parlamento europeo deve ridefinire la politica di coesione in una prospettiva futura, per poter soddisfare le esigenze delle regioni europee. Le relazioni di cui abbiamo appena discusso sono una buona base per avviare tale processo. Ciò consentirà di creare un valore aggiunto per l’Unione europea. Tuttavia, nel ripensare la politica strutturale non dobbiamo ragionare come se potesse risolvere tutti i problemi dell’Europa, ma dobbiamo concentrarci sui compiti che è chiamata ad assolvere. Grazie.

 
  
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  Oldřich Vlasák, relatore. – (CS) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, a questo punto vorrei riepilogare le sfide e le cortesi richieste che il Parlamento europeo formulerà ai suoi partner, la Commissione europea e gli Stati membri se la presente relazione sarà approvata. E’ evidente che l’esigenza primaria è valutare l’utilità di incorporare l’iniziativa comunitaria URBAN nella struttura della politica di coesione. Dobbiamo valutare le opzioni e verificare i livelli di soddisfazione tra sindaci, consiglieri e rappresentanti eletti in relazione all’utilizzo dei fondi europei nelle aree urbane. La pianificazione integrata e il trasferimento di responsabilità o la cosiddetta subdelega delle risorse o degli strumenti di ingegneria finanziaria sono chiaramente ambiti in cui alla Commissione è richiesta una strategia più attiva, quanto meno attraverso la presentazione di raccomandazioni o esempi di strategie convalidate. Nel contempo dobbiamo continuare a semplificare la politica di coesione nella sua interezza e non solo nella componente urbana. Tra le opzioni di lungo periodo è possibile prevedere, per esempio, un accorpamento del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del fondo sociale europeo. Da ultimo, ma non meno importante, è fondamentale che la Commissione misuri e valuti regolarmente l’impatto di tutte le politiche sulla vita urbana e nel contento discuta dell’efficacia di queste politiche direttamente con le autorità locali competenti. L’odierna relazione raccomanda quindi l’istituzione, da parte della Commissione e degli Stati membri, di un gruppo europeo di alto livello sullo sviluppo urbano e l’applicazione del metodo aperto di coordinamento alla politica di sviluppo urbano a livello comunitario nello stesso modo in cui esso viene applicato in altri ambiti come l’integrazione sociale. Nello stesso tempo, la relazione esorta la Commissione a rafforzare la posizione delle aree urbane nell’ambito dell’iniziativa “Regioni per il cambiamento economico” sviluppando ulteriormente e aggiornando regolarmente l’audit urbano. Poiché mancano statistiche comparative affidabili, non possiamo basare le nostre decisioni su dati certi. I fondi europei sono infatti le manifestazioni più efficaci e visibili dell’integrazione europea. Dobbiamo quindi garantire sia nel periodo preelettorale sia in seguito che gli attuali destinatari dell’assistenza strutturale siano maggiormente coinvolti nel dibattito sulla futura forma da attribuire alla politica di coesione. Questi soggetti sono nostri concittadini e nostri elettori.

 
  
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  Wojciech Roszkowski, relatore. − (PL) Signor Presidente, signora Commissario, la questione trattata nella mia relazione era piuttosto specifica ma molto importante per ottimizzare l’utilizzo dei fondi comunitari dal punto di vista della coesione intesa sia in termini tradizionali sia in termini di coesione territoriale.

La crescita sostenibile è una questione molto complessa. Dobbiamo quindi accogliere favorevolmente tutti i tentativi per semplificare il conseguimento di tale obiettivo. Tuttavia, il concetto di coesione territoriale non è stato ancora definito in modo preciso. Il Libro verde è quindi il punto di partenza piuttosto che quello di arrivo del dibattito su tale argomento.

Sono lieto che il Commissario abbia evidenziato la necessità di ridurre le disparità nei livelli di sviluppo e l’importanza delle sinergie nell’attuazione delle politiche comunitarie. Regioni diverse hanno problemi alquanto diversi per quanto concerne livelli di reddito, posizione geografica, flussi migratori, eccetera. Dobbiamo nondimeno ricordare quanto hanno affermato i miei colleghi polacchi, gli onorevoli Staniszewska, Podkański e Zapałowski, sulla tendenza ad accumulare fondi nei centri regionali, così come dobbiamo rammentare che gli obiettivi della politica di sviluppo rurale non sono necessariamente in contraddizione con quelli di Lisbona se si utilizza il relativo meccanismo della competitività o degli aumenti di produttività a basso costo.

La commissione per l’agricoltura non ha commentato la mia relazione e io considero questo silenzio un tacito assenso. A mio parere il voto dell’onorevole Baco è frutto di un malinteso. Nella mia relazione ho espressamente affermato che i mezzi assegnati allo sviluppo rurale non possono incidere sui pagamenti diretti. D’altro canto, è evidente che i fondi per lo sviluppo rurale possono aiutare le zone rurali a uscire dalle difficoltà economiche attraverso il sostegno alle attività non agricole. Mi compiaccio del supporto dell’onorevole Nicholson su questo aspetto.

Vorrei infine esprimere la mia gratitudine ai membri della commissione per lo sviluppo regionale e al gruppo politico a cui appartengo per l’aiuto datomi nell’elaborazione della relazione e a tutti coloro che hanno partecipato al dibattito odierno.

 
  
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  Miroslav Mikolášik, relatore. − (EN) Signor Presidente, mi consenta di formulare, in questa fase conclusiva, alcune idee che non ho avuto il tempo di includere nel mio discorso introduttivo.

Sono molto lieto di rilevare che è previsto un investimento di oltre 100 miliardi di euro per la tutela dell’ambiente; nel contempo, accoglierei con grande favore stanziamenti fortemente superiori per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili, attualmente pari a 9 milioni di euro, e i provvedimenti volti a contrastare il cambiamento climatico, che con un budget di 48 miliardi di euro sono attualmente inferiori alle occorrenze.

Sono fermamente convinto che le decisioni sulle modalità di utilizzo di questi fondi per proteggere le nostre regioni e contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici, quali inondazioni e siccità, delineeranno il futuro delle nostre regioni e la loro posizione economica. Apprezzo poi notevolmente il fatto che tutti gli Stati membri abbiano già destinato ingenti somme di denaro rispetto al totale dei rispettivi stanziamenti agli investimenti nei settori della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione; ma ho anche notato che per la maggior parte delle regioni europee dell’obiettivo convergenza garantire l’accessibilità rimane ancora un problema rilevante, viste le carenti infrastrutture di trasporto.

D’altro canto, sono lieto di poter constatare gli sforzi compiuti dagli Stati membri nei rispettivi programmi finanziati dai fondi sociali europei per dare priorità agli investimenti volti ad aumentare la partecipazione dei lavoratori e migliorarne le capacità professionali, nonché a lottare contro povertà ed esclusione sociale. Invito inoltre i nuovi Stati membri a continuare a instaurare partenariati efficaci e rafforzare significativamente il principio del partenariato nell’attuazione dei programmi operativi. Credo che i nuovi Stati membri potrebbero trarre grande beneficio da un ulteriore scambio delle migliori prassi e delle esperienze in materia per esempio di sviluppi tecnologici e altre azioni comuni per incrementare il loro potenziale in termini di attuazione.

 
  
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  Zsolt László Becsey, relatore. – (HU) Nel mio discorso introduttivo non ho potuto affrontare due aspetti specificatamente attinenti al microcredito, ma l’elemento più importante qui è il principio dell’addizionalità. Vorrei ribadire che anche questo è un importante principio di coesione basilare che si aggiunge ai principi di partenariato e strategia integrata.

Pertanto, per poter dare un contributo maggiore, dobbiamo garantire che le persone che non hanno dimora stabile siano in grado di partecipare al programma di microcredito attraverso il programma di mentorship. Possiamo ottenere quel quid in più accertandoci che nella nuova versione del programma JASMINE sia possibile formare e coinvolgere le istituzioni di microfinanziamento, che sono vicine al pubblico. Dobbiamo inoltre fornire questo contributo aggiuntivo attraverso una strategia più flessibile in termini di competitività, sia per quanto riguarda i programmi de minimis sia in riferimento ai contratti di aggiudicazione degli appalti pubblici, creando una discriminazione positiva per i lavoratori autonomi.

Un’altra questione che vorrei affrontare è quella del finanziamento. Da una parte, vi è il lancio del programma sperimentale che il Parlamento ha promosso per due anni con uno stanziamento di due milioni di euro l’anno. Spero che il suo inizio sia previsto per il secondo semestre dell’anno in corso. Concentriamo tutti i programmi specifici sul microcredito in un unico gruppo rendendoli trasparenti, come già osservato da diversi onorevoli colleghi.

Il principio dell’addizionalità è importante anche per convincere gli Stati membri a incitare i cittadini ad avviare microimprese e non rimanere inerti raccogliendo contributi sociali, come già affermato dall’onorevole De Vits. Reputo importante continuare a incoraggiare i cittadini in questo senso, così come è fondamentale fare in modo che l’addizionalità realizzi condizioni per cui gli intermediari microfinanziari non spingano i beneficiari all’usura. Per esempio, nel caso dei rom, essi non dovrebbero essere dominati dalla loro stessa loro aristocrazia, ma dovremmo essere in grado di promuovere un’attività fondata su un reale partenariato e la volontà di prestare assistenza.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, relatore. – (NL) Signor Presidente, questa mattina sono intervenuto per primo nel dibattito congiunto e ora, guardando indietro, credo che abbiamo dato ai nostri cittadini, a coloro che sono impegnati nell’attuazione di una politica integrata in modo decentrato, un segnale molto forte circa la volontà del Parlamento europeo di proseguire la politica di coesione e il nostro apprezzamento per il lavoro che tali persone svolgono per tutti gli innumerevoli progetti in materia di ricerca, sviluppo, infrastrutture di ricerca o ammodernamento energetico. Ciò è particolarmente importante. Presentandoci ai nostri elettori nei prossimi mesi, vi sono migliaia di progetti in cui l’Europa è vicina ai suoi cittadini e credo che anche questo sia estremamente importante. Auguro inoltre al commissario Hübner di ottenere il massimo successo dalla campagna elettorale poiché so che anche lui si presenterà agli elettori nei prossimi mesi, il che è molto positivo, anche per tutti noi qui. Vorrei poi ringraziarvi in particolare per le modifiche apportate alla politica e segnatamente la maggiore considerazione degli obiettivi di Lisbona, l’approccio più verde nelle nostre attività e l’accento posto su ricerca e sviluppo. Oggi ho potuto notare ancora una volta uno specifico riferimento al patrimonio culturale come elemento di intrinseco valore culturale ed economico.

Vorrei formulare ancora un paio di commenti. Il primo riguarda il fatto che viene fortemente messa in luce la cooperazione transfrontaliera, quel terzo obiettivo che dobbiamo rafforzare nella prossima legislatura, anche dal punto di vista finanziario.

Il secondo riguarda invece la necessità di non sperperare i fondi. Abbiamo ottimi stanziamenti con cui siamo in grado di offrire ai nostri partner i mezzi per dare slancio allo sviluppo attraverso varie forme di partenariato. Non dobbiamo sprecare questa possibilità in un prossimo futuro.

E’ altresì necessario elaborare un libro bianco sulla coesione territoriale. Sono state fornite numerose indicazioni, ma il libro bianco rappresenta la base per la legislazione futura e riterrei profondamente deplorevole la mancata elaborazione di tale documento da parte della Commissione europea. Vorrei infine ringraziare i relatori ombra che hanno lavorato alla mia relazione per loro collaborazione offertami e il personale tutto che è stato straordinario.

 
  
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  Presidente. – Prima di sospendere la sessione per una breve pausa, consentitemi di porgere un caloroso benvenuto a un gruppo di visitatori. Si tratta di pensionati provenienti dalla provincia di Toledo, nella mia regione Castilla - La Mancha, venuti ad assolvere il loro dovere di cittadini europei.

La discussione congiunta è chiusa.

Procediamo alla votazione.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Gli abitanti delle comunità rurali si trovano in una posizione fortemente svantaggiata nella competizione sul mercato del lavoro. Nell’Unione europea, e in particolare in Polonia, esistono notevoli differenze nelle condizioni di vita tra aree urbane e rurali, soprattutto per quanto riguarda l’accesso ai servizi. Le possibilità di accesso alle moderne tecnologie, come i collegamenti Internet a banda larga, nelle aree rurali polacche sono la metà rispetto a quelle delle aree urbane.

L’obiettivo della politica di coesione dovrebbe essere quello di avviare iniziative specifiche per livellare le condizioni di vita in determinate regioni. In questo senso è particolarmente importante sostenere le piccole e medie imprese per consentire loro di ottenere stanziamenti dal fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

I governi di alcuni paesi dovrebbero sostenere le piccole e medie imprese eliminando gli ostacoli giuridici e amministrativi e fornendo loro infrastrutture adeguate. Si tratta di requisiti imprescindibili per lo sviluppo delle regioni distanti dai grandi agglomerati urbani.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) I microcrediti e i crediti garantiti agli imprenditori attraverso fondi comunitari rappresentano un volano istituzionale che può e deve colmare il divario creato dalle banche commerciali in conseguenza della crisi finanziaria, che sta già colpendo l’economia reale.

Una banca commerciale è utile all’economia fino a quando garantisce credito e questo non sta accadendo oggi, nonostante le massicce iniezioni di denaro pubblico in diversi istituti bancari.

In tali circostanze propongo che gli Stati membri non finanzino più direttamente le banche commerciali in difficoltà per consentire loro di coprire con il denaro ricevuto le enormi perdite e/o migliorare i propri coefficienti finanziari utilizzando denaro pubblico, soddisfare i propri azionisti e fornire a se stesse un motivo persino per assegnarsi generosi bonus. D’altro canto, non si può neanche lasciare che (tutte) falliscano.

La mia proposta prevede l’utilizzo delle banche commerciali come semplici intermediari, agenti che, attingendo da fondi pubblici, garantiscano crediti e microcrediti ad agenti economici e imprenditori, i quali senza tali fondi sono parimenti esposti al rischio di fallimento.

In conclusione, i crediti e i microcrediti dovrebbero essere concessi a quanti ne hanno bisogno attraverso le banche, ma senza passare attraverso il loro bilancio, limitandosi a sfruttarne l’esperienza e la rete per facilitare la concessione di tali finanziamenti.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (PSE), per iscritto. – (RO) Migliorare l’accesso al microcredito, concedere gli strumenti per avviare un’impresa a piccoli imprenditori, disoccupati e alle persone svantaggiate intenzionate ad avviare una propria attività, ma che non possono accedere al credito bancario tradizionale, oltre alla recente decisione di ridurre l’imposta sul valore aggiunto per determinati servizi sono soluzioni che l’Unione europea fornisce agli Stati membri per aiutarli a superare la crisi.

Secondo le ultime analisi, il settore dei servizi, l’agricoltura e il turismo potrebbero essere in grado di assorbire una quota notevole della forza lavoro disponibile sul mercato, inclusi i disoccupati. Questo è il motivo per cui la Romania e altri paesi dell’Unione europea devono sviluppare gli strumenti richiesti per dare concreta attuazione a questa idea, in particolare nel segmento di mercato non bancario.

Credo che queste forme di microcredito possano essere utilizzate con successo per sviluppare una serie di servizi destinati a imprese, singoli o famiglie, dagli specialisti di tecnologia informatica agli addetti alla pulizia dei vetri, dai giardinieri agli operatori sociali per la terza età e l’infanzia. Il microcredito può altresì contribuire a far valere qualità e qualifiche personali in imprese di successo.

Possono ottenere un microcredito imprese con meno di dieci addetti. Ciò va a vantaggio di quanti vogliono lavorare e dei disoccupati che vogliano avviare un’attività. Le microimprese rappresentano il 91 per cento delle attività commerciali europee.

 
  
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  Dragoş Florin David (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Il Libro verde sulla coesione territoriale intitolato “Fare della diversità territoriale un punto di forza” dà inizio ad una fase di grandi consultazioni con autorità regionali e locali, associazioni, organizzazioni non governative e rappresentanti della società civile allo scopo di promuovere la comune comprensione di questo nuovo concetto e delle sue implicazioni per la politica regionale futura dell’Unione europea, senza tuttavia offrire una definizione di coesione territoriale.

L’obiettivo della coesione territoriale è garantire lo sviluppo armonioso di tutte le regioni dell’Unione europea e offrire a tutti i cittadini l’opportunità di ottenere il massimo dalle caratteristiche specifiche di tali territori. Il Libro verde propone che la diversità sia convertita specificatamente in una risorsa e una fonte di vantaggio competitivo, capace di contribuire allo sviluppo sostenibile di tutta l’Unione europea. Esso fa inoltre specifico riferimento all’esigenza di un controllo efficace sulla politica di coesione per renderla più flessibile.

La sfida principale riguarda il supporto ai territori per sfruttare al meglio le risorse e scambiare buone prassi. La relazione dell’onorevole van Nistelrooij copre la vasta area della coesione territoriale ed esprime interessanti pareri sulle comunicazioni della Commissione in materia. Di conseguenza, il Libro verde sulla coesione territoriale rimane aperto a nuove sfide, pur trasformandosi in uno strumento efficace per i partenariati e lo scambio delle migliori prassi.

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Sia la politica di coesione sia le misure per lo sviluppo rurale fanno riferimento al principio di solidarietà promosso dal progetto europeo e contribuiscono a realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona.

Le nostre analisi e le decisioni che siamo in procinto di adottare devono tenere conto dei diversi livelli di sviluppo agricolo nelle varie regioni dell’Unione, del peso che questo settore ha nell’economia dei singoli Stati membri e delle diverse situazioni in termini di sviluppo e di coesione regionale. Sono lieto che la versione finale di questa relazione includa la mia proposta di promuovere una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali affinché possano integrare le misure per lo sviluppo rurale.

Per garantire l’adeguato coordinamento e la complementarietà tra politica di coesione e misure di sviluppo rurale, gli Stati membri dovranno introdurre meccanismi tesi a promuovere un utilizzo equo e coerente dei fondi europei. Nel frattempo, l’Unione europea deve utilizzare gli strumenti a sua disposizione per controllare che si faccia un uso migliore dei fondi europei a livello regionale in maniera da garantire che non vadano a scapito delle aree rurali.

L’odierna relazione rappresenta una prima analisi dell’argomento che deve essere portata avanti affinché le prospettive finanziarie future garantiscano una maggiore armonizzazione tra le iniziative comunitarie che offrono sostegno finanziario.

 
  
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  Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) Vorrei ringraziare l’onorevole Becsey per la sua relazione che assume grande importanza per me e i miei compatrioti.

Sembra che molti non riescano a comprendere fino a che punto le istituzioni di microcredito possano influenzare lo sviluppo economico e sociale di un paese. I piccoli prestiti non garantiti non sono un privilegio dei soggetti più poveri dei paesi in via di sviluppo. Lo stesso dicasi per i disoccupati, le imprese in fase di avviamento o le microimprese già esistenti.

Offrire a persone che non hanno accesso al credito la possibilità di finanziarie le proprie iniziative è un importante passo avanti nell’attuazione del principio “prima pensa in piccolo”. Nel proporre questi prestiti promuoviamo l’imprenditorialità e una crescente attività lavorativa, consentendo in questo modo di evitare o ridurre l’esclusione sociale. I microcrediti hanno un effetto molto positivo sul tasso di disoccupazione e ciò è particolarmente importante nel mio paese.

Nell’introdurre prestiti di questo tipo, tuttavia, è necessario tenere conto di alcuni aspetti importanti.

Innanzi tutto, il quadro istituzionale e giuridico dei microcrediti deve essere adeguato al livello di sviluppo del mercato dei fondi di credito.

In secondo luogo, è necessario esaminare le procedure correlate a questo servizio. Purtroppo, data la complessa natura dei microcrediti, i microimprenditori e le persone che avviano un’attività sono più propensi a richiedere prestiti al consumo.

In terzo luogo, per diffondere il ricorso ai microcrediti, è necessario rendere gli imprenditori consapevoli del fatto che, per ottenere fondi, dispongono di alternative ai prestiti bancari.

Indipendentemente da queste osservazioni, accolgo con grande entusiasmo l’attività di microcredito in Polonia.

 
  
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  Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Vorrei congratularmi con il collega, onorevole Becsey, per la sua relazione in cui esorta a sviluppare il sistema del microcredito a sostegno della crescita economica e dell’occupazione. Nel documento si evidenzia giustamente che i gruppi svantaggiati, tra cui i disoccupati di lunga durata, le persone che ricevono sussidi e le minoranze etniche come i rom, in particolare, dovrebbero essere al centro delle iniziative europee sul microcredito.

I microfinanziamenti si sono dimostrati fortemente positivi in diversi paesi per il loro contributo alla promozione dell’integrazione sociale ed economica attraverso il sostegno al lavoro autonomo. In un momento di crisi finanziaria, strumenti finanziari semplici in grado di finanziare le imprese, in particolare nelle regioni sottosviluppate o nei suddetti gruppi sociali, sono particolarmente rilevanti. Quanti desiderano gestire piccole imprese a conduzione familiare possono trovarsi in seria difficoltà nel voler partecipare a bandi gestiti nel quadro della politica di coesione, specialmente nel caso del cofinanziamento. La creazione o la riforma della coesione sociale deve avere la precedenza sul profitto poiché il sostegno al lavoro autonomo è molto meno costoso dei sussidi di disoccupazione e pertanto, dal punto di vista dell’economia nazionale, è più vantaggioso offrire microcrediti, anche se in termini strettamente finanziari potrebbe non essere redditizio. Il sistema dei microcrediti deve essere reso accessibile ai soggetti non bancabili, vale a dire alle persone che non possono ottenere denaro dal settore bancario tradizionale perché ad alto rischio, con bassi margini di profitto o pericolo di risultati negativi, e dovrebbe rendere possibile il coinvolgimento mirato dei gruppi svantaggiati.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN), per iscritto. – (PL) Nel dibattito sulla politica di coesione vorrei attirare la vostra attenzione su alcune questioni sollevate nella relazione dell’onorevole Roszkowski.

1. Nella prospettiva finanziaria 2007-2013, il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) viene considerato il secondo pilastro della politica agricola comunitaria (PAC) ed è stato quindi separato dalla politica di coesione. In conseguenza di tale sviluppo, e soprattutto data la scarsità di fondi di bilancio disponibili, la politica di coesione, e in particolare quella prevista dal fondo europeo di sviluppo regionale, si è concentrata sulla competitività economica nei maggiori centri urbani o nelle regioni più attive, mentre il FEASR sta concentrando le proprie risorse sul miglioramento della competitività agricola.

Da questa strategia potrebbe derivare una duplicazione di alcuni obiettivi, per esempio quelli relativi alla tutela ambientale, all’istruzione e alla cultura, oppure la loro eliminazione da entrambi gli ambiti.

2. Dobbiamo quindi valutare se i fondi previsti per lo sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 debbano essere utilizzati prevalentemente per dare supporto agli agricoltori, oppure maggiormente orientati verso attività rurali non agricole o persino beneficiari che rimarranno nelle zone rurali, ma abbandoneranno l’attività agricola preferendo altri ambiti di attività professionale. Se dovesse emergere che il sostegno agli agricoltori è l’obiettivo prevalente del secondo pilastro, sembra che nella prossima prospettiva convenga collegare questi fondi alla politica di coesione.

3. E’ poi necessario aumentare gli stanziamenti per il secondo pilastro della politica agricola comunitaria, sebbene, come richiesto dal Parlamento europeo, attraverso una riduzione dei pagamenti diretti alle grandi aziende agricole e un graduale aumento delle quote di modulazione.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La politica regionale, che si concretizza nei fondi di coesione e strutturali, è giustamente considerata dai cittadini europei la politica comunitaria più visibile e tangibile. Nessun’altra politica fornisce altrettanta visibilità all’Unione europea o illustra meglio i benefici dell’integrazione. Per questo motivo attribuiamo grande importanza al dibattito sul futuro della coesione. La coesione è oggi quanto mai necessaria, dato che le due metà dell’Europa si sono riunite dopo essere state separate nel secondo dopoguerra dalla cortina di ferro, e lo è soprattutto per i paesi che sono stati relegati in una posizione secondaria dall’accordo di Yalta. La crisi, così come il potenziale dei fondi strutturali come pacchetto anticrisi, rappresenta una situazione particolare.

Non possiamo permettere che si ripeta quello che è accaduto nel 2008, quando sono stati restituiti 4,5 miliardi di euro di fondi rimasti inutilizzati. Si è trattato di un fallimento comune per noi tutti, sufficiente a rendere oggi di primaria importanza la decisione di far passare questa quota del bilancio comunitario. Sul breve periodo è possibile rinviare altre questioni; sul lungo periodo dobbiamo difendere la politica di coesione, la politica comunitaria che offre una possibilità a tutte le regioni. Come tale, la politica di coesione deve rimettere alle autorità locali e regionali la decisione sulle migliori modalità di gestione dei fondi. Ulteriori criteri per la valutazione dei progetti aumenteranno il livello di discrezionalità della loro valutazione, rendendo quindi più complesso il processo di utilizzo dei fondi, il che non ha senso né oggi, in un momento di crisi, né a lungo termine.

 
  
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  Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. – (RO) Vorrei innanzi tutto congratularmi con il relatore per tutto il suo impegno.

Com’è noto, l’attuazione di strategie e programmi operativi per il periodo 2007-2013 è ancora nella fase iniziale e per questo l’ambito di applicazione della relazione oggetto di dibattito è ancora ristretto. Vorrei tuttavia ricordare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per integrare le priorità generali della politica di coesione nel processo di elaborazione e negoziazione dei programmi operativi.

Il conseguimento di risultati positivi nell’attuazione dei programmi operativi dipende soprattutto dalla nostra capacità di semplificare rapidamente le procedure e promuovere misure intese a consolidare la capacità istituzionale e, non meno importante, la capacità di identificare le specifiche esigenze di formazione professionale del personale addetto alla gestione dei fondi europei.

Per garantire una migliore gestione finanziaria della spesa comunitaria e la necessaria trasparenza nella gestione dei fondi, a mio avviso è particolarmente importante che gli Stati membri dispongano di efficienti sistemi di monitoraggio.

Sono poi fermamente convinta dell’assoluta necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica per ottenere il massimo assorbimento dei fondi e consentire quindi lo sviluppo di progetti realizzabili.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) A livello europeo, nella futura politica regionale e di coesione dell’Unione, si ritiene che le disparità siano dovute a carenze strutturali regionali riguardanti fattori chiave per realizzare la competitività e in particolare carenze in termini di capacità di innovazione e spirito imprenditoriale.

A questa situazione si potrebbe porre rimedio adottando un approccio strategico e in particolare promuovendo la competitività regionale su tutto il territorio dell’Unione europea, dato che questo elemento è considerato fondamentale per rafforzare l’economia nel suo complesso e limitare i rischi derivanti dalla congestione provocata dalla concentrazione delle attività economiche.

Dobbiamo ribadire che l’eliminazione di tali disparità sarebbe possibile solo lanciando una campagna di informazione di vasta portata e intessendo un dialogo tra cittadini e società civile, altrimenti i progetti continueranno a essere inaccessibili.

Parimenti, per attuare i programmi e i progetti senza difficoltà con il sostegno dell’Unione europea, servono sistemi di controllo e gestione di alto profilo. La conformità alle normative europee, come i regolamenti in materia di ambiente e pari opportunità, è un prerequisito per il finanziamento dei progetti. Prima di eseguire ulteriori pagamenti, oltre agli anticipi dai fondi, la Commissione deve garantire che i sistemi di gestione e controllo rispettino pienamente la normativa vigente.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE), per iscritto. – (ET) La coesione territoriale rafforza la coesione economica e sociale ed è un elemento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla politica di coesione dell’Unione in quanto contribuisce in modo efficace a colmare i divari di sviluppo esistenti non solo fra gli Stati membri e le regioni, ma anche al loro interno.

La coesione territoriale svolge poi un ruolo importante negli sviluppi futuri della politica regionale comunitaria, come dimostra l’inserimento del principio della coesione territoriale a fianco della coesione economica e sociale nel trattato di Lisbona.

Nel contesto dell’attuale crisi economica, la ripresa dell’economia europea è diventata un obiettivo primario che sarà possibile conseguire attraverso investimenti attenti, fondamentali per il successo economico, la scoperta scientifica, l’innovazione tecnologica e l’occupazione.

Sostengo con entusiasmo l’idea del relatore che l’Unione europea debba stimolare una maggiore interazione e un più intenso trasferimento di conoscenze fra singoli centri di ricerca e di innovazione e territori circostanti per ottenere il massimo impatto dagli investimenti effettuati a beneficio dei cittadini europei sotto l’insegna della coesione territoriale.

Per affrontare in modo più efficace i problemi e le difficoltà con cui gli Stati membri si stanno confrontando in questo momento di crisi, dobbiamo attuare una strategia di coesione comune a tutta l’Unione in cui la dimensione territoriale della politica di coesione sia messa in luce. E’ inoltre necessario tenere debitamente conto delle esigenze particolari specifiche di ciascuno Stato membro nell’applicazione dei provvedimenti relativi a tale politica.

Nell’immediato dobbiamo infine intraprendere un più ampio dibattito sul possibile futuro della politica regionale e di coesione dell’Unione nel periodo successivo al 2013 e sulla possibile forma che potranno assumere i fondi strutturali nel prossimo periodo di programmazione per poter così contribuire a migliorare consapevolmente il vantaggio competitivo dell’economia europea a livello mondiale.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Nel rispetto del motto dell’Unione europea “uniti nella diversità” dobbiamo compiere ulteriori sforzi per fare del nostro continente un’Europa delle regioni. La coesione territoriale svolge un ruolo importante in tal senso e per questo dovremmo evidenziare tale aspetto e farne un obiettivo a sé, parallelo alla coesione economica e sociale.

Nel processo di rafforzamento delle regioni, dobbiamo rivolgere particolare attenzione alle zone sensibili, com’è già stato osservato nel corso dell’odierno dibattito sull’argomento. E’ necessario tenere conto dei costi aggiuntivi, in particolare nelle regioni montane, la cui gestione richiede molto tempo e denaro.

Fornire compensazioni a fronte di queste condizioni difficili rappresenta un importante passo avanti nella creazione di un’Europa in cui meriti vivere in tutte le sue regioni. In tale contesto dovremmo dare maggiore rilievo all’industria agricola. La produzione lattiera nelle zone montane fornisce un contributo importante alla conservazione delle aree rurali e dovrebbe quindi essere sostenuta adeguatamente. Sarebbe poi necessario aiutare le piccole e medie imprese che creano occupazione al di fuori dei principali centri del commercio europeo. Nel complesso, l’attuale dibattito sulla coesione traccia la direzione in cui orientare una politica regionale moderna e consentirà di proiettare nel futuro le tradizionali strutture dell’Europa.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. – (PL) Nel periodo 2007-2013, la Polonia riceverà dall’Unione europea oltre 67 miliardi di euro. Nel quadro di tali contributi finanziari, nel solo 2008 la Commissione europea ha versato alla Polonia complessivamente 19,3 miliardi di PLN. Tuttavia, taluni aspetti specifici dell’attuazione di questi programmi fanno sì che la maggior parte dei pagamenti avverrà negli ultimi anni di programmazione, vale a dire nel periodo 2013-2015. Sono purtroppo emersi vincoli importanti che impediscono un’efficace attuazione in Polonia di quanto previsto nell’ambito dei fondi strutturali. Dall’avvio dei programmi per il periodo 2007-2013 all’inizio del marzo 2009 sono stati firmati circa 8 400 accordi di sostegno finanziario per una spesa complessiva di 15,4 miliardi di PLN che include un contributo dall’Unione europea di 11,4 miliardi di PLN. Ahimè, le domande per ricevere gli stanziamenti previsti da tali fondi ammontano complessivamente a circa 1,75 miliardi di PLN. Le procedure estremamente lunghe per l’aggiudicazione dei contratti pubblici possono causare ritardi nell’erogazione dei fondi strutturali e pertanto influire sul basso livello di assorbimento. I fondi strutturali sono stanziamenti pubblici soggetti alle leggi nazionali in materia di appalti pubblici. La vigente normativa deve creare una procedura semplice ed efficace per la selezione dei contraenti. Procedure di gara eccessivamente lunghe possono causare ritardi nell’erogazione dei fondi strutturali. I fondi europei dovrebbero essere uno strumento per contrastare uno degli effetti più gravi della crisi finanziaria. L’accelerazione della spesa consentirà nel 2009 un rafforzamento dell’economia attraverso gli investimenti rivolti alle infrastrutture, al capitale umano e alle imprese per un valore equivalente almeno all’1,3 per cento del PIL. Affinché ciò avvenga, però, il governo deve agevolare l’accesso ai fondi europei e semplificare le procedure.

 
  
  

(La seduta, sospesa alle 11.50, riprende alle 12.05 in attesa del turno di votazioni)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Presidente. L'ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati dettagliati della votazione: vedasi processo verbale)

 

4. Turno di votazioni
Video degli interventi

4.1. Accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (A6-0071/2009, Paolo Costa) (votazione)

4.2. Trattori agricoli o forestali a ruote (versione codificata) (A6-0130/2009, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) (votazione)

4.3. Regime comunitario delle franchigie doganali (versione codificata) (A6-0129/2009, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) (votazione)

4.4. Raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (A6-0119/2009, Sirpa Pietikäinen) (votazione)

4.5. Priorità dell'Unione europea per la 64a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (A6-0132/2009, Alexander Graf Lambsdorff) (votazione)

4.6. Un anno dopo Lisbona: il partenariato UE-Africa in azione (A6-0079/2009, Maria Martens) (votazione)

4.7. Contratti OSM (A6-0085/2009, Alain Hutchinson) (votazione)

4.8. Studi artistici nell'Unione europea (A6-0093/2009, Maria Badia i Cutchet) (votazione)

4.9. Dialogo attivo con i cittadini sull'Europa (A6-0107/2009, Gyula Hegyi) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Gyula Hegyi, relatore. (EN) Signor Presidente, sarò breve. Su mio consiglio i deputati socialisti della commissione cultura e istruzione si sono astenuti durante la votazione finale sulla relazione in questione.

In qualità di relatore, sono alquanto insoddisfatto del risultato delle votazioni sugli emendamenti. Molte delle nostre idee più nuove e pionieristiche sono state eliminate da altri gruppi politici. A mio parere, una relazione d’iniziativa dovrebbe essere un documento coraggioso – talvolta anche provocatorio – e libero dai dogmi del passato. Avevo intenzione di astenermi e di chiedere ai miei compagni di fare altrettanto anche durante la votazione plenaria. Tuttavia, le mie sagge e tolleranti onorevoli colleghe mi hanno persuaso del fatto che non sarebbe stata una buona idea, poiché una relazione indebolita è pur meglio di nessuna relazione. Chiedo pertanto al Parlamento di sostenere la relazione nella sua forma attuale, con l’auspicio di avere in futuro l’occasione di migliorarla.

 

4.10. Attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008 (A6-0081/2009, Thierry Cornillet) (votazione)

4.11. Migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei Fondi strutturali (A6-0095/2009, Constanze Angela Krehl) (votazione)

4.12. Complementarità e coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale (A6-0042/2009, Wojciech Roszkowski) (votazione)

4.13. Prodotti cosmetici (rifusione) (A6-0484/2008, Dagmar Roth-Behrendt) (votazione)

4.14. Immissione sul mercato dei biocidi (A6-0076/2009, Daciana Octavia Sârbu) (votazione)

4.15. Struttura e aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati (A6-0121/2009, Zsolt László Becsey) (votazione)
  

- Prima della votazione

 
  
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  Zsolt László Becsey, relatore.(HU) Ho chiesto di poter prendere la parola perché questa è una questione che non è stata discussa nel corso della plenaria e recuperandola possiamo rendere più vivace la votazione odierna. Desidero raccontare brevemente ai miei onorevoli colleghi che ci troviamo alla conclusione di un negoziato estremamente lungo. Si tratta di un argomento molto delicato, e vorrei evitare che si verifichi nuovamente quanto è accaduto con la questione dell’acool, sulla quale il Parlamento non ha espresso un parere.

In questo caso stiamo prendendo in considerazione un aumento di prezzo anche da un punto di vista sanitario, ma non possiamo consentire al fanatismo di introdurre un aumento di prezzo che taluni Stati membri semplicemente non sono in grado di sostenere, o che provocherebbe un incremento del contrabbando, in particolare negli Stati membri più periferici dell’Unione europea.

Chiedo, pertanto, a tutti di votare in modo responsabile, e di prendere in considerazione un aumento moderato ma ben determinato al di sopra del livello minimo. Di conseguenza, chiederei a tutti i colleghi di seguire il suggerimento di voto da me proposto sull’argomento, adottato dalla commissione per i Problemi economici e monetari in seguito al raggiungimento di un compromesso. Chiedo, dunque, a tutti i miei onorevoli colleghi di agire in modo responsabile e in modo tale che si possa, con una larga maggioranza, emettere un parere al Consiglio su una questione così dibattuta.

 

4.16. Lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'UE (A6-0054/2009, Cristiana Muscardini) (votazione)
  

- Prima della votazione

 
  
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  Lissy Gröner, a nome del gruppo PSE.(DE) Signor Presidente, il Gruppo socialista al Parlamento europeo desidera votare a favore di questa risoluzione alternativa. Tuttavia, vorremmo dichiarare che nel considerando G il riferimento alla “salute sessuale e riproduttiva” non deve costituire un passo indietro rispetto a decisioni già prese. E’ importante per noi che i diritti sessuali e riproduttivi delle donne vengano riconosciuti.

 

4.17. Multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune (A6-0092/2009, Vasco Graça Moura) (votazione)
  

- Prima della votazione

 
  
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  Vasco Graça Moura, relatore.(PT) Signor Presidente, la mia relazione è in linea con tutti i documenti precedenti sul multilinguismo, siano essi del Parlamento, del Consiglio o della Commissione.

La risoluzione alternativa presentata costituisce un tentativo di discutere all’interno del Parlamento europeo alcune controversie nazionalistiche attualmente in corso in Spagna. Proprio ieri il quotidiano iberico El País riferiva che la Corte suprema di Spagna ha deciso tre mesi fa di aggiungere un campo alla modulistica di pre-iscrizione al fine di chiedere ai genitori in quale lingua desiderino sia impartita l’istruzione ai propri figli, informando inoltre che le autorità catalane non stanno rispettando tale decisione.

I firmatari della risoluzione alternativa non vogliono permettere il riconoscimento di tale diritto ai genitori nei paesi con più di una lingua ufficiale o regionale.

Essi sono contrari al riconoscimento dell’esigenza vitale di un’istruzione nella propria lingua madre, non solo per la riuscita della formazione generale, ma anche, in particolare, per l’apprendimento di altre lingue.

Non vogliono garantire la piena reciproca comprensione tra le lingue parlate in un paese che si trovi in questa situazione, con particolare riferimento ai cittadini più anziani e ai rapporti con il sistema giuridico, la sanità, la pubblica amministrazione e l’occupazione.

Non accettano che, in tali paesi, non si debba promuovere una lingua a scapito dei diritti di chi ne parla un’altra o delle altre.

Ciò costituisce la negazione di tutto quanto questo Palamento e le altre istituzioni europee hanno sostenuto fino a questo momento.

Di conseguenza, i paragrafi 11, 12, 14 e 17 della mia relazione sono stati esclusi dalla risoluzione alternativa. Esaminandone i contenuti, tali posizioni negative si scontrano in modo evidente con i nostri diritti e libertà fondamentali, e costituiscono una palese violazione del principio di sussidiarietà.

La mia relazione non aggredisce né danneggia le cosiddette lingue minoritarie, al contrario, le rispetta e ne riconosce il valore, ma tenta altresì di istituire dei principi generali e di base.

Questo Parlamento non può lasciarsi strumentalizzare dei nazionalismi estremistici, né da odii e avversioni di carattere regionale e locale. E’ in gioco il nostro senso di responsabilità come parlamentari europei. Pertanto, vi esorto a votare contro la mozione alternativa e a favore della relazione da me presentata.

 
  
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  Presidente. Colleghi, un attimo di attenzione. Vi è una richiesta di parola, forse ve ne saranno altre. Io do per scontato, conoscendone i contenuti, che le dichiarazioni appena fatte dal relatore non saranno condivise da alcuni colleghi, ma come sapete non è prevista, è previsto il diritto del relatore a prendere la parola per due minuti, non è prevista l'apertura del dibattito.

Quindi non sono in grado di dare la parola riaprendo il dibattito, soltanto se vi è una richiesta di intervento per mozione d'ordine ai sensi regolamentari. Se si tratta di questo, l'onorevole Guardans ha la parola, non sarò maleducato se gliela toglierò non appena mi accorgessi che non si tratta di una mozione d'ordine per problemi regolamentari.

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE). - (EN) Signor Presidente, il mio è, effettivamente, un intervento per mozione d’ordine. Non è mia intenzione aprire una discussione, tuttavia, il relatore ha appena fatto una dichiarazione i cui contenuti non corrispondono a quanto metteremo al voto. Egli ha detto che la mozione alternativa elimina quattro paragrafi della sua risoluzione originale e ciò non è vero: è stata semplicemente cambiata la loro numerazione. Dei quattro paragrafi citati solo uno non compare nei testi delle due risoluzioni. Questo è un dato di fatto. Gli altri tre sono presenti in entrambi i testi.

(Contestazioni)

Pertanto, si tratta di una mozione d’ordine relativa a un chiarimento. I deputati voteranno quanto l’onorevole Graça Moura ha chiesto loro di votare. Vi è un solo elemento, che nulla ha a che fare con la Corte suprema spagnola, che diverge nelle due risoluzioni. Poiché la dichiarazione del relatore non è corretta, ritengo che sussistano i presupposti per una mozione d’ordine.

 
  
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  Presidente. – Grazie onorevole. Procediamo adesso al voto. Metto ai voti l'emendamento n. 1, si vota per appello nominale, la votazione è aperta.

 
  
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  Cristiana Muscardini (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, era solo per chiedere se non si ritiene una sciocchezza la possibilità di scippare la relazione di una persona presentandone una identica, quando con il vecchio sistema si presentavano gli emendamenti. Per cui un invito a rivedere il nostro regolamento che sta creando una confusione incredibile ed un'ingiustizia ufficializzata.

 
  
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  Presidente. Mi farò carico di riproporre in Ufficio di presidenza questa questione anche se sapete che alcune competenze regolative sono sottratte all'Ufficio di presidenza ed esercitate dal coordinamento dei capigruppo ma, chiunque debba decidere, se è una sciocchezza resta una sciocchezza, certamente non cambia.

 

4.18. Libro verde sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione (A6-0083/2009, Lambert van Nistelrooij) (votazione)

4.19. Dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (A6-0031/2009, Oldřich Vlasák) (votazione)

4.20. Attuazione del regolamento sui Fondi strutturali 2007-2013 (A6-0108/2009, Miroslav Mikolášik) (votazione)

4.21. Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione (A6-0041/2009, Zsolt László Becsey) (votazione)

5. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi alzo in segno di rispetto per la relazione dell’onorevole Martens che già a partire dal titolo, “Un anno dopo Lisbona”, presenta un’occasione per una mia riflessione su dove si trovi l’Unione europea oggi a un anno dal trattato di Lisbona. L’Unione europea si trova nel caos più totale: non siamo in grado di reagire alla crisi economica, assistiamo a un ritorno del protezionismo, ad opera soprattutto del governo francese, e a questo punto dobbiamo ammettere che il trattato di Lisbona non è solo sbagliato, ma è anche inefficace.

Abbiamo ascoltato il popolo irlandese – o quanto meno avremmo dovuto farlo – dichiarare in maniera molto netta con il referendum di non volere il trattato. E se non abbiamo ascoltato attentamente prima, dovremmo farlo adesso. Il trattato di Lisbona non è apprezzato, non è desiderato e, fatto questo ancora più importante, non è efficace. Il Parlamento deve prenderne atto.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, sono consapevole del fatto che, come ha detto poc’anzi l’onorevole Sumberg, il trattato di Lisbona rappresenta un’autentica catastrofe per l’Unione europea.

Tuttavia, desidero concentrarmi sull’eccellente relazione dell’onorevole Martens, che affronta un argomento fondamentale come le modalità di erogazione dei fondi comunitari dedicati agli aiuti. L’onorevole Martens ha stabilito che se i parlamenti nazionali dei paesi ACP non hanno accesso alle informazioni riguardanti le strategie dei loro paesi, al fine di poterne discutere in modo trasparente, i fondi che l’Unione europea stanzia per i paesi ACP potrebbero essere utilizzati in modo improprio. La relazione dà facoltà ai parlamenti dei paesi ACP di esaminare in dettaglio gli aiuti allo sviluppo erogati, allo stesso modo in cui il trattato di Lisbona avrebbe dovuto dare maggiori poteri ai parlamenti nazionali degli Stati membri per analizzare quanto facciamo noi qui al Parlamento europeo. La relazione dell’onorevole Martens prende in considerazione la responsabilità e la trasparenza e, pertanto, desidero sostenerla.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, concordo con le riflessioni del collega onorevole Sumberg quando fa il punto sul trattato di Lisbona a un anno dallo stesso. Tuttavia, desidero focalizzarmi su un apetto specifico della questione, ossia i risvolti relativi al partenariato Unione europea-Africa.

In qualunque rapporto di partenariato ritengo sia importante riconoscere con chi si sta dialogando. Spesso questo avviene a livello governativo, ma se parliamo con gli imprenditori – coloro che creano ricchezza in un paese – in molti paesi dell’Africa questi ci dicono: “consentiteci di aiutare i nostri governi ad aprire i mercati, affinché possiamo avere accesso ai beni e servizi che voi occidentali potete dare per scontato”. E’ solo aiutando gli imprenditori che possiamo davvero contribuire alla creazione di ricchezza in Africa, portando il continente africano fuori dalla povertà. Non dimentichiamolo: chi crea ricchezza in un paese ha un ruolo cruciale nel suo sviluppo, non solo le organizzazioni che forniscono gli aiuti.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione dell’onorevole Martens, ma non perché la ritenga un testo non equilibrato. Al contrario, vi è un certo numero di punti che sono assolutamente e decisamente corretti. Il problema sorge dal fatto che una relazione di questo genere non contiene nemmeno un lieve accenno alla questione dell’immigrazione clandestina, nonostante si tratti di un problema molto grave nell’ottica dei problemi connessi alla cooperazione per lo sviluppo in Africa.

Trovo, inoltre, alquanto strano che la relazione invochi il regime della carta blu UE per contrastare il fenomeno di allontanamento dei lavoratori africani dai settori dei loro paesi che necessitano della loro presenza. Si tratta, infatti, dell’asse portante dell’intero sistema della carta blu UE. Il problema della carta blu è, infatti, proprio che prevede la fuga di quei cervelli che sono invece indispensabili per lo sviluppo dei paesi africani. Attirando verso l’Unione europea questi lavoratori, i problemi dell’Africa peggioreranno, provocando un incremento dell’immigrazione verso l’Europa. Si tratta di una questione di grande rilevanza e dovremmo svolgere una discussione sull’argomento, invece di lasciare che venga toccata in un solo punto all’interno della relazione.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) – (in principio il microfono non è collegato) … è un insieme completo di strumenti per aiutare i paesi africani lungo il cammino verso lo sviluppo economico. Si tratta di un pacchetto completo, in quanto solo delle soluzioni complessive possono incidere sui molteplici problemi che si sono sovrapposti in Africa.

A che punto siamo? Negli ultimi anni abbiamo assistito a dimostrazioni di interesse sempre più forti della Cina nei confronti dell’Africa, con una politica di investimenti in espansione in quel continente. Tali iniziative contribuiranno allo sviluppo del continente unicamente se saranno gli africani, e in particolare le popolazioni locali, a essere ampiamente coinvolte nella costruzione della ricchezza, e non gli impiegati di imprese straniere che investono in tali paesi.

L’Unione europea deve il proprio successo al sollevamento graduale delle barriere economiche. Essa deve sostenere lo sviluppo economico dei singoli stati per costruire una rete di legami reciproci ed accrescere la disponibilità di prodotti africani sui mercati mondiali.

 
  
  

- Relazione Graf Lambsdorff (A6-0132/2009)

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi sono astenuto – assieme alla delegazione dei Conservatori britannici – nella votazione della relazione Lambsdorff sulle priorità dell’Unione europea per la 64a Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il mio partito sostiene con vigore l’operato delle Nazioni Unite, sebbene ammetta che si tratti di un organismo imperfetto che necessita di una riforma. Tuttavia, su un certo numero di questioni sollevate nella relazione i Conservatori britannici sono in forte disaccordo. Ad esempio, il ruolo della Corte penale internazionale e l’abolizione dei seggi permanenti del Regno Unito e della Francia presso il Consiglio di sicurezza a favore di un unico seggio permanente dell’Unione europea. Riteniamo in oltre, che l’applicazione della pena di morte ai maggiorenni sia una questione che ogni parlamentare debba decidere secondo coscienza e non abbiamo una linea di partito sull’argomento. Queste le motiviazioni della nostra astensione.

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, desidero fare una considerazione in merito alla relazione dell’onorevole Martens.

Innanzitutto, vorrei dire che il trattato di Lisbona non è una catastrofe e che è una sciocchezza descriverlo in questi termini. 26 dei 27 Stati membri dell’Unione europea lo ratificheranno o lo hanno già ratificato, compreso il parlamento del Regno Unito. E’ increscioso che gli onorevoli del Regno Unito al Parlamento europeo non rispettino le decisioni del loro parlamento nazionale nel fare determinate dichiarazioni in quest’Aula.

Il popolo irlandese ha espresso alcuni timori relativamente a determinate questioni e il governo e il parlamento irlandese stanno cercando di ottenere dei chiarimenti in merito. Se li otterranno e il popolo irlandese voterà “sì” al secondo referendum entro l’anno li vedremo forse tornare alla carica comportandosi nello stesso modo scandaloso cui abbiamo assistito la prima volta? Lasciate gli affari irlandesi all’Irlanda. Per risolvere la questione non abbiamo bisogno dell’assistenza di un popolo che ha impiegato 700 anni ad andarsene dal nostro paese!

Quanto al trattato di Lisbona, consentitemi di dire che la popolazione dell’Unione europea raggiungerà il 6% della popolazione mondiale nell’arco della prossima generazione. La Cina e gli altri paesi emergenti saranno estremamente potenti.

 
  
  

- Relazione Hutchinson (A6-0085/2009)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, desidero spiegare i motivi della mia astensione nella votazione sulla relazione Hutchinson. In qualità di membro dell’Assemblea ACP-UE concordo sul fatto che gli aiuti allo sviluppo non sono sempre efficaci. Questi aiuti non sono coordinati in modo ottimale e presentano costi amministrativi ingenti. Il relatore sostiene che i paesi partner non si identificano sempre con le strategie per lo sviluppo dei paesi donatori ma che gli aiuti di stato sono l’unico strumento efficace – e su questo punto sono d’accordo – sebbene egli ritenga che dovrebbero sicuramente essere più prevedibili. Credo fermamente che dobbiamo innanzi tutto procedere a una condivisione delle priorità con altri fornitori di aiuti economici, quali gli Stati Uniti e i paesi che aiutano le proprie ex colonie. Il relatore ha anche sottovalutato l’impatto della politica della Cina di investire nei paesi in via di sviluppo. Tale politica non rispetta né gli obiettivi di sviluppo del millennio né altri obiettivi, ma riflette unicamente ed esclusivamente gli interessi commerciali della Cina.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con il mio collega, l’onorevole Hutchinson, per la relazione eccellente che ha scritto su un argomento estremamente importante. La Commissione e l’Unione europea forniscono quantitativi ingenti di denaro ai paesi in via di sviluppo, per lo più in Africa. Circa il 50% degli africani vivono ancora con meno di un dollaro al giorno e il 75% dei destinatari degli aiuti nel mondo sono africani.

Tali spaventose statistiche indicano che è giusto fornire aiuti all’Africa, per rendere disponibile acqua potabile pulita e per consentire alle popolazioni africane di pervenire a uno sviluppo sostenibile. Tuttavia, quando i fondi vengono versati ai governi africani, come ora fa la Commissione con quello che viene chiamato “budgetary support”, dovremmo anche insistere che tale forma di aiuti venga analizzata in modo molto rigoroso dai parlamenti nazionali, e che gli accordi finanziari firmati tra la Commissione e le nazioni africane siano resi accessibili al pubblico in modo trasparente nei parlamenti nazionali dei paesi africani e dei paesi ACP. E’ una questione molto importante per tutelare il denaro dei contribuenti europei.

 
  
  

- Relazione Badia i Cutchet (A6-0093/2009)

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE). - Signor Presidente, tutti noi in quest’Aula siamo favorevoli alle arti e alla promozione di arte e istruzione nei nostri rispettivi paesi. Spero che nessuno voglia contestarlo.

Tuttavia, il problema che sorge con questa relazione è che, ancora una volta, ci troviamo di fronte a un appello improprio per una dimensione europea. La diversità che caratterizza l’Unione europea è data dal fatto che ciascuno dei diversi stati nazionali possiede un background culturale e storico proprio e, pertanto, mi sembra importante che le arti e l’istruzione vengano definite a livello nazionale. Si tratta di un campo in cui l’Unione europea e il Parlamento europeo non debbono interferire.

“Che cento fiori sboccino”, diceva, credo, una frase famosa. Che ne sboccino almeno 27 nell’Unione europea, ma ciascuno per conto suo. Ritengo che se procediamo in questa direzione i fiori sbocceranno nel modo ottimale e avranno una vita più lunga.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Badia i Cutchet per la sua relazione.

Riprendendo il discorso molto poetico dell’onorevole Sumberg, vorrei affermare che è importante che il fiore della cultura sbocci appieno, il che richiede, appunto, una dimensione Europea. E’ cruciale che l’istruzione non sia unicamente incentrata sull’acquisizione della conoscenza e la valutazione della stessa, ma che venga anche presa in considerazione l’importanza della crescita dal punto di vista umano. La cultura, l’arte e lo sport sono fondamentali se puntiamo allo sviluppo dell’intera personalità.

In tal senso è corretto ricordare ai sistemi nazionali di istruzione, mediante un processo di coordinamento aperto, della necessità di mantenere un alto grado di istruzione nelle arti all’interno della programmazione didattica, senza escludere la dimensione europea, perché l’Europa è ben nota per la sua diversità, il pluralismo, e la sua grande tradizione artistica e culturale. E’ inoltre appropriato che noi europei impariamo a conoscere la cultura di altri paesi e i grandi personaggi della cultura europea appartenenti ai diversi ambiti culturali.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, il carattere universale dell’arte europea dimostra quanto sia necessario ripristinare il ruolo della scuola quale centro principale della diffusione della cultura. Si tratta di un’opportunità per democraticizzare l’accesso alla cultura. L’istruzione artistica sviluppa la sensibilità e consente l’espressione del nostro potenziale creativo. Pertanto, dovrebbe essere una componente obbligatoria della programmazione didattica in ogni fase della formazione scolastica.

L’Anno europeo dell’arte e dell’innovazione è un’occasione eccellente per restituire all’arte il suo giusto posto – anche all’interno dell’istruzione – affinché se ne possa apprezzare la capacità di promuovere l’integrazione. La tutela dell’identità culturale delle singole regioni e la possibilità di venirne a conoscenza grazie alla mobilità – anche nel settore dell’istruzione culturale – costituisce un’ulteriore opportunità per lo sviluppo della creatività.

E per questo che l’istituzione di un contesto comunitario di mobilità dedicato agli europei che si dedicano ad attività artistiche e creative è particolarmente importante. E’ per tale motivo che ho votato a favore della relazione, sebbene vorrei anche protestare contro la procedura rapida della discussione su tale documento e la sua adozione praticamente in assenza di dibattito.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, ho sempre ritenuto che lo sport di buon livello rappresenti una forma d’arte. Quale esempio di tale arte nell’Unione europea consentitemi di citare la vittoria della squadra di rugby tutta irlandese al Millennium Stadium di Cardiff sabato scorso, quando abbiamo sconfitto il Galles in un’esibizione esemplare di eccellenza sportiva e artistica senza eguali. Abbiamo anche battuto l’Inghilterra, la Francia, l’Italia e la Scozia. La nostra squadra tutta irlandese ha vinto le Sei nazioni – ovvero il Grande Slam. Lo sport è arte, l’arte è sport. Dobbiamo riconoscere questo meraviglioso risultato.

 
  
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  Presidente. Onorevole Doyle, se avessi saputo che lei avrebbe ricordato il cucchiaio di legno per gli italiani non le avrei dato la parola su questo punto.

 
  
  

- Relazione Hegyi (A6-0107/2009)

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI).(BG) Prendo la parola per illustrare il motivo per cui la delegazione del partito Nacionalen Săjuz Ataka vota contro questa relazione.

Di certo non è a causa dei molti punti positivi sollevati nella relazione relativamente alla trasparenza dell’operato delle istituzioni coinvolte. Naturalmente siamo favorevoli alla trasparenza dell’operato delle istituzioni dell’Unione europea, ma non al fatto che tale trasparenza si possa ottenere unicamente con l’adozione del trattato di Lisbona e iscrivendo il trattato, che per noi è lettera morta, nuovamente nell’agenda europea con molte relazioni come questa, che in realtà assumono una posizione diversa o affrontano una questione differente.

A parte questo, per quanto riguarda il trattato di Lisbona, siamo contrari all’adozione del trattato perché esso aprirà le porte all’ingresso della Turchia nell’Unione europea. L’adesione della Turchia equivale alla morte certa della Bulgaria, sia da una prospettiva economica che demografica. Questo è il motivo che ci ha indotti a votare contro la relazione.

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, quando ho letto il titolo della relazione – “Dialogo attivo con i cittadini sull’Europa” – ho creduto che si trattasse di uno scherzo, poiché nella realtà dei fatti, il dialogo attivo con i cittadini europei è una chimera. Il punto è che un dialogo non è un monologo: bisogna ascoltare ciò che i cittadini europei hanno da dire. I cittadini europei dei Paesi Bassi, della Francia e dell’Irlanda hanno detto molto chiaramente, con riferimento al trattato di Lisbona, di non voler adottare il trattato.

Pertanto, se questo Parlamento e tutte le istituzioni europee desiderano il dialogo con i loro cittadini, un fatto certamente positivo, devono asserire senza alcuna ambiguità che risponderanno a tale dialogo e che ascolteranno quanto i cittadini hanno da dire. In questo Parlamento, la discussione, l’adozione di relazioni e le votazioni sul concetto di dialogo non sono altro che una perdita di tempo se a livello collettivo – ed è quanto avviene in quest’Aula – non si vuole prendere atto di ciò che viene detto e ci si sottrae all’obbligo di rispondere. Si tratta di un fallimento.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, siamo di fronte una relazione estremamente importante e sono d’accordo con il relatore che forse avremmo potuto essere più coraggiosi, spingendoci più in avanti.

In quanto parlamentare di un paese che tiene delle votazioni su ogni trattato, sono particolarmente consapevole della necessità di un dialogo attivo e continuativo con i cittadini. Ho potuto costatare che sempre più persone perdono la fiducia nelle istituzioni. L’Unione europea rappresenta un’organizzazione enorme e abbiamo una responsabilità importante nel garantire la centralità del dibattito nel nostro operato.

Sostengo in modo particolare i contenuti del paragrafo 32, e ringrazio il relatore di aver appoggiato il mio emendamento relativamente al fatto che l’Anno europeo del volontariato nel 2011 costituirà un’opportunità eccellente affinché le istituzioni dell’Unione europea stabiliscano un contatto con i cittadini.

Abbiamo richiesto alla Commissione di presentare dei provvedimenti adeguati sui preparativi per il 2011 ed essa ha avviato i lavori. Ora dobbiamo garantire l’instaurarsi di un dialogo significativo con i 100 milioni di volontari sparsi in tutta l’Unione europea e fare sì che la loro voce e le loro opinioni siano al centro di qualunque nuovo piano, programma o politica, e che il dialogo attivo con i cittadini ci consenta di giungere a un’Unione europea forte e solida.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Hegyi è eccellente e necessaria. Abbiamo bisogno di un dialogo attivo tra le nazioni europee e i cittadini. Serve maggiore comprensione reciproca e tolleranza, per essere in grado di ascoltare ciò che ha da dire chi è diverso da noi. Ne abbiamo bisogno anche qui, al Parlamento europeo.

Mi ha molto rattristato assistere a dei parlamentari abbandonare l’Aula nel corso dell’intervento del presidente Klaus, come anche il fatto che ciò si sia verificato nel corso dell’attuale presidenza ceca. Non sono disposti ad ascoltare il parere degli altri cittadini, presidenti, istituzioni e individui in merito a questioni generali dell’Europa?

Dovremmo essere disponibili all’ascolto di punti di vista diversi. Abbiamo bisogno dell’interazione e del dialogo, e ne abbiamo bisogno anche a livello della gente, affinché il pubblico possa sentire di avere voce in capitolo nelle varie questioni, allontanando l’idea che l’Unione europea non è altro che un circolo privato in cui la discussione è aperta solo a una cerchia ristretta di privilegiati. Sono favorevole alla proposta di un più esteso dialogo, attivo e tollerante, a tutti i livelli nell’Unione europea. E’ di questo che abbiamo veramente bisogno.

 
  
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  Nirj Deva (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, nel corso della crisi economica è accaduto qualcosa di strano, come si suol dire, lungo la via di Damasco. I popoli europei non si sono rivolti all’Unione europea per salvarsi dalla crisi economica. Si sono rivolti agli Stati membri e ai governi nazionali per uscirne. Colui che ritiene di aver salvato il mondo sta per giungere qui tra poche ore, ma a parte questo, a Parigi come a Londra, come a Washington e a Roma, i cittadini dei vari paesi (a cui è stato detto di essere cittadini europei) hanno guardato ai governi nazionali per essere salvati dalla crisi – e non a questa entità più ampia che chiamiamo Unione europea.

Posso domandare perché è accaduto tutto ciò? Posso chiedere a quanti ciarlano che l’Unione europea è una macchina meravigliosa di porsi questo interrogativo? Sono in grado di rispondere, e la risposta è che non esite alcuna connessione tra le istituzioni europee e i cittadini, i quali continuano a rivolgersi ai loro governi nazionali nei momenti del bisogno.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). - (PL) Signor Presidente, desidero protestare contro il modo in cui viene affrontata questa relazione. La costruzione della fiducia dei cittadini degli Stati membri dell’Unione nei confronti delle istituzioni europee non significa solo essere a conoscenza delle loro strategie e attività, il che spesso, comunque, non avviene. Significa soprattutto infondere la convinzione che esiste una compartecipazione ai processi decisionali, che ognuno ha la possibilità di dire la propria all’interno dell’Unione europea e che i diritti sanciti dai trattati non sono stati calpestati.

Un dibattito tra i cittadini europei in tutti gli Stati membri dell’Unione è il modo migliore di rassicurarli del fatto che quanto avviene nell’Unione europea dipende effettivamente dai cittadini dei paesi che ne fanno parte. E’ il modo migliore di impedire che le circa 100 persone coinvolte nella stesura delle attività più importanti che le istituzioni europee dovranno porre in essere si sentano defraudate. La lista di richieste dovrebbe essere presa seriamente in considerazione e lo stesso vale anche per i documenti realizzati dai partecipanti al dibattito in altri paesi. Ed è ancor più sorprendente che gli ostacoli a un effettiva discussione sulla questione del dialogo con i cittadini vengano posti all’interno del parlamento europeo.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, questa relazione riguarda il dialogo attivo con i cittadini e la miglior forma di dialogo attivo con i cittadini europei consiste nel prestare ascolto a quanto essi dicono nelle consultazioni elettorali democratiche. E’ grande l’ironia di un Parlamento europeo che adotta questa relazione mentre, nel contempo, ignora completamente alcune decisioni democraticamente prese negli Stati membri. Non c’è da meravigliarsi che l’Unione europea sia così impopolare nella mia circoscrizione elettorale del nordest dell’Inghilterra e anche altrove in Europa. Il concetto di dialogo democratico per l’Europa è a senso unico: l’Unione europea non ascolta ciò che la gente ha da dire e si limita a dettare cosa devono pensare e come possono votare.

Guardando agli ultimi dieci anni, la Francia, i Paesi Bassi e ora l’Irlanda – per ben due volte – hanno votato a favore di un freno a una più ampia integrazione europea. Eppure, l’Unione europea ha completamente ignorato la loro opinione.

Se ci si limita ad ascoltare le organizzazioni non governative finanziate dall’Unione europea non si può sostenere che queste riflettano l’opinione degli elettori. La migliore forma di dialogo con i cittadini consiste nell’ascoltare quanto hanno da dire in elezioni libere e democratiche e nei referendum.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, credo che vi sia un fraintendimento nei nostri discorsi sul dialogo attivo con i cittadini europei, in quanto spesso confondiamo il dialogo con i cittadini con il dialogo con la società civile. Inoltre, confondiamo il dialogo con i cittadini con quello con organizzazioni parzialmente o interamente finanziate dalla Commissione. In effetti, in questo caso le istituzioni europee dialogano con organizzazioni fondate dalla Commissione, ovvero con il denaro dei contribuenti.

Quando poi diamo ai cittadini il diritto di dire la loro – com’è accaduto in Francia e nei Paesi Bassi con la costituzione, e in Irlanda con il trattato di Lisbona – ed essi dicono “no”, cosa facciamo? Ignoriamo del tutto i risultati elettorali. Quando il popolo dice “no” il dialogo non significa farlo votare ancora e poi ancora fino ad ottenere il responso desiderato. Questo non è dialogo, è abdicare dalla democrazia. E’ ora di impegnarci in un autentico dialogo attivo con i cittadini.

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, dopo cinque anni in questo Parlamento, nessun contenuto delle relazioni può sorprenderci. Ebbene, devo dire che sono rimasto sconcertato dall’inaudita arroganza di alcune parti di questa relazione e dall’insulto deliberato che essa rivolge a coloro che hanno l’ardire di non piegarsi servilmente, appoggiando il progetto europeo. Affermazioni quali quelle trovate nella relazione, secondo cui i ceti meno istruiti sono i più inclini a opporsi a un’ulteriore integrazione europea costituiscono un affronto audace e la dimostrazione di un’arroganza spropositata

La verità è che è molto più probabile che votino contro la costituzione dell’Unione europea o il trattato di Lisbona proprio coloro che ne hanno letto il testo, mentre è più probabile che a votare a favore siano coloro – come i Commissari – che non si sono mai scomodati a leggere tali documenti e che invece subiscono la propaganda favorevole all’Europa. Pertanto mi rifiuto di accettare gli insulti di questa relazione.

Desidero, inoltre, rispondere all’esternazione del primo intervento dell’onorevole Mitchell – quando con impeto repubblicano ha parlato dei 700 e più anni impiegati dalla Gran Bretagna per andarsene dall’Irlanda – dicendo che dovrebbe essere lieto che non se ne siano andati del tutto, visto che gli Irlandesi hanno avuto bisogno dei britannici dell’Irlanda del Nord per conseguire la vittoria a rugby nelle Sei Nazioni.

 
  
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  Neena Gill (PSE). - (EN) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione, ma con grande riluttanza, non solo per le sciocchezze che abbiamo appena udito giungere dall’altra parte dell’emiciclo, ma perché condivido i timori espressi dal relatore, l’onorevole Hegyi.

I contenuti della relazione sono stati molto indeboliti da coloro che, in questo Parlamento, non desiderano intrattenere un dialogo attivo con i cittadini europei. A mio avviso, un dialogo attivo non significa produrre opuscoli patinati e credo che la Commissione abbia fallito in questo senso. Non è riuscita a stabilire una connessione per rapportarsi in modo diretto ai cittadini. Non è riuscita a far comprendere meglio come l’operato delle istituzioni europee investe molti problemi reali del loro quotidiano. Auspico che il risultato della relazione sia che la Commissione riveda le proprie strategie e identifichi un approccio più ispirato per affrontare tale questione.

 
  
  

- Relazione Roszkowski (A6-0042/2009)

 
  
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  Jim Allister (NI). - (EN) Signor Presidente, accolgo favorevolmente questa relazione poiché affronta delle questioni che richiedono una discussione.

In particolare, appoggio il convincimento del relatore del fatto che i provvedimenti per lo sviluppo rurale non debbano prosciugare le risorse destinate ai pagamenti diretti agli agricoltori. Pertanto, mi unisco al relatore nel chiedere se i fondi per lo sviluppo rurale debbano essere collegati alla politica agricola comune, poiché questo inevitabilmente priva gli agricoltori di finanziamenti precedentemente disponibili. Se invece facessero parte dei fondi di coesione, non sussisterebbe questa possibilità di sottrarre fondi destinati agli agricoltori.

Pertanto saluto con favore la dichiarazione della relazione sul fatto che i lavoratori agricoli debbano essere i principali destinatari dei provvedimenti a sostegno della politica per lo sviluppo rurale, in modo da correggere uno scompenso che si è verificato in molti programmi di sviluppo rurale, compresi quelli che interessano la mia regione, l’Irlanda del Nord.

 
  
  

- Relazione Roth-Behrendt (A6-0484/2008)

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione e l’accolgo calorosamente. Per molto tempo abbiamo ritenuto di dover prestare attenzione solo a ciò che ingeriamo, mentre la relazione in questione dimostra che i prodotti cosmetici entrano nel nostro organismo con la stessa efficacia degli alimenti di cui ci nutriamo.

Diverse malattie che colpiscono le donne, come il tumore della mammella, la fibromialgia, l’encefalomielite mialgica, ecc. sono in aumento. Credo che si debba ora andare oltre, non solo per garantire che i cosmetici siano più sicuri, ma anche per svolgere delle ricerche serie sul rapporto tra alcuni ingredienti dei cosmetici e questo genere di malattie che affliggono le donne e, naturalmente, anche per sviluppare prodotti cosmetici più sicuri, dato che sicuramente vogliamo continuare a utilizzare i cosmetici.

 
  
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  Neena Gill (PSE). - (EN) Signor Presidente, do il benvenuto a questa relazione perché i test dei cosmetici sono di interesse per molti abitanti della mia circoscrizione, le Midlands occidentali, e ho ricevuto molta corrispondenza su tale questione. Ho accolto favorevolmente la relazione e l’ho sostenuta perché istituisce degli standard europei per l’utilizzo di materiali potenzialmente dannosi e stabilisce degli standard per la valutazione di quanto affermano le case produttrici di cosmetici. Tuttavia, sono necessari anche degli standard per la verifica delle dichiarazioni relative allo svolgimento di test sugli animali. L’ultima volta che abbiamo esaminato la relazione abbiamo affrontato la questione dei test sugli animali per scopi scientifici. Disponiamo ora di uno strumento importante per aumentare la consapevolezza del cliente in merito alle componenti dei cosmetici, che risulterebbe migliore in presenza di maggiore attenzione ai test svolti sugli animali.

 
  
  

- Relazione Sârbu (A6-0076/2009)

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione e di un maggiore controllo dei prodotti biocidi, ma desidero cogliere quest’occasione per indicare che, in Irlanda, la legge ci consente di immettere un contaminante tossico nell’acqua – un prodotto biocida che si chiama fluoruro di sodio. Desidero congratularmi con la Commissione per aver aperto un processo di consultazione in cui sono bene accetti articoli di ricerca scientifica, opinioni del pubblico, ecc. sulla questione dell’inquinamento dell’acqua potabile per mezzo di una sostanza tossica che si chiama fluoruro di sodio.

 
  
  

- Relazione Becsey (A6-0121/2009)

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, ho votato contro la relazione perché ritengo che abbia indebolito la proposta della Commissione di applicare delle aliquote di accise più elevate sui tabacchi lavorati. Gli studi hanno dimostrato come il modo più efficace e permanente di incidere sul comportamento dei consumatori di tabacchi lavorati sia mediante la tassazione.

In Irlanda le ricerche del University College Cork hanno dimostrato che a seguito dell’introduzione nel 2004 di un divieto totale di fumare nei luoghi di lavoro, i ricoveri per infarto cardiaco nella zona sono diminuiti dell’11% nel corso dell’anno successivo. L’Irlanda è anche il paese con le accise più elevate dell’Unione europea sui tabacchi lavorati, che ammontano a 4,99 euro per ogni pacchetto da 20 sigarette, portando così il prezzo a più di 8 euro a pacchetto.

I benefici di un approccio combinato di politiche di prezzo e imposte deterrenti, divieti al fumo, campagne di sensibilizzazione del pubblico e l’aumentato accesso a terapie di sostituzione della nicotina per coloro che desiderano smettere di fumare, concorrono a creare enormi vantaggi per il miglioramento delle condizioni di salute generale della popolazione.

Sebbene la sola Repubblica ceca in tutta l’Unione europea debba ancora ratificare la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul controllo del tabacco, il tabacco continua a uccidere un milione di cittadini all’anno nell’Unione europea. Potrebbe lei, in qualità di Presidente del Parlamento, chiedere alla presidenza ceca del Consiglio di ovviare a tale omissione prima della fine del suo mandato?

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, sembra che molti deputati dell’altra parte dell’Emiciclo stiano sfruttando la procedura delle dichiarazioni di voto relative a varie relazioni per parlare di altro, ovvero della ratifica del trattato di Lisbona. Così facendo fanno delle affermazioni infondate sul fatto che la gente si sia dichiarata contraria al trattato di Lisbona e che noi non vogliamo ascoltarla.

Al di là del fatto che sta agli Stati membri – e non a noi parlamentari – ratificare il trattato di Lisbona, tutto ciò è assolutamente errato. Uno Stato membro ha detto “no” e noi lo abbiamo ascoltato, come siamo tenuti a fare. Gli altri Stati membri hanno indicato di essere disposti ad ascoltare le motivazioni del “no”, di prenderne atto e di procedere sulla base delle stesse. Ma quando l’onorevole Dover dimostra di non conoscere la differenza tra il trattato che adotta una Costituzione per l’Europa e il trattato di Lisbona, e dice che la Francia e i Paesi Bassi hanno rifiutato il trattato sembra dimenticare, in modo molto conveniente, che in tali paesi sono stati svolti dei referendum.

Non vogliamo ascoltare un solo lato della discussione. Vogliamo ascoltarli entrambi e colmare il divario che li divide, trovando una soluzione accettabile per ogni Stato membro. Essi invece vogliono solo ascoltare chi dice “no”. Sono loro a essere colpevoli di non ascoltare i popoli d’Europa. Sono loro i colpevoli del mancato ascolto ai popoli europei. Sono loro che non accettano i risultati democratici, che tengono conto solo dei risultati convenienti e non della situazione complessiva degli Stati membri.

 
  
  

- Relazione Muscardini (A6-0054/2009)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero esprimere il mio pieno sostegno al considerando 5 della relazione. Attualmente sono coinvolta in un caso simile in Irlanda, in cui una madre è fuggita dal suo paese, la Nigeria, assieme alle sue due figlie dopo che la maggiore è deceduta in seguito a una mutilazione genitale femminile. Al momento il caso è comparso dinnanzi la Corte europea dei diritti dell’uomo e la Corte ha scritto al governo irlandese invocando la difesa del caso oppure il patteggiamento.

Il considerando 5 dichiara che le mutilazioni genitali femminili costituiscono una violazione dei diritti umani e che un numero sempre maggiore di richieste di asilo da parte di genitori sono motivate dalle minacce che subirebbero nel loro paese per essersi rifiutati di sottoporre la figlia a un intervento di mutilazione. Auspico che la Corte dei diritti dell’uomo prenda in considerazione la nostra dichiarazione nel proclamare la sentenza su questo caso.

Infine, concordo con l’onorevole Corbett sul fatto che si sia molto parlato di democrazia oggi in quest’Aula, tuttavia – per chiunque abbia voglia di prendersi il disturbo – se si sommano coloro che hanno votato la costituzione e il trattato di Lisbona nei vari referendum in tutta Europa, sono più di 27 milioni gli europei che hanno detto “sì”, mentre sono 24 milioni coloro che hanno detto “no”. Questa è la democrazia in azione.

 
  
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  Eleonora Lo Curto (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie per avermi dato la parola, io esprimo la mia piena condivisione per questa attenzione che viene posta oggi dal Parlamento su un tema così importante come quello intanto del diritto alla salute, del diritto all'identità sessuale, alla protezione della vita psicologica, dell'integrità psicofisica delle donne, che molto spesso appunto viene violata attraverso queste pratiche che sono ginecofobiche.

L'Europa si distingue per questo impegno a favore dei diritti umani, così come abbiamo ascoltato adesso dalla collega che mi ha preceduto. Ci sono mortalità infantili, mortalità di donne dovute proprio a queste pratiche assolutamente non condivisibili. Bene fa l'Europa a impegnarsi in tal senso e a dimostrare la grande responsabilità che viene posta perché le legislazioni vengano armonizzate in tale senso.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, sarei stata davvero lieta di votare a favore della relazione Muscardini sulle mutilazioni genitali femminili, poiché da diversi anni sostengo un divieto nei confronti di tale incivile pratica e, inoltre, attualmente seguo da vicino il caso di una famiglia che viene minacciata di essere costretta ad accettarla qualora faccia rientro nel proprio paese.

Tuttavia, come spesso accade, alcuni colleghi sfruttano la questione delle donne e ragazze mutilate per tornare a promuovere l’aborto con lo slogan dei “diritti sessuali e riproduttivi” all’interno di questa relazione.

 
  
 

(A seguito della correzione della votazione dell’onorevole Mitchell sulla relazione, riprendendo la versione definitiva del testo, la sua dichiarazione di voto orale non è più pertinente.)

 
  
  

- Relazione Graça Moura (A6-0092/2009)

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, desidero ringraziare il mio collega della commissione per la cultura e l’istruzione, l’onorevole Graça Moura, per il suo operato nella stesura di questa relazione, che ho sostenuto con il mio voto. Essa è collegata a documenti che abbiamo già affrontato in passato qui al Parlamento europeo. Il processo di allargamento ha contribuito alla diversità linguistica dell’Unione europea. Oggi parliamo 23 lingue e più di 60 dialetti sono diffusi nelle nostre regioni o tra alcuni gruppi.

La globalizzazione e l’emigrazione stanno contribuendo ad ampliare ulteriormente la tavolozza linguistica che utilizzata quotidianamente dagli europei. La diversità linguistica è pertanto indubbiamente una delle componenti più caratteristiche dell’Unione europea che investe l’ambito sociale, culturale e professionale della vita quotidiana dei suoi cittadini, nonché le attività economiche e politiche degli Stati membri. Ritengo che la notifica della Commissione in questo settore sia di grande importanza e concordo con il relatore sul fatto che l’eterogeneità dell’Unione rappresenti un enorme vantaggio competitivo, e che dobbiamo assolutamente sostenere i programmi per l’insegnamento delle lingue e per gli scambi culturali a livello scolastico.

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, per quanto riguarda la relazione di Graça Moura devo dire che il nostro collega ha fatto un ottimo lavoro. Soltanto per una questione procedurale con questo sistema - la tematica l'ha sollevata oggi già la collega Muscardini - spero che lei si faccia interprete delle nostre richieste che non si può poi mettere al voto di fatto due relazioni quasi identiche penalizzando poi di fatto il relatore, cosa che mi è successa in questo caso e cosa che non volevo.

Proprio per questo vorrei ancora sottolineare il grande lavoro positivo del collega Graça Moura, anche se è stato poi anche con il mio voto accettata. l'altra risoluzione. Il mio voto non era una negazione della relazione Graça Moura ma tutt'altro.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE). - (FI) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare l’onorevole Graça Moura per l’eccellente lavoro realizzato. Egli si è dedicato con grande tenacia alla questione linguistica ed è assolutamente vero che quello della lingua è un diritto fondamentale. L’espressione linguistica sta al centro della nostra identità ed è per questo che noi nell’Unione europea dobbiamo coltivare il multilinguismo.

Abbiamo tuttavia votato a favore di una risoluzione alternativa, invece che per la relazione originale. Io stesso ho preso parte alla stesura del documento alternativo ed è doveroso spiegare in questa sede perché abbiamo predisposto una risoluzione alternativa al lodevole documento dell’onorevole Moura. Il motivo è che desideriamo tutelare in modo particolare lo status delle lingue minoritarie.

Possiamo dire che la catena dell’Europa è forte tanto quanto il suo anello più debole – ovvero le persone più svantaggiate della nostra società. E’ per questo che dobbiamo garantire che i gruppi minoritari, ad esempio i Sami nella mia nativa Finlandia, conservino il diritto di usare la propria lingua madre e di ricevere i servizi di base nella loro lingua. Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità nei loro confronti, come nei confronti di altre popolazioni indigene. Per tale ragione è importante che l’Europa adempia ai propri doveri in campo culturale e garantisca la praticabilità di tutte le lingue, comprese quelle minoritarie.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI).(NL) Signor Presidente, sebbene la risoluzione alternativa sul multilinguismo in Europa che è poi stata adottata è notevolmente migliore rispetto al testo originale che abbiamo esaminato, ho ritenuto di esprimere un voto contrario ad essa in seguito a un’attenta riflessione. In effetti, entrambe le risoluzioni, sia quella adottata che quella originale, invocano la promozione di un’agenzia europea per la diversità linguistica. Ancorché la proposta possa sembrare positiva, e in linea di principio condivisibile, leggendo il testo ho trovato, ad esempio, che si propone di incoraggiare gli immigranti non europei a continuare a utilizzare la loro lingua madre qui da noi. Inoltre, il Parlamento chiede anche l’inclusione nella programmazione didattica delle scuole degli Stati membri delle lingue delle minoranze straniere o di minoranze con origini straniere, non solo per incoraggiare l’utilizzo delle lingue d’origine ma, in particolare, per incoraggiare l’uso delle lingue degli immigrati. Mi rincresce dirlo, ma tutto ciò è folle e condurrà all’esatto contrario dell’assimilazione e dell’adattamento degli immigrati. Si tratta dell’opposto di quanto serve in tutti i paesi europei.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, anch’io ho votato contro la relazione sul multilinguismo. Sebbene continui a essere un convinto sostenitore della promozione del multilinguismo, sia la relazione originale che la versione modificata che è poi stata adottata includevano un certo numero di idee la cui realizzazione concreta è alquanto problematica. Ad esempio, la relazione è volta a incoraggiare tra gli immigrati l’uso della loro lingua d’origine e questo rappresenta un problema in diversi Stati membri, poiché in questo modo gli immigrati non acquisiscono competenze linguistiche soddisfacenti nella lingua del paese che li ospita, con tutte le difficoltà che ciò comporta.

Un altro potenziale problema risiede nel modo in cui la relazione affronta la situazione degli Stati membri con più di una lingua ufficiale. Naturalmente, bisogna tenere conto di situazioni specifiche, come quella del Belgio, in cui ogni regione eccetto Bruxelles è ufficialmente monolingue. Nelle Fiandre abbiamo il problema di un gran numero di immigranti francofoni che rifiutano di adattarsi alla lingua fiamminga della regione. Non sta all’Europa interferire in tali casi, promettendo diritti inesistenti.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, faccio mie molte delle riserve che sono state formulate in questa relazione circa l'incoraggiamento che l'Unione europea dà al mantenimento e allo sviluppo delle lingue originarie, anche se la filosofia complessiva delle relazioni merita attenzione e appoggio, perché oggi, di fronte a questi problemi giustamente evocati, corriamo un rischio ancora maggiore, quello di vedere attraverso un'omologazione all'inglese parlato e scritto e imposto anche in questa sede, la morte delle lingue europee. Questo è un rischio gravissimo che deve essere affrontato.

Non bisogna dimenticare i diritti delle lingue locali. Muoiono le lingue nazionali, trovano difficoltà ad esprimersi, ma stanno sparendo in maniera veramente ignominiosa le lingue locali, che devono essere difese, come con la riforma federalista nel nostro paese stiamo cercando di proporre e di attuare.

L'Unione europea fa tutto quello che deve essere fatto per difendere le lingue locali? Abbiamo sentito poco fa intervenire la onorevole Lo Curto. Certamente sarebbe molto bello sentirla parlare qualche volta, perché lo sa sicuramente, nella bellissima lingua sarda. Io vorrei parlare qualche volta in lingua piemontese, ma nel nostro stesso parlamento non esistono in biblioteca documenti, riviste, ecc. di cultura attinenti alle lingue di cultura di identità e di lingue locali.

Quindi l'Europa, prima di preoccuparsi della difesa dall'omologazione delle lingue degli extracomunitari, si preoccupi delle nostre minoranze e delle nostre lingue locali.

 
  
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  Eleonora Lo Curto (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Borghezio, io sono siciliana e la Sicilia è culla e terra di grande civiltà e di grande storia e speriamo che sappia scrivere un futuro che intanto sta partendo con l'autonomia e dunque non posso che essere certamente d'accordo nel sostenere l'esigenza di una maggiore attenzione a quelle che sono le lingue madri che noi dobbiamo imparare sempre più a parlare e soprattutto a trasmettere ai nostri figli.

Immagino soprattutto la storia di emigrazione che in Italia c'è stata, ma credo anche in altri paesi e che oggi porta e rischia di portare le nuove generazioni di questi siciliani, come dei veneti, come degli stessi sardi e di quanti altri in Europa hanno subito questo processo nel passato, a non ricordare, a non poter più parlare rispettivamente il sardo, il siciliano o il veneto.

Allora io faccio appello, signor Presidente, perché questo grande teatro istituzionale dell'Europa diventi anche la culla di queste diversità e di queste identità autonomiste che mi auguro nell'Europa delle regioni che noi impareremo a celebrare nel futuro ci vedranno sempre più protagonisti anche attraverso le nostre lingue.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi sono astenuta dal votare questa relazione per due motivi, e questo nonostante io sia fortemente d’accordo con il titolo “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune”.

Oggi è stato detto in quest’Aula che la relazione solleva “alcune controversie nazionalistiche attualmente in corso in Spagna”. Reagisco con scetticismo dinnanzi al tentativo di utilizzare il dibattito sul multilinguismo e sulla promozione linguistica quale copertura, espediente o moneta di scambio politico per le diverse questioni nazionali esistenti negli Stati membri. Mi sembra, infatti che ciò si sia verificato in alcuni momenti della discussione su questa relazione, sia all’interno della commissione che qui in Aula.

Non è mia intenzione negare i diritti dei parlanti delle lingue minoritarie, anzi li sostengo con vigore e davvero credo che dobbiamo rispettare i diritti dei nostri concittadini europei la cui prima lingua è una lingua minoritaria. Tali lingue devono avere un posto all’interno del parlamento europeo, non necessariamente come lingue di lavoro, specie se i cittadini che le parlano conoscono bene l’inglese – come nel nostro caso. Non avrebbe senso voler contribuire a una discussione in seduta plenaria o all’interno di una commissione in una lingua minoritaria che deve poi essere tradotta in più di 20 altre lingue. In tale modo si comprometterebbe lo svolgimento di un dibattito effettivamente democratico, a causa della perdita di determinate sfumature del discorso a causa della traduzione, o magari per via di qualche fraintendimento. Il nostro mandato democratico in questo Parlamento consiste nel persuadere quante più persone possiamo a condividere il nostro punto di vista, e la difficoltà di reperire un numero sufficiente di interpeti qualificati è tutt’altra questione. Pertanto, mi sono astenuta per queste due ragioni.

 
  
  

- Relazione van Nistelrooij (A6-0083/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, intanto vorrei dire che ho votato per la relazione van Nistelrooij, però colgo anche l'occasione, per quei pochi spettatori che sono rimasti, per dire che coloro che qua dentro hanno criticato adesso così ampiamente l'Unione europea e il modo di procedere, invece di continuare a girare per l'Unione europea, per le loro circoscrizioni elettorali parlando male dell'Unione, darebbero un'informazione molto più oggettiva sicuramente creerebbero un'atmosfera completamente diversa.

Per quanto riguarda van Nistelrooij, la politica di coesione è proprio nata in questa direzione per creare solidarietà, collaborazione e soprattutto in questo periodo di crisi, credo che le regioni europee, non solo le nazioni, ma anche le regioni debbano collaborare, incrementare le loro posizioni e migliorare il loro tenore di vita. Proprio per questo credo che la relazione van Nistelrooij fosse molto meritevole di un voto favorevole.

 
  
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  Rumiana Jeleva (PPE-DE).(BG) Ho votato a favore della relazione sulla coesione territoriale perché credo fermamente che tale concetto debba essere sviluppato e applicato come principio orizzontale a sostegno di tutte le politiche e azioni comunitarie.

Nel corso della discussione odierna sulla politica di coesione abbiamo invocato per il prossimo periodo di programmazione un significativo potenziamento del coinvolgimento diretto delle autorità regionali e locali nella pianificazione e attuazione di programmi specifici. Le politiche dell’Unione europea, e la politica di coesione in particolare, hanno trasformato il modello di governance da un sistema spesso centralizzato in un sistema a più livelli sempre più integrato.

Per tale motivo credo che gli Stati membri debbano essere incoraggiati a stabilire un sistema di governance territoriale sulle basi dell’approccio integrato detto “dal basso verso l’alto” che, inoltre, consente una partecipazione civile più attiva. Esorto gli Stati membri a iniziare a pensare come possano consolidare e sostenere in modo più efficace il concetto di coesione territoriale all’interno dei loro programmi e politiche nazionali.

In un tale contesto, ritengo che i principi fondamentali dello sviluppo coordinato e del partenariato urbano-rurale siano di particolare importanza e debbano essere scrupolosamente osservati. <

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE).(BG) Ho sostenuto la relazione sulla coesione territoriale perché la ritengo una politica di grande rilevanza per ogni regione dell’Unione europea.

Le risorse dei Fondi di coesione, assieme alle risorse nazionali, possono trasformare anche le regioni più arretrate, portandole al livello di quelle maggiormente sviluppate. Si tratta di una questione di somma importanza per il mio paese, la Bulgaria. E’ importante altresì che nel corso della fase di pianificazione tutte le risorse vengano distribuite in modo equo, e che il principio di coesione venga applicato in tutte le politiche prioritarie dell’Unione europea.

Prendendo in considerazione tutti i fattori che influiscono sullo sviluppo equilibrato regionale e sociale, dobbiamo identificare i meccanismi più opportuni che ci consentono di dare ad alcuni Stati membri nuovi, i quali occupano un livello di sviluppo inferiore, la possibilità di raggiungere gli altri.

Dobbiamo disporre di un criterio chiaro durante la fase di pianificazione, al fine di impedire che qualche paese venga penalizzato per essersi trovato nella fase di pianificazione nel momento in cui erano disponibili solo stanziamenti inadeguati e inefficaci, con il conseguente impatto negativo sulla qualità della vita dei cittadini.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole van Nistelrooij per la sua relazione. In particolare, desidero appoggiare il paragrafo 42, che invoca l’istituzione di effettivi partenariati tra tutti gli attori dello sviluppo regionale e locale a livello comunitario, nazionale, regionale e locale.

Ciò costituisce un presupposto per il raggiungimento della coesione territoriale. Le esperienze del passato hanno dimostrato ripetutamente che il coinvolgimento nel perseguimento dello sviluppo regionale e della coesione territoriale di gruppi attivi nel settore dello sviluppo locale e delle organizzazioni non governative aggiunge un effettivo valore economico e sociale. Poiché non stiamo raggiungendo la coesione territoriale tra le nostre regioni, è cruciale stabilire e promuovere tali forme di partenariato.

 
  
  

- Relazione Mikolášik (A6-0108/2009)

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, desidero sostenere il paragrafo 22, che – come la relazione dell’onorevole van Nistelrooij – chiede agli Stati membri di rafforzare il principio del partenariato nei loro programmi per il periodo corrente in conformità con l’Articolo 11 del regolamento generale del Fondo europeo di sviluppo regionale, con il Fondo sociale europeo e con i Fondi di coesione.

Siamo noi che scriviamo tali regolamenti in Parlamento la loro attuazione spetta agli Stati membri ed è la Commissione che deve verificarne l’attuazione. Una recente relazione sul coinvolgimento delle organizzazioni non governative e di altri organismi nello sviluppo, attuazione e monitoraggio dei Fondi strutturali nei nuovi Stati membri recava l’eloquente titolo “L’illusione dell’inclusione”. Gli Stati membri e la Commissione non stanno assumendosi le loro responsabilità. Noi in questo Parlamento dobbiamo continuare a insistere affinché lo facciano.

 
  
  

- Relazione Becsey (A6-0041/2009)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Ho votato a favore della serie di relazioni dei miei onorevoli colleghi che criticano gli ostacoli posti alla realizzazione della politica di coesione. Desidero soffermarmi in particolare sulla relazione Krehl. E’ mia intenzione contribuire al dibattito odierno indicando come i miei colleghi abbiano dimenticato di citare il pacchetto per la ripresa approvato due settimane or sono. Si tratta del pacchetto concordato dalla presidenza ceca e dalla Commissione. In risposta alle pressioni del Parlamento europeo, la Commissione ha redatto delle proposte precise per la semplificazione amministrativa, e in particolare ha introdotto un chiaro livello di flessibilità che ora consentirà a tutti di attingere ai Fondi strutturali per il trasferimento di risorse tra i diversi programmi e anche di utilizzare tali risorse per coprire i prestiti, il che è particolarmente cruciale per i nuovi Stati membri. La relazione successiva di tale pacchetto, relativa al microcredito, naturalmente è favorevole a tale pratica. Lamento unicamente che non disponiamo ancora di linee guida chiare per l’armonizzazione dei regolamenti per l’utilizzo del microcredito, che sarebbe particolarmente utile per i piccoli imprenditori e per gli enti locali.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). - (EN) Signor Presidente, sono particolarmente favorevole a questa relazione che si rifà alle cooperative di credito, riconoscendone il ruolo nella fornitura del microcredito. Quanto alle organizzazioni no-profit, le cooperative di credito svolgono un ruolo unico nella fornitura del microcredito a chi non avrebbe accesso al credito da parte di altre istituzioni finanziarie. Sono consapevole che le cooperative di credito non sono particolarmente forti in tutti i paesi europei, tuttavia in molti Stati membri lo sono e in quei paesi risultano dotate di riserve eccedenti per un valore di 40 miliardi di euro. In tutto il mondo, le cooperative di credito vantano riserve in eccesso pari a 1,1 trilioni di dollari, e quasi 180 milioni di soci in tutto il mondo.

In un momento i cui la gente non si fida più delle istituzioni bancarie, le istituzioni finanziare no-profit costituiscono un’alternativa percorribile e richiedono il nostro appoggio. In particolare, devono essere comprese nel programma JASMINE affinché, in qualità di fornitori di microcredito, possano avere accesso a servizi di supporto aziendale quali mentoring, formazione, finanziamenti, istruzione, ecc.

Infine, un chiarimento rispetto alla relazione dell’onorevole Muscardini: credo che abbiamo votato e approvato l’emendamento 1, in cui la formulazione “diritti sessuali e riproduttivi” è stata modificata in “salute sessuale e riproduttiva”. Pertanto non credo di poter concordare con l’onorevole collega irlandese che ha preso la parola in precedenza a tale proposito.

 
  
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  Presidente. − Onorevole Kamall, come può vedere lei è l’unico presente in Aula!

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, mi consenta di iniziare ringraziando lei e tutti gli interpreti per la grande pazienza dimostrata nel corso di questa lunga serie di dichiarazioni di voto.

Ritengo vi sia un consenso in tutto il Parlamento relativamente a meriti del microcredito: si tratta di una di quelle questioni su cui la destra e la sinistra del Parlamento possono essere concordi.

Desidero rendere omaggio a due organizzazioni in particolare. La prima è Opportunity International, a capo della quale vi è un ex governatore di una banca centrale africana, il cui contributo consiste nell’apporto di un approccio professionale al microcredito spesso lamentabilmente assente. L’altra è un’organizzazione e l’eccellente sito web – www.kiva.org – che consente il credito individuale di somme minime, anche soli 25 dollari sino, a giungere a microprestiti maggiori rivolti agli imprenditori in tutto il mondo, specie nei paesi in via di sviluppo, consentendo loro di creare ricchezza e lavoro nelle comunità locali.

Un’osservazione che desidero fare è che dobbiamo assicurarci che i governi a livello locale, nazionale e comunitario non escludano i piccoli fornitori privati di microcredito a livello di comunità locali. Ho assistito a casi di questo genere nella mia circoscrizione elettorale di Londra, dove alcune organizzazioni locali sono state messe fuori gioco dagli enti territoriali.

Tuttavia, la valutazione complessiva del fenomeno del microcredito è molto positiva e riteniamo che costituisca un valido aiuto agli imprenditori nei paesi meno ricchi.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0071/2009)

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore dell’adozione della relazione sulla proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei.

Concordo con la proposta del relatore a favore della conclusione di tale accordo.

Ritengo che gli emendamenti relativi alla clausola di designazione, alla tassazione del carburante per la navigazione aerea e alle tariffe sono giustificati visti gli accordi bilaterali esistenti.

Il mio auspicio è che il ricorso alla fiducia reciproca nei meccanismi della controparte favorirà la conclusione dell’accordo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Costa sull'accordo CE-Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei.

Sono d'accordo con il relatore nel considerare assoggettabili al diritto comunitario le tariffe di trasporto per passeggeri e merci degli aerei designati dal Nepal per trasporti effettuati interamente nell'ambito dell'Unione Europea. Sono, inoltre, favorevole alla tassazione del carburante per aeromobili per le operazioni che si svolgono sul territorio comunitario.

 
  
  

- Relazione de Oedenberg (A6-0130/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dalla collega Geringer de Oedenberg sui trattori agricoli o forestali a ruote.

Mi trovo, infatti, d'accordo con la proposta di codificazione dei testi normativi vigenti presentata dalla Commissione, cosí come integrata dagli adeguamenti tecnici.

 
  
  

- Relazione de Oedenberg (A6-0129/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dalla collega Geringer de Oedenberg sul regime comunitario delle franchigie doganali

Convengo con la proposta di codificazione della legislazione vigente al fine di garantire un buon livello di semplificazione e di chiara formulazione della normativa comunitaria.

 
  
  

- Relazione Pietikäinen (A6-0119/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Considerata la crescente complessità dei mercati finanziari e, in particolare, della crisi finanziaria, tale raccolta ottimizzata di statistiche risulta necessaria. L’affidabilità e tempestività dei dati dovrebbero essere le pietre angolari del regolamento modificati. Il relatore ritiene che la raccolta tempestiva di dati statistici è di importanza fondamentale. Pertanto, il Sistema europeo di banche centrali e il Sistema statistico europeo dovrebbero raccogliere i dati ogni mese, ove necessario. Ciò potrebbe incrementare la qualità delle statistiche e ottimizzarne l’utilità, specie con riferimento al monitoraggio del settore dei servizi finanziari. Concordo con la proposta iniziale della Banca centrale europea di modificare il regolamento del Consiglio relativo alla raccolta di dati statistici da parte del Sistema europeo di banche centrali, con l’obiettivo di rafforzare l’efficacia della raccolta di tali dati. Inoltre, il regolamento attualmente in vigore sarebbe così opportunamente adattato alle tendenze dei mercati finanziari.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi in merito alla relazione presentata dalla collega Pietikäinen sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea: mi trovo, infatti, solo parzialmente d'accordo con la relazione in questione, riscontrando alcuni punti critici che non mi permettono di esprimere un giudizio pienamente positivo.

 
  
  

- Relazione Graf Lambsdorff (A6-0132/2009)

 
  
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  Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) ho votato contro la relazione dell’onorevole Lambsdorff in quanto non chiarisce che gli Stati membri dell’Unione europea farebbero bene a restare lontano dal Consiglio per i dritti dell’uomo delle Nazioni Unite se non vengono rimossi taluni brani inaccettabili del documento conclusivo della Conferenza di revisione di Durban. Dev’essere detto con chiarezza una volta per tutte che l’Europa non necessita di lezioni sui diritti dell’uomo da parte delle teocrazie islamiche e da parte di altre (semi)dittature.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Sebbene accolga favorevolmente la maggior parte della relazione dell’onorevole Lambsdorff sulle priorità dell’Unione europea per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ho delle perplessità con la sua richiesta in questa fase di un seggio unico per l’Unione europea nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Sono a favore di una riforma del Consiglio di sicurezza che tenga conto delle nuove realtà politiche – Giappone, Germania, India e Brasile sono validi candidati, e sarebbe odioso escludere una rappresentanza dell’Africa. Tuttavia, la scelta di sostenere in seggio unico per l’Unione europea dovrebbe giungere al termine, e non all’inizio, di un processo negoziale – anche qualora la proposta abbia una sua logica. Su tali basi trovo appropriato astenermi dalla votazione sulla relazione.

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. − (EN) Presidente, mi sono astenuto dalla votazione su questa relazione poiché credo che le Nazioni Unite abbiano urgente bisogno di revisioni e riforme. Non ha molto senso prendere in considerazione un unico seggio nel Consiglio di sicurezza per l’Unione europea se l’intero sistema di rappresentanza è in discussione.

Ad esempio, esiste forse un seggio unico presso il Consiglio di sicurezza per l’Asia? Al momento, il continente asiatico è rappresentato solo dalla Cina, un paese non democratico la cui condotta in materia di diritti dell’uomo è scandalosa. Perché non si chiede un seggio per l’India, la cui popolazione sta velocemente raggiungendo le dimensioni di quella della Cina e la cui potenza politica, economica e strategica diventa sempre più significativa sia a livello regionale che globale?

Prima di fare una riflessione sulla voce dell’Unione europea nelle Nazioni Unite, dobbiamo considerare in quale modo le attuali Nazioni Unite possano essere migliorate. Un’adeguata rappresentanza in seno al Consiglio di sicurezza per la maggiore democrazia mondiale costituirebbe un passo importante nella giusta direzione.

 
  
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  Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Il principio “uno stato un voto” è una delle pietre miliari della collaborazione all’interno delle Nazioni Unite e deve rimanere tale. Riteniamo pertanto che sia molto inopportuno che il Parlamento europeo invochi per il futuro un unico seggio per l’Unione europea presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E’ del tutto evidente che la politica estera della Svezia è diversa da quella della Polonia, che a sua volta è differente da quella greca. D’altro canto, i paesi con un maggior grado di condivisione possono unirsi se lo desiderano.

Tuttavia, la relazione presenta diversi aspetti positivi, con riferimento particolare alle richieste di rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. Riteniamo che tali espressioni siano così importanti che abbiamo deciso di sostenere la relazione nonostante gli aspetti negativi riscontrati in altri settori.

 
  
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  Richard Howitt (PSE), per iscritto. − (EN) I parlamentari europei laburisti sostengono appieno l’operato dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e il ruolo positivo che può svolgere in una cooperazione internazionale pacifica e positiva. In particolare, di questa risoluzione sosteniamo l’enfasi posta su una cooperazione maggiormente positiva in materia di diritti umani, un’adeguata riforma delle Nazioni Unite, la non proliferazione nucleare e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio.

La nostra astensione rispetto alla risoluzione, nonostante ne sosteniamo diversi elementi, è dovuta alla mancata condivisione dell’appello contenuto in essa a favore di un unico seggio per l’Unione europea presso il Consiglio di sicurezza. La Carta delle Nazioni Unite non prevede seggi regionali per il Consiglio di sicurezza. L’Europa non è uno Stato membro delle Nazioni unite e in base alla Carta l’adesione alle Nazioni Unite è prevista solo per gli Stati nazionali.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. (RO) La relazione dell’onorevole Lambsdorff costituisce un importante contributo al coinvolgimento dell’Unione europe nell’operato delle Nazioni Unite e nel suo processo di trasformazione e sono lieto di poterla sostenere.

Le raccomandazioni contenute nella relazione ribadiscono il timore costante della maggior parte degli Stati membri dell’unione europea riguardo le principali questioni politiche a livello globale, sollevando contestualmente e in modo convincente argomenti di interesse per la Romania e per il Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e Democratici europei.

Ad esempio, i valori fondamentali dell’Unione europea richiedono che si attribuisca un’importanza particolare al principio Responsibility to Protect. Inoltre, il mio partito e gli altri membri del Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e Democratici europei considerano i diritti umani quali una delle pietre angolari delle attività di politica estera, nonché un canale per dare voce alle nostre idee a livello globale. Sono lieta che le raccomandazioni della relazione prendano ampiamente in considerazione tali timori. In modo da consolidare i progressi realizzati in tali campi dobbiamo anche tutelare la sicurezza dell’uomo, non solo da una prospettiva economica e sociale ma anche in relazione alla sicurezza militare.

Dulcis in fundo, il corretto funzionamento di tale organizzazione è importante per tutti noi che desideriamo giungere a un meccanismo multilaterale efficiente le cui azioni promuovono tali valori.

La relazione dell’onorevole Lambsdorff e le sue raccomandazioni, affrontando tali argomenti assieme ad altri di interesse dei cittadini europei, costituendo in tale modo un passo in avanti, e pertanto voterò a favore.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lambsdorff recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sulle priorità dell’Unione europea per la 64° sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. L’Unione europea deve agire all’unisono per riuscire a influire sulle decisioni e gli impegni che verranno presi nel settembre del 2009 nel corso dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Quale membro della commissione per lo Sviluppo, desidero porre in rilievo l’importanza di compiere dei progressi verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio. L’Unione europea deve assumere un ruolo di leadership all’interno delle Nazioni Unite per garantire il mantenimento delle nostre promesse ai paesi in via di sviluppo, che sono i più duramente colpiti dall’attuale crisi economica, dato che, al momento, le nostre azioni sono ampiamente inferiori rispetto alle nostre promesse.

Indubbiamente la crisi ha colpito quasi tutti i paesi, tuttavia, specie in momenti difficili come quello attuale; tutti i paesi industrializzati devono agire di concerto e guardare oltre rispetto ai soli interessi nazionali, poiché le vite di milioni di persone sono letteralmente appese alle nostre azioni e ai nostri comportamenti futuri.

Le conseguenze di ignorare ora tali problemi potrebbero essere catastrofiche; inoltre, in futuro potremmo non essere più in grado di risolverle.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Intendo votare a favore di questa relazione sulle priorità delle Nazioni Unite per la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite perché molte delle priorità elencate in essa sono meritevoli di sostegno e dovrebbero anche essere promosse. Lamento solo l’inclusione dei “diritti sessuali e riproduttivi” nell’elenco delle priorità, poiché non posso e non voglio giustificare l’uccisione di altri esseri umani, in questo caso i bambini prima della nascita.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sebbene sostenga gli sforzi a favore di una posizione coordinata in seno alle Nazioni Unite tra le democrazie occidentali, e da lungo tempo sostengo la causa delle riforme istituzionali per l’organizzazione delle Nazioni Unite, non accetto che l’Unione europea debba agire per nostro conto. I singoli membri delle Nazioni Unite, né tantomeno del Consiglio di sicurezza, non devono in nessun caso consentire all’Unione europea di usurpare il loro diritto di far valere il proprio punto di vista. Non condivido, anzi rifiuto l’obiettivo di “un seggio dell’Unione europea presso il Consiglio di sicurezza”. Pertanto, per una questione di principio – e senza peraltro l’intento di rifiutare le iniziative delle Nazioni Unite quali gli obiettivi di sviluppo del Millennio, o il concetto Right to Protect – mi sono astenuto dal votare questa relazione.

 
  
  

- Relazione Martens (A6-0079/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. − (EN) Una delle sfide più ardue per l’Unione europea è rappresentata dall’immigrazione clandestina o irregolare. Ho sempre creduto che si possono proporre delle soluzioni unicamente se le parti in causa si considerano dei partner. Nell’affrontare la terribile situazione degli immigrati che attraversano il Mediterraneo, l’Europa e gli Stati del Nord Africa, ovvero il Maghreb, devono operare congiuntamente. Sin dagli anni 70 Malta sostiene tale approccio, ma all’epoca alla maggior parte dei leader europei è mancata la necessaria lungimiranza. Ora che stiamo affrontando un esodo di proporzioni bibliche l’Europa si è improvvisamente destata e deve affrontare la realtà.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Voto a favore della relazione Maria Martens.

Alla luce della strategia congiunta adottata nel 2007, avente il proposito di raggiungere un approccio più bilaterale mettendo L'UE e l'Africa su un piano più paritario, sostengo l'importanza di tale strategia, la quale mira a portare il dialogo e la cooperazione "oltre lo sviluppo", "oltre l'Africa" e "oltre le istituzioni", con una maggiore cooperazione UE-Africa nell'ambito degli enti internazionali e nei negoziati multilaterali su questioni quali i diritti umani e i cambiamenti climatici.

Concordo nel sostenere che l'Unione europea e l'Africa debbano lavorare per rendere più democratiche e rappresentative le istituzioni internazionali come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l'Organizzazione mondiale del commercio, garantendo in questo modo che l'Africa possa esercitare un'influenza proporzionata alle sue dimensioni.

La relazione sottolinea quattro settori nei quali è particolarmente importante raggiungere dei risultati efficaci affinché la strategia congiunta abbia successo, tali la pace e la sicurezza, la governance nel senso più ampio del termine, le questioni commerciali, le comunità economiche e regionali e la fuga dei capitali e le questioni chiave per lo sviluppo, quali la sanità e l'educazione.

Sono altresì d'accordo nella richiesta di uno strumento finanziario specifico per l'attuazione della strategia congiunta, che centralizzi tutte le risorse di finanziamento esistenti in un modo chiaro, prevedibile e programmabile.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Martens sebbene contenga numerosi elementi validi e condivisibili e nonostante la ritenga una relazione relativamente equilibrata. Tuttavia, trovo deplorevole che una relazione sul partenariato tra Unione europea e Africa non faccia menzione della questione dell’immigrazione clandestina, un problema tanto pressante sia per l’Europa che per l’Africa, che provoca una fuga dei cervelli dall’Africa e causa tanti problemi sociali in Europa. Inoltre, la relazione dà prova di una certa ingenuità quando invoca l’utilizzo del sistema della carta blu UE per scoraggiare l’attrazione in Europa di lavoratori africani le cui competenze sono necessarie in Africa. La relazione non dice nulla su come raggiungere in concreto tale risultato.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Martens intitolata “Un anno dopo Lisbona: il partenariato UE-Africa in azione”, poiché ribadisce la necessità di consolidare i legami tra Unione europea e Africa, in particolare con riferimento all’attuale contesto di instabilità economica a livello globale.

Desidero porre in evidenza il fatto che lo svolgimento del vertice Unione europea-Africa a Lisbona nel 2007 si è avuto principalmente grazie all’operato della presidenza portoghese del Consiglio dell’Unione europea. Tuttavia, dobbiamo ancora percorrere un lungo percorso per sviluppare la strategia comune delineata in quell’occasione, con particolare riferimento ai settori della pace, sicurezza, governance, diritti umani, integrazione regionale, sanità e istruzione.

L’Unione europea deve creare uno strumento finanziario specifico per l’attuazione della strategia comune e per il coinvolgimento in modo significativo della società civile.

 
  
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  Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relatrice disegna un’immagine essenzialmente accurata delle numerose sfide che confrontano l’Africa e certamente descrive correttamente la rilevanza che gli sforzi internazionali e la cooperazione internazionale possono avere nell’affrontare la povertà, la mancanza di assistenza sanitaria e le conseguenze della crisi economica globale.

Tuttavia, la relatrice sostiene una propaganda dettagliata a favore di un ruolo maggiore del Parlamento europeo nelle relazioni tra Africa e Unione europea. Ad esempio, in assenza di una qualsiasi argomentazione oggettiva, afferma che il presidente del Parlamento europeo dovrebbe poter partecipare agli incontri tra i rappresentanti dei governi africani con la Commissione europea e/o il Consiglio europeo. La relatrice, inoltre, vorrebbe per il Parlamento europeo una maggiore responsabilità in merito alla struttura e funzionamento del Fondo europeo di sviluppo. Crediamo che una simile evoluzione sarebbe estremamente infelice e, pertanto, abbiamo votato contro la relazione nel suo complesso.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − Sostengo questa relazione che passa in rassegna l’efficacia del partenariato UE-Africa. La relazione osserva che i nuovi fondi disponibili per l’attuazione della strategia comune sono estremamente scarsi, e invoca la creazione di uno strumento finanziari dedicato che centralizzi tutte le fonti esistenti di finanziamento in modo chiaro, prevedibile e programmabile.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione presentata dalla collega Martens riguardo il partenariato UE-Africa.

Mi trovo in disaccordo, infatti, sull'approccio adottato che risulta spesso non adeguato a recepire le esigenze provenienti dalla controparte africana, comprendendo sia le istituzioni che il settore privato: inoltre, a questo proposito sarebbe opportuno che fossero compiuti maggiori sforzi anche da parte africana per favorire il vero coinvolgimento di larghi strati della società civile alla realizzazione degli accordi di partenariato.

La strategia di partenariato messa in pratica finora non ha prodotto che risultati piuttosto modesti, rimanendo molto al di sotto delle aspettative e degli obiettivi che si era prefissata e poiché il primo piano di azione si estende fino al 2010 ritengo che non sarà possibile raggiungere tali obiettivi. Per questi motivi ribadisco la mia posizione contraria alla relazione.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. (EN) Una buona governance svolge un ruolo centrale per il progresso economico e il benessere in Africa e dovrebbe essere al primo posto delle nostre priorità. E’ deludente che la relazione dedichi così poca attenzione alla questione e in ogni caso lo faccia in un modo che denota una delicatezza eccessiva nei confronti dei regimi africani. Non vi è menzione del fatto che la maggior parte dei governi africani ha sostenuto, tacitamente o apertamente, il regime di Mugabe nello Zimbabwe, che ha inferto terribili devastazioni al popolo di quel paese. Inoltre non dovremmo tentare di imporre il modello di struttura istituzionale dell’Unione europea a un altro continente in assenza di una riflessione sull’adeguatezza di tale struttura per la stessa Europa, per non parlare dell’Africa.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. – (NL) Risulta davvero straordinario come in questa istituzione ci si ostini sempre e comunque a non abbandonare l’illusione di Lisbona. Anzi, forse non è un fatto sorprendente, poiché costituisce un caso esemplare del modo in cui l’apparato comunitario gestisce la legalità, i diritti di opposizione e il rispetto delle scelte liberamente prese da parte dei nostri elettori.

Dopo tutto, da un punto di vista legale, Lisbona è morta con il referendum in Irlanda. Perché non riusciamo a rispettare questa decisione?

In definitiva, mi chiedo se sia effettivamente necessario investire altri 55 milioni di euro per sostenere le istituzioni dell’Unione africana. Tali istituzioni non esprimono la benché minima obiezione ai dittatori sanguinari che siedono tra loro. Mi domando, inoltre, come il commento assolutamente valido sulla carta blu quale temibile strumento di un’ulteriore fuga di cervelli africani verso l’Europa si possa conciliare con le decisioni adottate in altre sedi. Inoltre, la relazione non menziona affatto la questione dell’immigrazione clandestina. Forse è questo un settore in cui potremmo meglio investire quei 55 milioni di euro.

 
  
  

- Relazione Hutchinson (A6-0085/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − O Sono a favore della relazione Alain Hutchinson e sostengo pienamente la richiesta fatta alla Commissione di continuare a legare il suo aiuto nei settori della sanità e dell'istruzione, in particolare della sanità di base e dell'istruzione primaria, ai risultati registrati in tali settori nonché di migliorare la prevedibilità dell'aiuto finanziario grazie all'esecuzione di contratti OMD.

Sono inoltre d'accordo sull'importanza di poter estendere i principi che derivano da tali contratti a un maggior numero di paesi, visto che il contratto OMD ha come obiettivo principale di contribuire al miglioramento dell'efficacia dell'aiuto e all'accelerazione dei progressi compiuti verso la realizzazione degli OMD per i paesi che ne hanno più bisogno.

Ritengo sia di primaria importanza che la Commissione condizioni il suo aiuto finanziario ai risultati raggiunti nell'ambito del buon governo e della trasparenza, ma anche della difesa e rispetto dei diritti umani, in particolare quelli dei più poveri e degli emarginati come le persone disabili, le minoranze, le donne e i bambini, e vigilare affinché l'aiuto finanziario non sia speso in settori diversi da quelli definiti nel contratto OMD.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione che vuole istituire dei contratti per gli obiettivi di sviluppo del Millennio tra l’Unione europea e alcuni paesi. Sostengo la richiesta della relazione di trasparenza finanziaria e la stabilità che gli aiuti erogati contrattualmente forniranno ai paesi partner per una migliore programmazione anticipata di bilancio.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi in merito alla relazione presentata dal collega Hutchinson riguardo ai contratti relativi agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio: infatti, mi trovo d'accordo solo con alcuni dei punti considerati per cui non posso dare la mia piena approvazione al testo in oggetto.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’Unione europea deve dedicarsi con tenacia agli obiettivi di sviluppo del Millennio. Tuttavia ho ritenuto di votare contro la relazione in questione poiché ancora una volta alcuni colleghi hanno invocato i “diritti sessuali e riproduttivi” nella relazione. Dare ai bambini la possibilità di vivere è un importante obiettivo di sviluppo del Millennio.

 
  
  

- Relazione Badia i Cutchet (A6-0093/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström and Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici crediamo che sia importante promuovere sia l’arte che la cultura all’interno dell’Unione europea. Vorremmo, pertanto, assistere a uno scambio di esperienze e a una cooperazione maggiori tra gli Stati membri in tale ambito. Si tratta di un presupposto fondamentale per poter agevolare lo studio in un altro Stato membro da parte dei studenti d’arte.

Tuttavia, non crediamo che i contenuti dei corsi d’arte nei diversi Stati membri debbano essere stabiliti a livello europeo. Sono decisioni che spettano ai singoli Stati membri. Per tale ragione abbiamo scelto di votare contro la relazione.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio voto è favorevole.

"Tutti i bambini sono degli artisti nati. Il difficile sta nel restarlo da grandi". Con queste parole Pablo Picasso descriveva le difficoltà relative alla formazione artistica. Attualmente, pur essendo una materia obbligatoria in numerosi sistemi scolastici, l'istruzione artistica continua ad essere insegnata secondo modelli di apprendimento che variano sensibilmente da uno Stato membro all'altro.

Lo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione ha stimolato un'economia basata sulla conoscenza, consentendo alla capacità intellettuale e alla creatività di svolgere un ruolo da protagonista. In questo contesto l'istruzione artistica ricopre un ruolo importante nel preservare l'identità e promuovere la comprensione interculturale e interreligiosa.

L'istruzione artistica è inoltre lo strumento che consente di sviluppare le risorse umane necessarie per sfruttare la ricchezza del patrimonio culturale di un paese. A ciò va aggiunta la crescente esigenza di competitività riscontrabile in numerosi settori, in virtù dei quali diversi sistemi scolastici accordano oggi un ruolo prioritario allo sviluppo della creatività attraverso programmi educativi fondati su metodi pedagogici idonei e in grado di assicurare agli alunni un potenziale significativo nel loro successivo inserimento nel mondo del lavoro.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) La risoluzione congiunta per il coordinamento degli studi artistici a livello europeo è una questione importante.

L’attività artistica comprende la padronanza di aree di competenza, conoscenza e materiali diversi, che da tempo sono interconnessi con il progresso tecnologico e educativo. Nel corso della storia le arti hanno utilizzato le tecnologie più avanzate disponibili, e il dibattito scientifico ha influito su diverse teorie estetiche. A sua volta, l’esperienza pratica e talune discipline artistiche hanno anche influenzato il progresso tecnico, contribuendo così alla conoscenza umana e al cambiamento globale. Sebbene la creazione artistica non possa subire delle restrizioni legate all’applicazione rigida della conoscenza scientifica e tecnologica, e sebbene non sia stata creata per tale scopo, la tecnologia può essere utile all’arte, così come l’arte può incoraggiare la ricerca e il progresso tecnologico, anche al di là della sfera di applicazione artistica. In altre parole, l’istruzione artistica contribuisce a instaurare rapporti più stretti e proficui tra istruzione, cultura, ICT e arti nel XXI secolo.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché concordo che si debba raggiungere un equilibrio tra lo studio teorico e l’avviamento all’attività pratica in ogni campo, compreso quello dello studio delle arti.

La relazione dell’onorevole Badia i Cutchet insiste che l’insegnamento della storia dell’arte debba anche comprendere incontri con artisti e visite a luoghi culturali, in modo da suscitare curiosità e scatenare riflessioni negli studenti. Mi auguro che i governi europei e la Commissione adottino le raccomandazioni di questa relazione, e che assisteremo molto presto a dei miglioramenti.

 
  
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  Marie-Hélène Descamps (PPE-DE), per iscritto. (FR) La relazione di iniziativa presentata quest’oggi, per la quale esprimo il mio totale appoggio, sancisce il principio che l’istruzione artistica e culturale, compresa quella nelle arti figurative costituisce una componente fondamentale dell’istruzione. Questa tipologia di insegnamento favorisce l’emancipazione dell’individuo, e rende più democratico l’accesso alla cultura. Pertanto, in linea con il principio di sussidiarietà, la risoluzione invoca la promozione della mobilità di docenti e studenti, il riconoscimento dei titoli a livello europeo e per la cooperazione tra Stati membri nel settore dell’istruzione artistica e culturale.

Inoltre, pone l’accento sulla necessità di sviluppare la formazione dei docenti e di altri attori (artisti e professionisti), in modo da introdurre un elemento culturale e artistico in tutta l’istruzione e garantire un livello elevato di insegnamento. Infine, la relazione evidenzia correttamente la necessità di utilizzare le nuove tecnologie di informazione e comunicazione in modo da giungere a un insegnamento moderno e di qualità, in linea con le aspettative dei giovani. In tal senso fa riferimento a Europeana, la biblioteca digitale europea, che rappresenta un autentico valore aggiunto in tale contesto.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) In cosa si sta immischiando il Parlamento questa volta? Per esempio, al paragrafo 1 di questa relazione leggo che l’istruzione artistica deve costituire una componente obbligatoria a ogni livello scolastico in modo da promuovere la democratizzazione dell’accesso alla cultura. Ciò è insensato e costituisce una prevaricazione! Sono gli Stati membri a dover decidere in autonomia come costituire la programmazione didattica, così come hanno fatto con perfetta cognizione di causa negli ultimi cento anni e come continueranno a fare nei prossimi cento, senza alcun bisogno dell’aiuto condiscendente dell’Unione europea e del Parlamento.

 
  
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  Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Junilistan ritiene che le questioni culturali debbano ricadere all’interno delle competenze politiche degli Stati membri. Questa relazione non rientra nella procedura legislativa e non rappresenta altro che l’opinione della maggioranza federalista del parlamento, che ritiene che l’Unione europea debba interferire ulteriormente nel settore culturale.

Pertanto abbiamo votato contro la relazione nel suo complesso.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) E’ vero che le materie artistiche vengono insegnate nelle scuole di tutta Europa. E’ anche vero che l’Europa, vale a dire la società europea, sta cambiando rapidamente, così come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Inoltre, i paesi europei si stanno avvicinando e l’istruzione può sostenere tale processo in modo analogo ad altri fenomeni, quali ad esempio il mercato comune.

Ciò può avvenire con la formazione artistica a ogni livello d’istruzione, approfondendo la conoscenza teorica e pratica sulla diversità dell’Europa e delle sue molte culture. Il corpus della conoscenza è molto esteso ed è in costante aumento. Tuttavia, il fatto che le materie artistiche vengano insegnate in modo differente in paesi diversi non consente, ad esempio, la formazione di artisti la cui conoscenza e il cui potenziale possa essere riconosciuto e utilizzato in un altro Stato membro.

La questione del coordinamento delle politiche emerge in questo contesto, e la relazione dell’onorevole Badia i Cutchet propone una soluzione interessante, il metodo aperto di coordinamento, ovvero l’apprendimento reciproco tra due paesi in base all’esempio di quanti hanno saputo risolvere problemi particolari nel migliore dei modi. Tale metodo è, pertanto, quasi interamente nelle mani degli Stati membri.

Si tratta di un approccio flessibile che consente il coordinamento di questioni complesse, e una reazione tempestiva alle sfide correnti. La questione della formazione artistica è complessa: la creatività deve essere stimolata da un’impostazione particolare e individuale del rapporto docente-discente, dall’insegnamento della conoscenza della cultura europea in costante evoluzione e degli strumenti creativi, e deve essere reso possibile un percorso di sviluppo delle carriere privo di restrizioni. La riflessione razionale e costruttiva sull’istruzione culturale costituisce un investimento nell’identità futura di un’Europa unita nella diversità.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Accolgo con favore la relazione presentata dalla collega Badia i Cutchet in merito agli studi artistici nell'Unione Europea.

Ritengo che nel momento attuale, in cui le nostre società sono sempre più eterogenee, la cultura rivesta un'importanza fondamentale come mezzo per preservare le identità e al contempo migliorare la convivenza tra popoli e culture differenti.

Convengo con il fatto che l'arte è una manifestazione della cultura e permette di sviluppare sia la ricchezza culturale di un Paese che la società in generale: inoltre, l'attività artistica può essere utile all'indagine e al progresso in ambito tecnologico e ne è altresì influenzata da questo.

Tenendo, quindi, in considerazione l'importanza rivestita dalle discipline artistiche, sono favorevole a un coordinamento a livello europeo circa il loro insegnamento negli istituti scolastici.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) E’importante, tra le altre cose, che gli artisti abbiano la possibilità di spostarsi liberamente, di promuovere l’attività di centri artistici non commerciali, e di sviluppare ulteriormente le biblioteche digitali europee per preservare il nostro patrimonio artistico. La mia interpretazione del paragrafo 9 sulla natura e la durata degli studi artistici è che si desideri includere gli studi artistici nel processo di Bologna, e in tal senso sono in grado di votare a favore della relazione.

 
  
  

- Relazione Hegyi (A6-0107/2009)

 
  
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  Philip Claeys (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione in esame a causa della terribile ipocrisia del testo. L’Unione europea si rifiuta di tenere conto dei risultati dei referendum sulla Costituzione europea in Francia e nei Paesi Bassi e sul trattato di Lisbona in Irlanda, eppure la relazione non esprime critiche in merito. Al contrario, al paragrafo 5 si afferma, in maniera particolarmente condiscendente e offensiva, che il “no” delle donne è attribuibile al disinteresse da parte dell’Europa.

Anche i riferimenti al cosiddetto “piano D” della Commissione sono del tutto fuori posto, dato che, per la maggioranza degli Stati membri, il “piano B” si è ridotto a un dialogo tra soggetti con opinioni simili che chiaramente non avevano interesse a prendere in considerazione le voci critiche. La relazione avrebbe dovuto condannare questo tipo di abusi invece di approvarli tacitamente.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro questa relazione federalista e arrogante con grande convinzione. Che arroganza sostenere, nel considerando B per esempio, che gli elettori che hanno votato contro la Costituzione europea hanno una conoscenza limitata dell’Europa! Ciò è palesemente falso. Sono stati proprio gli elettori che hanno capito fin troppo bene che l’Unione europea cerca di distruggere le ultime vestigia di sovranità degli Stati membri a votare contro la Costituzione europea. Che arroganza sostenere che l’integrazione avviene solo tra le classi più istruite della società! Il relatore, comunque, è molto chiaro: quelli che la pensano nel “modo sbagliato” vanno criminalizzati o trattati da idioti. Così si potrà parlare di un dialogo attivo con i cittadini.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Ho sostenuto la relazione Hegyi sul dialogo attivo con i cittadini sull’Europa. Un dialogo di questo genere è essenziale e la relazione in esame evidenzia l’importanza dell’azione a livello locale. In effetti, è portando l’azione vicino ai cittadini, anche semplicemente parlando loro di Europa, che questi possono avere un’immagine più precisa di quello che l’Unione europea fa per loro nel quotidiano.

Sarà fondamentale promuovere tale dialogo per la corsa alle elezioni di giugno, specialmente nelle zone rurali e tra i gruppi più euroscettici come i giovani e le donne. La recente dichiarazione politica interistituzionale firmata dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione europea “Insieme per comunicare l’Europa” segue questa falsariga. E’ giusto sottolineare l’importanza che le istituzioni attribuiscono a tale dialogo e gli sforzi che si ripropongono di compiere perché i cittadini si sentano coinvolti nell’Unione europea.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato contro la relazione in esame perché riteniamo inaccettabile che si stia ancora facendo pressione per concludere il processo di ratifica del trattato di Lisbona nonostante i risultati del referendum in Irlanda. In primo luogo, se si fossero osservate le regole stabilite dall’attuale trattato e si fosse rispettata la volontà sovrana del popolo irlandese, il progetto per il trattato di Lisbona avrebbe dovuto essere accantonato. La relazione in oggetto difende ancora una volta una posizione antidemocratica. E’ dunque inaccettabile che il Parlamento europeo affermi di voler accrescere “la trasparenza dell’Unione europea e il coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali” quando la maggioranza degli Stati membri ha rifiutato di sottoporre a referendum il progetto di trattato di Lisbona proprio per timore dell’opinione che la maggioranza dei cittadini avrebbe espresso.

E’ anche deplorevole che si ignorino le opinioni contrarie di quanti si sentono traditi da un processo di integrazione capitalistica che aumenta le diseguaglianze sociali, la povertà e la disoccupazione, contrariamente a quanto promesso.

Persino i pochi punti positivi della relazione sembrano inquadrati in un contesto teso a ingannare l’opinione pubblica e i cittadini attraverso campagne propagandistiche, piuttosto che a garantire la partecipazione democratica e a generare, nelle proprie politiche, cambiamenti in grado di rispondere alle logiche aspirazioni degli individui e dei lavoratori.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Siete veramente incorreggibili. Credete che il crescente scetticismo dei cittadini europei verso l’Unione europea sia dovuto a mancanza di istruzione, ignoranza o addirittura stupidità.

Io credo che sia proprio il contrario. C’è chi beneficia dell’apertura delle frontiere, della libera circolazione di persone, beni, capitali e così via, e c’è la stragrande maggioranza che ne subisce le conseguenze – disoccupazione, precarietà del posto di lavoro, diminuzione del potere d’acquisto, insicurezza, perdita d’identità – e che sa benissimo chi deve ringraziare.

La vostra Europa è una tecnocrazia dominata da una manciata di oligarchi senza controllo, ovvero i 27 Commissari e i pochi membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea. E’ una tecnocrazia attenta alle migliaia di lobby che la influenzano, ma completamente sorda al rifiuto che i cittadini esprimono quando ci degniamo di consultarli con un referendum. Le politiche di tale sistema hanno aperto la strada all’attuale crisi finanziaria, economica e sociale e l’hanno aggravata, oltre a mettere a repentaglio la sicurezza nazionale e le misure di salvataggio.

Quindi spero, come voi, che a giugno i cittadini europei votino in massa e che usino il proprio voto come un referendum per dire “No” a voi.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) La relazione in esame non fa parte della procedura legislativa e non rappresenta altro che l’opinione della maggioranza federalista del Parlamento europeo. La proposta esorta al completamento del processo di ratifica del trattato di Lisbona.

Tuttavia, riteniamo che il trattato di Lisbona sia stato già bocciato due volte: recentemente, nel 2008, con il voto contrario degli irlandesi, ma ancora prima, nel 2005, allorché gli elettori francesi e olandesi respinsero essenzialmente la stessa proposta. Quando imparerà la maggioranza federalista del Parlamento europeo che il desiderio di creare gli Stati Uniti d’Europa non trova il consenso degli elettori?

Nel progetto di relazione, al considerando B, si afferma persino che “le persone con una conoscenza limitata delle politiche europee e dei trattati sono più propense a opporvisi”. Questa è una dimostrazione del disinteresse, dell’arroganza e dell’ignoranza dei federalisti nei confronti degli elettori che hanno idee politiche diverse da quelle predominanti in un Parlamento europeo favorevole alla centralizzazione.

Abbiamo quindi votato contro la relazione in esame.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. (RO) Per comunicare con i cittadini e tenerli informati non è più possibile ricorrere a inefficaci proposte preconfezionate. La società civile dev’essere coinvolta su temi quali il buon governo e la democratizzazione, i diritti umani, la lotta a un’esclusione sociale in crescita, la protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile.

Nel quadro della crisi finanziaria mondiale e del crescente livello di debiti contratti dai consumatori, il dialogo attivo con i cittadini europei si concretizza in uno sforzo da parte delle Istituzioni europee e della società civile per migliorare le conoscenze finanziarie del consumatore, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi e le migliori prassi riguardo a risparmi e prestiti.

Inoltre, gli Stati membri dovrebbero incrementare i capitali umani e finanziari destinati alla rete dei centri europei dei consumatori per aumentare la consapevolezza e assicurare il rispetto dei diritti dei consumatori nell’Unione europea.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La recente campagna volta a rendere obbligatorio l’uso di lampadine ad alta efficienza energetica, della quale beneficeranno in particolare i produttori, è indice del divario che esiste tra l’Unione europea e i suoi cittadini. Come possono i cittadini europei sentire la vicinanza di un’Unione europea che si ostina a far ripetere i referendum, qualora acconsenta a indirli, finché non ottiene il risultato desiderato? Come possono i cittadini austriaci, per esempio, identificarsi con un’Unione europea che si è tradotta in un fiume di traffico in transito, che ha comminato loro sanzioni per aver tenuto elezioni democratiche e che li ha costretti a rinunciare alla neutralità e al segreto bancario?

L’Unione europea è stata creata per motivi economici e ciò risulta ovvio. Non è una creazione dei cittadini, ma di un organismo europeo che è scollegato dalla realtà e che continua a ripetere il mantra della liberalizzazione e della libera circolazione dei capitali. Possiamo adottare tutte le dichiarazioni d’intenti che vogliamo, ma se non rivediamo il nostro modo di pensare e se la mancanza di trasparenza e di democrazia perdura, per i cittadini l’Europa rimarrà un’entità aliena e ciò sarà causa di frustrazione sempre maggiore. Per tale motivo mi sono astenuto dal votare la relazione in esame.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) , per iscritto. – (PL) Il dialogo con i cittadini è una questione importante e complessa che i governi in carica devono saper gestire. L’essenza stessa del loro lavoro è creare un dialogo che si concluda con un compromesso. In tale contesto sembra che le premesse della relazione in esame siano per certi versi contraddittorie. Ci si richiede, infatti, di completare al più presto il processo di ratifica del trattato di Lisbona, considerato un presupposto importante per il dialogo sull’Europa, e si afferma che il trattato aumenterà la trasparenza e coinvolgerà i cittadini nel processo decisionale. Si ha però l’impressione che i cittadini che non approvano il trattato saranno ignorati e che la loro voce non verrà presa in considerazione. E’ dunque difficile parlare di dialogo e di compromesso.

Anche l’idea di una “conoscenza europea comune” ottenuta grazie allo studio della storia dell’Europa e della sua integrazione è discutibile. Tale conoscenza verrebbe generata tramite un programma concordato a livello comunitario, adottato dagli Stati membri su base volontaria e finanziato dalla Comunità europea; in breve, un compromesso storico per mezzo del quale costruire dei valori comuni europei. Non credo sia necessario spingersi così lontano: il concetto di compromesso storico è a dir poco vago e la sua necessità è tutta da dimostrare. Inoltre, l’uso della storia come mezzo per raggiungere uno scopo è criticabile, anche se per finalità meritorie. La soluzione per addivenire a un dialogo efficace va trovata nel presente, che in ogni caso ci offre già problemi a sufficienza. Dobbiamo parlare! In altre parole, “sì” al dialogo e “no” alla relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi riguardo alla relazione presentata dal collega Hegyi in merito al dialogo attivo con i cittadini sull'Europa.

Infatti, pur essendo parzialmente d'accordo con il testo presentato, non convengo su diversi punti a mio avviso importanti: per questo motivo non posso approvare pienamente la relazione.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il dibattito sul dialogo tra l’Unione europea e i cittadini è indispensabile. Il modo in cui i cittadini vedono l’Europa e la loro conoscenza del funzionamento della Comunità europea sono questioni fondamentali. Le persone sono disposte ad accettare quello che conoscono, ma qualsiasi cosa esuli dagli ambiti a loro noti desta timore. Il referendum in Irlanda e i precedenti referendum in Francia e in Olanda ci dimostrano che non possiamo essere superficiali quando si tratta delle opinioni dei cittadini e che le decisioni non andrebbero prese a porte chiuse, ignorando le opinioni della società. Nihil novi: niente di nuovo senza il consenso di tutti.

Dobbiamo fare in modo di raggiungere i cittadini meno abbienti e meno istruiti. Dobbiamo comunicare in maniera chiara e concisa alla gente su cosa si basano le nostre azioni, quali sono i nostri obiettivi e soprattutto quali benefici ne conseguiranno per i cittadini. Una vera integrazione non sarà possibile finché gli elettori non accetteranno l’operato dell’Unione europea.

Alcune ricerche hanno dimostrato che soltanto poco più del 50 per cento dei cittadini europei sono soddisfatti dell’adesione del proprio paese alla Comunità europea. Il dato ovviamente varia di paese in paese. Sarebbe un grande successo se si potesse raggiungere l’80 per cento.

L’obbligo di far avvicinare l’Unione europea ai cittadini non ricade soltanto sulle Istituzioni europee in quanto tali ma anche su noi parlamentari. Ogni anno io stesso organizzo centinaia di incontri con giovani, agricoltori e uomini d’affari. Dobbiamo insegnare ai cittadini a sfruttare i benefici generati dall’Unione europea. Le elezioni di luglio saranno la prima verifica della nostra efficacia.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La relazione Hegyi sulla promozione del dialogo con i cittadini europei è basata sul presupposto che lo scetticismo verso l’Europa sia dovuto a una mancanza di conoscenze adeguate. La relazione propone l’adozione di diverse misure quali: istruzione, Euronews e la creazione di un museo della storia dell’Unione europea. Poiché tali attività sono molto più prossime alla propaganda che al dialogo, ho respinto la relazione. In un vero dialogo, le opinioni dei cittadini devono essere considerate rilevanti.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La relazione Hegyi sulla promozione del dialogo con i cittadini europei si basa sul presupposto che lo scetticismo verso l’Europa sia dovuto a una mancanza di conoscenze adeguate. La relazione propone l’adozione di diverse misure quali: istruzione, Euronews e la creazione di un museo della storia dell’Unione europea. Poiché tali attività sono molto più prossime alla propaganda che al dialogo, ho respinto la relazione. In un vero dialogo, le opinioni dei cittadini devono essere considerate rilevanti.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Il relatore afferma che il dialogo attivo con i cittadini sull’Europa non è ben sviluppato e, sfortunatamente, ha ragione. Le informazioni riguardanti l’Unione europea spesso raggiungono solo le fasce più colte e agiate, generando scetticismo e antipatia negli altri cittadini dei paesi europei. Per tale motivo un elemento essenziale nello sviluppo futuro della Comunità europea è la cultura europea dei cittadini.

Il relatore individua diversi modi per raggiungere un pubblico sempre più vasto, in modo da accrescere le conoscenze dei cittadini sull’Europa. Il suo approccio è basato su metodi pragmatici e molto comuni, che permettono di raggiungere il numero più alto possibile di persone: l’introduzione nelle scuole di un anno di insegnamento sulla storia dell’Unione europea dal 1945 a oggi, la creazione di un canale televisivo di informazione simile all’americano CNN e siti Internet strutturati in modo da essere accessibili ai giovani.

Concordo sull’importanza di una campagna di informazione sull’Unione europea e la appoggio come metodo per aumentare la consapevolezza della società. Ritengo che le idee del relatore per l’attuazione di tale campagna siano eccellenti.

 
  
  

- Relazione Cornillet (A6-0081/2009)

 
  
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  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. (FR) L’Assemblea parlamentare paritetica o APP è diventata uno strumento fondamentale di dialogo politico e di prevenzione e risoluzione dei conflitti.

In situazioni di crisi politica, i nostri “dibattiti urgenti” ci hanno permesso di intavolare un dialogo approfondito, costruttivo e senza tabù sulla situazione in Kenya, in Zimbawe e in Mauritania.

In relazione alle grandi sfide “orizzontali” poste dal dualismo nord-sud quali la sicurezza alimentare, l’efficacia degli aiuti pubblici e il lavoro minorile, l’APP nel 2008 ha adottato posizioni costruttive e spesso coraggiose.

Per quanto riguarda la realizzazione del Fondo europeo di sviluppo, l’APP è entrata in possesso di documenti strategici che il suo comitato economico ha iniziato a esaminare.

Tuttavia, i programmi dell’APP sono stati caratterizzati principalmente da un’unica priorità politica, quella degli accordi di partenariato economico o APE. Le “riunioni regionali” rappresentano una delle risorse più importanti e un innegabile valore aggiunto al fine di supervisionare gli APE.

Tale valore aggiunto va riconosciuto e valorizzato. L’APP deve essere il fulcro del controllo parlamentare sulle negoziazioni e dell’attuazione degli accordi.

Infine, vorrei rendere omaggio in questa sede al lavoro della copresidente Glenys Kinnock che è riuscita a rendere l’APP uno strumento incomparabile nel dialogo tra nord e sud e un’opportunità di sviluppo equo, sostenibile e solidale.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio parere negativo riguardo alla relazione presentata dal collega Cornillet circa l'attività dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE nel 2008.

Ritengo, infatti, che non sempre sia stato svolto un lavoro soddisfacente nell'ambito delle sessioni di lavoro che si sono svolte finora, tanto che su alcuni temi rilevanti non si è giunti all'adozione di nessuna risoluzione.

Inoltre, i negoziati intrapresi dall'Assemblea hanno condotto, in certi casi, alla stipula di accordi di partenariato che non hanno prodotto buoni risultati né per l'Unione Europea né per le controparti. Per questo esprimo il mio parere negativo alla relazione presentata.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. (NL) Mi sono astenuto dal voto sul lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE anche se, col senno di poi, avrei preferito aver votato contro la relazione. Nel corso degli anni in cui sono stato presente in questo Parlamento e ho lavorato qui, ho avuto l’impressione sempre più netta che gli Stati ACP siano solo una scusa per viaggiare in lungo e in largo. Siamo onesti, che differenza fanno?

Forse ci servirebbe soltanto un’analisi di tutte le posizioni parlamentari. Sembrano interessanti. Sono convinto che sia piacevole girare il mondo a spese dell’erario, ma ho forti dubbi che il denaro dei contribuenti in questo caso abbia portato benefici a qualcuno, se si escludono i settori alberghiero e del trasporto aereo.

 
  
  

- Relazione Krehl (A6-0095/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) I Fondi strutturali sono uno degli strumenti più importanti dell’Unione europea, ma uno degli aspetti più difficili da capire è come avere accesso a tali fondi in ambito di politica regionale. In effetti, il titolo stesso contiene la parola “ostacoli”, che possono essere sintetizzati in sette punti:

- eccessiva burocrazia;

- regolamenti troppo complessi;

- - frequenti modifiche, da parte di alcuni Stati membri, dei criteri di ammissibilità e della documentazione richiesta;

- mancanza di trasparenza dei processi decisionali e dei regimi di cofinanziamento;

- ritardi nei pagamenti, amministrazione centrale lenta e macchinosa negli Stati membri;

- insufficiente capacità amministrativa decentrata;

- - modelli diversi di amministrazione regionale negli Stati membri, che ostacolano la disponibilità di dati comparativi e lo scambio delle migliori prassi.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Krehl sulle migliori prassi in ambito di politica regionale perché presenta una definizione innovativa di tali migliori prassi, oltre a esempi di casi di successo e a un elenco di raccomandazioni molto specifiche per tutte le aree di intervento dell’Unione europea in quest’ambito.

In particolare, ho richiamato l’attenzione della relatrice su una migliore accessibilità alle infrastrutture urbane e ai trasporti per le persone con ridotte capacità motorie e sulla possibilità di conciliare la vita privata, familiare e professionale, in particolare per le donne.

Ci auguriamo che tali raccomandazioni generali aiutino e ispirino gli operatori della politica regionale.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione Krehl perché individua le migliori prassi in diversi ambiti, compresi quelli dell’ambiente e dell’energia sostenibile, come nel caso della centrale idroelettrica Socorridos, nella regione autonoma di Madeira, nell’ambito dell’iniziativa RegioStars.

La relazione Krehl individua anche i principali ostacoli all’organizzazione di tali progetti, tra cui:

- regolamenti complessi;

- mancanza di chiarezza nelle regole di cofinanziamento;

- scarse possibilità di scambiarsi esperienze; e

- rare opportunità di cooperazione interregionale e strutture regionali inadeguate a tale cooperazione.

E’ pertanto essenziale consolidare e perfezionare gli indicatori, aumentando quindi il know-how della Comunità in tale ambito, in particolare per quanto riguarda:

- il rispetto del principio di pari opportunità e la certezza dei principi di collaborazione e innovazione;

- l’organizzazione rigorosa dei progetti, l’uso efficace delle risorse e la chiarezza sulla loro durata;

- la maggiore trasferibilità delle conoscenze, in modo che possano essere utilizzate anche in altre regioni dell’Unione europea.

Tali aspetti sono tutti presi in considerazione nella relazione Krehl.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione sulle migliori prassi nel settore della politica regionale perché sono convinto che solo fornendo informazioni sufficienti, trasparenti e tempestive si possa facilitare la distribuzione di informazioni importanti relative ai Fondi strutturali e di coesione.

Non sarà possibile realizzare gli obiettivi della politica di coesione finché ostacoli quali burocrazia e amministrazione impediranno l’utilizzo delle risorse strutturali dell’Unione europea da parte dei potenziali beneficiari. Gli ostacoli che hanno creato difficoltà fino a ora comprendono documentazione incomprensibile, criteri di ammissibilità che cambiano continuamente o scadenze troppo brevi per la consegna dei fascicoli.

I risultati migliori si ottengono con uno scambio attivo di informazioni e con la creazione di una banca dati comunitaria che contenga esempi di successo nell’ambito dell’attuazione dei progetti. La cooperazione all’interno delle regioni e tra regioni diverse e la raccolta e lo scambio delle migliori prassi in campo di politica regionale aumenteranno la capacità di assorbimento dei fondi europei.

Un portale europeo tradotto in tutte le lingue ufficiali dell’Unione può offrire un contributo significativo per la ripartizione adeguata e trasparente delle informazioni relative ai fondi europei e per lo scambio delle migliori prassi nell’ambito della politica di coesione nelle regioni degli Stati membri che hanno aderito di recente.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario alla relazione presentata dalla collega Krehl in merito alle migliori prassi nella politica regionale e ostacoli nell'utilizzo dei fondi strutturali.

Sono, infatti, convinto che le proposte avanzate da tale relazione non rappresentano una possibilità di migliorare il funzionamento della politica regionale, politica di grande rilevanza per contrastare lo sviluppo non equilibrato all'interno dell'Unione Europea e che gode di un forte sostegno finanziario.

Ritengo, in particolare, che lo scambio di buone pratiche non possa costituire la soluzione al problema dell'utilizzo più efficace delle risorse strutturali e che non sia in grado di contribuire realmente allo sviluppo di progetti innovativi.

 
  
  

- Relazione Roszkowski (A6-0042/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Abbiamo votato a favore della relazione Roszkowski poiché condividiamo gli obiettivi principali di sviluppo rurale e diversificazione delle attività volti a massimizzare il potenziale di sviluppo locale. Tuttavia la relazione contiene dei punti sui quali non ci troviamo d’accordo per motivi riguardanti sia i contenuti che il modo in cui alcuni dei punti suddetti sono stati espressi. Per esempio, ci troviamo in disaccordo sul fatto che le sovvenzioni alla PAC nel quadro del secondo pilastro si siano ridotte in modo significativo. Malgrado sussistano importanti motivazioni legate alla politica ambientale e alla politica regionale, non riteniamo opportuno che alcune tipologie di produzione agricola debbano essere sovvenzionate a tutti i costi. Riteniamo inoltre che le espressioni utilizzate in alcuni punti siano tali da impedire alla popolazione rurale di effettuare le proprie scelte. Abbiamo tuttavia deciso di interpretare tali punti come scelte di termini poco felici animate però da buone intenzioni, come nel caso della prevenzione della desertificazione.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione sulla complementarietà e il coordinamento della politica di coesione e delle misure di sviluppo rurale perché considero tali politiche dei pilastri per lo sviluppo nazionale, visto il grande potenziale agricolo della Romania.

Ritengo importante che la politica di sviluppo rurale miri a ridurre le differenze economiche tra aree urbane e aree rurali, identificando il potenziale specifico per ogni area e incoraggiando lo sviluppo di attività distinte in ognuna.

Le politiche di sviluppo rurale devono individuare strategie che non frenino o arrestino le attività agricole svolte dalla popolazione rurale. Semmai, dovrebbero favorire la diversificazione di tali attività mediante l’offerta di alimenti biologici di produzione locale e la produzione di cibi e bevande tradizionali.

Il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale è stato creato separatamente dai Fondi strutturali allo scopo di utilizzare i fondi europei in modo più efficace nelle aree rurali. Il vantaggio che ne traiamo quale Stato beneficiario è quello di poter distribuire una gamma più ampia di finanziamenti per lo sviluppo rurale. Di conseguenza, saremo in grado di raggiungere il nostro obiettivo di modernizzazione delle strutture sociali e, al contempo, accrescere la coesione territoriale tra aree rurali e aree urbane.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Negli ultimi anni, le aree rurali hanno subito gli effetti non solo dell’emigrazione verso i centri urbani ma anche dello smantellamento delle infrastrutture: stazioni di polizia, negozi alimentari, trasporti pubblici eccetera. Di conseguenza, tali aree sono diventate sempre meno attraenti e sempre più degradate, tanto che, se la deregolamentazione dei servizi postali nazionali provocherà un’ondata di chiusure di uffici postali, intere regioni rimarranno senza risorse.

Il fatto che nei prossimi anni si preveda un’intensificazione del fenomeno di abbandono delle terre e un aumento del tasso di mortalità tra gli agricoltori non dovrebbe sorprenderci. Le conseguenze di una politica poco lungimirante delle sovvenzioni europee, che generalmente favoriscono solo i soggetti di grandi dimensioni, e anni di disinteresse per le aree rurali cominciano a manifestarsi. Non abbiamo ancora una visione d’insieme e, finché non l’avremo, ogni misura isolata è destinata a fallire. Per tali motivi ho votato contro la relazione Roszkowski.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione del collega Roszkowski, sulla complementarietà e coordinamento della politica di coesione e delle misure dello sviluppo rurale.

Dubito, in particolare, che il sostegno delle attività non agricole nelle regioni rurali rappresenti il metodo più efficace per rafforzare la coesione territoriale. Piuttosto, ritengo che questa manovra minacci gli aiuti diretti destinati all'agricoltura, comportando gravi squilibri alla realtà socio-economica delle zone rurali.

 
  
  

- Relazione Roth-Behrendt (A6-0484/2008)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) L’introduzione di disposizioni particolarmente severe riguardanti alcune sostanze utilizzate nell’industria cosmetica è in contrasto con gli interessi di molte aziende polacche. L’industria cosmetica polacca è costituita principalmente da piccole e medie imprese che non possono permettersi di effettuare i complessi test necessari a introdurre sostanze sostitutive in molti cosmetici. In primo luogo, le sostanze il cui uso è vietato dal regolamento in oggetto si trovano soltanto nel 5 per cento dei cosmetici e, inoltre, possono essere utilizzate nella produzione in concentrazioni sicure. Sfortunatamente, gli emendamenti proposti dai parlamentari polacchi sono stati respinti. Per tale motivo, non ho appoggiato la relazione Roth-Behrendt.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Sono lieto che, nella nuova versione, lo strumento giuridico del regolamento sia stato preferito a quello della direttiva attualmente in vigore, eliminando le incertezze e le incongruenze normative e fornendo una definizione e i mezzi per l’attuazione. Un altro obiettivo importante è quello di aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici. Il regolamento in oggetto stabilisce i requisiti fondamentali in materia di valutazione della sicurezza, che non erano stabiliti in maniera chiara nella direttiva cosmetici in vigore.

 
  
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  Hanne Dahl (IND/DEM), per iscritto. (DA) Appoggiamo con riluttanza il nuovo regolamento sui prodotti cosmetici, malgrado consenta deroghe al divieto di utilizzo di sostanze cancerogene, le CMR. Fortunatamente, il Parlamento ha posto un limite stabilendo che venga considerata, nel processo di approvazione, l’esposizione totale alle CMR di qualunque origine. L’adozione del regolamento in esame comporta che, in Danimarca, non potremo più vietare l’utilizzo di sostanze che sappiamo essere cancerogene, interferenti ormonali o allergeni, poiché tale divieto verrebbe considerato un ostacolo alla libera circolazione delle merci, che è esattamente quanto la normativa mira a salvaguardare.

Tuttavia, tale limite è compensato dall’introduzione, da parte del Parlamento, del regolamento sulle nanoparticelle e quindi dall’applicazione del principio precauzionale. D’ora in poi, prima di consentire l’utilizzo delle nanoparticelle si dovrà dimostrare che queste non siano nocive, piuttosto che vietarne l’utilizzo solo dopo averne dimostrato la nocività, che, in pratica, è il principio dominante nella normativa europea.

Il regolamento introduce anche requisiti più rigorosi per la descrizione dettagliata del prodotto.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione Roth-Behrendt sul regolamento sui prodotti cosmetici (rifusione) poiché sono convinta che sia importante garantire la sicurezza dei prodotti cosmetici per proteggere la salute del consumatore, stabilendo requisiti minimi che i prodotti devono soddisfare prima di essere immessi sul mercato.

Tuttavia, mi rammarico del fatto che non sia stata approvata l’indicazione obbligatoria del termine minimo di conservazione per tutti i prodotti, compresi quelli con una durata minima superiore ai 30 mesi (articolo 15). Mi preme sottolineare che, se è vero che l’uso di un cosmetico scaduto non mette a rischio la salute del consumatore, è anche vero che non produce i benefici sperati.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Nella relazione in esame il Parlamento europeo condivide la posizione della Commissione in merito alla decisione di riformulare la direttiva 76/768/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici. La direttiva cosmetici, che è già stata oggetto di 55 emendamenti dalla sua adozione nel 1976, è diventata inefficiente e obsoleta e non è più in grado di garantire la sicurezza giuridica necessaria in un settore che si sviluppa in modo così rapido. Con la rifusione, la Commissione intende eliminare le incertezze e le incongruenze grazie all’introduzione di una serie di definizioni e di misure attuative. Inoltre, al fine di evitare divergenze nel recepimento sul piano nazionale, la Commissione ha modificato la forma giuridica dell’atto, convertendolo da direttiva in regolamento.

Un altro degli obiettivi è quello di aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici. Poiché la direttiva cosmetici in vigore non presenta requisiti chiari per la valutazione in materia di sicurezza, la Commissione introduce dei requisiti minimi. Riteniamo adeguato l’approccio della relatrice, la quale aumenta il livello di sicurezza al fine di proteggere la salute dei consumatori.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. (PT) Appoggio, in linea generale, la relazione Roth-Behrendt e il compromesso raggiunto con il Consiglio. Tuttavia, mi rammarico per un’omissione, che ritengo possa pregiudicare la salute dei consumatori.

La direttiva cosmetici in vigore e la proposta di regolamento prevedono che solo sui prodotti cosmetici con una durata minima inferiore ai 30 mesi venga riportato il termine minimo di conservazione, mentre spesso si dichiara una durata superiore ai 30 mesi per motivi economici. In questo modo i produttori possono considerarsi esentati dall’obbligo di riportare il termine minimo di conservazione su tutti i loro prodotti. Sebbene l’uso di un cosmetico scaduto non metta normalmente a rischio la salute del consumatore, è anche vero che non produce i benefici sperati.

Sfortunatamente i servizi giuridici del Parlamento e la Commissione hanno deciso, erroneamente a mio parere, che tale disposizione non poteva essere emendata nella procedura di rifusione.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. (FI) Desidero esprimere il mio compiacimento per il risultato raggiunto oggi in materia di regolamentazione sui prodotti cosmetici. Il mercato dei prodotti cosmetici è ricco di promesse straordinarie e di terminologie all’apparenza scientifiche nelle quali le brillanti trovate linguistiche dei pubblicitari sono l’unico parametro per provare l’efficacia del prodotto. Ora le regole sono più rigide e questo è il minimo che potessimo fare. Con il nuovo regolamento, si potranno pubblicizzare solo le caratteristiche che i prodotti effettivamente hanno, quindi devono esistere prove dell’efficacia del prodotto. La relatrice ha richiesto alla Commissione di presentare un piano di azione riguardante le dichiarazioni utilizzate nei prodotti cosmetici e di adottare una serie di criteri valutativi di tali dichiarazioni.

L’obiettivo della proposta è la semplificazione della normativa in vigore: attualmente vi sono più di 3 500 pagine di legislazione nazionale in materia che saranno convertite in un testo unico. Sarà possibile in tal modo garantire alti standard di sicurezza del consumatore in tutta l’Unione europea assicurando il funzionamento del mercato interno. Le normative obsolete, particolarmente in materia di industria cosmetica, mettono a rischio la salute e l’affidabilità della legge. Tali principi sono una logica conseguenza del lavoro iniziato con la discussione in merito al regolamento REACH sulle sostanze chimiche.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) In qualità di relatrice del gruppo del partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, ho partecipato alla stesura del pacchetto legislativo sull’introduzione di merci nel mercato, approvato dal Parlamento nel febbraio 2008. Ho lavorato alla relazione concernente il progetto di decisione sul quadro congiunto per l’introduzione di merci sul mercato, concentrando le mie proposte di emendamento sull’aumento delle responsabilità degli importatori, sulla riduzione degli obblighi amministrativi per le piccole e medie imprese, sull’adozione del nuovo approccio come base per introdurre i prodotti sul mercato, nonché sulla creazione e sull’utilizzo degli standard europei in modo più flessibile.

Tale pacchetto è divenuto il prerequisito per la revisione di altre direttive settoriali, in particolare della direttiva sui giocattoli, già approvata, del regolamento sui prodotti cosmetici e del regolamento sui materiali edili.

Il regolamento sui prodotti cosmetici si basa sul principio fondamentale del pacchetto legislativo sull’introduzione di merci nel mercato. Da un lato è responsabilità del produttore garantire che il prodotto sia conforme alle leggi europee in vigore, dall’altro, è responsabilità degli Stati membri garantire un’adeguata vigilanza del mercato dell’Unione.

Ho votato a favore della relazione Roth-Behrendt sulla proposta di regolamento sui prodotti cosmetici, che sostituirà la direttiva in vigore, inefficace e obsoleta. Negli ultimi anni, l’industria cosmetica si è sviluppata con una velocità senza precedenti e la normativa in vigore non è più in grado di fornire la necessaria sicurezza giuridica.

Accolgo con favore la nuova normativa, che contribuirà ad assicurare una maggiore difesa del consumatore e garantirà la protezione contro i prodotti cosmetici dannosi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto favorevolmente alla relazione della collega Roth-Behrendt, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici.

Concordo totalmente che, per aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici, al fine di garantire la protezione e la salute di tutti i consumatori, sia necessario definire con chiarezza specifici strumenti di controllo. Altresì convengo con la collega che, per rafforzare il meccanismo di controllo, in modo da garantire una valutazione indipendente, la responsabilità delle dichiarazioni, riguardanti i prodotti cosmetici, debba essere affidata ad un'organizzazione indipendente.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore del progetto di risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione) perché ritengo che tutti i prodotti immessi sul mercato debbano rispettare sia gli standard di qualità che i requisiti minimi di sicurezza. Il regolamento, volto ad aumentare la sicurezza dei prodotti cosmetici, garantirà la protezione e la salute del consumatore.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. (FR) A seguito dell’introduzione delle nanoparticelle nei prodotti cosmetici, e poiché il settore della cosmesi figura tra i più esposti alla contraffazione, è importante avere precisi strumenti di controllo, in particolare per l’identificazione dei cosmetici contraffatti, che non rispettano le normative.

Alcuni prodotti infatti richiedono particolare attenzione, soprattutto i prodotti da applicare sul contorno occhi, sulle mucose e sulla pelle lesa, nonché i prodotti per bambini o per soggetti con sistema immunitario indebolito. Ovviamente, dobbiamo rivolgere particolare attenzione alla valutazione della tossicità locale, all’irritazione cutanea e oculare, alla sensitizzazione cutanea e, nel caso dell'assorbimento di radiazioni UV, alla tossicità fotoindotta. Inoltre, la lotta alla contraffazione per mezzo di tali strumenti è essenziale per la salute pubblica e per l’impatto ambientale, ma anche per la competitività. Abbiamo quindi appoggiato la relazione, ma non andrebbero effettuate nuovi test sui prodotti finiti qualora le informazioni a disposizione sugli ingredienti in essi contenuti attestino la loro conformità alle normative.

 
  
  

- Relazione Sârbu (A6-0076/2009)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Nella relazione in esame il Parlamento europeo approva, con alcuni emendamenti, la richiesta della Commissione di modificare la direttiva 98/8/CE relativa all’immissione sul mercato dei biocidi. La Commissione ha reputato necessaria tale modifica a seguito della valutazione sull’attuazione della direttiva, da cui è emerso che il periodo di dieci anni fino al 14 maggio 2010, previsto per la valutazione di sostanze attive usate in prodotti biocidi ai fini del loro inserimento nell’elenco comunitario positivo, non sarà sufficiente. Di conseguenza, il periodo di transizione durante il quale il mercato dei biocidi continuerà a essere regolamentato dalle normative nazionali, dovrebbe scadere prima della definizione dell’elenco positivo comunitario. In pratica, ciò significherebbe che prodotti importanti quali i disinfettanti usati negli ospedali dovrebbero essere ritirati dal mercato a partire dal 15 maggio 2010.

Al fine di evitare il prodursi di tale eventualità, la Commissione propone un’estensione di tre anni del periodo di transizione, fino al 14 maggio 2013. Qualora anche gli ulteriori tre anni si rivelassero insufficienti, la Commissione introduce la possibilità di prolungare ulteriormente il periodo con una decisione di comitatologia. Tuttavia, la relatrice non auspica che si abusi di tale possibilità per rimandare all’infinito il processo e propone quindi delle limitazioni.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto.(PT) Ho appoggiato la relazione Sârbu e la proposta della Commissione che apportano modifiche tecniche alla normativa in vigore.

L’attuale direttiva prevede un periodo di transizione (2000-2010), durante il quale il mercato dei biocidi continuerà a essere regolato dalle normative nazionali, oltre a un programma di durata decennale per la valutazione delle sostanze attive usate nei biocidi, volto a inserirli in un elenco positivo compilato dalla Commissione.

Poiché il programma di revisione della direttiva è in uno stato di avanzamento tale da non poter essere completato entro il 2010 come previsto, si è reso necessario un emendamento volto ad allungare i periodi di transizione per i casi di ritardo. Per tale motivo, ritengo adeguata la proposta di emendamento in esame.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. (RO) La proposta della Commissione recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi si è resa necessaria a seguito della valutazione sull’attuazione della direttiva, da cui è emerso che il periodo di dieci anni fino al 14 maggio 2010, previsto per la valutazione di sostanze attive usate in prodotti biocidi ai fini del loro inserimento nell’elenco comunitario positivo, non sarà sufficiente. Di conseguenza, il periodo di transizione durante il quale il mercato dei biocidi continuerà a essere regolamentato dalle normative nazionali, terminerebbe prima della definizione dell’elenco positivo comunitario. In pratica, ciò significherebbe che prodotti importanti quali i disinfettanti usati negli ospedali dovrebbero essere ritirati dal mercato a partire dal 15 maggio 2010.

Ho votato a favore della relazione in oggetto perché un prolungamento del periodo di transizione permetterà di completare il processo di valutazione delle sostanze attive usate nei prodotti biocidi e concederà il tempo necessario, da un lato, agli Stati membri per recepire il provvedimento, emettere le autorizzazioni necessarie e registrare i prodotti, dall’altro, all’industria per compilare e presentare fascicoli completi. Inoltre, tale prolungamento consentirà di applicare il principio di prevenzione della produzione di rifiuti (le sostanze che non sono state sottoposte a valutazione vengono considerate rifiuti) e di prevenire l’immissione illegale sul mercato di prodotti biocidi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione della collega Sârbu sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/8/CE relativa all'immissione sul mercato dei biocidi per quanto riguarda l’estensione di determinati periodi di tempo.

Considerato il delicato e laborioso processo di valutazione delle sostanze attive usate in prodotti biocidi, convengo con la relatrice sull'estendere il periodo transitorio di quattro anni, anziché tre, al fine di dare il tempo necessario all'industria di adempire i loro compiti.

 
  
  

- Relazione Becsey (A6-0121/2009)

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. (NL) Essendo consapevole della necessità di dissuadere i cittadini, in particolare i giovani, dal fumo, mi sono astenuto dal votare la relazione in oggetto. L’Unione europea intende aumentare i prezzi di sigarette e tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette e sigaretti, ma si tratta di decidere se la scelta ipocrita di aumentare le tasse sia effettivamente la decisione giusta. L’industria del tabacco dopotutto offre lavoro a molti cittadini degli Stati membri e, in tempo di crisi, l’impatto di tali misure sull’occupazione dovrebbe essere preso attentamente in considerazione prima che queste vengano attuate.

Per ridurre il consumo di tabacco non sarebbe meglio informare i cittadini piuttosto che tassarli?

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) La relazione Becsey propone un’armonizzazione a livello comunitario delle imposte sul tabacco nascondendosi dietro a obiettivi di salute pubblica. Il vero obiettivo, infatti, è quello di ottenere un mercato perfetto su scala europea per le sigarette, un mercato “decompartimentato” con un’imposta unica nel quale i concorrenti possano azzuffarsi.

Un pò di coerenza, per favore. O diamo la precedenza alla salute, o al mercato. Per alcuni prodotti, non si può dare la precedenza al mercato. Alcuni Stati, la Francia e il Belgio per esempio, sono stati portati in tribunale dalla Commissione per aver stabilito delle soglie o dei prezzi minimi di vendita. C’è sicuramente un motivo se il commercio di tabacco è disciplinato in maniera così rigorosa sia a livello nazionale (distribuzione soggetta ad autorizzazione) che internazionale acquisti transfrontalieri limitati e se, una volta tanto, i controlli doganali vengono effettuati davvero, malgrado gli ostacoli posti dai regolamenti europei.

Infine, la relazione in esame è preoccupante per il futuro dei tabaccai francesi, che ricoprono un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento delle piccole attività commerciali e nella fornitura di alcuni servizi pubblici nelle aree rurali, e che sono già stati seriamente danneggiati da un precedente aumento delle imposte.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. (DE) Esprimo il mio voto favorevole alla relazione Becsey che propone un aumento delle accise sui prodotti del tabacco.

Accolgo con molto favore l’aumento graduale dei prezzi sulle sigarette e su altri prodotti del tabacco a partire dal 2014. Ritengo inoltre che l’aggiornamento delle definizioni di alcuni prodotti del tabacco sia essenziale al fine di garantire una migliore salvaguardia della salute.

Ho sostenuto per anni, con grande convinzione, la tutela dei non fumatori e sono convinto che la relazione in esame sia un altro passo nella direzione giusta. Tale convinzione è rafforzata dalla previsione della Commissione sul consumo di tabacco, secondo la quale si verificherà un calo del 10 per cento nei prossimi cinque anni.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto.(FR) Ho votato a favore della relazione Becsey perché un forte aumento delle accise sui tabacchi lavorati, come quello proposto dalla Commissione, nuocerebbe all’occupazione nel settore in Europa, particolarmente nell’attuale periodo di crisi. L’esperienza dimostra che la politica di innalzamento dei prezzi non è un mezzo efficace per combattere l’assuefazione da nicotina.

Similmente, per tale motivo, sono felice che non siano stati allineati i livelli minimi di imposta applicati al tabacco da arrotolare con quelli applicati alle sigarette. La funzione di ammortizzatore svolta dal tabacco da arrotolare è essenziale per impedire l’aumento incontrollato delle merci di contrabbando in Europa. Alcune ricerche hanno dimostrato che, in alcuni Länder tedeschi, più della metà delle sigarette sono contrabbandate e, se si vuole contenere il fenomeno, il tabacco trinciato fino deve poter fungere da sostituto delle sigarette.

Mi rammarico che alcuni emendamenti molto sensati siano stati respinti per pochi voti.

Confido nel fatto che il nostro messaggio raggiunga ugualmente il Consiglio dei ministri, il quale deve deliberare all’unanimità.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Pur condividendo l’idea dell’imposta sul tabacco e di un’imposta minima europea, mi sono astenuto dal voto a causa del danno che potrebbe arrecare all’imposta britannica sui tabacchi. Il governo ha la libertà di aumentare le imposte sul tabacco, il che può essere un incentivo per ridurre o interrompere il consumo di tabacco, per migliorare la salute e per dare respiro al sistema sanitario nazionale. Poiché la relazione in esame avrebbe compromesso e ridotto la possibilità da parte del governo di tassare il tabacco, mi sono astenuto dal voto.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario sulla relazione del collega Becsey, sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica delle direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE per quanto concerne la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati.

Non approvo la suddetta proposta, poiché potrebbe, a mio avviso, indebolire la proposta della Commissione. Come risultato, il raggiungimento degli obiettivi previsti, di contribuire alla riduzione del consumo di tabacco del 10% entro il 2014, sarebbe ostacolato.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) La proposta presentata dalla Commissione è tesa ad armonizzare la tassazione del tabacco all’interno dell’Unione europea, in modo da arginare il considerevole commercio transfrontaliero di tabacco che rischia di compromettere gli obiettivi di sanità pubblica definiti dagli Stati membri. La proposta presentata dal relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari è notevolmente più debole di quella contenuta nel testo originale della Commissione. Quale rappresentante del gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa, ho fatto il possibile per perfezionare la relazione. La questione delle imposte sul tabacco è particolarmente difficile da risolvere a causa delle grandi differenze, all’interno dell’Unione, nelle aliquote d’imposta e nelle opinioni sugli effetti nocivi del tabacco. Le notevoli divisioni all’interno dei vari gruppi, compreso il mio, mi hanno fatto concludere che, malgrado i miei sforzi, la proposta del Parlamento alla fine non sia sufficientemente ambiziosa. Ho quindi deciso di astenermi dal voto finale sulle nuove accise sul tabacco.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo concorda sul fatto che dazi troppo bassi incoraggino la speculazione sulla differenza delle imposte tra due paesi e provochino un commercio incontrollato e non autorizzato di tabacchi lavorati. La definizione di un’imposta minima è quindi uno strumento particolarmente efficace per apportare i cambiamenti necessari a un’azione di contrasto. I paesi europei potranno poi decidere di imporre tasse più alte rispetto a tali minimi per legittimi motivi scientifici e sociali.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. (NL) Apprezzo l’impegno che il relatore ha posto nella stesura della relazione in esame, ma non posso appoggiarne il risultato. Sono fermamente convinta dell’utilità di aumentare l’accisa sui tabacchi al fine di scoraggiarne l’uso. Vorrei sottolineare il fatto che, per quanto mi riguarda, le considerazioni sulla salute sono molto più importanti rispetto a quelle squisitamente economiche. Trovo anche deplorevole il fatto che il relatore indebolisca le proposte della Commissione. Per tali motivi ho votato contro la relazione Becsey.

 
  
  

- Relazione Muscardini (A6-0054/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.

Una pratica selvaggia e fuorilegge, esercitata per lo più in Africa, attraverso l’immigrazione verso il vecchio continente negli ultimi trent’anni é silenziosamente approdata in Europa.

I dati dell’OMS parlano chiaro: le mutilazioni genitali femminili (MGF) sono diffuse in 28 paesi africani, in Medio Oriente e in alcuni paesi asiatici. Circa 100-140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subito tale pratica, mentre 4 milioni sono potenzialmente a rischio. Le MGF rappresentano una menomazione al processo d’integrazione europeo, oltre ad essere una denigrazione dell’uguaglianza dei generi.

Il Parlamento europeo, da anni impegnato per affermare i diritti fondamentali di tutti i cittadini, aveva già adottato nel 2001 una risoluzione sul tema, ma è ora di fare un passo in avanti sostenendo anche il programma DAFNE III che ha finanziato finora 14 progetti sulle MGF, delineando delle priorità per la prevenzione e l’eliminazione delle MGF in Europa. Uno dei terreni su cui bisogna intensificare l’azione é la prevenzione di tale pratica nei confronti delle bambine e a tal fine è decisivo un intervento che sappia identificare le minori a rischio, facendo prevenzione con le famiglie tramite un supporto psicologico

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) È difficile immaginare qualcosa di più orrendo e arcaico delle mutilazioni genitali femminili. Purtroppo tale barbara pratica è approdata anche nell’Unione europea sulla scorta del costante flusso di immigrati provenienti da paesi dove essa viene regolarmente praticata.

La relazione Muscardini esprime giustamente la ripugnanza suscitata da questa brutalità diffusa ormai anche tra noi, e avanza delle proposte perché i nostri valori di uguaglianza e libertà si traducano in azioni concrete contro le mutilazioni genitali femminili. Fermo restando l’impegno dell’Unione europea per la multiculturalità, dobbiamo far sì che l’inesorabile ondata di correttezza politica che deriva dalla legislazione comunitaria non si scontri con la volontà di eliminare questa pratica vergognosa.

Esistono tuttavia dei limiti a ciò che possiamo fare per prevenire le mutilazioni genitali femminili nei paesi terzi. Ciononostante, dobbiamo essere preparati a porre in relazione i rapporti commerciali e gli aiuti con un maggiore rispetto per i diritti umani, e nello specifico la messa al bando di questo ignobile crimine perpetrato ai danni delle donne.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo votato a favore della relazione d’iniziativa presentata dall’onorevole Muscardini (A6-0054/2009) sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili nell’Unione europea. La relazione solleva una questione estremamente grave, ed esprime chiaramente la necessità di intervenire contro tale pratica avanzando una serie di proposte per conseguire tale obiettivo. Accogliamo pertanto favorevolmente la cooperazione tra gli Stati membri nell’affrontare questa questione.

Vorremmo tuttavia sottolineare che la questione delle visite mediche periodiche a carattere preventivo per le donne e le bambine che hanno ottenuto asilo nell’UE per sfuggire al rischio di mutilazioni genitali femminili dev’essere affrontata singolarmente da ciascuno Stato membro, nel rispetto dei diritti della persona interessata.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. (EN) Sostengo la relazione che affronta il grave problema della mutilazioni genitali femminili. In Europa, negli ultimi trent’anni, per effetto dell’immigrazione, le MGF sono diventate sempre più frequenti. Tale pratica non solo causa gravissimi danni irreversibili alla salute fisica e mentale di donne e bambine – e in alcuni casi si è rivelata addirittura fatale – ma costituisce altresì una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali, proibita dal diritto penale degli Stati membri e in contrasto con i principi stabiliti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Si stima che in Europa le donne sottoposte a MGF siano state 500 000, e che ogni anno circa 180 000 immigrate subiscano tale pratica o siano a rischio di subirla.

La relazione invita la Commissione e gli Stati membri a collaborare per armonizzare la legislazione esistente, per porre l’accento sulla prevenzione attraverso una maggiore integrazione delle famiglie immigrate e di sensibilizzare l’opinione pubblica tramite la promozione di campagne d’informazione e l’avvio di un dialogo sulle pratiche tradizionali. Il documento sostiene inoltre con forza la necessità di perseguire chiunque pratichi le MGF, nonché di fornire assistenza medica e legale alle vittime e tutelare i soggetti a rischio, anche tramite il riconoscimento del diritto di asilo, in taluni casi.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. (EN) Secondo Amnesty International, la pratica delle mutilazioni genitali femminili (MGF) coinvolge 130 milioni di donne alle quali – per ragioni culturali, religiose o comunque non terapeutiche – viene inflitta tale “apprezzata” pratica sociale. Le ricerche indicano che la mutilazione continua a essere praticata nella convinzione che serva a moderare la sessualità femminile e assicuri in tal modo alla donna uno status che la rende “degna del matrimonio”; le ricerche inoltre sottolineano che la mutilazione è imposta da precetti religiosi. È noto che le MGF provocano una serie di complicazioni immediate e a lungo termine, che in alcuni casi si rivelano persino fatali. Siamo venuti a conoscenza di tale pratica in seguito alla globalizzazione e alla mobilità delle persone ed essa è strettamente legata alle politiche relative all’immigrazione e al diritto di asilo.

Chi teme di essere vittima di persecuzioni, ha il diritto di espatriare per cercare rifugio e protezione. Le MGF sono attualmente al centro di un dibattito sui casi di asilo: di recente, il Ministro della giustizia nigeriano, Michael Aondoakaa, si è offerto di testimoniare contro le famiglie che richiedono asilo per sfuggire al rischio delle MGF in Nigeria, dove tale pratica ufficialmente è illegale. Ufficiosamente, tuttavia, desumo che sia ancora ampiamente diffusa, persino in Nigeria.

In Irlanda, le MGF sono considerate un atto di violenza con motivazione sessista. Sono favorevole alla relazione Muscardini.

 
  
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  Lena Ek e Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo preso posizione sulla relazione d’iniziativa relativa alla lotta alle mutilazioni genitali femminili e abbiamo deciso di non sostenere la risoluzione alternativa, presentata al Parlamento anche dal nostro gruppo, che ha ottenuto il voto di maggioranza. La motivazione alla base della nostra decisione è che riteniamo sia migliore la relazione originale. La risoluzione alternativa prevedeva visite mediche periodiche obbligatorie per le donne a cui è stato riconosciuto il diritto d’asilo perché ritenute a rischio di subire mutilazioni genitali femminili. Scopo di tale proposta è evitare che le mutilazioni genitali femminili vengano praticate all’interno dell’Unione europea. Ciononostante, riteniamo che tale misura rappresenti una violazione della privacy e si spinga troppo oltre, ai danni di giovani donne già vulnerabili, e sia pertanto inaccettabile. La decisione di sottoporsi a visita medica dovrebbe essere presa volontariamente. Abbiamo pertanto deciso di non sostenere la risoluzione alternativa.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho espresso voto favorevole alla mozione che invita il Parlamento europeo a presentare una risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili all’interno dell’Unione europea. Le mutilazioni genitali femminili (MGF) non solo infliggono ferite gravissime e irreparabili alla salute fisica e mentale delle donne, ma costituiscono anche una violazione dei diritti umani fondamentali. In ragione dei danni irreversibili che causano, per la società le MGF devono rappresentare un reato gravissimo ed essere pertanto contrastate con decisione.

Si stima che in Europa siano state 500 000 le donne vittime di tale pratica criminale, motivo per cui è imprescindibile che la Commissione europea e gli Stati membri collaborino per armonizzare le legislazione vigente, al fine di prevenire e porre fine alle MGF all’interno dell’Unione europea.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica crudele e disumana, inaccettabile per una società moderna. Dal momento che Junilistan non considera l’UE una forma di cooperazione finalizzata unicamente a incrementare lo sviluppo e gli scambi commerciali, bensì un forum in cui sostenere valori umani fondamentali condivisi, abbiamo deciso di votare a favore della relazione.

Ciononostante, siamo nettamente contrari a diverse formulazioni ritenute eccessive, relative al diritto penale degli Stati membri: le norme di legge che mirano a mantenere il funzionamento della società dovrebbero essere un’iniziativa e una prerogativa dei parlamenti nazionali eletti, non del Parlamento europeo.

 
  
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  Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi ho votato contro la relazione Muscardini (A6-0054/2009) sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili nell’UE. Il documento affronta un problema estremamente serio e afferma la necessità di misure risolutive. Accolgo con favore la collaborazione tra Stati membri in quest’ambito.

Ciononostante, ho deciso di esprimere voto contrario, poiché ritengo che sottoporsi a cure mediche debba essere una decisione volontaria. Sono contraria ai controlli medici periodici di prevenzione per le donne e le bambine a cui è stato riconosciuto il diritto di asilo a fronte del rischio di subire mutilazioni genitali femminili, in quanto ritengo che siano discriminatorie e costituiscano una violazione della privacy.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Mi sono pronunciato a favore della relazione Muscardini sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili. Attualmente oltre mezzo milione di donne sono vittime di questa deprecabile pratica rituale che deve essere bandita una volta per tutte, e chi la commette dev’essere perseguito dalla legge. Le decisioni e le misure adottate in passato devono essere integrate e ampliate. Servono strategie articolate e piani d’azione che ci consentano di tutelare le donne dall’arcaica tradizione della circoncisione.

In occasione di negoziati con paesi terzi, la Commissione deve insistere nel tentativo di introdurre l’abolizione delle mutilazioni genitali femminili come condizione e dev’essere possibile perseguire chiunque commetta il reato di circoncisione femminile in qualsiasi Stato membro dell’UE.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto favorevolmente la relazione, della collega Muscardini, sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell’UE.

Reputo tali pratiche atroci violazioni del diritto umano all’integrità personale. Per questo, concordo con la relatrice nell’attuare una valida strategia per poter prevenire ed eliminare la pratica delle MGF.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto.(FR) Naturalmente esprimiamo voto favorevole su questa coraggiosa relazione che combatte pratiche uscite da un fosco passato, ma purtroppo in via di diffusione in tutta Europa per effetto dell’immigrazione.

Alla luce della Dichiarazione universale dei diritti umani e della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, è inaccettabile che tali pratiche possano ancora sopravvivere in Europa e nel mondo.

Secondo i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, dai 100 ai 140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e ogni anno dai 2 ai 3 milioni di donne rischiano di essere vittime delle stesse gravi menomazioni.

Non dobbiamo dimenticare che tali pratiche – suscettibili di provocare danni gravi e irreversibili – hanno origine da strutture sociali fondate sulla disuguaglianza tra i sessi e su squilibrati rapporti di forza, dominio e controllo, in cui la pressione sociale e familiare è alla base della violazione di un diritto fondamentale.

Dobbiamo condannare apertamente e punire tali pratiche. Gli immigrati devono osservare la nostra legislazione e il rispetto per l’individuo, anziché mantenere questo retaggio barbaro e inaccettabile.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica che tutti gli Stati membri devono condannare. Rappresentano una violazione dei diritti fondamentali della donna, in particolare quello all’integrità personale, i diritti sessuali e riproduttivi. Vi sono tuttavia alcuni aspetti della relazione Muscardini che non mi sento di condividere pienamente, come le formulazioni relative alla messa in dubbio della credibilità dei genitori che chiedono asilo dopo essersi rifiutati di acconsentire a che la loro figlia venisse sottoposta a mutilazione genitale. Non vedo perché una richiesta di asilo su tali basi specifiche dovrebbe suscitare sospetto. Un’altra formulazione contenuta nella relazione con la quale non concordo è la proposta di sottoporre a visite mediche periodiche le donne e le bambine a cui è stato concesso il diritto di asilo per sfuggire al rischio di subire mutilazioni genitali femminili nel proprio paese d’origine. Considero tale provvedimento discriminatorio nei confronti di queste donne e bambine. Chi ottiene asilo in uno Stato membro dovrebbe godere degli stessi diritti e obblighi degli altri cittadini di quel paese.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica che tutti gli Stati membri devono condannare. Rappresentano una violazione dei diritti fondamentali della donna, in particolare quello all’integrità personale, dei diritti sessuali e riproduttivi.

Vi sono tuttavia alcuni aspetti della relazione Muscardini con cui non concordo pienamente, come le formulazioni relative alla messa in dubbio della credibilità dei genitori che chiedono asilo per essersi rifiutati di acconsentire a che la loro figlia venisse sottoposta a mutilazione genitale. Non vedo perché una richiesta di asilo su tali basi specifiche dovrebbe suscitare sospetto.

Un’altra formulazione contenuta nella relazione con la quale non concordo è la proposta di sottoporre a visite mediche periodiche le donne e le bambine a cui è stato concesso il diritto di asilo per sfuggire al rischio di subire mutilazioni genitali femminili nel proprio paese d’origine. Considero tale provvedimento discriminatorio nei confronti di queste donne e bambine. Chi ottiene asilo in uno Stato membro dovrebbe godere degli stessi diritti e obblighi degli altri cittadini di quel paese.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI), per iscritto. – (NL) Ho votato a favore della relazione Muscardini, o meglio dell’intero testo emendato, poiché non si può che reagire con disgusto nell’apprendere delle raccapriccianti mutilazioni inflitte a donne e bambine da parte di – e utilizzerò il termine con totale mancanza di rispetto – culture e religioni arretrate.

Trovo deplorevole il fatto che i soliti termini codificati relativi ai “diritti riproduttivi” siano emersi anche qui, sebbene non siano effettivamente appropriati e probabilmente servano soltanto a compiacere la sinistra politicamente corretta. Che cosa abbia a vedere il diritto all’aborto con la lotta a barbare mutilazioni genitali per me rimane un mistero.

Sarebbe preferibile cogliere quest’occasione per domandarci, per esempio, se l’Islam riconosca adeguatamente il valore fondamentale dell’uguaglianza dei generi e, qualora la risposta sia negativa, dovremmo chiederci se ci sia posto per l’Islam nella nostra Europa.

 
  
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  Anders Wijkman (PPE-DE), per iscritto. (SV) La relazione d’iniziativa originaria sulla lotta alle mutilazioni genitali femminili era decisamente positiva, ma la versione riveduta, che ha passato la votazione, conteneva una formulazione con cui gli autori esprimevano la volontà di sottoporre a visite mediche periodiche le donne a cui è stato riconosciuto il diritto di asilo per sfuggire al rischio di subire tali mutilazioni; tutto questo, allo scopo di evitare tali pratiche nello Stato membro ospitante. Ritengo che le visite mediche obbligatorie costituiscano una macroscopica violazione della privacy e che la decisione di consultare un medico dovrebbe essere presa volontariamente. Imporre una misura obbligatoria in una situazione del genere è totalmente inaccettabile, perciò ho espresso voto contrario alla versione riveduta.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Ho compiuto uno sforzo speciale per assicurare che la commissione da me presieduta riuscisse a completare i lavori preparatori per l’approvazione della risoluzione. La questione è indubbiamente importante.

Le mutilazioni genitali femminili provocano danni gravi e irreversibili alla salute fisica e mentale delle donne e delle bambine che la subiscono, le viola come esseri umani e nella loro integrità. In taluni casi, le conseguenze sono fatali.

Nella relazione, il Parlamento europeo invita gli Stati membri ad attuare una strategia preventiva, pur senza stigmatizzare le comunità di immigrati, per proteggere le minorenni attraverso programmi pubblici e servizi sociali volti tanto a prevenire tali pratiche quanto ad assistere le vittime che le hanno subite. Li invita altresì a considerare, in base alle norme sulla protezione dell’infanzia, se la minaccia o il rischio che una minorenne possa subire una mutilazione genitale giustifichi l’intervento dell’autorità pubblica.

Gli Stati membri dovrebbero elaborare orientamenti e criteri per gli operatori sanitari, gli educatori e gli assistenti sociali allo scopo di informare i padri e le madri, in modo rispettoso e se necessario con l’assistenza di interpreti, in merito ai rischi delle mutilazioni genitali femminili.

La risoluzione chiede altresì il sostegno alla salute sessuale e riproduttiva, un concetto mai definito dall’OMS né dagli strumenti dell’acquis communautaire, e pertanto strumentalizzato da alcuni gruppi abortisti.

Sono spiacente, ma per tale ragione mi sono astenuta dal voto.

 
  
  

- Relazione Graça Moura (A6-0092/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Più volte mi sono pronunciato favorevolmente sulle questioni inerenti al multilinguismo, la mia posizione credo sia abbastanza chiara.

La diversità linguistica e culturale dell’Unione europea costituisce un enorme vantaggio concorrenziale. A mio avviso è fondamentale promuovere concretamente i programmi per l’insegnamento delle lingue e per lo scambio culturale e di studenti, sia all’interno sia all’esterno dei confini comunitari, come ho fatto quando ho sostenuto il programma Erasmus Mundus. Il plurilinguismo è essenziale per una comunicazione efficace e rappresenta uno strumento per facilitare la comprensione tra le persone e, di conseguenza, l’accettazione delle differenze e delle minoranze.

La diversità linguistica, in conseguenza della penetrazione mediatica, della crescente mobilità, delle migrazioni e dell’avanzare della globalizzazione culturale, coinvolge anche aspetti importanti della vita quotidiana dei cittadini dell’Unione europea. L’acquisizione di una gamma diversificata di competenze linguistiche è cruciale per tutti i cittadini dell’UE, in quanto permette loro di trarre pieno vantaggio dai benefici economici, sociali e culturali derivanti dalla libera circolazione all’interno dell’Unione e nelle relazioni della stessa con paesi terzi. La lingua, infatti, costituisce un fattore fondamentale di inclusione sociale.

La diversità linguistica dell’Europa costituisce, quindi, una risorsa culturale fondamentale e sarebbe errato se l’Unione europea si limitasse a una sola lingua principale.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Il plurilinguismo dell’Unione europea è una grande risorsa nelle relazioni con i paesi terzi, e ci offre un notevole vantaggio concorrenziale. I programmi di scambio e insegnamento delle lingue dovrebbero pertanto essere sostenuti, ma non soltanto nei grandi centri urbani, dove l’accesso a tali opportunità è già facilitato.

Nell’introdurre tale politica, dobbiamo ricordare anche che gli europei, seppure uniti, sono innanzi tutto cittadini dei rispettivi paesi di appartenenza e si dovrebbe quindi prestare attenzione al fatto che siano in grado di identificarsi con la propria lingua, un aspetto citato anche dalla relazione Moura.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ogni anno, in nome del plurilinguismo, l’Unione europea spende ingenti somme di denaro pubblico. Pur trattandosi di un’organizzazione che punta a ridurre le differenze tra nazioni e popoli, l’UE attribuisce un’importanza notevole al nazionalismo linguistico, come dimostra l’inclusione del gaelico tra le lingue ufficiali dell’UE, che è una concessione ai nazionalisti irlandesi.

I costi e la burocrazia legati alla sconsiderata politica del plurilinguismo non faranno che aumentare, via via che l’Unione europea continua ad ampliarsi. Gli elettori del mio collegio sono giustamente preoccupati per quello che considerano un impiego indiscriminato di fondi pubblici per soddisfare una politica che ha scarsa utilità pratica al di là di esteriori motivazioni politiche.

Nonostante l’inglese sia diventata la lingua comune del Parlamento europeo, non l’adotterei come unica lingua di lavoro. Considerata la passione dell’Unione europea per l’armonizzazione, credo che una lingua comune rappresenterebbe una tappa naturale del processo che punta a un superstato federale. Ritengo pertanto che dovremmo avere un limitato numero di lingue di lavoro: se l’ONU riesce a funzionare usando sei lingue per quasi 200 Stati membri, sono certo che anche l’UE potrebbe tralasciarne qualcuna.

 
  
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  Koenraad Dillen (NI) , per iscritto. – (NL) Ho votato contro la relazione perché le disposizioni in essa contenute potrebbero essere utilizzate in maniera impropria da alcune minoranze nelle Fiandre. È indubbiamente importante promuovere con ogni mezzo la diversità linguistica dell’Unione europea, in particolare tra i giovani, ma una politica di questo tipo non deve andare a scapito del rispetto per l’idioma locale sancito per legge: penso, per esempio, al nederlandese nella provincia del Brabante fiammingo, nelle Fiandre. L’istituzione di un’agenzia europea per la diversità linguistica si tradurrebbe subito in un’opportunità per la minoranza francofona di aggirare l’uso obbligatorio del nederlandese nelle Fiandre. Il passato ci ha offerto numerose dimostrazioni di quanto poco l’ “Europa” comprenda le situazioni specifiche degli Stati membri. Spetta agli immigrati e alle minoranze imparare e utilizzare la lingua del luogo in cui vivono: è questa la vera espressione della diversità linguistica, non viceversa.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho espresso voto contrario alla mozione alternativa per una risoluzione alla relazione Graça Moura sul “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune” perché eliminando la possibilità per i genitori di scegliere la lingua ufficiale di istruzione dei propri figli nei paesi in cui coesistano una o più lingue ufficiali o una o più lingue regionali, il testo contraddice alcuni dei principi sostenuti dal Parlamento europeo.

La mozione per una risoluzione alternativa, invece, fa riferimento semplicemente alla necessità di prestare particolare attenzione ai bambini che non possono seguire un percorso scolastico nella propria lingua madre, svalutando in tal modo il principio base della necessità essenziale dell’istruzione nella lingua madre, non solo ai fini del rendimento scolastico in generale, ma anche per l’apprendimento di altre lingue straniere.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Complessivamente si tratta di un documento estremamente positivo, che delinea premesse e raccomandazioni da noi condivise. La principale questione che si pone è se possa trovare applicazione e quanto ci sia da fare per conseguire gli obiettivi che il documento reputa essenziali, tenendo presente l’orientamento politico adottato dall’Unione europea.

Per quanto riguarda alcune delle questioni sollevate, come la preponderanza di certe lingue europee a scapito di altre, si parte da una posizione chiaramente negativa. A questo proposito, vorremmo portare il caso dell’isolamento linguistico e culturale prodotto da certe politiche nazionali per determinati gruppi etnici in Europa, che ha dato vita a una considerevole discriminazione. È in gioco il retaggio culturale specifico dei popoli europei e la possibilità di trasmetterlo alle generazioni future.

Vorremmo inoltre sottolineare il valore del ruolo svolto da educatori, traduttori e interpreti in qualità di professionisti la cui attività è essenziale all’insegnamento, alla diffusione e alla reciproca comprensione delle lingue parlate all’interno dell’Unione europea.

Ci rammarichiamo, quindi, che sia stata approvata la mozione di risoluzione alternativa, che indebolisce taluni aspetti della relazione Graça Moura, tra cui la tutela della lingua madre e il diritto dei genitori di scegliere la lingua ufficiale d’istruzione per i propri figli, in quei paesi dove coesistono una o più lingue ufficiali o una o più lingue regionali.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Secondo Junilistan, le questioni culturali dovrebbero rientrare tra le competenze politiche degli Stati membri.

Questa relazione non rientra tra le procedure legislative e non rappresenta altro se non l’opinione della maggioranza federalista del Parlamento europeo secondo cui l’Unione europea dovrebbe interferire ulteriormente con la sfera culturale.


Come di consueto, la commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo insiste per far approvare nuovi costosi programmi e agenzie a livello comunitario. Noi di Junilistan riteniamo che un programma pluriennale o un’agenzia europea per la diversità linguistica e l’apprendimento linguistico a livello comunitario non facciano alcuna differenza per i quasi 500 milioni di cittadini europei, se non appesantire ulteriormente l’onere per i contribuenti.

Inoltre, non crediamo che i progetti della Commissione per campagne di informazione e sensibilizzazione sui vantaggi dell’apprendimento delle lingue possano sortire alcun effetto concreto. Spetta agli Stati membri, nella propria politica sull’istruzione, motivare i rispettivi cittadini a studiare le lingue straniere; non è una questione di competenza comunitaria.

Quindi abbiamo votato contro la relazione.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. (RO) L’Europa vive oggi in un nuovo mondo caratterizzato dalla globalizzazione, da maggiore mobilità e immigrazione, come pure dalla rinascita regionale e da un ruolo più forte per le regioni transfrontaliere, in cui il plurilinguismo deve proporre nuove soluzioni ai cittadini europei e alla nostra società.

Vorrei congratularmi con il relatore per il lavoro svolto. Spero inoltre che gli emendamenti da noi presentati garantiscano il rispetto reciproco per le lingue, anche quelle parlate dalle minoranze nazionali e dagli immigrati, poiché il patrimonio linguistico vivente è una risorsa preziosa che va valorizzata.

Per ognuno, la lingua rappresenta l’espressione più diretta della cultura a cui appartiene; imparare altre lingue significa pertanto scoprire altre culture, altri valori, principi e modi di vivere diversi. Nell’Europa possiamo scoprire i valori che condividiamo. Tale apertura al dialogo è parte integrante della nostra cittadinanza europea e una ragione per cui le lingue ne costituiscono un elemento fondamentale.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Da un lato, i multimilionari programmi europei per l’insegnamento delle lingue e gli scambi promuovono il plurilinguismo e lo mettono in evidenza sui rispettivi siti Internet come fattore essenziale per incrementare la trasparenza, la legittimità e l’efficienza dell’Unione europea; dall’altro, l’UE stessa non osserva tali principi. Neppure il sito Internet dell’attuale Presidenza tiene in considerazione il fatto che il tedesco, con una quota del 18 per cento, è la lingua che conta il maggior numero di parlanti nativi nell’Unione, con un ulteriore 14 per cento di cittadini europei che lo parlano come lingua straniera.

Per l’Unione europea, è un’occasione mancata di essere più vicina ai propri cittadini. In pratica, l’adozione coerente di tre lingue di lavoro – tedesco, inglese e francese – consentirebbe di raggiungere la maggior parte della popolazione. Dal momento che il relatore ha evidentemente tratto una conclusione analoga, ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La relazione ha dimostrato ancora una volta che l’articolo 45, paragrafo 2 presenta gravi lacune. La nuova relazione, che si basa sull’emendamento e sulla proposta supplementare, consentirà di modificare il testo originale presentato dal relatore e approvato dalla commissione patrocinatrice. Gli autori prendono la relazione e vi inseriscono nuovi paragrafi, sui quali il relatore non ha voce in capitolo. In tal modo, una relazione adottata in commissione sotto forma di alternativa approvata, sarà sostituita da un testo nuovo. Reputo tale procedura estremamente ingiusta nei confronti del relatore e mi auguro che nel prossimo futuro il Parlamento la riesamini e adotti una soluzione più giusta.

Trovo che la relazione Graça Moura sia molto equilibrata, perciò non ho votato a favore della proposta alternativa del gruppo PSE, ALDE e Verts/ALE. Dal momento che questa proposta è passata, la relazione originale non è stata votata. Concordo con il relatore quando afferma che la diversità linguistica e culturale influenza notevolmente la vita quotidiana dei cittadini. Essa rappresenta infatti un’enorme risorsa per l’Unione europea e dobbiamo pertanto sostenere i programmi per l’insegnamento delle lingue e gli scambi culturali e di studenti all’interno di un quadro che si estenda anche oltre i confini dell’UE.

I programmi di scambio per insegnanti di ogni ordine e grado, volti a perfezionare l’insegnamento di diverse materie nella lingua straniera, contribuiscono a preparare gli insegnanti, che possono quindi trasmettere tali competenze linguistiche ai loro alunni e studenti nel paese di origine. Vorrei lanciare un appello agli Stati membri perché portino avanti con coerenza la formazione degli insegnanti di lingua straniera e al tempo stesso assicurino loro un’adeguata retribuzione.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) , per iscritto. – (PL) La questione del plurilinguismo e della sua tutela pone alla Comunità una delle principali sfide. Le conseguenze della politica di plurilinguismo sono evidenti e di ampia portata, ma se erroneamente applicata, essa può sortire effetti fortemente negativi.

Una delle principali caratteristiche dell’Europa è la sua natura multiculturale, che trova espressione anche nel plurilinguismo. Essa costituisce pure un obbligo comune basato sulle necessità e sulla difficoltà di restituire alla multiculturalità una forza chiara capace di unire la Comunità, tale da produrre i suoi effetti anche al di là dei confini comunitari, per assicurare all’Europa il posto che le spetta nel panorama mondiale. La posta in gioco è alta. Una cattiva politica di plurilinguismo si basa sulla preferenza accordata a una o più lingue, condannando così le altre a un ruolo marginale in tutti gli ambiti dell’attività pubblica. La legislazione e le Istituzioni comunitarie rappresentano per l’Unione europea enormi potenzialità per attuare una buona politica linguistica, elemento che le attribuisce una responsabilità ancora maggiore.

La relazione Graça Moura non risolve tutti i problemi legati al diritto di ciascuna lingua europea a coesistere e ai privilegi che ne derivano. Accanto alle lingue ufficiali, in Europa se ne parlano numerose altre che rischiano – in misura variabile – l’estinzione. La tutela di queste lingue sarebbe espressione di una buona politica di plurilinguismo. La relazione, tuttavia, pone principalmente l’accento sull’apprendimento delle lingue ufficiali, anziché sull’applicazione dell’idea di multilinguismo. Questa questione richiede una politica razionale di tipo evoluzionistico e ritengo che una relazione che punta in questa direzione meriti di essere approvata.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto.(PT) La questione del multilinguismo è essenziale nel contesto europeo. Ho pertanto preso parte a varie iniziative volte a promuovere e ad assicurare il pieno rispetto per il plurilinguismo. L’Europa in cui credo è anche quella della diversità linguistica. È per tali ragioni che mi riconosco nella relazione originale presentata dall’onorevole Graça Moura. Tuttavia, come il relatore, non posso accettare che un’idea corretta del rispetto per la diversità linguistica e la libertà individuale e della famiglia possa o debba essere utilizzata come arma in uno scontro per l’estremismo nazionalista. La natura della nostra discussione non è e non dev’essere questa.

Il plurilinguismo è e dev’essere promosso nel nome di un’idea di rispetto per la diversità linguistica e culturale dell’Europa, in questo caso. Tuttavia, non è questo il momento né il luogo per un altro genere di scontro, in particolare quello che nega la sussidiarietà e la libertà.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Voto a favore la relazione del collega Moura, sul multilinguismo come risorsa per l’Europa e un impegno comune.

In particolare, da docente universitario, approvo con vigore la proposta di promuovere programmi per l’insegnamento delle lingue e per lo scambio culturale e di studenti, come i noti programmi di mobilità giovanile. Questi progetti, gestiti dalla DG istruzione e cultura della Commissione, consentono agli studenti di accrescere notevolmente il proprio bagaglio formativo, contribuendo, dunque, al cammino dell’UE verso una società basata sulla conoscenza.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul “Multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune” [2008/2225(INI)] poiché ritengo che la diversità culturale e linguistica all’interno dell’Unione europea sia una risorsa preziosa che contribuisce efficacemente all’ “unità nella diversità”. Credo inoltre che gli scambi culturali e di studenti, come pure i programmi per l’insegnamento delle lingue straniere sia all’interno che al di fuori dell’UE, producano effetti positivi e debbano essere sostenuti.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il multilinguismo è indubbiamente una delle grandi virtù dell’Europa unita. Acquisire competenze linguistiche dovrebbe servire a migliorare le proprie qualifiche, a trovare un lavoro migliore o a stringere nuovi contatti interpersonali. Secondo ricerche annuali svolte da linguisti, gli individui plurilingui sono più capaci, dimostrano maggiore immaginazione e maggiore capacità di pensare in maniera originale rispetto a quelli monolingui. Sono inoltre più creativi e hanno orizzonti più vasti. Non starò a ribadire gli evidenti vantaggi derivanti dalla capacità di comunicare con un numero più vasto di persone, che spesso hanno una forma mentis totalmente diversa, legata a culture e popoli differenti.

Tali vantaggi del multilinguismo dimostrano che dobbiamo tutti dare la priorità all’apprendimento delle lingue e quanto sia importante che ciascun cittadino della Comunità goda di pari opportunità di accesso a tale forma di istruzione. Sono pertanto a favore di tutte le iniziative della Commissione volte ad approfondire e valorizzare lo studio delle lingue straniere, nonché metodi e programmi per il loro apprendimento. Credo che lo scopo di tali iniziative sia quello di armonizzare in futuro l’apprendimento delle lingue in tutta l’Unione europea, contribuendo così a una migliore competenza linguistica che si tradurrà, in ultima analisi, nel numero di cittadini comunitari altamente qualificati.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Il multilinguismo è una grande risorsa del Parlamento europeo: come unica istituzione al mondo in grado di lavorare con la traduzione simultanea in 23 lingue diverse, dovremmo fare tutto il possibile per mantenere questa caratteristica unica del nostro lavoro. Tutti i cittadini dell’Unione europea dovrebbero poter leggere nella propria lingua a proposito dell’attività delle Istituzioni europee, e gli Stati membri dovrebbero fare il possibile per offrire loro la possibilità di parlare altre lingue comunitarie.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Approvo con vigore il multilinguismo dell’Unione europea. Esso esalta il pluralismo culturale, che è la dimostrazione della sua unicità. In un’Europa unita, le competenze linguistiche dei cittadini dovrebbero essere costantemente accresciute. Il multilinguismo è un elemento essenziale dell’integrazione europea, che consente ai cittadini dell’UE di scegliere liberamente il luogo in cui risiedere e cercare lavoro. Al contempo, è necessario sottolineare l’importanza della lingua madre come mezzo per conseguire un’istruzione e qualifiche professionali adeguate.

Dovremmo prestare particolare attenzione alla costante necessità di migliorare le competenze degli insegnanti di lingue straniere e di introdurre nuovi metodi d’insegnamento. Il relatore sottolinea l’importanza di fornire assistenza a quei cittadini che desiderano apprendere le lingue straniere attraverso lo studio individuale, e cita inoltre la rilevanza dell’apprendimento delle lingue da parte degli anziani. Mi associo al relatore nel ritenere essenziale l’assistenza permanente ai cittadini nell’apprendimento delle lingue straniere e nel sostenere che è necessario prestare particolare attenzione agli individui in situazioni disagiate. Credo che imparare una lingua serva a combattere la discriminazione e a sostenere l’integrazione tra i paesi di un’Europa unita.

Sono pienamente favorevole alle richieste del Parlamento europeo relative al plurilinguismo dell’Europa.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La risoluzione sul multilinguismo è una risorsa per l’Europa e un importante passo in avanti verso un’Europa più colta: insiste infatti perché le lingue ufficiali dell’UE vengano riconosciute come paritarie in tutti gli ambiti della vita pubblica. Sono fermamente convinta che la diversità linguistica dell’Europa rappresenti una grande risorsa culturale: l’UE commetterebbe un errore se si limitasse soltanto a un’unica lingua.

La risoluzione afferma l’importanza del multilinguismo, che riguarda non soltanto la sfera economica e sociale, ma anche la produzione culturale e scientifica e la relativa promozione, nonché la rilevanza delle traduzioni letterarie e tecniche per lo sviluppo a lungo termine dell’Unione europea.

Le lingue rivestono infine un ruolo importante nel formare e rafforzare l’identità.

Il multilinguismo è un concetto che ha ampie ramificazioni: ha un impatto enorme sulla vita dei cittadini europei. Agli Stati membri spetta il compito di integrare il multilinguismo non soltanto nell’istruzione, ma in tutte le politiche future.

Apprezzo la proposta secondo cui i funzionari che sono a contatto diretto con cittadini di altri Stati membri nello svolgimento del proprio lavoro dovrebbero studiare una seconda lingua comunitaria.

Il ruolo delle Istituzioni comunitarie è essenziale per assicurare il rispetto dei principi di uguaglianza linguistica, tanto nelle relazioni tra Stati membri, quanto all’interno delle singole Istituzioni europee, nonché nelle relazioni tra cittadini dell’Unione europea e istituzioni nazionali, organi comunitari e istituzioni internazionali.

Ho votato a favore della risoluzione, mi congratulo con il relatore e sono orgogliosa di essere stata la prima deputata slovacca a lanciare una discussione sul multilinguismo all’interno del contesto istituzionale tramite una dichiarazione scritta.

 
  
  

- Relazione van Nistelrooij (A6-0083/2009)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione van Nistelrooij, considerata l’importanza della coesione territoriale per assicurare che l’Unione europea prosegua sulla via dello sviluppo sostenibile e armonioso, trasformando progressivamente la coesione territoriale e la diversità in una risorsa.

Il Libro verde rappresenta un importante passo in avanti nello sviluppo della coesione territoriale e nelle responsabilità condivise dell’Unione. Incoraggia inoltre un ampio dibattito su questo tema tra Istituzioni europee, autorità nazionali e regionali, partner economici e sociali e altri soggetti coinvolti nell’integrazione europea e nello sviluppo territoriale.

I principali aspetti positivi sono il valore attribuito al potenziale del territorio europeo e alla sua diversità, come pure i tre concetti centrali per uno sviluppo più equilibrato e armonico in ciascuna regione: riduzione degli effetti negativi associati alle differenze di densità; collegamento fra territori per superare la distanza; e cooperazione per superare le divisioni.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE), per iscritto.(PT) Mi congratulo con l’onorevole van Nistelrooij per la sua relazione e, in particolare, per la prontezza con cui ha accolto i vari emendamenti presentati al suo progetto di relazione.

Sono pienamente favorevole alla relazione.

Approvo la proposta di collegare la discussione sulla coesione territoriale a quella sul futuro della politica di coesione dell’Unione europea, considerato che la riforma di quest’ultima deve tenere conto delle conclusioni della prima.

Concordo con la valutazione del Libro verde contenuta nella relazione e con l’analisi del concetto di coesione territoriale; approvo inoltre le raccomandazioni per il futuro della coesione territoriale, in particolare per quanto riguarda:

- definizione di coesione territoriale;

- pubblicazione di un Libro bianco sulla coesione territoriale;

- rafforzamento dell’obiettivo di Cooperazione territoriale europea;

- integrazione della coesione territoriale nello sviluppo futuro di tutte le politiche comunitarie;

- elaborazione di ulteriori indicatori qualitativi;

- misurazione dell’impatto territoriale delle politiche settoriali della Comunità e presentazione di proposte per creare sinergie tra politiche territoriali e settoriali;

- elaborazione di una strategia comunitaria globale per le regioni con caratteristiche geografiche specifiche;

- istituzione di un esauriente sistema di assistenza graduale transitoria alle regioni in transizione; e

- sviluppo di una governance territoriale multi-livello.

Ho pertanto votato a favore.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Nel testo presentato, il relatore sostiene che la politica di coesione è uno degli investimenti più riusciti dell’Unione europea. Una conclusione alquanto sorprendente, anche perché non più tardi dello scorso novembre, la Corte dei conti europea ha confermato che l’11 per cento dei 42 miliardi di euro approvati nel 2007 nel quadro della politica di coesione europea non si sarebbero mai dovuti erogare.

Il relatore pare esserne pienamente al corrente e, al paragrafo 17, invita i soggetti coinvolti nella discussione sulla coesione territoriale a escludere tutti i riferimenti alle implicazioni finanziarie e di bilancio della politica proposta: in altre parole, a far passare la cosa sotto silenzio.

La politica di coesione dell’Unione europea è mal formulata. Dal punto di vista socio-economico, che deve tenere in considerazione i soldi dei contribuenti, è un completo disastro. Ovviamente, Junilistan ha espresso voto contrario alla relazione nel suo complesso.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Che cosa implica il rifiuto da parte del Parlamento europeo delle nostre proposte per una risoluzione sul futuro della politica di coesione europea? Le nostre proposte sottolineavano che:

- l’obiettivo primario della politica strutturale dev’essere la promozione di una reale convergenza, che favorisca la ridistribuzione verso i paesi e le regioni meno sviluppati dell’Unione europea;

- l’obiettivo della riduzione del ritardo delle regioni più sfavorite non deve essere secondario rispetto alla coesione territoriale;

- si devono reperire nuovi fondi comunitari per nuove priorità, tanto più che le attuali risorse finanziarie della Comunità non sono sufficienti per far fronte alle esigenze di una reale convergenza;

- è necessario incrementare il bilancio comunitario al fine di promuovere la coesione economica e sociale a livello europeo;

- la gestione e la pianificazione del territorio sono di competenza di ciascuno Stato membro;

- è necessario adottare misure volte a eliminare il cosiddetto effetto statistico;

- la competitività non deve sostituirsi alla convergenza negli Stati membri e nelle regioni meno avanzati dal punto di vista dello sviluppo socio-economico; la politica di coesione e le risorse finanziarie ad essa associate non devono essere subordinate alla concorrenza e alla liberalizzazione sostenute dalla strategia di Lisbona.

Una possibile risposta potrebbe essere, quanto meno, che la decantata politica di coesione, di fatto, è arischio.ù

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il concetto di coesione territoriale viene ormai incluso tra gli obiettivi principali dell’Unione, accanto alla coesione sociale e a quella economica.

La coesione territoriale mira essenzialmente a uno sviluppo equilibrato in tutta l’Unione europea, e in tale contesto dovrebbe rappresentare un obiettivo centrale di tutte le politiche comunitarie. La relazione sottolinea il fatto che la coesione territoriale assumerà particolare rilevanza soprattutto per le aree geograficamente svantaggiate come le regioni montuose e insulari.

Per conseguire tale obiettivo, la Commissione deve ora procedere con un pacchetto legislativo che preveda misure e azioni politiche concrete relative alla coesione territoriale.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Quella sulla coesione territoriale è ben più che una discussione sugli aspetti di bilancio o sulle politiche comunitarie: si tratta di un dibattito sui principi guida di uno dei concetti fondanti e fondamentali della nostra concezione di Europa. La valutazione della politica di coesione e la ricerca delle soluzioni più appropriate in un’Europa allargata a 27 membri, che attualmente sta attraversando una crisi economica, merita pertanto il nostro consenso e il nostro plauso. Ciò non significa tuttavia che siamo tenuti ad approvare o applaudire l’intero contenuto del Libro verde.

In ragione dei criteri che riteniamo importanti, i tre concetti fondamentali di questa valutazione sono corretti, ossia: riduzione degli effetti negativi associati alle differenze di densità della popolazione; collegamento fra territori per superare la distanza; e cooperazione per superare le divisioni. Tuttavia, proprio per la natura di quanto è in gioco, il livello di aiuti strutturali non può dipendere dal numero di abitanti interessati; anzi, proprio il contrario. Il concetto stesso di coesione territoriale deve basarsi sull’obiettivo di rendere attraente e vivibile un’area che invece la popolazione sta abbandonando. Questo è uno dei nostri obiettivi, e va perseguito con chiarezza.

Il concetto di coesione è fondamentalmente un’idea di solidarietà che coinvolge ciascuno di noi e dalla quale tutti possiamo trarre beneficio.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario in merito alla relazione del collega van Nistelrooij, sulla coesione territoriale e stato della discussione sulla futura riforma della politica di coesione sul Libro verde sulla coesione territoriale e lo stato della discussione sulla futura.

Le ragioni del mio disaccordo scaturiscono da una visione diversa di coesione territoriale, per questo non mi sento di convenire con le considerazioni del relatore.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Concordo con il relatore sulla necessità di definire in maniera più chiara il principio di coesione territoriale.

 
  
  

- Relazione Vlasák (A6-0031/2009)

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione Vlasák sulla dimensione urbana della politica di coesione del nuovo periodo di programmazione. Io vivo a Poznañ, capoluogo della regione Wielkopolska, e ho modo di constatare quasi quotidianamente gli effetti positivi che lo sviluppo della città esercita sull’intera regione. Mi arrischierei quasi a dire che la tanto attesa sinergia tra sviluppo urbano e regionale è diventata realtà.

Lo sviluppo urbano non ha nulla a che vedere con il centralismo locale. Chi si oppone allo sviluppo delle grandi città spesso non ne conosce l’importanza nel contesto delle regioni in cui esse si trovano. Proprio in ragione della loro natura, talune funzioni dei grandi insediamenti urbani non possono essere trasferite nelle aree rurali. Chi ha il compito di amministrare le città è investito di responsabilità particolari: incarichi come la pianificazione, la gestione degli spazi, il dialogo sociale, la cultura e l’istruzione, e la creazione di posti di lavoro sostenibili basati sulla conoscenza, sono estremamente complessi. Alcune di queste responsabilità richiedono una stretta collaborazione con gli enti locali ad altri livelli.

È importante inoltre che la dimensione urbana della politica di coesione non sia antagonista, bensì complementare allo sviluppo rurale. Sia le aree rurali che quelle urbane possono e devono svilupparsi, e l’Unione europea sostiene entrambi i processi.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario sulla relazione del collega Vlasák, sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione.

Nonostante comprenda l’importanza di uno sviluppo urbano sostenibile, ritengo sia difficile realizzarlo senza una definizione comune di "aree urbane".

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole alla relazione e vorrei cogliere questa opportunità per ribadire la necessità di un approccio integrato alla politica di coesione.

L’integrazione, tuttavia, deve costituire uno strumento per ottenere dei benefici, anziché una misura potenzialmente restrittiva, e tale elemento deve essere tenuto attentamente sotto controllo.

La coesione urbana è fondamentale per conseguire un progresso economico e sociale sostenibile. A tale proposito, vorrei sottolineare il ruolo dei trasporti e la presenza di moderne infrastrutture per il trasporto come elemento essenziale per portare la politica di coesione nelle aree urbane.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) La dimensione urbana della politica di coesione merita una collocazione prioritaria.

 
  
  

- Relazione Mikolášik (A6-0108/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo il mio voto contrario sulla relazione del collega Mikolášik, sull’attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE) , per iscritto. − (EN) E’ necessario monitorare attentamente l'applicazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013 per assicurare che il denaro dei contribuenti sia utilizzato correttamente e per poter valutare in maniera adeguata i programmi successivi al 2013.

 
  
  

– Relazione Becsey (A6–0041/2009)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) In Europa, le piccole e medie imprese rivestono un ruolo significativo nella creazione di posti di lavoro e pertanto dovremmo agevolare la loro attività. Vorrei sottolineare che sono favorevole a tutte le iniziative che mirano a promuovere le piccole e medie imprese all'interno dell'Unione europea e ad agevolare chi vuole avviare un'impresa a carattere individuale.

Ho votato favorevolmente la relazione Becsey perché valuta positivamente le iniziative di microcredito in Europa.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Il successo dell'iniziativa europea sul microcredito potrebbe contribuire notevolmente al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione, nonché alla creazione di un'economia europea innovativa, creativa e dinamica. Le piccole imprese rappresentano una fonte primaria di crescita, occupazione, capacità imprenditoriale, innovazione e coesione all’interno dell’Unione europea. Il microcredito può innanzi tutto sostenere una delle quattro priorità della strategia di Lisbona; per la precisione, è in grado di liberare il potenziale economico favorendo l'integrazione o la reintegrazione sociale ed economica delle persone attraverso un'attività indipendente. In realtà, solo la crescita significativa del livello di occupazione potrà sancire il successo della strategia di Lisbona. L’esito dell'iniziativa europea nel campo del microcredito dovrebbe avere carattere innovativo, concentrandosi su categorie di beneficiari ai quali finora non è stata prestata sufficiente attenzione.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il successo dell' attività di microcredito nell'alleviare la povertà nei paesi in via di sviluppo – soprattutto nell’Asia meridionale e in America Latina – non è stato ancora trasferito nel contesto UE. L’esigenza di tale attività è tuttavia molto forte, principalmente tra coloro che non sono in grado di accedere a finanziamenti tramite il settore bancario tradizionale. L'attività di microcredito è differente da quella bancaria tradizionale: questo credito viene in molti casi concesso non solo per motivi economici o per la realizzazione di profitti, ma anche per favorire la coesione, nel tentativo di integrare chi si trova in una situazione svantaggiata e desidera avviare una microimpresa.

Il successo dell'iniziativa europea sul microcredito potrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione, nonché alla creazione di un'economia europea più innovativa, creativa e dinamica. In particolare, potrebbe contribuire a realizzare l’obiettivo prioritario di liberare potenziale economico tramite il sostegno all’integrazione, o la continua integrazione economica e sociale degli individui attraverso il lavoro autonomo.

Per questo motivo sostengo la richiesta del relatore di adeguare in modo appropriato i quadri istituzionali, giuridici e commerciali nazionali per promuovere un ambiente che agevoli lo sviluppo del microcredito e per creare un quadro europeo armonico per gli istituti non bancari di microfinanza.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE) , per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione recante raccomandazioni alla Commissione sull’iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione. Convengo con il relatore quando sostiene che le piccole imprese rappresentano una fonte primaria di crescita, occupazione, capacità imprenditoriale, innovazione e coesione nell'UE.

Dovremmo sottolineare che il microcredito viene spesso concesso non solo per motivi economici e per la realizzazione di profitti, ma anche per il ruolo di coesione che svolge, in quanto tenta di integrare o reintegrare le persone svantaggiate nella società.

Sono favorevole all’approvazione della relazione. Per quanto riguarda la capacità del microcredito di liberare il potenziale economico sostenendo le persone attraverso un'attività indipendente, ritengo che tale sistema dovrebbe essere introdotto nell’Unione europea.

 
  
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  Jamila Madeira (PSE), per iscritto.(PT) La relazione riveste un’importanza essenziale nel contesto dello impegno dell’Unione europea nella politica di coesione e nella cooperazione allo sviluppo.

Questa posizione è stata ampiamente condivisa dal Parlamento europeo nella sua relazione scritta P6_TA(2008)0199 approvata in data 8 maggio 2008, della quale ho avuto l’onore di essere tra i primi firmatari.

Ho pertanto votato a favore di questa relazione, poiché qualsiasi iniziativa di investimento ed espansione in questo settore è essenziale e urgente, ancor più nell’attuale clima di crisi economica e finanziaria. La Commissione e del Consiglio devono quindi mirare a un’iniziativa specifica e in tempi rapidi per aumentare la credibilità e la coerenza del sistema.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. Il successo dei sistemi di microcredito nell'alleviare la povertà nei paesi in via di sviluppo non è ancora stato trasferito a livello europeo. Sono favorevole a questa relazione poiché il successo dell'iniziativa europea sul microcredito potrebbe contribuire in maniera significativa al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona rinnovata, dal momento che le piccole imprese rappresentano una fonte primaria di crescita, occupazione, capacità imprenditoriale, innovazione e coesione nell'UE.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. (RO) Sono attualmente in corso discussioni sulle misure da adottare per rilanciare le attività di credito. Nell'attuale crisi economica, e soprattutto in paesi come la Romania, che al momento stanno negoziando la concessione di finanziamenti da parte delle istituzioni finanziarie internazionali, è indispensabile che le banche tornino a svolgere la loro funzione principale, ossia riprendere a concedere credito alla popolazione.

Reputo innovativa la relazione Becsey perché riapre la discussione sulla questione, seppure da un punto di vista diverso, tentando di uscire dal sistema bancario per trovare soluzioni all’attuale stallo finanziario.

La relazione identifica tra i destinatari del microcredito i gruppi sociali svantaggiati, come le minoranze, la comunità rom e gli abitanti delle aree rurali, che possiedono un potenziale ancora non sfruttato e desiderano avviare una piccola impresa, ma non sono in condizione di ottenere finanziamenti dalle banche. Questi soggetti non hanno grandi possibilità di scelta.

Per questo ritengo opportuna la proposta dell’onorevole Becsey di istituire un fondo comunitario finalizzato alla promozione del microcredito per quelle persone e imprese che non godono di un accesso diretto ai mutui bancari e di incentivare l’informazione rispetto a questi strumenti di finanziamento.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Esprimo la mia volontà di astenermi riguardo alla relazione presentata dal collega Becsey in merito all'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione.

Mi trovo d'accordo su alcuni punti della relazione, ma sono decisamente contrario a diversi altri punti e per questo motivo non posso dare il mio pieno appoggio al testo presentato, confermando la mia astensione.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Il microcredito può contribuire a far uscire dalla povertà molte persone tra le più svantaggiate, in particolare le donne: le istituzioni europee e gli Stati membri dovrebbero incrementare il proprio sostegno a tali iniziative.

 

6. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
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  Presidente . Concludiamo così con le dichiarazioni di voto.

Riprenderemo i nostri lavori alle 15.00 con le dichiarazioni sulla preparazione del Vertice del G20.

(La seduta, sospesa alle 13.35, riprende alle 15.05)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PÖTTERING
Presidente

 

7. Preparazione del Vertice del G20 del 2 aprile – con la partecipazione di Gordon Brown, Primo Ministro del Regno Unito Membro del Consiglio europeo (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente . Onorevoli deputati, onorevoli colleghi, è un piacere dare il benvenuto qui oggi al primo ministro britannico, Gordon Brown. Primo Ministro, benvenuto al Parlamento europeo.

(Applausi)

Il primo ministro terrà un discorso sulla preparazione del vertice del G20 della prossima settimana. Il vertice, che si svolgerà giovedì 2 aprile 2009 a Londra, si tiene in un momento decisivo nell’impegno per far fronte all'attuale crisi economica e finanziaria internazionale. Offre tanto ai leader del mondo industrializzato quanto alle economie emergenti un’opportunità unica per elaborare insieme una serie di punti per ottenere stabilità economica immediata e una ripresa a lungo termine. Il vertice di Londra deve portare a un accordo sulle politiche macroeconomiche e sulle strutture normative in grado di guidarci fuori dall’attuale crisi e attuare un quadro migliore e più sostenibile per il futuro.

In qualità di presidente del G20, Gordon Brown assume la guida di questo vertice internazionale in uno dei momenti più critici della storia recente. La rapidità con cui ha contribuito a rendere il G20 un nuovo strumento della governance economica internazionale è incoraggiante nonché notevole. Il primo ministro ha fornito inoltre un forte impulso positivo dimostrando che il Regno Unito è in grado di collaborare efficacemente con i propri partner nell’Unione europea per trovare insieme soluzioni innovative alle tante sfide a cui tutti dobbiamo far fronte.

Ho sempre ritenuto indispensabile assegnare al Regno Unito un ruolo di fondamentale importanza al centro dell’Unione europea.

(Applausi)

Primo Ministro, accogliamo con sincera soddisfazione la sua determinazione a occupare tale ruolo.

Con piacere cedo la parola al primo ministro britannico, Gordon Brown.

(Applausi)

 
  
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  Gordon Brown, primo ministro del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. − (EN) Signor Presidente, mi consenta di ringraziarla l’invito a tenere questo intervento, del quale sono onorato, e le porgo i miei complimenti per il successo della sua presidenza. Vorrei ringraziare i deputati del Parlamento e i membri della Commissione europea, guidati dal presidente Barroso: è grazie al lavoro di voi tutti e delle generazioni che ci hanno preceduto, se oggi viviamo in un'Europa di pace e unità, che entrerà a pieno titolo tra i traguardi più alti raggiunti dalla storia umana e che oggi rappresenta un faro di speranza per il mondo intero.

(Applausi)

Se qualcuno, in qualunque parte del mondo, dovesse dubitare che la volontà umana e il coraggio di rappresentanti investiti da una missione sono in grado di costruire un nuovo futuro su decenni di dolore, lo invito semplicemente a riflettere sul fatto che, 60 anni fa, gli europei parlavano di rivalità eternamente radicate e relazioni che non sarebbe mai stato possibile riallacciare. Si parlava di una dura, lunga e amara guerra fredda. Non credevano possibile che la nostra Europa un giorno potesse finalmente essere in pace, tanto meno che sarebbe stata in grado di unirsi e collaborare.

Invito gli scettici a riflettere sul fatto che oggi, dopo anni di cooperazione e unità, nessuno al di fuori degli schieramenti politici estremisti, metterebbe in dubbio il fatto che insieme siamo più forti e sicuri di quanto non siamo mai stati individualmente.

(Applausi)

Il 9 novembre di quest’anno festeggeremo il ventesimo anniversario di una ricorrenza che senza dubbio, per tutti noi presenti in quest'Aula, rappresenta uno degli eventi più significativi della nostra vita: la caduta del muro di Berlino. Un muro demolito dalla forza di persone determinate a non permettere a nessuna barriera, nessuna intimidazione né repressione di tenere ancora separati i popoli d’Europa.

Amici, oggi non esiste la Vecchia Europa, la Nuova Europa e nemmeno l’Europa dell’Est o dell’Ovest. Esiste una sola Europa, ed è la nostra casa comune.

Qui davanti a voi, sono fiero di essere cittadino britannico e fiero di essere cittadino europeo, a rappresentare un paese che non si considera un’isola separata, bensì un paese al cuore dell’Europa, non sulla sua scia, ma nel vivo della sua corrente principale.

(Applausi)

Per tale ragione sono fiero anche del fatto che una vasta maggioranza del parlamento britannico abbia ratificato il trattato di Lisbona.

(Vivi applausi)

Sono convinto che noi, in Europa, ci troviamo in una posizione unica per guidare il mondo verso le nuove grandi sfide della globalizzazione e sono proprio i risultati raggiunti dalla nostra Unione che ci mettono in questa posizione unica. Vorrei ringraziare i deputati del Parlamento europeo. Dovreste tutti essere orgogliosi di quanto abbiamo realizzato insieme: il più vasto mercato unico al mondo, che oggi offre opportunità a 500 milioni di cittadini, e l’iniziativa di cooperazione economica di maggiore successo a livello mondiale. Dovreste essere fieri di questi risultati europei.

Allo stesso modo dovreste essere fieri anche dell’ampio quadro di tutela ambientale che stiamo costruendo, un risultato importante della cooperazione europea, che fa di questo continente il primo al mondo che si appresta con determinazione a diventare un’economia a bassa emissione di CO2.

(Applausi)

Dovreste essere fieri del fatto che, grazie al più vasto programma di aiuti al mondo, questa Unione europea si è assunta il grande impegno di salvare e cambiare vite in tutto il mondo.

Gran parte dei diritti di cui godiamo in quanto consumatori e lavoratori europei sono frutto delle campagne condotte da singoli deputati e gruppi di questo Parlamento.

Non dimentichiamo che l'Unione europea gode del sistema di protezione sociale più completo al mondo: una serie di diritti e obblighi estesa anche ai cittadini britannici quando – sono lieto di dire – il nostro governo ha aderito al capitolo sociale.

Signor Presidente, i successi europei che ho citato non sarebbero stati possibili senza la cooperazione tra i popoli che lei e quest’Aula avete incoraggiato. Sono certamente segnali di unità gli incontri tra funzionari di paesi diversi e gli incontri tra capi di governo. L'unità capace di durare nel tempo è tuttavia quella democratica, che affonda le radici nei valori condivisi dei popoli oggi rappresentati in questo Parlamento, e più dei trattati, delle istituzioni e dei singoli individui, sono questi valori di base che ci tengono uniti: la convinzione – come Unione europea – che libertà, progresso economico e giustizia sociale avanzano di pari passo oppure non avanzano affatto.

Sono questi i valori che abbiamo appreso lavorando insieme: la convinzione che la libertà non significa far quel si vuole, la convinzione che i mercati devono essere liberi ma non sganciati dai valori, e la convinzione che un mercato giusto sia più importante del liberismo.

Questa crisi ci ha insegnato ancora una volta che la ricchezza non è di alcuna utilità alla società se va a beneficio soltanto dei più fortunati. La ricchezza acquisisce valore soltanto quando serve ad arricchire non soltanto una parte, ma tutta la comunità.

Non si tratta semplicemente della nostra filosofia politica: in Europa sosteniamo fermamente queste verità, perché le abbiamo vissute nel lavoro che abbiamo svolto nei nostri paesi.

Oggi, sullo sfondo di una crisi globale che quanto a rapidità, portata e proporzioni non ha precedenti nella storia, vorrei discutere con voi di come, applicando questi valori che sono ormai parte del nostro DNA e queste lezioni che abbiamo appreso nel tempo, l’Europa e il resto del mondo possano far fronte alle quattro sfide poste dalla globalizzazione: la stabilità finanziaria in un mondo di flussi di capitale immediati; il degrado ambientale in un mondo minacciato dalla carenza energetica; l'estremismo e la minaccia che esso pone alla sicurezza in un contesto di mobilità finora sconosciuta; l'aumento della povertà in un mondo di diseguaglianze sempre più marcate.

Vorrei affrontare la questione di come, collaborando per gestire adeguatamente l’economia globale, miliardi di persone in Asia e nel resto del mondo, dove molti sono unicamente produttori dei loro beni, domani possano diventare i consumatori dei nostri beni; di come nell'arco dei prossimi vent'anni potremo assistere alla più grande espansione dell'occupazione e del reddito della classe media mai vista prima, e di come, nonostante tutti i problemi che dobbiamo affrontare oggi, sia possibile intravedere un'economia mondiale che raddoppierà le proprie dimensioni, creando nuove opportunità per tutti nei nostri paesi.

Vorrei parlare di come possiamo trasformare un mondo che oggi appare insostenibile, insicuro e ingiusto in una società veramente globale che sia sostenibile, sicura e giusta per tutti.

Consentitemi di ripeterlo ancora una volta: sono convinto che l’Unione europea si trovi in una posizione unica per guidare la realizzazione di questo futuro, proprio perché nel corso degli ultimi 60 anni abbiamo dimostrato che, come Europa, siamo in grado di affrontare e superare le sfide della cooperazione transfrontaliera e della coordinazione tra popoli, e anche di saper trasformare la diversità in unità.

Come alcuni di voi sapranno, per diversi anni ho sostenuto la causa di un'Europa globale e delle riforme economiche necessarie a realizzarla. So di essere stato criticato da chi sosteneva che fossi a favore dell’azione globale perché non sostenevo quella europea. Tuttavia, mi sono dedicato con tanto entusiasmo a questa questione negli ultimi anni proprio per il profondo desiderio di vedere l’Europa protagonista dello scenario mondiale, e perché sono convinto che i paesi europei, riuniti intorno ai valori di libertà, giustizia e responsabilità, abbiano molto da offrire al resto del mondo, via via che anch'esso diventa sempre più unito.

Vorrei vedere una globalizzazione all’insegna dell'apertura, del libero scambio e della flessibilità, e al tempo stesso capace di perseguire riforme, inclusione sociale e sostenibilità. È questo il messaggio – in un momento economico tanto difficile – che l’Europa può mandare e condividere con il resto del mondo.

Oggi, come sapete, il mondo è scosso da un uragano internazionale, dal quale nessun paese europeo può ritenersi al riparo: si sta abbattendo su ogni impresa, su ogni lavoratore, su chiunque abbia una casa di proprietà e su ogni famiglia.

Siamo onesti: il nostro sistema economico globale si è evoluto e si è distorto al punto da andare contro ai valori che rispettiamo e seguiamo all’interno delle nostre famiglie, delle nostre comunità e in ogni aspetto delle nostre vite, valori come l’onestà reciproca, l'assunzione di responsabilità, il rispetto per il lavoro senza premiare eccessi irresponsabili.

Prodotti complessi come i derivati bancari, che avrebbero dovuto suddividere i rischi in tutto il mondo, hanno invece diffuso ovunque il contagio. Non possiamo più permettere che il rischio venga trasferito da un angolo all’altro del mondo senza che nessuno se ne assuma la responsabilità. È per questo che ciascun settore di quello che finora è stato un sistema bancario poco chiaro ora deve essere soggetto a una rete di supervisione.

(Applausi)

I limiti che un paese o una regione pongono ai mercati vengono accantonati dalla concorrenza globale. Sono convinto che non sia sufficiente promuovere l’autoregolamentazione e stare a guardare mentre la situazione precipita: è necessario concordare standard internazionali per quanto riguarda la trasparenza, l’informazione e – sì – anche le remunerazioni.

(Applausi)

Sappiamo bene che la globalizzazione non ha cancellato soltanto i confini nazionali, ma anche quelli morali. Come abbiamo scoperto a nostre spese, il problema dei mercati liberi sfrenati in un contesto economico privo di controlli è che essi riducono ogni relazione a una mera transazione, ogni motivazione a mero tornaconto, ogni senso del valore alla scelta del consumatore e ogni senso della ricchezza a un banale cartellino del prezzo.

Tuttavia, una buona società e una buona economia esigono un forte senso dei valori. Non valori nati all’interno del mercato, ma valori che noi applichiamo al mercato: le solide virtù dell’onestà, della responsabilità, della giustizia e del rispetto per il lavoro, virtù che non hanno origine nei mercati, bensì nel cuore.

Nell’avviare oggi questa discussione, in preparazione al vertice di Londra della prossima settimana, propongo all'Europa di assumere un ruolo centrale nel sostituire ciò che un tempo si definiva consenso di Washington con un nuovo moderno consenso economico basato su principi.

Di fronte a tanti e tali problemi globali, non possiamo restare immobili: dobbiamo agire. Siamo, ovviamente, liberi di decidere e so che qualcuno potrebbe essere tentato di tirarsi indietro di fronte a questa nuova incertezza, nel tentativo di sentirsi al sicuro, sollevando il ponte levatoio e tirando indietro le lancette dell’orologio. Ma credo che se c'è qualcosa che la storia può insegnarci, è che il protezionismo è la politica del disfattismo, della ritirata e della paura e che, in ultima analisi, non protegge proprio nessuno.

(Applausi)

Anziché chiuderci nell'isolamento, tracciamo insieme un cammino di cooperazione: è nell'interesse di tutti i nostri paesi. È per questo che propongo all'Europa di assumere la guida di un piano coraggioso, finalizzato ad assicurare che ciascun continente introduca nel proprio sistema bancario quelle modifiche che apriranno la strada verso un benessere condiviso, che ciascun paese partecipi e collabori alla definizione di standard globali per regolamentare il settore finanziario e che ciascun continente investa le risorse necessarie ad assicurare la crescita economica e l'occupazione.

Qual è l’ordine del giorno? Primo, il mercato è al nostro servizio, non siamo noi ad essere al servizio del mercato. È per questo che noi nel Regno Unito, altri paesi europei, e ieri anche l’America, abbiamo eliminato l'incertezza dal settore bancario per rimettere in moto la dinamica del credito per coloro che ne hanno bisogno per poter mandare avanti la propria vita quotidiana in tempi straordinari come questi. Sono convinto che i principi comuni che ispirano i progetti di Stati Uniti, Regno Unito ed Europa per garantire trasparenza ai bilanci delle banche contribuiranno a ripristinare la fiducia e a far ripartire il credito verso tutta l'economia.

Per la prima volta in tutto il mondo, si riscontra un consenso, come testimoniato dalla relazione de Larosière, la relazione sul G30 dell'onorevole Volcker, la relazione Turner nel Regno Unito e la riforma sulla stabilità finanziaria, affinché nell'interesse dei risparmiatori vengano fissati severi standard di regolamentazione in tutta Europa e nel mondo, e perché essi vengano attuati e monitorati non soltanto in un paese, ma in tutto il mondo.

Credo inoltre che per la prima volta sarà possibile trovare un accordo anche su modifiche di vasta portata necessarie a lanciare un'azione coordinata che segnerà l'inizio della fine per i paradisi fiscali e i centri offshore.

(Applausi)

Affermiano quindi insieme che le nostre norme dovrebbero essere applicate a ogni banca, sempre e ovunque, senza possibilità che il “sistema bancario ombra” vi si sottragga e senza nascondigli in qualche angolo del mondo per gli evasori fiscali che si rifiutano di versare la loro parte.

Come sappiamo, un incentivo fiscale e monetario mondiale alla nostra economia può essere doppiamente efficace in ogni paese se adottato da tutti. Ritengo che quest'anno assisteremo ai maggiori tagli ai tassi d'interesse mai adottati e all'attuazione del più massiccio stimolo fiscale che sia mai stato concordato a livello mondiale.

Sono certo che il vertice di Londra potrà portare avanti l'iniziativa concordata qualche giorno fa dal Consiglio europeo e dal G20 dei ministri delle Finanze. Faremo tutto il necessario per creare l'occupazione e la crescita di cui abbiamo bisogno. Non dubito che l'Europa concorderà con il presidente Obama nell'affermare che le nostre azioni devono essere decise e portate avanti fino all'avvio della ripresa.

Siamo anche responsabili nei confronti dei disoccupati. Credo che nessuno dovrebbe restare senza lavoro per mesi senza che avere l’opportunità di seguire un percorso formativo, avere un'occupazione o l'assistenza per trovare un impiego, così come chi completa il proprio percorso di studi non dovrebbe restare a lungo disoccupato senza ricevere l'opportunità di acquisire le competenze necessarie per il suo futuro.

Ritengo inoltre che in questi tempi di crisi dovremmo avviare iniziative urgenti, serie e di ampia portata per avviare una ripresa a bassa emissione di CO2 e rendere sostenibili le nostre economie. L'Europa ha guidato la rivoluzione industriale e può ora guidare una rivoluzione a bassa emissione di CO2 investendo in efficienza energetica, nel rafforzamento delle fonti di energia rinnovabile, nel nucleare, nella dimostrazione della cattura e dell’immagazzinamento del carbonio, nello sviluppo della rete energetica intelligente e nella commercializzazione di veicoli elettrici e a tenore di carbonio ultra basso. È per tali ragioni che sono fiero di far parte del pacchetto europeo 2020 sull'energia e i cambiamenti climatici concordato nel dicembre 2008, un'altra decisione di questo Parlamento che ha fissato gli standard più elevati per una leadership globale sulla via di un accordo per i cambiamenti climatici che tutti attendiamo quest'anno a Copenhagen.

(Applausi)

La situazione attuale in alcuni paesi dell'Europa centrale e orientale dimostra la necessità di ritrovare la cooperazione economica internazionale volta ad assistere i paesi nei momenti di difficoltà.

A un nuovo Fondo monetario internazionale riformato, che dia più spazio ai rappresentanti delle economie emergenti e che disponga di risorse pari almeno a 500 miliardi di dollari – il doppio della disponibilità attuale – vanno assegnati i poteri per assistere i paesi che devono far fronte alla fuga dei capitali, per ricostituire la capacità delle loro banche e consentire loro di far ripartire il credito verso le proprie industrie. Vorrei un Fondo monetario internazionale che non si limiti soltanto a reagire alle crisi, ma sia in grado di prevenirle, e voglio una Banca mondiale che disponga delle risorse per prevenire la povertà e promuovere, seppure in un clima di crisi per i crediti commerciali, l'espansione degli scambi a livello mondiale.

Nel ricordare e celebrare la riuscita espansione dell'Unione europea e del Parlamento, che ha permesso di accogliere nuovi membri in seno alla nostra famiglia, vorrei dire agli Stati membri dell'Europa orientale che non li lasceremo soli nei momenti di difficoltà. Faremo tutto il possibile per essere sempre al vostro fianco.

(Applausi)

Non possiamo altresì dimenticare che per centinaia di milioni di persone dei paesi più svantaggiati, che vivono in condizioni di estrema povertà, la crisi è una vera e propria questione di vita o di morte. La triste verità è che se le banche falliscono e i mercati e il commercio crollano, quest'anno mezzo milione di bambini in più – complessivamente dieci milioni e mezzo di bambini – moriranno perché sono letteralmente troppo poveri per vivere. Dieci milioni e mezzo di bambini non sono solo un numero: si tratta di un bambino, poi un secondo bambino, poi un terzo, un quarto e così via. Ciascuno di loro non è soltanto un bambino, ma è un figlio; ciascuno rappresenta un funerale che non si sarebbe mai dovuto celebrare; una vita che si sarebbe potuta salvare, una tragedia, credo, che ci colpisce tutti nel profondo dell'anima.

(Applausi)

Quelli che per noi sono momenti di difficoltà non devono diventare un pretesto per voltare le spalle ai più poveri del mondo o permettere alle banche in crisi di disattendere le promesse sugli aiuti. Invece di permettere che i nostri impegni europei sugli aiuti finiscano per ridursi poco a poco a mere intenzioni, vaghe aspirazioni e, infine, a tradimenti passati sotto silenzio, dovremmo raddoppiare i nostri sforzi e fare in modo che la nostra sia la generazione che finalmente cancella per sempre la povertà.

(Applausi)

Insieme, possiamo introdurre un incentivo fiscale più forte, tagli più evidenti ai tassi d'interesse, la più ampia riforma del nostro sistema finanziario internazionale, i primi principi internazionali per regolamentare le remunerazioni e gli standard bancari, la prima azione completa a livello mondiale contro i paradisi fiscali e, per la prima volta durante una crisi mondiale, nuove forme di assistenza contro la povertà.

Com'è possibile suscitare questo consenso mondiale per i cambiamenti globali di cui necessitiamo? Consentitemi di dire che una delle principali opportunità che ci si prospettano è che l'Europa e ogni altro continente lavorino fianco a fianco. Oggi vorrei sottolineare anche che Europa e America possono avviare una collaborazione più stretta.

Ieri ho parlato al presidente Obama di quanto intendo proporre a voi oggi: una nuova era di maggiore cooperazione tra Europa e America. Negli ultimi anni, mai come ora abbiamo avuto un governo americano tanto interessato a collaborare a tutti i livelli con l'Europa in materia di stabilità finanziaria, cambiamenti climatici, sicurezza e sviluppo. Raramente tale cooperazione è stata in grado di produrre benefici tanto evidenti per il mondo intero.

In occasione del vertice UE-USA previsto tra qualche giorno, quando il presidente Obama sarà a Praga, potremo trasformare tale appuntamento da semplice incontro annuale a un'inarrestabile partnership progressiva, che mira a concretizzare i cambiamenti globali di cui il mondo oggi ha bisogno.

Pensiamo a tutti i progressi che, in una nuova epoca di cooperazione transatlantica, Europa e America insieme possono realizzare. Lavoriamo insieme per concludere un nuovo accordo mondiale sui cambiamenti climatici – un accordo avviato al G8 del 2005 dalla cancelliera Merkel – per introdurre i più massicci tagli alle emissioni di CO2 a cui si sia mai assistito. Lavoriamo fianco a fianco, Europa e America, per sconfiggere la crescente minaccia del terrorismo posta da Pakistan e Afghanistan che in qualsiasi momento può colpire le strade dei nostri paesi.

Con la Francia guidata dal presidente Sarkozy nuovamente al centro della NATO, Europa e America possono lavorare insieme per realizzare ciò che in passato era un sogno, ma che oggi – a mio avviso – è possibile: un mondo libero dalla proliferazione delle armi nucleari e in cui le potenze nucleari concordano il concreto ridimensionamento dei propri arsenali.

(Applausi)

Lavoriamo insieme anche a quella che è una necessità urgente che noi tutti vogliamo vedere realizzata e che tutti i presenti in quest'Aula, credo, hanno a cuore: la pace in Medio Oriente, in cui Israele possa vivere sicuro fianco a fianco con uno stato palestinese sostenibile.

(Applausi)

Tuttavia, il dono più immediato e urgente che la cooperazione tra Europa e America può produrre è – grazie alla nostra azione – la creazione di più posti di lavoro, imprese e scambi commerciali, se insieme sapremo affrontare e gestire le grandi sfide finanziarie del nostro tempo.

Michelangelo, uno degli europei più famosi di tutti i tempi, sosteneva che è meglio puntare troppo in alto e mancare il bersaglio, piuttosto che mirare troppo in basso e centrarlo in pieno. È questa la scelta a cui ci troviamo di fronte, perché guardando quest'Aula, oggi, non posso fare a meno di pensare che non siamo dei meri testimoni né semplici spettatori, ma i potenziali autori di un cambiamento, liberi di dare forma al nostro destino.

I popoli europei non devono lasciarsi dominare dagli eventi. In qualsiasi caso, noi siamo in grado di dominare gli eventi. Possiamo fare in modo che si dica di noi che anche nei momenti più critici, nelle peggiori difficoltà, abbiamo saputo tenere viva la fiducia nel futuro e, insieme, dare nuova forma all'assetto mondiale del nostro tempo.

Credo che, solo quando entreranno nei libri di storia, comprenderemo veramente la portata e le dimensioni delle sfide straordinarie che ogni paese di ogni continente oggi deve affrontare per effetto della globalizzazione. Si tratta di qualcosa di più di un momento di cambiamento nella nostra storia comune. È un cambiamento profondo e dovremmo ricordarci che i decenni decisivi nella storia europea non sono mai stati del tutto compresi mentre si stavano svolgendo.

Se guardiamo al Rinascimento – una delle epoche più straordinarie che il mondo abbia mai conosciuto – non possiamo ricondurre l'impatto che ha avuto sul mondo a una singola data, a un unico personaggio o rivoluzione. Oppure l'Illuminismo: non è possibile affermare con certezza quando, come o da chi sia stato avviato, ma semplicemente che senza di esso l'Europa e il mondo che oggi conosciamo non sarebbero mai esistiti. Se pensiamo alla rivoluzione industriale, non possiamo determinare il giorno in cui tutto ebbe inizio, o individuare un solo inventore, imprenditore o comitato di gestione che se ne assunse la supervisione. Nel caso di eventi che non furono compresi appieno nella contemporaneità, oggi possiamo soltanto constatare di averne tutti tratto beneficio.

Questa generazione si trova davanti a un cambiamento ancora non pienamente compreso, in cui possiamo accelerare o ritardare il progresso attraverso una miriade di decisioni che prendiamo quotidianamente. In un mondo che assiste a cambiamenti di tale portata – cambiamenti climatici, esigenze ambientali ed energetiche, la minaccia del terrorismo, l'esigenza di affrontare la povertà, le disuguaglianze e la crisi finanziaria – non trinceriamoci dietro al protezionismo, che non porta ad altro se non alla rovina.

Lasciamo che le generazioni future ci ricordino per la nosta capacità di immaginare e plasmare una società veramente globale per la nuova era; per non aver permesso che la globalizzazione diventasse fonte di ingiustizie e diseguaglianze, ma per averne invece fatto motivo di giustizia su scala globale; e anche davanti alle sfide più ardue, per aver mantenuto unita un’Europa fondata su ideali condivisi e su valori comuni, che ha contribuito a ricostruire questo mondo.

(Prolungati applausi)

 
  
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  Presidente . (EN) Signor Primo Ministro, a nome del Parlamento europeo, desidero ringraziarla per il suo straordinario intervento.

(Applausi)

Ho adesso l'onore di invitare il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, a prendere la parola.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione. (EN) Signor Presidente, il vertice del G20 a Londra segnerà una tappa fondamentale nella risposta globale alla crisi globale. Sono certo che sotto la guida del primo ministro Brown, il vertice non potrà che avere esito positivo.

È stata l’Europa a lanciare l’iniziativa per dare una risposta globale alla crisi globale: ricordo la visita a Camp David, durante la quale il presidente Sarkozy ed io proponemmo la risposta globale al presidente Bush. Il vertice del G20 a Washington nel novembre 2008 fu proprio frutto di quell’impegno congiusto.

L’Europa è pertanto investita di una speciale responsabilità nell'attuale processo del G20. Vogliamo che il vertice di Londra sia un successo, e sono certo che lo sarà. A Londra, l’Europa sarà unita e lancerà un messaggio di unità. Come concordato la settimana scorsa dai 27 Stati membri al Consiglio europeo, a Londra discuteremo iniziative concrete. Intendiamo ottenere risultati concreti per quanto riguarda gli incentivi all'economia mondiale e la regolamentazione di tutti gli operatori finanziari, dalle banche ai fondi speculativi, e nuove norme sulle agenzie di rating creditizio.

Intendiamo affermare chiaramente che non esiste alcuna dicotomia tra gli stimoli all'economia e il rafforzamento delle norme: sono entrambi passaggi necessari. Dovremo, peraltro, spingerci oltre: è necessario respingere qualsiasi forma di nazionalismo e protezionismo economico, rinnovare i nostri impegni verso i paesi meno sviluppati e far sì che l’Europa rispetti gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

Il rallentamento economico è particolarmente marcato ed è pertanto necessario fornire all’economia uno stimolo coordinato, attraverso un generale sostegno alla domanda. L’Unione europea si è già mossa concretamente su questo fronte: il nostro sforzo fiscale complessivo, che coniuga iniziative discrezionali e stabilizzatori automatici, è prossimo al 4 per cento del PIL.

Ora dobbiamo attuare con decisione i piani per la ripresa. Sappiamo quali sono le necessità: rimettere in moto il credito; mantenere i posti di lavoro; aggiornare le competenze dei lavoratori in vista della ripresa; continuare a investire nella produttività e nella concorrenzialità dell’Europa. La Commissione monitorerà e valuterà l’azione degli Stati membri, al fine di coordinare la nostra risposta complessiva alla crisi.

Per quanto riguarda la normativa finanziaria, l’Unione europea intende spostare la linea di demarcazione: nessun prodotto finanziario, nessuna istituzione, nessun mercato, nessuna competenza giurisdizionale dovrebbero essere esonerati dalla normativa. Non si tratta tuttavia di normative fini a se stesse: sono necessarie nuove regole per far sì che i mercati riprendano a funzionare regolarmente, attraverso i finanziamenti destinati all’occupazione e agli investimenti. Soltanto in questo modo sarà possibile ristabilire la fiducia, un elemento imprescindibile, come l'etica, che va riportata al centro del sistema finanziario, per ritrovare la fiducia necessaria nelle economie aperte.

All’interno dell’Unione europea, questo confine è già in via di ridefinizione: la Commissione ha infatti presentato delle proposte sull'adeguatezza patrimoniale e le agenzie di rating creditizio, che al momento sono in fase di discussione anche da parte di quest'Aula. Nelle prossime settimane, la Commissione presenterà ulteriori proposte su fondi speculativi, private equity e retribuzione dei dirigenti e, in tempo per il Consiglio europeo di giugno, sarà pronto un pacchetto per un nuovo sistema di supervisione europeo. L’Unione europea si è messa in movimento: a Londra, intendiamo dirlo forte e chiaro al fine di poter lavorare insieme ai nostri partner, ai nostri amici americani.

Vogliamo che anche gli altri si muovano insieme a noi: per un’economia globale, sono necessarie regole globali. Prendiamo l’esempio delle attività tossiche: è evidente che, se non si procede a riportare trasparenza nel sistema bancario, il credito non riprenderà ad affluire nell’economia. Oggi, l’Unione europea dispone di un quadro – fornito dalla Commissione – in cui affrontare questa questione. Meno di due settimane fa, i ministri delle Finanze del G20 hanno discusso profusamente la questione delle attività tossiche e hanno adottato una serie di principi che riflette in larga misura le posizioni dell'Unione europea in proposito. Ancora una volta, quindi, abbiamo avuto l’esperienza unica di fissare regole soprannazionali e transazionali e dimostrare che l'Unione europea è preparata meglio di chiunque altro non a imporre, bensì a proporre le regole per questa globalizzazione.

A Londra, l’Unione europea deve mandare anche un altro forte messaggio e rifiutare il protezionismo. Difenderemo il nostro mercato interno, mantenendolo aperto, e lavoreremo perché anche i mercati globali siano aperti. Non dobbiamo rinunciare al ciclo di Doha e dobbiamo giungere a un accordo quanto prima. Né possiamo dimenticare i paesi in difficoltà: dobbiamo mantenere gli impegni assunti sugli obiettivi di sviluppo del Millennio.

Dobbiamo ricordare sempre che le azioni che intraprendiamo sono soltanto mezzi rivolti verso un unico fine: il miglioramento del benessere delle persone. Si tratta di misure finalizzate non tanto al sistema finanziario, non a un determinato comparto dell’economia, ma alle persone. Al momento attuale, questo significa attutire e limitare le conseguenze che la recessione economica nell’Unione europea impone all'occupazione. Senza dubbio, in questo momento l’occupazione rappresenta il nostro timore principale. Il 7 maggio si svolgerà il vertice sull’occupazione, finalizzato a raccogliere idee e inziative volte a mantenere i posti di lavoro e a formare nuovamente i lavoratori per le professioni del futuro. Stiamo lavorando con le parti sociali, poiché riteniamo che anche questo faccia parte del nostro modello europeo, e siamo convinti in tal modo di poter aiutare i lavoratori, preparandoli per le professioni della futura economia sostenibile e a bassa emissione di CO2 che desideriamo sia guidata dall'Europa.

Il vertice del G20 a Londra dovrà pertanto produrre risultati in numerosi ambiti: un programma decisamente ambizioso. Sono certo che, sotto la guida di Gordon Brown e con un forte contributo europeo, il G20 otterrà risultati e raccoglierà un consenso globale sull'economia internazionale.

(Applausi)

 
  
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  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dare il benvenuto al primo monistro britannico, Gordon Brown, che tra qualche giorno ospiterà il vertice G20 al quale l’Europa è attesa come mai prima d'ora.

Il primo insegnamento che dobbiamo trarre da questa crisi è che le economie oggi sono interconnesse al punto che soluzioni nazionali sono diventate impensabili. Le difficoltà, che derivano – va detto – principalmente dagli Stati Uniti per effetto dell’assenza di norme, hanno gudagnato terreno e l’Europa, Primo Ministro Brown, deve comprendere che potrà essere forte soltanto parlando all’unisono per tutelare i propri interessi comuni. Deve inoltre essere sufficientemente forte da condurre tutte le economie regionali sulla strada verso una nuova crescita. Non posso dimenticare il presidente Barroso e il fatto che è stato su inziativa dell’Europa – e del presidente Sarkozy in particolare – che il G20 è stato invitato a riportare l’ordine in un sistema finanziario impazzito.

Solidarietà e responsabilità sono due principi essenziali per l’Europa. A livello collettivo, siamo pronti a venire in aiuto e ad assistere coloro che tra noi stanno incontrando le difficoltà maggiori. Pur augurando tutto il meglio al suo paese, Primo Ministro, gli ultimi dati dell’FMI che lo riguardano sono purtroppo molto preoccupanti, come lo sono per altri paesi dell'Unione europea, in particolare l'Ungheria.

Sono stato per diversi anni vigile del fuoco volontario e so che quando una casa prende fuoco, non ci vuole molto prima il rischio di incendio si propaghi anche alla casa accanto.

Gli onorevoli colleghi e vostri amici a sinistra di questo Emiciclo invocheranno indubbiamente – appena concluderò – un’Europa più attenta alla dimensione sociale e maggiore tutela. Prima che lo facciano, vorrei rispondere che questa propaganda semplicistica che intende spendere dei soldi che non abbiamo, è esattamente ciò che ha portato al fallimento delle politiche degli anni Ottanta in molti paesi europei.

(Applausi)

Certamente non nel suo, Primo Ministro; negli anni Ottanta, il partito al governo non era il suo. Gli stessi deputati non mancheranno di ripetere che l’attuale crisi è frutto della globalizzazione e dell’economia di mercato. Vorrei anticiparli ricordando che è proprio grazie a questa economia di mercato se il reddito medio dei nostri concittadini è cresciuto del 40 per cento negli ultimi 40 anni. Vorrei inoltre ricordare che , mentre i cittadini dei paesi al di fuori dell’economia di mercato, all’ombra del Muro di Berlino, affrontavano il loro ben noto destino, la globalizzazione e l’economia di mercato hanno consentito ai cittadini dell’Europa occidentale di prosperare a un tasso medio di crescita del 2 per cento annuo. Tutto ciò dimostra che i fautori di un’Europa sociale non sono necessariamente coloro che pensiamo.

Signor Primo Ministro, l’integrazione europea è sempre stata una questione di solidarietà tra i cittadini dei suoi paesi, e nel difficile periodo che stiamo attraversando, il compito dell'Europa è – ora più che mai – quello di dimostrarlo ancora una volta con i fatti. Sostenere le banche è stato un atto necessario per impedire che coloro i quali vi avevano riposto la propria fiducia perdessero tutto. È stato un primo passo, seppure non sufficiente. La nostra priorità deve essere aiutare chi perde il lavoro e le famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese. Soltanto ripristinando la crescita e un clima economico e fiscale favorevole agli imprenditori assisteremo a una ripresa della fiducia e dell’occupazione. Il programma di aiuti europeo da 400 miliardi di euro ci aiuterà a superare la crisi: punta infatti a stimolare nuovi investimenti, a rafforzare la domanda e, al contempo, a sostenere la crescita e creare posti di lavoro.

Il mercato interno europeo può fungere da leva importante, mentre qualsiasi misura di natura protezionista non farà altro che esacerbare le difficoltà. Primo Ministro Brown, non basta condannare il protezionismo all’estero: vanno evitati anche slogan discriminanti come "posti di lavoro britannici ai lavoratori britannici" entro i confini nazionali, altrimenti ci ritroveremo invischiati in un pericoloso nazionalismo economico. Ad ogni modo, confido che la Commissione, custode dei trattati, accerterà che la legge venga rispettata e che le nostre imprese possano operare su un mercato libero ed equo. La nostra priorità consiste nel realizzare una nuova architettura finanziaria globale all’insegna di maggiore stabilità, maggiore supervisione e, soprattutto, maggiore trasparenza. Dobbiamo accelerare le riforme di Basilea 2 e porre i fondi speculativi sotto un severo controllo.

Signor Primo Ministro, apprezzo che lei sia venuto non tanto a imporre le sue idee, quanto piuttosto ad ascoltare quelle che sono le aspettative dei cittadini. Non dimentichi, signor Primo Ministro, soprattutto la prossima settimana, che lei è un vero europeo.

(Applausi)

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. (EN) Signor Presidente, che intervento coraggioso e che descrizione brillante delle esigenze del momento contemporaneo. È esattamente questa la direzione che dobbiamo seguire, e noi socialisti e socialdemocratici europei – parlo non soltanto a nome dei membri del mio gruppo, ma anche a nome dell’onorevole Rasmussen, capo del movimento socialdemocratico in Europa – possiamo sottoscrivere il suo discorso parola per parola, signor Primo Ministro. La direzione indicata è eccellente.

(Applausi)

(FR) Quanto alle osservazioni del collega Daul, il minimo che ci si possa aspettare da parte del presidente di un gruppo parlamentare del Parlamento europeo è che sia in grado di distinguere protezionismo da protezione sociale. La differenza è abissale.

(Applausi)

Quanto al suo grandioso presidente Sarkozy, forse si intenderà di protezionismo, ma c’è una cosa di cui certamente non si intende affatto, ed è la protezione sociale

(DE) Concordo con lei, signor Presidente: si tratta senza dubbio di un grande momento. Alla vigilia del vertice del G20, il primo ministro Brown è venuto a tenere un discorso al Parlamento europeo. Tale visita è la dimostrazione che quest'Aula, foro di scambio per i popoli europei, è il posto giusto in cui presentare le previsioni che lei, signor Primo Ministro, oggi ci ha illustrato.

Per tale ragione, la sua presenza qui oggi ha un valore che va oltre quello di una semplice visita al Parlamento europeo. Il suo intervento ci indica il cammino, poiché dimostra che lei, in qualità di Primo Ministro del paese ospitante del G20, attribuisce al Parlamento europeo l'importanza che merita. Con questo intendo dire che lei lo considera come foro di discussione delle politiche multinazionali e internazionali, nel quadro dei rapporti continentali dell’Europa e delle relazioni tra Europa e resto del mondo. Per questo, la ringrazio molto, onorevole Primo Ministro Brown. Ha fatto la cosa giusta.

(Applausi)

Signor Primo Ministro, lei prima ha citato tre principi fondamentali che vorrei ribadire, poiché rappresentano anche i pilastri del nostro movimento. Non è stata l’avidità, il tornaconto personale, il fattore decisivo. È una caratteristica permanente della storia umana, che esisterà sempre. Il problema è un sistema in cui l’avidità individuale può diffondersi e diventare distruttiva. È questo sistema ad essere sbagliato: questo sistema fatto di sfrenato radicalismo e liberalismo di mercato si è dimostrato fallimentare ed è andato allo sfascio. È per questo che va modificato.

Lei ha pertanto ragione quando afferma che l’Europa e il mondo devono dotarsi di norme su private equity, fondi speculativi, centri offshore – che vanno chiusi – e regole per le agenzie di rating creditizio. Deve essere inoltre vietata la vendita allo scoperto. Si tratta di una serie di misure che noi, sotto la guida dell’onorevole Rasmussen e a fronte dell’opposizione degli altri gruppi, richiediamo da parecchio tempo. È proprio questo che va fatto.

(Applausi a sinistra)

Comprendo, onorevoli colleghi della destra, che per voi sia difficile accettare il fatto che la politica che state promuovendo da 10 anni si sia rivelata sbagliata. Fate fatica a tenere il passo con ciò che è accaduto. Posso comprenderlo, ma non cambia il fatto che vi siete sempre opposti a questa politica.

Avete ragione nel sostenere che la corsa agli armamenti nucleari va arrestata. Avete ragione nel dire che la cooperazione con gli Stati Uniti d’America ci permetterà di inaugurare una nuova epoca di disarmo nucleare. Avete ragione anche nel dire che c’è bisogno di solidarietà tra tutti i membri della società, ma anche di solidarietà tra stati. Firmerò pertanto a nome del mio gruppo per far sì che i nuovi Stati membri possano fare affidamento sull’Unione. È indubbiamente questa la strada giusta da seguire, signor Primo Ministro.

Vorrei aggiungere un’ultima osservazione. La prego di portare al G20 il messaggio che chiunque tenti, nell’attuale crisi economica, di contrapporre la politica ambientale a quella economica commette un madornale errore: la crisi economica passerà, ma i cambiamenti climatici resteranno. È per questo che entrambe le politiche sono necessarie. Abbiamo soprattutto bisogno di lottare efficacemente per una migliore politica sul clima, che offrirà anche l'opportunità di creare molti nuovi posti di lavoro. L’impostazione giusta parte dalla coniugazione di questi due elementi.

(Applausi)

Il primo ministro Gordon Brown ha tenuto un discorso straordinario. Quanto più la destra si oppone a quanto è stato detto, tanto più chiaramente emerge dal suo discorso, onorevole Primo Ministro Brown, che siamo sulla strada giusta. Siamo lieti di aver ascoltato oggi un vero capo di governo socialdemocratico.

(Applausi)

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, do il benvenuto al primo ministro in occasione di questa prima tappa del "Brown in Tour mondiale per il G20". Ha presentato un programma ambizioso per il G20, signor Primo Ministro: dalla lotta alla povertà nel mondo al disarmo nucleae, alla pace in Medio Oriente e le auguro di avere successo. A nome del mio gruppo, mi congratulo con lei e i suoi colleghi del Consiglio europeo per aver delineato un approccio comune, seppure su un programma più circoscritto, al vertice della prossima settimana.

Le opportunità di collaborare con l’amministrazione Obama non dovrebbero essere messe a rischio da uno scontro verbale transatlantico. So che condividiamo tale posizione, ma l’America continua a preferire normative ridotte all’essenziale e la recessione in corso dimostra che chi ha deliberatamente ignorato le pratiche scorrette ora ne paga il prezzo più alto. C’è bisogno di un’autorità europea per i servizi finanziari. Dobbiamo fare pressione con ogni mezzo perché tutti approvino i medesimi standard, ma un atteggiamento cauto da parte di altri non può essere il pretesto per tollerare l’immobilità da parte nostra. Come ha detto anche lei, dobbiamo riportare l’onestà, la trasparenza e lo stato di diritto alla base del sistema finanziario. È necessario anche riformare le istituzioni finanziarie globali, per mettere fine alle eccedenze di bilancio e agli eccessi di liquidità che generano un'altalena di boom e crolli a livello globale.

Deve essere l’FMI ad assumersi tale ruolo. È in grado di coniugare una maggiore quantità di asset con un migliore accesso ai fondi per la crisi? Dovrebbe diventare un vero e proprio gestore patrimoniale per una certa parte dei risparmi globali, valutando gli speculatori, evitando il panico e stabilizzando i mercati? Come possiamo riformare le sue strutture decisionali per far sì che riflettano l'esigenza di una supervisione più democratica e il peso delle economie emergenti?

È inoltre essenziale – nonostante le difficoltà della recessione – affrontare la questione dei cambiamenti climatici e i problemi legati alla povertà.

Signor Primo Ministro, lei ha parlato della necessità di agire: darà quindi all'FMI e alla Banca mondiale un mandato esplicito per affrontare le questioni della siccità, delle inondazioni e delle malattie che nei paesi in via di sviluppo accompagnano il riscaldamento globale? Intende assicurarsi che eroghino finanziamenti ed elaborino programmi finalizzati non soltanto al successo dei mercati, ma anche a conseguire il progresso sociale e gli obiettivi della tutela ambientale? Serve un’economia nuova e sostenibile, inserita in un contratto sociale globale. L’epoca dei soldi facili è finita; per la crescita futura, guadagnarsi da vivere non dev'essere sinonimo di ammazzarsi.

Per ottenere tali risultati, l’Europa deve raccogliere consenso, e il Regno Unito deve essere parte integrante di tale processo. Signor Primo Ministro, io e lei apparteniamo a schieramenti diversi del panorama politico, ma da scozzesi e convinti sostenitori di una politica progressista, sono certo che condividerà con me le parole di Burns: “Oh se avessimo il dono di vedere noi stessi come ci vedono gli altri”. Quei gruppi che si spingono – e con sé spingono il Regno Unito – ai margini dell’Europa, costeranno caro al loro paese.

Facciamo quindi in modo che il Regno Unito sia un partner positivo, forgiato dal modello europeo. Signor Primo Ministro, mi aspetto che da questa crisi la moneta unica esca rafforzata. Spinti dai venti gelidi della recessione, gli investitori si sono rifugiati sotto l’ala dell’euro. Negli ultimi 10 anni, le cinque prove bizantine da voi ideate hanno impedito al Regno Unito di entrarvi a far parte. Intendete ora lavorare per introdurre l'euro nel Regno Unito, nel periodo successivo alla recessione? Il Regno Unito non dovrebbe starsene in disparte, mentre altri scendono in pista: è un ballo, questo, a cui anche il Regno Unito dovrebbe prendere parte.

(Vivi applausi)

 
  
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  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. (EN) Signor Presidente, piuttosto che farmi male con le mie stesse mani, invocando socialismo, liberismo, conservatorismo e tutti gli altri “ismi” ideologici che vengono regolarmente invocati qui in Parlamento, desidero innanzi tutto congratularmi con il primo ministro per la sua disponibilità a venire qua a sostenere un’argomentazione, a difenderla con convinzione, ma soprattutto a proporre un ponte tra l’Europa e l’America che ci aiuti a risolvere alcuni dei problemi e delle difficoltà a cui siamo confrontati, soprattutto perché ora stiamo attraversando una fase di crisi globale. Tuttavia non si dovrebbe lasciare che questa crisi faccia calare un velo sui successi del passato.

Nel corso degli ultimi 15 anni, abbiamo registrato una crescita economica senza precedenti, una crescita dell’occupazione senza precedenti, una creazione di ricchezza senza precedenti e un’azione senza precedenti in materia di aiuto e assistenza ai paesi in via di sviluppo. I nuovi piani che presentiamo non dovrebbero significare che facciamo di tutta l’erba un fascio; occorre piuttosto partire dai successi già conseguiti, riconoscere gli errori commessi e fare in modo che entrambi possiamo tracciare un piano ambizioso per il futuro in vista di una ripresa globale fondata su obiettivi comuni fatti di valori comuni con un percorso comune. Questo percorso comune deve in ogni momento basarsi sulla necessità di assicurare risultati migliori per gli individui, non per i mercati o per l’economia.

Signor Primo Ministro, lei ha citato Michelangelo nel suo intervento di poco fa, ed io le propongo un’altra interessante citazione, questa volta di un poeta irlandese, Oscar Wilde, che disse: “Siamo tutti nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle”. E ora possiamo raggiungere le stelle! Questa nuova crisi offre un’opportunità. Barack Obama ha giustamente individuato l’opportunità di riportare l’America sulla scena mondiale. La realtà è che, rispetto al piano Marshall, dopo la Seconda guerra mondiale, oggi non c’è un grande sulla scena mondiale in grado di salvare il resto dell’economia mondiale. Siamo interdipendenti gli uni dagli altri nelle sfide che incombono su di noi, ma anche nelle soluzioni alle quali possiamo pervenire.

Credo che, nel momento in cui abbiamo più bisogno di tracciare questa nuova via, naturalmente possiamo parlare di economia a impatto zero di carbonio, dei posti di lavoro creati a partire da essa – aspetto molto importante – nonché di riqualificazione e di riconversione professionali, che sono assolutamente fondamentali. La protezione sociale dei più bisognosi è una necessità per lo sviluppo, ma non facciamoci prendere dall’ossessione di insistere sul fatto che gli stipendi dei banchieri sono il fattore determinante rispetto al tipo di soluzione che troveremo. Miglioramento della regolamentazione, miglioramento della vigilanza – ma anche miglioramento dell’applicazione di tali normative – perché, in molti casi, per quanto riguarda la crisi bancaria, non si è trattato tanto di assenza di normative, quanto di assenza di vigilanza ed applicazione.

Ritengo che una delle azioni chiave che ora dobbiamo individuare e programmare per il futuro sia non solo di infondere certezze in merito alle modalità di funzionamento dei mercati, ai tipi di rifugi che verrebbero eliminati, all’eliminazione dei paradisi fiscali e del sistema bancario ombra, dobbiamo anche cercare di restituire un po’ di fiducia alla gente. Mostriamo alle persone che uscire dalla crisi è possibile, che si può vedere la luce alla fine del tunnel, ma soprattutto facciamo capire alle persone che possono contribuire alla soluzione.

In irlandese abbiamo un termine, meitheal, che indica il concetto di persone che si riuniscono e lavorano insieme per salvare il raccolto. E’ venuto il momento per noi di unire le nostre forze, non solo per salvare questo raccolto, ma per salvare il pianeta.

 
  
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  Monica Frassoni, a nome del gruppo Verts/ALE. (EN) Signor Presidente, mi fa piacere vedere qui il primo ministro. Tenuto conto della scarsa considerazione che ha dimostrato a lungo nei confronti dell’Unione europea e del Parlamento europeo, considero la sua presenza un segnale positivo che dimostra che le persone possono cambiare.

Spero anche che, dopo la giornata di oggi, signor Primo Ministro, lei annunci la fine di un paio di opt-out o addirittura, come ha detto il mio amico, onorevole Watson, che annunci l’ingresso del Regno Unito nell’euro.

Mi corre tuttavia l’obbligo di ricordarle che per la maggior parte dei temi che ha citato – riforme democratiche, temi sociali, direttiva sull’orario di lavoro, imposte – il suo governo è stato dalla parte sbagliata.

(IT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, Primo ministro, lei è responsabile con un buon numero di suoi colleghi e con il nostro Presidente Barroso del fatto che l'Unione europea non dispone degli strumenti di regolamentazione finanziaria e delle politiche fiscali e di bilancio che oggi sarebbero così preziose per permetterci di affrontare la crisi. È bene ricordarselo, perché quando si vuole essere credibili nel proporre soluzioni è buona creanza ammettere che prima si era sbagliato.

Allora guardiamo alla credibilità di questa crociata contro i paradisi fiscali. Sembrano un obiettivo molto facile, tutti li detestano, però la realtà è un po' diversa. Viene perfino il sospetto che se ne parli tanto perché non si trova un accordo per parlare di molto altro.

Primo ministro, noi pensiamo che bisogna smettere di pensare che non è possibile limitare la libera circolazione dei capitali, che non si possono ridirigere in modo virtuoso i milioni di euro sprecati in speculazioni. Noi dobbiamo fermare, non regolare l'azione dei fondi speculativi. Dobbiamo riportare le banche a fare quello per cui sono state inventate in Toscana molti secoli fa, finanziare l'economia reale.

Non basta rafforzare la sorveglianza dei mercati, dobbiamo diminuire la rentabilità di coloro che speculano. Bisogna ricordarsi che la mafia oggi ha a disposizione 120 miliardi di euro nei forzieri dei paradisi fiscali. Dobbiamo puntare decisamente sulla doppia dichiarazione e sulla doppia trasparenza: chi deposita denaro in un altro paese lo deve dichiarare. Le banche che ricevono depositi li devono dichiarare. Non ci sono vie di mezzo. Il resto sono chiacchiere e temo che di chiacchiere saremo sepolti se il G20 non arriverà a un risultato più forte dei balbettamenti che si sentono in giro.

Primo ministro, esattamente come il suo predecessore, lei ha speso qui delle parole forti e commoventi nella lingua di Shakespeare, però, come lui, ha poche proposte concrete. Ha parlato di riconversione ecologica dell'ambiente. Eppure nel piano del suo governo, solo il 7% degli investimenti vanno a investimenti verdi, mentre la Corea del Sud e la Cina e perfino gli Stati Uniti stanno correndo ad una velocità che le nostre belle parole non potranno coprire.

Ha parlato di Copenaghen, ma ancora una volta il Consiglio europeo non si è trovato d'accordo su un fondo per il clima per i paesi in via di sviluppo. Eppure lei sa benissimo che senza un impegno finanziario importante, Copenaghen è destinato all'insuccesso e con Copenaghen anche le nostre ambizioni di governare i cambiamenti climatici.

(EN) Bel discorso, Primo Ministro Brown, ma che cosa è davvero disposto a fare?

(Applausi)

 
  
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  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. (FR) Signor Presidente, Commissario Barrot, Primo Ministro Brown, come ci ha ricordato, vent’anni fa è caduto il muro di Berlino, mettendo così fine una volta per tutte al modello che incarnava, un modello che, in ogni caso, era già da tempo agonizzante.

In queste circostanze, troppo grande è stata la tentazione di lasciare la briglia sciolta al capitalismo sfrenato. L’Unione europea ha seguito l’esempio di altri e ha ceduto a questa tentazione. I padri di questo nuovo modello o i loro successori sono stati oggi sorpassati dalla loro creatura, divenuta ingestibile. Per superare quella che è anche una crisi esistenziale, dobbiamo prima avere il coraggio di rimetterci in discussione. Non ho l’impressione che abbiamo intrapreso questa strada.

All’ultimo Consiglio europeo, il presidente della Commissione ha affermato che siamo stati all’altezza della situazione. Il presidente in carica del Consiglio ha affermato di essere estremamente soddisfatto dei risultati ottenuti, mentre il primo premio è andato, come spesso accade, al presidente del Consiglio italiano, Berlusconi, per il quale l’Unione europea è un corpo sano aggredito da un virus. Il tempo ci dirà.

Finora, le rare voci di autocritica sono venute dagli stessi ambienti economici, come quella del presidente di Morgan Stanley in Asia, che ha dichiarato che siamo tutti responsabili: le istituzioni finanziarie, gli organi di vigilanza, le agenzie di rating, i consigli di amministrazione, i politici e le banche centrali, e dobbiamo accettare tutto questo collettivamente. Questo è ciò che ci cambierà.

Credo, signor Primo Ministro, che lei sia il primo dirigente politico europeo ad aver a sua volta abbozzato un mea culpa relativo all’atteggiamento da lei adottato dieci anni fa, a seguito della crisi asiatica: un atteggiamento che oggi lei reputa non abbastanza risoluto nei confronti di coloro che ritenevano che si trattasse di problemi passeggeri.

Lei ha dichiarato che la vecchia idea secondo cui i mercati erano efficienti e potevano autoregolarsi ha ormai fatto il suo tempo. Devo dire che preferisco questo atto di umiltà al discorso scarsamente sufficiente pronunciato in questa stessa sede da un suo predecessore in una vita precedente.

Tuttavia, sono convinto che il problema sia altrove. Come affermato nella recente relazione del segretariato della Conferenza delle Nazioni unite per il commercio e lo sviluppo, dobbiamo chiudere il grande casinò. La dottrina applicata negli ultimi vent’anni ha fallito clamorosamente.

Per questo, chi ha pomposamente parlato del G20 come di una nuova Bretton Woods in cui il capitalismo sarebbe stato riformulato o addirittura rimoralizzato ha ingannato i nostri concittadini. Il 2 aprile a Londra non ci sarà nessuna “vigila della rivoluzione”.

Unit, un grande sindacato del nostro paese, ha trovato, a mio avviso, una frase molto semplice ed efficace per indicare il punto dolente. Il suo slogan per la marcia organizzata per sabato prossimo nella capitale britannica sarà, e cito, “mettere le persone al primo posto”. Potrebbe suonare ovvio, ma rasenta una rivoluzione copernicana rispetto a quello che è diventato il sistema dominante.

Tutto ciò la dice lunga sulla natura delle sfide dei nostri tempi.

(Applausi)

 
  
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  Nigel Farage, a nome del gruppo IND/DEM. (EN) Signor Presidente, il primo ministro ha ricevuto qualche critica questo pomeriggio per le sue parole “posti di lavoro britannici per i lavoratori britannici”, ma le possiamo anche scordare perché, dopo che lui le ha pronunciate, credo che nessuno abbia seriamente pensato che, in quanto primo ministro, avrebbe mai anteposto gli interessi dei lavoratori britannici a quelli del suo sogno europeo. Santo cielo, lo ha dimostrato questo pomeriggio, signor Primo ministro.

E’ un vero peccato che, tranne l’UKIP, praticamente nessuno sembra che si sia disturbato a venire ad ascoltarla. Lei è molto popolare qui. Ed è molto popolare proprio perché, pochi giorni dopo il “no” irlandese al trattato di Lisbona, ha forzato l’approvazione di quello stesso trattato al parlamento britannico, violando un impegno specifico inserito nel suo programma elettorale in virtù del quale avrebbe concesso ai cittadini britannici un referendum sul trattato costituzionale.

Si vergogni, signor Primo Ministro. Ha svalutato la democrazia nel nostro paese, ha svalutato la fiducia che gli elettori avevano riposto in lei come primo ministro britannico. Naturalmente, sappiamo perché l’ha fatto: perché avremmo votato “no”. Nel suo intervento ha affermato che solo gli estremisti sono contrari all’Unione europea. Bene, forse questo vale per i politici professionisti di carriera, ma una netta maggioranza del popolo britannico è favorevole a intrattenere rapporti di amicizia e libero scambio con l’Unione europea, ma non vuole fare parte di questa Unione politica.

Non si può continuare a costruire questa Unione europea contro l’opinione pubblica. Agendo contro la volontà del popolo, si pongono le basi per il manifestarsi di enormi problemi sociali e politici in futuro. Lasciate per favore che siano i popoli europei a decidere del loro destino. Non lasciate una simile decisione a parlamenti come questo o come Westminster. Non funzionerà!

Per quanto riguarda l’economia, ci ha detto che in qualche modo lei è il guru economico, lei è l’uomo che può salvare il mondo. Ricordo molto bene il suo primo grande atto come cancelliere, quando ha venduto 400 tonnellate metriche d’oro sulle borse di tutto il mondo a 275 dollari l’oncia. Alla quotazione odierna, l’importo sarebbe superiore di 10 miliardi di dollari. La cosa grave non è stata tanto il fatto che lei abbia commesso un errore: tutti possiamo sbagliare. La cosa grave è che lei ha annunciato in anticipo quanto avrebbe venduto e in quale data lo avrebbe fatto. E’ stato un errore così elementare che nemmeno una matricola di economia lo avrebbe commesso – persino in quest’epoca di svalutazione dell’istruzione. Oltre tutto, ha distrutto il nostro regime pensionistico privato e ha tolto alla Banca d’Inghilterra il potere di vigilanza sulle banche trasferendolo ai burocrati passatimbri della FSA, l’Agenzia di supervisione finanziaria, a Canary Wharf.

Non abbiamo sentito una sola parola di scusa. Il suo governo si è scusato per il massacro di Amritsar, ci sono state scuse per la schiavitù, ci sono state scuse praticamente per tutto. Potrebbe gentilmente scusarsi per quello che ha fatto come cancelliere britannico, e forse dopo magari la ascolteremo?

 
  
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  Daniel Hannan (NI). - (EN) Signor Presidente, vedo che il primo ministro padroneggia già l’abilità fondamentale del politico europeo, ossia quella di dire una cosa al Parlamento europeo e l’esatto contrario all’elettorato nazionale.

Signor Primo Ministro, lei ha parlato di libero commercio, e va bene. Chi avrebbe mai pensato, ascoltandola ora, che sia stato lei a pronunciare la frase “posti di lavoro britannici per i lavoratori britannici”, e a sovvenzionare – dove non ha addirittura nazionalizzato – ampi segmenti della nostra economia, compresa l’industria automobilistica e molte banche?

Forse avrebbe maggiore autorità morale in questa sede se le sue azioni corrispondessero alle sue parole. Forse avrebbe maggiore legittimità negli organismi di tutto il mondo se il Regno Unito in questa recessione non versasse in condizioni peggiori rispetto a qualsiasi altro paese del G20.

La verità è che ha finito i soldi. Il paese nel suo insieme è ora in una situazione di patrimonio netto negativo. Ogni bambino britannico nasce già con un debito di circa 20 000 sterline. Rimborsare gli interessi su questo debito costerà di più che fare studiare quello stesso bambino.

Ancora una volta oggi lei cerca di distribuire le colpe. Ha parlato di recessione internazionale, di crisi internazionale. E’ vero che siamo tutti nella stessa barca in mezzo alla tempesta, ma non tutte le barche del convoglio si trovano nella stessa disastrosa condizione. Altre navi hanno utilizzato gli anni positivi per impermeabilizzare gli scafi e riordinare la dotazione di bordo – in altri termini, per rimborsare il debito – mentre lei ha utilizzato gli anni positivi per accrescere ulteriormente l’indebitamento. Conseguentemente, con lei come capitano, il nostro scafo, sotto il peso sempre maggiore del nostro debito, viene spinto molto al di sotto della linea di galleggiamento.

Abbiamo attualmente un deficit che tocca il 10 per cento del PIL – una cifra quasi incredibile: più del Pakistan e più dell’Ungheria, paesi per i quali c’è già stato un intervento dell’FMI.

Il problema non è che non abbiamo avuto le sue scuse. Come tutti gli altri, ho preso atto da tempo che lei è patologicamente incapace di accettare la responsabilità di queste cose. Il fatto è che lei va avanti ostinatamente, peggiorando la nostra situazione, spendendo smodatamente quel poco che ci rimane.

Negli ultimi dodici mesi sono andati persi 100 000 posti di lavoro nel settore privato, e tuttavia lei ha creato 30 000 posti di lavoro nel settore pubblico. Signor Primo Ministro, non può continuare all’infinito a spremere la parte produttiva dell’economia per finanziare una congestione senza precedenti della parte improduttiva. Non può pensare di spendere per cercare di uscire dalla recessione o contrarre prestiti per cercare di superare la situazione di indebitamento, e quando ripete in quel modo spento e poco convincente che la nostra situazione è migliore di altre, che siamo attrezzati per sopravvivere alla tempesta, devo dire che mi ricorda gli apparatchik dell’era brezneviana che riportavano la linea del partito.

Lei sa, e noi sappiamo, e lei sa che noi sappiamo che sono assurdità. Tutti sanno che, in questi tempi duri, il Regno Unito sta peggio di ogni altro paese. Lo ha detto l’FMI. Lo ha detto la Commissione europea. Lo hanno detto i mercati, ed è per questo che la nostra moneta si è svalutata del 30 per cento, e presto anche gli elettori avranno la possibilità di dirlo.

Si renderanno conto di quello di cui i mercati già si sono resi conto – che lei è il primo ministro svalutato di un governo svalutato.

 
  
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  Gordon Brown, primo ministro del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. (EN) Signor Presidente, è davvero encomiabile che al Parlamento europeo così tante opinioni diverse siano espresse in un così breve periodo di tempo da così tante persone. Desidero ringraziarvi delle vostre osservazioni.

Spero tuttavia che, anche dopo che la politica di partito si sarà calmata, ricorderemo tre cose. Prima di tutto, che è importante che il mondo sia unito di fronte a questa crisi. Restare separati, lontani, non cooperare con altri paesi è la ricetta per un sicuro fallimento e l’incapacità di risolvere un problema, quello di un reale fallimento del sistema bancario mondiale, che ha pervaso tutta l’economia industriale. Se non capiamo il problema, non saremo in grado di capire la soluzione.

C’è stata un’interruzione di corrente che ha coinvolto il sistema bancario in tutto il mondo. Abbiamo scoperto che banche che pensavamo fossero indipendenti avevano invece complessi intrecci con altre banche in diversi paesi, e questo è un problema che dobbiamo affrontare. A prescindere dalle linee politiche di partito che si vogliono adottare in materia, la verità è che dobbiamo affrontare il problema della ristrutturazione del sistema bancario mondiale.

In passato l’Europa era all’avanguardia. Abbiamo ricapitalizzato le nostre banche. Ora lo hanno fatto anche altri paesi. Per la ricapitalizzazione delle banche in tutto il mondo è stato speso oltre un trilione di dollari. Ora abbiamo creato programmi assicurativi e di altro tipo per gestire il problema delle attività che hanno subito una forte riduzione di valore. Lo si deve fare e lo si deve fare attraverso la cooperazione mondiale.

La seconda cosa di cui ci dobbiamo rendere conto, nonostante la molteplicità dei punti di vista in questo Parlamento, è che la cooperazione mondiale – non solo negli istituti bancari, ma anche in altri settori, come la politica fiscale e monetaria e il commercio – deve svolgere un ruolo molto importante nel nostro approccio futuro al problema. Che ci piaccia o no, il mondo sta cambiando a una velocità incredibile. La produzione si concentra sempre di più in Asia che in Europa. Il commercio nel mondo procede ad una velocità mai vista prima di questa crisi, e dobbiamo reagire creando un contesto commerciale globale che sia libero ma anche equo. A prescindere dalle opinioni espresse qui al Parlamento, credo che la gente debba rendersi conto anche di questo.

La terza cosa che, secondo me, emerge dalla discussione è che, per individuare soluzioni globali ai problemi globali, abbiamo bisogno non solo che siano forti le nostre istituzioni europee, ma che lo siano anche le istituzioni mondiali. Alcuni degli oratori che hanno reagito al mio intervento mi hanno chiesto che cosa potremmo fare per riformare queste istituzioni mondiali. Il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale e l’Organizzazione mondiale del commercio sono tutte organizzazioni costituite negli anni quaranta del secolo scorso per affrontare i problemi degli anni quaranta del secolo scorso; ora siamo nel 2009. In passato avevamo mercati dei capitali nazionali; ora abbiamo mercati dei capitali globali. Avevamo una concorrenza nazionale; ora abbiamo una concorrenza globale. Il mondo si è radicalmente trasformato e abbiamo bisogno di istituzioni che, nel modo in cui operano e affrontano i problemi che abbiamo, riflettano la struttura dell’economia mondiale.

Mi è stato chiesto se posso assicurare o cercare di assicurare che il Fondo monetario internazionale disponga delle risorse necessarie per affrontare i problemi delle economie incapaci di sostenersi da sole nel momento in cui c’è una fuga di capitali. La risposta è: dobbiamo farlo. Mi è stato chiesto se la Banca mondiale e altre istituzioni internazionali possono aiutare i paesi in cui la crisi ha generato una situazione di forte povertà. Dobbiamo farlo. Credo che, a seguito di questa crisi, abbiamo capito che ora siamo in un’economia globale. Ci sono problemi globali che richiedono soluzioni globali. Questo fatto ci costringerà a creare istituzioni globali, e il mio messaggio al Parlamento europeo è molto chiaro: l’Europa è stata all’avanguardia in così tanti settori; ora è venuto il momento di dare l’esempio per la creazione di istituzioni globali in grado di affrontare i problemi globali e di fornirci soluzioni globali.

E’ un banco di prova che dimostrerà come noi, dopo aver creato negli ultimi sessant’anni un’Europa caratterizzata sia da protezione sociale sia da progresso economico, possiamo contribuire a creare un mondo in cui ci siano, allo stesso tempo, progresso economico, tutela ambientale e giustizia sociale. Credo che, a prescindere dalle varie opinioni espresse in questa sede, le popolazioni di tutto il mondo condividano la volontà di andare in quella direzione, e noi, l’Europa, possiamo svolgere un ruolo importante a tale riguardo.

(Vivi applausi)

 
  
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  Presidente. − Onorevoli colleghi, l’animato dibattito odierno ha dimostrato l’importanza che come Parlamento europeo attribuiamo agli sforzi tesi ad assicurare un esito positivo per il vertice G20. So che il primo ministro tra poco dovrà partire per recarsi a New York per seguire gli ultimi preparativi del vertice della prossima settimana.

Signor Primo Ministro, ci ha fatto molto piacere che lei questo pomeriggio abbia potuto essere qui con noi e le rivolgiamo i migliori auguri per l’importante lavoro a cui si sta dedicando. E’ sempre molto emozionante accogliere un primo ministro britannico al Parlamento. L’eccellente dibattito di oggi ha confermato questa regola. Grazie davvero, signor Primo Ministro.

(Applausi)

 
  
 

La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) Sentiamo fare dichiarazioni che un anno fa sarebbero state inimmaginabili. Tuttavia, allo stesso tempo, tra i principali dirigenti persistono divergenze di opinione. Questo è prova, da una parte, di un tentativo di sottrarsi alla responsabilità per le gravi conseguenze delle politiche neoliberistiche e, dall’altra, del tentativo di sollevare un polverone per ostacolare una chiara visione delle strade intraprese, che sono fondamentalmente le stesse di prima, salvo qualche rara variazione di scarso rilievo. Ciò significa che ancora una volta si applica il principio “tutto deve cambiare perché tutto resti uguale”, analizzato così bene da Luchino Visconti nel suo film “Il gattopardo”.

Di conseguenza, mentre il primo ministro britannico Gordon Brown ha affermato che “il compito del mercato è quello di servirci” e che viceversa “non spetta a noi il compito di servire il mercato”, ma senza introdurre misure fondamentali per controllare efficacemente il mercato, limitandosi invece a insistere su coordinamento e misure di regolamentazione per i paradisi fiscali, il presidente della Commissione europea Barroso ha insistito sulla liberalizzazione del commercio internazionale e sull’agenda di Doha.

Non si è parlato per nulla di misure tese a porre fine alla privatizzazione dei servizi pubblici e dei settori strategici delle nostre economie. Non è stato detto nulla dell’eliminazione della liberale strategia di Lisbona o dell’importanza di difendere i posti di lavoro con diritti garantiti, mettendo fine ai tentativi di modificare il diritto del lavoro in senso peggiorativo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS
Vicepresidente

 

8. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Video degli interventi

9. Relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS - Garanzia della Comunità accordata alla BEI (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- la relazione A6-0135/2009, presentata dall’onorevole Mitchell a nome della commissione per gli affari economici e monetari, sulle relazioni annuali 2007 della BEI e della BERS [2008/2155(INI)] e

- la relazione A6-0109/2009, presentata dall’onorevole Seppänen a nome della commissione per i bilanci, sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che accorda alla Banca europea per gli investimenti una garanzia della Comunità in caso di perdite dovute a prestiti e garanzie sui prestiti a favore di progetti realizzati al di fuori della Comunità [COM(2008)0910 - C6-0025/2009 - 2008/0268(COD)].

 
  
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  Esko Seppänen, relatore. (FI) Signor Presidente, l’Unione europea può fornire ai paesi in via di sviluppo e ad altri paesi non membri dell’Unione europea assistenza finanziaria sotto forma di crediti a tassi di interesse agevolati erogati dalla Banca europea per gli investimenti. L’Unione europea garantisce i prestiti in modo tale per cui il prestatore non subisce perdite e può finanziare l’assunzione di ulteriori prestiti ricorrendo a risorse del mercato.

Nel momento in cui le garanzie accordate dall’Unione europea alla Banca europea per gli investimenti sono state rinnovate ed ampliate per coprire più paesi di prima, il Parlamento europeo era dell’avviso che per l’adozione delle decisioni si dovesse fare ricorso alla procedura di codecisione e che tali decisioni dovessero rientrare nella sfera di competenza del Parlamento europeo, e non solo del Consiglio. La Corte di giustizia europea si è detta d’accordo e, conseguentemente, la decisione unilaterale del Consiglio è stata rinviata alla procedura di codecisione. La nuova decisione sarà adottata entro il 6 novembre di quest’anno.

Ora abbiamo di fronte a noi la proposta di decisione della Commissione, che può essere considerata temporanea. La Commissione avrà tempo fino al mese di aprile del prossimo anno per preparare una nuova proposta generale. Il Parlamento ha lasciato la sua impronta sulla decisione “temporanea”, e il Consiglio la ha accettata. E’ positivo che, dopo negoziati complessi e delicati, ora ci sia un consenso tra il Consiglio e il Parlamento e che la decisione possa essere presa oggi in prima lettura, senza che siano necessarie ulteriori deliberazioni.

A questo riguardo, desidero ringraziare i rappresentanti della presidenza ceca, che si sono impegnati a fondo al Consiglio in vista del raggiungimento del consenso. Se non fosse stato per la partecipazione attiva della Repubblica ceca, questa decisione non si sarebbe mai concretizzata.

In ogni caso, devo biasimare tutti coloro che hanno agitato le acque alla Banca europea per gli investimenti. La Banca europea per gli investimenti è abituata ad avere il sostegno del Parlamento europeo nelle sue varie attività, ma i suoi rappresentanti questa volta non sono riusciti a capire che era stata messa in gioco la procedura di codecisione e che la competenza del Parlamento in materia era stata ampliata considerevolmente. Il Parlamento ha voluto esercitare appieno i propri poteri, cosa che non era stata possibile durante le procedure di consultazione precedenti. Ritengo sia stato assolutamente fuori luogo che la Banca europea per gli investimenti, che è una delle istituzioni dell’Unione europea, non abbia dato prova di un certo rispetto nei confronti delle prassi consolidate del Parlamento, cercando invece di influenzare la decisione dalla periferia politica.

Il risultato finale è tuttavia buono. La Banca europea per gli investimenti ha ottenuto sostanzialmente quello che voleva. Si è conquistata l’appoggio del Parlamento in una procedura decisionale in cui il Parlamento ha formulato il proprio parere. Questa decisione ora gode di un ampio consenso da parte dei gruppi politici che l’hanno sostenuta, consenso che non ci sarebbe stato se fosse stata adottata l’impostazione della Banca europea per gli investimenti. Desidero ringraziare la presidenza del Consiglio dell’Unione europea per aver raggiunto questo compromesso. Desidero altresì ringraziare la commissione per i bilanci e i suoi relatori ombra per il consenso in vista di una decisione in prima lettura. Sono certo che sarà una decisione valida e positiva per tutte le parti interessate.

 
  
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  Gay Mitchell, relatore. (EN) Signor Presidente, posso dire sin d’ora che non sono per nulla d’accordo con il modo in cui i deputati si vedono accorciare il tempo di parola. Questa settimana al tempo delle interrogazioni non hanno partecipato rappresentanti né del Consiglio né della Commissione. Chiunque può venirsene qua a parlare senza limiti di tempo di qualsiasi cosa, mentre i deputati che presentano le relazioni a nome del Parlamento si vedono ridurre il tempo di parola senza alcun preavviso. E’ un’imposizione vergognosa nei confronti degli eurodeputati.

In qualità di relatore, vorrei innanzi tutto dare il benvenuto al presidente Maystadt e al presidente Mirow in questa occasione speciale: è la prima volta in cui il Parlamento ha preparato una relazione che riguarda contemporaneamente le attività della Banca europea per gli investimenti (BEI) e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS). Non c’è dubbio che l’attuale crisi finanziaria ha evidenziato l’importanza del lavoro della BEI e della BERS. Entrambe le banche devono essere elogiate per l’impegno di cui hanno dato prova nell’affrontare gli effetti della crisi economica. Entrambe stanno affrontando le sfide esistenti e me ne compiaccio. E’ importante che discutiamo contemporaneamente delle due banche, in modo da assicurare una migliore cooperazione tra loro ed eliminare duplicazioni.

Entrambe le banche dovrebbero cercare di garantire la massima sinergia, al fine di preparare e accompagnare la ripresa economica. La decisione di aumentare i crediti alle piccole e medie imprese del 50 per cento è particolarmente gradita. La somma inizialmente prevista di 5 miliardi di euro all’anno a titolo di prestiti per le PMI è stata portata a 7,5 miliardi di euro all’anno nel prossimo quadriennio 2008-2011.

Un esempio dei nuovi finanziamenti è rappresentato dai 310 milioni di euro recentemente approvati dalla BEI per investimenti a favore di PMI in Irlanda. La BEI ha precisato che possono essere messe a disposizione delle PMI irlandesi e di altre PMI anche altri importi, e a tassi d’interesse molto competitivi. A mio avviso, l’Europa dovrebbe pensare a un programma di aiuti sulla scorta del piano Marshall, che ha funzionato così bene dopo la Seconda guerra mondiale.

Se la BEI potesse essere convinta, per esempio, ad assumere prestiti dalla Cina per investire nella Banca, potrebbe utilizzare queste risorse per contribuire a lanciare e accelerare la ripresa economica. Questi prestiti potrebbero essere rimborsati impegnando parte dei dazi doganali supplementari che l’Unione europea potrebbe introitare grazie a un rinnovato commercio estero e parte del gettito IVA destinato a questo scopo. Tutto questo offrirebbe il vantaggio aggiuntivo di alleviare la pressione sugli Stati membri dell’Unione europea e sugli obblighi individuali previsti dal patto di stabilità e di crescita per l’accensione di prestiti supplementari.

Nel 2007, gli investimenti endogeni dell’Unione europea in Cina sono stati pari a 7,16 miliardi di euro, mentre gli investimenti endogeni della Cina nell’Unione europea sono stati pari solo a 600 milioni di euro. Sia l’Unione europea sia la Cina trarrebbero vantaggio da una crescita degli scambi commerciali. Sono al corrente della visita in Cina del presidente della Commissione, della commissione per gli affari economici e monetari e del presidente della Banca centrale europea prima di Natale. Il recente vertice di follow-up UE-Cina è un positivo segno di speranza.

Ci siamo trovati nei guai perché non ci siamo concentrati sui problemi. E’ giunto il momento di iniziare a concentrarci sulla ripresa, rendendo tra le altre cose l’Unione europea più competitiva, come proposto dal trattato di Lisbona. Sono molto soddisfatto delle proposte avanzate nel contesto della crisi energetica e del controllo del clima e, in particolare, del ruolo della BEI in proposito. Mi fa altresì molto piacere l’annuncio della recente decisione della Corte sulla codecisione e sono soddisfatto che il Parlamento ora possa avere un ruolo di maggior rilievo rispetto alle due banche.

Nella mia relazione ho proposto – questo punto è stato sostenuto dalla commissione e sono certo che sarà appoggiato anche dal Parlamento – che la Commissione e le due banche dovrebbero riferire con regolarità alla commissione per gli affari economici e monetari in merito al coordinamento dei ruoli e all’attuazione delle politiche di entrambe le banche. Ritengo che questa possa essere un’evoluzione molto utile. Abbiamo bisogno di maggiore trasparenza e di maggiore responsabilità. Abbiamo sentito il primo ministro Brown parlare di questo aspetto dal punto di vista della crisi finanziaria internazionale. Noi dovremmo pensarci in termini di responsabilità nei confronti del Parlamento per le nostre istituzioni finanziarie e per i soggetti cofinanziati da istituzioni finanziarie.

Accolgo con favore lo spirito generale che anima le intenzioni delle banche, in particolare per quanto concerne il controllo del clima e l’energia, e spero che il Parlamento possa sostenere la sostanza della relazione che ho presentato.

 
  
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  Joaquín Almunia, membro della Commissione.(ES) Signor Presidente, questo pomeriggio, a nome della Commissione, desidero dare il benvenuto al presidente della Banca europea per gli investimenti Maystadt e al presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo Mirow. Dinanzi al Parlamento europeo, desidero ringraziare loro e anche le loro istituzioni per la cooperazione estremamente positiva con la Commissione, in particolare durante questa fase di dura lotta contro la crisi economica.

Onorevole Seppänen, grazie per le sue parole e per il suo impegno in qualità di relatore su un tema che è stato complesso, ma che ha avuto un lieto fine, come ha lei stesso ricordato, ossia l’accordo in prima lettura in vista della soluzione dei problemi giuridici emersi in merito al mandato esterno della Banca europea per gli investimenti, BEI.

Questo mandato esterno ci consente, attraverso le azioni della BEI e di concerto con le politiche europee, di avviare azioni determinate ed efficaci nell’ambito di politiche e settori di interesse particolare per l’Unione europea e tutte le istituzioni europee, compreso il Parlamento europeo.

La Commissione esprime la propria soddisfazione per il fatto che, d’ora in poi, il Parlamento sarà direttamente coinvolto nelle discussioni su questo mandato esterno. Tuttavia, dobbiamo anche ringraziare calorosamente sia il Parlamento sia il Consiglio per la flessibilità di cui hanno dato prova raggiungendo un accordo abbastanza rapidamente, evitando così di creare o di accrescere l’incertezza, prima della fine di quest’anno, sulla possibilità di continuare ad utilizzare le risorse e gli strumenti di questo mandato esterno.

Da parte nostra, la prossima Commissione presenterà, all’inizio del 2010, il relativo testo legislativo al Parlamento e al Consiglio. Speriamo che, ancora una volta in prima lettura, sia possibile garantire la stabilità giuridica per un mandato esterno che, come ho detto prima, consente di sviluppare politiche europee che presentino per noi un interesse.

Desidero altresì congratularmi con l’onorevole Mitchell e ringraziarlo per la sua relazione. E’ la prima volta che una relazione fa riferimento non solo alla Banca europea per gli investimenti ma anche alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, BERS. Riteniamo sia giusto discutere congiuntamente di queste due istituzioni finanziarie specialmente adesso, in un momento in cui l’efficacia delle loro azioni deve contribuire a rafforzare le nostre politiche in materia di crisi economica e in cui la cooperazione tra queste due istituzioni è particolarmente importante.

Chiediamo a entrambe le banche di compiere un grande sforzo. Nel piano per la ripresa adottato alla fine dello scorso anno abbiamo chiesto a entrambe le istituzioni di accrescere in misura considerevole la loro capacità di concessione di prestiti in un momento in cui anche per loro è difficile raccogliere risorse finanziarie sui mercati.

Le banche reagiscono a questa richiesta di incremento dell’attività agendo nei settori che reputiamo prioritari, come ha ricordato l’onorevole Mitchell, quali le piccole e medie imprese, il settore dell’efficienza energetica e altri ancora. In particolare, siamo estremamente soddisfatti dell’accordo raggiunto da entrambe le banche con la Banca mondiale, nell’ambito di un’iniziativa congiunta volta a rafforzare i loro strumenti finanziari e a migliorare la loro efficienza nell’uso dei loro strumenti di prestito nei paesi dell’Europa centrale e orientale, che stanno vivendo una situazione particolarmente difficile.

Speriamo che, da qui al prossimo anno, il lavoro preparatorio e le discussioni del gruppo di esperti istituito dal Consiglio e dalla Commissione, di concerto con il presidente Maystadt, per riflettere sul futuro del mandato esterno della BEI, nonché la revisione strategica della BERS, che si svolgerà anch’essa all’inizio della prossima legislatura del Parlamento europeo e del mandato della prossima Commissione, ci consentano, in un periodo più calmo di quello attuale dal punto di vista della situazione economica, di continuare a utilizzare il loro know-how, i loro strumenti di prestito, le loro risorse finanziarie, le loro risorse umane e la loro esperienza per accompagnare le politiche che, secondo tutti noi, devono essere le politiche che indirizzeranno il futuro orientamento dell’Unione europea nel corso del prossimo decennio.

 
  
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  Gabriele Stauner, relatore per parere della commissione per il controllo dei bilanci. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero sintetizzare il parere della commissione per il controllo dei bilanci sulla relazione annuale della Banca europea per gli investimenti.

La commissione per il controllo dei bilanci chiede alla BEI di svolgere un ruolo più attivo e di introdurre una politica più incisiva contro le frodi, nell’ottica di una “tolleranza zero” verso le frodi, la corruzione, il riciclaggio del denaro e il finanziamento al terrorismo. A prescindere da qualunque sforzo messo in atto in passato dalla BEI, di cui le diamo sicuramente atto, la BEI deve ora portare avanti una politica che non sia solo scritta sulla carta ma che preveda anche misure concrete e criteri di trasparenza ai fini della tracciabilità. Pertanto, alle società riconosciute colpevoli di corruzione non dovrebbe essere consentito contrarre prestiti e agli informatori dovrebbe essere garantita un’efficace protezione. La funzione investigativa e preventiva della BEI deve svolgere un ruolo di maggior rilievo rispetto al passato.

In particolare, tenuto conto dell’attuale crisi finanziaria ed economica, chiediamo che la BEI sia sottoposta alle stesse norme prudenziali applicate a tutte le altre banche commerciali, in quanto, senza un vero controllo dell’autorità di vigilanza, la BEI non può essere un attore credibile sul mercato del credito. Abbiamo anche bisogno di strutture di sorveglianza indipendenti che garantiscano la qualità dei risultati della BEI e il suo rispetto del codice di condotta.

Ci preme in particolare che il Parlamento in futuro elabori una relazione specifica sul lavoro della BEI. A nostro avviso, una relazione di questo tipo sarebbe possibile e opportuna, perché gli Stati membri sono gli unici azionisti della BEI, il che significa che la Banca ha un legame diretto e conseguentemente una diretta responsabilità di bilancio nei confronti del Parlamento. Molte grazie.

 
  
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  Zsolt László Becsey, a nome del gruppo PPE-DE. (HU) Innanzi tutto, desidero congratularmi con i due relatori per la relazione, e mi fa anche piacere che questa tematica, i problemi relativi alle due istituzioni finanziarie, ci siano stati presentati contemporaneamente. Penso che in futuro dovremo esaminare più diffusamente queste due istituzioni.

La prima questione, limitandoci unicamente ai punti salienti, è quella della duplicazione. Certamente dobbiamo individuare una sorta di suddivisione dei compiti tra le due istituzioni e assicurare una cooperazione più stretta. Ho notato che il relatore ha assegnato i progetti di più ampio respiro alla Banca europea per gli investimenti, lasciando invece le attività relative alle piccole imprese alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. In ogni caso, ritengo che sia necessaria una qualche forma di specializzazione, che può essere vantaggiosa ed utile.

Mi fa piacere che il Parlamento europeo possa finalmente entrare alla Mecca e discutere dei diversi orientamenti futuri che dovrebbero essere adottati a questo proposito. Sono piuttosto cauto in merito alla questione dell’estroversione o dell’introversione. Dodici anni fa in Ungheria credevamo di poterci scordare una volta per tutte dell’FMI, che ora invece sta bussando alle nostre porte e noi ci precipitiamo a chiedergli prestiti.

Alcuni anni fa pensavamo che la BERS non avrebbe svolto un ruolo importante, ad esempio, negli Stati membri che sono fuori dalla zona euro, e che la BERS si sarebbe invece spostata verso est. Ora ci fa piacere che, insieme alla Banca mondiale, queste due istituzioni abbiano reso possibile un grande fondo per l’Europa centrale.

Desidero attirare la vostra attenzione sul fatto che la liquidità e il finanziamento delle piccole e medie imprese sono a mio avviso – in quanto presidente del gruppo di lavoro competente nel mio gruppo politico – assolutamente essenziali; chiedo pertanto che le opzioni che sono recentemente state decise entrino in vigore al più presto possibile, affinché, insieme con le banche commerciali, possiamo garantire un’effettiva liquidità, soprattutto per piccole e medie imprese dell’Europa centrale.

 
  
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  Udo Bullmann, a nome del gruppo PSE.(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo discutendo dell’attuale crisi economica come di un problema di squilibrio, con un mercato deregolamentato da una parte, e la mancanza di interesse pubblico dall’altra. Non siamo sempre riusciti a suscitare interesse pubblico verso i mercati finanziari e i processi dell’economia reale. Per questo è così importante che discutiamo delle banche che si occupano di investimenti pubblici, che sono proprio l’interfaccia che consente al mercato di funzionare e che hanno un mandato pubblico, ossia rappresentare i nostri interessi futuri. Pertanto, ai presidenti di queste banche che sono con noi oggi mi sento di dire che in futuro avremo bisogno di loro ancora di più di quanto ne abbiamo bisogno ora e ne abbiamo avuto in passato.

La relazione dell’onorevole Mitchell mette in evidenza due aree d’interesse. Ci esorta ad individuare una buona divisione funzionale delle attività e il modo migliore per concentrarsi sui punti di forza. Propone inoltre di fare sì che le due banche possano concentrarsi sulle sfide che saremo chiamati ad affrontare in futuro: cambiamento climatico, la preoccupazione di essere esposti al rischio di una disoccupazione massiccia e della recessione, a meno che non adottiamo contromisure, e la richiesta, in particolare da parte delle piccole e medie imprese, di infrastrutture pubbliche, in modo che possiamo compiere progressi, avere un po’ di respiro e darci una prospettiva per il futuro. Desidero pertanto ringraziare l’onorevole Mitchell per l’ottimo lavoro svolto; ha prodotto una relazione molto valida. Il Parlamento europeo ha combattuto per mantenere il proprio ruolo e in futuro lo svolgerà con maggiore forza. Questo è il messaggio da parte del mio gruppo.

Un ulteriore commento alle parole dell’onorevole Stauner, che poco fa ha fatto riferimento alle norme prudenziali. Naturalmente, le banche pubbliche devono essere sottoposte a norme prudenziali e a controlli adeguati. Tuttavia, non è possibile applicare a loro le stesse norme prudenziali che si applicano ai comuni istituti di credito, altrimenti non potrebbero assumersi i rischi che spesso vogliamo che accettino. Per questo motivo, sono a favore di controlli, ma di tipo diverso.

 
  
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  Wolf Klinz, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo hanno a lungo vissuto nell’ombra rimanendo pressoché ignote a gran parte della popolazione. Spero che in tempi di crisi finanziaria ed economica le cose possano cambiare, perché queste importanti istituzioni europee stanno assumendo un ruolo più rilevante che mai.

Dati gli elevati volumi di denaro che entrambe le banche gestiscono e stanziano sotto forma di prestiti, è fondamentale che lavorino secondo criteri e principi chiari. Il fatto che si tratti di istituzioni pubbliche non è di per sé una garanzia che le cose stiano effettivamente così. Abbiamo istituti di credito pubblici, per esempio in Germania, che hanno violato questi principi e si sono trovate in difficoltà, proprio come molti istituti di credito privati. Spero che entrambe le istituzioni, la BEI e la BERS, definiscano le loro priorità sulla base di considerazioni molto chiare e che queste priorità in futuro, quando guarderemo indietro a questo periodo, siano considerate corrette e realistiche.

La cosa importante è che, e a questo riguardo non posso che sostenere le banche, continuino a concentrarsi sulle piccole e medie imprese, che costituiscono la colonna vertebrale dell’economia europea, e su progetti che soddisfino chiaramente il criterio della sostenibilità. Le banche hanno un ottimo rating, superiore alla tripla A, e questo consente loro di ottenere ed erogare finanziamenti a condizioni relativamente favorevoli. Dobbiamo fare in modo di non sottoporle a una pressione eccessiva e, in particolare in periodi di crisi, di non utilizzarle come fonte di capitali in aree in cui altre fonti di capitali probabilmente si stanno già esaurendo.

Mi fa piacere che i deputati al Parlamento europeo saranno coinvolti nell’individuazione delle priorità a partire dal prossimo anno. Credo che il fatto che le banche debbano rendere conto del proprio operato al Parlamento in modo più rigoroso rispetto a quanto avvenuto in passato possa costituire il punto di partenza di una cooperazione valida e costruttiva.

Un’ultima osservazione: desidero incoraggiare entrambe le banche ad accrescere il loro impegno e fare in modo di non duplicare le loro attività. Dovrebbero invece essere complementari l’una all’altra.

Reputo inoltre importante che la BERS continui a svolgere un ruolo nei paesi in transizione, perché non dobbiamo abbandonarli, soprattutto in tempi di crisi.

 
  
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  Sepp Kusstatscher, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in primo luogo desidero ringraziare i responsabili delle due relazioni, che noi del gruppo Verde/Alleanza libera europea appoggiamo. Siamo favorevoli all’ampliamento delle attività della Banca europea per gli investimenti nei paesi in via di sviluppo. Per lungo tempo abbiamo condotto una campagna affinché le attività di finanziamento di progetti da parte della BEI rispettassero norme sociali e ambientali e i diritti umani. Ora tutto questo si realizzerà nella pratica grazie alle garanzie accordate dalla Comunità per i progetti della BEI. Desideriamo ringraziare la commissione per i bilanci, che ha ripreso questo aspetto e lo ha portato avanti positivamente con il Consiglio.

La BEI costituisce uno strumento molto importante in seno all’Unione europea e consente di controllare lo sviluppo sociale, ambientale ed economico degli Stati membri. Vorrei pertanto chiedere controlli più rigorosi di quelli che sono stati condotti in passato su tutti i progetti sostenuti dalla BEI, al fine di stabilire se possono essere effettivamente garantite la sostenibilità socio-ambientale e la redditività. E’ un aspetto particolarmente importante nell’attuale crisi finanziaria ed economica.

Per esempio, sarebbe un grave errore se la BEI sostenesse progetti su larga scala come il ponte sullo Stretto di Messina o la galleria di base del Brennero per i treni passeggeri ad alta velocità. Sono progetti che richiedono moltissime attrezzature e impianti e sono a elevata intensità di capitale. Il sostegno per l’ammodernamento e l’ampliamento delle infrastrutture esistenti è molto più utile in termini di mercato del lavoro e impatto ambientale.

La crescita quantitativa nasce da una filosofia ormai superata basata sul motto “più veloce, più alto, più lontano”. Abbiamo bisogno di una politica socio-ambientale sostenibile sia per i nostri cittadini che per l’ambiente. Grazie.

 
  
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  Konstantinos Droutsas, a nome del gruppo GUE/NGL. (EL) Signor Presidente, la relazione accoglie con favore l’attività delle due banche, senza tuttavia citare la loro responsabilità e il loro contributo alla crisi capitalistica. La BEI si è assunta il ruolo di prestatore di danaro alle banche e alle imprese, con l’obiettivo di sostenere gli utili del capitale.

Le misure per la ripresa dell’Unione europea sono accompagnate da misure obbligatorie in materia di prudenza finanziaria. Un tratto comune dell’Unione europea è la politica antipopolare della strategia di Lisbona, del patto di stabilità e del trattato di Maastricht, il cui obiettivo è quello di scaricare il peso della crisi sulle spalle dei lavoratori riducendo i salari, introducendo diffusamente contratti di lavoro flessibili e distribuendo la disoccupazione con nuove inversioni di tendenza il cui effetto sarà la cancellazione delle tutele sociali.

Un esempio tipico è offerto dal mio paese, contro il quale in cinque anni è stata avviata due volte la procedura per deficit eccessivo. La Commissione chiede misure di natura permanente e duratura: misure aggiuntive per ridurre la spesa sociale, soprattutto nell’ambito della sanità pubblica e dell’assistenza, mentre allo stesso tempo il settore privato si arricchisce sempre di più. Contemporaneamente, chiede aumenti delle imposte sui prodotti di consumo di uso comune e l’aumento delle aliquote IVA.

L’unica via per difendere gli interessi della base è la reiezione delle misure imposte dal capitale, sulle quali sostanzialmente concordano tutte le forze che sostengono Maastricht e l’Unione europea, e la costituzione di un’alleanza socio-politica per un’economia della base e per il potere della base.

 
  
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  John Whittaker, a nome del gruppo IND/DEM. (EN) Signor Presidente, la cosa che mi preoccupa di più è l’idea che la Banca europea per gli investimenti (BEI) abbia un importante ruolo da svolgere per risolvere la crisi finanziaria – che possa in qualche modo fungere da organismo paneuropeo in grado di fornire un impulso laddove gli Stati membri non sono singolarmente riusciti a coordinare i propri.

Il rischio è che, se estende eccessivamente le proprie attività per il sostegno alle banche commerciali e ai governi – come è stato suggerito -, il suo invidiabile rating creditizio potrebbe essere ridotto, come è accaduto ad alcuni dei nostri governi.

La BEI ha una leva finanziaria di circa 35 volte e i suoi azionisti sono i governi degli Stati membri. Sarebbe grave se fallisse, come alcune delle nostre banche commerciali. La relazione incoraggia addirittura la BEI e la Commissione ad accrescere l’assunzione di prestiti sperimentando strumenti finanziari innovativi. Credevo che il mondo ne avesse abbastanza di abili trucchi finanziari.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero cordialmente ringraziare il nostro collega finlandese, onorevole Seppänen, per il suo impegno, che ha contribuito a raggiungere un compromesso con la Commissione e il Consiglio sui prestiti della BEI e sulle garanzie della Comunità.

Come ben sappiamo, dopo che il Parlamento europeo ha vinto una causa dinanzi alla Corte di giustizia, la relativa decisione del Consiglio è stata annullata, conservando tuttavia i suoi effetti per un anno, fino all’adozione di una nuova decisione. La Commissione ha proposto la procedura di codecisione e domani dovremo votare sul compromesso raggiunto durante il trilogo e portare a termine questa procedura di codecisione.

E’ importante ricordare che la BEI era stata originariamente istituita per finanziare le operazioni all’interno dell’Unione europea. Pertanto la garanzia della Comunità a favore della BEI per perdite e le garanzie sui prestiti costituiscono la base delle sue attività all’esterno dell’Unione europea. La proposta di cui discutiamo oggi copre circa il 10-15 per cento delle attività della BEI, ossia le attività della banca all’esterno dell’Unione europea nei paesi in fase di preadesione, nei paesi mediterranei, in Asia, America latina e Sudafrica. Queste operazioni della BEI sono particolarmente importanti nei paesi a reddito medio e nei settori finanziario e commerciale e delle infrastrutture. Tali operazioni sono della massima importanza in un contesto di crisi finanziaria e recessione globali.

Sono lieta che siamo riusciti a raggiungere un compromesso su tutti i temi principali, come il termine per la presentazione di una nuova proposta di decisione, che è ora il 30 aprile 2010, nonché sulla clausola di temporaneità, che è 18 mesi dopo la scadenza, il 31 ottobre 2011.

Il Parlamento europeo ha emendato la proposta della Commissione evidenziando l’importanza del rispetto dei diritti umani, delle politiche di sviluppo, della diversificazione energetica, della richiesta di documenti strategici, di maggiore trasparenza delle politiche e delle attività della BEI.

Abbiamo ottenuto un buon risultato e spero che domani il compromesso possa essere adottato con la maggioranza necessaria. Conto sull’appoggio di tutti i gruppi politici del Parlamento.

 
  
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  Paulo Casaca (PSE).(PT) Signor Presidente, mi associo ai miei colleghi nel plaudere all’eccellente lavoro svolto dal nostro relatore della commissione per i bilanci e al modo in cui è riuscito a combattere in difesa dei diritti e delle prerogative del Parlamento europeo.

Secondo quanto stabilito dalla sentenza della Corte di giustizia del 6 novembre 2008, il Parlamento europeo gode di pieni poteri di codecisione in questo ambito. Inoltre, la Banca europea per gli investimenti ha un mandato chiaro, quello di favorire lo sviluppo economico e sociale sostenibile, l’integrazione dei paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale, la campagna contro la povertà, e il rispetto da parte di questi paesi dello stato di diritto, dei diritti umani e dei diritti fondamentali.

Qui al Parlamento faremo in modo di garantire che gli investimenti della BEI perseguano questi obiettivi.

 
  
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  Margarita Starkevičiūtė (ALDE). - (LT) La Banca europea per gli investimenti è la più grande banca al mondo ed è evidente che ha un importante ruolo da svolgere per quanto concerne lo sviluppo dell’economia nel mercato interno dell’Unione europea e anche al suo esterno. Attualmente vengono presentate molte proposte tese ad ampliare le funzioni della Banca europea per gli investimenti. Io sono membro della commissione per i problemi economici e monetari, ma molte di quelle proposte non le ricordo nemmeno. Sembra che ora tutti sappiano quali sono i compiti della Banca europea per gli investimenti. Ci sono anche molte proposte tese a rivalutare le operazioni svolte dalla banca all’esterno dell’Unione europea. La relazione mira specificamente a prolungare la validità delle garanzie della Comunità per coprire eventuali perdite subite dalla Banca europea e dovute a prestiti erogati all’esterno dell’Unione europea.

La varietà delle proposte dimostra chiaramente che è necessario un dibattito più ampio sulle attività della Banca europea per gli investimenti e sulla direzione secondo cui queste attività dovrebbero essere sviluppate. Spero che la Commissione troverà il tempo di esaminare questo problema in maggior dettaglio nel contesto generale del piano europeo di ripresa economica. Quanto alle garanzie offerte dalla Banca europea per gli investimenti, sono state previste molte condizioni aggiuntive al fine di tenere conto dei diritti umani e di aspetti relativi allo sviluppo equo. E’ un’iniziativa da accogliere con favore, ma nella sua politica esterna l’Unione europea dovrebbe fare in modo che anche altre banche, che operano in paesi terzi, operino o svolgano le loro attività sulla base di questi principi. Solo allora ci sarà una concorrenza equa all’esterno dell’Unione europea e la Banca europea per gli investimenti non rischierà di subire gravi perdite.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, Presidente Maystadt, la mia prima domanda riguarda la relazione della Banca europea per gli investimenti. Mi chiedo: la missione di regolamentazione e di vigilanza chiesta dal Parlamento è stata istituita? Inoltre, signor Commissario, non capisco perché non prenda l’iniziativa che le compete, ai sensi dell’articolo 105, di riferire al Consiglio, in modo che la Banca centrale europea possa avviare questa missione. Le risposte che mi ha dato sono state molto evasive, e mi dispiace.

Devo citare anche il tema della garanzia: non capisco perché la garanzia accordata in questo modo non è remunerata. Su una garanzia totale prevista di circa 30 miliardi di euro, la perdita di risorse per il bilancio dell’Unione europea sarebbe compresa tra 30 e 100 milioni di euro. E non capisco nemmeno, signor Presidente, perché su questo tema della garanzia accordata alla Banca non sia stato chiesto il parere della commissione per il controllo dei bilanci, nel cui mandato rientra la competenza per la Banca europea per gli investimenti.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). - (PL) Signor Presidente, la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo sono due istituzioni estremamente potenti che possono favorire lo sviluppo regionale sia nell’Unione europea che nei paesi terzi. E’ un elemento che emerge con particolare chiarezza oggi con la crisi finanziaria e le conseguenti restrizioni in termini di accesso ai prestiti per gli investimenti.

Quando la maggior parte delle banche riducevano drasticamente i prestiti ai paesi confinanti con l’Unione europea per i loro programmi finanziari, entrambe le suddette banche promuovevano energicamente gli investimenti nei trasporti o nell’ambiente.

Allo stesso tempo, la Banca europea per gli investimenti è un’importante fonte di prestiti e garanzie sui prestiti per le piccole e medie imprese europee. Nell’attuale difficile situazione, si tratta di un preziosissimo sostegno per gli imprenditori. E’ altresì importante notare che tra le sei priorità attuate dalla Banca europea per gli investimenti c’è quella di garantire per l’Unione europea una concorrenza sostenibile e sicura in campo energetico.

 
  
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  Thomas Mirow, BERS. − Signor Presidente, vi ringrazio per la relazione e per l’opportunità di proseguire il dibattito avviato con la commissione lo scorso novembre, che giudico tempestivo e benaccetto per tre ragioni.

In primo luogo, l’attuale crisi economica e finanziaria rende particolarmente opportuno qualsiasi tentativo di intensificare la cooperazione tra la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e la Banca europea per gli investimenti (BEI). Tuttavia, la crisi in atto dimostra anche che la cooperazione tra le istituzioni finanziarie pubbliche a livello internazionale non è più una mera aspirazione politica, bensì una necessità impellente.

A fronte della drastica diminuzione dei flussi di credito privato, lo scorso mese abbiamo inaugurato, di concerto con la Banca mondiale, il piano d’azione congiunto delle istituzioni finanziarie internazionali, che sosterrà i sistemi bancari e la concessione di prestiti all’economia reale nell’Europa centro-orientale.

Si tratta di un pacchetto del valore di 24,5 miliardi di euro, ripartiti tra il 2009 e il 2010, con un contributo di 6 miliardi di euro da parte della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Il piano d’azione muove dal presupposto che l’efficacia della risposta alla crisi, alla luce dell’integrazione tra i mercati finanziari europei, dipende dall’intervento rapido e coordinato di tutti i portatori d’interesse: le banche di controllo, che possiedono gran parte del settore finanziario locale; le autorità nazionali e ospitanti dei gruppi bancari transfrontalieri; le istituzioni europee e gli istituti finanziari internazionali. In stretta cooperazione con questa varietà di attori, stiamo lavorando all’attuazione del piano e alla creazione dei meccanismi di coordinamento e cooperazione necessari

Abbiamo così modo di constatare – com’è accaduto anche lo scorso agosto, in occasione della crisi delle banche georgiane, scatenata dal conflitto – che è proprio la cooperazione imposta dalle contingenze quella che funziona meglio per le istituzioni finanziarie internazionali.

In secondo luogo, la creazione di nuovi meccanismi di cooperazione tra la BERS e la BEI, sotto l’egida dell’Unione europea, ci offre nuove ed eccellenti opportunità di collaborazione.

Mi riferisco soprattutto al quadro per gli investimenti nei Balcani occidentali, attualmente al varo, nonché al partenariato orientale annunciato nei giorni scorsi dal Consiglio, che si avvarrà della proficua cooperazione già avviata grazie al nostro memorandum d’intesa e al Fondo d’investimento per la politica di vicinato.

Tali iniziative, favorite dai fondi comunitari, ci offrono l’opportunità di cooperare concretamente su progetti e programmi specifici, che assommano le forze di ciascuna istituzione e, in questo modo, costituiscono un ottimo banco di prova per influenzare l’evolversi del nostro lavoro congiunto.

Credo infatti che proprio in queste circostanze potremmo conseguire i risultati che avevate invocato: la ripartizione dei compiti, l’applicazione delle competenze condivise e la creazione dei meccanismi di cooperazione necessari, ivi compresa la definizione di norme comuni.

In terzo luogo, giudico il parere espresso dal Parlamento europeo un contributo prezioso alla fase iniziale della quarta revisione delle risorse del capitale, che concluderemo nel maggio del 2010, in occasione del nostro incontro annuale di Zagabria.

La BERS ha assunto una posizione fattiva in risposta alla crisi: stiamo infatti sostenendo i nostri clienti nei paesi di operazione e potenziando gli strumenti disponibili, con l’obiettivo di investire 7 miliardi di euro nel 2009 – un aumento di oltre il 20 per cento.

Al contempo, dobbiamo tuttavia ammettere che sta aumentando anche la nostra esposizione ai rischi. Non è ancora possibile prevedere con esattezza tutte le conseguenza della situazione attuale per il nostro portafoglio e per l’andamento della nostra attività. Ciononostante, è più chiara che mai l’importanza del partenariato con la BEI e l’Unione europea per il rispetto degli impegni presi.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. BIELAN
Vicepresidente

 
  
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  Philippe Maystadt, presidente della BEI.(FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzi tutto desidero ringraziarvi per averci offerto ancora una volta la possibilità di proseguire il dialogo costruttivo avviato da qualche anno tra la Banca europea per gli investimenti e il Parlamento europeo.

Sono particolarmente lieto di avere l’occasione di discutere le due relazioni presentate oggi, in quanto sia la relazione Mitchell sia la relazione Seppänen sono interessanti e sollevano questioni assolutamente pertinenti. Spero avremo la possibilità di ritornare su questi aspetti in seguito.

Oggi, naturalmente, ci stiamo confrontando con una crisi di entità eccezionale, probabilmente la più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale. E’, pertanto, del tutto normale in un simile contesto che gli Stati membri facciano appello alle nostre due istituzioni affinché cerchino di contribuire alla risposta dell’Unione europea per contrastare la crisi. Sapete che in tale contesto gli Stati membri, che sono i nostri azionisti, hanno chiesto alla BEI di aumentare notevolmente il volume dei suoi prestiti nel 2009, un incremento di circa il 30 per cento rispetto alle previsioni iniziali, nonché di incanalare questo sforzo aggiuntivo essenzialmente in tre settori: in primo luogo, i prestiti alle banche per le piccole e medie imprese; in secondo luogo, l’energia e in particolare la lotta contro il cambiamento climatico; infine, un impegno speciale per i paesi maggiormente colpiti dalla crisi.

Oggi a che punto siamo? Vi darò alcune cifre che riguardano gli ultimi tre mesi del 2008, cioè a partire dal momento in cui sono stati rivolti i primi appelli alla BEI, e i primi due mesi del 2009. In questi cinque mesi abbiamo concesso prestiti per oltre 31 miliardi di euro, con un aumento del 38 per cento rispetto allo stesso periodo di fine 2007-inizio 2008. Nel primo ambito, per quanto riguarda i prestiti alle piccole e medie imprese, in questo breve periodo sono stati concessi prestiti per 5,6 miliardi di euro. Diversi di voi hanno sottolineato l’importanza di sostenere le piccole e medie imprese nel contesto attuale. In effetti, stiamo compiendo molti sforzi in questa direzione e posso già dirvi che l’obiettivo che ci è stato posto di sbloccare 15 miliardi di euro di questi prestiti nel corso degli anni 2008 e 2009 sarà superato.

Per quanto concerne il secondo obiettivo, l’energia e la lotta contro il cambiamento climatico, anche in questo caso il nostro impegno è stato notevole ed è in tale contesto che vanno collocati i finanziamenti per l’industria dell’automobile. Bisogna essere chiari: in questo settore, i nostri finanziamenti sono destinati a progetti riguardanti la ricerca, lo sviluppo e la produzione di veicoli puliti, cioè automobili che saranno conformi alle nuove norme dell’Unione europea in materia di riduzione delle emissioni di CO2.

Infine, il terzo ambito, vale a dire l’aiuto ai paesi maggiormente colpiti dalla crisi: durante questo stesso periodo di cinque mesi, abbiamo concesso prestiti per un totale di 910 milioni di euro all’Ungheria, 600 milioni di euro alla Lettonia, 1 miliardo di euro alla Romania e 1,1 miliardi di euro alla Lituania.

Credo, pertanto, di poter dire che abbiamo fatto del nostro meglio per rispondere all’appello degli Stati membri e applicare senza esitazione le misure concordate. Lo stesso presidente Mirow ha già fatto allusione al piano d’azione congiunto con la Società finanziaria internazionale e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo riguardante gli aiuti al settore bancario nell’Europa centro-orientale.

Naturalmente, tale aumento del volume dei nostri prestiti è possibile soltanto grazie all’aumento di capitale deciso dai nostri azionisti – non costerà nulla agli Stati membri. Ciononostante, è stato deciso che vi fosse bisogno dell’autorizzazione dei nostri azionisti per trasformare le nostre riserve in capitale.

Diversi tra voi hanno rivolto domande circa il controllo e la supervisione della BEI, e personalmente ritengo che i quesiti siano del tutto legittimi. Quando un’istituzione finanziaria si sviluppa a questo livello, è normale che vi siano preoccupazioni su come è controllata. C’è quello che già esiste, che non è insignificante: ci sono un certo numero di controlli interni e, soprattutto, un controllo esterno da parte di un comitato di revisione contabile indipendente che risponde direttamente ai nostri amministratori. Inoltre, il trattato di Lisbona prevede un rafforzamento di questo comitato di revisione contabile con l’aggiunta di persone che abbiano una provata esperienza di supervisione bancaria.

Potremmo forse andare oltre? Vi ricordo che la Corte dei conti controlla già tutte le attività della BEI quando esse implicano l’uso di fondi del bilancio europeo. Dovremmo andare oltre, verso un sistema formale di supervisione bancaria? Questa era la speranza dell’onorevole Stauner. L’onorevole Bullmann ha affermato che le cose forse non sono così semplici. Ad ogni modo, ciò merita una discussione. Oggi posso semplicemente confermare la totale disponibilità della BEI a essere sottoposta a una supervisione bancaria formale, se ritenuta necessaria.

Per il momento, abbiamo organizzato una forma di supervisione informale, insieme alla Commissione di vigilanza del settore finanziario di Lussemburgo.

Per rispondere all’onorevole Audy, direi che l’azione che egli aveva richiesto l’anno scorso da parte del Comitato europeo dei supervisori bancari (CEBS) è stata effettivamente intrapresa. Abbiamo, pertanto, interrogato il CEBS, il quale ci ha informati di non avere alcuna autorità in materia e di non poter svolgere neppure un ruolo consultivo. Dunque, siamo ancora nelle mani di coloro che vorrebbero prendere un’iniziativa a questo riguardo. Ribadisco la nostra disponibilità a intraprendere tali iniziative.

Una parola conclusiva sulla cooperazione tra le nostre due istituzioni. Il presidente Mirow ha già detto che si sta sviluppando positivamente, in particolare nei Balcani occidentali e presso i nostri vicini dell’Est, più recentemente in Turchia. Volevo semplicemente dire, per rispettare il mio tempo di parola, che siamo del tutto d’accordo con le raccomandazioni incluse nella relazione Mitchell. Riteniamo che sarebbe nell’interesse comune delle nostre due istituzioni, nonché di chi assume prestiti da noi, evolvere verso una divisione più razionale e più funzionale del lavoro.

Un cenno conclusivo sulla relazione Seppänen. Vorrei sottolineare quanto abbiamo apprezzato l’impostazione costruttiva dell’onorevole Seppänen. Egli propone una soluzione temporanea, che permette alla BEI di proseguire le proprie attività, ma che fissa una data per un dibattito approfondito sul ruolo che la BEI dovrebbe svolgere al di fuori dell’Unione europea. Non dubito che dedicheremo del tempo a questo dibattito che, a mio avviso, arriva al momento opportuno.

 
  
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  Joaquín Almunia, membro della Commissione. – (ES) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti i deputati che sono intervenuti in questo dibattito. La maggior parte degli interventi, a mio parere, ha dimostrato un elevato grado di accordo e di consenso sugli orientamenti che i presidenti delle due banche hanno appena espresso, in questi momenti di crisi ma anche di opportunità. Utilizzando le proprie risorse e la propria attività, essi intendono sostenere politiche essenziali per l’Unione europea, tra cui l’efficienza energetica, la lotta contro il cambiamento climatico, il sostegno alle piccole e medie imprese e il sostegno alle tecnologie pulite in settori particolarmente colpiti in questo momento, come quello dell’industria dell’automobile.

Ritengo che vi sia anche un accordo molto ampio circa la necessità di intensificare, nella misura del possibile, le attività di entrambe le banche nei paesi particolarmente interessati o colpiti dalla crisi, sia all’interno dell’Unione europea sia al di fuori delle nostre frontiere. Concordo con tutti i parlamentari che hanno chiesto alle banche di fare di più. Non concordo con chi ha detto alle banche di fare di meno o di essere più prudenti in questi momenti difficili. In effetti, credo che l’esistenza di banche come la Banca europea per gli investimenti o la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo sia particolarmente giustificata in un momento come questo.

Ancora qualche parola sui commenti riguardanti la supervisione della BEI. Sono lieto che l’onorevole Maystadt abbia dimostrato la propria disponibilità, a me già nota, ad analizzare la questione per trovare una soluzione, come era già stato detto nel dibattito dell’anno scorso.

Naturalmente, la Commissione è pronta sin da oggi a lavorare insieme all’onorevole Maystadt al fine di individuare gli strumenti più efficaci, che siano allo stesso tempo conformi al nostro ordinamento giuridico, allo scopo di trovare una soluzione a una questione di tale rilevanza, soprattutto in un momento in cui la BEI e la BERS devono ricorrere a mercati dove risulta più difficile, rispetto agli anni precedenti, trovare finanziamenti a condizioni favorevoli e con il più alto rating possibile a cui lavorano le due banche.

 
  
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  Gay Mitchell, relatore. − (EN) Signor Presidente, sono grato al Commissario e a entrambi i presidenti per i loro contributi nonché a tutti i colleghi parlamentari che sono intervenuti.

Per rispondere, vorrei sollevare brevemente tre punti. Le osservazioni del presidente Maystadt secondo cui il sostegno finanziario aggiuntivo della BEI consentirà esborsi rapidi e contribuirà all’economia reale, segnatamente proteggendo progetti validi e aiutando le imprese redditizie in questi momenti di difficoltà, sono estremamente incoraggianti. A mio avviso, occorre sostenere quanto più possibile le imprese che lottano per la sopravvivenza, allo scopo di fornire loro il credito di cui hanno bisogno per mantenere a galla le loro attività e garantire che non vadano persi posti di lavoro.

Ciononostante, la relazione chiede vigilanza sull’uso dei prestiti della BEI da parte delle banche commerciali, come pure un codice di condotta tra le banche commerciali e la BEI in tale ambito. Spero che gli onorevoli colleghi abbiano rilevato questo aspetto da alcuni dei commenti fatti.

In secondo luogo, l’umore che prevale attualmente in Europa è l’apprensione: i prezzi delle case continuano a precipitare in alcuni paesi e i cittadini mettono da parte i propri risparmi. Per combattere l’effetto di questa crisi economica, dobbiamo cominciare a parlare di ripresa. Abbiamo perso la concentrazione quando è iniziata la crisi; ora ci stiamo distraendo di nuovo. La ripresa sta per arrivare: potrebbe giungere alla fine di quest’anno oppure l’anno venturo, ma arriverà. Dobbiamo iniziare a parlare di ripresa e a prepararci per la ripresa. In particolare, bisogna essere abbastanza competitivi da poterne approfittare. Questo è ciò che chiedo alle tre istituzioni rappresentate qui oggi e al Parlamento.

Infine, occorre che la BEI e la BERS collaborino con altre istituzioni finanziarie internazionali e regionali – come la Banca mondiale, la Banca asiatica per lo sviluppo e la Banca africana per lo sviluppo – allo scopo di promuovere lo sviluppo in regioni lontane dall’Europa. Queste banche influiscono positivamente sugli aiuti ai paesi in via di sviluppo, ma ritengo che tali influssi vadano valutati adeguatamente.

Il finanziamento della proprietà terriera nei paesi in via di sviluppo va riesaminato come un costo di investimento in base al mandato per i prestiti esterni della BEI. Ho sollevato la questione in più occasioni. Il mio paese d’origine ha sperimentato la carestia. Abbiamo vissuto ogni genere di cose, ora subite dalle popolazioni dei paesi africani. Ciò che ha cambiato la parte nord-orientale della nostra isola è stato il fatto che tutti hanno investito in piccoli appezzamenti di terreno.

Prendete in considerazione questo modello per il mondo in via di sviluppo. Abbiamo bisogno di loro come futuri partner commerciali; invito pertanto entrambe le banche a considerare le mie parole, perché penso che questo sia un modo per aiutare il mondo in via di sviluppo. Si tratta di una questione sollevata oggi, appena qualche minuto fa, dal primo ministro della Gran Bretagna e che sottopongo all’attenzione di entrambe le banche.

La ringrazio, signor Presidente, per la possibilità di rispondere al dibattito. Spero che continueremo a lavorare in un clima di reciproca collaborazione per il bene dell’Europa.

 
  
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  Esko Seppänen, relatore. − (FI) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, noto che vi è un ampio consenso qui in Parlamento riguardo alla base giuridica per il nuovo mandato sui prestiti esterni della Banca europea per gli investimenti.

Poiché i rappresentanti della BEI sono arrivati tardi e non hanno potuto sentire il mio discorso iniziale, desidero informarli che la questione è ora sottoposta alla procedura di codecisione e che il Parlamento europeo non è più un facile terreno di gioco, com’è stato finora, per le questioni relative alla BEI.

In futuro, la BEI non potrà più contare sul sostegno di alcuni europarlamentari fidati. Nella procedura di codecisione avrà bisogno di un ampio sostegno da parte del Parlamento europeo. Affinché ciò accada, la BEI dovrà rendere più costruttive le proprie pratiche nei confronti del Parlamento europeo rispetto a quanto ci fosse sembrato necessario al momento di considerare questo mandato. Ritengo che, in questo periodo, questo aspetto sia stato chiarito alla BEI e spero che essa possa comprendere il messaggio inviatole dal Parlamento. Tutto è bene quel che finisce bene.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, 25 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Paolo Bartolozzi (PPE-DE), per iscritto. – Il ruolo della BEI é diventato sempre più importante nell'attuazione delle politiche europee di sviluppo e di coesione.

Se nel passato qualche critica alla BEI non é mancata perché considerata un po' avulsa dagli obiettivi di coesione economica e sociale perseguiti dall'Unione europea, per avere concentrato il suo intervento soprattutto a favore di enti pubblici, un suo cambio di direzione sembra profilarsi nell'ambito delle prospettive di sviluppo e di coesione 2007-2013.

Cooperando più strettamente con la Commissione europea, essa si pone oggi come banca moderna e dinamica grazie a un'allargata tipologia di progetti finanziari volti a contribuire al riequilibrio socioeconomico delle regioni europee meno favorite. Per quanto riguarda l'attualizzazione degli interventi, registriamo con particolare soddisfazione gli strumenti di sostegno alle PMI che potranno accrescere i loro investimenti grazie a un migliore accesso al mercato finanziario.

Al pacchetto di misure definite dalla Commissione europea per assistere le PMI a livello comunitario e alle quali si sta dando attuazione, la BEI può dare un valore aggiunto e un'accelerazione per l'avvio o lo sviluppo delle loro attività, essendo esse fonte principale e non surrogabile di nuovi posti di lavoro in Europa.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto.(RO) Le questioni fondamentali trattate in questa relazione non riguardano la garanzia della Comunità di per sé, ma piuttosto come rendere più efficace l’uso dei finanziamenti concessi dalla BEI. Il ruolo della BEI come strumento dell’Unione europea volto a sostenere lo sviluppo economico è indiscutibile. L’Unione europea dispone di una serie di strumenti finanziari in materia di relazioni esterne e l’attività della BEI dev’essere complementare ad essi.

Riguardo alle priorità di finanziamento, mi compiaccio che la versione attuale della relazione contenga anche la mia proposta di includere un necessario chiarimento sui progetti nel settore dell’energia in Europa orientale e nel Caucaso meridionale, vale a dire che essi devono essere “in linea con l’obiettivo della politica comunitaria intesa a diversificare le fonti di energia e volti a garantire ai consumatori risorse stabili e sicure.”

Sono lieto che i leader europei abbiano raggiunto un compromesso in seno al Consiglio europeo riguardo al finanziamento di progetti in materia di energia da parte dell’Unione europea come parte del piano di ripresa economica. Mi rallegro altresì per il fatto che il progetto Nabucco sia sopravissuto a questo compromesso e sia stato dichiarato un progetto prioritario nel settore dell’energia. Auspico che la BEI sia coinvolta di modo che questo progetto possa raggiungere il necessario livello di investimenti e che, a partire dal 2013, possiamo trasportare gas dal Mar Caspio all’Europa.

 

10. Strumento di gestione per l'assegnazione delle risorse di bilancio - Revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- la relazione (A6-0104/2009), presentata dall’onorevole Virrankoski a nome della commissione per i bilanci, sul metodo ABB-ABM quale strumento di gestione per l’assegnazione delle risorse di bilancio [2008/2053(INI)] e

- la relazione (A6-0110/2009), presentata dall’onorevole Böge a nome della commissione per i bilanci, sulla revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 [2008/2055(INI)].

 
  
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  Kyösti Virrankoski, relatore. − (FI) Signor Presidente, abbiamo dinanzi a noi la relazione sul metodo ABB/ABM. Desidero ringraziare l’intera commissione per i bilanci per il valido e incessante sostegno, nonché la segreteria della commissione e tutti coloro che mi hanno prestato assistenza.

Il bilancio per attività (ABB, Activity Based Budgeting) e la gestione per attività (ABM, Activity Based Management) sono stati introdotti all’epoca della Commissione Prodi, grazie all’iniziativa del commissario Kinnock. Lo stimolo per la riforma è giunto dalla relazione stilata da un gruppo esterno di esperti incaricato di esaminare la crisi attraversata dalla Commissione precedente. Tale relazione rappresenta una sorta di revisione intermedia della cosiddetta “riforma Kinnock”.

L’obiettivo dell’ABB/ABM è quello di conferire chiarezza all’amministrazione inserendo nel bilancio risorse disponibili e risorse umane in base al settore delle politiche. L’amministrazione dovrebbe essere in grado di mostrare con chiarezza i risultati raggiunti allo scopo di rendere completamente visibile il loro valore rispetto ai “mezzi”.

Al centro dell’attenzione ci sono i risultati, e non come essi sono stati raggiunti. L’impostazione rispecchia quella utilizzata in ambito economico.

Il sistema può anche essere descritto in termini più semplici. Non è sufficiente spendere – o persino “far fuori” – il denaro legalmente o nel rispetto delle norme: sono i risultati che determinano la qualità dell’amministrazione, non le buone intenzioni.

Inoltre, i risultati mostrano quanto siano efficienti la gestione e l’amministrazione. Prendiamo l’esempio della politica strutturale e di coesione. Se, due anni e tre mesi dopo l’inizio del periodo di programmazione, più di tre quarti dei sistemi di amministrazione e di controllo non saranno stati adottati, l’amministrazione non potrà essere considerata efficiente. La responsabilità può essere sia della Commissione sia degli Stati membri, sebbene resti il fatto che l’amministrazione è burocratica e inefficiente.

L’ABB/ABM pone enfasi sull’efficienza e la sua promozione. Essi riducono la burocrazia e rafforzano lo status giuridico dei cittadini e di coloro che sono interessati dagli effetti dell’amministrazione, dal punto di vista della gestione.

La gestione per attività (ABM) pone enfasi sulla responsabilità personale, lasciando tuttavia spazio alla libertà d’azione. Con un buon sistema di amministrazione, c’è una chiara divisione della responsabilità. La gestione ha un volto, sia a livello superiore sia a quello inferiore.

Poiché la gestione mira a ottenere una buona produttività, un dirigente d’azienda non dovrebbe imporre restrizioni superflue al lavoro. Sono necessarie soltanto le normative indispensabili. Non vi è bisogno di rendicontazioni e pianificazioni non essenziali.

Questa relazione si basa su studi recenti, i più importanti dei quali si trovano elencati nella sezione delle motivazioni. Il loro tono generale indica che l’attuazione dell’ABB/ABM è stata un successo e che ha introdotto un profondo cambiamento culturale in seno alla Commissione, contribuendo al contempo a chiarire le responsabilità personali e la trasparenza, nonché rendendo la gestione più efficace, orientata ai risultati e trasparente.

La burocrazia e il fatto che questa stia aumentando, tuttavia, costituiscono un vero pericolo. In particolare, occorre valutare se l’attuale processo annuale di pianificazione e revisione comporti un grado di pianificazione eccessivo, specialmente rispetto alla presentazione e valutazione dei risultati raggiunti.

Dovremmo, inoltre, esaminare come gli obiettivi strategici quinquennali della Commissione – il suo “programma di governo” – si ricolleghino ai quadri finanziari pluriennali (QFP) come pure alla strategia politica annuale. Quest’ultima è spesso associata ad elementi che sono privi di nessi evidenti con il programma di governo, gli obiettivi strategici quinquennali o il quadro finanziario pluriennale. In genere, ciò è fonte di problemi al momento di redigere il bilancio, poiché le risorse sono incluse nella revisione del quadro finanziario, a cui il Consiglio si oppone particolarmente. Vi sono stati chiari esempi di ciò praticamente ogni cinque anni.

La Commissione incontra notevoli difficoltà nel determinare le “priorità negative”, ossia le attività che sono superflue o meno importanti e che dovrebbero essere abbandonate. In questo senso, è auspicabile che la Commissione sia più energica nella sua impostazione.

E’ ancora difficile stimare la spesa amministrativa, sebbene questa vada inclusa separatamente nel bilancio, in quanto l’amministrazione è ancora finanziata attraverso gli stanziamenti funzionali. Ciò include le agenzie esecutive e, spesso, l’assistenza tecnica negli Stati membri. E’ per questa ragione che la relazione attribuisce importanza al controllo delle risorse umane.

Infine, signor Presidente, la relazione che è alla nostra attenzione si basa sul nostro retaggio europeo – l’articolo 15 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino della grande Rivoluzione francese del 1789: “La società ha il diritto di chieder conto ad ogni agente pubblico della sua amministrazione”.

 
  
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  Reimer Böge, relatore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, oggi discutiamo la revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013. Vorrei ricordare ancora una volta che inizialmente abbiamo concordato una serie di dichiarazioni interistituzionali che vanno attuate secondo quanto richiesto da questa relazione e che noi stiamo trasmettendo al Parlamento appena eletto sotto forma di orientamenti per il comportamento futuro che il Parlamento europeo dovrà adottare nei prossimi mesi.

Ci sono state tre dichiarazioni principali che hanno richiesto l’inclusione del Parlamento europeo nelle discussioni future sulla politica delle entrate e delle uscite, a differenza di quanto accadeva in passato. Pertanto, la Commissione si è impegnata a presentare una relazione sul funzionamento dell’accordo interistituzionale alla fine del 2009. La Commissione si è altresì impegnata a presentare una revisione di bilancio completa ed esaustiva che comprenda tutti gli aspetti della spesa comunitaria, compresa la politica agricola comune, nonché delle risorse, compresa la riduzione concessa al Regno Unito, nel periodo 2008/2009. Inoltre, non dobbiamo scordare che nel 2010 il Parlamento europeo effettuerà una revisione intermedia di molti programmi pluriennali.

Chiunque legga i documenti della consultazione pubblica si renderà conto del fatto che gli Stati membri, al contrario degli altri organismi che hanno espresso un parere, stanno cercando di eludere le proprie responsabilità e l’impegno assunto passando direttamente alla prospettiva finanziaria successiva. Ho appena preso parte a una discussione sul cosiddetto piano di ripresa economica e vorrei dire che ciò che sta accadendo qui, con la costante ricerca di margini che non sono più disponibili, e con piani nuovi che violano i diritti del Parlamento in materia di bilancio, pone in evidenza che non è possibile continuare come prima. Per questa ragione faccio appello alla Commissione affinché presenti in autunno una proposta che non solo includa il periodo a partire dal 2013, ma comprenda anche una revisione delle prospettive finanziarie e apra nuove possibilità per il futuro.

In questa relazione abbiamo chiarito che ci concentreremo, innanzi tutto, sulle carenze esistenti e sulla prospettiva a lungo termine, senza affrontare nel dettaglio l’impatto che il trattato di riforma di Lisbona avrà sul bilancio. Per tale ragione, in seno alla commissione per i bilanci abbiamo votato con un’ampia maggioranza a favore di una strategia in tre fasi: soluzione delle lacune e delle evidenti carenze nelle questioni irrisolte che non siamo stati in grado di negoziare con successo e chiarimento del fatto che esistono rubriche di bilancio – gli ambiti di maggior rilievo delle nostre politiche – che sono cronicamente sottofinanziati. Per esempio, non raggiungeremo i nostri obiettivi nel settore della ricerca e dell’innovazione. In relazione alle rubriche 3a e 3b non saremo in grado di ottenere i risultati previsti per quanto riguarda la cultura, la gioventù, l’istruzione e la garanzia della nostra sicurezza interna ed esterna. Anche la politica estera e di sicurezza comune è cronicamente sottofinanziata.

Per tale ragione abbiamo fatto la seguente offerta al Consiglio: discutiamo di queste lacune e negoziamo su questi aspetti, ma non mentre combattiamo per la procedura di bilancio annuale. La nostra proposta è di risolvere tali problemi con una revisione ambiziosa e, al contempo, prorogare le prospettive finanziarie esistenti fino al 2015 o addirittura fino al 2016, di modo che sul lungo termine possiamo raggiungere la legittimità democratica necessaria nel quadro finanziario. Ciò vorrà dire cercare un allineamento tra il mandato della Commissione e il periodo coperto dal quadro finanziario. Inoltre, particolarmente nel contesto del dibattito sulla Banca europea per gli investimenti, bisogna cercare di garantire che non vi siano bilanci ombra al di fuori del bilancio comunitario.

Vorrei concludere affermando che questa relazione è in linea con le relazioni stilate dalla commissione per gli affari costituzionali. E’ per tale motivo che vorremmo lasciare il seguente messaggio alla Commissione e al Consiglio: per noi l’obiettivo di avere un quadro finanziario quinquennale che coincida con il mandato della Commissione non è negoziabile. Siamo disponibili a negoziare soltanto su come raggiungere questo obiettivo. Molte grazie.

 
  
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  Dalia Grybauskaitė, membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono davvero grata per queste due relazioni – che possiamo ritenere rivolte al nuovo Parlamento nonché, probabilmente, sia all’attuale Commissione sia alla nuova – riguardo alle modalità di negoziato, agli strumenti di cui dovremo disporre per gestire il bilancio europeo e al tipo di bilancio europeo che avremo in futuro.

A questo proposito, vorrei congratularmi con tutti, inclusi il Parlamento e la Commissione. Nell’arco di cinque anni abbiamo visto eventi senza precedenti: tre revisioni del quadro finanziario – cosa mai accaduta prima -, Galileo, lo strumento alimentare e, ora, 5 miliardi di euro.

Ciò si deve precisamente alla capacità delle istituzioni di utilizzare nel miglior modo possibile questo contesto rigido in cui ci troviamo a operare oggigiorno nei quadri finanziari, per poter intervenire laddove necessario.

La Commissione, pertanto, prende nota di entrambe le relazioni, specialmente della relazione Böge, che riguarda la forma futura del bilancio europeo. La Commissione è e sarà pronta a negoziare sulla base di quanto sarà incluso nella relazione. Confermeremo il nostro obbligo di consegnare la revisione intermedia e una valutazione di come sta funzionando l’accordo interistituzionale. Confermiamo che faremo quello che siamo obbligati a fare, come promesso nell’AII, riguardo alla riforma del bilancio entro la fine dell’anno.

Tenuto conto di ciò, desidero ringraziare il Parlamento personalmente. Forse questa è una delle ultime occasioni in cui mi rivolgo a voi in questa sede e vorrei ringraziarvi per tutta la collaborazione, per tutta la comprensione che mi avete assicurato sin dall’inizio. In questi momenti difficili siamo stati in grado di raggiungere ottimi risultati insieme.

 
  
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  Michael Gahler, relatore per parere della commissione per gli affari esteri. – (DE) Signor Presidente, innanzi tutto desidero esprimere il mio sostegno alla strategia in tre fasi per la revisione intermedia elaborata e presentata dall’onorevole Böge. Essa offre la possibilità di effettuare un’analisi attenta dei nostri obiettivi politici, di apportare i cambiamenti necessari agli strumenti disponibili nonché di affrontare la questione dei finanziamenti.

Ceterum censeo: in qualità di esperto di affari esteri, vorrei chiedere ancora una volta di porre fine alla cronica carenza di dotazioni finanziarie nel settore degli affari esteri. La Commissione ha acconsentito a presentare una valutazione in materia. Vogliamo vedere soluzioni a breve termine come parte del quadro finanziario attuale e opzioni realizzabili per il prossimo quadro finanziario. Tra l’altro, occorre fornire finanziamenti adeguati al servizio europeo per l’azione esterna. Vogliamo un’Unione europea che ottemperi ai propri obblighi in materia di relazioni estere e possa reagire rapidamente e adeguatamente alle crisi. La nostra credibilità e la nostra capacità di essere un partner valido dipendono da questo.

Salutiamo con favore l’ulteriore sviluppo della politica europea di vicinato affinché siano inclusi il Partenariato orientale e l’Unione per il Mediterraneo, che offre ai partner due quadri efficienti e affidabili. Tuttavia, dovremo scoprire se le disposizioni finanziarie possano funzionare nel contesto delle nostre sfide in materia di politica estera. Chiediamo nuove norme giuridiche e adeguati finanziamenti nel prossimo quadro finanziario per la cooperazione con i paesi terzi, al di fuori dell’ambito degli aiuti pubblici allo sviluppo.

Vorrei esprimere un altro desiderio per il futuro al di sopra e al di là del trattato di Lisbona. Ritengo che tutti i finanziamenti di attività esterne vadano inclusi nel bilancio dell’Unione europea. Ciò riguarda sia il Fondo europeo di sviluppo sia il meccanismo Athena. I nostri governi non dovrebbero temere di dare trasparenza a un settore specifico allo scopo di chiarire quanto si sta già facendo congiuntamente nello spazio europeo in termini di politica estera, includendo in particolare l’attività militare.

 
  
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  Herbert Bösch, relatore per parere della commissione per il controllo dei bilanci. – (DE) Signor Presidente, desidero congratularmi con la Commissione per questa comunicazione, che essa ha presentato con quell’apertura che avevamo immaginato in passato. Congratulazioni!

Vale la pena dare seguito ai 300 e più contributi. Si tratta di proposte serie che ci aiuteranno ad andare avanti. Mi compiaccio per il fatto che la comunicazione abbia affrontato tematiche relative alla responsabilità, alla trasparenza e alla visibilità delle politiche. Ciò avrà un influsso decisivo. Il mio plauso per l’oratore precedente era dovuto, naturalmente, all’effetto del quesito relativo alla capacità del Consiglio di sottrarre l’Unione europea al controllo del Parlamento europeo. Rispetto a Lisbona, ciò significa che se essi acquisiranno veramente più diritti, non vi sarà alcun controllo parlamentare né pubblico sugli otto miliardi.

Per chiarire ulteriormente le cose, io provengo da un paese neutrale. Dovrei essere in grado di dire ai miei elettori dove va a finire il denaro. Non lo posso fare, nonostante io sia presidente della commissione per il controllo dei bilanci. Queste considerazioni devono, pertanto, essere tenute in considerazione in futuro. Sono davvero grato per i vostri suggerimenti.

Mi rammarica vedere questo dibattito cadere in un limbo politico, dato che stiamo già salutandoci e augurandoci buona fortuna. Vorrei poter fare altrettanto. Lei ha svolto ottimamente il suo lavoro, signora Commissario. Congratulazioni!

 
  
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  Paul Rübig, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’Europa è riuscita a creare un cosiddetto bilancio zero. Siamo l’unica istanza politica dotata di bilancio zero. Abbiamo a nostra disposizione lo 0,89 per cento del reddito nazionale lordo e siamo un buon esempio di come il denaro dei contribuenti possa essere utilizzato con attenzione.

Inoltre, nell’arco di diversi anni abbiamo dimostrato che le nostre entrate superano le uscite. Ogni anno resta da parte un piccolo importo residuo e dovremmo finalmente riuscire a utilizzarlo per creare un valore aggiunto europeo in futuro. Il Parlamento e il Consiglio dovrebbero trovare un accordo su come questi fondi possano contribuire al valore aggiunto europeo. E’ importantissimo definire questi elementi fondamentali.

Inoltre, abbiamo appena discusso della Banca europea per gli investimenti. Ritengo che, in particolare in momenti di crisi, i fondi dovrebbero essere resi disponibili senza indugio. Occorre un’assegnazione di risorse immediata, specialmente nel settore della ricerca, che offre opportunità future per nuovi servizi e nuovi prodotti. Semplificare l’amministrazione e snellire la burocrazia sono requisiti importanti, in particolare per le piccole e medie imprese che desiderano operare su mercati mondiali e, per farlo, hanno bisogno del nostro sostegno.

Incentrare l’attenzione sullo sviluppo delle infrastrutture tra gli Stati membri, cosa che il piano di ripresa economica sta cominciando ad affrontare – a titolo di esempio, si possono citare Nabucco e altri progetti in materia di reti energetiche -, è essenziale in tale ottica perché in questo ambito sono possibili investimenti rapidi. Basta pensare a quanto acciaio occorre per costruire i gasdotti, per rendersi conto che la nostra industria siderurgica potrebbe, almeno nel breve termine, raggiungere picchi di vendite e assicurare l’occupazione nel settore. Dovremmo impegnarci in questa direzione.

 
  
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  Rumiana Jeleva, relatore per parere della commissione per lo sviluppo regionale. (BG) Onorevoli colleghi, in qualità di relatore della commissione per lo sviluppo regionale vorrei sottolineare l’importanza della revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013.

Accolgo con favore la relazione Böge in quanto essa individua i settori in cui si rendono necessari cambiamenti e migliorie, aprendo così la strada a un’Unione europea più efficiente. Dal punto di vista della mia commissione, il principale interesse è sapere come siano spese le risorse della politica di coesione, poiché essa rappresenta una parte fondamentale del bilancio. Manteniamo la nostra posizione a lungo termine secondo la quale la maggior parte delle risorse finanziarie dev’essere rivolta alle regioni meno sviluppate che richiedono il sostegno dell’Unione europea. Sono lieta che la relazione non sia in conflitto con la nostra posizione in materia.

A livello mondiale vi sono nuove sfide che esercitano un impatto significativo sul territorio. Al fine di superarle, vanno garantiti finanziamenti sufficienti per il periodo successivo al 2013. Lo 0,35 per cento del PIL dell’Unione europea potrebbe non essere sufficiente per raggiungere i nostri obiettivi. Ci rammarica che la relazione non abbia raccolto pienamente il nostro suggerimento, ma vediamo con favore il fatto che essa giunga a una conclusione assai vicina alla nostra.

Abbiamo altresì rivisto la situazione dei Fondi strutturali laddove, sfortunatamente, vi è un basso livello di uso delle risorse in alcuni paesi. Le autorità nazionali sono colpevoli, in un certo modo, di averli utilizzati in modo inefficace nel proprio lavoro. Credo che la complessità del sistema sia anche una delle regioni del loro uso ridotto. La nostra commissione ha proposto una semplificazione delle procedure e mi compiaccio nel vedere che la relazione Böge ha seguito una linea di pensiero simile.

La nostra commissione ritiene necessario riavviare il dibattito sulla spesa delle risorse che stiamo perdendo a causa della regola N+2/N+3. Durante i negoziati sul regolamento sui Fondi strutturali 2007-2013, il Parlamento ha proposto che le risorse non spese debbano essere utilizzate per programmi operativi con un miglior livello di utilizzazione. La relazione Böge non prende in considerazione quest’idea, ma ritengo che di essa vada tenuto conto come punto di partenza per ulteriori discussioni.

Vorrei concludere ringraziando l’onorevole Böge per la costruttiva collaborazione e l’ottima relazione presentata.

 
  
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  Esther De Lange, relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.(NL) Signor Presidente, oggi sarebbe stato mio desiderio rivolgermi al Consiglio, ma ho appreso che non è presente nessun membro del Consiglio e che, pertanto, questo dibattito viene sminuito nella sua importanza. Ciò mi sorprende alquanto, se si considera che il fine settimana scorso sono state intraprese le necessarie iniziative riguardo al bilancio, ma poi, quando arriva il momento di discutere i finanziamenti specifici per tali iniziative, il Consiglio si tira indietro.

Sono qui, ad ogni modo, con tutto il senso dell’ironia necessario. Ufficialmente, oggi dovremmo discutere della revisione intermedia, ma in realtà è già stato detto tutto ciò che serviva sul pacchetto relativo allo stimolo economico sul quale è stato raggiunto un accordo il fine settimana scorso. Il pacchetto enuncia le carenze della revisione intermedia e del bilancio pluriennale, visto che, dall’inizio del quadro pluriennale corrente, in tre occasioni consecutive abbiamo manomesso i nostri accordi: Galileo, gli aiuti alimentari per l’Africa e le modalità del loro finanziamento non sono casi di cui andar fieri.

Ora, ancora una volta, discutiamo il pacchetto relativo all’incentivazione economica. Il Consiglio ha preso impegni in questo senso, ma non sembra sapere da dove arriveranno i fondi. Nel settore dell’energia, per esempio, devono essere reperiti circa 2 miliardi di euro per i progetti in materia di energia, che giungeranno non soltanto dal bilancio di quest’anno ma anche da quello dell’anno prossimo e forse anche da quello dell’anno successivo. Ciò significa che ci troveremo già a porre mano al margine del bilancio agricolo. Nel fare ciò, alcuni diranno, ebbene, non si tratta di fondi dell’agricoltura, questo è il margine; basterà, però, soltanto un’emergenza veterinaria e quelle risorse torneranno necessarie al bilancio agricolo. Ricorderete di certo l’epidemia di afta epizootica. Oppure che cosa accadrebbe se i prezzi del mercato lattiero-caseario restassero bassi e si rendesse necessario un intervento? Inoltre, il margine del bilancio agricolo è destinato a ridursi sempre più nei prossimi anni, come sottolineato dalla relazione per la revisione intermedia presentata dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.

Pertanto, vorrei che la Commissione e il Consiglio – semmai quest’ultimo dovesse farsi vivo, se non altro per iscritto – confermassero che prima di tutto esamineremo gli obblighi esistenti in ambito agricolo prima di passare a valutare il margine e, soltanto allora, vedremo se il margine possa veramente essere utilizzato per altri scopi. Queste sono le regole che abbiamo concordato insieme. Se non le rispettiamo, credo che ci troveremo a mandare all’aria anche ciò che è stato fatto di positivo.

 
  
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  Ingeborg Gräßle, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei esprimere un sincero ringraziamento all’onorevole Virrankoski per la sua relazione di iniziativa che affronta una vecchia preoccupazione della commissione per i bilanci, vale a dire i seguenti quesiti: come effettuare la nostra pianificazione? Quali strumenti di pianificazione dobbiamo rendere disponibili? Come ci accertiamo che le nostre priorità siano applicate? La ringrazio molto, onorevole Virrankoski, per l’impegno profuso.

Riteniamo sia importante che le nostre priorità di bilancio si riflettano anche sulla questione delle risorse umane. E’ per questo che vorremmo fare un’offerta alla Commissione. Dovremmo fare un uso migliore degli obblighi di rendicontazione della Commissione al fine di collegare tra loro la strategia politica annuale e il progetto di bilancio. Riteniamo che le relazioni annuali delle direzioni generali non affrontino con sufficienti dettagli o trascurino del tutto il tasso dei risultati ottenuti dal bilancio. Vorremmo sapere che cosa ne è stato delle priorità del Parlamento. Quanto è alto il tasso dei risultati ottenuti dalla strategia politica annuale a questo riguardo?

A mio avviso, abbiamo ancora molto da imparare e abbiamo bisogno di acquisire maggiore esperienza, se non vogliamo che l’intero processo di rendicontazione resti un obiettivo puramente teorico. Non si tratta di un servizio teorico. Esso è necessario allo scopo di gestire correttamente le risorse. E’ per questa ragione che chiediamo un ulteriore sviluppo degli strumenti di gestione affinché ci aiutino a sapere di più sulle modalità di esecuzione del bilancio e a includere nella procedura di pianificazione una parte maggiore del processo di esecuzione.

Ci chiediamo altresì come il piano di gestione annuale possa essere integrato in modo più efficace nella strategia politica annuale. Vorremmo saperne di più sui costi del ciclo ABM, che va anch’esso semplificato. E’ stato proposto di inserire tali quesiti nella relazione analitica. Abbiamo già l’attuale relazione analitica, grazie, ce la studieremo nei dettagli. Ciò significa, però, che occorre includere questi punti al più tardi nella prossima relazione.

Sono stati presentati due emendamenti che il nostro gruppo non può accettare. Non condividiamo l’idea che una proroga di due anni sia corretta, in quanto svaluterebbe ancor più lo strumento di gestione, invece di migliorarlo. E’ nostro desiderio migliorare lo strumento di gestione AMB/ABB, non prorogarlo di due anni. Inoltre, voteremo contro l’emendamento di studio. Si tratta di un buon emendamento, ma non può trovare posto in questa relazione.

Ringraziamo il Commissario per il lavoro svolto e auguriamo a tutti di avere successo alle elezioni.

 
  
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  Gary Titley, a nome del gruppo PSE. (EN) Signor Presidente, una volta conclusa questa revisione del bilancio, dobbiamo semplicemente rivolgerci una domanda: il bilancio rispecchia le priorità politiche del XXI secolo? Se la risposta è negativa, occorre modificarlo. E’ un bilancio sufficientemente flessibile da adattarsi a questo periodo mutevole? Perché, attualmente, una delle mie frustrazioni riguardo al bilancio consiste in come affrontare le priorità negative. Nel bilancio restano troppe risorse perché non riusciamo a introdurre modifiche per via delle restrizioni poste dal QFP.

Passando al bilancio per attività e alla gestione per attività, voglio dire che, a mio avviso, la Commissione ha compiuto enormi progressi in questo ambito, ma metterei in guardia da un’eccessiva burocratizzazione di questo meccanismo, in quanto il nostro obiettivo è garantire una valutazione qualitativa e non limitarci a spuntare caselle. Non vogliamo che tutto il tempo sia dedicato all’autovalutazione invece di procedere con il lavoro. Dobbiamo pertanto fare attenzione in questo senso. Personalmente ritengo che la strategia politica annuale sarebbe migliore se fosse elaborata ogni due anni o due anni e mezzo per adattarsi al ciclo parlamentare. Ciò ci permetterebbe di avere un’idea assai più chiara delle nostre prospettive politiche oltre ai programmi di lavoro annuali della Commissione.

 
  
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  Silvana Koch-Mehrin, a nome del gruppo ALDE.(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la riforma delle finanze comunitarie ritarda da troppo tempo e sono grata al relatore, onorevole Böge, per averlo detto chiaramente. Occorre un sistema di entrate e uscite per l’Unione europea che sia equo, semplice, trasparente, affidabile e sostenibile. I fondi del bilancio dell’Unione europea dovrebbero avere soltanto due fonti, vale a dire le tradizionali risorse proprie e i pagamenti basati sul potere economico degli Stati membri, ossia una quota del reddito nazionale lordo. In questo caso, gli Stati membri dovrebbero contribuire al massimo con l’1 per cento del proprio RNL.

Invece di mettere a disposizione più risorse per l’Unione europea, dovrebbero essere stanziati nuovi fondi per i settori in cui è possibile ottenere un vero valore aggiunto a livello europeo, per esempio la politica estera comune, le reti transeuropee, la gestione delle frontiere esterne e la ricerca. Inoltre, non vi dovrebbero essere più sussidi a lungo termine. Ciò significa, inoltre, che le risorse proprie basate sull’IVA dovrebbero essere abolite e, cosa più importante, che non vi dovrà essere alcuna imposta comunitaria, di qualsiasi sorta, finché l’Unione europea non sarà una democrazia veramente rappresentativa. E’ giusto che l’indebitamento pubblico dell’UE sia messo al bando. Questa è una politica ottima che va mantenuta. Inoltre, tutti i ministri delle Finanze dell’Unione europea devono, una buona volta, fare una dichiarazione di garanzia a livello nazionale. Le esprimo un sincero ringraziamento e le auguro ogni successo per il suo nuovo incarico.

 
  
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  Wiesław Stefan Kuc, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, entrambe le relazioni presentate oggi si basano su valutazioni che siamo stati obbligati a svolgere per decisione di diversi organismi dell’Unione europea. Valutare gli strumenti di gestione per attività, di bilancio per attività o della pianificazione e programmazione strategica può essere necessario, per quanto dia l’impressione di creare “arte per l’arte”. Com’è possibile confrontare il raggiungimento di obiettivi politici con la costruzione di una centrale elettrica o delle reti dei trasporti? L’Unione europea è forse un’impresa commerciale a cui stiamo cercando di applicare meccanismi simili per la valutazione dell’efficienza?

Lo stesso vale per la revisione intermedia del quadro finanziario pluriennale. Ogni giorno effettuiamo valutazioni e storniamo risorse dai nostri bilanci annuali. Tali decisioni vengono prese dal Consiglio europeo, che incrementa i finanziamenti disponibili per l’attuazione di incarichi individuali di rilievo. La stabilità dei quadri finanziari pluriennali infonde in tutti noi un senso di sicurezza per diversi anni ed è questo che dovremmo apprezzare sopra a ogni cosa, particolarmente nei difficili momenti attuali.

Mi congratulo sinceramente con gli onorevoli Böge e Virrankoski per le loro ottime relazioni. Commissario Grybauskaitė, le auguro di avere grande successo alle prossime elezioni.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, al momento di votare sull’attuale prospettiva finanziaria tutte e tre le istituzioni europee – Consiglio, Parlamento e Commissione – hanno compreso che occorre riformare se si desidera aggiornare le istituzioni. Ora gli Stati membri si stanno tirando indietro e questa è l’impostazione sbagliata. E’, invece, giusto trovare un equilibrio tra la continuità e la prevedibilità da una parte e la capacità di adattarsi rapidamente a nuove sfide dall’altra.

Questa struttura rigida va cambiata. Per tale ragione, il bilancio europeo – il piano finanziario a medio termine – deve dare copertura a cinque anni e, pertanto, ricollegarsi in termini politici alla responsabilità di una Commissione eletta e di un Parlamento eletto. Ciò contribuirà alla trasparenza e alla chiarezza politica, nonché alla tempestività delle decisioni.

Oggi abbiamo ascoltato le proposte del primo ministro Brown e quali aspetti dovrebbero figurare sul nostro ordine del giorno. Sempre oggi, il presidente Obama ha annunciato la propria intenzione di investire 129 miliardi nelle energie rinnovabili. Vorrei dire che anche noi dovremmo chiarire ai cittadini europei che il bilancio comunitario va modificato. Per esempio, occorre collegare la politica agricola alla produzione di energia pulita e non far più dipendere i pagamenti diretti dalla dimensione in ettari delle aziende agricole. Dobbiamo creare altri collegamenti con lo sviluppo rurale che possano realmente andare a giovamento degli abitanti delle aree rurali.

Occorre adeguare tutte le nostre politiche economiche e di crescita al paradigma del cambiamento climatico e della sostenibilità, se prendiamo veramente sul serio le discussioni del Parlamento e la strategia di Lisbona. Bisogna adattarsi alle nuove sfide che ci confrontano. Ciò significa, inoltre, che dobbiamo investire di più in istruzione, ricerca e sviluppo a livello europeo. Tutte e tre le istituzioni devono trovare il coraggio di realizzare tutto questo insieme.

 
  
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  Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL.(PT) La relazione fa riferimento ad alcuni aspetti che, in un certo qual modo, sottolineano ciò che affermiamo da lungo tempo, ossia che l’attuale bilancio comunitario è inferiore a quanto è necessario per una reale ed effettiva promozione della proclamata coesione economica e sociale nell’Unione europea. Tanto più quando, in piena crisi, gli insufficienti limiti concordati nell’attuale quadro finanziario 2007-2013 non sono neppure stati utilizzati del tutto – quasi 29 miliardi di euro in meno tra il 2007 e il 2009 – e gli importi inclusi nel bilancio non sono attuati come obiettivo “di spesa”, particolarmente per quanto riguarda la convergenza, l’agricoltura e la pesca.

Inoltre, sono state aggiunte nuove priorità, che contrastano con quello che crediamo debba essere l’obiettivo e la priorità centrale del bilancio comunitario: uno strumento di ridistribuzione di fronte ai costi, le disuguaglianze e le asimmetrie provocate dal mercato interno, dall’Unione economica e monetaria e dalla liberalizzazione del commercio mondiale per i paesi e le regioni dell’Unione europea economicamente meno sviluppati. Dovremmo avere un bilancio comunitario che dia priorità alla convergenza reale, fondata sul progresso sociale e sulla salvaguardia e promozione delle potenzialità di ciascun paese, all’uso sostenibile delle risorse naturali e della protezione dell’ambiente, con l’obiettivo della coesione economica e sociale, oltre ad un efficace aiuto allo sviluppo.

Riaffermiamo, inoltre, che il bilancio comunitario dovrà essere basato su un giusto contributo di ciascun paese in base al proprio reddito nazionale lordo, respingendo in modo perentorio qualsiasi tentativo, più o meno dissimulato, di introdurre imposte europee.

 
  
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  Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. (SV) Signor Presidente, come sempre la compilazione del bilancio comunitario è un esercizio coscienzioso e competente; tuttavia, da un punto di vista puramente politico, tale esercizio è rimasto purtroppo prigioniero della solita routine. Come ha sottolineato l’oratore precedente, questo non è un bilancio per il XXI secolo. E’ chiaramente basato sull’idea che la spesa dell’Unione europea dovrebbe continuare a crescere all’infinito. Arriva il momento in cui si arriva a uno stop.

Vorrei menzionare brevemente tre aspetti. Qui si dice che se il reddito nazionale lordo scende, cosa che accadrà a breve, il bilancio dell’Unione europea non dovrà esserne condizionato. Non possiamo continuare a funzionare in questo modo. E’ meglio che il denaro sia speso nei singoli paesi quando questi vedono le proprie economie precipitare e crollare come sta accadendo ora.

La relazione propone nuove risorse per nuovi ambiti di attività basati sul trattato di Lisbona. Questa è arroganza nei confronti delle norme di base della democrazia. Quel trattato è stato respinto.

Allo stesso tempo, la relazione non propone alcuna misura intesa a tagliare i costi. Ciononostante, esiste davvero un margine per raggiungere grandi risparmi nel settore agricolo, nei Fondi strutturali, nel Comitato economico e sociale europeo, nel Comitato delle regioni e altrove. Vi prego di effettuare questi risparmi!

 
  
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  Salvador Garriga Polledo (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, è arrivato il momento di analizzare come ha funzionato, finora, il quadro finanziario 2007-2013 e quali cambiamenti potrebbe essere necessario introdurre nei quasi quattro anni che gli restano di vita.

In primo luogo, bisogna riconoscere i limiti dell’accordo sulle prospettive finanziarie adottato nel 2006 dagli Stati membri. Lo denunciammo a suo tempo e oggi ne constatiamo l’insufficienza. Sfortunatamente, le attuali prospettive finanziarie hanno dimostrato i loro limiti proprio nel momento peggiore, proprio in un momento di crisi in cui il bilancio comunitario avrebbe dovuto essere la punta di diamante dell’Unione europea nella lotta contro la crisi economica e la disoccupazione.

Oggi sarebbe un’impresa quasi sorprendente trovare cinque miliardi di euro nel bilancio comunitario da utilizzare nei prossimi due anni finanziari per rilanciare la ricerca in campo energetico, garantire le interconnessioni energetiche o migliorare le comunicazioni nelle zone rurali dell’Unione europea. Intere regioni dell’UE, come quella da cui provengo, le Asturie, sperano di poter trovare un modo redditizio e sostenibile per utilizzare il carbone come fonte di energia pulita.

Il bilancio comunitario dovrebbe servire a questo, per esempio. Tuttavia, la sua rigidità e l’insufficiente dotazione finanziaria delle diverse voci di spesa consentono di trovare questi cinque miliardi di euro soltanto se non si utilizzano del tutto i fondi della politica agricola comune per il periodo 2009-2010. Questa non è efficienza di bilancio; sono semplicemente trucchi contabili.

In qualità di relatore, l’onorevole Böge oggi ha avviato una riflessione molto utile per trasformare il bilancio comunitario in uno strumento autenticamente attivo della politica economica. Non possiamo permetterci altri fallimenti delle prospettive finanziarie in futuro.

 
  
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  Göran Färm (PSE). - (SV) Signor Presidente, in qualità di relatore ombra per il gruppo socialista del Parlamento europeo in questa materia, vorrei esprimere il mio ringraziamento all’onorevole Böge per il suo positivo spirito di collaborazione. Un quadro a lungo termine è importante, ma un congelamento di sette anni – con massimali di bilancio rigidi sia complessivamente sia per settore – è un modello irragionevole nel mondo di oggi in rapida evoluzione.

In effetti, l’attuale bilancio a lungo termine, valido fino al 2014, è stato definito nel 2005. Che cosa avremmo potuto saperne allora dell’attuale crisi economica, della situazione del Kosovo o di Gaza, del livello del cambiamento climatico o dell’entità delle fluttuazioni dei prezzi dei generi alimentari? No, non possiamo più gestire le cose in questo modo.

La mia conclusione è che occorre avere una panoramica dettagliata dell’attuale bilancio a lungo termine: il quadro finanziario pluriennale. Ciò sarà realizzabile in gran parte, naturalmente, qualora sia attuata la proposta della commissione per i bilanci, in altre parole, la proroga dell’attuale quadro finanziario di due anni, come proposto, allo scopo di sincronizzarlo meglio al mandato della Commissione e del Parlamento.

Che cosa vogliamo? Molte cose, in effetti.

In primo luogo, le nostre aspirazioni per la stessa revisione di bilancio. A nostro avviso, è inaccettabile concentrarsi soltanto sull’imminente quadro finanziario. La commissione per i bilanci ha adottato una serie di emendamenti in base ai quali richiederemo alla Commissione di presentare quanto prima una proposta per una profonda revisione del contenuto dell’attuale bilancio a lungo termine. Ciò è di particolare importanza, naturalmente, qualora venga dato seguito alla nostra richiesta di proroga.

Chiediamo, inoltre, che il prossimo autunno la presidenza svedese elabori la proposta della Commissione in modo attivo e sollecito. Dobbiamo affrontare questi aspetti.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’impostazione politica, abbiamo ricevuto chiari segnali dall’ampia consultazione aperta effettuata dalla Commissione. In particolare, vi sono alcuni settori in cui l’Unione europea deve dimostrare una maggiore determinazione, tra cui la politica sul clima, l’occupazione e la crescita economica, la politica estera e di sviluppo. Se l’Unione europea deve essere in grado di svolgere un ruolo di guida a livello internazionale in questi ambiti, occorrono risorse. Ciò è assolutamente chiaro. Attualmente, tutti questi settori dispongono di una dotazione finanziaria di gran lunga insufficiente.

In terzo luogo, serve una serie di cambiamenti tecnici necessari. Non occorre che io entri nei dettagli, visto che ne ha già parlato l’onorevole Böge. Vogliamo che si passi da sette a cinque anni e che il periodo di validità sia modificato in modo tale che il nuovo Parlamento e la nuova Commissione possano realmente influire sul quadro da attuare duranti i rispettivi mandati.

In quarto luogo, chiediamo un sistema aggiornato e più giusto per le risorse proprie dell’Unione europea. In questo momento abbiamo bisogno di proposte rapide e di una valida revisione intermedia dell’attuale bilancio a lungo termine al fine di ravvicinare tra loro la retorica e le risorse, così da avviare un processo che sfoci in un’impostazione sostenibile a più lungo termine per il bilancio comunitario prima del prossimo periodo di bilancio a lungo termine.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). (PL) Signor Presidente, sono tre gli aspetti che vorrei portare all’attenzione della Commissione in questo dibattito.

La Commissione europea deve proporre un sistema di sostegno per le regioni che superano il 75 per cento del PIL pro capite nelle attuali prospettive finanziarie, ma che avranno bisogno di finanziamenti continui in vista dei forti squilibri interni che stanno emergendo. Va detto che alcune regioni di Spagna, Portogallo, Italia e Grecia stanno ricevendo tali finanziamenti transitori durante le attuali prospettive finanziarie.

Vi dev’essere, inoltre, una decisione definitiva sull’opportunità di recedere dagli ultimi tentativi di rinazionalizzare la politica agricola comune. Non sarà possibile garantire cofinanziamenti obbligatori della PAC a questi livelli da parte dei singoli Stati membri, poiché questo contribuirà a falsare la concorrenza o, in altre parole, porterà la PAC alla distruzione.

Riguardo all’ambizione della Commissione europea di separare i pagamenti diretti dalla produzione, occorre altresì eliminare, a partire dal 2013, le grandi disparità nel sostegno concesso alle superfici coltivabili inferiori a un ettaro attualmente esistenti tra i vecchi e i nuovi Stati membri. Altrimenti, se la situazione dovesse persistere anche dopo il 2013, ciò significherà tollerare di fatto due politiche agricole comuni sul territorio dell’Unione europea.

 
  
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  Janusz Lewandowski, a nome del gruppo PPE-DE. (PL) Signor Presidente, mi sia consentito di continuare in una lingua familiare al commissario Grybauskaitė. I nostri contributi di oggi si basano su due esercizi di bilancio completati nell’ambito di una prospettiva di sette anni. Questo ci dovrebbe indurre chiaramente a essere cauti nella formulazione dei nostri interventi. Mi sembra che il fatto che la relazione Böge, rivolta alla commissione per i bilanci, sia stata approvata all’unanimità dimostri che il relatore ha trovato il denominatore comune tra le opinioni dei diversi gruppi politici.

Mi colpisce il fatto che siano rimasti inutilizzati quasi 5 miliardi di euro del bilancio 2008. Ciò non deve ripetersi. Sarebbe una sconfitta per tutti noi. Esistono iniziative da parte della Commissione volte a facilitare l’ottenimento di finanziamenti. Poiché è così che le cose stanno ed è così che dovrebbero essere, in futuro la politica regionale non sarà e non potrà essere una fonte di finanziamento per quelle sezioni del bilancio che sono cronicamente sottofinanziate: abbiamo parlato di questo al momento di negoziare la prospettiva finanziaria, un fatto pienamente corroborato nella nostra politica estera: rubrica 1a e rubrica 3. Se continuiamo ad affidarci all’1 per cento dei bilanci, ovviamente non riusciremo a raggiungere una soluzione ragionevole per la questione del bilancio dell’Unione europea.

Nella relazione a cui faccio riferimento, l’onorevole Böge solleva la questione fondamentale di adattare il mandato parlamentare al periodo delle prospettive finanziarie. Questa è in effetti la posizione del Parlamento europeo. Ciononostante, dovremmo tenere a mente i timori dei paesi interessati dalla politica di coesione, che sono alla ricerca di certezze circa la politica e non sanno ancora esattamente come la riduzione di questo periodo possa condizionare la prevedibilità dell’ottenimento dei Fondi strutturali.

Infine, vorrei ringraziare sinceramente il commissario Grybauskaitė per aver collaborato con il Parlamento e, naturalmente, mi unisco agli altri parlamentari che le hanno augurato successo nella sua campagna elettorale. Una simile molteplicità di voci, nonostante le differenze delle opinioni politiche, è un buon presagio per queste elezioni.

 
  
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  Catherine Guy-Quint (PSE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, innanzitutto desidero ricordare che questo dibattito si iscrive in un lungo processo iniziato qualche anno fa: le consultazioni della Commissione europea, la verifica dello stato di salute della politica agricola comune, la quarta relazione sulla coesione economica e sociale e la relazione Lamassoure sulle risorse proprie del bilancio.

La Commissione europea ha annunciato la propria intenzione di presentare, al più tardi nell’autunno del 2009, i suoi principali orientamenti per questa revisione, che ha dato luogo a uno straordinario lavoro da parte della commissione per i bilanci, sotto la guida dell’onorevole Böge. Sappiamo che la revisione sarà effettuata dopo l’insediamento del nuovo Parlamento europeo. Non sarà quindi il nostro Parlamento attuale a realizzarla.

Insisterei, pertanto, su un aspetto politico essenziale, cioè il fatto che abbiamo quasi raggiunto l’unanimità affinché il quadro finanziario futuro coincida con il mandato politico del futuro Parlamento – una disposizione che auspichiamo sia confermata anche in futuro. Ciò è, a mio avviso, di estrema importanza perché, finalmente, avremo una coerenza tra i risultati delle elezioni e gli orientamenti di bilancio da sottoporre alla supervisione della Commissione europea.

Inoltre, vorrei ricordare che il gruppo socialista al Parlamento europeo ritiene che il bilancio debba essere incentrato nuovamente sulle missioni fondamentali: l’occupazione, la crescita e l’innovazione, come affermato dal collega Färm. Ciononostante, prima di concludere vorrei ribadire che il futuro reale dell’Unione europea dipende da questa revisione e auspico che il nuovo Parlamento faccia buon uso della relazione Böge, così che il Parlamento riesca a raggiungere la nostra ambizione europea di fronte agli egoismi nazionali che quotidianamente ci sono trasmessi attraverso le tergiversazioni del Consiglio.

Spetta al Parlamento elaborare politiche europee che diano a tutti i nostri cittadini una vera speranza per un progetto che sia politico e non soltanto economico.

 
  
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  Margaritis Schinas (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, oggi gli Stati membri sono 27 e spendiamo meno dell’1 per cento della nostra ricchezza collettiva per il bilancio comunitario, grosso modo lo stesso che spendevamo quando eravamo in quindici. Questa cifra da sola spiega perché la relazione Böge che stiamo discutendo oggi è una delle imprese politiche dell’Unione europea per i prossimi cinque anni.

E’ un quesito cruciale quello a cui dobbiamo dare risposta: quante risorse e da dedicare a quali politiche? Dove tracciamo il limite, la misura delle nostre ambizioni? Questa volta va messo tutto sul tavolo senza condizioni previe e la discussione deve iniziare da zero. Dovremo affrontare due difficoltà principali in questo importante negoziato:

- la prima è che ora, naturalmente, siamo più numerosi rispetto a occasioni precedenti, quando si conducevano negoziati di questo tipo;

- la seconda difficoltà, purtroppo, consiste nel fatto che questo negoziato stia avendo luogo quando il periodo di vacche grasse si è ormai concluso, in un momento in cui siamo colpiti duramente dalla crisi economica.

Ciononostante, il negoziato che praticamente prende il via oggi con l’impostazione assai realistica adottata dall’onorevole Böge dovrebbe confermare tre presupposti di base che sono essenziali per l’Europa:

- in primo luogo, che il futuro dell’agricoltura comunitaria dev’essere garantito anche dopo il 2013;

- in secondo luogo, che il principio della coesione e della solidarietà tra Stati membri deve permanere;

- in terzo luogo, che è arrivato il momento di parlare di sviluppo intelligente, di denaro investito anche nei cervelli e non soltanto in asfalto e cemento.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MAURO
Vicepresidente

 
  
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  Costas Botopoulos (PSE) . – (EL) Signor Presidente, signora Commissario, la relazione del presidente della nostra commissione, l’onorevole Böge, oggetto del nostro dibattito odierno, a mio parere è molto interessante e rilevante per tre motivi: innanzi tutto, perché mette in luce determinati settori passibili di miglioramento; in secondo luogo, in quanto illustra determinate proposte; e in terzo luogo, perché prepara il terreno all’ampia discussione che si svolgerà nella prossima legislatura.

I settori che necessitano di miglioramenti evidenziano essenzialmente una mancata corrispondenza tra scelte politiche e comunitarie, nonché l’incapacità di gestire oculatamente le nostre risorse di bilancio.

Proposte:

- una proposta molto semplice riguarda il ciclo quinquennale del quadro finanziario e una politica della stessa durata per le iniziative finanziarie; in altre parole, il mandato del nostro Parlamento coinciderebbe con le proposte politiche a livello di bilancio;

- in secondo luogo, la questione della flessibilità è estremamente importante. Tuttavia, flessibilità non significa soltanto cambiamenti intersettoriali, ma presuppone una risposta generale. La flessibilità da sola non rappresenta la soluzione al problema.

Si tratta di un lavoro preparatorio per la discussione esaustiva che si terrà nella prossima legislatura e che riguarderà un nuovo bilancio politico e coordinato, su basi nuove.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE) .(RO) La riduzione del periodo di programmazione finanziaria a cinque anni, come raccomandato anche nella relazione Böge – e vorrei cogliere l’occasione per complimentarmi con l’onorevole Böge per il contributo speciale offerto alla relazione – costituirebbe una dimostrazione concreta della maturità delle istituzioni europee e della volontà di ridurre le lungaggini burocratiche.

Al contempo, dobbiamo essere realisti e valutare la fattibilità di tale misura, in modo da non ritrovarci in situazioni estreme in cui potremmo impiegare due anni per adottare un bilancio quinquennale. La questione chiave è intraprendere la semplificazione delle procedure in modo tale da utilizzare i fondi europei entro un arco di tempo ragionevole.

Vi sono alcuni incidenti che sono diventati leggendari, e che riguardano fondi europei giunti a destinazione mesi, se non anni, dopo il periodo di effettiva necessità. Consentitemi di citare un esempio concernente i finanziamenti del Fondo di solidarietà. Come saprete, alla Romania sono stati assegnati 12 milioni di euro destinati alle cinque contee colpite dalle inondazioni. Le inondazioni risalgono all’estate dello scorso anno, noi abbiamo votato sulla questione questo mese, ma presumibilmente i fondi verranno versati a circa un anno di distanza dagli eventi meteorologici. I rumeni che riceveranno tali contributi non si renderanno nemmeno conto che si tratta di aiuti provenienti dall’Unione europea.

 
  
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  Kyösti Virrankoski, relatore. − (FI) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno fornito riscontri sulla mia relazione.

Adesso che l’Unione europea è una comunità di 27 Stati membri e 480 milioni di cittadini, ritengo che la gestione e l’amministrazione vadano semplificate e rese più efficienti. La gestione e redazione del bilancio sulla base delle attività (ABB-ABM) lo consentono chiaramente e prevedono una suddivisione dei poteri e delle responsabilità ai livelli adeguati, per garantire un’amministrazione responsabile e l’attuazione efficace dei programmi.

In conclusione, vorrei ringraziarvi tutti, e mi preme soprattutto rivolgere alla signora commissario Grybauskaitė i miei migliori auguri di felicità e buona riuscita per tutte le sfide future. E’ stato un vero piacere lavorare con lei, e abbiamo apprezzato i livelli eccellenti di collaborazione instaurati tra il Parlamento e la Commissione. Grazie e ancora tanti auguri.

 
  
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  Reimer Böge, relatore. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei iniziare rivolgendo un ringraziamento alla signora commissario. Dopo una fase iniziale di conoscenza reciproca, abbiamo lavorato insieme in maniera efficace, costruttiva e trasparente, confermata dai risultati conseguiti in numerosi negoziati degli ultimi anni. Le auguro il meglio per le prossime settimane. Vorrei inoltre esprimere un caloroso ringraziamento ai miei colleghi del Parlamento per il duro lavoro e per il dibattito che si è svolto in preparazione del voto di domani in plenaria, nonché all’onorevole Guy-Quint per il suo ruolo di relatrice sul tema delle conseguenze del trattato di Lisbona in termini di bilancio. Abbiamo convenuto una procedura comune per i punti chiave delle relazioni, in particolare per l’approccio in tre fasi e l’orizzonte temporale.

Poiché sapevamo che la prospettiva finanziaria attuale per il periodo 2007-2013 e, correlata ad essa, l’accordo interistituzionale del 2006 rappresentavano il massimo che i negoziati potessero conseguire, ci rendevamo anche pienamente conto delle carenze operative. Per tale ragione è molto importante che la relazione in oggetto chieda accordi lungimiranti e tempestivi e garantisca il pieno impegno nel rispettarli. Il nostro compito nelle prossime settimane e mesi, in particolare per quanto riguarda i negoziati in corso, è incentrato essenzialmente sul piano europeo per la ripresa economica e sul fare presente al Consiglio che tutti gli elementi dell’accordo interistituzionale – ci sono infatti numerosi strumenti a cui ha fatto riferimento la signora commissario – costituiscono parte integrante del quadro finanziario complessivo. Se tutti i paesi membri si rendessero maggiormente conto di ciò, avremmo registrato progressi più significativi con le norme esistenti.

Vorrei infine cogliere l’occasione per esortare la Commissione affinché, nel prossimo autunno, prenda in considerazione i risultati e le osservazioni fondamentali che il Parlamento adotterà domani. Potrebbe essere un ottimo punto di partenza per apportare le ambiziose modifiche necessarie sotto forma di sforzo congiunto tra Commissione e Parlamento europeo e, al contempo, per mettere a punto un bilancio che guardi al futuro e si accompagni a una maggiore legittimità politica. E’ questo che chiede il Parlamento nella relazione in oggetto, con voce forte e unanime.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 25 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La revisione del quadro finanziario attuale rappresenta una buona occasione per riflettere non solo sul modo in cui vengono stanziate le risorse disponibili, ma anche sulla forma futura del bilancio comunitario. Al momento di introdurre modifiche al bilancio attuale e di pianificare la prossima prospettiva finanziaria, dovremmo farci guidare soprattutto dall’aspirazione ad approfondire l’integrazione e a conseguire obiettivi specifici.

Ultimamente abbiamo avuto modo di constatare cambiamenti di ampia portata nella struttura del bilancio comunitario. Le spese per la PAC non assorbono più la parte più consistente delle risorse comunitarie. Attualmente, la politica di coesione e le misure correlate all’attuazione della strategia di Lisbona possono contare su un sostegno incondizionato. Tali sviluppi sono indubbiamente vantaggiosi per il futuro di un’Europa orientata a un’economia innovativa e basata sulla conoscenza, in grado di garantire alti livelli di occupazione. D’altro canto, tali cambiamenti non devono andare a discapito della sicurezza alimentare europea, né ridurre i redditi degli agricoltori.

Altrettanto preoccupante è la riduzione crescente del livello di bilancio comunitario in relazione al RNL degli Stati membri. Secondo le statistiche, se nella prospettiva attuale avessimo mantenuto il bilancio al livello del periodo 1993–1999 (calcolato sulla base della stessa percentuale del PIL), avremmo altri 200 miliardi di euro a disposizione per l’attuazione delle politiche europee. L’evidente pressione a ridurre il bilancio comunitario è dannosa, in quanto limita la sua flessibilità e la sua capacità di adattarsi alle nuove esigenze. Rivolgo pertanto un appello affinché l’adeguamento del bilancio comunitario alle nuove sfide non venga realizzato spostando risorse dalla PAC, bensì mediante un incremento corrispondente dei mezzi di bilancio comunitari.

 

11. Avvenire dell’industria automobilistica (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sull’avvenire dell’industria automobilistica.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, è la seconda volta in pochi mesi che ci riuniamo in plenaria per esaminare la situazione dell’industria automobilistica in Europa. Devo constatare con rammarico che la situazione è peggiorata dal nostro ultimo dibattito.

Nell’ultimo trimestre del 2008, le vendite di vetture nuove sono diminuite del 20 per cento e la produzione automobilistica del 29 per cento. Tale tendenza negativa è destinata a proseguire nel 2009. Nel gennaio e febbraio di quest’anno, i dati relativi al fatturato hanno registrato un calo rispettivamente del 29 per cento e del 18 per cento. La flessione sarebbe stata maggiore se alcuni paesi membri non avessero avviato iniziative efficaci per stimolare la domanda. La crisi non è limitata al mercato europeo. Le esportazioni verso i paesi terzi hanno evidenziato una rapida flessione, e di conseguenza ci possiamo attendere un impatto negativo sulla bilancia commerciale europea. L’industria automobilistica è sotto pressione in tutto il mondo.

Non vi sono prospettive di miglioramento di qui a fine anno. La produzione complessiva di auto e veicoli commerciali in Europa è probabilmente destinata a scendere di una percentuale compresa tra il 20 e il 30 per cento, vale a dire che nel 2009 in Europa verranno prodotti circa 5 milioni di veicoli in meno rispetto al 2007. Le previsioni negative riguardano soprattutto i veicoli commerciali, dove si prevede un calo della produzione del 35 per cento.

Come sapete, la Commissione ha reagito tempestivamente a tale situazione. Nell’ottobre 2008 abbiamo formulato le prime raccomandazioni nel gruppo CARS 21 per superare la crisi, compreso il coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti e gli incentivi alla rottamazione. All’inizio di gennaio io e i ministri europei delle Finanze ci siamo riuniti per concordare un approccio comune alla crisi. Il 25 febbraio la Commissione ha presentato un concetto che è stato approvato pochi giorni dopo dal Consiglio europeo e dal Consiglio “Competitività”.

Le nostre risposte puntano dritte sulle cause più importanti di questa crisi molto grave, tra cui si annoverano domanda in rapida diminuzione, difficoltà di accesso al capitale, problemi di liquidità e sovraccapacità strutturale. In quest’ultimo caso, si tratta di un fenomeno su scala globale. Il nostro obiettivo è mantenere l’integrità del mercato unico europeo, evitare il protezionismo e salvaguardare la solidarietà degli Stati membri per salvare posti di lavoro nel settore automobilistico.

A questo punto vorrei ribadire con chiarezza che deve essere l’industria a fare i primi passi. Nel quadro di CARS 21 abbiamo stabilito le condizioni di base per un’industria automobilistica orientata al futuro, e le stiamo sottoponendo a miglioramenti continui. Vorrei che fosse chiaro che l’industria automobilistica europea deve ora impegnarsi su un ampio fronte per immettere sul mercato i tipi di vetture adatti alle esigenze del XXI secolo, in altre parole, automobili efficienti dal punto di vista energetico e a basso consumo, per un uso oculato delle risorse.

Sul fronte politico, la Commissione ha chiarito la propria posizione. A nostro avviso, il compito principale che ci spetta è permettere al sistema finanziario di ricominciare a funzionare efficacemente, per poter erogare i livelli elevati di investimenti necessari all’industria automobilistica europea. Tali investimenti cospicui sono indispensabili all’industria per sviluppare e immettere sul mercato l’auto europea del futuro.

Abbiamo adottato il quadro comunitario temporaneo per gli aiuti statali, che conferisce ai paesi membri maggiore spazio di manovra per risolvere i problemi di liquidità. Tale misura era necessaria per garantire che società altrimenti redditizie non cadessero vittima degli effetti acuti della crisi.

Volevamo inoltre assicurarci che le aziende continuassero a investire nella ricerca e nella modernizzazione, in particolare durante la crisi. Abbiamo compiuto progressi soddisfacenti grazie ai provvedimenti presi. Quest’anno la Banca europea per gli investimenti ha già approvato progetti per l’industria automobilistica per un valore di oltre 3 miliardi di euro. Per il 2009 sono in via di pianificazione ulteriori progetti per un valore complessivo di diversi miliardi di euro. Tali iniziative non coinvolgono soltanto le case automobilistiche, ma anche i fornitori dell’industria dell’auto.

Anche la Banca europea per gli investimenti, che vorrei ringraziare sentitamente della collaborazione, sta elaborando un programma speciale per le medie imprese nel settore delle forniture automobilistiche che sono state particolarmente colpite dalla crisi. Metteremo a disposizione 1 miliardo di euro per partenariati con l’industria nel campo della ricerca, al fine di accelerare il passaggio a un’economia a basso consumo di carbonio e ad alta efficienza energetica. Lo scopo di ciò è garantire all’industria europea una posizione adeguata per il periodo successivo alla crisi, per consentirle di trarre vantaggi concreti dagli sviluppi positivi che ci attendiamo in quel frangente.

Possiamo anche intervenire sul fronte della domanda. Numerosi paesi membri hanno introdotto incentivi alla rottamazione per stimolare la domanda. La Commissione ha stabilito le linee guida a cui gli Stati membri devono attenersi per l’introduzione di programmi di incentivi di questo tipo. Lo scopo è assicurarsi che le misure nazionali non sortiscano un effetto discriminatorio né interferiscano col mercato interno. Sono lieto di potervi comunicare che l’obiettivo è stato raggiunto.

Occorre naturalmente anche tutelarsi dagli effetti dei cambiamenti strutturali, mantenere al minimo i costi sociali e convincere i lavoratori qualificati a non abbandonare il settore automobilistico. Se l’industria automobilistica europea vuole mantenersi competitiva sul lungo periodo, alcuni cambiamenti strutturali saranno inevitabili. Il processo sarà doloroso, ma è ineludibile. Abbiamo bisogno di un settore forte e competitivo, con un potenziale occupazionale significativo, e non di aziende che dipendono costantemente dalle sovvenzioni. La Commissione europea ha messo a disposizione risorse del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere i lavoratori più duramente colpiti dagli effetti temporanei della necessaria ristrutturazione dell’industria.

In aprile terremo la nostra prima tavola rotonda con i rappresentanti dell’industria, delle maestranze e degli Stati membri, al fine di discutere la dimensione sociale della crisi e la nostra risposta alla stessa. Mi preme tuttavia raccomandare alle imprese di organizzare adesso la formazione professionale dei propri dipendenti, per migliorare le loro probabilità di trovare un impiego nel settore automobilistico o in altri ambiti dell’economia.

Vorrei ora pronunciarmi sulla situazione di un produttore specifico, la General Motors europea, costituita da Opel, Vauxhall e Saab. Ci tengo a ribadire che non è nell’interesse dell’Europa permettere a quest’azienda di soccombere. Sul piatto della bilancia vi sono più di 200 000 posti di lavoro in tutta Europa. Non sono dell’avviso che la dismissione dei siti produttivi della General Motors in Europa contribuirebbe a risolvere il problema delle capacità dell’industria automobilistica europea e che vada pertanto accolta con favore. I lavoratori coinvolti non sono responsabili della crisi della loro azienda. La crisi proviene essenzialmente dall’America.

Non esiste una soluzione nazionale al problema. Non esiste nemmeno una soluzione europea. Può esserci solamente una soluzione transatlantica che coinvolga la casa madre. Pertanto, per noi è importante sapere cosa accadrà negli Stati Uniti. Al momento non lo sappiamo. Non lo sa nemmeno il governo americano. Sono lieto che tutti i governi europei che ospitano nel loro territorio uno stabilimento della General Motors abbiano deciso di non muoversi da soli, bensì di cooperare per la parte europea della soluzione. Tale soluzione non potrà che produrre una società che succeda alla precedente e sia competitiva e in grado di sopravvivere sul mercato. Dovrà inoltre essere possibile fornire una giustificazione economica nonché politica alla soluzione. I posti di lavoro presso la General Motors in Europa sono troppo importanti per permettere che vengano trascinati in controversie elettorali o politiche di interesse nazionale. Per questa ragione la Commissione continuerà a compiere ogni sforzo possibile per individuare una soluzione politica di tal genere.

Infine, la Commissione, come parte del suo programma legislativo, farà in modo di non imporre oneri finanziari aggiuntivi evitabili a carico dell’industria automobilistica, vista la difficoltà della congiuntura.

Il tempo per parlare della gravità della crisi si è esaurito. Disponiamo di un piano europeo con misure coordinate a livello sia comunitario sia di Stato membro. E’ arrivato il momento di agire e di attuare tali piani in ogni loro dettaglio. Grazie dell’attenzione.

 
  
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  Werner Langen, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, vorrei ringraziare sentitamente il commissario Verheugen per aver sollevato l’argomento e complimentarmi con lui per il successo riscosso nel coordinare le misure europee e nell’impedire che i singoli paesi membri, nel corso della riunione dei ministri del 13 marzo, scegliessero di imboccare la via della soluzione individuale .

Abbiamo richiesto una discussione sulla base della sua relazione scritta, in quanto riteniamo che la crisi sia così grave da meritare un dibattito in sede di Parlamento europeo. Abbiamo redatto una risoluzione congiunta che copre i punti salienti.

Vorrei ribadire alcuni dei concetti da lei citati. Il salvataggio di un’azienda può naturalmente andare a buon fine se si chiariscono le responsabilità proprie della società stessa – e le circostanze particolari del caso General Motors – nonché i diritti di proprietà intellettuale e tanti altri fattori. Nel complesso, si tratta di un settore molto ampio. Con un totale di 12 milioni di posti di lavoro dipendenti dall’industria automobilistica, investimenti annuali pari a 20 miliardi di euro, e un fatturato annuale di 780 miliardi di euro con 140 miliardi di euro di valore aggiunto, si tratta di un comparto molto importante, che si è trovato in difficoltà in parte per colpa propria – sto pensando all’eccesso di capacità e alle politiche modello di alcune case automobilistiche – ma, in generale, soprattutto per gli effetti della crisi internazionale dei mercati finanziari.

Accogliamo pertanto con favore tutte le misure collettive in via di adozione. Dovrebbero contribuire a garantire una maggiore sostenibilità del settore automobilistico, stimolare la domanda per consentire all’industria di riemergere dalla crisi, e agevolare l’erogazione di investimenti e finanziamenti per gli acquirenti e per il settore. In aggiunta a ciò, tali misure, come ha precisato alla fine del suo intervento, non dovrebbero causare nuovi problemi legislativi che a loro volta aumenterebbero la pressione sulla competitività dell’industria automobilistica europea.

Su tali basi possiamo adottare la risoluzione congiunta. Il mio gruppo voterà a favore dell’emendamento al paragrafo 5 del gruppo socialista al Parlamento europeo, che fa riferimento specifico al caso particolare della General Motors; forti di un’ampia maggioranza, potremo pertanto incoraggiare la Commissione a offrire ai lavoratori la sicurezza del posto di lavoro e ad aprire nuove prospettive per il settore dell’auto.

 
  
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  Robert Goebbels, a nome del gruppo PSE.(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, per il prossimo futuro l’umanità non riuscirà a fare a meno di auto o camion. Tali mezzi di trasporto devono diventare meno inquinanti e più efficienti dal punto di vista energetico. Tuttavia, nemmeno l’organizzazione di trasporti pubblici migliore e più rispondente alle nostre esigenze potrà competere con la flessibilità dei mezzi di trasporto individuali.

Il settore automobilistico europeo è l’industria leader mondiale in termini tecnologici. Tale settore all’avanguardia deve essere protetto. E’ strategico per tutto il tessuto industriale europeo. Milioni di posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente dallo stesso. Il gruppo socialista al Parlamento europeo vuole tutelare l’occupazione. Chiede che ogni potenziale operazione di ristrutturazione sia preceduta da discussioni con i lavoratori e i loro sindacati.

Sulla scia delle misure adottate per le banche, la Cina ha finanziato la modernizzazione e l’adeguamento tecnologico del settore. In tal senso, concordo pienamente con le osservazioni del commissario Verheugen. L’Europa deve assumersi le sue responsabilità. Laddove necessario, la Banca europea per gli investimenti deve essere ricapitalizzata per essere messa nelle condizioni di aiutare la ristrutturazione del settore e le sue migliaia di subappaltatori, che sono essenzialmente PMI.

Ci attendiamo che la Commissione continui a promuovere un dialogo costruttivo tra tutti i paesi europei che ospitano stabilimenti di proprietà di produttori americani e di tali società. Ci complimentiamo inoltre col commissario Verheugen per l’iniziativa che ha preso al riguardo.

Tuttavia, dobbiamo ancora organizzare la protezione della proprietà intellettuale europea e riportare in Europa i brevetti delle invenzioni create in Europa ma attualmente bloccate negli Stati Uniti. Si tratta di una fattispecie simile al furto aggravato o per lo meno all’esproprio senza indennizzo. E’ impensabile che in futuro i siti produttivi europei debbano pagare le royalty per il know-how sviluppato da ingegneri e lavoratori in Europa.

Per quel che concerne la situazione della General Motors, signor Presidente, il gruppo socialista concorda con quanto dichiarato dal commissario Verheugen a quest’Assemblea.

 
  
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  Jorgo Chatzimarkakis, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario Verheugen, ci siamo riuniti un’altra volta per dibattere la questione delle automobili, e a ragione. La crisi ha colpito duramente una delle nostre industrie chiave: 12 milioni di posti di lavoro complessivi, il 6 per cento della forza lavoro, il maggiore investitore nella ricerca e sviluppo – pertanto, vale decisamente la pena dibattere la questione e individuare soluzioni. Tuttavia, sappiamo ora con certezza che l’Unione non dispone degli strumenti adatti a gestire tale crisi. Gli Stati membri vanno avanti ognuno per la loro strada, il quadro per la concorrenza è stato talvolta messo a rischio e la Banca europea per gli investimenti, la panacea universale, è sotto pressione in termini sia di finanze sia di personale. Occorre pertanto individuare nuovi approcci.

Sono grato al commissario Verheugen per aver adottato tempestivamente la direttiva quadro, che ci permetterà di capire come procedere in materia di diritto della concorrenza. La BEI deve tuttavia disporre di mezzi più adeguati. La Banca centrale europea deve garantirle condizioni speciali per permettere di accedere a capitale fresco, il che non è attualmente consentito dalla legge. Inoltre, è importante correlare più strettamente gli aiuti statali al cambiamento epocale che porta verso le nuove tecnologie e all’abbandono graduale del motore a scoppio. Inoltre, fondi quali i Fondi strutturali e i fondi per l’agricoltura dovrebbero essere incentrati sullo sviluppo di infrastrutture più solide per le nuove tecnologie.

Vorrei ora esaminare più da vicino la questione della General Motors. Convengo col signor commissario e con gli oratori che mi hanno preceduto che tale problema presenta una dimensione europea, in quanto la società possiede siti produttivi dislocati in molti paesi membri. Una cosa è comunque certa: lo Stato, compresa l’Unione, non dovrebbe intervenire nell’economia. La crisi non ha inficiato la validità di tale principio. Benché l’industria automobilistica sia un settore strategico, non è sistemico come ad esempio il settore bancario. Dovremmo pertanto evitare di immischiarci nella questione delle partecipazioni. Ritengo tuttavia che le garanzie rappresentino l’approccio corretto, sempre vi sia un investitore privato che se le assuma tramite la BEI. Ciò presuppone però abbracciare il cambiamento paradigmatico e privilegiare le nuove tecnologie. La Daimler e l’autorità per gli investimenti di Abu Dhabi hanno recentemente adottato questo tipo di soluzione, per cui dovremmo poterlo fare anche noi.

Vorrei ringraziare il signor commissario per le misure attive da lui intraprese. Mi preme inoltre rivolgere un ringraziamento ai miei onorevoli colleghi per aver appoggiato l’iniziativa correlata alla risoluzione.

 
  
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  Antonio Mussa, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi dell'auto è tra le più gravi dell'industria manifatturiera mondiale perché, oltre a comportare gravi ripercussioni economiche e occupazionali nelle fabbriche e nell'indotto europei, colpisce i paesi extracomunitari ove negli ultimi decenni è stata sempre più dislocata la produzione.

L'Unione, peraltro, per riportare il settore almeno alla redditività del 2007 non può sopportare il costo sociale del taglio di circa 350.000 posti di lavoro. Allora ben vengano gli aiuti almeno armonizzati al settore, purché unitamente alla salvaguardia dell'occupazione. Le parole d'ordine per le imprese europee devono essere ricerca e tecnologia d'avanguardia. È ovvio che nell'evoluzione del mercato il ricorso alle fusioni o ad accordi strategici è un'ulteriore strada percorribile, questo però non a scapito della tradizione europea dell'auto, fiore all'occhiello dell'industria manifatturiera comunitaria.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, l’aspetto che ci sta maggiormente a cuore in questa discussione sono i lavoratori del settore automobilistico. Le cifre sono così elevate che è difficile farsi un’idea precisa dell’entità del problema. Nel suo contributo, signor Commissario, lei ha puntualizzato molto chiaramente una delle questioni più scottanti, vale a dire che, a fronte di tali cifre, vi sono anche i dati relativi ai livelli esorbitanti di sovrapproduzione e all’evidente carenza di innovazione nelle aree dell’efficienza e della tutela del clima. Se ora decideremo di offrire all’industria automobilistica gli aiuti di Stato, tale misura dovrà necessariamente implicare l’utilizzo di tali finanziamenti per il mantenimento dei posti di lavoro e la creazione di occupazione sostenibile. Inoltre, potranno essere erogati solo a condizione che tali imprese si concentrino effettivamente sull’innovazione.

Un aspetto che suscita in me qualche perplessità, signor Commissario, è l’influenza considerevole che esercitano il gruppo CARS 21 e l’industria su un processo che prende le mosse da qui. Conosco piuttosto bene alcune case automobilistiche tedesche, e so che tendono a mettere mano ai freni quando si tratta di protezione ambientale ed efficienza.

Ho inoltre rilevato con molto interesse che due settimane fa è stata richiesta una nuova esenzione per la sospensione dei requisiti ambientali. Non deve succedere. Gli aiuti devono dipendere da condizioni quali la creazione di posti di lavoro, l’innovazione autentica, la formazione e lo sviluppo delle competenze dei dipendenti; ciò vale sia per i fornitori, vale a dire le molte PMI che dipendono dalle organizzazioni più grandi, sia per i lavoratori del settore automobilistico. Il mio gruppo si riterrebbe soddisfatto di tale provvedimento. Tuttavia, in assenza di condizioni rigorose, non contribuiremo alla creazione di impieghi sostenibili.

 
  
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  Roberto Musacchio, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa discussione sull'auto è purtroppo tardiva nei tempi e anche inadeguata nei contenuti. Discutiamo infatti quando si sono già determinate scelte da parte dei governi nazionali fuori da un vero contesto europeo, mentre le conseguenze sociali sono già drammatiche in termini di disoccupazione e cassa integrazione.

Nel merito poi non ci sono nel testo di risoluzione proposto elementi fondamentali perché i provvedimenti che si vanno a prendere siano efficaci e giusti. Vorrei far notare che sul clima, pochi mesi fa, l'Europa si era mossa assai diversamente, come vero soggetto politico. Sulla crisi economica ciò non sta accadendo. Si è lasciato fare ai governi che hanno agito in modo sconnesso e, vorrei dirlo, anche con una qualche logica elettoralistica.

Naturalmente ciò è dovuto alla debolezza politica della Commissione Barroso, ma anche alle difficoltà di affrontare situazioni che chiedono una nuova capacità d'intervento con scelte che riguardano le politiche industriali, quelle sociali e occupazionali.

Si può assistere a provvedimenti nazionalistici? Si può subire un'ondata di licenziamenti in presenza di aiuti alle imprese? Si possono continuare ad avere delocalizzazioni nel settore auto e nel suo indotto, come nel caso italiano della ITONO e ora con il caso Indesit, che riguarda un altro settore fondamentale? Si può allargare l'uso dei fondi europei senza aumentarli? Per questo non basta dire che c'è il problema auto e che si sono fatti tanti incontri.

Occorre dare linee guida di intervento, ovvero che non si licenzia quando si prendono aiuti, che gli aiuti vanno legati all'innovazione come quella prevista dal pacchetto clima e dal regolamento Sacconi, che vanno fermate le delocalizzazioni e le competizioni tra Stati membri dell'Unione europea. Su tutto ciò il mio gruppo ha presentato emendamenti. Occorre cioè una politica nuova, quella che quest'Europa non dimostra di avere e che noi dobbiamo realizzare prima che il disagio sociale divenga così drammatico da non costruire risposte certe per i nostri lavoratori.

 
  
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  Sergej Kozlík (NI). – (SK) Il calo precipitoso della domanda globale di automobili ha colpito anche l’Europa. Nell’ultimo trimestre del 2008, le vendite di autovetture europee hanno evidenziato una flessione annuale di oltre il 19 per cento e stanno ancora scendendo. Molti degli Stati membri chiave dell’Unione europea hanno deciso di offrire il loro sostegno al settore della produzione automobilistica. Stanno tuttavia emergendo dubbi sugli approcci selezionati ed attuati, su cui si allunga l’ombra del protezionismo. Mi associo pertanto alla posizione della Commissione europea, che mette in guardia dalle misure protezioniste a sostegno dei produttori nazionali. L’invito della Commissione a risolvere i problemi strutturali come priorità è appropriato, soprattutto relativamente alla sovrapproduzione eccessiva e agli investimenti nelle tecnologie innovative.

Il sostegno offerto dal settore pubblico deve essere trasparente e conformarsi alle norme comunitarie in materia di concorrenza e aiuti statali. Dobbiamo prevenire le rivalità per le sovvenzioni che si scatenano tra i vari operatori del mercato europeo. La situazione è resa più complessa dal fatto che tali norme non tengono debito conto della concorrenza globale, in particolare dagli Stati Uniti. Si prevede che le sovvenzioni statunitensi per risolvere i problemi dei produttori automobilistici verranno estese anche ai fornitori di pezzi di ricambio. Se la situazione peggiorasse ulteriormente, l’Europa potrebbe dover far fronte non solo alla questione della produzione e delle vendite in Europa, ma anche a quella dell’importazione di autovetture che sono state fabbricate con il ricorso ad aiuti statali eccessivi. In circostanze del genere, l’Europa potrebbe anche minacciare l’applicazione di misure nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Molti paesi europei hanno introdotto programmi di incentivi sulla rottamazione, e anche nel Regno Unito sono state appena avviate iniziative in tal senso. Tali programmi possono tuttavia risolvere la crisi soltanto nel breve periodo, in quanto provocano rapide distorsioni dei mercati, assorbono fondi dalle casse pubbliche e causano il rinvio di soluzioni necessarie incentrate sugli investimenti nelle tecnologie innovative.

 
  
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  Amalia Sartori, (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho voluto intervenire su questo argomento anche perché nei mesi scorsi ho seguito con grande attenzione i lavori che si sono portati avanti nel Parlamento europeo, nelle nostre commissioni e poi in Aula, relativi proprio alle richieste di impegni precisi che noi abbiamo rivolto ai produttori di auto del nostro continente.

Abbiamo posto obiettivi importanti soprattutto parlando di CO2, quando abbiamo chiesto loro di compartecipare ai grandi obiettivi che l'Europa si pone di riduzione di CO2 nei prossimi anni, obiettivi ambiziosi a cui tutti i paesi del mondo guardano con grande interesse. Noi abbiamo chiesto al settore automobilistico che entro il 2012 abbiano una riduzione di 120 mg mediamente ed entro il 2020 di altri 25 mg. Sono obiettivi rilevanti che richiedono investimenti rilevanti.

Abbiamo posto obiettivi importanti soprattutto parlando di CO2, quando abbiamo chiesto loro di compartecipare ai grandi obiettivi che l'Europa si pone di riduzione di CO2 nei prossimi anni, obiettivi ambiziosi a cui tutti i paesi del mondo guardano con grande interesse. Noi abbiamo chiesto al settore automobilistico che entro il 2012 abbiano una riduzione di 120 mg mediamente ed entro il 2020 di altri 25 mg. Sono obiettivi rilevanti che richiedono investimenti rilevanti.

Diversi Stati membri stanno varando piani per incentivare le vendite, il che va nella linea di mantenere i livelli di rinnovamento del parco auto. Tuttavia, queste politiche devono far parte di un'unica strategia comunitaria per evitare pericolose distorsioni del mercato.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE). (DE) Signor Presidente, vorrei ribadire con chiarezza che mi associo pienamente a tutte le osservazioni del signor commissario. Nel mio paese, l’Austria, parecchie migliaia di lavoratori sono direttamente o indirettamente colpiti dalla crisi. Vale anche per il nostro vicino, la Slovacchia, e per molti altri paesi.

La questione mi preoccupa in maniera particolare perché è evidente che l’industria automobilistica è un settore chiave. Non andrebbe considerata alla stregua di un’industria obsoleta, in quanto l’esistenza del settore automobilistico in Europa è sotto molti aspetti sinonimo di ricerca e sviluppo. Inoltre, da quest’industria dipendono numerose piccole e medie imprese. Tendiamo a non manifestare molta solidarietà nei confronti delle grandi imprese. Tuttavia, se pensiamo a tutti i fornitori, le piccole e medie aziende, vediamo le cose con altri occhi.

Vorrei in particolare sottolineare quanto da lei dichiarato, signor Commissario, a proposito della General Motors. Abbiamo uno stabilimento produttivo della General Motors molto ampio a Vienna. Conosciamo bene i timori dei lavoratori che sono in attesa di scoprire le decisioni che verranno prese in America. Mi auguro che questo possa diventare un esempio illuminante di cooperazione transatlantica in cui l’America – e non parlo del governo americano bensì dell’America nel suo complesso – che continua a pretendere dall’Europa misure più incisive per combattere la crisi, possa dare il buon esempio e permettere così all’Europa di uscire dal tunnel con tutte le sue imprese.

In conclusione, un paio di parole sulle misure protezionistiche. Possiamo accettare soltanto una soluzione europea comune. Dobbiamo porci questo obiettivo.

 
  
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  Gianluca Susta (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è il terzo dibattito che noi facciamo in pochi mesi sulla questione dell'auto. Le nostre sollecitazioni non hanno ancora trovato risposte adeguate dalla Commissione e dal Consiglio, né dal punto di vista del sostegno alla domanda né sul versante della concorrenza esterna con un adeguato sostegno all'export.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, è il terzo dibattito che noi facciamo in pochi mesi sulla questione dell'auto. Le nostre sollecitazioni non hanno ancora trovato risposte adeguate dalla Commissione e dal Consiglio, né dal punto di vista del sostegno alla domanda né sul versante della concorrenza esterna con un adeguato sostegno all'export.

Il settore auto è un settore fondamentale della nostra industria, sottoposto a necessità nuove, a riorganizzazione dei fattori produttivi e a forti esigenze innovative di processo e di prodotto. Incentivi alla rottamazione coordinati a livello europeo contro ogni protezionismo, rifinanziamento delle linee di credito anche dalla Banca europea per gli investimenti finalizzati a questo settore, incentivi solo alle auto ecocompatibili e a motori ibridi, più fondi per la ricerca per i motori puliti e un'azione forte all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio per creare condizioni di vera reciprocità nel mercato mondiale dell'auto sono le richieste più significative di chi non vuole favorire la deindustrializzazione dell'Europa in uno dei suoi settori cruciali ad alto valore aggiunto e occupazione.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Commissario Verheugen ha sottolineato la necessità di stare molto attenti a che non vengano proposte o sostenute misure di protezionismo. Io vorrei ricordargli che al di là dell'Atlantico queste misure vengono prese e favoriscono ovviamente i concorrenti dei produttori europei.

Io ho l'impressione che la strategia perseguita finora dall'Unione europea non sia sufficientemente mirata, come dovrebbe essere in una situazione critica come quella attuale, a sostenere esclusivamente o principalmente l'auto "europea", progettata e costruita qui in Europa. Ho sentito da esponenti del mondo sindacale lacrime di coccodrillo sulla deindustrializzazione, sulla delocalizzazione, ecc. Quando qualcuno, come il sottoscritto, all'assemblea addirittura di una grande società produttrice italiana di automobili sosteneva queste tesi, anni fa, veniva preso non molto sul serio. Oggi purtroppo i fatti ci danno ragione.

Se l'Europa si limita a misure rivolte solo a incentivare la domanda, che ovviamente si può indirizzare anche a produttori extraeuropei, non ottiene risultati che sono necessari, per ottenere i quali invece è urgente incentivare la produzione di auto europee. I produttori europei vanno incoraggiati a investire nella ricerca per assicurare il futuro di un comparto industriale di eccellenza qual è anche quello dell'indotto auto, che oggi patisce anche per una politica di ristrettezze finanziarie degli organismi bancari europei.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Non dovremmo dimenticare che in quest’Aula si è svolto un dibattito praticamente identico lo scorso novembre, quando ormai era evidente che ci trovavamo di fronte a una crisi del sistema capitalista, che presupponeva cambiamenti radicali per rafforzare il potere d’acquisto della maggioranza della popolazione. Allora insistemmo pertanto sull’aumento degli stipendi e delle pensioni per garantire una distribuzione più equa del reddito. Questa continua a essere la misura fondamentale per stimolare la domanda e garantire pertanto che l’industria automobilistica e i suoi fornitori continuino a disporre di un mercato sicuro.

Constato con rammarico che la situazione sociale si sta complicando sempre di più, poiché i politici non stanno adottando le misure necessarie, mentre la disoccupazione e il lavoro precario e malpagato continuano ad aumentare. Insistiamo pertanto su nuove politiche che attribuiscano la priorità ai posti di lavoro corredati di diritti, che sostengano la produzione industriale nei paesi comunitari e che contrastino la strategia delle multinazionali, che stanno usando la crisi come pretesto per tagliare posti di lavoro, aumentare lo sfruttamento dei lavoratori e far lievitare i profitti. E’ essenziale fornire debito sostegno alle industrie comunitarie, al fine di mantenere e creare più posti di lavoro associati a diritti. Occorre tuttavia prestare particolare attenzione ai paesi con economie più fragili, quali il Portogallo, e incrementare il sostegno finanziario per prevenire la disoccupazione e per aiutare le microimprese e le piccole e medie aziende del settore automobilistico, delle industrie dell’indotto, del comparto dei pezzi di ricambio, nonché le piccole officine.

 
  
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  Carl Lang (NI).(FR) Signor Presidente, la globalizzazione impazzita e i suoi folli esponenti stanno costringendo i lavoratori europei del comparto automobilistico a pagare un prezzo elevato per le conseguenze del loro regime fondamentalista votato al mercato aperto e al libero commercio.

Il virus finanziario della crisi statunitense dei crediti ipotecari ha potuto pertanto contaminare liberamente l’assetto finanziario e il sistema bancario mondiale, e ha portato per metastasi al contagio del nostro sistema economico e alla distruzione delle nostre imprese e dei nostri posti di lavoro.

In qualità di parlamentare che, insieme al mio collega onorevole Le Rachinel, rappresenta le regioni francesi della Piccardia, del Nord-Pas de Calais e della Normandia, in cui sono a rischio migliaia di posti di lavoro, mi preme ricordarvi che le politiche commerciali europee hanno un costo umano e sociale insostenibile, ingiustificabile e inaccettabile. Tuttavia, i fanatici del mercato libero insistono e sottoscrivono. Proprio oggi, il primo ministro Brown e il presidente Barroso hanno ribadito il loro rifiuto a proteggere l’Europa, le nostre industrie e i nostri posti di lavoro nel nome dell’importantissimo libero mercato e della globalizzazione. I socioglobalisti di sinistra, i globalisti liberali della destra e gli alterglobalisti di estrema sinistra, ciechi e sordi di fronte a tutto, stanno tradendo e abbandonando i lavoratori europei.

Globalisti di tutto il mondo, unitevi! Lavoratori dei nostri paesi, sparite! E’ questo il manifesto del partito globalista.

Inoltre, gli attacchi continui agli automobilisti e alle autovetture ad opera degli ecocittadini, dei governi e di certi consiglieri locali mal si conciliano con la difesa e la promozione delle nostre industrie automobilistiche.

Infine, i demagoghi dell’estrema sinistra, che vedono la crisi attuale alla stregua di una manna per la rivoluzione, sono totalmente incapaci di soddisfare le esigenze dei lavoratori francesi ed europei. Soltanto con il patriottismo economico e sociale, la preferenza per i prodotti nazionali ed europei e la protezione nazionale ed europea riusciremo a infondere nuova vita nei nostri settori industriali.

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE-DE) . – (SV) Signor Presidente, i problemi che affliggono l’industria automobilistica europea sono in larga parte conseguenza della crisi economica e finanziaria. In tal senso, speriamo che passino in fretta. Tuttavia, da un altro punto di vista molto importante, tali problemi sono anche correlati ad un eccesso di capacità. Di conseguenza, per salvaguardare il futuro dell’industria automobilistica europea, è essenziale assicurarci che si ispiri a piani aziendali ragionevoli e realistici, e che venga gestita da amministratori responsabili.

Analogamente, se vogliamo mantenere fiorente l’industria automobilistica europea, con tutte le opportunità che offre in termini di sviluppo tecnico, occupazione sana e il ruolo che l’industria automobilistica ricopre nell’economia europea, gli aiuti di Stato che vengono attualmente concessi dai paesi membri devono essere usati per garantire la sopravvivenza del settore malgrado la recessione e la crisi finanziaria, senza però distorcere la concorrenza tra Stati membri o tra case automobilistiche.

Gli aiuti statali che provocano distorsioni alla concorrenza e fomentano la sfiducia tra gli Stati membri di fatto pregiudicano la capacità dell’industria automobilistica europea di sopravvivere, ed è in questo contesto che vorrei sollevare l’interrogativo su quello che è ora accaduto in Slovenia e Francia e sugli aiuti di Stato concessi a quest’ultima. Uno dei compiti più importanti della Commissione è vigilare affinché non vi siano violazioni delle norme in vigore, monitorare quanto succede e ispirare un regime di fiducia totale nel fatto che non vengano concessi aiuti di Stato ai danni di altri paesi membri o di altre industrie dell’automobile. Gli aiuti che provocano distorsioni della concorrenza compromettono l’avvenire dell’industria automobilistica europea e sortiranno effetti avversi sia sull’occupazione sia sullo sviluppo tecnico.

 
  
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  Monica Giuntini (PSE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto esprimere il mio apprezzamento per l'impegno tempestivo della Commissione e del Consiglio a sostegno del settore auto e delle imprese dell'indotto e della componentistica, che tuttavia non è ancora sufficiente.

Dopo i primi interventi messi in atto dai paesi membri, si può parlare di una leggera ripresa del settore: il dato italiano parla di un -18 per cento a febbraio nelle vendite, mentre a gennaio la diminuzione era stata del 22 per cento. Ovviamente, visti anche i dati che richiamava lo stesso Commissario Verheugen, occorre che l'Europa vada avanti garantendo ulteriori finanziamenti da parte della BEI e un coordinamento sempre maggiore delle misure nazionali per evitare concorrenze scorrette e discriminanti.

Occorre poi ricercare a livello europeo uno stretto coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori e delle associazioni di categoria nella creazione di piani di ristrutturazione, per elaborare una strategia europea di rilancio del settore a partire dagli investimenti nella ricerca e nelle nuove tecnologie.

Occorre poi ricercare a livello europeo uno stretto coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori e delle associazioni di categoria nella creazione di piani di ristrutturazione, per elaborare una strategia europea di rilancio del settore a partire dagli investimenti nella ricerca e nelle nuove tecnologie.

 
  
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  Lena Ek (ALDE) . – (SV) Signor Presidente, al momento ci troviamo nel bel mezzo di una crisi sia finanziaria sia climatica. Constatiamo che vi sono alcune case automobilistiche che reagiscono meglio di altre alla doppia crisi. Alcune marche e modelli di autovetture stanno gestendo meglio queste recessioni, segnatamente le case che hanno investito nello sviluppo tecnico sostenibile. E poi ci sono le aziende come la General Motors, che pretendono 350 milioni di dollari dagli Stati in cui si sono insediate.

Non dobbiamo sprecare altri soldi. Bisogna sostenere i cittadini impiegati nel settore automobilistico. Dovremmo aiutare le regioni in difficoltà e le piccole imprese della filiera, ma dobbiamo avere la certezza di farlo con prodotti adeguati al mercato del futuro.

La Commissione può fare di più aprendo i Fondi strutturali, il Fondo sociale, i fondi regionali e il fondo per l’agricoltura ai biocombustibili, alle misure sociali e alle regioni.

Ritengo inoltre che l’attività del Parlamento europeo a Strasburgo andrebbe sospesa.

 
  
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  Roberta Angelilli (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'auto è uno dei settori chiave dell'economia europea ed è un settore che rischia molto con la crisi in atto. Non è perciò questo il momento di ribadire che dobbiamo essere contro il protezionismo e la concorrenza sleale. Tutto ciò è terribilmente scontato. Questo è il momento di dare anche certezze strategiche, chiare e coraggiose ai produttori e ai lavoratori europei con un piano di sostegno, ci tengo a sottolinearlo, che dia a tutti gli Stati membri le stesse opportunità.

Tra gli obiettivi sicuramente assicurare un migliore utilizzo dei fondi europei, compreso il Fondo per la globalizzazione, ma soprattutto semplificare ed incrementare il supporto finanziario al settore attraverso la BEI e la BCE per poter accedere a prestiti a basso interesse, semplificando anche le procedure amministrative.

Concludo dicendo che più in generale l'obiettivo è quello di mantenere la competitività del settore e far sì che tutte le iniziative a livello europeo, oltre ad affrontare l'emergenza in atto, possano contribuire ad aprire una fase positiva di ristrutturazione e trasformazione dell'industria automobilistica.

 
  
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  Ivo Belet (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, il primo ministro britannico Brown ha colto perfettamente la questione stamattina, quando ha affermato che dobbiamo smetterla di borbottare, che è tempo di agire. In effetti è ora di mettere in pratica azioni solide e sostenibili. Noi, l’Europa, dobbiamo assumere il controllo e guidare il passaggio verso un settore automobilistico sostenibile, e ciò sarà realizzabile soltanto se accompagneremo l’industria fuori da questa recessione grave e densa di minacce.

Di qui il mio appello, signor Commissario Verheugen, rivolto a lei e alla Commissione. Vogliamo veramente che l’Europa e noi tutti ci impegniamo di più per il futuro delle nostre case automobilistiche. In qualità di Unione europea, abbiamo un’occasione irripetibile di dimostrare che stiamo dalla parte dei lavoratori – dei 200 000 operai della Opel in Germania, Polonia, Austria, Spagna e Belgio, solo per citarne alcuni.

Per tale ragione, in termini concreti, la Banca europea per gli investimenti deve sbloccare i crediti e sfruttare al massimo l’influenza e il potenziale di cui dispone. Due settimane fa abbiamo organizzato una consultazione con i vertici del settore qui in Parlamento, ed è emerso un problema enorme: il settore soffre di una carenza acuta di capitale. Per questo i prestiti a basso costo e le garanzie statali sono assolutamente necessarie, non solo per la sopravvivenza, ma soprattutto per un passaggio senza intoppi verso l’auto del futuro, che deve essere elettrica, ibrida, e soprattutto ecologica, e che è pronta a entrare in produzione.

Le parti sociali e i rappresentanti dei lavoratori devono essere strettamente coinvolti in questo piano di salvataggio europeo, poiché la questione è un banco di prova anche per il dialogo sociale a livello europeo.

Signor Commissario Verheugen, non è troppo tardi per agire. La prego, non lasciamo che la situazione degeneri.

 
  
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  Matthias Groote (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il commissario per l’intervento, ma anche per le azioni coraggiose intraprese nelle ultime settimane e mesi nel campo dell’industria automobilistica. Lo ringrazio altresì per aver ribadito con chiarezza che occorre trovare una soluzione per General Motors, perché la società ci serve, in particolare in relazione alla strategia sui nuovi sistemi di guida. Gli esprimo i miei più sinceri ringraziamenti.

Vorrei anche riallacciarmi a quanto dichiarato dall’onorevole Langen circa il fatto che il http://www.epp-ed.eu appoggia l’emendamento del nostro gruppo, in quanto ritengo che sia importante e che sia anche la cosa giusta da fare. Vi ringrazio inoltre del fatto che noi, come Parlamento, ci siamo espressi sulla questione della General Motors. Per molto tempo ho avuto l’impressione che non sarebbe successo, ma meglio tardi che mai. Vi ringrazio molto.

Nella nostra risoluzione ci siamo soffermati sulle misure a breve termine. Dovremmo tuttavia occuparci anche dei provvedimenti a medio termine, come hanno fatto gli esperti del gruppo CARS 21, nonché dell’armonizzazione delle aliquote d’imposta sulle automobili. So bene che si tratta di un arduo compito, ma si tratta di un piano europeo per la ripresa economica dell’industria automobilistica. Siamo nel bel mezzo di una crisi e dovremmo attuare subito queste misure. I 27 ministri delle Finanze dovrebbero compiere uno sforzo congiunto.

 
  
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  Mia De Vits (PSE).(NL) Signor Presidente, signor Commissario, lei stesso ha affermato che un dibattito sul settore automobilistico è impensabile senza includere nella discussione odierna anche la General Motors.

Plaudiamo alla sua iniziativa di riunire i ministri europei dell’Economia per individuare un approccio europeo. So che corrisponde anche ai suoi desideri – un approccio europeo invece che nazionale – eppure tale obiettivo potrà essere conseguito solamente se nel dibattito verrà coinvolto il comitato aziendale europeo, e se a esso verranno fornite tutte le informazioni che dovrebbe ricevere ai sensi di legge. Le chiedo pertanto esplicitamente se lei è pronto ad avviare un’iniziativa di tale natura e a trasmettere al comitato aziendale europeo le informazioni in possesso di ogni singolo Stato membro fornite dalla General Motors.

In secondo luogo, lei ha fatto riferimento ai fondi europei necessari per alleviare l’impatto sociale sui lavoratori. Sono convinta che tali risorse debbano essere utilizzate anche in maniera preventiva. Dobbiamo evitare il taglio dei posti di lavoro invece che limitarci a usare tali fondi europei quando gli impieghi sono andati già perduti.

 
  
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  Richard Howitt (PSE) . – (EN) Signor Presidente, a nome dei 350 operai della Ford licenziati dallo stabilimento di Warley e Dunton in Essex e dei 1 400 lavoratori della General Motors della IBC furgoni di Luton – una cifra che raddoppia se si contano i fornitori – accolgo con favore le dichiarazioni rese stasera, secondo cui questi produttori automobilistici non verranno abbandonati al loro destino.

Tuttavia, quando il commissario Verheugen afferma che la General Motors non deve adottare una politica all’insegna del “ridurre sul lastrico il prossimo”, vorrei chiedergli di associarsi a me nell’avanzare all’impresa quattro richieste: in primo luogo, rendere effettivamente pubblici i piani di ristrutturazione, presentandoli non solo al governo tedesco, ma anche a quello britannico e degli altri paesi membri; redigere una dichiarazione completa di impatto ambientale concernente gli effetti in termini di carbonio del pacchetto di 3,3 miliardi di euro da essa proposto; fare luce sul futuro della joint venture con la società francese Renault, in particolare per la produzione di furgoni a Luton; infine, precisare e a lei e a noi su quali basi una sovvenzione a breve termine possa garantire produzione e occupazione sicure e autenticamente sostenibili.

La scorsa settimana ho incontrato gli operai di Luton, e uno di loro mi ha confidato che le probabilità di sopravvivenza della IBC sono appena del 50/50, in una città in cui la produzione automobilistica si è insediata 80 anni fa e dove il 50 per cento dei posti di lavoro è ancora garantito dal settore manifatturiero. Io lotterò per il futuro di questi posti di lavoro.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS
Vicepresidente

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo (PSE).(ES) Signora Presidente, l’Europa deve sostenere con decisione il settore automobilistico, in quanto è cruciale per sviluppare un’economia tecnologicamente avanzata, in grado di assumere la guida della lotta contro il cambiamento climatico e garantire standard elevati di efficienza, sicurezza e qualità nel trasporto merci e passeggeri.

L’Unione è il primo produttore mondiale di autovetture e il secondo di autocarri, con 19 milioni di veicoli, il 20 per cento dei quali viene esportato. Il settore rappresenta il 3 per cento del PIL, il 6 per cento dell’occupazione, l’8 per cento del reddito nazionale e un sesto della spesa delle famiglie.

Le sfide strutturali e strategiche dell’industria automobilistica si sono moltiplicate in concomitanza con la crisi attuale. Esse vanno affrontate con un approccio europeo, settoriale e lungimirante, e avvalendoci della consultazione sociale. Solo così potremo rendere prioritarie l’occupazione e la formazione, impedire le discriminazioni e la concorrenza sleale e difendere gli interessi europei a livello mondiale. Nel breve periodo, occorre concedere incentivi temporanei e sostegno finanziario – per il tramite della Banca europea per gli investimenti o con altri mezzi – per garantire la sopravvivenza e la ripresa del comparto.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE).(RO) In Romania le vendite di automobili si sono dimezzate nel corso del 2008. Il fatturato dell’industria automobilistica rumena ha registrato una flessione del 7 per cento nel 2008 rispetto al livello stimato prima dell’inizio della crisi.

Alla luce della recessione economica che ha contagiato l’Europa intera, ritengo che i governi nazionali e la Commissione europea debbano unire le forze per sostenere il comparto automobilistico. Dobbiamo prendere atto del fatto che un rallentamento della produzione automobilistica innescherebbe una crisi verticale del settore: in altre parole, una recessione che colpirebbe le industrie manifatturiere dipendenti da tale settore, vale a dire i produttori di cavi, motori, apparecchiature elettriche e così via. Concretamente, si tradurrebbe nel licenziamento di migliaia di lavoratori.

A titolo di esempio, per sostenere l’industria automobilistica locale il governo rumeno ha adottato il programma “Rabla”. In base a tale iniziativa, i consumatori che rottamano auto più vecchie di 10 anni ricevono in cambio un importo che va a costituire l’anticipo sull’acquisto di una vettura nuova.

Invito pertanto i responsabili delle decisioni a riflettere su questo esempio e a proporre una strategia realizzabile per sostenere l’industria automobilistica europea durante la crisi economica mondiale in corso.

 
  
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  Inés Ayala Sender (PSE).(ES) Signora Presidente, ringrazio il signor Commissario per la disponibilità ed efficienza di cui ha dato prova nell’invitare tutte le parti interessate a prevenire e risolvere i problemi di Opel Europa, e anche l’industria automobilistica, un settore indubbiamente competitivo, che si trova a dover affrontare i problemi globali di General Motors negli Stati Uniti.

Inoltre, lo esorto a fare di questo salvataggio – che sta conferendo nuovo impeto alla ripresa di Opel Europa – un caso esemplare di come l’Unione europea sia in grado di affrontare le angustie causate dalla globalizzazione, con la risposta necessaria che abbiamo imparato anche dalla globalizzazione, con un approccio europeo.

Di conseguenza, mi piacerebbe innanzi tutto riuscire a riportare in patria i diritti di proprietà sull’innovazione europea. Occorre inoltre un sistema di garanzie adeguate per conferire a Opel Europa l’autonomia che le serve per continuare a offrirci automobili sempre più sicure, innovative, ad alto risparmio di energia e sostenibili.

Dobbiamo anche intensificare il dialogo sociale, conferendo poteri ai sindacati di Opel e al comitato aziendale europeo, che stanno dando prova di una notevole corresponsabilità.

Infine, signor Commissario, sono convinta che, per difendere l’approccio europeo, dobbiamo applicarlo per primi. In altre parole, affinché l’Europa riscuota credibilità e successo, non possiamo aspettare i governi come il mio, ad Aragona, che ha già offerto una garanzia di 200 milioni di euro. Sembra che l’Europa ci stia ancora riflettendo sopra.

A nome degli oltre 7 000 operai dello stabilimento Opel di Figueruelas, vi chiedo di fare di più.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, se l’Europa mette a disposizione risorse e, in particolare, se gli Stati membri erogano molti fondi per aiutare l’industria automobilistica a uscire dalla crisi, non può essere soltanto una questione di mantenimento dello status quo e di prevenzione dei fallimenti, in quanto sono coinvolte numerose altre imprese, la maggior parte delle quali sono già state citate.

Lo scopo è garantire che i cittadini che stanno cercando lavoro e che hanno bisogno di un impiego possano trovarlo nel lungo periodo. Rispetto al passato, dobbiamo pertanto fornire maggiore sostegno alle nuove tecnologie, all’innovazione e, aspetto ancor più importante, a sistemi di trasporto sostenibili.

Per tale ragione, tutte le nostre misure dovrebbero ispirarsi a tali obiettivi, per evitare di rimproverarci tra qualche anno il fatto che, se ci avessimo pensato anni prima, non ci saremmo trovati in una nuova situazione di crisi.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, la crisi è un banco di prova per la coesione comunitaria. Purtroppo, i governi stanno adottando misure a breve termine su base individuale, come i programmi di rottamazione, provvedimenti privi di coordinamento, anche se hanno prodotto risultati positivi immediati per la lotta contro la crisi. Se vogliamo criticare le misure statunitensi in quanto contrarie alla concorrenza leale e protezioniste, dovremmo concentrarci con attenzione ancora maggiore su una strategia congiunta a livello comunitario. Gli incentivi alla rottamazione contribuiscono a ridurre le emissioni, aumentano la sicurezza stradale e prevengono la disoccupazione nel settore automobilistico, in cui sono impiegati 12 milioni di dipendenti e migliaia di aziende in altri settori. Poiché con CARS 21 abbiamo imposto all’industria automobilistica requisiti ambientali e di sicurezza rigorosi, i programmi di rottamazione rappresentano una buona occasione per adottare un approccio congiunto a livello di governi europei, specialmente in un periodo di crisi, e tali programmi andrebbero finanziati con le risorse comuni. Chiedo alla presidenza ceca di avviare i negoziati sulla questione.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE) . – (SL) Signor Commissario, concordo pienamente con lei quando afferma che l’industria automobilistica è strutturalmente surriscaldata e che occorrono auto più ecologiche ed efficienti dal punto di vista dell’energia.

Commetteremmo un errore se tentassimo di avvalerci di misure di aiuto per proseguire lungo la direzione seguita finora, vale a dire lo sviluppo quantitativo. Favoriremmo invece la dimensione sociale e daremmo prova di grande solidarietà se appoggiassimo l’ecologia e una ristrutturazione orientata all’energia.

La crisi attuale ha inoltre mostrato forti interconnessioni in seno all’industria automobilistica europea. Tale settore si rifiuta di accettare il protezionismo a livello nazionale. Mi aspetto che le politiche comunitarie ne tengano conto.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi innanzi tutto per la coesione di quest’Assemblea, e poi per l’ampio sostegno da voi dimostrato nei confronti della politica della Commissione. Ritengo che sia molto importante e che trasmetta inoltre un segnale significativo ai lavoratori dell’industria automobilistica, che sono al centro di questo dibattito. Ed è giusto che sia così.

Alcuni deputati, tra cui gli onorevoli Harms, Hökmark e altri, hanno esaminato la questione del nesso che sussiste tra innovazione e competitività. Vorrei ribadire ancora una volta con chiarezza che senza questo legame con l’innovazione l’industria automobilistica europea non si manterrà competitiva nel lungo termine. L’obiettivo della nostra politica è garantire che l’auto europea del futuro sia la più innovativa del mondo, vale a dire la più pulita, la più efficiente in termini energetici, e la più sicura. Confido nella capacità dei nostri produttori, dei nostri specialisti tecnici e dei nostri ingegneri di conseguire tale traguardo. Abbiamo il potenziale per riuscirci.

Vorrei ora passare a un altro argomento, vale a dire il finanziamento della crisi. Le banche hanno smesso di concedere crediti. Le società non riescono a ottenere i prestiti di cui hanno bisogno. La Banca europea per gli investimenti è ora diventata il nostro organo tuttofare. Voglio ribadire con estrema chiarezza che tale istituto ha già raggiunto i limiti delle sue capacità. L’industria automobilistica non è l’unico settore per il quale chiediamo aiuto alla BEI. E i finanziamenti alle piccole e medie imprese? E le risorse per i nostri obiettivi, altamente ambiziosi, nel campo della tutela dell’ambiente? Sono tutti finanziamenti erogati dalla BEI. So già che riceveremo delle richieste dal settore a cui la BEI non sarà semplicemente in grado di far fronte, poiché vogliamo che tale organo operi su una base solida e non crei bolle, come hanno fatto gli altri. Nella seconda metà dell’anno è perciò probabile che i problemi si intensifichino, e dobbiamo prepararci a tali sviluppi.

Convengo inoltre con tutti coloro che hanno dichiarato che servono incentivi intelligenti per garantire che tutte le auto che vogliamo che vengano immesse sul mercato vengano poi anche acquistate. Condivido appieno l’opinione dell’onorevole Groote circa l’imposta sui veicoli basata sulla CO2. La Commissione ha formulato una proposta in tal senso molto tempo fa, e mi rammarico che alcuni paesi membri non l’abbiano seguita allora.

L’onorevole De Vits si è soffermata sul ruolo dei sindacati e dei comitati aziendali. Ho il piacere di informarvi che l’ultima discussione dettagliata a cui ho partecipato prima di presenziare a questa tornata è stata con il presidente del comitato aziendale di General Motors in Europa. Ci teniamo regolarmente in contatto e ci scambiamo tutte le informazioni in nostro possesso. Devo ammettere che fino ad ora ho beneficiato più io di lui di questo scambio. Ricevo più informazioni io di quante lui non ne ottenga da me. Mi auguro tuttavia di riuscire a ricambiare il favore in futuro. Tra pochi giorni ci sarà una riunione con i sindacati europei del settore metallurgico e automobilistico, e le associazioni dei lavoratori rappresentano naturalmente le parti principali coinvolte nelle tavole rotonde, che ho già citato. Credo perciò che abbiamo soddisfatto tutti i requisiti.

Nella procedura catch the eye sono stati fatti diversi riferimenti agli incentivi alla rottamazione. Dobbiamo necessariamente porci l’interrogativo se tali misure possano rivelarsi effettivamente utili nel lungo periodo. Forse stiamo creando una domanda artificiale che porterà a un altro tracollo. Ciononostante, tutti i produttori si sono detti entusiasti dell’idea, in quanto li aiuterà a uscire dalla fase molto difficile che stanno attualmente attraversando. E’ una specie di boccata di ossigeno, che finora è stata molto utile per evitare i licenziamenti di massa presso le principali case automobilistiche europee, che sono riuscite a non rinunciare alla propria forza lavoro. In tal senso, ha conseguito lo scopo.

L’incentivo alla rottamazione è un’iniziativa europea standard, nel senso che in materia vigono norme chiare che sono state rispettate da tutti. E’ evidente che non possiamo finanziare l’incentivo con il bilancio comunitario. Quest’ultimo non ha infatti questo fine, e tale misura sarebbe impossibile in termini sia politici sia giuridici. Gli incentivi hanno anche esercitato un impatto transfrontaliero positivo. Onorevole Roithová, il suo paese in particolare ha tratto molti vantaggi dai programmi generosi di incentivazione istituiti in altri paesi membri. Si intravede qui un certo grado di solidarietà europea che non andrebbe sottovalutato.

Considero il dibattito che si è svolto alla stregua di un invito a continuare ad intervenire sulla questione e a non mollare la presa. Vi prometto che lo faremo. Per quel che concerne l’industria automobilistica, abbiamo dato vita a una cooperazione eccellente tra le diverse parti coinvolte. Auspico che non emerga più la necessità di dibattere nuovamente la questione dell’industria automobilistica europea durante la legislatura di questo Parlamento, ma se dovesse rivelarsi necessario, la Commissione non esiterà a farlo in qualsiasi momento. Grazie mille.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 25 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) Le caratteristiche distintive della produzione e della commercializzazione fanno sì che ogni episodio di recessione dell’industria automobilistica europea sortisca effetti sugli altri settori in tutti gli Stati membri.

Oltre al declino della domanda causato dalla crisi economica e ai problemi di liquidità dovuti alla crisi finanziaria, l’industria automobilistica si trova a dover affrontare anche difficoltà strutturali a lungo termine: i costi fissi elevati, l’offerta eccessiva e la concorrenza sui prezzi avevano indotto molte case automobilistiche a iniziare già a tagliare i costi e ad aumentare l’efficienza interna.

Non si prevede un miglioramento della situazione nell’immediato futuro, tuttavia nel lungo periodo al comparto automobilistico sono associate prospettive globali promettenti, e per tale ragione è particolarmente importante che l’industria automobilistica europea riesca a superare tale battuta d’arresto e sia pronta a sfruttare le opportunità quando la domanda ricomincerà ad aumentare.

A tal fine, è essenziale soddisfare le aspettative dei consumatori e progettare veicoli più ecologici, sicuri e intelligenti.

La responsabilità primaria di gestire la crisi spetta comunque all’industria stessa. L’Unione e gli Stati membri possono offrire un contributo creando condizioni appropriate e presupposti adeguati per la concorrenza. Gli aiuti di Stato mirati e temporanei a livello comunitario e nazionale possono integrare gli sforzi compiuti dal settore per sopravvivere alla crisi, e possono mitigare gli effetti negativi della ristrutturazione che incombe sull’occupazione. Quest’ultima dev’essere oggetto di particolare attenzione a livello sia nazionale sia comunitario.

 
  
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  Krzysztof Hołowczyc (PPE-DE), per iscritto. – (PL) E’ lodevole che il secondo dibattito sulla crisi nel settore automobilistico prenda atto delle proposte del Parlamento europeo presentate nel corso della discussione di febbraio.

Garantire la competitività del mercato unico è di estrema importanza per noi. Rileviamo nostro malgrado che alcuni Stati membri hanno tentato di attuare provvedimenti che potrebbero costituire una violazione dei principi della concorrenza. Accogliamo pertanto con favore le decisioni che mirano a istituire quadri d’azione paneuropei. A tale proposito, dobbiamo anche continuare a valutare l’influenza esercitata sul mercato europeo dalla situazione in cui versa il comparto negli Stati Uniti e in Asia, nonché le possibili reazioni della Comunità.

Siamo lieti di constatare che è stata sottolineata l’importanza di stimolare la domanda del mercato. Trovare un equilibrio tra misure diverse, quali mettere a disposizione prestiti a tassi d’interesse bassi, semplificare le procedure amministrative per ottenere le risorse finanziarie, e d’altro canto creare incentivi per stimolare i consumatori ad acquistare autovetture nuove, può essere utile per stimolare il mercato.

La proposta di sfruttare la crisi per effettuare una sorta di “pulizia generale” del settore automobilistico resta invariata. Intravediamo la possibilità di sviluppare prodotti con un nuovo livello di qualità, basati su tecnologie nuove, ecologiche e sicure, che rappresentano la risposta alle sfide delle nuove tendenze dell’Europa del XXI secolo.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto.(RO) L’industria della produzione automobilistica è un settore che conta circa 2,3 milioni di lavoratori e dal quale dipendono indirettamente altri 10 milioni di posti di lavoro. La crisi finanziaria ha colpito numerose PMI, subappaltatori e fornitori.

L’Europa sociale attribuisce lo stesso livello di importanza allo sviluppo economico e sociale. Per preservare i posti di lavoro e garantire una vita decorosa ai dipendenti dell’industria automobilistica europea è importante che le società abbiano accesso alle risorse finanziarie.

Esorto la Commissione ad accertarsi che i fondi europei, segnatamente il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo per l’adeguamento alla globalizzazione, vengano utilizzati per garantire ai dipendenti del comparto automobilistico formazione e sostegno nel momento in cui le aziende del settore registrano un calo di attività che li coinvolge direttamente.

La legislazione adottata dall’UE in materia di promozione dei veicoli ecologici sta generando investimenti nella progettazione e fabbricazione di veicoli con tassi più bassi di emissioni di biossido di carbonio. Servono tuttavia tempo, innovazione e soprattutto investimenti ingenti nelle risorse umane, nonché in nuove capacità produttive. Le procedure che garantiscono agli operatori economici l’accesso ai fondi per la ricerca e l’innovazione devono essere semplificate a livello nazionale ed europeo, mentre i programmi di ricerca devono orientarsi su aree specifiche dell’industria della produzione automobilistica, tra cui la ricerca applicata.

 

12. Prestazioni e sostenibilità del sistema aeronautico europeo - Aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione presentata dall’onorevole Marinescu, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 549/2004, (CE) n. 550/2004, (CE) n. 551/2004 e (CE) n. 552/2004 al fine di migliorare il funzionamento e la sostenibilità del sistema aeronautico europeo [COM(2008)0388 – C6-0250/2008 – 2008/0127(COD)] (A6-0002/2009), e

– la relazione presentata dall’onorevole Marinescu, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 216/2008 per quanto riguarda gli aeroporti, la gestione del traffico aereo e i servizi di navigazione aerea e abroga la direttiva 2006/23/CE del Consiglio [COM(2008)0390 – C6-0251/2008 – 2008/0128(COD)] (A6-0515/2008).

 
  
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  Marian-Jean Marinescu, relatore. – (RO) Il pacchetto cielo unico europeo II è stato pensato per l’intero sistema del trasporto aereo, con ramificazioni dirette e positive per le compagnie aeree, i fornitori di servizi di navigazione aerea, i controllori del traffico aereo, gli aeroporti e l’industria aeronautica. Di fatto rappresenta la risposta del legislatore all’esigenza di armonizzare lo spazio e il traffico aereo europei e renderli più efficienti a vantaggio dell’ambiente, dell’industria e, soprattutto, dei passeggeri.

L’accordo raggiunto con il Consiglio sul pacchetto cielo unico europeo II costituisce per noi un passo avanti sulla via del consolidamento dell’Unione europea. Si tratta del passo successivo naturale dopo il mercato comune, l’adozione di una moneta unica e la creazione dello spazio Schengen. Dal 2012 entrerà in vigore lo spazio aereo Schengen. Le rotte saranno più brevi, il controllo del traffico più efficiente e i servizi di navigazione aerea verranno ottimizzati e, in futuro, integrati.

Di conseguenza, i voli saranno più brevi, si consumerà meno carburante e le emissioni di biossido di carbonio diminuiranno, il che dovrebbe naturalmente comportare una riduzione dei prezzi dei biglietti aerei.

Il compromesso raggiunto in seguito ai negoziati con il Consiglio rispecchia l’esigenza di accelerare la formazione di blocchi funzionali di spazio aereo (FAB). Siamo addivenuti a un accordo su una scadenza per rendere operativi tali FAB, con sei mesi di anticipo rispetto alla proposta iniziale della Commissione.

Il funzionamento dei FAB rappresenta l’elemento principale per la creazione di un cielo unico europeo. Per tale ragione accolgo con favore l’accordo sottoscritto nel novembre dello scorso anno per il FAB più esteso, che copre l’Europa centrale.

Vorrei cogliere l’occasione per chiedere il sostegno della Commissione europea per l’approvazione del progetto correlato al FAB Danubio Romania-Bulgaria come parte del quadro finanziario TEN-T.

Con il sostegno dei rappresentanti delle presidenze francese e ceca, che colgo l’occasione per ringraziare, siamo riusciti a ripartire in maniera equilibrata rapporti decisionali e competenze tra gli Stati membri e la Commissione europea, in particolare per quel che riguarda lo strumento prestazioni, un elemento chiave del pacchetto SES II.

Spetterà alla Commissione prendere la decisione su un’adeguata armonizzazione ed attuazione degli obiettivi previsti nei piani prestazioni nazionali.

La proposta iniziale della Commissione è stata integrata con due elementi introdotti dal Parlamento. Il primo è il coordinatore del sistema dei blocchi funzionali di spazio aereo. Abbiamo reputato necessario, sulla base del modello TEN-T, nominare un coordinatore che facilitasse la sottoscrizione degli accordi di operatività dei FAB, accelerando pertanto il processo di realizzazione di un cielo unico europeo. Il secondo elemento ha a che vedere con l’illustrazione del concetto “progetti comuni” e la definizione delle risorse finanziarie ad essi connesse.

Il Parlamento europeo è inoltre riuscito a richiamare in particolar modo l’attenzione sul fattore umano. Il compromesso raggiunto con il Consiglio chiarisce inoltre i rapporti di interdipendenza tra SES II e AESA, tenendo conto del fatto che l’ampliamento delle competenze dell’Agenzia agli aeroporti, ATM/ANS e ATC rappresenta in effetti l’elemento sicurezza del pacchetto.

Reputo che sia estremamente importante formulare una definizione chiara e completa degli aeroporti che rientrano nelle disposizioni del regolamento in oggetto.

Le nuove specifiche pubblicate dall’AESA devono integrare quelle esistenti. Abbiamo poi avuto l’occasione di ricordare le deroghe concesse finora. Sono inoltre riuscito a introdurre alcune disposizioni concernenti la necessità di rafforzare e ampliare il processo di consultazione coinvolgendo tutte le parti interessate.

Le relazioni su cui si voterà domani segnano un importante passo avanti sulla via che porta alla creazione di un cielo unico europeo, e sono certo che si tradurranno in iniziative coronate dal successo per tutte le parti coinvolte.

 
  
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  Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione. − Signora Presidente, onorevoli deputati, alla vigilia delle elezioni europee e a due settimane dall'approvazione del terzo pacchetto marittimo, le istituzioni europee si accingono a dare un altro segnale positivo ai cittadini dell'Unione, a dimostrazione che in questo momento di crisi in modo particolare, Commissione, Parlamento e Consiglio stanno dalla parte dei cittadini, sono in grado di affrontare una crisi difficile, sono in grado di dare risposte concrete.

La riforma di "Single European Sky" è un segnale importante che avrà ripercussioni sull'industria, avrà ripercussioni nei confronti dei cittadini, ridurrà l'inquinamento ambientale. I dati che abbiamo sulle difficoltà che sta affrontando il settore del trasporto aereo sono noti - oggi ne sono arrivati di altri, li elencherò nel corso della replica - e quindi noi abbiamo dimostrato di saper reagire ad una crisi e questo certamente è un fatto positivo che fa comprendere agli europei che le istituzioni ci sono e sono in grado di affrontare le difficoltà.

Ecco perché voglio ringraziare il Parlamento per la rapidità con cui ha adottato questa decisione. Ringrazio l'onorevole Marinescu, al quale mi lega un'amicizia antica per aver lavorato con lui in Parlamento, fianco a fianco, conosco le sue capacità che ha saputo ancora una volta mettere in luce lavorando in sintonia con la Commissione e fornendo un risultato importante in tempi molto rapidi e con lui voglio ringraziare anche tutti i relatori ombra che hanno permesso alle istituzioni di essere ancora una volta al fianco dei cittadini.

È stato certamente un grande impegno che è, ripeto, una risposta efficace. Il trasporto aereo infatti attende misure concrete e tangibili che permettano di soddisfare le esigenze non soltanto delle compagnie, ma soprattutto dei passeggeri. Per questo ho insistito per l'introduzione di un regolatore di prestazione al fine di garantire che situazioni di monopolio non ostacolino la qualità del servizio. Inoltre, la rapida introduzione di un gestore della rete del traffico aereo, oltre a favorire il dispiegamento dei sistemi nazionali, potrà costituire un esempio per tutti i modi di trasporto, ma anche per i settori delle telecomunicazioni e dell'energia.

Desidero ricordare il sostegno offerto dal Parlamento alla Commissione per la messa a punto di un nuovo strumento volto a finanziare progetti transfrontalieri di infrastrutture, provenienti fra l'altro dal programma CESAR. Il Parlamento ha compreso l'importanza del partenariato e ha riaffermato l'importante ruolo svolto dagli operatori nella realizzazione di questo approccio ambizioso.

Sono lieto di vedere che il Parlamento si associa alla Commissione nel riconoscere, mediante una dichiarazione comune, l'importanza da attribuire al fattore umano, in particolare il Parlamento si è espresso a favore di un rafforzamento della posizione dei militari nella costruzione del cielo unico, posizione che condivido pienamente, anche perché per qualche tempo sono stato controllore militare della difesa aerea e non posso non comprendere qual è l'importante ruolo che nel settore del traffico aereo svolgono i controllori militari. Ho portato ad esempio sale operative che ho visitato dove operatori civili e operatori militari lavorano fianco a fianco per garantire la sicurezza del trasporto aereo.

La dichiarazione congiunta, che condivido, prevede che la Commissione, affermando la necessità di tener conto debitamente di fattori umani per realizzare efficacemente i regolamenti del cielo unico europeo, essendo convinta che la sicurezza non può mai essere data per scontata, riconoscendo il bisogno di rafforzare ancor di più la cultura della sicurezza, in particolare integrando un sistema di segnalazione affidabile degli incidenti e di "just culture" in modo da apprendere dagli incidenti.

La Commissione dichiara che costruirà lo schema di prestazione in base ad una genuina cultura della sicurezza integrando un sistema di segnalazione efficace degli incidenti e di "just culture" come base della prestazione di sicurezza. Assicurerà il livello adeguato di competenza dei professionisti incaricati di garantire la sicurezza, promuoverà il coinvolgimento dei rappresentanti del personale nella realizzazione del cielo unico europeo a livello nazionale, a livello dei blocchi funzionali di spazio aereo e a quello comunitario. Valuterà l'integrazione di fattori umani nella realizzazione del cielo unico europeo non oltre il 2012.

In conclusione, per la prima volta si tratterà il settore dell'aviazione complessivamente in tutti i suoi aspetti. Grazie a questa nuova impostazione, la sicurezza dei movimenti al suolo negli aeroporti, nei corridoi aerei e in fase di atterraggio e decollo sarà trattata da un solo organismo.

Comincia quindi una nuova fase per l'Agenzia per la sicurezza aerea. Un'adozione così rapida del pacchetto, e vi ringrazio ancora, dimostra la forte volontà politica che esiste a livello europeo di attuare le grandi idee di un mio importante predecessore che purtroppo non è più con noi, Loyola De Palacio. Lei voleva un cielo davvero unico a vantaggio dei cittadini. Oggi siamo stati capaci di realizzare questa riforma.

 
  
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  Teresa Riera Madurell, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia.(ES) Signora Presidente, la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia ha valutato positivamente la proposta della Commissione, in quanto colma le lacune del primo pacchetto in termini di coerenza, efficacia, riduzione dei costi e miglioramento della gestione.

I contributi principali della commissione per l’industria riguardano l’aspetto dei finanziamenti. Il piano generale ATM presuppone risorse ingenti, per questo deve essere possibile ricorrere ai finanziamenti pubblici laddove necessario, mentre l’investimento iniziale non dovrebbe essere prefinanziato dagli utenti.

Viene fatto inoltre riferimento al ruolo di Eurocontrol, che secondo noi va radicalmente rivisto per garantirne una corretta gestione e il controllo sull’erogazione dei servizi. Per quel che concerne la privatizzazione dei servizi, rimango dell’idea che sia più opportuno effettuare uno studio prospettico, senza idee preconcette, e decidere poi in funzione dei risultati.

Per concludere, mi preme sottolineare che la realizzazione del cielo unico è essenziale per avvicinarci agli obiettivi di Tokyo e che, come spagnola, sono soddisfatta che l’errore emerso su Gibilterra sia stato corretto.

Vorrei inoltre ringraziare la Commissione per l’eccellente collaborazione, nonché i servizi della commissione per l’industria e il mio gruppo parlamentare per il prezioso aiuto.

 
  
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  Georg Jarzembowski, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, Vicepresidente Tajani, onorevoli colleghi, dovremmo essere tutti molto riconoscenti all’onorevole Marinescu. In pochissimo tempo è riuscito a trovare un accordo con il Consiglio europeo, con l’appoggio del vicepresidente della Commissione. Il secondo pacchetto legislativo ci permetterà di gestire in maniera più efficiente il nostro spazio aereo negli anni a venire. Consentirà inoltre alle compagnie aeree, e in ultima analisi ai consumatori, di risparmiare fino a 3 miliardi di euro e di tagliare le emissioni di CO2 fino al 12 per cento. Si tratta di obiettivi importanti in termini di costi, consumatori e ambiente, obiettivi che sono adesso alla nostra portata.

Nel primo dei due regolamenti, i paesi membri si accingono finalmente a portare a termine a breve quello che avrebbero dovuto fare anni fa, vale a dire stabilire blocchi funzionali di spazio aereo. Tali blocchi, che non sono più suddivisi sulla base dei confini nazionali, bensì in funzione dei flussi di traffico aereo, consentiranno una gestione più efficace e sicura dello spazio aereo e contribuiranno a prevenire inutili ingorghi di traffico nei cieli.

Sono grato dell’appoggio della Commissione e della determinazione del relatore nel voler nominare un coordinatore europeo per i blocchi funzionali di spazio aereo, in quanto non sarà semplice assicurarsi che gli Stati membri stabiliscano effettivamente i nuovi blocchi. Assume perciò importanza la figura di un coordinatore che, agendo per conto del Parlamento e della Commissione, si adoperi per la creazione dei nuovi blocchi.

Altrettanto rilevante è l’integrazione in questo sistema della gestione dello spazio aereo militare, nonché poter disporre di un vero e proprio piano generale per il cielo unico europeo che applichi e traduca in pratica i risultati tecnologici del progetto SESAR per la ricerca sul controllo del traffico aereo. Inoltre, ci sta particolarmente a cuore che all’Agenzia europea per la sicurezza aerea venga affidato il compito di attuare le norme e le attività di coordinamento di aeroporti, gestione del traffico aereo e servizi di navigazione aerea. A tale organizzazione devono essere messi tempestivamente a disposizione il personale e le attrezzature di cui ha bisogno. Accogliamo con molto favore, e mi auguro che la Commissione ci appoggi, l’idea che l’AESA si consulti con le aree competenti dell’industria per quando concerne le soluzioni pratiche in tutte le nuove attività ad essa affidate, per individuare soluzioni veramente efficaci.

 
  
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  Ulrich Stockmann, a nome del gruppo PSE. (DE) Signora Presidente, signor Commissario, conosco una canzone un cui verso recita “Ci dev’essere libertà illimitata nei cieli”. Non è vero. Il cielo europeo è un mosaico di 60 centri di controllo nazionali: il doppio degli Stati Uniti, ma con la metà del traffico aereo. Inoltre, le zone militari di interdizione al volo impediscono agli aerei di seguire una rotta rettilinea da un aeroporto all’altro. Non è sostenibile, soprattutto alla luce del fatto che il volume del traffico aereo raddoppia ogni 10-15 anni. Quando il traffico raddoppia, il rischio per la sicurezza si quadruplica.

Per questo nel 2004 abbiamo introdotto il concetto di cielo unico europeo. Purtroppo il Consiglio dei ministri di allora stabilì che dovessero essere gli Stati membri a trovare un accordo su quali blocchi di spazio aereo andassero creati. E’ stato un errore, perché i paesi membri hanno sprecato molto tempo e si sono arenati su questioni di competenza nazionale.

Ora il Parlamento e un valido relatore hanno formulato un regolamento con obiettivi e regole di base chiare per l’introduzione di tali blocchi di spazio aereo entro il 2012. Si tratta di un contributo in termini di sicurezza, tutela del clima e riduzione dei costi del traffico aereo: i voli si accorciano di 50 chilometri, le emissioni di CO2 vengono abbattute del 12 per cento, le compagnie aeree risparmiano 3 miliardi di euro e i passeggeri subiscono meno ritardi. In breve, spero che la riforma settoriale dei cieli sarà coronata dal successo e ci consentirà di fare un passo avanti.

 
  
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  Nathalie Griesbeck, a nome del gruppo ALDE.(FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, tocca a me esprimere soddisfazione per la relazione sul cielo unico europeo. Rappresenta un vero e proprio passo avanti, accolto con favore da molti di noi.

I due regolamenti soddisfano le aspettative ambiziose di tutte le parti coinvolte in tutti i paesi dell’Unione, poiché l’eccessiva frammentazione del sistema attuale comporta costi molto elevati e, soprattutto, causa gravi inefficienze in termini di gestione del traffico.

Grazie al nuovo cielo europeo, gli aerei abbandoneranno gradualmente le rotte non rettilinee a cui sono attualmente costretti a conformarsi e seguiranno invece traiettorie di volo più dirette, più efficienti e, soprattutto, più economiche per i viaggiatori.

Mi fa sinceramente piacere che tutto ciò si traduca in una riduzione dell’impatto ambientale del trasporto aereo e, naturalmente, dei suoi costi per il consumatore.

Insieme all’armonizzazione delle norme sulla sicurezza, si tratta di un passo avanti molto vantaggioso, in quanto renderà il trasporto aereo più sicuro e più veloce, naturalmente, ma anche e soprattutto meno inquinante e meno costoso.

A nome del gruppo dell’Alleanza dei
Democratici e dei Liberali per l’Europa, esorterei tuttavia la Commissione a mettere a disposizione non solo le risorse finanziarie e, ovviamente, i fondi per le reti transeuropee, ma anche i contributi della Banca europea per gli investimenti, al fine di finanziare tutti i progetti comuni di grande visibilità tesi a migliorare la navigazione aerea europea.

Ritengo che il Parlamento sia riuscito ancora una volta a superare le divisioni per andare avanti e indurre il Consiglio a trovare un rapido accordo sulla relazione, essenziale per l’aviazione europea e la riduzione del suo impatto ambientale. Mi associo inoltre alla soddisfazione espressa dal commissario in merito al segnale concreto e tangibile che tali iniziative trasmettono ai nostri concittadini.

 
  
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  Roberts Zīle, a nome del gruppo UEN. (LV) Grazie, signora Presidente. Mi rallegro del fatto che le nuove disposizioni legislative uniranno le tecnologie per la gestione del traffico aereo e segneranno un progresso verso un sistema combinato di blocchi funzionali di spazio aereo, riducendo pertanto la frammentazione del traffico aereo europeo. Una pianificazione più efficace delle rotte del traffico aereo si tradurrà in una riduzione del consumo di carburante e delle emissioni nocive, mentre il trasporto aereo diventerà di conseguenza più ecologico. Tuttavia, in relazione ai pagamenti discriminatori e illegittimi che la Russia esige dai vettori dell’Unione per i voli sulla Siberia, non siamo purtroppo riusciti a fornire alla Commissione europea un meccanismo che le consenta di adottare una posizione adeguata nelle discussioni con la Russia su questo tema. A mio avviso, tuttavia, in un modo o nell’altro l’Unione europea dovrà mettere a punto tale meccanismo per poter avere voce in capitolo in situazioni in cui un paese terzo discrimina i vettori dell’Unione europea; il principio a cui si ispira meccanismo, di fatto, non è altro che l’uguaglianza reciproca, compito che dobbiamo ancora portare a termine. Grazie.

 
  
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  Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il relatore per aver partecipato ai negoziati con una notevole dose di impegno e conoscenza specifica. I negoziati erano necessari in quanto, benché i confini nei cieli non siano visibili, sono chiaramente presenti. Si trattava essenzialmente di frontiere nazionali che, va detto, si basavano sugli egoismi nazionali e che hanno causato la mancata unificazione dello spazio aereo europeo.

Considerata la velocità di volo, i requisiti in materia di sicurezza e l’intensificazione ingente del traffico aereo, tali miglioramenti si sarebbero dovuti introdurre molto prima, soprattutto se si considera che il concetto dei blocchi di spazio aereo è oggetto di discussione e negoziati dal 2004. Ritengo che si possano ora compiere notevoli progressi in tal senso. Non è soltanto una questione di miglioramento delle rotte aeree, di maggiore comodità per i passeggeri e di calcolabilità; se attuate efficacemente, tali disposizioni produrranno anche una riduzione delle emissioni. L’abbattimento delle emissioni del traffico aereo è una priorità urgente, poiché il volume del traffico è in rapida crescita e il nostro sistema di scambio delle emissioni da esso prodotte non si è rivelato molto efficiente.

Il Consiglio ha mosso resistenza fino alla fine, ma l’opposizione non ha prodotto gli effetti sperati e quindi persino io posso votare a favore della relazione.

 
  
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  Michael Henry Nattrass, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, in questo edificio si percepisce una sete insaziabile di potere e controllo – livelli di controllo su cui in passato avrebbe fantasticato solo l’URSS. I controlli comunitari uccidono l’innovazione e il potere dell’Unione provoca distorsioni alla domanda del mercato, ignorando completamente le aspettative degli elettori. Adesso neanche il cielo costituisce più un limite.

Con il pretesto dell’efficienza, l’UE – una delle burocrazie più inefficienti del mondo – vuole controllare l’efficienza dei cieli. L’Unione cerca di frapporre ostacoli all’innovazione portata avanti da liberi operatori del mercato quali Easyjet e Ryanair perché accontentano i cittadini, e noi sappiamo invece quanto l’UE li ignori i cittadini. L’UE esige un coordinatore del sistema dei blocchi funzionali di spazio aereo: una denominazione ricercata per indicare un dittatore che governa il controllo del traffico aereo, gli aeroporti e anche l’industria.

E’ lo stesso tipo di mania di controllo che alla fine ha fatto precipitare l’URSS nell’oblio, ma per sventolare la bandiera di chi? Tutti questi sforzi servono a sventolare la bandiera dell’Unione, non a soddisfare il pubblico, e la domanda non c’entra nulla. Il successo dipende dall’efficienza e dalla capacità di soddisfare la domanda come si può fare solamente nel libero mercato – non a discapito dei controlli comunitari, non con la mancata comprensione dell’Unione e non con la scarsa competenza della Comunità che emerge in questo edificio.

Resuscitiamo l’efficienza lasciando che sia l’offerta ad alimentare la domanda e aprendo le porte all’innovazione. L’Unione deve starne fuori. Vi invito a votare contro.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI). Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, apprezzo la realizzazione del cielo unico europeo e sono ragionevolmente certo che migliorerà l'efficienza e la sicurezza, riducendo anche l'impatto ambientale dell'aviazione.

Del resto, piace qui ricordare che l'Italia ha dato già avvio al "Blue MED", con Cipro, Grecia e Malta, blocco funzionale di spazio aereo che migliora l'efficienza dei voli e permette una riduzione dei costi proprio eliminando la frammentazione dei cieli in un ampio settore del Mediterraneo. Insomma, quando si cerca di aumentare la trasparenza - vorrei dire al collega che mi ha preceduto - e si introducono forme di incentivo per l'efficienza dei servizi, non possiamo che dircene soddisfatti.

Infine è apprezzabile anche l'obiettivo di ottimizzare la gestione degli aeroporti, spero dunque che qualcosa venga presto fatto anche per migliorare i servizi aeroportuali ai passeggeri che, come nel caso dell'aeroporto di Roma, sono spesso insoddisfacenti. Ringrazio il collega Marinescu per l'ottima relazione e la Commissione per l'iniziativa.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, entrambe le relazioni Marinescu riguardano il miglioramento dell’organizzazione del traffico aereo in Europa. Siamo riusciti a portare a casa ottimi risultati nell’accordo in prima lettura, non da ultimo per il lavoro significativo e proficuo svolto dal relatore. E’ importante, soprattutto in un periodo in cui l’industria dell’aviazione europea e mondiale versa in condizioni di difficoltà.

Nella crisi attuale non dovremmo tuttavia limitarci a migliorare la funzionalità della situazione presente. Dovremmo anche continuare a concentrarci su questioni importanti del passato, tra cui i diritti dei passeggeri. Prima della crisi dell’11 settembre, avevamo redatto un regolamento per i passeggeri sul tema del negato imbarco e dei ritardi, in cui avevamo volontariamente utilizzato come standard l’esigenza di protezione dell’industria delle compagnie aeree e non dei passeggeri. Nell’attuale situazione, caratterizzata dalla crisi a cui si sommano le condizioni meteorologiche invernali sfavorevoli, le compagnie aeree hanno palesemente sfruttato le circostanze. Si sono comportate in maniera vergognosa.

Il prossimo punto che voglio sollevare riguarda i liquidi. Al momento vi sono molti cambiamenti in corso nei cieli, ma la norma obsoleta sui liquidi continua a essere in vigore. Non migliora la sicurezza di nessuno. Crea solo qualche posto di lavoro nei controlli di sicurezza presso gli aeroporti. E’ fonte di inconvenienti per molti cittadini e, come è stato già ribadito, non ha prodotto risultati, tranne un alibi. Commissario Tajani, lei e il suo predecessore ci avevate assicurato che questa norma ridicola sarebbe stata abolita dopo aver effettuato controlli che dimostrassero che non produce vantaggi aggiuntivi in termini di sicurezza. Attendiamo con impazienza l’abrogazione di questa norma.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE).(DE) Signora Presidente, oggi la questione non è tanto che gli aerei sorvolano i confini nazionali. Anche se i miei colleghi là in alto a destra, pur non facendo propriamente affermazioni ridicole, si nascondono comunque dietro le loro belle bandiere e non danno l’impressione di aver capito, la verità è che lo spazio aereo europeo è totalmente deregolamentato e, alla luce di ciò, è essenziale che venga gestito centralmente, monitorato centralmente e attuato centralmente. Le due relazioni rappresentano la via appropriata per conseguire tale obiettivo.

E’ essenziale migliorare il coordinamento dei voli in Europa. E’ altresì fondamentale che vigano ovunque le medesime norme severe in materia di sicurezza, e sono convinto che la strada che abbiamo imboccato sia quella giusta. I blocchi di spazio aereo esistenti fanno sì che ci siano troppi voli eccessivamente lunghi e con rotte poco dirette. A ciò va aggiunto che le emissioni di CO2 sono troppo elevate e che le compagnie aeree sono soggette a costi enormi. Tutto ciò cambierà e migliorerà grazie alla normativa che adotteremo domani.

Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare il relatore, l’onorevole Marinescu, per il lavoro eccellente. Abbiamo collaborato per raggiungere un risultato molto positivo per i cittadini europei. Siamo qui per questo.

 
  
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  Robert Evans (PSE) . – (EN) Signora Presidente, all’inizio della discussione il commissario Tajani ha affermato che tali iniziative trasmettono un segnale positivo ai cittadini europei. Sono d’accordo, ed è questo lo scopo del nostro lavoro.

Mi soffermerei in particolare sugli aeroporti, in quanto è importante ricondurre tali strutture sotto l’ombrello di una legislazione europea sensata. E’ così che la giudico, in quanto protegge i cittadini, e lo fa ampliando le competenze dell’AESA.

Vi sono tuttavia alcune aree per le quali vorrei chiedere un chiarimento. Ritengo sia corretto non considerare gli aeroporti piccoli che si occupano soltanto dell’aspetto ricreativo o di intrattenimento del volo, e non contemplarli pertanto nella normativa. L’emendamento n. 44 presentato dall’onorevole Marinescu e altri è importante, in quanto cambia le basi dal peso dell’aeromobile alla lunghezza di 800 m della pista. Mi chiedo tuttavia se il commissario o l’onorevole Marinescu, al momento del riepilogo, non possano assicurarmi che verrà adeguatamente chiarita la definizione di “aperti al pubblico”, in modo da eliminare eventuali dubbi sul significato effettivo di tale espressione. Potrebbero spiegarmi se significa commercialmente fattibile, se vuol dire che i cittadini acquistano i biglietti aerei, o se indica quelli a cui il pubblico può effettivamente accedere? Potrebbe costituire un ostacolo futuro che mi auguro possa essere rimosso.

 
  
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  Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione. − Signor Presidente, onorevoli deputati, mi fa molto piacere che quest'Aula si sia espressa all'unanimità o quasi, a favore della riforma del Single European Sky. Ho capito soltanto che è contro l'onorevole Nattras, ma non ho capito perché, forse o non ho capito io o non ha letto bene lui il progetto di riforma di Single European Sky. Non ho capito che cosa c'entri l'Unione Sovietica, ognuno è libero di dire ciò che vuole, non mi sento nostalgico dell'Unione Sovietica.

Per quanto riguarda invece le cose serie contenute e dette nel corso del dibattito, io vorrei intanto ricordare che questa è una risposta concreta che noi diamo a una crisi del settore del trasporto aereo. Oggi i dati forniti dalla IATA sono preoccupanti. Secondo le dichiarazioni del Direttore generale, il comparto dovrebbe perdere nell'esercizio in corso 4,7 miliardi di dollari che sono quasi 3 miliardi e mezzo di euro, quindi un peggioramento rispetto alle stime iniziali. I profitti del settore dovrebbero calare del 12 per cento.

Quindi di fronte ad una crisi del genere, noi siamo in grado comunque di dare delle norme capaci di ridurre i costi. Complessivamente a regime pieno tutta la riforma, una volta applicata, anche CESAR dovrebbe portare ad un risparmio complessivo di circa 40 miliardi di euro e il dato poi importante è anche quello, e credo stia a cuore all'onorevole Lichtenberger, della riduzione dell'inquinamento che sarà sostanziale.

Per quanto riguarda il problema posto dall'onorevole Zile sulla reciprocità e le tasse di sorvolo che vengono imposte a ogni aereo che passa sulla Siberia, il tema è stato frutto di un accordo siglato con la Russia che però poi non è stato applicato. Abbiamo posto il problema in occasione di più incontri con i ministri dei Trasporti competenti. La questione è stata posta anche in occasione dell'ultimo vertice che la Commissione europea ha avuto a Mosca con Putin e Medvedev e con il ministro dei Trasporti che io ho incontrato bilateralmente. Non vedo progressi significativi da parte russa, però continueremo ad insistere.

Il principio di reciprocità che poteva essere inserito nel testo non ha trovato consensi da parte del Consiglio. La maggior parte degli Stati membri si è opposta e quindi c'è stato un dibattito in occasione dell'ultimo Consiglio dei ministri dei Trasporti e non essendoci la possibilità di inserirlo non è stato inserito nel testo legislativo.

Per quanto riguarda invece le questioni poste dall'onorevole Romagnoli riguardo gli aeroporti della città di Roma, posso dire che sono, come al solito, sempre presenti i controlli effettuati da parte della Commissione europea. Posso dire che, per quanto riguarda l'applicazione del regolamento che tutela i passeggeri a mobilità ridotta, gli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino possono essere portati ad esempio perché hanno applicato il regolamento comunitario in anticipo rispetto ad altri aeroporti, tant'è che ho presentato il nuovo regolamento alla fine del mese di luglio dello scorso anno proprio all'aeroporto di Fiumicino.

Questo non significa che dobbiamo accontentarci: penso alla vicenda scandalosa dei 42 milioni di bagagli mal gestiti nel mondo, un milione di valige o di bagagli dispersi. Di fronte a questi dati ho avviato un'inchiesta da parte della Direzione generale Trasporti ed energia, ho dato un mese di tempo per ottenere risposte da tutte le organizzazioni competenti e se le risposte confermeranno i dati forniti apparsi sulla stampa provvederò a proporre una riforma del regolamento esistente che considero leggermente debole per quanto riguarda la tutela dei passeggeri, pensando magari di affidare a qualche organismo nazionale la possibilità di verificare l'applicazione del regolamento comunitario.

Certamente, la questione "diritti dei passeggeri" è al centro della mia attenzione e quindi voglio rassicurare, rispondendo alla questione posta dall'onorevole Romagnoli, e rassicurare tutto il Parlamento e confermare il mio impegno costante per cercare di garantire sempre di più i diritti dei passeggeri. Non è un caso che dopo il regolamento presentato e approvato per quanto riguarda il trasporto aereo, sono in discussione i regolamenti riguardo al trasporto marittimo e il trasporto in autobus.

Rispondo anche all'onorevole Evans che i criteri presi in considerazione sono il valore commerciale dell'aeroporto e la lunghezza della pista, come lui ha riferito. La definizione a cui si fa riferimento è un po' superata dai criteri che sono stati elencati.

Io credo di poter ancora una volta ringraziarvi e insistere sulla questione della sicurezza del trasporto aereo, che con questa riforma sarà ancora più forte, anche se sono convinto che volare sui cieli europei oggi è sicuro, ma non c'è mai un limite alla sicurezza. Dobbiamo fare sempre di più e quindi il mio impegno, in tutti quei settori nei quali è possibile rinforzare la sicurezza del trasporto, darò il massimo dell'impegno e cercherò di sottoporre al Parlamento e al Consiglio proposte che possano veramente dimostrare ai cittadini che le istituzioni europee sono al loro fianco.

Concludo ringraziandovi ancora una volta. Ringrazio il relatore Marinescu, ma voglio ringraziare tutti i parlamentari, tutti i coordinatori, tutti i deputati che sono intervenuti nel corso di questo dibattito, perché senza un impegno così forte del Parlamento, che ha dimostrato in questa occasione di non voler perdere tempo, di intervenire concretamente su questioni che riguardano direttamente i cittadini e ha saputo dare con la Commissione e ringrazio anche i servizi della Commissione europea che tanto hanno fatto e mi fa piacere che qualcuno nel corso degli interventi abbia ringraziato anche i servizi per la collaborazione dimostrata.

Tutti quanti assieme siamo stati capaci anche di far capire all'industria aeronautica che le istituzioni sono capaci, lo ripeto e lo sottolineo, di affrontare una crisi difficile. Io credo che i cittadini europei, il mondo imprenditoriale aspetti da noi non aiuti a pioggia, non soltanto interventi legislativi, ma abbia bisogno della dimostrazione di istituzioni capaci di essere presenti, capaci di stare al fianco dei cittadini, degli imprenditori, tutti coloro che sono impegnati ad affrontare questa crisi. Hanno bisogno di sentire le istituzioni capaci di essere a loro fianco e di sostenerli per superare insieme questo difficile momento dell'economia europea, che si salverà e ne sono profondamente convinto, applicando regole serie e precise che valgano per tutti.

L'assenza di regole e di regole deboli ha provocato la nascita della crisi finanziaria ed economica. Noi europei che ci riconosciamo in una civiltà che è figlia del diritto romano e del codice napoleonico, che è basata sulla regole e sul rispetto delle regole, siamo convinti che grazie a queste regole potremo superare le difficoltà del momento e sopratutto saremo capaci di avere sempre più un sistema capace di essere libero, ma anche di poter reggere di fronte a difficoltà finanziarie ed economiche.

Vi ringrazio ancora una volta per l'impegno profuso, felice di poter partecipare e condividere con voi questo importante momento politico.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu, relatore. – (RO) Rispondo brevemente ad alcune domande.

Sul tema di Eurocontrol, è iniziato il processo di riforma e possono essere istituite nuove responsabilità. Per quanto riguarda il proprietario dell’aria, ritengo che dopo l’approvazione della relazione le organizzazioni più soddisfatte saranno le compagnie aeree, compresa Ryanair.

Per quel che riguarda “aperti al pubblico”, sono esclusi dalla definizione persino gli aeroporti dei club privati o quelli per i voli di piacere. Non abbiamo voluto che la norma contemplasse anche questi aeroporti proprio per questo, per non complicare ulteriormente la questione.

Vorrei inoltre ringraziarvi per i riscontri positivi con cui avete accolto i miei sforzi. Non credo tuttavia che sarei mai stato in grado di svolgere questo lavoro da solo, in nessun modo. Pertanto vorrei esprimere i miei più sinceri ringraziamenti ai relatori degli altri gruppi politici, gli onorevoli Stockmann, Leichtfried, Degutis, Zile e Lichtenberger, per i contributi speciali offerti al documento, nonché per l’appoggio durante i negoziati con il Consiglio.

Vorrei inoltre precisare che la maggior parte dei suggerimenti contenuti negli emendamenti presentati per la plenaria dagli onorevoli Kohlíček e Markov compaiono già nel compromesso raggiunto con il Consiglio.

Signor Commissario, vorrei complimentarmi con lei per l’esito eccellente. Mi auguro che verrà ratificato domani dal voto in Parlamento e da quello del Consiglio alla fine del mese.

Vorrei inoltre ringraziare il gruppo di esperti della Commissione che hanno lavorato al nostro fianco per produrre l’accordo. Ringrazio infine la presidenza francese e la presidenza ceca per gli sforzi compiuti, in particolare Thierry Boutsen e Vera Zazvorkova.

 
  
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  Presidente. − La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 25 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. (LT) Benché l’attuale sistema dei trasporti aerei europei sia considerato molto sicuro, il rapido incremento del volume dei trasporti porrà presumibilmente nuove sfide nel campo della sicurezza. Dobbiamo pertanto agire in sede comunitaria per mantenere il livello di sicurezza, o magari persino aumentarlo, in futuro. L’aspetto più importante è rinnovare e uniformare le norme nei segmenti non ancora disciplinati dalla legislazione comunitaria (e che, per tale ragione, sono caratterizzati dalla frammentazione normativa e dalla mancata applicazione), per integrarli nell’approccio unico. Ciò vale soprattutto per due elementi della catena dei trasporti aerei, che sono considerati essenziali dal punto di vista della sicurezza, in quanto rappresentano potenzialmente l’area a più alto rischio.

 
  
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  Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto.(FR) Il Consiglio e il Parlamento sono addivenuti a un compromesso che ha permesso di chiudere questi due fascicoli in prima lettura.

Sono lieta dell’accordo, che rappresenta un passo importante per la creazione di un cielo unico europeo.

Grazie ad esso, verranno messi a segno miglioramenti importanti in termini di orari dei voli, consumo di carburante, costi dei viaggi ed emissioni di CO2.

Mentre il primo regolamento mette in luce le prestazioni e la modernizzazione del sistema aeronautico europeo, il secondo sottolinea le richieste di sicurezza e garantisce che tale sviluppo importante nella gestione del traffico aereo europeo non avvenga a discapito della sicurezza degli aeromobili e dei loro passeggeri.

Il Parlamento si è battuto affinché questi due testi, che sono strettamente complementari, venissero votati insieme, e sono lieta che la nostra istituzione sia riuscita a convincere il Consiglio in tal senso.

Stati membri, compagnie aeree e passeggeri: sono tutti beneficiari di queste nuove norme, che prepareranno il terreno al trasporto aereo dei prossimi decenni.

Grazie dell’attenzione.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. (EN) Quando si elaborano politiche in materia di aviazione, la nostra preoccupazione primaria dev’essere sempre la sicurezza. Plaudo agli obiettivi che si è posta questa relazione, vale a dire rendere l’aviazione più sicura ed efficiente per tutti.

Pur dovendo adottare tutte le misure necessarie a migliorare la sicurezza, è altrettanto doveroso aiutare gli aeroporti e le autorità del traffico aereo a conformarsi alle medesime. Lo sviluppo di un quadro normativo unificato e l’attuazione della nuova tecnologia saranno costosi. Gli aeroporti regionali potrebbero riscontrare difficoltà a sostenere i costi aggiuntivi dell’aggiornamento dei sistemi.

L’aeroporto di Shannon nell’Irlanda occidentale fornisce il controllo del traffico aereo per un’ampia zona dell’Atlantico settentrionale. Tuttavia, avendo perso molte rotte nell’ultimo decennio, potrebbe non avere fondi per apportare le migliorie. Visto l’ambiente economico attuale, non sarà semplice prendere in prestito risorse per le nuove attrezzature e la formazione. Scaricare tali costi sul consumatore potrebbe ridurre i profitti.

Per portare a termine la transizione verso un traffico aereo più sicuro, suggerirei alla Commissione di stanziare dei fondi per agevolare il processo.

 
  
  

(La seduta, sospesa alle 20.00, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROURE
Vicepresidente

 

13. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
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14. Interoperabilità tra i caricabatteria dei telefoni cellulari (discussione)
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale alla Commissione (B6-0225/2009), presentata dall’onorevole Cappato, a nome del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, sull’interoperabilità tra i caricabatteria dei telefoni cellulari (O-0057/2009).

 
  
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  Marco Cappato, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, il fatto di cui parliamo è molto chiaro ed evidente. Ci sono 500 milioni circa di telefoni cellulari attivi in Europa e ci sono 30 diversi tipi di caricabatterie. La motivazione tecnica di questa differenza: nessuna. Non esiste alcuna motivazione tecnica. È soltanto una fonte, da una parte, di speculazione scorretta da parte dei produttori e, dall'altra, è un danno ambientale evidente perché, a causa di questa trappola tesa ai danni dei consumatori, ci sono centinaia di milioni di caricatori del telefono che vengono dispersi nell'ambiente con una rotazione di ogni due-tre anni.

La Commissione europea, il Commissario Verheugen ha già risposto molto prontamente a una nostra interrogazione che chiedeva un intervento di standardizzazione di queste strumentazioni e quindi oggi siamo qui per chiedere al Commissario a che punto siamo. Una strada possibile è quella della autoregolamentazione, cioè che i produttori di cellulari e quindi di caricabatterie possano in brevissimo tempo mettersi d'accordo per imporre uno standard che ponga fine a questa situazione davvero ridicola e dannosa.

Diciamo però subito, Commissario Verheugen che, qualunque garanzia di autoregolamentazione i produttori vogliono dare, dovremo essere molto chiari nell'intervenire con la regolamentazione nel caso in cui questa risposta non sia sufficiente e che questa regolamentazione non dovrebbe riguardare soltanto i cellulari, i caricabatterie dei cellulari, ma anche altri dispositivi digitali per i quali lo stesso problema esiste. In questo modo l'Europa potrebbe anche imporre, e ho terminato Presidente, degli standard che alla fine si potrebbero imporre anche come standard mondiali. È una grande occasione su una questione tecnica, ma importante per i consumatori europei.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, sono lieto di informare gli onorevoli membri del Parlamento europeo che abbiamo compiuto degli autentici progressi nella standardizzazione dei caricabatteria dei telefoni cellulari in Europa.

Prima di entrare nel merito, desidero però ringraziare gli onorevoli Cappato e Manders per l’impegno profuso nella risoluzione di questo problema, che riguarda la vita quotidiana dei cittadini europei.

Concordo appieno sulla necessità di mettere fine a questa proliferazione di caricabatteria e fare in modo che in futuro sia possibile ricaricare qualsiasi telefono cellulare con un unico caricabatteria standardizzato. Le centinaia di milioni di caricabatteria e adattatori superflui in Europa gravano inutilmente sull’ambiente e, allo stesso tempo, costituiscono una fastidiosa voce di spesa per i consumatori. Oggigiorno, chiunque sostituisca il proprio telefono cellulare ha spesso bisogno di un caricabatteria completamente diverso e persino i vari modelli di una stessa casa produttrice non utilizzano un caricatore standardizzato.

Non è affatto un problema nuovo. Non si dimentichi però che caricare un telefono cellulare non è come fare il pieno di benzina a un’automobile: si tratta di un’operazione molto più complessa dal punto di vista tecnico. Fino ad alcuni anni fa, la tecnologia non aveva raggiunto uno stato dell’arte tale da garantire la standardizzazione assoluta, soprattutto sul versante della sicurezza: i telefoni cellulari sotto carica rischiavano infatti di surriscaldarsi e addirittura di esplodere.

Nel frattempo, tali difficoltà sono state però superate e non sussiste più alcun ostacolo tecnico alla standardizzazione.

Ho dunque intrapreso delle iniziative mirate a esortare gli operatori del settore a commercializzare un caricabatteria standardizzato.

Confido che il settore agirà in tempi brevi. Il nostro ruolo istituzionale ci impone tuttavia di mantenere la guardia alta e non dovremmo, per alcun motivo, escludere l’eventualità di introdurre delle norme ad hoc. Come forse già saprete, in occasione del loro ultimo convegno, svoltosi a Barcellona, i gestori di rete hanno annunciato che, a decorrere dal 2012, sarà possibile caricare gran parte dei nuovi telefoni cellulari sul mercato con un unico apparecchio standardizzato.

E’ un dato positivo, ma non sufficiente. La Commissione auspica un’armonizzazione completa, sulla base di uno standard uniforme e di un impegno vincolante da parte degli operatori del settore. La Commissione desidera inoltre che gli operatori elaborino un memorandum d’intesa vincolante entro il mese di aprile, che raccolga l’adesione dei principali produttori di telefoni cellulari e garantisca che tutti i caricabatteria siano compatibili con tutti i telefoni cellulari e viceversa.

La Commissione non esiterà ad avanzare una proposta di legge se gli operatori non raggiungeranno spontaneamente l’accordo.

Auspico inoltre che il problema venga risolto spontaneamente anche per altre apparecchiature, come le videocamere digitali e i lettori MP3, una volta dato il buon esempio con i telefoni cellulari. In caso contrario, si renderà necessario un intervento normativo anche in questi ambiti.

La Commissione continua a fare affidamento sul prezioso sostegno del Parlamento europeo affinché si trovi una soluzione definitiva a questo fastidioso problema.

 
  
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  Paul Rübig, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, oggi potremmo festeggiare la Giornata europea della telefonia cellulare perché, di concerto con la Commissione e il Consiglio, abbiamo approvato il riesame del regolamento sul roaming. Siamo giunti a una conclusione soddisfacente, che consentirà di ridurre i costi derivanti dall’utilizzo di un telefono cellulare. E’ un risultato positivo in questi tempi di crisi economica. E’ inoltre allo studio un programma di abbattimento dei costi per i caricabatteria, un’altra iniziativa fondamentale per i cittadini europei.

I caricabatteria dovrebbero recare un’etichetta che indichi la classe di efficienza corrispondente, sul modello dei frigoriferi, per illustrarne il consumo elettrico. E’ altresì essenziale introdurre tra i requisiti di legge per i caricabatteria l’interruzione automatica della corrente quando il dispositivo è completamente carico, chiedendo inoltre agli istituti di normalizzazione di avanzare proposte in tal senso.

Valuto positivamente lo scadenzario della Commissione, secondo cui si dovrebbe tentare di raggiungere un accordo spontaneo entro aprile per poi definire le norme tecniche. Ovviamente non si tratta di un compito semplice: da un lato, si ha la connessione del caricabatteria al cellulare, che può essere agevolmente disciplinata definendo degli standard tecnici; dall’altro, la presa di corrente pone un problema che abbiamo già incontrato nel processo di normalizzazione a livello comunitario. Anche in questo caso, è necessario elaborare delle proposte per risolvere la questione, che non riguarda la sola Europa, ma anche il resto del mondo. A questo proposito, sarebbe forse opportuno coinvolgere l’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) per individuare una soluzione valida ovunque nel mondo.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău, a nome del gruppo PSE.(RO) La proposta oggi in discussione riguarderà un numero effettivamente elevato di consumatori comunitari. Desidero peraltro ricordare che il 2009, essendo l’anno della creatività e dell’innovazione, è forse il momento più adeguato per compiere progressi verso la standardizzazione, soprattutto se i produttori di telefoni cellulari sigleranno davvero un accordo, quantunque volontario per il momento.

Ritengo che la definizione di uno standard tecnico comune sia l’obiettivo più impellente e che gli enti comunitari competenti in materia di normalizzazione dovrebbero essere coinvolti affinché vengano immesse sul mercato le soluzioni più valide.

Poiché la sola etichettatura con indicazione dell’efficienza energetica non è sufficiente, attribuisco grande importanza anche al varo di una campagna di sensibilizzazione dei consumatori, che fornisca informazioni, ad esempio, sui vari tipi di caricabatteria per i telefoni cellulari.

Il 2012 non è poi così lontano, ma credo che, se veramente i produttori investiranno nel nuovo caricabatteria unico, riusciremo comunque a rispettare questa scadenza.

Desidero però ricordare che la ricerca ha già prodotto alcune applicazioni che stanno facendo la propria comparsa sul mercato: sono infatti disponibili dei caricatori che possono essere utilizzati per caricare due o tre apparecchi alla volta, anche se di fattura e modelli diversi.

E’ proprio per questo che dobbiamo aumentare gli investimenti nella ricerca, soprattutto, a mio parere, nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Si sono già registrati dei progressi: il Settimo programma quadro per la ricerca prevede infatti risorse considerevoli a tale scopo, ma non si è ancora fatto abbastanza per l’ambito, alquanto circoscritto, dei caricabatteria per cellulare. Proprio per questo considero l’accordo tra produttori un passo in avanti, cui deve però accompagnarsi la definizione di standard comuni.

 
  
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  Toine Manders, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, ci troviamo a discutere un argomento di grande interesse per i consumatori, ovvero la standardizzazione del collegamento per i caricabatteria per telefoni cellulari. Per quanto il mio orientamento liberale mi spinga a consentire il libero gioco di mercato e ridurre al minimo l’intervento statale, credo anche nella libertà di scelta dei consumatori – libertà che, al momento, è loro preclusa per l’acquisto di un cellulare. Il caricabatteria deve essere necessariamente acquistato insieme con l’apparecchio, creando non pochi grattacapi ai consumatori. Gli studi condotti dimostrano inoltre che i cittadini spendono 300 milioni di euro l’anno per l’acquisto dei caricabatteria, compresi automaticamente nel prezzo dei nuovi telefoni cellulari. Il risultato è che, anche in questo caso, l’ambiente ne subisce le conseguenze per il modico prezzo di 300 milioni di euro l’anno, senza contare lo spreco di energia causato da questi economici caricabatteria quando – come spesso accade – sono lasciati nella presa anche dopo aver staccato il telefono cellulare, continuando a consumare energia.

Insieme con il mio collega, l’onorevole Cappato, invoco da anni l’introduzione di uno standard europeo e desidero porgere le mie più vive congratulazioni al commissario per il modo in cui ha gestito la vicenda, strizzando un po’ l’occhio agli operatori del settore e, allo stesso tempo, intimorendoli e ingiungendo loro di escogitare una soluzione, pena il varo di norme vincolanti. Appoggio la strategia adottata a maggior ragione perché, essendo io di orientamento liberale, sono contrario all’imposizione di norme laddove sia possibile ricorrere alla sola forza di persuasione. La persuasione implica infatti che si sceglie una determinata strada perché se ne intravedono i benefici e credo che il commissario abbia ottenuto ottimi risultati in tal senso.

Ho già raccontato la seguente storiella in altre occasioni: quando conobbi mia moglie trentacinque anni fa, la persuasi a uscire con me; se invece l’avessi costretta, probabilmente non avrebbe goduto del valore aggiunto che abbiamo adesso e il nostro legame non sarebbe durato così a lungo. Credo che questo esempio sia valido anche per il mondo dell’imprenditoria, che, se libero di risolvere autonomamente la questione, troverà un rimedio più efficace di quello eventualmente imposto dai politici.

Ritengo dunque che la soluzione scelta sia eccellente e auspico che, nel tempo, il commissario riuscirà non solo a introdurre uno standard per i caricabatteria, ma anche per molti altri dispositivi elettronici. Se una famiglia parte per un fine settimana, può essere costretta a portare con sé ben trenta caricabatteria. C’è sempre qualcuno, anche in quest’Aula, che non solo è costretto a chiedere in prestito un caricabatteria perché da dimenticato il suo, ma deve anche trovare il caricatore giusto per quello specifico modello. Le rinnovo i miei complimenti, signor Commissario. Spero che si riuscirà a concludere l’opera entro il 2012 e che lei saprà essere incisivo nel caso gli operatori non rispettassero l’impegno assunto. E’ sempre preferibile aspettare per ricorrere alle maniere forti, tentando di ottenere una soluzione con la persuasione e l’autoregolamentazione: lei è riuscito nell’impresa e merita le mie più vive congratulazioni.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, ho un’altra domanda per il commissario Verheugen. Le porte USB 2.0 possono trasferire sia energia sia dati. Potrebbero essere una valida alternativa?

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. – (DE) Signora Presidente, onorevoli parlamentari, mi ero già fatto un appunto al riguardo, onorevole Rübig: volevo infatti dirle che affronto la questione con grande tranquillità proprio perché non credo che stiamo complicando inutilmente la vita degli operatori del settore, essendo già disponibile la tecnologia USB. Tutti gli esperti mi dicono che lo standard esistente può essere applicato a tutte le apparecchiature palmari: è vero che non può essere adoperato contemporaneamente con un computer fisso e un telefono cellulare, ma lo stesso non vale per tutte le apparecchiature palmari.

Quest’ultima osservazione mi consente anche di rispondere all’onorevole Ţicău: lo standard di cui lei parla in realtà esiste già. Desidero inoltre informarla, onorevole Ţicău, del fatto che il consumo energetico e l’impatto ambientale di questo tipo di caricabatteria sono già oggetto di studi accurati. Ci occuperemo della questione al più tardi quando avrà inizio il lavoro di attuazione della direttiva relativa ai prodotti che consumano energia, in merito alla quale abbiamo già presentato una proposta a quest’Assemblea.

In conclusione, mi rivolgo nuovamente all’onorevole Rübig: credo che l’interruzione di corrente automatica sia un’idea eccellente non solo nel caso dei caricabatteria e, a mio avviso, merita un ulteriore approfondimento. La Commissione vi sta già lavorando e riferirà al Parlamento in merito.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

 

15. Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto (discussione)
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura (A6-0143/2009), a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sull’Istruzione consolare comune: elementi biometrici e domande di visto [05329/1/2009 – C6-0088/2009 – 2006/0088(COD)]. (Relatore: onorevole Ludford).

 
  
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  Sarah Ludford, relatore. (EN) Signora Presidente, la proposta della Commissione di cui sono relatrice del Parlamento rappresenta il quarto elemento del pacchetto sul sistema di informazione visti (VIS), che fa seguito al regolamento sul sistema di informazione visti, alla decisione sull’accesso al VIS e alle misure sull’uso del VIS nel quadro del codice frontiere Schengen.

Oltre a modificare l’Istruzione consolare comune, il testo dispone in primo luogo l’obbligo di fornire elementi biometrici, che saranno poi memorizzati in VIS, e le norme necessarie in tal senso, contemplando, in secondo luogo, le disposizioni organizzative per il ricevimento delle domande di visto.

Si prevede un riesame completo delle norme in materia di visti con il relativo codice di cui il mio collega del gruppo ALDE, onorevole Lax, è relatore. Una volta adottata, la normativa oggi in discussione diventerà parte integrante del codice sui visti. La separazione delle due proposte è stata pensata perché, presumendo che l’iter di approvazione del codice sui visti fosse più lungo rispetto a quello della presente proposta, la Commissione voleva evitare che l’adozione del codice rallentasse il varo del VIS.

A quanto mi consta, il sistema centrale per la gestione del VIS sarà pronto entro la fine di quest’anno e potrebbe entrare in funzione nella prima zona, l’Africa settentrionale, all’inizio del 2010. Conduco i negoziati con il Consiglio da tempo e la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ha approvato la mia relazione nel novembre del 2007. Purtroppo non è stato possibile raggiungere un accordo in prima lettura e così, nel luglio del 2008, ho chiesto al Parlamento di appoggiare la mia relazione; nel corso della presidenza francese, siamo però riusciti a conseguire progressi tali da consentirmi di chiedere l’approvazione del compromesso in seconda lettura.

Erano quattro le questioni ancora irrisolte: il limite di età per il rilevamento delle impronte digitali; gli incentivi agli Stati membri affinché cooperino tra loro, ricorrendo a contratti con fornitori esterni solo come ultima ratio; la protezione e la sicurezza dei dati; il pagamento di diritti per i servizi prestati ai fornitori esterni.

Sul primo punto, la Commissione ha proposto il rilevamento delle impronte digitali a partire dai sei anni di età. Le impronte digitali dei bambini più piccoli sono infatti soggette a rapidi cambiamenti e le nostre conoscenze in merito all’affidabilità delle impronte prelevate da un soggetto tanto giovane con il passare del tempo non mi convincono del tutto. Nonostante i ripetuti tentativi, non ho mai ricevuto prove credibili del fatto che le impronte digitali prelevate tra i sei e i dodici anni costituiscano una base per la verifica o l’identificazione anche a diversi anni di distanza e senza alcun rischio di errore.

In prima battuta, il Consiglio ha risposto proponendo che il rilevamento di impronte digitali avvenga ogni due anni per i bambini, anziché ogni cinque, come per gli adulti. A questo punto, ho insistito su un approccio cauto e pragmatico, portando l’età minima a dodici anni, e il Consiglio ha acconsentito riservandosi la possibilità di rivedere tale limite d’età fra tre anni sulla base di uno studio dettagliato di responsabilità della Commissione.

Passo ora a parlare delle strategie volte a favorire la cooperazione tra gli Stati membri, pur ammettendo il coinvolgimento di fornitori esterni di servizi. Non ho nulla in contrario all’esternalizzazione in generale, ma occorre stabilire condizioni sicure per garantire l’integrità delle procedure di emissione del visto, facendo in modo che l’esternalizzazione sia veramente l’ultima ratio e garantendo la protezione e la sicurezza dei dati.

Siamo dunque riusciti a inserire nel testo una gerarchia di scelte, per cui la cooperazione per mezzo della rappresentanza limitata, della coubicazione e dei centri comuni per la presentazione delle domande di visto rappresenta il livello superiore, mentre solo laddove tali soluzioni non risultino idonee a gestire un numero elevato di richiedenti o garantire un’opportuna distribuzione sul territorio si contempla l’esternalizzazione. Il testo di compromesso chiarisce che resta competenza degli Stati membri vigilare sull’ottemperanza alle norme in materie di protezione dei dati e al diritto internazionale.

Un aspetto fondamentale riguarda gli Stati terzi che vietano la cifratura, cui si applicano disposizioni ad hoc: il trasferimento elettronico dei dati tra le missioni consolari o tra un fornitore esterno di servizi e uno Stato membro sarebbe vietato e gli Stati membri sarebbero tenuti a garantire il trasferimento fisico dei dati elettronici in forma completamente cifrata, su un supporto CD che obbedisca a condizioni speciali.

Da ultimo, abbiamo ottenuto che i fornitori esterni di servizi possano addebitare dei diritti per servizi prestati, in aggiunta ai normali diritti per la concessione del visto, solo a condizione che i richedenti abbiano accesso diretto ai consolati – un risultato che giudico fondamentale.

Nel complesso, abbiamo raggiunto un accordo ragionevole. Grazie all’intenso lavoro di mediazione, ritengo che abbiamo compiuto un passo in avanti nella politica comune in materia di visti.

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, innanzitutto il vicepresidente Barrot mi ha pregato di riferirvi che gli rincresce non poter essere presente stasera.

Sono lieta che il Parlamento abbia approvato la posizione comune definita dal Consiglio, dando così forma all’accordo politico sulla proposta raggiunto tra quest’Assemblea e il Consiglio in occasione del dialogo a tre del 2 dicembre 2008. Desidero ringraziare sia il Parlamento che gli Stati membri per la disponibilità alla mediazione dimostrata con l’approvazione formale di tale strumento e, in particolare, porgo i miei più vivi ringraziamenti alla relatrice, onorevole Ludford, e ai correlatori per il sostegno e la collaborazione offerti. Tale accordo consentirà di proseguire con i preparativi del varo del sistema di informazione visti (VIS), previsto per la fine dell’anno.

Su proposta del Parlamento, la Commissione ha invitato il Centro comune di ricerca a stilare uno studio sul rilevamento delle impronte nei bambini al di sotto dei dodici anni di età – una questione di grande rilievo. Le specifiche tecniche sono state elaborate e verranno trasmesse a breve sia al Parlamento che al Consiglio.

La modifica apportata all’Istruzione consolare comune offrirà inoltre un quadro normativo trasparente e armonizzato in merito all’esternalizzazione, ivi compresa la questione del pagamento di diritti per servizi prestati.

Secondo il parere della Commissione, il testo concordato è equilibrato e, come specificato nella dichiarazione della Commissione al Parlamento, gode del nostro pieno appoggio.

 
  
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  Ewa Klamt, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, per far sì che l’Unione europea sia veramente lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia che ambisce a essere, siamo tenuti a vigilare sulla concessione di visti d’ingresso ai cittadini non comunitari che si rechino in uno Stato membro. Le norme elaborate di recente pongono in capo alle ambasciate e alle rappresentanze dell’Unione europea l’obbligo di rilevare le impronte digitali e disporre di una fotografia dei richiedenti in futuro. Tali provvedimenti ci consentono di soddisfare quattro obiettivi.

In primo luogo, le nuove norme favoriranno la lotta alle frodi e agli abusi, grazie all’introduzione di identificatori biometrici che ostacoleranno la falsificazione dei visti. In secondo luogo, si arginerà il fenomeno del cosiddetto "visa shopping"; terzo punto, si accelererà la procedura di presentazione della domanda di visto; quarto e ultimo punto, si snelliranno al contempo i controlli alle frontiere, poiché grazie agli identificatori biometrici i funzionari di frontiera potranno accertare rapidamente che la persona presente sul posto sia il titolare del visto.

Avremmo guardato con favore alla proposta, avanzata dalla Commissione, di rilevare le impronte digitali dei bambini a partire dai sei anni di età, al fine di prevenire la tratta di esseri umani, ma purtroppo è mancata la maggioranza in seno a quest’Aula.

Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei approva a larga maggioranza la soluzione di compromesso per cui gli Stati membri responsabili dell’accettazione e del trattamento delle domande potranno ricorrere anche a fornitori esterni di servizi, ma solo come ultima ratio. Ci siamo convinti a consentire tali forme di collaborazione proprio perché gli Stati membri resteranno responsabili della protezione e della sicurezza dei dati anche in caso di esternalizzazione e, di conseguenza, i dati elettronici trasmessi dagli eventuali fornitori esterni di servizi alle autorità dello Stato membro interessato dovranno essere sempre completamente cifrati.

Desidero ringraziare la relatrice e gli onorevoli colleghi degli altri gruppi che lavorano da tre anni a questo progetto in qualità di relatori ombra.

 
  
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  Roselyne Lefrançois, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli collegi, visto che lei presiede questa seduta, signora Presidente, mi esprimerò in sua vece sulla questione, che lei ha seguito in qualità di relatrice per parere.

Desidero innanzitutto porgere le mie più vive congratulazioni all’onorevole Ludford per l’impegno profuso e i risultati ottenuti nel corso dei delicati negoziati in materia. Credo che il Parlamento possa essere fiero dell’esito conseguito, poiché – come abbiamo avuto modo di osservare – il compito era tutt’altro che semplice.

Mi preme concentrarmi soprattutto su due punti, che, oltre a rivestire un ruolo essenziale, sono a mio avviso motivo di particolare soddisfazione: in primo luogo, l’aumento del limite di età per il rilevamento delle impronte digitali dei minori da sei a dodici anni; in secondo luogo, l’affermazione del principio secondo cui il rilevamento dei dati biometrici da parte delle autorità consolari degli Stati membri potrà essere esternalizzato a enti privati solo come extrema ratio e in presenza di garanzie specifiche e rigorose.

Sono consapevole che, secondo alcuni, la soluzione adottata non rispecchia esattamente le alternative da noi proposte, soprattutto per il rilevamento dei dati ad opera di un fornitore esterno di servizi presso una missione diplomatica, nonché per il trasferimento a mezzo di posta elettronica cifrata o persino tramite supporti informatici ugualmente cifrati e trasportati in una valigia diplomatica.

Ricordiamo tuttavia che il rilevamento ad opera di privati è possibile solo in conformità alla legislazione comunitaria e che i dati dovranno essere completamente cifrati dal fornitore di servizi e così trasmessi alle autorità dello Stato membro.

Abbiamo inoltre ottenuto che venisse inserito un riferimento alla necessità di negoziare degli accordi con i paesi terzi che vietano la cifratura dei dati trasmessi con strumenti elettronici. La disamina delle domande, gli eventuali colloqui, la procedura di autorizzazione, nonché la stampa e l’applicazione delle vignette-visto autoadesive saranno responsabilità esclusiva del personale diplomatico e consolare.

Le stesse condizioni valgono anche per la trasmissione dei dati rilevati da uno Stato membro all’altro in caso di coubicazione, ossia qualora uno Stato membro sia rappresentato da un altro sul territorio di un paese terzo.

Da ultimo, pur essendo già descritte in uno degli allegati al testo, le condizioni dettagliate delle attività svolgibili da un fornitore di servizi devono essere definite nella loro interezza con uno strumento normativo vincolante.

Alla luce di tali risultati, non possiamo che dichiararci soddisfatti dei miglioramenti apportati alla politica comune in materia di visti, che andranno a sicuro vantaggio dei cittadini europei e consentiranno un consolidamento dei rapporti con i paesi terzi.

 
  
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  Tatjana Ždanoka, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, desidero innanzitutto ringraziare l’onorevole Ludford a nome del mio gruppo per il suo eccellente contributo. E’ una dei pochi relatori per cui nessuna impresa è troppo ardua.

Come sapete, il mio gruppo si oppone strenuamente all’introduzione degli indicatori biometrici in senso estensivo. Ciononostante, la decisione è stata già presa: la base giuridica per il rilevamento di impronte digitali al momento dell’emissione del visto si rintraccia nel regolamento sul sistema di informazione visti (VIS), che, a nostro parere, costituirebbe il contesto più adeguato per disposizioni che definiscano sia le regole generali, sia le deroghe.

Dal nostro punto di vista, è fondamentale ottenere quante più garanzie possibile, e l’onorevole Ludford ha svolto un eccellente lavoro in tal senso. Attribuiamo infatti grande importanza all’innalzamento dell’età minima per il rilevamento delle impronte da sei a dodici anni, per quanto la soglia dei quattordici sarebbe stata ancora più opportuna.

Accogliamo inoltre con favore ogni riferimento esplicito ai diritti fondamentali, ad esempio la possibilità di copiare i dati da un’eventuale domanda precedente, a patto che non sia stata presentata più di 59 mesi prima, anziché 48, e le garanzie di sicurezza e protezione dei dati.

Nutriamo però numerose riserve. Il mio gruppo guarda con sospetto all’esternalizzazione dei servizi di rilevamento degli identificatori biometrici, soprattutto nelle sedi prive della tutela diplomatica e consolare, e si oppone anche all’addebito di diritti per servizi prestati.

In breve, riteniamo che l’introduzione di elementi biometrici nei visti abbia ricadute significative sulla sicurezza dei dati e sui diritti fondamentali, pur non portando alcun vantaggio tangibile. Non possiamo dunque appoggiare la posizione in seconda lettura del Parlamento, senza per questo pregiudicare la nostra posizione sulla relazione Lax in merito al codice sui visti.

 
  
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  Sylvia-Yvonne Kaufmann, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho grande considerazione dell’impegno profuso dalla relatrice; a lei e a tutti quelli che vi hanno contribuito vanno i miei più sinceri ringraziamenti per il lavoro svolto negli ultimi anni. Ciononostante, mi asterrò dalla votazione, soprattutto perché credo che il rilevamento di impronte digitali e, in generale, il ricorso agli identificatori biometrici non siano proporzionati alla portata del problema. A mio parere, la brama di raccogliere il maggior volume possibile di dati personali che caratterizza i ministri degli Affari interni e le autorità di sicurezza è a dir poco opinabile.

So quanto sia stato difficile strappare al Consiglio il compromesso di esentare dall’obbligo di rilevamento delle impronte digitali i bambini al di sotto dei dodici anni. Sappiamo tuttavia che tale condizione verrà rispettata solo in assenza di studi esaustivi che dimostrino l’affidabilità delle impronte dei bambini. Insomma, il dibattito politico sull’effettiva necessità di rilevare le impronte digitali di neonati o bambini in tenera età non si è ancora concluso.

Anche le norme sull’esternalizzazione suscitano in me qualche perplessità. E’ vero che occorrono regole severe e armonizzate, giacché alcuni Stati membri ricorrono già ai fornitori esterni di servizi, ed è altrettanto comprensibile che, in un numero rigorosamente limitato di casi, l’esternalizzazione del trattamento delle domande di visto sia utile, ma non se va a discapito dei richiedenti o della sicurezza dei dati. Non credo che il compromesso pattuito con il Consiglio al riguardo sia adeguato. Sia il Servizio giuridico del Parlamento che il Garante europeo della protezione dei dati hanno messo in luce i rischi derivanti dall’esternalizzazione qualora il fornitore esterno di servizi non si trovi in una zona sottoposta alla tutela diplomatica. Purtroppo il Consiglio ha ignorato tali rilievi.

Un ulteriore problema riguarda i diritti per servizi prestati in caso di esternalizzazione. Non credo che sia giusto addebitarli ai richiedenti. I normali diritti per la concessione dei visti, che ammontano a 60 euro, sono già fin troppo onerosi ed è difficile che il cittadino di un paese terzo possa permettersi di pagarli; il sovrapprezzo di 30 euro non si conforma affatto alla mia idea di un’Europa aperta e ospitale. Certo, in un paese di grandi dimensioni è più agevole non dover percorrere chilometri e chilometri per presentare domanda di visto presso un consolato e trasmettere la pratica a un fornitore esterno di servizi. Credo però che l’imposizione di diritti così elevati annullerebbe immediatamente questo vantaggio.

Desidero ringraziare tutti per il lavoro svolto negli ultimi anni.

 
  
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  Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, non mi sorprende affatto che l’onorevole Ludford, esponente dell’eurofanatico partito liberaldemocratico, voglia armonizzare l’ennesimo ambito che dovrebbe rientrare nella sovranità nazionale. Perché mai uno qualunque degli Stati membri dovrebbe volere un sistema comune per la presentazione e il trattamento delle domande di visto da parte di cittadini di paesi terzi? La decisione su chi può e chi non può entrare in uno Stato nazionale dovrebbe spettare al solo Stato interessato, a meno che – nell’immaginario degli eurofanatici – gli Stati non esistano più e siano stati rimpiazzati da un grande Stato europeo senza frontiere.

Dal 1997 sono entrati nel Regno Unito circa 6 milioni di immigrati, 4 milioni dei quali hanno poi lasciato il paese, con un aumento netto della popolazione di oltre 2 milioni. Con l’attuale tasso di immigrazione verso il Regno Unito, la popolazione del paese cresce al ritmo di 200 000 individui l’anno, ossia di oltre 1 milione ogni cinque anni, una cifra equivalente agli abitanti di Birmingham. Gran parte di questi immigrati entra legalmente, in quanto cittadini comunitari, ma a essi si aggiunge circa 1 milione di immigrati clandestini. L’Inghilterra è uno dei paesi più densamente popolati al mondo, ancor più dell’India, della Cina o del Giappone: se le tendenze attuali non mutano, la nostra popolazione è destinata ad aumentare da 61 a 75 milioni entro il 2051, raggiungendo gli 85 milioni entro il 2081.

Dobbiamo abbandonare l’Unione europea e riappropriarci delle nostre frontiere. Ciò fatto, dovremo scegliere quali cittadini ammettere nel nostro paese, con o senza visto. I cittadini di molti Stati membri dell’Unione non dovrebbero entrare nel nostro paese senza un visto. Al Regno Unito serve un sistema di visti che gli consenta di decidere chi autorizzare all’ingresso e chi no, mentre non ha alcun bisogno di un sistema messo a punto dall’Unione europea.

Mi aspetto che i suoi sostenitori giustifichino l’introduzione di criteri e procedure comuni con l’esigenza di disbrigare tutto più agevolmente, ma questo sistema potrebbe anche avere conseguenze indesiderate. Prendiamo un altro esempio di normativa comunitaria propugnata dai liberaldemocratici: il mandato di arresto europeo, in virtù del quale un cittadino britannico accusato di aver commesso un reato in un altro Stato membro non può avvalersi della tutela della magistratura britannica o del ministero degli Interni, anche laddove si stia commettendo un’ingiustizia smaccata. Un qualunque sistema giudiziario corrotto può ora richiedere la consegna di un cittadino britannico e noi dobbiamo obbedire. Abbiamo rinunciato al diritto di tutelare i nostri stessi cittadini. Avremo presto processi in contumacia e il riconoscimento comune di multe e ordinanze di confisca, tutti provvedimenti votati e caldeggiati dai liberaldemocratici. Tali misure vanificano le libertà più fondamentali di cui i cittadini inglesi godono da secoli, sancite dalla Magna Charta e dalla Bill of Rights del 1689.

Questo pomeriggio, l’onorevole Watson, leader dei liberaldemocratici, ha esortato il primo ministro Brown a portare il Regno Unito nella zona euro, una mossa che qualunque persona dotata di buon senso giudicherebbe suicida per la nostra economia. Il fanatismo dei liberaldemocratici si spinge fino al punto di farci aderire al sistema comune per le domande di visto. Quando gli elettori londinesi comprenderanno la posizione dell’onorevole Ludford in merito, mi auguro che le daranno un visto di sola uscita dal Parlamento europeo alle prossime elezioni del 4 giugno 2009.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE) . – (PT) Signora Commissario, onorevoli colleghi, concordo sull’urgenza di rendere operativo il sistema di informazione visti (VIS), nonché sulla necessità di un codice comunitario sui visti. Tuttavia, pur apprezzando il lavoro svolto dall’onorevole Ludford, vi sono diverse ragioni che, in coscienza, mi impediscono di approvare questo compromesso.

Innanzitutto, sono contrario al ricorso a fornitori esterni di servizi. In sede di approvazione del Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II), con l’accordo di tutti i gruppi politici, questo Parlamento ha negato l’accesso ai dati alle società private, pur trattandosi della mera immatricolazione di automobili. Quali sono i motivi che spingono il Parlamento a rivedere radicalmente la propria posizione e consentire a società private di raccogliere dati sensibili come le impronte digitali? I privati coinvolti potranno trattenere i dati in questione per una settimana, alle condizioni stabilite dal compromesso.

In secondo luogo, sarebbe stata necessaria una migliore protezione dei dati. La tutela diplomatica è infatti fondamentale per salvaguardare efficacemente i diritti di ciascun individuo. Come si può garantire la protezione dei dati rilevati da enti privati senza un’adeguata tutela diplomatica? Abbiamo già dimenticato il caso SWIFT e la trasmissione dei dati raccolti dalle autorità statunitensi? Se una situazione simile può verificarsi in un paese come gli Stati Uniti, vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere nei paesi meno sviluppati, che non offrono le medesime garanzie di tutela dei diritti fondamentali.

In terzo luogo, il costo dei visti aumenterà in misura variabile di paese in paese. La proposta della Commissione si prefiggeva l’obiettivo di prevenire il cosiddetto "visa shopping", ma se un visto costa 60 euro in uno Stato membro, ma 90 in un altro, dove si registrerà il maggior numero di domande? E’ una considerazione valida soprattutto per le famiglie numerose. Per non parlare della necessità di riesaminare gli accordi di facilitazione del rilascio dei visti, tanto strenuamente sostenuti dal Parlamento, come quelli conclusi con l’Ucraina e la Serbia.

Alla luce di tali considerazioni, signora Presidente, non posso accettare questo compromesso.

 
  
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  Corina Creţu (PSE) . – (RO) Desidero innanzitutto congratularmi con la relatrice per l’impegno profuso nel creare un quadro normativo per l’attuazione del sistema di identificazione biometrica.

Alcuni aspetti della relazione in esame hanno scatenato discussioni animate in svariati Stati membri dell’Unione europea, soprattutto sul tema dell’identificazione biometrica. Di recente, il dibattito si è acceso anche in Romania, il penultimo paese dell’Unione a introdurre il passaporto biometrico, ma il primo ad applicare norme biometriche che dispongono il rilevamento sia delle impronte digitali sia dell’immagine del volto.

Le perplessità sull’adozione del sistema di identificazione biometrica sono da ricondursi alla naturale preoccupazione di garantire la sicurezza personale, ed è altrettanto ovvio che ci si interessi alle modalità di uso e protezione dei dati raccolti.

Uno dei principali obblighi in capo agli Stati membri è quello di garantire la sicurezza dei cittadini, senza però violare i diritti umani fondamentali. Proprio per questo motivo, ritengo che sia nostro dovere trovare il giusto equilibro tra due aspetti essenziali nella vita di ciascuno: la libertà e la sicurezza.

La relazione in esame va oltre il documento di natura tecnica e si prefigge l’obiettivo di armonizzare le misure di identificazione biometrica a livello comunitario. E’ un risultato che dobbiamo tenere, tenendo a mente che vari Stati membri ricorrono già ai metodi in esame, pur in assenza di un quadro normativo pertinente.

L’esenzione dei bambini al di sotto dei dodici anni e degli individui per cui è fisicamente impossibile il rilevamento delle impronte è prova di moderazione e pragmatismo e deve essere ampliata a tutti gli Stati membri.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, credo che il regolamento in esame ci consentirà di raggiungere due obiettivi principali: da un lato, la sicurezza; dall’altro, un approccio più vicino ai cittadini.

Grazie all’introduzione delle impronte digitali e delle fotografie, i nuovi visti non potranno infatti essere falsificati o usati a scopi illeciti e, a mio parere, saranno anche più fruibili per i cittadini, giacché la proposta prevede un’unica procedura per il rilevamento di tutti i dati necessari. I richiedenti non saranno inoltre costretti a recarsi presso l’ufficio dei visti a ogni nuova domanda, perché i dati resteranno memorizzati per un periodo massimo di cinque anni.

Andrebbe a tutto vantaggio del cittadino anche uno snellimento della procedura, reso possibile dalla cooperazione fra Stati membri o dal coinvolgimento di fornitori esterni di servizi, nel pieno rispetto della normativa in materia di protezione dei dati. Noi garantiremo l’ottemperanza a tali norme perché abbiamo preso tutte le precauzioni del caso. Desidero fugare i dubbi di chi teme abusi del sistema o violazioni delle norme da parte dei fornitori esterni di servizi: nel mio paese abbiamo avuto esperienze molto positive al riguardo, che mi convincono ad appoggiare questo sistema più fruibile per i cittadini.

Fin qui, appoggio anche la relatrice, cui desidero porgere le mie congratulazioni. Non sempre ci siamo trovati concordi nel corso della nostra collaborazione, onorevole Ludford. Non mi lascia però del tutto soddisfatto l’impossibilità di rilevare le impronte digitali a partire dai sei anni di età, perché tale provvedimento avrebbe solo garantito condizioni più sicure per l’infanzia, determinando con certezza l’identità dei bambini e prevenendo la tratta e altre attività criminali. Me ne rammarico. Auspico tuttavia che, sulla scorta di uno studio e nel giro di tre anni al massimo, saremo tutti tanto ragionevoli da disporre il rilevamento delle impronte a partire dai sei anni di età, al fine di garantire una migliore tutela dell’infanzia.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . – (RO) La decisione del Consiglio n. 2004/512/CE dell’8 giugno 2004 ha istituito il quadro normativo necessario al rilevamento di dati biometrici per l’identificazione personale.

Il regolamento comunitario oggi in esame stabilisce delle regole comuni per il rilevamento di dati biometrici per l’identificazione personale e si fonda sulle disposizioni pertinenti dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO).

Il Regno Unito e l’Irlanda non attueranno le disposizioni contenute nel presente regolamento, non essendo vincolate dall’acquis di Schengen.

Credo che il rispetto della protezione dei dati rivesta particolare importanza per il regolamento in esame. In parole povere, i dati dovranno essere memorizzati e trattati in conformità alle norme comunitarie pertinenti. L’attribuzione, in capo agli Stati membri, dell’obbligo di organizzare il ricevimento e il trattamento delle domande di visto fa gravare su di loro un’immane responsabilità in termini di diritti della persona.

Mi limiterò a dire che i dati dovranno necessariamente essere rilevati e trattati dal solo personale autorizzato, senza essere destinati, in nessun caso, ad altri scopi.

 
  
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  Dushana Zdravkova (PPE-DE) . – (BG) Signora Commissario, onorevoli colleghi, il compromesso raggiunto sull’introduzione degli indicatori biometrici nei visti d’ingresso emessi dagli Stati membri dell’Unione europea garantisce, senza alcun dubbio, un elevato livello di sicurezza.

Al contempo, esso offre sufficienti garanzie di protezione dei dati personali e dell’integrità umana del viaggiatore e desidero altresì ricordare che, grazie al perfezionamento dei requisiti tecnici, contribuiremo alla lotta alla criminalità transfrontaliera, all’immigrazione clandestina e alla tratta di esseri umani.

Per i paesi di frontiera come quello che rappresento, la Bulgaria, sottoposti alla pressione intensa dei flussi migratori e della criminalità organizzata internazionale, l’introduzione rapida ed efficace di nuove norme apporterà un contributo essenziale alla protezione delle frontiere esterne dell’Unione.

Inoltre, le modifiche apportate offriranno agli Stati membri l’opportunità di migliorare e accelerare la procedura di emissione del visto, favorendo sicuramente anche il consolidamento dei rapporti con i paesi terzi e permettendo un miglioramento complessivo dell’immagine dell’Unione. In fase di attuazione, sarà ovviamente necessario prendere in considerazione anche le eventuali conseguenze economiche per i richiedenti il visto.

L’addebito di altri diritti, in aggiunta a quelli già esistenti, potrebbe frapporre nuovi ostacoli alla libera circolazione dei viaggiatori in buona fede. Da ultimo, desidero ribadire l’importanza di garantire una protezione adeguata dei dati trasmessi nel corso della procedura di emissione di un visto d’ingresso per l’Unione europea.

Il Parlamento ha sempre vigilato sulla protezione dei dati personali dei cittadini comunitari e, a mio parere, è ugualmente leale ed etico usare lo stesso peso e la stessa misura con i dati dei nostri visitatori.

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, desidero solo porgere ancora una volta i miei ringraziamenti all’onorevole Ludford e a tutti gli onorevoli parlamentari per le considerazioni e i contributi offerti. Riferirò al mio collega, il commissario Barrot, i contenuti della discussione odierna.

 
  
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  Sarah Ludford, relatore. (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare tutti i relatori ombra che hanno collaborato con me. Sono la “signora VIS” ormai da quattro anni e, insieme con i relatori ombra, ho creato un’equipe di lavoro compatta, di cui sentirò la mancanza. Se mi è permesso dirlo, sentirò soprattutto la sua mancanza, signora Presidente, nel caso non dovessimo rivederci dopo giugno. Abbiamo lavorato in un’equipe tutta al femminile, vivendo un’esperienza molto piacevole; non manco però di ringraziare anche tutto il personale coinvolto, composto non solo da donne, che ha svolto un eccellente lavoro.

Rispetto e comprendo le posizioni degli onorevoli Kaufmann e Ždanoka, che ringrazio per aver garantito la loro piena partecipazione ai negoziati e alla discussione, anche se, come da loro stessi dichiarato, non possono condividerne l’esito.

Mi rammarico però che l’onorevole Coelho non abbia appoggiato questo compromesso. Spero che il collega sia consapevole degli sforzi che ho dovuto compiere per introdurre alcuni degli elementi che anch’egli caldeggiava e che, dopo tutto, erano contenuti già nella stesura originaria della relazione. Dicendo che avremmo potuto ottenere di più, temo che l’onorevole collega susciterà qualche mormorio di protesta nel Consiglio e nella Commissione, che – mi sento di poter dire – hanno trovato in me un osso duro.

L’onorevole Batten ha lasciato l’Aula. Credo che il suo intervento fosse solo un comizio elettorale per l’UKIP. Come osservato dall’onorevole Ţicău, il Regno Unito non prende parte al sistema di informazione visti, essendo al di fuori dello spazio Schengen, e mantiene dunque il pieno contro delle proprie frontiere. Temo che, come spesso accade, l’onorevole Batten abbia fatto una certa confusione.

Ringrazio tutti gli oratori che hanno apportato un contributo costruttivo. Sono lieta che stiamo archiviando la questione, perché, una volta concluso l’iter, credo proprio che vorrò dimettermi da “signora VIS”.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Alin Lucian Antochi (PSE), per iscritto. – (RO) L’introduzione dei dati identificativi biometrici nell’ambito del VIS costituisce un significativo passo in avanti per ottenere una corrispondenza affidabile tra il titolare e il documento, prevenendo così l’uso di false identità.

Fin dalla prima lettura, il regolamento ha fatto tuttavia emergere vari punti di disaccordo tra il Consiglio e il Parlamento sui seguenti aspetti: il rilevamento delle impronte nei bambini fino ai sei anni di età, con il rischio di trascurare i costi e i disagi cui i genitori andrebbero incontro a ogni cambiamento nelle impronte del bambino; le nuove sfide relative all’organizzazione del rilevamento dei dati biometrici; non da ultimo, la mancanza di esperienza degli Stati membri negli ambiti della memorizzazione dei dati e della risoluzione degli errori tecnici.

In tale contesto, occorre garantire l’applicazione di norme comuni in materia di emissione dei visti da parte degli Stati membri, nonché la ridefinizione e l’adeguamento dell’Istruzione consolare comune. E’ inoltre opportuno prestare particolare attenzione alla protezione dei dati biometrici, tenendo a mente che, sebbene il loro rilevamento serva a contrastare la criminalità e il terrorismo favorendo l’accesso e lo scambio delle informazioni tra le autorità di polizia degli Stati membri, in assenza delle opportune misure di sicurezza ad alto livello potrebbero accedervi anche altri gruppi d’interesse.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto.(RO) Il regolamento che modifica l’Istruzione consolare comune in materia di visti crea il quadro normativo necessario all’introduzione degli identificatori biometrici nel sistema di informazione visti (VIS), e contiene altresì le opportune disposizioni per il ricevimento e il trattamento delle domande di visto.

Il regolamento contempla la possibilità di cooperare con un fornitore esterno di servizi per la raccolta delle domande di visto.

A mio avviso, le motivazioni dietro questo via libera alla cooperazione con fornitori esterni sono insufficienti e fanno temere un aumento del traffico di visti. Sebbene il regolamento confermi lo status di operatori per gli Stati membri, definendo i fornitori esterni semplici mandatari dell’operatore, ritengo che il trattamento e la diffusione dei dati biometrici metta a repentaglio il privato cittadino.

Il diritto di addebitare un importo per i servizi prestati, in aggiunta ai normali diritti per la concessione del visto, creerà delle discrepanze nel prezzo per la concessione del visto da uno Stato membro all’altro. Sono profondamente convinto che si creeranno delle differenze anche nel numero delle domande di visto presentate nei vari Stati membri.

Desidero far presente questo rischio a tutti gli Stati membri che ricorrono all’esternalizzazione per gestire il ricevimento e il trattamento delle domande di visto, esortandoli altresì a riesaminare il quadro normativo vigente per ridurre al minimo in casi in cui sono i fornitori esterni a raccogliere le domande di visto.

 

16. Nuovi prodotti alimentari (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la relazione presentata dall’onorevole Liotard, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai nuovi prodotti alimentari e recante modifica del regolamento (CE) n. XXX/XXXX [procedura uniforme] [COM(2007)0872 – C6-0027/2008 – 2008/0002(COD)].

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, relatore. – (NL) Signora Presidente, in primo luogo desidero ringraziare i relatori ombra, che mi hanno offerto un aiuto prezioso nell’affinare la relazione della Commissione. E’ degno di nota anche il contributo apportato dalla presidenza ceca, che ha avanzato molte proposte preziose. Non abbiamo raggiungo un accordo in prima lettura su un paio di questioni irrisolte, ma in ogni caso il voto in Aula rende l’iter un po’ più democratico.

Quando ho saputo che la Commissione stava per presentare una proposta di regolamento sui nuovi prodotti alimentari, mi sono chiesta a cosa mai si riferisse e perché fosse stato preso come punto di partenza della proposta proprio il mercato interno.

Inizierò da quest’ultimo interrogativo. Al pari di molti altri temi dibattuti in questo Parlamento, anche l’argomento odierno può essere affrontato dal punto di vista del mercato interno, del produttore o dell’economia, ma anche della sicurezza alimentare, dei consumatori, della sanità e dell’ambiente: in altre parole, tenendo a mente gli interessi dei cittadini comunitari. Si fa un gran parlare, in seno alle istituzioni europee, dell’ambiente e del benessere degli animali, ma ritengo opportuno che questa relazione non si limiti alle sole parole, bensì sia accompagnata da fatti. In fase di stesura della relazione sui nuovi prodotti alimentari, laddove bisognasse operare una scelta, ho agito nell’interesse della sicurezza alimentare, dei consumatori, dell’ambiente e del benessere degli animali. Mi auguro che i relatori ombra appoggeranno questa mia scelta nel corso della votazione – come del resto mi hanno già comunicato che faranno.

L’innovazione riveste un’importanza indubbiamente decisiva. Muovendo da tale presupposto, passo al mio secondo punto, ossia la definizione di nuovo prodotto alimentare. Il significato del termine non era precisato in nessun punto del testo della Commissione, la quale mi ha poi riferito che formavano oggetto della proposta, ad esempio, le nanotecnologie e la carne di animali clonati. Partirò dal primo caso: non ho idea di cosa si tratti e, a mio avviso, molti consumatori si trovano nella mia medesima situazione. Eppure, a quanto sembra, essa compare più di quanto si creda nei prodotti alimentari che consumiamo: le bevande isotoniche, i materiali d’imballaggio di frutta e verdura, ma anche in alcune delle tante varietà di olio e tè. L’approvazione del regolamento è dunque urgente: la tecnologia offre molteplici vantaggi e può essere una manna per il consumatore, ma occorre accertarsi che i prodotti alimentari messi sulle nostre tavole siano sicuri e rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento stesso.

In merito al secondo punto, il Parlamento ha già affermato in una risoluzione alla Commissione di essere contrario alla commercializzazione della carne di animali clonati sul mercato alimentare. Se tale prodotto dovesse ricadere nella sfera di applicazione del presente regolamento, quest’Assemblea ammetterebbe, seppur indirettamente, di approvarne l’introduzione sul mercato – un fatto inaccettabile. La carne di animali clonati non deve dunque rientrare nel regolamento in esame, e non propriamente per motivi di sicurezza: la clonazione finalizzata alla produzione di carne si accompagna di norma a grandi sofferenze per i capi di bestiame coinvolti, che hanno in molti casi vita breve. Tale pratica non conferisce dunque alcun valore aggiunto all’approvvigionamento alimentare in questo momento.

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, il 15 gennaio 2008 la Commissione ha presentato al Consiglio e al Parlamento europeo la proposta relativa ai nuovi prodotti alimentari, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi che gravano sugli operatori del settore agro-alimentare al momento dell’approvazione prima dell’immissione sul mercato di prodotti alimentari innovativi.

La proposta attuale conferma la regola secondo cui i prodotti innovativi necessitano di autorizzazione prima dell’immissione sul mercato, per garantire ai consumatori che le nuove tecniche produttive e di allevamento siano sicure sia per gli esseri umani che per gli animali e rispettino l’ambiente e gli interessi del consumatore.

Inoltre, la proposta snellisce e accelera la procedura di autorizzazione tramite un sistema centralizzato di valutazione della sicurezza gestito dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), grazie al quale si avranno una più accurata valutazione del rischio, tarata sulle diverse tipologie di prodotto alimentare, e condizioni più flessibili per l’immissione sul mercato di prodotti alimentari sicuri provenienti da paesi terzi.

Accolgo con favore l’impegno del Parlamento, la cui relazione affronta le principali sfide per lo sviluppo di un settore agro-alimentare sicuro. Più nello specifico, desidero ribadire la mia adesione ai seguenti principi: la necessità di una definizione di nanomateriali artificiali e la condizione che tutti i prodotti rientranti in tale categoria ricevano un’autorizzazione ad hoc da parte delle istituzioni comunitarie; la conferma che i prodotti alimentari ricavati da animali clonati sono classificabili come nuovi prodotti alimentari e, in quanto tali, possono essere immessi sul mercato solo previa valutazione dell’EFSA e autorizzazione a seguito di una procedura di regolamentazione.

Ascolterò con grande interesse i vostri pareri su questioni tanto delicate e ringrazio la relatrice, onorevole Liotard, e i relatori ombra per il prezioso lavoro svolto per questa fondamentale relazione.

 
  
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  Z uzana Roithová, relatore della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (CS) Signor Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli colleghi per aver sostenuto le proposte che ho avanzato in qualità di relatrice. Ricordo, tra le altre, il rinvio dei casi controversi al Gruppo europeo per l’etica delle scienze e delle nuove tecnologie e la riduzione del periodo di protezione dei dati a cinque anni, in modo tale da accelerare l’innovazione. Pur concordando appieno sulla necessità di mantenere il principio precauzionale, desidero sottolineare che in ben dodici anni sono state presentate appena 86 domande per nuovi prodotti alimentari, di cui 28 approvate e 3 respinte. Poiché la normativa attualmente in vigore manca di trasparenza, stiamo integrando la procedura in materia per tutti gli Stati membri, semplificando altresì l’iter di approvazione e immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari.

Il progetto di relazione non mi soddisfa però del tutto. Mi rammarico che i miei colleghi non comprendano il legame con la normativa in materia di alimenti e mangimi geneticamente modificati. Al momento, i prodotti alimentari geneticamente modificati sono infatti oggetto di un regolamento a parte e non è necessaria alcuna duplicazione. Sono dunque contraria alle proposte afferenti la tutela degli animali e dell’ambiente, i mangimi animali e le derrate alimentari geneticamente modificate, che esulano dallo scopo di questo regolamento e tendono a complicare la proposta, pur rappresentando un ambito di indubbia importanza. D’altro canto, guardo comunque con favore a un regolamento che disciplini i prodotti alimentari ottenuti con l’ausilio di nanotecnologie e garantisca ai cittadini europei sicurezza alimentare assoluta.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews, a nome del gruppo PPE-DE. (EN) Signora Presidente, l’argomento in discussione è estremamente complesso e raccoglie pareri diversi. Vorrei dunque iniziare ringraziando la relatrice per essersi avvicinata a certi punti di vista con spirito di mediazione, laddove avrebbe forse preferito altrimenti. Vi è però un comune sentire tra tutti i gruppi politici circa la necessità di norme chiare sui nuovi prodotti alimentari, sia per proteggere il consumatore che per garantire la certezza del diritto ai produttori.

Vorrei ringraziare il commissario non solo per il lavoro svolto, ma anche per sua la presentazione, che ha illustrato con tanta chiarezza l’obiettivo di semplificare e snellire l’intero iter. Uno degli aspetti che più sta a cuore al nostro gruppo riguarda infatti il ruolo stesso del regolamento, che dovrebbe favorire lo sviluppo di tali prodotti alimentari, anziché imporre così tante restrizioni da tarpare loro le ali. A tal fine, abbiamo richiesto una votazione per appello nominale sull’emendamento 30 per confermare il sostegno a questo obiettivo di riferimento.

Inoltre, nella convinzione che qualunque norma dovrebbe essere proporzionata e pragmatica, ci opponiamo all’idea che l’utilizzo di nanomateriali per la realizzazione di un prodotto sia segnalato sull’etichetta, o ancora che un nuovo prodotto alimentare possa essere approvato solo se “non produce impatti ambientali negativi e non ha effetti persistenti o accumulativi sull'ambiente dopo essere stato consumato o trasformato in rifiuto”. Sembra una condizione ragionevole, ma chi stabilirà se essa si verifica o meno, e su quali basi? Non è forse vero che un simile editto metterebbe al bando anche prodotti già sul mercato?

Conveniamo che la Commissione debba presentare una proposta di legge in materia di clonazione e che sia necessario un rafforzamento della protezione dei dati per un certo periodo di tempo. Siamo lieti che vari emendamenti da noi presentati siano stati approvati in seno alla commissione e auspichiamo che quelli bocciati per una manciata di voti saranno invece adottati durante la plenaria di domani. Posso tuttavia confermare che, a dimostrazione del nostro generale sostegno alla relazione, proporremo infine di votare a favore per inaugurare questo nuovo capitolo.

 
  
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  Åsa Westlund, a nome del gruppo PSE. (SV) Signora Presidente, desidero porgere i miei più sinceri ringraziamenti alla Commissione per la proposta avanzata e all’onorevole Liotard per l’eccellente relazione, che ha apportato sensibili miglioramenti alle parti della proposta originaria cui attribuisco maggiore importanza: la sanità pubblica e la tutela dei consumatori. Meritano il mio riconoscimento anche molte delle questioni afferenti gli additivi per mangimi, su cui abbiamo cooperato in precedenza.

Il testo verte sull’utilizzo di nanoparticelle e nanomateriali, un argomento trattato con competenza nella proposta della relatrice, ma anche nell’emendamento presentato dall’onorevole Breyer, i cui contenuti ci ricordano l’iter della direttiva sui prodotti cosmetici. In quell’occasione, avanzammo una proposta molto simile, che è stata ora incorporata nella direttiva. Ovviamente, lo stesso dovrebbe avvenire in questo caso: si parla infatti sempre di etichettatura di nanomateriali e della necessità di segnalare con chiarezza la composizione di un determinato prodotto al consumatore, in modo tale da consentire a chiunque lo desideri di evitare i prodotti alimentari contenenti nanoparticelle o nanomateriali.

Tra gli altri aspetti che noto e accolgo con favore vi è l’attenzione per l’impatto dei prodotti alimentari sull’ambiente, cui viene attribuita un’importanza sempre maggiore. La questione ha anche delle implicazioni etiche, come nel caso della clonazione, che è stata inserita nella relazione in termini chiari e costruttivi. Il problema non sta nelle potenziali conseguenze del consumo di carne clonata sui consumatori, bensì soprattutto negli aspetti etici, che vanno presi in seria considerazione prima di prendere una decisione su norme di tale portata.

Concordo inoltre con la relatrice sull’obbligo di approvazione anche per gli imballaggi contenenti nanomateriali che entrino in contatto con i prodotti alimentari.

Il gruppo socialista al Parlamento europeo valuta molto positivamente la proposta della relatrice e appoggerà anche alcuni degli emendamenti. Auspichiamo infine che si raggiunga un accordo con la Commissione in tempi brevi.

 
  
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  Magor Imre Csibi, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, la normativa in merito ai nuovi prodotti alimentari potrebbe favorire la diversificazione dell’offerta sul mercato agro-alimentare europeo, garantendo al contempo la sicurezza del consumatore.

Ai sensi del regolamento attualmente in vigore, sono pochissimi i nuovi prodotti alimentari che hanno ottenuto l’autorizzazione all’immissione sul mercato, a causa delle complesse procedure per la presentazione e la valutazione delle domande. Se avessimo applicato la prassi attuale all’approvazione della patata o del kiwi, è possibile che non sarebbero mai arrivati sulle nostre tavole. Il riesame del regolamento vigente dovrebbe quindi prefiggersi l’obiettivo di creare un sistema più pratico ed efficace per l’autorizzazione dei nuovi prodotti alimentari.

Comprendo le riserve degli onorevoli colleghi che temono l’immissione sul mercato di prodotti pericolosi o ingannevoli per il consumatore. Non per questo dovremmo però soccombere a una sorta di smania di sicurezza e tarpare le ali all’innovazione, discriminando peraltro i nuovi prodotti alimentari rispetto a quelli, già sul mercato, che non offrono al consumatore un vantaggio nutritivo. La scelta spetta però al consumatore.

Il mio gruppo si dichiara complessivamente soddisfatto dell’esito della votazione in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Vi sono tuttavia alcuni elementi che esulano dal campo di applicazione del testo e che, di conseguenza, ci impediscono di appoggiarlo. Non si può, ad esempio, pretendere che i nuovi prodotti alimentari non abbiano alcun impatto negativo sull’ambiente: piaccia o meno, tutte le attività umane si ripercuotono in qualche modo sull’ambiente e la disposizione ci sembra dunque sproporzionata in tale contesto. Il mio gruppo ritiene piuttosto che si debba trovare il giusto equilibrio tra gli incentivi all’innovazione e l’applicazione del principio precauzionale alla sicurezza alimentare, alla tutela dell’ambiente e dei consumatori e al benessere degli animali.

Abbiamo dunque cercato di snellire le lunghe procedure burocratiche per l’immissione sul mercato del nuovi prodotti alimentari e per la tutela degli investimenti del settore, grazie al rafforzamento della protezione dei dati.

A tal fine, abbiamo ripresentato per la votazione in plenaria una serie di emendamenti, intesi a velocizzare l’iter dei prodotti affini ai prodotti alimentari e degli ingredienti già in uso sul mercato la cui procedura di autorizzazione abbia avuto inizio secondo le disposizioni del regolamento precedente. Le domande presentate ai sensi del regolamento precedente e non ancora evase dovrebbero infatti seguire la normativa in vigore al momento dell’apertura della pratica, perché la ripresentazione della domanda secondo le disposizioni del regolamento rivisto imporrebbe agli operatori del settore ulteriori costi e ritardi.

Nel contempo, abbiamo anche cercato di promuovere gli interessi del consumatore, potenziando le misure di attuazione in materia di commercializzazione e monitoraggio – per citare alcuni esempi – e appoggiando l’esclusione degli animali clonati dalla filiera alimentare e l’introduzione di disposizioni ad hoc per l’etichettatura.

Riguardo alla clonazione, sostengo con forza l’estromissione dei prodotti alimentari derivati da animali clonati e dalla loro progenie dall’ambito di applicazione del regolamento. Esorto altresì la Commissione a vietare l’uso di animali clonati nella filiera alimentare e ricordo che già nel settembre del 2008 il Parlamento ha adottato ad ampia maggioranza una risoluzione in cui si auspicava la messa al bando degli animali clonati dalla catena alimentare.

Nel messaggio politico che mandiamo alla Commissione e ai cittadini, dobbiamo essere coerenti. Vi sono ancora una serie di problematiche da affrontare per quanto riguarda le implicazioni etiche della clonazione di animali a scopo alimentare, nonché le implicazioni di questa prassi sulla salute umana e sul benessere degli animali.

Il regolamento sui nuovi prodotti alimentari non costituisce dunque il contesto più opportuno per affrontare un argomento tanto complesso. L’eventuale immissione dei prodotti alimentari derivati da animali clonati sui mercati europei potrebbe avvenire, in futuro, solo grazie a uno specifico regolamento, sottoposto a consultazione pubblica e approvato democraticamente.

A mio avviso, il Parlamento dovrebbe assumere una posizione risoluta e, facendosi forte di una votazione a maggioranza, insistere affinché la Commissione trovi una soluzione conforme alla volontà dei cittadini.

Sosterremo anche l’etichettatura dei nanoingredienti: i cittadini hanno il diritto di conoscere la composizione degli alimenti che consumano e comportarsi di conseguenza. Chi nutre delle riserve sulla nanotecnologia dovrebbe essere in grado di compiere una scelta corrispondente. Riteniamo tuttavia che l’etichettatura dei prodotti alimentari derivati da animali nutriti con mangimi geneticamente modificati non sia né realistica né fattibile. Pur opponendomi strenuamente all’uso di organismi geneticamente modificati (OGM), non credo sia possibile distinguere con precisione gli animali nutriti con OGM dagli altri.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. (PL) Signora Presidente, il regolamento (CE) n. 258/97 sui nuovi prodotti alimentari offre un’ottima opportunità per definire più chiaramente l’oggetto della discussione. Stiamo realmente promuovendo l’impiego di prodotti alimentari sani e sicuri e tutelando la salute del consumatore, oppure stiamo solo salvaguardando gli interessi di certi individui e gruppi di persone il cui obiettivo non è la salute dei consumatori, bensì il profitto?

Se è la salute dei cittadini a preoccuparci, occorre far sì che i consumatori ricevano informazioni affidabili circa l’origine e gli ingredienti dei prodotti alimentari. Le etichette informative devono dunque contenere anche le seguenti indicazioni: gli ingredienti e il rispettivo dosaggio; l’uso di tecniche ecologicamente sicure o basate sugli OGM; gli eventuali additivi contenuti, come gli enzimi e gli aromi alimentari; il paese di origine e l’eventuale provenienza da bestiame clonato, il cui impiego, a mio avviso, dovrebbe essere severamente vietato.

In sostanza, l’applicazione di procedure ad hoc per la concessione di autorizzazioni alla produzione e all’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari non dovrebbe neppure essere oggetto di discussione. Tali procedure devono tutelare i consumatori da prodotti alimentari dannosi per la salute e da indicazioni ingannevoli. La relatrice, onorevole Liotard, concorda con la Commissione sull’esigenza di attuare procedure di autorizzazione trasparenti per i nuovi prodotti alimentari, confermando così il proprio lodevole impegno per il tema oggetto della relazione.

 
  
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  Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, onorevole Liotard, onorevoli colleghi, il riesame del regolamento sui nuovi prodotti alimentari è indispensabile. Soprattutto nel caso delle nanotecnologie, i requisiti imposti ai prodotti alimentari non dovrebbero essere in nulla meno rigorosi di quelli per i cosmetici.

Occorrono una chiara definizione ed etichettatura dei nanomateriali. L’approvazione dei prodotti alimentari contenenti nanomateriali dovrà però essere sospesa fino all’elaborazione di metodi di valutazione del rischio adeguati, per evitare il risultato che – spero – nessuno desidera: trattare i consumatori alla stregua di cavie.

Riguardo all’ingegneria genetica, occorre colmare quanto prima la lacuna esistente in materia di etichettatura: i prodotti alimentari provenienti da animali ingrassati con mangimi geneticamente modificati devono essere etichettati. Visto che, sulla carta, la rintracciabilità esiste già, sarà possibile farlo. Conosceremo domani il voto dei colleghi tedeschi, la cui legislazione nazionale presenta una lacuna proprio in tale ambito. Non vogliamo privare i consumatori della facoltà di decidere autonomamente: bisogna garantire loro libertà di scelta.

Deve essere altrettanto chiaro che non vogliamo l’immissione della carne clonata sui mercati europei, per motivi sia etici, sia legati al benessere animale. E’ un punto da sottolineare con estrema chiarezza nel regolamento.

Concludo le mie considerazioni dicendo che gli animali non dovrebbero subire sofferenze inutili, ragion per cui chiediamo il divieto dei doppi esperimenti sugli animali. Grazie.

 
  
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  Renate Sommer (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, le sarei grata se volesse concedermi i trenta secondi in più di cui ha appena usufruito l’onorevole Breyer del gruppo Verde/Alleanza libera europea.

La Commissione aveva avanzato una proposta valida per aggiornare il regolamento sui nuovi prodotti alimentari. Purtroppo alcuni degli emendamenti presentati mirano però a inserire nella proposta obiettivi che sono incompatibili con quelli del regolamento o addirittura interferiscono con la giurisprudenza esistente. L’obbligo, in capo agli operatori del settore alimentare, di monitorare l’impatto dei nuovi prodotti alimentari sulla salute e sul benessere degli animali risulterebbe troppo oneroso per i commercianti al dettaglio.

Si tenta ancora una volta di minare la normativa vigente in materia di OGM, in questo caso con la richiesta di un’etichettatura ad hoc per i nuovi prodotti alimentari derivati da animali nutriti con mangimi geneticamente modificati. E’ storia vecchia ormai.

Qualunque aspetto afferente la normativa sugli OGM non dovrebbe entrare a far parte del regolamento sui nuovi prodotti alimentari. Sebbene io stessa abbia presentato un emendamento inteso a escludere le nuove specie vegetali dalla definizione di nuovo prodotto alimentare, ci tengo a precisarlo, affinché il regolamento in esame non venga strumentalizzato a scopi elettorali da chi ha interesse a farlo. Gli emendamenti 62 e 90, per i quali i verdi hanno chiesto una votazione per appello nominale, hanno esattamente questo scopo. Chi vorreste mettere alla gogna con questo stratagemma? Il mio gruppo ha sempre sostenuto il diritto del consumatore a conoscere la composizione di un alimento. Perché non si dovrebbe indicare i nanomateriali tra gli ingredienti? Sebbene l’emendamento 62 rappresenti un goffo tentativo di anticipare il mio lavoro sull’etichettatura dei prodotti alimentari, devo dire che giudico l’etichettatura dei nuovi prodotti alimentari del tutto compatibile con la mia relazione.

Raccomando pertanto al mio gruppo di votare a favore degli emendamenti. Nella mia relazione sul regolamento in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, farò riferimento proprio alla parte del regolamento oggi in esame che riguarda l’etichettatura; mi sarà possibile farlo perché la prima lettura sul tema di mia competenza è stata aggiornata alla prossima legislatura, contro la volontà dei verdi. Eppure, è ora evidente il vantaggio che proprio i verdi ne trarranno.

Una breve osservazione sulla clonazione: è una forma di accanimento sugli animali cui noi ci opponiamo. Ciononostante, i prodotti alimentari che se ne ricavano devono essere disciplinati dal regolamento, perché altrimenti…

(il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE). - (HU) I consumatori europei saranno molto rassicurati dall’idea di poter riporre la più completa fiducia nei prodotti alimentari di provenienza comunitaria. A medio e a lungo termine, è proprio questa una delle principali motivazioni per il mantenimento della politica agricola comune: occorre risarcire i produttori europei per l’imposizione di norme più severe in materia di sicurezza alimentare e tutela ambientale rispetto a quelle dei nostri concorrenti extracomunitari.

Sarebbe bene riuscire a far valere, nel corso dei negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio, la legittima richiesta che anche i nostri concorrenti globali osservino regole e norme altrettanto severe, per garantire il rigore della sicurezza alimentare e della tutela dell’ambiente, nonché la salute delle piante e degli animali.

Il regolamento sui nuovi prodotti alimentari e le modifiche presentate nella relazione si prefiggono ugualmente lo scopo di potenziare la sicurezza alimentare. Allo stesso tempo, le sfide poste dall’attuale crisi alimentare globale e l’aumento costante della popolazione rendono più urgente – per non dire indispensabile – la ricerca di nuove soluzioni. Affinché il pianeta disponga di risorse sufficienti a sfamare 9 miliardi di persone nel 2050, è indispensabile sfruttare le opportunità offerte dal progresso tecnologico, e soprattutto dal ricorso alle biotecnologie.

Onde evitare equivoci, la relazione in esame non si occupa degli alimenti geneticamente modificati, mentre, conformemente alle indicazioni della Commissione, classifica i prodotti alimentari ottenuti con l’uso di nanotecnologie come nuovi prodotti alimentari. Alcuni degli onorevoli colleghi nutrono però delle riserve in proposito, che posso anche comprendere; ma è fondamentale riconoscere che la nanotecnologia è una delle strade del futuro.

L’Europa subirebbe un grave svantaggio competitivo se restasse esclusa dai progressi in tale ambito. La soluzione sta proprio negli accurati studi scientifici che, secondo le disposizioni della proposta di regolamento, accompagneranno la procedura di autorizzazione. Particolare importanza assume inoltre il rigoroso quadro normativo in materia di etichettatura: non possiamo permettere infatti che i consumatori ricevano indicazioni ingannevoli sui prodotti alimentari in questione.

E’ inoltre in corso un delicato dibattito sugli animali clonati. Sarebbe però più opportuno disciplinare la clonazione in un apposito regolamento, che, nonostante il parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, secondo cui la progenie di animali clonati non è considerarsi a sua volta frutto di clonazione, dovrebbe comunque applicarsi anche alla prole. E’ un messaggio che dovrà risultare ben chiaro ai consumatori.

 
  
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  Mojca Drčar Marko (ALDE) . (EN) Signora Presidente, l’anno scorso una maggioranza non trascurabile di questo Parlamento ha votato a favore di una risoluzione che proponeva di vietare la clonazione degli animali a scopi alimentari, nonché la vendita di qualsiasi prodotti derivato da animali clonati e dalla loro progenie.

Prima di esprimerci sulla normativa in materia di nuovi prodotti alimentari, dovremmo ripensare ai motivi che ci hanno spinti a essere prudenti e attenti ai potenziali rischi per la salute e il benessere degli animali. Come ci insegnano gli ambiti in cui la sicurezza alimentare si incontra con la dimensione etica del rapporto tra l’uomo, la specie dominante, e la natura, la percezione dell’opinione pubblica dipende per lo più dalla conoscenza specifica della materia. I consumatori sono sempre più sensibili alle sofferenze inflitte agli animali da fattoria e hanno dunque il diritto di essere informati del dolore e dello spreco di risorse naturali che la clonazione potrebbe causare. Eppure, l’affermazione della clonazione animale come metodo di produzione alimentare procede all’oscuro dei cittadini.

I problemi legati alla clonazione non riguardano il solo benessere degli animali, bensì anche la fiducia dei consumatori negli alimenti che acquistano, dato che i prodotti alimentari realizzati in Europa vengono considerati di eccellente qualità. Secondo l’Eurobarometro dello scorso ottobre, l’opinione pubblica nutre serie preoccupazioni sull’uso, in un eventuale futuro, di prodotti alimentari derivati da cloni. Tali riserve si ricollegano alla vendita di prodotti importati, che potrebbero essere immessi sui mercati europei senza alcuna indicazione della provenienza da animali clonati. Concordo dunque con la scelta della relatrice, che esorta la Commissione a elaborare norme specifiche in materia di clonazione.

Tra i vari punti sollevati negli emendamenti del mio gruppo, desidero esprimere il mio particolare sostegno per la condivisione delle informazioni ricavate dai test sugli animali, in modo tale da evitare il ripetersi degli esperimenti.

Da ultimo, porgo i miei più vivi ringraziamenti alla relatrice per l’accurato lavoro svolto sulla normativa comunitaria in esame, di fondamentale importanza sia per la sicurezza alimentare, sia per la tutela dei consumatori e la salute e il benessere degli animali.

 
  
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  Satu Hassi (Verts/ALE) . (FI) Signora Presidente, onorevoli colleghi, i miei più sinceri ringraziamenti all’onorevole Liotard per l’eccellente lavoro svolto. Sono particolarmente soddisfatta della serietà con cui la commissione si è interessata ai potenziali pericoli dei nanomateriali, arrivando a proporre il divieto di adoperare la carne di animali clonati. Dopo tutto, la clonazione è causa di grande disagio per gli animali.

Attribuisco grande importanza anche all’emendamento 60, che mira a indicare in etichetta l’eventuale provenienza di prodotti come latte, uova e carne da animali nutriti con mangimi geneticamente modificati. Spero che l’emendamento abbia l’appoggio di tutto il Parlamento. I consumatori europei evitano gli alimenti geneticamente modificati, al punto che gli OGM di origine vegetale, per cui vige l’obbligo di etichettatura, sono una rarità nei negozi. Sussiste tuttavia un’evidente lacuna per i mangimi, che arrivano sulle nostre tavole anche se geneticamente modificati. Gran parte viene importata da altri paesi del mondo, soprattutto il Brasile e l’Argentina, in cui si producono quantità immani di mangimi geneticamente modificati.

E’ arrivato il momento di applicare il principio di trasparenza anche ai mangimi e la dicitura OGM ai prodotti di origine animale. Il primo ministro del mio paese si è dichiarato favorevole mesi fa; spero dunque che la Finlandia si farà propugnatrice di questa iniziativa anche in seno al Consiglio dei ministri.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . (EN) Signora Presidente, accolgo con favore il riesame del regolamento sui nuovi prodotti alimentari, che spronerà l’innovazione nel settore alimentare e delle bevande e vigilerà sul corretto funzionamento del mercato interno e della sanità pubblica, favorendo al contempo l’immissione sul mercato dei nuovi prodotti alimentari.

In un’ottica più ampia, mi preoccupano però l’idiosincrasia e la diffidenza per la scienza del Parlamento europeo – e, in realtà, dei parlamenti nazionali –, che causano non pochi problemi in svariati ambiti. Non rendiamo giustizia a noi stessi reagendo in modo irrazionale, viscerale o populista alle ultime scoperte scientifiche, peraltro accreditate da esperti, né rendiamo giustizia al nostro ruolo democratico. Quando in quest’Aula si parla di prodotti geneticamente modificati, di clonazione e di nanotecnologie, inizialmente ci si rinserra dietro un “no” categorico, per poi aprirsi lentamente e approdare a un ritardo nelle autorizzazioni.

Mi preoccupa l’EFSA, signora Commissario, nonché l’eventualità che non abbia le risorse sufficienti per gestire i fascicoli con tempismo e accuratezza secondo le disposizioni del regolamento. Se abbiamo ricavato un qualche insegnamento dall’imbarazzante lentezza con cui sono finora procedute le domande di autorizzazione dei prodotti alimentari e dei mangimi geneticamente modificati, la risposta è negativa. Perché reagiamo come se fossimo all’oscuro di qualunque sviluppo in ambito scientifico? Mancano forse in quest’Aula, o sono una minoranza irrisoria, i deputati di formazione scientifica? La stessa domanda si pone per i parlamenti nazionali. Dobbiamo accettare il fatto che le leggi devono fondarsi su dati scientifici affidabili e accurati; diversamente, metteremo in dubbio la nostra stessa credibilità di legislatori.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) Signora Presidente, nell’interesse dei consumatori e nella consapevolezza che i prodotti alimentari hanno ricadute significative sulla nostra salute, concordo con la relatrice: è necessario definire con chiarezza lo scopo del regolamento sui nuovi prodotti alimentari. Dovremmo fare il possibile per garantire la trasparenza e l’efficacia del sistema di concessione delle autorizzazioni per i nuovi prodotti alimentari, salvaguardando così la sicurezza dei consumatori e migliorando il funzionamento del mercato interno.

A mio parere, l’attuale definizione di nuovo prodotto alimentare va rivista alla luce dei principi e dei requisiti generali sanciti dalla normativa vigente. Credo che un prodotto alimentare possa essere immesso sul mercato solo a patto che non risulti ingannevole per il consumatore, sia del tutto sicuro e il suo valore nutritivo non sia in nulla peggiorato. Poiché le sostanze o i composti che si ricavano da un nuovo prodotto non sono mai state destinate prima al consumo umano, occorrerà valutare con particolare attenzione qualunque decisione sulle relative disposizioni di legge. Appoggio qualsiasi attività atta a mantenere un livello elevato di sicurezza alimentare, e chi parla di…

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, desidero approfondire alcuni punti di particolare rilievo tra quelli sollevati dagli onorevoli parlamentari.

Riguardo alle nanotecnologie, conosco gli ultimi pareri scientifici e ho trovato convincenti i documenti addotti nella relazione dell’onorevole Liotard. L’Unione europea deve essere la prima al mondo a dotarsi di una definizione normativa dei nanomateriali geneticamente modificati, nonché di un approccio coerente e flessibile verso tali tecnologie.

Al fine di chiarire la posizione della Commissione circa la definizione di nanotecnologie, desidero rilasciare la seguente dichiarazione a nome della Commissione.

La Commissione sa che i lavori per concordare una definizione comune di nanomateriali sono ancora in corso e conferma dunque che i progressi compiuti verranno tenuti in conto nell’elaborazione della futura normativa comunitaria, ricordando altresì che la procedura di comitato valida per la proposta in esame consente anche l’aggiornamento in itinere della definizione ivi riportata.

In merito all’obbligo di etichettatura per tutti i prodotti alimentari realizzati con l’ausilio delle nanotecnologie, ricordo che la Commissione è favorevole a che il consumatore venga informato dell’eventuale presenza di nanomateriali negli alimenti. Il regolamento sui nuovi prodotti alimentari dispone tuttavia un’autorizzazione caso per caso, che contempli anche la definizione delle condizioni d’uso del prodotto e, nella fattispecie, dei requisiti per l’etichettatura. Le disposizioni in merito verranno dunque valutate per ciascun caso.

Permettetemi ora di chiarire la mia posizione su un tema di grande rilievo: la clonazione. Come ho già avuto modo di affermare, non reputo il regolamento sui nuovi prodotti alimentari lo strumento più adatto a disciplinare tutti gli aspetti del problema, essendo il suo campo di applicazione circoscritto alla sicurezza alimentare e all’autorizzazione di immissione in commercio. L’uso dei cloni nei programmi di selezione (sperma, embrioni e ovuli) non può dunque essere disciplinato dal regolamento in esame, né è questa la sede più opportuna per discutere le implicazioni per la salute e il benessere degli animali.

Il 13 gennaio scorso, in seno al collegio dei membri della Commissione si è svolto un dibattito di orientamento sulla clonazione di animali di fattoria a fini alimentari. La Commissione si è trovata concorde sul fatto che restano varie questioni irrisolte, alla cui soluzione sta lavorando di concerto con l’EFSA, ed è sua cura che vengano condotti gli studi scientifici necessari in tal senso. Nel contempo, ho avviato io stessa dei colloqui con i nostri principali partner commerciali: Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda.

E’ vero: occorrono maggiori dati e informazioni sulle tecniche di clonazione e sull’approccio normativo da adottarsi rispetto alla progenie degli animali clonati.

Come hanno ricordato alcuni di voi, nel luglio dell’anno scorso l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha emesso un parere circa gli aspetti scientifici della clonazione a scopi alimentari nell’Unione europea, in cui si trae la conclusione generale che la valutazione del rischio è inadeguata per l’insufficienza dei dati disponibili. Sul versante della sicurezza e del benessere degli animali, il parere precisa che un numero significativo di cloni ha riportato danni, talvolta gravi, con esiti fatali sia per l’animale clonato che per la madre in affitto.

Anche il parere del Gruppo europeo per l’etica pone l’accento su diversi interrogativi scientifici cui bisogna dare risposta, nonché sulle ricerche da svolgersi nei settori della sicurezza alimentare, del benessere e della salute degli animali, della rintracciabilità e dell’etichettatura.

Da ultimo, ribadisco che la clonazione è senza dubbio una questione da affrontare, ma il regolamento sui nuovi prodotti alimentari non offre il contesto più opportuno per disciplinare tutte le delicate problematiche a essa collegate.

In ogni caso, mi impegno, a nome della Commissione, a stilare quanto prima una relazione esaustiva su tutti gli aspetti delle tecniche di clonazione, prestando un’attenzione particolare alla produzione alimentare, al benessere e alla salute degli animali clonati e della loro progenie, e accludendovi, se opportuno, delle proposte di legge. Desidero infine sottolineare che confido nel raggiungimento di una soluzione e, a tale proposito, ringrazio il Parlamento per la comprensione e la collaborazione offerte.

Relazione Liotard (A6-0512/2008)

La Commissione può accogliere gli emendamenti 7, 12, 34, 35, 41, 42, 44, 45, 53 e 63.

Gli emendamenti 3, 8, 15, 20, 58, 64, 65, 76, 87, 88 e 89 possono essere accolti in linea di principio.

La Commissione può accogliere, previa riformulazione, gli emendamenti 1, 6, 10, 25, 30, 31, 36, 40, 66, 67, 69, 77, 82, 84, 85 e 93.

La Commissione non può accogliere gli emendamenti 2, 4, 5, 9, 11, 13, 14, 16, 17, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 37, 38, 39, 43, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 54, 55, 56, 57, 59, 60, 61, 62, 68, 70, 71, 72, 73, 74, 75, 78, 79, 80, 81, 83, 86, 90, 91 e 92.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, relatore. – (NL) Signora Presidente, desidero porgere i miei più sinceri ringraziamenti agli onorevoli colleghi per il contributo apportato alla discussione e per il sostegno offerto a vari punti della mia relazione. Ovviamente, ho sentito anche delle osservazioni critiche, di cui sono ugualmente soddisfatta perché giovano al dibattito.

Il nostro scopo è garantire ai consumatori la sicurezza dei prodotti alimentari realizzati con l’ausilio di nuove tecnologie, nonché dei nuovi prodotti immessi sul mercato – un obiettivo raggiungibile grazie al nostro contributo e alle nostre proposte. In questo modo, daremo anche delle certezze ai produttori interessati all’innovazione, indicando i prodotti ammessi e dando loro un ulteriore incentivo a innovare il settore della sicurezza alimentare grazie alla garanzia della protezione dei dati.

Desidero inoltre porgere i miei più vivi ringraziamenti al commissario, signora Vassiliou, per le parole sulla clonazione animale. Ricordo però che il Parlamento ha già adottato una risoluzione in cui affermava a chiare lettere la propria contrarietà all’immissione sul mercato della carne di animali clonati a scopi alimentari, una presa di posizione che, peraltro, emerge anche nella relazione. Esorto dunque la Commissione a estromettere la clonazione animale dal regolamento sui nuovi prodotti alimentari. La relazione esprime lo stesso auspicio, raccogliendo, come avete appena sentito, l’ampio sostegno di quest’Assemblea.

Da ultimo, colgo l’occasione per ringraziare la mia equipe, Thomas, Vivian and Jan-Jaap, che ha collaborato con grande impegno alla stesura di questa relazione.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì.

 

17. Sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Blokland, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (rifusione) [COM(2008)0505 – C6-0297/2008 – 2008/0165(COD)].

 
  
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  Johannes Blokland, relatore. – (NL) Signora Presidente, la chiusura del buco dell’ozono riveste un’importanza fondamentale sia per l’ambiente che per la salute dell’intera popolazione del pianeta. L’atmosfera terrestre è formata da due diversi strati che concorrono a proteggere il pianeta: il diossido di carbonio nello strato della troposfera trattiene il calore, evitando il raffreddamento eccessivo del pianeta; l’ozono nella stratosfera ci protegge invece dalle radiazioni ultraviolette emesse dal sole, che sono nocive. Il regolamento sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (ODS) mira principalmente a proteggere la stratosfera di ozono, ma anche a prevenire il cambiamento climatico. Le sostanze che saranno vietate sortiscono infatti un duplice effetto: ridurre lo strato di ozono e accrescere il riscaldamento globale. I principali responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono si rintracciano negli agenti propulsori di aerosoli, nei frigoriferi, nei materiali isolanti e in certi tipi di solventi e detergenti. I clorofluorocarburi (CFC) e gli halon, i più aggressivi per lo strato di ozono, sono stati del tutto eliminati, salvo che in numero limitato di casi. Vige già il divieto di produzione degli idroclorofluorocarburi (HCFC), che non potranno essere più adoperati dal 2020. Il preambolo del nuovo regolamento asserisce la necessità di porre fine, o ridurre al minimo, la produzione e l’impiego delle sostanze che riducono lo strato di ozono, creando così un’ottima base per le future scelte politiche.

La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha accolto sessantaquattro emendamenti, che, a seguito dei due dialoghi a tre che hanno condotto a un accordo tra Consiglio e Parlamento, sono stati accorpati e sostituiti da un unico testo consolidato. Desidero soffermarmi brevemente su nove dei notevoli risultati ottenuti grazie all’accordo.

Innanzitutto, è mutata la base giuridica del regolamento, che si incentra ora sull’ambiente per consentire agli Stati membri di adottare misure di tutela ambientale più esaustive. In secondo luogo, l’uso del bromuro di metile sarà vietato a decorrere dal 18 marzo 2010, anche per il trattamento dei container per il controllo degli animali infestanti; la sola deroga ammessa riguarderà casi di emergenza, come le epidemie su vasta scala. In terzo luogo, nell’ambito del programma di eliminazione graduale degli HCFC, la percentuale rispetto al 1997 è stata ridotta al 7 per cento per gli anni conclusivi. Quarto punto: gli HCFC potranno essere usati solo nei siti produttivi indicati dal governo. Quinto punto: la lista delle sostanze che potrebbero essere sottoposte a misure restrittive si è arricchita di nuovi elementi, che la Commissione sta già esaminando. Il sesto punto riguarda l’etichettatura, divenuta obbligatoria per le deroghe necessarie, ad esempio l’impiego delle sostanze vietate come reagenti o in laboratorio. A tale proposito, si è anche deciso che il loro uso in laboratorio non dovrà aumentare in alcun modo. Settimo punto: il riuso e il riciclo delle sostanze che riducono lo strato di ozono potranno avvenire all’interno di un solo sito produttivo, con l’obbligo di tenere un inventario delle quantità presenti per prevenire frodi o traffici illeciti. L’ottavo punto riguarda la preferenza delle ispezioni come strumento di attuazione, in modo tale da spingere gli Stati membri a cooperare nella lotta ai traffici illeciti. L’ultimo punto è il rafforzamento dei sistemi di attuazione e monitoraggio per prevenire eventuali fuoriuscite delle sostanze incriminate.

Sono però necessari ulteriori interventi per affrontare il problema delle ODS depositate. In quest’ambito, un compito significativo spetta alla Commissione, che esorto nuovamente ad ampliare la direttiva sui rifiuti edilizi e di demolizione nel rispetto degli orientamenti concordati sette anni fa per il Sesto programma d’azione per l’ambiente.

Nel complesso, abbiamo ottenuto un risultato soddisfacente: lo strato di ozono avrà infatti migliori possibilità di recupero e si limiteranno gli effetti nocivi quali il cancro alla pelle e i danni a piante e alberi.

 
  
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  Stavros Dimas, membro della Commissione. (EL) Signora Presidente, desidero innanzitutto ringraziare il relatore, l’onorevole Blokland, e i relatori ombra per l’eccellente lavoro svolto sulla proposta di rifusione del regolamento sulla protezione dello strato di ozono.

Sono molto lieto che si sia raggiunto un accordo in prima lettura, soprattutto grazie all’apporto positivo e costruttivo del Parlamento.

La politica per la tutela dell’ozono stratosferico è, per riconoscimento generale, un autentico successo, cui l’Unione europea ha contribuito in misura significativa. Grazie alle coraggiose misure adottate dall’Unione, abbiamo infatti ottenuto il ritiro dal mercato del 99 per cento delle sostanze che riducono lo strato di ozono (ODS).

Oltre alla tutela dello strato di ozono, la riduzione di tali sostanze giova anche al clima, considerando che esse vantano un potenziale di riscaldamento globale fino a 14 000 volte superiore a quello dell’anidride carbonica. Senza il protocollo di Montreal e senza le più ambiziose norme comunitarie, le emissioni globali di gas a effetto serra si attesterebbero a un livello forse del 50 per cento superiore a quello attuale.

Grazie all’impegno della comunità internazionale, gli scienziati ora calcolano che lo strato di ozono sarà completamente ripristinato tra il 2050 e il 2075. Affinché tale obiettivo sia realmente possibile, occorre porre rimedio a una lunga serie di problemi irrisolti. La proposta della Commissione si prefigge il duplice scopo, da un lato, di semplificare la normativa comunitaria e ridurre gli oneri burocratici e, dall’altro, di portare il regolamento in pari con gli ultimi sviluppi scientifici e le sfide future, al fine di garantire il ripristino dello strato di ozono.

Pur preservando l’impostazione della proposta originaria, il compromesso raggiunto prevede alcune misure ad hoc per affrontare i problemi irrisolti, come la piena eliminazione o la limitazione dell’impiego di sostanze che riducono lo strato di ozono.

Novità ancora più importante è l’inasprimento delle disposizioni relative alle sostanze “depositate” in alcuni prodotti (ad esempio apparecchiature di refrigerazione o schiume isolanti in plastica). Il testo potenzia inoltre le misure commerciali a contrasto dell’uso e del traffico illecito delle sostanze che riducono lo strato di ozono nell’Unione europea, contribuendo peraltro a prevenire il cosiddetto dumping ambientale. Da ultimo, la proposta vieta tutti gli usi del bromuro di metile, fatte salve alcune fattispecie per la gestione di situazioni di emergenza, e pone così la normativa comunitaria all’avanguardia globale.

I vantaggi, sia per il ripristino dello strato di ozono che per la riduzione dei gas a effetto serra, saranno notevoli. La Commissione europea è dunque in grado di accogliere l’intero pacchetto di emendamenti presentato.

Ringrazio nuovamente il Parlamento europeo per aver contribuito in misura significativa a preservare la vocazione ambientale della proposta e raggiungere un accordo in prima lettura.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola, a nome del gruppo PPE-DE. – (FI) Signora Presidente, il regolamento in esame è la logica continuazione e integrazione del protocollo di Montreal, che pone in capo ai 191 Stati firmatari l’obbligo di abbandonare l’uso di sostanze che riducono lo strato di ozono (ODS).

Il protocollo di Montreal è ritenuto uno degli accordi internazionali in ambito ambientale più riusciti. I risultati parlano da soli: vi è stata una riduzione del 95 per cento nel consumo di ODS rispetto al periodo di riferimento e, per giunta, nell’arco di vent’anni si risparmierà un quantitativo di gas serra pari a 100 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Proprio per questo motivo, il regolamento in esame non si limiterà a promuovere il ripristino dello strato di ozono, ma darà anche un notevole apporto alla lotta al cambiamento climatico.

Il regolamento precedente, elaborato nove anni fa, era ormai obsoleto e richiedeva un aggiornamento. La semplificazione della struttura dell’attuale regolamento, l’eliminazione di disposizioni ormai superate e l’ampliamento dell’obbligo di rendicontazione per comprendere le nuove sostanze erano strettamente necessari. Desidero congratularmi con l’onorevole Blokland per il lavoro svolto in qualità di relatore del Parlamento. Il compromesso in prima lettura, per impegnativo che fosse in termini democratici, rappresenta una soluzione ragionevole per un aggiornamento di tale portata e il suo stesso raggiungimento è stato, di per sé, un successo per l’ambiente.

Il regolamento, reso ora accettabile, allineerà la normativa comunitaria con le disposizioni originarie del protocollo di Montreal. Ne sono un esempio l’anticipazione di cinque anni del termine per l’interruzione della produzione degli HCFC, giustamente portato al 2020, e la riduzione del numero di deroghe al divieto di esportazione. Poiché gli obiettivi del presente regolamento non potranno essere raggiunti con il solo intervento degli Stati membri sul territorio comunitario, occorre un approccio internazionale al problema, nel contesto dell’economia globale. Se sussistessero troppe deroghe al divieto di esportazione, diventerebbe difficile dimostrare l’utilità di ciascuna.

Lo stesso protocollo di Montreal, un trattato con ben vent’anni di storia, è stato integrato in almeno quattro occasioni: a Londra, Copenhagen, Montreal e Pechino. Non si tratta solo di una storia di successi, ma anche di una riprova del fatto che, man mano che migliorano le conoscenze, vanno corretti gli eventuali orientamenti sbagliati. E’ proprio questa l’esperienza cui dobbiamo attingere per il protocollo di Kyoto.

In origine, il protocollo di Montreal si prefiggeva l’obiettivo di tutelare lo strato di ozono soprattutto limitando il ricorso ai CFC, che sono stati presto eliminati quasi del tutto e rimpiazzati, ad esempio, dagli HCFC, molto meno nocivi per lo strato di ozono. Come spesso accade con le soluzioni alle problematiche ambientali, è tuttavia emersa un’ulteriore complicazione: gli HCFC, al pari dei gas fluorurati, si sono rivelati estremamente nocivi per il loro elevato potenziale di riscaldamento globale, che, in taluni casi, superava di oltre mille volte quello dell’anidride carbonica. A quel punto, è stato necessario modificare i punti deboli del trattato.

Lo stesso insegnamento va tratto dal caso del protocollo di Kyoto. Bisogna infatti ammettere che, nella sua forma attuale, il protocollo non è affatto efficace e non ridurrà né le emissioni globali né il tenore di carbonio. Il problema nasce forse dal fatto che gli autori del trattato di Kyoto presupponevano di poter applicare all’anidride carbonica la stessa soluzione adoperata nel caso dei freon.

Il cambiamento climatico rappresenta una sfida ambientale di ben altra portata rispetto ai problemi precedenti. Mentre l’assottigliamento dello strato di ozono era da ricondursi a sottoprodotti della produzione industriale e di energia, la causa del cambiamento climatico risiede nelle basi stesse dell’economia e del sistema produttivo globali. Il mondo funziona ancora a carbonio, ragion per cui il cambiamento climatico è da considerarsi innanzitutto un problema di ingegneria gestionale: il processo decisionale deve dunque riorientarsi verso una ristrutturazione globale dei sistemi di produzione di energia e dei materiali, concentrandosi meno sulla riduzione delle emissioni. Non dimentichiamo gli insegnamenti di Montreal.

 
  
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  Leopold Józef Rutowicz, a nome del gruppo UEN. (PL) Signora Presidente, la relazione presentata dall’onorevole Blokland sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono offre ottimi spunti per portare avanti la tutela della stratosfera. A questo proposito, desidero sottolineare che tra i successi del Parlamento europeo e del Consiglio vi è stata proprio l’interruzione della produzione e della commercializzazione di gas contenenti CFC, idrocarburi alogenati, bromuri e metili, che provocano l’assottigliamento dello strato di ozono e incidono sull’effetto serra.

Si darebbe un’ottima prova di spirito pioneristico intervenendo nel paese situato proprio al di sotto del buco dell’ozono: la Nuova Zelanda, dove, oltre alle attività intraprese nell’Unione europea, sono stati avviati progetti intesi a ridurre le emissioni di metano. Il metano, un metro cubo del quale contribuisce all’effetto serra come trenta di anidride carbonica, si genera per effetto dei processi di decomposizione, degli animali, delle miniere nel sottosuolo e di varie reazioni chimiche. Considerando la quantità che se ne immette nell’atmosfera, in futuro si dovrà intervenire anche in tal senso.

L’UEN appoggia il regolamento in esame e ringrazio l’onorevole Blokland per questa relazione utile e ricca di spunti.

 
  
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  Satu Hassi, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FI) Signora Presidente, onorevoli colleghi, le mie più vive congratulazioni all’onorevole Blokland per l’eccellente risultato raggiunto: il Parlamento è infatti riuscito ad anticipare il termine per l’eliminazione del bromuro di metile di quattro anni, imponendo scadenze più serrate anche alla riduzione degli HCFC.

E’ fondamentale che l’Unione europea continui a svolgere un ruolo pioneristico nell’eliminazione delle sostanze che riducono lo strato di ozono, sebbene il tema non attiri più l’attenzione dei media. Molte di queste sostanze, pur essendo pericolosi gas a effetto serra, sono state comunque escluse dal protocollo di Kyoto, nella convinzione che il loro impiego sarebbe stato disciplinato dal protocollo di Montreal. La questione non va dunque trascurata e, anche in futuro, occorrerà continuare a eliminare i gas a effetto serra più nocivi, creando così un precedente virtuoso per altri paesi, ivi compresi quelli in via di sviluppo.

Nel caso delle sostanze il cui impiego è vietato sul territorio comunitario, il mio gruppo avrebbe auspicato restrizioni all’esportazione più chiare di quelle pattuite, cosa che mi auguro avvenga nelle fasi successive dell’iter legislativo.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, prima di iniziare, desidero fare un richiamo al regolamento: poiché sembra che nessuno abbia chiesto di intervenire con la procedura catch the eye – mi corregga se sbaglio, ma ho controllato e così mi risulta – potrei prolungare di un minuto il tempo concessomi avvalendomi proprio della procedura?

 
  
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  Presidente. – Certo, onorevole Doyle, faccia pure.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . (EN) Signora Presidente, in occasione della conferenza delle parti (COP) del settembre 2007, gli Stati firmatari del protocollo di Montreal hanno adottato una serie di misure aggiuntive a tutela dello strato di ozono, che saranno ora incorporate nella rifusione del regolamento per accelerare l’eliminazione graduale delle sostanze che riducono lo strato di ozono (ODS) e per limitarne le deroghe all’uso. La rifusione del regolamento verte principalmente sull’imposizione di divieti e restrizioni in materia di produzione, importazione, esportazione, immissione sul mercato, uso, recupero, riciclo, rigenerazione e distruzione delle sostanze in questione.

Il protocollo di Montreal rappresenta una delle iniziative internazionali in campo ambientale più riuscite finora, con il risultato che l’assottigliamento dello strato di ozono registrato negli anni ottanta è stato per lo più annullato. Grazie alla riduzione graduale nell’uso di gas che riducono l’ozono (CFC, HCFC, idrocarburi alogeni, bromuro di metile (salvo deroghe strettamente limitate nel tempo per determinati “usi critici”, ad esempio l’impiego degli halon nelle apparecchiature anti-incendio degli aeroplani) si è avuta una riduzione del 95 per cento nel consumo di ODS rispetto agli anni ottanta.

Non dobbiamo dimenticare che tali sostanze hanno anche un potenziale di riscaldamento globale: lo strato di ozono è uno dei due strati atmosferici che proteggono la vita sul pianeta e, più nel dettaglio, è deputato alla protezione dalle radiazioni ultraviolette emesse dal sole, che sono nocive e causano varie patologie, tra cui il cancro alla pelle e la cataratta.

 
  
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  Presidente . – Onorevole Doyle, è stata fedele alla parola data. Grazie.

 
  
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  Stavros Dimas, membro della Commissione. (EL) Signora Presidente, mi rammarico che quest’Aula sia così poco affollata oggi, perché stiamo discutendo un protocollo molto ben riuscito, che ha condotto a eccellenti risultati sia per l’ambiente, sia per la sanità e ha favorito il ripristino dello strato di ozono, tornato ai livelli precedenti il 1980.

Desidero ringraziare gli oratori intervenuti questa sera per aver espresso considerazioni molto costruttive. Ricordo inoltre che la Commissione, nel pieno rispetto del ruolo assegnatole, valuterà se sussistono le precondizioni per l’inserimento di altre tre sostanze entro la metà del 2010, presentando una dichiarazione in merito al segretariato del Parlamento europeo affinché sia inserita del processo verbale di oggi.

Desidero affermare, a titolo personale, che confido nel raggiungimento di un accordo sulla lotta al cambiamento climatico a Copenhagen alla fine dell’anno, accordo che dovrà essere almeno altrettanto ambizioso e riuscito quanto il protocollo di Montreal. In realtà, auspico che il nuovo trattato sia ancora più efficace ed è in questa direzione che dobbiamo concentrare tutti i nostri sforzi.

Per concludere, aggiungo che la Commissione è particolarmente soddisfatta dell’esito dei negoziati ed è dunque in grado di accogliere gli emendamenti di compromesso proposti in toto.

Relazione Blokland (A6-0045/2009)

La Commissione conferma la propria intenzione di ponderare entro il 30 giugno 2010 l’inserimento di altre sostanze nella parte B dell’allegato II del regolamento, valutando soprattutto il verificarsi delle condizioni stabilite all’articolo 24, paragrafo 3. Saranno oggetto di questa disamina accelerata le seguenti sostanze:

- esaclorobutadiene;

- 2-bromopropano (bromuro di isopropile);

- Iodometano (ioduro di metile)

 
  
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  Johannes Johannes Blokland, relatore. – (NL) Signora Presidente, porgo i miei più sinceri ringraziamenti al commissario Dimas per essersi impegnato ad accettare la proposta, avanzata dall’onorevole Hassi, di studiare gli effetti di altre sostanze. A tale proposito, ricordo al commissario il caso del bromuro di metile: non disponiamo ancora di informazioni sufficienti circa questa sostanza e la sua produzione e, per fortuna, si è deciso di chiedere ai fornitori, in sede di consultazione, un resoconto delle tecniche produttive adoperate per acquisire informazioni precise al riguardo.

I miei più vivi ringraziamenti vanno anche agli onorevole colleghi, segnatamente ai relatori ombra e a quanti sono intervenuti stasera, per il sostegno che ho ricevuto. Entrambe le parti hanno offerto un’eccellente collaborazione, sia in seno alla commissione sia durante i negoziati. Ringrazio anche la presidenza ceca per i solidi compromessi che abbiamo raggiunto, prima e dopo le tornate negoziali. Ad ogni modo, l’esito è stato soddisfacente. Apprezzo anche il contributo che mi è stato apportato dai funzionari della Commissione e della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, nonché dai miei stessi collaboratori. Abbiamo agito come una vera e propria squadra, riuscendo così a concludere una modifica di legge di così ampio respiro nel giro di sei mesi.

Mi resta solo un’osservazione conclusiva. Non sono del tutto soddisfatto del sistema di rifusione, perché non è chiaro su quale base si possa o meno apportare una modifica. Fortunatamente gli esperti giuridici mi hanno informato del cambiamento di base giuridica in fase di rifusione, consentendomi di apportare le modifiche necessarie, altrimenti ci sarebbe del tutto sfuggito. Il Consiglio era, per fortuna, dello stesso parere e siamo riusciti a risolvere il problema in extremis in seno alla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. La rifusione continua a creare intoppi nei lavori di questo Parlamento.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto.(RO) La proposta in esame preserva la struttura del regolamento (CE) n. 2037/2000, ma la integra con un capitolo dedicato alle deroghe al divieto di produzione, immissione sul mercato e uso delle sostanze in questione. Tali deroghe erano originariamente disperse in varie disposizioni afferenti gli stadi dell’eliminazione dei prodotti e delle sostanze disciplinati.

Le principali problematiche ancora in sospeso riguardano:

- la riduzione del rilascio in atmosfera di emissioni di sostanze che riducono lo strato di ozono (ODS)/gas serra “depositati” – tanto più necessaria viste le stime secondo cui entro il 2015 i depositi globali raggiungeranno i 2 milioni di tonnellate di potenziale di riduzione dell’ozono, ovvero i 13,4 miliardi di tonnellate di CO2eq;

- gli usi di ODS oggetto di deroghe per la mancanza di alternative tecnicamente o economicamente praticabili, ad esempio il bromuro di metile per quarantena e trattamento anteriore al trasporto;

- le nuove ODS: recenti studi scientifici dimostrano che il potenziale di riduzione dell’ozono di certe sostante chimiche non disciplinate dal protocollo è di gran lunga superiore, a fronte di una loro crescente disponibilità sul mercato.

La modifica rende il testo più chiaro e semplifica il quadro normativo, riducendo al contempo gli oneri amministrativi e favorendo così l’attuazione della normativa. Lo scopo è quello di garantire il ripristino dello strato di ozono entro il 2050 e prevenire le ricadute sulla salute umana e sugli ecosistemi.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto.(RO) Credo che la salute sia dell’attuale generazione sia di quelle future dovrebbe essere una nostra comune preoccupazione. I garanti della nostra salute sono un ambiente pulito e l’atmosfera intorno a noi. Tutti gli studi scientifici sottolineano infatti l’importanza della stratosfera non solo per la salute degli esseri umani, ma per il mantenimento della vita sul pianeta.

Esistono però diverse sostante che, se emesse nell’atmosfera, distruggono lo strato di ozono, accrescendo così l’effetto serra. Sebbene si osservino già segni di ripristino dello strato di ozono grazie alle misure adottate, si calcola che si tornerà ai livelli di ozono nell’atmosfera precedenti il 1890 solo nella seconda metà del XXI secolo.

Alla luce di tali dati, concordo appieno con le misure aggiuntive volte a limitare, se non vietare, le sostanze che riducono lo strato di ozono. Credo che, intraprendendo questo genere di iniziative, assolviamo il nostro compito non solo nei confronti dell’attuale generazione, bensì anche delle future.

 

18. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
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19. Chiusura della seduta
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(La seduta termina alle 23.00)

 
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