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Procedura : 2009/2733(RSP)
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Testi presentati :

RC-B7-0104/2009

Discussioni :

PV 22/10/2009 - 12.2
CRE 22/10/2009 - 12.2

Votazioni :

PV 22/10/2009 - 13.2

Testi approvati :

P7_TA(2009)0060

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 22 ottobre 2009 - Strasburgo Edizione GU

12.2. Iran
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sette proposte di risoluzione concernenti l’Iran.

 
  
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  Ana Gomes, autore. – (PT) Signor Presidente, l’Iran si caratterizza per la sua diversità linguistica, religiosa, etnica e politica. La maggioranza sciita vive al fianco dei sanniti, dei zoroastriani, dei cristiani, degli ebrei e dei baha’i. La maggioranza persiana condivide il paese con innumerevoli minoranze etniche che costituiscono quasi metà della popolazione: azeri, arabi, curdi, baloch e altri. Le città fervono con un ceto medio moderno e una gioventù pronta a vivere in un Iran del XXI secolo. Tutta questa agitazione e complessità spaventa il regime che preferirebbe un Iran semplice: semplice in termini di fanatismo religioso, nell’isolamento del paese, semplice in termini di opinione pubblica messa a tacere dalla violenta repressione.

Questa risoluzione descrive la violazione sistematica dei diritti umani a cui gli iraniani sono soggetti nel proprio paese, compresa la frequente applicazione della pena capitale, anche contro i minori, la lapidazione di uomini e donne, le eccessive limitazioni imposte alla libertà di espressione e la persecuzione delle minoranze religiose ed etniche. Con tale risoluzione, il parlamento trasmette due messaggi distinti, il primo rivolto agli iraniani, dicendo loro che l’Europa vede nel popolo e soprattutto nei suoi giovani la speranza di un futuro in cui il paese abbracci i valori della democrazia e della libertà e assuma il ruolo importante nella regione che merita; il secondo rivolto al regime iraniano, dicendogli che l’Iran non realizzerà mai il suo indiscusso potenziale fintantoché violenza e oscurantismo saranno i principali tratti caratteristici di un regime politico che disprezza la giustizia e la pace continuando a opprimere brutalmente il suo popolo.

 
  
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  Marietje Schaake, autore. – (EN) Signor Presidente, qualunque governo trae legittimità dal benessere che offre ai propri cittadini. Qualsiasi regime che non assolva a questa responsabilità di base perde di legittimazione all’interno della comunità internazionale.

L’attuale auto-isolamento sta portando alla distruzione in Iran intossicando i paesi limitrofi come il resto del mondo. Non possiamo restare inerti spettatori di impiccagioni di persone colpevoli di reati minori, oltre agli stupri e alle violenze arbitrarie imposti ai cittadini dal loro stesso regime. Dobbiamo invece essere qui a ribadire che non vi può essere e non vi sarà impunità per chi commette crimini contro l’umanità e continueremo a schierarci con il popolo iraniano nell’esercizio del suo diritto alla libertà di espressione e protesta pacifica per la libertà e la democrazia.

L’Unione europea ha il compito di mantenere sempre questi diritti universali all’ordine del giorno, anche quando sono in gioco gli interessi commerciali o il programma nucleare dell’Iran. Soltanto nel momento in cui il regime iraniano sarà stato legittimato dai suoi cittadini potrà diventare un attore credibile sulla scena internazionale.

 
  
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  Tunne Kelam, autore. – (EN) Signor Presidente, la situazione trova le proprie radici in una dittatura clericale molto particolare, nota per la soppressione indiscriminata dei diritti umani e delle libertà civili, situazione addirittura peggiorata dalle elezioni di giugno. Arresti, torture ed esecuzioni di minori e donne sono aumentati. L’Iran ha infatti il più alto numero di esecuzioni al mondo dopo la Cina.

Le ultime informazioni, che non compaiono nel progetto di risoluzione, sono che ieri il regime iraniano ha impiccato cinque detenuti del carcere Evin di Teheran, tra cui Soheila Ghadiri, una donna di 28 anni, la quarta a essere impiccata dal regime nell’ultimo mese.

Queste barbare condanne non hanno nulla a che vedere con i presunti reati commessi dai detenuti; sono invece un tentativo di accrescere ulteriormente il clima di terrore nel paese, specialmente tra donne e giovani che hanno dimostrato l’intenzione di stabilire la democrazia opponendosi alle elezioni.

 
  
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  Rui Tavares, autore. – (PT) Signor Presidente, prescindendo dalle presenze in Aula, quando interveniamo in parlamento parliamo anche per i milioni di iraniani scesi nelle strade rischiando la vita e la sicurezza per protestare contro elezioni che ritenevano fraudolente.

Quei milioni di iraniani, all’interno e all’esterno del paese, si aspettano qualcosa da noi e, pertanto, il punto di partenza può essere soltanto rappresentato dalla solidarietà e dalla collaborazione per aiutare tutti coloro che combattono per la democrazia e i diritti umani correndo – va sottolineato – rischi di gran lunga superiori a quelli normalmente temuti dalla diplomazia.

Ribadisco dunque che il punto di partenza non può essere diverso. E’ vero che la politica occidentale molto spesso ha semplicisticamente ignorato la situazione dell’Iran. E’ vero che troppo spesso l’Europa ha reagito con politiche che si sono dimostrate sbagliate nei confronti del paese. E’ vero anche che altrettanto spesso non abbiamo voluto accettare il fatto che l’Iran dovrebbe godere del rispetto della comunità internazionale al quale, essendo un’importante potenza regionale, sicuramente ambisce.

Come afferma un artista iraniano in esilio per le sue proteste, l’occidente non ha voluto la Repubblica islamica, per cui adesso non abbiamo una repubblica. Nondimeno, nulla di tutto questo può giustificare un regime che ha represso la libertà, un regime oppressivo e, ora, un regime basato su fondamenta sempre più vacillanti quali sono le elezioni fraudolente e l’oppressione del suo popolo. Il popolo iraniano si aspetta solidarietà e sostegno dal parlamento che con questo testo cercheremo di offrirgli.

 
  
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  Fiorello Provera, autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, conosciamo le condizioni politiche e sociali in cui vivono i cittadini della Repubblica islamica dell'Iran.

Sappiamo della pesante interferenza della religione nelle decisioni politiche e nei diritti umani fondamentali. Ultimo esempio è l'uccisione di Behnud Shojai, il giovane giustiziato recentemente pur essendo minorenne all'epoca del reato. Questo è l'ultimo episodio di una serie di gravi atti contro i diritti umani che hanno visto la repressione degli oppositori politici, degli omosessuali, di giornalisti, di intellettuali e di tutti coloro che si battono per la crescita sociale e civile dell'Iran.

La situazione si è aggravata sotto il regime di Mahmoud Ahmadinejad, che iniziò la sua presidenza negando ripetutamente l'Olocausto e il diritto all'esistenza dello Stato di Israele. Dal 2005 il numero delle esecuzioni in Iran è quadruplicato e l'Iran è l'unico paese al mondo in cui vengono giustiziati minorenni colpevoli di reati. È noto l'uso sistematico della tortura nelle prigioni e l'utilizzo di pene medioevali come l'amputazione e la lapidazione, ma il regime è in difficoltà e lo dimostrano le decine di migliaia di persone che hanno trovato il coraggio di scendere in piazza a protestare dopo le ultime elezioni.

La giovane Neda Agha-Soltan, uccisa per strada mentre rivendicava i suoi diritti di donna e di cittadina, è diventata non soltanto il simbolo della repressione, ma anche del desiderio di libertà di un popolo che l'Europa deve aiutare. Come? Ad esempio con lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani. Un'altra proposta concreta è quella di intitolare strade o piazze delle nostre città a Neda Agha-Soltan. Questo non servirebbe solo a commemorare il suo sacrificio, ma sarebbe una testimonianza di solidarietà per l'opposizione iraniana e farebbe crescere tra i cittadini europei l'informazione e la consapevolezza di una situazione così grave. Io vorrei che accanto all'immagine di Aung San Suu Kyi esposta su una facciata del Parlamento europeo a Bruxelles, ci fosse anche il ritratto di Neda Agha-Soltan.

Un'ultima considerazione: ma quale credibilità può avere il presidente Ahmadinejad nella trattativa sul nucleare quando perseguita e offende il proprio popolo che chiede più democrazia, più libertà e più rispetto per i diritti umani?

 
  
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  Struan Stevenson, autore. – (EN) Signor Presidente, mentre siamo seduti in quest’Aula indugiando in grandi dibattiti, i boia in Iran fanno gli straordinari. Come abbiamo udito dalle parole dell’onorevole Kelam, ieri sono state impiccate altre cinque persone, tra cui una giovane perdonata dai genitori della vittima, per cui avrebbe dovuto essere graziata, invece giustiziata.

Nell’Unione europea seguiamo tuttavia una politica di pacificazione. Soltanto questa settimana abbiamo convenuto che i russi sarebbero stati incoraggiati ad arricchire le barre di combustibile nucleare per conto di Ahmadinejad in cambio dell’assicurazione che avrebbe sospeso il programma di arricchimento nucleare, assicurazione che però non è giunta, come neppure è stato concesso libero accesso agli ispettori che intendevano verificare i suoi impianti nucleari. Proseguendo con questa politica di pacificazione, stiamo soltanto appoggiando i mullah. Abbiamo bisogno di sanzioni dure. La durezza è l’unica lingua che sono in grado di comprendere.

 
  
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  Barbara Lochbihler, autore. – (DE) Signor Presidente, all’inizio di questa tornata il presidente Buzek ha ribadito che l’abolizione della pena di morte è una preoccupazione fondamentale dell’Unione europea, che vale per tutte le regioni del mondo, in cui questo trattamento inumano e barbaro deve essere abolito.

Egli faceva riferimento alle esecuzioni avvenute in Iran. Quattro condanne a morte sono specificamente citate nella proposta di risoluzione sottoposta alla nostra attenzione. Le persone in questione hanno subito tale condanna per avevano partecipato, secondo l’accusa, alle proteste contro le elezioni, sebbene fossero tutte in custodia nel momento in cui è stato commesso il presunto reato. Sarebbe dunque stato possibile ricorrere in appello. Dobbiamo vigilare su questi casi.

Il fatto che all’epoca dei fatti in Iran ancora venissero giustiziati minori è stato anch’esso argomento di discussione. L’Iran è l’unico paese in cui allora i minori subivano la pena capitale. L’Iran ha ratificato la convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la convenzione sui diritti del fanciullo. E’ dunque tenuto a promulgare una legge nazionale che vieti l’esecuzione di minori. Al parlamento iraniano è stato presentato un disegno di legge in tal senso, per cui dobbiamo esortare i colleghi a fare tutto quanto in loro potere affinché la sua emanazione non sia più osteggiata, compito che reputo estremamente importante.

Per concludere, vorrei esprimere il massimo rispetto per tutti gli uomini e le donne in Iran che rischiano tanto, scendono in piazza, si impegnano in varie attività per esigere l’osservanza dei diritti che la costituzione iraniana concede loro. La loro determinazione, il loro impegno e il loro coraggio meritano la nostra solidarietà incondizionata.

 
  
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  Martin Kastler, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signor Presidente, il 2 ottobre di quest’anno la polizia iraniana ha fermato all’ultimo momento un uomo che si stava imbarcando su un aereo. Si trattava dell’avvocato Abdolfattah Soltani, al quale doveva essere conferita l’edizione 2009 del premio internazionale per i diritti umani nella mia città natale, Norimberga, per il coraggioso lavoro da lui svolto a nome delle vittime della persecuzione politica. Nonostante avesse un passaporto valido, le autorità iraniane gli hanno negato la possibilità di lasciare il paese senza alcun motivo legale. Sua moglie, che è potuta partire, ha giustamente affermato, e cito: “Mi addolora che in un paese che si definisce teocratico vengano compiuti atti che non hanno nulla a che vedere con Dio”.

L’Iran è vincolato secondo il diritto internazionale dalla ratifica della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, la quale sancisce tra i diritti umani che chiunque abbia la libertà di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio. Trovo scandaloso che l’Iran sta calpestando tale diritto. Chiedo pertanto formalmente che il caso Soltani oggi sia incluso nella nostra risoluzione comune sull’Iran e vi invito a sostenere questa mia proposta.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, vorrei utilizzare il tempo a mia disposizione per esprimere preoccupazione in merito alla situazione dell’Iran e soprattutto dei membri dell’opposizione iraniani nel campo di Ashraf in Iraq, che è stato il simbolo della resistenza per il popolo iraniano.

Il governo iracheno dovrebbe smettere di attenersi agli ordini dei mullah di Teheran. L’Iraq dovrebbe capire che il regime iraniano non ha futuro e sta mantenendo il potere soltanto a colpi di repressione ed esecuzioni. Pertanto, se l’Iraq è un paese sovrano, dovrebbe rispettare e attuare la risoluzione del 24 aprile 2009 del Parlamento europeo su Ashraf in cui gli si chiede di sospendere qualunque trasferimento coatto dei residenti di Ashraf in Iraq. I mullah di Teheran vogliono che Ashraf sia distrutto e noi in Europa dobbiamo assistere questi profughi iraniani indifesi. E’ nostro dovere morale.

Dobbiamo chiedere alla presidenza dell’Unione e alla Commissione di esortare le Nazioni Unite a essere maggiormente coinvolte nel problema inviando un team permanente – e anche una forza di pace – per evitare ulteriori attacchi e impedire che queste persone vengano trasferite con la forza in altre zone del paese.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD.(NL) Signor Presidente, non vi è dubbio quanto al fatto che la situazione dei diritti umani nella Repubblica islamica dell’Iran si sia gravemente deteriorata negli ultimi mesi. Un esempio eloquente è rappresentato dagli attuali sviluppi dell’apparato repressivo messo in atto dal presidente Ahmadinejad per annientare ogni barlume di opposizione alla sua amministrazione, la cui legittimità è tutt’altro che certa. I famosi criminali noti come basij ora sono stati incorporati nel corpo della guardia rivoluzionaria iraniana, altra organizzazione sinistra.

Che cosa può ancora fare l’Unione europea in tale ambito? La risposta è due cose in particolare. Unitamente agli Stati Uniti, noi, mondo occidentale, dobbiamo concentrarci su singoli casi di gravi abusi dei diritti umani in Iran (vi rimando anche alla nostra risoluzione). In diretta correlazione con ciò, dobbiamo dire con chiarezza a Teheran che tali abusi sono intollerabili e comporteranno gravi conseguenze.

Nel momento in cui entreranno in gioco interessi nazionali, specialmente di natura economica, i pragmatisti iraniani sapranno come imporsi senza ulteriori sollecitazioni. Nel farlo, potranno persino fare riferimento al fu Ayatollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica dell’Iran, il quale, posto di fronte a circostanze analoghe, ha optato anch’egli per anteporre risolutamente gli interessi nazionali ai precetti religiosi. Commissione, Consiglio, vi esorto a individuare i punti deboli degli ayatollah, soprattutto nell’interesse di un modus vivendi più tollerabile per gli iraniani e della sicurezza dello Stato ebraico di Israele, senza dimenticare il mondo arabo e anche l’Unione europea.

 
  
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  Krisztina Morvai (NI).(HU) Signor Presidente, qualche giorno fa il presidente Barroso è stato qui e gli ho chiesto che cosa si sarebbe potuto fare per risolvere la crisi dei diritti umani in atto in uno Stato membro dell’Unione europea, l’Ungheria, dall’autunno 2006. Ho riaffermato in più occasioni che molte centinaia di persone sono state oggetto di atti estremamente brutali per mano della polizia tali da aver subito gravi lesioni, mentre diverse centinaia di persone sono state arbitrariamente arrestate e diverse centinaia hanno subito lunghi procedimenti penali conclusisi con una dichiarazione di innocenza. Il presidente ha replicato alla mia domanda asserendo che si tratta di questioni interne nelle quali l’Unione europea non può interferire. Mi chiedo dunque perché vengano applicati due pesi e due misure e quale sia la base giuridica che consente all’Unione europea di interferire nelle questioni interne di un paese extracomunitario, mentre è restia è tutelare i diritti umani in un suo Stato membro. Vorrei inoltre cogliere l’opportunità per chiedere agli amici iraniani, quelli appartenenti all’opposizione e anche quelli appartenenti al partito di governo, di aiutare gli ungheresi a salvaguardare i propri diritti umani.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE).(FI) Signor Presidente, l’Iran potrebbe svolgere un ruolo importante nei negoziati di pace in Medio Oriente, ma, con nostro grande rammarico, il paese pare allontanarsi sempre più dallo stato di diritto democratico. In primo luogo, vi sono motivi per nutrire seri dubbi in merito ai risultati elettorali dello scorso giugno che hanno permesso al presidente Ahmadinejad di restare in carica. Dalle elezioni, la situazione generale dei diritti umani è peggiorata ulteriormente. In più, dall’ascesa al potere di Ahmadinejad nel 2005, il numero di esecuzioni si è quadruplicato e l’Iran registra il maggior numero di esecuzioni al mondo dopo la Cina. In secondo luogo, la libertà di religione e opinione sono in uno stato deplorevole. Per esempio, sette leader baha’i sono ancora detenuti soltanto a causa delle loro convinzioni religiose.

Nella nostra risoluzione ci appelliamo alle autorità iraniane e speriamo nel contempo di poter dar prova in questo modo del nostro sostegno e del nostro rispetto per il coraggio che tanti iraniani dimostrano nella loro lotta per le libertà fondamentali e i principi democratici. Nutriamo un rispetto particolare per le coraggiose donne iraniane che hanno svolto un ruolo decisivo nelle dimostrazioni successive alle elezioni a Teheran.

 
  
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  Peter van Dalen (ECR).(NL) Signor Presidente, l’Iran è governato da un regime rigido basato sull’interpretazione radicale dell’islam e del Corano. Chi non condivide tale regime è inviso. L’Iran è un paese terribile, specialmente per i cristiani che vi abitano. Non vi è letteralmente possibilità di sopravvivenza per i musulmani che si sono convertiti al cristianesimo e lo scorso anno il parlamento iraniano ha adottato una legge in cui si stabilisce che l’abbandono della fede islamica è un reato capitale.

Parimenti in Iran non vi è possibilità di sopravvivenza per i dimostranti. Tre persone arrestate durante le dimostrazioni contro l’esito delle elezioni presidenziali ora sono state condannate a morte. E’ profondamente sbagliato e incomprensibile che un tribunale infligga una condanna del genere. Certo, è ancora possibile presentarsi in appello, ma a tutti è chiaro che nel paese persino i dimostranti devono temere per la propria incolumità.

Mi rivolgo a Consiglio e Commissione affinché appoggino fortemente tali dimostranti negli ulteriori procedimenti e, in particolare, si oppongano energicamente al brutale regime iraniano.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(LT) Signor Presidente, la situazione dei diritti umani in Iran si sta palesemente deteriorando. Le elezioni presidenziali svoltesi quest’anno, molto dubbie quanto alla loro legittimità, e le massicce proteste della gente dopo le elezioni sono state specchio di una situazione politica e sociale sempre più tesa e preoccupante nel paese.

Vorrei rammentare che quest’anno, nella relazione di Reporter senza frontiere in cui si valuta la libertà di stampa, l’Iran è finito in fondo alla graduatoria, 172° su 175, seguito soltanto da Eritrea, Corea del nord e Turkmenistan.

La situazione dei giornalisti in Iran è una delle peggiori al mondo; la libera informazione in Internet è bloccata e chi scrive blog viene perseguitato. Conosciamo fin troppo bene la storia della famosa blogger, Fariba Pajooh, arrestata di recente e il cui futuro resta ancora incerto.

Mi rivolgo alla Commissione europea. Signor Commissario, dobbiamo istituire quanto prima una delegazione della Commissione a Teheran per intraprendere un dialogo con le istituzioni di governo del paese in merito al peggioramento della situazione dei diritti umani.

 
  
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  Jim Higgins (PPE).(EN) Signor Presidente, concordo pienamente con i commenti dell’onorevole Czarnecki. L’attacco sferrato lo scorso luglio al campo iracheno del PMOI di Ashraf in Iraq può essere definito soltanto selvaggio e barbaro. Undici persone uccise e molte altre avrebbero potuto perdere la vita; tante brutalmente ferite. Il video ci ha mostrato l’efferatezza con la quale l’attacco si è effettivamente svolto. L’esercito e i militari hanno indugiato nella forma più sadica di brutalità. Risultato? Sono state arrestate 36 persone, che non hanno avuto altra scelta se non quella di intraprendere uno sciopero della fame, rilasciate solo due settimane fa a seguito delle pressioni internazionali esercitate dopo 72 giorni di digiuno, da cui la resa del popolo al governo di Malaki. Si tratta quindi di profughi, che hanno il diritto di andare a dormire la sera e svegliarsi al mattino in sicurezza. Come ha detto il collega Czarnecki, ci occorrono due cose: in primo luogo, abbiamo bisogno di una presenza permanente delle Nazioni Unite in loco in luogo degli Stati Uniti e, in secondo luogo, è necessaria una garanzia assoluta di non trasferimento.

 
  
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  Véronique De Keyser, autore. – (FR) Signor Presidente, vorrei formulare tre brevi osservazioni in aggiunta a quanto affermato dai colleghi.

Innanzi tutto, e faccio riferimento alle parole della collega Gomes, nonostante quanto sta succedendo, malgrado le tragedie che si stanno verificando in Iran e il suo regime, abbiamo ancora piena fiducia nel futuro politico del paese e nella forza della sua società civile.

La mia seconda osservazione riguarda il fatto che non si è posto sufficientemente l’accento sulla nostra condanna degli ultimi attacchi suicidi perpetrati nella provincia di Sistan-Baluchistan, anche se le vittime sono state guardie rivoluzionarie, oltre che, purtroppo, decine di civili. Siamo contrari a questo tipo di violenza, sebbene siano perfettamente comprensibili le ragioni per le quali ciò è accaduto, ma a questo punto dobbiamo schierarci con gli oppositori del regime.

Da ultimo, credo che il nostro parlamento condanni la pena di morte, indipendentemente da chi la subisce, minori, donne o uomini, o dal paese che la applica.

 
  
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  Cristian Dan Preda, autore. – (RO) Signor Presidente, anch’io deploro il deterioramento della situazione in Iran per quanto concerne i diritti umani sulla scia delle elezioni di giugno, deterioramento sicuramente dimostrato dalla forte ondata di arresti e dalla violenza di cui viene data prova nei confronti degli oppositori del regime.

Inoltre, come già affermato, la libertà di informazione è gravemente minacciata, con il rischio di persecuzioni ai danni dei giornalisti. Un motivo notevole di preoccupazione è rappresentato dal fatto che sia la tortura sia la pena capitale vengono usate senza ritegno in Iran. Amnesty International ha infatti recentemente sottolineato come, a seguito delle elezioni, il numero di accusati successivamente giustiziati si è considerevolmente moltiplicato.

Infine, vorrei manifestare sostegno all’idea di costituire una delegazione dell’Unione europea a Teheran. Tale delegazione potrebbe collaborare con la società civile sul campo, sostenendo in tal modo i diritti degli attivisti che operano per la libertà.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei formulare una proposta: i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto sono temi troppo importanti e urgenti per essere trattati il giovedì pomeriggio. Purtroppo pochi di noi sono ancora presenti.

Un mese fa abbiamo discusso l’assassinio di alcuni giornalisti. Oggi parliamo della tragica situazione dei diritti umani in Guinea, Iran e Sri Lanka. So che molti di voi condividono il mio parere. Fissiamo un’altra data, migliore, per questo importante dibattito.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Werthmann, lei interviene sull’argomento nell’ambito della procedura catch the eye. Sta utilizzando il tempo di parola di altri parlamentari.

La procedura catch the eye è chiusa.

 
  
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  Leonard Orban, membro della Commissione. – (RO) Signor Presidente, in primo luogo vorrei porgere le mie condoglianze alle famiglie delle vittime dell’attacco terrorista sferrato nella provincia di Sistan-Baluchistan in Iran. La Commissione condanna gli attacchi terroristi ovunque vengano perpetrati nel mondo, così come la perdita di vite umane che tristemente comportano.

La Commissione europea è profondamente preoccupata per l’attuale situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Iran. Parlando di tale argomento, possiamo citare esempi come le esecuzioni di minori, la discriminazione ai danni di persone che appartengono a minoranze diverse, le notevoli restrizioni imposte alla libertà di espressione e riunione, il maltrattamento dei detenuti, la negazione del diritto a un giusto processo, nonché l’oppressione e l’intimidazione su vasta scala dei sostenitori dei diritti umani e degli oppositori politici.

L’Unione europea ha mantenuto un contatto diretto con l’Iran e ha apertamente manifestato il proprio punto di vista alle autorità iraniane in merito agli sviluppi registrati nel paese.

La Comunità sostiene le libertà fondamentali e i valori universali su cui esse si fondano e si ritiene in obbligo di esprimere il proprio parere ogni qual volta e ovunque tali principi vengono calpestati. Purtroppo, nonostante i numerosi appelli e le dichiarazioni di condanna dell’Unione europea e della comunità internazionale, la situazione dei diritti umani è peggiorata ulteriormente dalle elezioni presidenziali svoltesi in Iran nel giugno 2009.

Molte persone sono state impiccate nel paese nelle ultime settimane. Una di queste, da me già citata, ossia Behnoud Shojaee, minorenne al momento del reato, è stata giustiziata malgrado i reiterati appelli dell’Unione alla commutazione della condanna. E’ probabile che altri minori siano giustiziati a breve. Ci preoccupa inoltre la situazione di sette leader baha’i in Iran, arrestati da oltre 17 mesi, che devono rispondere di gravi accuse come spionaggio e propaganda contro lo Stato. L’ultima udienza prevista è stata nuovamente rinviata il 18 ottobre, lasciando i sette senza alcuna prospettiva chiara di un procedimento giudiziario giusto.

Centinaia di persone sono state trattenute dopo le elezioni presidenziali per aver partecipato alle successive dimostrazioni formulando critiche. I processi contro quanti sono stati ritenuti implicati in tali attività sono ancora in corso. Infatti, la scorsa settimana, quattro persone sono state condannate a morte per il loro coinvolgimento in incidenti post-elettorali.

Desidero infine sottolineare che condividiamo le preoccupazioni espresse dai parlamentari in merito allo stato dei diritti umani in Iran. La Commissione sta seguendo da vicino l’evoluzione della situazione e continueremo a cogliere ogni opportunità per esortare le autorità iraniane a osservare gli impegni internazionali assunti nel campo dei diritti umani, tra cui il rispetto della convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la dichiarazione universale dei diritti umani. Migliorare la situazione dei diritti umani in Iran è un elemento fondamentale dell’approccio della Commissione al futuro rafforzamento del dialogo politico e della cooperazione con Teheran.

In risposta alla domanda che mi è stata posta, riteniamo che per ora, viste le attuali circostanze in Iran, non sia il caso di istituire una delegazione della Commissione europea a Teheran.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà dopo le discussioni.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE), per iscritto. – (PL) Esorto l’Unione europea a non assistere passivamente alla violazione dei diritti umani in Iran. L’Unione europea deve assumere una posizione molto più risoluta contro le condanne a morte pronunciate nel paese e le esecuzioni, specialmente quelle contro delinquenti giovani e minorenni. Reagire a quanto sta accadendo oggi in Iran è uno dei banchi di prova più importanti per l’efficacia del nostro mondo occidentale.

Per questo motivo, la Commissione europea deve istituire quanto prima una delegazione dell’Unione europea a Teheran allo scopo di sostenere e rafforzare i dialogo con i leader e la società civile del paese, specialmente per offrire sostegno ai giovani, ai detenuti politici e ai giornalisti. La Commissione deve esercitare sempre maggiore pressione affinché l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani mandi un inviato speciale che monitori la situazione per quanto concerne i detenuti politici e garantisca che le autorità iraniane osservino gli standard procedura internazionali e gli obblighi di legge in materia di diritti umani.

L’Unione europea rappresenterà sempre uno standard di riferimento per le libertà civili e i nostri valori democratici europei comuni, anche al di là dei nostri confini. Dovremmo pertanto adoperarci al meglio, attraverso un intenso dialogo con le élite politiche, affinché l’Iran del XXI secolo osservi i diritti umani fondamentali e rispetti il diritto alla vita.

 
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