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Resoconto integrale delle discussioni
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Martedì 15 giugno 2010 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
 3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 4. Organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (discussione)
 5. Informazione dei consumatori sui generi alimentari (discussione)
 6. Qualità dei dati statistici nell'Unione e rafforzamento dei poteri di controllo della Commissione (Eurostat) (discussione)
 7. Turno di votazioni
  7.1. Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo (votazione)
  7.2. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: ES/Comunidad Valenciana (A7-0180/2010, Barbara Matera) (votazione)
  7.3. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: Irlanda/Waterford Crystal (A7-0181/2010, Barbara Matera) (votazione)
  7.4. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ES/Castiglia - La Mancha (A7-0179/2010, Barbara Matera) (votazione)
  7.5. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: assistenza tecnica su iniziativa della Commissione (A7-0178/2010, Barbara Matera) (votazione)
  7.6. Trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento (A7-0139/2010, Michail Tremopoulos) (votazione)
  7.7. Contributi finanziari della dell'Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda (2007-2010) (A7-0190/2010, Seán Kelly) (votazione)
  7.8. Rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo (A7-0162/2010, Marian-Jean Marinescu) (votazione)
  7.9. Adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona (A7-0043/2009, David Martin) (votazione)
  7.10. Mandato per il trilogo relativo al progetto di bilancio 2011 (A7-0183/2010, Sidonia Elżbieta Jędrzejewska) (votazione)
  7.11. Mercati dei derivati: azioni strategiche future (A7-0187/2010, Werner Langen) (votazione)
  7.12. Internet degli oggetti (A7-0154/2010, Maria Badia i Cutchet) (votazione)
  7.13. Governance di internet: le prossime tappe (A7-0185/2010, Francisco Sosa Wagner) (votazione)
  7.14. Politica comunitaria a favore dell’innovazione in un mondo che cambia (A7-0143/2010, Hermann Winkler) (votazione)
  7.15. Progressi compiuti nella realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio: revisione di metà percorso in vista della riunione di alto livello delle Nazioni Unite di settembre 2010 (A7-0165/2010, Michael Cashman) (votazione)
  7.16. Proposta di decisione sulla creazione e la composizione numerica della delegazione alla commissione parlamentare CARIFORUM-CE (votazione)
 8. Dichiarazioni di voto
 9. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 10. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 11. Ora delle interrogazioni al Presidente della Commissione
 12. Agenzie di rating del credito (discussione)
 13. Offerta pubblica di strumenti finanziari e armonizzazione degli obblighi di trasparenza (discussione)
 14. Revisione del quadro finanziario pluriennale (discussione)
 15. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
 16. Aspetti di genere della recessione economica e della crisi finanziaria - Valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 e raccomandazioni future - Carta dei diritti della donna - seguito (discussione)
 17. Programma comune di ricerca e sviluppo nel Mar Baltico (BONUS-169) (discussione)
 18. Applicazione delle disposizioni dell’acquis di Schengen relative al Sistema d’informazione Schengen nella Repubblica di Bulgaria e in Romania (discussione)
 19. relativamente allo sport, segnatamente per quanto concerne gli agenti dei giocatori (discussione)
 20. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 21. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON.KOCH-MEHRIN
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
Video degli interventi
 

(La seduta inizia alle ore 9.00)

 

2. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale

3. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

4. Organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca come primo punto la relazione dell’onorevole Bauer, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di una direttiva del parlamento europeo e del Consiglio recante modifica alla direttiva 2002/15/EC sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto [COM(2008)0650 – C6-0354/2008 – 2008/0195(COD)] (A7-0137/2010).

 
  
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  Edit Bauer , relatore.(HU) La proposta presentata intende modificare la direttiva 2002/15/CE in relazione alla protezione sociale. La proposta della commissione interessa tre questioni: l'esclusione degli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della legge, una più precisa definizione del lavoro notturno, e misure di sostegno all'applicazione della legge. La direttiva stessa, e quindi la sua modifica, hanno carattere integrativo e si applicano solo ai veicoli di peso superiore alle 3,5 tonnellate, come altre leggi applicabili alle attività di trasporto su strada. Pertanto non si estende ai conducenti di veicoli commerciali più piccoli. La commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha votato contro l'emendamento (30 voti contro 19).

Mentre la legge era in fase di elaborazione sono sorti svariati malintesi. Vorrei affrontarne alcuni che possono avere influenzato i membri del Parlamento. Prima di tutto, gli esperti sono giunti alla conclusione unanime che se la proposta della commissione viene respinta – con conseguente estensione dell’applicazione della direttiva anche agli autotrasportatori autonomi – ciò non migliorerà la sicurezza stradale. I dati statistici e gli studi sugli incidenti disponibili evidenziano che solo il 6 per cento dei sinistri sono causati da colpa del guidatore, e solo nello 0,06 per cento dei casi viene citata come causa la stanchezza. Inoltre il tempo di guida, che ha un effetto reale sulla sicurezza stradale, è regolato da un diverso atto di diritto, il regolamento (CE) n. 561/2006, che si applica anche agli autotrasportatori autonomi. Il tempo di carico è di natura integrativa e non può essere considerato come parte significativa del tempo di lavoro, poiché la legge non si applica per esempio a viaggi inferiori ai 100 km. In secondo luogo, i sindacati temono che in mancanza di regolamentazione gli autotrasportatori autonomi potrebbero lavorare anche fino a 86 ore.

Il regolamento prevede norme severe sui tempi di guida. Lo si è limitato a 45 ore settimanali ogni due settimane consecutive, per non superare le 56 ore per ogni singola settimana. Tale limite viene accuratamente registrato con il tachigrafo digitale e il regolamento prevede anche regole dettagliate per i periodi di riposo. Pertanto, la richiesta di una possibile settimana di 86 ore di lavoro è un'ipotesi non supportata da dati statistici, da studi o sondaggi. In terzo luogo, la proposta della commissione limita la portata della direttiva ai lavoratori dipendenti e ai falsi autotrasportatori autonomi. Finora non abbiamo avuto alcuna legge che regolasse l'orario di lavoro dei trasportatori autonomi. La limitazione dell’orario di lavoro è uno strumento importante per la protezione sociale dei lavoratori. Nel caso degli autotrasportatori autonomi però, il datore di lavoro ed il lavoratore sono la stessa persona, e proteggere i trasportatori indipendenti da se stessi costituisce una misura estrema. In quarto luogo, quando gli argomenti si esauriscono viene a galla la vera ragione: il dumping sociale. Non bisogna farsi confondere le idee dai termini, perché gli autotrasportatori autonomi e le piccole imprese possono anche essere concorrenti sgradevoli sul mercato, al pari degli autotrasportatori autonomi provenienti da nuovi Stati membri.

Sulla base della mia esperienza, purtroppo, il caso del fantasma dell’idraulico polacco è tornato a perseguitarci. Vorrei continuare parlando di un fenomeno comune del mercato del lavoro che non deve essere affrontato, e in effetti non può essere affrontato, esclusivamente nel settore dei trasporti su strada. Si tratta del problema dei falsi imprenditori autonomi, che è un reale problema europeo con effetti negativi sulla concorrenza e sul mercato del lavoro. Questo è il problema da affrontare, e tale aspettativa è stata chiaramente indicata nella proposta di modifica.

La proposta di emendamento 30, presentata a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), dal gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa, dai Conservatori e Riformisti europei e dal gruppo Europa della Libertà e della Democrazia, si basa sulla proposta della Commissione ed è sostenuta dal Consiglio; desidero ringraziare il Consiglio per il suo appoggio. Voteremo l’emendamento punto per punto. Vorrei aggiungere una cosa. Come soluzione di compromesso, raccomandiamo di consentire ai singoli Stati membri di estendere, se lo desiderano, il campo di applicazione della direttiva agli autotrasportatori autonomi.

 
  
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  Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – Signora Presidente, quest’Aula oggi sta discutendo di un tema estremamente difficile e delicato. La questione è se gli autotrasportatori che sono imprenditori autonomi debbano o meno essere coperti dalla direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro dei trasportatori.

L'inclusione degli imprenditori costituirebbe un precedente ed una chiara deviazione dalla direttiva generale sull'orario di lavoro. La direttiva disciplina infatti solo il tempo di lavoro dei lavoratori dipendenti, non degli imprenditori. Da lungo tempo sono in corso discussioni in merito all'inclusione degli autotrasportatori autonomi. Inizialmente, le consultazioni tra le parti sociali nel 1990 non hanno dato alcun risultato. Poi, dopo quattro anni di discussioni tra il 1998 e il 2002, il legislatore non è potuto arrivare a una conclusione e pertanto ha chiesto alla Commissione uno studio d'impatto approfondito. La Commissione ora ha effettuato degli studi ed ha eseguito una valutazione d'impatto che dimostra chiaramente come questa direttiva non sia lo strumento adatto per affrontare i problemi della politica dei trasporti quali la sicurezza stradale o le condizioni di concorrenza, ma che l’applicazione ai trasportatori non autonomi è un vero problema. Questo è anche il senso della proposta della Commissione.

In primo luogo, desidero esprimere il mio profondo rispetto nei confronti della relatrice, onorevole Bauer, che ha svolto un ottimo lavoro. Sono molto lieto di constatare che la relatrice condivide la preoccupazione della Commissione riguardo alla carente applicazione delle norme e al problema generalizzato del falso lavoro autonomo; apprezzo le proposte costruttive dell’onorevole Bauer. Ritengo che gli emendamenti proposti dalla relatrice possano tutelare ancora meglio i lavoratori contro un eventuale sfruttamento da parte dei datori di lavoro.

L'Europa ha sicuramente bisogno di agire nel caso dei cosiddetti falsi autotrasportatori autonomi, vale a dire quelli che sono formalmente indipendenti ma che in pratica sono dipendenti da un’unica azienda che li comanda e li paga. Tanto la proposta della Commissione quanto gli emendamenti proposti dalla relatrice rivolgono un messaggio chiaro all'industria: non sarà tollerato il fenomeno del falso lavoro autonomo, e il legislatore vigilerà in merito all’attuazione di questa regolamentazione in tutta Europa.

Per quanto riguarda la sicurezza stradale, permettetemi di sottolineare che non bisogna confondere l'orario di lavoro con il tempo di guida. Dal 1998 la situazione per quanto riguarda quest’ultimo è mutata radicalmente. Come sapete questo Parlamento, insieme al Consiglio, ha adottato nuove norme relative ai tempi di guida, ha introdotto sistemi di registrazione digitale moderni e affidabili, ed ha adottato una direttiva specifica in materia di attuazione. Il dibattito di oggi non concerne la sicurezza stradale. Le statistiche e gli studi che la Commissione ha messo a disposizione del Parlamento non suggeriscono in alcun modo che l'inclusione degli autotrasportatori autonomi migliorerebbe la sicurezza stradale.

In un momento come l’attuale, in cui speriamo di iniziare a riprenderci dalla crisi economica, non sarebbe una buona mossa imporre ulteriori oneri amministrativi e finanziari alle piccole e fragili imprese che sono riuscite a sopravvivere alla recessione economica. Invece di imporre oneri amministrativi agli imprenditori, l'Europa ha bisogno di una direttiva sull'orario di lavoro che garantisca effettiva protezione agli autotrasportatori autonomi e dipendenti che ne hanno bisogno.

 
  
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  Pervenche Berès (S&D). (FR) Signora Presidente, la mia mozione d’ordine riguarda il codice di condotta adottato da questo Parlamento in termini di negoziati di procedura legislativa ordinaria. Non riesco a capire come il Commissario possa parlare di un accordo con il Parlamento, quando ha parlato solo con singolo membro, un membro che fondamentalmente non aveva alcun mandato da parte della commissione competente di negoziare quello che viene qui definito un buon accordo.

Signor Commissario, lei sta violando le norme di funzionamento di questa istituzione. Questo ci dà il diritto di sollevare il problema di come opera l'istituzione cui lei appartiene.

 
  
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  Presidente. – Questa non è una mozione d’ordine. Lei è iscritta a parlare più tardi nel dibattito.

 
  
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  Thomas Mann, a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), desidero ringraziare l'onorevole Bauer per la sua relazione e per l'ottimo lavoro svolto negli ultimi mesi.

La questione fondamentale è se per la prima volta debbano essere regolamentate le ore di lavoro dei lavoratori autonomi nel settore dei trasporti. La Commissione afferma di no, quasi tutti gli Stati membri dicono di no, e anche la maggioranza del mio gruppo lo nega. Includere gli autotrasportatori autonomi nella direttiva gioverebbe solo agli interessi delle grandi imprese. Invece, dobbiamo rafforzare le piccole e medie imprese.

Dobbiamo dire a quanti citano le carenze in materia di sicurezza stradale come giustificazione per l'inclusione dei lavoratori autonomi che da tempo le norme sui tempi di guida e di riposo sono state rese più severe. Tutti i guidatori – lavoratori autonomi e dipendenti – devono riposare per un minimo di 11 ore nell’arco delle 24 ore. Ecco perché disponiamo dei tachigrafi digitali che registrano automaticamente le ore di guida, ed ecco perché le autorità ne verificano l’utilizzo.

All’epoca sono stato relatore al Parlamento europeo sui tachigrafi. Sono grato all’onorevole Bauer per aver evitato che il regolamento venisse esteso ai veicoli di peso inferiore alle 3,5 tonnellate. L’istituzione di dispositivi di controllo digitale dell'Unione europea su tutti i veicoli commerciali avrebbe portato a obblighi di documentazione onerosi in termini di tempo e denaro. Vogliamo ridurre la burocrazia, non aumentarla.

Raccomando pertanto che il Parlamento si esprima in favore del compromesso raggiunto dalla relatrice con gli altri gruppi.

 
  
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  Stephen Hughes, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, la posizione di questo gruppo è stata sempre coerente: fino dal 2002, quando per la prima volta abbiamo proposto l'inserimento degli autotrasportatori autonomi ed indipendenti, la mia posizione come relatore è stata coerente. Continuiamo ad essere convinti che vi sia questa necessità, e pertanto mi auguro vivamente che la proposta di respingere la proposta della Commissione sia approvata nella votazione di domani, come lo è stata nella plenaria della scorsa primavera e nella commissione per l'occupazione e gli affari sociali lo scorso marzo.

Ci rammarichiamo per la confusione con la quale la relatrice sembra avere svolto il suo mandato. Invece di rispecchiare e di promuovere la chiara opinione della maggioranza dei membri della commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo, ha lavorato attivamente per promuovere il parere della Commissione e del Consiglio. Le altre istituzioni, come ha detto l’onorevole Berès, non hanno mostrato il benché minimo leale spirito di collaborazione, ma invece si sono adoperate per sovvertire la chiara raccomandazione rivolta al Parlamento dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali: rifiutare la proposta della Commissione.

Signora Presidente, un conducente stanco è un conducente pericoloso, indipendentemente dalla sua situazione occupazionale; non dobbiamo trasformare i percorsi su strada in un gioco d'azzardo più di quello che già avviene. Ancora una volta questa mattina, la relatrice ha mostrato di confondere il concetto di orario di guida con quello di orario di lavoro. Nell’attuale regime è del tutto possibile per un lavoratore autonomo, un “falso” trasportatore autonomo, guidare tra le 86 e le 95 ore alla settimana: forse non tutte le settimane, ma una settimana costituisce già un pericolo sufficiente. Se il Commissario nutre dei dubbi su queste cifre, può venirmi a trovare in qualsiasi momento desideri: posseggo dati provenienti da persone che lavorano nel settore. Questo è un dato di fatto. Dobbiamo respingere la proposta della Commissione.

 
  
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  Marian Harkin, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, prima di tutto intendo ringraziare la relatrice, onorevole Bauer, per il duro lavoro svolto.

La questione centrale che qui stiamo affrontando con questa relazione è se includere o meno gli autotrasportatori autonomi nella direttiva sull'orario di lavoro. É fondamentale ricordare che tutti i conducenti, lavoratori subordinati o autonomi, rientrano nella normativa sull'orario di guida del 2006 che regola il tempo di guida, le pause e i periodi di riposo. Pertanto, le questioni della sicurezza stradale sono trattate in maniera adeguata in quella sede e, se qualcuno crede che non sia così, allora dovremo rivedere la direttiva sui tempi di guida.

Non ci sono dati che mettano in relazione gli incidenti con l'orario di lavoro dei conducenti professionisti e nessuna statistica che distingua tra autotrasportatori dipendenti e autonomi. Pertanto, non abbiamo dati per decidere di includere gli autotrasportatori autonomi. La legislazione deve essere basata su solidi dati affidabili e ogni allarmismo sui trasportatori autonomi che lavorano 86 ore alla settimana e che provocano incidenti consiste proprio in questo: si tratta di allarmismo e non si basa su dati affidabili.

Se questa normativa dovesse comprendere i lavoratori autonomi sarebbe praticamente inapplicabile. Dobbiamo forse avere un esercito di ispettori alla caccia dei lavoratori autonomi, per controllare se adempiono agli obblighi amministrativi o di gestione per il lavoro in corso? Secondo la legislazione l'orario di lavoro comprende il tempo in cui un lavoratore autonomo è al proprio posto di lavoro. Quest’ultimo viene definito dalla normativa come il principale luogo di attività dell'impresa, insieme ai vari altri luoghi sussidiari di lavoro. L'ufficio del conducente autonomo che si trova nella sua piccola camera da letto o nella soffitta della casa dovrà essere definito come suo luogo di lavoro? E chi controllerà e farà rispettare la normativa? Sì, ci sono problemi in materia di concorrenza per i lavoratori autonomi, ma questa normativa non si occupa di questi temi. Infatti, nel mio paese, regoliamo molto efficacemente la questione attraverso il sistema fiscale.

Infine, respingendo la proposta della Commissione ci ritroveremo con una cattiva legislazione. É sproporzionata e non raggiungerà i propri obiettivi, e provocherà per le piccole e medie imprese un ulteriore aumento di quella burocrazia e di quegli obblighi contro cui già stanno lottando nella maggior parte dei paesi e in particolare nel mio paese, l'Irlanda. É inapplicabile, e rende risibile la legge.

 
  
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  Emilie Turunen, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DA) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la questione di cui stiamo discutendo oggi riguarda una questione assolutamente fondamentale: il Parlamento europeo vuole garantire un'Europa sociale con una concorrenza leale e condizioni di lavoro dignitose? Oppure vogliamo lasciare che il mercato e le leggi del caso regnino in un settore come quello dei trasporti, sempre più sotto pressione? Per noi del gruppo dei Verde/Alleanza libera europea e della commissione per l'occupazione e gli affari sociali in seno al Parlamento, non vi è alcun dubbio. Vogliamo che gli autotrasportatori autonomi siano inseriti nella direttiva sull'orario di lavoro. Pertanto, respingiamo la proposta della Commissione di escludere gli autotrasportatori autonomi per i seguenti tre motivi. In primo luogo, gli autotrasportatori autonomi devono essere inclusi nella normativa sull'orario di lavoro in modo che sia possibile garantire la sicurezza del traffico in Europa. I conducenti guidano camion di una tonnellata di peso ed è assolutamente necessario porre un limite al loro orario di lavoro al fine di evitare la stanchezza e gli incidenti. In secondo luogo, vogliamo garantire una leale concorrenza nel settore dei trasporti. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un'enorme crescita del numero dei “falsi” autotrasportatori autonomi. Questa è stata la soluzione del settore per evitare la normativa sull'orario di lavoro. In qualità di legislatori, noi non dobbiamo incentivare la presenza di altri conducenti autonomi in Europa. Dobbiamo invece garantire che vi siano regole uniformi in modo da creare condizioni di parità. In terzo luogo, vogliamo garantire a tutti un adeguato ambiente di lavoro. Apprendiamo da studi dell'Unione europea che gli autotrasportatori autonomi si ammalano più spesso e sono più stressati rispetto ai guidatori dipendenti. É questo uno stato di cose ragionevole dal punto di vista della salute e della sicurezza? A noi non sembra.

Su questa direttiva sono state dette molte cose, tante delle quali errate. Vorrei sfatare due miti. Innanzitutto il mito dell’onere amministrativo. Il lavoro d'ufficio non fa parte del regolamento, ed è molto importante stabilire questo fatto. Dobbiamo seppellire questo mito. In secondo luogo, abbiamo è il mito dell’applicazione della normativa. Ho sentito i miei colleghi affermare che non sarebbe possibile applicare questa direttiva. A questi deputati vorrei solo dire che abbiamo tachigrafi digitali in grado di fornire le misurazioni. É ciò che attualmente accade per gli autotrasportatori dipendenti, ed è quindi chiaro che si può fare lo stesso anche per gli autotrasportatori autonomi.

Infine, vorrei solo dire due parole all’onorevole Bauer. In qualità di relatrice ombra per i Verdi, sono rimasta molto delusa da come è stata condotta ultimamente la procedura. L’onorevole Bauer ha infranto tutte le regole di una buona trattativa, ha infranto il “codice di condotta” di quest’Aula ed ora sta presentando quello che lei chiama un compromesso. Per quanto mi riguarda, se ne assume la responsabilità: non è un compromesso valido per il Parlamento. É la sua proposta ambigua prodotta in combutta con il Consiglio evitando tutte le norme.

Vorrei concludere dicendo che qui non sono in questione i metodi negoziali dell’onorevole Bauer: sono in questione le persone e il fatto che noi vogliamo garantire condizioni dignitose in un settore di trasporto messo sempre più sotto pressione. Ecco qualcosa che mi auguro tutti in Parlamento sosterranno quando voteremo domani.

 
  
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  Peter van Dalen, a nome del gruppo ECR. – (NL) Signora Presidente, alcuni dei miei colleghi sostengono che il rispetto delle 48 ore settimanali di lavoro tuteli gli interessi degli autotrasportatori autonomi e della sicurezza stradale. Si tratta di una sordida manovra, poiché i conducenti autonomi continueranno in ogni caso ad essere coperti dal regolamento sui tempi di guida e di riposo. Non c'è assolutamente nessuna minaccia per la sicurezza stradale. Il problema è che alcune organizzazioni professionali del sud dell’Europa temono che gli autisti rumeni e bulgari autonomi si accaparrino tutto il lavoro. Quei deputati seguono i sindacati come cagnolini tremanti. Questo è il nocciolo della questione.

Il Commissario per i trasporti Kallas vuole escludere gli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della direttiva. Egli merita il nostro sostegno nelle votazioni di domani. Se non riuscirà a ottenerlo, il 16 giugno sarà un giorno buio nella storia del Parlamento europeo. Darà un brutto colpo ai cittadini in difficoltà e li seppellirà sotto mucchi di burocrazia. E poi ci lamentiamo per il fatto che l'affluenza alle urne diminuisce sempre di più ad ogni nuova elezione.

 
  
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  Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, ancora una volta siamo davanti a un dibattito che è essenziale per la difesa dei diritti dei lavoratori dei trasporti su strada e per la sicurezza stradale. L'insistenza della Commissione sin dall'ottobre 2008 sulla modifica della direttiva del 2002 è inaccettabile. Ora la Commissione vuole che non si applichi ai cosiddetti autisti autonomi, il che aggraverebbe le condizioni di lavoro di tutti, soprattutto a causa della possibilità che le ore di lavoro siano portate a livelli intollerabili semplicemente per consentire maggiori profitti ai principali datori di lavoro del settore.

Ad esempio i cosiddetti autotrasportatori autonomi potrebbero ritrovarsi a lavorare fino a 86 ore alla settimana per tutto l'anno. Ciò, oltre a compromettere la loro salute e la sicurezza, rappresenterebbe anche un pericolo per la sicurezza di tutti gli altri utenti della strada. Incoraggerebbe inoltre il dumping sociale e la deregolamentazione del lavoro, per via dell’aumento del numero di conducenti che affermano falsamente di essere lavoratori autonomi.

Sensibile agli argomenti e agli studi che dimostrano i pericoli connessi all’approvazione di tale proposta, la commissione per l'occupazione e gli affari sociali l’ha già respinta due volte; ma purtroppo la relatrice, con il sostegno della Commissione e del Consiglio, ha insistito per proseguire da sola i negoziati sulla proposta di direttiva, come se non ci fosse mai stata una decisione da parte della commissione per l'occupazione e gli affari sociali.

Ecco perché ora ci ritroviamo in questa gravissima situazione. La proposta deve essere chiaramente respinta dalla maggioranza del Parlamento, ma ciò è stato già messo a repentaglio dal Commissario. Noi chiediamo di respingere la proposta, in modo mettere fine a questa grave minaccia per i diritti dei lavoratori e per la sicurezza di quanti si muovono sulle strade nell'Unione europea.

Chiediamo pertanto il rifiuto della proposta della Commissione ed il rispetto della direttiva del 2002 che, dal 2009, dovrebbe essere applicata agli autotrasportatori autonomi per combattere il dumping sociale, tutelare il diritto alla salute e il riposo per i lavoratori del settore, e migliorare le condizioni della sicurezza stradale.

 
  
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  Mara Bizzotto, a nome del gruppo EFD. Signora Presidente, onorevoli colleghi, in nome di una presunta maggiore sicurezza si intende estendere questa direttiva agli autotrasportatori autonomi.

Le argomentazioni adottate sono però ingannevoli e penalizzanti. Sono ingannevoli perché la sicurezza è già garantita dal regolamento del 2006 e penalizzanti perché a rischio c'è la competitività di migliaia di piccole imprese autonome già duramente provate dalla crisi economica.

Onorevoli colleghi, non fingiamo di non sapere che dietro lo scontro giuridico e tecnico sulla direttiva si cela di fatto l'ennesima prova di forza tra gli statalisti europei, pronti ad appesantire le imprese con una nuova pericolosa zavorra, e i sostenitori dell'Europa dal volto umano, vicina ai reali bisogni dei nostri cittadini.

Intervenendo per dettare legge sull'organizzazione dell'orario di lavoro degli autonomi, il Parlamento sottoscriverebbe un pericoloso precedente autorizzando un golpe targato Europa sull'imprenditoria e la libera iniziativa.

È tempo di passare dalle parole ai fatti. Smettiamo di strumentalizzare a nostro piacimento le piccole e medie imprese. È troppo comodo inneggiare all'imprenditoria diffusa quando si tratta di indicare strategie anticrisi efficaci e poi sacrificarle quando si tratta di ribadire la forza dell'euroburocrazia. Alla lotta di principio basata sull'utopia oppongo la concretezza. L'Europa non invada la sfera dell'autonomia privata e rispetti le richieste dei nostri territori.

 
  
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  Elisabeth Morin-Chartier (PPE). – (FR) Signora Presidente, sono favorevole a includere gli autotrasportatori autonomi nella proposta di direttiva e pertanto mi oppongo a questa proposta da parte della Commissione della relazione dell’onorevole Bauer.

Sono indignata per il modo in cui questa proposta va contro gli interessi delle piccole e medie imprese attraverso l'introduzione, da oggi in poi, di una concorrenza sleale da parte dei falsi trasportatori autonomi. La relazione introduce la pratica della concorrenza sleale e contribuirà a far crescere il numero dei falsi trasportatori autonomi.

Inoltre questa proposta va contro gli interessi dei lavoratori. Mentre stiamo tutti cooperando per costruire l'Europa sociale, la relazione rafforza il dumping sociale tra gli Stati membri. Ciò è contro gli interessi dei lavoratori, è contro gli interessi dell'Europa.

In breve, questa relazione è uno schiaffo alla sicurezza stradale. Ho presieduto una regione attraversata dal traffico pesante di tutta l’Europa, con gravi incidenti che hanno dato luogo ad azioni legali. Questi gravi incidenti non dovrebbero sfuggire alla nostra attenzione. Dovremo rendere conto della nostra decisione ai nostri concittadini. Per di più, nel 2002 due Stati membri dell'Unione europea hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia europea per abrogare la direttiva 2002/15/CE, poiché comprendeva gli autotrasportatori autonomi: la Corte ha respinto il loro ricorso per motivi di sicurezza stradale.

Infine, abbiamo bisogno di una regolamentazione europea tra tutti gli Stati membri perché al giorno d'oggi quella dei trasporti è una questione europea. La votazione in commissione è stata chiara. Mi auguro che sia altrettanto chiara in seduta plenaria.

 
  
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  Alejandro Cercas (S&D). (ES) Signora Presidente, signor Commissario, onorevole Bauer, prima di tutto mi corre l’obbligo di esprimere la mia profonda delusione per il modo in cui avete condotto un negoziato in cui non è stato rispettato il Parlamento e per il modo in cui state presentando questa discussione odierna, che è molto avara di verità.

Non è vero, signor Commissario, che si tratta di includere gli autotrasportatori autonomi: sono già stati inclusi a partire dal 2009. Siete voi che desiderate escludere dalla direttiva i lavoratori autonomi.

E non è vero, signor Commissario, che non stiamo parlando di salute e di sicurezza sulla strada: è esattamente quello di cui stiamo parlando, signor Commissario. Non stiamo parlando di nient’altro che della sicurezza degli autisti autonomi e dei cittadini europei che viaggiano sulle strade: questo è ciò di cui stiamo parlando e qui lei sta sfornando false argomentazioni.

Come sempre tirate in ballo la burocrazia. Non è vero. Lei ha cantato le lodi del tachigrafo e dei passi da gigante che il suo uso ha introdotto nella regolamentazione dei trasporti stradali in Europa. Lo si può applicare senza alcun bisogno di burocrazia. Quello che state facendo è mettere gli interessi economici di pochi al di sopra dei diritti della maggioranza: ecco cosa sta realmente accadendo. Ancora una volta, lei contraddice la sua affermazione che le persone vengono prima degli affari: per lei gli affari vengono prima delle persone.

Desidero che la nostra protesta sia registrata, e mi auguro che il Parlamento affermi ancora una volta che il pubblico, la sicurezza, il diritto e la verità sono le cose più importanti.

Io protesto, signor Commissario: sono molto deluso.

Onorevole Bauer, sono molto deluso per il modo in cui ha condotto questo dibattito e questo negoziato.

 
  
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  Gesine Meissner (ALDE). – (DE) Signora Presidente, abbiamo già sentito molti argomenti. É vero, come ha detto l'onorevole Figueiredo, che questa è una direttiva rivolta ai dipendenti. É così. Però esistono anche i lavoratori autonomi che non sono classificati come dipendenti.

É importante che i cittadini europei siano in grado di decidere come vogliono lavorare, se come dipendenti o come lavoratori autonomi. Questo è corretto. Naturalmente anche i lavoratori autonomi devono osservare certe regole. I tachigrafi digitali sono già presenti in tutti i veicoli pesanti, e qui stiamo parlando dei veicoli equivalenti. Se ora includiamo i lavoratori autonomi in questa direttiva, limiteremo indebitamente la loro libertà di scelta. Ecco perché il mio gruppo è favorevole ad escludere a tutti i costi i lavoratori autonomi da questa direttiva. Riteniamo che la proposta dell'onorevole Bauer e la proposta della Commissione siano nel giusto. Dovrebbe essere presa in considerazione. Vogliamo proteggere le piccole e le medie imprese e in questo caso possiamo farlo adottando la proposta.

 
  
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  Eva Lichtenberger (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, l'oratore precedente ha descritto un mondo ideale in cui sono gli stessi conducenti a decidere se vogliono essere autonomi o dipendenti. Purtroppo in realtà i trasportatori non possono più fare questa scelta: invece vengono in genere costretti a diventare autonomi o almeno apparentemente autonomi. Questo è il grande problema che dobbiamo affrontare qui: e se quello che abbiamo qui è un compromesso privato tra un membro del Parlamento e il Consiglio – presentato come un compromesso generale e che non tiene in conto questo problema – allora è in gioco il dumping sociale in Europa.

Andate a dare un'occhiata a quanto sta accadendo sulle strade, visitate un posto di blocco. Date un'occhiata a ciò che sta realmente accadendo in questo settore. Andate a dare un'occhiata agli incidenti: allora vi renderete conto che in qualità di deputati al Parlamento europeo non possiamo permetterci di favorire il dumping sociale.

 
  
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  Julie Girling (ECR). – (EN) Signora Presidente, è fondamentale che i lavoratori autonomi sfuggano alle grinfie della direttiva sull'orario di lavoro. Questo comparto lavorativo è già pesantemente regolamentato attraverso la normativa sui tempi di guida e sentir dire che la gente è spinta al lavoro autonomo è totalmente assurdo: è una scelta fatta dalle persone. L'unica cosa falsa in tutte queste discussioni sono le richieste allarmiste di persone che dicono che qui si tratta dei pericoli per la sicurezza stradale.

Si parla qui continuamente di promuovere gli imprenditori; si parla di permettere loro di prosperare all'interno dell'Unione europea. Qui incoraggiamo attivamente le piccole imprese, e scoraggiarle non può essere la via da seguire. Quindi vi invito a votare a favore dell’onorevole Bauer.

 
  
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  Thomas Händel (GUE/NGL). – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, per mesi abbiamo discusso la questione dei tempi di guida e di lavoro nel trasporto su strada. Sto cominciando a chiedermi se il prossimo argomento sarà quello di cercare di dimostrare che tutto quanto abbiamo discusso per mesi è una totale assurdità. L'ultima tesi è che dobbiamo urgentemente cambiare qualcosa in modo che non cambi niente. Onorevole Bauer, non vede l'assurdità di questa tesi, crivellata come è di bugie e mezze verità?

Quanto stiamo discutendo non è altro che un'estensione dell'orario di lavoro dei lavoratori autonomi. Tuttavia, per oltre centocinquanta anni, proteggere le persone da un orario eccessivamente lungo è stato un principio di base della legislazione in materia di tempi di lavoro. Questo vale per i lavoratori autonomi così come per quelli dipendenti. Non fa differenza se si tratta di un lavoratore autonomo che tira troppo la corda o di un datore di lavoro che costringe un autista dipendente a tempi troppo gravosi. Si tratta di tutelare i cittadini da se stessi e da orari di lavoro eccessivamente lunghi, così come dagli imprenditori e dagli altri che commissionano il lavoro.

Come secondo punto, sulla questione della sicurezza stradale, si è affermato qui che non si può fare nulla in tal senso. Onorevoli colleghi, non siamo dilettanti o volontari! Non possiamo approvare leggi sulla base di un “vediamo cosa succede”. Tutti sanno che un orario di lavoro eccessivamente lungo aumenta il rischio di incidenti, in particolare nel trasporto su strada dove le conseguenze sono così gravi.

Il terzo punto è una domanda: chi controllerebbe questa proposta di regolamento differenziato sulle nostre strade? Senza un lungo studio delle prove, i nostri giudici già hanno difficoltà nel decidere se qualcuno è un lavoratore autonomo o un autonomo solo in apparenza.

Lasciamo perdere queste sciocchezze. Si tratta di concorrenza leale. Non si tratta di creare stamani un precedente per il futuro dibattito sul prolungamento degli orari di lavoro. Non provate a fare giochetti simili con questo Parlamento!

 
  
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  Derek Roland Clark (EFD). – (EN) Signora Presidente, è indispensabile che venga adottato l'emendamento 30, con particolare riferimento al paragrafo 7(a). Gli autotrasportatori autonomi non verrebbero poi inclusi in queste disposizioni.

Non è un problema di sicurezza stradale. Per tutti i conducenti i limiti di guida e di lavoro sono controllati dal tachigrafo. Includere gli autotrasportatori autonomi li penalizzerebbe, in particolare quelli che non utilizzano un'agenzia. Gli autotrasportatori dipendenti ricevono il loro programma di lavoro organizzato, ma i veri indipendenti impiegano del tempo nel preparare i propri programmi e nel fare le offerte per prendere nuovi lavori. Se saranno inclusi in queste disposizioni, questi compiti faranno parte della loro settimana lavorativa e quindi essi avranno meno tempo per guidare, caricare, scaricare e occuparsi dei passeggeri, rispetto ai conducenti dipendenti. Pertanto, le loro imprese subiranno perdite e ciò provocherà disoccupazione nelle piccole imprese. Gli operatori più grandi riempiranno il vuoto e avremo un ulteriore esempio di un’Unione europea che promuove le grandi aziende a scapito delle piccole e medie imprese, che danno occupazione alla metà della forza lavoro.

Al proposito sostengo quindi la relatrice, nonché la Commissione, sull'emendamento 30. Non lo si sente molto spesso da questa parte del Parlamento.

 
  
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  Veronica Lope Fontagné (PPE).(ES) Signora Presidente, riteniamo indispensabile inserire i lavoratori autonomi in questa direttiva, e questo parere è condiviso dai rappresentanti dei sindacati e delle associazioni dei datori di lavoro nel mio paese che hanno espressamente richiesto l'inclusione dei lavoratori autonomi in questa direttiva.

Riteniamo che vi siano diversi motivi per includerli. In primo luogo per la sicurezza dei lavoratori: gli autotrasportatori autonomi meritano la stessa protezione degli altri conducenti, non solo quando guidano ma anche quando svolgono altri compiti direttamente connessi con il trasporto su strada.

In secondo luogo, per ragioni di concorrenza leale: giacché reimmettere le discriminazioni tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti rappresenterebbe una distorsione del mercato del lavoro e del mercato dei trasporti.

Infine, anche a me pare fuori luogo che ogni Stato membro, se lo desidera, possa applicare ai conducenti le disposizioni della direttiva. La regola deve essere generale per l'intera Unione, dal momento che la maggior parte dei trasportatori lavora al di fuori del proprio paesi: senza di ciò la leale concorrenza ne risulterebbe ostacolata.

 
  
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  Pervenche Berès (S&D). (FR) Signora Presidente, solo per una volta parlerò della procedura. Chiaramente tutti concordiamo sulla necessità di sostenere le piccole e le medie imprese e a ogni effetto di diritto tutti dovrebbero essere interessati a questioni che riguardano, ad un tempo stesso, la sicurezza, i lavoratori, gli utenti della strada e le condizioni di una concorrenza libera e non falsata.

Tuttavia, dopo che nella primavera del 2009 il Parlamento ha respinto questo testo, quella estate il suo predecessore, il Commissario Tajani, facendo campagna elettorale col proprio governo per la sua rielezione a Commissario, ci ha riferito che avrebbe avuto alcune nuove proposte da fare. Queste nuove proposte non sono mai state presentate alla commissione parlamentare competente perché le esaminasse. Inoltre, la relazione dell'onorevole Bauer è stata respinta da un numero maggiore di membri della commissione di quello che aveva respinto la precedente relazione.

L’onorevole Bauer non aveva alcun mandato per negoziare a nome del Parlamento un accordo in prima lettura con il Consiglio. La Commissione e il Consiglio hanno consapevolmente violato le norme di funzionamento tra le istituzioni. L’onorevole Bauer ha violato il codice di condotta di questa istituzione. Questo Parlamento mette a volte in discussione la natura di un accordo in prima lettura perché esso riduce la nostra capacità di negoziare. Ora, in questo caso, se gli emendamenti dell’onorevole Bauer saranno approvati, avremo un accordo in prima lettura che non è stato esaminato dagli organi del Parlamento.

In un momento in cui, grazie al trattato di Lisbona, stiamo assistendo a un riequilibrio tra le istituzioni, questo Parlamento rinuncia a utilizzare la propria intelligenza collettiva. Io chiedo, come minimo, che le proposte dell’onorevole Bauer che non sono mai state esaminate in commissione, vi siano rinviate per un esame.

 
  
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  Dirk Sterckx (ALDE). – (NL) Signora Presidente, io sostengo il Commissario. I lavoratori autonomi organizzano il proprio orario di lavoro e così le cose dovrebbero rimanere. C'è una differenza tra lavoratori autonomi e subordinati, e ciò è normale e corretto. Questo non ha nulla a che fare con la sicurezza stradale, poiché i tempi di guida e di riposo sono identici sia che il lavoratore sia autonomo o dipendente. I tempi sono monitorati da un tachigrafo che è previsto a tal fine e a nessun altro. Non spingiamoci oltre per monitorare la situazione della sicurezza stradale dei lavoratori subordinati e autonomi.

Un secondo punto riguarda una questione che ritengo molto problematica nelle proposte da coloro che chiedono che anche i lavoratori autonomi rientrino nel campo di applicazione: come diamine avete intenzione di controllare? Come vi proponete di andare a far visita ai lavoratori autonomi e chiedere loro quando, dove e quanto hanno lavorato? Questo tipo di sistema di monitoraggio non sarebbe fattibile e successivamente verrebbe considerato inaccettabile. Non dobbiamo varare una legislazione del genere: non dobbiamo includere i lavoratori autonomi nel campo di applicazione della direttiva sui lavoratori dipendenti.

 
  
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  Timo Soini (EFD).(FI) Signora Presidente, io provengo dalla Finlandia, che ha pochi abitanti, dove le distanze sono lunghe e dove ci sono un sacco di lavoratori autonomi. Non abbiamo bisogno, non tollereremo e non sopporteremo ulteriori restrizioni agli autotrasportatori autonomi. Sono lieto che lo sappia il Commissario estone, che conosce le condizioni dei paesi del nord, e questo vale anche per la relatrice slovacca. Desidero ringraziarli per questo.

Si tratta di un’importante questione di principio. Non si possono imporre alle piccole imprese restrizioni che si applicano a tutta l'Europa. Questo può rappresentare un precedente ed è molto pericoloso. Come spera l’Europa di conseguire la crescita e l'occupazione se le sue decisioni amministrative distruggono e uccidono l'occupazione e le condizioni per la crescita?

Io sono dalla parte dei trasportatori autonomi finlandesi e in questo caso, ciò significa anche essere dalla parte degli imprenditori delle piccole imprese di tutta l’Europa. Dopo tutto in Europa non vi sarà crescita o maggiore prosperità se le decisioni amministrative impediranno agli imprenditori delle piccole imprese di lavorare.

(Applausi)

 
  
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  Sari Essayah (PPE).(FI) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in nessun caso deve essere imposta alcuna altra restrizione sul tempo di lavoro degli autotrasportatori autonomi che non riguardi il tempo di guida.

La questione della sicurezza stradale viene affrontata limitando i tempi di guida ed introducendo periodi di riposo obbligatori, per i quali abbiamo in vigore il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al trasporto su strada e ai tempi di guida e di riposo e che si applica a tutti i conducenti – sì a tutti – di camion e autobus, compresi quelli autonomi. Una soluzione molto migliore per prevenire gli incidenti provocati dalla la stanchezza sarebbe costituita da un più efficace monitoraggio dei tempi di guida e di riposo in vigore, piuttosto che da un’artificiale limitazione dei tempi di lavoro dei lavoratori autonomi.

Ora si cerca di far rientrare compiti come la pulizia del veicolo, la manutenzione tecnica e la compilazione dei fogli di spedizione tra le restrizioni dell’orario di lavoro degli autotrasportatori autonomi. Come possiamo controllare se un autotrasportatore autonomo sta lavando la macchina della moglie o il proprio camion nel cortile di casa sua? Questo è abbastanza incomprensibile, perché non ci sono restrizioni sugli orari di lavoro di altri imprenditori. Imboccare questa strada costituirebbe un grave precedente.

Come ha detto giustamente il precedente oratore, nei paesi nordici come il mio, la Finlandia, il settore dei trasporti è dominato dagli imprenditori delle piccole imprese e consiste principalmente di aziende con solo uno o due autoveicoli. Le restrizioni dell'orario di lavoro degli imprenditori andrebbero a favorire le grandi imprese di trasporto sovranazionali e renderebbero difficile alle nuove imprese di trasporto avviare un’attività. Il settore non sarà certamente appetibile per i giovani se cominciamo a limitarne artificialmente la capacità di guadagnarsi di che vivere. Ciò significherebbe una carenza di capacità e un aumento dei costi. I costi logistici sono già in media più elevati nei paesi nordici che nel resto d'Europa, a causa della nostra collocazione settentrionale e della bassa densità della popolazione.

(Applausi)

 
  
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  Saïd El Khadraoui (S&D).(NL) Signora Presidente, onorevoli colleghi, andrò dritto al cuore della questione, vale a dire la questione dei lavoratori autonomi. Certo non guasterebbe ricordare che dal marzo dello scorso anno il campo di applicazione riguarda tutti gli autotrasportatori autonomi. Questo è lo stato attuale delle cose: questo è il punto di partenza che la relatrice avrebbe dovuto prendere in considerazione.

Di conseguenza, questo non costituisce quel precedente che sostiene il Commissario. Sarebbe stato possibile un approccio più pragmatico, vale a dire includendo i lavoratori autonomi nel campo di applicazione pur tenendo conto al tempo stesso della natura specifica dei conducenti autonomi e mantenendo la burocrazia al minimo assoluto.

Come il relatore della commissione per i trasporti e il turismo sa, avevo elaborato una serie di proposte. Ho proposto per esempio che il tachigrafo digitale non misurasse solo i tempi di guida e di riposo, ma anche le operazioni di carico e scarico, integrandoli con una sorta di tempo fisso non controllato per una serie di altre attività, come ad esempio le attività amministrative e anche le operazioni di pulizia e simili. Lei sa anche bene che in ogni caso attività quali il contatto con i clienti non sono soggette a controllo né conteggiate come orario di lavoro.

Pertanto, mi rammarico che né la Commissione né il relatore siano stati disposti a tenerne conto in alcun modo. La proposta di lasciare agli Stati membri di decidere autonomamente se i lavoratori autonomi debbano rientrare nel campo di applicazione non mi sembra un buon compromesso. L'obiettivo deve essere quello di giungere a comuni regole di base uniformi a livello europeo in modo che le stesse regole siano valide per tutti.

 
  
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  Raffaele Baldassarre (PPE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la proposta della Commissione e la linea seguita dalla relatrice lasciano libertà di scelta agli Stati membri nell'inclusione o meno dei lavoratori autonomi nel campo di applicazione della direttiva.

Questo regime opzionale è inammissibile e contrario alle regole dell'Unione in materia di concorrenza. Lasciando agli Stati membri la libertà di scelta, gli autotrasportatori di alcuni paesi, che hanno già recepito la precedente direttiva 2002/15/CE, si troverebbero esposti alla concorrenza diretta dei colleghi comunitari non sottoposti alle medesime regole.

I lavoratori autonomi potrebbero recarsi in un paese con una normativa vigente diversa, sottostando a meno controlli, e ciò causerebbe un grave problema di dumping e quindi una grave distorsione della concorrenza. Le imprese, infatti, potrebbero fare un uso maggiore di lavoratori indipendenti in grado di offrire i propri servizi con più elasticità e a costi ridotti. È inutile dire che spesso ai bassi costi corrisponde una riduzione della qualità e soprattutto della sicurezza, che nei trasporti si traduce in un grave aumento dei rischi nella circolazione stradale.

Alla luce di ciò, ritengo la proposta inaccettabile e contraria a una delle sue basi giuridiche, l'articolo 153 del trattato, poiché essa non migliora l'ambiente di lavoro e non protegge la sicurezza e la salute dei lavoratori.

 
  
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  David Casa (PPE).(MT) Ritengo questo Parlamento concordi sul fatto che ai conducenti europei debbano essere fornite le migliori condizioni, che dobbiamo garantire la sicurezza delle nostre strade e che dobbiamo fare del nostro meglio per regolarizzare questo settore senza mettere a repentaglio la competitività europea. Tuttavia vi è disaccordo sull’opportunità di coinvolgere in tutto questo i lavoratori autonomi.

Ritengo che non ci dobbiamo arrogare la competenza per disciplinare il loro modo di disporre del proprio tempo. Se vi è un abuso tra i lavoratori autonomi, noi dobbiamo perseguire l'abuso piuttosto che le persone oneste tra i lavoratori autonomi che stanno facendo del loro meglio per continuare a migliorare questo settore.

Dobbiamo prestare molta attenzione quando si tratta di introdurre della burocrazia, perché un suo eccesso può causare danni e dissestare questo settore, soprattutto in un momento come l’attuale in cui ci troviamo tra le mani una crisi che sta avendo un impatto negativo su tutti i settori europei. Mi congratulo quindi con l’onorevole Bauer per la sua relazione e per i compromessi che ha raccomandato. Vorrei fare appello a tutti: stiamo ben attenti nel disciplinare i lavoratori indipendenti stessi.

 
  
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  Georges Bach (PPE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, la direttiva rappresenta un passo importante per il miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori in questo settore, ma anche per il miglioramento della sicurezza stradale e per garantire una concorrenza leale. Queste sono le parole pronunciate dalla stessa Commissione quando la direttiva è stata introdotta il 23 marzo 2005.

Da allora, la Commissione ha compiuto un voltafaccia ed ha presentato una proposta che esclude i lavoratori autonomi. Ciò stabilisce un precedente e non riesco a difendere una simile politica. Ci sono vari motivi per non sostenere questa proposta che, ai miei occhi, rappresenta un passo indietro dal punto di vista sociale, una riduzione della sicurezza stradale, e un incentivo alla concorrenza sleale. E la proposta non è nemmeno concepita per favorire le piccole e medie imprese.

Secondo me questo voltafaccia dimostra l'incapacità di attuare la politica europea. Pur essendo stata respinta due volte dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali e una volta in Aula, contraria ad una relazione sullo Spazio economico europeo, nonché a una sentenza della Corte di giustizia europea, la direttiva – legge europea – è stata semplicemente modificata e pilotata fino a un punto in cui l'unica cosa che conta sono gli interessi economici.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D). – (EN) Signora Presidente, in qualità di ex-camionista autonomo sono favorevole all’inclusione dei lavoratori autonomi nella presente direttiva. So per certo che i conducenti autonomi sono messi enormemente sotto pressione perché lavorino giorno e notte. Commissario Kallas, il suo discorso e la sua proposta rappresentano una vergogna. Mettono a rischio la salute e la sicurezza dei conducenti. Mettono a rischio gli altri utenti della strada. Sottopongono le piccole e medie imprese al rischio di una concorrenza sleale e accrescono la pressione sui datori di lavoro onesti spingendo i loro dipendenti verso il lavoro autonomo.

Il cinquanta per cento dei conducenti ha ammesso di addormentarsi al volante. Il venti per cento degli incidenti sono dovuti alla stanchezza. Il trenta per cento del tempo di lavoro dei conducenti è occupato dalle operazioni di carico e scarico e nell’assistenza ai passeggeri. Onorevole Harkin, se è ancora qui, quello che fanno nella loro soffitta è un problema loro. Il Parlamento deve difendere la sicurezza dei cittadini contro coloro che vogliono un settore dei trasporti privo di regolamentazione. Commissario Kallas, dovete tornare al tavolo da lavoro.

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, concordo con l'onorevole Morin-Chartier. Non dobbiamo dimenticare che in questa materia abbiamo a che fare con la Corte di giustizia europea, che ha chiarito come la priorità debba essere data alla sicurezza stradale e che siamo in presenza di una direttiva vigente sull'orario di lavoro e di riposo.

Vogliamo improvvisamente mettere in discussione una comune regolamentazione europea in materia di sicurezza stradale? Perché dovremmo farlo? Sarebbe assurdo e incomprensibile. Se i lavoratori autonomi dovessero di nuovo essere esclusi dalla presente direttiva, allora, in aggiunta alle loro 56 ore di guida, sarebbero anche in grado di impiegare 28 ore nelle operazioni di carico e scarico. Di conseguenza, diventerebbero una minaccia sulle strade. Certamente non vorrei incontrare simili conducenti sulle strade d'Europa.

Come possiamo improvvisamente iniziare a promuovere la distorsione della concorrenza a scapito della nostra salute comune? Come potremmo spiegarlo ai nostri cittadini? Per questo motivo vi invito a respingere la proposta della Commissione.

 
  
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  Dieter-Lebrecht Koch (PPE).(DE) Signora Presidente, proprio come ho fatto per molti anni, oggi lavoro per la sicurezza stradale, per un miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti professionisti e per un miglioramento della loro immagine professionale.

É ovvio che ciò che di cui stiamo discutendo oggi non sono le disposizioni sulle ore di guida e di riposo, il cui impatto sulla sicurezza stradale è applicabile a tutti i conducenti professionisti, siano essi dipendenti o autonomi: si tratta invece della disciplina dell'orario di lavoro. Si tratta principalmente di un regolamento per la tutela dei lavoratori: in altri termini, riguarda solo la protezione sociale dei conducenti e non aiuta in alcun modo la sicurezza stradale. Non c'è necessità di tutelare i lavoratori autonomi da sé stessi. Come possiamo controllare le ore lavorate dai trasportatori autonomi e dai conducenti di autobus senza un’enorme quantità di burocrazia, e comunque su quali basi le verificheremmo?

Limitare in questo modo le ore di lavoro ammissibili dei autotrasportatori autonomi – e forse in futuro anche quelle dei commercianti autonomi, degli architetti o dei membri del Parlamento – invierebbe un segnale sbagliato. Gli Stati membri invece dovrebbero mettersi all’opera per combattere il problema del lavoro autonomo apparente. Io sono a favore della proposta presentata dalla Commissione europea e dall’onorevole Bauer.

 
  
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  John Bufton (EFD). – (EN) Signora Presidente, non ha senso estendere la direttiva sull'orario di lavoro ai lavoratori autonomi. Ciò protegge i diritti dei lavoratori solo in apparenza e di conseguenza non trova posto nel contesto del lavoro autonomo. É oltretutto inapplicabile senza violare le libertà delle persone effettuando controlli nelle loro case.

Questa non è una questione di sicurezza stradale. Il regolamento (CE) n. 561/2006 include già il tempo di guida ed è applicabile alle grandi imprese, alle piccole imprese e ai lavoratori autonomi. Se si è lavoratori autonomi c’è ancora bisogno di una licenza di lavoro e quindi questi sarebbero i titolare registrati di tale licenza. Tutto ciò che può mettere in pericolo la licenza comprometterebbe quindi i mezzi di sostentamento del titolare della licenza. Tenendo in mente tutto ciò si può supporre con sicurezza che gli autotrasportatori autonomi finiranno per essere ancora più esigenti delle grandi aziende. Tutto quanto è direttamente collegato al servizio può essere considerato parte del tempo di lavoro, ad esempio, i documenti, la manutenzione e l’amministrazione in genere. Nelle grandi imprese vi sono persone impiegate per adempiere a questi compiti e quindi i tempi di amministrazione non hanno alcun impatto sui tempi di guida. Nelle condizioni imposte dalla direttiva, i lavoratori autonomi che tengono da soli la propria amministrazione troverebbero ben poco tempo per dedicarsi alla guida stessa.

Per inciso, ritengo che la Commissione abbia proposto anche un rilassamento delle restrizioni sul lavoro notturno, introducendo un periodo qualificato di due ore prima che si applichino le restrizioni notturne. Raramente concordo con la Commissione, ma anche questo sarebbe un emendamento ben accetto. Appoggio pienamente la relatrice, onorevole Bauer.

 
  
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  Jutta Steinruck (S&D).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei fare appello ancora una volta ai conservatori e ai liberali perché qui non possiamo mettere gli interessi dei lavoratori autonomi al di sopra della sicurezza dei cittadini europei.

La libertà d'impresa è senza dubbio un’ottima cosa, ma la sicurezza dei nostri figli e di noi tutti sulle strade è più importante e questo, a mio avviso, è il modo più responsabile di agire per l'Europa. Il voto di domani è un'opportunità per dimostrare che non siete a favore del dumping sociale.

Quello che questo dibattito ha anche rivelato negli ultimi mesi è che da tempo ci si attende in Europa un dibattito sul lavoro autonomo fittizio. Un numero sempre crescente di rapporti di lavoro regolari sono rimpiazzati dal lavoro fittiziamente indipendente: questo è il motivo per cui abbiamo urgente bisogno che la situazione sia analizzata e che sia avanzata una proposta su quello che possiamo fare al riguardo. Come oggi il Commissario ha affermato chiaramente, a questo proposito abbiamo avuto molte dichiarazioni di intenti. Ora è venuto il momento di agire.

 
  
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  Andrzej Grzyb (PPE).(PL) Vorrei chiedere: come si può stimolare lo spirito imprenditoriale in una crisi? Come può essere stimolata una crescita del numero delle piccole e medie imprese? Come, ad esempio, può essere stimolata l'attività economica se questo luogo – il Parlamento europeo –diventa un luogo in cui si varano leggi che limitano lo spirito imprenditoriale? Dopo tutto, chi vuole mettersi in proprio dovrebbe avere il diritto di farlo, anche nel settore dei trasporti. Non possiamo da un lato trattarli come imprenditori e dall'altro dire che sono tenuti a rispettare i criteri progettati per lavoratori dipendenti. Potremmo fare lo stesso con le persone che gestiscono un ristorante in proprio e con la famiglia, o con le persone che gestiscono un negozio. Non bisogna confondere le due cose.

Vi è un palpabile eccesso di legislazione, e il anche Parlamento europeo vi contribuisce. So che all'inizio degli anni novanta in Polonia abbiamo avuto la migliore normativa sulle attività economiche. Ora abbiamo aumentato il numero di tali oneri normativi e il risultato è che ciò va incontro a delle critiche. Da parte di chi? Dalle persone che gestiscono un'impresa.

Mi associo a quanto dice l’onorevole Bauer, anche se ovviamente non mi addentro in questioni che sono sorte quando questo compromesso era in fase di negoziazione.

 
  
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  Diane Dodds (NI). – (EN) Signora Presidente, in un momento di difficoltà economica questo Parlamento ha speso gran parte della propria autorità per incoraggiare l'imprenditorialità e la competitività ma, allo stesso tempo, si accinge a limitare il diritto al lavoro degli autotrasportatori autonomi. Devo dire che respingo come del tutto false le affermazioni avanzate in Parlamento questa mattina che questa sia una questione di salute e sicurezza. Siamo tutti preoccupati per la salute e la sicurezza e non vogliamo più vedere incidenti sulle nostre strade.

Io rappresento l'Irlanda del Nord. É proprio al confine dell'Europa. Il settore dei trasporti su strada è estremamente importante per l'economia e l'inclusione degli autotrasportatori autonomi avrà soltanto un impatto negativo sulla competitività. Si tratta di un settore che è fortemente regolamentato attraverso le norme sul tachigrafo: le implicazioni finanziarie di un’ulteriore burocrazia sarebbero devastanti. Sarebbe anche estremamente dannoso per coloro che sperano di diventare trasportatori indipendenti.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, la relatrice onorevole Bauer dimostra una mancata comprensione della democrazia continuando a negoziare – senza mandato – contro la decisione della commissione. Se il Parlamento europeo è seriamente intenzionato a creare crescita e ricchezza allora noi deputati dobbiamo respingere la proposta della Commissione europea.

Gli autotrasportatori autonomi non devono essere esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro. Questo sarebbe un passo indietro, poiché devono valere le stesse regole per i conducenti di autobus autonomi e gli autotrasportatori su lunghe distanza come anche per i dipendenti delle imprese. Il nostro obiettivo non può essere avere sempre meno persone che lavorano sempre di più e in generale per meno soldi. Il nostro obiettivo non può essere avere conducenti di autobus e autotrasportatori su lunghe distanze che mettono a repentaglio la propria salute e la sicurezza degli altri utenti della strada.

 
  
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  Paul Rübig (PPE).(DE) Signora Presidente, ritengo che in questo momento in Europa le piccole e medie imprese siano particolarmente importanti perché la verità è che troveremo una via d'uscita dalla crisi del debito solo se si lavorerà di più. É del tutto inutile caricare i lavoratori autonomi con ancora più burocrazia e scartoffie. Molto semplicemente, se vogliamo essere in grado di garantire la sicurezza sociale in Europa allora è molto importante aumentare la produttività e la competitività. Di conseguenza sono del tutto sufficienti i tempi di guida e di riposo attualmente garantiti dal tachigrafo. Vorrei chiedere ai deputati che sostengono che la direttiva si applichi a tutti di applicarla a sé stessi e di farsi installare un tachigrafo nella propria auto, e poi non utilizzare la propria auto la sera del giovedì quando vanno a casa dopo aver lavorato qui per quindici ore.

Garantire la sicurezza è importante, ma d'altro canto dobbiamo anche tutelare i lavoratori autonomi.

 
  
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  Siim Kallas, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la ringrazio molto per la discussione. Ho ascoltato con grande interesse tutti i vostri contributi. Ho una grande tentazione di scendere nei particolari e discutere dei dettagli della questione, mi limito però a dire che confermo ancora la posizione della Commissione, che è basata sui fatti. Non disponiamo degli studi citati qui in base ai quali gli autotrasportatori autonomi lavorano regolarmente novanta ore a settimana, e riteniamo che la regolamentazione del tempo di guida che vorremmo introdurre consentirà di armonizzare le prassi tra gli Stati membri e di adempiere a questo obiettivo di garantire e migliorare la sicurezza stradale.

La sicurezza stradale è molto migliorata soprattutto in seguito alla direttiva sul tempo di guida. Non abbiamo informazioni che vi siano più malati: perché mai riteniamo che le piccole e le medie imprese si comportino in modo irresponsabile, che non si preoccupino della sicurezza stradale o della propria salute e quindi debbano essere più regolamentate delle altre?

La Commissione non può sostenere una legislazione che limiti la libertà degli imprenditori nel settore del trasporto su strada di organizzare il proprio orario di lavoro, mentre in altri settori gli imprenditori non sono soggetti a simili restrizioni di orario di lavoro. Tuttavia, se il voto di questo Parlamento confermerà il rifiuto della proposta della Commissione, la Commissione esaminerà tutte le possibili opzioni, compresa la revoca della proposta; e se il Parlamento deciderà di includere gli autotrasportatori autonomi nella presente direttiva, noi applicheremo la sua volontà. Chiederemo immediatamente agli Stati membri come applicano le norme sull'orario di lavoro per gli autotrasportatori autonomi e come controllano il rispetto di tali norme.

 
  
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  Edit Bauer , relatore.(HU) Vorrei affrontare molto brevemente cinque questioni. Il regolamento di procedura. Ho studiato il regolamento con attenzione e per quanto ne so gli eurodeputati hanno piena discrezionalità di svolgere il proprio mandato e quindi possono consultare chi desiderano. Secondo il regolamento di procedura, la commissione parlamentare non chiede ai deputati di ricalcare la posizione della Commissione. É la posizione della sessione plenaria ad essere vincolante. Questo è esattamente quanto dice il regolamento di procedura. Non metto in dubbio nemmeno i motivi per cui il gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha presentato la propria proposta di modifica, né chi abbia consultato.

In accordo con i relatori ombra, quando ho ritenuto che fosse importante ho anche avuto colloqui informali con i rappresentanti della Commissione e del Consiglio. Sono d'accordo che la questione dei falsi imprenditori autonomi rappresenta un reale problema europeo, e lo abbiamo inserito nella proposta in collaborazione con i colleghi che consideravano importante l'esclusione degli imprenditori autonomi. Questa questione deve essere affrontata, ma non è un problema specifico di questo settore.

Vi è un malinteso che è stato ripetuto qui più volte e cioè che il rispetto di questa legge può essere monitorato a livello internazionale. Questa legge richiede un controllo a livello nazionale. Aggiungo che ad un tasso del 4 per cento il controllo sarebbe più costoso che spostare il Parlamento europeo da Bruxelles a Strasburgo. Chiedo ai colleghi di tenere conto anche di questo. Vorrei anche dire ai colleghi che rifiutando questa proposta creeremmo un vantaggio per gli autotrasportatori dei paesi terzi. Chiedo ai colleghi di tenere a mente che questa è la proposta che la Commissione ha approvato. Rifiutare la proposta della Commissione, cioè, della Commissione europea, è renderla inutile, costosa e impossibile da attuare.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 16 giugno 2010.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Approvo la posizione assunta dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali sul rifiuto della proposta della Commissione, e concordo che, in combinato disposto con il Parlamento, in futuro la Commissione debba fare in modo di presentare una nuova proposta migliorata. Sottolineo che la proposta della Commissione di sottrarre gli autotrasportatori autonomi al campo di applicazione della direttiva rappresenterebbe un significativo passo indietro nella politica sociale dell'Unione europea, nonché nel settore dei trasporti. Richiamo l'attenzione sul fatto che i “falsi” autotrasportatori autonomi indeboliscono tutto il mercato del lavoro: il problema principale è che in pratica è difficile avere le prove della natura fittizia del lavoro autonomo. Se non riusciamo a intraprendere azioni concrete e misure giuridiche, allora il lavoro dei conducenti come falsi lavoratori autonomi diventerà uno dei maggiori problemi del mercato del lavoro e non saremo in grado di evitare la concorrenza sleale. Al fine di migliorare le condizioni di lavoro di tutti i conducenti e di garantire i loro diritti e le garanzie sociali e al fine di migliorare la sicurezza stradale, così come per evitare la concorrenza sleale nel mercato europeo del trasporto su strada, non possiamo adottare la proposta della Commissione così come essa si presenta oggi.

 
  
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  Pascale Gruny (PPE), per iscritto. – (FR) La direttiva di cui stiamo discutendo oggi è il frutto di negoziati protrattisi nel Parlamento europeo per oltre due mandati. É un tema molto delicato, in quanto riguarda il nostro lavoro di oggi e in futuro. É una questione di sicurezza stradale e di concorrenza leale tra le imprese degli Stati membri. Non accetto il dumping sociale all'interno della nostra stessa Unione.

Può un conducente indipendente lavorare 14 ore al giorno, 84 ore a settimana, e non rappresentare un rischio sulle strade? Rispetto a un dipendente di una società questa è concorrenza sleale. Questo porta anche alcune aziende a proporre ai loro dipendenti di dichiararsi lavoratori autonomi. Dobbiamo proteggere i nostri concittadini e le nostre aziende.

Invito quindi la Commissione europea a ritirare la proposta e, in mancanza di ciò, invito i deputati, durante il voto di domani in Aula, a votare a favore del mantenimento dei lavoratori autonomi nell'ambito dell’applicazione della normativa sull'orario di lavoro.

 
  
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  Sirpa Pietikäinen (PPE), per iscritto. – (FI) In alcuni paesi dell'Unione europea, vi è una giustificata preoccupazione da parte del movimento sindacale sui falsi lavoratori autonomi in relazione alla direttiva sull'orario di lavoro e i trasportatori autonomi. L’esternalizzazione e, di conseguenza, i datori di lavoro che eludono le proprie responsabilità, rappresentano sempre più un problema. Il modo proposto per risolvere il problema, cioè che i conducenti autonomi siano inclusi nella direttiva, è però sbagliato. Il modo giusto per risolvere i problemi connessi con i falsi autonomi potrebbe essere quello di accordarsi su una definizione di lavoro indipendente tra lavoratori e organizzazioni dei datori di lavoro a livello europeo. Attualmente ne fanno le spese gli innocenti.

Per quanto riguarda questo problema, dobbiamo procedere in conformità con il compromesso che, tra gli altri, stava costruendo l'onorevole Wortmann-Kool, vicepresidente del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). In quel compromesso, i trasportatori indipendenti restano fuori dal campo di applicazione della direttiva, ma gli Stati membri possono, se lo desiderano, applicare nel proprio paese la regolamentazione dell'orario di lavoro a tempo pieno anche per gli indipendenti. Il suggerimento probabilmente significherebbe che il Parlamento e il Consiglio avrebbero raggiunto un accordo sulla direttiva in prima lettura.

É un peccato che il Parlamento non ammetta alcuna possibilità di compromesso. Mentre dovremmo concentrarci maggiormente su come migliorare la situazione degli imprenditori, vi è invece la possibilità che vengano limitate le ore di lavoro dei veri imprenditori. Questo è preoccupante, perché le opportunità per i piccoli imprenditori di guadagnarsi la vita dipendono in genere esclusivamente dal loro lavoro.

 

5. Informazione dei consumatori sui generi alimentari (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L'ordine del giorno reca la relazione dell'onorevole Sommer, a nome della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori [COM(2008)0040 – C6-0052/2008 – 2008/0028(COD)] (A7-0109/2010).

 
  
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  Renate Sommer, relatore.(DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei estendere a sei i quattro minuti a mia disposizione, perché questo dossier è così voluminoso che in caso contrario non mi sarà possibile parlarne in modo adeguato.

I consumatori hanno il diritto di sapere cosa contengono gli alimenti. Solo se ricevono informazioni sulla composizione e sul valore nutrizionale degli alimenti possono prendere una decisione di acquisto consapevole. Anche se il diritto comunitario contiene un gran numero di regolamenti e direttive in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, finora non vi è stato un completo sistema obbligatorio di etichettatura. Ora è diventato difficile per i produttori e distributori di alimenti mantenere una visione d'insieme della molteplicità di leggi esistenti, che si tratti di leggi comunitarie o leggi nazionali degli Stati membri. Vi è incertezza nel diritto, distorsione della concorrenza e vi sono ostacoli al commercio nel mercato interno. Il progetto di regolamentazione in esame è destinato ad affrontare tutti questi problemi fornendo un’etichettatura uniforme dei prodotti alimentari in tutta l'Unione europea. Gli obiettivi sono migliorare l'informazione dei consumatori, una migliore regolamentazione, l'armonizzazione e una minore burocrazia.

La proposta della Commissione non è all’altezza di queste esigenze, però, dal momento che è basata su ipotesi e supposizioni concernenti i desideri e le richieste dei consumatori, impone requisiti di etichettatura irrealistici, come la dimensione di 3 millimetri del carattere, che non garantisce nemmeno che le informazioni siano leggibili, e favorisce le grandi imprese a scapito delle piccole e medie imprese che in realtà rappresentano l'80 per cento del settore alimentare. Così facendo, essa è contraria alla legge sulle piccole imprese. Essa va inoltre contro l'obiettivo di armonizzazione nel mercato interno, in quanto l'intenzione è quella di consentire espressamente ulteriori ventisette sistemi nazionali di etichettatura. Vi è quindi bisogno di un'ampia modifica del testo della Commissione.

Questo è ciò che abbiamo cercato di fare. Le informazioni devono essere leggibili. Tuttavia, la dimensione è solo uno dei molti fattori in proposito. Abbiamo bisogno di norme in materia di caratteri tipografici, spessore delle linee, contrasto ecc. Abbiamo bisogno di linee guida vincolanti per la leggibilità. Le informazioni devono essere comparabili e pertanto devono sempre essere riferite ai 100 grammi o ai 100 millilitri, senza che sia possibile dichiarare solo il valore nutritivo per porzione. Così, al momento di fare acquisiti la gente potrà vedere a colpo d'occhio qual è lo yogurt “più leggero”, indipendentemente dalle dimensioni del vasetto.

Le informazioni devono essere comprensibili. É ora infine di sbarazzarsi dei kilojoule che nessuno riesce a capire. Vogliamo concentrarci di nuovo sulle chilocalorie, che è ciò a cui i consumatori sono interessati ed è ciò che essi comprendono. Le dimensioni delle porzioni dichiarate devono riflettere la realtà ed essere realistiche e comprensibili per i consumatori, e se possibile devono essere uniformi in tutta l'Unione europea. Non bisogna permettere che l'informazione tragga in inganno il consumatore sul contenuto dei prodotti o sulla loro origine o la loro reale natura. I surrogati di cibi come i formaggi analoghi e le carni trasformate – costituite da piccoli pezzi premuti insieme – dovrebbero essere etichettate come tali sulla parte anteriore della confezione. I consumatori hanno bisogno di sapere che cosa stanno comprando.

Alla fine, però, i consumatori non si prenderanno più la briga di leggere se noi di fatto sovraccarichiamo la parte anteriore dei prodotti con ulteriori informazioni. Pertanto, propongo che l'unico valore nutrizionale indicato sia il numero di chilocalorie per 100 g. e 100 ml. Allora lo leggeranno: questo è quello che gli interessa e ritengo rappresenti una soluzione realistica.

Penso anche che dovremmo eliminare dall’etichetta i profili nutrizionali. Mi auguro che ciò sia possibile. Questi profili sono superflui perché in ogni caso sono in vigore le nuove regolamentazioni delle etichette con i valori nutrizionali. I profili nutrizionali discriminano gli alimenti di base e i valori limite per sale, zuccheri e grassi sono del tutto arbitrari: sono stati ideati senza alcuna base scientifica di sorta dai funzionari della Commissione.

Il reale obiettivo del regolamento sulle informazioni dei valori nutrizionali e delle proprietà sanitarie degli alimenti è quello di fornire informazioni veritiere per la salute, e per tale motivo non abbiamo bisogno di ulteriori valutazioni dei singoli alimenti o di una loro classificazione in cibi salutari e dannosi. Ciò che conta alla fine sono la dieta e lo stile di vita complessivo. Dovremmo chiederci perché mai attualmente le grandi società alimentari sostengano così accanitamente i profili nutrizionali. É qualcosa su cui dobbiamo davvero interrogarci.

Il cosiddetto sistema a semaforo proposto qui presenta lo stesso tipo di carenze che hanno i profili nutrizionali. Ancora una volta, ci costringe a classificare erratamente i prodotti in buoni o cattivi. I valori limite per i colori sono arbitrari e la larghezza di ciascuna categoria di colore è troppo grande. Vengono discriminati i prodotti alimentari di base, favoriti alimenti imitati e anche i prodotti contenenti ingredienti artificiali, in altre parole quelli che contengono dolcificante al posto dello zucchero, o gli esaltatori di sapidità invece del sale. Il che davvero non può andare nell'interesse dei consumatori.

Il modello GDA (quantità giornaliere consigliate) – il modello dell’industria per l'etichettatura – manifesta evidenti carenze. É incomprensibile, perché contiene troppe cifre. É fuorviante, in quanto descrive solo il fabbisogno giornaliero di una donna di 40 anni e per esempio non fornisce alcuna indicazione di dose giornaliera consigliata per la quantità di zucchero consumato. Per le piccole e medie imprese è difficile applicare il modello GDA. Ancora una volta questo regala alle grandi imprese un vantaggio competitivo. Questa è un'altra buona ragione per cui l'etichettatura GDA non dovrebbe essere resa obbligatoria.

Abbiamo bisogno anche di proteggere la nostra produzione alimentare tradizionale. Solo allora potremo garantire la sopravvivenza delle specialità regionali e la nostra diversità alimentare nell'Unione europea a cui siamo così affezionati. Abbiamo quindi bisogno di un’ampia esenzione dal presente regolamento dei prodotti non preconfezionati, in quanto i prodotti tradizionali sono proprio quelli non standardizzati. Questi produttori possono comunque, per esempio, fornire verbalmente al momento della vendita informazioni sugli allergeni.

Qualche parola poi sull’etichettatura per il paese di origine. La questione è se i consumatori vogliano davvero sapere da dove provengono tutti gli ingredienti nei loro prodotti alimentari, o se non sia di fatto all’opera un programma protezionista. Innanzi tutto vorrei sapere se è fattibile, motivo per cui chiedo un'analisi d'impatto.

Infine, va precisato che l'etichettatura degli alimenti non può mai costituire un manuale per una dieta corretta. Servono campagne di informazione e di educazione su diete equilibrate e stili di vita sani rivolte ai cittadini degli Stati membri.

Non è compito del legislatore far da bambinaia al suo padrone che, in questo caso, è il cittadino. Essa deve fornire assistenza ma i nostri cittadini sono responsabili per sé stessi e non spetta a noi farci carico di tale responsabilità. Infine, vorrei esprimere il mio grande ringraziamento a tutti gli interessati, i relatori ombra, anche se non erano sempre disposti al compromesso, a tutti coloro che mi hanno sostenuto, in particolare il mio ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  John Dalli, membro della Commissione – (EN) Signora Presidente, come ho già detto in precedenti occasioni, il nostro obiettivo è garantire che i consumatori sappiano esattamente cosa stanno comprando e che cosa stanno mangiando, rendendo così più facile di scegliere una dieta per se stessi e le loro famiglie in sintonia con i bisogni, i desideri e gli obiettivi; i cittadini – i consumatori – hanno il diritto a informazioni corrette. Faccio appello ai colleghi perché lo tengano bene in mente durante tutta la discussione.

Prima di passare alla sostanza della proposta, vorrei innanzi tutto ringraziare la relatrice, onorevole Sommer, per aver preparato la relazione, ed anche i relatori ombra. Pur essendo in sintonia con la maggior parte delle sue affermazioni, non posso dire di essere d'accordo con tutti loro. Vorrei anche menzionare l'apporto delle altre commissioni, la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e la commissione agricoltura e sviluppo rurale.

Permettetemi di sottolineare brevemente i più importanti aspetti interessati dalle modifiche proposte.

La questione della etichettatura d'origine obbligatoria è molto importante e necessita di un'accorta valutazione. Infatti vi è una continua richiesta di disposizioni obbligatorie per tali informazioni su alcuni alimenti. La Commissione potrebbe accettare parzialmente la modifica proposta per l'estensione dei casi di etichettatura d'origine obbligatoria. L’etichettatura di origine per i prodotti alimentari primari di base che non hanno subito una trasformazione sostanziale e sono generalmente considerati prodotti a unico ingrediente poteva rappresentare una soluzione pragmatica. Tuttavia, data la complessità della materia, l'applicazione di qualsiasi etichettatura obbligatoria dovrebbe essere subordinata all'entrata in vigore delle misure delegate e basarsi su valutazioni d'impatto.

La leggibilità è una questione importante e una delle principali lamentele espresse dai consumatori. Si tratta di una fondamentale dimostrazione del fatto che stiamo mettendo i consumatori al primo posto nella discussione e mi auguro che gli onorevoli deputati possano appoggiare l'idea di una dimensione minima dei caratteri di stampa. É quindi deplorevole che gli emendamenti presentati pregiudichino l'obiettivo di disporre di criteri misurabili come base per l'attuazione.

Condivido le preoccupazioni dei deputati sugli alimenti imitati. Sono quindi lieto di vedere che il Parlamento ha avanzato un emendamento che contiene una disposizione volta a vietare espressamente simili pratiche ingannevoli. Tuttavia, l'introduzione di una definizione e di una denominazione specifica di tali prodotti potrebbe dar luogo a difficoltà di natura legale, e quindi dobbiamo di trovare delle denominazioni che forniscano al consumatore informazioni corrette e inequivocabili. Sono anche lieto di constatare l'ampio sostegno all’etichettatura nutrizionale obbligatoria sul fronte della confezione e l'approvazione di regimi volontari da parte degli Stati membri.

Il principio che i consumatori devono sapere cosa mangiano non dovrebbe essere applicato solo ai prodotti alimentari preconfezionati, ma anche ai prodotti alimentari che si acquistano sfusi o consumati negli esercizi di ristorazione. Non sono quindi favorevole a emendamenti che limiterebbero la portata del progetto di regolamentazione. Ciò detto, sono disponibile a cambiare il testo relativo agli alimenti non preconfezionati in modo che siano vincolanti solo le informazioni sugli allergeni, mentre gli Stati membri potrebbero decidere in merito ad ulteriori requisiti obbligatori per tali alimenti.

Riguardo alla proposta di un'etichettatura obbligatoria dei nano-ingredienti, sono lieto di accogliere l'emendamento in linea di principio, anche se è necessario elaborare una definizione adeguata.

Infine, sulla questione dei profili nutrizionali, vorrei precisare che non posso accettare gli emendamenti volti a cancellare o a modificare l'articolo 4 nel modo proposto, in quanto tale disposizione pregiudicherebbe la regolamentazione esistente in materia di indicazioni sugli alimenti. Siamo tutti consapevoli del fatto che molte indicazioni sono fuorvianti per il consumatore, alcune perché non sono giustificate, altre perché non danno un quadro completo dell’alimento e ne evidenziano solo gli aspetti positivi. Va inoltre rilevato che le indicazioni sono utilizzate su esclusiva iniziativa del produttore allo scopo di vendere più merce. Noi non imponiamo a nessuno i profili nutrizionali. Insistiamo sui profili nutrizionali nei casi in cui i produttori scelgono di commercializzare i propri prodotti sulla base delle indicazioni, in modo che i consumatori possano avere informazioni equilibrate sugli alimenti.

La definizione dei profili nutrizionali non vieta o limita in alcun modo i prodotti alimentari che i produttori possono produrre. I produttori alimentari possono continuare a produrre in qualunque modo vogliano. Tuttavia è ingiusto per i nostri consumatori e per i cittadini permette che siano fornite indicazioni che possano essere ingannevoli. Per me la questione è fornire ai nostri cittadini informazioni oneste e complete sui prodotti che consumano. Non dimentichiamo che la regolamentazione delle indicazioni è stata adottata in seguito ad un approfondito dibattito tra le istituzioni. I principi fondamentali del regolamento restano validi e pertinenti. Ciò detto, sto cercando con mente aperta una definizione di profili nutrizionali e sono pronto a prendere in considerazione positivamente talune esenzioni riferite a prodotti tradizionali e di base con un importante ruolo nutrizionale.

Su questa base, vi esorto a sostenere gli sforzi della Commissione per assicurarci una base significativa per proteggere i consumatori e promuovere l'innovazione nel settore alimentare.

Grazie per la vostra attenzione. Spero che ora avremo una discussione interessante e mi aspetto di ascoltare le vostre opinioni.

 
  
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  Christel Schaldemose, relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (DA) Signora Presidente, la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha formulato un parere in merito alla relazione dell'onorevole Sommer sull'etichettatura dei prodotti alimentari. Nel nostro lavoro in commissione abbiamo considerato fondamentale garantire che i consumatori ricevano gli strumenti giusti per poter operare scelte sane e corrette in materia di alimentazione. Così, in commissione abbiamo concordato sul fatto che cibi con etichettature fuorvianti per i consumatori sono assolutamente inaccettabili. La commissione concorda anche che i consumatori devono essere informati in modo chiaro attraverso un’etichettatura corretta. Certo, pensiamo anche che le regole debbano consentire al mercato interno di funzionare nel miglior modo possibile. Siamo quindi d'accordo sui principi fondamentali. Ma scendendo nello specifico, come cioè tutto questo debba essere attuato, la commissione non ha raggiunto un livello particolarmente elevato di accordo, e lo stesso grado di disaccordo potrebbe esserci anche in seno alla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Questo dimostra che si tratta di un problema complesso. Quindi in realtà vorrei in primo luogo sollecitare la relatrice a ricordare che queste informazioni alimentari sono destinate principalmente a essere uno strumento per il consumatore e non uno strumento di commercializzazione per le imprese.

 
  
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  Marc Tarabella, relatore per parere della commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale. - (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sono piuttosto adirato qui davanti a voi, perché mi accingo a concentrarmi sull’emendamento 101, relativo al paese d'origine o al luogo di provenienza.

A nome del mio gruppo sull'emendamento è stata presentata una votazione per pari separate al fine di distinguere chiaramente tra i due aspetti, dal momento che non hanno lo stesso significato. In breve: il paese di origine è il paese nel quale il prodotto alimentare è stato trasformato in fase finale, mentre il luogo di provenienza è chiaramente il luogo di origine degli ingredienti di base, in particolare frutta e verdura, come l’onorevole Dalli ha fatto notare.

Ora, ciò che è particolarmente grave è il fatto che i servizi del Parlamento hanno respinto la votazione per parti separate sull'emendamento e non sono in grado di dirmi quale norma del regolamento di procedura consenta loro di farlo. Mi è anche stato detto che questa è una procedura standard. Quindi ciò è molto grave perché ovviamente questa decisione – a mio parere arbitraria – influenza la sostanza della decisione.

Signora Presidente, le chiedo di parlare con i servizi a mio nome al fine di denunciare questa decisione arbitraria e di garantire che, entro le prossime 24 ore, i servizi la riconsiderino e accettino questo giusto emendamento.

 
  
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  Peter Liese , a nome del gruppo PPE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto, vorrei esprimere i miei sinceri ringraziamenti all'onorevole Sommer per il faticoso lavoro da lei svolto. É stata fatta oggetto di immeritate critiche prive di fondamento.

Ciò oscura anche il fatto che vi sono molte questioni su cui siamo d'accordo. Tutti vogliamo una migliore etichettatura dei prodotti alimentari imitati. Il formaggio è fatto di latte, e se invece contiene qualcos’altro allora deve essere etichettato come surrogato sulla parte anteriore della confezione. Tutti vogliamo anche un’etichettatura nutrizionale vincolante. Ancora non ne disponiamo. É qualcosa che tutti noi vogliamo. Tutti noi vogliamo anche che sia presentata in una forma comprensibile per i consumatori.

A questo proposito, permettetemi di raccontarvi una barzelletta che circola in Germania, e forse anche in alcuni altri paesi: “Come si chiamano quei piccoli animali che vi restringono i vestiti mentre sono nell’armadio? Calorie.” Nessuno, in nessuna parte dell’Europa, avrebbe raccontato questa barzelletta utilizzando il “kilojoule”. Il kilojoule come unità di misura non ha popolarità. Confonde la gente e quindi noi non dobbiamo prevederlo come informazione obbligatoria. É la caloria l'unità che i consumatori informati utilizzano nei propri calcoli. Vi è quindi un sensibile accordo. Vi sono anche delle differenze, per esempio sulla questione dei profili nutrizionali. Il nostro gruppo auspica che questi vengano eliminati, o che almeno sia chiarito che gli alimenti di base ne saranno esenti.

Si è discusso animatamente di sale nel pane, di formaggio francese e di cose simili. Vorrei ringraziare il Commissario Dalli e il Presidente Barroso per aver tentato di fornire un chiarimento su tali questioni. Ma non vi è tuttavia alcuna decisione collegiale, e invece ne abbiamo bisogno per chiarire l’aspetto una volta per tutte. Vi chiedo di sostenere gli emendamenti presentati in questo campo dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano).

 
  
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  Glenis Willmott, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signora Presidente, questa proposta è risultata molto controversa ed è estremamente complessa. In qualità di relatore ombra per il mio gruppo, i miei principi guida sono stati le domande: quali informazioni vogliono i consumatori al momento dell'acquisto di cibi per le loro famiglie, e come possiamo fornire meglio queste informazioni?

Il nostro continente affronta un'epidemia di obesità su una scala mai vista prima. Stiamo mangiando troppi grassi, zuccheri e sale, e ciò contribuisce alle patologie cardiache, al diabete, all’aumento del rischio di cancro, di ictus, di malattie del fegato e anche di depressione. Naturalmente, limitarsi a garantire che i consumatori possano facilmente identificare il contenuto nutrizionale del cibo non è una soluzione magica, però permetterà ai consumatori di essere più consapevoli dei cibi che acquistano, di confrontare i prodotti e di individuare a colpo d'occhio l'opzione più sana prendendo quindi il controllo di ciò che mangiano.

Per fare ciò propongo di usare un sistema di codifica basato sui colori, non per esprimere un giudizio sul prodotto nel suo complesso ma per informare i consumatori se il prodotto acquistato è a basso, medio o alto contenuto di sale, grassi e zuccheri. Questo si applicherebbe solo agli alimenti complessi trasformati, come i pasti pronti da mangiare, i cereali da colazione e tutti quei cibi prodotti su scala industriale del cui contenuto nutrizionale – spesso scarso – i consumatori sono spesso inconsapevoli o disinformati.

Vorrei sottolineare che non si applica invece al pane tedesco. Non si applica al burro o al formaggio o al succo di mela oppure all'alcool. Ho inviato un’email a ogni deputato con maggiori informazioni e dunque per cortesia, prima di farvi un’opinione, leggetela in modo da sapere esattamente ciò che viene proposto anziché ascoltare le attività di ingannevole lobbismo industriale o argomenti viziati da parte di alcuni settori di questo Parlamento.

Invito inoltre i colleghi a sostenere l'etichettatura obbligatoria del paese di origine. É chiaro che i consumatori stanno diventando sempre più consapevoli della provenienza del cibo che mangiano e vogliono un'onesta etichettatura degli alimenti. Naturalmente ciò non sempre sarà possibile. Tuttavia è chiaro che l’origine agricola di singoli prodotti dovrebbe essere disponibile per i consumatori, e questo è fattibile al 100 per cento. É già in vigore per le carni bovine, per il pesce, la frutta fresca e la verdura. Per gli ingredienti di prodotti trasformati ciò è ovviamente più complesso, ed ecco perché viene proposta solo per carne, pollame e pesce contenuti negli alimenti trasformati.

In conclusione, si discute molto in questo Parlamento sull'importanza della scelta del consumatore e la prevenzione della salute pubblica. Ora abbiamo la possibilità di dimostrare che facciamo sul serio. Onorevoli colleghi, i fatti contano più delle parole. Vi prego di sostenere le mie proposte.

 
  
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  Gerben-Jan Gerbrandy, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, desidero ringraziare il Commissario per la dichiarazione fatta all'inizio di questa discussione, e anche l'onorevole Sommer per lavoro svolto in qualità di relatrice. Ho l'impressione, dopo quasi un anno in questo Parlamento, che crediamo di poter cambiare il comportamento di milioni di europei solo con un semplice tratto di legge.

La stessa idea pervade questa regolamentazione. Invece dobbiamo renderci conto che niente è difficile come cambiare il comportamento delle persone, in particolare quando si parla di 500 milioni di cittadini. Pertanto, la nostra influenza sul loro comportamento ultimo attraverso l'etichettatura sarà limitata. Questo non significa che respingo completamente la presente regolamentazione avanzando delle riserve – assolutamente no – ma dobbiamo essere realistici riguardo alla forza di questo strumento.

Dobbiamo renderci conto che i consumatori hanno diritto alle informazioni. Inoltre, qualunque sia l'esito di questa discussione, i consumatori potranno ottenere molte più informazioni dopo la seconda lettura. A più lungo termine, d'altro canto, dobbiamo investire di più nell'istruzione, partendo dal basso per educare la gente a uno stile di vita sano.

Un altro punto in discussione in Parlamento riguarda gli obiettivi fondamentali di questa direttiva. Siamo costringendo le persone a compiere una scelta sana di prodotti alimentari o stiamo dando loro la possibilità di decidere da soli quali alimenti scegliere? Noi gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa riteniamo che le persone debbano ricevere le informazioni e che siano capaci di operare le proprie scelte.

Infine, dobbiamo essere sicuri di trovare un equilibrio riguardo alla quantità di informazioni fornite alle persone, poiché il troppo o il troppo poco non funzionerà mai. Credo che siamo intrinsecamente sulla strada giusta. Confidiamo che le persone che possono votare per noi siano anche sufficientemente in grado di scegliere il giusto prodotto alimentare nei negozi se viene fornito con le appropriate informazioni.

 
  
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  Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) Signora Presidente, il potere che i consumatori possiedono si basa sulle informazioni che ricevono. Se non costringiamo le imprese a fornire informazioni corrette, i consumatori non le riceveranno e poi il tutto il mercato interno crollerà. Non possiamo stabilire a livello centrale quali informazioni siano importanti per un particolare consumatore. I consumatori hanno esigenze diverse e dobbiamo cercare di soddisfarne il maggior numero possibile.

Se siamo riluttanti a mettere in guardia i consumatori circa l’elevato contenuto calorico, il sale, i grassi e così via, corriamo il rischio di fare il gioco dell'industria. Avere un sistema di codifica tramite colori per il contenuto nutritivo non è più bizzarro che avvertire i consumatori quando acquistano una vettura che ha un elevato consumo energetico o un frigorifero ad alto dispendio energetico.

Non dobbiamo rinviare il marchio di origine per realizzare degli studi: dobbiamo attuarlo subito. Gli animali e coloro che vogliono proteggere il benessere degli animali non possono aspettare fino a quando saranno disponibili informazioni se gli animali siano trasportati vivi ai macelli dopo aver percorso lunghe distanze.

Né dobbiamo fare il gioco dell'industria dell'alcol. I produttori di alcol chiedono continuamente di essere trattati allo stesso modo delle regolari imprese alimentari, ma ora che stiamo per regolamentare i cibi non vogliono più essere inclusi. Questo è vergognoso. Molti consumatori non sanno che l'alcol ha un alto contenuto calorico e che, per esempio, un bicchiere di vino bianco contiene il doppio di calorie rispetto a una quantità analoga di una bevanda analcolica.

Quando si tratta di profili nutrizionali, ho una visione completamente diversa da quella dell’onorevole Sommer. I profili riducono la possibilità delle imprese di descrivere come benefici prodotti che non lo sono. Il sistema prevede limiti e riduce la possibilità della falsa commercializzazione. Sono assolutamente d'accordo con la Commissione su questo tema.

Infine, vorrei menzionare un paio di problemi minori. Abbiamo detto “no” alla trombina sin dall’inizio. Ci sono altri prodotti analoghi presenti sul mercato, e l’onorevole Sommer e io abbiamo presentato emendamenti che sono destinati a fornire una descrizione corretta di questi prodotti. Spero che siano sostenuti. Al momento si possono vendere sul mercato salsicce che contengono grandi quantità di tessuti connettivi e di grasso, ma che vengono comunque denominati “carne”. Ora abbiamo la possibilità di colmare questa lacuna. Con riferimento ai prodotti a base di uova e ad altri prodotti di origine animale, potremmo etichettarli secondo il sistema che già si applica alle uova: in altre parole, un sistema che indica le condizioni in cui gli animali sono stati allevati. Questo sarebbe un passo nella giusta direzione.

 
  
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  Struan Stevenson, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signora Presidente, uno degli articoli più controversi in questo dibattito è stato l'etichettatura del paese d'origine. Sono fermamente convinto che i consumatori abbiano il diritto di conoscere l'origine dei prodotti alimentari che acquistano e, in particolare nel caso della carne, se è stata prodotta con elevati standard di benessere e gli animali non sono stati trasportati da grandi distanze prima della macellazione. Ma la provenienza delle materie prime nei prodotti alimentari trasformati è irreversibilmente complessa, poiché gli ingredienti vengono scelti sulla base del prezzo, della qualità e della disponibilità e in un unico stabilimento di trasformazione di carne i paesi di origine possono cambiare di giorno in giorno e anche di ora in ora.

L'adeguamento costante delle etichette comporterebbe costi elevati e creerebbe una sempre crescente quantità di rifiuti a causa delle confezioni. Questi costi supplementari finirebbero per essere trasferiti al consumatore. Ecco perché ritengo che la possibilità di norme vincolanti di etichettatura debba essere preventivamente sottoposta a una valutazione d'impatto e sono lieto che il Commissario Dalli abbia affermato di essere d’accordo.

Ma mentre il dibattito si concentra sulle materie prime o sugli ingredienti dei prodotti alimentari, non riguarda l'origine del prodotto finale. Ciò è particolarmente importante per prodotti specifici come il whisky. É ancora possibile far passare whisky di bassa qualità provenienti da paesi come India, Cina e Giappone come prodotti genuini recando foto, immagini o nomi sulle loro etichette che ricordano i paesi produttori di whisky tradizionali dell’Unione europea, al fine di aumentare il proprio vantaggio competitivo e di trarre in inganno il consumatore. Dobbiamo stare in guardia a questo proposito e io vi esorto a sostenere l'emendamento 254.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Ancora una volta la questione è se l'Europa opta per l'industria alimentare o per il consumatore. Domani, dovrete fare una scelta di campo: sarete in favore di un chiaro sistema di codifica a colori per le etichette alimentari o riporrete la vostra fiducia nell’industria? La scelta politica è semplice per quanto mi riguarda. Se desiderate salvaguardare gli interessi commerciali, sosterrete le idee del settore alimentare. Se vorrete un’etichetta che avete contribuito a scegliere per indicare l’alto, medio o basso contenuto di zuccheri, sale o grassi, allora voterete per un sistema di codifica basato sui colori.

Il 60 per cento dei vostri elettori sono in sovrappeso, come lo sono il 25 per cento dei nostri bambini. Il 25 per cento delle persone hanno difficoltà di lettura. Perché tutti ritengono normale un codice basato sui colori per le etichette energetiche di abitazioni, automobili o prodotti elettronici, per esempio, ma lo ritengono paternalistico sui prodotti alimentari? Gli esperti di nutrizione e le organizzazioni dei consumatori consigliano un semplice sistema di codifica basato sui colori per rendere comprensibili le etichette degli alimenti e per agevolare le persone nelle proprie scelte. Io sostengo la stessa cosa.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. PITTELLA
Vicepresidente

 
  
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  Giancarlo Scottà, a nome del gruppo EFD. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati a votare una proposta di relazione sull'informazione ai consumatori, ma ci siamo veramente chiesti che cosa vogliono i consumatori? Sono considerazioni prese al chiuso delle aule parlamentari o riflettono gli interessi dei consumatori?

L'ultimo sondaggio indetto dalla Commissione può non essere rappresentativo dell'attenzione che i consumatori hanno sviluppato in questi ultimi anni nei confronti delle informazioni sui prodotti alimentari per cui optano. Non solo l'origine, ma anche la composizione e altre caratteristiche diventano fondamentali per la scelta. Siamo consapevoli che le scelte che noi oggi prendiamo influenzeranno gli acquisti di domani? Non dovrebbero essere i consumatori a determinare il mercato? Perché non si cerca di capire, attraverso un nuovo sondaggio o mantenendo un dialogo costante e diretto con i consumatori, quello che essi realmente vogliono?

Noi dobbiamo rappresentare al meglio i consumatori. Siamo qui per questo e dagli incontri avuti ho riscontrato il loro desiderio di maggiore coinvolgimento. I consumatori non si aspettano che si complichino le modalità di acquisto inserendo sull'etichetta informazioni inutili, ma di certo neppure scelte troppo semplicistiche e fuorvianti come quelle del semaforo, che rischiano di dare informazioni devianti e non basilari per una scelta consapevole senza rispondere alle loro esigenze. Il nostro approccio non deve essere paternalistico ma aperto al dialogo.

 
  
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  Csanád Szegedi (NI). (HU) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Jobbik (movimento per un’Ungheria migliore) ritiene che la fornitura di informazioni adeguate ai consumatori sia di importanza vitale. Sosteniamo l'indicazione obbligatoria del luogo di origine e crediamo anche che debba essere possibile ritenere responsabile per il mancato rispetto delle norme non solo il produttore, ma anche il distributore. Oltre ai dati numerici, che sono spesso di difficile interpretazione, riteniamo sia necessario introdurre un uniforme codice basato sui colori che contraddistingua gli alimenti sani rispetto a quelli dannosi. Tuttavia, questo non è sufficiente per far guadagnare terreno agli alimenti sani. Va detto che le multinazionali sono responsabili della diffusione in tutta Europa di questi prodotti di scarsa qualità che loro chiamano “prodotti alimentari”.

Va detto che Cora, Tesco, Auchan, Metro e simili sono responsabili di aver inondato il mercato ungherese con la spazzatura che chiamano cibo. Perché mai sono necessari sul mercato ungherese l’aglio cinese, le pesche cinesi, il pollo surgelato brasiliano e gli alimenti per bambini cancerogeni slovacchi? Jobbik è fermamente convinto che debbano essere sostenuti i piccoli agricoltori e le aziende agricole biologiche, non le imprese multinazionali. Ciò fornirà la soluzione al problema di avere sul mercato alimenti salutari.

 
  
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  Pilar Ayuso (PPE)(ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questo regolamento è di fondamentale importanza per i consumatori e per l'industria agro-alimentare, in quanto non è affatto facile raggiungere un’etichettatura equilibrata che includa tutte le informazioni essenziali ma non così tante da renderla complicata.

Questa è una relazione eccellente e la relatrice va ringraziata. Sono d'accordo con lei sui principali temi riguardanti le informazioni nutrizionali e la controversa questione dei profili, soprattutto se si tiene presente che la Commissione ha omesso di ottemperare il proprio impegno di cui al regolamento (CE) n. 1924/2006, di stabilire tali profili – così come le condizioni per il loro uso – prima del 19 gennaio.

Una questione che mi preoccupa è la possibilità che coesistano nello stesso momento le norme nazionali in materia di etichettatura: questo è in contrasto con la finalità della normativa, che è l'armonizzazione e la rimozione del maggior numero possibile di ostacoli al funzionamento di un vero mercato unico.

Per quanto riguarda l'indicazione del paese d'origine, ai sensi della legislazione attuale questa informazione deve essere fornita quando in caso contrario il consumatore potrebbero essere fuorviato. È inoltre prevista sempre come etichettatura volontaria. Andare oltre può comportare un costo finanziario e amministrativo per le imprese, senza portare al consumatore alcun vantaggio chiaro e significativo.

Nel caso dell’utilizzo di lingue diverse, devo dire che la proposta della Commissione si armonizza con la direttiva in vigore, che ha funzionato bene e non ha causato problemi. Riaprire questa discussione potrebbe essere pericoloso e inutile, e potrebbe causare problemi alla circolazione dei prodotti.

 
  
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  Nessa Childers (S&D). – (EN) Signor Presidente, oltre il 60 per cento degli adulti irlandesi sono sovrappeso o obesi, e dati analoghi possono essere riscontrati in tutta Europa. Questa regolamentazione ci aiuterà a contrastare non solo questa crisi di obesità, ma anche altri problemi di salute come il diabete, l’ictus e le malattie cardiache. Purtroppo l'attuale sistema di etichettatura GDA sviluppato dall’industria è complesso, forse fuorviante e in genere viene frainteso.

L’etichettatura dei prodotti alimentari basata sui colori è un sistema semplice, universalmente comprensibile e trasparente, che molti gruppi di tutela della salute dei consumatori e produttori alimentari consapevoli della salute hanno già volontariamente adottato con successo. Credo anche che i produttori di alcol dovrebbe etichettare in modo simile i propri prodotti per quanto riguarda le calorie e lo zucchero. Nessuno mi ha ancora fornito una buona ragione per cui l’alcol dovrebbe essere escluso.

Sappiamo tutti che vi sono state forti pressioni dell'industria su questa parte di legislazione. Esorto i colleghi a resistere a queste pressioni e a prendere una posizione in difesa della salute, sostenendo nel voto di domani l’etichettatura basata sui colori e quella dell'alcool.

 
  
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  Corinne Lepage (ALDE).(FR) Signor Presidente, il mio intervento si concentrerà sul problema della codifica dei colori. Ci viene detto che “è complicato”. Questo non è vero: rende invece le cose più facili. Ci viene detto che “si tratta di un divieto”. Non è un divieto, ma è in realtà una forma di informazione. Ci viene detto che “tratta i consumatori come bambini”, ma in tal caso, ci dovrebbero anche dire, signor Presidente, perché è le associazioni dei consumatori esigono proprio questa codifica basata sui colori.

Dobbiamo essere chiari e fermare tutte queste ipocrisie e finzioni. Qui in realtà dobbiamo fare una scelta tra tutelare la salute pubblica e il consumatore o inchinarci alle richieste delle lobby, che, oltretutto, sono richieste molto a breve scadenza perché senza questa etichettatura sono rilevanti solo a brevissimo termine.

Per quanto mi riguarda, per quanto ci riguarda, la scelta dovrebbe essere chiara. É assolutamente chiaro che siamo a favore di questa informazione per i consumatori, un’informazione che in Europa chiedono anche la sicurezza sociale e le autorità sanitarie proprio perché è un mezzo per combattere l'obesità e un vario numero di malattie.

Cerchiamo quindi di non cedere! Dobbiamo essere ben consapevoli dei motivi per cui siamo qui, i motivi per cui siamo stati eletti. Siamo qui per difendere i nostri concittadini.

 
  
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  Satu Hassi (Verts/ALE).(FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, se siamo quello che mangiamo, siamo costantemente diventando dei prodotti industriali. Questo è legato al fatto che per le persone sta diventando normale essere sovrappeso, con la conseguenza che il diabete di tipo 2 e le patologie cardiovascolari stanno diventando anch’essi normali.

La confezione degli alimenti deve fornire informazioni chiare e veritiere sul proprio contenuto. La più chiara indicazione delle sua proprietà favorevoli alla salute generale sarebbe il modello basato sui colori che anche un bambino capisce a colpo d'occhio. Se non raggiungiamo questo obiettivo a livello dell’Unione europea lo si dovrebbe almeno permettere a livello nazionale.

Vorrei anche attirare l'attenzione sulla questione degli acidi grassi trans. La commissione è favorevole all'etichettatura obbligatoria degli acidi grassi trans industriali, e mi auguro che il Parlamento nel suo insieme ne seguirà l'esempio. Essa ha commissionato una sintesi che elabori gli studi sugli effetti sulla salute degli acidi grassi trans. Secondo tale sintesi, ci sono prove così rilevanti dei loro effetti nocivi che l'opzione più ovvia sarebbe quella di vietare gli acidi grassi trans industriali, come ha fatto la Danimarca. Per lo meno, dovrebbero comparire sulle etichette delle confezioni per permetterci di sapere che cosa stiamo comprando, quando, per esempio, acquistiamo biscotti, cioccolata, patatine fritte o gelato.

 
  
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  James Nicholson (ECR). – Signor Presidente, prima di tutto, accolgo con favore la relazione e desidero congratularmi con la relatrice. Vi si è dedicata per per molto tempo ed ha sicuramente dimostrato di essere una relatrice molto capace.

Vorrei fare un’affermazione molto chiara. Sono totalmente a favore di un'etichettatura di origine, ma penso che dobbiamo essere molto chiari su cosa intendiamo per etichettatura di origine. Dobbiamo garantire prima di tutto che la gente – i consumatori – sappia da dove vengono i prodotti. Poi il consumatore deve anche sapere molto chiaramente come è stato preparato il cibo o come sia arrivato dove si trova. Concordo su questo con la relatrice e penso che qui corriamo il pericolo di spingerci troppo lontano troppo presto.

Questo è un processo, una prima lettura. Cerchiamo di essere molto onesti al proposito poiché avremo modo di tornarci sopra ancora molte volte. Voglio che si proceda con una certa cautela, ma cerchiamo di farlo bene. Non voglio che in Europa discipliniamo eccessivamente fino a trovarci in una posizione in cui anche noi non sapremo più da dove veniamo. Corriamo il grande pericolo di un eccesso di regolamentazione che ci spinga fuori dal mercato. Dobbiamo controllare questo e farlo bene, e sono totalmente a favore. Penso che dovremmo usare il tempo che intercorre tra la prima e la seconda lettura per una valutazione d’impatto sul costo e gli effetti, perché a lungo termine è di questo che abbiamo bisogno.

 
  
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  Diane Dodds (NI). – (EN) Signor Presidente, io non credo che nessuno in questo Parlamento metta in discussione il fatto che i consumatori vogliono e hanno bisogno di sicurezza, di alimenti sani e tracciabili, e nessuno può sostenere che non c'è bisogno di un’etichettatura accurata e onesta dei prodotti alimentari. Tuttavia, dobbiamo stare attenti a non creare un eccesso di informazioni in qualsiasi sistema di etichettatura. Troppe informazioni incomprensibili porteranno i consumatori a ignorare le informazioni essenziali e a prestare attenzione alle informazioni che non hanno alcun valore reale. Pertanto, la semplicità e le informazioni utili dovrebbero essere i criteri chiave di un sistema di etichettatura.

Al pari dei miei colleghi, sostengo l'etichettatura del paese d’origine. Ritengo sia importante sapere da dove proviene il nostro cibo. Le industrie, le comunità dell’agricoltura e della pesca che sono rappresentate in questo parlamento producono alimenti soggetti a una rigorosa regolamentazione eppure, per esempio, il 60 per cento del pesce che mangiamo viene importato nell'Unione europea e nella maggior parte dei casi non è allevato con la stessa rigorosa cura ambientale e con gli stessi regimi normativi. Dobbiamo fare in modo che i nostri sistemi creino campi d’azione di livello per le nostre comunità e le nostre industrie.

In Irlanda del Nord, l'industria agro-alimentare è estremamente importante e vorrei nuovamente chiedervi di non penalizzare l'industria con inutili scartoffie e burocrazia.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei sottolineare due punti particolari. Il primo riguarda i profili nutrizionali. Io sono contro la loro soppressione poiché vi ricordo che sono stati elaborati con il solo scopo di determinare se un prodotto alimentare può essere contrassegnato come salutare. L'obiettivo infatti è quello di evitare che i consumatori siano indotti in errore dall’indicazione di “prodotto salutare” a volte apposta su prodotti alimentari molto ricchi di grassi, sale e zucchero. Vi chiedo quindi di respingere l'emendamento inteso a eliminare i profili nutrizionali, profili che, mi permetto di aggiungere, abbiamo approvato nel 2006.

Vorrei inoltre richiamare la vostra attenzione sul rischio insito nell’emendamento 205, che prevede l'etichettatura delle carni ottenute da animali macellati ritualmente. Il pericolo è quello di stigmatizzare alcuni gruppi religiosi perché l'etichettatura di questo tipo creerebbe una sfiducia infondata presso alcuni consumatori. Ricordo che alcune carni che sono del tutto adatte al consumo vengono vendute sul mercato ordinario in quanto non possono essere consumate dai credenti per motivi religiosi. Per di più, questa carne proviene da macelli certificati che soddisfano pienamente i criteri sanitari.

Le conseguenze economiche sarebbero quindi molto significative, la sopravvivenza di un certo numero di mattatoi rituali sarebbe in pericolo e ciò metterebbe a repentaglio il sostentamento dei piccoli agricoltori locali. Quello di cui ritengo abbiamo bisogno è una buona dose di senso comune in materia di etichettatura affinché i consumatori ricevano le giuste informazioni. Cosa ancora più importante, però, ritengo che anche il codice basato sui colori avrà l'effetto di produrre una stigmatizzazione. Non credo proprio che per adesso sia la soluzione giusta.

 
  
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  Andres Perello Rodriguez (S&D).(ES) Signor Presidente, i mille emendamenti della commissione che stiamo esaminando in Parlamento sono la migliore dimostrazione della nostra buona volontà. Tuttavia, al pari della buona volontà, credo ci debba essere la praticità nell’etichettatura dei prodotti alimentari, se non vogliamo ottenere l'effetto opposto a quello che che ci proponiamo: in altre parole, confondere i consumatori invece che informarli.

Si tratta di avvertire, non di spiegare. Si tratta di informarli su quello che possono mangiare e in quale quantità. L'etichettatura per grassi, zucchero e acidi grassi trans è necessaria? In effetti lo è. L'etichettatura sulle sostanze che determinano il colesterolo – su tutte le sostanze che influenzano ciò di cui abbiamo parlato, obesità e salute delle persone – è necessaria? Lo è. Tuttavia, anche altri tipi di informazioni, pur potenzialmente molto informative, potrebbero finire per essere confusi nel caso di alcuni prodotti alimentari: ad esempio, il luogo di origine o, nel caso delle carni, dove è nato l’animale, da dove è passato, dove è stato sollevato e dove è stato macellato.

Spetta a noi essere pratici e assicurarci che questa regolamentazione armonizzi e informi i consumatori: in caso contrario, genererà una confusione maggiore e imporrà criteri che, lungi dal conseguire migliori livelli di salute, finiranno per produrre un maggior livello di confusione.

Ecco perché suggerisco che per alcuni prodotti alimentari si opti per una linea guida di quantità giornaliera al posto del sistema basato sui colori perché in tal modo risulterà molto chiaro che, se si mangia una certa quantità o il doppio di un dato prodotto, si ingrasserà e, quindi si dovrebbe mangiarne solo una porzione. Alcuni di noi suggeriscono un quantitativo massimo quotidiano invece di altri tipi di codice che confonderebbero ulteriormente i consumatori.

 
  
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  Chris Davies (ALDE). – (EN) Signor Presidente, che cosa potrebbe esserci di più semplice che stabilire norme per fornire informazioni ai consumatori? Ma interpretazioni e prassi diverse in paesi diversi e interessi commerciali in competizione hanno portato a una notevole complessità.

Personalmente voterò a favore del sistema basato sui colori, dell'etichettatura con indicazione del paese di origine e delle ulteriori informazioni sulle bevande alcoliche, ma l'esperienza passata suggerisce che c’è ancora molto margine di confusione. Nel suo discorso di apertura, il Commissario ha fatto riferimento alla normativa in materia di indicazioni sulla salubrità alimentare. Nella risposta ad una interrogazione parlamentare che mi ha appena consegnato, egli afferma che le aziende hanno avanzato 44 000 richieste per indicazioni di salubrità alimentare. L'Autorità europea per la sicurezza alimentare è completamente sommersa e la Commissione non ha ancora espresso una sola opinione in risposta a tali richieste.

La stessa Commissione sta ora violando il diritto europeo: questo quindi è un gran pasticcio. Forse il Commissario userà il proprio intervento di chiusura per dirci come possiamo tirarcene fuori.

 
  
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  Emma McClarkin (ECR). – (EN) Signor Presidente, il principio di fornire migliori e più numerose informazioni nutrizionali ai consumatori è stato il caposaldo di questa relazione ed è un obiettivo lodevole. Tuttavia durante l’esame della relazione in Parlamento ho ascoltato illuminanti discussioni sulla dimensione dei caratteri tipografici apposti su un pacchetto di gomme da masticare, sul fatto se il pollo sia davvero una carne, o se un barretta Twix debba essere considerata come una o come due porzioni. Abbiamo dimenticato ciò che è importante ed essenziale per il consumatore.

Il sistema di etichettatura basato sui colori semplifica eccessivamente i profili nutrizionali e fa sì che anche le informazioni di base divengano più vaghe e astratte. Questo influenza direttamente le scelte disponibili per i consumatori ed ha un impatto sproporzionatamente negativo sugli alimenti di base. Così come alcuni deputati si sono troppo affrettati nell’esprimere giudizi, anche il sistema basato sui colori fornisce un giudizio troppo sommario per una corretta valutazione dei prodotti alimentari e della complessa composizione nutrizionale degli alimenti: il ruolo di quest’ultima nella dieta non può essere ridotto ai semplici colori di un semaforo.

I consumatori vogliono sapere da dove provengono i cibi e ricevere informazioni essenziali su quello che contengono – soprattutto informazioni sulle sostanze allergeniche – per poter operare la migliore scelta del prodotto alimentare. Ritengo che siano abbastanza intelligenti per farlo. Non vogliono che venga loro imposto quali alimenti possono o non possono mangiare.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE).(PL) Dal punto di vista del mercato comune interno, è di grande importanza il problema dell’armonizzazione dei principi in materia di etichettatura e del reciproco riconoscimento dei prodotti alimentari. Attualmente, la legislazione nazionale integrativa e la legislazione europea in vigore sui prodotti alimentari, che è variamente interpretata dai diversi Stati membri, rappresentano una fonte di difficoltà negli scambi e nei flussi di merci e generano problemi nell’area della concorrenza.

Mi preoccupano le disposizioni concernenti l'obbligo di fornire informazioni sul paese di origine per prodotti di specifiche categorie. A mio parere, questa è l'espressione di atteggiamenti protezionistici degli Stati membri ed è in contrasto con l'idea di un mercato comune che elimini le barriere e le principali difficoltà nel movimento delle merci. Pertanto, tenendo presente il bene dei consumatori, ritengo che le informazioni sul paese di origine dei prodotti alimentari debbano essere fornite su base volontaria e nei casi in cui la mancanza di tali informazioni possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto. Ritengo che tale approccio sia equilibrato sia dal punto di vista del bene dei consumatori, che dell'interesse dei produttori di generi alimentari.

Nel corso della discussione sul regolamento della Commissione e sulla relazione dell'onorevole Sommer è stata più volte sollevata la questione di una dieta equilibrata e delle abitudini alimentari dei cittadini dell’Unione europea. A mio parere, l'etichettatura degli alimenti è solo uno dei molti aspetti dell’informazione rivolta ai consumatori in merito a una sana alimentazione. Può essere utile per estendere le conoscenze della società nel campo della salute, diffuse ad esempio tramite campagne e misure educative, ma non può essere un sostituto a queste conoscenze. Pertanto sono contrario all'introduzione della codifica dei cibi sulla base dei colori, che potrebbe avere conseguenze permanenti per le abitudini alimentari.

In ultima analisi, non possiamo e non dobbiamo introdurre nella nostra società una legislazione sulla base della quale i cittadini non siano responsabili del proprio comportamento e delle scelte che essi operano.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, il compito della politica e il compito del Parlamento europeo dovrebbe essere quello di migliorare ulteriormente la qualità della vita di cui godono i cittadini europei. Il che include un ambiente salutare e comprende anche alimenti sani. Se devo mangiare in modo sano allora, in quanto consumatore, ho bisogno di queste informazioni.

Abbiamo urgente bisogno di un'etichettatura del paese d'origine che sia pratica e obbligatoria, affinché i consumatori possano prendere una decisione consapevole su quali alimenti acquistare da quale regione. D'altra parte però abbiamo ancora bisogno dei profili nutrizionali, perché solo questi possono garantire che i consumatori non siano indotti in errore nel capire se un cibo sia sano e se i suoi ingredienti promuovano davvero la salute e una corretta alimentazione.

Oltre a questo, tuttavia, abbiamo assolutamente bisogno di chiarimenti e di educazione nel campo della nutrizione. Ciò include il consumo di alimenti sani provenienti da un ambiente salutare, nonché la necessaria quantità di esercizio fisico.

 
  
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  Jacek Olgierd Kurski (ECR).(PL) Signor Presidente, non capita tutti i giorni di discutere una normativa che è oggetto di così grande interesse tra i nostri elettori. É un fatto ben noto che un’etichetta comprensibile su un prodotto alimentare influenza le decisioni dei consumatori e incoraggia inoltre i produttori a promuovere il cibo sano.

Una questione emersa durante il processo legislativo e durante la nostra discussione riguarda le informazioni circa l'origine degli alimenti. Le etichette devono indicare il paese di produzione dei prodotti alimentari, anche nel caso degli alimenti trasformati. In questo secondo caso la cosa sarà certamente più difficile, ma mi sembra che l'idea di dare informazioni sull'origine degli ingredienti principali di un prodotto alimentare trasformato rappresenti una buona soluzione.

Altrettanto importante è l'informazione sul contenuto delle bevande alcoliche. Condivido l'opinione che le informazioni sugli ingredienti e i valori nutrizionali delle bevande alcoliche debbano essere indicate sulla confezione. Il consumatore deve sapere se la vodka che sta acquistando è stata distillata a partire dai cereali, dalle patate o magari dalle banane. Nessuno in questo Parlamento mette in questione la necessità di un cambiamento e l'introduzione di una normativa più completa. Mi auguro anche che tutti concordino sul fatto che questo dovrebbe essere un passo verso le aspettative dei consumatori europei, tenendo però anche conto delle capacità delle piccole e medie imprese del settore alimentare.

 
  
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  Paolo Bartolozzi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento europeo è chiamato, come sappiamo, a esprimersi in via definitiva sull'informazione alimentare ai consumatori.

Va subito detto che si è trattato di un percorso legislativo obiettivamente laborioso, lungo e controverso, che non poteva essere abbreviato. Si tratta infatti di armonizzare il diritto comunitario sugli alimenti attraverso normative atte a rendere trasparente l'informazione ai consumatori, evitando di indurli in scelte confuse o potenzialmente nocive anche per la loro salute.

La relazione dell'onorevole Sommer, alla quale va riconosciuto lo sforzo compiuto per sintetizzare molteplici esigenze, ha lo scopo quindi di rimediare a controversi e diversi sistemi informativi vigenti nei paesi dell'Unione. Non è un caso che le normative nazionali a tutt'oggi differiscano nelle denominazioni della natura degli alimenti posti in vendita, ingenerando un sistema diverso da paese a paese e alimentando anche concorrenze sleali a danno dei potenziali consumatori. Si è cercato così, sulla base della proposta della Commissione europea, di dare una veste nuova alla legislazione in atto, coinvolgendo da una parte le industrie alimentari e, dall'altra, i consumatori. Contestualmente, la relazione impegna l'industria alimentare europea a far chiarezza sulle indicazioni obbligatorie, nonché sulle indicazioni e presentazioni dei valori alimentari nutrizionali.

In un mercato globalizzato l'Unione europea non poteva esimersi dall'adeguare, innovandola, la legislazione sui prodotti alimentari, per meglio proteggere anche il commercio degli alimenti e per salvaguardarlo da una sempre più invasiva e selvaggia concorrenza internazionale. Non è nuovo il fatto che si senta più spesso parlare della pericolosità di prodotti alimentari che surrettiziamente recano nomenclature e indicazioni che spesso non rispondono ai requisiti alimentari e che vengono comunque spacciati come alimenti benefici per la salute umana.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE).(PT) Signor Presidente, l'etichettatura dei prodotti alimentari è essenziale per garantire la sicurezza degli alimenti. Sono favorevole alla chiarezza delle informazioni per il consumatore ma allo stesso tempo a una minore burocrazia, alla semplificazione della regolamentazione, a una maggiore certezza giuridica e a una maggiore competitività nel settore alimentare, senza dimenticare le imprese più piccole.

La vendita diretta da parte degli agricoltori – al pari dei prodotti locali e artigianali – non può essere soggetta alle norme della presente regolamentazione. Prodotti come questi garantiscono la nostra diversità e salvaguardano le nostre più profonde tradizioni. I consumatori devono essere informati senza essere messi sotto pressione nelle loro scelte e senza una stigmatizzazione dei nostri prodotti tipici.

La proposta della Commissione è eccessivamente invasiva perché cerca di spingere i consumatori in una certa direzione invece di fornire loro le informazioni. Alcuni vogliono decidere il contenuto dei nostri menù, altri vogliono dirci quali piatti si possono e non si possono mangiare. Vi assicuro che i portoghesi, e in particolare quelli della regione del Minho, non rinunceranno mai a mangiare pica no chão o arroz de cabidela, non rinunceranno mai al caldo verde e al cozido à Portuguesa, accompagnato da buoni dolci locali e da una caraffa di vinho verde tinto.

Accolgo quindi con favore le modifiche, gli adeguamenti e il lavoro svolto dalla relatrice. Sono d'accordo con il suo punto di vista e con la sua relazione, e affermo che i consumatori devono essere consapevoli e ben informati, ma che dovrebbe essere lasciata solo a loro la responsabilità di decidere cosa mangiare.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signor Presidente, stiamo parlando di informazioni alimentari per i consumatori. In qualità di membri di questo Parlamento riceviamo informazioni su molte cose e non è tanto l'informazione ma quello che ne facciamo ad essere fondamentale.

Voglio soffermarmi su due punti specifici di questa relazione. Uno è il paese di origine. Abbiamo l’etichettatura del paese d'origine per le carni di manzo. Forse l'Unione europea non avrebbe scelto di averla ma una crisi ci ha costretto a farlo. Sembra aver funzionato molto efficacemente e molto bene. Sono favorevole all'idea che – in particolare per quanto riguarda prodotti a base di carne – vi sia la necessità di indicare ai consumatori il paese di origine, in modo che sappiano da dove provengono i loro alimenti.

Passo adesso al secondo punto, il problema per cui darei una “luce gialla”. Ho letto – e anzi ringrazio coloro che mi hanno fornito le informazioni – di sistemi a base di colori e di quantità minime giornaliere, e ho cercato di analizzare tali informazioni con estrema attenzione. Debbo fare un certo numero di osservazioni. Abbiamo avvertenze sanitarie sui pacchetti di sigarette. Io non fumo, credo che gli avvertimenti siano perfetti e io non fumerò. Chi fuma continua a farlo nonostante tutti gli allarmanti avvertimenti riportati sulle etichette. Posso sottolineare che le etichette non vi faranno dimagrire. Le etichette non ridurranno l'obesità. Su questo problema abbiamo bisogno di una discussione molto più approfondita. Dovremmo vietare ascensori e macchine in modo da incentivare l’esercizio fisico, ma difficilmente potremmo intraprendere questo particolare percorso.

Mi fa piacere che questa sia una prima lettura. Penso che i problemi siano troppo complessi per poterli risolvere in questa fase. Abbiamo bisogno di un dibattito più approfondito, e di discutere e trovare qualcosa che corrisponda al miglior interesse dell’argomento cui si riferisce il titolo della relazione: “informazioni alimentari ai consumatori”.

 
  
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  Herbert Dorfmann (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare il relatore. Un’efficace etichettatura dei prodotti alimentari è davvero molto importante. I consumatori devono sapere cosa mangiano e devono poterlo scoprire nel breve lasso di tempo che trascorrono al supermercato per fare la spesa. Ma le informazioni devono essere fornite in modo tale che per comprenderle non ci sia bisogno di una laurea in scienze dell'alimentazione. Dopo tutto, il target di riferimento di questa informazione è molto diverso: non sono certo coloro che già hanno una conoscenza eccellente di quanto sono salutari i diversi alimenti.

Considero di particolare importanza un settore, quello degli alimenti prodotti tradizionalmente, soprattutto i prodotti trasformati e commercializzati direttamente dall'agricoltore. I contenuti di questi prodotti spesso non sono standardizzati – penso ad esempio alle marmellate e ai succhi di frutta – e, molto semplicemente, non è possibile fornire informazioni sul contenuto di zuccheri o il preciso preciso tenore calorico.

Negli ultimi anni abbiamo fatto molto per ridurre la distanza che intercorre tra agricoltore e consumatore, e oggi fattori come la vita in fattoria, i “mercati del contadino” e così via sono molto importanti soprattutto per l'immagine degli agricoltori e dell'agricoltura. Abbiamo anche impiegato fondi europei per promuovere tali fattori nell’ambito del nostro programma per lo sviluppo rurale. Inoltre, in tali vendite c'è spesso un rapporto diretto tra l'agricoltore e l'acquirente, cosa che è spesso più importante delle informazioni sulle etichette. Di conseguenza, onorevoli colleghi, vi esorto a sostenere gli emendamenti che mirano a trovare una soluzione ragionevole per questa categoria di prodotti.

 
  
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  Richard Seeber (PPE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, non vi è dubbio che vi siano problemi di salute nell'Unione europea, né vi è alcun dubbio che gli interessi dei consumatori debbano avere la priorità o che il cibo sia differente dagli altri prodotti, in quanto è qualcosa che consumiamo e immettiamo nel nostro organismo. É quindi ovvio che dobbiamo prestare particolare attenzione quando si parla di alimenti e della loro etichettatura e che, anche in questo caso, deve valere il principio di precauzione sancito dal trattato.

Tuttavia, è ingenuo pensare che si possano risolvere questi problemi attraverso l'etichettatura degli alimenti. Prendete in considerazione gli Stati Uniti: ci sono molte persone in sovrappeso negli Stati Uniti, ma gli americani hanno le più severe norme sull'etichettatura alimentare. Di conseguenza, dobbiamo prestare particolare attenzione a come affrontare questo problema qui in Europa.

Ritengo quindi in primo luogo che un sistema a base di colori come quello proposto non ci farà raggiungere i nostri obiettivi, dato che la confusione che crea è maggiore delle informazioni che fornisce. In secondo luogo tuttavia, è anche mia convinzione che un sistema basato sulle quantità minime giornaliere, come è stato anche proposto, molto probabilmente fornirà conoscenze che i consumatori alla ricerca di informazioni troveranno utili per operare le scelte corrette.

In terzo luogo ritengo che sia importante l'etichettatura del paese d'origine, soprattutto per gli alimenti. La maggior parte dei consumatori vuole sapere da dove proviene il suo cibo e dove è stato prodotto. In quarto luogo credo che, se deve influenzare le decisioni dei consumatori, l'informazione relativa alla salubrità debba essere scientificamente fondata.

Ho una richiesta finale da sottoporre al Commissario: siamo ancora in attesa di una proposta da parte della Commissione sul finanziamento dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare. É l'unica autorità che non fa pagare tariffe per le proprie attività. La prego di dirci qualcosa su quando possiamo aspettarci questo finanziamento.

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE).(DE) Signor Presidente, la buona notizia di oggi è che la nuova legislazione ci darà un’etichettatura nutrizionale uniforme obbligatoria riferita a 100 grammi, permettendo quindi una maggiore comparabilità. Le indicazioni sul valore nutritivo metteranno a disposizione dei consumatori informazioni che consentiranno loro di operare una consapevole scelta di acquisto.

Il modello che ho in mente è quello del consumatore responsabile che sa cosa sta comprando. I prodotti di imitazione che non sono chiaramente contrassegnati come tali ingannano deliberatamente i consumatori. I formaggi d'imitazione, il prosciutto pressato, lo yogurt alla vaniglia che non contiene nessuna vaniglia: questi sono solo alcuni esempi. Tutti questi prodotti di imitazione devono essere etichettati come tali. Mi fa piacere che domani venga inviato un chiaro segnale al Consiglio e che noi tutti qui ci troviamo d'accordo sulla necessità di una migliore etichettatura.

Per quanto mi riguarda, l’obiettivo è quello di fornire informazioni: però dobbiamo lasciare liberi i consumatori di formarsi la propria opinione. Ecco perché sono contrario all’etichettatura basata sui colori. Non esistono cibi malsani: solo malsane diete squilibrate. I colori sono fuorvianti. Sono a favore dell’etichettatura alimentare secondo il modello delle quantità minime giornaliere e sono lieto che domani probabilmente voteremo in questa direzione.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (S&D). (HU) I consumatori devono sapere cosa mangiano. Per questo motivo i partiti ungheresi danno pieno sostegno al sistema di etichettatura ibrido combinato basato sui colori. Anche L’Associazione nazionale per la protezione dei consumatori in Ungheria sostiene pienamente questo regime. Il sistema combinato basato sui colori è un sistema eccellente, facilmente comprensibile ed inequivocabile, che permette di fornire di informazioni autentiche e che aiuterà i consumatori a scegliere prodotti alimentari più sani. Al fine di eliminare le preoccupazioni riguardanti il consumo dei prodotti tradizionali, raccomandiamo l'utilizzo di questo sistema di etichettatura solamente per certe categorie di prodotti. É perfettamente chiaro. Sosteniamo anche la specificazione del paese d'origine nel modo più ampio possibile. Dobbiamo confermare il presente regolamento che richiede l’indicazione del paese di origine dei prodotti monoingredienti come frutta, verdura, carne, pesce e altri prodotti alimentari.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, se è prioritario per questo Parlamento garantire ai consumatori alimenti sicuri, dalla provenienza garantita e tracciabile, lo è anche favorire un agevole accesso alle informazioni alimentari attraverso adeguati sistemi di etichettatura. In tale direzione, l'adozione di etichette alimentari chiare e comprensibili può infatti influenzare le scelte dei consumatori indirizzandoli verso l'acquisto di prodotti più sani e dall'origine certa.

In tale contesto, mi preme chiedere a quest'Aula di voler valutare con attenzione un emendamento presentato a quest'Aula con le firme di quaranta deputati – l'emendamento 351 – perché possa essere data ai consumatori l'indicazione sull'origine della materia prima non solo per alcuni prodotti agricoli grezzi che arrivano sulle nostre mense, ma anche per i prodotti trasformati monoingredienti, cioè quelli che prevedono oltre al prodotto agricolo un eccipiente.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE).(FR) Signor Presidente, vorrei fare due osservazioni su questa regolamentazione. É essenziale che domani confermiamo il nostro voto in materia di etichettatura obbligatoria di origine dei prodotti alimentari, già in vigore per un gran numero di prodotti: non solo per il pesce, la frutta e la verdura, ma anche per le carni non trasformate che utilizzano questo tipo di etichettatura sin dai tempi della crisi della mucca pazza.

Dobbiamo anche garantire che questo regolamento europeo protegga gli investimenti del gran numero di piccole e medie imprese che innovano e creano occupazione. Dobbiamo quindi eliminare tutte quelle misure che non solo non funzioneranno – come ad esempio i profili nutrizionali di cui all'articolo 14 – ma che si riveleranno chiaramente uno spreco di tempo e denaro per gli imprenditori.

Vorrei concludere molto rapidamente con una domanda al Commissario Dalli. Vorrei sentire il parere della Commissione sull'emendamento 205, trattato a lungo dall’onorevole Grossetête, che prevede l'aggiunta di un marchio per animali abbattuti tramite macellazione rituale. Come è già stato detto, ciò stigmatizzerebbe questi prodotti senza alcuna ragione e sarebbe particolarmente controproducente per questo settore. Vorrei conoscere la posizione della Commissione su questo tema molto importante.

 
  
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  Anna Rosbach (EFD).(DA) Signor Presidente, sono una consumatrice europea e voglio sapere cosa metto in bocca. Nel mio paese, naturalmente, posso sapere da dove provengono la mia insalata, la carne e i formaggi. Noi consumatori abbiamo diritto ad una informazione chiara sulla composizione del cibo che compriamo senza dover essere chimici provetti o dietologi specializzati. Accogliamo con favore il fatto che le dichiarazioni su 100 grammi e 100 millilitri debbano essere riportate sulla parte anteriore della confezione, poiché le statistiche mostrano che questa è l'informazione che i consumatori vogliono. Non dobbiamo confondere i consumatori con troppi sistemi di etichettatura, né dobbiamo distruggere la diversità regionale delle aree produttrici di alimenti imponendo un sistema dettagliato di etichettatura per i prodotti alimentari non preconfezionati. Non dobbiamo mettere ostacoli sulla via della delle numerose piccole e medie imprese che compongono l'industria alimentare. Ci costerebbe migliaia di posti di lavoro in tutta Europa e non possiamo permettere che questo accada.

 
  
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  Anna Maria Corazza Bildt (PPE).(SV) Signor Presidente, è mio convincimento che si debba rafforzare il potere dei consumatori fornendo loro informazioni chiare, semplici e comprensibili sui prodotti alimentari senza appesantire i piccoli produttori con una maggiore burocrazia in fase di produzione. Sono quindi contraria a qualsiasi forma di etichettatura ingannevole e di falsificazione. Sono contraria al sistema di etichettatura basato sui colori, perché spaventa la gente e non rispetta il fatto che tutti noi abbiamo esigenze di salute e stili di vita diversi. Per le stesse ragioni, sono contraria all’etichettatura obbligatoria sulle quantità giornaliere.

Io sono a favore dell'etichettatura del paese d'origine per le carni. La Commissione deve presentare proposte per soluzioni concrete che possano essere valutate e sulle quali potremo poi prendere posizione.

Abbiamo due alternative contrapposte: o i politici si impongono dall'alto e decidono ciò che dovremmo mangiare, oppure otteniamo una maggiore libertà di scelta e il diritto ad avere più informazioni. Io sono a favore di un sistema di etichettatura nutrizionale che sia flessibile e basato sulla ricerca. L'industria alimentare deve assumersi le proprie responsabilità e deve lavorare in maniera più pulita e per eliminare i fattori che generano alimenti più scadenti. Il cibo è un problema di salute ed è importante rendersene conto. Dobbiamo lavorare insieme per una migliore alimentazione.

 
  
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  Kriton Arsenis (S&D).(EL) Signor Presidente, anch'io sostengo l’etichettatura basata sui colori, ma vorrei evidenziare un altro problema. Ogni ora una pozione di foresta tropicale vergine di dimensioni pari a trecento campi di calcio viene trasformata in piantagioni di palme. Questo affinché noi possiamo ottenere l'olio di palma utilizzato per produrre gli alimenti sui nostri scaffali. Questa notizia però viene nascosta ai nostri concittadini.

Invito l'Assemblea a votare a favore dell'emendamento 263, che stabilisce l'obbligatorietà dell’indicazione dell’olio di palma negli alimenti che i nostri concittadini trovano sugli scaffali del supermercato, in modo che essi – senza volerlo e senza sapere cosa stanno facendo – non finanzino la deforestazione globale, la perdita della biodiversità e i mutamenti climatici.

Quando domani voteremo su questo aspetto, saremo noi a decidere se i cittadini possono assumersi la responsabilità ambientale per i prodotti alimentari che scelgono o se – senza saperlo – finanziano le industrie per distruggere l'ambiente e il nostro comune futuro.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signor Presidente, tre milioni di studenti europei sono sovrappeso e il numero aumenta ogni anno di ulteriori 85 000 unità. Naturalmente, essere in sovrappeso provoca una serie di malattie croniche e per questo motivo è importante il cibo che mangiamo. In altre parole, noi siamo ciò che mangiamo. É nell'interesse dei consumatori disporre di un'etichettatura chiara e comprensibile degli alimenti che faccia riferimento ad alcuni ingredienti. Accolgo quindi con favore l'idea di fornire a tutti i consumatori una rapida indicazione del contenuto di grassi, zucchero e sale in un prodotto. Quello che realmente non rientra in questo regolamento, tuttavia, è la responsabilità per l'origine degli ingredienti di un prodotto. É quindi importante che qualcuno si assuma la responsabilità di dove provengono gli ingredienti utilizzati in un prodotto pronto. In questo delicato segmento di mercato è anche molto importante che a questo proposito siano in vigore delle sanzioni: sanzioni per coloro che ingannano deliberatamente i consumatori e rendono false dichiarazioni riguardanti i prodotti e i loro ingredienti.

 
  
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  Christa Klaß (PPE).(DE) Signor Presidente, stiamo parlando oggi di dati e informazioni che possono essere distribuiti in tutto il mondo con la semplice pressione di un tasto. Non c'è carenza di informazioni: invece quello che manca è un’informazione chiara, concisa e adeguata.

Una cosa è certa: un’etichetta alimentare non può essere un manuale di sana alimentazione. La conoscenza della dieta è un qualcosa che deve essere comunicato nella famiglia, nelle scuole e nelle comunità. Tutti devono possedere qualche nozione di base per poter essere in grado di utilizzare le informazioni sulle etichette degli alimenti e per comporre una propria dieta salutare. Sulle etichette non sono necessarie le quantità giornaliere, i profili nutrizionali e le affermazioni sulla salute. Semafori che possono essere rosso e verde al tempo stesso – poiché l’alto contenuto di zucchero e il basso contenuto di grassi non si escludono a vicenda – non sono di aiuto ai consumatori.

Nel mondo attuale l’etichettatura di provenienza non è più adeguata. I nostri produttori lattiero-caseari nell'Eifel comprano il latte da Germania, Belgio e Lussemburgo. Allora, qual è il paese di origine del formaggio prodotto? Ovviamente, dobbiamo agire per evitare che i consumatori siano ingannati. L'etichetta deve indicare quanto è contenuto nel prodotto, senza possibilità di equivoco. Un formaggio succedaneo deve essere chiaramente riconoscibile come tale e designato di conseguenza. Un additivo alimentare, un pezzo di carne che è stato ricomposto pressandolo, non deve essere venduto come prosciutto al banco della gastronomia. Vi invito ad appoggiare le proposte della relatrice.

 
  
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  Edite Estrela (S&D).(PT) Signor Presidente, è essenziale una corretta etichettatura dei prodotti alimentari. Le informazioni sul luogo d'origine sono importanti, come lo sono quelle informazioni sul livello di grassi, di zucchero e di sale. Per questo motivo le informazioni, se vogliono essere efficaci, devono essere chiare e accessibili e devono contenere solo i fatti essenziali. Tuttavia, ciò non significa che alcuni prodotti tradizionali che sono, in molti casi, espressioni della cultura di specifiche regioni di Europa, non possano o debbano esserne esenti.

Per quanto riguarda il vino, ritengo che anch’esso dovrebbe essere esentato per due motivi: in primo luogo, è un prodotto speciale che è già coperto da una specifica regolamentazione. Il vino non contiene grassi o zuccheri ma alcool, che è già classificato nelle norme di etichettatura vigenti. Inoltre il vino rosso è anche consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità. In secondo luogo, la nuova etichettatura sarebbe solo dannosa per un settore che sta già attraversando grandi difficoltà.

 
  
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  Oreste Rossi (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, non bisogna aver paura di scrivere il luogo di origine dei prodotti che noi e le nostre famiglie, come tutti gli altri cittadini, consumiamo.

Il consumatore, a cui deve essere garantita piena libertà di scelta, ha il diritto di sapere cosa comprare, cosa c'è dentro e da dove quei prodotti arrivano. Sono necessari strumenti che consentano al consumatore di poter valutare razionalmente le proprie scelte alimentari e di consumo. In questo senso, una spesa consapevole è il primo passo verso un'alimentazione sana ed equilibrata a tutela della propria salute.

Siamo coscienti che molte aziende, per questioni economiche o di comodità, preferirebbero omettere le indicazioni di molte informazioni, ma ciò non può vedere favorevole il legislatore che deve fare l'interesse esclusivo del cittadino consumatore.

Un'efficace etichettatura non deve fornire giudizi discriminanti tra alimenti buoni e alimenti cattivi, ma è in grado di fornire al consumatore degli strumenti di valutazione che gli consentano di operare in autonomia delle scelte informate consapevoli.

La Lega Nord da sempre si batte per difendere e tutelare i prodotti di qualità, possibilmente a chilometri zero, perché crede che una buona e sana alimentazione sia fonte di una migliore salute e qualità della vita.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE).(RO) Il tema dei codici dei colori sembra essere il punto di più accesa discussione nel dibattito odierno. Questa idea potrebbe essere interessante, ma sicuramente non è efficace ed è anche pericolosa.

Lungi da me sostenere che fornire informazioni corrette al consumatore e adottare misure contro le malattie legate all'alimentazione non debbano essere una priorità. Tuttavia, credo anche che non si debbano demonizzare alcuni alimenti. Non esistono alimenti buoni o cattivi, solo consumi eccessivi di cibo. Molti prodotti tradizionali europei potrebbero finire per essere evitati dai consumatori o alterati da parte dei produttori, il che avrebbe gravi ripercussioni sulla nostra industria alimentare.

Vorrei concludere facendo notare che condivido il parere dell'onorevole Grossetête per quanto riguarda le carni ottenute attraverso la macellazione rituale, e il punto di vista dell’onorevole Dorfmann sui prodotti alimentari artigianali, che rappresentano altresì un’importante tradizione in Europa. Ultimo ma non meno importante, sostengo l'emendamento 351 citato dall’onorevole La Via.

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) In primo luogo desidero complimentarmi per il lavoro della relatrice onorevole Sommer che nella stesura della relazione si è concentrata sul miglioramento della direttiva elaborata dalla Commissione. Sono fermamente convinto che nelle indicazioni sul valore nutritivo degli alimenti ci si debba concentrare sulla significatività. I dati necessari devono essere indicati in valori comparabili e non devono andare perduti tra simboli e segni.

Bisogna anche concentrarsi sulla comprensibilità. Le principali informazioni devono essere apposte sulla parte anteriore, in modo che siano chiare a prima vista. Ulteriori informazioni sugli ingredienti possono essere contenute anche sull’altro lato del prodotto.

Dobbiamo anche concentrarsi sull’obiettività. I fornitori devono essere responsabili per l'esattezza delle informazioni sui prodotti, anche sotto la minaccia di sanzioni. Un altro aspetto che dobbiamo controllare è la leggibilità delle informazioni. Le dimensioni e lo spessore dei caratteri tipografici menzionati nella proposta della Commissione sono insufficienti. Per il consumatore le principali informazioni devono essere chiare a prima vista.

Per quanto riguarda l'etichettatura del paese d'origine intravedo una serie di questioni irrisolte. I produttori finali spesso acquistano sul mercato prodotti semi-lavorati in base al prezzo, alternando tra diversi fornitori di diversi paesi, e queste materie prime sono quindi mescolate insieme nel prodotto finale. Stiamo parlando di prodotti specifici come il salame o le salsicce. Chiaramente in tali casi sarà difficile indicare il paese d'origine.

 
  
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  Gilles Pargneaux (S&D).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, questo è un problema di estrema importanza per la tutela dei consumatori. Un recente sondaggio indica che i cittadini europei ritengono che la situazione della sicurezza alimentare si sia deteriorata nel corso degli ultimi 10 anni, e un consumatore su tre ancora non si fida della qualità dei prodotti. É indispensabile quindi aggiornare, semplificare e chiarire l’etichettatura alimentare nell'Unione europea in modo da garantire che i consumatori siano maggiormente tutelati.

Mi permetto di sollevare due questioni. Siamo favorevoli per quanto riguarda la codifica in base ai colori, a condizione che essa contenga anche un riferimento ai valori nutrizionali espressi in percentuale. Per di più, sono contrario all'obbligo dell’etichettatura nutrizionale dei vini e degli alcolici. Vorremmo vedere redatta entro i prossimi tre anni una regolamentazione che disciplini i vini e gli alcolici, anziché nei prossimi cinque anni come la Commissione europea ha proposto. Questo, signor Presidente, signor Commissario, è ciò che vorrei portare alla vostra attenzione.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). (SK) Desidero ringraziare la mia collega, onorevole Sommer, per il suo lavoro impegnativo e accurato nella relazione sulla presente proposta di regolamento. Si tratta di una norma di diritto molto importante, soprattutto dal punto di vista della salute degli europei, il che rappresenta la priorità più importante. Oggi è indubbio che molte malattie e le patologie collegate agli stili di vita sono riconducibili ad una cattiva nutrizione, e quindi dobbiamo affrontare questo problema su una base concettuale.

I consumatori devono ricevere informazioni chiare e trasparenti sul valore nutrizionale di un prodotto, ma poi devono prendere decisioni autonome. Il nostro obiettivo è quello di raccontare ai consumatori che cosa è, non che cosa dovrebbe essere. Ritengo pertanto che il sistema di etichettatura in base ai colori sia superficiale e piuttosto inadeguato. Dal momento che fino all’80 per cento dei produttori agro-alimentari sono piccole e medie imprese, è anche necessario sottolineare che le misure adottate non devono gravare oltre misura su queste ultime.

 
  
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  John Dalli, membro della Commissione – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziarvi per questo dibattito vivace e interessante che ha dato spazio a punti di vista così decisi su molti aspetti della proposta. La Commissione naturalmente prenderà in attenta considerazione questi punti di vista.

Ci sono alcuni temi che riteniamo fondamentali per i consumatori: per esempio, la disponibilità di informazioni sugli allergeni per tutti gli alimenti; l’etichettatura nutrizionale sul fronte della confezione, con l'approvazione di un’etichettatura supplementare da parte degli Stati membri; l'inclusione di criteri misurabili per la leggibilità; un’equilibrata informazione del consumatore in materia di salute. Ribadisco il mio forte sostegno al principio dei profili nutrizionali, e sottolineo che non arresteremo la produzione dei prodotti alimentari e che i lavori su questo tema procedono con uno spirito di apertura mentale. La Commissione non può accettare la cancellazione di questa disposizione dal regolamento sulle indicazioni.

Desidero, se posso, rispondere ad alcune delle questioni che sono state sollevate qui oggi. Sul finanziamento all’Autorità europea per la sicurezza alimentare, posso dire che stiamo lavorando al momento su una relazione non legislativa che dovrebbe essere pronta dopo l'estate e che conterrà la nostra posizione a questo riguardo.

Per quanto concerne l'innovazione, credo che le nostre proposte non vi si oppongano. Sono a favore dell’innovazione – al pari della Commissione – ma deve essere un'innovazione responsabile. Vogliamo un'innovazione che funzioni per i consumatori e che operi per la loro salute.

Sulla questione delle richieste presentate e delle approvazioni di indicazioni di salubrità alimentare menzionate dall'onorevole Davies, devo precisare che, ai sensi dell'articolo 13, abbiamo ricevuto circa 44 000 richieste da parte degli Stati membri. Quando abbiamo chiesto agli Stati membri di rivedere queste richieste, esse sono state ridotte a 4 000. Ciò evidenzia secondo me il modo lassista e superficiale con cui vengono fatte le richieste e la ragione per cui è importante che controlliamo queste indicazioni che, come ho detto, sono utilizzate come strumento di commercializzazione dei prodotti. In realtà, questo processo è stato leggermente ritardato a causa della quantità di richieste, ma stiamo lavorando per lotti. Il primo lotto è stato completato con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ed è in corso di revisione da parte della Commissione per la pubblicazione, e il secondo lotto è in fase avanzata presso l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. É un processo in corso. D'altra parte, 50 indicazioni di salubrità sono già state giudicate a norma dell'articolo 14 e la Commissione si è pronunciata a favore o contro. Il lavoro in merito sta quindi procedendo: siamo in ritardo ma il lavoro continua.

Vorrei fare un altro commento sulle valutazioni d'impatto. La Commissione ha sostenuto questa proposta con un'ampia consultazione delle parti interessate e una valutazione d'impatto dei costi e benefici delle varie opzioni politiche. L'impatto dei diversi emendamenti presentati oggi e in passato dagli onorevoli deputati per aggiungere ulteriori requisiti di etichettatura non è stato soggetto ad alcuna valutazione. Ai fini di una migliore regolamentazione, credo che la valutazione d'impatto dovrebbe essere in ogni momento alla base del processo decisionale.

Concludo ringraziando ancora una volta l’onorevole Sommer e tutti gli onorevoli deputati per i loro contributi. Una lista completa della posizione della Commissione su ciascuno degli emendamenti è, come al solito, a disposizione del Parlamento.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 16 giugno 2010.

Dichiarazioni scritte (articolo 149)

 
  
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  Sergio Berlato (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il dibattito che affrontiamo oggi è di particolare importanza.

Il diritto comunitario prevede una serie di regolamenti e di direttive sugli ingredienti e sull'etichettatura dei prodotti alimentari. Tuttavia, attualmente non esiste un obbligo di etichettatura coordinato fra gli Stati membri. Appare chiaro che il cospicuo numero di norme comunitarie generiche circa le informazioni sugli alimenti rende difficile l'orientamento dei consumatori europei. I regolamenti aggiuntivi dei singoli Stati membri, nell'intento di colmare le lacune, hanno invece provocato ostacoli al commercio nel mercato interno dell'Unione europea.

Per queste ragioni, ritengo che solo un sistema uniforme di etichettature degli alimenti su scala europea possa ragionevolmente eliminare tali inconvenienti. L'etichettatura obbligatoria deve essere presentata in forma comprensibile, tale da consentire ai consumatori acquisti consapevoli. Il consumatore, infatti, continua a occupare un posto di rilievo nelle nostre scelte al fine di tutelarlo sia sotto il profilo della salute sia della qualità delle merci acquistate.

Sottolineo l'importanza di salvaguardare le imprese europee contro ogni forma di contraffazione e di concorrenza sleale promuovendo, al contempo, la riduzione degli oneri amministrativi. L'indicazione del nome dell'impresa produttrice sulle confezioni dei prodotti alimentari rappresenta anch'essa un'informazione fondamentale ai fini della promozione della competitività dell'industria alimentare europea.

 
  
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  António Fernando Correia de Campos (S&D), per iscritto. – (PT) La relazione Sommer è fondamentale non solo per fornire informazioni chiare ai consumatori, ma anche per evitare distorsioni del mercato e per operare come catalizzatore per l'economia europea, attraverso meccanismi trasparenti e applicazione uniforme di norme all'interno dell’Unione europea. É sorprendente quindi vedere riemergere tentativi, nella forma di modifiche alla sessione, per integrare il vino in questo schema di etichettatura con informazioni sui valori energetici e i livelli di zucchero.

Per le etichette del vino è già obbligatorio citare un certo numero di indicazioni, e l'aggiunta di nuovi requisiti significa che esse diventerebbero sovraccariche, di difficile lettura e di trascurabile valore pratico. I requisiti speciali di etichettatura per il vino possono essere spiegati storicamente dal fatto che si tratta di un prodotto altamente regolamentato con determinate qualità. Per questo motivo, dovrebbe rientrare nella proposta esenzione per cinque anni, il che consentirà una attenta analisi delle informazioni che le etichette devono comprendere. La crisi finanziaria che attualmente colpisce l'Europa richiede molta prudenza, visto che il settore del vino è principalmente composto da piccole e medie imprese. Oltre ai già pesanti costi della produzione di qualità, questo sarà un requisito aggiuntivo di scarsa utilità pratica. Ciò detto, ritengo inopportuna e sbagliata l'etichettatura del vino in base al regolamento attualmente in esame.

 
  
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  Robert Dušek (S&D), per iscritto. – (CS) La relazione sull’etichettatura dei prodotti alimentari ha l'obiettivo di unificare sette direttive e un regolamento esistenti, e chiarire la normativa vigente a livello europeo e nazionale. Per quanto riguarda gli ingredienti e i valori nutrizionali, l’attuale disarmonia provoca incertezza e confusione nelle informazioni dichiarate sui prodotti alimentari. Gli effetti collaterali di questi cambiamenti in favore di un'etichettatura unificata dei prodotti alimentari nell'Unione europea sono il rafforzamento della competitività dei produttori europei e la promozione di una sana alimentazione tra la popolazione in generale. Sono fondamentalmente in disaccordo con la proposta della Commissione di lasciare in gran parte agli Stati membri l’adozione delle disposizioni giuridiche. Ciò porterebbe ad una ulteriore frammentazione e a divisioni nel mercato interno per i prodotti alimentari, vanificando completamente l'obiettivo principale del regolamento che è quello di avere un'etichettatura degli alimenti unificata e chiara. La proposta della Commissione di un lettering di 3 mm. sarebbe, in molti casi, inattuabile nella pratica. Rispettarla significherebbe modificare le dimensioni delle singole confezioni, il che comporta logicamente un aumento dei costi per la produzione di imballaggi, per il trasporto e il deposito dei prodotti confezionati in questo modo, nonché maggiori costi per il cibo e per lo smaltimento ambientale degli imballaggi. La Commissione ha completamente trascurato i piccoli agricoltori e la vendita diretta di prodotti non imballati. É inaccettabile che la Commissione ci presenti simili proposte sbilanciate ed incomplete che non tengono conto dei più recenti sviluppi scientifici. Sono d'accordo in linea di principio con la versione modificata della relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, e voterò quindi a favore di questa nuova versione.

 
  
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  Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. – Oggi votiamo un regolamento che tuteli i consumatori garantendo loro il diritto a essere informati sugli alimenti che trovano in commercio, perché possano fare acquisti consapevoli.

Non siamo qui per stabilire cosa devono mangiare i cittadini europei. Non possiamo allora accettare approcci quali l'etichetta con il semaforo o con profili nutrizionali che indichino il via libera o lo stop ai cibi sulla base di presunti principi salutistici che, oltretutto, non tengono conto di tradizioni enogastronomiche e tipicità locali. È peraltro convinzione dei più autorevoli nutrizionisti che non esistano cibi buoni e cibi cattivi, ma solo diete buone o cattive, a seconda del modo in cui i singoli alimenti vengono combinati nelle diete complessive. Sia i semafori che i profili nutrizionali ignorano che l'organismo umano per funzionare ha bisogno anche dei tanto denigrati grassi, zucchero e sale.

Vorrei poi attirare l'attenzione sulla necessità di specificare la provenienza degli alimenti. Sappiamo bene che in alcuni paesi possono venire utilizzati ingredienti pericolosi per la salute o tollerate carenze igieniche nella filiera produttiva. Dobbiamo proteggere anche le aziende che hanno nella qualità e nella salubrità dei prodotti i loro punti di forza. Con il nostro voto possiamo mettere dei paletti importanti in questa direzione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Abbiamo speso circa 90 milioni di euro nella campagna dell'Unione europea per promuovere presso gli scolari europei una dieta sana. L'obiettivo è di incoraggiare i bambini a mangiare in modo sano, offrendo loro gratuitamente della frutta. Quindi, stiamo spendendo milioni per insegnare ai bambini a mangiare mele e altri frutti. Poi abbiamo in programma di introdurre un sistema di etichettatura degli alimenti in cui gli alimenti con basso contenuto di zucchero, grassi e sale avrebbero un colore verde, e quelli con un elevato contenuto un colore rosso. Tutt’a un tratto, quelle mele che che abbiamo distribuito spendendo milioni di euro avrebbero un'etichetta rossa, a causa del loro tenore di zucchero, e pertanto verrebbero considerate insalubri. Se così fosse, i ragazzi probabilmente non troverebbero molto da dire in lode dell'Unione europea. Anche coloro che non pensano a quello che mangiano hanno finalmente capito che consumare quantità eccessive di cibi pronti, biscotti, dolci e alcol non è sano. Per tutte le persone che vogliono prendere in considerazione la propria salute acquistando gli alimenti – o che sono costretti a farlo a causa di una malattia – è molto più importante una lista completa degli ingredienti. In questo modo sarà più facile per i diabetici, ad esempio, calcolare il numero di unità di pane, invece di dover indovinare la quantità di insulina da iniettare. Per il 10 per cento circa dei consumatori che a quanto pare leggono l'etichettatura nutrizionale, il potere calorifico ed il contenuto calorico rappresentano la soluzione ideale. Al contrario, un sistema confuso in base ai colori in realtà non ha alcuna utilità.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. – (EN) Molti cittadini europei soffrono di problemi di salute legati all'alimentazione, come il diabete, l'ipertensione e le malattie cardiache. E i casi di questi patologie – che sono spesso evitabili – sono in aumento. Un ricorso massiccio a prodotti alimentari trasformati e a basso costo, combinati con la mancanza di informazioni accessibili sul loro contenuto, significa che i consumatori non sempre fanno scelte sane circa la propria dieta, anche se lo desiderano. Abbiamo il diritto ad informazioni chiare e precise su ciò che stiamo mangiando: dovrebbe essere facile confrontare i diversi prodotti, soprattutto in termini di contenuto di grassi, zuccheri e sale. Le norme di etichettatura, in particolare il codice in base ai colori in favore del quale voterò domani, aiuterà sia quanti hanno bisogno di specifiche alimentazioni che quanti sono consapevoli della propria dieta in generale a fare le scelte giuste. L’educazione alimentare e nutrizionale da sola non basta: deve essere sostenuta con informazioni accessibili e attendibili che le persone possano utilizzare facilmente. Ciò è essenziale per garantire che le persone possano operare le scelte giuste riguardo alla propria dieta ed è uno dei modi migliori con cui possiamo affrontare le patologie legate all'alimentazione che sono in così forte aumento in tutta l'Unione europea.

 
  
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  Róża Gräfin von Thun und Hohenstein (PPE), per iscritto. – (PL) La relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla disponibilità di informazioni alimentari per i consumatori, che sarà messa ai voti oggi nel corso della seduta plenaria del Parlamento europeo, è un altro passo avanti per consentire ai consumatori di ottenere le informazioni necessarie su un prodotto e quindi di prendere una decisione informata sul suo acquisto. Grazie a questa normativa, l'Unione introdurrà un sistema di etichettatura degli alimenti che sarà obbligatorio in tutti gli Stati membri. É un esempio di buona legislazione che razionalizza il sistema attuale composto da sette direttive e un regolamento. Armonizzare la legislazione a livello europeo, significa garantire il corretto funzionamento del mercato comune, permettendo ai consumatori di operare scelte consapevoli e al tempo stesso assicurando la tutela giuridica dei produttori. La molteplicità dei diversi sistemi di etichettatura dei prodotti alimentari provoca nei consumatori solo inutili dubbi al momento degli acquisti, mentre le informazioni fornite sono spesso illeggibili o non visualizzate correttamente sulla confezione. Questo è particolarmente importante considerando l’epidemia di obesità in Europa. La relazione dell'onorevole Sommer è destinata a cambiare questa situazione e dunque mi accingo a votare a favore della sua adozione.

 

6. Qualità dei dati statistici nell'Unione e rafforzamento dei poteri di controllo della Commissione (Eurostat) (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. –L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale alla Commissione dell’onorevole Karas e dell’onorevole Bowles, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, sulla qualità dei dati statistici nell’Unione e il rafforzamento dei poteri di controllo della Commissione (Eurostat) (O-0080/2010 – B7-0314/2010).

 
  
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  Othmar Karas , autore. (DE) Signor Presidente, Commissario Rehn, onorevoli colleghi, il dibattito di oggi è un importante segnale politico che il Parlamento europeo vuole inviare in questi tempi. La presentazione di questa interrogazione orale nel bel mezzo del processo di riorganizzazione di Eurostat e l’elaborazione della dichiarazione del Parlamento europeo alla Commissione rappresentano altresì un segno della nostra determinazione.

Con la presentazione di una risoluzione separata dimostriamo che il Parlamento europeo ha bisogno e vuole che Eurostat agisca in modo indipendente e completo. Questa è la prima risposta diretta da parte del legislatore alle esperienze in e con la Grecia. Allo stesso tempo, non dobbiamo dimenticare che nel 2005 il Consiglio ha respinto il piano in cinque punti del Commissario Almunia, e quindi ha impedito alla Commissione di dotarsi degli strumenti necessari. Stiamo recuperando ciò che avremmo potuto fare, e doveva essere fatto, molto tempo fa. Di conseguenza, vorrei ricordare alla Commissione e al Consiglio che esiste la volontà politica di costruire tutti gli strumenti necessari per garantire che l'euro non sia sostenuto solo dal pilastro dell'unione monetaria, ma anche dal pilastro dell'unione economica. Invito il Consiglio a non bloccare, a non ritardare, a non impedire, ma invece a offrire alla Commissione questa opportunità.

Vogliamo anche sapere se vi siano in corso indagini sui casi in cui Eurostat e/o gli Stati membri hanno agito in modo non corretto in questi ultimi anni, dato che solo disponendo di una chiara analisi potremo sapere quali correzioni e aggiunte dovranno essere apportate.

Che cosa vuole il Parlamento europeo? Noi vogliamo l'indipendenza, vogliamo la comparabilità e quindi standard minimi per la raccolta di dati statistici, standard minimi per la struttura istituzionale delle autorità e vogliamo la cooperazione con la Banca centrale europea. Vogliamo che tutte le azioni possano essere controllate, per cui Eurostat deve essere in grado di effettuare verifiche senza preavviso in qualsiasi momento. Vogliamo che i suoi poteri siano estesi, perché vogliamo la comprensione di tutti i dati, compresi quelli a livello regionale e comunale e quelli della previdenza sociale. Vogliamo una cooperazione totale, vogliamo rafforzare la funzione di coordinamento e vogliamo che la Commissione ci dica, prima di concludere la nostra relazione, se è sufficiente tutto quanto è stato concordato finora con il Consiglio. Noi non la pensiamo così. Stiamo parlando di una dichiarazione di minima, recuperando il terreno perduto per quello che non è stato fatto, compiendo il passo successivo verso una maggiore autonomia e maggiori poteri globali.

 
  
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  Sharon Bowles, autore. (EN) Signor Presidente, la commissione per gli affari economici e monetari ritiene, coerente e unita, che Eurostat debba essere rafforzato: per lungo tempo abbiamo cercato di dare maggiore qualità ai dati statistici.

Conosciamo la vicenda poiché l'onorevole Karas vi ha già fatto riferimento. Nel 2005 il Consiglio si è coperto di biasimo e ha creato i presupposti degli attuali problemi sul debito sovrano indebolendo il patto di stabilità e, contemporaneamente, negando poteri di controllo ad Eurostat. In seguito a questo precedente, ci vorrà del tempo per riconquistare una fiducia la cui mancanza ha fatto sì che gli Stati membri abbiano dovuto mettere sul tavolo un sacco di soldi. Le parole e gli impegni politici da parte del Consiglio Ecofin non sono stati sufficienti.

Ben presto Eurostat disporrà finalmente di un potere di controllo, tanto più importante oggi perché è la chiave che può rendere efficaci gli altri piani di sorveglianza economica. Uno strumento per riprendere il controllo sul gettito fiscale effettivo è molto meglio che limitarsi a riprendere il controllo delle promesse.

Vogliamo che la qualità dei dati sia migliorata in modo da renderli tempestivi, e vogliamo essere in grado di esaminare a monte i dati della contabilità nazionale. Ci domandiamo: sono sufficienti i nuovi poteri conferiti a Eurostat? Anche adesso il Consiglio Ecofin ha aggiunto alcune condizioni al nuovo potere di revisione – in realtà meno restrittive di quanto molti di noi temevano– ma ha minato la possibilità di indagine e di intervento veramente preventivi?

La relazione del Parlamento europeo concede a Eurostat diritti incondizionati per eseguire i cosiddetti sopralluoghi metodologici. Naturalmente le risorse dovranno essere indirizzate laddove ce n’è bisogno, ma le indagini devono avere luogo al momento dei sospetti e non a fatti compiuti.

Infine, quando sapremo che stiamo comparando aspetti che sono davvero comparabili? Quali progressi si stanno compiendo per garantire che le procedure di contabilità siano standardizzate e sufficientemente trasparenti per intercettare attività fuori bilancio e eventuali altre pratiche innovative?

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione.(EN) – Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare l'onorevole Karas, l’onorevole Bowles e altri per aver sollevato queste importantissime questioni che riguardano la qualità dei dati statistici e di Eurostat. Accolgo inoltre con favore il sostegno manifestato nel vostro progetto di parere alla proposta della Commissione di modificare il regolamento relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi.

Faccio notare che questa di febbraio è la prima proposta legislativa della seconda Commissione del Presidente Barroso. Sono lieto che presto sarà adottata, mi auguro, e ne disporremo poi tra i nostri strumenti. Ne avevamo bisogno già molto tempo fa, come ha detto l’onorevole Bowles.

La proposta originale in questo senso è stata avanzata nel 2005, ma fu poi respinta dagli Stati membri. I tempi sono cambiati e ora disponiamo di un ampio sostegno in seno al Consiglio.

Per quanto riguarda questa proposta, l'approccio generale approvato la settimana scorsa, l’8 giugno, dal Consiglio Ecofin conferma l'importanza di garantire l'alta qualità delle statistiche sul debito e il deficit pubblico e riconosce a tale scopo il ruolo della Commissione e di Eurostat.

Il regolamento in fase di finalizzazione mantiene l'obiettivo principale della proposta presentata dalla Commissione, ossia la concessione di maggiori poteri di controllo a Eurostat laddove sia stato identificato un rischio o un problema significativo per la qualità dei dati. La Commissione può dunque accettare il testo di compromesso.

La Commissione intende fare vari ulteriori passi in merito al rafforzamento della qualità delle statistiche europee per i disavanzi eccessivi. Vi sarà un rafforzamento immediato delle risorse di personale che si occupa di questo lavoro, principalmente mediante trasferimenti interni in Eurostat. Gli Stati membri verranno visitati con maggiore frequenza rispetto ad oggi nelle cosiddette Visite di dialogo per i disavanzi eccessivi.

La Commissione garantirà l'integrazione di ulteriori informazioni sui dati di base per la compilazione delle statistiche negli inventari dei deficit eccessivi previsti dal regolamento. Se si manifestasse un caso eccezionale in cui sono stati chiaramente identificati rischi o problemi per quanto riguarda la qualità dei dati, Eurostat utilizzerà tutti i poteri messi a sua disposizione dalle nuove regole, tra cui, naturalmente, i poteri di audit.

Prima di concludere, vorrei dire alcune parole sulla Grecia su alcuni temi di attualità. Vorrei cogliere l'occasione e magari approfittare di un minuto in più del vostro tempo. Come è noto, in merito alle statistiche greche la Commissione ha intrapreso un lavoro in profondità su più anni. Il regolamento modificato dovrebbe in futuro ridurre il rischio di frode, di manipolazione delle statistiche, o di qualsiasi altro tipo di irregolarità.

Ieri vi è stato un nuovo sviluppo riguardante la Grecia. Saprete che ieri Moody's ha deciso di declassare le obbligazioni greche. Ne ho discusso anche con il mio collega Michel Barnier e con il Presidente della Commissione. Devo dire che la scelta del momento per la decisione di Moody's è al tempo stesso sorprendente e assai infausta, visto che arriva dopo l'accordo su un programma di adeguamento macroeconomico raggiunto tra la Grecia e la Commissione, la Banca centrale europea e il Fondo monetario internazionale.

Le misure adottate dal governo greco mostrano il suo impegno nell’attuazione della strategia di riforma del sistema statistico, nella stabilizzazione delle finanze pubbliche e nel ripristino a lungo termine di una crescita economica sostenibile. La decisione di Moody's sembra in contrasto con l'evoluzione delle offerte di titoli sovrani della Grecia e dei margini sui credit default swap, che sono stati ridotti in misura significativa dopo l'accordo sul programma. Ciò solleva di nuovo le questioni relative al ruolo delle agenzie di rating del credito nel sistema finanziario e della regolamentazione prudenziale.

Questi e altri temi saranno presi in considerazione nella riflessione della Commissione sul futuro delle agenzie di rating. In particolare, la Commissione esaminerà nei prossimi mesi le questioni concernenti il livello di concorrenza in questo settore, che per il momento è fortemente concentrato, così come la trasparenza in merito alla metodologia e al conflitto di interessi, poiché il sistema rimane basato sul modello emittente-debitore.

Concludo dicendo che è di assoluto rilievo disporre di dati statistici precisi e affidabili sui conti nazionali. É una delle pietre angolari di un corretto ed efficace funzionamento dell'Unione economica e monetaria, come ha sottolineato, ad esempio, l’onorevole Karas. Quindi, questo emendamento relativo ai poteri di Eurostat forma parte integrante del rafforzamento della governance economica in Europa, che rappresenta davvero un obiettivo necessario.

 
  
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  Edward Scicluna, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, sono lieto che la Commissione abbia prodotto delle proposte legislative per rafforzare Eurostat, che attualmente sono oggetto di esame da parte della commissione per i problemi economici e monetari.

La qualità della governance statistica è al cuore della crisi dell’eurozona. Non nutro alcun dubbio che Eurostat debba disporre di poteri più ampi, in particolare per effettuare ispezioni in loco negli Stati membri. Ma tali ispezioni non dovrebbero essere tenute solo dai funzionari del ministero delle finanze dello Stato membro o delle autorità nazionali di statistica oppure delle aziende pubbliche: esse devono coinvolgere, se lo si ritiene pertinente, gli economisti accademici, i sindacati, le organizzazioni non governative, ecc. É un qualcosa che le agenzie di rating, o anche le delegazioni del Fondo monetario internazionale, applicano come dato di fatto.

In secondo luogo, dobbiamo avere un sistema di contabilità comune utilizzato da tutti gli Stati membri sulla base di un metodo di contabilità standardizzato e riconosciuto a livello internazionale e concordato tra Stati membri, Commissione e Parlamento. Questo non dovrebbe essere applicato solo alle relazioni finanziarie fornite alla Commissione, ma dovrebbe essere utilizzato anche nel settore pubblico degli stessi Stati membri.

A oltre un decennio dalla creazione dell’eurozona e dall'introduzione dell'euro, abbiamo scoperto dei difetti di base nel sistema che stanno causando danni. Ironia della sorte, abbiamo ignorato tali difetti a causa del falso senso di sicurezza creato dai successi dell’euro. Dobbiamo garantire che in futuro i mercati si fidino delle previsioni economiche e delle statistiche dei governi. Dobbiamo correggere questi difetti e farlo in fretta.

Esorto pertanto la Commissione a continuare a collaborare strettamente con il Parlamento e il Consiglio per risolvere questi problemi come questione di urgenza.

 
  
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  Sylvie Goulard, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, ovviamente l'attuale crisi nell’eurozona non può essere attribuita alle carenze del sistema statistico comune. Però queste carenze hanno avuto gravi ripercussioni. Ci sono le conseguenze economiche, e molto si è detto su di esse, ma ci sono anche conseguenze in termini di credibilità dell'Unione europea. Qui stiamo avviando un discorso su quello che è, a mio parere, uno dei maggiori problemi rispetto alle modalità con cui opera oggi l'Unione. I governi fanno promesse ai propri cittadini, e giustamente: dicono che gli impegni reciproci saranno strettamente controllati, che i criteri saranno esaminati fino al l'ultimo punto decimale – nella versione originale tedesca ciò equivale a drei komma null (“tre punto zero”) – ma questi stessi governi, anno dopo anno, si sono rifiutati di dare a Eurostat le risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro. Tutto questo va a discapito del bene comune, perché tutto ciò che indebolisce la Commissione indebolisce tutti noi.

Ecco il motivo per cui siamo lieti di sostenere questa risoluzione che chiede di dare poteri investigativi alla Commissione, a Eurostat, e il rafforzamento delle norme comuni. Senza questo sforzo per garantire il rigore nell'utilizzo e nella compilazione dei dati, le promesse di rigore non verranno mantenute. Gli europei si sentiranno sempre di più in balia degli eventi e sarà l'Unione europea a perdere la faccia.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signor Presidente, il dibattito sul rafforzamento dei poteri di Eurostat non affronta realmente il problema. Non dobbiamo ritrovarci mai più in una situazione in cui uno Stato membro gioca brutti scherzi con i propri dati di bilancio e vive al di sopra dei propri mezzi per anni a spese degli altri: quando vi sono ragioni per dubitare dei dati, questi devono essere verificati. Tuttavia, l'Unione europea non deve usare la Grecia e la crisi attuale euro come scusa per togliere completamente i poteri di sovranità di bilancio agli Stati membri. Il problema deve invece essere eliminato alla radice.

In alcuni casi, le strutture socio-economiche degli Stati membri variano notevolmente. Persino Eurostat, che manipola le cifre per l'Unione europea, deve comprenderlo. Un disoccupato a Londra non è uguale a un disoccupato a Parigi, perché si applicano criteri differenti. Le differenze delle realtà socio-economiche tra paesi a moneta tradizionale forte e quelli a moneta debole sono ancora più rilevanti.

Eurostat non deve mantenere questo mito della comparabilità a qualsiasi costo; la comparabilità dei paesi dell’eurozona deve invece essere radicalmente ripensata.

 
  
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  Anni Podimata (S&D).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, permettetemi di iniziare esprimendo il mio completo apprezzamento per il commento espresso in precedenza in merito all’improvvisa e ingiustificata decisione di ieri da parte dell'agenzia Moody's di declassare il rating della Grecia, una decisione che lei ha definito infausta e sbagliata, confermando così che era corretta la nostra decisione di procedere a una revisione radicale del quadro del funzionamento di queste agenzie sul territorio europeo e di esaminare seriamente la possibilità di creare un'agenzia pubblica europea di rating del credito.

Per quanto riguarda la discussione di oggi e la proposta di rivedere il regolamento sulla qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi, tutti noi sappiamo che ciò fa seguito alla cosiddetta “vicenda greca” in termini di false statistiche.

In qualità di deputato greco, ovviamente io non sono contenta che la Grecia sia utilizzata in questa discussione come esempio da evitare. Vorrei comunque ricordare al Parlamento, come lei ha fatto signor Commissario, che la Grecia, l'attuale governo greco, è stato il primo a riconoscere il problema e a prendere immediatamente decisioni radicali per affrontarlo, convertendo prima di tutto l’ufficio nazionale di statistica in un'autorità pienamente indipendente sotto la supervisione del Parlamento e, in secondo luogo, prendendo misure per istituire una commissione esaminatrice che indagasse e individuasse le colpe di quanti sono coinvolti in questo inaccettabile modo di procedere.

Nondimeno, dobbiamo riconoscere che questa discussione a livello europeo è tardiva, poiché sin dal 2005 erano disponibili dati statistici adeguati che avrebbero dovuto spingerci ad agire.

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI).(BG) Desidero incanalare la discussione in una direzione più pratica, perché la scorsa settimana il Commissario ha dichiarato che vi sarà un audit speciale effettuato da Eurostat sui dati statistici ricevuti dalla Bulgaria.

Purtroppo però, non era chiaro dalle affermazioni del Commissario Rehn perché vi sia la necessità di tale controllo. È per questo che vorrei ora cogliere l'occasione per rivolgergli una domanda.

In base a quali criteri viene preso di mira il più stabile Stato membro nei Balcani, quando tutti gli altri Stati membri di quell’area si trovano in grandi difficoltà? Quali sono stati i criteri che hanno determinato l’esigenza di una revisione dei conti proprio in Bulgaria? Non è forse anche questo un segno di una certa inerzia da parte vostra riconducibile alla sua area di precedente responsabilità, ovvero l'ampliamento?

Lei ha detto anche che è assai spiacevole che Moody's abbia abbassato il rating di credito della Grecia. Tuttavia, si rende conto che facendo circolare pubblicamente tali dichiarazioni, il rating della Bulgaria potrebbe a sua volta essere il prossimo a venire declassato? Non è possibile prendersela con Moody's. In questo caso lei dovrebbe prendersela solo con sé stesso.

 
  
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  Olle Ludvigsson (S&D).(SV) Signor Presidente, vi sono misure semplici che devono essere adottate per creare stabilità economica all'interno dell'Unione europea. Una delle più semplici ma allo stesso tempo delle più importanti misure è quella di aumentare la qualità delle statistiche economiche. In questo settore è perfettamente possibile ottenere miglioramenti significativi in tempi relativamente brevi. Accolgo quindi con favore i segnali positivi inviati sia dalla Commissione che dal Consiglio. Spero che sarà possibile raggiungere rapidamente un accordo su efficaci pacchetti di misure che innalzino ad un livello superiore la qualità delle statistiche.

Credo che sia necessario rafforzare il ruolo e i poteri di Eurostat. Eurostat deve inoltre continuare a cooperare con i produttori nazionali di statistiche, ma la gerarchia e i livelli del processo decisionale devono essere resi più chiari. Eurostat deve poter chiedere di ricevere dei dati nazionali corretti e, se la qualità non è sufficiente, deve poter ricorrere sia alle sanzioni che alle ispezioni straordinarie.

Se le statistiche devono essere migliorate è necessario rafforzare le risorse. É importante rendersi conto che una più elevata qualità richiede maggiori investimenti in questa direzione. Dobbiamo stabilire un piano per Eurostat. La sua capacità deve essere aumentata e dobbiamo garantire che il bilancio consenta questo aumento di capacità. Temo che fino ad oggi, nel processo decisionale in corso in questo settore, le statistiche non abbiano rappresentato una priorità. Mi auguro di assistere a questo aumento degli investimenti.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, siamo tutti consapevoli che, visti i problemi attuali della maggior parte dei bilanci nazionali degli Stati membri, l’emendamento della regolamentazione sulla qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi è una misura particolarmente importante e urgente. In mancanza di dati precisi e chiari è difficile decidere e stabilire ulteriori misure. In questo senso, deve essere messo in atto un meccanismo di controllo che permetta di verificare in tempo utile i dati forniti dalle autorità nazionali. In ogni caso, non dobbiamo mai più ritrovarci in una situazione, come è avvenuto con la Grecia, in cui risulti evidente solo a posteriori che sono state prese decisioni con implicazioni di vasta portata sulla base di dati errati o falsificati. Dobbiamo anche prendere in considerazione delle sanzioni contro quegli Stati che deliberatamente comunicano dati o statistiche errati. Pertanto la valorizzazione di Eurostat e la sua espansione in un'autorità indipendente dovrebbe essere presa in ogni caso in esame. Ciò non interferisce assolutamente con la sovranità di bilancio degli Stati membri, ma riguarda piuttosto la necessità di disporre di un controllo efficace sui dati.

 
  
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  Liisa Jaakonsaari (S&D).(FI) Signor Presidente, bisognerebbe ringraziare la Commissione per aver proceduto a progressi tanto rapidi riguardo a tali questioni. Solo pochi mesi fa, ad esempio, analizzare i dati statistici di un paese era interpretato come un'intrusione in materia di sovranità nazionale. Allora lo si riteneva virtualmente impossibile, e ovviamente adesso abbiamo fatto molta strada. É assai positivo che le competenze di Eurostat siano aumentate. L'Europa sarebbe andata alla deriva in una sorta di crisi morale se la gente, come è accaduto, avesse semplicemente notato con la coda dell'occhio che i dati statistici erano stati distorti.

Sono d'accordo con la collega onorevole Podimata che la gente adesso dovrebbe smettere di ridicolizzare la Grecia in questo modo. La Grecia dovrebbe essere rispettata per aver preso alcune decisioni molto difficili. La gente dovrebbe avere un accesso ai dati statistici e informazioni di carattere generale sull'economia migliore di quanto è accaduto in precedenza.

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, mi permetta di ringraziarla per la discussione assai concreta e per il suo sostegno a questa proposta di rafforzare i poteri di Eurostat. Devo dire che concordo con l'onorevole Jaakonsaari: negli ultimi mesi abbiamo assistito a un cambiamento complessivo, un vero e proprio cambiamento culturale, per quanto riguarda l'atteggiamento in materia di coordinamento delle politiche economiche in Europa.

L'adozione di questa proposta è una delle pietre angolari dei nostri sforzi per rafforzare la nostra unione economica e monetaria. Sono state fatte diverse osservazioni riguardanti la Grecia e la Bulgaria, ed io vorrei chiarire e rispondere ad alcune delle domande che sono state sollevate oggi. Per ciò che riguarda la Grecia, non voglio addentrarmi in tutta la lunga vicenda di questa saga. Sono d'accordo con chi dice che non è giusto continuare questa denigrazione della Grecia, perché quest’ultima è attualmente sulla strada giusta ed attua il suo programma in maniera efficace. La Grecia merita fiducia e sostegno, non bastonate. Per quanto riguarda le riforme statistiche, stiamo collaborando con le autorità greche. Nel corso dell’inverno e della primavera abbiamo fatto numerose visite e abbiamo recentemente concordato un piano d'azione teso a migliorare la capacità del sistema statistico greco e le statistiche sulle finanze pubbliche di quello Stato.

Riguardo alla Bulgaria, le nostre preoccupazioni riguardano soprattutto due aspetti della previsione di bilancio. Mi auguro che almeno i deputati bulgari al Parlamento europeo stiano ascoltando i miei chiarimenti in merito alla procedura di deficit eccessivo e ai problemi statistici della Bulgaria.

In primo luogo, in violazione degli obblighi del trattato la Commissione è stata informata solo tardivamente da parte della Bulgaria delle consistenti revisioni nelle prospettive di bilancio. In secondo luogo, non disponiamo di informazioni sul perché la Bulgaria abbia riveduto le proprie previsioni di bilancio per il 2010 da un pareggio a un disavanzo del 3,8 per cento nel giro di poche settimane, anche se lo scenario macroeconomico è rimasto invariato o è addirittura migliorato. Di conseguenza la Commissione non è attualmente in grado di effettuare una valutazione dei piani bulgari di bilancio per quest'anno.

La missione prevista da Eurostat in Bulgaria per il secondo semestre di quest'anno non affronta le discrepanze e le questioni relative alle previsioni del 2010. Questa non è una questione statistica. Eurostat si concentrerà invece sui potenziali rischi per i precedenti dati sulla procedura per i disavanzi eccessivi per l'anno 2009 relativi a impegni contrattuali governativi non dichiarati.

Sono molto grato per l’attenzione rivolta a questi importanti temi che possono avere anche delle implicazioni sulla posizione della Bulgaria sui mercati. Secondo le informazioni ricevute dalle autorità bulgare, la conclusione delle loro verifiche interne di bilancio sarà completata solo a metà estate. L'esito di tali verifiche sarà utilizzato da Eurostat nel contesto della prevista visita in Bulgaria per la procedura per i disavanzi eccessivi. A seconda della rapidità di adozione del regolamento riveduto, che concede maggiori poteri a Eurostat, quest’ultimo potrà se necessario attingere a questi poteri nel corso del proprio operato.

Onorevoli colleghi, ancora una volta, vi ringrazio per l'attenzione e soprattutto per il vostro ampio e deciso sostegno per la nostra proposta, che è la prima proposta legislativa della seconda Commissione Barroso. La sua adozione è in effetti essenziale per l'efficace funzionamento dell'Unione economica e monetaria.

 
  
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  Presidente. – Grazie signor Commissario anche per la Sua generosità nei nostri confronti che l'abbiamo ascoltata con non sufficiente attenzione. Deploro che quando si sta intervenendo in Aula ci siano manifestazioni, come gli applausi, che non hanno a che vedere con l'argomento e l'intervento che si svolge durante il nostro lavoro.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 16 giugno 2010.

Dichiarazioni scritte (articolo 149)

 
  
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  Enikő Győri (PPE) , per iscritto. – (HU) Il Parlamento europeo deve prendere posizione su una questione molto importante nel dibattito odierno, vale a dire: la direzione che il sistema di informazioni statistiche che attualmente opera sotto l'autorità di Eurostat deve prendere al fine di evitare in futuro situazioni simili allo scandalo greco. Vi ricordo che la frode perpetrata dalle autorità greche era già venuta alla luce nel 2004, e nello stesso periodo anche le finanze del governo socialista ungherese erano ugualmente dubbie. Nonostante ciò, l'Unione europea non ha ancora assunto alcuna iniziativa per riformare il sistema delle informazioni statistiche. Anche se ritengo che il piano della Commissione di concedere diritti di controllo a Eurostat rappresenti un passo nella giusta direzione, sono convinto che dovremo fare di più poiché adesso è in gioco il futuro della moneta unica. Cosa penso che dovremmo fare? A mio parere, nelle procedure per i disavanzi eccessivi, le sanzioni non dovrebbero essere imposte solo agli Stati membri che ripetutamente non ottemperano all'obbligo del raggiungimento dell'obiettivo del 3 per cento secondo il criterio di Maastricht sul deficit di bilancio, ma anche a quelli che per anni hanno fornito falsi dati statistici ingannando gli investitori e l'Unione europea e mettendo a repentaglio la stabilità dell’eurozona. Sono d'accordo con l'idea di rendere i funzionari degli uffici statistici nazionali personalmente responsabili per la qualità dei dati forniti a Eurostat. Per questo motivo propongo, tenendo conto del lavoro svolto dal gruppo di lavoro del Consiglio sotto la direzione del presidente Van Rompuy, di chiedere alla Commissione di elaborare un sistema di sanzioni più severe per sostituire quello attualmente in vigore.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. JERZY BUZEK
Presidente

 

7. Turno di votazioni
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per il risultato e altri dettagli della votazione: vedasi processo verbale)

 

7.1. Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo (votazione)
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  Presidente. –Passiamo ora all'elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo a norma degli articoli 13, 15 e 18 del regolamento.

Come sapete, uno dei nostri colleghi, che è stato l’undicesimo Vicepresidente, è stato eletto al suo parlamento nazionale e vi ricopre le funzioni di Presidente. Mi riferisco al signor Schmitt. Oggi eleggiamo un nuovo Vicepresidente che prenda il suo posto. Ho ricevuto la seguente candidatura: onorevole Tőkés. Il candidato mi ha informato ufficialmente che egli acconsente alla nomina. In considerazione del fatto che vi è un solo candidato propongo che egli sia eletto per acclamazione a norma dell'articolo 13, paragrafo 1, del regolamento.

Qualcuno si oppone? Ai sensi dell’articolo in questione sono costretto a domandarlo.

 
  
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  Corneliu Vadim Tudor (NI). – (EN) Signor Presidente, oggi è la prima volta che mi vergogno di essere un membro del Parlamento europeo. É la prima volta che un uomo che nega il trattato di pace del Trianon firmato dopo la Prima Guerra Mondiale è promosso e proposto ai voti per una posizione così importante in Europa. Il popolo rumeno…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Presidente. – Lei non è d'accordo con questa scelta, quindi procederemo a un voto formale. Voteremo per mezzo del sistema elettronico.

 
  
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  Hannes Swoboda (S&D).(DE) Signor Presidente, ci è stato detto che il candidato desiderava fare prima una dichiarazione. Forse siamo stati informati male, ma se il candidato desidera fare una dichiarazione allora dovrebbe essergli data la parola.

 
  
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  László Tőkés (PPE). – (EN) Signor Presidente, ho preparato per oggi una breve dichiarazione che desidero leggere.

É un grande onore per me essere nominato Vicepresidente del Parlamento europeo con il sostegno del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). É stato per me un onore simile ricevere nel dicembre 2009 la più alta decorazione di Stato della Romania, l'Ordine della stella, in occasione della ricorrenza del ventesimo anniversario della caduta della dittatura comunista in Romania. Vent'anni fa a Timişoara, persone di diverse origini etniche e con convinzioni diverse, unite dalla convinzione e dal coraggio e affrontando e correndo insieme gli rischi stessi, si sollevarono contro il regime di Ceauşescu. Allo stesso modo, oggi come allora, io continuo il mio impegno per rappresentare gli interessi del mio paese nello spirito della lotta per i diritti umani, delle minoranze, dei diritti religiosi e per la libertà, restando fedele all’impegno per i valori europei e cristiani.

Mi impegno a favorire l'integrazione europea dei Paesi ex comunisti e degli Stati dell’Europa orientale e centrale, in particolare quella della comunità di minoranza ungherese in Romania che rappresento in qualità di membro del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). Mi riempie di gioia essere un membro del Parlamento europeo nel periodo successivo all'entrata in vigore del trattato di Lisbona, che segna un nuovo inizio nella storia dell'Europa unita. Vi ringrazio per l’attenzione.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Procediamo alla votazione elettronica. Dopo che avrò dichiarata aperta la votazione, sullo schermo verranno visualizzate le seguenti informazioni: l'oggetto della votazione e il nome del candidato. Per votare a favore del candidato è necessario premere il tasto “+”. Naturalmente è possibile anche astenersi dal voto con il pulsante “0”, come sapete. Quindi è tutto semplice. Ai sensi dell'articolo 15 del regolamento di procedura, risulta eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti espressi, il che significa che vengono presi in considerazione solo i voti a favore.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Signor Presidente, mi perdoni, forse sono l'unica persona in questo Parlamento che non sa cosa sta accadendo, ma davvero non so in che modo siamo tenuti a votare. C'è uno zero, un numero uno e una croce. Francamente, non so come votare a favore o contro o astenermi. Sarebbe utile se potesse venire spiegato correttamente.

 
  
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  Martin Schulz (S&D).(DE) Signor Presidente, in tutta modestia, vorrei porle una domanda. Lei dispone accanto a lei di un gran numero di colleghi ben retribuiti che sono sicuro saranno in grado di darle qualche aiuto per rispondere alla seguente domanda. Sul mio schermo, ho il nome “Tőkés”.

La mia apparecchiatura dispone poi di tre pulsanti da premere in votazione per appello nominale. Il primo pulsante è per il “sì”, il tasto centrale è per l’astensione e il terzo pulsante è per il “no”. É giusto?

(Commenti di approvazione)

Questo significa che chi vuole votare per l'onorevole Tőkés deve premere il pulsante “sì”, quelli che non vogliono votare per lui premono il pulsante “no”, e coloro che vogliono astenersi – come il mio gruppo – premono il tasto “astensione”. È così?

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – É esattamente quello che ho detto un attimo fa. Coloro che vogliono votare ”sì” premono il pulsante “sì”, quelli che vogliono votare “no” premono il pulsante “no”, e quelli che vogliono astenersi dal voto premono “0”.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Signor Presidente, mi scusi, ma sto parlando di nuovo facendo seguito alla domanda posta dall'onorevole Schulz e alla sua risposta molto chiara, che, tuttavia, è contraria a quanto mi è stato detto dai servizi del Parlamento.

I servizi del Parlamento mi hanno appena detto che posso votare a favore o astenermi, ma che non posso votare contro. Quindi non è affatto chiaro. Mi dispiace intervenire in questo modo ma possiamo per favore cercare di essere coerenti? Le sarei grato signor Presidente se potesse darmi una risposta chiara.

 
  
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  Presidente. – La risposta chiara è che in questa votazione terremo conto solo dei voti a favore. I voti contrari e le astensioni sono contati insieme, perché è importante solo il numero dei voti “sì”. La questione è chiara. Premendo il pulsante “no” o quello per astenersi, l'effetto sarà lo stesso.

Ora risponderò ad altre tre domande.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, ritengo che abbiamo palesemente violato il regolamento interno del Parlamento europeo. Questo modo di procedere è inaccettabile; è inaccettabile che non venga assolutamente presa nota di chi ha votato a favore, di chi contro e di chi si è astenuto. Si può vedere da come operano i pulsanti che i voti contrari non verranno registrati. Lei deve dare istruzioni per far sì che la votazione sia registrata in modo chiaro, e che sia presa nota di chi ha votato a favore, di chi contro e di chi si è astenuto.

 
  
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  Robert Atkins (ECR). – (EN) Signor Presidente, non esula certo dall’intelligenza capire che intendiamo votare contro o astenerci, come facciamo normalmente. Non si può sistemare la questione? Se non è possibile, allora non possiamo procedere con questa votazione.

 
  
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  Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, vorrei fare una osservazione tecnica. Sulle nostre apparecchiature è necessario prima premere “sì”, poi quando si va al “no”, è ancora in blu. Se si desidera visualizzare “no” non succede nulla. In altre parole, si può solo arrivare al “no” via il “sì’, il che non è una soluzione tecnica adeguata.

 
  
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  Dagmar Roth-Behrendt (S&D).(DE) Signor Presidente, cerchiamo di affrontare questa situazione con un po’ più con calma. Di solito, i vicepresidenti del Parlamento europeo vengono eletti in blocco all'inizio della legislatura o nel corso della legislatura. Quando lo facciamo, onorevoli colleghi, conosciamo sempre e solo il numero dei “sì” espressi per un candidato, il che decide anche l'ordine in cui i membri vengono eletti all’Ufficio di Presidenza. Ora, dato che un deputato ha lasciato la carica, oggi stiamo eleggendo un altro Vicepresidente: l'unica cosa importante quindi è se egli ha ricevuto il numero dei “sì” necessari all'elezione. Tutto il resto non fa alcuna differenza. É un caso diverso dalle altre votazioni.

(Applausi)

Il Presidente del Parlamento ha dato una descrizione perfetta della votazione segreta, e per me ha funzionato benissimo senza dover premere pulsanti vari. Ho premuto il pulsante che ho voluto premere ed è apparsa la luce blu. Forse potremmo semplicemente provare tutti insieme ancora una volta, signor Presidente.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Dichiaro aperta la votazione.

(Con votazione elettronica (votanti: 621; a favore: 334; astenuti: 287), il Parlamento elegge l’onorevole Tőkés).

Il nostro Vicepresidente ha ottenuto una maggioranza qualificata. Vorrei congratularmi con il collega, onorevole Tőkés, per aver ottenuto un risultato che gli conferisce la qualifica di Vicepresidente del Parlamento e gli auguro il successo nello svolgimento delle sue funzioni. Il Vicepresidente Tőkés ricoprirà l’undicesimo posto nell’ordine di precedenza dei vicepresidenti.

 
  
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  Norica Nicolai (ALDE).(RO) La mia scheda non ha funzionato. Io voto contro.

 
  
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  Stavros Lambrinidis (S&D).(EN) Signor Presidente, mi dispiace di dover prolungare ulteriormente la questione. Quello che lei ha detto nelle istruzioni era che i deputati potevano votare a favore o astenersi. I risultati finali mostrano però i voti “a favore”, “astenuti” e “contrari”. So che ci possono essere molte persone avrebbero votato in modo diverso se avessero saputo che avevano la scelta fra le tre opzioni. Ciò che vorrei chiedere è se davvero questo è il modo corretto per farlo, per farlo un'ultima volta.

 
  
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  Presidente. – Onorevoli colleghi, darò ascolto a tutte le vostre rimostranze sulla votazione in una procedura speciale dopo il voto. Non abbiamo intenzione di decidere la questione qui e ora. In conformità con l'esito del voto, che abbiamo raggiunto a maggioranza qualificata, abbiamo eletto il Vicepresidente Tőkés. Tutte le vostre osservazioni saranno oggetto di esame. Vi prega di comunicarmele entro la giornata di oggi. Prenderemo una decisione in merito domani. Darò una risposta diretta alle vostre perplessità. Grazie mille.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Hannes Swoboda (S&D).(DE) Signor Presidente, volevo solo farle sapere che secondo la votazione precedente abbiamo 789 deputati in questo Parlamento. É una cifra un po’ alta. Mi auguro che i voti futuri non indichino nuovamente che abbiamo 789 deputati.

 
  
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  Presidente. – Se c'è qualcosa da aggiungere alla fine della votazione, lo porterò alla vostra attenzione.

 
  
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  Robert Atkins (ECR).(EN) Signor Presidente, la questione sollevata dell'onorevole Swoboda è del tutto appropriata. Il mio buon amico, onorevole Harbour, ha fatto le somme e se è vero che hanno votato più persone di quelle effettivamente presenti, cioè 785, o forse addirittura 789, allora certo questo voto non può stare in piedi.

(Applausi)

Ciò che dobbiamo fare è prendere in considerazione – e vi esorto a sottoporlo all'Ufficio di Presidenza subito dopo avere lasciato la Presidenza – che domani dobbiamo tenere un’altra votazione, preferibilmente con una scheda cartacea o almeno con un sistema che funzioni correttamente.

 
  
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  Presidente. – Come ho detto, cercherò di tornare a voi prima della fine di questo turno di votazioni. Sembra che vi sia una discrepanza. L’onorevole Swoboda l’ha segnalata, e anche l’onorevole Atkins l’ha fatta notare. Cercheremo di ottenere informazioni nel più breve tempo possibile. Davvero non intendo dilungarmi oltre. C’è un problema, è necessario analizzarlo, è in corso di analisi, e ve ne darò conto il prima possibile.

 

7.2. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: ES/Comunidad Valenciana (A7-0180/2010, Barbara Matera) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Barbara Matera, relatrice. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'attuale contesto di crisi economica uno dei maggiori problemi che le economie avanzate si trovano ad affrontare è proprio quello della disoccupazione, una minaccia che ha raggiunto livelli allarmanti del 10% nell'Eurozona.

Le Istituzioni europee, e la Commissione europea in primis nel suo progetto di bilancio 2011, hanno messo in campo una serie di misure a sostegno della ripresa economica tra cui il rafforzamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, su cui sono relatrice e di cui stiamo per votare quattro importanti richieste di mobilitazione.

Ritengo quindi sia necessario uno snellimento delle procedure per la mobilitazione di questo fondo, al fine di dare in tempi brevi risposte ai lavoratori delle imprese colpite dalla crisi economica e dai processi di delocalizzazione delle stesse. Esorto quindi i miei cari colleghi a promuovere questo fondo all'interno dei singoli Stati membri.

 

7.3. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: Irlanda/Waterford Crystal (A7-0181/2010, Barbara Matera) (votazione)

7.4. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ES/Castiglia - La Mancha (A7-0179/2010, Barbara Matera) (votazione)

7.5. Mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: assistenza tecnica su iniziativa della Commissione (A7-0178/2010, Barbara Matera) (votazione)

7.6. Trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento (A7-0139/2010, Michail Tremopoulos) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Michail Tremopoulos , relatore. (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'incentivo a questa relazione sulla trasparenza nella politica regionale e il suo finanziamento è derivato dal fatto che la divulgazione integrale dei beneficiari dei fondi dell’Unione europea consente la partecipazione del pubblico a un dibattito significativo su come viene impiegato il denaro pubblico europeo. Ciò è necessario per il funzionamento della democrazia a livello europeo.

Questa relazione assegnatami dalla commissione per lo sviluppo regionale contiene raccomandazioni che dovrebbero essere incluse nelle future normative sui fondi strutturali, come ad esempio la fornitura di informazioni supplementari necessarie al momento della pubblicazione degli elenchi dei beneficiari e l’adozione di norme di partenariato sufficientemente vincolanti.

Altre proposte attuabili nel quadro degli attuali programmi di coesione sono, ad esempio:

- la definizione da parte della Commissione di uno schema più dettagliato e prescrittivo che specifichi la struttura, la forma e il contenuto delle informazioni da fornire;

- che colleghi inoltre l'iniziativa europea per la trasparenza con i nuovi controlli finanziari e di revisione contabile;

- una linea più severa da parte dei revisori in materia di comunicazione e di informazioni, tra cui “fare i nomi e accusare pubblicamente” e l'uso delle rettifiche finanziarie nei casi confermati di frode;

- coinvolgere maggiormente gli enti regionali e locali e gli altri partner interessati in tutte le fasi di programmazione e attuazione della coesione e dare loro pieno accesso a tutta la documentazione di progetto;

- un maggiore orientamento da parte della Commissione su come mettere in pratica nel quadro dei programmi in corso la clausola di partenariato e su come migliorare la trasparenza in materia di finanziamento comunitari di importanti progetti.

Ringrazio ancora una volta i relatori ombra degli altri gruppi politici per questo testo finale al quale siamo stati in grado di pervenire.

 

7.7. Contributi finanziari della dell'Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda (2007-2010) (A7-0190/2010, Seán Kelly) (votazione)
  

Prima della votazione:

 
  
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  Seán Kelly, relatore – (EN) Signor Presidente, so che i colleghi non gradiscono che si intervenga in questo particolare momento, ma chiedo la loro indulgenza per pochi minuti.

In primo luogo – poiché di ciò non si è discusso in Aula – è importante dire qualcosa al proposito, in particolare a causa del ruolo svolto dal Fondo internazionale dell'Unione europea per l'Irlanda. In secondo luogo, molte persone in Irlanda – e al di là dell’Irlanda – ritengono che questo fondo sia stato finanziato in gran parte dagli Stati Uniti. Naturalmente gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo enorme – e vorrei ringraziarli per questo – al pari di quanto hanno fatto Canada, Australia e Nuova Zelanda. Ma è importante sottolineare che in realtà, nel periodo dal 2006 in poi, l'Unione europea ha finanziato il 57 per cento del Fondo. Questo non lo sanno tutti e, naturalmente, non averlo discusso qui in Parlamento significava tenerlo segreto. Vorrei quindi sottolineare il ruolo svolto dall'Unione europea nel contribuire a creare contatti, dialogo e riconciliazione in Irlanda del Nord, in un processo di pace che per fortuna, anche se rimane fragile, è ancora in corso.

Vorrei rendere omaggio oggi a tutti coloro che hanno contribuito alla pace nell'Irlanda del Nord – ve ne sono molti – e in particolare, suppongo, agli estremi. Partiti come quello di Ian Paisley – che è stato membro di questa Assemblea per molti anni – e quello di Gerry Adams, che 20 anni fa non avrebbero mai potuto dialogare l’uno con l’altro, si sono riuniti nel processo di pace e di condivisione del potere. L'Unione europea deve prendersene il merito – almeno la propria quota di merito – e oggi voglio sottolinearlo. Vorrei rendere omaggio a tutti coloro che si sono assunti rischi per la pace in Irlanda del Nord e mi auguro che la pace continui.

(GA) Mi auguro che questa risoluzione sia approvata all'unanimità e mi congratulo con ogni persona coinvolta per il ruolo svolto nel processo di pace nel mio paese.

 
  
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  Francesco Enrico Speroni (EFD). – Signor Presidente, ho notato che tra la votazione per il vicepresidente e queste ultime votazioni centocinquanta colleghi sono spariti. Non so se è un attacco di colite oppure un malfunzionamento dell'aria condizionata. Forse sarebbe opportuno indagare.

 
  
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  Presidente. – No, non sono scomparsi. Vi daremo una spiegazione molto chiara di quello che è successo nella votazione per il reverendo Tőkés, ma non si è trattato di un intervento divino.

 

7.8. Rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo (A7-0162/2010, Marian-Jean Marinescu) (votazione)
  

- Dopo la votazione:

 
  
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  Robert Atkins (ECR). – (EN) Signor Presidente, mi dispiace di darle pena ancora una volta, ma vi è in realtà in programma una quarta votazione per appello nominale.

 
  
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  Presidente. – Mi è stato riferito che è stata rilasciata una nuova versione della lista di voto, cosicché presumibilmente è stato escluso dall’ordine del giorno. Abbiamo quindi completato la votazione sulla relazione Marinescu.

 

7.9. Adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona (A7-0043/2009, David Martin) (votazione)
  

- Prima della votazione:

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, vedo che a differenza del Presidente Buzek, lei non soffre di carenza della visione periferica ed è in grado di scorgermi.

Signor Presidente, debbo fare un brevissimo richiamo al regolamento. La relazione dell'onorevole Martin è destinata a risolvere i problemi di adattamento al trattato di Lisbona, ma tra le varie modifiche che siamo tenuti a votare, ce n'è una che non è legata in alcun modo al trattato di Lisbona e, a quel che vedo, va contro i principi generali della procedura parlamentare. É l'emendamento che priva i deputati non iscritti della facoltà di nominare i propri rappresentanti.

Onorevoli colleghi, questa è una questione molto seria indipendentemente dalle vostre opinioni politiche. Dare la responsabilità al Presidente del Parlamento, per quanto imparziale egli possa essere, di scegliere un deputato che rappresenti i deputati non iscritti alla Conferenza dei presidenti sulla base di chissà quali criteri, invece che agli stessi deputati non iscritti, credo che sia veramente contrario ai principi generali del diritto e in contrasto con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

Per questo motivo, signor Presidente, ritengo che questo emendamento debba essere ritirato dalla lista delle modifiche che votiamo oggi.

 
  
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  Presidente. – Grazie, onorevole Gollnisch. Lei forse ricorderà che per diversi mesi ho seduto tra i non iscritti e, se così posso dire, le mie idee politiche sono talmente diverse dalle sue da dimostrare solo il fatto che quello dei non iscritti non è un gruppo e mai potrà esserlo.

- Alla fine della votazione:

 
  
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  David Martin, relatore. – Signor Presidente, non voglio causare ritardi al Parlamento, ma prima di concludere questo punto ci sono due questioni tecniche da affrontare.

Come sapete questo processo è iniziato lo scorso novembre. Dobbiamo aggiungere una nuova citazione per collegare a questa votazione quella dello scorso novembre, e quindi chiedo al Parlamento di consentire che vengano aggiunte le parole “con riguardo alla sua decisione del 25 novembre 2009 concernente l'adeguamento del regolamento di procedura del Parlamento al trattato di Lisbona”. Come ho detto, si tratta solo di una questione tecnica.

Il secondo punto è che comunemente diciamo che queste regole dovrebbero entrare in vigore dal 1° dicembre 2009. Chiaramente questo è impossibile, e quindi chiedo che venga applicato il normale articolo 212, paragrafo 3, il che significa che la normativa entrerà in vigore il primo giorno della prossima tornata parziale.

 
  
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  Presidente. – Grazie onorevole Martin per tutto il lavoro da lei svolto su questa e su altre cose.

 

7.10. Mandato per il trilogo relativo al progetto di bilancio 2011 (A7-0183/2010, Sidonia Elżbieta Jędrzejewska) (votazione)

7.11. Mercati dei derivati: azioni strategiche future (A7-0187/2010, Werner Langen) (votazione)

7.12. Internet degli oggetti (A7-0154/2010, Maria Badia i Cutchet) (votazione)

7.13. Governance di internet: le prossime tappe (A7-0185/2010, Francisco Sosa Wagner) (votazione)

7.14. Politica comunitaria a favore dell’innovazione in un mondo che cambia (A7-0143/2010, Hermann Winkler) (votazione)

7.15. Progressi compiuti nella realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio: revisione di metà percorso in vista della riunione di alto livello delle Nazioni Unite di settembre 2010 (A7-0165/2010, Michael Cashman) (votazione)
  

- Dopo la votazione sul paragrafo 25:

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE).(DE) Signor Presidente, volevo solo dire che il mio dispositivo di voto ha smesso di funzionare. Non sono stato in grado di prendere parte alle ultime tre votazioni. Le sarei grato se potesse inviare un tecnico.

 

7.16. Proposta di decisione sulla creazione e la composizione numerica della delegazione alla commissione parlamentare CARIFORUM-CE (votazione)
  

***

 
  
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  Presidente. − Onorevoli colleghi, per chi è interessato, una spiegazione in merito alla votazione Tőkés:

Membri votanti, ovvero voti a favore e astensioni: 621; voti a favore: 334; astensioni: 287, ma non sono conteggiate come voti espressi. La maggioranza assoluta è 168.

L’onorevole Tőkés ha ottenuto 334 voti, più della maggioranza assoluta di 168. Il sistema di votazione elettronica è utilizzato come alternativa alla votazione con le schede. Su una scheda elettorale, gli elettori possono solamente votare a favore di un candidato o di un determinato numero di candidati. Non sussiste mai la possibilità di esprimere voto contrario, come ha spiegato l’onorevole Roth-Behrendt. Gli elettori che non desiderano esprimere voto positivo lasciano la scheda in bianco. Do, quindi, il benvenuto all’onorevole Tőkés nell’Ufficio di presidenza.

 
  
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  Stavros Lambrinidis (S&D).(EN) Signor Presidente, per sincerarmi di aver capito bene, lei ci sta dicendo che, per la votazione su un vicepresidente, è impossibile non raggiungere la maggioranza qualificata, perché se è soltanto possibile votare a favore o essere esclusi dal conteggio in caso di astensione, e se le astensioni non vengono conteggiate nel totale dei voti espressi, allora per definizione si avrà sempre una maggioranza qualificata. É questo che sta affermando?

 
  
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  Presidente. – Come si ricorderà, onorevole Lambrinidis, all’inizio di questa legislatura si sono tenuti tre scrutini per eleggere tutti i vicepresidenti a maggioranza qualificata, dunque quella è la procedura seguita in tale occasione. In questo caso c’era solo un candidato e, dal momento che ha ricevuto più di 168 voti a favore, ha superato la soglia della maggioranza qualificata ed è, quindi, eletto al primo scrutinio. Si tratta di una procedura inusuale, ma abbiamo rispettato le regole.

 
  
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  Robert Goebbels (S&D).(FR) Signor Presidente, forse avrà rispettato le regole, ma sommando 334 voti a favore, 168 astensioni e 287 voti contrari, il risultato è 789 deputati, vale a dire un numero superiore ai membri del Parlamento. Ne deduco che sono stati conteggiati voti fasulli, com’è successo durante le elezioni in Corsica. Si tratta chiaramente di una votazione truccata, che è necessario ripetere.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Goebbels, la risposta alla sua domanda è che alcuni deputati hanno erroneamente pensato che la maggioranza assoluta visualizzata su schermo fosse un punteggio effettivamente registrato, ma non era così. Si trattava soltanto di un’indicazione relativa alla maggioranza assoluta, che non deve essere sommata al numero totale di voti. Lo ripeto: l’onorevole Tőkés ha ricevuto 334 voti a favore, cifra superiore alla soglia della maggioranza qualificata, quindi viene eletto.

Vorrei chiarire che il numero 168 non si riferiva ad altrettanti voti, ma era un’indicazione del numero necessario per essere nominato vicepresidente, della soglia da superare. Mi dispiace che ci siano state incomprensioni in merito, forse avremmo potuto chiarirlo sul momento.

 
  
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  Adrian Severin (S&D).(EN) Signor Presidente, non voglio scendere nei dettagli, ma vorrei solo ricordarle che il presidente della riunione e il Presidente del Parlamento ci avevano informato che l’astensione e il voto contrario erano equivalenti. Tale comunicazione era, ovviamente, fuorviante, ma, dal momento che l’annuncio veniva dal presidente della riunione, è stato ritenuto valido; ritengo dunque che si debba ripetere la votazione tenendo in considerazione le spiegazioni che lei ci ha appena fornito.

 
  
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  Presidente. – Sono convinto che se tenessimo nuovamente la votazione arriveremmo allo stesso risultato. Credo che si fosse capito che si stava procedendo come in una normale votazione elettronica: i pulsanti avevano il solito significato, il risultato è stato chiaro. A non essere chiara è stata la presenza sul tabellone del numero 168, che ha causato una certa confusione. Se ci sono stati malintesi, il Presidente stesso potrà chiarire quanto intendeva la prossima volta che vi incontrerà in riunione.

 
  
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  Joanna Senyszyn (S&D).(PL) Il mio nome è Senyszyn.

Queste spiegazioni sono assolutamente insoddisfacenti, considerando che prima della votazione ci era stato detto che voti contrari e astensioni sarebbero stati contati congiuntamente, conformemente ai requisiti di maggioranza qualificata. Dopo tutto, che cosa intendiamo con “maggioranza qualificata”? Significa che i voti a favore devono superare la somma dei voti contrari e delle astensioni. In questo caso, il risultato della votazione non è affatto chiaro. Il Presidente Buzek ha affermato che ci sono stati 334 voti a favore, 287 contrari e 168 astensioni. Alla luce di questi dati, sembra proprio che siano stati 789 i deputati che hanno espresso un voto, e adesso la spiegazione secondo cui certi voti non contano potrebbe significare che sono alcuni tra i 334 voti a favore a non dover essere conteggiati.

Sulla base della definizione in uso nella maggior parte dei paesi, la situazione sarebbe assolutamente inaccettabile, e non credo che il nostro Parlamento debba fare eccezione. “Maggioranza qualificata” o “maggioranza assoluta” significano più voti a favore che voti contrari o astensioni. In questo caso, tali condizioni non si sono affatto verificate, perché è stato espresso un numero errato di voti: le postazioni di voto non hanno dunque funzionato correttamente e, di conseguenza, è assolutamente necessario procedere con una nuova votazione.

 
  
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  Nicole Sinclaire (NI).(EN) Signor Presidente, se mi permette, ho due richiami al regolamento. Il primo riguarda l’elezione del Vicepresidente. Questa votazione non può essere considerata sicura. Le istruzioni sono state fuorvianti. In questa fila abbiamo cercato di esprimere voto contrario, ma le postazioni non ce lo hanno permesso. Abbiamo cercato di avanzare richiami al regolamento che non sono state accolti. Chiedo dunque che la votazione si tenga nuovamente, avvalendoci di schede elettorali o semplicemente scegliendo tra voto favorevole, astensione e voto contrario, con una visualizzazione chiara dei risultati. Vorrei ringraziarla a nome di coloro che, come la sottoscritta, hanno un atteggiamento critico nei confronti di questa istituzione – si tratta di un vero e proprio autogol da parte del Parlamento, che sarà oggetto di molte critiche da parte nostra, le sono grata!

La mia seconda critica riguarda il rifiuto di concedermi una dichiarazione di voto sulla relazione presentata dall’onorevole Tremopoulos. Si trattava di una votazione per appello nominale sul tema della trasparenza, durante la quale io ho espresso voto contrario. Ora, non mi viene concessa la possibilità di spiegare le ragioni del mio voto contrario, ma i miei elettori vedranno che ho votato contro la trasparenza. Vorrei spiegare perché ho votato contro questa relazione. Le chiedo di concedermi la possibilità di tenere una dichiarazione di voto.

 
  
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  Presidente. – Per quanto riguarda il primo punto, il personale era presente in Aula, come anche il Presidente, che ha presieduto la votazione. Se sono emersi problemi per il modo in cui questa è stata gestita, saranno affrontati.

Per quanto concerne il secondo punto, ai sensi della procedura semplificata non si tengono discussioni né dichiarazioni di voto; ciononostante, onorevole Sinclaire, può presentare la sua dichiarazione per iscritto: la invito dunque ad avvalersi di questa possibilità.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, l’ho ascoltata prestando estrema attenzione alle sue parole. Lei ha affermato che 168 era la soglia necessaria per ottenere una maggioranza qualificata. Questo è quanto ho sentito, o in ogni caso è quanto è stato tradotto. Mi sembra incredibile, perché, se le cose stanno effettivamente così, in un certo qual modo consideriamo come soglia necessaria per l’elezione la metà dei voti favorevoli.

Dunque, qualunque cosa accada, ci sarà sempre una maggioranza qualificata. É ovvio. É la prima volta che sento dire che 168 voti rappresentano una maggioranza qualificata in questo Parlamento. Forse ho frainteso quanto lei ha affermato, ma l’intera procedura mi sembra del tutto assurda. Potrà essere adatta a un’elezione con più candidati, ma certamente non lo è per il rinnovamento del mandato di un vicepresidente.

 
  
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  Presidente. – La cifra 168 è stata calcolata dal computer, sulla base dei voti effettivamente espressi, come maggioranza.

Onorevoli colleghi, non ho mai passato un esame di matematica in tutta la mia vita, quindi mi fermerò qui!

 
  
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  Mário David (PPE).(EN) Signor Presidente, è proprio su questo punto che per una volta sono d’accordo con l’onorevole Gollnisch, anche se spero sia la prima e l’ultima. Il fatto è che, a fronte di 621 votanti, la maggioranza doveva per lo meno ammontare a 311 voti. Mi compiaccio del risultato, perché, avendo ottenuto 334 voti a favore, il nostro candidato sarebbe comunque stato eletto, ma la prego di ovviare al problema perché, stando così le cose, è evidente che l’algoritmo del programma deve essere sbagliato.

 
  
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  Presidente. – Ne abbiamo preso nota.

 
  
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  Matthias Groote (S&D).(DE) Signor Presidente, nel mio caso non è stato possibile esprimere voto contrario perché la postazione di voto ha visualizzato qualcosa solamente dopo aver premuto il tasto “Sì”, seguito dal tasto “Astensione”. La invito a controllare ancora una volta il modo in cui le postazioni raccolgono e conteggiano i voti, perché ritengo non sia stato convincente. Non sono stato l’unico ad avere questo problema, diversi onorevoli colleghi hanno avuto la stessa esperienza: non hanno potuto premere il pulsante “Astensione” o “No”, ma in primo luogo hanno dovuto votare “Sì”, il che rende la votazione piuttosto insidiosa. Le chiedo di controllare nuovamente come sono stati conteggiati i voti.

 
  
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  Presidente. – Qualcosa mi dice che non useremo mai più questo sistema. In futuro ricorreremo alle schede!

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE).(EN) Signor Presidente, proporrei agli onorevoli colleghi rimasti in Aula di evitare di discutere ulteriormente di questo punto. É chiarissimo che ci sono stati 621 voti. Il Vicepresidente ne ha ottenuti 334: è la maggioranza, possiamo procedere. Se l’opinione pubblica dei 27 Stati membri ci sta osservando, avrà pochissimo rispetto per questa Camera. Ci sono questioni più importanti di questa, come gli elevati tassi di disoccupazione: discutiamo delle questioni importanti e non perdiamo ulteriore tempo su questo punto. Accetto la sua spiegazione, signor Presidente, accetto la spiegazione del Presidente. Prosegua, quindi, e si occupi di questioni importanti.

 
  
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  Toine Manders (ALDE).(NL) Signor Presidente, le propongo di inviare via posta elettronica le spiegazioni fornite, che trovo chiare, a tutti i deputati. Mi dispiace infatti che molti dei parlamentari che si scaldano sempre quando si parla di trasparenza, chiarezza e democrazia si siano affrettati ad andare a pranzo. Forse avranno un quadro della situazione chiaro se lei inviasse loro un’e-mail.

 
  
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  Presidente. – Si tratta di una decisione che spetta al Presidente, ma certamente gli farò presente la proposta.

 
  
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  Alexandra Thein (ALDE).(DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, le nostre sessioni plenarie sono pubbliche e in questo caso stiamo dando una pessima impressione. Vorrei associarmi a quanto detto pocanzi. Invece di una comunicazione via e-mail, vorrei che si pubblicasse una spiegazione ufficiale sul sito Internet del Parlamento europeo, dal momento che almeno una delle affermazioni espresse deve essere errata. La soglia non può essere stata di 168 voti. Se sono stati espressi 621 voti, allora la soglia sarebbe dovuta essere 310 – se ho capito bene la situazione. Chiedo, quindi, una spiegazione per iscritto sul sito Internet affinché anche ogni cittadino possa comprendere quanto accaduto. Considerando il gran numero di spettatori che ci osservava, abbiamo davvero dato una brutta impressione.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D).(RO) Dal momento che le spiegazioni del Presidente Buzek sulla procedura di votazione sono state confusionarie e contraddittorie e che alcune postazioni di voto non hanno funzionato, ritengo che ripetere la votazione possa fare chiarezza e darci un risultato legittimo. Come ha affermato uno dei miei onorevoli colleghi, siamo osservati dai cittadini dei 27 Stati membri. Credo che sia necessario dimostrare trasparenza e integrità a chi ci ha eletto.

É deplorevole che, proprio quando un gran numero di deputati mette in dubbio il modo in cui la votazione è stata condotta, la proposta di ripetere la votazione in condizioni normali sia stata rifiutata: si dimostra così che non tutti gli europarlamentari ricevono un trattamento equo.

Ecco perché la sua convinzione, la convinzione del Presidente e la convinzione degli onorevoli colleghi che hanno affermato che questi voti sono stati ricevuti deve essere la convinzione di tutti noi, la convinzione di ogni membro dell’Unione europea.

 

8. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

Relazione Kelly (A7-0190/010)

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE).(EN) Signor Presidente, è stato un piacere, ma non una sorpresa, constatare il gran numero di voti a favore della relazione, che è stato coerente in tutti le discussioni sul Fondo internazionale per l’Irlanda (FII). Senza dubbio, l’Unione europea ha apportato uno dei maggiori contributi all’avvio del FII nel 1986, anno in cui fu istituito dai governi di Londra e Dublino per promuovere lo sviluppo economico e sociale nelle 12 contee su entrambi i lati del confine.

(GA) Il Fondo ha beneficiato di oltre 800 milioni di euro, che, prendendo in considerazione l’effetto moltiplicatore, equivalgono a un investimento superiore ai 2 miliardi di euro.

Io stesso provengo da una contea di frontiera e sono un rappresentante della regione di confine, pertanto comprendo benissimo qual è stato il ruolo che il Fondo internazionale per l’Irlanda ha svolto nel processo di pace.

Con il sostegno del Fondo internazionale sono stati creati più di 40 000 posti di lavoro diretti, e 16 000 indiretti, offrendo nuove opportunità occupazionali in una regione economicamente svantaggiata.

(EN) In conclusione, anche se è stata decisa una strategia di chiusura per portare a termine l’attività del FII alla fine di quest’anno, ritengo sia necessario considerare con attenzione l’ipotesi di prolungare questo proficuo ed efficace programma. Grazie per la vostra pazienza.

 
  
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  Izaskun Bilbao Barandica (ALDE).(ES) Signor Presidente, ho votato a favore di questa iniziativa perché il suo obiettivo principale è continuare a sostenere il processo di pace e riconciliazione nell’Irlanda del Nord e nelle contee limitrofe dell’Irlanda, al fine di creare legami di riconciliazione e comunicazione tra le comunità più divise e continuare, come europei, a difendere i valori e i diritti umani.

Noi nell’Euskadi – i Paesi Baschi – continuiamo a soffrire a causa della violenza terrorista, e attendiamo che l’Euskadi Ta Askatasuna (ETA) dia ascolto al grido della società basca, stanca di soffrire, che lo invita a rinunciare alla violenza una volta per tutte. Stiamo aspettando una dichiarazione definitiva di cessate il fuoco. In queste circostanze, mi aspetto dall’Unione europea la stessa solidarietà e pieno sostegno nei confronti dell’Euskadi, per arrivare alla pace e alla riconciliazione cui aspiriamo.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, nessun paese è stato danneggiato dai salvataggi finanziari tanto quanto l’Irlanda, e nessun popolo è stato colpito duramente come gli irlandesi. Il ministro irlandese per le Finanze, Brian Lenihan, ha preso tutte le decisioni giuste. Tutti i funzionari pubblici irlandesi, dal Taoiseach agli impiegati statali di primo livello, e addirittura i beneficiari d’indennità di disoccupazione, hanno stretto la cinghia e hanno subito tagli notevoli nel proprio reddito. Ora gli irlandesi vedono che, se non avessero preso queste dolorose decisioni – se avessero soltanto continuato a spendere – avrebbero richiesto a loro volta un intervento di salvataggio, come i greci; quel che è peggio, scoprono di essere obbligati a contribuire al salvataggio della Grecia e, per di più, che in termini pro capite l’Irlanda apporta un contributo maggiore rispetto alla maggior parte degli Stati dell’area dell’euro.

Qualunque economista ortodosso proporrebbe che, in un periodo simile, si conceda ad alcune delle economie dell’area dell’euro di tornare a battere la propria moneta, di svalutare, di prendersi tempo per rimettersi in sesto e tornare sul mercato. Al contrario, stiamo condannando i popoli dell’Europa meridionale ad anni di povertà e deflazione e opprimiamo i contribuenti dell’Europa settentrionale con un debito enorme, il tutto solo per la salvezza di pochi. Senza dubbio si tratta dei volti più costosi da quello di Elena di Troia, che fece salpare un migliaio di navi!

 
  
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  James Nicholson (ECR).(EN) Signor Presidente, non intendevo pronunciare una dichiarazione di voto sull’oggetto della discussione, ma durante il suo intervento il relatore ha menzionato soltanto il dottor Paisley e il signor Adams, affermando che hanno portato la pace nell’Irlanda del Nord. Beh, il signor Adams e il dottor Paisley avranno portato molte cose, ma di certo non la pace. Saranno in molti a vantarsi di aver contribuito alla pace nell’Irlanda del Nord, ma in realtà sono stati David Trimble e John Hume a occuparsi degli aspetti più impegnativi del processo di pace nella regione, e spero che il relatore in futuro abbia la premura di divulgare le informazioni corrette. Sono stati loro a misurarsi con tutti i compiti più ardui del passato.

Vorrei chiarire di aver votato a favore della relazione, quest’oggi, perché credo che l’Irlanda del Nord continui a necessitare di sostegno per mantenere i livelli raggiunti. Non è per niente scontato che la pace sia duratura, dal momento che ci sono individui da entrambi i lati – e li abbiamo visti farsi avanti di recente – che cercano di minare i risultati ottenuti.

 
  
  

Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo

 
  
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  Jacek Olgierd Kurski (ECR).(PL) Signor Presidente, faccio parte dei 334 deputati che hanno sostenuto l’onorevole Tőkés nella sua candidatura alla vicepresidenza del Parlamento europeo. É un eroe della mia giovinezza. Nel 1989, in qualità di giornalista per Solidarność e sotto il fuoco della Securitate, i brutali servizi segreti di Ceauşescu, mi occupavo della rivoluzione rumena, movimento iniziato a Timisoara con un discorso tenuto dall’onorevole Tőkés il 16 dicembre 1989.

Ciononostante, mi dispiace notare che oggi l’onorevole Tőkés è stato vittima in primo luogo di un errore del computer, che ha conteggiato erroneamente 168 voti, e poi del fatto che questi 168 voti sono stati sommati al totale dal presidente della seduta, causando una controversia generale. Di conseguenza, se questo in futuro porterà a mettere in dubbio la liceità dell’elezione dell’onorevole Tőkés a Vicepresidente del Parlamento europeo, allora sono favorevole a tenere una nuova votazione. Sono certo che il risultato sarà addirittura migliore. Il mandato in seno al Parlamento europeo di una personalità così illustre non può essere messo in questione da nessuno. Ritengo, quindi, che, laddove vengano sollevati dubbi, sia nell’interesse dell’onorevole Tőkés stesso ripetere la votazione.

 
  
  

Relazione Marinescu (A7-016/2010)

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho sostenuto la relazione del collega Marinescu – che colgo l'occasione per ringraziare – perché ritengo che un trasporto delle merci all'avanguardia ed efficiente sia un requisito fondamentale non solo per la competitività ma per la stessa sopravvivenza delle imprese europee. Inoltre, ritengo ampiamente condivisibile la volontà del relatore di reintrodurre alcuni passaggi del testo approvato dallo stesso Parlamento in prima lettura.

 
  
  

Relazione Martin (A7-0043/2010)

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, quando abbiamo iniziato le votazioni di oggi, ci siamo trovati ad avere una procedura che non avevamo mai incontrato in quest’Aula in passato, secondo la quale solo i voti positivi vengono registrati. La invito, signor Presidente, a considerare il fatto che si sia trattato solo di una questione di tempo, il che, ovviamente, è precisamente l’approccio seguito dall’UE in diversi referendum.

La Costituzione europea o trattato di Lisbona è stata puntualmente respinta alle urne, dal 54 per cento degli elettori francesi, dal 62 per cento degli elettori olandesi e dal 53 per cento degli irlandesi, e ogni volta la reazione è stata di proseguire indipendentemente dal risultato, di ignorare le obiezioni avanzate dai cittadini, di interpretare le espressioni di opposizione come un incoraggiamento. Abbiamo, ora, sancito e regolarizzato quell’approccio nelle procedure di questa Camera. Abbiamo reso impossibile l’espressione di dissenso nei confronti del progetto. Mi viene la tentazione di adattare una vecchia battuta: qual è la parte di “no” che non le è chiara?

 
  
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  Syed Kamall (ECR).(EN) Signor Presidente, quest’oggi, nell’esaminare la relazione sul regolamento e il relativo adeguamento al trattato di Lisbona, è interessante parlare a molti eurodeputati e notare come non conoscano il contenuto del trattato di Lisbona e i suoi effetti nella vita quotidiana dei nostri elettori.

Prendiamo, ad esempio, il salvataggio finanziario della Grecia. Se analizziamo la discussione in seno al Consiglio, notiamo infatti che essa verte sull’articolo 122 del trattato di Lisbona, che dovrebbe avere per oggetto la solidarietà e stabilirne le condizioni, ossia:. “In uno spirito di solidarietà qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell'energia, o qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali”. Tutto questo viene ora utilizzato come scusa dagli Stati membri, indipendentemente dalla loro appartenenza all’area dell’euro, per salvare un paese che è l’unico responsabile della propria situazione e non è stato vittima di circostanze eccezionali.

Dobbiamo essere chiari nei confronti degli elettori per quanto riguarda il significato che il trattato di Lisbona ha per loro. Significa forse utilizzare i soldi dei contribuenti per salvare Stati che non sono in grado di gestirsi autonomamente?

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, questo Parlamento ha un particolare talento quando si parla di riforme al regolamento, che sono sempre volte a diminuire i diritti della minoranza, underdog o Untermeschen che dir si voglia, che siamo in una certa misura. Nell’ultimo anno abbiamo agito calpestando la norma che, ai sensi dell’articolo 24 del regolamento, permette ai deputati non iscritti di nominare il proprio rappresentante.

Con un’osservazione che è stata – mi perdoni – una delle più stupide che io abbia mai sentito nella mia carriera parlamentare, lei, signor Presidente, ha appena affermato che ciò non era possibile perché lei non condivideva le mie convinzioni politiche. É vero, io sono un deputato non iscritto per ragioni di principio, mentre lei era non iscritto solo perché era stato tradito dai suoi amici.

Ciononostante, signor Presidente, c’era per lo meno un modo per risolvere questa disputa, cioè votando. La votazione è la procedura usuale in una democrazia. Eppure, ora i rappresentanti dei deputati non iscritti saranno scelti dal Presidente del Parlamento. Si tratta dell’ennesima farsa.

É stato proprio l’onorevole Martin ad aver architettato e pianificato quest’idea, con i rappresentanti dei due gruppi principali. Il tutto, inoltre, mi ricorda le precedenti modifiche del regolamento ad opera dell’onorevole Corbett, che ora, dopo essere stato sconfitto dal mio amico, l’onorevole Griffin alle elezioni per il Parlamento europeo, è fortunatamente caduto nel dimenticatoio.

 
  
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  Philip Claeys (NI).(NL) Signor Presidente, l’emendamento n. 86 della relazione Martin stabilisce che il rappresentante presso la Conferenza dei presidenti dei deputati non iscritti sia scelto non dai deputati stessi, ma dal Presidente del Parlamento. La motivazione addotta è la mancanza di consenso tra i deputati non iscritti. Mi chiedo dove sia il problema. Analogamente, non c’è consenso in questa stessa Aula quando si elegge il Presidente del Parlamento, motivo per cui teniamo un’elezione democratica. Il rappresentante dei deputati non iscritti deve essere rappresentativo, pertanto l’opzione migliore è l’organizzazione di un’elezione.

Il Parlamento europeo inizia quasi a mostrarsi come una sorta di istituzione farsesca, in cui lo stesso Presidente della Camera decide chi rappresenterà alcuni dei suoi oppositori. Mi viene anche da chiedermi su cosa sarà basata questa decisione. Forse sul principio di rappresentatività? Sulla simpatia personale o sull’amicizia nei confronti di un determinato deputato non iscritto? Quali saranno i criteri utilizzati dal Presidente per scegliere il rappresentante dei deputati non iscritti? Avrei auspicato che prima della votazione il Presidente tenesse una dichiarazione in merito, ma purtroppo non ci è stato concesso.

 
  
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  Jaroslav Paška (EFD). (SK) Signor Presidente, con tutto il rispetto per lei e per quest’istituzione, la discussione sull’adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona non dovrebbe tralasciare la lacuna nel regolamento che ha reso possibile una votazione simile e un risultato come l’elezione dell’onorevole Tőkés all’incarico di Vicepresidente.

Non riesco a comprendere come i presidenti possano adottare una votazione controversa, e quindi l’esito controverso di una votazione, e sono solidale nei confronti degli onorevoli colleghi che nutrono dubbi sulla correttezza del conteggio. Da questo punto di vista, ritengo che l’Unione europea e il Parlamento europeo debbano agire con trasparenza e chiarezza, e fino a quando alcuni deputati riterranno che le postazioni abbiano classificato il voto espresso diversamente dalle loro intenzioni e non si avrà avuta la possibilità di controllare il tutto sui monitor, la votazione continuerà a essere controversa.

Da questo punto di vista, credo sia nell’interesse dell’onorevole Tőkés, e nell’interesse della credibilità del Parlamento europeo, di tornare su questa votazione e ripeterla, affinché in futuro non ci siano dubbi riguardo all’elezione del Vicepresidente del Parlamento europeo.

 
  
  

Relazione Jędrzejewska (A7-0183/2010)

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, il cancro della Grecia si sta diffondendo in tutto il Mediterraneo. Questa settimana abbiamo letto che la Commissione europea si sta preparando a salvare la Spagna, e il Presidente del Consiglio europeo Van Rompuy ammette apertamente che, in quel caso, i 750 miliardi di euro già destinati al fondo di salvataggio d’emergenza risulterebbero del tutto inadeguati.

Mentre il tumore si diffonde, invece di considerare l’amputazione, i nostri leader hanno deciso di intraprendere un lungo percorso di chemioterapia, costoso, doloroso e dal risultato incerto. Quello che intendo dire è che cercheranno di creare gli strumenti necessari a ciò che il Presidente Van Rompuy chiama governance economica e che i suoi predecessori chiamavano federalismo fiscale: armonizzazione fiscale, una tassa sulle operazioni finanziarie, un’Agenzia europea di debito o un Fondo monetario europeo. Tutto questo per cercare di trasferire il denaro necessario a tenere in vita il loro progetto, mentre, ovviamente, la cosa più semplice sarebbe risparmiare ai contribuenti l’onere del salvataggio e fornire alle economie disastrate un massiccio stimolo, permettendo loro di svalutare e di rimettersi sul mercato. Che alto prezzo imponiamo ai nostri popoli per assecondare le presunzioni delle loro élite!

 
  
  

Relazione Cashman (A7-0165/2010)

 
  
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  Clemente Mastella (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in occasione del Vertice del Millennio del 2000, i paesi più ricchi, tra cui anche i paesi dell'Unione europea, hanno rinnovato il proprio impegno per la realizzazione di alcuni specifici obiettivi entro il 2015: ridurre la fame e la povertà, migliorare l'istruzione e la sanità e proteggere l'ambiente nei paesi in via di sviluppo.

A quasi dieci anni di distanza, riteniamo che tocchi ora più che mai all'Europa, in quanto principale attore a livello mondiale nell'ambito degli aiuti allo sviluppo, assumere un ruolo guida. Non vi è alcun dubbio che negli ultimi anni gli aumenti degli aiuti allo sviluppo abbiano contribuito ad alleviare le sofferenze di milioni di persone. Stanno funzionando, è vero, ma c'è ancora molto da fare, considerando anche che l'attuale crisi internazionale costringerà molti Stati membri a ridurre il proprio bilancio a sostegno di questi paesi.

Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che a questo punto sia diventato necessario esplorare meccanismi di finanziamento innovativi. Gli Stati membri dell'Unione europea devono iniziare a prendere sul serio dei partenariati strategici di tipo politico con questi paesi. Questo significa dimostrare una volontà politica rinnovata da parte di tutti i partner per la realizzazione degli obiettivi prioritari, che restano: coerenza delle politiche allo sviluppo, affrontare il cambiamento climatico e la crisi globale, governance e diritti, diritto all'alimentazione ed educazione allo sviluppo. Questa resta, signor Presidente, la nostra sfida primaria.

 
  
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  Sonia Alfano (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Cashman perché ritengo che sia responsabilità di questo Parlamento e delle Istituzioni europee rispettare e sostenere gli impegni verso le persone che vivono nei paesi meno sviluppati, in particolare quelli africani.

Non possiamo arrivare al 2015 e renderci conto che gli otto obiettivi che ci eravamo posti non sono stati raggiunti, perché dietro il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, dietro quelle percentuali – non dimentichiamolo – ci sono miliardi di persone che soffrono e che non hanno la possibilità di vivere in maniera dignitosa.

L'Unione europea deve rappresentare un esempio e una guida negli aiuti per lo sviluppo. La cancellazione del debito pubblico, unitamente a un maggiore impegno nel controllo che gli aiuti vadano a buon fine, è uno dei punti chiave di questo progetto di solidarietà, un progetto la cui realizzazione – dobbiamo esserne consapevoli – non è rinviabile se non pagando il prezzo di ulteriori vite umane.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Elezione di un Vicepresidente del Parlamento europeo

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Dal momento che l’onorevole Schmitt, Vicepresidente del Parlamento europeo, è stato recentemente nominato Presidente del neoeletto parlamento ungherese, i miei colleghi ed io abbiamo dovuto eleggere un nuovo Vicepresidente. L’onorevole Tőkés, deputato ungherese del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) soddisfa tutti i criteri necessari per assumere una tale carica (integrità, impegno, sostegno per il progetto europeo); per questo motivo ho votato a favore della sua candidatura.

 
  
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  Cătălin Sorin Ivan (S&D), per iscritto. (RO) La nomina dell’onorevole Tőkés a Vicepresidente del Parlamento europeo è un insulto alla Romania, considerando il tono sciovinista delle dichiarazioni di questo collega. Inoltre, la sua elezione a questa carica suscita preoccupazioni ancora più gravi per la dubbiosa procedura di votazione utilizzata. Una nomina di questo tipo non avrebbe dovuto aver luogo nel Parlamento europeo, un’istituzione responsabile di fronte ai cittadini europei. Tuttavia, dal momento che il fatto è ormai compiuto, avremmo voluto che la votazione si fosse tenuta in circostanze pienamente conformi alla procedura standard. Giacché non è stato così, quest’elezione incide sull’immagine del Parlamento europeo, soprattutto in Romania, dove l’opinione pubblica si interessa direttamente alla questione. Al momento, non conta molto che l’onorevole Tőkés svolga o meno un buon lavoro nella sua nuova posizione. Quel che pesa di più è l’offesa recata a uno Stato europeo.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (S&D), per iscritto. (EN) La votazione odierna sull’elezione dell’onorevole Tőkés a Vicepresidente del Parlamento europeo è stata una disgrazia. In primo luogo, le spiegazioni del Presidente sulle modalità di voto sono state sia confusionarie sia contraddittorie e, di conseguenza, nessuno era certo sul come procedere. In secondo luogo, le postazioni di voto di numerosi deputati rumeni – che ci si aspettava avrebbero espresso voto contrario – curiosamente non funzionavano bene. Terzo punto, la votazione si è comunque tenuta e il Presidente ha lasciato in sospeso l’intera questione, abbandonando la sala. Quarto, la ragionevole richiesta dell’Aula di ripetere la votazione in circostanze normali è stata rifiutata. Quinto, è stato comunicato che c’erano stati più voti dei deputati presenti! Sesto, siamo semplicemente stati informati che la votazione era comunque stata convalidata! Settimo, anche così, nessuno riusciva a spiegare com’è possibile che 168 voti possano rappresentare una “maggioranza qualificata” in un Parlamento che consta di 751 membri!

In realtà, in questo modo il PPE ha imposto con la forza la propria volontà sull’intero Parlamento! Me ne dispiaccio, perché senza dubbio sono in grado di agire in maniera migliore e anche noi, gli altri eurodeputati, ci meritiamo di meglio!

 
  
  

Relazione Matera (A7-0180/2010)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Per ragioni di solidarietà politica con i miei amici del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) ho votato a favore della relazione presentata dall’onorevole collega italiana, Barbara Matera (PPE, IT), sulla proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di circa 6,6 milioni di euro a sostegno della Spagna, che si trova ad affrontare esuberi nel settore dei prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. Senza mettere in dubbio l’analisi della Commissione europea, basata sui dati forniti dal Regno di Spagna, ritengo sia strano mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per un fenomeno che è semplicemente la conseguenza dello scoppio della bolla immobiliare in Spagna. É, in realtà, la riduzione dei mutui ad aver causato la diminuzione nel numero dei permessi edili emessi, e, di conseguenza, nel consumo di prodotti ceramici, piastrelle e prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. In che direzione andiamo con questo tipo di ragionamento? Possiamo veramente sostenere che si tratta di un adeguamento alla globalizzazione? Ritengo, inoltre, che costi amministrativi superiori a 400 000 euro siano eccessivi, anche se l’origine di questa considerevole somma sembra essere uno studio di 60 000 euro, il cui costo mi pare proibitivo. Non finisce qui...

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’aumento della disoccupazione è una delle conseguenze più dannose della recente crisi economica e finanziaria. Il peggioramento dell’instabilità dei mercati ha contribuito a inasprire la situazione di numerose imprese, che si sono dimostrate meno capaci di adattarsi alla globalizzazione. In questo caso, 181 imprese della regione della Comunidad Valenciana sono state vittime di tali ripercussioni. La Spagna ha fornito prove sufficienti a sostegno della richiesta di mobilitare il fondo, che ritengo vada accolta.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ritengo che un’assistenza particolare sia estremamente importante per i lavoratori che sono stati licenziati o che sono stati colpiti dall’attuale clima economico mondiale, come si è verificato in questo caso, che vede 2 425 esuberi in 181 imprese della regione spagnola di Valencia. La concessione di un’assistenza volta a riqualificare e reintegrare questi lavoratori nel mercato del lavoro è cruciale, non solo per far riprendere l’economia, ma anche per la stabilità sociale. Per questo motivo voto a favore della risoluzione. Vorrei reiterare la raccomandazione della Commissione affinché non si ricorra a un trasferimento di risorse finanziarie dal Fondo sociale europeo per erogare pagamenti nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Si tratta di due Fondi con obiettivi distinti e complementari, al di là dei quali l’uno non può sostituire l’altro. Trattandosi di una misura straordinaria, il FEG deve godere di un finanziamento autonomo e, sempre in quanto tale, non può assorbire risorse sottratte al Fondo sociale europeo o a qualsiasi altro Fondo strutturale: sarebbe un errore gravissimo.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Il 2 settembre 2009 la Spagna ha presentato una domanda d’assistenza volta a mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore dei lavoratori in esubero di 181 imprese, operanti nella fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, in un’unica regione NUTS II, la Comunidad Valenciana. Ritengo che la domanda sia conforme ai requisiti per la determinazione dei contributi finanziari stabiliti all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1927/2006. Pertanto, ho espresso il mio consenso per la relazione e la proposta della Commissione di mobilitare un importo pari a 6 598 735 euro. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finanzia esclusivamente misure che contribuiscono al reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori in esubero trovino lavori temporanei o permanenti, partecipino a programmi di formazione professionale e acquisiscano le competenze necessarie per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro, ottenere una licenza commerciale o intraprendere un’attività professionale autonoma. Anche la Lituania ha già beneficiato dell’assistenza di questo Fondo.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore delle relazioni sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione perché credo sia cruciale sottolineare l'importanza del FEG.

Tale strumento è stato istituito per fornire delle misure attive di sostegno al mercato del lavoro, esclusivamente destinate ad aiutare i lavoratori licenziati a causa dei cambiamenti strutturali nei principali flussi commerciali mondiali e per agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro.

Si tratta di uno strumento estremamente utile che dal 2007 ad oggi ha visto la presentazione di 55 richieste, provenienti da 17 Stati membri e relative al sostegno di 52.334 lavoratori licenziati, a fronte delle quali sono stati previsti stanziamenti per un totale di 271,9 milioni di euro.

Dall'analisi dei dati in nostro possesso si evince, quindi, che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato mobilitato per una somma pari a 5.195 euro per singolo lavoratore licenziato, una somma effettivamente utilizzata per dare attuazione a pacchetti personalizzati di servizi, specificamente mirati a reintegrare i lavoratori interessati nel mercato del lavoro.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Per riguardo nei confronti dei lavoratori spagnoli della regione di Valencia, che sono stati sacrificati a causa della globalizzazione, mi astengo dal voto. Considerando la situazione in cui l’impatto delle politiche neoliberiste dell’Unione europea li ha spinti, ci si potrebbe ritenere giustificati a votare contro l’irrisoria somma che l’élite europea vuole concedere loro, eppure il poco che riceveranno potrà per lo meno contribuire ad alleviare le sofferenze. Ciò, comunque, non rende più tollerabile l’approccio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che sostiene le delocalizzazioni in Marocco e Algeria attualmente in corso e consacra il profitto dei più ricchi. Per l’oligarchia europea, una coscienza pulita ha un prezzo basso.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. In passato, il FEG è stato utilizzato da altri Stati membri dell’UE, e ora è in grado di offrire il proprio sostegno a Valencia, Spagna, a causa della recente situazione, che vede più di 2 400 esuberi in 181 imprese del settore della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione riguarda la mobilizzazione del FEG a sostegno della regione di Valencia, in Spagna (6 598 735 euro), in seguito a 2 425 esuberi in 181 imprese operanti nel settore della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi. I fondi saranno versati direttamente ai lavoratori colpiti. La relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci senza discussione, e anche in plenaria noi Verdi l’abbiamo sostenuta.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0181/2010)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Per ragioni di solidarietà con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e con l’Irlanda, e sulla base della relazione presentata dall’eccellente collega italiana Barbara Matera, ho votato a favore della proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di circa 2,7 milioni di euro a sostegno dell’Irlanda, che si trova ad affrontare esuberi nel settore del cristallo. La maggior parte dei 600 esuberi riguarda l’impresa Waterford Crystal. Senza mettere in dubbio l’analisi della Commissione, mi sembra strano che quest’impresa, che è in difficoltà dal 2005, possa essere all’origine di un adeguamento alla globalizzazione. Nel 2005 annunciò la chiusura dello stabilimento di Dungarvan, per concentrare tutte le operazioni nell’impianto di Kilkenny, nella città di Waterford, che dava lavoro a 1 000 persone; a causa del trasferimento, Dungarvan ha perso circa 500 posti di lavoro. In seguito alla chiusura di questo stabilimento, avvenuta il 30 gennaio 2009, gli ex lavoratori e le loro famiglie organizzarono diverse manifestazioni, terminate nel marzo 2009 grazie a un accordo con i lavoratori e al pagamento di 10 milioni di euro (fonte: Wikipedia). Si tratta davvero di un adeguamento alla globalizzazione?

 
  
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  Liam Aylward (ALDE), per iscritto.(GA) Accolgo con estremo favore le sovvenzioni dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione distribuite agli ex dipendenti della Waterford Crystal e delle imprese dell’indotto. Il Fondo è stato creato per sostenere i lavoratori che soffrono a causa di cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali e il suo contributo sarà fondamentale per la comunità locale, che era incentrata sull’industria Waterford Crystal.

Dal momento che quest’impresa era centrale per la regione, visto che gran parte della manodopera qualificata del posto era occupata nel settore del vetro e nell’indotto, e siccome il settore era di vitale importanza per l’identità della regione di Waterford, i fondi saranno estremamente utili ai lavoratori e alle loro famiglie e contribuiranno a offrire loro nuove opportunità di occupazione.

É necessario adottare misure di coordinamento a livello locale per garantire un’adeguata distribuzione delle risorse. Considerando che i lavoratori in questione sono più anziani della media e si occupavano di attività altamente qualificate, è necessario garantire che i fondi siano utilizzati per progetti di riqualificazione professionale e formazione, per incoraggiare l’imprenditorialità e per migliorare l’accesso all’occupazione.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea è il principale donatore del Fondo internazionale per l’Irlanda ed eroga circa il 57 per cento dei contributi annuali.

Accolgo quindi con favore il ruolo che la Comunità europea ha svolto nel garantire assistenza economica e sociale all’Irlanda, perseguendo gli obiettivi di pace e riconciliazione.

L’attuale periodo di esercizio si sta concludendo, ma è importante che la Comunità europea continui a contribuire al Fondo internazionale per l’Irlanda, impegnandosi nel raggiungimento di obiettivi come l’appianamento delle differenze, l’integrazione delle comunità e l’incoraggiamento dello sviluppo nelle regioni delle due aree che in Irlanda hanno sofferto maggiormente, a causa dell’instabilità degli ultimi anni.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Accolgo con estremo favore la decisione di mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per assistere i dipendenti della Waterford Crystal. La crisi economica globale, insieme ai profondi cambiamenti nei flussi commerciali mondiali, ha causato numerosi licenziamenti in Irlanda e in tutta Europa. Invito il governo irlandese ad agire con rapidità, per garantire che queste risorse siano utilizzate con prontezza ed efficacia per soddisfare le specifiche esigenze di formazione e riqualificazione dei lavoratori. Il quadro temporale per l’utilizzo del Fondo è limitato ed è prioritario che i servizi necessari vengano predisposti senza indugi. É inoltre urgente riesaminare il regolamento del FEG per permettere maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse, in particolare per quanto concerne i vincoli temporali.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il paese noto come “tigre celtica” vantava in passato considerevoli livelli di crescita, ma negli ultimi anni ha accusato l’impatto della crisi e gli effetti della globalizzazione, che hanno colpito il settore irlandese del vetro, con il risultato che oggi quasi 600 lavoratori sono bisognosi d’assistenza. Sono favorevole alla mobilitazione del Fondo.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Alla luce degli obiettivi del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), voto a favore della concessione di assistenza ai lavoratori in esubero nelle imprese Waterford Crystal nella Repubblica d’Irlanda. Il sostegno in questione ammonta a più di 2,5 milioni di euro, che saranno vitali per incoraggiare i lavoratori colpiti a migliorare le proprie competenze, dal momento che la maggior parte di loro ha più di 45 anni d’età. Ciononostante, vorrei sottolineare le evidenti differenze e ineguaglianze che si sono verificate nell’ambito del FEG: in diverse occasioni, gli Stati membri non hanno infatti saputo utilizzare i fondi disponibili, a discapito dei lavoratori che perdono il posto di lavoro in questi paesi, com’è successo in Portogallo in seguito al continuo aumento dei fallimenti e del tasso di disoccupazione.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Il 7 agosto 2009 l’Irlanda ha presentato una domanda d’assistenza volta a mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore dei lavoratori in esubero Dell’impresa Waterford Crystal e di tre dei suoi fornitori/produttori a valle. Ritengo che la domanda sia conforme ai requisiti per la determinazione dei contributi finanziari stabiliti all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1927/2006. Pertanto, ho espresso il mio consenso per la relazione e la proposta della Commissione di mobilitare un importo pari a 6 598 735 euro. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finanzia esclusivamente misure che contribuiscono al reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori in esubero trovino lavori temporanei o permanenti, partecipino a programmi di formazione professionale e acquisiscano le competenze necessarie per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro, ottenere una licenza commerciale o intraprendere un’attività professionale autonoma. Anche la Lituania ha già beneficiato dell’assistenza di questo Fondo

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Per riguardo nei confronti dei lavoratori irlandesi della Waterford Crystal, che sono stati sacrificati a causa della globalizzazione, mi astengo dal voto. Considerando la situazione in cui l’impatto delle politiche neoliberiste dell’Unione europea li ha spinti, ci si potrebbe ritenere giustificati a votare contro l’irrisoria somma che l’élite europea vuole concedere loro, eppure il poco che riceveranno potrà per lo meno contribuire ad alleviare le sofferenze. Ciò, comunque, non rende più tollerabile l’approccio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che avvalla l’attuale speculazione delle banche e consacra i profitti realizzati da fondi statunitensi come il KPS Capital Partners a spese dei lavoratori europei. Nel regno degli eurocrati, una coscienza pulita ha un prezzo basso.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. In passato, il FEG è stato utilizzato da altri Stati membri dell’UE, quindi ora dovremmo destinare parte delle sue risorse alla Repubblica d’Irlanda, in particolare alle imprese del settore del cristallo e del vetro. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione riguarda la mobilizzazione del FEG a sostegno di lavoratori irlandesi (2 570 853 euro), in seguito a esuberi alla Waterford Crystals e tre dei suoi fornitori, operanti nel settore del cristallo. I fondi saranno versati direttamente ai lavoratori colpiti. La relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci senza discussione, pertanto non ho problemi a esprimere un voto positivo.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0179/2010)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (EN) Accolgo con favore la decisione di mobilitare assistenza finanziaria a favore di lavoratori in esubero che hanno perso il posto di lavoro a causa della crisi economica e finanziaria globale in tre casi particolari – nelle regioni spagnole della Comunidad Valenciana e Castilla-La Mancha, e nell’impresa di produzione di cristallo Waterford Crystal, in Irlanda. L’importo totale a sostegno di queste realtà ammonta a 11 milioni di euro ed è rivolto a 3 663 lavoratori in esubero. Sebbene l’assistenza del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione non possa risolvere tutti i problemi causati dalla crisi economica e finanziaria, invito le istituzioni dell’Unione europea a eseguire una valutazione efficace e tempestiva delle domande pervenute, e gli Stati membri a partecipare attivamente al Fondo.

Nel mio paese natale, la Lituania, è stata recentemente concessa assistenza finanziaria ai lavoratori che hanno perso la propria occupazione nei settori edile, tessile e della fabbricazione di mobili, ma anche ai dipendenti dello stabilimento Snaigė nella città di Alytus. Tale sostegno è stato estremamente apprezzato da chi è stato più duramente colpito dalla crisi economica e finanziaria mondiale.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Per ragioni di solidarietà con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e sulla base della relazione presentata dall’onorevole collega italiana Barbara Matera (PPE, IT), ho votato a favore della proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo di circa 2 milioni di euro a sostegno della Spagna, che si trova ad affrontare esuberi nel settore dei prodotti in legno. In realtà, il Regno di Spagna giustifica la propria richiesta adducendo la motivazione che la crisi economica e finanziaria ha causato un improvviso collasso dell’economia mondiale, che ha avuto gravi ripercussioni su numerosi settori, in particolare sulla domanda nel settore edile e, di conseguenza, sui prodotti in legno. La verità è che la crisi ha fatto scoppiare la bolla immobiliare spagnola, e mi è difficile intravedervi un caso di adeguamento alla globalizzazione…Se esaminiamo i progetti finanziati (ad esempio 57 sostegni all’imprenditorialità di 3 000 euro l’uno, per un totale di 171 000 euro, 16 atelier di formazione combinati con tirocinio professionale, dal costo di 12 500 euro l’uno, per un totale di 200 000 euro, e così via), dov’è l’adeguamento alla globalizzazione? Non finisce qui...

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’elevato numero di settori e imprese colpiti dalla crisi e dalla globalizzazione fa emergere dubbi in merito alla sopravvivenza e alla sostenibilità dell’attuale modello economico europeo. Se l’utilità della concessione di sostegno ai lavoratori in esubero è incontestata, lo stesso non si può dire della perpetuazione dello status quo, che tende a inasprire le situazioni difficili come quelle vissute dai taglialegna e dai raccoglitori di sughero nella regione di Castilla-La Mancha.

Invece di concedere assistenza episodica, l’Unione europea e i suoi Stati membri devono essere in grado di promuovere un ambiente economico privo di ostacoli burocratici superflui, che sia favorevole agli imprenditori e premi rischio e innovazione.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della concessione di sostegno nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, a causa dell’impatto estremamente negativo che la chiusura di 36 imprese di legname nel giro di nove mesi ha avuto sulla regione spagnola di Castilla-La Mancha, che ha portato 585 cittadini a perdere il proprio posto di lavoro. La situazione è ulteriormente inasprita dallo spopolamento di cui soffre la regione e dalla mancanza di qualsiasi altro tipo di formazione nella forza lavoro. Vorrei, quindi, sottolineare l’importanza di dedicare attenzione speciale agli impatti negativi dell’attuale crisi economica sulle aree più rurali.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Il 9 ottobre 2009 la Spagna ha presentato una domanda alla Commissione volta a mobilitare un importo totale di 1 950 000 euro nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), in relazione ai 585 lavoratori licenziati per esubero da 36 imprese operanti nell’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili, e della fabbricazione di articoli contenenti paglia e materiali da intreccio nella regione di Castilla-La Mancha nei nove mesi oggetto della relazione, dal 1° novembre 2008 al 31 luglio 2009. Condivido la valutazione della Commissione, che sostiene che la domanda soddisfa i criteri di ammissibilità stabiliti dal regolamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) e mi associo alla raccomandazione all’autorità di bilancio di approvare la domanda. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) finanzia esclusivamente misure che contribuiscono al reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro, creando le condizioni affinché i lavoratori in esubero trovino lavori temporanei o permanenti, partecipino a programmi di formazione professionale e acquisiscano le competenze necessarie per soddisfare le esigenze del mercato del lavoro, ottenere una licenza commerciale o intraprendere un’attività professionale autonoma. Anche la Lituania ha già beneficiato dell’assistenza di questo Fondo.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Per riguardo nei confronti dei lavoratori spagnoli della regione Castilla-La Mancha, che hanno sofferto a causa della globalizzazione, mi astengo dal voto. Considerando la situazione in cui l’impatto delle politiche neoliberali dell’Unione europea li ha spinti, ci si potrebbe ritenere giustificati a votare contro l’irrisoria somma che l’élite europea vuole concedere loro, eppure il poco che riceveranno potrà per lo meno contribuire ad alleviare le sofferenze. Ciò, comunque, non rende più tollerabile l’approccio del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che sostiene la speculazione sul mercato immobiliare e il suo collasso e consacra i profitti che gli interessi generano a beneficio delle banche. Per i tiranni eurocrati, è facile ottenere una coscienza pulita.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. In passato, il FEG è stato utilizzato da altri Stati membri dell’UE, quindi ora dovremmo destinare parte delle sue risorse alla regione spagnola di Castilla-La Mancha, a causa dei 585 esuberi in 36 imprese operanti nell’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili, e nella fabbricazione di articoli di paglia e materiali da intreccio. Queste sono le motivazioni alla base del mio voto.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione riguarda la mobilizzazione del FEG a sostegno della regione spagnola di Castilla-La Mancha (1 950 000 euro), in seguito a 585 esuberi in 36 imprese operanti nell’industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili, e nella fabbricazione di articoli di paglia e materiali da intreccio. I fondi saranno versati direttamente ai lavoratori colpiti. La relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci senza discussione, e noi del gruppo Verts/ALE l’abbiamo sostenuta.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0178/2010)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Per ragioni di solidarietà con il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e a seguito della relazione della collega italiana, onorevole Matera, ho votato a favore della proposta di decisione concernente la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per l'importo di 1,1 milioni di euro destinati al finanziamento delle attività di assistenza tecnica in relazione al Fondo stesso. Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento FEG 2006, per iniziativa della Commissione lo 0,35 per cento dell'importo totale del Fondo (500 milioni di euro) resta disponibile ogni anno per attività di assistenza tecnica, ovvero 1 750 000 di euro. Nulla è ancora stato erogato all'assistenza tecnica. Francamente, convocare due riunioni di 27 esperti (1 per Stato membro) al costo di 35 000 euro l'una, per un totale di 70 000 di euro, e due seminari sul FEG di 100 000 euro l'uno sembra davvero inutile, soprattutto se il Fondo va a coprire non tanto l'adeguamento alla globalizzazione ma i costi di gestione. Che dire poi dei 10 studi del costo di 25 000 euro ciascuno! Non finisce qui...ma se ne ricava sinceramente l'impressione che tali attività di assistenza tecnica vengano svolte per spendere denaro, solo perché vi è una base giuridica che lo consente.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Sono favorevole a questa relazione perché più della metà delle risorse destinate dalla Commissione all'assistenza tecnica saranno usate per finanziare studi e valutazioni sugli interventi in corso a titolo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) e per la loro attuazione, ricavandone risultati positivi e traendone insegnamenti per il futuro; una parte degli stanziamenti per le attività di assistenza tecnica servirà inoltre a istituire una banca dati sul reinserimento a lungo termine nel mercato del lavoro. Chiedo altresì che almeno una parte di questi stanziamenti siano utilizzati per misure tecniche volte ad accelerare le procedure di presentazione della domanda di assistenza, che, in molti casi, sono troppo lunghe. Invito gli Stati membri a studiare e sfruttare le possibilità e opportunità offerte dal FEG in caso di esuberi collettivi e a impiegare i fondi disponibili per sostenere i lavoratori licenziati e agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro. Vorrei inoltre incoraggiare gli Stati membri a scambiare le migliori prassi e a prendere esempio, in particolare, da quegli Stati membri che hanno già istituito reti informative nazionali sul FEG, con il coinvolgimento delle parti sociali e dei portatori d’interesse locali, al fine di predisporre una solida struttura di assistenza qualora si verificassero licenziamenti collettivi.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La Commissione europea chiede la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per poter offrire un’assistenza tecnica adeguata e sufficiente e rispondere così alle molte richieste dei paesi che stanno registrando un incremento nel numero di disoccupati a causa della crisi economica e finanziaria internazionale e della globalizzazione, che compromette la solvibilità di molte imprese. Il voto unanime della commissione parlamentare dimostra il consenso dei parlamentari europei che si occupano più da vicino di tale tematica. Ritengo pertanto che meriti uguale considerazione da parte del Parlamento.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione, volta a promuovere una migliore attuazione dei fondi e dei meccanismi d’aiuto a favore dei lavoratori in esubero, perché riconosco l’importanza del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) nella riqualificazione dei lavoratori e nella riduzione dell’impatto socio-economico della crisi mondiale. Oltre al potenziamento delle misure intese a migliorare il monitoraggio, la revisione contabile e la valutazione dell’attuazione dei piani di sostegno approvati, vorrei sottolineare la necessità di adoperarsi per la promozione d’iniziative che accrescano e amplino utilizzo dei fondi FEG da parte degli Stati membri, in particolare Spagna e Portogallo.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Sono favorevole a questa relazione e alla proposta della Commissione di mobilitare un importo di 1 110 000 euro a valere sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per il finanziamento delle attività di assistenza tecnica da parte della Commissione. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della base giuridica di riferimento, su iniziativa della Commissione lo 0,35 per cento dell’importo massimo annuo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) può essere utilizzato per attività di assistenza tecnica. Un massimo di 1,75 milioni di euro può essere usato ogni anno per coprire i fabbisogni indicati per l’esecuzione del Fondo. Concordo con la proposta della Commissione, secondo cui l’importo dovrà finanziare le seguenti attività: attività legate alla valutazione intermedia del FEG – studi di monitoraggio ed esecuzione, creazione di una base di conoscenze, scambio di informazioni e di esperienze tra Stati membri e gli esperti e i revisori contabili della Commissione, sviluppo di reti, organizzazione di riunioni del gruppo di esperti del FEG, organizzazione di seminari sull’esecuzione del Fondo come pure attività di informazione e pubblicità e ulteriore sviluppo del sito Internet del FEG e delle pubblicazioni in tutte le lingue dell’Unione europea. Le attività del FEG svolgono un ruolo di primaria importanza e lo scopo di tale Fondo è fornire un sostegno supplementare ai lavoratori licenziati per esubero a causa della globalizzazione o della crisi economica e finanziaria mondiale e assisterli nel loro reinserimento nel mercato del lavoro.

 
  
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  Erminia Mazzoni (PPE), per iscritto. − Ho espresso voto favorevole alla relazione in oggetto nella assorbente considerazione dell'importanza di dotare il Fondo di adeguamento alla globalizzazione di procedure più dinamiche.

La decisione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2010, chiede di mobilitare un importo di 1.110.000 euro per finanziare attività di controllo e monitoraggio, ma soprattutto di informazione e sostegno tecnico e amministrativo per l'utilizzazione delle risorse da parte degli Stati e delle parti sociali. È fondamentale offrire informazioni chiare per ridurre i tempi delle procedure, cosi come è indispensabile dotare l'Unione di strumenti sempre più vicini ai cittadini per trasparenza e conoscibilità. A partire dal 1° maggio 2009, tale fondo può essere utilizzato anche per il sostegno agli esuberi causati dagli effetti della crisi economica e dei mercati finanziari, il che lo rende ancora più attuale e necessario.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea è uno spazio di solidarietà, e in questo quadro si iscrive il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Questo tipo di assistenza è essenziale per aiutare i disoccupati e le vittime delle delocalizzazioni causate dalla globalizzazione. Sempre più imprese delocalizzano, approfittando del minore costo della manodopera in diversi paesi, in particolare Cina e India, spesso a discapito di Stati che rispettano i diritti dei lavoratori. L’obiettivo del FEG è assistere i lavoratori che sono vittima della delocalizzazione delle imprese, e il suo ruolo è fondamentale nel facilitare loro l’accesso a una nuova occupazione. É pertanto necessario valutare il rendimento di tale meccanismo d’aiuto. Alla luce di questo, la Commissione sta valutando la mobilitazione del FEG per coprire i costi amministrativi legati alla predisposizione della valutazione intermedia sul funzionamento del FEG. In tale contesto, verranno condotti studi sull’attuazione del FEG, sul reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro e sullo sviluppo di reti fra servizi forniti dagli Stati membri competenti per questioni attinenti al FEG, nonché sullo scambio delle migliori prassi e sulla creazione e l’aggiornamento del sito Internet.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (EGF) ha lo scopo di offrire una pronta assistenza a quei lavoratori che sono vittime di cambiamenti strutturali dei modelli di commercio mondiale.

Il 24 aprile 2010 la Commissione ha adottato una nuova proposta di mobilitazione dell'EGF che riguarda l'emissione di 1.110.000 euro dal Fondo, una somma che coprirebbe le attività primarie dell'EGF, ovvero il monitoraggio e l'implementazione degli studi, la creazione di un data base, lo scambio di informazioni e di esperienze tra gli Stati membri e gli esperti europei dell'EGF, l'organizzazione di seminari, nonché gli ulteriori sviluppi del sito web dell'EGF e delle sue pubblicazioni in tutte le lingue europee.

Da parte mia, un'implementazione del Fondo non può che essere accolta positivamente, avendo essa il merito di incoraggiare gli Stati membri a fare buon uso delle possibilità offerte dall'EGF, soprattutto per ciò che concerne i lavoratori. Ritengo che la creazione di un data base sia molto utile, poiché funge da collante tra gli Stati membri e quindi li spinge a collaborare tra loro e a prendere spunto da quei paesi che hanno maggiore esperienza nel settore. Reputo infine incoraggiante che un team di esperti guidi gli Stati membri in questo processo e auspico ulteriori sviluppi per un progetto futuro dell'EGF.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione verte sulla mobilitazione di 1 110 000 a titolo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) onde fornire assistenza tecnica su iniziativa della Commissione. In base alla proposta della Commissione, tale importo è destinato a finanziare le seguenti attività: attività legate alla valutazione intermedia del FEG (articolo 17) – studi di monitoraggio ed esecuzione, creazione di una base di conoscenze, scambio di informazioni e di esperienze tra gli Stati membri e gli esperti e i revisori contabili della Commissione, sviluppo di reti, organizzazione di riunioni del gruppo di esperti di persone di contatto del FEG, organizzazione di seminari sull'esecuzione del Fondo, come pure attività di informazione e pubblicità (articolo 9) e ulteriore sviluppo del sito Internet del FEG e delle pubblicazioni in tutte le lingue. Questa relazione è stata adottata in sede di commissione per i bilanci (COBU) senza discussione. Noi Verdi l’abbiamo sostenuta.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Il recente terremoto finanziario ha avuto uno strascico di disoccupazione o di sottoccupazione. É un bene che l’Unione europea sia fondata sul principio di solidarietà. Dalla creazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) nel 2006, sono state presentate circa 30 domande per un totale di 154 milioni di euro ed è stata fornita assistenza a 33 000 lavoratori in tutta Europa. Tale assistenza ha interessato vari settori, fra i quali l’informatica, la telefonia cellulare e l’industria automobilistica.

Gli Stati baltici hanno risentito pesantemente del contraccolpo della crisi finanziaria. In Lituania, fra l’ottobre 2008 e il luglio 2009, più di 1 600 lavoratori occupati nel settore dell’edilizia hanno perso il lavoro. La metà di questi non è riuscita a ricollocarsi, è andata in pensione o ha richiesto assistenza. La maggior parte dei costi è coperta dal FEG, mentre il resto è a carico del Fondo lituano per l’occupazione. Desidero esprimere il mio apprezzamento per il FEG, che fornisce un’assistenza molto ben selezionata e socialmente responsabile. Un esempio fra tutti: 651 dipendenti dell’azienda lituana AB Snaigė (produttrice di impianti di refrigerazione) e di due dei suoi fornitori hanno perso il lavoro nel giro di 5 mesi, fino al maggio 2009. Le conseguenze hanno investito direttamente i lavoratori e le loro famiglie nonché la cittadina di Elytus, sede della Snaigė. Data la situazione che si era venuta determinando, una buona parte degli stanziamenti del FEG è stata destinata ai lavoratori. Il denaro erogato offrirà ai lavoratori l’opportunità di trovare un’occupazione, di studiare e di riqualificarsi.

 
  
  

Relazioni Matera (A7-0180/2010, A7-0181/2010, A7-0179/2010)

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Il FEG è stato creato per aiutare i lavoratori che sono stati negativamente colpiti dalla globalizzazione. La Commissione ha approvato una serie di proposte per accedere al Fondo e fornire assistenza all’Irlanda e alla Spagna. Vorrei sottolineare l’estrema urgenza dei casi per i quali viene richiesto l’intervento del Fondo: la procedura di erogazione dovrebbe quindi essere quanto mai efficace e tempestiva. Condivido le conclusioni della relatrice al riguardo e ho quindi votato a favore della relazione Matera.

 
  
  

Relazioni Matera (A7-0180/2010, A7-0181/2010, A7-0179/2010, A7-0178/2010)

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è vitale per agevolare il reinserimento dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro a seguito della crisi economica e finanziaria mondiale.

Le istituzioni europee hanno svolto un ruolo importante nel sostenere la ripresa economica dei Paesi membri più bisognosi di aiuto.

Ancora una volta, esorto le istituzioni comunitarie ad agire di concerto per dare attuazione al Fondo in modo sollecito e flessibile, sulla base di procedure semplificate che rispondano tempestivamente alle necessità dei lavoratori maggiormente colpiti dall’attuale crisi economica.

 
  
  

Relazione Tremopoulos (A7-0139/2010)

 
  
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  Sonia Alfano (ALDE), per iscritto. − Secondo un'indagine pubblicata dalla Regione Sicilia alla fine del 2009, il 75% dei cittadini ritiene nullo o poco rilevante l'impatto positivo dei fondi europei. Se pensiamo che, secondo la Corte dei conti, il 51% delle risorse destinate alla Sicilia per il periodo di programmazione 2000-2006 non è stato speso e che una buona percentuale dei fondi utilizzati risulta viziata da irregolarità, si comprende bene la pressoché totale mancanza di fiducia da parte dei cittadini.

Appoggio pertanto pienamente la relazione del collega. Solo la più completa trasparenza, consentendo al cittadino di conoscere l'effettivo utilizzo delle risorse pubbliche, può restituire fiducia nelle istituzioni. Chiunque deve avere la possibilità di conoscere a chi vengono assegnati i fondi e soprattutto a cosa vengono destinati, nonché di seguire tutte le fasi dalla programmazione alla realizzazione degli interventi.

Porre il cittadino nelle condizioni di vigilare sui fondi europei non rappresenta solo una declinazione fondamentale del processo democratico, ma costituisce un deterrente ad ogni forma di distrazione di tali risorse pubbliche. Ricordo che trasparenza non significa solamente rendere pubblici i documenti, quello rappresenta solo il primo passo. Le informazioni devono risultare accessibili e facilmente intellegibili, altrimenti risultano un mero esercizio tecnico non funzionale ad alcun controllo democratico.

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa relazione, che propone un approccio accessibile e concertato allo scambio interregionale di migliori prassi, allo scopo di consentire agli attori della politica di coesione di imparare dall’esperienza degli altri. Credo inoltre che la governance verrà notevolmente potenziata e agevolata se gli attori coinvolti nell’attuazione della politica di coesione si concentreranno soprattutto sulle tematiche relative alla gestione dei progetti. Gli Stati membri dovrebbero decentrare l’attuazione della politica di coesione per garantire un corretto funzionamento della governance multilivello, nel rispetto dei principi di partenariato e sussidiarietà. Accolgo con favore la creazione di un manuale di riferimento per l’audit e la semplificazione della revisione contabile, segnatamente in merito ai criteri di selezione, all’ingegneria finanziaria e alla rendicontazione finanziaria.

Vorrei ricordare gli ostacoli che i potenziali beneficiari dei Fondi strutturali hanno segnalato: si rivelano infatti un aumento degli oneri burocratici, regolamenti troppo complessi, poca trasparenza nei processi decisionali e nelle norme di cofinanziamento e ritardi nei pagamenti. Se vogliamo superare questi ostacoli, dovremo definire criteri a lungo termine per i progetti cofinanziati attraverso i Fondi strutturali e predisporre misure speciali nonché nuovi indicatori qualitativi per le regioni con particolari caratteristiche geografiche, quali le regioni ultraperiferiche.

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, condivido la posizione del collega Winkler, cui ho dato il mio voto positivo, sulla revisione della politica comunitaria a favore dell'innovazione. In particolar modo, ritengo condivisibile la volontà di predisporre una strategia di ampio spettro, che non riguardi solo l'innovazione tecnologica ma anche quella amministrativa, organizzativa e sociale. A tale proposito, il coinvolgimento del mondo economico e della piccola e media impresa nella definizione di misure di promozione dell'innovazione mi sembra cruciale, cosi come l'attenzione che va data agli obiettivi di politica economica a livello regionale.

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) La versione iniziale di questa relazione di iniziativa dell’onorevole Tremopoulos non mi convinceva del tutto. Ho dunque presentato dieci emendamenti per correggerne l’orientamento. Assieme ai colleghi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), siamo così riusciti a reintrodurre il francese e il tedesco quali lingue di comunicazione oltre all’inglese, a limitare le informazioni richieste a quelle veramente necessarie, a mantenere la presunzione di corretto utilizzo dei fondi europei e così via. L’utilizzo dei fondi dovrebbe essere in effetti più trasparente, ma non per questo si devono rendere eccessivamente onerose le procedure di richiesta dei fondi comunitari. Grazie alla nostra azione, i cittadini europei disporranno di maggiori informazioni sull’utilizzo dei fondi comunitari, ma senza accrescere gli oneri burocratici. Per questo ho votato a favore della versione emendata di questa relazione.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa propria del mio collega greco, l’onorevole Tremopoulos, sulla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento. Accolgo con favore l’iniziativa europea per la trasparenza (IET), adottata dalla Commissione europea per migliorare la trasparenza, l’apertura e la responsabilità nel governo dell’Unione europea. Concordo sulla necessità di regole e metodi d’esecuzione che garantiscano la trasparenza delle procedure, che offrano ai potenziali beneficiari un migliore accesso ai Fondi strutturali e snelliscano gli oneri amministrativi a carico dei partecipanti. Le autorità di gestione degli Stati membri devono presentare tutte le fasi dei progetti finanziati con i Fondi strutturali in modo trasparente. Auspico che i parlamentari europei siano informati e coinvolti nell’esecuzione dei progetti nelle loro circoscrizioni elettorali.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa dell’onorevole Tremopoulos. L’efficacia dei Fondi strutturali e di coesione è un requisito essenziale per la crescita delle nostre economie e per la creazione di posti di lavoro. Al fine di garantire trasparenza nell’utilizzo di tali Fondi, si dovrebbe dare piena attuazione all’iniziativa europea per la trasparenza: sono infatti insufficienti le informazioni di cui disponiamo in merito alle decisioni della Commissione sul finanziamento dei grandi progetti. Gli Stati membri ricorrono anch’essi a diversi livelli per informare il pubblico sui beneficiari degli aiuti comunitari. Ritengo che la trasparenza dovrebbe essere garantita a tutti i livelli, perché essa va di pari passo con il processo di semplificazione delle procedure per l’ottenimento dei Fondi strutturali e consente la partecipazione dell’opinione pubblica al dibattito sulle modalità di spesa delle risorse istituzionali, che è essenziale per l’efficace utilizzo dei fondi comunitari.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − In un momento come quello attuale, in cui la crisi economica e finanziaria appare come un fenomeno trasversale che attraversa senza distinzioni tutti i settori, quello agricolo non fa eccezione e richiede a gran voce sostegno finanziario e trasparenza.

La relazione di Michail Tremopoulos dà un seguito alla Comunicazione della Commissione sull'Iniziativa europea per la trasparenza, introducendo proposte atte a favorire la divulgazione dei dati relativi ai beneficiari dei finanziamenti e la trasparenza nella gestione concorrente e nel partenariato. Proprio perché credo che maggiore informazione e soprattutto un'informazione più semplice possano rendere il complesso mondo della politica di coesione comunitaria più vicino al mondo delle imprese, sosterrò con un voto favorevole il testo in questione.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) L’iniziativa europea per la trasparenza è in vigore dal 2005 quando fu approvata dalla Commissione. Appena un anno dopo fu pubblicato il Libro verde, con l’intento di migliorare la trasparenza, l’apertura e la responsabilità della governance dell’UE. L’approvazione di questi documenti era motivata dal diritto fondamentale dei cittadini di sapere chi sono i beneficiari dei fondi comunitari, poiché di fatto ogni cittadino, in misura diversa, apporta un contributo finanziario ai progetti stessi.

La pubblicazione on line delle informazioni sui grandi progetti prima di predisporne il finanziamento è prassi comune tra le istituzioni finanziarie internazionali. La Commissione europea costituisce un’eccezione in tal senso, sebbene non sussista una concreta motivazione per cui l’esecutivo comunitario debba adottare standard di trasparenza inferiori. In tal senso, la richiesta rivolta dal Parlamento alla Commissione affinché le informazioni vengano tempestivamente pubblicate su Internet, onde consentire un accesso diretto alla documentazione relativa ai finanziamenti europei, risulta perfettamente in linea con la politica di trasparenza adottata a livello comunitario. É importante che i progetti approvati dalla Commissione siano al di sopra di ogni sospetto e che l’opinione pubblica ne sia informata tempestivamente, sin dalle prime fasi di presentazione della domanda di finanziamento.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) La trasparenza sulle modalità di utilizzo dei Fondi strutturali erogati, in particolare attraverso la pubblicazione ex post dell’elenco dei beneficiari, della denominazione delle operazioni e dell’importo dei finanziamenti pubblici destinati alle stesse, è fondamentale per la discussione sulle modalità di spesa del denaro pubblico europeo.

In particolare, vi è incertezza in merito alla definizione di "beneficiari" e all'importo dei finanziamenti pubblici versati al beneficiario da pubblicare (importi impegnati o importi effettivamente versati).

Sottoscrivo le raccomandazioni espresse in questa relazione perché concorrono alla diffusione di una cultura di fiducia reciproca fra tutte le parti interessate, che consentirà un migliore utilizzo dei fondi comunitari.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Vi sono numerosi fondi comunitari a disposizione dei cittadini e di altre entità. Molti lamentano il fatto che le procedure per avere accesso a tali fondi siano complicate ed eccessivamente burocratizzate. Occorrono informazioni più chiare sulle procedure relative ai fondi e maggiore trasparenza sul modo in cui tali fondi vengono spesi. Concordo con le conclusioni del relatore e ho pertanto deciso di votare a favore della sua relazione.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Voto a favore delle misure proposte in questa relazione, poiché ritengo che la trasparenza sia un fattore fondamentale per il conseguimento degli obiettivi generali di tutte le politiche, e segnatamente delle politiche di coesione.

La variabilità della presentazione e delle condizioni di accessibilità dei dati, che deriva dalle evidenti differenze nell’interpretazione dei requisiti minimi dell’iniziativa europea per la trasparenza fra gli Stati membri e le autorità di gestione, non consente un confronto completo a livello europeo. Sono pertanto favorevole all’introduzione di norme più chiare sulla divulgazione di informazioni sui beneficiari dei fondi a gestione concorrente. La riduzione della burocrazia, lo snellimento della procedura di ottenimento dei fondi e il potenziamento del controllo della gestione finanziaria sono passi positivi.

Accolgo inoltre con favore la proposta che gli Stati membri forniscano in due lingue le informazioni ufficiali sull’iter di erogazione dei fondi.

Credo infine che la Commissione dovrebbe fungere da esempio, dotandosi di procedure che promuovono la trasparenza, in particolare in merito al finanziamento dei grandi progetti europei, nel cui caso non si capisce perché si continuino ad applicare standard di trasparenza inferiori a quelli della Banca europea per gli investimenti (BEI) o della Banca mondiale.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sulla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento, volta a garantire un maggiore controllo sulle modalità di utilizzo dei fondi pubblici. Oltre agli attuali requisiti minimi, risulta urgente far sì che gli elenchi dei beneficiari dei Fondi strutturali pubblicati sul sito Internet della Commissione contengano informazioni più esaustive, nell’interesse di una maggiore trasparenza. Penso ad esempio a informazioni sull’ubicazione, la sintesi dei progetti approvati, i tipi di sostegno e una descrizione dei partner dei progetti.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La politica regionale e il Fondo di coesione dell’Unione europea sono fondamentali per il principio di solidarietà fra Stati membri. É fondamentale che le risorse a essi destinate siano impiegate in modo efficiente e preciso, contribuendo così allo sviluppo delle regioni cui sono destinate. La trasparenza nell’utilizzo di tali fondi è precipua responsabilità degli Stati membri e le sanzioni per una cattiva gestione garantiranno la riduzione degli squilibri in seno all’Unione europea.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Data la dimensione e la diversità regionale dell’Europa, nonché l’importanza della credibilità delle istituzioni europee, ho votato a favore della relazione perché credo che la condivisione delle informazioni pubbliche e la normalizzazione delle procedure siano fondamentali per garantire la necessaria trasparenza nell’attuare e finanziare le politiche regionali, nell’ottica della coesione economica e sociale e del consolidamento di un’Europa più giusta ed equa. Vorrei inoltre precisare che garantire l’osservanza di requisiti comuni e la pubblicazione di informazioni obiettive sugli investimenti pubblici non generare un aumento della burocrazia. Ritengo semmai importante snellire la burocrazia per migliorare la trasparenza e l’efficacia delle politiche europee.

 
  
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  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento sono temi particolarmente delicati e di notevole interesse per il territorio che rappresento.

Così come stabilito dalla politica di coesione 2007-2013, la Regione Veneto e le altre regioni del nord e centro Italia rientrano nell'obiettivo 2 "Competitività regionale e occupazione" al quale è destinato il 16% delle risorse disponibili. La maggior parte delle risorse (83%) è destinata alle regioni in ritardo di sviluppo e tra queste rientrano le regioni del Mezzogiorno.

Concordo con il relatore nel ritenere che l'Iniziativa europea per la trasparenza (IET) della Commissione debba essere accompagnata da parametri di riferimento uguali per tutti, in modo da garantire un livello di trasparenza omogeneo ed effettivo. Definendo il tipo di documentazione da fornire, garantendo l'accesso a tale documentazione, soprattutto nel caso di "grandi progetti", e creando un modello comune da rispettare, si potranno evitare sprechi e gestioni poco trasparenti. La previsione di regole comuni chiare e più dettagliate, che non comportino tuttavia un pregiudizio in termini di efficienza amministrativa, premierà le regioni virtuose e penalizzerà quelle che non definiscono con sufficiente precisione le proprie richieste e i propri progetti.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione Tremopoulos muove dal presupposto che la trasparenza sia un requisito di base per il raggiungimento degli obiettivi della politica di coesione e mi associo pienamente gli appelli per una maggiore trasparenza nel quadro della politica regionale. La relazione esorta altresì gli Stati membri a coinvolgere pienamente le autorità locali e regionali nell’attuazione delle politiche e sono certo che, quando la Scozia sarà indipendente, il governo scozzese farà di tutto per rendere partecipi di tali questioni le regioni dell’intera Scozia.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Il fatto di divulgare informazioni sui beneficiari dei fondi comunitari è una pietra angolare dell’iniziativa europea per la trasparenza (IET). Ritengo tuttavia insufficiente la disposizione del Regolamento finanziario secondo la quale gli Stati membri devono fornire informazioni sulle modalità di spesa dei fondi comunitari a gestione concorrente, segnatamente tramite la pubblicazione ex post dei beneficiari. La Commissione limita il proprio ruolo alla proposizione di uno standard indicativo comune per la pubblicazione dei dati e alla comunicazione all'opinione pubblica dell'UE, attraverso il sito Web della DG REGIO, dei collegamenti agli indirizzi elettronici degli Stati membri dove sono pubblicati i dati richiesti sui beneficiari del FESR e del Fondo di coesione. Con l'attuazione dei suddetti Fondi nel quadro della "gestione concorrente", i collegamenti in questione e il loro contento sono di esclusiva responsabilità degli Stati membri e si basano sulle informazioni fornite dalle autorità di gestione. La variabilità nella presentazione e nelle condizioni di accesso ai dati non consente un confronto completo a livello dell’UE. Per questo motivo condivido le proposte presentate dal Parlamento europeo affinché nei database degli Stati membri sia possibile effettuare ricerche e a garantire la loro totale compatibilità, in modo da consentire una visione d'insieme dei dati presentati e far sì che le informazioni raccolte siano presentate e gestite in modo strutturato e comparabile al fine di garantirne la piena utilizzabilità. L’attuazione delle suddette proposte costituirebbe un contributo alla IET.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. (PL) Giudico positivamente il lavoro svolto dalla Commissione e dal Parlamento in merito alla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento. Si tratta di un settore che assorbe la parte più cospicua del bilancio comunitario e pertanto i contribuenti hanno il diritto di sapere in che modo viene speso il loro denaro e di accedere senza limitazioni alle relative informazioni.

Desidero anche esprimere la speranza che le misure in via di adozione favoriscano l’elaborazione di nuove norme e la pubblicazione di dati derivanti dall’osservazione, grazie ai quali le procedure di esecuzione diverranno più semplici e trasparenti.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. (RO) Uno degli obiettivi principali dell’Unione europea riguarda l’aumento della trasparenza, al fine di ravvicinare le istituzioni e le agenzie europee ai cittadini per cui lavorano e di sottolineare il loro contributo alla coesione sociale ed economica, nonché allo sviluppo sostenibile in Europa.

Ho votato a favore di questa relazione perché sostengo la Commissione nella promozione di una soluzione uniforme e consolidata per l’accesso alle informazioni sui beneficiari dei fondi comunitari. Questo ci consentirà di eliminare le discrepanze tra le modalità di pubblicazione nei vari Stati membri, di ottenere un quadro completo a livello europeo dei dati presentati e, al contempo, di conquistare maggiore credibilità e attendibilità agli occhi dei cittadini europei.

 
  
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  Iosif Matula (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché penso che si avverta particolarmente la necessità di trasparenza nelle politiche regionali, allo scopo di potenziare l’accesso al database dell’Iniziativa europea per la trasparenza (IET) per i potenziali beneficiari. Ritengo che la trasparenza nell’ambito delle politiche regionali sia di vitale importanza per il coinvolgimento delle autorità locali e regionali, in quanto è loro dovere adempiere a un duplice ruolo al riguardo: da un lato, esse godranno infatti dei vantaggi della IET, garantendo il massimo accesso possibile al database sui beneficiari dei fondi e ricavando così esempi specifici di buone prassi di finanziamento regionale; al contempo, esse svolgeranno un ruolo chiave nella promozione del database attraverso i mezzi più idonei, in modo che l’informazione sia di facile accesso per tutti i cittadini.

Si dovranno inoltre predisporre dei sistemi di misurazione del livello di accesso alla banca dati IET, per avere un quadro quanto più chiaro del livello di accesso alle informazioni garantito dal database. Qualora si riscontrasse un livello di accesso inferiore, le autorità che lo gestiscono a valle dovranno individuare metodi più efficaci per promuoverne l’uso.

 
  
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  Erminia Mazzoni (PPE), per iscritto. − La tracciabilità di beneficiari, importi e progetti nell'ambito degli strumenti di regolamentazione dell'uso del FESR, del FSE e del Fondo di coesione è indispensabile a garantire la trasparenza della spesa. Un sistema trasparente valorizza gli investimenti e riduce i costi. Tale importanza rende auspicabile l'irrigidimento delle previsioni sanzionatorie in caso di violazione degli obblighi di comunicazione e di pubblicità, la promozione di un più moderno e funzionale sistema di rete tra le autorità di gestione, la definizione di una base comune per uniformare i comportamenti dei singoli stati e il collegamento tra pubblicità, controllo e auditing. Questa azione dovrebbe essere inserita nel pacchetto di misure anticrisi. Analoga indicazione è stata fornita dal Parlamento in occasione del voto su "Tutela degli interessi finanziari della Comunità – lotta contro la frode – relazione annuale", considerando che l'obbligo di procedure trasparenti previene i comportamenti scorretti.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La trasparenza nell’impiego dei fondi comunitari nonché l’informazione pubblica in merito ai beneficiari dei fondi comunitari stessi è essenziale per l’iniziativa europea per la trasparenza (IET). Tale divulgazione consente di valutare le modalità di utilizzo dei fondi, il che è vitale per una sana democrazia e per la prudente gestione di risorse sempre più limitate. Nell’attuale congiuntura di crisi, tuttavia, è opportuno predisporre meccanismi che garantiscano più trasparenza, in particolare la pubblicazione di informazioni preliminari, da parte della Commissione, sulle decisioni relative al finanziamento di grandi progetti. É pertanto essenziale continuare a predisporre tutti i meccanismi che portino a una maggiore trasparenza sui beneficiari dei fondi europei. Ciò spiega il mio voto.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. (SK) La divulgazione di informazioni relative al finanziamento di progetti con fondi europei consente evidentemente all’opinione pubblica degli Stati membri di prendere parte a un dibattito sull’utilizzo del denaro pubblico.

Credo che una maggiore trasparenza richieda l’introduzione di norme chiare sulla pubblicazione di informazioni, che non devono però dare luogo a un onere amministrativo eccessivo per i potenziali beneficiari, già sottoposti a complicati requisiti amministrativi.

Sarei a favore di una tempestiva pubblicazione su Internet di informazioni relative ai grandi progetti e a un accesso diretto alla documentazione relativa ai progetti e, in particolare, alle valutazioni di impatto ambientale, la cui importanza è spesso sottovalutata o addirittura trascurata dalle parti interessate. La società civile avrebbe così la possibilità di inviare commenti al sito Web della Commissione e contribuire al controllo democratico e a una maggiore qualità dei progetti.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’iniziativa europea per la trasparenza è stata avviata molti anni fa, ma ha compiuto pochi passi avanti. La pubblicazione dei beneficiari dei sussidi agricoli, ad esempio, ha portato alla luce il fatto che spesso questi fondi vanno a grosse aziende, case reali e così via. Se l’Unione europea vuole serietà in materia di trasparenza, la stessa serietà dovrebbe allora essere applicata anche al processo decisionale. Come sempre, l’iniziativa europea per la trasparenza è fatta di parole vuote, motivo per il quale mi sono astenuto dal voto.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) La raccolta di informazioni sulle concrete modalità di spesa dei sussidi pubblici e sui reali beneficiari di questi ultimi è importante ed è la cosa giusta da fare. Però questo non deve tradursi nell’attribuzione di poteri immani alla Commissione, al punto che gli Stati membri non possano più selezionare i loro stessi progetti e partner, ad esempio. Mi sono pertanto astenuto dal voto.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. (PL) La trasparenza finanziaria delle istituzioni pubbliche costituisce il fondamento della moderna democrazia. I cittadini devono avere accesso all’informazione sulle modalità di spesa di ogni singolo euro – perché ogni euro speso proviene dalle imposte versate dai cittadini. Non è un segreto che l’iniziativa europea per la trasparenza, approvata dalla Commissione nel 2005, stia cominciando a dare i primi frutti. Ne sono lieto. D’altra parte però molto resta ancora da fare. Mi rattrista notare che gli standard di trasparenza usati dalla Commissione europea nell’attuazione della politica regionale sono inferiori a quelli di altre istituzioni, essenzialmente quelli in uso presso la Banca europea per gli investimenti (BEI). Non vi è alcuna ragione perché si continui così. Condivido la soddisfazione, espressa nella risoluzione, per i progressi conseguiti nel controllo sull’assegnazione dei fondi per il conseguimento degli obiettivi di politica regionale. Nutro inoltre grande apprezzamento per l’accento che la risoluzione pone sul ruolo dell’istituzione della società civile nella programmazione della politica di coesione. Sono certo che le misure proposte consentiranno una maggiore efficacia dei programmi e la legittimazione della politica di coesione dell’Unione europea. Per queste ragioni ho deciso di sostenere la risoluzione.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Tremopoulos, che contiene disposizioni volte a migliore l’efficacia e la trasparenza della politica regionale europea. Per facilitare l’accesso dei potenziali beneficiari ai Fondi strutturali, mi sembra opportuno alleggerire gli oneri amministrativi legati alle domande di finanziamento e rendere più trasparenti le procedure d’accesso ai finanziamenti europei. Semplificando e chiarendo le norme e la loro attuazione, il finanziamento europeo sarà più efficace. Del resto ritengo essenziale che i cittadini siano meglio informati in merito ai progetti portati avanti dalla Commissione europea, segnatamente quelli relativi all’impiego dei Fondi strutturali. Sono perciò favorevole alla pubblicazione da parte della Commissione europea di maggiori informazioni sui grandi progetti realizzati con l’impiego di tali Fondi, a vantaggio del grande pubblico, e che si sappia se i progetti sono stati completati o sono ancora in corso.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Desidero complimentarmi con il collega greco dei Verdi, l’onorevole Tremopoulos, per l’odierna approvazione della relazione sulla trasparenza della politica regionale e il suo finanziamento. L’esito della votazione, 629 voti a favore e solo 6 contrari, testimonia l’ottimo lavoro svolto.

 
  
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  Marie-Thérèse Sanchez-Schmid (PPE), per iscritto. (FR) Ho sostenuto e votato a favore della relazione Tremopoulos che invitava la Commissione europea e le autorità di gestione nazionali a ricorrere a maggiore trasparenza nell’attribuzione e nell’utilizzo dei Fondi strutturali. La comparabilità dei dati sulla gestione di tali fondi a livello europeo è fondamentale affinché i responsabili dei progetti e i cittadini possano sapere quali sono le priorità europee in materia di finanziamento, quali parti interessate hanno già beneficiato di fondi, in che modo tali fondi sono stati usati, quali sono le procedure e le scadenze dei diversi progetti. L’intento è quindi garantire una migliore visibilità dei fondi per i potenziali beneficiari e verificare al meglio il loro utilizzo. Era però importante non cadere in un eccesso di trasparenza e sovraccaricare le autorità di gestione e i responsabili dei progetti di oneri e richieste d’informazioni poco pertinenti, inefficaci e controproducenti. Per questo motivo io e i miei colleghi della maggioranza presidenziale della commissione per lo sviluppo regionale (REGI) abbiamo modificato il testo originale per far sì che l’obiettivo della trasparenza non fosse raggiunto a spese della semplificazione della politica di coesione, poiché la politica di coesione deve occuparsi proprio di questo, di semplicità e visibilità.

 
  
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  Nicole Sinclaire (NI), per iscritto. (EN) Ho votato contro questa misura non perché io sia contraria alla trasparenza, anzi; sono uno dei pochi parlamentari europei del Regno Unito ad avere bilanci certificati: credo dunque nell’aumento della trasparenza. Ma questa votazione è tipica dell’UE: volendo essere più trasparenti s’introduce più burocrazia, a spese dei contribuenti. I miei elettori meritano di meglio.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La presente relazione descrive la trasparenza del principio soggiacente il processo programmatico e decisionale della politica di coesione, e avanza una serie di proposte tecniche e amministrative che si rivelano utili per una maggiore efficacia nello sviluppo della politica regionale. Oltre alle tematiche riguardanti la più ampia divulgazione dei dati sui beneficiari e alla necessità di snellire la burocrazia e di accelerare le procedure, il documento, per il quale ho espresso voto favorevole, si concentra sul tema della trasparenza nel partenariato fra regioni, Stati membri e Unione europea.

Per questo motivo e sulla base di un emendamento che ho sottoscritto, si rileva la necessità di ottenere informazioni più precise, regolari e tempestive da parte delle organizzazioni partner, segnatamente potenziando le attività di assistenza tecnica e formazione. Ciò si rivela oltremodo utile per le regioni più isolate dell’UE, quali le regioni ultraperiferiche.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Onorevoli colleghi, tengo a precisare che la trasparenza è fondamentale per un paese come il mio, la Lituania. I fondi comunitari, quali i Fondi strutturali e il Fondo di coesione, hanno contribuito a orientare lo sviluppo economico, sociale e ambientale e continueranno a farlo in futuro. Perciò, è importante che i cittadini possano essere testimoni e influire sull’attribuzione di tali risorse. Affinché ciò avvenga, è necessario che la società venga coinvolta. La partecipazione della società può avvenire in diverse fasi del processo decisionale – attribuzione dei fondi comunitari e loro esecuzione. Una maggiore partecipazione da parte della società ridurrebbe il livello di corruzione e aumenterebbe l’uso efficace dei fondi, il che è particolarmente importante per un paese come la Lituania. É altresì importante che i beneficiari dei fondi europei siano resi di dominio pubblico. Questo promuoverebbe il dibattito sull’utilizzo del denaro pubblico nel paese, che è uno dei principi fondamentali del buon funzionamento della democrazia. Desidero anche rilevare la necessità di far sì che le istituzioni locali e regionali e, soprattutto, i normali cittadini partecipino attivamente. La relazione contiene alcune osservazioni su una piattaforma generale Internet che dia visibilità e informazioni più precise sui fondi esistenti. É un buon punto di partenza, ma occorre fare di più per includere i cittadini di tutte le estrazioni sociali – ricchi e poveri, delle grandi città e dei piccoli centri. La società civile e le organizzazioni non-governative potrebbero adoperarsi per promuovere l’efficacia di programmi e migliorare la loro affidabilità.

 
  
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  Kerstin Westphal (S&D), per iscritto. (EN) A nome del gruppo S&D, desidero esprimere il nostro accordo di massima su questa relazione. Il Parlamento europeo deve lottare per una maggiore trasparenza nell’attuazione della politica regionale, ma rifiutiamo la proposta di indicare esplicitamente i colpevoli di violazione, citata al punto 16 della relazione in oggetto. Siamo certamente concordi su una linea più dura in merito ai requisiti di comunicazione e informazione, ma l’obiettivo di una maggiore trasparenza – che pure sosteniamo – non dovrebbe essere conseguito con mezzi non idonei. Se si procedesse con questi metodi, apriremmo una sorta di caccia alle streghe. La Commissione europea non dovrebbe trasformarsi in un’autorità morale che ottiene la disciplina di gruppo con il biasimo o con il rimprovero. Rifiutiamo inoltre quest’approccio perché potrebbe portare a una situazione più complessa e alla non attuazione negli Stati membri. Nonostante ciò, concordiamo con le idee generali espresse nella relazione e riteniamo sia molto utile.

 
  
  

Relazione Kelly (A7-0190/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) I padri fondatori europei idearono il progetto europeo per portare la pace nel continente e, poiché nell’Irlanda del Nord c’è ancora tensione, l’Europa odierna deve continuare a fornire contributi finanziari a sostegno della riconciliazione tra le due comunità, in lotta tra loro da tanto tempo. É dunque compito dell’Unione europea garantire che i progetti volti a creare i legami indispensabili all’instaurazione di una pace duratura continuino a essere finanziati. Dato che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha recentemente abrogato, per motivi legati alla base giuridica, il regolamento (CE) n. 1968/2006, che giustamente consentiva l’erogazione dei contributi finanziari in oggetto, il Parlamento europeo ha dovuto adottare un nuovo regolamento fondato sulla base giuridica appropriata. Ho quindi votato a favore del nuovo regolamento.

 
  
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  Liam Aylward (ALDE), per iscritto.(GA) Ho votato a favore della relazione sui contributi continui dell’Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda, cui l’Unione ha erogato 15 milioni di euro nel periodo 2007-2010. Il finanziamento europeo, che equivale al 57 per cento della cifra complessiva, è dunque essenziale perché il Fondo sia efficace.

Il Fondo ha avuto un impatto positivo sia nella Repubblica d’Irlanda che nell’Irlanda del Nord e dal 1986, anno della sua istituzione, agevola e sostiene molte iniziative transfrontaliere. Esso ha inoltre favorito la pace e la riconciliazione, ha promosso l’instaurazione di legami e la partecipazione, ha contribuito al progresso economico e sociale e ha avuto un chiaro e importante influsso sulle comunità coinvolte, contribuendo concretamente a sostenere le iniziative intese a ottenere una pace duratura, specialmente per quanto concerne le attività di cooperazione del programma PEACE nell’Irlanda del Nord e nei paesi confinanti.

 
  
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  Alain Cadec (PPE), per iscritto. (FR) Il Fondo internazionale per l’Irlanda è un buon esempio di cooperazione transnazionale e internazionale. Gestito da un organismo internazionale indipendente, il Fondo è finanziato da diversi paesi: l’Unione europea, gli Stati Uniti, il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia. Sia nell’Irlanda del Nord che nella Repubblica d’Irlanda sono in atto progetti che promuovono contatti, dialogo e riconciliazione tra nazionalisti e unionisti. Alla fine del 2010 questa forma di sostegno internazionale verrà meno e occorre quindi pensare a come si potrà finanziare dopo tale data le priorità d’azione del fondo, con particolare riguardo a quelle volte a incoraggiare il progresso economico e sociale e il dialogo di pace.

I progetti finanziati tramite il Fondo internazionale per l’Irlanda già vanno ad aggiungersi alle iniziative previste dai programmi comunitari PEACE e sarebbe utile stabilire cosa accadrà a tali progetti al momento della prossima programmazione del bilancio comunitario. Chiedo quindi alla Commissione europea di studiare come si possa utilizzare i Fondi strutturali per le stesse finalità del Fondo internazionale per l’Irlanda, in particolare per quanto riguarda l’obiettivo della cooperazione territoriale europea.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) In Irlanda, dopo vari anni di instabilità, è stato istituito un Fondo denominato Fondo internazionale per l’Irlanda al fine di garantire la stabilità economica e sociale della regione. Come abbiamo visto, la relazione prende in esame il futuro del Fondo e stabilisce alcuni obiettivi centrali da raggiungere. Poiché condivido le conclusioni cui è giunto il relatore ho deciso di votare a favore della relazione.

 
  
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  Ioan Enciu (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Kelly sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai contributi finanziari dell’Unione europea al Fondo internazionale per l’Irlanda, l’IFI.

Ritengo infatti che occorra sostenere i progetti di cooperazione e riconciliazione interregionale, specialmente al fine di promuovere il progresso sociale ed economico. L’IFI rappresenta un elemento chiave nella riconciliazione tra le comunità e bisogna riconoscere che l’Unione europea ha avuto un ruolo centrale in questo settore. Abbiamo molto da imparare dalle iniziative IFI, che potrebbero essere applicate ad altre aree di marginalizzazione e di tensione tra comunità nell’Unione.

Desidero sottolineare in particolare l’utilizzo dei fondi comunitari a sostegno del progetto IFI "Football4Peace". Promuovere la riconciliazione e la comprensione reciproca tra i giovani tramite lo sport è un’iniziativa lodevole: non bisogna infatti sottovalutare l’importanza che riveste lo sport nella crescita dell’individuo e nella lotta all’esclusione sociale.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il processo di pace nell’Irlanda del Nord rappresenta uno dei successi che ha meritato e deve continuare a meritare il sostegno delle istituzioni comunitarie. Come avviene per l’integrazione europea, nelle situazioni di post-conflitto come questa, il cammino verso la stabilità deve fondarsi su dimostrazioni concrete di solidarietà, che agevolino e potenzino le relazioni transfrontaliere e quelle intercomunitarie. Mi auguro che altre zone dell’Unione europea colpite dal fenomeno del terrorismo di stampo secessionista possano prendere a esempio il processo di pace in Irlanda, traendone insegnamenti che consentano loro di sradicare la violenza e di costruire una società cui tutti i cittadini sentano di appartenere, nel rispetto delle leggi, delle tradizioni e dei diritti umani.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proroga del Fondo internazionale per l’Irlanda perché credo sia importante sottolineare che la missione dell’Unione europea, incentrata sulla pace tra i popoli e le comunità, è essenziale per lo sviluppo economico e sociale e valorizza la dignità umana e la qualità di vita dei cittadini, come si può vedere nel caso specifico dell’Irlanda. L’Unione europea deve continuare a svolgere un ruolo centrale nel mantenere la pace ed eliminare le tensioni regionali, etniche e culturali, promuovendo le condizioni atte a favorire il progresso sociale ed economico.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Fin dalla sua istituzione, nel 1986, il Fondo internazionale per l’Irlanda ha contribuito a promuovere il progresso sociale ed economico e a incoraggiare il contatto, il dialogo e la riconciliazione tra i nazionalisti e gli unionisti di tutta l’Irlanda. L’Unione europea deve continuare a sostenere il processo di pace nel paese tramite i contributi del Fondo internazionale per l’Irlanda, così come ha fatto fin dal 1989. L’aumento di tale sostegno contribuirà a rafforzare la solidarietà tra gli Stati membri e i loro cittadini: questa è la motivazione che ha determinato il mio voto.

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura: Marian-Jean Marinescu (A7-0162/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Nella votazione in seconda lettura sul regolamento relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo, ho votato a favore dei compromessi raggiunti tra Parlamento e Consiglio europeo in quanto ritengo che tali compromessi dovrebbero creare le condizioni atte a migliorare la governance per l’attribuzione delle capacità d’accesso e per la gestione dei grandi corridoi merci intraeuropei. Una volta approvato, il regolamento dovrebbe rendere più efficienti i grandi flussi di trasporto ferroviario delle merci nei corridoi, contribuendo al contempo a ridurre l’inquinamento causato dai mezzi di trasporto. Per queste ragioni ho votato a favore del testo negoziato con il Consiglio per giungere a un accordo in seconda lettura.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della raccomandazione per la seconda lettura, espressa dalla relazione del collega rumeno Marinescu, sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Sono favorevole agli emendamenti presentati sull’organizzazione dei corridoi ferroviari internazionali allo scopo di creare una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Sostengo inoltre l’idea dello sportello unico, l’organismo comune istituito dal comitato di gestione di ciascun corridoio merci, che offre ai candidati la possibilità di domandare in un’unica sede e con un’unica operazione una banda oraria per un percorso che attraversi almeno una frontiera.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Sono favorevole al regolamento sulla creazione di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo, la cui attuazione fornirà (si spera) un valore aggiunto per tutta la Comunità perché l’Europa sarà collegata da un’unica rete ferroviaria. Il regolamento consentirà la libera circolazione dei cittadini e delle merci da una regione europea all’altra. É stato deciso di fissare, assieme al regolamento, alcune scadenze per la realizzazione dei corridoi ferroviari; l’allungamento del periodo a cinque anni che è stato approvato favorisce la Lituania nel compito di istituire al proprio interno una linea europea. Dato che nel mio paese si avvertono le dolorose conseguenze della crisi economica, questa decisione è particolarmente positiva per noi: infatti, come altri paesi duramente colpiti dalla crisi, la Lituania non avrà, nell’immediato futuro, molte risorse finanziarie da investire in progetti di sviluppo delle infrastrutture ferroviarie.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Il settore comunitario dei trasporti offre un grande potenziale considerando il periodo di crescita costante che sta attraversando. Date le circostanze, sembra quindi paradossale che un numero sempre più limitato di società opti per il trasporto ferroviario. Solo il dieci per cento delle merci trasportate nell’Unione viaggia su rotaia e il livello del traffico merci ferroviario si è dimezzato rispetto a vent’anni fa. La Commissione europea ha riconosciuto il ruolo chiave del trasporto ferroviario delle merci fin dal 2001.

La scadenza per la presentazione di un Libro bianco per le politiche europee nel settore dei trasporti è stata fissata per il 2010. Il mercato del traffico merci su rotaia deve ora migliorare la qualità dei servizi forniti affrontando i problemi legati alla mancanza di conformità, che non gli consente di essere competitivo con altre forme di trasporto. É impossibile giustificare il declino del settore quando esistono tre pacchetti legislativi in materia di ferrovie. Va però detto che questi pacchetti non sono sufficientemente armonizzati con le leggi nazionali e che i sistemi ferroviari non sono collegati a livello transfrontaliero. In questo contesto, il regolamento proposto dal Parlamento europeo mira a rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci, promuovendo l’armonizzazione tra gli Stati membri e i gestori delle infrastrutture.

 
  
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  Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci, poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma. Desidero tuttavia precisare che sono contraria alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario. Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore, nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contraria. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.

 
  
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  Cornelis de Jong (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci, poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma.

Desidero tuttavia precisare che sono contrario alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario.

Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore, nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contrario. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. (FR) Il progetto di regolamento definisce i corridoi per il trasporto ferroviario delle merci, ossia percorsi che attraversano diversi Stati membri e le cui infrastrutture verranno affidate a determinati gestori per coordinarne la conduzione e il funzionamento. Il progetto rappresenta un valore aggiunto per l’Europa dato che il regolamento renderà più trasparenti lo stanziamento e la gestione delle bande orarie e promuoverà il coordinamento transnazionale a tutti i livelli: capacità disponibili, investimenti, interventi sulle infrastrutture, gestione operativa e così via. La creazione di uno sportello unico per ciascun corridoio consentirà inoltre alle società di trattare con un unico referente, che rappresenterà le istituzioni comunitarie nella gestione dei corridoi ferroviari. Il regolamento invia quindi un segnale forte della volontà di istituire una politica europea nel settore dei trasporti e delle infrastrutture e costituisce una misura essenziale per un trasporto ferroviario delle merci più rapido e affidabile, che offra un’alternativa credibile ed ecologica al trasporto su strada nelle lunghe percorrenze. Si è reso quanto mai necessario adottare un approccio veramente europeo, proprio perché il trasporto ferroviario delle merci attiene a questo livello.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione volta a creare una rete europea di trasporto ferroviario delle merci più competitiva. L’instabilità del settore dei trasporti nel corso degli ultimi decenni e la maggiore apertura dei mercati ferroviari internazionali, che ha creato gravi problemi a causa di una mancanza di conformità, richiedono l’applicazione delle misure in oggetto, che contribuiranno a creare una rete di distribuzione efficiente tra gli Stati membri dell’Unione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Negli ultimi decenni la quota di mercato delle ferrovie nel trasporto merci è calata costantemente e, nel 2005, rappresentava solo il dieci per cento del settore. Al fine di cercare una soluzione al problema, la Commissione ha sostenuto l’idea di riservare un trattamento più efficace al settore e nel dicembre del 2008 ha proposto un regolamento sull’istituzione di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo.

Nell’aprile del 2009 il Parlamento europeo ha approvato la prima lettura della proposta fornendo il proprio sostegno alla Commissione. Anche il Consiglio ha raggiunto un consenso politico sul regolamento, sebbene introducendo alcuni emendamenti. Pur non mettendo in dubbio l’importanza del trasporto ferroviario delle merci e la necessità di coordinare questo tipo di trasporto a livello europeo e pur essendo favorevole alla creazione dei cosiddetti corridoi, ritengo che la realizzazione di un sistema integrato di trasporto delle merci presupponga necessariamente investimenti molto ingenti. Non è dunque garantito che gli Stati membri siano in una posizione tale da promettere o da fornire gli investimenti necessari, dato l’attuale clima economico e finanziario dell’Europa. Credo quindi che, pur senza minare gli obiettivi del regolamento, se decideremo di approvarlo dovremo tenere presente che l’attuale clima di austerità inciderà inevitabilmente su qualsiasi progetto.

 
  
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  Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. − Accolgo con favore il voto della plenaria che ha approvato la raccomandazione per la seconda lettura in merito al regolamento relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo.

La relazione stabilisce la realizzazione di nove corridoi merci tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’istituzione di uno "sportello unico" per corridoio, utilizzato per garantire a tutte le compagnie ferroviarie pubbliche e private le informazioni necessarie in merito all’assegnazione di capacità sul corridoio stesso, e pone l’accento sull’interoperabilità nel trasporto di merci, prevedendo collegamenti con i porti di mare e delle vie navigabili interne.

Questo regolamento rappresenta sicuramente un grande passo avanti verso un coordinamento europeo del traffico ferroviario, per ora delle merci, e contribuisce al completamento della liberalizzazione del mercato ferroviario, assoluta priorità in questo settore.

Mi dispiace che alcuni parlamentari abbiano tentato di sabotare il progetto prioritario del corridoio Stoccolma-Napoli, prevedendo in un emendamento l’esclusione del Brennero dal percorso. Si è trattato di un atteggiamento irresponsabile che, grazie all’attenzione dei parlamentari italiani, è stato respinto. Per queste ragioni, ho sostenuto con convinzione la raccomandazione per la seconda lettura.

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. (FR) Ho votato con entusiasmo a favore della raccomandazione, che ritengo un importante passo avanti verso la creazione di un trasporto merci ferroviario più competitivo e conveniente in Europa. Ci stiamo muovendo verso una maggiore interconnettività tra le reti ferroviarie europee, i corridoi di trasporto delle merci e i porti marittimi e fluviali. Tale iniziativa favorirà lo sviluppo sostenibile del settore dei trasporti ferroviari in Europa e riuscirà finalmente a offrire una valida alternativa al trasporto su gomma e a quello aereo. I corridoi internazionali che collegano gli Stati membri verranno gestiti da autorità transfrontaliere che coordineranno la conduzione delle infrastrutture e l’assegnazione delle bande orarie. Verrà inoltre istituito uno sportello unico per ciascun corridoio ferroviario, un’idea che ho sostenuto personalmente. Questa innovazione consentirà all’Europa di progredire e testimonia la sua volontà di intensificare la cooperazione e l’integrazione nel settore dei trasporti. Sono favorevole all’approvazione della relazione, che rafforza le basi della grande rete ferroviaria europea per il trasporto merci per la quale mi batto già da diversi anni.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Dichiarazione di voto sulla relazione Marinescu (A7-0162/2010). Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma. Desidero tuttavia precisare che sono contraria alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario. Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore, nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contraria. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.

 
  
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  Thomas Mann (PPE), per iscritto. (DE) Ho appena votato contro l’emendamento della relazione Marinescu inteso a istituire un organo centrale di coordinamento che fungerà da sportello unico nella gestione del traffico ferroviario delle merci. Altri 162 deputati hanno votato come me a seguito della presentazione di una petizione che ho contribuito a redigere. Siamo favorevoli alla qualità e alla competitività nel trasporto ferroviario delle merci, auspichiamo l’introduzione di soluzioni flessibili ed efficaci e crediamo che il trasporto ferroviario debba essere incentivato per ragioni ambientali. Riteniamo tuttavia che si dovrebbe farlo senza incidere in alcun modo sul trasporto passeggeri di lunga percorrenza, ma osserviamo che il testo estremamente complesso della relazione non contiene una dichiarazione chiara in tal senso. Purtroppo il Parlamento europeo ha votato a favore della raccomandazione presentata dalla Commissione e dalla maggioranza del Consiglio, che prevede la creazione di un ulteriore organismo centrale per la gestione delle tracce ferroviarie; riteniamo che ciò porterà a una frammentazione di competenze, con gravi ripercussioni sugli orari ferroviari. In Germania, tradizionale paese di transito, la rete ferroviaria già funziona quasi a pieno regime. Tutti e tre i corridoi passano attraverso importanti centri abitati e, nello Stato federale dell’Assia, le città di Fulda e Francoforte si trovano sulla direttrice che collega Stoccolma a Palermo. La reputazione del Parlamento europeo di essere il principale organismo di tutela dei consumatori dell’Unione è stata oggi compromessa: gli Stati membri perderanno la possibilità di disporre autonomamente delle proprie reti ferroviarie e tutti i cittadini europei subiranno le conseguenze dei ritardi dei treni.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) La relazione sembra confermare l’immagine di un’Europa che certo non è il continente della solidarietà e della cooperazione che oggi occorrerebbe più che mai. La gestione del territorio dovrebbe avvenire in funzione dell’interesse generale dei cittadini, e non di quello delle imprese del settore privato. Ritengo che la privatizzazione della politica dei trasporti porterà all’eurocrazia a discapito dei cittadini e quindi voto contro questo testo dannoso.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Lo sviluppo di una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo è essenziale affinché l’Unione europea possa raggiungere gli obiettivi stabiliti nella strategia comunitaria per l’occupazione e la crescita. In quest’ottica la creazione di corridoi ferroviari che consentano un collegamento rapido ed efficiente delle reti nazionali permetterà di migliorare le condizioni di utilizzo dell’infrastruttura. É essenziale approvare il regolamento per rendere il trasporto ferroviario delle merci più competitivo rispetto alle altre forme di trasporto attualmente utilizzate. In tal modo, si trarranno vantaggi non solo economici ma anche ecologici, dato che il trasporto ferroviario avviene nel rispetto dell’ambiente. Questa è la motivazione dietro il mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato contro le proposte di compromesso sul regolamento relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo poiché credo che esse esautorerebbero le autorità infrastrutturali nazionali, che finora hanno lavorato in modo valido, anche a livello internazionale. Le misure proposte moltiplicheranno gli oneri burocratici, e questo sicuramente non è auspicabile. L’inflazione ridurrà l’efficienza e alcune risorse resteranno inutilizzate. A mio parere, ciò avrà un impatto negativo sul funzionamento delle ferrovie in tutta Europa.

Se l’Unione europea vuole realmente incoraggiare il trasporto merci su rotaia dovrebbe fissare alcune priorità nella realizzazione delle reti di trasporto transeuropee. L’espansione del corridoio sud tramite il cosiddetto tunnel Koralm, per esempio, comporterebbe una trasformazione senza precedenti della rete ferroviaria. Dovremmo promuovere il trasporto ferroviario delle merci e non una maggiore centralizzazione.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (EN) Ho deciso di votare a favore della raccomandazione per la seconda lettura visto che, in una recente serie di incontri a tre con la Presidenza spagnola, si è giunti a un accordo e ritengo importante proseguire senza indugio in questa direzione. Nella prima lettura dell’aprile 2009 il mio gruppo aveva sostenuto l’obiettivo di una rete competitiva per il trasporto ferroviario delle merci, raggiungibile tramite la creazione di corridoi in tutta l’Unione europea, come stabilito nella proposta della Commissione del dicembre 2008. Il mio sostegno all’accordo è oggi ancora più forte, data l’importanza per la Lituania della rete ferroviaria e le prospettive economiche che essa comporta per il mio paese. É della massima importanza – e non solo in Lituania ma in tutta l’Unione europea – che si arresti la flessione della quota di mercato delle ferrovie nel trasporto delle merci. Sono certo che il mercato di questo tipo di trasporto trarrà beneficio dall’accordo, il quale contribuirà a migliorare la qualità del servizio e a creare sinergie tra i sistemi ferroviari nazionali.

 
  
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  Vilja Savisaar (ALDE), per iscritto. (ET) Signor Presidente, onorevoli deputati, non ho votato a favore dei quattro emendamenti di compromesso perché l’Estonia e la Lettonia sono state escluse dal corridoio ferroviario descritto nell’Allegato I al punto 8. Pensando in generale al futuro delle ferrovie e, in particolare, al progetto ferroviario Baltica, ci si sarebbe attesi l’inserimento di Tallin e Riga. Purtroppo gli emendamenti adottati hanno limitato le possibilità di scelta per l’Estonia e la Lettonia e, di conseguenza, non sono stati fatti passi avanti nel collegare tutti gli Stati membri dell’Unione europea tramite un sistema ferroviario uniforme.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Sono favorevole all’obiettivo di rendere più efficiente il trasporto ferroviario delle merci poiché esso presenta vantaggi a livello ambientale rispetto al trasporto su gomma. Desidero tuttavia precisare che sono contraria alla liberalizzazione in atto delle ferrovie nell’Unione europea, responsabile della frammentazione, della mancanza di investimenti e dell’inefficienza attuali nel trasporto ferroviario. Il compromesso con il Consiglio cerca di migliorare la situazione ed è per questo che ho votato a favore nonostante esso si fondi sulla liberalizzazione cui sono decisamente contraria. Del resto, il voto non riguarda la deregolamentazione, che è già disciplinata dal trattato.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Nonostante il trasporto ferroviario sia in declino da molti anni, tra le varie alternative esso è quello che garantisce il maggior livello di sicurezza ed efficienza. La relazione mira a incentivare la quota di mercato di questo tipo di trasporto, creando corridoi tra almeno due degli Stati membri al fine di consentire un trasporto rapido delle merci.

Dalla lettura della relazione mi è sembrato di capire che la creazione dei corridoi non costituirà rotte prioritarie per le merci a discapito del trasporto di passeggeri e quindi deduco che non vi sarà differenza di trattamento tra questi due tipi di traffico ferroviario. Lo sportello unico sarà importante da un punto di vista strategico e servirà al coordinamento e alla gestione dei percorsi richiesti. Secondo il Consiglio lo sportello avrà una funzione limitata e servirà solo a fornire informazioni; io invece condivido l’opinione del relatore, secondo il quale lo sportello sarà essenziale per la circolazione delle merci.

La rete di corridoi consentirà di sincronizzare meglio i servizi ferroviari europei e creerà interfacce tra le diverse modalità di trasporto, fornendo nuovo slancio agli investimenti nel settore. Per questo motivo ho ritenuto che il documento meritasse il mio voto favorevole.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. (DE) Sono assolutamente contrario alla relazione, anche se purtroppo non è più possibile una votazione conclusiva in seconda lettura. Per Deutsche Bahn, l’unica società concorrenziale della rete liberalizzata tedesca, la strategia dello sportello unico sarà una misura equivalente all’esproprio e provocherà un divario incolmabile a livello competitivo, dato che la Germania ha un traffico misto di merci e passeggeri ed è priva di reti separate per l’alta velocità. Consiglio quindi a Deutsche Bahn di considerare con urgenza la possibilità di procedere per le vie legali contro la decisione.

 
  
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  Artur Zasada (PPE), per iscritto.(PL) Sono certo che l’idea di istituire una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo sia giustificata e necessaria, anche se ho seri dubbi sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera a, che prevede la creazione degli sportelli unici. Le mie riserve riguardano, in particolare, i poteri decisionali sulle possibilità di utilizzo di reti ferroviarie specifiche. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che alcuni Stati membri non hanno ancora deregolamentato l’accesso al proprio mercato ferroviario.

Alla luce delle suddette considerazioni, ho votato contro la seconda parte dell’emendamento n. 83.

 
  
  

Relazione Martin (A7-0043/2009)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della decisione sull’adeguamento del regolamento del Parlamento al trattato di Lisbona. Le modifiche approvate in plenaria entreranno in vigore il 1° dicembre 2010 e si è reso necessario introdurre alcuni emendamenti al regolamento che tengono conto dell’arrivo di 18 nuovi Stati membri, dell’assegnazione di nuovi poteri legislativi e della nuova procedura di bilancio, che equipara la posizione del Parlamento a quella del Consiglio. Le altre modifiche riguardano la Carta del diritti fondamentali dell’Unione europea e il principio di sussidiarietà e riflettono la crescente influenza dei parlamenti nazionali, il diritto del Parlamento europeo di proporre modifiche ai trattati, la procedura di nomina del Presidente della Commissione, (dato che il Parlamento ha più ampi poteri in materia), la possibilità per uno Stato membro dell’Unione di ritirarsi e infine l’eventuale violazione dei principi fondamentali da parte di uno Stato membro. Mi rincresce che il nuovo regolamento non sia stato esaminato da un’autorità giuridica più alta per accertarne la conformità ai documenti gerarchicamente più importanti – mi riferisco in particolare ai trattati e alle costituzioni degli Stati membri.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Voto a favore della proposta sull’adeguamento del regolamento del Parlamento al trattato di Lisbona. I maggiori poteri del Parlamento comportano anche una maggiore responsabilità. Il trattato di Lisbona è essenziale affinché l’Unione europea possa coniugare allargamento e approfondimento; con questo trattato l’obiettivo è stato raggiunto in modo equilibrato, credibile e corretto, aumentando la coerenza, la legittimità, la democrazia, l’efficacia e la trasparenza del processo decisionale, chiarendo la suddivisione delle competenze tra Unione europea e Stati membri e contribuendo a migliorare le relazioni delle istituzioni sia al loro interno che tra loro.

Le modifiche in materia di impegno ottenute grazie all’adeguamento del regolamento al trattato di Lisbona derivano in larga misura dagli sforzi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) di chiarire e semplificare il processo decisionale in Parlamento e i rapporti con i parlamenti nazionali.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La vasta produzione legislativa delle istituzioni europee e il sistema partecipativo tramite il quale vengono redatte le leggi, la profusione di documenti che spesso ne deriva e il fatto che le gerarchie tra fonti e norme di legge non siano sempre chiare impongono al Parlamento di ridurre i rischi lavorando per l’adeguamento dello statuto al recente trattato di Lisbona. Credo che tutto ciò sia necessario per garantire la chiarezza delle procedure e la certezza del diritto.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona il Parlamento deve dimostrare di essersi adeguato alle nuove condizioni operative e alla condivisione delle responsabilità nel processo decisionale. Desidero ricordare l’impatto che avrà il rafforzamento delle competenze del Parlamento, la nuova composizione delle rappresentanze nazionali e l’introduzione di un rapporto più stretto con i parlamenti nazionali. Sono favorevole alle modifiche proposte per il regolamento anche in quanto esse semplificano e definiscono chiaramente le procedure di regolamentazione al fine di potenziare maggiormente la capacità di risposta alle necessità dei cittadini, delle istituzioni e degli Stati membri assicurando al contempo un’applicazione efficiente delle politiche europee.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato contro l’emendamento n. 110, che prevede la cooperazione tra quest’Aula e i parlamenti degli Stati membri, ma non quella con le assemblee subnazionali, ignorando così le realtà costituzionali di alcuni Stati membri. Le Fiandre, per esempio, hanno compiuto uno storico passo avanti verso l’indipendenza, ma a livello comunitario il parlamento federale belga resta ancora il riferimento "nazionale" per il momento, sebbene, in base alla costituzione belga, il parlamento fiammingo abbia pieni poteri per alcune materie comunitarie. L’emendamento, inoltre, non tiene conto della realtà politica di altri paesi dell’Unione: è ridicolo che quest’Aula non possa collaborare pienamente con il parlamento scozzese in settori come la pesca, per i quali la Scozia rappresenta il principale portatore d’interesse all’interno del Regno Unito.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’approvazione del trattato di Lisbona ha assegnato al Parlamento nuove responsabilità e, di conseguenza, ha reso necessario un adeguamento del regolamento interno alle nuove disposizioni. Il provvedimento allinea il regolamento interno del Parlamento con le nuove sfide lanciate dal trattato di Lisbona e questa è la motivazione dietro il mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Il presente adeguamento del regolamento si è reso in parte necessario a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e, a tal riguardo, è un atto formale. Desidero far presente, in riferimento agli emendamenti, che i due principali gruppi politici, quello del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) e quello dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo europeo, stanno cercando di limitare i diritti dei deputati che non appartengono a questi due gruppi. Ciò è sbagliato e scorretto: tale limitazione verrebbe introdotta in modo subdolo, dissimulata tra le discussioni sui principali adeguamenti al trattato di Lisbona. É stato per esempio proposto che i deputati non iscritti non possano più decidere autonomamente chi debba rappresentarli, come invece accade adesso. Si tratta di un’iniziativa senza precedenti nella vita politica democratica ed è inaccettabile. Nei parlamenti democratici degni di questo nome ciascun gruppo politico deve poter decidere autonomamente chi possa rappresentarlo in alcune commissioni.

É stato invece proposto che il Presidente, che appartiene a uno dei due maggiori gruppi politici, abbia la facoltà di decidere chi debba rappresentare i deputati non iscritti alla Conferenza dei presidenti. Ciò è scandaloso, in quanto consentirebbe agli avversari politici di scegliere il rappresentante di indirizzo politico più vicino al proprio. A mio parere il rappresentante dei deputati non iscritti dovrebbe essere scelto tramite votazione da tutti i deputati non iscritti riuniti in assemblea plenaria e per questo motivo ho votato contro l’emendamento proposto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Le calamità naturali che causano la perdita totale dei beni e dei mezzi di sostentamento stanno divenendo sempre più comuni. Chi subisce l’inondazione della propria casa è colpito in modo particolarmente duro, dato che non perde soltanto l’abitazione, ma anche tutto il suo contenuto, che spesso risulta danneggiato o distrutto. Anche i terreni agricoli subiscono gravi danni e il loro ripristino è estremamente costoso. Per molti cittadini in tale situazione è difficile affrontare il problema e molti sono privi dei mezzi economici per farvi fronte. Ho votato a favore della risoluzione perché ritengo importante fornire aiuto ai cittadini colpiti da calamità.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − Il Parlamento Europeo ha adottato una decisione sull'adattamento del regolamento del Parlamento al Trattato di Lisbona. Tra le modifiche al regolamento del Parlamento adottate dai deputati, alcune prevedono l'arrivo di 18 nuovi deputati, provenienti da 12 Stati membri, il rafforzamento dei poteri legislativi, una nuova procedura di budget che mettono il Parlamento ad un livello di uguaglianza con in Consiglio. Le modifiche apportate al regolamento tengono inoltre conto delle norme sul budget in quanto il Parlamento deciderà a tal proposito in cooperazione con il Consiglio. Nello specifico, le modifiche riguardano il quadro finanziario triennale che diventerà un atto legislativo che necessita dell'approvazione del Parlamento; i documenti a disposizione del deputato; l'esame del progetto sul budget; la conciliazione di budget e l'adozione definitiva del budget.

Inoltre cambiamenti che ritengo di grande importanza riguardano il rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, il diritto dei parlamentari di proporre delle modifiche ai trattati, la procedura di nomina del Presidente della Commissione e soprattutto la soppressione di specifiche disposizioni concernenti la nomina dell'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune. Auspico che questi cambiamenti vengano presto apportati al testo del Trattato, data la fondamentale innovazione che rappresentano per tutta l'Unione.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Voto a favore della relazione Martin, che fa seguito a un lungo periodo di negoziati cui hanno partecipato tutti i deputati del PPE membri della commissione per gli affari costituzionali, di cui faccio parte. La relazione tratta delle modifiche da introdurre al regolamento interno del Parlamento dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Nella sessione di novembre si è tenuta una prima votazione con la quale sono state varate le modifiche direttamente collegate all’entrata in vigore del trattato; le restanti modifiche sono state invece posticipate per consentire un periodo di riflessione più lungo. Il PPE, il gruppo cui appartiene il PSD portoghese, ha firmato diversi emendamenti di compromesso relativi, in particolare, al tempo delle interrogazioni per il Presidente e il Vicepresidente della Commissione, nonché Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e il Presidente dell’Eurogruppo, all’applicazione dello statuto dei deputati, al riesame dei trattati e agli atti delegati. Desidero però porre l’accento soprattutto sugli emendamenti concernenti la cooperazione interparlamentare, i rapporti tra il Parlamento europeo e quelli nazionali nel corso dell’iter legislativo e la composizione della delegazione del Parlamento presso la Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari (COSAC), tre questioni cui, come vicepresidente del Partito popolare europeo (Democratico cristiano) incaricato delle relazioni con i parlamenti nazionali, ho dovuto dedicare particolare attenzione.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Oggi il Parlamento è chiamato a votare sul necessario adeguamento del regolamento interno a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Dopo la votazione della sessione di novembre, il voto sulle modifiche non direttamente collegate all’entrata in vigore del trattato è stato rinviato a questa sessione. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), cui appartengo, ha sottoscritto dodici emendamenti relativi a varie questioni: il tempo delle interrogazioni per il Presidente della Commissione e l’Alto rappresentante dell’Unione europea, le interrogazioni scritte al Consiglio e alla Commissione, la regolare cooperazione interparlamentare, l’attuazione dello statuto dei deputati, la delegazione presso la Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari, il riesame dei trattati e la delega del potere legislativo.

Voto a favore delle ulteriori modifiche al documento, tra cui desidero sottolineare l’introduzione di una disposizione riguardante la sussidiarietà e la proporzionalità nella valutazione della legislazione e il rapporto del Parlamento europeo con quelli nazionali durante l’iter legislativo.

 
  
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  Rafał Trzaskowski (PPE), per iscritto.(PL) Questa seconda serie di emendamenti mette fine al lungo processo di adeguamento del regolamento del Parlamento europeo ai cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona. Anche se gli emendamenti sui quali si è votato oggi riguardano, seppur in misura minore, le modifiche fondamentali introdotte dal trattato, che ha rafforzato i poteri decisionali del Parlamento, essi costituiscono un’importante integrazione delle modifiche al regolamento e ci consentono di sfruttare al massimo le nuove possibilità. Così come accade per tutti i cambiamenti, e in particolare per quelli che modificano leggi fondamentali, molto dipenderà dalle modalità attuative.

Il diavolo si nasconde nei dettagli e quindi sarà importante vigilare sul processo fino alla sua conclusione.

 
  
  

Relazione Jędrzejewska (A7-0183/2010)

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Uno degli obiettivi fondamentali per il 2011 sarà mantenere, promuovere e ottenere i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo in ambito tecnologico nell’Unione, sostenendo adeguatamente il programma quadro e contribuendo in tal modo alla strategia Europa 2020.

L’aumento del numero delle richieste di finanziamento è stato proporzionale al potenziamento dei meccanismi di controllo, attuato nel tentativo di garantire che i fondi comunitari vengano spesi correttamente.

La burocrazia interna e la creazione di ulteriori norme e procedure amministrative riducono la fiducia dei cittadini nel processo. Per le organizzazioni di dimensioni ridotte, come le piccole e medie imprese, le start-up del settore dell’alta tecnologia, gli istituti più piccoli, le università e i centri di ricerca è particolarmente difficile affrontare questa complessità.

Chiedo quindi che l’accesso ai fondi per la ricerca venga semplificato. Occorre sviluppare una cultura di fiducia reciproca che coinvolga tutte le parti in causa, se si vuole stimolare la ricerca e l’innovazione accrescendo l’attrattiva dell’Europa come luogo in cui vivere e lavorare.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. (FR) Il progetto di bilancio della Commissione europea per il 2011 non è all’altezza delle sfide cui si trova di fronte l’Europa. Con un impegno di spesa di 142 miliardi di euro, cioè l’1,15 per cento del reddito nazionale lordo europeo, la Commissione si prefigge di finanziare sia le nuove priorità sia i nuovi programmi già inclusi nel quadro finanziario per il 2007-2013, attingendo ai fondi dei programmi esistenti e a un margine di bilancio praticamente ridotto a zero. In assenza di risorse finanziarie, non è possibile tradurre in pratica la strategia 2020 per la crescita e l’occupazione, che dovrebbe tracciare la strada da seguire nei prossimi dieci anni, né la lotta contro i cambiamenti climatici. É inaccettabile pensare di finanziare lo strumento della cooperazione con i paesi industrializzati, di prossima introduzione, utilizzando il denaro destinato agli aiuti per lo sviluppo né è realistico prevedere di ridurre di un terzo gli aiuti finanziari europei per il processo di pace nel Medio Oriente. Non è un approccio serio. Ci aspettavamo più coraggio dalla Commissione e invece il Parlamento europeo è ancora in attesa del progetto di revisione intermedia delle prospettive finanziarie, di cui l’Europa necessita urgentemente. La questione deve assumere un ruolo centrale nei prossimi negoziati con il Consiglio in materia di bilancio e la delegazione del Movimento democratico al Parlamento si batterà a tal fine.

 
  
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  Göran Färm, Olle Ludvigsson e Marita Ulvskog (S&D), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo deciso di votare a favore del mandato negoziale per il bilancio 2011. Condividiamo in generale le priorità della relazione e crediamo, per esempio, che sia importante investire nei giovani, nella ricerca, nell’innovazione e nella tecnologia verde. Riteniamo inoltre che sia fondamentale fornire alla nuova strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione risorse finanziarie sufficienti a consentirne il funzionamento.

Desideriamo tuttavia sottolineare che non reputiamo necessario aumentare le sovvenzioni dirette all’agricoltura e siamo anche contrari a che l’Unione europea fornisca un sostegno al mercato permanente nel settore lattiero-caseario.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il ruolo del Parlamento nei negoziati sul bilancio comunitario è stato rafforzato dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona. In questo momento di crisi economica, finanziaria e sociale, è d’importanza vitale stanziare fondi per stimolare la crescita e la competitività nell’Unione europea. Nel contesto attuale è essenziale che il Fondo di solidarietà europea venga potenziato, sempre che i governi lo utilizzino in modo efficace, in modo da attenuare l’impatto della crisi nelle regioni più povere.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ricordo che la procedura di bilancio per il 2011 è stata la prima nel suo genere da quando è entrato in vigore il trattato di Lisbona e che essa senza dubbio richiede maggiore cooperazione e coordinamento con l’altro ramo dell’autorità di bilancio. Desidero sottolineare che ci si è preoccupati di assicurare risorse finanziarie sufficienti alle linee comunitarie di sviluppo, specialmente nel settore giovanile e in quello dell’innovazione, dell’efficienza energetica, della lotta contro i cambiamenti climatici, del sostegno all’occupazione e della parità di genere. Credo inoltre sia essenziale assicurare il funzionamento dei meccanismi di garanzia della sostenibilità nel settore agricolo – mi riferisco in particolare ai prodotti del latte. Nell’attuale contesto di crisi, e alla luce delle forti pressioni sulle finanze pubbliche degli Stati membri, ribadisco ancora una volta la necessità di garantire la sostenibilità del bilancio nell’Unione europea al fine di perseguire l’obiettivo centrale della coesione sociale ed economica. Credo tuttavia che il progetto di bilancio per il 2011 debba rispecchiare fin dall’inizio le implicazioni finanziarie delle iniziative faro esposte nella strategia UE 2020, quali "L’Unione dell’innovazione", "Gioventù in movimento", "Un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse", "Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro" e "Una politica industriale per l'era della globalizzazione".

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato contro la relazione sul progetto di bilancio per il 2011 perché essa non ha alcuna corrispondenza con le attuali necessità di finanziamento dell’Unione europea, dove la creazione dell’area dell’euro ha accentuato le ineguaglianze sociali e territoriali senza tenere opportunamente conto del principio della coesione economica e sociale.

In questo momento di crisi, si rende sempre più necessario un altro bilancio comunitario, che perlomeno raddoppi i fondi e faccia sì che metà del budget (calcolato in base al 2 per cento del prodotto nazionale lordo dell’Unione) sia destinato agli investimenti nel settore produttivo e al sostegno delle funzioni sociali degli Stati membri. In questo modo, si riuscirebbe a creare un maggior numero di posti di lavoro dotati di diritti, a combattere contro la povertà e a ridurre l’ineguaglianza tra le regioni, promuovendo la coesione economica e sociale.

D’altro canto, è essenziale anche aumentare le quote di cofinanziamento comunitario per i paesi con le economie più deboli, con particolare riguardo ai programmi sociali e all’investimento produttivo.

Occorrerà infine ridurre sostanzialmente la somma destinata al settore militare e modificare gli obiettivi centrali del bilancio, in modo da assicurare uno sviluppo equilibrato e il progresso sociale.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il progetto di bilancio per il 2011 sarà il primo da quando è entrato in vigore il trattato di Lisbona. In fase di elaborazione, occorrerà dunque maggiore cooperazione e coordinamento tra tutte le parti che hanno partecipato ai negoziati, al fine di raggiungere un accordo sulla spesa complessiva. Il trilogo che si terrà in luglio dovrà predisporre con chiarezza tutte le condizioni affinché si individuino preventivamente i punti andrà che dovrebbero ottenere il maggiore consenso. Gli aspetti principali da tenere in considerazione sono le implicazioni di bilancio del meccanismo europeo di stabilizzazione, la strategia Europa 2020 e i programmi rivolti ai giovani.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) Il bilancio 2011 contiene numerosi punti che si potrebbe criticare duramente. Ad esempio, a fronte dell’aumento degli stanziamenti per il Fondo europeo per i rifugiati, che, tra l’altro, sta incentivando lo spostamento dei richiedenti asilo all’interno dell’Unione, c’è stata una riduzione delle risorse per l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex). Si stanno inoltre riducendo gli aiuti finanziari destinati alla Palestina, mentre gli stanziamenti per i candidati all’adesione all’Unione europea, tra cui la Turchia, per esempio, sono stati considerevolmente aumentati. Ho quindi votato contro la relazione sul bilancio per il 2011.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Il gruppo Verde/Alleanza libera europea non si è opposto alle priorità della relatrice per i negoziati del trilogo. Abbiamo presentato alcuni emendamenti specifici sull’inclusione dei problemi ambientali tra le finalità dei Fondi strutturali, dello sviluppo rurale e della politica agricola. Come prevedibile, tali emendamenti sono stati tutti respinti, ma potrebbero essere ripresentati in settembre durante una prima lettura più approfondita da parte del Parlamento. Alcuni deputati verdi appartenenti ad altre commissioni hanno firmato gli emendamenti per conto delle rispettive commissioni. Anche in questo caso, molti di questi emendamenti sono stati respinti per la scelta della relatrice di non sovraccaricare inutilmente il testo.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Condivido la posizione del mio gruppo sul documento presentato dal Parlamento in risposta al progetto di bilancio per il 2011 della Commissione europea. Crediamo che sia impossibile definire chiaramente le implicazioni del progetto di bilancio sulle iniziative faro della strategia e che occorra avere informazioni migliori e più dettagliate.

Mi fa inoltre piacere che la proposta della Commissione abbia incluso il programma per la gioventù tra le priorità per l’anno venturo, ma mi rincresce che l’aumento dei finanziamenti sia solo simbolico quando ci si attendeva di più da queste iniziative. I deputati delle regioni ultraperiferiche ed io abbiamo appoggiato uno degli emendamenti: giudichiamo infatti inaccettabile che il bilancio per il 2011 sia inferiore a quello per il 2010 per quanto concerne il programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all'insularità, specialmente adesso che le conclusioni dell’accordo tra l’Unione europea, la Colombia e il Perù avranno notevoli ripercussioni sulla produzione di banane, zucchero e rum. In tale contesto, chiediamo alla Commissione di avviare prima possibile una valutazione d’impatto per le regioni in oggetto.

 
  
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  Róża Gräfin von Thun und Hohenstein (PPE), per iscritto.(PL) La relazione sul mandato per il trilogo relativo al progetto di bilancio 2011, approvata oggi nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo, elenca sei priorità per i negoziati sul bilancio per il 2011. Tra queste figurano i programmi per i giovani come "Gioventù in movimento", "Apprendimento permanente", "Gioventù in azione" ed "Erasmus Mundus". Al punto 12 delle osservazioni generali, la relazione sottolinea che l’aumento degli stanziamenti per tali programmi previsto dal progetto di bilancio è insufficiente, nonostante il tasso attuale di applicazione sia estremamente alto, tra il 95 e il 100 per cento l’anno nel periodo 2007-2009. Mi rallegro tuttavia del fatto che il testo approvato chieda un aumento degli stanziamenti, così da consentire che i programmi per i giovani vengano attuati in modo consono alla loro importanza per la società civile europea.

Nonostante la crisi economica abbia obbligato gli Stati membri a compiere numerosi tagli, l’Unione europea continua costantemente ad ampliare la gamma delle proprie attività. Per poterlo fare, tuttavia, dovrà finanziare adeguatamente i programmi già esistenti. La relazione dell’onorevole Jędrzejewska richiama la nostra attenzione su tale aspetto, che, a mio parere, è stato giustamente riconosciuto come una priorità per i negoziati sul bilancio.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Onorevoli colleghi, il mandato per il trilogo è molto importante per il Parlamento europeo in quanto definisce la sua posizione negoziale. Sul bilancio per il 2011 incidono fortemente la crisi e la recessione, come risulta in modo evidente, tra l’altro, dai margini estremamente stretti. Vi sono tuttavia alcuni segnali positivi, uno dei quali è la priorità assegnata ai programmi finalizzati ai giovani. Se l’Unione europea vuole trovare un modo sostenibile per uscire dalla crisi, è essenziale che cominci a investire nei giovani poiché essi rappresentano il nostro futuro. Data la situazione economica in cui versa l’Europa, inoltre, occorre far sì che il bilancio comunitario sia equilibrato a livello sociale e tenga anche conto della competitività. Grazie a tutti.

 
  
  

Relazione Langen (A7-0187/2010)

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, come la recente crisi economico-finanziaria ha ampiamente dimostrato, risulta necessario porre in essere una strategia relativa a mercati dei prodotti derivati più regolamentati e trasparenti che impedisca situazioni eccessivamente speculative. In particolare, condivido la proposta del relatore che il controllo centralizzato sia affidato all’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, e la richiesta che i costi della futura infrastruttura di mercato siano a carico dei partecipanti al mercato e non dei contribuenti. Per questi motivi ho espresso il mio voto favorevole alla relazione in questione.

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) In questa risoluzione il Parlamento europeo chiede una sorveglianza più rigorosa sul mercato dei derivati. Ho votato a favore, poiché reputo fondamentale che il Parlamento invii un messaggio chiaro al Consiglio e alla Commissione affinché siano assunte misure legislative. Bisogna infatti scongiurare una speculazione eccessiva, introducendo una procedura standardizzata e organismi di sorveglianza oltre al registro comune delle transazioni.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa dell’onorevole Langen – che è un deputato estremamente preparato – in merito ai mercati dei derivati. Il testo è stato redatto in risposta alla comunicazione della Commissione sul medesimo argomento. Sostengo infatti l’iniziativa della Commissione volta a migliorare il sistema normativo sui derivati. É imperativo assegnare un ruolo chiave all’ESMA nell’autorizzazione delle controparti centrali di compensazione nell’Unione europea, conferendogli il potere di sorveglianza.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT)Ho votato a favore di questa relazione, poiché bisogna intensificare la trasparenza nel mercato dei derivati (scambi sulle transazioni future) e garantire una migliore disciplina del mercato. Gli strumenti derivati possono svolgere un ruolo utile, consentendo il trasferimento dei rischi finanziari all’interno di un’economia, ma, a causa della mancanza di trasparenza e di norme, siffatti strumenti hanno invece esacerbato la crisi finanziaria. Accolgo con favore l’iniziativa della Commissione volta a migliorare la disciplina sui derivati, in particolare sugli OTC, al fine di ridurre l’impatto dei rischi per la stabilità generale dei mercati finanziari, standardizzare i contratti sui derivati ed introdurre repertori di dati centralizzati e gli organismi di scambio organizzati.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − La relazione del collega Langen propone una serie di misure che dovrebbero rendere maggiormente trasparente il mercato dei prodotti finanziari derivati. Viste la genesi della crisi finanziaria del 2008 e la fragilità di cui ancora soffrono i mercati per colpa di prodotti così complessi, cercare di introdurre più stabilità e trasparenza è senz’altro auspicabile. Pertanto, il mio voto alla relazione Langen è favorevole.

Tuttavia, dovremmo insistere su un altro punto, che è un punto di principio, di base, nel ragionare di finanza, di crisi economica e di mercato. La crisi del 2008, che a cascata ha determinato gli effetti negativi che ancor oggi pesano sulle nostre società, prima che dai derivati e dall’intricata ingegneria finanziaria, è determinata dal fatto che per troppo tempo, sbagliando, si è pensato di poter fare a meno dell’economia reale. Quindi, ben vengano oggi misure a favore della trasparenza dei mercati finanziari e dei prodotti offerti dalle banche e dai mercati azionari, ma ricordiamoci tutti che è urgente un ripensamento generale sul sistema economico su cui i mercati mondiali si reggono. Ogni nostra scelta deve quindi essere orientata al rafforzamento dell’economia reale, unica fonte sicura di ricchezza e di stabilità durevole.

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Desidero anzitutto congratularmi con l’amico e collega on. Langen per il progetto di relazione che oggi ha sottoposto al voto in quest’Aula.

Alla luce della crisi finanziaria ed economica, abbiamo constatato la pericolosità di taluni strumenti finanziari usati dai mercati in modo spudorato senza regole né limiti. Vittime di questi pericolosi strumenti sono stati, anche in Italia, molti cittadini e numerose amministrazioni locali che ora si trovano in bilancio perdite spaventose.

Per evitare situazioni così spiacevoli ritengo opportuna, anzi necessaria, una corretta regolamentazione dei derivati, in modo da poter avere un mercato più stabile e sicuro che permetta agli operatori e ai consumatori di effettuare scelte consapevoli. L’Unione europea deve farsi promotrice di un radicale cambiamento della politica finanziaria rispetto al passato e dare segnali forti per impedire che in futuro strumenti come gli OTC possano compromettere l’intero mercato finanziario.

Condivido infine le linee guida illustrate dal collega Langen nel testo votato oggi, anche perché i derivati finanziari non sono appannaggio solo di professionisti del settore, ma sono strumenti di grande diffusione. Per questo, una legislazione più severa garantirà una maggiore trasparenza permettendo "ai partecipanti del mercato di stabilire correttamente il prezzo dei rischi".

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) La normativa più rigorosa sui mercati dei derivati deve tener conto delle particolari circostanze in cui si trovano le aziende, le quali devono assicurarsi che i propri rischi finanziari ed operativi siano coperti ai sensi di condizioni favorevoli ed, in un certo senso, che vengano attenutati grazie all’aiuto dei derivati.

Le aziende che non operano in campo finanziario si avvalgono di questi strumenti per coprire i rischi connessi alla valuta, agli interessi e alle materie prime. Questa tutela, che non è di natura speculativa, ha contribuito a creare stabilità e crescita nel settore dell’occupazione e degli investimenti.

Tuttavia, le norme proposte non devono compromettere la copertura dei rischi delle imprese.

Chiedo infatti che siano introdotte esenzioni e norme meno stringenti in termini di capitale per i derivati bilaterali, soprattutto per le PMI.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho votato contro il testo, perché, sebbene contenga determinati punti positivi e cerchi di introdurre delle restrizioni minime e delle norme sul mercato dei derivati, in realtà non affronta il problema. Una delle cause principali dell’instabilità economica e finanziaria risiede nello sviluppo e nell’aumento delle transazioni non bancarie, in cui sono compresi i premi di rischio ed altri derivati finanziari.

Il recente crollo dei mercati valutari e la speculazione contro i titoli greci hanno dimostrato che il sistema finanziario ha bisogno di normative severe, ma anche che certe transazioni, come le transazioni sui premi di rischio, devono essere vietate. A mio parere, sarebbe sbagliato e, ad ogni modo, non basta concentrarsi solamente sulle “politiche normative”, come quelle delineate nella relazione, che non mettono il problema in prospettiva e non offrono soluzioni adeguate.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il mercato dei derivati, come è emerso con la crisi economica, finanziaria e sociale che stiamo attraversando, ha bisogno di una normative efficace volta a garantire una maggiore trasparenza negli scambi di questi strumenti finanziari. Siffatti prodotti devono essere soggetti ad una sorveglianza più stretta in modo che gli scambi non abbiano effetti avversi sul mercato. A causa della varietà dei derivati e della necessità di proteggere gli investitori, credo si debbano altresì inasprire le norme in tema di informazione.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore l’impegno delle istituzioni europee volto a garantire la massima efficienza, sicurezza e solidità ai mercati dei derivati. Parallelamente ne viene riconosciuta anche l’importanza per la sostenibilità dello sviluppo economico, insieme alla necessità di assicurare la disciplina ed il controllo delle procedure e dei negoziati connessi alla transazione e alla commercializzazione di questi strumenti finanziari. Viste le dimensioni del mercato dei derivati e l’impatto che esso produce sull’economia globale, come è apparso evidente nell’attuale crisi economica e finanziaria – oltre che all’aumento esponenziale della componente di rischio nel mercato globale – credo sia fondamentale garantire la trasparenza. É vitale non solo per l’effettiva sorveglianza dei mercati, ma anche per avere norme contabili chiare, concise e complete. I CDS di emettitori sovrani che sono stati usati dagli speculatori finanziari hanno ingiustificatamente provocato dei dislivelli negli spread nazionali. Ne discende quindi la necessità di trasparenza nel mercato e di normative europee più incisive sulla negoziazione dei CDS, soprattutto quelli connessi al debito sovrano. Si spera che la futura legislazione, oltre a portare trasparenza nei mercati dei derivati, sia una normativa solida. Tengo inoltre a sottolineare che il costo delle future infrastrutture di mercato deve gravare sui soggetti interessati, non sui contribuenti.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Invece di decretare la fine del mercato dei derivati, la maggioranza del Parlamento si è limitata a difendere il divieto sul commercio speculativo dei credit default swap (CDS) del debito sovrano, sollecitando la Commissione a considerare i limiti di rischio massimo per i derivati, in particolare per i CDS, e a raggiungere un accordo in materia con i partner internazionali. Tuttavia, da quanto è stato detto, la Commissione presenterà la sua proposta sui mercati dei derivati solo a settembre ed il Parlamento legifererà su un piano di parità rispetto al Consiglio.

Tutta questa attesa è deleteria se si guarda all’impennata dei tassi d’interesse che sono impliciti nelle obbligazioni degli emettitori sovrani in alcuni paesi dell’area euro e che sono arrivati a livelli insostenibili, anche in ragione degli effetti negativi che i CDS hanno provocato sull’intero processo. Non possiamo continuare a consentire il ricorso a titoli speculativi basati sul debito sovrano.

É vero che il Parlamento oggi ha invocato il divieto sui CDS – che sono transazioni puramente speculative basate sulle probabilità di insolvenza del debitore – ma poi si è limitato a richiedere pene detentive più severe per le vendite allo scoperto di titoli e di derivati. Per quanto ci riguarda, pertanto, abbiamo sostenuto le proposte positive, ma deprechiamo la pozione retroattiva e il grande ritardo nella disciplina dei mercati di capitali.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Langen sui mercati dei derivati, poiché, come il relatore, ritengo assolutamente che il settore debba essere regolato e che serva una maggiore trasparenza in questi mercati. Sono particolarmente a favore dell’idea di introdurre obbligatoriamente le CCP per le transazioni sui derivati tra operatori del mercato. Standardizzando le transazioni e garantendo l’indipendenza delle CCP, si compiranno progressi estremamente significativi.

Ad ogni modo, i meccanismi normativi che saranno introdotti a breve grazie alla collaborazione tra Commissione, Consiglio e Parlamento non devono bloccare i mercati dei derivati, che svolgono infatti una funzione importante nella finanza mondiale. É fondamentale operare una distinzione, come in effetti ha fatto il relatore, tra strumenti derivati usati per coprire i rischi direttamente associati all’attività delle imprese e quelli usati solamente a fini speculativi. Solo quest’ultimi pongono un rischio sistemico che deve essere adeguatamente monitorato per evitare che si ripetano le crisi cui abbiamo recentemente assistito.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) In passato gli strumenti derivati svolgevano un ruolo importante, trasferendo il rischio nell’economia. Successivamente, la mancanza di trasparenza e di norme nei mercati dei derivati ha avuto un effetto estremamente pernicioso sulla crisi finanziaria. I CDS (credit default swap) sono stati gli strumenti che hanno più influito sulle economie europee e che hanno provocato un aumento degli interessi sul debito sovrano. Il regolamento vieta gli scambi speculativi operati con questo strumento, evitando che si possano creare distorsioni nel mercato del debito sovrano. É assolutamente fondamentale, però, distinguere tra i prodotti derivati utilizzati come strumento di gestione del rischio al fine di coprire un vero rischio sottostante ed i derivati usati unicamente a fini speculativi. Sono questi i motivi che hanno giustificato il mio voto.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sono lieto che i paragrafi principali della risoluzione siano stati mantenuti nel testo finale, segnatamente i paragrafi nn. 33, 34, 35 e 36, ed i considerandi K, S e X. Per tale ragione ho votato a favore. Altrimenti, se anche in una sola votazione per parti separate l’esito fosse stato negativo, noi verdi avremmo votato contro la relazione.

 
  
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  Peter Skinner (S&D), per iscritto. (EN) Gli aspetti principali della relazione Langen sono accettabili. Ad ogni modo, nel corso del dibattito in seno alla commissione, si è parlato lungamente dei pericoli dell’industria. Chiaramente l’entità dell’attività dei derivati sollevano questioni sulle modalità di disciplina del settore, pertanto la trasparenza e la supervisione armonizzata sono state identificate come fattori molti importanti. Al contempo non occorre aumentare i costi degli scambi, insistendo per concentrare la compensazione presso singole borse. Fortunatamente l’onorevole Langen è ben consapevole dei limiti di questo approccio che farebbe lievitare di dieci volte i costi in borsa rispetto ad altre piazze. Dobbiamo inoltre tutelare i cosiddetti strumenti derivati su misura che consentono alle aziende di mettersi al riparo da futuri aumenti nei mercati delle materie prime. Infine dobbiamo garantire la compatibilità internazionale – soprattutto con gli USA, il principale mercato.

 
  
  

Relazione Badia i Cutchet (A7-0154/2010)

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Il rapido sviluppo di Internet ha favorito la proliferazione di oggetti connessi e scambiabili in rete. Si è così venuto a create “Internet degli oggetti”, che comprende una vasta gamma di articoli: dai libri alle automobili, passando anche per gli elettrodomestici ed i prodotti alimentari. Questa relazione d’iniziativa del Parlamento europeo è stata concepita in risposta alla comunicazione della Commissione, in cui sono previste 14 misure che devono essere messe in atto affinché l’Unione europea possa essere all’avanguardia nello sviluppo di queste nuove reti di oggetti interconnessi. La relazione del Parlamento si sofferma in particolare sul rispetto della privacy, sui benefici in termini di qualità della vita che Internet degli oggetti può avere sui consumatori europei, sull’accessibilità e sul carattere inclusivo di Internet degli oggetti. Sottoscrivendo pienamente queste priorità, ho votato a favore della relazione d’iniziativa.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − L’evoluzione della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC) ha determinato, nell’ultimo ventennio, una vera e propria rivoluzione nel campo della conoscenza, soprattutto grazie alla diffusione a livello civile di Internet e del World Wide Web.

Dopo aver messo in rete la conoscenza e aver annullato ogni distanza nello scambio delle informazioni, la nuova frontiera di questa tecnologia ha per oggetto la possibilità di combinare un nuovo sistema di identificazione a radiofrequenza e i prodotti, così che questi possano rilasciare istantaneamente delle informazioni ai consumatori.

Sono favorevole a che si approfondiscano, anche attraverso l’implementazione di progetti pilota, le conseguenze etico-sociali di questa nuova risorsa informatica, che potrebbe in futuro rappresentare un nuovo settore occupazionale, e sostengo, pertanto, la relazione della collega Maria Badia i Cutchet.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore l’essenza della comunicazione della Commissione. Lo sviluppo di nuove applicazioni e l’Internet degli oggetti – insieme all’impatto enorme che stravolgerà la vita quotidiana e le abitudini dei cittadini europei – sono strettamente legati alla fiducia che i consumatori europei ripongono nel sistema.

É una priorità garantire un quadro legislativo e normativo che, da un lato, tuteli il consumatore europeo e, dall’altro, promuova l’investimento pubblico e privato nel settore di Internet degli oggetti.

Questo ambito rappresenta una grande opportunità in termini economici, in quanto ci consentirà di ottimizzare i processi di produzione ed il consumo di energia, oltre che a creare nuovi posti di lavoro e nuovi servizi per un numero crescente di cittadini e di imprese europee.

Se l’Unione europea vuole davvero conquistarsi una posizione trainante in questo mercato, deve assumere un approccio proattivo nel settore, incentivando la ricerca ed i progetti pilota.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Grazie alla crescita rapida e continua di Internet all’incirca 1,5 miliardi di persone sono connesse mediante computer o dispositivi mobili. Il prossimo passo sarà la progressiva trasformazione della rete di computer interconnessi in una rete di oggetti interconnessi – l’Internet degli oggetti – che va dai libri alle automobili, dagli elettrodomestici fino ai prodotti alimentari. Ad esempio, il frigorifero potrebbe essere programmato affinché riconosca i prodotti scaduti o prossimi alla scadenza. Queste innovazioni tecnologiche possono contribuire a soddisfare diverse aspettative della società e della gente e possono altresì fungere da catalizzatori per la crescita e l’innovazione a beneficio dell’economia e del benessere dei cittadini.

Tuttavia, è necessario introdurre normative specifiche e lungimiranti affinché l’Internet degli oggetti possa rispondere alle sfide correlate alla fiducia, alla diffusione e alla sicurezza. É fondamentale garantire il pieno rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali. Devono essere messe in atto misure adeguate per la protezione dei dati contro possibili usi indebiti e altri rischi associati ai dati personali. Per tale ragione sostegno questo approccio proattivo, evidenziando che l’Internet degli oggetti è volto prima di tutto a recare beneficio alle persone.

 
  
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  Lara Comi (PPE), per iscritto. − Ho votato favorevolmente per questa relazione. Lo sviluppo dell’applicazione di Internet degli oggetti da un lato rappresenta una grande opportunità di crescita e competitività e, dall’altro, determina un grande cambiamento sociale, incidendo in modo significativo sui comportamenti dei cittadini. Per questo motivo accolgo con favore l’intenzione della Commissione di pubblicare, nel 2010, una Comunicazione sul rispetto della vita privata e la fiducia nella società dell’informazione, essendo a mio avviso fondamentale monitorare in modo permanente gli aspetti relativi alla protezione dei dati personali.

Altrettanta importanza riveste il dibattito sugli aspetti tecnico-legali del diritto al silenzio del chip. Inoltre, per i profondi mutamenti che l’Internet degli oggetti comporterà, è essenziale consentire uno sviluppo uniforme delle tecnologie a livello territoriale, per evitare che si creino divari ancora più grandi di quelli esistenti, coinvolgendo adeguatamente le autorità pubbliche in questo processo e prestando attenzione alle aree più periferiche.

Infine, penso che sia importante l’incremento dei finanziamenti europei relativi all’Internet degli oggetti nell’ambito dei progetti di ricerca del Settimo Programma quadro e dei progetti pilota del Programma quadro per la competitività e l’innovazione, puntando anche sullo sviluppo delle infrastrutture, della diffusione della banda larga e dell’ulteriore riduzione dei costi del roaming di dati.

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione su Internet degli oggetti, poiché ritengo che, adottando la relazione, si stimolerà lo sviluppo di tecnologia innovativa nell’Unione europea. In questo modo, si creeranno opportunità commerciali per le aziende europee e si combatterà anche il cambiamento climatico in ragione della migliore gestione dell’energia e del trasporto.

In qualità di relatore ombra, ho presentato degli emendamenti atti ad innalzare la protezione dei dati personali affinché non siano usati per altri scopi dalle aziende che vi possono avere accesso. Di conseguenza, la relazione contiene disposizioni importanti a difesa dei diritti fondamentali dei cittadini.

 
  
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  Ioan Enciu (S&D), per iscritto. (RO) Internet degli oggetti è un concetto del futuro che affonda le sue radici nel presente. Dipenderà da noi fare in modo che vada a beneficio dei cittadini in maniera armonizzata ed efficiente. Il nuovo sistema atto ad integrare le tecnologie che usiamo nella vita quotidiana deve essere messo in atto nella più stretta osservanza del diritto alla privacy dei consumatori. La Commissione deve costantemente consultarsi con il gruppo di lavoro sulla protezione dei dati e non solo quando lo reputa necessario. Questi dispositivi e queste tecnologie infatti sono in grado di trasmettere la posizione, le caratteristiche e l’identità di un oggetto. Oltre a garantire il diritto al silenzio, questi meccanismi devono essere integrati solo su richiesta della persona e non come caratteristica standard di produzione. Al contempo la Commissione, nel decidere sull’attuazione di progetti che attengono all’Internet degli oggetti, deve tenere conto della rete che sarà selezionata per la connessione. Al momento sono molti i ciber-attacchi su Internet. A mio avviso, l’uso del World Wide Web per connettere Internet degli oggetti potrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza ed appesantire notevolmente la rete. Lo sviluppo di una rete parallela per la connessione degli oggetti potrebbe costituire la soluzione più adeguata nella situazione attuale mediante la condivisione dello spettro e del dividendo digitale.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione Badia i Cutchet a sostegno di Internet degli oggetti. Le nuove tecnologie informatiche apporteranno grandi benefici alla società, ma è importante che sia tenuto conto dell’impatto potenziale sulla salute e sull’ambiente, insieme agli aspetti connessi alla protezione della privacy.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Internet è divenuto parte della vita quotidiana di milioni di persone e oggi svolge un ruolo insostituibile come mezzo di comunicazione e come veicolo per trasmettere le informazioni e la conoscenza. L’aumento esponenziale dei contenuti di Internet ne ha fatto uno strumento versatile i cui usi si vanno moltiplicando. Al contempo, però, è diventato anche l’ambiente in cui ha attecchito un nuovo tipo di criminalità che approfitta della velocità e della smaterializzazione dei flussi di informazioni nonché del massiccio volume di dati personali inseriti dagli utenti della rete.

Condivido le preoccupazioni espresse nella risoluzione sulla necessità di affrontare le restrizioni all’accesso di Internet per motivi politici e di garantire una maggiore sicurezza a bambini e ad adolescenti nell’impiego della rete. Convengo sul fatto che l’uso e la gestione attuale della rete devono continuare ad essere di responsabilità del settore privato, ma credo che gli Stati membri non possano esimersi dall’intervenire e dall’essere attivi, esercitando un ruolo normativo. L’obiettivo sarebbe innanzi tutto quello di prevenire l’abuso e la violazione dei diritti dei cittadini.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’impatto delle nuove tecnologie sulla sicurezza e sulla qualità della vita dei cittadini è indiscutibile e comporta sia dei benefici che dei rischi. In siffatto contesto Internet degli oggetti presenta una serie di vantaggi nuovi per la gente, ma sussistono altresì i rischi inerenti ad uno strumento che ha un grande potenziale. Mi preme enfatizzare l’approccio che punta a stimolare la ricerca e i progetti pilota. Si devono inoltre sfruttare tutte le opportunità che si vengono a creare, in particolare mediante l’ottimizzazione del risparmio energetico e dei processi di produzione, la creazione di nuovi posti di lavoro, oltre che in relazione alle sfide che possono emergere. É, però, vitale che l’Unione europea si doti di un quadro comune per rafforzare le disposizioni in tema di sorveglianza del sistema, riservatezza, sicurezza delle informazioni, gestione etica, privacy, raccolta e archiviazione dei dati personali nonché informazione dei consumatori. La rapida evoluzione di Internet degli oggetti richiede una governance sicura, trasparente e multilaterale. Alla luce di questo presupposto condivido le preoccupazioni della Commissione in relazione alla sicurezza e alla tutela dei dati personali dei cittadini nonché alla governance di Internet degli oggetti al fine di garantire il rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Internet degli oggetti è un progetto che ebbe inizio nel 1999 negli Stati Uniti. Ora si sta diffondendo sempre più e si prevede che tra 10-15 anni rivoluzionerà l’interazione persona-oggetto e oggetto-oggetto mediante l’uso crescente della tecnologia dell’identificazione della radiofrequenza (RFID).

Il processo di sviluppo di Internet degli oggetti, con tutti gli aspetti innovativi e positivi che può apportare nella vita quotidiana, implica anche un margine di incertezza, sia a livello tecnico che a livello concettuale, che suscita una qualche preoccupazione. La tecnologia su cui poggia il sistema, la RFID, si basa sul “tag”, ossia un componente elettrico costituito da un chip e da un’antenna. Questo chip di pochi millimetri può contenere, ricevere e trasmettere informazioni senza alcuna connessione via cavo. E proprio siffatto aspetto solleva diverse questioni correlate tra l’altro alla titolarità, alla gestione e alla privacy.

Per quanto attiene alla privacy e alla protezione dei dati, la relatrice mette in luce “l’importanza di assicurare che tutti i diritti fondamentali, e non solo il rispetto della vita privata, vengano tutelati nel processo di sviluppo dell’internet degli oggetti”, il che, a mio avviso, è positivo. Tuttavia, nutriamo seri dubbi sulla gestione dei dati. Il futuro è ancora incerto e quindi ci siamo astenuti nel voto.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. – Con l’avanzare della tecnologia è importante che l’Unione europea e gli altri organismi politici si tengano aggiornati. Questa relazione affronta diversi argomenti importanti, come la privacy e i dati sulla salute. Sostengo appieno la relatrice, la quale chiede che l’Unione europea sia proattiva in questa sfera.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Le cosiddette tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) svolgono un ruolo importante nella promozione dello sviluppo sociale, della crescita economica, della ricerca, dell’innovazione e della creatività sia nel settore pubblico che in quello privato in Europa. I rapidi mutamenti che Internet ha subito negli ultimi anni sono fonte di nuove preoccupazioni. L’Unione europea pertanto deve dotarsi di un quadro di riferimento comune in modo da rafforzare i provvedimenti in atto sulla gestione del sistema, soprattutto per quanto riguarda la riservatezza, la sicurezza delle informazioni, la gestione etica, la vita privata, la raccolta e l’archiviazione dei dati personali e delle informazioni sui consumatori. Alla luce di tali presupposti è fondamentale che l’autorità competente per Internet degli oggetti garantisca la sicurezza, la protezione dei dati e la vita privata degli utenti, poiché solo un siffatto approccio può apportare benefici ai cittadini. Sono questi i motivi che hanno giustificato il mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Un miliardo e mezzo di persone sono connesse alla rete e usano Internet. Questo strumento rappresenta il presupposto per un nuovo genere di tecnologia di rete che è volta a consentire la comunicazione tra persone e oggetti e tra oggetti e altri oggetti. Le informazioni sui prodotti saranno archiviate, ricevute e trasmesse. Si teme, però, che gli svantaggi possano superare i vantaggi di questa nuova tecnologia. Bisogna infatti assicurare che la sfera privata sia protetta e che i dati personali non siano soggetti ad usi indebiti, tanto più che in futuro gli utenti saranno ancora più vulnerabili di quanto lo siano ora. Ho votato a favore della relazione, poiché le misure proposte dalla relatrice sulla protezione della vita privata e dei dati personali sono assolutamente necessarie.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) Per quanto attiene ai nuovi sviluppi tecnologici, come il cosiddetto Internet degli oggetti, è sempre importante affrontare le questioni etiche insieme ai possibili benefici e proteggere i diritti individuali. La relazione si muove in questa direzione, pertanto ho votato a favore.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (LT) Internet degli oggetti ha cominciato a diffondersi più marcatamente una ventina di anni fa ed è divenuto una componente insostituibile a livello sociale, come il telefono e la radio. Oggi 1,5 miliardi di persone sono connesse ad Internet e tra qualche anno questo numero è destinato a raddoppiare. Presto la tecnologia di punta consentirà non solo ai computer di essere connessi alla rete, ma anche alle automobili e persino ai libri, ai prodotti alimentari insieme ad altri tipi di articoli. Connettendo l’automobile in rete, l’automobilista potrà avere informazioni sulla pressione delle gomme, mentre i frigoriferi programmati saranno in grado di riconoscere i prodotti scaduti. Ho votato a favore di questa relazione, poiché Internet degli oggetti è destinato a risollevare un’economia pesantemente provata dalla crisi e contribuirà a creare occupazione e nuovi servizi per un numero crescente di cittadini e di aziende. In questo modo, riusciremo anche ad ottimizzare i processi produttivi ed il risparmio energetico, che è un aspetto molto importante nella lotta contro il cambiamento climatico.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Noi verdi abbiamo sostenuto fermamente questa relazione stilata dalla collega socialista, l’onorevole Badia i Cutchet. Internet degli oggetti rappresenta una nuova e importante applicazione importante della tecnologia Internet. Nei prossimi 10-15 anni si prevede che questo strumento entrerà nella nostra vita quotidiana. Esso di basa sulla tecnologia RFID (identificazione della frequenza radio) per ricevere e trasmettere le informazioni senza fili. Funziona grazie ad un minuscolo chip che ha la capacità di archiviare un gran numero di informazioni sull’oggetto o sulla persona su cui è stato collocato. Nel settore agroalimentare, ad esempio, la RFID consente una tracciabilità del prodotto più veloce e più precisa, fornisce informazioni sul contenuto, come le caratteristiche chimiche, i livelli di glutine, eccetera. Del resto, applicazioni analoghe sono già in uso, come il chip che trasmettere le informazioni in tempo reale all’automobilista sulla pressione delle gomme. Questa nuova tecnologia rivoluzionerà e amplierà l’interazione persona-oggetto e oggetto-oggetto. L’innovazione deriva dall’interazione oggetto-oggetto. L’esempio pratico più citato è quello del frigorifero che, debitamente programmato, è in grado di riconoscere tutti i prodotti scaduti o prossimi alla scadenza.

 
  
  

Relazione Sosa Wagner (A7-0185/2010)

 
  
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  Alexander Alvaro, Jorgo Chatzimarkakis, Jürgen Creutzmann, Wolf Klinz, Silvana Koch-Mehrin, Britta Reimers e Michael Theurer (ALDE), per iscritto.(DE) É fondamentale contrastare lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia. Dobbiamo adoperarci al massimo per combattere la pedopornografia nelle reti di comunicazione. Un controllo permanente ed effettivo sugli abusi contro i bambini rappresenta sia una responsabilità politica che un precetto dello Stato di diritto. Il partito liberal-democratico tedesco al Parlamento europeo ritiene che siffatti contenuti illeciti debbano essere rimossi quanto più rapidamente possibile.

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore di questa relazione d’iniziativa che è stata stilata in vista dell’imminente forum sulla governance di internet che si svolgerà a Vilnius dal 25 al 29 settembre. Il Parlamento chiede al forum di intensificare la partecipazione dei paesi in via di sviluppo nell’ambito dei suoi lavori e di coordinare il proprio operato con organismi nazionali e regionali. L’Assemblea chiede inoltre all’Unione di sviluppare una strategia sugli aspetti fondamentali della governance di internet e di incoraggiare la riforma dell’ICANN (Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati).

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Non posso che votare a favore della relazione del collega on. Sosa Wagner sulla necessità di assicurare una governance etica e sicura di Internet.

Lo strumento che ha annullato le distanze e i tempi della comunicazione, insieme ad un enorme potenziale benefico è, allo stesso tempo, fonte quotidiana di rischi, tanto per la protezione dei dati personali quanto per i minori. È fondamentale assicurare la libera circolazione dell’informazione e della comunicazione, ma nella certezza che i soggetti più deboli e i dati più sensibili continuino a ricevere un’adeguata tutela. Solo in questo modo Internet potrà continuare ad essere il motore di un cambiamento sociale positivo e rispettoso della dignità del singolo individuo.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Internet è un “bene pubblico globale”, pertanto i tentativi perpetrati da un certo governo di esercitarne la gestione ed il controllo hanno attirato notevoli critiche.

L’Unione europea deve sviluppare una strategia basata su una visione condivisa degli aspetti fondamentali della governance di internet, che possa essere fermamente difesa sulla scena internazionale e nelle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti.

Sostengo la posizione positiva assunta dalla Commissione europea verso l’attuale modello di gestione che rispetta la preminenza del settore privato.

Chiedo inoltre un maggiore coinvolgimento dei paesi in via di sviluppo, soprattutto mediante l’erogazione di fondi atti a favorirne la partecipazione.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Negli ultimi vent’anni internet ha avuto un impatto enorme sulla società e sulla vita pubblica. L’Unione europea ne è un valido esempio. Infatti, pur rappresentando poco più del 7 per cento della popolazione mondiale, ha il 19 per cento degli utenti di internet a livello globale. La governance di internet è una priorità assoluta per la politica pubblica, la quale mira a garantire che i cittadini possano fruire appieno del potenziale di questo strumento. Al contempo bisogna trovare le soluzioni più appropriate al problema dei contenuti inappropriati e illegali, assicurare una protezione sufficiente ai consumatori e risolvere i problemi di autorità giurisdizionale nel contesto della rete globale.

Sono del tutto d’accordo sull’idea che internet sia un bene pubblico globale e che debba sempre tutelare e rispettare l’interesse pubblico. É vitale che l’UE sviluppi una strategia sugli aspetti fondamentali della governance di internet e sostengo l’iniziativa della Presidenza spagnola di redigere una “Carta europea dei diritti dei cittadini e dei consumatori” in ambito digitale. É importante favorire una riforma interna della Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati in modo a ampliarne la rappresentatività, assoggettarla ad un maggiore controllo da parte della comunità internazionale e conferirle maggiori responsabilità insieme ad una maggiore trasparenza.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sulla governance di internet, che affronta temi delicati come la protezione e la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali, l’accesso e l’uso di internet e la cibercriminalità. La proposta della Presidenza spagnola sulla carta dei diritti degli utenti di internet e sul riconoscimento di una quinta libertà fondamentale (libertà di accesso alla rete) potrebbe dotare l’UE di strumenti più efficaci al fine di garantire, da un lato, una maggiore protezione negli ambiti che afferiscono alla sicurezza e, dall’altro, un accesso diffuso e non discriminatorio alla rete.

 
  
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  Göran Färm, Olle Ludvigsson e Marita Ulvskog (S&D), per iscritto. (SV) Noi social democratici svedesi abbiamo deciso di astenerci a causa del riferimento al blocco dei siti web. Crediamo che siffatte misure possano essere giustificate in talune situazioni, ad esempio, in relazione a reati connessi alla pedopornografia, ma la proposta di bloccare i siti in caso di reato cibernetico è eccessivo e quindi per noi è stato impossibile votare a favore di questo provvedimento.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Internet ha indubbiamente una funzione di carattere pubblico ed influenza sia la vita quotidiana che i movimenti di massa, le idee politiche e le strategie di comunicazione. É vero che internet ha assunto un ruolo pubblico insostituibile e gli Stati membri dell’Unione europea non possono ignorarlo. Essi devono favorire un maggiore accesso ed una maggiore partecipazione alla governance di internet senza pregiudicare le caratteristiche fondamentali che risiedono nell’uso pubblico e nella gestione della rete, poiché questo aspetto si è rivelato essenziale per la vitalità e la crescita di internet. Il ruolo degli Stati membri sta acquisendo una maggiore importanza, in particolare per quanto attiene alle questioni dei reati cibernetici, alla protezione della sicurezza degli utenti e della privacy nonché alla libertà di accesso e di espressione mediante internet.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Vista la crescente rilevanza che internet ha assunto nella vita quotidiana dei cittadini e delle istituzioni, oltre che nell’amministrazione di diversi Stati, cui si aggiunge l’impatto sullo sviluppo economico, culturale, sociale e umano, la governance di internet è una questione che riveste un’importanza fondamentale sul piano mondiale. Infatti l’Unione europea deve assolutamente salvaguardare le condizioni atte a garantire un intervento attivo in questo ambito e proteggere questo bene pubblico insieme ai valori e ai principi che vi soggiacciono. Alla luce di questi presupposti ho votato a favore della relazione, sottolineando l’importanza di incrementare la rappresentanza della diversità globale negli organismi che attualmente controllano il mercato di internet, ossia la Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati (ICANN) e l’autorità per l’assegnazione dei numeri internet (IANA).

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La relazione è stata stilata a fronte dell’importanza del ruolo di internet, che è divenuto uno strumento indispensabile per promuovere iniziative democratiche, dibattiti politici, l’alfabetizzazione digitale e la diffusione della conoscenza. L’accesso ad internet garantisce l’esercizio di una serie di diritti fondamentali, tra cui il rispetto per la vita privata, la protezione dei dati, la libertà d’espressione e di associazione, la libertà di stampa, la non-discriminazione, l’istruzione e la diversità linguistica e culturale, e al contempo poggia proprio su tali diritti.

La relazione pertanto enfatizza che le istituzioni e gli organismi coinvolti a tutti i livelli hanno la responsabilità generale di assicurare che tutti possano esercitare il diritto a prendere parte alla società dell’informazione.

Il testo inoltre affronta anche le minacce poste dalla cibercriminalità per le società che usano la tecnologia dell’informazione e della comunicazione, rilevando un aumento dell’istigazione a commettere attentati terroristici e reati motivati dall’odio nonché della pedopornografia. Di conseguenza, i cittadini, tra cui i bambini, corrono dei rischi e infatti la relazione afferma che “il ruolo degli attori pubblici deve essere rafforzato nella definizione di una strategia globale”. Infine il documento esprime preoccupazione per la struttura della Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati (ICANN), che non è proprio rappresentativa, e per il controllo limitato che la comunità internazionale, compresa l’UE, può esercitare sul suo operato.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione riconosce l’importanza di internet, in quanto strumento che promuove la diversità culturale ed incoraggia la cittadinanza democratica. Affinché i valori democratici siano promossi, però, è fondamentale che i governi non impongano alcuna forma di censura e quindi accolgo con favore le disposizioni del paragrafo 13.

 
  
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  Iosif Matula (PPE), per iscritto. (RO) Il dibattito sulla governance di internet riveste senz’altro un’importanza particolare, in quanto in molti paesi questa forma di comunicazione è divenuta assolutamente essenziale nella vita professionale e nella vita privata dei cittadini. É proprio per questa ragione che sarebbe, come minimo, una totale mancanza di immaginazione da parte nostra lasciare che le decisioni strategiche su internet vengano assunte unicamente da una società privata avente sede negli Stati Uniti.

La relazione su cui abbiamo votato oggi è fondamentale per creare un modello di governance in cui siano coinvolti anche i consumatori finali. Dobbiamo inoltre favorire la cooperazione tra università e mondo delle imprese, anche a livello regionale e nazionale. Al contempo dobbiamo coinvolgere gli attori del mercato asiatico, visto il rapidissimo tasso di sviluppo di quest’area. Inoltre dobbiamo assolutamente trovare un equilibrio tra la protezione della privacy degli utenti e la registrazione di dati personali sui vari siti web, non solo in ragione dell’avvento dei social network, ma anche a fronte dello sviluppo delle vendite online. Un altro fatto estremamente importante è che internet funge anche da eccellente veicolo per la promozione del retaggio e dei valori culturali dell’Europa, oltre ad essere il motore dell’innovazione, consentendoci di colmare il divario rispetto ad altre regioni del mondo.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Esprimo apprezzamento per i considerandi di questa relazione in cui internet viene definito un bene pubblico globale che deve essere gestito nell’interesse comune. La relazione sottolinea l’importanza di internet nel dibattito pubblico. Proprio in ragione di questi principi, che sono stati giustamente menzionati, ho votato contro il testo. Infatti come si può invocare il rispetto dell’interesse comune e chiedere al contempo una governance condivisa tra pubblico e privato senza creare ostacoli alla libera concorrenza? Sebbene il testo abbia il merito di enfatizzare l’importanza dell’interesse comune, in realtà ottiene esattamente il risultato opposto. Il dogmatismo euroliberista porterà l’Europa alla catastrofe.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Oggi internet è uno strumento globale, pertanto la sua gestione deve tener conto dell’interesse comune. Attualmente internet costituisce uno dei mezzi principali per diffondere i valori democratici in tutto il mondo ed è una leva indispensabile per promuovere le idee, il dibattito politico e per diffondere la conoscenza. É pertanto fondamentale che internet si sviluppi in modo tale che tutti nell’UE possano avere un pari accesso. É altresì fondamentale che sia sicuro per tutti gli utenti, soprattutto per i minori, che sono meno in grado di proteggersi contro i potenziali pericoli che derivano dall’utilizzo di questo mezzo. Se vogliamo mantenere lo status di internet quale bene pubblico globale, dobbiamo evitare che sia dominato da un unico organismo o da un gruppo ristretto di organismi. Sono questi i motivi che hanno giustificato il mio voto.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Per quanto concerne internet dobbiamo difendere la libertà d’espressione, pur contrastando la cibercriminalità e gli abusi. Tuttavia non dobbiamo arrivare ad acquisire dati solo per combattere la criminalità e il terrorismo laddove non vi sono motivi di avere sospetti. Internet ha dato luogo a problemi nuovi, come quelli connessi alla protezione dei dati sui social network o in relazione a programmi come Google Street View. Il problemi derivanti dagli ultimi sviluppi hanno ricevuto poca considerazione e per questo motivo mi sono astenuto.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. (EL) Internet è un bene pubblico globale e deve basarsi sul criterio dell’interesse pubblico. Deve essere creata un’infrastruttura specifica per la governance di questo strumento in modo da salvaguardarne la sicurezza, l’integrità e l’autenticità, riducendo al contempo la possibilità di ciber-attacchi. É necessaria una cooperazione globale aperta sulla goverenance di internet, dobbiamo redigere la Carta europea dei diritti degli utenti di internet e dobbiamo riconoscere la quinta libertà fondamentale dell’UE: l’accesso ad internet. Per tale motivo oggi ho votato a favore della relazione della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sulla governance di internet e rilevo che l’UE deve adottare una strategia atta a garantire l’acceso ad internet senza discriminazioni, salvaguardandone la neutralità, il rispetto per la privacy, la protezione dei dati, la libertà di espressione e la protezione dei minori. Particolare enfasi deve essere assegnata ai gruppi più vulnerabili e agli attacchi cibernetici. Devono essere introdotte delle restrizioni quanto più rigorose possibile a protezione dei minori e deve essere promossa la cooperazione internazionale nella lotta contro i contenuti illegali o pericolosi di internet.

 
  
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  Fiorello Provera (EFD), per iscritto. − Internet è ormai divenuto uno strumento essenziale nello sviluppo del mercato interno, ovvero di quello che è il pilastro della crescita e dello sviluppo dell’Unione europea. Inoltre, la percentuale di accesso al mondo informatico da parte della popolazione europea supera ormai il 60%. Pare quindi necessario che l’Unione sia protagonista nel dibattito inerente la governance di Internet, garantendo così che un servizio divenuto fondamentale per l’interazione sociale e commerciale tenga nella dovuta considerazione i valori propri dell’Unione quale il rispetto dei consumatori e dei minori. Per questo motivo sostengo i contenuti e le proposte della relazione del collega Sosa Wagner.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. (ES) Prima di tutto porgo le congratulazioni al relatore per il documento che ha stilato e per l’eccellente tempistica visto l’imminente incontro del forum sulla governance di internet (IGF), che per la prima volta si svolgerà nell’Unione europea.

L’Unione vi partecipa sin dalla sua fondazione, ma il fatto che si tenga a Vilnius conferisce una rilevanza particolare alla nostra delegazione. Questo forum è stato creato cinque anni fa e, ai sensi dell’agenda di Tunisi, ora dovrà decidere se proseguire nel proprio operato. La delegazione comunitaria a Sharm-el-Sheikh ha già indicato che il forum dovrebbe continuare nella forma attuale in ragione del ruolo importante che esso svolge come strumento di dialogo aperto tra tutti gli attori coinvolti nella governance di internet.

Dobbiamo continuare a mantenere questa posizione nei dibattiti che si svolgeranno a Vilnius. Per quanto concerne le altre questioni, come lo sviluppo della Corporazione internet per i nomi e i numeri assegnati che sicuramente occuperà un posto importante nelle discussioni del forum, la relazione dell’onorevole Sosa Wagner indica la posizione che sosterremo noi rappresentanti delle istituzioni europee al forum.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – Nel voto finale ho votato contro la relazione, poiché il testo promuove l’interferenza governativa nella governance di internet, e siffatta posizione è contraria a quella dei verdi.

 
  
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  Alexandra Thein (ALDE), per iscritto. (DE) É assolutamente fondamentale contrastare lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia. Dobbiamo adoperarci al massimo per impedire che il materiale pedopornografico possa circolare in internet. La lotta continua e fattiva per prevenire gli abusi contro i minori è tanto una responsabilità politica quanto un precetto dello Stato di diritto. I deputati del partito liberal-democratico al Parlamento europeo sono dell’opinione che contenuti criminali di questo genere debbano essere distrutti quanto più rapidamente possibile.

 
  
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  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. – Ho votato a favore della relazione Sosa Wagner, in quanto l’Unione europea deve assumere un ruolo trainante in tutti gli aspetti della governance di internet nell’arena internazionale. Questa relazione pone l’enfasi dell’UE sulla necessità di sicurezza e di stabilità di internet a livello globale, sul rispetto dei diritti umani, la libertà d’espressione, la vita privata, la tutela dei dati personali e la promozione della diversità linguistica e culturale.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione sulla governance di internet, ma mi sono astenuta sul paragrafo in cui si chiede che sia assegnata priorità alla protezione dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale, mettendoli sullo stesso piano dei consumatori.

Una buona governance di internet, in realtà, deve garantire accesso a tutti ai contenuti, segnatamente ai contenuti culturali, in un ambente digitale, ma è un obiettivo che non può essere raggiunto a discapito dei creatori e, in particolare, degli autori. Questi diritti non possono essere trattati alla stregua dei diritti di proprietà intellettuale. Gli autori devono avere la possibilità di scegliere le modalità di accesso alle loro opere.

Inoltre la privacy degli utenti e la creatività vanno tutelate.

Pertanto è fondamentale trovare un equilibrio tra i diritti degli utenti ed i diritti dei creativi in modo che le persone possano realizzare il proprio potenziale di cittadini informati, consumatori e creativi.

 
  
  

Relazione Winkler (A7-0143/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Pur avendo votato a favore della risoluzione, tengo a sottolineare le argomentazioni presentate su alcune regioni, in particolare le regioni ultraperiferiche, e sull’accesso all’innovazione. Le difficoltà correlate alla mancanza di una massa critica devono essere tenute in considerazione per favorire un uso migliore del potenziale in settori quali la ricerca e l’innovazione in queste aree. Le caratteristiche uniche delle regioni ultraperiferiche in termini geografici e climatici infatti conferiscono vantaggi specifici per lo sviluppo di determinate attività nei settori della biodiversità, delle risorse marine, del cambiamento climatico, dell’energia rinnovabile, dell’acqua, dell’ambiente, delle risorse naturali, della salute e delle nuove tecnologie.

Per quanto concerne soprattutto le risorse naturali e la biodiversità, le regioni ultraperiferiche consentono alla ricerca europea di usufruire di un accesso privilegiato ad ecosistemi tropicali dotati di una biodiversità e di un’agricoltura uniche. Pertanto la ricerca può rimanere nel contesto dello spazio europeo della ricerca mediante “laboratori naturali”. Sono anche luoghi validi per la sperimentazione. Nonostante le possibilità di diverse regioni e gli sforzi profusi, molte continuano ad avere più difficoltà rispetto ad altre a migliorare i fattori che favoriscono la competitività, la crescita e l’occupazione, come prevede la strategia di Lisbona, in particolare nell’ambito della ricerca e dello sviluppo.

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, condivido la posizione del collega Winkler, cui ho dato il mio voto positivo, sulla revisione della politica comunitaria a favore dell’innovazione. In particolar modo, ritengo condivisibile la volontà di predisporre una strategia di ampio spettro, che non riguardi solo l’innovazione tecnologica ma anche quella amministrativa, organizzativa e sociale. A tale proposito, il coinvolgimento del mondo economico e della piccola e media impresa nella definizione di misure di promozione dell’innovazione mi sembra cruciale, cosi come l’attenzione che va data agli obiettivi di politica economica a livello regionale

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Questa relazione d’iniziativa passa in rassegna le misure comunitarie assunte nel campo della politica per l’innovazione e fissa una serie di priorità per definire una politica nuova in quest’area. Tra siffatte priorità, il Parlamento esprime l’auspicio che l’innovazione non si limiti agli aspetti tecnologici, ma che riguardi anche le innovazioni di tipo amministrativo, organizzativo e sociale. Viene inoltre assegnata enfasi allo sviluppo di nuovi indicatori sull’innovazione che possano essere più adatti alle economie che si basano sempre più sulla conoscenza. Infine, ed il punto mi pare importante, la relazione indica la necessità di migliorare gli effetti sinergici tra i programmi quadro per la ricerca e l’innovazione ed i Fondi strutturali. Poiché convengo pienamente sulle direttrici tracciate nella relazione, ho votato a favore.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa del collega tedesco, onorevole Winkles. Il testo è stato redatto a seguito della comunicazione della Commissione: “Rivedere la politica comunitaria a favore dell’innovazione nella prospettiva di un mondo che cambia”. L’innovazione è il fattore chiave al fine di rispondere con successo alle principali sfide sociali ed ambientali che l’Unione deve affrontare e per realizzare gli obiettivi politici e strategici che si è prefissata. Non riusciremo a centrare i nostri obiettivi in materia di energia e di clima entro il 2020 se non imprimeremo un’accelerazione allo sviluppo e all’applicazione di tecnologie energetiche appropriate, efficienti e durevoli. Sono a favore dell’intensificazione del dialogo tra università e imprese. Per quanto riguarda gli aspetti di bilancio, a livello di finanziamento statale del settore pubblico, dobbiamo orientare maggiormente la politica per l’innovazione al livello europeo.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa relazione. La ricerca scientifica e l’innovazione sono fondamentali per affrontare con successo le grandi sfide sociali e ambientali che l’Unione europea si trova dinanzi e per realizzare gli obiettivi politici strategici in settori quali la competitività, il cambiamento climatico, l’occupazione, il cambiamento demografico e molti altri. Per rimanere competitiva, l’Unione europea deve investire in tecnologie sostenibili, garantendo un finanziamento adeguato. Finora l’Europa è rimasta molto indietro sul versante della ricerca scientifica e dell’innovazione, poiché il settore è molto frammentato e sussiste una frattura fra ricerca scientifica e innovazione, da un lato, e mercato, dall’altro. La Commissione europea, nel suo piano futuro per l’innovazione, deve risolvere i problemi connessi al finanziamento privato della ricerca e dell’innovazione in modo da consentire alle aziende di creare prodotti e servizi innovativi in linea con le esigenze del mercato.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. − Di prodotto o di processo, radicali o incrementali, le innovazioni sono oggi motore della competitività dei sistemi economici e imprenditoriali moderni votati all’efficienza e alla sostenibilità. La ricerca, che si pone alla base di ogni azione e scoperta innovativa, deve quindi essere sostenuta, soprattutto quando riesce ad avvicinare le piccole e medie imprese e il mondo delle nuove tecnologie.

Per questo motivo non posso che sostenere la relazione d’iniziativa del collega Winkler, che chiama in causa un terzo attore per chiudere il triangolo della conoscenza, vale a dire i consumatori. In un contesto fluido come quello rappresentato della realtà moderna abbiamo bisogno di punti di riferimento. È dunque importante che anche la crescita e la competitività del sistema economico e sociale restino sempre "a misura d’uomo".

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Attualmente meno dell’1 per cento del bilancio comunitario viene destinato all’innovazione. In questo contesto l’Europa ha compreso che il proprio futuro dipende dal triangolo ricerca-innovazione-istruzione. La richiesta del Parlamento europeo di incrementare le risorse per l’innovazione pertanto è del tutto giustificata in siffatte circostanze. Ci stiamo avvicinando al periodo dedicato all’analisi delle prospettive finanziarie per il 2014-2010 e dobbiamo tener presente questa richiesta. Se trasformeremo l’economia europea in un’economia sostenibile, le aziende diventeranno più competitive e creeranno maggiori opportunità nell’ambito dell’economia nazionale in vista delle sfide economiche ed ambientali che l’Europa sarà chiamata ad affrontare.

Inoltre, soprattutto sullo sfondo della crisi economica e della stretta creditizia, è assolutamente importante rendere disponibili maggiori risorse a livello comunitario e nazionale e creare degli strumenti finanziari appropriati in modo da garantire la capacità innovativa delle imprese. Finora non sono stati conseguiti grandi risultati, suddividendo le risorse tra una serie di obiettivi e di iniziative comunitarie specifiche. I finanziamenti devono essere stanziati ad aree in cui è maggiore l’effetto leva. Il criterio principale da seguire in questo ambito deve essere il valore aggiunto per l’Europa.

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione. Desidero, anzitutto, complimentarmi con il relatore e collega Winkler per l’eccellente lavoro svolto.

L’innovazione e la ricerca, così come l’istruzione e la formazione, sono capisaldi fondamentali grazie ai quali l’Europa può concorrere positivamente in un mondo tecnologicamente più competitivo. Pur tuttavia, finora solo l’1% del bilancio dell’UE è stato destinato a questo settore, una percentuale insufficiente per le difficili sfide che l’Europa si trova ad affrontare. È invece tempo che l’Unione europea investa di più nell’ambito della ricerca e dell’innovazione. Sono convinto, infatti, che la crisi economica si possa superare anche stanziando maggiori fondi.

Ritengo inoltre necessario incentivare e incoraggiare gli investimenti privati in innovazione tecnologica, perché solo attraverso l’implementazione della ricerca si potrà avere un mercato competitivo capace di opporsi alla crescente delocalizzazione. Condivido, infine, l’opportunità di prevedere "strumenti ad hoc per la capacità di innovazione delle imprese" e una riduzione degli oneri burocratici per le piccole e medie imprese, che promuovano una decisa innovazione tecnologica.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) La politica per l’innovazione deve affrontare i grandi problemi sociali che devono essere superati, riunendo tutti gli attori coinvolti.

É essenziale investire nella conoscenza e nelle riforme atte a promuovere il progresso tecnologico, la ricerca, l’innovazione, l’istruzione e la formazione al fine di favorire la prosperità, la crescita e l’occupazione a medio e a lungo termine.

Per affrontare le nuove sfide ci vuole un approccio innovativo teso ad mettere in atto le nuove tecnologie insieme ad un approccio innovativo sulle questioni sociali a livello organizzativo.

Desidero lanciare un appello affinché si intensifichino gli sforzi per passare dall’innovazione tecnologica all’innovazione sociale – innovazione nei servizi pubblici e nelle diverse regioni.

 
  
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  Lara Comi (PPE), per iscritto. − Una crescita intelligente basata sull’economia della conoscenza e dell’innovazione ha bisogno di misure concrete da parte delle istituzioni sovranazionali e nazionali.

Il rafforzamento delle politiche a sostegno degli imprenditori nel settore della ricerca deve essere accompagnato da politiche che incoraggino l’investimento in nuove sperimentazioni, anche per preparare la manodopera specializzata a concorrere nel mercato del lavoro europeo. Mentre chiediamo ai paesi di investire maggiormente nella ricerca, occorre offrire loro un quadro normativo europeo, generale e specifico, con linee comuni e coordinate di sviluppo e adeguati strumenti di verifica dell’efficacia dei finanziamenti.

Condivido e propongo di disciplinare, a livello europeo, le misure di apprendistato, formativo e professionalizzante, che alcuni paesi hanno già previsto nei loro sistemi scolastici, come anche le misure di "diritto e dovere" in campo educativo. Affinché i finanziamenti alla ricerca tendano al 3% del PIL, sono però necessarie maggiori certezze che il mondo accademico deve garantire, come la produttività accademica dei docenti, evitando la parcellizzazione delle risorse che ha determinato in questi anni un uso improprio e incongruo dei già limitati fondi, con risultati insoddisfacenti.

Condivido, infine, la necessità di arrivare ad avere un unico sistema giurisdizionale per i brevetti, al fine di uniformare i titoli a livello sovranazionale.

 
  
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  Ioan Enciu (S&D), per iscritto. (RO) L’innovazione occupa un posto speciale nella società moderna. Una società basata sull’innovazione è meglio in grado di evitare sia le crisi di natura socio-economica che quelle sistemiche. Di conseguenza, è fondamentale che la politica sull’innovazione favorisca il progresso sociale invece di provocarne la stagnazione a causa degli eccessi burocratici. Come indica l’onorevole Winkler nella sua relazione, l’innovazione oggigiorno deve anche tener conto del valore sociale che essa apporta. Pensando alle innovazioni del XXI secolo, a mio parere, bisogna considerare l’impatto che producono sulle persone e sulla società in generale. Le innovazioni, quali “Internet degli oggetti”, ad esempio, devono rispettare il diritto alla privacy e garantire la protezione dei dati personali. La società europea non deve diventare la società del “Grande fratello”. Anzi, le innovazioni devono consentire alla gente di comunicare liberamente in una società aperta. Il contributo reso dalle innovazioni tecnologiche e sociali in effetti è segno di progresso. Pertanto chiedo alla Commissione di affrontare la questione con la massima responsabilità per poi presentare la visione che intende infondere al futuro piano d’azione per l’innovazione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il significato della conoscenza e dell’innovazione ha assunto preminenza nell’agenda politica e nel gergo politico ed oggi pochi osano mettere in dubbio l’importanza degli investimenti in questo campo e la necessità di collegare la conoscenza, l’innovazione, l’attività economica e l’occupazione.

Il rischio che l’unanimità comporta in relazione a questo concetto, però, è quello di provocarne una diluizione, come è accaduto con altri temi, quali l’ambiente, la sostenibilità economica o il sostegno all’imprenditoria. Sono infatti tematiche che ricorrono copiosamente nei programmi elettorali e quasi sempre finiscono per perdere la caratteristica distintiva che potrebbero avere, in quando diventano mere dichiarazioni. A questo proposito, nonostante i grandi sforzi profusi dal governo su alcuni aspetti, devo attirare l’attenzione sul populismo tecnologico negativo del primo ministro portoghese. Sarebbe meglio concentrarsi di più sui contenuti e meno sui proclami in merito ai miglioramenti delle condizioni di lavoro e della produzione scientifica, ricordandosi che ci vuole anche un approccio realistico oltre agli appelli alla competitività e all’ambizione.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Oggi tutti sanno che l’innovazione è fondamentale per il successo e la sostenibilità dello sviluppo economico e sociale nonché per il progresso e la riuscita dell’integrazione europea. L’importanza dell’innovazione, che deve sempre essere accompagnata dalla ricerca e dall’istruzione, è divenuta ancora più palese dinanzi al vertiginoso sviluppo della realtà globale ed umana. Alla luce di siffatti presupposti, sostengo la relazione sulla revisione della politica comunitaria in materia di innovazione, sottolineando quanto sia urgente che l’Unione europea si adoperi per far confluire delle risorse in quest’area. Mi preme inoltre sottolineare l’importanza degli incentivi per il settore privato e la necessità di varare una strategia complessiva e trasversale affinché la messa in atto della politica europea per l’innovazione diventi una priorità.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Sottoscriviamo numerosi aspetti di questa relazione, anche se il modo in cui è stata formulata non sempre mette in luce le questioni più importanti. Ad esempio, conveniamo sul fatto che l’innovazione è solo uno degli elementi necessari per superare le sfide che oggi ci troviamo a dover affrontare, sia a livello sociale che a livello globale, e che vi sono altre aree parimenti importanti per la società.

Tuttavia, la priorità assegnata a tutte le tematiche previste dalla cosiddetta strategia 2020, come l’attività imprenditoriale, l’occupazione, il cambiamento demografico e la società inclusiva, è tale che il documento e l’analisi della necessaria innovazione in un mondo che cambia è insufficiente per promuovere una vera e propria coesione economica e sociale, l’aumento della produttività, la creazione di occupazione e l’aumento dei salari negli Stati membri, ovverosia questioni che per noi sono cruciali. Per tale ragione ci siamo astenuti.

Nella comunicazione sulla revisione della politica comunitaria in materia di innovazione in un mondo che cambia, pubblicata il 2 settembre 2009 la Commissione europea descrive gli sviluppi che si sono realizzati dal 2005 nel campo di siffatta politica. Ora ci aspettiamo che determinati aspetti del piano d’azione per l’innovazione che sarà presentato a breve siano prontamente recepiti e attuati.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto.(PL) La relazione sulle sfide che deve affrontare la politica comunitaria in materia di innovazione è un ottimo documento in cui sono state delineate le questioni principali che attengono a questo tema. Insieme ai collegi del gruppo S&D ho votato a favore del testo, compreso l’emendamento n. 46, che chiede alla Commissione e agli Stati membri di coordinare i propri sforzi in modo da raggiungere un accordo sul brevetto comunitario e su un unico sistema giudiziario in materia brevettuale. Il problema si trascina da anni, da anni vengono ripetute sempre le stesse argomentazioni a favore del brevetto comune e si ripropongono sempre le stesse polemiche (ad esempio, in quante lingue devono essere tradotti i brevetti europei). Alcuni temi di natura giuridica sono stati chiariti con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Ora avremo due regolamenti: uno in materia di brevetti e l’altro sul sistema linguistico.

Inoltre c’è la questione del sistema giudiziario in materia brevettuale, la cui istituzione presuppone che sia disciplinata la relazione tra l’Unione europea e l’Organizzazione europea per i brevetti in modo tale da garantire il rispetto delle competenze delle istituzioni comunitarie, tra cui il Parlamento europeo. Senza andare nei dettagli del sistema brevettuale, che senz’altro sarà oggetto di numerosi dibattiti, tengo a sottolineare che la questione rappresenta una delle sfide più importanti della presente legislatura. Pertanto, ad ogni passo, dobbiamo riunire le altre istituzioni per avviare una cooperazione costruttiva, come ha fatto del resto la relazione dell’onorevole Winkler.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione Winkler affronta una serie di temi importanti, tra cui l’innovazione ambientale e le imprese verdi. In vista delle sfide che il pianeta dovrà affrontare, l’innovazione in questo campo è assolutamente fondamentale. Il mio paese, la Scozia, è in prima linea su molti aspetti dell’innovazione ambientale, soprattutto nel settore dell’energia rinnovabile. Il governo scozzese ha istituito il Premio Saltire che ha una dotazione di 10 milioni di sterline per incentivare l’innovazione nel settore della produzione di energia sfruttando il moto delle maree e delle onde, si tratta di un’iniziativa che si innesta perfettamente nelle attività che l’UE conduce per dotarsi di una politica adatta in un mondo che cambia.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) A causa della concorrenza globale per attirare gli investimenti, oltre agli impianti di produzione, anche le corrispondenti capacità di ricerca e di sviluppo vengono sempre più delocalizzate verso paesi terzi. Questa tendenza rappresenta fondamentalmente una minaccia per l’Europa in quanto territorio per l’industria. Deve quindi essere contrastata, promuovendo con determinazione il potenziale innovativo, prima che il fenomeno diventi irreversibile. Come indica la Commissione, meno dell’1 per cento del bilancio comunitario viene speso direttamente per misure connesse all’innovazione. Viste le sfide sociali che si profilano, questo importo è insufficiente. Pertanto aderisco alla richiesta di aumentare il bilancio comunitario per l’innovazione. Inoltre, e soprattutto sullo sfondo della crisi finanziaria e della stretta creditizia, è assolutamente importante mettere a disposizione più finanziamenti sia a livello comunitario che a livello nazionale per favorire la capacità innovativa delle imprese e bisogna altresì creare strumenti finanziari per soddisfare le esigenze degli utenti. Per rendere più effettiva la politica per l’innovazione, i vari strumenti di supporto devono essere coordinati meglio e devono essere adeguatamente collegati, dotandoli di una struttura gestionale più snella. In altre parole, il sostegno finanziario deve essere più mirato.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto.(PL) Senza una continua introduzione di innovazioni, non c’è possibilità di sviluppo. Occorrono misure innovative in ogni area dell’economia e della vita sociale – dai nuovi metodi terapeutici fino a mezzi di comunicazione sempre più rapidi fino alle nuove idee nell’industria e nella scienza insieme a metodi alternativi per la produzione di energia. Tengo a sottolineare che, a parte la natura trasversale della politica di innovazione, anche l’iniziativa dei cittadini è importante.

Il carattere innovativo delle piccole e medie imprese e delle aziende agricole rappresenta un elemento essenziale per la creazione di un’economia competitiva. Se, da un lato, così si favorisce un rapido sviluppo dell’economia, compresa la cura per l’ambiente, non dobbiamo dimenticarci delle persone e della mancanza di parità, poiché siffatte differenze potrebbero accentuarsi ed essere controproducenti per le misure atte a sostenere lo sviluppo.

 
  
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  Clemente Mastella (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che l’attuale trasformazione dell’economia europea in un’economia sostenibile debba produrre un aumento della competitività delle nostre imprese europee. Le sfide economiche devono necessariamente trasformarsi in nuove opportunità per le economie nazionali. Deve diventare un nostro obiettivo combattere la crescente delocalizzazione nei paesi terzi non soltanto degli impianti di produzione, ma anche delle capacità di ricerca e di sviluppo correlate.

Accanto al traguardo politico della competitività, l’Unione europea deve sapersi confrontare con altre importanti sfide sociali, quali il cambiamento climatico o l’evoluzione demografica. Ad oggi, meno dell’1% del bilancio dell’Unione è destinato direttamente a misure per l’innovazione. Considerate le sfide sociali che si prospettano, si tratta di una percentuale che riteniamo insufficiente.

Per questa ragione, ho sostenuto la posizione del nostro relatore che chiede, nella prossima programmazione delle nuove prospettive finanziarie per gli anni 2014-2020, un aumento del bilancio dell’UE a favore dell’innovazione. Sarà indispensabile che gli incentivi siano mirati agli obiettivi, individuando e potenziando le sinergie tra gli strumenti di sostegno alle nuove tecnologie, assicurando un maggiore coordinamento delle parti interessate. Accanto al sostegno pubblico, occorrerà incoraggiare e promuovere gli investimenti privati nelle innovazioni.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Per quanto concerne la ricerca e la formazione, l’innovazione è uno dei fattori più importanti per costruire la conoscenza all’interno dell’Unione europea. La politica comunitaria in materia di innovazione è molto importante per raggiungere gli obbiettivi fissati nella strategia 2020. Tuttavia, l’innovazione presuppone delle risorse finanziarie che, soprattutto tra le imprese, sono scarse e non sono facili da reperire, in particolare per le PMI. Approvando il regolamento, si compirà quindi un passo avanti per fornire appoggio agli imprenditori, che sono la forza trainante dell’innovazione in Europa.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. (SK) Ritengo inaccettabile che la concorrenza economica globale abbia provocato una situazione tale per cui, oltre alle strutture di produzione, anche le corrispondenti risorse di ricerca e di sviluppo vengono delocalizzate in paesi terzi.

Questa tendenza deve essere decisamente contrastata mediante una coraggiosa ed incisiva politica per l’innovazione, atta a garantire la competitività dell’economia comunitaria ed il passaggio ad un’economia basata sulla conoscenza e a bassa produzione di carbonio.

Per questa ragione l’entità del finanziamento comunitario per l’innovazione, a mio parere, è inadeguato, in quanto rappresenta meno dell’1 per cento del bilancio comunitario, e convengo con il relatore sul fatto che si debba porre rimedio a questa carenza nella prospettiva finanziaria per il periodo 2014-2020, i cui lavori inizieranno alla fine dell’anno.

Al contempo, visto che la crisi finanziaria ha in parte provocato la paralisi del credito per i progetti economici innovativi, è necessario che gli Stati membri pensino seriamente ad aumentare in maniera cospicua i fondi per la ricerca e lo sviluppo in modo da assicurare competitività a lungo termine e per salvaguardare e creare occupazione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La ricerca, l’innovazione e l’istruzione sono fattori importanti per la competitività di un paese. Se le imprese devono mantenere la propria capacità innovativa, devono effettuare investimenti consistenti – il che spesso è un problema, soprattutto in presenza dell’attuale stretta creditizia. Nei periodi in cui le risorse sono carenti, è essenziale espandere e promuovere le tecnologie sostenibili. Ribadisco inoltre che parallelamente dobbiamo sostenere le regioni rurali, puntando sull’espansione della rete a banda larga in queste zone, visto che le infrastrutture vengono ridimensionate a causa della privatizzazione delle ferrovie, degli uffici postali eccetera.

Parliamo dell’importanza delle università e dei centri di ricerca, ma in realtà vengono ridotti i finanziamenti a queste istituzioni. Come sempre, sottolineiamo l’importanza delle PMI in tale contesto, ma poi sarà da vedere se seguiranno delle azioni concrete. La relazione è essenzialmente una rassegna di vecchie misure, motivo per cui mi sono astenuto.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. (EL) La strategia per i prossimi dieci anni (UE 2020) fissa come secondo obiettivo fondamentale l’aumento degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo fino ad arrivare al 3 per cento del PIL entro il 2020. Questa relazione d’iniziativa esorta la Commissione ad assumere iniziative specifiche ed ambiziose visto lo spettro del fallimento della strategia di Lisbona in questo settore specifico.

Va osservato che la spesa per la ricerca e lo sviluppo in Europa è inferiore al 2 per cento rispetto al 2,6 per cento negli Stati Uniti e al 3,4 per cento in Giappone, soprattutto in ragione dei bassi livelli di investimenti privati. A fronte del cambiamento che si sta verificando sul mercato del lavoro a causa dell’attuale crisi economica e del cambiamento del processo produttivo è necessario sviluppare il settore dell’innovazione, che è destinato a generare un valore aggiunto in ambito tecnologico ma anche in ambito sociale.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) Grazie alle innovazioni di domani l’Europa sarà in grado di affrontare le grandi sfide economiche, sociali e ambientali dei prossimi decenni. Dobbiamo attivarci di più per mettere in atto un’ambiziosa politica per l’innovazione in Europa. É questa la logica che soggiace alla relazione Winkles, che ho sostenuto. In primo luogo dobbiamo aumentare l’assistenza finanziaria stanziata per questa politica. La parte del bilancio comunitario destinata all’innovazione deve essere sostanzialmente incrementata e spero che la prossima prospettiva finanziaria per il periodo 2014-2020 si muova in questa direzione.

Anche gli Stati membri devono intensificare i propri sforzi per conseguire l’obiettivo di Barcellona quanto prima possibile, assegnando almeno il 3 per cento del PIL alla ricerca e allo sviluppo. É altresì del tutto fondamentale migliorare il coordinamento tra politiche europee e nazionali. Per essere efficace, la politica per l’innovazione deve assolutamente essere concepita in maniera globale e coerente, guardando al lungo termine. Inoltre il dialogo tra ricerca ed economia deve essere rafforzato. In proposito sono lieto per la creazione dell’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia, che contribuirà ad incentivare le relazioni tra questi due mondi.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Mi dispiace che la votazione per parti separate richiesta dai Verdi, volta a stralciare la richiesta di istituire un tribunale europeo per i brevetti, non abbia avuto esito positivo. Pertanto questo passaggio è stato incluso. Ad ogni modo, la relazione esorta ad usare strumenti brevettuali comuni, piattaforme brevettuali e licenze complete e sottolinea l’importanza della qualità dei brevetti.

 
  
  

Relazione Cashman (A7-0165/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione, poiché ritengo che la lotta alla povertà sia una questione che riveste la massima importanza. L’eliminazione della povertà è l’obiettivo principale che il trattato di Lisbona ha stabilito per la cooperazione e per le politiche di sviluppo dell’Unione europea, dato che esso incarna un dovere morale che a lungo termine avrà ricadute importantissime per gli interessi comunitari. Credo inoltre sia cruciale assegnare priorità a questo obiettivo all’interno della nostra politica estera. Va osservato che, nonostante la profonda crisi economica che si sta abbattendo sull’Europa e sul resto del mondo, non possiamo e non dobbiamo dimenticare gli aiuti internazionali, che svolgono un ruolo essenziale per creare un mondo più giusto e più solidale.

Visto che gli obiettivi enunciati nel vertice del Millennio del 2000, in cui ci siamo impegnati a contrastare la povertà, sono ancora lungi dall’essere conseguiti e che l’anno 2015 – il termine che era stato stabilito per conseguirli – si sta avvicinando, dobbiamo esaminare con la massima urgenza i vari fattori che sono suscettibili di massimizzare i risultati degli obiettivi del Millennio. Ringrazio il relatore per il documento e colgo l’occasione per esprimere il mio sostegno per questo progetto.

 
  
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  Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ogni anno muoiono quasi 8 milioni di bambini prima dei cinque anni. Tre milioni e mezzo muoiono subito dopo la nascita per complicanze della gravidanza. Ben 4 milioni muoiono in cinque paesi soltanto: India, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Pakistan e Cina.

Molti di questi decessi si potrebbero evitare facilmente con piccoli gesti come l’allattamento al seno, l’impiego di zanzariere trattate con l’insetticida e dei vaccini per combattere principalmente la polmonite e la malaria. Molte madri non sono coscienti dell’importanza dei vaccini oppure, anche quando ne sono a conoscenza, sono così povere da non avere i soldi per pagare il trasporto all’ambulatorio o all’ospedale.

Per dare un futuro a questi bambini non sono necessari enormi investimenti, basta portare in questi paesi farmaci che costano pochissimo e che per noi fanno parte della normale profilassi, costruire pozzi di acqua potabile, fornire delle semplici zanzariere e far arrivare quello che serve dove serve.

Quindi, abbiamo bisogno soprattutto della determinazione politica di agire per salvare tante vite umane, per fermare questa strage silenziosa di bambini innocenti la cui unica colpa è di essere nati in un paese povero.

 
  
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  Sophie Auconie (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Cashman poiché ritengo che il Parlamento debba assumere una posizione chiara a sostegno del conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Non bisogna metterli in discussione a causa dell’attuale crisi economica. Questi obiettivi, adottati nel corso del vertice del Millennio del 2000, sono ancora lungi dall’essere realizzati. Essi vertono sulla riduzione della povertà estrema e della fame, puntano a garantire l’istruzione primaria universale, a promuovere la parità di genere, a ridurre la mortalità infantile, a migliorare l’igiene materna, a contrastare l’HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi, a preservare l’ambiente in maniera sostenibile e ad introdurre un partenariato globale per lo sviluppo. Nel settembre 2010 tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite si riuniranno per definire una procedura e per migliorare i risultati. Adottando questa risoluzione, il Parlamento europeo dà prova del proprio impegno ai capi di Stato e di governo affinché gli obiettivi di sviluppo del Millennio siano conseguiti.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Sostengo questa relazione. La riduzione della povertà è uno degli obiettivi primari della politica di sviluppo. Tuttavia, le conseguenze negative della recessione economica e finanziaria hanno rallentato il progresso nei paesi in via di sviluppo e ancor più in quelli meno sviluppati. Pertanto gli Stati membri dell’Unione europea devono compiere uno sforzo eccezionale per garantire che siano assunte misure concrete sugli aiuti allo sviluppo quanto prima possibile nell’ambito degli scambi, della cooperazione allo sviluppo e dalla PAC. Dobbiamo inoltre adoperarci per agevolare l’integrazione dei paesi in via di sviluppo nell’economia globale e stimolare lo sviluppo del commercio in questi paesi. La Commissione dovrebbe assicurare una gestione efficace delle misure sugli aiuti per i paesi in via di sviluppo e per i paesi meno sviluppati nonché la trasparenza e l’efficienza nella distribuzione.

 
  
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  Gerard Batten, John Bufton, David Campbell Bannerman, Trevor Colman e Nigel Farage (EFD), per iscritto. (EN) L’UKIP non è favore della cancellazione del debito, in quanto si tratta di una misura economicamente infondata per i seguenti motivi. 1. Un paese creditore di solito è anche un paese debitore. Ad esempio, il Regno Unito è un donatore significativo di aiuti esteri. Eppure, il Regno Unito ed i contribuenti britannici sono restii a stanziarli, in quanto parallelamente si ingigantisce il debito delle aziende britanniche. 2. La cancellazione del debito impedisce ai paesi debitori del terzo mondo di accedere ad altri finanziamenti internazionali. Pertanto non è nell’interesse del paese debitore. 3. La cancellazione del debito implica un dilemma morale. Che dire infatti dei paesi del terzo mondo che onorano i propri debiti? E ve ne sono molti. 4. La cancellazione del debito implicitamente condona le frodi, la corruzione e l’appropriazione indebita dei fondi che sono fenomeni endemici nei paesi africani debitori. 5. Visto il debito enorme della maggior parte delle economie mondiali, chi può decidere dove è appropriato cancellare il debito? Anche questo è un bel dilemma.

 
  
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  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Cashman sul raggiungimento degli obiettivi del Millennio che erano stati fissati nel 2000. Tutto ora sembra indicare che questi obiettivi non saranno realizzati. L’Unione europea ha un’immensa responsabilità come prima fonte di aiuti ai paesi poveri e, in questo senso, ha un ascendente sulla scena internazionale per quanto attiene alle questioni dello sviluppo. La relazione Cashman contiene una valutazione oggettiva sul grado di conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, in cui viene assegnata enfasi alla povertà estrema, alla situazione delle donne, alla sanità, all’istruzione e all’ambiente. La relazione ci ricorda che l’Unione europea deve accertarsi che vi sia coerenza nelle politiche di sviluppo. Le attività agricole, ittiche e commerciali di un paese infatti non devono andare a discapito del suo sviluppo. Mediante la relazione il Parlamento si dimostra attivo, sostenendo nuove forme di finanziamento che devono essere introdotte anche in un contesto più ampio. La relazione che era stata stilata nel vertice del Millennio del 2000 è più attuale che mai. É dovere dei nostri leader portare a compimento questi obiettivi realistici e realizzabili quanto prima possibile. É soprattutto una questione di volontà.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, poiché la realizzazione degli obiettivi del Millennio deve essere un meta fondamentale per l’Unione europea. Conseguire gli OSM, nelle circostanze attuali, è una sfida molto importante e molto urgente sia a livello comunitario che sul piano internazionale. L’Unione europea e la comunità internazionale devono concentrarsi e mettere in atto azioni concrete per incrementare le possibilità di realizzare gli obiettivi del Millennio. Tengo a sottolineare che non è il momento di risparmiare a discapito di gente malata e che muore di fame. Pertanto dobbiamo assegnare un’attenzione particolare a settori quali la sanità, le donne, l’infanzia, la lotta contro la povertà e dobbiamo dedicarci maggiormente all’occupazione e alla qualità dell’occupazione. Rilevo inoltre che la riduzione della povertà mediante il conseguimento degli OSM deve diventare un obiettivo complessivo della politica europea e l’Europa deve prendere l’iniziativa a livello mondiale mediante un’azione concertata in modo da mantenere le promesse che aveva fatto ai poveri del pianeta. Sostengo la richiesta del Parlamento europeo affinché la maggioranza degli aiuti siano destinati ai più bisognosi, soprattutto alle donne, ai bambini, ai disabili e a tutte le persone che ne hanno più bisogno. Deve inoltre essere assegnata un’attenzione particolare alla parità di genere, ai diritti delle minoranze e alla lotta contro le discriminazioni.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Apprezzo il ruolo che l’Europa svolge come primo donatore di aiuti allo sviluppo nel mondo.

Gli aiuti allo sviluppo contribuiscono ad alleviare la povertà per milioni di persone nei paesi in via di sviluppo. Il numero delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema è passato da 1,8 a 1,4 miliardi. Quasi il 90 per cento dei bambini poveri ora frequenta la scuola. Sono stati compiuti grandi passi in avanti nella lotta contro la malaria e la tubercolosi, mentre il tasso di mortalità infantile si è nettamente ridotto.

Tuttavia, le recenti crisi alimentari e petrolifere e la recessione economica mondiale hanno cancellato molti dei progressi compiuti negli ultimi dieci anni.

Se i paesi ricchi sono responsabili delle attuali crisi finanziarie, economiche e climatiche, i paesi in via di sviluppo sono i più colpiti dal surriscaldamento globale. Pertanto dobbiamo intensificare le misure atte a contrastare il cambiamento climatico, ad esempio, fornendo la tecnologia adatta.

Chiedo che siano assegnati più fondi ai paesi in via di sviluppo. Tali finanziamenti devono essere sostenibili nel medio e lungo termine e devono provenire dal settore privato, dal mercato del carbonio e dal settore pubblico dei paesi industrializzati o dai paesi in via di sviluppo economicamente avanzati.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato contro la relazione a causa della formulazione controversa del paragrafo n. 42 in tema di aborto. Sul piano morale sono contrario all’aborto e non posso accettare siffatta clausola. Tuttavia, devo ammettere che il relatore ha svolto un lavoro eccellente su altre tematiche.

 
  
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  Carlo Casini (PPE), per iscritto. − È particolarmente doloroso che da anni il Parlamento europeo non riesca ad uscire da una drammatica contraddizione. In ogni documento in cui lodevolmente si propongono misure contro la povertà, la fame e la violenza nel mondo, alcuni riescono ad inserire la proclamazione, diretta od obliqua, di un preteso diritto di aborto come strumento per la salute e per lo sviluppo dei popoli.

All’iniziativa di alcuni rispondono da un lato la sostanziale indifferenza della maggioranza e, dall’altro, una certa timidezza della minoranza. Eppure, la contraddizione e il dramma sono evidenti. Il principio dell’uguale dignità di ogni essere umano e quello di una speciale doverosa solidarietà verso i più piccoli vengono abbandonati nel momento stesso in cui si vorrebbe perseguire l’obiettivo della lotta contro la discriminazione e quello della protezione della salute.

È quanto accaduto anche oggi nella relazione Cashman, il cui paragrafo 42, contraddicendo l’intero documento, ha costretto il sottoscritto, insieme a non pochi parlamentari, ad esprimere un giudizio finale negativo sull’intera relazione. Sul piatto della bilancia, infatti, il male che viene promosso è purtroppo più pesante del bene presente in altre parti del testo.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio è una priorità della politica di sviluppo. A distanza di pochi mesi dall’incontro ad alto livello delle Nazioni Unite, nonostante i significativi progressi compiti su alcuni di questi obiettivi, in verità siamo lontani dalle nostre aspettative. Bisogna fare più. Gli Stati membri devono rispettare l’impegno che si sono presi nell’ambito dell’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA). Bisogna pensare a nuovi meccanismi di finanziamento che non implichino un aumento delle tasse in questo momento di crisi. Soprattutto è fondamentale garantire coerenza nelle politiche di sviluppo (sulla scia della risoluzione approvata a maggio sulla coerenza delle politiche di sviluppo dell’UE e della necessità di incrementare gli aiuti pubblici allo sviluppo).

Sono lieto che il Parlamento abbia fissato degli obiettivi prioritari in merito agli obiettivi di sviluppo del Millennio, tra cui la sanità, l’istruzione, le fasce sociali più deboli e l’eradicazione della povertà mediante misure concrete di politica economica, agricola e della pesca. É stato inoltre recepito l’appello per una nuova governance globale atta a conferire una maggiore influenza ai paesi in via di sviluppo e a promuovere la democrazia, la pace e lo Stato di diritto nei paesi in via di sviluppo. Ad ogni modo, sono contrario all’aborto come mezzo di contraccezione.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Citando una canzone di Scott McKenzie: “Se si va a San Francisco, bisogna mettersi dei fiori nei capelli. A San Francisco c’è brava gente”. Però il mondo reale non è così e questo messaggio non si applica alla complessa realtà economica e sociale del mondo di oggi. Per tale ragione ho votato contro questa relazione, pur non mettendo in dubbio la buona volontà che ne permea le finalità. “Immagina che non esistano gli Stati, non è difficile. Nulla per cui uccidere o per cui morire e nessuna religione. Immagina che la gente viva in pace”. Ma proprio lo stesso John Lennon aggiunge: “Forse sono un sognatore”. Purtroppo la vita reale non è così. Tocca a noi, però, rendere il mondo più giusto e più sicuro affinché tutti possano vivere decorosamente.

Le proposte enunciate nella relazione perseguono molteplici obiettivi senza fissare o definire delle priorità concrete. In effetti, se si spara in tutte le direzioni, significa che nessuno degli obiettivi è praticabile. Infine, ritengo che siffatti obiettivi siano eccessivamente statalizzati ed imperniati sul governo centrale. É un approccio cui mi oppongo. Credo invece che le risorse per gli obiettivi di sviluppo del Millennio debbano essere assegnate a progetti comunitari come i “villaggi del Millennio” in cui sono fortemente coinvolte tutte le istituzioni comunitarie.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Sostengo fortemente questa relazione sui progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. L’Unione europea è sotto di 20 miliardi di euro rispetto agli impegni che si era assunta, mentre i governi degli Stati membri tagliano i bilanci degli aiuti. Gli Stati membri non devono vacillare dinanzi agli obblighi che si sono presi nel quadro del consenso europeo per lo sviluppo. Inoltre gli obiettivi del Millennio devono essere visti in una prospettiva pro-sviluppo e al contempo servono ad affrontare e a sradicare le cause prime della povertà. Gli Stati membri devono stanziare lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo in aiuti entro il 2015, come era stato promesso, invece di diminuire questa percentuale, una tendenza che assume una valenza doppiamente allarmante nei periodi di crisi, in quanto lo stesso reddito nazionale diminuisce. Oltretutto non è ammissibile che l’Unione ampli la definizione di aiuti ufficiali allo sviluppo per includere altri flussi finanziari, come le rimesse o le misure di cancellazione del debito. Per affrontare il sottosviluppo, i paesi poveri devono contrastare vigorosamente i paradisi fiscali ed i flussi di capitali illeciti che li deprivano delle risorse di cui hanno disperatamente bisogno. La responsabilità per lo sviluppo deve rimanere nella sfera di competenza del commissario incaricato di questo tema, il quale deve adoperarsi per garantire una maggiore coerenza tra le politiche, soprattutto in relazione agli scambi, alla PAC e alla politica sulla pesca.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. (FR) Il Parlamento sta inviando un segnale forte, adottando una risoluzione sui progressi compiuti verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio. In questo modo dà prova dell’importanza che l’Europa attribuisce all’eliminazione della povertà, della fame, della malattia, della mortalità infantile e materna entro il 2015. Alla vigilia del Consiglio europeo il messaggio è chiaro. I capi di Stato e di governo dell’Unione europea devono onorare i propri impegni finanziari, anche in questo periodo di crisi economica e finanziaria, poiché ora è necessario più che mai. Serve infatti un contributo dello 0,7 per cento del PNL degli Stati membri. Per poter colmare il ritardo rispetto agli impegni finanziari che si è assunta, l’Europa deve creare nuovi meccanismi di finanziamento, ad esempio, mediante l’introduzione di una tassa dello 0,05 per cento sulle transazioni finanziarie. Vista l’entità di siffatte transazioni – ultimamente ammontavano a 70 volte il PNL globale – tale tassa potrebbe fruttare 10 miliardi all’anno. Inoltre avrebbe il vantaggio di assicurare un contributo da parte del settore finanziario. Sarebbe giusto, dal momento che questo settore ha beneficiato di enormi aiuti di Stato per sopravvivere alla crisi senza precedenti che esso stesso ha provocato. Un’iniziativa comunitaria unilaterale potrebbe fungere da catalizzatore a livello globale.

 
  
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  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Ho accolto con favore il voto sulla relazione Cashman sui progressi nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio: bilancio intermedio in vista della riunione di alto livello delle Nazioni Unite di settembre 2010. La relazione doveva assolutamente essere adottata! A soli cinque anni dal termine fissato per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM), alla comunità internazionale viene data un’opportunità unica affinché siano raddoppiati gli sforzi per conseguire questi obiettivi. La situazione è critica e richiede un’azione urgente. Bisogna riattivarsi per cancellare i debiti dei paesi meno sviluppati e per fare in modo che sia diminuito il debito dei paesi in via di sviluppo.

Sono inoltre a favore dell’introduzione di misure più incisive per monitorare il rispetto degli impegno di stanziare lo 0,7 per cento del PNL all’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA) entro il 2015. Il finanziamento degli OSM deve iniziare a livello nazionale ed i paesi in via di sviluppo devono generare e stanziare risorse proprie per realizzare questi obiettivi, ma la comunità dei donatori deve mantenere la promessa di incrementare sostanzialmente l’ODA. Gli impegni devono assolutamente essere onorati alla riunione prevista a settembre.

 
  
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  Harlem Désir (S&D), per iscritto. (FR) La comunità internazionale si è assunta l’impegno solenne di realizzare gli obiettivi del Millennio entro il 2015. Però, non si è dotata delle risorse necessarie per onorarlo. Siamo ai due terzi del cammino ed è chiaro che molti dei paesi meno sviluppati non raggiungeranno l’obiettivo di sradicare la povertà, garantire l’accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria e che anche per la maggior parte dei paesi in via di sviluppo gli obiettivi rimarranno lungi dall’essere raggiunti. L’Europa è il principale donatore, ma, attestandosi allo 0,4 del PNL, non può accontentarsi di rimanere al di sotto dell’obiettivo dello 0,56 per cento da destinare all’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA) nel 2010, una meta che essa stessa si è data. Oltretutto il fabbisogno di aiuti è più impellente che mai, soprattutto nel settore della sicurezza alimentare, nella lotta contro il cambiamento climatico, nell’istruzione, nella sanità – in particolare per i sieropositivi – e nell’area della salute materna e riproduttiva. Con la relazione Cashman il gruppo S&D chiede al Consiglio europeo del 17 giugno di sottoscrivere la proposta di introdurre una tassa dello 0,05 per cento sulle transazioni finanziarie internazionali, che genererebbe un flusso di 10 miliardi di euro, e di darsi l’obiettivo di arrivare allo 0,63 per cento del PNL europeo nel 2012 per arrivare successivamente allo 0,7 per cento.

 
  
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  Leonidas Donskis (ALDE), per iscritto. (LT) In qualità di relatore ombra per questa relazione ho votato decisamente a favore del testo che punta a garantire il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Sostengo pienamente gli sforzi profusi dai colleghi affinché la voce dell’Unione europea in questo ambito sia unita e progressista. Tuttavia, non ho potuto sostenere due emendamenti, poiché, essendo liberale, ne ritengo inaccettabili i contenuti. Pertanto ho votato contro la richiesta sull’introduzione unilaterale da parte dell’UE della tassa sulle transazioni valutarie e sui derivati al fine di finanziare obiettivi aventi finalità pubbliche globali, come gli OSM. L’Unione non deve imporre un’altra tassa ai suoi cittadini, in particolare una tassa i cui meccanismi e il cui impatto non sono stati approfonditamente valutati. Non credo inoltre che le misure in tema di aiuti allo sviluppo debbano avere un valore giuridicamente vincolante.

É importante che gli Stati membri ottemperino ai propri obblighi, aumentando l’entità dell’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA), ma l’Unione non deve penalizzare mediante misure legislative gli Stati membri a causa della parziale inadempienza degli obblighi che si erano assunti, contando anche che sono mutate le condizioni a causa della crisi finanziaria. Non tutti gli Stati membri sono stati investiti allo stesso modo dalla crisi e non tutti saranno in grado di rispettare l’obiettivo dello 0,7 per cento. Il Parlamento europeo deve incoraggiarli usando mezzi meno duri e più accettabili dei rigidi provvedimenti legislativi.

 
  
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  Lena Ek (ALDE), per iscritto. (SV) É allarmante che così tanti deputati abbiano votato contro l’emancipazione delle donne nei paesi in via di sviluppo. Infatti in tanti hanno votato contro il paragrafo 42 delle relazione, tentando di negare a queste donne il diritto di disporre del proprio corpo e il diritto alla salute riproduttiva. Questo atteggiamento mette in luce un’inquietante tendenza tra gli oppositori dell’aborto in Europa, i quali usano i programmi di aiuti per diffondere le proprie idee. La disponibilità di strumenti di pianificazione familiare è un fattore importante affinché le donne nei paesi in via di sviluppo possano avere il controllo sulla propria vita e possano quindi avere modo di uscire dalla povertà.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione Cashman, perché abbiamo ancora molta strada da fare per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio. É necessario rafforzare le misure vigenti in modo che si possa giungere ad un risultato positivo entro il 2015, e in particolare bisogna far fronte alle responsabilità che gli Stati membri si sono assunti in merito agli aiuti ai paesi in via di sviluppo.

Sono lieta che sia stato approvato il paragrafo 42 che “invita tutti gli Stati membri e la Commissione a contrastare la preoccupante riduzione dei finanziamenti per l’igiene sessuale e riproduttiva e i diritti connessi nei paesi in via di sviluppo e ad appoggiare le politiche in materia di pianificazione familiare volontaria, aborto sicuro, trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili e fornitura di materiale sanitario per la riproduzione costituito da medicinali salvavita e contraccettivi, inclusi i preservativi”.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Sradicare la povertà e ridurre il divario tra ricchi e poveri sono obiettivi importanti e tutti i governi dovrebbero occuparsene e stanziare risorse a questo fine. Le Nazioni Unite infatti li ha sanciti nel vertice del Millennio nel 2000 e l’Unione europea, il principale donatore, ha riportato i risultati più significativi in questo sforzo collettivo.

Benché tutti i paesi in via di sviluppo abbiamo profuso molti sforzi – e per molti la crisi potrebbe compromettere gli impegni che si erano assunti – la responsabilità è da imputare ai paesi che hanno ricevuto gli aiuti, in quanto essi si devono assumere la responsabilità per il buon governo, lo Stato di diritto e le libertà civili essenziali. Possono solo esprimere la mia delusione, in quanto, nascondendosi dietro i poteri degli Sati membri e dei paesi terzi, il relatore sta cercando di far approvare all’Assemblea una risoluzione che viola palesemente le competenze degli Stati membri e dei paesi terzi, invocando la promozione dell’aborto come mezzo per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Non è una tattica nuova, ma non per questo è meno subdola o deprecabile.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La comunità internazionale si è presa l’impegno solenne di conseguire gli obiettivi del Millennio (OSM). L’Europa è il principale fornitore mondiale di aiuti. Questi finanziamenti per i paesi in via di sviluppo hanno contribuito ad alleviare la povertà, ridurre il tasso di mortalità e migliorare le competenze di milioni di persone. In realtà la povertà estrema è diminuita, quasi il 90 per cento dei bambini poveri frequentano la scuola e la mortalità infantile si è nettamente ridotta. Rimane ancora molto da fare e deve essere dato un grande sostegno affinché i paesi meno sviluppati possano conseguire gli OSM in modo da sradicare la povertà ed assicurare l’accesso all’istruzione e ai servizi di assistenza sanitaria. L’Europa, in quanto baluardo dei diritti umani fondamentali e basandosi sulla solidarietà nonché come primo donatore al mondo, deve assumere un ruolo trainante, soprattutto nell’ambito della prossima riunione dell’ONU, che si svolgerà a settembre. Sono però deluso per il fatto che questa relazione abbia mischiato obiettivi nobili con questioni delicate di coscienza personale, come l’aborto. Promuovendo politiche a sostegno dell’aborto, non si contribuisce a conseguire gli OSM. Pertanto ho votato contro il testo.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La Dichiarazione del Millennio del 2000 originariamente si prefiggeva di dimezzare in numero di persone che vivevano in condizioni di estrema povertà, garantire acqua pulita ed istruzione per tutti e fermare la diffusione dell’HIV/AIDS. La relazione riconosce che siamo lungi dal realizzare questi obiettivi, che già di per sé erano limitati. L’Unione europea, nel complesso, ha ridotto il bilancio destinato agli aiuti, mentre i paesi membri recentemente hanno speso migliaia di milioni di dollari per salvare le proprie banche, passando il conto al popolo senza scalfire i gruppi economici e finanziari che li controllano.

Il testo, però, contiene alcune contraddizioni che secondo noi vanno evidenziate, in particolare laddove si critica la liberalizzazione del commercio e al contempo si caldeggia l’apertura degli scambi mediante la conclusione della tornata negoziale di Doha nel contesto dell’OMC ed accettando accordi di partenariato economico e di zone di libero scambio. La liberalizzazione del commercio accentua le disuguaglianze, esaspera lo sfruttamento dei lavoratori e delle risorse naturali, incrementa la povertà e l’esclusione sociale, inasprendo le relazioni di dipendenza tra paesi. Se si sacrificheranno gli aiuti allo sviluppo per centrare questi obiettivi, come hanno fatto l’UE e gli USA, gli obiettivi del Millennio non verranno conseguiti entro il 2015.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Ho votato a favore di questa relazione, poiché credo si debba conseguire un grande obiettivo nella politica per lo sviluppo, ossia la riduzione della povertà. Gli Stati membri hanno una responsabilità importante e devono mantenere gli impegni che si sono assunti in questo ambito. Dobbiamo ricordarglielo ancora. Benché il progresso compiuto sinora sia incoraggiante, soprattutto in relazione all’aumento del numero di bambini poveri che frequentano la scuola o nella lotta contro la malaria e la tubercolosi, devono essere compiuti sforzi cospicui affinché gli impegni di tutti possano essere onorati entro il 2015, nonostante l’attuale contesto di crisi. Sostengo inoltre l’introduzione di una tassa sulle transazioni valutarie e sui derivati nonché la riduzione del debito per i paesi in via di sviluppo e la cancellazione per i paesi meno sviluppati. Infine ho altresì votato a favore di numerosi emendamenti che puntano a sviluppare delle misure nel settore della salute sessuale e riproduttiva, poiché sono essenziali per contrastare l’AIDS e per ridurre la mortalità materna. Sono misure che non devono essere ignorate.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione Cashman lancia appelli importanti all’UE e ai suoi Stati membri affinché attuino una serie di politiche nell’ambito dello sviluppo internazionale che io sostengo appieno. Va aggiunto che si può agire anche ad altri livelli. La Scozia, ad esempio, può rendere un contributo diverso nel lavoro con i paesi in via di sviluppo. Il governo scozzese infatti ha pubblicato una politica per lo sviluppo internazionale volta a raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. (FI) Desidero affrontare il punto 14 della relazione sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, in cui si chiede che l’Unione europea nel suo complesso stanzi fondi cospicui per cercare di aiutare i paesi poveri a contrastare gli effetti del cambiamento climatico, insistendo inoltre che questi fondi vadano ad aggiungersi agli impegni esistenti sugli aiuti allo sviluppo.

Il cambiamento climatico é una realtà e dobbiamo imparare a conviverci. Uno dei grossi errori che il movimento ambientalista ha compiuto nelle sue valutazioni è che, per lungo tempo, si è rifiutato di parlare di adattamento. Adattarsi era considerato un lusso dell’occidente, poiché le misure necessarie per garantire l’adattamento e i relativi finanziamenti non erano alla portata dei paesi poveri. Copenhagen infatti può vantare il merito di aver istituito un fondo sul clima per i paesi in via di sviluppo.

Il significato del cambiamento climatico, tra i problemi che i paesi in via di sviluppo si trovano a dover affrontare, non deve però essere sopravvalutato. Pare quasi che tale tema stia cannibalizzando gli altri. La gente crede che, se tagliamo le emissioni, tutti gli altri problemi si dissolveranno magicamente. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Dobbiamo assicurarci che centinaia di milioni di bambini continuino ad essere vaccinati e che ricevano un’istruzione e non dobbiamo mettere a repentaglio la lotta contro l’erosione o altri problemi risolvibili in nome del cambiamento climatico.

Il modo migliore per salvaguardare il clima consiste nell’aiutare la gente ad uscire dalla povertà, in quanto questa piaga spinge le persone a ricorrere a soluzioni pericolose per l’ambiente. Per tale ragione credo sia molto importante indicare espressamente nella relazione che i fondi da stanziare per contrastare il cambiamento climatico e per favorirne l’adattamento non devono essere stornati da altri impegni comunitari nell’ambito degli aiuti allo sviluppo.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Questa relazione contiene alcuni punti positivi, come l’enfasi assegnata al debito ambientale dei paesi del nord nei confronti di quelli del sud e la richiesta di stanziare altri fondi a questo settore. Sostengo inoltre la richiesta non considerare la cancellazione del debito come parte integrante dell’assistenza ufficiale allo sviluppo.

Lo stesso vale per la richiesta di garantire un’equa distribuzione della ricchezza, il sostegno alle piccole imprese locali e le misure per favorire l’accesso alla terra, all’acqua e alle altre risorse della biodiversità. Tuttavia, è deprecabile che, avendo presentato siffatte proposte, la relazione sostenga gli accordi di partenariato economico, la tornata negoziale di Doha e tutti gli accordi dell’OMC. In altre parole sostiene principi che sono totalmente in contrasto tra loro. Pertanto mi sono astenuto.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea rimane la forza trainante per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) ed è anche al primo posto al mondo nell’erogazione di aiuti. Pertanto deve assumersi le proprie responsabilità e svolgere un ruolo di spicco nella riunione ad alto livello delle Nazioni Unite che si svolgerà a settembre del 2010. É assolutamente fondamentale raggiungere gli OSM, soprattutto l’eradicazione della povertà, per porre fine alla sofferenza di milioni di persone in tutto il mondo. Tuttavia, va osservato che ancora una volta, usando subdolamente la lotta contro la povertà come pretesto, è stato perpetrato un tentativo di includere surrettiziamente dei riferimenti a questioni estremamente sensibili, segnatamente le politiche in materia di aborto nei paesi in via di sviluppo, senza dare loro la visibilità che meritano.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Da tempo immemore ridurre la povertà è sempre stato uno dei principali obiettivi della politica per lo sviluppo. Negli ultimi decenni i risultati sono stati assai esigui. Anzi, le iniziative in questo ambito sono spesso andate nella direzione opposta. É del tutto preoccupante che in molti paesi i fondi dei paesi industrializzati siano stati usati per mantenere al potere i dittatori e la classe dirigente e per reprimere le masse. Anche i programmi contro la fame sarebbero stati usati per incrementare oltremodo la popolazione. Ad ogni modo, se vogliamo contrastare la povertà, dobbiamo prevenire le speculazioni sui prodotti alimentari e rivedere la politica per lo sviluppo.

Il micro credito è certamente un approccio valido per consentire un aiuto dall’interno. Dobbiamo inoltre considerare che i paesi che ricevono aiuti per lo sviluppo dovrebbero riaccogliere gli emigranti che sono entrati clandestinamente nei nostri paesi. Non riusciremo a centrare gli obiettivi prefissati finché non rivedremo radicalmente gli aiuti allo sviluppo. Pertanto ho votato contro la relazione.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Credo sia importante eliminare il paragrafo 22 dalla risoluzione che chiede all’Unione europea di mettere fine ai sussidi agricoli per l’esportazione. L’autore della relazione ed i colleghi che hanno sostenuto questa idea sanno bene che il problema non risiede nei sussidi – che in effetti sostengono la produzione in Europa nell’attuale periodo di crisi. Ad ogni modo, mi sono astenuto nel voto finale, poiché la relazione avrebbe dovuto essere più realistica, più pragmatica e meno ideologica.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) La relazione non tiene conto del fatto che l’UE può fornire aiuti agli altri solo se dispone di solide fondamenta economiche. Quanto più velocemente l’Unione riuscirà a superare le conseguenze della crisi, tanto più riuscirà a concedere aiuti allo sviluppo sostenibile a lungo termine. La relazione sugli obiettivi di sviluppo del Millennio non presta sufficiente attenzione a questo fattore, pertanto ho votato contro.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto.(PL) Tenendo conto degli obblighi degli Stati membri e della necessità di ottemperare al trattato di Lisbona, ho deciso di appoggiare la relazione sui progressi nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio: bilancio intermedio in vista della riunione di alto livello delle Nazioni Unite di settembre 2010. L’Unione europea, che è il principale donatore mondiale di aiuti allo sviluppo, dovrebbe attivarsi per conseguire le proprie priorità, come la riduzione e l’eradicazione della povertà. In proposito ci aspettiamo che il Consiglio europeo adotti una posizione comune in materia durante il vertice di giugno, ossia ad alcuni mesi dalla riunione di alto livello dell’ONU sulla valutazione dei progressi compiuti verso gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Infatti i problemi dei paesi in via di sviluppo, come la povertà, la fame, la sanità e l’istruzione, devono essere contrastati in maniera coerente.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sono lieto che oggi sia stata approvata la relazione Cashman sugli OSM. Finché garantiremo effettivamente gli aiuti allo sviluppo, salveremo delle vite umane e la povertà verrà sradicata. Nel settembre 2010 gli Stati membri delle Nazioni Unite si riuniranno a New York per discutere dei progressi compiuti verso il raggiungimento degli OSM e per concertare delle azioni da mettere in atto affinché questi obiettivi siano effettivamente conseguiti.

La relazione che abbiamo approvato oggi è un documento estremamente importante, in quanto contribuisce a definire una posizione comunitaria ambiziosa sulla questione prima dell’incontro di settembre e ad esercitare pressioni sugli Stati membri. Approvando il testo a grandissima maggioranza, i deputati al Parlamento europeo mandano un messaggio politico chiaro e trasversale ai capi di Stato e di governo prima del vertice previsto il 17 giugno a Bruxelles affinché l’Unione europea continui ad essere forte e pienamente impegnata verso il raggiungimento degli OSM, soprattutto nel contesto della presente crisi finanziaria.

 
  
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  Catherine Soullie (PPE), per iscritto. (FR) Questa relazione sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio si è trasformata in un documento che non condivido. Ho ritenuto importante votare contro la relazione Cashman dopo che, mediante il voto, è stato introdotto il secondo punto del paragrafo 42. La mancanza di chiarezza sull’idea che soggiace all’espressione “aborto sicuro” è stata impossibile da ignorare. L’aborto, benché necessario in alcune circostanze eccezionali, non deve essere considerato come un metodo di contraccezione. Oltretutto, come tutti gli interventi, comporta sempre un rischio. Non dobbiamo banalizzarlo. Lo sviluppo dipende in primis dal rispetto per la vita.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) Appare sempre più evidente che il mondo deve darsi più da fare se vuole conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Sostengo pertanto la risoluzione sull’impegno dell’Unione per una politica più efficiente e più coerente al fine di dimezzare la povertà e la fame, garantire l’istruzione primaria universale, eliminare le disuguaglianze di genere e migliorare la situazione sanitaria di molte persone.

Vorrei che l’Europa adempisse alle proprie responsabilità, a partire dall’obiettivo dello 0,7 per cento. Ci vuole una politica per lo sviluppo più coerente. A causa dei sussidi agricoli che stanziamo agli agricoltori europei, gli agricoltori dei paesi in via di sviluppo non riescono ad ottenere un prezzo giusto per i loro prodotti. Affinché la povertà sia consegnata al passato, bisogna cominciare dall’equità negli scambi.

Vorrei inoltre che fosse introdotta la tassa sulle transazioni valutarie e sui derivati e vorrei che il G20 e le Nazioni Unite formassero un quadro per mettere finalmente fine ai paradisi fiscali, all’evasione fiscale e ai flussi finanziari illeciti. É abbondantemente giunto il momento di infondere una maggiore trasparenza e di rendere obbligatoria la pubblicazione automatica dei profitti e delle imposte versate. Da lungo tempo sostengo l’introduzione del sistema contabile per paese, affinché i paesi in via di sviluppo possano tenere per sé le risorse ed usarle per il proprio sviluppo.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) L’obiettivo presentato nel programma degli obiettivi di sviluppo del Millennio è molto nobile e bisogna compiere ogni sforzo possibile per conseguirlo. La Lituania è un paese piccolo con un bilancio molto limitato per lo sviluppo bilaterale. Gli obiettivi globali sono complessi e talvolta irraggiungibili per noi. La maggior parte dei nostri aiuti bilaterali (circa il 50 per cento) va a paesi che rientrano nella politica europea di vicinato. Ciò non significa che ci preoccupiamo meno per i popoli africani o caraibici rispetto ai popoli più vicini a noi. Per la Lituania ed i paesi in una situazione simile, la cosa importante non è l’entità dei fondi, ma l’efficacia. Per quanto possibile, dobbiamo conseguire risultati ottimali con le risorse relativamente scarse di cui disponiamo e non sempre si può fare in paesi così lontani. Per noi è importante aiutare laddove possiamo, se non mediante i fondi, condividendo la nostra esperienza di integrazione e la ricerca, che potrebbe rivelarsi utile. La riduzione della povertà, in Lituania o nell’angolo più recondito dell’Africa, deve essere una delle nostre principali priorità. La lotta contro la corruzione e gli aiuti per i più poveri sono doveri morali e rientrano altresì negli interessi a lungo termine dell’UE. É stato registrato un aumento nel numero di persone che sono sotto-occupate o il cui posto di lavoro è a repentaglio, pertanto è importante riunire tutti i nostri sforzi per proteggere, prima di tutto, gli interessi dei gruppi più vulnerabili.

 
  
  

Proposta di decisione sull’istituzione ed il rafforzamento della delegazione presso la commissione parlamentare CARIFORUM-CE

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Il CARIFORUM-CE, che rappresenta un partenariato tra i paesi europei ed alcuni Stati caraibici, naturalmente merita sostegno. Lo sviluppo, la lotta contro la povertà, la democrazia, i diritti umani, la lotta contro le minacce alla pace, alla sicurezza e la stabilità costituiscono i presupposti per il rafforzamento della regione caraibica. Tuttavia, non ritengo utile istituire specificatamente a questo scopo una delegazione alla commissione parlamentare, specialmente se non potranno entrare a farvi parte deputati non allineati. Pertanto ho votato contro la proposta.

 

9. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 

(La seduta, sospesa alle 13.50, riprende alle 15.05)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. BUZEK
Presidente

 

10. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
Video degli interventi

11. Ora delle interrogazioni al Presidente della Commissione
Video degli interventi
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  Presidente. – l’ordine del giorno reca l’ora delle interrogazioni al presidente della Commissione.

 
  
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  Manfred Weber, a nome del gruppo PPE.(DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, onorevoli colleghi, nella sua seduta odierna la Commissione ha approvato il nuovo accordo SWIFT a larga maggioranza, se non all’unanimità.

Vorrei chiedere al presidente della Commissione – visto che sono certo che egli sia al corrente delle preoccupazioni di molti cittadini circa il trasferimento dei dati – di indicarci dove intravede un progresso sostanziale e come possiamo convincere i cittadini della necessità di questo accordo.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) É vero che la Commissione oggi ha approvato all’unanimità l’accordo emendato. É un accordo rigoroso sulla salvaguardia della privacy e sulla protezione dei dati personali. Esso garantisce inoltre il principio di necessità e di proporzionalità ed il suo scopo è strettamente limitato alla prevenzione, alle indagini, alla ricerca e all’esecuzione dei provvedimenti giudiziari contro il terrorismo ed il finanziamento di attività terroristiche.

L’accordo, nella sua versione attuale, rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali. Prevede una significativa salvaguardia dei dati elaborati dal fornitore. Garantisce inoltre la trasparenza nell’uso di tali dati e la disponibilità di una procedura tesa al rimedio giudiziale.

La Commissione pertanto ritiene che la proposta sia compatibile con il rispetto dei diritti fondamentali e darà risposte appropriate alle preoccupazioni del Parlamento, come è avvenuto in occasione del voto sulla risoluzione in merito al quinto accordo ad interim nel marzo 2010.

 
  
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  Manfred Weber, a nome del gruppo PPE.(DE) Signor Presidente, ho solo una breve domanda supplementare che riguarda i contenuti dell’accordo che lei ha presentato. Reitero quindi la mia interrogazione. Quali sono le implicazioni dell’accordo per le relazioni transatlantiche? Quanto è importante in relazione agli altri temi di cui dobbiamo discutere con gli Stati Uniti? Se potesse darci un’idea, gliene sarei estremamente grato.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) In effetti è un punto che riveste una grandissima importanza. Per i nostri partner americani questa è una delle questioni prioritarie, se non la priorità assoluta, nei colloqui attuali con l’Unione europea. L’accordo è cruciale per le relazioni dell’UE con gli Stati Uniti. Dal 1° gennaio 2010 sono stati bloccati volumi significativi di dati che prima venivano trasmessi alle autorità statunitensi, il che costituiva un problema per la nostra controparte. Per tale motivo, tenendo conto dell’importanza delle relazioni transatlantiche, la questione doveva essere risolta. Ovviamente siffatte relazioni sono fondamentali, ma non per questo dobbiamo rinunciare ai nostri principi sulla privacy e alla protezione dei dati.

Al contempo abbiamo raggiungo un ottimo accordo e la signora commissario Malmström ha svolto un lavoro davvero importante. Pertanto anch’io ritengo che, partendo da una prospettiva politica più ampia, sia stato importante raggiungere un accordo su questo punto con i nostri partner americani.

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo S&D.(DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, continuando sulla scia delle interrogazioni presentate dal collega, onorevole Weber, può indicare se la signora commissario Malmström ha informato il Collegio del fatto che il Parlamento nutre forti preoccupazioni sull’attuale stato dei negoziati?

La Commissione è al corrente che la soluzione adottata oggi non rappresenta assolutamente un progresso sufficiente per l’Assemblea? Signor Presidente, si rende conto che oggi avete approvato un accordo che, se attuato in siffatta forma, conferirebbe ai dipendenti di società private come SWIFT maggiori poteri di controllo rispetto a quelli di cui godono i funzionari dell’Unione europea? La signora commissario Malmström ve l’ha fatto presente? In tal caso, come siete giunti alla vostra decisione? Qualora non ve l’avesse fatto presente, perché la signora commissario Malmström ha omesso di evidenziare tale fatto?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Ovviamente il Collegio viene informato su base continuativa dal commissario responsabile del processo negoziale. Proprio oggi la signora commissario Malmström ci ha aggiornato sull’esito definitivo dei negoziati. Oltretutto ella ha mantenuto un dialogo molto intenso con molti deputati del Parlamento europeo. Siamo ben consapevoli delle preoccupazioni espresse dall’Assemblea e la signora commissario ha regolarmente informato il Parlamento in merito al processo negoziale.

La Commissione ha adempiuto alla propria funzione nei negoziati. Ora spetta al Parlamento decidere se accettare o respingere l’accordo. Dal canto mio, vi raccomando vivamente di approvarlo, poiché è importante anche per la sicurezza dei cittadini europei. Crediamo di aver garantito il livello necessario di protezione per quanto attiene ai diritti fondamentali e alla protezione dei dati, ma ovviamente la questione è molto sensibile. Crediamo che i diritti del Parlamento siano stati debitamente tenuti in considerazione, ma il nostro compito era quello di negoziare a nome dell’Unione europea e, come vi ho detto, la decisione di oggi della Commissione è stata presa all’unanimità.

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo S&D.(DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, la ringrazio per la descrizione che gentilmente ci ha tratteggiato. Però, non ha risposto alla mia domanda. Cercherò quindi di essere più preciso stavolta e chiedo anche a lei di essere preciso nella sua risposta.

La signora commissario Malmström le ha fatto presente, nel corso del dibattito, prima che il Collegio prendesse la sua decisione, che il Parlamento potrebbe respingere il testo dell’accordo che presenterete in Aula? Oppure vi ha detto che c’è già una maggioranza parlamentare sull’accordo? Le ripeterò la domanda. La signora commissario Malmström vi ha indicato che esiste una maggioranza in Aula o vi ha fatto presente che potrebbe non esserci? Le sarei grato se potesse rispondere in maniera precisa.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione. – (EN) La signora commissario Malmström non può sapere in anticipo come voterà il Parlamento. É del tutto consapevole di non poter avere questa garanzia.

Lei ha chiesto se la signora commissario Malmström aveva indicato a me o al Collegio il possibile esito del voto parlamentare o la possibile reazione del Parlamento, ossia se l’Assemblea voterà a favore o contro l’accordo.

Ovviamente la signora commissario spera che il voto sia favorevole. Altrimenti non avrebbe concluso i negoziati a nome della Commissione. Dopo la bocciatura in Aula di alcuni mesi fa, abbiamo tenuto un dibattito importante in seno all’Esecutivo. Ho parlato anche diverse volte con la signora commissario Malmström. Sappiamo che lei ha investito molto tempo nei contatti con il Parlamento, sulle questioni che potrebbero discendere dall’accordo, ma adesso non possiamo sapere come voterà l’Assembra. Per ora questo è quello che posso dirle. Anche la signora commissario non poteva certo sapere altro, ma mi ha riferito di essere ancora in contatto con il Parlamento. Del resto, non è nemmeno stato deciso quando si voterà sulla proposta di accordo.

Dalle informazioni in mio possesso, questo è quanto posso dirle in merito alle informazioni che il commissario responsabile ha trasmetto a me e al Collegio.

 
  
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  Guy Verhofstadt, a nome del gruppo ALDE.(FR) Signor Presidente, stia tranquillo che non farò domande su SWIFT – ne parleremo più tardi – ma ieri c’è stato un vertice tra la cancelliera Merkel ed il presidente Sarkozy in cui è stato deciso un approccio alla governance economica nell’Unione e non per la zona euro. Personalmente non credo che la decisione fosse molto pertinente, poiché non bisogna contrapporre l’area dell’euro all’Unione europea. Occorre una governance economica nell’Unione europea e occorre una governance economica nella zona euro – abbiamo bisogno di entrambe. Inoltre la necessità si fa ancor più impellente nella zona euro rispetto all’UE, in quanto abbiamo una moneta unica.

La mia domanda al presidente Barroso è la seguente: che ne pensa? Conviene sul fatto che serva una governance economica sia nella zona euro che nell’Unione europea? In secondo luogo, riteniamo che la Commissione debba essere l’organismo preposto alla supervisione di siffatta governance economica. Il Consiglio, riunendosi quattro volte all’anno, può garantire la messa in atto della governance economica con tutti i problemi che ci troviamo dinanzi? Ora tocca alla Commissione passare alla guida. Vorrei inoltre sapere qual è la posizione dell’Esecutivo su questo punto.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevole Verhofstadt, ovviamente, per quanto attiene ai poteri che rientrano nella sfera di competenza dell’Unione, la Commissione è il governo economico dell’Europa. É questa l’unica soluzione compatibile con il trattato. Per quanto concerne gli scambi, la concorrenza e buona parte dei poteri di sorveglianza di bilancio, la competenza è sempre della Commissione. Credo che talvolta lo si debba ricordare ai governi che non hanno letto bene i trattati su questo punto.

Alla luce di tali presupposti bisogna anche dire che la Commissione da sola non è in grado di adempiere a questo compito. Dobbiamo lavorare di concerto con il Consiglio, cui spettano alcuni importanti poteri, e anche con il Consiglio europeo, che impartisce le direttive generali e infonde impeto al lavoro dell’Unione. Convengo inoltre con quanto ha affermato lei. In realtà abbiamo la soluzione per la zona euro e per tutta l’Unione europea. Basta leggere l’articolo 136 del trattato di Lisbona, che ci offre tante più possibilità di presentare proposte per la zona euro, in quanto il disposto ha un significato particolare all’interno di tale zona. A maggiori diritti corrispondono però anche maggiori doveri, non solo per chi condivide la moneta unica, ma anche per l’Unione nel suo insieme. Pertanto spero che la governance economica dell’Unione europea sia rafforzata, ma sempre ai sensi dello spirito del trattato e del metodo comunitario.

 
  
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  Guy Verhofstadt, a nome del gruppo ALDE.(FR) Signor Presidente, giovedì ci sarà il primo banco di prova, quando decideremo anche in merito a Europa 2020. Ad ogni modo spero, Presidente Barroso, che non sia il Consiglio a controllare e a gestire Europa 2020. La Commissione deve averne la responsabilità principale, poiché i capi di Stato e di governo si fanno ritorsioni reciproche e si lanciano critiche gli uni contro gli altri. É un atteggiamento che non dovrebbe esistere tra pari, motivo per cui credo che la Commissione debba difendere la propria posizione nel contesto di Europa 2020 e all’interno del gruppo di lavoro che il presidente Van Rompuy attualmente presiede.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevole Verhofstadt, lei stesso è stato membro del Consiglio europeo e ne conosce bene il funzionamento. Siffatto Consiglio è un’istituzione importante, ma non può gestire la politica economica. Sarebbe un grosso errore.

Oltre ad essere contrario allo spirito dei trattati, sarebbe anche un errore grossolano. Il Consiglio europeo ovviamente impartisce le direttive e infonde impeto – come prevede l’articolo 16 del trattato – ma dopo spetta alle varie istituzioni, tra cui alla Commissione, entro i limiti dei propri poteri, ed anche al Consiglio, mediante i vari gruppi, verificare l’attuazione delle politiche.

Tengo ad assicurarvi che la Commissione è determinata a svolgere appieno la propria parte nella supervisione dell’intero processo della strategia 2020. Ora ci aspettiamo che gli Stati membri la sostengano. Mi sento incoraggiato dalle discussioni che si sono svolte sinora e mi aspetto anche il sostegno del Parlamento europeo. Sono rinfrancato per le posizioni adottate dall’Assemblea e posso dirvi che la Commissione è pronta a svolgere appieno il proprio ruolo.

Per concludere, signor Presidente, esprimo i miei più sentiti ringraziamenti per la posizione netta che hanno assunto i quattro principali gruppi politici in Parlamento nel corso della conferenza stampa, in cui è stato difeso il metodo comunitario ed il rispetto dello spirito del trattato di Lisbona.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, cambiando argomento, desidero parlare del Golfo del Messico. Deepwarter Horizon evoca ormai in tutto il mondo l’idea dei limiti della crescita, dell’uso irrazionale del petrolio ed i limiti dell’uomo e della tecnologia. In proposito vorrei sapere, Presidente Barroso, se la Commissione intende vietare – su base precauzionale – il progetto per l’estrazione di petrolio e di gas nel Mare del Nord e nell’Artico nelle aree di competenza dell’Unione europea. Si tratta di un argomento su cui è ancora possibile decidere.

In secondo luogo, vorrei sapere se lei ritiene che le norme vigenti nell’Unione europea sull’estrazione di petrolio e di gas siano atte a proteggerci da simili catastrofi nelle aree sotto la nostra responsabilità.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Non conosciamo ancora i motivi dell’incidente avvenuto negli Stati Uniti, in quanto l’inchiesta è ancora in corso. É importante accertare se le cause sono state principalmente di natura tecnica o se sono imputabili a carenze nel quadro normativo oppure ad inadempienze dell’industria. Pertanto è troppo presto per sapere con certezza cosa potrebbe accadere in Europa.

Benché le prospezioni petrolifere in Europa non avvengano nelle stesse condizioni estreme che caratterizzano il Golfo del Messico, dobbiamo comunque pensare alla possibilità che succeda un incidente in prossimità delle nostre coste. Le tecniche di perforazione infatti sono simili, anche se le acque sono molto meno profonde nel Mare del Nord.

La Commissione segue gli sviluppi da vicino. Il Commissario Oetting ha già convocato un incontro in maggio con le principali società petrolifere che operano in acque europee per avere un quadro preciso della situazione in Europa e per ottenere rassicurazioni dall’industria sugli attuali livelli di sicurezza.

La Commissione lavora con gli Stati membri per garantire una solida prevenzione e sistemi di emergenza affidabili per proteggere i cittadini europei e l’ambiente.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, le ribadisco la mia domanda: ritiene che la direttiva sulla responsabilità ambientale in merito all’estrazione di petrolio e di gas sia sufficiente? Vorrei sapere se, secondo lei, i limiti massimi di responsabilità, che non sono uniformi, sono adeguati alla luce della catastrofe che è avvenuta nel Golfo del Messico. Vorrei inoltre sapere se state discutendo dei miglioramenti che dovrebbero essere urgentemente apportati in merito alle ispezioni tecniche sulle piattaforme. Crede davvero che le condizioni ambientali e climatiche nell’Artico siano del tutto adeguate per le persone e la tecnologia tanto da evitare i rischi dell’estrazione petrolifera sottomarina? Forse i fondali non sono profondi come nel Golfo del Messico, ma le condizioni sono difficili.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Sì, lei ha ragione. In primo luogo abbiamo la normativa. Abbiamo nuove norme e nuovi obblighi che si applicano all’estrazione off-shore e alle strutture per l’estrazione petrolifera per quanto concerne lo standard delle attrezzature, la sicurezza dei lavoratori, la sostenibilità ambientale, la prevenzione ed i sistemi di emergenza. Inoltre gli Stati membri hanno messo in atto normative nazionali minuziose per garantire un livello elevato di sicurezza nelle operazioni in alto mare in Europa.

In secondo luogo, disponiamo di un sistema informativo di risposta per le catastrofi provocate da fuoriuscite di greggio dalle petroliere o presso piattaforme di prospezione e di produzione. Questo sistema consta di una serie di strumenti gestiti dall’Agenzia marittima europea che si occupa di prevenzione dell’inquinamento e di misure anti-inquinamento.

In terzo luogo, abbiamo il meccanismo di protezione civile comunitaria che è in grado di reagire in qualunque situazione di grave crisi. Per quanto concerne il punto concreto che lei ha affrontato in merito alla responsabilità, la maggior parte delle normative europee in tema di sicurezza e di ambiente non riguardano industrie specifiche, ma sono applicabili a tutti i settori economici che vi rientrano. La legislazione europea fissa norme minime di sicurezza che gli Stati membri devono rispettare mediante le proprie normative. Questo approccio è in linea con il principio di sussidiarietà.

 
  
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  Timothy Kirkhope, a nome del gruppo ECR.(EN) Desidero riportare brevemente il discorso sulle relazioni UE-USA. Il mio gruppo – che in questo contesto è uno dei gruppi principali – ed io siamo molto lieti di apprendere che l’accordo SWIFT, sui cui ci siamo adoperati, stia progredendo.

Vorrei chiedere al presidente Barroso di illustraci gli insegnamenti che la Commissione ha tratto in relazione all’accordo SWIFT e che potrebbero essere positivamente e opportunamente usati per gli altri accordi PNR di cui dovremo discutere, adesso con gli Stati Uniti in primis, ma anche con il Canada e con l’Australia.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Probabilmente è troppo presto per trarre conclusioni, poiché il processo non si è ancora concluso.

Sono ansioso di portarlo a termine in collaborazione con il Parlamento europeo, poiché non siamo in grado di concretizzare dei risultati senza il vostro sostegno. Sinceramente il vostro appoggio è importante.

Sono due le questioni principali in questo ambito.

Una riguarda la sicurezza insieme al rispetto dei diritti fondamentali e alla protezione dei dati. É un punto cui teniamo e, a nostro parere, l’accordo, nella sua versione attuale, risponde alle preoccupazioni espresse dal Parlamento dopo il primo voto.

Onorevole Kirkhope, lei ha messo in luce anche un altro punto di natura più generale e la ringrazio. Lei ha accennato all’importanza delle relazioni con gli Stati Uniti. Gli USA sono uno dei nostri partner più importanti, se non il più importante, quindi ritengo che dovremmo anche cercare di raggiungere un accordo sul piano politico.

Il vicepresidente Biden è venuto da noi e ha difeso appassionatamente l’importanza delle relazioni transatlantiche anche in questo ambito. La Commissione non vi raccomanderebbe di votare a favore, se non fossimo più che certi che l’accordo vada a vantaggio dei cittadini europei. Tengo a sottolinearlo. É anche per la nostra stessa sicurezza. Al contempo vorremmo avere un segnale del vostro impegno sulle relazioni con il nostro partner più importante in siffatto ambito.

 
  
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  Timothy Kirkhope, a nome del gruppo ECR.(EN) Ne convengo nella maniera più assoluta. L’atteggiamento che il Parlamento europeo ha assunto, sopratutto ultimamente, ha dato un ottimo esempio di democrazia a tutti. La mia domanda supplementare riguarda la questione della condivisione dell’onere della lotta contro il terrorismo tra Stati Uniti e Unione europea. Il presidente ritiene che gli accordi di cui si è discusso assegnino un onere eccessivo agli Stati Uniti rispetto a quanto è richiesto a noi o in relazione alle responsabilità che dobbiamo assumerci e alle risorse che siamo tenuti a fornire per la lotta contro il terrorismo?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Questo è un punto importante. In realtà, nel corso dei colloqui, gli americani hanno affermato la loro disponibilità ad assisterci nel caso in cui volessimo allestire un sistema analogo a livello europeo. É una decisione che dobbiamo prendere qui in Europa.

Con questo accordo, acconsentiamo a fornire alcuni dati, ai sensi di condizioni rigorose, alle autorità americane, ma al contempo potremmo altresì pensare ad eventuali miglioramenti che potrebbero essere apportati. Gli americani si sono offerti di aiutarci sul piano tecnico, poiché hanno investito di più in quest’area rispetto a noi. Potrebbe essere un’idea per il futuro, in quanto dobbiamo tutti contribuire alla lotta contro il terrorismo. Sarebbe un grave errore pensare che la lotta contro il terrorismo sia una responsabilità degli americani e che possiamo semplicemente limitarci a sostenerli. É una responsabilità congiunta contrastare il terrorismo e proteggere la sicurezza di tutti i nostri cittadini.

 
  
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  Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, oggi il Parlamento europeo ha adottato la relazione Cashman sull’attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Uno dei messaggi principali che abbiamo rivolto alla Commissione, e a lei, è che naturalmente vogliamo adoperarci al massimo delle nostre possibilità per riunire tutte le risorse comunitarie in modo da raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio entro il 2015.

Finora, però, l’Unione europea e gli Stati membri non hanno adempiuto ai propri obblighi. Attualmente mancano 20 miliardi di euro rispetto agli impegni che ci eravamo assunti solamente per conseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Pertanto vorrei sapere che cosa intende fare – in particolare in vista del prossimo incontro del Consiglio – per ricordare agli Stati membri di onorare i propri impegni e per esercitare pressioni a livello di UE in modo da tracciare un quadro chiaro e definitivo in occasione della conferenza di settembre, evitando che gli Stati membri scansino continuamente le proprie responsabilità in ragione della crisi sempre più grave, dinanzi al fatto che 1 miliardo di persone attualmente vivono attualmente in povertà e la fame.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Signor Presidente, condivido pienamente le preoccupazioni insite nella sua interrogazione. In realtà sussiste effettivamente un rischio, visti i limiti di bilancio di alcuni Stati membri, che alcuni impegni non vengano rispettati.

La Commissione alcuni giorni fa si è incontrata ad Addis Abeba con la Commissione dell’Unione africana, e tra i punti sollevati dai nostri partner africani ci è stato fatto presente che talvolta gli impegni non vengono rispettati. Pertanto sussiste una questione di credibilità e di responsabilità anche da parte nostra.

Certamente la Commissione insisterà sul fatto che dobbiamo mantenere i nostri impegni. Ad esempio, gli impegni presi sui finanziamenti a breve termine per la lotta contro il cambiamento climatico. Intendo partecipare alla riunione di alto livello a New York. Proprio oggi ho ricevuto una lettera dal segretario generale Ban Ki-moon in cui si mette in luce l’importanza di questa agenda e da parte nostra condividiamo appieno questa preoccupazione.

Oltre a parlarne al Consiglio europeo di questa settimana, ne parlerò anche agli incontri del G20 e del G8 che si svolgeranno nelle prossime settimane in Canada. Pertanto rimaniamo fortemente impegnati su questo fronte.

Diversi anni fa presi parte al vertice del G8 a Gleneagles. Il punto è che i paesi industrializzati non hanno ancora onorato gli impegni che si erano assunti allora.

 
  
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  Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, certamente nel corso degli anni la Commissione ha ripetutamente preso delle iniziativa connesse proprio a queste finalità della politica di sviluppo. Mi chiedo quindi cosa ha fatto la Commissione per creare le strutture, le risorse e le condizioni per mettere in atto, ad esempio, il piano a dodici punti che era stato redatto dalla Commissione stessa, in particolare dal commissario Piebalgs. In altre parole, che cosa sta facendo la Commissione per creare le condizioni atte a garantire coerenza nelle varie politiche? Perché, ad esempio, temi così seri, come la lotta per l’attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, non rientrano nella strategia Europa 2020?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) La Commissione sta facendo la propria parte mediante il bilancio comunitario. In realtà, in diverse occasioni, abbiamo proposto finanziamenti supplementari agli Stati membri. Mi ricordo, ad esempio, che nel corso della riunione del G8 in Giappone, proposi un aumento di 1 miliardo di euro per favorire lo sviluppo rurale in Africa e in altri paesi in via di sviluppo nel mondo, indicando che tali fondi potevano essere stornati dai finanziamenti rimasti inutilizzati.

Ora, per onorare gli impegni europei, la maggior parte delle risorse devono provenire dai bilanci nazionali. Nel quadro attuale, con le attuali prospettive finanziarie, non possiamo essere flessibili più di tanto. Quindi ci stiamo adoperando presso gli Stati membri per poter onorare gli impegni che ci eravamo assunti.

 
  
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  Niki Tzavela, a nome del gruppo EFD.(EL) Signor Presidente, continuerò con un’interrogazione sulla crescita in vista del vertice del Consiglio di giovedì. L’attuale crisi economica ed il rischio di tracollo che potrebbe investire l’Europa devono essere affrontati principalmente aumentando gli investimenti. Pertanto bisogna salvaguardare le risorse finanziarie.

La mia domanda è la seguente: in qualità di capo politico incaricato dello sviluppo economico in Europa e come presidente della Commissione, sta pensando alla possibilità di emettere titoli europei per finanziare grandi investimenti europei per lo sviluppo, come le autostrade paneuropee ad alta velocità, la ricerca europea sul cambiamento climatico, l’e-sanità, il sistema di navigazione paneuropeo o i grandi investimenti nell’energia come i terminal per il gas naturale nella regione euro-mediterranea, ovverosia grandi progetti paneuropei di investimento finanziati mediante l’emissione di obbligazioni?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Speriamo che queste tematiche siano affrontate nelle prossime prospettive finanziarie. Infatti, già nella strategia Europa 2020, ci stiamo attivando per conferire priorità a queste interconnessioni in relazione al finanziamento europeo futuro nel settore dell’energia, nei trasporti o nelle altre forme di connessioni immateriali, come l’agenda digitale.

Sono proprio questi i settori in cui crediamo vi sia un valore aggiunto, in cui un euro speso a livello europeo ha più senso di un euro speso a livello nazionale, poiché sussiste un presupposto europeo per questo genere d’investimenti.

Le modalità di finanziamento, ovviamente, devono essere discusse con gli Stati membri. É un periodo molto difficile per discutere di bilanci con gli Stati membri, ma crediamo di riuscire a convincerli della necessità di rafforzare le interconnessioni a livello europeo.

 
  
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  Niki Tzavela, a nome del gruppo EFD.(EL) Signor Presidente, non credo che lei abbia risposto alla mia domanda. Crede che si possa affrontare il rischio di recessione mediante un’immediata azione paneuropea coordinata e supportata dall’emissione di obbligazioni europee?

Non dimentichi che dobbiamo affrontare l’enorme mercato competitivo di India, Cina e USA. L’Europa reagirà investendo massicciamente su scala paneuropea? Si ricorrerà agli Eurobond per finanziare questi investimenti? Che cosa pensa di fare?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Francamente non credo che ora vi siano aperture da parte degli Stati membri a prendere in considerazione l’emissione di Eurobond per questo genere di spesa. Proprio recentemente abbiamo adottato un programma ambizioso e molto importante che prevede un meccanismo o una struttura per aiutare i paesi che hanno difficoltà sul versante del debito. In realtà, si tratta di una sorta di obbligazione che gli Stati membri portano nei mercati finanziari, quindi credo che a questo punto sarebbe estremamente difficile che gli Stati membri sottoscrivano l’idea degli Eurobond per questo tipo di progetti. Ad ogni modo c’è la possibilità di usare altri meccanismi. Nel mio programma, ad esempio, ho fatto riferimento ai partenariati tra pubblico e privato e ho suggerito di coinvolgere in maniera più efficace la Banca europea per gli investimenti. Stiamo guardano in maniera molto aperta a tutte le possibilità di finanziare questi importantissimi progetti. Ma se ora vuole una risposta sincera, credo sia difficile se non impossibile giungere all’emissione di Eurobond per questo scopo specifico.

 
  
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  Diane Dodds (NI).(EN) Presidente Barroso, lei è un sostenitore dell’Irlanda del Nord e ha favorito il progresso che è stato compiuto per creare un futuro pacifico e stabile per il nostro popolo. Nella relazione del gruppo di lavoro, lei ha espresso il suo sostegno e quello della Commissione in merito alla devoluzione all’amministrazione locale e al lavoro che è in atto per garantire un futuro pacifico e prospero al popolo dell’Irlanda del Nord.

In questo periodo di turbolenza economica in Irlanda del Nord l’industria agroalimentare rappresenta uno dei settori più importanti dell’economia. Quest’attività molto importante potrebbe risentire delle sanzioni che sono state proposte per le presunte violazioni al regime del pagamento unico rilevate dai revisori della Commissione.

Presidente Barroso, conviene sul fatto che le sanzioni che potrebbero essere comminate al dipartimento per l’agricoltura e lo sviluppo rurale dell’Irlanda del Nord per le presunte violazioni al regime del pagamento unico tra il 2004 e il 2006 sono sproporzionate rispetto all’effettivo rischio per il regime stesso? Lei e la direzione generale per l’agricoltura siete disposti a rivedere la proposta del 5 per cento secco, visto che il dipartimento nordirlandese sta assumendo dei provvedimenti riparatori per garantire che i sistemi siano accurati e per recuperare le risorse in base alle domande che erano state presentate?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Grazie per i commenti sul sostegno che la Commissione ha dato all’Irlanda del Nord. Infatti siamo molto lieti per gli sviluppi registrati e li appoggiamo. La Commissione ha investito molto in questo processo. Ricordo anche la mia visita in Irlanda del Nord. Ad ogni modo, continueremo su questa linea.

Conosco la vicenda di cui lei ha parlato in relazione al regime del pagamento unico. Il commissario Cioloş ha delineato la nostra posizione su questo punto, ma tengo a chiarire che la procedura sulla chiusura contabile afferisce all’amministrazione. Lo Stato membro interessato ha avuto ogni opportunità per esprimere la propria opinione, ma l’indipendenza del procedimento è di vitale importanza.

La Commissione non ha alcun potere discrezionale nelle correzioni. A tale scopo esistono infatti procedure standardizzate per garantire pari trattamento a tutti gli Stati membri. Sono certo che anche voi in quest’Assemblea conveniate sulla necessità di rispettare appieno le norme in tema di responsabilità. É assolutamente fondamentale. Proprio ieri ho avuto un interessante incontro, che è durato diverse ore, con la Commissione e con la Corte dei conti. Posso dirvi che, pur sostenendo molto l’Irlanda del Nord, dobbiamo rispettare rigorosamente tutte le norme in tema di responsabilità e di competenze.

 
  
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  Diane Dodds (NI).(EN) Prenderò ancora qualche istante per la domanda supplementare.

In Irlanda del Nord sussistono delle preoccupazioni, in quanto la percentuale di storno si basa su un numero esiguo di ispezioni sporadiche.

Sarei grata se garantisse al Parlamento che la Commissione effettuerà una valutazione appropriata delle procedure ora in atto affinché il regime sia gestito correttamente.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Ovviamente posso assolutamente garantirle che la Commissione cercherà di verificare che il regime sia gestito correttamente.

Ma, ripeto, la procedura di chiusura contabile è una procedura iniziale che prevede diverse fasi in cui gli Stati membri hanno il diritto di difesa nonché la possibilità di conciliazione mediante un organismo indipendente. Ora bisogna impegnarsi in questa procedura in maniera seria e oggettiva.

 
  
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  Corien Wortmann-Kool (PPE).(NL) Signor Presidente, Presidente Barroso, lei ha appena reso una dichiarazione. Ha detto infatti che la Commissione europea è il governo economico dell’Europa. Adesso che stiamo cercando di rafforzare la governance economica, però, c’è bisogno di più metodo comunitario. Noi siamo al suo fianco, ma in seno al Consiglio circola l’idea di muoversi verso il metodo intergovernativo, anche in relazione al patto di stabilità e di crescita.

Quali sono gli elementi cruciali connessi alla task force e all’esito cui giungerà che secondo lei dovrebbero essere recepiti per poter rafforzare la governance economica ed il patto di stabilità e di crescita mediante il metodo comunitario? Potrebbe indicare alcuni di questi elementi? Sarebbe opportuno anche ai fini del dibattito pubblico.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) La task force è stata creata in un contesto specifico a sostegno della Grecia e, come sapete, la Commissione vi partecipa in maniera pienamente costruttiva e leale. In realtà, questa task force è stata istituita dal presidente del Consiglio europeo di concerto con la Commissione. L’Esecutivo vi partecipa e sono lieto per come stanno progredendo i suoi lavori. Si sta formando un consenso sui passi da intraprendere in merito al coordinamento economico in Europa e la maggior parte sono del tutto in linea con le proposte enunciate nella nostra comunicazione del 12 maggio. Pertanto posso affermare che la task force sta assolvendo ad una funzione importante, poiché ha affrontato argomenti fondamentali come l’attuazione del patto di stabilità e di crescita ed il semestre europeo. Attendo con ansia la relazione del presidente del Consiglio europeo che sarà presentata al vertice di giovedì. La Commissione ovviamente non rinuncerà al proprio diritto di iniziativa e presenterà altre proposte, partendo dal consenso che emerge in seno alla task force.

 
  
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  Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE).(PL) Sappiamo quanto sia difficile la situazione economica in alcuni Stati membri e sappiamo anche come si sta ripercuotendo sullo stato d’animo dei cittadini, e non solo in questi paesi, oltre che sulle decisioni intraprese dai singoli governi.

Non molto tempo fa, Presidente Barroso, lei ha parlato della necessità di difendere l’unità dell’Unione europea e di mantenere l’integrazione europea nel quadro dei 27 Stati membri. Vorrei sapere come intende difendere questo obiettivo in una situazione in cui viene sempre più caldeggiato l’impiego di nuovi metodi, come l’idea di istituire un ufficio europeo per l’economia in modo da intensificare il coordinamento economico nella zona euro. Che garanzie può darci affinché i paesi che, con grandi sforzi, stanno colmando il divario di sviluppo non siano relegati nella categoria di serie B nell’Unione europea?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Prima di tutto ho già detto diverse volte all’Assemblea e in altre occasioni che ci opponiamo alla divisione in categorie o a divisioni parallele delle istituzioni dell’Unione europea.

Esiste l’Unione, l’Unione europea, con le sue istituzioni, i 27 Stati membri di oggi e ovviamente rispettiamo appieno i trattati.

Nel quadro attuale possiamo adoperarci di più per rafforzare il coordinamento e la compensazione a livello economico. L’articolo 121 del trattato infatti stabilisce chiaramente che le politiche economiche degli Stati membri sono questioni di preoccupazione comune. Le azioni che uno Stato membro intraprende hanno implicazioni sugli altri. L’articolo 121 fa esplicito riferimento al coordinamento tra Stati membri. L’articolo 126 invece verte specificatamente sulle politiche di bilancio, mentre l’articolo 136 consente alla Commissione di assumersi l’iniziativa per rafforzare il coordinamento, anche all’interno della zona euro, ma sempre in seno al quadro comunitario generale.

É importante capire questo nesso. Possiamo presentare proposte per la zona euro, ma sempre nel quadro dell’Unione europea, senza considerare la zona euro come un un’area a sé stante rispetto al resto dell’Unione europea. Credo che sia assolutamente fondamentale per il successo di un’Unione che si fonda veramente sul principio di solidarietà.

 
  
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  Sergio Gaetano Cofferati (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io ho un’opinione in verità un po’ diversa da quella del Presidente Barroso relativamente al lavoro degli ultimi mesi della Commissione e della stessa task force.

Ho la sensazione molto netta – e vorrei che lei mi smentisse – che abbia preso corpo con tutta evidenza, anche mediatica, l’idea del processo di risanamento e delle azioni di rigore necessarie – azioni indispensabili, di questo son convinto anch’io – e che si sia attenuata molto, invece, l’idea della crescita e dello sviluppo. Il Patto di stabilità e di crescita rischia di diventare solo Patto di stabilità, se non nelle intenzioni almeno nei comportamenti annunciati.

Io credo invece che sia indispensabile mettere in campo, a cominciare dalla creazione degli eurobond, azioni che siano in grado di sostenere la crescita. Vorrei sapere da lei se davvero l’interesse alla crescita è un interesse radicato sia nella task force ma ancor di più nella Commissione.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione. (EN) La task force è stata creata per la governance economica e quando ho espresso la mia generale soddisfazione per il lavoro compiuto sinora, mi stavo riferendo specificatamente a questo ambito. Ovviamente la crescita ora si configura come una questione distinta. La crescita è il fattore più importante per l’economia dell’Unione europea. Senza crescita non saremo in grado di conseguire gli obiettivi che i cittadini si aspettano o di mantenere la nostra economia del mercato sociale e i cittadini non riusciranno a realizzare pienamente il loro potenziale.

É esattamente questo l’obiettivo di UE 2020 – crescita, crescita e ancora crescita. Non ci deve essere solamente una crescita, ma una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Ovviamente riteniamo che per conseguirla, sia necessaria la fiducia e, se non sarà ripristinata la fiducia nei mercati finanziari europei, non saremo in grado di passare ad un livello superiore di crescita e ripristinare il potenziale di crescita che avevamo prima della crisi. Per tale ragione è così importante il risanamento fiscale e le riforme, non come fine in sé, ma come mezzo per realizzare una crescita di livello superiore ed innalzare il potenziale di crescita in Europa.

 
  
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  Syed Kamall (ECR).(EN) Conveniamo tutti sulla necessità di conseguire una solida governance economica. Ma dobbiamo guardare in faccia la realtà. Le norme del patto di stabilità e di crescita sono state bellamente disattese e parallelamente fioriscono le attività fuori bilancio e l’ingegneria finanziaria, come vengono assai eufemisticamente chiamate.

Ora, conveniamo tutti sul fatto che gli Stati membri devono rispettare i principi atti a garantire una solida politica monetaria, la responsabilità fiscale e una contabilità onesta, ma avete intenzione di strumentalizzare questo elemento per acquisire potere per l’UE sui bilanci degli Stati membri oppure intendete affrontare i problemi reali dei paesi che hanno falsificato i conti e che hanno accumulato enormi disavanzi di bilancio, invece di voler a tutti i costi acquisire più potere in materia di bilanci nazionali?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Parlando sinceramente, non vedo la questione come una lotta per accaparrarsi poteri o competenze. Non è questo il punto. Ora siamo in una situazione in cui – ai sensi dell’articolo 20 del trattato – la politica economica dei singoli Stati membri non è solo una materia puramente nazionale. Durante la crisi abbiamo visto che le decisioni assunte da un paese hanno avuto un effetto diretto a cascata sugli altri. Pertanto, è opportuno che gli Stati membri, in sede di stesura del bilancio, sappiano quali sono le misure degli altri, poiché le decisioni degli altri hanno un impatto diretto anche sulle loro.

Non vogliamo affatto – e lo dico chiaramente – interferire nei poteri sovrani dei parlamenti nazionali. É molto importante che questo ambito sia rispettato, ma, quando si discute la politica economica per l’Europa – e abbiamo avuto modo di notare quanto siamo interdipendenti. Dobbiamo sapere quali sono le principali intenzioni degli altri paesi. Questa è la prospettiva giusta. Qual è il valore aggiunto dell’unità? Questa è la linea appropriata che la Commissione propone e sui cui si intravede un consenso.

 
  
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  Enikő Győri (PPE). (HU) Onorevoli colleghi, la crisi attuale ha evidenziato che l’Unione non ha più tempo da perdere. Bisogna mettere in atto un’azione immediata sui temi di politica economica. Occorre un’azione concertata in tre aree: la governance economica, la strategia per la crescita a lungo termine e la riforma dei servizi finanziari. Inoltre, bisogna agire in modo da non dimenticare di integrare le politiche comuni collaudate, come la politica agricola comune o la politica di coesione. Infatti l’Europa non potrà avere successo nel mondo, se non ha la coesione interna e se non riesce ad assicurarsi una produzione alimentare sicura.

Chiedo pertanto al presidente della Commissione se intende armonizzare la strategia Europa 2020 con le politiche comuni vigenti. Le chiedo quindi, in qualità di custode del metodo comunitario, per cui la rispetto molto, se intende preservare nelle tre aree della politica comunitaria che è ho indicato il principio secondo cui i cambiamenti devono essere attuati solo considerando l’UE come entità unica e tenendo conto degli interessi degli Stati che non appartengono alla zona euro in modo da non pregiudicare la coesione interna dell’Unione europea.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Lei ha ben sintetizzato quanto ho definito come approccio olistico alla politica economica. Se dovessimo imboccare un altra via, commetteremmo un errore e mi pare che gli Stati membri ne siano ben consapevoli.

Parlando di politica economica in Europa, si prenda ad esempio il patto di stabilità e di crescita o la riforma dei servizi finanziari, tutto punta a favorire la crescita. Per avere una crescita sostenibile, ovviamente l’Europa ha bisogno di una solida governance economica, dobbiamo rispettare il patto di stabilità e di crescita e dobbiamo assicurare credibilità alle finanze pubbliche, ma occorre anche una nuova sorveglianza normativa per i mercati finanziari e dobbiamo investire nel nostro potenziale di crescita. Ed è proprio questo il senso di UE 2020, è una strategia che punta alla riforma, motivo per cui insisto sul risanamento fiscale e sulle riforme strutturali.

Ovviamente dobbiamo mettere in atto delle politiche economiche fondamentali per l’Europa, come la politica per la coesione economica e sociale, non solo per 16 o 17 paesi – poiché spero che l’Estonia aderisca molto presto alla zona euro – ma per tutti i 27 Stati membri.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signor Presidente, Presidente Barroso, il presidente Van Rompuy – che presiede appunto il Consiglio europeo – vuole usare la task force per varare rapidamente delle nuove norme sull’euro in modo da traghettare l’UE fuori dall’attuale crisi dell’euro.

Presidente della Commissione, lei ha citato varie volte l’articolo 121 del trattato. Lei parla giustamente della dipendenza reciproca e del fatto che la politica economica naturalmente non riguarda solamente i singoli Stati membri. La domanda specifica che intendo rivolgerle è la seguente: in che misura la task force intende definire le sanzioni da comminare agli Stati che ripetutamente violano le norme di bilancio? La Commissione può pensare di ritirare i sussidi o i Fondi strutturali già assegnati? Che cosa pensa la Commissione dell’idea della sospensione temporanea del diritto di voto come possibile sanzione? Infine, qual è la posizione della Commissione sulla richiesta che sia imposta una norma uniforme sull’insolvenza per gli Stati membri che disattendono i propri obblighi finanziari?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Lei ha sollevato diverse questioni. Prima di tutto nei lavori della task force la Commissione – come dimostra la comunicazione del 12 maggio su questo argomento – sta esaminando la possibilità di rafforzare il patto di stabilità e di crescita, ampliando altresì l’arsenale di incentivi per favorirne il rispetto, come mi piace definirli.

Credo sia opportuno predisporre questi incentivi – che alcuni definiscono sanzioni – poiché siffatti strumenti devono essere credibili affinché il patto di stabilità e di crescita sia rispettato. Come abbiamo visto, il problema è che alcuni Stati membri non hanno disatteso il trattato che essi stessi hanno adottato e ratificato.

Come possiamo affrontare la questione? Vogliamo agire in maniera adeguata, non penalizzando i paesi che ottemperano ai criteri di coesione. Per tale ragione stiamo cercando delle soluzioni volte a mettere in atto gli incentivi per il rispetto del patto a prescindere dal rispetto dei criteri di coesione. Siffatti incentivi possono essere rafforzati in diversi modi, ad esempio, più a monte, usandoli nella parte preventiva del patto, o più a valle, ad esempio, incrementandone l’automaticità. Stiamo esaminando diversi modi e la Commissione presenterà delle proposte in merito.

 
  
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  Juan Fernando López Aguilar (S&D).(ES) Signor Presidente, Presidente Barroso, vorrei sentirla parlare anche di disoccupazione quando descrive gli obiettivi della task force sulla governance economica, poiché lei ha fatto numerosi accenni alla strategia come strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Questa crescita infatti deve essere inclusiva, soprattutto, per gli oltre 20 milioni di europei che si sentono esclusi, poiché sono stati tagliati fuori dal mercato del lavoro a causa della gravissima crisi. Oltre 20 milioni di disoccupati chiedono chiarimenti quando diciamo loro che la governance economica, la stabilità e la sorveglianza – il pacchetto di sorveglianza economica e finanziaria – saranno inglobate in una strategia volta direttamente a favorire tutti quelli che sono stati personalmente colpiti dalla crisi affinché rientrino nel mondo del lavoro, sostenendo al contempo l’aumento della produttività e quindi della competitività.

In particolare, vorrei che ci dicesse come verranno coinvolti gli Stati membri dell’UE, affinché questa possibilità non vada sprecata e affinché essi possano partecipare alla definizione di nuove regole per la governance economica globale in vista dell’incontro del G20 a Toronto.

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(PT) Quanto ha affermato l’onorevole López Aguilar è assolutamente fondamentale. Dobbiamo assumere un approccio olistico. Non possiamo guardare solo ad alcune regole della governance in connessione al patto di stabilità e di crescita. Dobbiamo anche pensare alle misure volte a favorire la crescita in Europa, soprattutto per garantire che sia sostenibile e inclusiva.

Come abbiamo detto in diverse occasioni, non vogliamo che il costo di questo cambiamento, di questo aggiustamento, sia trasferito sui più deboli. Non sono stati loro a provocare la crisi. Per tale motivo pensiamo che l’onere debba essere ripartito in maniera migliore e inoltre, come ha indicato anche l’onorevole López Aguilar, ci deve essere una dimensione esterna. Di conseguenza, parteciperemo al vertice del G20 determinati a proporre dei meccanismi atti ad obbligare il settore finanziario a contribuire alla risposta alla crisi, cercando al contempo di rafforzare la posizione comune europea sulla scena mondiale, soprattutto all’interno del G20.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE).(RO) Parlando della strategia Europa 2020, una nuova strategia europea tesa a promuovere l’occupazione e la crescita economica, tra i suoi obiettivi, approvati dal Consiglio europeo il 25 e 26 marzo di quest’anno, è previsto anche il miglioramento delle condizioni della ricerca e dello sviluppo, soprattutto in modo da favorire l’investimento pubblico e privato in questo settore fino ad arrivare al 3 per cento del PIL. É stato inoltre indicato che la Commissione dovrà definire un indicatore teso a rispecchiare l’intensità della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione.

La mia domanda è la seguente.

Che metodo intende applicare per definire siffatto indicatore? É già stato stabilito un calendario per le consultazioni su questo tema?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Lei ha ragione. Abbiamo fatto riferimento al 3 per cento. Però, non abbiamo parlato solo di ricerca e di sviluppo, ma anche di innovazione, poiché la questione non riguarda solo la ricerca di base, ma anche il passaggio tra ricerca ed attività economica. In che modo la ricerca contribuisce a creare maggiore crescita e maggiore occupazione? Come sapete, non esiste un indicatore universalmente riconosciuto sull’innovazione, che è un ambito tecnico in cui gli esperti sono divisi.

Personalmente ne sto parlando con OCSE, ad esempio. Il segretario generale di questa istituzione ed alcuni dei suoi esperti sono venuti a Bruxelles recentemente e ora stiamo lavorando con loro e con altri al fine di definire un indicatore per l’innovazione che sia condiviso sul piano scientifico e sul piano politico. É questa l’attività cui ci stiamo dedicando e agiremo mediante una consultazione piena, quindi apprezziamo tutti i contributi che possono arrivare. É una materia altamente tecnica, ma credo sia assolutamente importante sviluppare indicatori migliori per l’innovazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Signor Presidente, sappiamo che il vertiginoso deterioramento della situazione economica e sociale è fonte di preoccupazione in molti Stati membri. La crescita economica permane debole ed è insufficiente per ridurre la disoccupazione e creare i posti di lavoro di cui l’Unione europea ha bisogno.

D’altro canto, le misure che sono state assunte, specialmente le politiche di austerità messe in atto per rispettare il patto di stabilità ed i suoi criteri, oltre ad essere contrarie alla necessità di occupazione e di crescita economica, accentuano le sperequazioni e la povertà. Di conseguenza, proprio nell’Anno europeo per la lotta contro la povertà, assistiamo ad un aumento dell’esclusione, della povertà e della disoccupazione.

Pertanto, signor Presidente, non pensa che sia impellente dare priorità alle politiche macro-economiche per la sostenibilità sociale, invece di continuare ad insistere sulla sostenibilità finanziaria, che pregiudica la stessa sostenibilità sociale? Non crede che sia giunto il momento di rivedere il patto di stabilità e di crescita ed i suoi criteri irrazionali in modo da privilegiare l’occupazione e la lotta per l’inclusione sociale?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(PT) Non ci può essere sostenibilità sociale senza sostenibilità finanziaria. Senza sostenibilità finanziaria non esiste la fiducia. Senza fiducia non ci sono investimenti. Senza investimenti non c’è occupazione. Per tale ragione non si devono contrapporre la stabilità e la solidità delle politiche macroeconomiche con la preoccupazione per la povertà e per le fasce più vulnerabili.

Per quanto concerne la povertà, la lotta contro l’indigenza e l’esclusione sociale rientra tra gli obiettivi della strategia 2020, insieme ad alcuni obiettivi concreti, e convengo sul fatto che oggigiorno il rischio di povertà nella società sia aumentato. Assistiamo a nuovi fenomeni di povertà che sono estremamente allarmanti. Per tale motivo i governi devono individuare una risposta a questo problema nell’ambito delle loro priorità, ma la soluzione – lo ripeto – non può essere ricercata nell’indisciplina di bilancio, poiché, se questa fosse la soluzione, probabilmente la situazione in alcuni paesi diventerebbe ancora più grave e, per estensione, peggiorerebbero anche le condizioni delle fasce più vulnerabili della società.

 
  
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  John Bufton (EFD).(EN) Può dirmi chi effettivamente sta traendo vantaggio dal pacchetto di salvataggio della Grecia? Il popolo greco o il banchiere più ricco della Grecia, Spiro Latsis, che detiene una partecipazione del 40 per cento della principale banca ellenica, Eurobank EFG Group?

Signor Presidente, la sua amicizia con il signor Latsis potrebbe forse essere motivo di conflitto d’interesse?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Il pacchetto presentato dalla Grecia e dalle istituzioni europee è stato concepito per apportare benefici al popolo greco e all’economia europea nel suo insieme. Se così non fosse, non sarebbe stato approvato dai 27 Stati membri. Per quanto riguarda la sua insinuazione, credo davvero che non meriti alcuna risposta.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) Signor Presidente, pare che il governo tedesco ed il governo francese abbiano deciso che l’Unione europea non ha bisogno di nuove istituzioni. Almeno sembrerebbe essere questo l’esito dei colloqui della scorsa settimana tra la cancelliera Merkel ed il presidente Sarkozy. Ad ogni modo, come abbiamo sentito, pare anche che ci stiamo dirigendo verso una nuova modifica al patto di stabilità, in cui saranno previste delle sanzioni, come la sospensione del diritto di voto, per gli Stati membri che non applicano le norme nel settore finanziario.

La mia domanda è molto semplice: crede che il problema della governance in Europa possa essere affrontato mediante la regolamentazione e che possa limitarsi alle questioni disciplinari per quanto concerne l’aggiustamento finanziario? Oppure, nel bel mezzo della crisi, con lo strumento monetario al livello comunitario e lo strumento finanziario al livello nazionale, finiremo allo stallo?

Il problema esiste e lo abbiamo evidenziato più volte. Proprio ieri, Moody ha di nuovo rivisto al ribasso la valutazione della Grecia senza alcun motivo. La tregua cui lei ha affatto riferimento porterà a risultati specifici e tangibili per il futuro?

 
  
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  José Manuel Barroso, presidente della Commissione.(EN) Le istituzioni europee, insieme agli Stati membri, faranno del proprio meglio per rafforzare la credibilità nell’attuazione del patto di stabilità e di crescita.

É assai ovvio che ci sono stati dei problemi sul versante dell’attuazione e che vi sono state delle inadempienze da parte di alcuni Stati membri in relazione alle norme che essi stessi hanno definito.

Già adesso sono possibili limitazioni e persino sanzioni ai sensi dei trattati senza dover attuare nuove riforme.

In futuro vogliamo uno strumento oggettivo. Stiamo cercando di migliorare la credibilità del patto in maniera appropriata, affinché possano essere messe in atto misure oggettive a prescindere dal grado di ricchezza del paese. Credo sia nell’interesse di tutti disporre di un approccio più credibile per attuare il patto di stabilità e di crescita.

 
  
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  Presidente. – Il tempo delle interrogazioni con il presidente della Commissione europea è terminato.

 

12. Agenzie di rating del credito (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su:

– l’interrogazione orale alla Commissione degli onorevoli Chountis e Klute, a nome del gruppo GUE/NGL, sulle agenzie di rating del credito (O-0051/2010 – B7-0302/2010),

– l’interrogazione orale alla Commissione dell’onorevole Bullmann, a nome del gruppo S&D, sulle agenzie di rating del credito (O-0072/2010 – B7-0309/2010),

– l’interrogazione orale alla Commissione dell’onorevole Gauzès, a nome del gruppo PPE, sulle agenzie di rating del credito (O-0077/2010 – B7-0312/2010) e

– l’interrogazione orale alla Commissione dell’onorevole Goulard, a nome del gruppo ALDE, sulle agenzie di rating del credito (O-0078/2010 – B7-0313/2010).

 
  
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  Nikolaos Chountis, autore.(EL) Signor Presidente, la discussione odierna riguarda le attività delle agenzie di rating del credito e le loro conseguenze sull’economia europea e globale. L’Unione europea e la Banca centrale europea hanno emanato norme che concedono alle agenzie di rating, quali Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch, il diritto di valutare non solo le imprese, ma anche gli Stati membri dell’Unione europea.

Allo scoppio della crisi, le istituzioni comunitarie hanno evidenziato il ruolo negativo ricoperto dalle agenzie di rating del credito. Ci si sarebbe aspettati che la Commissione europea ne limitasse i poteri, e invece il loro ruolo è stato potenziato e formalizzato con un nuovo regolamento nel mese di novembre 2009.

All’inizio del 2009, le agenzie di rating del credito iniziarono a declassare il rating della Grecia, la quale, di conseguenza, paga un tasso d’interesse doppio rispetto al precedente ed è entrata in un circolo vizioso di svalutazione e attività speculative. Tutti ne conosciamo i risultati. Appena ieri, Moody’s ha nuovamente tentato di destabilizzare l’ambiente economico greco e dell’euro attraverso un intervento palesemente speculativo, ovvero l’abbassamento di 4 punti del rating dell’economia greca senza motivazioni valide.

Moody’s è una delle tre aziende private statunitensi che l’Unione europea riconosce ufficialmente per la valutazione delle economie degli Stati membri, sebbene tutti gli economisti, i politici e gli attori istituzionali in Europa e negli Stati Uniti l’abbiano accusata di gravi responsabilità nel contesto dell’attuale crisi.

Per la precisione, alcuni ex analisti di Moody’s hanno dichiarato davanti il Congresso statunitense di essere stati costretti dai propri superiori a fornire una valutazione positiva ai cosiddetti “titoli tossici”. Decine di aziende accusano inoltre l’agenzia di averle costrette a pagare commissioni dietro la minaccia di un rating negativo. Moody’s, unitamente alle altre due componenti della “Santissima trinità” (ovvero Standard & Poor’s e Fitch), ha ricevuto numerose denunce da parte di comuni, regioni e Stati statunitensi, che hanno perso milioni di dollari per i pessimi investimenti suggeriti loro. Moody’s è messa sotto accusa anche da svariati fondi assicurativi, che hanno perso i propri investimenti a causa di valutazioni creditizie errate. Il solo fondo assicurativo dello Stato dell’Ohio ha perso 450 milioni di dollari.

Essendo a conoscenza di tali fatti, è inaccettabile che le economie europee siano valutate da agenzie statunitensi private, mosse da interessi particolari: tale compito dovrebbe essere svolto da un’agenzia pubblica, controllata democraticamente, che non abbia alcun legame con interessi privati. Invece, Commissario Barnier, la Commissione continua a fare ostruzionismo, consentendo alla cupola della speculazione di continuare a forzare e a dirigere la politica economica, a spese dei lavoratori e dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea.

Il Parlamento europeo dovrebbe assumersi le proprie responsabilità una volta per tutte, intervenendo e reclamando che la Commissione europea e il Consiglio, dopo aver consultato il Parlamento, legiferino per porre fine a questa situazione inaccettabile.

 
  
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  Gianni Pittella, autore supplente. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, con questa interrogazione orale il Gruppo socialista e democratico vuole portare l'attenzione sulle problematiche relative alle agenzie di rating, con l'intento di conoscere dalla Commissione europea quali saranno le prossime mosse, a partire dall'opportunità che noi sosteniamo di creare un'agenzia di rating europea, opportunità che ci sembra prender corpo anche dopo le dichiarazioni in merito dello stesso Presidente Barroso.

Dobbiamo riconoscere – onore al merito – che le agenzie di rating sono riuscite in una mission quasi impossibile: sono riuscite ad essere protagoniste decisive sia nella primissima fase della crisi finanziaria nel 2008 lungo il fallimento di Lehman Brothers, sia in questa seconda fase iniziata con la crisi dei conti in Grecia.

Nel 2008 hanno omesso, e in alcuni casi hanno addirittura favorito, i rischi dei prodotti tossici e ora hanno ritenuto di dare il loro contributo alla stabilità dei mercati tagliando i rating di Grecia, Portogallo e Spagna proprio nello stesso momento in cui erano in corso le trattative tra Unione europea, Fondo monetario e governo greco. Non c'è che dire! Eroine malefiche, Presidente Buzek.

Ora, non è che voglio dare tutta la colpa di quello che è successo nel mondo e in Europa alle agenzie di rating . Tuttavia, il fatto di trovarle sempre presenti sulla scena del delitto – e mi riferisco al caso Parmalat, al caso Enron, al caso Lehman Brothers – dovrebbe indurci a una reazione più adeguata e concreta rispetto all'immobilismo attuale.

Signor Commissario, quando si farà un'inchiesta su questa vicenda, su questo settore? Ce ne siamo occupati col collega Gauzès qualche tempo fa, quando facemmo il regolamento delle agenzie di rating. Ora serve un'inchiesta di settore per far luce sulla scandalosa, inammissibile situazione di concentrazione, di oligopolio creatasi in questo settore.

Prendiamo la situazione in mano prima che le cose peggiorino ulteriormente e passiamo dalle parole ai fatti. Oltre alla necessità di creare un'agenzia pubblica europea si rifletta anche sul ruolo che possono avere le Corti dei conti indipendenti nel fornire una valutazione dei debiti sovrani, togliendone la competenza alle agenzie private.

Sarkozy e Merkel – e concludo – hanno ufficialmente chiesto alla Commissione europea di formulare proposte per rafforzare la concorrenza sul mercato del rating del credito. Peccato che in sede di Consiglio europeo, in cui siedono Sarkozy e Merkel, siano proprio i governi a rallentare l'approvazione del pacchetto di supervisione finanziaria, impedendo così l'istituzione dell'ESMA, l'autorità europea che sarà competente sulla vigilanza.

Quindi, caro Nicolas e cara e gentile Angela, la lettera, prima di farla a Barroso, fatela a voi stessi.

 
  
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  Jean-Paul Gauzès, autore.(FR) Signor Presidente, Commissario, onorevoli colleghi, le agenzie di rating del credito sono già state fonte di preoccupazioni per il Parlamento al termine della precedente legislatura e, a tal proposito, desidero ricordare la prontezza di Commissione e Parlamento, che ha portato all’adozione di un regolamento sulle agenzie di rating del credito.

Oggi affrontiamo nuovamente tale questione sulla scorta delle osservazioni che è stato possibile formulare sul ruolo delle agenzie di rating del credito durante la crisi. Le agenzie possono essere criticate per non aver previsto l’arrivo della crisi, per la volatilità dei rating e per lo scarso tempismo nell’annunciare le valutazioni, particolarmente quando relative al debito sovrano.

Ciononostante, ritengo che tale questione debba essere valutata a mente lucida. Innanzi tutto, il fatto che le agenzie di rating valutino prodotti che esse stesse hanno fornito agli investitori non è di per sé sconvolgente. Chi investe e dunque fornisce i fondi ha il diritto di capire gli eventuali rischi o difficoltà e, allo stesso modo, ha il diritto di capire quali siano le valutazioni positive.

Si ha una maggiore ambiguità quando i rating sono utilizzati, nei regolamenti bancari, per determinare le quantità di fondi propri di cui le banche devono disporre in cambio di alcuni investimenti. A tal riguardo, il regolamento del 2009 non propone una soluzione in quanto l’obiettivo era quello di occuparsi sia dell’approvazione sia della supervisione delle agenzie di rating del credito. Pertanto, una valutazione può essere giustificabile, ma è legittimo pubblicare valutazioni come fanno le agenzie?

Commissario, i testi che saranno proposti (e, a questo proposito, vorrei ricordare che lei ha presentato soltanto il testo sull’introduzione di una vigilanza europea delle agenzie di credito, nel contesto del nuovo regolamento finanziario) dovranno, a mio parere, garantire una soluzione a tali questioni, con particolare riguardo alla concorrenza nel settore delle agenzie di rating del credito. Dal mio punto di vista, la semplice conferma della creazione di un’agenzia europea non risolve i problemi. Se l’idea è di creare un’agenzia che pubblichi valutazioni più gentili e generose delle altre, non sarà di grande utilità.

Dobbiamo esaminare in modo più approfondito le condizioni in cui le agenzie pubblicano le valutazioni. Vi sono valutazioni di aziende private e del debito pubblico. L’autorità che, su richiesta del Parlamento, sarà responsabile del monitoraggio e della supervisione di tali agenzie in Europa è l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), il nuovo organismo competente per i servizi finanziari. I poteri assegnati all’ESMA dovrebbero contemplare la possibilità non solo di vigilare sulle agenzie in modo efficace, bensì, per quanto concerne il debito pubblico, di fornire una struttura che controlli ma non censuri le modalità attraverso cui le agenzie di rating del credito pubblicano le valutazioni sul debito pubblico.

Non sono più tollerabili situazioni, come si sono verificate in passato, in cui 15 minuti prima della chiusura dei mercati un’agenzia declassa un paese, generando conseguenze del tutto spiacevoli. É necessario un sistema di prevenzione che obblighi le agenzie di rating del credito a informare in breve tempo il supervisore delle condizioni in cui intendono divulgare eventuali valutazioni, affinché egli possa verificare il rispetto delle procedure standard e, soprattutto, che le condizioni di pubblicazione delle valutazioni non abbiano ripercussioni negative sulla situazione, in particolare per quanto concerne il debito sovrano. Il debito delle aziende non è paragonabile a quello degli Stati e merita di essere trattato in modo differente. Ciò detto, sono state citate le Corti dei conti, che però non esistono in ogni paese europeo e non sempre sono indipendenti.

Signor Presidente, Commissario, questo è il fulcro delle nostre domande. Come possiamo migliorare il funzionamento delle agenzie di rating del credito e, soprattutto, la diffusione delle informazioni e la concorrenza?

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROUČEK
Vicepresidente

 
  
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  Sylvie Goulard, autore.(FR) Signor Presidente, Commissario, lei proviene da un paese in cui le valutazioni fanno quasi sempre un certo scalpore: mi riferisco alla guida Michelin sui migliori ristoranti. Pertanto, non dirò che siamo contrari alle valutazioni poiché, in fondo, garantiscono una sana concorrenza e una congrua ricompensa per rendimenti differenti.

Concordo pienamente con le affermazioni dell’onorevole Gauzès. Non dobbiamo demonizzare le agenzie di rating, bensì occuparci delle condizioni in cui operano. In questo caso si tratta di istituzioni con poteri notevoli, e proprio per questo dobbiamo esaminare attentamente le loro modalità di funzionamento.

L’onorevole Gauzès mi ha preceduta nel ricordare la differenza fra la valutazione delle aziende private e del debito sovrano. Ad ogni modo, in entrambi i casi il problema rimane lo stesso, ovvero: la metodologia è quella giusta? Utilizzano i criteri più adeguati per valutare il rendimento di un’azienda o il debito pubblico di uno Stato? Inoltre, gli eventuali collegamenti fra l’agenzia di rating e l’oggetto del rating sono sufficientemente trasparenti?

Tutto ciò richiede di un esame e un controllo molto attenti, e la ringraziamo, signor Commissario, per aver dato seguito alle proposte presentate dal Parlamento durante la precedente legislatura in riferimento alla relazione dell’onorevole Gauzès.

A tal proposito, è importante che il Parlamento prosegua il lavoro che ha iniziato. Concordo sul fatto che l’agenzia europea di rating non costituisca una priorità al momento; è più importante garantire che il lavoro di supervisione, allo stato attuale e secondo le modalità attuali, sia controllato.

Su tali basi vorrei aggiungere un’osservazione sull’ESMA, l’autorità che sarà creata a breve. Sono uno dei relatori del pacchetto di vigilanza finanziaria, come l’onorevole Giegold, presente in questa Camera e relatore per l’ESMA. Vorrei lanciare un appello agli Stati membri. La Presidenza non è presente ma so che lei, Commissario, è molto abile nel trasmetterle i messaggi, come conosco l’apprezzamento di quest’Assemblea per il suo impegno a conseguire progressi in quest’ambito. Ritengo che gli Stati membri debbano adottare un atteggiamento molto serio.

Non si possono fare dichiarazioni altisonanti ai media perché si è, giustamente, infastiditi dalle conseguenze di talune decisioni delle agenzie e poi, al momento di creare l’ESMA, mettere i bastoni fra le ruote alla nuova autorità. Vogliamo che questo organismo sia definito chiaramente, che disponga di ampi poteri a livello comunitario e, in particolare, che sia in grado di vigilare sulle agenzie di rating, uno dei suoi compiti più importanti.

A questo auspicio si ricollega, ad esempio, il nostro desiderio di vedere un controllo europeo sulle infrastrutture del mercato e sulle stanze di compensazione. La mancanza di trasparenza del mercato è preoccupante. Non siamo avversi alla concorrenza, al contrario, né ci opponiamo fra gli attori. Semplicemente, le modalità di valutazione dei servizi devono rispettare le norme di trasparenza e di condotta che caratterizzano i mercati degni di tale nome.

La invitiamo nuovamente a proseguire ed esortiamo gli Stati membri a non ostacolare la creazione dell’ESMA, a non privare di ogni contenuto il pacchetto di vigilanza poiché, in caso di veto, potremmo diventare incapaci di controllare ciò che ciascuno di noi, in questa Camera e nei parlamenti nazionali, vuole porre sotto maggiore supervisione.

 
  
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  Michel Barnier, membro della Commissione.(FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzi tutto desidero ringraziare i gruppi politici responsabili delle interrogazioni su un tema così importante. Ringrazio gli onorevoli Chountis, Pittella e Gauzès, l’onorevole Goulard, che è appena intervenuta, e gli onorevoli parlamentari che prenderanno la parola.

Desidero presentarvi il mio punto di vista affinché possiate comprendere la mia determinazione in questo ambito, come pure su tutti gli altri temi riguardanti gli insegnamenti tratti dalla crisi e la trasparenza a cui cittadini e imprese hanno diritto. Il 20 aprile, ho avuto la possibilità di riferire a quest’Assemblea sul tema delle agenzie di rating del credito e della loro importanza per il funzionamento dell’economia e dei mercati finanziari.

Quando bisogna controllare se un prodotto, un’azienda o, se necessario, uno Stato (mi riferisco al rischio sovrano, tema che approfondirò in seguito) è in buona salute o in stato febbrile, concorderete con me, onorevole Goulard e onorevoli deputati, che rompere il termometro non elimina la malattia. Dobbiamo capire se il termometro funziona e, se necessario, se possiamo utilizzare diversi termometri per le autorizzazioni e i controlli del caso.

Ritengo che il funzionamento del termometro meriti un’analisi molte attenta, come pure il funzionamento delle agenzie di rating del credito, considerato il loro ruolo fondamentale nella valutazione dei rischi associati alla situazione di Stati e aziende. L’onorevole Chountis ha ragione: la crisi ha dimostrato (e continua a dimostrare) che esse non hanno sempre funzionato in modo esemplare, producendo a volte conseguenze molto gravi.

Onorevoli parlamentari, in quest’ambito, come anche in altri, il G20 ha preso decisioni importanti, che introducono meccanismi di vigilanza e norme di gestione. Come molti di voi, tra cui gli onorevoli Gauzès e Goulard, hanno ricordato, al manifestarsi della crisi la Commissione si è rapidamente assunta le proprie responsabilità, indicando la regolamentazione delle attività delle agenzie di rating del credito quale una delle priorità degli ultimi due anni.

Nel settembre del 2009, ossia un anno dopo il fallimento di Lehman Brothers, è stato adottato il regolamento sulle agenzie di rating del credito con il sostegno convinto, la collaborazione e i miglioramenti forniti dal Parlamento (ringrazio nuovamente l’onorevole Gauzès), per risolvere i problemi creati dai metodi operativi delle agenzie, che hanno contribuito al peggioramento della crisi finanziaria.

Il regolamento ha introdotto l’obbligo di registrazione per tutte le agenzie con sede all’interno dell’Unione europea e ha imposto una serie di requisiti rigorosi per evitare possibili conflitti di interessi, migliorare la qualità delle valutazioni e della metodologia utilizzata e, infine, garantire che le agenzie agiscano in modo più trasparente.

Onorevoli deputati, sono sicuro che queste nuove norme miglioreranno sensibilmente l’indipendenza e l’integrità del processo di valutazione, renderanno più trasparenti le attività di rating e ne miglioreranno la qualità, anche nella valutazione del debito pubblico dei paesi dell’Unione europea e delle istituzioni finanziarie comunitarie.

Due settimane fa, il 2 giugno (e questa è la seconda fase), su mia proposta, la Commissione ha adottato la proposta di modifica del regolamento sulle agenzie di rating del credito per conferire all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) la responsabilità esclusiva della registrazione e supervisione delle agenzie di rating del credito.

L’ESMA, però, non è ancora stata creata e concordo pienamente con quanto affermato poco fa dall’onorevole Goulard e condiviso da voi tutti: come abbiamo osservato di recente con i relatori del pacchetto di vigilanza, il pacchetto de Larosière, è necessario raggiungere un accordo dinamico e credibile tra il Parlamento e il Consiglio per attuare la proposta avanzata, ossia la creazione di tre autorità indipendenti il prossimo 1° gennaio. Tale accordo non è ancora stato raggiunto.

Esorto nuovamente il Consiglio e il Parlamento ad adoperarsi per raggiungere un accordo. Signor Presidente, ribadisco la volontà della Commissione, e in particolare la mia, di coadiuvare il raggiungimento di un compromesso dinamico.

Per beneficiare ancor più della trasparenza e dare nuovo impulso alla concorrenza fra agenzie di rating del credito, è stata introdotta una disposizione che semplifica l’accesso alle informazioni sui prodotti finanziari strutturati per qualsiasi agenzia di rating del credito interessata a emettere un rating del credito non sollecitato.

In altre parole, quando un’agenzia di rating riceve informazioni che le consentono di elaborare la propria valutazione sui prodotti strutturati, le altre agenzie hanno il diritto di utilizzare tali informazioni per emettere il proprio rating.

Al momento ci troviamo in questa fase, che non è certo sufficiente. In Europa e nel mondo, è sempre più diffusa l’idea che gli attuali fallimenti delle procedure di rating del credito, portati alla luce dalla crisi, non siano stati affrontati in maniera adeguata e desidero esprimere la mia identità di vedute con l’onorevole Chountis sulla questione.

Per tale ragione, ho richiesto ai miei servizi di eseguire una nuova valutazione della struttura e del ruolo delle agenzie di rating del credito. Onorevole Pittella, in questo quadro, nei prossimi mesi daremo vita a ciò che lei ha chiamato un’inchiesta; un’analisi obiettiva e minuziosa dei metodi operativi delle agenzie secondo la nuova legislazione, anche se non ancora completamente attuata; dovremo attendere l’inizio di dicembre per tale esame.

Onorevoli parlamentari, come voi, sono convinto che il problema sussista e riguardi la differenziazione del mercato: questo mercato è concentrato in troppe poche mani. Non vi è una concorrenza adeguata in questo settore, il che ci preoccupa. Onorevole Pittella, pur non indicando alcuna opzione specifica al momento, la Commissione sta valutando misure strutturali quali la creazione di un’agenzia europea di rating del credito, che per alcuni di noi (e parlo a titolo personale) è un fatto molto gradito, soprattutto per le valutazioni del rischio sovrano cui hanno fatto riferimento gli onorevoli Gauzès, Goulard e Pittella.

Un’altra misura strutturale in fase di considerazione è la maggiore partecipazione di enti pubblici indipendenti al processo di rating del credito. Il debito sovrano merita particolare attenzione, perché è proprio questo il cuore del problema nel caso della Grecia e probabilmente anche di altri Stati, per assicurarsi che i metodi utilizzati siano corretti e adeguati.

Un’attenzione speciale va assegnata anche all’incuria delle banche e degli altri istituti finanziari e alla mancanza di criteri alternativi per valutare l’affidabilità di un investimento. É necessario anche un riesame approfondito degli attuali regolamenti finanziari, che prevedono espressamente l’utilizzo dei rating del credito.

Questi sono i temi, non ometteremo nessuna delle questioni più spinose sulle quali la Commissione sta lavorando. Presenteremo gli orientamenti iniziali nel mese di settembre e, nel contempo, affronteremo altre importanti questioni relative alla trasparenza e al controllo nel contesto del regolamento sui prodotti derivati e la vendita allo scoperto.

Inoltre, presenteremo alcune proposte legislative alla fine di quest’anno o all’inizio del 2011, non solo per dare seguito (riprendo le sue parole, onorevole Goulard) alle iniziative intraprese dal mio predecessore con il vostro sostegno, che purtroppo non sono sufficienti, ma anche per raggiungere un maggiore livello di trasparenza, in modo tale da prevenire conflitti di interessi e garantire che le valutazioni siano più numerose, diversificate e, particolarmente nell’ambito del rischio sovrano, irreprensibili.

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo, a nome del gruppo S&D.(ES) Signor Presidente, signor Commissario, le agenzie di rating del credito non sono state in grado di prevedere la crisi dei mutui subprime, il rischio dei prodotti finanziari strutturati né il collasso di Lehman Brothers.

Il regolamento adottato nell’aprile del 2009 promuove la trasparenza, sottopone le agenzie al controllo europeo e contiene una prima definizione della loro responsabilità e qualità, occupandosi di alcuni conflitti di interessi nelle loro operazioni; la nuova proposta della Commissione segue questa direzione.

Sono convinto che noi, il Parlamento europeo, contribuiremo alla creazione di opportuni meccanismi di vigilanza dal 1° gennaio 2011 e collaboreremo alla realizzazione dei progetti di controllo affinché vadano a formare un quadro normativo più severo.

Sono vari gli elementi che rendono necessari una valutazione più approfondita del ruolo delle agenzie di rating del credito e un loro allineamento agli interessi generali: il ruolo nella crisi del debito e del deficit pubblico, che ha dimostrato la discrezionalità dei metodi adottati nell’elaborazione e pubblicazione dei rating; le conseguenze altamente procicliche delle valutazioni delle agenzie di rating, a volte descritte come vigili del fuoco piromani che ravvivano le fiamme; lo scontro con le principali istituzioni finanziarie internazionali e comunitarie, tanto che la Banca centrale europea ha deciso di ignorare i loro rating nelle operazioni di debito pubblico.

Si dubita apertamente della capacità delle agenzie di rating del credito di fornire valutazioni obiettive e responsabili, particolarmente in materia di debito pubblico. I dubbi sollevati sono profondi (strutturali, per riprendere le sue parole) e riguardano la stessa compatibilità delle agenzie con i principi democratici, considerando la loro incidenza sugli sforzi che i pensionati, i lavoratori e le categorie più vulnerabili della popolazione compiono e che non vogliono certo vedere rovinati e calpestati dall’irresponsabilità dei mercati.

Sono dubbi che riguardano l’indipendenza. Le agenzie di rating del credito pubbliche sono compatibili con la proprietà privata? É possibile essere contemporaneamente giudice e parte in causa? É possibile considerare il rating del credito un modello aziendale affidabile quando a pagarlo sono gli stessi oggetti della valutazione? Possono essere gli attori stessi a scegliere chi deve valutarli?

Il Senato degli Stati Uniti sta già affrontando queste tematiche e anche noi dobbiamo farlo: è una questione di responsabilità e sostenibilità.

É possibile garantire una gestione responsabile, che sfugga alle prospettive a breve termine e assicuri la sostenibilità? Le agenzie possono rimanere indifferenti agli impegni delle autorità europee e agli sforzi dei principali attori pubblici internazionali? Si assumeranno la responsabilità dei loro effetti sul mercato, particolarmente delle conseguenze che potrebbero essere considerate, come ha affermato lei, dannose? Manterranno i privilegi concessi loro dalla legislazione e le norme che impongono l’utilizzo delle valutazioni? Continuerà a esservi una mancanza di concorrenza?

Per quanto concerne la legittimità, è possibile che le agenzie conservino tanta influenza sulle nostre economie con un così scarso controllo? É necessario andare oltre la vigilanza e controllare dall’interno la struttura della governance, nonché la struttura stessa dell’impresa?

Dovrebbe essere creato un nuovo sistema pubblico di rating del credito a livello comunitario, imponendo un nuovo ruolo alle agenzie europee esistenti; al contempo, le nuove agenzie dovrebbero essere promosse e dovrebbe essere presa in considerazione la necessità di un sistema globale di valutazione, che segua i nuovi principi.

Queste sono le domande a cui si deve rispondere, signor Commissario.

 
  
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  Sharon Bowles, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, non molto tempo fa vi è stata una levata di scudi contro il declassamento dei bond greci e non solo da parte delle agenzie di rating, con particolare riguardo alle conseguenze negative sull’euro.

Inizialmente, nel mio intervento volevo chiedere se siano davvero necessarie altre prove dell’immane conflitto di interessi che si genererebbe se effettivamente gli Stati valutassero da soli il proprio debito. Questa mattina, però, durante la discussione sulle statistiche il Commissario Rehn ha affermato che il declassamento di ieri da parte di Moody’s giungeva in un momento “non opportuno” e che avrebbe influenzato l’approccio della Commissione alla regolamentazione delle agenzie di rating del credito.

Capisco la frustrazione, ma ciò che ho pensato è: sono forse impazziti? Io non desidero rating “opportuni”, né per le banche di investimento né per le banche centrali. Anzi, le valutazioni sono state forse troppo “opportune” anche per le autorità di regolamentazione, che vi si sono adagiate, perdendo ogni residuo di diligenza.

Un ente pubblico per i fondi non sovrani può sembrare una proposta interessante, ma come si risolve la questione della garanzia implicita? Come aggiriamo le interferenze politiche se il capitale bancario dovesse essere a rischio, con le conseguenze macro-economiche che ne deriverebbero?

In un certo senso, dobbiamo ricercare capacità, indipendenza e integrità, ma sono sicura di una cosa: i principi di amministrazione d’impresa sono importanti sia nel settore pubblico sia in quello privato, e dovrebbero essere validi anche per l’ESMA e le altre autorità europee di controllo.

 
  
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  Sven Giegold, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, Commissario Barnier, la ringrazio per aver parlato in tedesco.

Innanzi tutto, desidero affermare che le crisi che abbiamo affrontato per l’ennesima volta pongono alcune questioni fondamentali. Oltre a quanto già affermato, vorrei infatti ritornare su alcuni aspetti: il lavoro delle agenzie di rating si è spesso rivelato un tirare a indovinare; le agenzie non erano ossia; in grado di valutare i rischi meglio di altri organismi. Pertanto, l’importanza assegnata alle valutazioni effettuate dalle agenzie di rating dovrebbe essere ridimensionata, particolarmente al confronto con altre valutazioni del mercato.

Un secondo problema fondamentale è la trasformazione di questo mercato in un oligopolio. Gli offerenti affidabili sono pochi. Di conseguenza, va allargato il numero di offerenti e la loro provenienza. In tal senso, Commissario Barnier, le sue osservazioni sul coinvolgimento di un maggior numero di attori, riprese anche da altri oratori, sono condivisibili.

In terzo luogo, bisogna affrontare il problema basilare degli incentivi, di cui si è discusso poco finora. Come funzionano i rating? Il cliente sceglie l’autore della valutazione tra le poche agenzie che svolgono questo genere di lavoro. É come se degli studenti universitari si recassero dal professore prima dell’esame e concordassero un pagamento, suscitando poi lo stupore generale per la sistematica generosità dei voti. Il problema degli incentivi deve essere discusso.

So che la Commissione sta valutando le possibili strategie per garantire che chi offre un prodotto finanziario non possa più selezionare la propria agenzia di rating, come è avvenuto finora. Questo tema conduce proprio al nocciolo delle riforme necessarie nei settori che coinvolgono offerenti privati soggetti al rating; ossia i settori diversi dai bond governativi. Il sistema di falsi incentivi deve essere rimosso. Invece di sostituire l’oligopolio privato con un monopolio pubblico, come è stato più volte suggerito dalle sinistre, un’agenzia pubblica dovrebbe garantire che si selezionino sempre nuovi operatori per fornire le valutazioni, e che la qualità dei rating venga resa pubblica e controllata regolarmente.

Commissario Barnier, attendo con interesse le sue proposte. Mi auguro che esse ci consentano di risolvere i problemi del settore, che persistono nonostante gli sforzi profusi finora, particolarmente dall’onorevole Gauzès, dalla precedente Commissione e dal Consiglio, che ringraziamo; mi auguro inoltre che sia possibile risolvere tali problemi senza dover creare un nuovo monopolio, gestendo in modo efficace il problema degli incentivi e della regolamentazione.

 
  
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  Kay Swinburne, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, fin dall’inizio della crisi finanziaria è stato chiaro che le agenzie di rating del credito avevano più volte commesso gravi errori; è stato uno dei primi temi trattati dall’Unione europea lo scorso anno. Siamo a favore di un aggiornamento della direttiva volto a definire l’organo competente per le attività svolte da tali agenzie, prevalentemente statunitensi, in Europa, al fine di controllarne più attentamente l’operato sul nostro territorio.

Le agenzie di rating del credito sono organizzazioni molto potenti, in grado di alterare i mercati con un semplice cambio di valutazione. Pertanto, la loro indipendenza deve essere costantemente accertata e preservata. Ad ogni modo, il mercato non dovrebbe lasciarsi sorprendere dagli interventi sul rating che mobilitano flussi di miliardi di euro. Ad esempio, le agenzie di rating del credito dovrebbero pubblicare le proprie simulazioni di crisi e analisi di scenario per migliorare la trasparenza del mercato e la capacità di assorbire gli shock.

Non dobbiamo tuttavia dimenticare, tuttavia, la funzione delle agenzie di rating del credito: valutare il rischio di insolvenza di un’entità, sia essa un prodotto o un’azienda, in particolare le società quotate in borsa, ma anche gli istituti finanziari e persino gli Stati sovrani. Parimenti, le agenzie di rating del credito non possono essere criticate se reagiscono alle legittime informazioni sullo stato di salute delle nostre banche, né possiamo farne il capro espiatorio della reazione del mercato alla grave situazione delle finanze pubbliche.

Sebbene sia necessaria una maggiore supervisione delle loro attività, deve essere formulata una proposta più critica, che parta da una prospettiva diversa: perché i mercati, gli investitori, le aziende e gli Stati sovrani hanno fatto così grande affidamento sulle agenzie di rating del credito, invece di condurre autonomamente le operazioni di adeguata verifica e raccolta delle informazioni? Soprattutto, perché il mercato del rating del credito è dominato da tre agenzie quando in realtà ve ne sono molte più sul mercato? Una volta fornita una risposta a queste domande generali, saranno più incisivi anche i meccanismi per il controllo dell’operato delle agenzie. A tanto potere e influenza sui mercati dovrebbero corrispondere anche notevoli responsabilità.

 
  
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  Jürgen Klute, a nome del gruppo GUE/NGL.(DE) Signor Presidente, desidero ricordare che l’agenzia di rating Moody’s ha nuovamente declassato la Grecia ieri sera. Sappiamo che, nelle ultime settimane, il governo greco ha esercitato una pressione notevole sui propri cittadini per riportare la crisi sotto controllo. Sappiamo che l’Unione europea ha preparato un pacchetto da 750 miliardi di euro per fornire sostegno ai paesi colpiti dalla crisi e aiutarli a uscirne. Eppure, la Grecia è stata declassata. Lo stesso destino è spettato alla Spagna, anch’essa declassata dopo aver adottato un pacchetto di misure di risparmio.

Commissario Barnier, lei ha utilizzato la metafora di un termometro che non deve essere rotto. Mi chiedo se il termometro sia una metafora adeguata per le agenzie di rating del credito: esso non migliora infatti le condizioni dei clienti, dei pazienti in questione, non può farlo. Il termometro non è un farmaco, e le condizioni del paziente possono peggiorare. Ad ogni modo, è inaccettabile che i paesi, nonostante i loro sforzi e l’attuazione delle misure, siano ulteriormente declassati.

La domanda, dunque, sorge spontanea: cosa fanno effettivamente le agenzie di rating? É stato detto che non sono state in grado di prevedere l’arrivo della crisi. Quindi, non hanno contribuito alla previsione o alla diagnosi della crisi. Poco prima del fallimento, Lehman Brothers aveva ricevuto un rating positivo. Dunque, con i metodi utilizzati, le agenzie non sono state in grado di (o non hanno voluto) riconoscere quanto stava per accadere. In tal senso, questo strumento rappresenta un fallimento totale.

Le agenzie non hanno contribuito a gestire la crisi. Citerò un quotidiano al riguardo: le valutazioni non hanno contribuito al miglioramento della situazione di crisi nonostante tutti gli sforzi profusi e si teme che i pacchetti di salvataggio approntati non potranno essere completati. Ossia, saremo ulteriormente declassati.

In conclusione, Stati e aziende non sono comparabili, i rating devono essere esaminati più attentamente. Un mero cambiamento di facciata non è sufficiente, è necessaria una riforma approfondita dei sistemi di rating.

 
  
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  Godfrey Bloom, a nome del gruppo EFD.(EN) Signor Presidente, le agenzie di rating del credito hanno venduto l’anima al diavolo alcuni anni fa, quando hanno iniziato a rivolgersi a quelle aziende che richiedevano una valutazione dei titoli dietro pagamento. Chi paga l’orchestra sceglie la musica.

Inevitabilmente, questa scelta ha portato a classificazioni fallaci. La maggior parte delle agenzie di rating del credito impiega giovani alle prime armi che sanno a malapena leggere un bilancio. Correggono le proprie classificazioni solo quando il disastro è imminente. Paradossalmente, spesso sono i fondi hedge a rivelare la verità che si cela dietro ai numeri, ad esempio smascherando Enron. Ma la verità sui numeri può non essere gradevole, particolarmente in questo caso, ed è per questo che sono odiati.

Ad ogni modo, anche i giovani sniffatori di cocaina delle agenzie di rating del credito sanno che Irlanda, Grecia, Spagna, Italia, Regno Unito e Portogallo sono in bancarotta. La parola kaputt è comprensibile in ogni lingua!

Cosa propone il Parlamento quindi? Una nostra agenzia di rating del credito, pagata da noi, che danzerà alla nostra musica. Può assegnare rating AAA (i migliori) a titoli spazzatura emessi dalle economie fallite dell’area dell’euro. Ma chi prenderebbero in giro? Ad eccezione di alcuni consigli di contea inglesi e dei corrispondenti economici della BBC, pressoché nessuno. Quando i popoli europei si renderanno conto di essere stati le cavie di un enorme esperimento monetario fallito, daranno alle fiamme questo Parlamento e ci destineranno alla ghigliottina. E come dar loro torto?

 
  
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  Marine Le Pen (NI).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, i danni causati dalle agenzie di rating sono ormai palesi. La crisi del debito pubblico ne conferma la natura prociclica. Cieche prima dell’incendio, ora le agenzie di rating ravvivano le fiamme della crisi. Il regolamento della Commissione del settembre 2009, come sempre, è stato ignorato. A causa della loro intrinseca miopia, gli organi comunitari sono nuovamente costretti ad agire con urgenza.

Le proposte presentateci spaziano dal mantenimento della legge del mercato, falsato da evidenti conflitti di interessi, all’inflazione normativa in stile sovietico, tanto amata dalla Commissione. Stiamo saltando dalla padella alla brace. Il desiderio espresso dal Presidente della Commissione Barroso di porre le agenzie di rating del credito sotto il controllo della Banca centrale europea e della Commissione risulta irrealistico, particolarmente in seguito alle dichiarazioni espresse dal Presidente Trichet nel febbraio 2010, secondo cui gli sforzi di consolidamento dei bilanci bancari richiedono un alto livello di confidenzialità. In altre parole, richiedono opacità e segretezza.

É evidente che ci stiamo occupando degli effetti del problema e non delle sue cause. É irrilevante sapere se debbano essere gli investitori o gli emittenti a pagare le agenzie di rating, se queste ultime debbano essere private o pubbliche, indipendenti o controllate. Come afferma Maurice Allais, finché non porremo termine alla possibilità di utilizzare credito ex nihilo per acquistare senza avere e vendere senza possedere, il capitalismo alternerà espansioni e recessioni, con conseguenze sempre più dannose per Stati ed economie.

Dobbiamo anzitutto vietare l’emissione di denaro o titoli in mancanza di una contropartita tangibile e reale. In questo modo, porremo fine alla speculazione sfrenata dei mercati e, pertanto, non vi sarà più bisogno delle agenzie di rating del credito.

 
  
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  Edward Scicluna (S&D).(EN) Signor Presidente, i recenti attacchi dei leader europei alle agenzie di rating del credito, che mettono sotto accusa le tempistiche e il livello di declassamento del debito pubblico di alcuni Stati, possono sembrare esagerati.

Il fallimento delle agenzie di rating del credito è, però, ben noto ormai e suppongo che tutto il Parlamento sia concorde su questo punto. Hanno assegnato valutazioni elevate a titoli che in seguito sono stati messi in mora. Ora che il vento è cambiato e le prospettive economiche europee rimangono fosche, le agenzie stanno esagerando nel senso opposto. Neppure un imponente pacchetto da 750 miliardi di euro, una misura senza precedenti, le ha convinte. Dobbiamo ponderare la nostra reazione a questi eventi, ricordando che ambasciator non porta pena.

Una cosa è certa: che le agenzie sopravvalutino o sottovalutino un prodotto finanziario, la loro influenza sui mercati finanziari mondiali è enorme. Possono tenere in ostaggio uno Stato e la sua popolazione, inclusi lavoratori e pensionati, e non mancano di sfruttare il loro potere. Questo comportamento ha certamente implicazioni politiche, che devono essere affrontate.

Dobbiamo capire come le agenzie creano e vendono le proprie valutazioni: l’accordo fra l’emittente di un titolo e le agenzie costituisce un problema palese. In secondo luogo, bisogna risolvere la questione del numero di agenzie di rating e il livello di concorrenza effettiva che si crea tra esse. Se le banche e gli istituti finanziari devono essere regolamentati, perché le agenzie di rating dovrebbero ricevere un trattamento diverso, soprattutto se si considera la struttura oligopolistica del loro mercato?

Le cause del problema, conflitto di interessi incluso, sono chiare. Le soluzioni sembrano meno evidenti; pertanto, cerchiamo la soluzione giusta con lucidità, evitando reazioni eccessive dalle conseguenze gravi.

 
  
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  Wolf Klinz (ALDE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, le agenzie di rating hanno avuto un ruolo disastroso nella crisi finanziaria mondiale e nelle turbolenze della moneta unica, e di certo non meritano encomio. É sufficiente citare alcuni esempi: mancanza di trasparenza, conflitti di interessi, finanziamenti da parte degli stessi committenti, pubblicazione di rating in momenti discutibili con effetti prociclici e interventi del tutto tardivi. Le agenzie di rating fingono di non vedere tali problemi.

Io stesso ho proposto che l’Unione agisca immediatamente e mi rallegro che lei concordi con me. Dovremmo creare un’agenzia europea di rating sul modello delle fondazioni, che, ovviamente, sia indipendente dal punto di vista finanziario. Non può essere sottoposta ad alcuna influenza politica, né da parte della Banca centrale europea, né della Commissione, né degli Stati membri. Grazie al suo ruolo di fondazione indipendente, questa agenzia europea può introdurre una notevole concorrenza all’interno dell’oligopolio, se non monopolio, delle tre agenzie di rating in oggetto. Sarebbe opportuno che a ciascun prodotto offerto e a tutti gli emittenti in Europa fossero obbligatoriamente fornite due valutazioni, una delle quali da parte dell’agenzia europea.

Per assicurare la piena indipendenza, la fondazione deve essere indipendente sul piano economico. Sarà necessario un finanziamento di avviamento, che potrebbe essere fornito dalla Banca europea per gli investimenti o dalla Commissione, dopo di che la fondazione dovrà autofinanziarsi. Resta da chiarire se tali finanziamenti dovrebbero giungere da committenti o utenti, come menzionato in precedenza dall’onorevole Giegold. É necessario raggiungere un accordo.

In generale, dovremmo valutare se ridurre la nostra dipendenza dalle agenzie di rating, che, a mio avviso, è al momento troppo elevata.

 
  
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  Vicky Ford (ECR).(EN) Signor Presidente, accolgo con favore la discussione sulle agenzie di rating. É fondamentale esaminare l’affidabilità dei rating e individuare le possibili strategie per stimolare una maggiore concorrenza fra agenzie, nonché affrontare la questione del conflitto di interessi che deriva dalle valutazioni pagate dai valutati. L’esistenza di questo potenziale esplosivo è nota da tempo agli investitori, i quali sanno che i rating del credito non costituiscono di per sé un’indicazione per vendere o comprare.

Non bisogna dimenticare che, per raggiungere gli obiettivi 2020, l’Unione ha bisogno di investimenti, che richiedono la fiducia del mercato: una parte fondamentale di tale fiducia è costituita proprio dalle agenzie di rating. Quando funzionano, le valutazioni aumentano l’accesso dei debitori ai mercati dei capitali, riducono i tassi di interesse e consentono agli emittenti sovrani di risparmiare denaro dei contribuenti. Esse rappresentano inoltre una sorta di punto di riferimento per gli investitori, ma, come ho detto, non per decisioni di vendita o acquisto.

Vi invito a ricordare che in Europa nessun titolo sovrano valutato AAA è mai stato messo in mora. Anche nel corso della presente crisi, il livello di messa in mora di titoli con rating AAA nei crediti strutturati europei è inferiore allo 0,3 per cento, il che significa che il 99,9 per cento dei titoli AAA sono sani. Abbiamo bisogno della fiducia degli investitori. Dobbiamo controllare le nostre agenzie di rating, ma vi chiedo di ricordare che esse non hanno commesso solo errori.

 
  
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  Claudio Morganti (EFD). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono convinto che si debbano migliorare trasparenza e accountability delle agenzie di rating, ma non condivido il pensiero di quanti ne vorrebbero limitare il campo d'azione e le funzioni. Le mancanze delle agenzie di rating nel prevedere rischi avvertendone il mercato sono solo l'eco di fallimenti ben più fragorosi delle esistenti istituzioni e autorità finanziarie pubbliche e di tutto il sistema bancario.

Credo nel mercato libero e ritengo auspicabili apertura e concorrenza maggiori anche nel settore del rating, ma la creazione di un'agenzia pubblica europea di rating sarebbe un ossimoro, uno sciagurato rischio dirigista di estendere la mano pubblica sul mercato.

Infine, sarebbe riduttivo fermare l'analisi al tema delle responsabilità delle agenzie di rating per l'attuale crisi finanziaria, quando essa è prima di tutto economica. I dati e le politiche adottate dimostrano come in Europa e in molti paesi si è creduto di poter sostituire la finanza all'economia reale, abbandonando di fatto tutto il settore manifatturiero.

 
  
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  Anni Podimata (S&D).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, la discussione odierna sul quadro di supervisione e controllo operativo delle agenzie di rating del credito è, purtroppo, ancor più attuale dopo il declassamento della Grecia di 4 punti, deciso ieri da Moody’s. Non è certo la prima volta che il rating della Grecia è declassato in modo consistente negli ultimi mesi. Quest’ultimo declassamento, tuttavia, è chiaramente provocatorio e infondato, poiché non tiene in considerazione i progressi ottenuti con l’applicazione del programma di ristrutturazione finanziaria, approvato dalla troika giunta ieri ad Atene, né l’istituzione di un Fondo di stabilità finanziaria, né lo stanziamento di 110 miliardi di euro per le necessità dell’economia greca.

Perché Moody’s declassa ulteriormente la Grecia e si pone così in netta contraddizione con il Presidente della Banca centrale europea, il presidente della Deutsche Bank e il rappresentante della Commissione europea, che si sono congratulati con il governo greco per l’attuazione del protocollo, coadiuvando così la ripresa dell’euro sul dollaro e dei mercati monetari europei? Questa azione dimostra chiaramente l’esistenza di un conflitto di interessi, perché non solo mette a repentaglio gli sforzi greci di ristrutturazione finanziaria, ma alimenta anche i continui attacchi speculativi dei mercati all’economica greca e all’intera area dell’euro.

Questa è un’ulteriore conferma del fatto che le agenzie pubblicano rating senza verificarne l’affidabilità, senza alcun controllo sugli incentivi e i risultati delle loro valutazioni, sollevando così notevoli problemi di democrazia e sovranità europea e nazionale, dato che ci stiamo occupando della valutazione delle economie all’interno dell’area dell’euro.

Si potrebbero riportare numerosi esempi, ma quel che più conta è sapere come stiamo agendo per tutelare le economie europee dalla speculazione causata da valutazioni dubbie e non trasparenti. É necessario agire immediatamente su due livelli: in primo luogo, creare un’agenzia europea di rating competitiva e, in secondo luogo, stabilire un quadro operativo severo e affidabile per le agenzie, che stabilisca norme uniformi e trasparenti per i criteri di valutazione, per le tempistiche di pubblicazione dei rating, in considerazione della reazione del mercato corrispondente, e, infine, per l’accuratezza e affidabilità dei rating nel tempo.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD).(LT) Nel contesto generale, la crisi legata alle agenzie di rating del credito svela i pericoli del sistema. L’elemento più importante è dato dal fatto che nessuno si sente responsabile del risultato finale della valutazione del rischio, sebbene le attività di tali agenzie abbiano un impatto notevole sulla stabilità del mercato finanziario; da loro dipendono le principali possibilità di ottenere un credito, nonché il costo del credito stesso. D’altro canto, è positivo che la Commissione, avendo compreso la necessità di ristabilire la fiducia del mercato e di aumentare la tutela degli investitori, stia elaborando nuove norme a livello comunitario in merito alle procedure generali di regolamentazione delle agenzie di rating del credito. La modifica delle norme relative alle agenzie di rating del credito consente una migliore vigilanza a livello europeo e una maggiore trasparenza del settore, che però deve essere esaminato ulteriormente e in modo più approfondito.

Dobbiamo garantire un controllo appropriato delle agenzie di rating del credito e stabilire sanzioni adeguate in caso di violazione delle norme. I prestiti nelle attività delle agenzie di rating devono essere più trasparenti affinché gli investitori e gli utilizzatori dei rating siano maggiormente tutelati e, soprattutto, affinché il settore delle agenzie di rating diventi più competitivo.

 
  
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  Othmar Karas (PPE).(DE) Signor Presidente, l’assurda decisione presa da Moody’s ieri dimostra chiaramente il potere e il dominio delle agenzie di rating e la mancanza di trasparenza che permea i processi decisionali. Tutte le agenzie di rating devono essere registrate, mentre le loro attività e le motivazioni delle loro decisioni devono essere attentamente esaminate. Dobbiamo garantire l’indipendenza delle agenzie di rating, il che esclude la possibilità che vengano finanziate dalle entità oggetto della loro valutazione.

Incompatibilità e conflitti di interessi devono essere eliminati: le agenzie non possono contemporaneamente fornire un servizio di consulenza alle aziende e valutarle. La trasparenza è essenziale, pertanto devono essere resi pubblici i modelli e le motivazioni del giudizio. Occorre contrastare il dominio monopolistico cercando sempre un secondo parere e potenziando la concorrenza, e proprio per tale motivo sono necessarie agenzie europee. É stato proposto il modello delle fondazioni, ma un’alternativa potrebbe essere costituita dal modello della società per azioni. In autunno, il Kangaroo Group presenterà la proposta della Commissione unitamente all’onorevole Klinz.

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D).(RO) Le attività di rating del credito non solo hanno portato all’attuale crisi finanziaria, ma hanno anche contribuito a peggiorarla. Il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di agenzie di rating del credito presentato nel 2009 era stato concepito per disciplinarne le attività. Tale regolamento ha introdotto la registrazione obbligatoria di tutte le agenzie di rating del credito che svolgono la propria attività all’interno dell’Unione europea e si rivolge principalmente a tre aspetti: supervisione, trasparenza e conflitto di interessi.

Siamo tuttavia ancora lontani dal risolvere il problema della trasparenza e della struttura oligopolistica del mercato delle agenzie di rating. Non è normale che il rating delle economie e delle aziende degli Stati membri dipenda da tre sole agenzie. Le speculazioni sul rating di uno Stato può spingere altri paesi in situazioni critiche fino alla bancarotta. In tali circostanze, ritengo fondamentale la creazione di un’agenzia di rating del credito esclusivamente europea, che introdurrà una maggiore concorrenza e costituirà uno strumento alternativo alle agenzie esistenti.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, è assurdo che tre agenzie private, due statunitensi e una britannica, decidano dell’insolvenza degli Stati membri dell’Unione europea; l’oligopolio delle agenzie di rating è molto pericoloso. Un altro elemento sorprendente è dato dalla tempistica con cui si attivano le suddette agenzie: l’euro ha appena iniziato una debole ripresa e un paese è subito declassato. I lunghi discorsi sul senso di responsabilità delle agenzie devono essere ridimensionati quando si pensa che i prestiti ai cittadini statunitensi disoccupati, confezionati sotto forma di titoli, spesso ricevevano il rating AAA ed erano dunque dichiarati assolutamente sicuri.

Osservando più attentamente, l’atteggiamento apparentemente super partes delle agenzie si è dimostrato falso, perché esse erano finanziate direttamente dagli emittenti di titoli. Anche la qualità delle valutazioni è discutibile. Del resto, prima della crisi finanziaria internazionale le banche che sarebbero poi crollate avevano ricevuto i rating più elevati.

É dunque giunto il momento di controllare le agenzie di rating, ma il potenziamento della vigilanza non dovrebbe limitarsi al livello europeo.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE).(RO) Sullo sfondo dell’attuale crisi, le agenzie di rating sono soggette a continue critiche per non essere state in grado di valutare i rischi per le aziende o gli Stati. Esse non hanno infatti fornito alcuna indicazione preventiva che indicasse l’avvento della crisi, ma hanno declassato il rating di numerosi Stati europei, peggiorando la già difficile situazione.

Il problema principale è costituito dalla mancanza di concorrenza sul mercato dei servizi di rating del credito, che è controllato unicamente da tre agenzie statunitensi. A tal proposito, sostengo la proposta del Presidente Barroso di creare un’Agenzia europea di rating del credito. Come saprete, una di queste tre agenzie la scorsa settimana ha modificato il rating della Germania sulla scorta di un errore inammissibile.

Concludo affermando che l’Unione europea deve garantire una migliore regolamentazione delle attività delle agenzie di rating del credito.

 
  
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  Ivo Strejček (ECR). (CS) Signor Presidente, signor Commissario, ho ascoltato attentamente la discussione odierna sulle agenzie di rating: sicuramente non sono né un loro sostenitore, né un loro promotore.

D’altro canto, non sono preoccupato da un possibile monopolio od oligopolio nel mercato delle agenzie di rating. Nessuno dei deputati intervenuti si è chiesto come sia stato possibile che alcuni Stati, in cui sono stati contratti debiti enormi, si siano ritrovati in questa situazione finanziaria senza vie d’uscita. Sarebbe positivo valutare la possibilità di creare un sistema di intervento statale nella gestione del libero mercato. Forse, se orientassimo le nostre idee in tal senso, diminuirebbero le preoccupazioni causate dalle agenzie di rating.

 
  
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  Lara Comi (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, ringrazio ulteriormente per avermi dato la possibilità di intervenire in questo dibattito che arriva giorni dopo l'ennesimo downgrading del debito greco da parte di un'agenzia di rating.

Le questioni legate alla natura e alla governance di queste agenzie, ormai quasi istituzionalizzate per l'importanza che rivestono nel nostro sistema economico, dominano ormai il dibattito politico per via del loro ruolo nella crisi finanziaria globale e nell'attuale crisi dell'Eurozona.

Un sistema economico come il nostro non può funzionare senza che delle entità indipendenti analizzino i conti pubblici e quelli delle compagnie private. La sfida sta nell'assicurare che queste agenzie di rating conducano le loro attività in maniera trasparente e con degli standard comuni, perché un loro errore potrebbe veramente far fallire una compagnia o dare un significativo contributo all'avvio di una nuova crisi.

Credo che non si debba assolutamente nazionalizzare le agenzie di rating ma piuttosto fare in modo di trovare un equilibrio tra la loro indipendenza e il bisogno di garantire un livello adeguato di accountability verso i governi. Trovare quindi una soluzione equilibrata penso che sia la via corretta per un futuro migliore anche europeo.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, come è stato affermato in precedenza, il declassamento della Grecia deciso ieri da Moody’s solleva numerose domande.

Desidero aggiungere un elemento, per comprendere se il quadro operativo delle suddette agenzie è chiaro e trasparente. La maggioranza delle azioni legali iniziate da privati cittadini contro queste agenzie negli Stati Uniti risultano non giustificate grazie a una legge del 1933, che stabilisce che le agenzie di rating non sono responsabili per le perdite di denaro dovute a rating errati.

Pertanto, le azioni di queste agenzie non sono sottoposte a controlli. Il gioco delle speculazioni non ha limiti né confini e la mancanza di un quadro normativo comunitario ha avuto ripercussioni su tutta l’Unione europea e in ogni Stato.

Dobbiamo ricordare che l’economia di mercato non equivale alla legge della giungla, non significa irresponsabilità. Laddove questo concetto non viene compreso, dobbiamo rispondere con le norme, imponendolo per legge. Signor Presidente, lei ha parlato di maggiore concorrenza, di un maggior numero di agenzie. Abbiamo alte aspettative dalla Commissione nel prossimo futuro.

 
  
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  Michel Barnier, membro della Commissione.(FR) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli oratori per la qualità e l’onestà degli interventi. Non mi soffermerò sul ruolo delle agenzie o sull’importanza dei rating che pubblicano, l’onorevole Comi ha appena fornito una spiegazione esauriente.

La mia seconda considerazione preliminare rispecchia gli interventi dell’onorevole Papanikolaou e dell’onorevole Strejček: è necessario migliorare le modalità operative delle agenzie. É fondamentale una maggiore trasparenza (approfondirò questo punto in seguito) e le valutazioni devono essere quanto più risolutive e obiettive. Questo è l’obiettivo che dobbiamo raggiungere, ma ciò non significa che le imprese, in particolar modo quelle finanziarie, non debbano essere gestite in modo corretto, sottoponendosi a sistemi di controllo interno ed esterno e dotandosi di strumenti di gestione delle crisi (che rientrano nelle proposte elaborate dalla Commissione), né che gli Stati non debbano essere governati in modo appropriato, gestendo le finanze adeguatamente e controllando le spese.

Per quanto concerne le agenzie di rating del credito, ci auguriamo che i nuovi emendamenti proposti per la loro regolamentazione siano adottati rapidamente, per garantire un controllo più efficace da parte dell’ESMA. L’onorevole Le Pen, sebbene non sia più presente in aula, dovrebbe correggere le proprie informazioni: le agenzie non saranno controllate né dalla Banca centrale europea né dalla Commissione. Il nostro obiettivo è una maggiore trasparenza e un maggior controllo del mercato, pertanto la strada più logica è l’assunzione di tale ruolo da parte dell’ESMA, la nuova autorità indipendente. Come ha spiegato ottimamente l’onorevole Klinz, alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni, è necessaria una maggiore trasparenza.

Ad ogni modo, come ho affermato all’inizio del mio intervento, le proposte della Commissione e la legislazione vigente non affrontano tutte le problematiche. L’onorevole Cutaş ha citato le normative sulle agenzie di rating del credito: esse dovrebbero essere attuate entro la fine dell’anno, ma potranno essere pienamente applicate soltanto nel mese di dicembre del 2010.

Alcune questioni non sono state sufficientemente approfondite, come la diversificazione o una maggiore concorrenza. L’onorevole Swinburne e l’onorevole Scicluna hanno citato la necessità di un mercato delle agenzie che non sia concentrato nelle mani di poche persone. L’onorevole Giegold ha presentato chiaramente il modello dell’“emittente pagante”: è un modello sano? É sostenibile? Anche l’onorevole Karas ha presentato tale problematica.

La questione deve essere approfondita, valutando, nel contempo, le norme presentate dalla nuova legislazione, che entrerà in vigore a dicembre, visto che ci siamo concentrati appositamente sul contenimento del conflitto d’interessi. La normativa sarà sufficiente? In ogni caso, è necessaria una riflessione sul modello presentato dall’onorevole Giegold.

Il terzo punto da contemplare all’interno della nostra azione è dato dalle leggi nazionali e comunitarie. Dette normative dipendono in misura eccessiva dalle valutazioni del credito pubblicate dalle agenzie di rating. Infine, l’onorevole Băsescu ha ricordato il problema della metodologia adottata per la valutazione del rischio sovrano: anche in quest’ambito è necessario un approfondimento.

Desidero ringraziare l’onorevole Sánchez Presedo per il suo sostegno a un rapido accordo sul pacchetto di vigilanza: l’accordo riveste un’importanza fondamentale, perché l’ESMA deve controllare le agenzie, oltre a svolgere altri compiti.

Certamente, è necessaria una risposta strutturale. Per tale motivo stiamo esaminando attentamente le questioni che vi ho presentato, in particolare l’indipendenza che l’onorevole Bowles giustamente invoca. Io stesso ritengo necessaria una maggiore indipendenza (e pertanto credibilità) di queste agenzie. Si aggiungono poi la questione degli attori che non presentano una performance adeguata; la struttura dei mercati; la concorrenza, ivi compresa l’idea, a mio avviso corretta, di un’agenzia europea, volta particolarmente alla valutazione del rischio sovrano, senza escludere altri possibili compiti.

Non ho ancora fatto riferimento allo status dell’agenzia. Sarà un’agenzia pubblica, privata, un partenariato fra settore pubblico e privato, o, come proposto dall’interessante idea dell’onorevole Klinz, una fondazione? Approfondiremo tutte le questioni nelle prossime settimane.

Molti di voi, tra cui l’onorevole Bowles, l’onorevole Chountis e l’onorevole Podimata poco fa, hanno citato il recente declassamento del rating della Grecia. In qualità di Commissario, non commenterò nel dettaglio ogni valutazione fornita da una determinata agenzia di rating. Richiederebbe moltissimo tempo e non spetta a noi; non dovremmo lasciarci trasportare eccessivamente dalla credibilità di rating passati e presenti.

Ciò non toglie che, come il mio collega e amico, il Commissario Rehn, che si è rivolto a voi questa mattina, sono alquanto sorpreso (sorpresa espressa anche dall’onorevole Mölzer) dalla tempistica di pubblicazione del rating sulla Grecia da parte di un’agenzia. Onorevoli deputati, siamo consapevoli del notevole sforzo compiuto dal paese, come ricordava anche l’onorevole Klute, per stabilizzare le finanze pubbliche e raggiungere una crescita forte e sana.

La Commissione ha piena fiducia in tale processo, che non è certo semplice ma resta necessario e deve essere portato a termine con successo. É essenziale ricordare che la Grecia non è sola. Gode della solidarietà europea, mostrata al livello più alto dai capi di Stato e di governo, dalla Commissione, dalla Banca centrale e dal Fondo monetario internazionale alcune settimane fa, una solidarietà viva che continuerà a essere presente anche in futuro.

I rating, e l’attenzione che questi catalizzano, le controversie su metodologie e tempistiche mi spingono a lavorare alacremente sulla riforma delle agenzie, compito già avviato, come ho sottolineato nella comunicazione del 2 giugno, e presenteremo proposte legislative a riguardo entro la fine di quest’anno o all’inizio del prossimo.

Onorevole Klute, lei ha affermato che queste problematiche non sono circoscritte alle agenzie di rating. Questo elemento, questo strumento da migliorare (trasparenza, controllo, credibilità e diversificazione maggiori) deve essere integrato in una struttura globale, data da una regolamentazione intelligente e una vigilanza efficace. Queste sono gli insegnamenti da trarre dalla crisi, non ancora terminata. Lo ribadisco: nessun attore, prodotto, mercato o regione deve sfuggire a una supervisione efficace e a una regolamentazione intelligente.

Questo è il programma presentato dalla Commissione il 2 giugno e sostenuto alcuni giorni fa dal Consiglio dei ministri a Lussemburgo e, come auspica il Presidente Barroso, forse anche dal Consiglio europeo. Onorevoli parlamentari, potete confidare che sia io sia i miei colleghi presenteremo proposte a questo Parlamento su tute le questioni oggi discusse, una a una, passo dopo passo, entro l’inizio del prossimo anno. In questo modo tutti, a livello europeo e in cooperazione con le altre regioni del mondo (in particolare gli Stati Uniti), potremo trarre importanti conclusioni dalla crisi che ha colpito cittadini, consumatori e aziende.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

 

13. Offerta pubblica di strumenti finanziari e armonizzazione degli obblighi di trasparenza (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A7-0102/2010), presentata dall’onorevole a nome della commissione per gli affari economici e monetari, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica delle direttive 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e 2004/109/CE sull'armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato [COM(2009)0491 - C7-0170/2009 - 2009/0132(COD)].

 
  
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  Wolf Klinz, relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, se dovessi superare quattro minuti, abbrevierò le osservazioni conclusive in maniera da non superare i sei a mia disposizione.

La direttiva sul prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica e l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari è stata originariamente compilata nel 2003 con la riserva che sarebbe stata rivista nel settembre 2009. Così è stato. La direttiva sul prospetto riguarda il completamento, l’approvazione e la pubblicazioni di un prospetto come prerequisito per l’offerta pubblica di strumenti finanziari o la loro ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato dell’Unione europea. In generale, l’attuale revisione riguarda gli aspetti tecnici ed è volta a eliminare incertezze giuridiche e requisiti indebitamente onerosi.

In primo luogo, vorrei ringraziare sentitamente tutti i parlamentari che hanno collaborato con noi al riguardo e i relatori ombra. La cooperazione è stata estremamente proficua, anche con la Commissione. Senza tale collaborazione, non avremmo infatti potuto portare il pacchetto a una conclusione positiva in prima lettura in meno di dieci mesi. Ora vi esporrei brevemente l’accordo che abbiamo predisposto, che comprende negoziati tripartiti, sotto forma di otto punti principali in merito ai quali siamo riusciti a coagulare un consenso.

Innanzi tutto, uno dei nostri obiettivi era agevolare l’accesso al capitale sul mercato per le piccole e medie imprese. Sapete che negli Stati Uniti vi è una percentuale nettamente superiore di imprese, tra cui piccole e medie, che ottengono finanziamenti attraverso il mercato, mentre in Europa è prassi comune, specialmente tra le piccole imprese, ottenere finanziamenti mediante prestiti bancari. Ciò che noi vogliamo fare è offrire l’opportunità alle piccole imprese di sfruttare il mercato più spesso rispetto al passato. Abbiamo pertanto innalzato il tetto per l’esenzione dai requisiti di soglia, che in ultima analisi fanno gravare costi e burocrazia sulle piccole e medie imprese, portandolo da 2,5 a 5 milioni di euro.

Il mio secondo punto riguarda la tutela degli investitori: vogliamo essere certi che, concedendo tali agevolazioni, si possano offrire adeguati meccanismi di salvaguardia ai piccoli investitori privati. Per questo abbiamo innalzato la soglia per l’esenzione dall’obbligo di predisporre un prospetto per gli strumenti finanziari da 50 000 portando la denominazione a 100 000.

Il terzo punto che vorrei sollevare riguarda le modalità per consentire ai dipendenti di partecipare al capitale azionario di una società senza che la società debba farsi carico dei costi relativamente elevati della pubblicazione di un prospetto. Si tratta pertanto di rendere più flessibile l’obbligo di predisporre un prospetto quando si propongono piani di partecipazione dei dipendenti. In questo caso abbiamo introdotto una clausola di proporzionalità, nel senso che abbiamo eliminato l’obbligo di divulgazione, non necessario. Nel contempo, però, ci siamo assicurati la presenza di un documento contenente le informazioni di base in maniera che i dipendenti che usufruiranno di tale forma di partecipazione possano avere un’idea di ciò che otterranno. Ci siamo inoltre garantiti che le società quotate in un paese terzo, vale a dire un paese al di fuori dell’Unione europea, siano esonerate anch’esse dall’obbligo di predisporre un prospetto, come le società europee quando offrono azioni ai propri dipendenti, a condizione che siano in grado di dimostrare l’equivalenza con gli obblighi di divulgazione.

Il quarto aspetto che abbiamo discusso e in merito al quale siamo pervenuti a un accordo riguarda quella comunemente nota come “sintesi del prospetto”. Possiamo descrivere la questione nei seguenti termini: generalmente un prospetto è un documento denso e voluminoso, spesso costituito da centinaia di pagine. Vi è tuttavia anche la sintesi, che solitamente consta di altre 50, 60 o 70 pagine. Noi vorremmo che il Parlamento abbreviasse la sintesi riducendola alle cosiddette “informazioni essenziali per l’investitore” o un documento contenente gli elementi salienti per gli investitori del genere previsto dai fondi di investimento tradizionali, gli OICVM. La Commissione di fatto non ha considerato tale ipotesi; il suo intento era solamente assicurarsi che le informazioni essenziali fossero effettivamente contenute nella sintesi.

Ora abbiamo convenuto che, pur mantenendo la sintesi nella sua forma attuale, dovremmo anche sincerarci che di fatto contenga le informazioni essenziali, possibilmente circostanziate da disposizioni contenute nella direttiva e attraverso un’elaborazione di secondo livello. Ciò contribuirà ad abbreviare notevolmente la sintesi riducendola dalle attuali 60, 70 o 80 pagina probabilmente a circa 20 o 30 in maniera che la sua lettura sia più agevole, specialmente per i piccoli investitori. Questo è importante perché non vogliamo escludere il piccolo investitore da tale contesto.

In quinto luogo, la questione della responsabilità: quando viene predisposto un prospetto, chi garantisce l’accuratezza dei suoi contenuti? In particolare, se un intermediario usa il prospetto, se apporta modifiche arbitrarie al suo contenuto, la parte responsabile è l’intermediario. L’obbligo di predisporre un prospetto cessa quando il periodo di offerta è trascorso o quando è iniziata la negoziazione, a seconda di quale delle due date giunge per ultima.

In sesto luogo, vi è la clausola di revisione: come nel caso della precedente, la direttiva sarà rivista tra cinque anni.

Infine, questo documento rappresenta la prima normativa allineata alle disposizioni del trattato di Lisbona. Da ultimo, ma non meno importante, consentitemi di sottolineare che la presidenza della commissione per gli affari economici e monetari è riuscita a garantire che il Parlamento avesse tempo a sufficienza. Disponiamo di tre mesi per rispondere alla Commissione, ove del caso con una proroga di ulteriori tre mesi. Detto questo, ci siamo impegnati, nel caso in cui tutti gli altri tentativi dovessero fallire, a consentirne un’early approval, ossia a ridurre il più possibile l’iter della normativa.

Tale soluzione soddisfa tutte le parti.

 
  
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  Michel Barnier, membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, quando ho avuto l’onore di essere ascoltato dal Parlamento europeo il 13 febbraio, prima di essere nominato commissario europeo, mi sono impegnato a migliorare la tutela degli investitori e ridurre i costi amministrativi per le imprese, specialmente le piccole e medie, che, come sappiamo, rappresentano l’80-90 per cento del tessuto economico del mercato unico. Sono pertanto lieto che il Parlamento abbia adottato questa direttiva sul prospetto rivista in prima lettura. Si tratta di una direttiva modificata che semplifica e chiarisce le norme per l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, sostenendo le piccole e medie imprese, come l’onorevole pertinentemente Klinz ci ha ricordato, nell’accesso ai mercati dei capitali, e che contribuirà altresì a rafforzare il mercato interno dei capitali. I negoziati su tale direttiva hanno potuto contare su una proficua collaborazione del Parlamento e non solo, visto che importanti miglioramenti sono stati proposti dal Parlamento e dal Consiglio. La Commissione ha ovviamente svolto il suo ruolo.

A nome della Commissione mi corre dunque l’obbligo di estendere i miei più sentiti ringraziamenti al vostro relatore, onorevole Klinz, e alla commissione per gli affari economici e monetari per il lavoro efficiente e la collaborazione costruttiva. Siamo lieti del testo di compromesso che oggi è nelle nostre mani, un testo che rispetta lo spirito della proposta iniziale.

La direttiva sul prospetto del 2003 aveva meriti evidentissimi e innegabili. Conteneva infatti norme armonizzate in merito a ciò che le società europee devono pubblicare quando ammettono alla negoziazione strumenti finanziari, introducendo un’importante innovazione. Una volta approvato un prospetto in uno Stato membro, è valido in tutta l’Unione. Il quadro del 2003 doveva tuttavia essere adeguato per migliorare l’efficacia e la chiarezza giuridica del sistema di prospetti e ridurne i costi amministrativi.

Per questo, ormai, grazie a voi e alla revisione, alcuni tipi di ammissione di strumenti finanziari beneficeranno di obblighi di dichiarazione ridotti per le piccole imprese, i piccoli finanziatori, nonché le emissioni di diritti e le garanzie di Stato. La forma e il contenuto della sintesi di un prospetto sarà migliorata. Sono inoltre state chiarite le esenzioni dall’obbligo di pubblicazione di un prospetto nei casi in cui le società vendono attraverso intermediari o catene al dettaglio, oppure assegnano quote ai dipendenti. Infine, gli obblighi di dichiarazione che attualmente si sovrappongono ai requisiti della direttiva in materia di trasparenza saranno sostituiti.

Questo è il risultato del nostro lavoro comune. La direttiva rivista offrirà pertanto uno strumento equilibrato, adeguato alle complesse questioni poste da investitori ed emittenti sui mercati dei capitali, siano essi piccole e medie imprese, oppure grandi società consolidate. L’adozione di questo testo in prima lettura trasmetterà un segnale forte del fatto che l’Unione rispetta l’impegno assunto di semplificare e ridurre l’onere amministrativo, mantenendo nel contempo e persino migliorando il livello di tutela degli investitori. Per questo vorrei ringraziare ancora una volta il relatore e l’intero Parlamento per l’approvazione di questo complesso testo dinamico a favore della semplificazione e, in particolare, delle piccole e medie imprese in tutta Europa.

 
  
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  Diogo Feio, a nome del gruppo PPE. – (PT) Signor Presidente, vorrei esordire ricordando il valido lavoro che è stato possibile compiere in sede di commissione per gli affari economici e monetari grazie alle proposte dei suoi vari membri e sottolineare il ruolo che il nostro collega, onorevole Klinz, ha svolto per giungere a un esito positivo. Quando parliamo di prospetti, parliamo ovviamente dell’idea di pubblicità, sicurezza del mercato e migliore accesso all’investimento. Proprio per questo motivo, a volte ho avuto l’impressione che vi sia un conflitto netto tra la tutela di cui hanno bisogno i consumatori e la protezione degli investitori, anch’essa necessaria.

Siamo riusciti a trovare un equilibrio. Spesso le soluzioni non erano identiche, ma, aspetto più importante, vale la pena rilevare che alla fine la revisione ha prestato attenzione alla situazione delle piccole e medie imprese, all’esigenza di rispettare i piccoli investitori per quel che riguarda la possibilità di una maggiore semplificazione, una maggiore chiarezza sulle esenzioni e costi inferiori per le imprese, riducendo quello che sovente è un onere amministrativo eccessivamente gravoso.

Ovviamente, le rispettive posizioni di Consiglio, Commissione e Parlamento non di rado non sono esattamente le stesse nel dialogo trilaterale. É stato tuttavia possibile raggiungere un equilibrio sul futuro della sicurezza del mercato a livello europeo e vorrei sottolineare in questa sede che è stato un risultato positivo.

 
  
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  Catherine Stihler, a nome del gruppo S&D. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il relatore e tutti i relatori ombra per la loro collaborazione.

Ritengo che i compromessi raggiunti siano accolti dal gruppo S&D perché equi e credo che condurranno a una maggiore tutela degli investitori, specialmente i piccoli investitori al dettaglio. Penso, come ha detto il Commissario, che ciò rientri nello spirito della direttiva originaria.

Se analizziamo la sintesi e il documento informativo principale, e l’onorevole Klinz ha parlato della necessità di avere chiarezza, sono dell’idea che siamo giunti a una formulazione che garantirà chiarezza, pur restando evidente che la responsabilità civile ricade sempre sul prospetto di base.

Abbiamo inoltre chiarito il periodo in cui è necessaria la pubblicazione di un prospetto o delle informazioni integrative, così come abbiamo chiarito l’obbligo del prospetto e le sue responsabilità quando gli strumenti finanziari sono venduti tramite intermediari e non direttamente dall’emittente.

In merito alla soglia, vorrei dire che è stato più un esercizio di aggiustamento che un radicale cambiamento, ma i compromessi raggiunti sono stati giusti ed equilibrati e il gruppo S&D li appoggia.

Penso che sia un passo apprezzabile essere chiari in merito ala definizione di investitore qualificato, come lo è l’effetto della supervisione delle negoziazioni dei paesi terzi.

In linea con una migliore regolamentazione, la decisione che non occorrerà un prospetto per i regimi di partecipazione dei dipendenti parrebbe sensata. Dopo tutto, se i dipendenti non intendono investire nella propria azienda, forse la direzione dovrebbe dare loro ascolto.

Passiamo poi al lavoro sugli atti delegati. L’onorevole Klinz ha citato tale elemento. Il compromesso di tre mesi riveste un’importanza fondamentale ed è un passo in direzione del Parlamento.

Sicuramente utilizzerò la decisione sulla direttiva concernente i prospetti come riferimento per il lavoro che svolgerò in veste di relatore sui materiali da costruzione, mentre il riferimento adottato dal Consiglio è la direttiva sugli animali da appartamento, non tale direttiva.

Quanto alla pubblicazione elettronica dei prospetti, apprezzo anche tale scelta, come apprezzabile è la clausola di revisione di cinque anni.

Pertanto, nel complesso, signor Presidente e onorevole relatore, il gruppo S&D appoggia il compromesso raggiunto e attendiamo di sostenere il testo in prima lettura alla votazione di domani.

 
  
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  Olle Schmidt, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, sulla scia della crisi finanziaria si formulano richieste giustificate di maggiore trasparenza e migliore regolamentazione del mercato finanziario. Non ho alcun problema al riguardo, ma come sempre accade quando si devono introdurre nuove regolamentazioni, occorre farlo in maniera equilibrata. La capacità di crescita dell’economia europea non aumenterà grazie a proposte mal concepite, anche se i loro fini sono legittimi.

Vorrei pertanto ringraziare il relatore, il collega Klinz, per l’eccellente lavoro svolto, che prende posizione contro queste norme e regolamentazioni eccessivamente dettagliate. La sua proposta rafforza la certezza giuridica e rimuove obblighi ingiustificatamente rigidi per ridurre l’onere amministrativo del 25 per cento gravante sulle società entro il 2012. Il mio gruppo e io siamo ovviamente lieti del compromesso negoziato dall’onorevole Klinz e altri. La proposta riduce l’onere amministrativo a carico delle piccole e medie imprese, ma, e ritengo sia importante dirlo, lo fa senza compromettere la tutela degli investitori, elemento sottolineato anche dal Commissario Barnier.

La discussione è stata ovviamente incentrata sulle soglie da applicare alla pubblicazione dei prospetti, per esempio in relazione alle emissioni di diritti. Penso che siano ben equilibrate e consentiranno al mercato interno di funzionare correttamente. La proposta, come è ovvio, significherà che le piccole e medie imprese non avranno bisogno di produrre un programma e, pertanto, per loro sarà più semplice richiamare capitale. La soglia viene innalzata da 2,5 e 5 milioni di euro. É una proposta equilibrata. Sarà inoltre più semplice per le banche regionali emettere obbligazioni in quanto le soglie sono innalzate da 50 a 75 milioni di euro per gli strumenti finanziari non azionari, come i debiti fruttiferi e i prodotti strutturati.

Nel complesso, come il collega del gruppo S&D, vorrei ringraziare l’onorevole Klinz per il suo documento veramente eccellente, documento che rappresenta un importante passo verso il miglioramento delle condizioni per milioni di piccole imprese in Europa.

 
  
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  Vicky Ford, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signor Presidente, so che questa non è una delle nostre relazioni che fanno più scalpore, ma meriterebbe di farlo perché la direttiva sul prospetto è stata realmente fondamentale per regolamentare l’accesso al capitale delle imprese europee. Ciò è di per sé fondamentale per il potenziale di crescita economica futura dell’Unione.

É stato un piacere lavorare con i relatori ombra, ma più piacevole di tutto è stato lavorare sotto la guida dell’onorevole Klinz, che ha aggiunto un valore reale alla proposta originaria della Commissione e alla posizione del Consiglio. Penso che il testo che ne risulta sia non soltanto tecnicamente attuabile, ma rappresenti un buon equilibrio tra tutela degli investitori e semplificazione dell’accesso ai mercati dei capitali per le imprese in Europa. Abbiamo lavorato duramente per ottenere la certezza giuridica ed è in atto un chiaro processo per l’aggiornamento e l’integrazione dei prospetti. Abbiamo cercato di aiutare gli investitori con i contenuti della sintesi e delle informazioni essenziali.

Sono particolarmente lieta del fatto che vi sarà un regime di divulgazione più flessibile per le emissioni di diritti. Credo che ciò aiuterà non soltanto le società più grandi, ma anche le più piccole. In un momento in cui i mercati sono volatili, il costo di un prospetto potrebbe scoraggiare qualcuno anche nella ricerca di ulteriore capitale. In questo momento dobbiamo tenere particolarmente presente tale aspetto.

É un precedente decisamente apprezzabile. Attendo l’ulteriore analisi del settore quando ci soffermeremo nel corso dell’anno sulla direttiva MiFID. Come ho detto, questo è un esempio di misura concreta assunta per migliorare il clima europeo per gli investitori e investire nel nostro futuro.

 
  
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  José Manuel García-Margallo y Marfil (PPE).(ES) Signor Presidente, signor Commissario, sappiamo diverse cose. Sappiamo che la crisi è stata come un virus mutante: iniziata come crisi immobiliare, si è successivamente trasformata in crisi bancaria, poi in crisi economica, per sfociare in crisi del debito nazionale, che potrebbe provocare a cascata altre crisi nel settore.

Sappiamo inoltre che questa crisi è stata molto costosa. Secondo i vostri servizi, gli impegni di aiuto al settore finanziario ammontano complessivamente a 3,5 miliardi di euro: in altre parole, un terzo del PIL dell’Unione europea. Sappiamo altresì che una delle cause principali della crisi è stata la mancanza di trasparenza di prodotti, istituzioni e mercati.

Per questo la relazione che ora stiamo discutendo è così importante. Tuttavia, se volete una statistica, vi rammenterei che nei soli Stati Uniti, negli anni 2000-2006, gli strumenti finanziari garantiti da attività si sono quadruplicati e gli strumenti finanziari assistiti da ipoteche si sono settuplicati; inoltre, in una recente comparsa depositata in una causa, i consulenti di una nota banca hanno affermato che non avevano un’idea esatta di ciò che stavano vendendo.

Sappiamo anche, e questa è la mia terza osservazione, che molti impegni assunti in sede di G20 non sono passati, per citare un poeta spagnolo, “dalle Muse al teatro”, ossia non si sono trasformati da immaginazione a parola scritta.

Sappiamo inoltre che in tutta questa rimodellazione del settore finanziario, ritengo siano fondamentali tre principi: su entità paneuropee devono vigilare autorità paneuropee; dobbiamo disporre degli strumenti necessari per individuare il virus ed evitare infezioni; infine, dobbiamo evitare che il pubblico debba pagare per tali infezioni che non ha scatenato.

Signor Commissario, lei ha un importante compito da assolvere se non vogliamo che la prossima crisi ci colga impreparati.

Concluderò in francese dicendo che nella vostra missione raccomando “de l'audace, encore de l'audace et toujours de l'audace”, ossia audacia, ancora audacia e sempre audacia.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. KRATSA-TSAGAROPOULOU
Vicepresidente

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D).(RO) Signora Presidente, abolire gli obblighi di doppia trasparenza e ridurre gli obblighi di divulgazione per le società con capitalizzazione di mercato ridotta genererà un risparmio stimato complessivo di 110 milioni di euro all’anno. La revisione della direttiva sul prospetto contribuirà pertanto a stimolare la competitività delle piccole e medie imprese nell’Unione europea. Non dobbiamo dimenticare che le piccole e medie imprese sono il volano dell’economia europea poiché hanno creato 9,4 milioni di posti di lavoro nell’Unione tra il 2002 e il 2008 e attualmente forniscono lavoro a 90 milioni di cittadini europei.

Nel contempo, per ridurre l’onere amministrativo gravante sulle imprese, è necessario armonizzare a livello di Unione gli obblighi di trasparenza finanziaria. Di conseguenza, la neocostituita Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati dovrà monitorare l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri per quanto concerne l’esame e l’approvazione dei progressi.

 
  
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  David Casa (PPE).(EN) Signora Presidente, abbiamo assistito a molte turbolenze sui mercati europei negli ultimi anni, e tanti hanno subito gravi perdite. Dobbiamo pertanto garantire che gli investitori, specialmente gli investitori al dettaglio, beneficino di una tutela adeguata nell’Unione europea. Gli investitori dovrebbero poter acquisire le informazioni necessarie per prendere decisioni informate. Poter contare su un quadro ben strutturato rende anche il mercato europeo più sicuro e, pertanto, interessante per gli investitori seri.

La direttiva sul prospetto è stata fondamentale per definire gli standard del settore in tutta l’Unione europea, come è avvenuto per la direttiva OICVM. La normativa tecnica che disciplina tale settore dinamico dovrebbe essere frequentemente rivista, perfezionata e aggiornata in maniera da garantire che resti pertinente e attuale. Concordo con il fatto che talune disposizioni della direttiva non erano necessarie e una serie di obblighi a cui le organizzazioni devono sottostare andrebbero eliminati. I benefici che offrono agli investitori sono trascurabili, mentre fanno gravare un onere significativo sulle stesse imprese. La semplificazione delle definizioni per evitare problemi di interpretazione nei diversi Stati membri contribuirà anch’essa a snellire il settore.

Vorrei infine complimentarmi con il nostro relatore, onorevole Klinz, per l’eccellente lavoro, come pure vorrei complimentarmi con tutti i relatori ombra. Penso che tale relazione sia equilibrata e proporzionata.

 
  
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  Sari Essayah (PPE).(FI) Signora Presidente, signor Commissario, ritengo che la relazione sulla modifica della direttiva sul prospetto sia un testo positivo perché molti emendamenti riducono l’onere amministrativo a carico delle società, per cui il relatore e i relatori ombra hanno svolto insieme un lavoro eccellente.

A fronte della riduzione degli obblighi di un prospetto, dobbiamo sempre tener presente la questione della tutela degli investitori. La base giuridica per la sintesi del prospetto è stata chiarita e l’idea di una base giuridica ampia è stata abbandonata, il che è un bene perché una sintesi lunga di un prospetto sarebbe stata difficile da comprendere e l’investitore avrebbe potuto avere l’impressione che non fosse necessario leggere attentamente il prospetto vero e proprio. Ora la sintesi del prospetto deve semplicemente corrispondere a un riassunto; non vi può essere contraddizione tra i due. La responsabilità legale effettiva ricade sulla veridicità delle informazioni contenute nel prospetto. Apprezzo inoltre la decisione che gli obblighi relativi al contenuto del prospetto debbano essere chiariti perché disporre di una struttura uniforme può soltanto contribuire a promuovere la comprensibilità di tali sintesi.

Nel secondo emendamento da me presentato, ho voluto garantire che l’obbligo del prospetto rimanesse in essere in caso di collocamenti presso i dipendenti. Tale scelta si è basata sulla nozione che tutti gli investitori dovrebbero essere trattati in maniera paritaria. Non si può sistematicamente presupporre che un piccolo investitore facente parte del personale conosca abbastanza della società e dei suoi strumenti finanziari. Questo è forse un aspetto sul quale dovremmo ritornare in futuro per ulteriori approfondimenti.

La direttiva ha uno scopo importante: un investitore deve poter basare le proprie decisioni di investimento su informazioni chiare e comprensibili, facilmente accessibili. Credo che la modifica della direttiva, nonostante il problema da me sottolineato, offrirà un proprio contributo operando un cambiamento nella giusta direzione.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE).(RO) Signora Presidente, vorrei complimentarmi con l’onorevole Klinz per l’eccezionale impegno profuso per l’odierna relazione e formulare le seguenti precisazioni. La proposta della Commissione volta alla semplificazione e al miglioramento della direttiva sul prospetto prevede un maggiore livello di tutela degli investitori, dando loro informazioni idonee e sufficienti. Questo passaporto unico, una volta registrato e approvato dalle corrispondenti autorità di uno Stato membro, è valido su qualunque mercato dell’Unione.

Per ridurre la burocrazia, penso che occorra un quadro giuridico appropriato al fine di eliminare l’incertezza in merito alla notifica dello Stato membro ospite. Inoltre, liberandoci dei compiti superflui che incidono sulle società, possiamo ottenere una riduzione del 25 per cento dei costi indebitamente elevati sostenuti e dell’onere amministrativo entro il 2012. Desidero infine aggiungere che i nuovi regolamenti assicureranno una maggiore tutela agli investitori, offrendo loro l’opportunità di condurre un’analisi migliore dei rischi associati a uno strumento finanziario prima di effettuare un investimento.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signora Presidente, una chiara regolamentazione della questione della responsabilità fa ovviamente parte di un mercato degli strumenti finanziari trasparente. Al riguardo, dobbiamo innanzi tutto prestare attenzione alla tutela dei piccoli investitori. Quando si tratta di rivendere strumenti finanziari, l’investitore ha bisogno di sapere chi ritenere responsabile dell’accuratezza e dell’attualità delle informazioni. Se consideriamo l’investitore un consumatore degno di protezione, è vitale che tale investitore possa accedere alle informazioni essenziali necessarie per stabilire il prezzo del prodotto, nella fattispecie strumenti finanziari. Soltanto così potrà prendere decisioni informate.

Parimenti, sul mercato dei capitali comune europeo, è importante che si stili un elenco comparativo di differenze tra le regolamentazioni in materia di responsabilità del diritto civile nazionale. In questo momento di crisi e incertezza in particolare, ciò significa ristabilire per l’investitore un reale sentimento di fiducia attraverso la corrispondente trasparenza del mercato degli strumenti finanziari.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, il prospetto disciplina l’offerta pubblica di strumenti finanziari e la loro ammissione alla negoziazione sul mercato regolamentato della Comunità. É una sorta di passaporto che consente di accedere a tutti i mercati dell’Unione. Nell’interesse della vigilanza e della trasparenza, apprezzo la protezione garantita ai piccoli investitori e, in particolare, l’obbligo di notifica. Considero il miglioramento dell’accesso agli strumenti finanziari per le piccole e medie imprese attraverso l’eliminazione degli ostacoli amministrativi un investimento nel futuro.

 
  
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  Michel Barnier, membro della Commissione. – (FR) Signora Presidente, ancora una volta vorrei ringraziare tutti i parlamentari intervenuti per la loro approvazione e le ulteriori osservazioni. Ovviamente il testo che sarà adottato è un compromesso dinamico. In quanto tale, non può includere tutti i suggerimenti e le idee formulati, ma nel contempo ritengo che il Parlamento, l’onorevole Klinz, la vostra commissione, la commissione giuridica e altri abbiano motivo di essere soddisfatti in quanto l’attuale testo ha beneficiato enormemente, e lo dico in tutta sincerità, dei vostri commenti, nonché delle vostre proposte e critiche costruttive, in tutto il processo di negoziazione.

Molti emendamenti da voi presentati, unitamente ad altri colleghi della commissione per gli affari economici e monetari, sono stati incorporati nel testo, specialmente, onorevoli parlamentari, lo ribadisco, in merito all’ambito della direttiva, alla disposizione che prevede che le informazioni essenziali siano incluse nella sintesi del prospetto, al regime applicabile ai dipendenti o addirittura alla “lisbonizzazione”, per creare un neologismo, della direttiva sul prospetto.

L’onorevole Feio ha citato il conflitto tra tutela degli investitori ed esigenze delle piccole e medie imprese. Vorrei rammentagli che per tali imprese sarà sviluppato un prospetto proporzionato. Anche l’onorevole Cutaş ha sollevato la questione dell’impegno, dello specifico trattamento per le piccole e medie imprese. Sarà pertanto sviluppato un prospetto proporzionato, onorevole Feio, per le piccole e medie imprese, un prospetto di secondo livello, che però rispetti l’esigenza di tutela degli investitori.

Un ulteriore aspetto che l’onorevole Essayah ha posto poc’anzi è stato quello degli investitori qualificati e del trattamento dei privati. La direttiva tiene pienamente conto della differenza tra i due. Vorrei rammentarvi che la sintesi sarà strumentale per salvaguardare una protezione adeguata e giusta dei privati.

Onorevoli parlamentari, la Commissione è in grado di accogliere tutti gli emendamenti e pertanto sostiene il testo, come lo sostengono, e ne ho preso atto, l’onorevole Klinz, i vari oratori intervenuti per i gruppi, nonché gli onorevoli Feio, Stihler, Schmidt e Ford, che hanno approvato questo eccellente compromesso per conto dei rispettivi gruppi. Siamo certi che questa direttiva farà la differenza nel rafforzamento della tutela degli investitori e nella riduzione dei costi amministrativi a carico degli emittenti, dando un contributo ancor maggiore allo sviluppo di un reale mercato dei capitali nell’Unione europea. Non dobbiamo perdere questa opportunità.

Concluderò ringraziando l’onorevole García-Margallo per il suo contributo perché, al di là di questo testo, che rappresenta un reale progresso, ha posto tale progresso in un contesto decisamente più generale sul quale sta peraltro lavorando in maniera estremamente efficiente nel quadro del pacchetto sulla supervisione, il pacchetto sulla trasparenza in discussione. Vorrei ricordarvi che tale revisione migliorerà gli elementi della trasparenza e la adeguerà agli emittenti, specialmente le piccole e medie imprese, rispettando nel contempo, lo ribadisco, la tutela degli investitori. L’elemento della supervisione è stato incluso nel pacchetto sulla supervisione, il testo unico, ed è tale testo quello su cui l’onorevole García-Margallo sta lavorando assieme ad altri colleghi, esortandoci al tempo stesso a dare prova di audacia collettiva.

L’avete dimostrata in questo testo, che rappresenta un reale progresso, e confido che insieme ne daremo prova, con il Consiglio, in compromessi che sono altrettanto dinamici, compromessi che dovremo trovare nei prossimi giorni su altri testi attualmente in discussione, sulla regolamentazione dei fondi di copertura e il capitale privato e, soprattutto, sul grande progetto europeo in materia di supervisione di cui abbiamo bisogno per questo testo, sulle agenzie di rating del credito di cui parlavamo prima e su numerose altre questioni legate alla regolamentazione, alla trasparenza e al controllo, che sono le lezioni che dobbiamo trarre dalla crisi. É nostra responsabilità.

 
  
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  Wolf Klinz, relatore. – (DE) Signora Presidente, qualche breve commento. In primo luogo, desidero ringraziare il Commissario e tutti i parlamentari per le amichevoli osservazioni. Sono lieto che condividiate le mie posizioni. La nostra collaborazione ci ha effettivamente consentito di compendiare i vari obiettivi, segnatamente un accesso più agevole al capitale per le piccole e medie imprese e l’eliminazione degli ostacoli amministrativi, da un lato, e il miglioramento e la garanzia della tutela degli investitori e di progressi in termini di creazione di un vero mercato interno europeo, dall’altro.

Spero che quando questa nuova versione della direttiva sul prospetto sarà sottoposta a revisione tra qualche anno saremo in grado di stabilire un collegamento tra tale direttiva e le direttive sull’abuso di mercato e la trasparenza e forse potremo spingerci tanto oltre da scegliere per gli strumenti finanziari non azionari come punto di partenza per l’emissione non il mercato nazionale, bensì un altro Stato membro dell’Unione europea.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, 16 giugno 2010.

 

14. Revisione del quadro finanziario pluriennale (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulle seguenti interrogazioni orali:

– l’interrogazione orale (O-0074/2010 – B7-0310/2010) al Consiglio, dell’onorevole Böge a nome della commissione per i bilanci, sulla revisione del quadro finanziario pluriennale 2007-2013 e

– l’interrogazione orale (O-0075/2010 – B7-0311/2010) alla Commissione, dell’onorevole Böge a nome della commissione per i bilanci, sulla revisione del quadro finanziario pluriennale 2007-2013.

 
  
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  Reimer Böge, autore. – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, a nome della commissione per i bilanci poniamo alla Commissione e al Consiglio queste interrogazioni orali sulla revisione del quadro finanziario pluriennale in un momento di incredibili sfide economiche e politiche dell’Unione europea, un momento in cui vengono poste domande anche in merito alla sostenibilità del progetto dell’Unione europea. Presentiamo tali interrogazioni orali perché sono legate alle dichiarazioni e alle promesse comuni formulate nel maggio 2006 nell’ambito dell’accordo interistituzionale sul bilancio, che non pare più applicabile. Perlomeno, questa è la nostra impressione.

Inoltre, vi è l’attuazione del trattato di Lisbona con nuove priorità per il commercio estero, lo sport, la ricerca spaziale, il cambiamento climatico e l’energia, solo per citare alcuni esempi. Ciò significa che dobbiamo anche trovare spazio nel nostro bilancio per queste nuove priorità. L’articolo 311 afferma espressamente che l’Unione deve dotarsi dei mezzi necessari per conseguire i propri obiettivi e condurre le proprie politiche senza contrarre debiti.

Si potrebbe affermare che la dichiarazione sulla revisione del bilancio del 17 maggio 2006 contiene tutto il necessario per un attento riesame delle decisioni prese all’epoca e la loro revisione, ove del caso, nonché un’assicurazione esplicita del coinvolgimento e della partecipazione del Parlamento nel relativo processo di formulazione di pareri.

In veste di relatore incaricato della questione all’epoca, oggi mi vedo costretto, con delusione, a chiedere se tali accordi e impegni erano veri o finti sin dall’inizio, finzione necessaria soltanto per giungere a un consenso in sede di Consiglio. Signor Commissario Lewandowski, la Commissione sta esitando nell’analisi e nelle proposte previste soltanto perché il Consiglio non intende muoversi al riguardo? Dovete decidere se intendete schierarvi con il Consiglio o il Parlamento.

A ciò aggiungerei che l’articolo 4 dell’accordo interistituzionale afferma chiaramente che, in caso di riesame del trattato con implicazioni di bilancio, il quadro finanziario pluriennale e l’accordo interistituzionale dovrebbero essere rivisti di conseguenza. Proprio questi impegni, a iniziare dal servizio europeo per l’azione esterna e le suddette priorità stanno rendendo la revisione necessaria, e parlo non soltanto di una revisione tecnica, ma più propriamente anche di una revisione politica del bilancio IIV e del quadro finanziario pluriennale. Sebbene non tutte debbano essere eseguite nel primo anno, con tutta probabilità interesseranno la pianificazione pluriennale.

In questa congiuntura, aggiungerei che dobbiamo fare i conti con la decisione presa affrettatamente nel quadro dell’operazione di salvataggio della stabilizzazione, benché sia stata ovviamente necessaria e non vi fossero alternative. Tuttavia, nel contempo, ha in qualche misura calpestato i diritti del Parlamento nelle questioni di bilancio. La Commissione dovrebbe valutare se avvalersi dell’articolo 124, ossia assumere l’iniziativa di organizzare incontri periodici al massimo livello, il livello dei Presidenti delle istituzioni, nell’ambito della procedura di bilancio, per far finalmente avanzare questi temi delicati. Questo perché dovremmo anche, auspicabilmente in tempo per la conciliazione o durante il processo, parlare della revisione del quadro finanziario pluriennale (l’articolo 312 concernente la procedura di approvazione) e della revisione politica del bilancio IIV, anche dal punto di vista della necessità politica, oltre che degli adeguamenti necessari per allinearsi al trattato di Lisbona, dei margini, dei riesami, delle flessibilità, dei progetti politici per il futuro, come Galileo e ITER, nonché del servizio europeo per l’azione esterna, allo scopo di definire progetti con valore aggiunto europeo, ove possibile naturalmente nel massimo rigore.

Intervenendo oggi in questa sede, non posso esimermi dal chiedere alla Commissione e al Consiglio se seriamente pensano che tutti questi accordi ora debbano essere considerati lettera morta. Oppure sono veramente pronti a consultare il Parlamento? É nell’interesse del trattato di Lisbona intraprendere tutte le misure necessarie durante la procedura di azione del quadro finanziario per agevolare l’approvazione di tale atto. A oggi non ho percepito alcun segnale in tal senso; per questo mi corre l’obbligo di porre la seguente domanda: siete pronti e vi ritenete in grado di rivedere il quadro finanziario pluriennale, lavorando nel contempo con noi e riconciliandolo con le disposizioni del trattato di Lisbona? Le vostre risposte, quella del Commissione e del Consiglio, saranno decisive per la nostra futura collaborazione sulle questioni di bilancio nei prossimi anni.

 
  
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  Luis Espadas Moncalvillo, presidente in carica del Consiglio. – (ES) Signora Presidente, buon pomeriggio. Porgo i miei ringraziamenti agli europarlamentari per l’opportunità offertami di rispondere alle vostre interrogazioni su tale argomento, che è estremamente importante.

Devo iniziare sottolineando che non vi è stato alcun accordo in sede di Consiglio europeo del dicembre 2005 quanto al fatto che il quadro finanziario pluriennale debba essere rivisto. Si è chiesto piuttosto alla Commissione di svolgere un’analisi approfondita di tutte le componenti della spesa e delle risorse dell’Unione europea, per poi presentare una relazione in merito. Il Consiglio europeo ha anche stabilito che le decisioni su tutti gli aspetti della relazione potrebbero essere prese sulla base della relazione stessa e sarebbe tenuta presente ai fini degli studi preparatori per il successivo quadro finanziario.

A oggi la Commissione non ha ancora presentato tale esame. Il Consiglio non ritiene che al momento vi sia una necessità enorme o grande di rivedere l’attuale quadro finanziario pluriennale, questo soprattutto perché occorre considerare la situazione macroeconomica e di bilancio in cui ora si stanno dibattendo gli Stati membri. Il Consiglio è dunque dell’avviso che ogni nuova esigenza debba essere finanziata stabilendo la priorità o ridistribuendo i crediti attualmente concessi. In ogni caso, qualsiasi decisione di rivedere il quadro finanziario pluriennale richiede una proposta della Commissione e tale proposta non è pervenuta.

Nondimeno, è chiaro che se dovesse essere adottata la decisione di rivedere il quadro finanziario, ciò ovviamente avverrebbe nel rispetto del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, compreso il suo articolo 312.

Vorrei cogliere questa opportunità per ribadire la posizione del Consiglio, esposta negli orientamenti di bilancio per il 2011 adottati il 16 marzo e presentati al Parlamento durante il dialogo trilaterale del 25 marzo di quest’anno. Specificamente, il Consiglio concorda con la Commissione nell’affermare che il pacchetto legislativo di Lisbona deve costituire un esercizio tecnico e non può comportare una modifica del contenuto dell’accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria del 17 maggio 2006.

Devo sottolineare l’importanza di adottare il pacchetto legislativo di Lisbona quanto prima in maniera che i nuovi requisiti stabiliti dal trattato possano essere recepiti nella legislazione senza indebiti ritardi. Nell’ambito di tale processo, il Consiglio è pronto a intavolare discussioni con il Parlamento europeo sul pacchetto legislativo di Lisbona.

Onorevoli parlamentari, sono lieto per l’occasione offertami dall’interrogazione di manifestare la posizione del Consiglio sulla questione e sarò ben lieto di rispondere a qualunque altra domanda che i parlamentari ritengano opportuno pormi.

 
  
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  Janusz Lewandowski, membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, inizierò direttamente rispondendo in maniera seria alle interrogazioni perché se l’onorevole Böge le ha formulate è un motivo sufficiente per considerarle seriamente.

Per quanto concerne la questione della revisione del quadro finanziario, la relazione sul funzionamento dell’accordo interistituzionale ora è nelle vostre mani. La relazione analizza la flessibilità e i margini, non come fine in sé, ma nel contesto di nuovi possibili sviluppi.

La conclusione è chiarissima: per quasi tutte le linee di bilancio i margini sono molto ristretti. Non possiamo aspettarci, per esempio, che la linea 2 (agricoltura) provveda a ulteriori necessità quando vi sono nuove esigenze da finanziare. La Commissione può presentare proposte per la revisione del quadro finanziario soltanto quando sono note le esigenze precise e non possono essere coperte da altri mezzi; al momento non è così. Anche nel caso di ITER, abbiamo bisogno di un impegno per il finanziamento a lungo termine di questo progetto su vasta scala.

In merito alle linee ritenute strumentali per la strategia UE 2020, che punta a una crescita ecologica, intelligente e inclusiva, abbiamo individuato circa 58 miliardi di euro nel progetto di bilancio per il 2011, pari al 40 per cento del bilancio per il conseguimento di tali obiettivi indicato nella strategia UE 2020.

Passando alla seconda domanda sulla procedura, la logica che ha guidato la Commissione era quella di allineare le disposizioni dell’attuale quadro interistituzionale al nuovo quadro del trattato di Lisbona. Lo scopo era preservare la massima continuità possibile e apportare i minori cambiamenti possibili in base a quanto richiesto dal trattato, partendo però dall’assunto di base che occorre mantenere lo stesso livello di flessibilità e lo stesso equilibrio di poteri tra le istituzioni.

Sappiamo che cosa è in sospeso alla luce delle nostre ipotesi. La questione in sospeso è la cosiddetta “flessibilità libera zero zero”, strumentale per la conciliazione dal 2007. Tutti coloro che hanno partecipato alla conciliazione sanno che era necessaria e per questo dovremmo difenderla. Questo ha portato alla disposizione che prevede che il Consiglio agisca a maggioranza qualificata per compensare e rivedere, cosa avvenuta in varie occasioni dal 2007. Ritengo che non vi sia nulla nella lettera e nello spirito del nuovo trattato che contraddica tale livello di flessibilità e saremo molto flessibili quando si tratterà della nuova formulazione innovativa dell’articolo sulla flessibilità nel quadro finanziario pluriennale.

La nuova revisione del bilancio, rinviata, dovrebbe offrire l’opportunità di innalzare la visione politica per il futuro, come ha affermato chiaramente il Presidente in carica del Consiglio. Questa è la vocazione, non la relazione sull’accordo interistituzionale, per cui speriamo di essere all’altezza delle aspettative del Parlamento e, come sempre, siamo pronti a collaborare.

 
  
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  Franz Obermayr (NI).(DE) Signora Presidente, mi rendo conto di essere forse sconveniente, ma temo di dover formulare un reclamo al regolamento. Per me la fotografia è uno svago piacevole. Mi domando tuttavia se questa nuova pratica in Parlamento di scattare fotografie di altri, specialmente in segreto e alle spalle, sia appropriata.

So che per la lista del collega Martin l’uso di telecamere nascoste è stato prassi abituale. Signora Presidente, potrebbe chiarire la situazione? Sarò ben lieto di soddisfare chiunque voglia una mia fotografia in formato PDF o via e-mail. Ma quando sono seduto qui, accanto a un membro della lista Martin, trovo immaturo che si scattino segretamente fotografie alle spalle per documentare l’avvenimento. Signora Presidente, la prego di ovviare a tale situazione in futuro in quanto disdicevole per questa Camera e la prego di farsi portavoce di questa mia preoccupazione.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, onorevole Obermayr. Abbiamo preso nota della sua richiesta e la trasmetteremo a chi di competenza affinché venga esaminata.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu, a nome del gruppo PPE. – (RO) Signora Presidente, come ha affermato il Presidente in carica del Consiglio, il trattato di Lisbona impegna l’Unione europea a rispettare nuove priorità. É dunque necessario garantire i fondi necessari per conseguire gli obiettivi e attuare le politiche comunitarie in tale ambito. La situazione ovviamente impone una revisione radicale, che includa ogni aspetto legato alla spesa e al finanziamento dell’Unione europea, tra cui adeguamenti tecnici e politici del quadro finanziario pluriennale e dell’accordo interistituzionale, oltre alla revisione di taluni stanziamenti di bilancio concordati fino al 2013.

Non dobbiamo tuttavia sottovalutare il fatto che siamo nel mezzo di una crisi economica e dobbiamo avvalerci di ogni risorsa disponibile per superarla. Prescindendo dalla radicale revisione che va svolta con prudenza e nel dettaglio, penso che occorra anche un approccio pragmatico per agevolare i compiti che ci attendono e aiutarci a emergere più rapidamente da questo periodo. Come ha detto la Presidenza del Consiglio, penso che qualunque somma non spesa sinora debba essere riassegnata ad ambiti che promuovano la creazione di posti di lavoro e contribuiscano a superare la crisi. Non servono altri fondi; l’unica cosa necessaria è stornare i fondi inutilizzati.

Nei programmi europei, gli Stati membri devono avere l’opportunità di trasferire fondi da ambiti in cui vi è una domanda insufficiente ad ambiti in cui le domande hanno superato le risorse stanziate. Vi sono inoltre varie iniziative approvate dopo il 2007 come il partenariato orientale o la futura strategia per il Danubio. Stornare fondi a tali strumenti offrirebbe un notevole contributo, unitamente all’apporto di ogni Stato membro coinvolto, per l’avvio e l’attuazione di progetti di fondamentale importanza per gli Stati della regione, ma non solo.

 
  
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  Eider Gardiazábal Rubial, a nome del gruppo S&D. – (ES) Signora Presidente, i dibattiti ai quali abbiamo partecipato in questa Camera negli ultimi mesi sono stati di grande rilevanza.

Stiamo definendo niente di più e niente di meno che il futuro dell’Unione europea. Stiamo, per esempio, discutendo della strategia Europa 2020 per evitare di essere surclassati in termini di ricerca, sviluppo e innovazione, creazione di posti di lavoro, competitività mondiale e ambiente. Vorrei sapere se Commissione e Consiglio ritengono che tali obiettivi possano essere conseguiti senza aumentare sostanzialmente il bilancio dell’Unione o se ancora una volta non ci stiamo spingendo oltre dichiarazioni altisonanti.

Parimenti non possiamo dimenticare, e lo abbiamo già ribadito in questa sede, che qualche mese fa è entrato in vigore il trattato di Lisbona e, di conseguenza, è stato istituito il servizio europeo per l’azione esterna, che ha un costo economico; vorrei sapere come lo finanzieremo.

Vi citerò un esempio di ciò che a mio parere non dovremmo fare e ciò che purtroppo ho sentito in quest’Aula. Per esempio, la Commissione ha appena presentato un bilancio rettificativo per risarcire agli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico che forniscono banane 190 milioni di euro in quattro anni. Realmente credete che si debba onorare tale impegno a spese di altri tipi di aiuti ai paesi terzi? Veramente finanzieremo i nuovi impegni operando tagli su quelli precedentemente assunti?

Credo che le esigenze siano chiare e debbano esserlo anche le risposte. Nondimeno, qualora ve ne fosse bisogno, ricorderò ciò che il Consiglio ha affermato quando ha adottato l’attuale quadro finanziario, e cito: “Il crescente ritmo della globalizzazione e i rapidi mutamenti tecnologici continuano ad offrire nuove opportunità e a porre nuove sfide. In questo contesto il Consiglio europeo conviene che l’UE dovrebbe procedere ad una revisione generale del quadro finanziario, comprendente le entrate e le spese, per sostenere la modernizzazione e per migliorarla costantemente. Il Consiglio europeo invita pertanto la Commissione a procedere a una revisione generale e approfondita comprendente tutti gli aspetti relativi alle spese dell'UE, compresa la PAC, e alle risorse, inclusa la correzione per il Regno Unito, e a presentarla nel 2008/2009”.

Orbene, siamo a metà del 2010 e il Parlamento è costretto a porre un’interrogazione orale alle altre due istituzioni per capire se onoreranno o meno l’impegno al quale avrebbero dovuto ottemperare lo scorso anno.

É stato già detto e in un certo senso potrebbe essere giusto: ci troviamo in una situazione economica difficile; siamo in una crisi economica in cui la maggior parte dei paesi sta tagliando il proprio bilancio e sarebbe giudicata assurda la richiesta di altro denaro per l’Unione europea. Al riguardo vorrei tuttavia aggiungere due considerazioni.

In primo luogo, questi tagli che gli Stati membri dell’Unione stanno operando servono a ridurre il disavanzo e i bilanci del Parlamento europeo e dell’Unione non sono in deficit. In realtà, non sono in deficit perché è un requisito dei trattati.

In secondo luogo, aspetto di gran lunga più importante, se veramente crediamo nel progetto europeo e se vogliamo proseguire avendo un certo peso, dobbiamo reagire adesso. Vi saranno vincitori e vinti e se non intendiamo appartenere al gruppo dei perdenti, dobbiamo tracciare una strategia chiara e ambiziosa.

Spero che questa non resti una dichiarazione di intenti perché non ce lo possiamo permettere.

 
  
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  Anne E. Jensen, a nome del gruppo ALDE. – (DA) Signora Presidente, vorrei esordire rammentando che il Consiglio è stato quello ad aver suggerito la revisione a medio termine. É stato il Consiglio a chiedere che, giunti a metà del periodo, avremmo dovuto valutare se i fondi erano potenzialmente utilizzabili altrove, se potevamo rivedere le modalità di utilizzo dei fondi. Ora il Consiglio afferma che preferirebbe non parlarne. La palla è nel campo della Commissione. La Commissione asserisce di aver ovviamente analizzato i fondi e i margini di flessibilità. Vorrei ringraziare il Commissario Lewandowski perché disponiamo di una relazione eccellente che nel complesso ci dimostra una totale mancanza di flessibilità.

Dobbiamo pertanto analizzare seriamente la questione e valutare le alternative a disposizione. Occorre stabilire non soltanto i margini di flessibilità esistenti, ma anche se vi sono programmi che non funzionano. Vi sono possibilità di risparmio? Questa era presumibilmente anche una delle intenzioni del Consiglio. É possibile modificare la priorità di alcune azioni? Stiamo ovviamente pensando non soltanto in termini di spendere più denaro, ma anche eventualmente di essere in grado di spendere il denaro in maniera migliore. Anche questa potrebbe essere una possibilità. Non dovremmo intraprendere tale dibattito? I problemi non si risolveranno necessariamente da soli se non ne parliamo. Potrebbe essere una buona idea avviare una discussione del genere.

Mi ha sorpresa la recente disponibilità dimostrata dagli Stati membri di offrire un contributo al di fuori del bilancio dell’Unione. Mi sono recata in visita all’Agenzia comunitaria di controllo della pesca di Vigo. É stata noleggiata un’imbarcazione per eseguire il controllo della pesca ed è indispensabile. Gli Stati membri sono lieti di pagare il nolo al di fuori del bilancio. Consentitemi di aggiungere che comporta molta burocrazia per questa piccola agenzia raccogliere denaro da 27 Stati membri. Non è dunque la maniera giusta di procedere. Dobbiamo tirare fuori la testa dalla sabbia. Occorre un dibattito onesto sulla questione per valutare come è possibile risolvere i problemi.

 
  
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  Helga Trüpel, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario Lewandowski, signor Presidente in carica del Consiglio Espadas Moncalvillo, sono delusa sia dall’odierna risposta del Presidente in carica del Consiglio spagnolo sia da quella del Commissario Lewandowski.

Stiamo giocando a rimpiattino. Il Presidente in carica del Consiglio Espadas Moncalvillo dice: sì, abbiamo bisogno della Commissione per elaborare qualcosa. A sua volta, il Commissario Lewandowski giustamente replica: abbiamo bisogno di una visione politica per il futuro dell’Unione europea, ma non ci dice come potrebbe configurarsi. Oggi semplicemente ribadisce: sì, dobbiamo parlarne e presenteremo un documento. Commissione e Consiglio, avete avuto molti anni a disposizione per compiere progressi in merito a questa iniziativa politica. Consentitemi di ricordarvi che nel 2006, quando la maggioranza del Parlamento europeo ha approvato l’attuale prospettiva finanziaria, ciò è avvenuto a condizione che vi sarebbe stata una revisione a medio termine e tutte le entrate e le spese sarebbero state verificate. All’epoca il Cancelliere austriaco Schüssel aveva detto: “Se non proponiamo un nuovo sistema, finiremo per accapigliarci con la prossima prospettiva finanziaria”. La correzione per il Regno Unito deve cessare e dobbiamo realmente capire a che punto siamo in termini di obiettivi politici, ma ovviamente dobbiamo anche concordare un bilancio. Sinora tale azione non si è concretizzata e me ne rammarico profondamente. Ciò che realmente ci occorre è un dibattito sulle fonti di finanziamento per il bilancio europeo. Per esempio, non abbiamo bisogno della tassa sulle emissioni di CO2 e le transazioni finanziarie, proprio per evitare che il nuovo onere fiscale ricada sui nostri cittadini, creando nel contempo una base trasparente per il bilancio europeo?

In merito alle entrate, tutti affermano che non possiamo continuare ciecamente con la nostra politica agricola, specialmente dopo la valutazione dello stato di salute, ed è necessario che sia più rispettosa dell’ambiente e sostenibile. Sinora non sono state citate proposte al riguardo. Quanto ai fondi strutturali, se parliamo di politica per il clima, è manifesto che dobbiamo modificare anche la nostra politica strutturale affinché divenga più sostenibile, se veramente vogliamo perseguire i nostri obiettivi comuni in tema di cambiamento climatico.

Lo stesso dicasi altresì per gli obiettivi della nostra politica per l’istruzione, ossia la strategia Europa 2020. Potremmo prendere anche ad esempio la nostra politica nel campo della ricerca: se vogliamo incoraggiare i nostri talenti europei in maniera diversa e investire maggiormente in informazione e istruzioni, è necessario che ciò si rifletta nella prossima prospettiva finanziaria. Analogamente, se vogliamo svolgere un ruolo responsabile nella politica estera e nella prevenzione nelle crisi, anche questo deve riflettersi nel bilancio europeo. Sebbene ora tutti siano consapevoli del fatto che gli Stati membri sono responsabili della riduzione del proprio indebitamento, dobbiamo avere un’interpretazione europea dei nostri interessi globali comuni nel mondo, e ciò si deve riflettere nella nostra prossima prospettiva finanziaria. Non possiamo perdere altro tempo perché abbiamo già sprecato anni con le vecchie strutture. Per questo, abbiamo bisogno di intraprendere rapidamente tale revisione in maniera da poter veramente individuare le nuove priorità.

 
  
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  Jacek Włosowicz, a nome del gruppo ECR. – (PL) Signora Presidente, la prospettiva di bilancio per il 2007-2013 adottata dal Parlamento europeo nel 2006 è indubbiamente un successo dell’intera Unione. Lo definisco un successo perché un quadro finanziario stabilito per sei anni è un altro passo verso una maggiore integrazione dei singoli Stati membri. Non occorre che vi ribadisca l’importanza della politica di coesione, specialmente per quanto concerne gli affari interni dell’Unione, che sta in larga misura contribuendo a innalzare il tenore di vita, soprattutto nei 12 Stati che hanno recentemente aderito alla Comunità. Ovviamente non dobbiamo dimenticare neanche i fondi stanziati per lo sviluppo della competitività dell’economia europea o le risorse finanziarie erogate agli agricoltori.

Recentemente sempre più si parla dell’assegnazione di maggiori risorse, tra l’altro, per promuovere l’innovazione e lo sviluppo di tecnologie verdi. Indubbiamente si tratta di questioni importanti per l’economia dell’Unione, in particolare durante la crisi. Tali annunci, tuttavia, stanno creando un’ansia notevole in paesi come la Polonia perché sussiste un concreto pericolo che le risorse disponibili per la politica di coesione si riducano, mentre la politica di coesione è in linea di principio una delle fondamenta dell’Unione europea. Dovremmo pertanto fare tutto quanto in nostro potere affinché la politica dell’Unione non perda la sua caratteristica più importante.

Pur rispettando e comprendendo le differenze esistenti tra le regioni, dobbiamo adoperarci al meglio per eliminare i contrasti negativi e le gravi disparità sociali. Soltanto un’Europa di pari opportunità sarà rispettata sulla scena internazionale e diventerà un partner significativo per le più importanti potenze politiche ed economiche del mondo di oggi.

Vorrei pertanto formulare una domanda: è possibile che una revisione del quadro finanziario pluriennale influenzata dagli attuali problemi economici e finanziari potrebbe tentare di violare uno dei principi fondamentali della solidarietà europea e colpire gli Stati membri che da meno tempo sono presenti nelle strutture dell’Unione?

 
  
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  Marta Andreasen, a nome del gruppo EFD. – (EN) Signora Presidente, la revisione del quadro finanziario pluriennale giunge in un momento di grave crisi economica e finanziaria in Europa. Non siamo dunque in grado di far fronte ai requisiti del trattato di Lisbona e della strategia Europa 2020.

Il Presidente della Commissione europea ha drammaticamente annunciato che la democrazia potrebbe scomparire in Grecia, Spagna e Portogallo, a meno che non si intervenga urgentemente per affrontare la crisi del debito. Qualcuno pensa che questi paesi siano in condizioni di finanziare un aumento del bilancio dell’Unione? Qualcuno pensa che il resto degli Stati membri è in condizioni di tirare fuori dai guai questi paesi e finanziare anche un aumento del bilancio dell’Unione? In ambedue i casi la risposta è “no”. A questo punto, è necessario operare alcune scelte difficili per consentire una riduzione del bilancio comunitario. É tempo di liberarsi dei programmi che non si sono dimostrati efficienti, di cui molti figurano nell’attuale bilancio dell’Unione.

 
  
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  Daniël van der Stoep (NI).(NL) Signora Presidente, qualche tempo fa ho posto alcune interrogazioni al Consiglio e alla Commissione sul regolamento e il quadro finanziario pluriennale. Tali interrogazioni riguardavano in particolare l’articolo 8, paragrafo 3, proposto per detto regolamento e la sentenza della Corte di giustizia europea del 6 maggio 2008 sulla causa C-133/06. Il Consiglio ha replicato che si stava ancora occupando del regolamento e pertanto vorrei sapere se adesso ha adottato una posizione sull’articolo 8, paragrafo 3.

D’altro canto, la Commissione afferma che il regolamento, e dunque l’articolo 8, paragrafo 3, non ha una seconda base giuridica e fa riferimento a tale riguardo all’articolo 312 del trattato di Lisbona. Potrebbe la Commissione spiegarsi meglio in merito? Dopo tutto, non è ancora riuscita a convincermi. Per quanto mi riguarda, esiste manifestamente una seconda base giuridica perché non vi è alcuna menzione dell’unanimità in Consiglio, richiesta dall’articolo 312, paragrafo 2. Per come la vedo, pertanto, si sta creando un processo decisionale illegale vietato dalla Corte nella sentenza citata poc’anzi. Vorrei inoltre sottolineare che la clausola passerella dell’articolo 312, paragrafo 2, è stata in ogni caso bloccata dal Parlamento nel novembre 2009 e non può costituire un’alternativa.

 
  
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  Salvador Garriga Polledo (PPE).(ES) Signora Presidente, in primo luogo vorrei porgere il benvenuto al Commissario e al Presidente in carica del Consiglio.

Spostiamo il centro della nostra attenzione. Nel progetto di bilancio per 2011, la strategia UE 2020 parla di 58 miliardi di euro, pari circa al 40 per cento, per finanziare sette iniziative bandiera, come le definisce la Commissione. Tuttavia, sempre in tale progetto di bilancio, si parla del 85 per cento per la coesione e le risorse naturali.

Inoltre, nella strategia UE 2020, in termini di progetto di bilancio per il 2011, la Commissione non cita in alcun punto la parola “coesione” o “agricoltura”. Ciò significa che vi saranno zone grigie e sovrapposizioni in bilancio perché sono certo che tutti pensano che la politica di coesione e la politica agricola debbano essere incluse nella strategia UE 2020. Questo creerà tensioni tra gli Stati membri e comporterà, come è stato sinora, proposte ufficiose che emergeranno all’improvviso, saranno criticate, poi accantonate e mai più menzionate.

Signor Commissario, il Consiglio ha anche assunto nuovi impegni al di fuori dell’attuale quadro finanziario pluriennale come lo “strumento alimentare”, Galileo, il programma di ripresa economica, il reattore sperimentale termonucleare internazionale, la supervisione finanziaria e il piano di stabilizzazione finanziaria, che ci stanno allontanando molto dal quadro finanziario pluriennale adottato nel dicembre 2005.

Abbiamo bisogno di chiarimenti per sapere in primo luogo se sarà possibile finanziare tutte queste iniziative bandiera senza danneggiare la politica di coesione e la politica agricola e se dovremo far fronte a tagli delle politiche tradizionali per finanziare le nuove priorità che il Consiglio ci sta proponendo. La commissione speciale per il prossimo quadro finanziario pluriennale inizierà a lavorare in luglio.

Signor Commissario, abbiamo bisogno di questa revisione che, come dico a un collega che ha appena lasciato l’Aula, non comporta obbligatoriamente un aumento delle risorse necessarie, ma eventualmente una loro riorganizzazione. Signor Commissario, abbiamo bisogno di questa revisione proprio per poter istituire tale commissione speciale, preparando nel contempo la revisione finanziaria.

 
  
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  Andrea Cozzolino (S&D). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la crisi economica, sociale e finanziaria di questi mesi e di questi anni, il nuovo trattato di Lisbona con i nuovi compiti e la sfida che ci siamo dati con Europa 2020 esigono la mobilitazione di nuove ed ingenti risorse finanziarie.

Il paradosso a cui assistiamo anche in questa discussione è che allo stato attuale sia la Commissione che il Consiglio ci appaiono silenti, incapaci di scegliere e di determinare delle decisioni. Però sappiamo che se vogliamo uscire dalla difficile fase economica e sociale, se vogliamo affrontare i grandi nodi dell'ambiente, dello sviluppo della politica di coesione e dell'agricoltura nei prossimi anni, abbiamo la necessità di investire di più sull'Europa e sulla funzione dell'Europa, e dunque sulla funzione essenziale dell'Europa, cioè sul suo bilancio.

Per questo noi non dobbiamo avere timore di discutere, anche in una fase di ristrettezze di risorse finanziarie, di investire di più sulle risorse, avendo forza e capacità di sviluppare un dibattito e un confronto che affianchino il tema delle maggiori risorse anche al tema di più qualità e più flessibilità nel loro utilizzo. È questa la sfida che sta davanti a noi.

 
  
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  Martin Ehrenhauser (NI).(DE) Signora Presidente, abbiamo bisogno urgentemente di questa revisione che è in ritardo di alcuni anni e, a causa di tale ritardo, la Commissione europea si trova, come è ovvio, intrappolata da una realtà politica dopo l’altra. Tali cambiamenti introdotti dal trattato di Lisbona ora vanno visti naturalmente anche alla luce della crisi economica e finanziaria.

Visto che il Commissario ripetutamente afferma che ora dovremmo stabilire le nostre priorità e finalità politiche, posso dirgli quella che a mio avviso dovrebbe essere la nostra priorità: il risparmio, segnatamente il risparmio sulla spesa amministrativa della linea di bilancio 5.

Abbiamo una situazione in cui non conosciamo l’entità esatta della spesa amministrativa dell’Unione europea. La spesa amministrativa delle agenzie dell’Unione, le agenzie decentrate, non è coperta dalla linea 5, il che mi porta alla domanda: che cosa farete per garantire che finalmente si possa avere trasparenza nella nostra spesa amministrativa? Quali interventi specifici opererete per assicurare che la spesa sia considerevolmente ridotta?

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE).(PT) Signora Presidente, nella risoluzione per il bilancio dell’anno corrente il Parlamento ha approvato la possibilità di estendere il quadro finanziario pluriennale per il 2007-2013 al 2015-2016. Siamo tutti consapevoli del fatto che per tentare di controllare il disavanzo e ridurre il debito pubblico gli Stati membri stanno tagliando gli investimenti. Ciò significa che l’impiego dei fondi comunitari sarà ulteriormente ritardato. Tali risorse, però, sono vitali per la coesione sociale, economica e territoriale.

Commissione e Consiglio sono pertanto disposti, come il Parlamento, a estendere il quadro finanziario pluriennale al 2015-2016? Le sfide poste dalla globalizzazione, dall’invecchiamento della popolazione e dal cambiamento climatico devono essere superate. Con l’attuazione della strategia UE 2020, sono certo che opereremo la scelta giusta e difenderemo l’occupazione, la qualità della vita e il nostro modello sociale. Tuttavia, se vogliamo far fronte a questi investimenti, come possiamo incrementare il bilancio dell’Unione europea? Nel 2009 l’eccedenza era superiore a 2,2 miliardi di euro. Commissione e Consiglio sono disposti a utilizzare tali fondi eccedenti del bilancio comunitario per rafforzare il bilancio del prossimo esercizio o creare un fondo per finanziare le priorità dell’Unione?

Come procederebbero rispetto al Parlamento in merito alla definizione delle priorità dell’Unione? Commissione e Consiglio sono a favore di un chiaro scaglionamento delle priorità dell’Unione in maniera che si possa decidere, in maniera trasparente e consensuale, che cosa intendiamo sostenere in forma concreta e con un supporto finanziario e che cosa appoggiamo da un punto di vista strettamente politico, ma questo avrà qualche effetto sul bilancio?

 
  
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  Estelle Grelier (S&D).(FR) Signora Presidente, signor Commissario, è un peccato che il bilancio europeo, che dovrebbe essere simbolo di solidarietà e volontà di agire insieme, sia diventato uno strumento rigido, che i cittadini non comprendono e delude le aspettative della società europea, non potendo essere impiegato per combattere le ripercussioni sociali della crisi.

Da questo punto di vista, non passa un giorno senza che i mezzi di comunicazione o un politico di vertice parlino della necessità di un bilancio europeo più forte. Aumenta la tensione tra il gettito, troppo modesto, troppo dipendente dai contributi degli Stati membri, e il denaro che l’Unione deve spendere per dare il via alla crescita. Per esempio, nel progetto di bilancio per il 2011, la Commissione presenta soltanto un margine di manovra di 50 milioni di euro a sostegno di nuovi progetti legati all’occupazione e alla competitività aziendale, che sono massime priorità. La revisione del quadro finanziario pone pertanto una sfida seria al futuro dell’Unione se vogliamo che divenga un vero leader politico ed economico, ma anche, e soprattutto, un protagonista più vicino ai suoi cittadini in un momento in cui quasi 25 milioni di loro sono colpiti dalla disoccupazione.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij (PPE).(NL) Signora Presidente, il dibattito scaturito dall’interrogazione dell’onorevole Böge non è stato molto fruttuoso. La prevista revisione a medio termine non si è concretizzata e, inoltre, ciò che ora viene promesso è molto scarso. In tale contesto, anche il Parlamento deve partecipare per indirizzare le cose. Vorrei formulare tre suggerimenti.

In primo luogo, se manca denaro, dobbiamo semplicemente ristabilire le priorità all’interno dei bilanci. Dobbiamo analizzare dove è il grosso del denaro a livello di agricoltura e fondo di coesione e concentrarlo maggiormente sugli aspetti necessari come gli accordi sulla strategia UE 2020.

In secondo luogo, occorre introdurre maggiore flessibilità, come ha già ribadito il Commissario. Senza flessibilità non avremmo mai potuto incrementare i fondi per il piano di ripresa dalla crisi. Dobbiamo intensificare la ricerca di ambiti in cui resta margine di manovra per individuare opportunità di impiegare i fondi in maniera diversa.

In terzo luogo, abbiamo bisogno di innovare. Un esempio è rappresentato dal trasferimento di fondi dal settimo programma quadro di ricerca alla Banca europea per gli investimenti (BEI). Tali fondi sono stati poi utilizzati per mettere a disposizione finanziamenti subordinati a imprese e università, imprimendo in tal modo uno slancio notevolissimo agli investimenti per gli anni a venire in questo momento di crisi.

Vorrei sapere qual è il vostro approccio alla questione, come vanno collegati sostanza e fondi. Una considerazione conclusiva: forse potreste proseguire con le idee manifestate tanto spesso in questa Camera.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE).(EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare il collega, onorevole Böge, per le interrogazioni poste e la discussione sul bilancio che ne è scaturita.

Poc’anzi abbiamo votato sul bilancio 2011 e tutti sappiamo quanto sia stato difficile manovrare con gli strettissimi margini di bilancio. Sappiamo anche che era prevista una revisione a medio termine del bilancio. In merito al documento informale propostoci dalla Commissione, vorrei chiedere qual è attualmente il suo status. So che non è propriamente pertinente, ma alcune idee ivi contenute possono essere ancora oggetto di discussione secondo l’avviso della Commissione? Mi preoccupano particolarmente gli atteggiamenti nei confronti della spesa agricola e i tentativi di rinazionalizzare tale politica.

Altri hanno, come è ovvio, discusso le realtà per i bilanci e i governi degli Stati membri, nonché la preoccupazione di reperire ulteriori fondi in un momento in cui tutti i nostri Stati membri hanno problemi economici e finanziari. Tuttavia, se vogliamo avere più Europa, sono necessarie maggiori risorse. Penso che una delle grandi difficoltà che abbiamo in Parlamento consiste nel fatto che non abbiamo comunicato a sufficienza il valore di un bilancio dell’Unione europea e la sua funzione.

Se ricordate, sempre nelle odierne votazioni ci siamo espressi in merito al fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Quando i cittadini sono in difficoltà, prescindendo che si tratti di un’inondazione o una crisi dell’occupazione, si rivolgono all’Unione europea per ottenere sostegno chiedendo un supporto di bilancio. Questo rappresenta solidarietà per l’Unione europea, elemento inestimabile. Penso che dobbiamo esserne consapevoli.

Se continuiamo a misurare e contare gli euro anziché guardare a quello che stiamo cercando di creare nell’Unione europea, penso che limiteremo la nostra visione del futuro di ciò che a tutti è caro parlando di Unione. Detto ciò, forse a questo punto è opportuno fare il paragone con una torta, perché la gente vede il bilancio dell’Unione europea come una torta. Quante più saranno le richieste, tanto più continueremo ad assottigliarne le fette, a meno che non aumentiamo le risorse.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, signor Commissario, la revisione del quadro finanziario multiannuale costituisce un passaggio essenziale per il futuro dell'Unione.

Il trattato di Lisbona trasferisce sul piano comunitario una serie di nuovi compiti per i quali sono indispensabili delle risorse. Non mi sembra però, alla luce del presente quadro economico multiannuale e dei ridotti margini esistenti nelle diverse rubriche, che si possano finanziare i nuovi compiti previsti dal trattato.

In un contesto di crisi qual è quello che stiamo attraversando risulta difficile ipotizzare un aumento della contribuzione degli Stati membri, ma possiamo rivedere l'attuale quadro economico. Possiamo quindi vedere come utilizzare al meglio le risorse che abbiamo disponibili. È quindi in questo contesto che si rende necessario riprendere l'esame del nuovo Multiannual Financial Framework, perché altrimenti mettere la testa nella sabbia come fa lo struzzo per non vedere il problema non mi sembra che sia la strategia migliore per affrontarlo.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D).(RO) Signora Presidente, il Commissario ha ragione nell’affermare che il quadro finanziario pluriennale 2007-2013 e la sua revisione devono proiettare una visione politica e dobbiamo avere il coraggio di abbracciare questa nuova visione politica. La strategia UE 2020 deve costituire la base per la revisione del quadro finanziario pluriennale e la futura prospettiva finanziaria.

Purtroppo, la crisi economica e finanziaria sta avendo un impatto sui bilanci sia comunitario sia nazionali. Abbiamo bisogno di soluzioni che risolvano anche la crisi sociale indotta dalla crisi economica e finanziaria. La revisione a medio termine del quadro finanziario pluriennale rappresenta una piattaforma valida per la ripresa economica dell’Unione europea.

Vorrei citare in particolare lo sviluppo dell’infrastruttura di trasporto e dell’efficienza energetica degli edifici. Già nell’aprile 2009 abbiamo modificato il regolamento in maniera che gli Stati membri beneficiassero del 4 per cento dello stanziamento del FESR per l’efficienza energetica degli edifici residenziali e la costruzione di case popolari. La Commissione ha iniziato ad adeguare i programmi operativi insieme agli Stati membri per adattarli e incrementare il livello di assorbimento dei fondi europei?

 
  
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  Edit Herczog (S&D).(EN) Signora Presidente, vorrei chiedere al Commissario se ritiene che il trattato di Lisbona sia il più grande successo politico della nostra Camera. Personalmente lo credo. Concorda nell’affermare che le nuove competenze del trattato di Lisbona sono il nostro strumento migliore per ammodernare la nostra economica? Personalmente ne sono convinta. Ritiene che sia il modo per ottenere occupazione e crescita? Io sono di questo parere. Se anche le sue risposte dovessero essere affermative, dovrà convenire che gestire il quadro finanziario più generale e fornire i mezzi finanziari per conseguire i nostri obiettivi sanciti dal trattato di Lisbona devono rappresentare la massima priorità per questa Camera, come anche per il Consiglio e la Commissione.

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(EN) Signora Presidente, penso che il Commissario abbia detto dapprincipio, e aveva ragione, che dobbiamo trarre lezioni dalla crisi finanziaria e adottare misure per garantire che non si verifichi nuovamente.

Ha perfettamente ragione nel formulare una siffatta affermazione e, come è ovvio, il trattato di Lisbona ci garantisce un maggiore controllo su tali situazioni perché, nel passato recente, la vera lezione da trarre è che la politica e i politici non avevano il controllo; abbiamo consentito che bancari, legislatori e agenzie di rating agissero a proprio piacimento e ora ne vediamo le conseguenze.

Dobbiamo garantire che questo non accada mai più e noi, politici, soprattutto qui, nell’Unione europea, dobbiamo assumere il controllo perché da noi ci si aspetta tale esercizio e tutti gli altri dovrebbero allinearvisi, osservare la legge e garantire che quotidianamente si seguano prassi corrette.

 
  
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  Luis Espadas Moncalvillo, presidente in carica del Consiglio. – (ES) Signora Presidente, vorrei rispondere brevemente ad alcuni interventi, certo non tutti perché sono stati moltissimi, ma perlomeno qualcuno.

In particolare al Commissario Lewandowski manifesterei che condivido la sua preoccupazione che in questo momento di incertezza e difficoltà economica tutte le risorse disponibili siano utilizzate dagli Stati membri e dalla stessa Unione europea per combattere la disoccupazione e superare la crisi quanto prima.

All’onorevole Marinescu vorrei replicare che si è di fatto convenuto negli orientamenti del Consiglio che il rafforzamento del servizio per l’azione esterne non avrebbe comportato maggiori costi. In altre parole, non dovrebbe in alcuna circostanza comportare una spesa superiore né lo stanziamento di ulteriori risorse allo scopo, mantenendo invece la neutralità di bilancio.

All’onorevole Gardiazábal Rubial vorrei rispondere che l’attuale quadro di bilancio assicura meccanismi di flessibilità sufficienti per coprire alcune iniziative da lei proposte e il bilancio dell’Unione europea non è in deficit, ma è ovviamente alimentato dai contributi degli Stati membri, specialmente la risorsa corrispondente al PIL. É facile comprendere che l’uso più intensivo di tale risorsa aggraverebbe le singole situazioni con cui si confronta ciascuno degli Stati membri, come, come tutti sapete, si trovano in un momento estremamente delicato. Sfruttare questo canale per incrementare il bilancio dell’Unione sarebbe pertanto contraddittorio nella situazione di crisi che stiamo vivendo.

Questa posizione iniziale, tuttavia, non significa che non si possa valutare se sussistono o emergono circostanze eccezionali, come è accaduto in passato in diverse occasioni in questo periodo di programmazione. Si può però soltanto procedere in tal senso se sono state esaminate altre opzioni di finanziamento.

All’onorevole Trüpel vorrei dire che in effetti dall’esterno si potrebbe interpretare che la Commissione sta suggerendo che il Consiglio non è preciso in merito alla necessità o al percorso da seguire per modificare il quadro finanziario e, a sua volta, il Consiglio le starebbe chiedendo un documento che funga da piattaforma per l’avvio di tale revisione. Il fatto è tuttavia che siamo tutti immersi in una situazione macroeconomica molto complessa, come ho affermato poc’anzi, che richiede due cose: in primo luogo, stabilire che la risoluzione dei problemi a livello nazionale è una priorità; in secondo luogo, perseverare negli sforzi che l’Unione europea sta ora profondendo nel quadro dell’attuale quadro finanziario, senza modifiche finché non disponiamo di uno studio sufficientemente documentato e concordato.

All’onorevole Wlosowicz vorrei sottolineare che lo sostengo nella sua difesa della politica di coesione. Il Consiglio ha sempre difeso tale politica come emblema dell’Unione europea e piattaforma per conseguire gli obiettivi di convergenza che l’Unione si è prefissa. Va dunque inteso che il Consiglio sosterrà sempre pienamente tale politica.

All’onorevole Andreasen replicherei che di fatto concordo con lei nell’affermare che nell’attuazione situazione non è possibile aumentare le risorse dell’Unione. Pertanto, come ho detto nel mio primo intervento, dobbiamo avvalerci di tali risorse stabilendo priorità e ridistribuendo gli stanziamenti in maniera che la spesa sia sempre più efficiente e si possano conseguire i nostri obiettivi nel modo più intelligente.

Ciò non significa in alcun modo che vi è il rischio di perdere la democrazia nei paesi da lei citati e pertanto ritengo che dovremmo eliminare anche il possibile rischio che ciò accada, anche se molto remoto.

Quanto all’onorevole van der Stoep, vorrei dire che proporremo di esaminare la possibile flessibilità nel regolamento relativo al quadro finanziario.

All’onorevole Cozzolino vorrei replicare che la mia posizione è invariata rispetto a quella espressa in precedenza, ossia che con l’attuale mentalità sarà difficile per gli Stati membri, che stanno compiendo uno sforzo notevole per ridurre il deficit, destinare più risorse al bilancio dell’Unione europea.

All’onorevole Ehrenhauser risponderei che stabiliremo le priorità e ridistribuiremo la linea 5 per quanto possibile riducendone l’entità o lo stanziamento, a condizione che ciò non incida negativamente sul controllo o sull’assegnazione intelligente ed efficiente della spesa. Tale misura rientra pertanto nella tendenza generale verso la flessibilità e la definizione di priorità di cui parlavo poc’anzi.

All’onorevole Fernandes devo dire che in nessuna circostanza ipotizziamo di rinviare il quadro finanziario pluriennale. Le cose stanno viceversa progredendo normalmente e il nuovo quadro finanziario sarà adottato al momento opportuno.

Lo stesso replico all’onorevole McGuinness: non è possibile stanziare al momento più risorse, viste le carenze, il peggioramento della situazione economica e le difficoltà che molti paesi stanno vivendo, per cui dobbiamo cercare di trovare un modo per utilizzarle meglio.

In risposta a un altro intervento, aggiungerei che il bilancio dell’Unione europea è stato adeguato per rispondere alla crisi e non è rimasto fermo di fronte alla nuova situazione verificatasi negli ultimi due anni, rispondendo anche alle sfide sociali emerse. Questo è ciò che è accaduto, per esempio, con il piano europeo di ripresa economica.

Infine, sarà altresì mia premura trasmettere il resto dei commenti dei parlamentari al Consiglio e li ringrazio personalmente e anche a nome del Consiglio per i loro interventi.

 
  
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  Janusz Lewandowski, membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare i parlamentari per i loro interventi. Ascoltando i commenti formulati, posso udire chiaramente una voce a favore della revisione che, nell’interpretazione del Parlamento, significa denaro fresco per finanziare nuove sfide. D’altro canto, posso anche percepire preoccupazione in merito alle implicazioni dell’attuale crisi finanziaria che sta imponendo profondi tagli della spesa pubblica negli Stati membri.

Sono state poste molte domande sulla revisione, che non è più la revisione a medio termine, in quanto posticipata di concerto con i due bracci del potere di bilancio. Sarà effettuata in settembre e comprenderà quantificazioni delle nuove risorse proprie dei possibili candidati chiamate a sostituire i contributi nazionali che sinora hanno predominato. Non sarà tanto una relazione tecnica quanto piuttosto politica e riguarderà anche le conseguenze del trattato di Lisbona, che trova una forte sostenitrice nell’onorevole Herczog. Credo che il trattato di Lisbona non debba essere associato unicamente a un’ulteriore spesa amministrativa, come oggi avviene, e dovrebbe dimostrare che si aggiunge valore, non soltanto rispetto alle nuove voci e al nuovo tipo di spesa amministrativa che solitamente è meno amata dai contribuenti dell’Unione europea.

Quanto all’articolo 8.3, eliminato dal Consiglio, dobbiamo difendere la flessibilità in una qualche forma. Questa è la conclusione chiara delle nostre conciliazioni dal 2007. L’onorevole Garriga Polledo ha enumerato diverse sfide importanti. Non si tratta delle agenzie di vigilanza, ma principalmente di ITER, Galileo e altri progetti su vasta scala, difficili da collocare all’interno del quadro pluriennale esistente. Abbiamo però le quantificazioni. Per ITER, è estremamente chiaro che sarà introdotto nel 2012-13. Occorre tuttavia un impegno a lungo termine prima della definizione del bilancio tenuto conto della necessità di trovare la soluzione.

Per quel che riguarda l’amministrazione, non posso promettere all’onorevole Ehrenhauser risposte esaurienti in merito alla trasparenza, ma posso assicurare che siamo molti seri in Commissione rispetto alla crescita zero. Non vi saranno voci aggiuntive fino al 2013. Questa è la mia interpretazione dell’autolimitazione necessaria in tempi di crisi. Non posso rispondere esaurientemente neanche alle domande sulla gestione delle eccedenze nell’ambito dell’attuale regime, ma potrebbe essere un contributo alla discussione delle norme della prossima prospettiva finanziaria.

L’onorevole McGuinness ha posto una domanda in merito al documento informale. É già dimenticato, superato, inesistente! Nuovi documenti dovrebbero essere resi noti in ottobre o novembre nei due principali ambiti di spesa, coesione e politica agricola comune, e dovrebbero essere di natura diversa rispetto a quello trapelato, il cosiddetto documento informale.

Confido nella possibilità di collaborare per gli ulteriori passi da intraprendere. Il calendario è chiarissimo, con una votazione sul pacchetto di Lisbona in novembre in Parlamento, che potrebbe eventualmente culminare nella conciliazione. Intendo votazione in ottobre e conciliazione in novembre.

 
  
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  Reimer Böge, autore. – (DE) Signora Presidente, chiedo scusa, ma visto che abbiamo un paio di minuti prima del prossimo punto all’ordine del giorno, vorrei formulare soltanto due commenti conclusivi.

Comprendo la difficile situazione degli Stati membri da alcune argomentazioni addotte dalla Presidenza in carica. Le repliche del Consiglio, tuttavia, ancora non rispecchiano pienamente le necessità e le sfide di bilancio con le quali l’intera Unione è chiamata a confrontarsi né il suo futuro orientamento. Per questo dobbiamo agire insieme.

Dalle risposte della Commissione mi pare che abbia leggermente aperto la porta per ulteriori trattative e in quella fessura cercheremo di infilare un piede. La commissione per i bilanci presenterà pertanto una relazione interinale sulla procedura per l’approvazione della revisione del quadro finanziario pluriennale sulla base dell’articolo 81 del regolamento in maniera che alla Plenaria venga conferito il mandato negoziale per procedere a ulteriori trattative in settembre.

 
  
  

La discussione è chiusa (articolo 149).

 
  
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  Georgios Stavrakakis (S&D) , per iscritto. – (EL) Il trattato di Lisbona stabilire nuove priorità per l’Unione europea, mentre la strategia UE 2020 contiene obiettivi ambiziosi in settori cruciali per il futuro dell’Unione modificando i dati sui quali si basa l’attuale quadro finanziario pluriennale. Aspetto più importante, le conseguenze della recente crisi economica, che non sono ancora pienamente comprese e continuano a espandersi, hanno dimostrato che le sfide alle quali siamo chiamati a rispondere stanno mutando radicalmente, anno dopo anno, e impongono adeguamenti a numerosi livelli, se vogliamo che le nostre politiche siano efficaci. Tuttavia, noi tutti sappiamo che ogni nuovo programma, politica o iniziativa sviluppato dall’Unione europea non può essere attuato senza i fondi necessari. I margini dell’attuale quadro finanziario pluriennale sono molto esigui, oserei dire soffocanti, e non lasciano margine di manovra nei prossimi anni; per esempio, sulla base dei margini dei titoli 1a e 4 non è possibile far fronte a richieste impreviste. Abbiamo pertanto bisogno di rivedere urgentemente l’attuale quadro finanziario pluriennale per reperire le risorse necessarie che consentiranno all’Unione europea di onorare i propri impegni e rispondere alle maggiori esigenze dei cittadini europei. Perdendo tempo stiamo perdendo opportunità.

 
  
 

(La seduta, sospesa alle 18.55, riprende alle 19.05)

Dichiarazioni scritte

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 

15. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B7-0307/2010).

Il Parlamento esamina una serie di interrogazioni alla Commissione.

Prima parte

 
  
  

Annuncio l’interrogazione n. 20 dell’onorevole Andrikienė (H-0291/10).

Oggetto: Processo ed esito delle elezioni locali in Bielorussia

La Bielorussia ha tenuto un'elezione dei consigli delle amministrazioni locali alla fine di aprile 2010. Si sono avute numerose notizie di violazioni dei principi e delle procedure elettorali democratiche. Su più di 21.000 seggi da assegnare nei consigli locali, si stima ci siano stati solo 360 candidati dell'opposizione in lizza contro i candidati filogovernativi.

Quale posizione ha adottato la Commissione nei confronti delle suddette elezioni? C'è stato qualche miglioramento in termini di standard democratici, rispetto alle precedenti elezioni? Qual è la posizione della Commissione riguardo alle continue violazioni dei diritti umani nel paese? Come valuta la Commissione la situazione politica e dei diritti umani in Bielorussia all'approssimarsi delle elezioni presidenziali nel 2011?

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, in risposta all’importante e pertinente interrogazione posta dall’onorevole Andrikienė, consentitemi di dire che la Commissione è perfettamente al corrente delle violazioni delle procedure e dei principi democratici segnalate da una serie di organizzazioni non governative nell’ambito delle elezioni locali in Bielorussia. I capi missione dell’Unione europea a Minsk hanno anche sottolineato inconsistenze e di fatto discrepanze, in particolare nel calcolo dei voti.

Prima delle elezioni sono state apportate alcune modifiche al codice elettorale bielorusso. Secondo il parere dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE, reso noto il 3 giugno 2010, ciò ha rappresentato, e cito, “un passo verso l’eliminazione di alcune carenze” del codice elettorale. La relazione afferma tuttavia che è improbabile che tali modifiche possano fugare le preoccupazioni che il codice elettorale ancora non consenta di organizzare elezioni realmente democratiche.

Alla luce di ciò, durante la visita che intendo organizzare a Minsk in luglio, trasmetterò alle autorità il messaggio chiaro che occorre compiere progressi in una serie di ambiti fondamentali per la democratizzazione, se la Bielorussia intende reimpegnarsi seriamente con l’Unione europea.

Uno di questi ambiti è la legislazione elettorale, che è uno dei banchi di prova più evidenti degli standard democratici. Al riguardo, esorterò Minsk a proseguire la collaborazione con le disposizioni dell’OSCE in merito alla riforma del codice elettorale prima delle prossime elezioni presidenziali. Nell’imminenza delle elezioni, la Commissione presterà inoltre particolare attenzione ad altri aspetti chiave della democratizzazione, segnatamente la libertà di riunione, dei mezzi di comunicazione, delle organizzazioni non governative e della società civile più in generale, dove recentemente non si sono registrati progressi.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(LT) Signor Presidente, la ringrazio moltissimo per la risposta, ma avrei un’altra domanda da porle. Il mondo sta reagendo in maniera diversa agli avvenimenti in Bielorussia. L’8 giugno l’amministrazione americana ha deciso di prorogare per un altro anno le sanzioni finanziarie contro ufficiali bielorussi di alto rango, tra cui il Presidente Lukashenko. Penso che questa sia una risposta alle elezioni locali ademocratiche in Bielorussia e vorrei sentire la sua valutazione in merito. Inoltre, l’Unione europea intende compiere azioni analoghe per reagire alle violazioni dei diritti civili, politici e altri diritti umani in Bielorussia? Ovverosia, quale posizione intende assumere l’Unione europea?

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, in passato abbiamo perseguito una politica di impegno e una politica di isolamento. Francamente, nessuna di queste due politiche ha funzionato in perfettamente né ha conseguito i risultati che auspicavamo nel rapporto con la Bielorussia. Adesso stiamo cercando di creare una base per quello che definirei un impegno critico. La Commissione sta lavorando sul piano interinale comune, che descriverei come un quadro per il bello e il cattivo tempo nella relazione tra Unione europea e Bielorussia, che fornisce un ambito per i passi da compiere verso la democratizzazione e un graduale impegno da parte dell’Unione europea. Il piano sarà condiviso con il Consiglio europeo e, ovviamente, con il Parlamento europeo. Sono profondamente persuaso che questa sia la risposta più appropriata alle violazioni dei diritti umani a cui assistiamo in Bielorussia.

 
  
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  Janusz Władysław Zemke (S&D).(PL) Signor Presidente, signor Commissario Füle, vorrei ringraziarla per le informazioni forniteci, ma vorrei sollevare due questioni. In primo luogo, lei sta programmando a breve una visita in Bielorussia e abbiamo una richiesta specifica in merito alle minoranze nazionali. Esiste una situazione in cui i cittadini bielorussi spesso provengono da gruppi nazionali estremamente diversi. Il problema riguarda il trattamento dei cittadini bielorussi di origine polacca. La seconda questione è la richiesta che in tutte queste misure si ponga maggiormente l’accento sulla creazione di borse di studio per i giovani bielorussi perché oggi è questa la modalità di intervento più importante.

 
  
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  Štefan Füle, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, parte del programma consiste nel concentrare l’attenzione sul contatto con la gente, i giovani e gli studenti. D’altro canto, ciò che mi preme particolarmente affrontare nel mio ordine del giorno per i colloqui a Minsk sono non soltanto i temi generali legati alle violazioni dei diritti umani, ma anche le questioni specifiche riguardanti le minoranze. Sto prestando particolare attenzione alla questione. Ho avuto un incontro con Andżelika Borys e altri esponenti dell’opposizione bielorussa e abbiamo discusso non soltanto lo stato delle minoranze polacche nel paese, ma anche i modi in cui Commissione e Unione europea potrebbero aiutarle.

Non ritengo che si tratti di una questione isolata. Non penso che sia una questione di voti, come alcuni potrebbero definirla. É di fatto una questione seria. Il rapporto tra autorità e minoranze sarà dunque menzionato nei miei colloqui a Minsk.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 18 dell’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou (H-0277/10).

Oggetto: Ripercussioni degli aggiustamenti delle finanze pubbliche sulla credibilità della moneta comune europea

Per l'introduzione dell'euro nella vita degli Stati e dei cittadini europei la Commissione svolse a suo tempo, con buoni risultati, una grande campagna d'informazione in tutti gli Stati membri dell'eurozona. Attualmente, principalmente per problemi finanziari di Stati appartenenti alla zona dell'euro, ma anche per l'incontrollata speculazione dei mercati, l'euro attraversa una crisi di credibilità e suscita preoccupazioni e incertezze in una parte significativa dei cittadini europei, come risulta da sondaggi svolti a livello nazionale.Si prega la Commissione di rispondere ai seguenti quesiti:

Esistono studi specifici da cui risulti il punto di vista dell'opinione pubblica europea per categorie di popolazione?

Quali iniziative sono previste per migliorare l'immagine della moneta comune e aumentare la fiducia dei cittadini nei suoi confronti?

Proseguirà senza problemi l'ammissione di nuovi Stati nella zona dell'euro?

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou per aver formulato un’interrogazione, o meglio una serie di interrogazioni, molto pertinenti in quanto l’immagine e la credibilità dell’euro sono una questione che desta grande preoccupazione in tutti noi europei in questa congiuntura critica e questo momento di grande difficoltà. L’euro non è soltanto un accordo monetario; è anche un progetto politico fondamentale, se non il progetto politico fondamentale, dell’Unione europea. Pertanto, il destino dell’euro, l’immagine dell’euro, la credibilità dell’euro hanno ripercussioni importanti sul progetto europeo nel suo complesso.

Ho qui una bozza di risposta di quattro pagine accuratamente calibrato che ho chiesto ai miei servizi di predisporre. Sono tentato di leggerlo, ma richiederebbe 12 minuti del vostro tempo. Sono tuttavia pronto a metterlo a disposizione, eventualmente anche sul mio sito Internet. Non si tratta soltanto di azioni e campagne dei mezzi di comunicazione, per quanto importanti possano essere, è anche questione di politiche e azioni concrete per difendere l’euro dagli attacchi sistemici di cui è stato recentemente bersaglio.

Vorrei semplicemente aggiungere en passant che stiamo conducendo verifiche quantitative periodiche. Disponiamo di regolari sondaggi flash di Eurobarometro svolti in tutti gli Stati membri. Sono stati organizzati in diverse tranche. Stiamo cogliendo ogni opportunità per comunicare attivamente gli ultimi sviluppi e le azioni intraprese nell’ambito delle nostre politiche rispetto all’euro e all’unione economica e monetaria.

Le preoccupazioni dell’opinione pubblica sono affrontate attraverso tutti i canali disponibili come sito web, pubblicazioni, domande e risposte, opuscoli, nonché varie reti che si occupano di formulazione di politiche economiche, sindacati, organizzazioni di datori di lavoro e così via. Stiamo lavorando su tutti i fronti unitamente agli Stati membri per trasmettere il messaggio sull’euro.

Per quanto concerne le politiche che sono al centro della questione, e ciò riguarda la parte “b” dell’interrogazione dell’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, quali misure si prevedono per migliorare l’immagine della moneta comune e la sua credibilità agli occhi del pubblico?

In merito vorrei formulare tre considerazioni. In primo luogo, abbiamo adottato una formula cautelativa finanziaria molto sostanziale denominata meccanismo europeo di stabilità finanziaria, con il relativo strumento, quasi 500 miliardi di euro, che, unitamente al pacchetto di salvataggio per la Grecia sull’assistenza finanziaria coordinata e condizionale, ha contribuito a sedare l’incendio dell’incertezza finanziaria prima che si propagasse a tutta l’Europa. Stiamo compiendo passi concreti per salvaguardare la stabilità finanziaria e l’euro in Europa.

In secondo luogo, i nostri Stati membri stanno compiendo sforzi notevoli a livello di consolidamento fiscale. Vi è infatti un’ondata di consolidamenti fiscali e riforme strutturali in atto in Europa per ristabilire e rafforzare la fiducia nell’euro e nell’unione economica e monetaria e la loro credibilità.

Stiamo operando non senza un’attenta calibratura; stiamo agendo in maniera coordinata e differenziata in maniera che i paesi con spazio fiscale scarso o nullo, come Grecia, Spagna e Portogallo, debbano accelerare il consolidamento fiscale. Sebbene molti altri paesi abbiano spazio fiscale, non dovrebbero iniziare il consolidamento prima del prossimo anno, questo per garantire che la ripresa economica attualmente in corso non venga soffocata.

Proprio oggi abbiamo complessivamente presentato 15 procedure per disavanzo eccessivo e, sulla base della nostra valutazione, le strategie dei nostri Stati membri per il consolidamento fiscale sono in linea con tale strategia di uscita fiscale coordinata e differenziata.

Infine, per rafforzare la credibilità dell’euro è assolutamente fondamentale rafforzare il buon governo economico e conto di fatto sul vostro sostegno quando voterete la risoluzione su Europa 2020 e il rafforzamento del buon governo economico. Abbiamo bisogno del vostro appoggio per convincere il Consiglio europeo, convincere gli Stati membri, e non perdere lo slancio in maniera che si possano istituire tali sistemi più rigorosi di sorveglianza economica e di bilancio e coordinamento delle politiche prima dell’inizio del prossimo anno.

 
  
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  Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, la ringrazio infinitamente per la sua replica e la possibilità offertaci di ricordare la politica a sostegno della moneta unica e della sopravvivenza della zona dell’euro.

Lo spirito della mia domanda è più legato alla comunicazione che dobbiamo applicare perché i cittadini non comprendono questi risvolti tecnici senza precedenti nella vita economica dell’Europa e non li condividono, per cui sussiste il rischio che abbiano l’impressione che il sostegno all’euro abbia un prezzo anziché un futuro sicuro, impressione alimentata dalle minacce che alcuni paesi lascino la moneta unica e dagli scenari che in tal caso verrebbero a configurarsi.

É responsabilità comune degli Stati membri e degli organismi europei supportare il successo dell’euro, ma l’opinione pubblica ha bisogno di misure di sostegno che non hanno nulla a che vedere con gli adeguamenti finanziari nei loro paesi.

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, concordo con tale ragionamento e penso che sia essenziale vedere l’euro come strumento politico essenziale per la politica economica e la crescita sostenibile in Europa e, nel contempo, considerarlo non soltanto un simbolo, bensì anche un legante per gli europei nella costruzione della casa comune europea. In proposito, abbiamo organizzato un’ampia serie di attività di comunicazione.

Per esempio, nella prima metà del 2010, e vi fornirò soltanto i dati salienti, abbiamo condotto una campagna informativa sui principali vantaggi dell’euro in 10 paesi della zona dell’euro: Germania, Francia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Spagna, Austria, Finlandia, Malta e Belgio. Abbiamo altresì organizzato un forum economico a Bruxelles dedicato alle questioni economiche e finanziarie, svoltosi due settimane fa. Un numero record di ambiti politici, più di 1 000, sono stati concordati e l’evento ha avuto grande risonanza sui mezzi di comunicazione. Questo è stato chiaramente un esempio di avvicinamento agli opinion-maker, un tentativo di creare un effetto moltiplicatore attraverso un forum di indubbia importanza. E l’elenco potrebbe proseguire.

Siamo impegnati in tali attività e penso che conseguiremo i risultati migliori dotandoci delle politiche giuste e del giusto tipo di campagne per garantire che i nostri cittadini siano correttamente informati.

Da giovane ho avuto una formazione da venditore di pezzi di ricambio; la mia carriera è iniziata a 12 anni e si è conclusa a 20. Abbiamo sempre avuto una filosofia molto chiara: è necessario avere il prodotto giusto prima di poterlo commercializzare bene: servono ambedue le cose. Abbiamo bisogno di un prodotto solido, politiche solide e una campagna di marketing solida per conquistare cuori e menti dei nostri cittadini.

 
  
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  Nikolaos Chountis, autore. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, ho ascoltato la sua replica con estrema attenzione. Non so se la nota di quattro pagine a cui lei prima ha fatto riferimento contenga una risposta a una parte dell’interrogazione della collega, ossia l’integrazione di nuovi paesi nella zona dell’euro e le prospettive di tale integrazione.

Io so, e lo sa anche lei, che il nuovo membro è l’Estonia. Vediamo che, per l’ingresso di tali paesi nella zona dell’euro, si stanno applicando rigorosi programmi di ristrutturazione con il risultato che oggi in Estonia si stanno operando drastici tagli delle retribuzioni dei dipendenti statali, la disoccupazione ha raggiunto un tasso del 20 per cento e la disoccupazione tra i giovani è notevolmente superiore.

La domanda è la seguente: questa immagine di un’anticamera per accedere alla zona dell’euro è accattivante? É affidabile? Crea i prerequisiti per l’ulteriore sostenibilità?

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, il motivo per cui l’Estonia ha dovuto applicare la disciplina di bilancio non è principalmente l’euro, ma il fatto che la sua economia ha dovuto confrontarsi con una gravissima crisi finanziaria, come tutti noi, e la crescita economica era in stallo. La crescita economica era negativa, il che significava che le finanze pubbliche del paese non avevano semplicemente più una base sostenibile.

Il livello di indebitamento dell’Estonia è molto basso: al momento 7,2 per cento, mentre la media europea corrisponde al 75 per cento, ma il gradiente era molto preoccupante ed era solo una questione di buonsenso in termini economici garantire che il paese potesse continuare ad attuare le sue politiche orientate alla stabilità e assicurare la sostenibilità delle sue finanze pubbliche. Questa è stata la recente decisione democratica del parlamento estone e la politica perseguita dal paese con un certo successo.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D).(LT) Signor Presidente, signor Commissario, come sappiamo la Grecia è l’anello debole della catena dell’euro e ci sono voluti due mesi affinché la Grecia ottenesse un pacchetto di assistenza. Tale ritardo è stato largamente imputabile alla Germania e costa 100 milioni di euro, oltre ad aver senza dubbio indebolito lo stesso euro. Come vede la Commissione tali elementi e quali passi intraprenderebbe per evitare che tali ritardi si ripetano in futuro?

 
  
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  Olli Rehn, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, lungi da me l’idea di voler attribuire colpe. La mia posizione è che la politica e l’elaborazione di politiche economiche nell’Unione europea sono una questione di volontà politica, ma anche l’arte del possibile. Questa volta è stato possibile a un certo punto prendere alcune decisioni, fornire assistenza finanziaria coordinata e condizionale alla Grecia e successivamente creare il meccanismo europeo di stabilità finanziaria. Ora tali strumenti funzionano.

Quanto alla Grecia, le prime tranche di un totale di 20 miliardi di euro messi a disposizione dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale sono state erogate al paese a metà maggio. La Grecia sta attuando il suo programma comune UE-FMI rispettando i tempi stabiliti e secondo il protocollo di intesa. Inoltre, il meccanismo europeo di stabilità finanziario con il relativo strumento di recente adozione è già disponibile, per cui lo strumento comunitario, che prevede uno stanziamento massimo di 60 miliardi di euro, può utilizzare il bilancio dell’Unione come garanzia di prestito per eventuali operazioni. Il tutto è istituito e funzionante, ed è immediatamente disponibile, se richiesto ed effettivamente necessario.

Nel contempo, lo strumento speciale, che prevede un’erogazione massima di 440 miliardi di euro, ossia l’accordo intergovernativo noto anche come strumento europeo di stabilità finanziaria, sarà ratificato per il 90 per cento del volume, che è il criterio imposto, entro la fine di questo mese e, dopo tale ratifica, diventerà operativo in qualche settimana. Ciò significa che se avremo una necessità immediata e pressante, disporremo degli strumenti per affrontarla grazie a tale meccanismo e al relativo strumento.

La mia osservazione finale è che questo ci fa soltanto guadagnare tempo. Fondamentale è impegnarsi in una campagna molto seria di consolidamento fiscale in Europa, dove gli ultimi due anni hanno spazzato via 20 anni di impegno in tal senso.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 19 presentata dall’onorevole McGuinness (H-0257/10).

Oggetto: Fondi strutturali UE ed esclusione indotta dai finanziamenti

La UE, quale firmataria della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ne riflette i principi fondamentali nella propria strategia a favore delle persone diversamente abili con misure di antidiscriminazione, di pari opportunità e di inclusione attiva.

Nel marzo 2010, la Commissione ha partecipato alla conferenza svolta a Bruxelles dalla European Coalition for Community Living, il cui tema era “Finanziare l'esclusione promuovendo l'inclusione? Ovvero l'uso dei finanziamenti dell'Unione europea per mantenere l'istituzionalizzazione delle persone con disabilità”.

Sa la Commissione delle preoccupazioni delle ONG secondo le quali i Fondi strutturali europei sono utilizzati per rinnovare istituti già esistenti o costruirne di nuovi per il ricovero permanente dei disabili, in violazione dei diritti di questi ultimi?

Vista la forte convergenza di obiettivi tra la strategia globale della UE nei confronti dei disabili e la Convenzione ONU, quali azioni intende prendere la Commissione per risolvere questo problema e garantire che i fondi UE non siano utilizzati in modo così inopportuno, ma siano invece utilizzati per integrare le persone con disabilità nella vita di comunità?

 
  
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  Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei rispondere all’interrogazione orale presentata dall’onorevole McGuinness dicendo che, sebbene la responsabilità dell’organizzazione e dell’amministrazione delle cure residenziali spetti agli Stati membri, la Commissione è desiderosa di promuovere il diritto di cittadini con disabilità di vivere indipendentemente sostenendo servizi nella comunità come alternativa all’istituzionalizzazione.

Entro la fine di quest’anno, la Commissione avrà adottato una strategia europea per le disabilità per il decennio 2010-20, che delineerà un quadro coerente per l’attuazione della Convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità. Tra le priorità vi sarà il sostegno ai disabili affinché vivano indipendentemente e la deistituzionalizzazione tutti i sistemi. In particolare, la strategia sottolineerà il ruolo potenziale che i fondi strutturali possono svolgere in tale ambito.

Le priorità per l’uso dei fondi strutturali sono ovviamente fissate a livello nazionale e regionale, ma la Commissione lavorerà con gli Stati membri sullo scambio di buone prassi e orientamenti su come utilizzare meglio tali fondi per promuovere l’autonomia personale e i diritti dei disabili di vivere indipendentemente.

Vorrei altresì citare il fondo sociale europeo quale strumento per abolire le barriere alla partecipazione dei disabili come membri a pari titolo della società. Il fondo sociale può finanziare, tra l’altro, consulenza, formazione adatta alle specifiche esigenze dei disabili, riabilitazione, creazione di posti di lavoro in settori come economia sociale, sostegno speciale per promuovere l’imprenditorialità presso i disabilità e campagne di sensibilizzazione per combattere la discriminazione. Può inoltre coprire la formazione e la riconversione del personale per agevolare la transizione dalle cure istituzionali ai servizi basati sulla comunità.

Il fondo europeo di sviluppo regionale può essere contemporaneamente utilizzato per sviluppare infrastrutture sociali a sostegno di tali nuovi servizi.

In proposito, la Commissione ha predisposto un toolkit per l’uso dei fondi strutturali per garantire l’accesso dei disabili e la loro non discriminazione. Il toolkit è studiato per consentire alle autorità di gestione, agli organismi intermedi o ai promotori di progetti di preparare, realizzare, monitorare e valutare programmi e progetti realizzati nel quadro dei fondi strutturali.

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(EN) Signor Presidente, a nome dell’onorevole McGuinness che ha formulato l’interrogazione, ringrazio per la risposta franca e dettagliata della signora Commissario. Ho solo una o due brevi domande. In primo luogo, la Commissione sta agendo contro coloro che hanno utilizzato impropriamente i fondi strutturali soprattutto nell’ambito in cui stiamo discutendo la messa a disposizione di strumenti per i disabili? In secondo luogo, in che tempi possiamo effettivamente eliminare tali pratiche, sempre che sia possibile, in tutti gli Stati membri?

 
  
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  Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, se vi sono utilizzi impropri dei fondi strutturali in generale, la Commissione può intervenire, ma sussistono ovviamente la responsabilità e l’obbligo primari degli Stati membri per far avanzare la loro agenda politica e organizzare i propri sistemi di protezione sociale, ivi compresi quelli che riguardano i cittadini accolti negli istituti di cura per lungodegenti. La domanda è naturalmente: possiamo imporre un veto se gli Stati membri continuano a investire in maniera diversa? Voi sapete che i fondi strutturali sono spesi per un sistema di responsabilità condivisa tra Commissione e Stati membri. Spetta tuttavia agli Stati membri e alle loro regioni gestire i programmi e attuarli selezionando i programmi stessi e i progetti.

Nondimeno, anche se non possiamo imporre un veto, abbiamo già lavorato insieme agli Stati membri per modificare la loro politica. Per esempio, con il governo bulgaro abbiamo assunto per due anni un approccio governativo secondo cui il governo non si è avvalso del denaro per istituti residenziali, impegnandosi nel senso che non sarebbero stati spesi fondi comunitari per investire in istituti residenziali esistenti e gli eventuali investimenti in tali settori avrebbero seguito il principio della deistituzionalizzazione.

 
  
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  Ádám Kósa (PPE). (HU) Signor Presidente, in primo luogo, vorrei ringraziare la signora Commissario per la risposta e l’impegno profuso per la causa dei disabili. Avrei due domande correlate. Il problema principale in merito all’uso dei fondi strutturali è effettivamente emerso, ed è un problema che riguarda principalmente l’Europa orientale. In passato, castelli nazionalizzati nel periodo comunista accoglievano i disabili, specialmente in caso di disagio mentale. Uno dei problemi sta nel fatto che il denaro dei fondi strutturali è stato speso per ristrutturare tali castelli, dopodiché i castelli sono stati chiusi e i disabili trasferiti. Che cosa accadrà a questi immobili? La Commissione intende esaminare la questione in una prospettiva più ampia in riferimento al turismo e alla creazione di posti di lavoro?

 
  
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  Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sono perfettamente consapevole del fatto che un cambio di regime comporta anche un cambiamento nel modo in cui ci si accosta a quanto resta della politica passata.

Ovviamente spetta ai governi decidere come occuparsi dei propri istituti e se intendono ristrutturare i propri immobili per un’altra destinazione di uso. Posso soltanto dirvi che, in merito alla deistituzionalizzazione per integrare i disabili nella società e non lasciarli negli istituti, abbiamo cercato di rendere il personale della Commissione responsabile delle discussioni con gli Stati membri coscienti di tali aspetti.

Il 29 aprile 2010, la DG Regio ha organizzato un seminario per il personale della Commissione intitolato “La chiamereste casa?” nel corso del quale si sono illustrate le migliori e le peggiori prassi nell’uso dei fondi comunitari per lo smantellamento degli istituti di lungodegenza in maniera che il nostro personale potesse comprendere quali politiche occorre applicare per cercare di operare un cambiamento di mentalità nei contatti con le amministrazioni degli Stati membri.

Vi è stata un’ottima interazione tra la DG Regio e la DG Occupazione sugli ulteriori passi che si potrebbero compiere perché riteniamo che l’investimento del fondo sociale debba essere al servizio della popolazione in tali aree. Dovrebbe essere non soltanto utilizzato per la ristrutturazione degli alloggi, ma anche per la creazione di crescita e occupazione nelle aree interessate.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei portare alla sua attenzione quello che ritengo essere un argomento molto pertinente e specifico. Nel mio paese, la Grecia, e probabilmente anche in altri, a causa dei programmi di austerità, si sta tagliando la spesa sociale sospendendo spesso i fondi per centri e fondazioni che erogano servizi ai disabili.

Ho dinanzi agli occhi uno di tali esempi recenti: un unico centro che eroga servizi a persone, prevalentemente bambini, con problemi di vista e altre disabilità. Cinquanta bambini sono stati abbandonati al loro destino per mancanza di denaro. La domanda è: possono questi cinquanta bambini sperare che la fondazione benefici di finanziamenti nell’ambito del fondo sociale europeo? Che cosa possiamo fare in merito?

 
  
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  Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, è chiarissimo che nell’ambito della politica sociale gli Stati membri sono responsabili dell’organizzazione dei propri sistemi di protezione sociale, tra cui progettazione, finanziamento e controllo di qualità dei servizi erogati dagli istituti di cura per lungodegenti.

Non possiamo intervenire né costringere un governo a modificare la sua politica. Possiamo soltanto adottare misure generali per indurre un governo a occuparsi della sua popolazione.

Una delle cose che possiamo ovviamente fare con il fondo sociale è formare il personale e contribuire a occuparci meglio di tali persone, ma la decisione iniziale se avere una casa di cura spetta ai governi nazionali.

 
  
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Seconda parte

  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 21 presentata dall’onorevole Davies (H-0246/10).

Oggetto: Garantire gli obiettivi ambientali UE

Non ritiene la Commissione che eccessive discussioni interne alla UE e il mancato coordinamento di tutte le sue fonti diplomatiche a livello mondiale abbiano contribuito al mancato raggiungimento degli obiettivi sia alla conferenza UNFCCC di Copenaghen sul cambiamento climatico sia alla riunione delle Parti di CITES a Doha?

Può la Commissione indicare quali passi stia facendo per migliorare la propria programmazione e il proprio coordinamento per aumentare le proprie possibilità di garantirsi risultati positivi in occasione di future conferenze ambientali?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevole Davies, la sua interrogazione pone la questione importante dell’efficacia della diplomazia dell’Unione europea nei negoziati ambientali internazionali nel contesto dei risultati deludenti degli incontri di Copenaghen sul cambiamento climatico e di Doha sul commercio di specie a rischio di estinzione.

Ovviamente dobbiamo imparare una serie di lezioni da queste esperienze nel quadro delle corrispondenti disposizioni del trattato di Lisbona. Detto questo, per trarre una serie equilibrata di conclusioni per il futuro, penso che dobbiamo riconoscere che i motivi degli esiti di tali incontri sono molteplici e vanno analizzati caso per caso.

Non è naturalmente compito facile concordare una posizione comune tra 27 Stati membri che rappresentano 500 milioni di cittadini per negoziati internazionali su questioni complesse che hanno un impatto diretto sull’economia e la società dell’Unione europea. Nondimeno, sia per CITES sia per i negoziati sul cambiamento climatico, ciò non impedisce all’Unione di convenire una linea comune e svolgere una serie di attività di sensibilizzazione nei confronti dei suoi partner internazionali.

Per la Conferenza delle parti CITES, la posizione dell’Unione su molti aspetti è stata definita più di sei mesi prima della riunione, delegazioni dell’Unione e degli Stati membri hanno intrapreso attività di sensibilizzazione nel mondo su importanti proposte comunitarie concernenti squali e tigri e le discussioni all’interno dell’Unione prima e durante la Conferenza su tali argomenti sono procedute regolarmente. Tuttavia, riconosco pienamente che nel caso del tonno rosso tali condizioni purtroppo non sono state soddisfatte nella stessa misura.

Parlando in termini più generali, la Commissione ritiene che l’Unione sarà in grado di agire più efficacemente nell’ambito di CITES una volta che ne sarà membro di pieno diritto. La Commissione, pertanto, intensificherà i propri sforzi per convincere i paesi terzi che ancora non l’hanno fatto a ratificare l’emendamento Gaborone di CITES, che consente all’Unione di aderire alla convenzione.

Per quanto concerne i negoziati sul cambiamento climatico, il dibattito all’interno dell’Unione nel quadro di Copenaghen non è stato eccessivo e l’Unione ha notevolmente migliorato il coordinamento delle sue fonti diplomatiche nel mondo.

L’Unione ha condotto intense attività di sensibilizzazione nei confronti dei paesi terzi nell’imminenza di Copenaghen e ha preparato una posizione comune riguardante tutti i principali argomenti esponendola alla riunione di Copenaghen. Sempre nell’imminenza di Copenaghen, l’Unione si è avvalsa di molteplici iter coordinati della troika comunitaria in oltre 40 paesi, ha realizzato una serie di missioni comuni di sensibilizzazione della troika, nonché ha partecipato a vari dialoghi informali bilaterali e multilaterali. I suoi team negoziali tecnici hanno discusso e ulteriormente sviluppato le posizioni dell’Unione durante vari visite bilaterali in paesi terzi.

Guardando al di là degli esempi delle riunioni di Copenaghen e Doha, è importante prendere atto del fatto che uno degli obiettivi principali del trattato di Lisbona è rafforzare la voce dell’Unione nel mondo. L’attuazione del trattato di Lisbona segnatamente rafforzerà la rappresentanza esterna dell’Unione negli affari ambientali internazionali.

In tale ambito, il trattato incarica la Commissione del compito di garantire la rappresentanza esterna dell’Unione. Nel caso in cui il Consiglio ritenga politicamente opportuno che l’Unione si impegni in negoziati concernenti accordi internazionali, il trattato obbliga il Consiglio ad autorizzare la Commissione a condurre tali negoziati per conto dell’Unione su questioni che rientrano nella sfera di competenze comunitarie. Il Consiglio può affiancare a tale autorizzazione istruzioni negoziali.

Il Parlamento europeo sarà, come è ovvio, immediatamente e pienamente coinvolto in tutte le fasi della procedura.

La Commissione sta attualmente discutendo con gli Stati membri in sede di Consiglio come attuare tale quadro. In tali discussioni, la Commissione vigila attentamente sul fatto che l’attuazione del trattato di Lisbona effettivamente sfoci nel rafforzamento dell’unità e della coerenza della rappresentanza dell’Unione nei negoziati multilaterali. Qualunque altra interpretazione del trattato di Lisbona semplicemente rischia di indebolire, e di fatto indebolisce, la posizione dell’Unione sulla scena internazionale, il che sicuramente non è l’esito auspicato con il trattato di Lisbona.

É in gioco il futuro dell’organizzazione dell’Unione e la sua efficienza nei negoziati ambientali globali, e la Commissione conta sul sostegno del Parlamento al riguardo.

 
  
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  Chris Davies (ALDE).(EN) Signor Presidente, il Commissario e io condividiamo indubbiamente obiettivi e sostengo la Commissione nella sua battaglia con il Consiglio perché, guardando a conferenze come CITES, vedo i giapponesi che apparentemente si aggirano nelle varie ambasciate con una borsa di oro. La si potrebbe descrivere un’opera di sensibilizzazione.

Vorrei dunque porle una domanda specifica, visto che ha accennato al rafforzamento delle capacità diplomatiche dell’Unione. Quali riunioni avete organizzato od organizzerete con l’Alto rappresentante Ashton per discutere come è possibile inserire il servizio per l’azione esterna nel servizio della Commissione nel suo complesso in maniera da garantire che le nostre capacità diplomatiche siano sfruttate al massimo?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, rispondo alla domanda specifica posta dall’onorevole Davies dicendo che non abbiamo organizzato una riunione con l’Alto rappresentante Ashton in proposito. Penso che una cosa sia alquanto chiara per quel che riguarda CITES, specialmente in merito al tonno rosso: abbiamo compiuto una serie di errori di calcolo, se posso esprimermi in questi termini.

In primo luogo, la posizione della Commissione è stata semplicemente adottata troppo tardi. In secondo luogo, credo che la discussione in sede di Consiglio abbia avuto luogo in occasione dell’ultimo Coreper e, anche se discutessi la questione con l’Alto rappresentante, sarebbe comunque troppo tardi.

Ritengo pertanto che dovremmo imparare da queste esperienze. Tuttavia, come è stato giustamente sottolineato, questo è uno dei compiti che dovremo assolvere insieme e allo scopo dovremo avvalerci del nostro futuro – e come auspico perfettamente funzionante – servizio esterno.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 22 presentata dall’onorevole Dan Jørgensen (H-0255/10).

Oggetto: I mix di sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino

Studi danesi e tedeschi hanno dimostrato che i bambini, in particolar modo, sono esposti a un vero e proprio cocktail di diversi agenti chimici, composto principalmente da sostanze che hanno effetti nocivi sul sistema ormonale, quali i plastificanti ftalati. Tali dati scientifici implicano che la procedura di autorizzazione prevista da REACH per le singole sostanze chimiche che alterano il sistema ormonale, fondata sul principio per cui la concentrazione di tali sostanze non raggiungerebbe il livello di effetto corrispondente, non è più sicura né efficace, dal momento che, se combinati, questi agenti formano una miscela pericolosa.

In che modo intende la Commissione colmare questa lacuna all'interno delle disposizioni di REACH? E come intende garantire che le sostanze chimiche dannose per il sistema ormonale non siano autorizzate sulla base dell'erroneo presupposto per cui l'esposizione alle sostanze chimiche riguarda un solo agente alla volta?

Annuncio l’interrogazione n. 23 presentata dall’onorevole Fiona Hall (H-0265/10).

Oggetto: Misure UE concernenti gli interferenti endocrini (IE)

La strategia d’azione UE in merito alle sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino è stata adottata oltre dieci anni fa, essenzialmente come risultato di una relazione d’iniziativa del Parlamento europeo del 1997. Da allora la scienza ha evidenziato legami sempre più stretti tra alcuni interferenti endocrini e il cancro, una ridotta fertilità e possibili effetti sul comportamento e sullo sviluppo. Tuttavia, nonostante diverse dichiarazioni politiche a sostegno del piano d'azione UE sugli interferenti endocrini e il consenso su una lista delle priorità delle sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, non è ancora stata adottata alcuna misura concreta a livello UE al fine di eliminare tali sostanze dall’ambiente.

Intende la Commissione agire ora per avvalersi dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici e garantire che tali sostanze chimiche che comportano un alto rischio per la salute umana possano essere trattate come priorità nel quadro di REACH?

Quali misure concrete intende proporre la Commissione nella sua prossima relazione sull’applicazione della strategia UE sugli interferenti endocrini?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione è al corrente di una serie di studi riguardanti gli effetti combinati di varie sostanze chimiche. In particolare, alla fine del 2009 le autorità danesi hanno pubblicato i risultati di una serie di studi che hanno esaminato l’impatto cumulativo di diverse sostanze che alterano il sistema endocrino su gruppi sensibili quali bambini e lavoratrici, come rammentato nell’interrogazione.

Lo studio danese ha dato luogo alle conclusioni del Consiglio adottate nel dicembre 2009, in cui si è chiesto alla Commissione di valutare come la legislazione comunitaria corrente affronta gli effetti cumulativi di diversi interferenti endocrini e, in termini più ampi, analizzare il problema generale di come affrontare gli effetti cumulativi di questi tipi di sostanze chimiche.

In merito alla questione generale degli effetti cumulativi delle sostanze chimiche, la Commissione ha recentemente messo a disposizione in Internet una relazione attualizzata sulla tossicità dei mix risultata da uno studio di due anni finanziato dalla DG Ambiente.

Ora la Commissione sta consultando le parti interessate sulla relazione e ha anche presentato una richiesta formale sulla tossicità dei mix al Comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali, al Comitato scientifico dei rischi sanitari emergenti e recentemente identificati e al Comitato scientifico dei prodotti di consumo.

Al massimo entro l’inizio del 2012 la Commissione, sulla base dello studio e del relativo processo di consultazione, finalizzerà una relazione in cui si valuterà come e se la corrispondente legislazione comunitaria esistente, tra cui REACH, affronta adeguatamente i rischi derivanti dall’esposizione a molteplici sostanze chimiche derivanti da diversi percorsi e fonti e, su tale base, stabilirà le modifiche, gli orientamenti e i metodi di valutazione appropriati.

Dall’avvio della strategia comunitaria sugli interferenti endocrini nel 1999, abbiamo notevolmente investito nel quadro del bilancio comunitario per la ricerca allo scopo di migliorare la nostra comprensione dei meccanismi attraverso i quali le sostanze incidono sul funzionamento dei sistemi endocrini. Nello stesso periodo, abbiamo incluso misure specifiche per affrontare la questione degli interferenti endocrini in due normative fondamentali della legislazione sulle sostanze chimiche, REACH e il regolamento sui prodotti fitosanitari. La Commissione ha inoltre partecipato attivamente a iniziative internazionali per sviluppare metodi e strategie di prova per l’identificazione degli interferenti endocrini.

Infine, la Commissione ha recentemente intrapreso un importante studio per consolidare tutte le ultime informazioni scientifiche e formulare raccomandazioni in merito alle strategie di prova e ai criteri per l’identificazione delle sostanze con proprietà che alterano il sistema endocrino. Lo studio sarà ultimato entro la seconda metà del prossimo anno. I risultati di tale studio saranno tenuti presenti nella revisione della strategia comunitaria esistente in materia di interferenti endocrini, oltre a fornire input per l’attuazione della legislazione comunitaria esistente, e intendo sia il regolamento sui prodotti fitosanitari sia REACH.

Pertanto, in sintesi, la Commissione è consapevole della gravità delle questioni sollevate nelle due interrogazioni e sta lavorando intensamente per affrontarle nella maniera più efficace. Non è un compito facile perché mancano ancora molte conoscenze, ma è sicuramente un problema complesso che merita la nostra attenzione e la massima considerazione in futuro.

 
  
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  Dan Jørgensen (S&D).(DA) Signor Presidente, signor Commissario, lei ha detto che nel 2012 presenterete una relazione in cui giungerete a una conclusione in merito all’esistenza o meno di motivi per rivedere la legislazione alla luce del fatto che non considera gli effetti cocktail. Al riguardo, posso risparmiarle fatica perché siamo già ora in grado di confermarle che è così. La legislazione non considera gli effetti cocktail. Chi di noi ha lavorato su REACH e chi conosce REACH nel dettaglio, come lei, signor Commissario, sa fin troppo bene che gli effetti cocktail semplicemente non sono stati presi in considerazione per quanto riguarda le sostanze più pericolose: sostanze cancerogene e sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino. Inoltre, REACH si basa su due principi fondamentali: il principio di precauzione e il principio della protezione dei consumatori più vulnerabili del nostro mercato, in altre parole, tra l’altro, bambini e donne in stato interessante. Pertanto, la Commissione ora non dovrebbe presentare proposte per rivedere REACH e forse anche altri tipi di normative per stabilire che gli effetti cocktail devono essere considerati nel processo di autorizzazione sulla base del principio di sostituzione?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, come ho detto, il vero problema in tale ambito è la mancanza di fatti e conoscenze scientifiche solide. L’onorevole Jørgensen ha giustamente citato il principio di precauzione. Siamo obbligati dal trattato a rispettare le misure di precauzione anche nel campo dell’ambiente, ma comunque vorrei avere il maggior numero di dati possibile e basare le proposte su dati scientifici quanto più solidi possibile.

Dal 1999, anno in cui è stato assunto tale approccio, abbiamo già condotto 84 studi nella Comunità che hanno coinvolto circa due milioni di soggetti. Tuttavia, quando ne ho discusso con i miei colleghi ieri per delineare brevemente i dettagli, il loro messaggio principale è stato di fatto esattamente questo: ci mancano ancora conoscenze per giungere a misure molto concrete. Posso tuttavia rassicurarvi che in futuro mi occuperò attivamente della questione.

 
  
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  Fiona Hall (ALDE).(EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Commissario per la sua replica, ma provo un sentimento di immensa frustrazione perché sono 13 anni che analizziamo la questione: 84 studi in 13 anni. Vi sono alcune categorie della popolazione, specialmente i feti, che sono estremamente vulnerabili a tali sostanze chimiche e le alterazioni si sono dimostrate irreversibili, per cui la vita della gente ne è stata compromessa sin da prima della nascita.

Visto ciò è stato detto in merito al principio di precauzione, cosa impedisce alla Commissione di elencare perlomeno i nomi REACH affinché si bandiscano tali sostanze?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, potrei di fatto ripetere la risposta già data. Il fatto è che quando parliamo del principio di precauzione, ritengo che sia estremamente importante come lo consideriamo e che cosa pensiamo che sia nell’ambito di tale attività. Vorrei semplicemente che venissero raccolti più dati. Con lo studio intrapreso, non abbiamo avviato l’indagine attraverso la quale vorremmo ottenere la conoscenza cumulativa di ciò che abbiamo maturato attraverso i programmi comunitari di ricerca, bensì un quadro di tutto quello che esiste in merito, tutte le conoscenze disponibili a livello globale. Questo è il nostro unico intento, ma posso comprendere perfettamente la sua frustrazione. Come lei sa, mi occupo di tale ambito da sei mesi e sicuramente analizzerò meglio ogni aspetto da voi sottolineato per cercare di capire come gestire al meglio la questione in futuro.

 
  
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  Lena Ek (ALDE).(EN) Signor Presidente, gli attuali regolamenti comunitari sui materiali a contatto con gli alimenti ancora consentono livelli alquanto elevati di bisfenolo A. Di conseguenza, vi è il rischio che possa migrare negli alimenti o, in caso di abitudini di consumo più frequente che comportano l’esposizione quotidiana, anche nel corpo.

Come i risultati del parere dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che doveva essere presentato per la fine di maggio 2010 – credo che a questo punto lo sia stato – saranno tenuti presenti per le future azioni sul bisfenolo A nell’ambito di REACH? Penso ai nostri neonati, alle nostre bottiglie e così via.

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, come tutte le conoscenze scientifiche che stiamo acquisendo, ovviamente se ve ne sono al riguardo, ne terremo seriamente conto nel predisporre le future azioni politiche o nello spiegare come dovremmo operare attraverso l’attuale legislazione in materia.

Pertanto, semplicemente, passo per passo, dovremmo migliorare la qualità delle conoscenze disponibili, che in tale ambito sono carenti. Il problema è grave e, acquisite tali conoscenze, posso assicurarvi che agiremo.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 24 presentata dall’onorevole Kelly (H-0256/10).

Oggetto: Attuazione della direttiva sulle alluvioni

Può la Commissione fornire un quadro aggiornato sull’attuazione della direttiva sulle alluvioni (2007/60/CE(1)), con particolare riferimento all'Irlanda?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, onorevole Kelly, la direttiva sulle alluvioni è stata adottata nel 2007 e il processo di attuazione è in corso. Nell’ultimo mese nuove alluvioni ci hanno rammentato le gravi conseguenze di tali catastrofi e l’importanza della gestione del rischio di alluvione, che si concentra su prevenzione, preparazione e protezione.

La direttiva sulle alluvioni impone a tutti gli Stati membri di elaborare piani completi per ridurre i rischi di alluvione. Aspetto importante, il pubblico e le parti interessate vanno consultati in merito a tali piani e gli Stati membri devono collaborare nelle acque transfrontaliere. Le prime due scadenze di attuazione sono già giunte.

In primo luogo, il recepimento legale nel diritto nazionale, che doveva essere effettuato entro novembre 2009. A oggi, 12 Stati membri, tra cui l’Irlanda, hanno rispettato il termine. Dieci Stati membri non hanno ancora notificato il recepimento della direttiva e cinque hanno notificato soltanto un suo recepimento parziale. La Commissione sta portando avanti procedure di infrazione in risposta a tale situazione.

In secondo luogo, la notifica da parte degli Stati membri alla Commissione delle soluzioni amministrative, il cui termine scade il 26 giugno di quest’anno. Ventitre Stati membri, tra cui l’Irlanda, hanno proceduto alla notifica. La Commissione sta ora verificando che tutte le informazioni corrispondenti sulle autorità responsabili e la copertura geografica delle unità di gestione siano conformi alla direttiva. Le principali tappe a livello di attuazione non sono ancora imminenti.

In tutta l’Unione europea, gli Stati membri stanno preparando tali passi, ossia: in primo luogo, lo svolgimento di una valutazione di rischio di alluvione preliminare nel 2011 e l’identificazione delle aree a potenziale rischio notevole di alluvione; in secondo luogo, la preparazione di dettagliate mappe di pericolo di alluvione e rischio di alluvione entro il 2013; in terzo luogo, l’elaborazione dei primi piani di gestione del rischio di alluvione nel 2015. Anche pubblico e parti interessate devono essere consultati in merito a tali piani prima che siano adottati.

Per quanto concerne l’Irlanda, sappiamo che l’attuazione procede regolarmente e non abbiamo motivo di ritenere che sia in ritardo nell’applicazione della direttiva. L’Irlanda ha notificato la legislazione di recepimento della direttiva e ha comunicato le soluzioni amministrative. Apprezziamo inoltre il fatto che l’Irlanda ha già intrapreso esercizi pilota nel bacino del fiume Dodder nella zona di Dublino, nonché nel bacino del fiume Lee a sud del paese, dove è stato preparato e sottoposto a consultazione pubblica un progetto di piano di gestione del rischio di alluvione del bacino.

L’Irlanda svolge anche un ruolo attivo a livello europeo nella promozione di un prezioso scambio di informazioni tra Stati membri su argomenti vari correlati all’attuazione della direttiva, come le modalità di gestione delle esondazioni istantanee e di origine pluviale, la mappatura delle alluvioni e lo sviluppo di piani di gestione del rischio di alluvioni.

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(EN) Signor Presidente, sarò breve per rispetto degli altri. Innanzi tutto, signor Commissario, la ringrazio per la risposta completa ed estremamente dettagliata, che apprezzo moltissimo. Ho soltanto un’ulteriore domanda. Nel caso dei paesi che non rispettano i termini, la Commissione non prenderebbe in esame l’eventualità di mettere a disposizione il fondo di solidarietà qualora si verifichi un’alluvione in futuro, o in passato, visto che abbiamo una richiesta proprio adesso riguardante un’alluvione?

 
  
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  Gay Mitchell (PPE).(EN) Signor Presidente, prendo atto di quanto è stato detto in merito allo scambio di informazioni e, in particolare, in riferimento alle esondazioni istantanee. Vivo vicino al fiume Dodder a Dublino e i fiumi relativamente piccoli possono essere causa di terribili devastazioni nelle città in un arco di tempo relativamente breve.

Posso chiedere che venga predisposto un manuale che includa aspetti come, per esempio, la verifica che le chiuse siano pulite e non ostruite da detriti, poiché sono proprio circostanze come queste che possono causare danni del genere. Se avessimo un manuale, le autorità locali sarebbero tenute ad applicarlo, ma sarebbe anche una buona prassi che potrebbe essere condivisa nell’Unione europea e incoraggerebbe tali comportamenti virtuosi.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D).(RO) Signor Presidente, per la prevenzione e la gestione delle alluvioni è necessario che siano risolti i problemi legati ai fiumi dell’Unione europea a livello transnazionale e che si effettuino ingenti investimenti.

Vorrei chiedere alla Commissione se sta prendendo in esame la possibilità di elaborare una politica comune sulle acque interne, sulla falsariga della politica marittima comune, che affronti in maniera integrata la pianificazione territoriale, la salvaguardia ambientale, la protezione dell’ambiente marino, il trasporto marittimo e lo sviluppo delle aree confinanti con acque interne o delle regioni costiere.

 
  
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  Jim Higgins (PPE).(GA) Signor Presidente, l’alluvione di quest’estate ha causato molti danni in Irlanda, specialmente a infrastrutture, esercizi commerciali e abitazioni per un costo complessivo di quasi 1 miliardo di euro.

Tuttavia, non è possibile imputarne la colpa soltanto alla pioggia; il più grande problema in Irlanda è stato che i corsi di acqua non sono stati sottoposti a manutenzione. La direttiva sui corsi di acqua è molto importante. Inoltre, molti danni sono stati subiti e ancora lo sono dalla fauna selvatica, specialmente gli uccelli rari, perché neanche la direttiva sugli uccelli è stata attuata.

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto molti di voi hanno parlato di fondi. Vi sono due possibilità: una è la prevenzione ed entra in gioco il fondo di coesione; l’altra riguarda i fondi a livello europeo, e mi riferisco a Interreg e a tutte le attività correlate.

Quando si verifica una calamità, vi è sicuramente poi un’altra possibilità, citata da un parlamentare, segnatamente il fondo europeo di solidarietà. Il fondo europeo di solidarietà ha orientamenti molto chiari per quanto concerne il suo utilizzo e la natura dei danni. Nel caso della domanda presentata dall’Irlanda per usufruire del fondo di solidarietà, i danni causati sono stati inferiori alla soglia, ma la Commissione sta vagliando la richiesta.

Se l’entità dei danni è inferiore alla soglia normale del 0,6 per cento per la mobilitazione del fondo di solidarietà, è necessario che siano soddisfatti i criteri specifici per la mobilitazione straordinaria. Se questo dovesse essere il caso, sarà possibile garantire l’assistenza. Tuttavia, non dovremmo semplicemente mescolare le due cose, lo scopo di una e lo scopo dell’altra.

Concordo anche con la condivisione delle migliori prassi, aspetto citato, e penso sia importante che i piani di gestione siano predisposti in maniera adeguata e corretta. Quanto all’effetto transfrontaliero, siamo decisamente a sostegno di ciò nella direttiva quadro sulle acque. L’approccio del bacino fluviale è un approccio che guarda al di là dei confini e sta creando una sorta di collegamento nel cui ambito gli Stati membri dovrebbero collaborare. Sono dunque chiamati a collaborare e di fatto tenuti a farlo nel predisporre le loro soluzioni transfrontaliere.

Vorrei infine rammentare che nel 2012 intendiamo produrre un piano di azione sulle acque e la loro gestione. Nell’ambito di tale piano di azione, vi saranno tre argomenti che vogliamo affrontare. Uno dei temi ai quali dedicheremo la nostra attenzione sarà quello delle siccità.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 25 dell’onorevole Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (H-0262/10).

Oggetto: Revisione della direttiva 85/337/CEE concernente la VIA)

Di tanto in tanto ci giunge notizia di problemi che si manifestano nel corso della pianificazione e dell'attuazione di grandi progetti infrastrutturali, in particolare nel settore energetico. La maggior parte dei problemi sono dovuti alla mancanza di trasparenza e di imparzialità nelle valutazioni di impatto ambientale di tali progetti. Come evidenziato dalla recente relazione della Commissione, la legislazione in vigore (direttiva 85/337/CEEhttp://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+QT+H-2010-0262+0+DOC+XML+V0/) non garantisce una reale indipendenza di tali valutazioni ambientali. Vi sono due alternative per quanto riguarda questo problema: un migliore coinvolgimento della Commissione nella procedura di valutazione ambientale o la garanzia che il finanziamento della valutazione ambientale non dipenda da coloro che hanno concepito il progetto oggetto di valutazione.

Può dire la Commissione quando prevede di presentare il testo rivisto della direttiva sulla VIA? Quale soluzione intende adottare per assicurare l'indipendenza della valutazione ambientale?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, è vero che secondo la direttiva sulla valutazione di impatto ambientale (VIA), la responsabilità della raccolta delle informazioni ambientali necessarie e della loro presentazione alle autorità pubbliche spetta a chi ha concepito il progetto. Tuttavia, ciò non comporta un processo VIA parziale e poco trasparente in quanto la direttiva contiene diverse misure di salvaguardia che garantiscono una valutazione ambientale trasparente e obiettiva dei progetti.

Tali meccanismi di salvaguardia sono rinvenibili, in primo luogo, nella descrizione delle informazioni minime da includere nella relazione concernente la valutazione di impatto ambientale richiesta dalla direttiva VIA e, in secondo luogo, nelle consultazioni con le autorità competenti in materia di ambiente e il pubblico. Di fatto, tutte le informazioni fornite da chi a concepito il progetto devono essere rese note alle autorità competenti in materia di ambiente e al pubblico, che devono essere consultati.

L’accuratezza di tali informazioni può essere contestata in qualunque momento delle consultazioni prima che venga presa la decisione definitiva. Ciò significa che le autorità competenti in materia di ambiente possono avvalersi della loro capacità per procedere a una valutazione adeguata delle informazioni fornite, mentre organizzazioni non governative e parti interessate possono, e molto spesso lo fanno, contestare l’intera valutazione sulla base dei dati resi noti nel caso in cui non rispecchino la reale situazione o chiaramente omettano di conformarsi ai requisiti delle disposizioni della direttiva VIA. La decisione finale di concedere o negare l’autorizzazione alla realizzazione del progetto deve tenere presente gli esiti delle consolazioni e le informazioni raccolte, nonché contenere i principali motivi su cui si basa. Anche tutto questo deve essere messo a disposizione del pubblico.

Tuttavia, a essere onesti, la sua interrogazione è molto pertinente. Dopo più di 20 anni di attuazione, abbiamo individuato gli ambiti in cui occorrono miglioramenti e siamo giunti alla conclusione che la direttiva VIA dovrebbe essere rivista. Il mio obiettivo è presentare un testo che migliori ulteriormente la protezione ambientale, tenga conto delle sfide esistenti nel campo del cambiamento climatico, dell’energia e della biodiversità, integri la giurisprudenza della Corte di giustizia europea e semplifichi per quanto possibile le procedure esistenti.

In tale contesto, la qualità complessiva delle valutazioni ambientali sarà una questione centrale e vi è sicuramente margine di miglioramento. D’altro canto, il controllo di qualità della documentazione VIA presentata da chi ha concepito il progetto potrebbe essere migliorato, come anche si potrebbe migliorare la qualità del processo VIA in sé.

I miei servizi hanno già iniziato a lavorare sulla revisione della direttiva VIA. Per la fine di giugno sarà avviata un’ampia consultazione del pubblico e delle parti interessate e voi siete ovviamente invitati a parteciparvi per esprimere le vostre posizioni.

Una volta che disporremo di tutti i dati e le informazioni pertinenti, la Commissione individuerà le alternative politiche appropriate per modificare la direttiva VIA, compresi i modi per garantire l’indipendenza delle valutazioni ambientali. Qualunque proposta della Commissione dovrà essere oggetto di una valutazione di impatto legislativo. Non sono ancora in grado di indicarvi una data per la proposta della Commissione, ma la mia intenzione è chiaramente presentare tale proposta nell’arco del mio mandato, meglio prima che dopo, sebbene naturalmente vi sia ancora un lavoro abbastanza impegnativo da svolgere prima di allora.

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE).(LT) Signor Presidente, questo problema è importante per gli Stati membri, importante nel senso dei progetti attuali localmente negli Stati membri e importante in termini di progetti internazionali, di cui un esempio potrebbero essere forse i progetti infrastrutturali per l’energia come il progetto Nordstream nel Baltico. Come ha detto, la società ha il diritto di partecipare e gli operatori dovrebbero tenere conto delle sue preoccupazioni, ma in qualche modo non si sono tenute presenti neanche le informazioni fornite da esperti indipendenti. Per questo oggi stiamo discutendo in merito alla necessità di istituire un meccanismo di valutazione di impatto indipendente e vorrei chiedere se il Commissario ritiene che la Commissione europea possa influire sul diritto nazionale degli Stati membri in merito o, ipotizzando che si tratti di un progetto internazionale, intervenire direttamente in tali ambiti?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, in sintesi, ancora una volta avete ragione. Se il progetto o l’investimento non ha effetti transfrontalieri, è decisamente chiaro come la cosa andrebbe fatta. Qui la sussidiarietà è manifestamente in gioco e non avrei nulla da aggiungere.

Se il processo è trasparente, se tutti possono avere una posizione, e questo per inciso era l’intento delle modifiche apportate alla direttiva VIA in passato e, nel 2003, si è operato un allineamento con la convenzione di Aarhus che dovrebbe assicurare proprio questo, allora il processo dovrebbe condurre a quanto voi dite.

Le cose sono un po’ più complicate quando si parla di transfrontaliero. Ciò che la direttiva attualmente chiede in merito al transfrontaliero è che vi siano negoziati o un migliore scambio di informazioni con le parti interessate. Questo dovrebbe già avvenire nell’ambito della convenzione EPSA, ma se riguarda gli Stati membri dell’Unione europea, si applica la direttiva VIA.

A essere franchi, la Commissione ha più o meno un ruolo procedurale in tale contesto. Noi dobbiamo preoccuparci che tutte le procedure necessarie siano tenute presenti, procedure che idealmente dovrebbero condurre a una valutazione di impatto indipendente eseguita prima da chi ha concepito il progetto, verificata se del caso, e analizzata dalle autorità degli Stati membri. Questo è ciò che garantiamo. Va aggiunto che abbiamo introdotto due elementi importanti includendo il concetto della VIA. Uno è che l’ambiente è preso serialmente in considerazione quando si effettua qualunque genere di investimento; l’altro è che la consultazione pubblica di cui parlavamo avviene in tutti i casi, per cui il processo è trasparente. A ogni modo, siete nel giusto. Penso che la questione, o ciò che implicitamente emerge dal vostro ragionamento, sia uno dei temi che a mio avviso andrà affrontato in futuro, nella revisione della direttiva VIA, ma ora non sono in grado di rispondervi in merito all’orientamento che assumeremo. La discussione sta appena iniziando e sicuramente in futuro analizzerò questi dettagli.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, sarò estremamente breve. Volevo semplicemente chiedere perché si è deciso di formulare cinque interrogazioni a un Commissario e una sola a un altro.

Vi è qualche motivo per tale decisione? Sarebbe legittimo aspettarsi che a ogni Commissario vengano poste due o tre interrogazioni. Gradirei soltanto conoscere il motivo di questa scelta.

 
  
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  Presidente. – Dipende dall’ordine in cui le interrogazioni sono state presentate.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE).(EN) Signor Presidente, che ne è del Commissario Dalli? Non gli verrà formulata nessuna interrogazione? Se omettiamo del tutto un Commissario, non mi pare che il Tempo delle interrogazioni sia gestito in maniera molto corretta.

 
  
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  Presidente. – Infatti, abbiamo interpellato due Commissari.

 
  
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  Malcolm Harbour (ECR).(EN) Signor Presidente, vorrei che riferisse all’Ufficio, e parlo in veste di presidente della commissione per il mercato interno, che due Commissari rilevanti per la mia commissione non hanno avuto la possibilità questa sera di rispondere a interrogazioni da parte di membri della mia commissione e altri.

Se sapevate al principio della seduta, come lei chiaramente sapeva e sapeva anche il segretariato delle sessioni, che il tempo sarebbe stato limitato, prima di tutto era assolutamente inutile accogliere le due interrogazioni iniziali che non erano assegnate a nessun Commissario. I membri di quest’Aula presentano interrogazioni rivolte specificamente ai Commissari presenti, per cui si sarebbero potute direttamente saltare quelle due interrogazioni. Se tale situazione dovesse verificarsi nuovamente, suggerisco di modificare opportunamente le disposizioni del regolamento in merito.

In secondo luogo, si sapeva perfettamente quanto tempo avremmo avuto a disposizione; pertanto, si sarebbero dovute ripartire le interrogazioni tra i tre Commissari che si sono premurati di usarci la cortesia di venire in Parlamento. É oltraggioso che questa Camera ignori il fatto che due Commissari sono venuti qui e ora non avranno tempo a disposizione. Pertanto, in veste di presidente di una commissione, insisto affinché lei, Presidente di questa seduta, riferisca compiutamente in merito all’Ufficio ed esprima il nostro grande disappunto per costernante organizzazione di questa seduta.

 
  
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  Presidente. – In ogni camera del mondo, il Tempo delle interrogazioni si esaurisce, ed è ciò che è accaduto stasera. Accade sempre.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE).(EL) Signor Presidente, anch’io vorrei rilevare che il tempo non è stato distribuito in maniera razionale. Avevo una riunione in commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale con relative votazioni. Ho dovuto lasciare la commissione per l’agricoltura e le votazioni per essere presente a questo momento di controllo parlamentare. É evidente che il tempo non è stato suddiviso correttamente tra le parti che partecipano al controllo parlamentare. Lei ha accolto interrogazioni supplementari in maniera molto flessibile. Penso che dovremmo dare prova ai Commissari in generale e al Commissario Barnier di un certo rispetto. Ce lo impone l’ordine parlamentare. Lo dico a lei, signor Presidente, per il quale nutro molto rispetto personale. Lei viene da un paese in cui è nata la moderna democrazia parlamentare. Tuttavia, la democrazia parlamentare ha un ordine, regole e principi. Sono veramente dispiaciuto per quanto è accaduto questa sera. É un disonore per tutti, un disonore per il Parlamento e un disonore per l’Ufficio, signor Presidente.

 
  
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  Presidente. – Di fatto abbiamo iniziato tardi perché alcuni Commissari e alcuni parlamentari non erano presenti. Ciò ha contribuito a tale situazione.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE).(DE) Signor Presidente, ho partecipato a ogni Tempo delle interrogazioni dal 1994, ma non ho mai assistito a uno scandalo di questa portata. La corretta procedura vorrebbe che se si riduce il tempo di parola, lo si fa per ogni Commissario.

Ho presentato la prima interrogazione al Commissario Dalli, per cui ero certo che sarebbe arrivato il mio turno. Mentre noi discutiamo, il Presidente Barroso sta parlando al mio gruppo. Ho lasciato quell’incontro tre quarti d’ora fa e sono stato qui seduto per 45 minuti in attesa del mio turno. Mi consenta di dire che avrebbe dovuto informarmi che si sarebbe verificata una siffatta situazione. Non posso esimermi dal sottolineare che sono in disaccordo con tale procedura e la prego di non abbreviare ulteriormente il Tempo delle interrogazioni. É la cosa più importante in un parlamento. Non siamo una macchina distributrice di voti per l’establishment! Ogni singolo membro del Parlamento al il diritto di partecipare al Tempo delle interrogazioni. É un diritto fondamentale che abbiamo acquisito dal sistema parlamentare britannico, in particolare.

 
  
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  Presidente. – Come ho detto, in tutte le camere, in tutti i paesi, il Tempo delle interrogazioni si esaurisce, e il nostro tempo si è esaurito. Sono in procinto di annunciare l’ultima interrogazione.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’interrogazione n. 27 dell’onorevole Van Brempt (H-0301/10).

Oggetto: Direttiva sull'avifauna e sugli habitat naturali

La direttiva sull’avifauna (79/409/CEE(2)) e la direttiva sugli habitat naturali (92/43/CEE(3)) sono permanentemente esposte a pressioni. Fa parte del bon ton, infatti, affermare che esse sono di ostacolo allo sviluppo economico. Ciononostante, l'esempio del porto di Anversa dimostra il contrario. Quasi l'intera area portuale è indicata quale zona di protezione speciale a norma della direttiva sull'avifauna, eppure la protezione della natura e lo sviluppo economico vi procedono di pari passo, come di recente ha potuto constatare personalmente il Commissario stesso. Alla luce delle pressioni miranti ad allentare le suddette direttive, può la Commissione far conoscere, in quest'Anno della biodiversità, qual è la sua opinione sulle direttive sull'avifauna e gli habitat naturali?

Concorda essa con il Presidente Barroso il quale, in una lettera al Primo ministro Balkenende, ha indicato che non è necessaria una revisione delle suddette direttive bensì, al contrario, la stabilità nel quadro giuridico in questione e che tali direttive lasciano ampio margine allo sviluppo economico?

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. – (EN) La direttiva sull’avifauna e la direttiva sugli habitat naturali, nella loro forma attuale, garantiscono la necessaria flessibilità per assicurare la compatibilità tra la protezione della natura e lo sviluppo economico. La Commissione non ritiene che in questa fase una revisione sarebbe giustificata. I motivi sono i seguenti.

La legislazione comunitaria sulla natura definisce un modello globale per la sua salvaguardia ispirato dalla scienza, legalmente applicabile e basato sugli ecosistemi come unità di base. La rete Natura è uno dei sistemi più avanzati, estesi e flessibili di protezione della natura esistenti al mondo. É uno dei principali successi della politica ambientale dell’Unione europea.

La biodiversità è una priorità ambientale essenziale per la Commissione nel suo attuale mandato. Nel marzo di quest’anno, il Consiglio ha ribadito che le zone protette e le reti ecologiche sono una chiave di volta dei nostri sforzi per preservare la biodiversità e ha sottolineato la necessità di dare piena attuazione alle direttive sull’avifauna e gli habitat naturali accelerando il completamento della rete Natura 2000.

Attualmente siamo in una fase cruciale dell’attuazione della legislazione. In tutta Europa, il processo di designazione dei siti di Natura 2000 è quasi ultimato e la priorità ora è garantire che la rete Natura 2000 sia gestita in maniera efficiente e adeguatamente finanziata affinché possa conseguire pienamente i propri obiettivi.

La direttiva comunitaria sugli habitat naturali è uno strumento unico, flessibile, che consente ad agricoltura, pesca, silvicoltura, caccia e anche importanti progetti di sviluppo di espletare le proprie attività in maniera da non distruggere il valore ecologico del nostro patrimonio naturale. I siti della rete Natura sono aree vietate in cui si devono escludere attività umane e sviluppo economico. La maggior parte dei siti è costituita da paesaggi viventi forgiati da anni di intervento umano. La designazione di un sito per il suo inserimento nella rete Natura non significa che le attività economiche che vi vengono svolte debbano essere congelate. Viceversa, vi sono molti esempi come il porto di Anversa, dove mi sono recato di recente e citato anche nell’interrogazione, in cui lo sviluppo economico prosegue con successo a fianco della salvaguardia della natura. La corretta attuazione delle disposizioni delle direttive sulla natura, una precoce integrazione delle preoccupazioni ambientali nel processo di pianificazione e un’ampia informazione con il coinvolgimento di tutti gli interessati sono fondamentali per queste storie di successi.

Infine, visto che non abbiamo conseguito l’obiettivo politico di arrestare la perdita di biodiversità nel 2010, dovremo analizzare i motivi del nostro insuccesso e, in tale contesto, valutare anche nel dettaglio se l’attuazione della nostra legislazione esistente è efficace nel garantire la protezione della biodiversità e riflettere sui miglioramenti eventualmente da apportare.

 
  
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  Kathleen Van Brempt (S&D).(EN) Signor Presidente, sarò estremamente breve; questa era la risposta che volevo sentire. Penso che tutte le organizzazioni ambientaliste e molti attori economici che reputano questa un’ottima direttiva saranno molto lieti di sentire queste sue parole.

 
  
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  Presidente. – Le interrogazioni alle quali non è stata data risposta per mancanza di tempo riceveranno risposta scritta (cfr. allegato).

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.

(La seduta, sospesa alle 20.35, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  

(1) GU L 288 del 6.11.2007, pag. 27.
(2) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.
(3) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7.


16. Aspetti di genere della recessione economica e della crisi finanziaria - Valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 e raccomandazioni future - Carta dei diritti della donna - seguito (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L'ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

– la relazione presentata dall’onorevole Romeva i Rueda, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sugli aspetti di genere della recessione economica e della crisi finanziaria [2009/2204(INI)] (A7-0155/2010),

– la relazione presentata dall’onorevole Figueiredo, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sulla valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 e raccomandazioni per il futuro [2009/2242 (INI)] (A7-0156/2010), e

– l’interrogazione orale degli onorevoli Gurmai e Thomsen, a nome del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, gli onorevoli Figueiredo e Svensson, a nome del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, l’onorevole Parvanova, a nome del gruppo dell'Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l'Europa, l’onorevole Cornelissen, a nome del gruppo Verde/Alleanza libera europea alla Commissione sulla Carta dei diritti della donna – seguito [2010/2692(RSP)] (O-0059/2010 – B7-0305/2010).

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, relatore.(ES) Signor Presidente, vorrei ringraziarla per avermi concesso l’opportunità di discutere di questo tema. Desidero iniziare porgendo una domanda che, pur nella sua semplicità, sottolinea, a mio avviso, molto bene il problema che affrontiamo oggi: se Lehman Brothers si fosse chiamato Lehman Sisters, ci troveremmo comunque qui a parlare di questo tema? Non lo sappiamo, perché la realtà è diversa, ma è evidente che la situazione sarebbe stata molto differente da quella che oggi caratterizza, invece, il contesto di questa stretta finanziaria e della crisi economica e finanziaria.

Gli economisti, femministi e tradizionali, sono tendenzialmente tutti d’accordo nel ritenere che la crisi odierna sia stata causata da una serie di istituzioni che sono fondamentalmente, sostanzialmente, gestite da uomini. Esistono dunque dati oggettivi che attribuiscono la responsabilità diretta di questa situazione agli uomini.

É impossibile stabilire se la situazione sarebbe stata la stessa laddove la maggioranza fosse stata costituita da donne piuttosto che da uomini, ma ritengo che, indubbiamente, ci sarebbero state delle differenze, sia rispetto alle cause e alla gestione della crisi, che nella fase attuale di ripresa.

Credo che sia importante sottolineare un ulteriore aspetto rilevante: ad esempio, le agenzie finanziarie che hanno un numero superiore di donne nelle posizioni dirigenziali sono state colpite meno duramente da questa crisi. Ritengo che questo dato ci imponga di fermarci a riflettere, ed è quanto abbiamo fatto con la presente relazione.

In una certa misura, ci riproponiamo di evidenziare che, oltre a costituire un problema grave, questa crisi può e deve essere un’opportunità per correggere alcuni degli aspetti che ci hanno indotto a intraprendere un percorso palesemente sbagliato. Uno dei problemi è rappresentatao dall’adozione di politiche scorrette, caratterizzate, in molti casi, dalla mancanza di parità.

A questo proposito vorrei identificare ed illustrare chiaramente in che modo le risposte politiche alla crisi sono state carenti. Non stanno sfruttando questa opportunità: ad esempio, non si è mai fatto ricorso ad una prospettiva di genere nella cosiddetta “prospettiva post-Lisbona”, ovvero la strategia “UE 2020”. Fino ad ora, almeno, non vi è stato uno slancio esplicito rivolto a delle politiche macroeconomiche e ad orientamenti generali sull’occupazione che stabilissero una prospettiva di genere chiara e manifesta. Non bastano le dichiarazioni, noi puntiamo a degli impegni concreti.

L’obiettivo della presente relazione è quello di avviare, quanto meno, una discussione e sollevare degli interrogativi che riteniamo importanti. Siamo consapevoli che vi sono alcuni Stati membri, alcuni governi – incluso il governo spagnolo che ricopre attualmente la Presidenza – che hanno condotto una discussione su questo tema, evidenziandone alcuni aspetti importanti. Desidero riconoscerlo e sottolinearlo, nonché sostenere le future Presidenze che desidereranno affrontare tematiche analoghe.

Credo, tuttavia, che sia necessario analizzare anche un altro aspetto. Se vogliamo realmente correggere alcuni degli errori commessi, è importante riconoscere che le cause comprendono una serie di elementi centrali, il primo dei quali è la mancanza della volontà politica, necessaria per definire delle politiche chiare in materia di parità.

Nella relazione, pertanto, chiediamo in primo luogo che ci sia la volontà politica; in secondo luogo l’immaginazione, elemento degno di nota; in terzo luogo, aspetto centrale nella relazione, misure concrete, chiare e, se lo vorrete, vincolanti e obbligatorie. Ne abbiamo abbastanza delle buone intenzioni.

Abbiamo bisogno di un impegno evidente e, permettetemi di ripetermi, un impegno vincolante e obbligatorio a cui tener fede. Ad esempio, il raggiungimento di una piena occupazione, sia per gli uomini che per le donne, specialmente per le donne, dovrebbe essere un obiettivo indipendente.

In breve, un obiettivo concreto sarebbe il raggiungimento di un tasso di occupazione femminile pari al 75 per cento entro il 2020 o una riduzione del divario salariale allo zero o ad un massimo del cinque per cento, una richiesta che avanziamo ormai da tempo. Si tratta di misure che, per lo meno, sono già state oggetto di discussione e che, a detta di alcuni di noi, dovrebbero essere, lo ripeto, obbligatorie.

Siamo consapevoli che sia il Commissario Reding sia la Presidenza spagnola hanno più volte sollevato questi punti e desideriamo invitare non solo gli altri gruppi, ma anche gli altri paesi, a riflettere sul fatto che non si tratta di un semplice capriccio, quanto di un obbligo ed un’esigenza e – lo ripeto – un’opportunità rispetto alla crisi che stiamo attraversando. In ogni caso, vorrei concludere riconoscendo il lavoro, il sostegno e tutti i contributi dei diversi gruppi, che hanno fatto sì che il presente testo potesse rappresentare un buon compromesso, ottenere il consenso e includere non solo il problema ma anche la possibile soluzione.

 
  
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  Ilda Figueiredo, relatore.(PT) Signor Presidente, signora Commissario, la relazione che vi presento oggi è il frutto della collaborazione condotta in seno alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, che ha incluso anche un’udienza con le organizzazioni femminili e gli esperti del settore e che ha visto altresì la partecipazione della Commissione europea stessa. Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno partecipato.

Sulla base della nostra valutazione della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010, riteniamo che siano stati registrati dei progressi e che sia stata data precedenza ad alcuni aspetti cruciali della parità di genere. In termini concreti, tuttavia, non si è giunti a risultati pienamente soddisfacenti poiché è mancata la forza politica necessaria per conseguirli.

Ritengo sia opportuno sottolineare, in particolar modo, che nella vita reale permangono delle diseguaglianze, come nel caso dell’accesso a posti di lavoro caratterizzati da diritti e da una giusta paga, della povertà, della discriminazione continua e degli stereotipi, che contribuiscono al mantenimento delle diseguaglianze in settori quali l’accesso alla formazione e alle possibilità di avanzamento professionale fino al raggiungimento di posizioni dirigenziali, nonché nella vita economica e politica in generale. Tale situazione sussiste anche in virtù delle contraddizioni all’interno delle politiche comunitarie, che hanno portato 85 milioni di individui, per lo più donne e bambini, a vivere in condizioni di povertà in conseguenza della disoccupazione, dell’insicurezza nel mondo del lavoro, degli stipendi bassi, delle pensioni al di sotto del salario minimo di sussistenza e dell’accesso limitato a servizi pubblici di qualità.

L’attuale crisi economica e sociale comporta delle conseguenze particolarmente gravi per le donne, il che aggrava le diseguaglianze e la discriminazione. É quanto accade nel caso della mancata parità di retribuzione tra uomini e donne, che è superiore al 17 per cento in media, e della discriminazione indiretta, che tende a peggiorare quando aumenta la disoccupazione, a discapito delle donne e delle giovani ragazze.

I posti di lavoro creati negli ultimi anni, specialmente quelli per i giovani e per le donne, sono stati per lo più precari e mal retribuiti, e non hanno tenuto conto di diritti basilari, soprattutto in caso di maternità. Tale fattore ha contribuito anche ad un basso tasso di natalità. La discriminazione diffusa, a cui sono soggetti gruppi specifici di donne, è particolarmente grave. I gruppi più colpiti sono quelli delle anziane, delle donne con persone a carico, delle immigrate, delle disabili e delle donne appartenenti a minoranze etniche.

Oltre a contribuire agli alti livelli di povertà e di disoccupazione, la violenza e la discriminazione hanno agevolato e determinato un incremento della tratta di donne e bambini e della prostituzione in vari paesi dell’Unione europea. É necessaria una risposta urgente a questi fenomeni ma, sfortunatamente, le proposte contenute nella strategia “UE 2020”, presentata dalla Commissione, non hanno affrontato la prospettiva di genere in modo soddisfacente. Ci auguriamo, pertanto, che si correggerà il tiro e che, soprattutto, nello sviluppare la strategia per la parità, il Commissario si impegnerà per affrontare le suddette questioni. Tuttavia la situazione non si limita ad una singola area d’azione della Commissione ed è necessario un maggior impegno. Sebbene la relazione identifichi numerose misure, vorrei dunque concentrarmi su quattro ambiti.

A livello istituzionale, proponiamo che la nuova strategia sulla parità assuma la forma di un’agenda per l’azione e di un impegno politico, sulla base della piattaforma di azione di Pechino e del progresso che ha conseguito, riconoscendo che i diritti umani delle donne e delle ragazze sono parte integrante , inalienabile e indivisibile dei diritti umani universali. Sosteniamo altresì l’adozione, da parte del Consiglio, della nuova proposta della Commissione sulla strategia per la parità, previa consultazione del Parlamento. Lo scopo è quello di dare alle politiche in materia di parità una maggiore forza politica e di dare loro nuovo slancio, nonché assegnarvi fondi comunitari, al fine di ottenere risultati efficaci. Riteniamo che l’incontro annuale tra Consiglio, Commissione e Parlamento sia fondamentale, dal momento che analizza il progresso della strategia per l’uguaglianza di genere all’interno dell’Unione europea, così come lo è la conferenza annuale sull’eguaglianza di genere che coinvolge le organizzazioni femminili e i sindacati nei vari Stati membri, nonché ovviamente gli europarlamentari e i deputati nazionali, e che si dedica ogni anno ad un tema specifico.

Vorrei anche attirare la vostra attenzione sull’esigenza di integrare le questioni di genere durante la preparazione di tutte le proposte. In conclusione, signor Presidente, vorrei ribadire l’importanza che attribuiamo all’applicazione e all’attuazione delle misure già annunciate, che si tratti dell’Istituto per l’eguaglianza di genere, del Centro sulla violenza o della piena applicazione delle direttive esistenti, al fine di garantire che l’emancipazione delle donne e la loro gratificazione personale e professionale siano l’obiettivo centrale della nostra iniziativa e della strategia stessa. Vi ringrazio e vi invito a prendere in considerazione le raccomandazioni avanzate.

 
  
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  Zita Gurmai, autore.(EN) Signor Presidente, siamo lieti che la Commissione abbia scelto di ribadire e rafforzare il proprio impegno verso la concretizzazione della parità di opportunità di uomini e donne, con un documento intitolato "La Carta della donna" pubblicato in occasione della Giornata della Donna.

Il documento in parola fa seguito all'impegno di redigere una Carta della Donna preso dal Presidente della Commissione signor Barroso di fronte al Parlamento europeo, nel corso delle discussioni che hanno preceduto la sua rielezione ad un secondo mandato. Inoltre tale documento commemora il XV anniversario della dell’adozione della Piattaforma di azione alla Conferenza mondiale ONU di Pechino sulle donne e il XXX anniversario della Convenzione ONU sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. In sostanza, il documento svolge molte importanti funzioni.

Come intende la Commissione coinvolgere in questa iniziativa le altre istituzioni UE, la società civile e altre parti interessate?

Una recente rassegna di Euro-barometro sulla parità di genere indica che il 62 per cento degli europei ritiene che la disparità di genere esista ancora in molti settori della società. Come affronterà la Carta della Donna questa percezione d'ineguaglianza? Come si potrà tradurre il contenuto della Carta della donna in traguardi misurabili e obiettivi chiari?

Come al solito, nel settore delle pari opportunità di uomini e donne la Commissione continuerà ad agire sulla base di una strategia quinquennale. L'attuale tabella di marcia copre il periodo 2006-2010. Come intende la Commissione collegare concretamente la Carta della Donna alla prossima strategia quinquennale della pari opportunità di uomini e donne e coinvolgere nella sua attività le parti interessate?

Rispetto al futuro, la relazione dimostra chiaramente che i nostri problemi attualmente comprendono la necessità di più dati e la valutazione insoddisfacente delle conquiste in materia di parità di genere, a causa della mancanza di obiettivi chiari. Per ottenere dei risultati, è necessario identificare la cause delle diseguaglianze e analizzare l’esito delle nostre azioni. La relazione si concentra sulla valutazione della tabella di marcia sulla parità di genere tra il 2006 ed il 2010 ma, ovviamente, dobbiamo essere più ambiziosi.

Vorrei concludere facendo riferimento all’ordine europeo di protezione; non possiamo attendere oltre che a tutte le donne vittime di violenza in Europa venga garantita la migliore protezione. Invito la Commissione ed il Consiglio, sotto la guida della Presidenza spagnola, ad approdare quanto prima ad un accordo graduale ed efficace.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, autore.(SV) Signor Presidente, in un mondo perfetto non ci sarebbe stato bisogno di questa discussione stasera. Vivremmo in una società caratterizzata dalla parità. Ebbene, non viviamo in un mondo perfetto ed è per questo che oggi si tiene questa discussione. Tuttavia non dobbiamo limitarci alle parole: sono necessarie misure concrete per promuovere i diritti delle donne e per sostenere il nostro lavoro in favore della parità di genere.

Una Carta dei diritti della donna, una carta che adotti un approccio ampio in tutti gli ambiti politici, è profondamente necessaria. Io credo e ritengo che non basti fare delle dichiarazioni e pronunciare belle parole sulla parità. Non basta adottare misure singole e isolate in diversi ambiti. No, il lavoro sulle questioni in materia di parità – la strategia sulla parità, la relazione presentata dall’onorevole Figueiredo – richiede un approccio ampio, così come abbiamo bisogno di una Carta dei diritti della donna che sia esaustiva.

Per stilare una carta di questo tipo, ritengo si debba ricorrere alla conoscenza, alle competenze e all’esperienza che abbiamo trovato al di fuori del Parlamento. Le organizzazioni femminili, le organizzazioni non governative (ONG) e la società civile in generale racchiudono delle competenze, una conoscenza e un’esperienza che dovremmo sfruttare per stilare una carta esaustiva.

La Commissione ha l’opportunità di avviare e di coordinare un processo tra le istituzioni comunitarie, i parlamenti nazionali, le ONG e altri attori per redigere un documento di questo tipo. Sono certa che, con l’impegno dimostrato dalla signora Commissario Reding per la promozione della parità, abbiamo l’opportunità di produrre, insieme alla Commissione, un documento di valore.

Vorrei aggiungere che spesso – o almeno prima di ogni elezione del Parlamento europeo – discutiamo di come poter coinvolgere un numero maggiore di donne nelle elezioni parlamentari e di come poter coinvolgere più donne nel processo decisionale in generale. A questo proposito ritengo che non basti andare in giro e invitare le donne a partecipare alle elezioni. No, le donne, e i nostri cittadini in generale, sono più intelligenti. Ovviamente loro guardano a quanto abbiamo fatto per cambiare le loro vite nel concreto e a cosa ha fatto il Parlamento per migliorare le loro condizioni di vita e così via.

Ecco perché dovremmo sfruttare questo mandato per dimostrare alle donne, nell’Unione europea e nel mondo, che esiste un luogo dove è possibile fare la differenza nella vita di molte donne.

 
  
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  Antonyia Parvanova , autore.(BG) Oggi, mentre valutiamo i risultati raggiunti dalla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini, definendo al contempo gli orientamenti generali per il futuro in questo ambito, è necessario prestare particolare attenzione alle politiche che esercitano un influsso, diretto o indiretto, sulla parità di genere.

Ci attendiamo che la Commissione europea proponga una politica per le donne vittime di ingiustizie e discriminazione, colpite dalla fame e dalla povertà e sottoposte alla tratta di esseri umani ovvero ad altre forme di violenza. Dobbiamo considerare che, sebbene la parità di genere sia un requisito essenziale per il pieno esercizio dei diritti umani di base, nonché un principio fondamentale dell’Unione europea, le diseguaglianze persistono nella sfera politica e nella vita delle donne.

Ecco perché è particolarmente importante lavorare al rafforzamento delle politiche per la parità di genere, che costituiscono uno strumento di sviluppo economico e di coesione sociale. Dobbiamo riconoscere la necessità di un nuovo modello socialmente sostenibile, che integri l’intera gamma di competenze offerte dalle donne in campo economico, che ricostituisca l’equilibrio tra le responsabilità delle donne e degli uomini nella vita pubblica e in quella privata e che garantisca l’esistenza di suddetto equilibrio tra vita personale e professionale.

Oltre a concentrarsi sull’analisi della relazione sulla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini, la presente interrogazione orale è anche particolarmente indicativa dell’atteggiamento del Parlamento europeo nei confronti delle politiche volte alla promozione della parità di genere. Ritengo che la Carta dei diritti della donna, seguita in un secondo momento da una strategia sulla sua attuazione, comporti un necessario rafforzamento dei risultati conseguiti negli ultimi decenni in questo ambito e l’elaborazione di una politica europea stabile per la creazione di una società più completa.

Ci aspettiamo che la Commissione proponga delle misure, da includere nella strategia per la parità di genere, che garantiscano delle iniziative legislative specifiche per la gestione della violenza contro le donne, nonché degli strumenti, legislativi e non, per l’eliminazione della discriminazione nel mercato del lavoro, delle differenze nei livelli retributivi e della tendenza a costringere le donne a lavori non qualificati. Sono necessarie, oltretutto, delle misure efficaci nell’ambito della strategia “Europa 2020”, per aumentare il tasso di occupazione e i profitti sociali per le donne, nonché dei programmi per favorire il coinvolgimento delle donne nell’economia ecologica, delle politiche chene promuovano una maggiore rappresentazione nei processi decisionali a livello dirigenziale e infine degli emendamenti legislativi adeguati che portino un numero maggiore di donne a ricoprire posizioni manageriali.

Abbiamo tutti il dovere di sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica in materia di diritti della donna in Europa. Ritengo, inoltre, che il nostro impegno comune darà vita ad una politica europea efficace, volta a promuovere la parità di genere, sostenuta da strategie adeguate, da misure di attuazione e da programmi specifici. Vorrei sottolineare in particolar modo che, nel contesto di una crisi economica globale, il ruolo delle donne nell’agricoltura sta diventando fondamentale.

Il nostro impegno comune, volto all’eliminazione delle disparità nel campo dell’occupazione e al coinvolgimento di un numero maggiore di donne nella gestione di società commerciali ed in ogni sfera sociale, in generale, garantirà dei risultati positivi. Il raggiungimento della parità di genere avrà un impatto benefico sulla produttività e la crescita economica, offrendo alle nostre società numerosi vantaggi sociali ed economici.

Ci manca solo l’ambizione, signora Commissario. Siamo restii a dimostrare la forza del Parlamento europeo. Siamo responsabili nei confronti dei nostri elettori, che considerano la mancata parità come il principale dei problemi irrisolti all’interno dell’Unione europea e contiamo sul vostro sostengo affinché collaboriate alla risoluzione di questo problema.

 
  
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  Marije Cornelissen, autore.(EN) Signor Presidente, è trascorso quasi un anno dall’elezione del nuovo Parlamento europeo e sono passati circa sei mesi dalla nomina del Commissario Reding. Ci restano quindi quattro anni a disposizione per fare realmente la differenza nella vita di uomini e donne. Il giudizio che verrà espresso sul Parlamento e sul Commissario Reding, al termine di questi quattro anni, dipenderà dal nostro operato e dal sostegno che riusciremo a raccogliere all’interno della società.

Nessuno rimarrà colpito da semplici parole. Non vorrei trovarmi costretto a dire, tra quattro anni, “ecco a voi un documento del Commissario Reding e una grossa pila di risoluzioni del Parlamento”. Vorrei poter dire, “sì, abbiamo ottenuto un congedo di paternità di due settimane per tutti i padri europei. Sì, siamo intervenuti sulle nostre leggi in materia di parità in modo da includere tutti gli ambiti, anche le persone transessuali. Sì, abbiamo istituito un sistema che garantirà la parità di genere per la prossima Commissione”. Voglio affermare che, “sì, stiamo superando le differenze salariali, e cresce il numero di donne con un impiego ed una retribuzione dignitosi. E sì, il divario di genere in termini di assistenza sta scomparendo, con un numero crescente di uomini che interviene per fornire assistenza gratuita”.

Mi auguro che tutti i gruppi all’interno di questo Parlamento siano uniti nel presentare, domani, due relazioni forti – le relazioni Figueiredo e Romeva i Rueda – e mi auguro che il Commissario Reding avrà il coraggio si trasformare suddette relazioni in realtà, anche nel caso di una maggioranza difficile da raggiungere in seno al Consiglio.

Non possiamo riuscire da soli, dobbiamo coinvolgere quanti hanno a cuore questo tema. Non sono soddisfatta del modo in cui è stata redatta la Carta della donna fino ad ora, senza prevedere il coinvolgimento del Parlamento o della società civile, ma riconosco che questo è il modo in cui la Commissione europea ha rilasciato una dichiarazione iniziale per presentare il proprio impegno in favore della parità di genere.

É più importante quanto accadrà in seguito. In risposta alla nostre domande, vorrei chiedere al Commissario Reding in che modo svilupperà una strategia ambiziosa per gli anni a venire.

 
  
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  Isabel Martínez Lozano, Presidente in carica del Consiglio.(ES) Buonasera, signor Presidente. Vorrei ringraziarla per avermi concesso la possibilità di partecipare a questa discussione con gli onorevoli deputati quest’oggi. A nome della Presidenza di turno del Consiglio, desidero farvi i miei complimenti per le relazioni che ci avete presentato questa sera e che, indubbiamente, evidenziano con chiarezza i problemi che affliggono le donne europee e che noi ci troviamo ad affrontare in questa fase difficile, nonché le sfide con cui dovremo confrontarci, nei prossimi anni, nel nostro ruolo di politici.

Ho lavorato a queste questioni – i problemi che avete illustrato questo pomeriggio – negli ultimi sei mesi a nome della Presidenza spagnola del Consiglio e ancora prima, per alcuni anni, a nome della Commissione.

Effettivamente, come ho detto, ho dedicato parte del mio lavoro, pare del lavoro della Presidenza spagnola del Consiglio, alla prospettiva di genere nella nuova strategia sulla crescita e l’occupazione, la strategia “UE 2020”, che si prevede venga adottata questo giovedì, il 17 luglio. Si tratta, indubbiamente, di uno strumento essenziale che caratterizzerà tutte le nostre politiche nel prossimo decennio.

Oltre ad includere la prospettiva di genere in questa strategia, mi sono anche impegnata affinché alla lotta alla violenza di genere venisse assegnata la massima priorità. Il punto è che questa questione, che indubbiamente costituisce l’aspetto più crudele della diseguaglianza, rappresenta ancora oggi un serio problema sociale in tutti i nostri Stati membri, come riconosciuto dalle relazioni appena illustrate.

Abbiamo pertanto adottato alcune conclusioni che anticipano gli obiettivi e gli strumenti della Comissione e degli Stati membri per sconfiggere la violenza contro le donne. Il testo adottato impegna i 27 Stati membri e la Commissione a sviluppare delle iniziative e degli strumenti comuni al fine di affrontare, uniti, la vergogna della violenza contro le donne.

Una delle suddette conclusioni riguarda la definizione di una strategia volta a prevenire e combattere la violenza di genere. La Commissione, effettivamente, ha già iniziato a lavorare a questa strategia, che deve mirare in primo luogo ad acquisire informazioni che possano essere confrontate a livello europeo, a stabilire degli obiettivi comuni e le risorse necessarie per raggiungerli, nonché a intraprendere i primi passi verso la definizione di un comitato di controllo europeo sulla violenza di genere.

Oltretutto, per quanto riguarda la violenza, siete tutti consapevoli che queste conclusioni prevedevano anche la creazione di una linea di emergenza per le vittime di violenza di genere, oltre ad una serie di misure che serviranno a rafforzare la tutela sociale delle vittime. Abbiamo anche richiesto alla Commissione di analizzare la base giuridica per nuovi possibili strumenti legislativi, che ci permettano di contrastare questi crimini in modo più efficace all’interno di tutti gli Stati membri.

D’altra parte, lo scorso sette giugno, la parità è tornata ad essere argomento di discussione in Europa, in occasione del Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori, in virtù dell’adozione delle linee d’orientamento per le politiche di occupazione per gli Stati membri. Come ho appena detto, verranno presentate al Consiglio europeo il 17 giugno. Suddette linee d’orientamento includono la parità tra uomini e donne, intesa come fattore essenziale non solo per riconquistare dei buoni livelli di occupazione durante l’attuale crisi economica, ma anche per realizzare, nel prossimo decennio, il nuovo modello di crescita, che è intelligente, sostenibile e improntato all’integrazione. Ecco perché è necessario che anche il modello sociale sia sostenibile, al fine di prendersi cura di una popolazione che si prevede invecchierà molto nei prossimi venti anni. L’assistenza a queste persone non può continuare a dipendere esclusivamente dalle cure volontarie delle donne.

Da queste considerazioni preliminari sulle relazioni che voi avete presentato e da tutte le discussioni che si sono svolte nel corso della nostra Presidenza, è emerso con chiarezza che, se l’Europa vuole che la crescita poggi su basi solide, allora deve poter contare sul potenziale, la capacità e le conoscenze di tutti i suoi cittadini, donne incluse. Nonostante costituiscano la maggioranza tra quanti portano a compimento gli studi superiori all’interno dell’Unione europea (60 per cento), le donne non riescono comunque a sviluppare il loro pieno potenziale a causa di determinate strutture nei nostri sistemi di produzione, che sono tanto iniqui quanto inefficienti.

Al fine di superare tali ingiustizie nei nostri mercati del lavoro, che rappresentano un reale ostacolo al progresso collettivo, l’obiettivo di un tasso di occupazione del 75 per cento entro il 2020 dovrà tenere conto sia degli uomini che delle donne. Non è solo una questione di equità. Confrontando i tassi di occupazione per gli uomini e per le donne nell’Unione europea, si osserva che, mentre il 76 per cento degli uomini ha un lavoro, lo stesso dato, in riferimento alle donne, si arresta al 63 per cento. Nei prossimi anni, sarà quindi necessario un impegno specifico in questo ambito, al fine di aumentare il numero di donne attive nel mercato del lavoro. Siamo concordi nel ritenere che dovremo realizzare suddetto incremento, come evidenziato dall’onorevole Romeva i Rueda, intervenendo sul divario salariale che, lo scorso anno, ha raggiunto, all’interno dell’Unione europea, una media pari sostanzialmente al 18 per cento.

É opportuno evidenziare altri aspetti della parità di genere, che saranno parte della strategia “UE 2020”, ovvero la necessità di superare gli stereotipi sul genere nell’istruzione e nella formazione professionale e accademica. Sappiamo bene che questi stereotipi stanno portando alla creazione di un mercato del lavoro segregato, nonché al bisogno di perseguire l’equilibrio tra vita personale e professionale.

Per quanto riguarda l’inclusione sociale e la lotta alla povertà, temi di capitale importanza, onorevole Figueiredo, ci siamo anche dedicati con particolare attenzione alla situazione delle donne, considerando che sono più esposte degli uomini al rischio di povertà, a causa delle minori retribuzioni e pensioni e della responsabilità dell’assistenza gratuita, che si assumono a titolo personale.

Siamo estremamente lieti di aver raggiunto un accordo con il Parlamento in merito alla proposta per una direttiva sulla parità di trattamento tra liberi professionisti uomini e donne. L’accordo permetterà di adottare questa direttiva durante un futuro incontro del Consiglio. Si tratta di una normativa che riconoscerà nuovi diritti per le donne che esercitano una professione autonoma e i loro consorti o partner.

Come ho già detto, si sono tenuti diversi incontri, durante i quali abbiamo discusso delle diverse alternative e proposte circa i problemi di cui ci stiamo occupando qui oggi. Infine, e sono certa che la signora Commissario Reding menzionerà questo aspetto, abbiamo anche discusso della prossima strategia 2011-2015 per la parità di genere, un tema che sarà sicuramente oggetto di animate discussioni in quest’Aula nei prossimi mesi e per il quale la Commissione presenterà a breve una tabella di marcia.

Desidero concludere affermando che sono certa, signor Presidente, che la discussione sulla crisi e sulla ripresa economica non debba distrarci dal consolidare il modello sociale europeo. Sarebbe un errore, un grave errore in questo preciso momento. Ecco perché io ritengo che sia importante mantenere queste discussioni e queste politiche sulla parità che, nel corso di molti anni, ci hanno permesso non solo di crescere, ma anche di crescere mantenendo un modello di coesione sociale invidiabile ed ineccepibile.

 
  
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  Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione.(EN) Signor Presidente, sono rimasta estremamente colpita dal lavoro svolto dai suoi relatori, nonché dalla convergenza dei diversi gruppi politici, che condividono lo stesso obiettivo pur con minime differenze. Ma queste non sono importanti, dal momento che il percorso e la meta sono gli stessi, il che è fondamentale.

Vorrei ringraziare quanti sono intervenuti, i relatori e gli autori dell’interrogazione orale per aver sottolineato che non sono necessari ulteriori documenti, ma che dobbiamo agire. Sono d’accordo con voi dal momento che effettivamente sappiamo cosa vogliamo e perché lo vogliamo. Sappiamo che l’unico modo in cui la nostra società può progredire è garantendo la parità di genere, non solo nelle questioni che riguardano le donne, ma in modo orizzontale.

Questo è il motivo per cui, per la prima volta nella sua storia, la Commissione ha avviato il suo mandato quinquennale con una dichiarazione d’apertura, come è stata definita, in cui si faceva riferimento ad una Carta, che costituisce un impegno politico da parte di ogni singolo Commissario a far sì che la parità tra uomini e donne progredisca all’interno dei rispettivi portafogli, e dunque un impegno dell’intera Commissione affinché la parità di genere sia considerata una priorità.

Questo è un aspetto. Il secondo punto riguarda le modalità d’azione. Come trasformare in realtà questa Carta della donna, come promesso dalla Commissione in marzo? Parliamo dunque della sua attuazione. Innanzi tutto, ho chiesto ai miei colleghi Commissari di dare un proprio contributo alla strategia, in modo che la parità di genere non sia una mia responsabilità esclusiva, bensì anche degli altri 26 Commissari, che presenteranno delle proposte relative ai loro ambiti di pertinenza specifici. Si tratta di un punto estremamente importante dal momento che costituisce un’assoluta novità che, a mio avviso, rispecchia lo spirito espresso da tutti i gruppi politici in questa sede.

Come siamo giunti a questa idea? Le cinque priorità elencate nella Carta non sono spuntate dal nulla, bensì derivano dai risultati dell’ampia consultazione delle parti interessate, condotta nel 2009 in preparazione della nuova strategia. Tornerò a parlare della strategia in un secondo momento.

Prima desidero parlarvi delle relazioni, estremamente importanti, presentate dal Parlamento europeo. Innanzi tutto, la relazione dell’onorevole Romeva i Rueda, che è perfettamente in linea con la posizione della Commissione in merito alle conseguenze della crisi sulle donne e alla necessità di considerare tali conseguenze nelle misure di risposta alla crisi. Ho già evidenziato questo aspetto nell’ultima relazione annuale sulla parità fra le donne e gli uomini, sottolineando come questa crisi colpisca le donne più che nelle passate recessioni, poiché le donne oggi ricoprono un ruolo di maggior rilievo nel mercato del lavoro retribuito e costituiscono spesso l’anello debole nella catena del lavoro. All’inizio della crisi, la disoccupazione maschile è cresciuta nettamente a causa dei problemi nel settore dell’edilizia e nell’industria. Adesso la disoccupazione maschile e femminile aumenta allo stesso livello e chiaramente sussiste il rischio che i tagli al bilancio pubblico e, sebbene si spera siano contenuti, i tagli alla spesa per la parità di genere, avranno un impatto sull’occupazione femminile. É pertanto importante essere consapevoli di tale eventualità e proporre delle misure in tal senso. Questo il motivo per cui sostengo con convinzione gli sforzi volti a includere le questioni di genere nelle misure di ripresa. Ritengo che la crisi rappresenti un’opportunità unica per attuare politiche che permetteranno al mercato del lavoro e alla società di essere caratterizzati, in futuro, da una maggiore parità di genere. La Presidenza ha già dichiarato, con estrema chiarezza, che il tasso di occupazione del 75 per cento, che costituisce il nostro obiettivo, non potrà essere raggiunto senza il coinvolgimento delle donne.

Vorrei passare ora alle prospettive di genere della strategia “UE 2020”, che contiene tre elementi principali, che non potranno essere realizzati senza la partecipazione delle donne. Il 60 per cento dei laureati sono donne, che non vengono “utilizzate” nel mercato del lavoro. Senza diloro, tuttavia, non potremo mai raggiungere i nostri obiettivi, legati ad una crescita intelligente, all’economia ecologica, che necessita di menti, motivo per cui non possiamo lasciare da parte delle donne con un tale livello di preparazione. Ritengo pertanto che, affinché la strategia “UE 2020” abbia un esito positivo, sia necessario sostenere le donne. Non sarà possibile raggiungere i nostri obiettivi senza migliorare significativamente il livello di inclusione delle donne nel mercato del lavoro. É dunque positivo che il Parlamento abbia costantemente sottolineato, a ragion veduta, l’evidente dimensione di genere della strategia, poiché dobbiamo realmente assicurarci che le donne contribuiscano alla strategia e possano anche trarne beneficio.

La strategia sulla parità di genere, che presenterò il prossimo autunno, conterrà molti elementi concreti, non tanto relativamente ai prossimi mesi, quanto ai prossimi anni. Disporremo di una tabella di marcia reale sulle modalità di attuazione degli elementi estremamente pratici per il periodo tra il 2010 e la fine del nostro mandato – del vostro mandato in quanto europarlamentari e del mio mandato di Commissario europeo. La strategia punterà quindi ad un miglioramento della governance e del dialogo politico e verrà attuata in stretta collaborazione con i principali partner a livello europeo. É stato giustamente detto, in quest’Aula, che potremmo sviluppare una strategia per la parità di genere adesso, ma andrebbe attuata nei singoli Stati membri. Constatiamo che tutti gli strumenti elaborati dalle parti coinvolte nel corso degli anni – successivamente alla piattaforma di Pechino – funzionano bene. In un periodo di crisi è bene assicurarsi che continuino a farlo e che nessuno cerchi di annullarli e, a tale scopo, conto sul sostegno del Parlamento. Se accadesse qualcosa del genere ad un governo, sono certa che quest’Aula interverrebbe subito.

Come ho detto all’inizio, le parti coinvolte hanno evidenziato, in occasione delle consultazioni pubbliche, che questa cooperazione, su cui poggiano le idee della futura strategia, deve condurre ad un dialogo proficuo e, come richiedete voi stessi, su base regolare. Vorrei dunque richiamare la vostra attenzione sulla relazione presentata dall’onorevole Figueiredo, che avanza un’interessante proposta, ovvero la convocazione, ogni anno, di una riunione tripartita tra Parlamento, Consiglio e Commissione europei per esaminare le azioni intraprese. Ritengo dovremmo accogliere tale suggerimento poiché, in questo modo, la Commissione, il Consiglio ed il Parlamento saranno incentivati a fare di più. Il dialogo sulla parità di genere potrebbe prendere spunto dalla relazione annuale sulla parità fra le donne e gli uomini della Commissione europea. Credo che questo sarebbe un modo di procedere attivo e pratico.

Mi aspetto altresì che gli Stati membri sostengano l’operato della Commissione in materia di parità di genere, innanzi tutto appoggiando la nuova strategia, chiaramente dopo avere ascoltato l’opinione del Parlamento in merito alle proposte che presenterò alla fine di settembre, nonché rinnovando il Patto europeo per le pari opportunità.

In breve, vi sono tre ambiti nei quali desidero che l’azione comunitaria sia efficace ed estremamente concreta anche se, sebbene faccia riferimento a tre ambiti, questo non vuol dire che siano gli unici, ma semplicemente ritengo che possano rappresentare i nostri obiettivi principali.

Innanzi tutto dovremo intraprendere delle azioni decise, al fine di contrastare la violenza contro le donne e garantire che le vittime ricevano una tutela efficace. Lo spazio giudiziario europeo deve rappresentare un’area in cui le vittime si sentano trattate con dignità e rispetto e in cui vigano alti livelli di tutela e di assistenza, non sono in un ambito ma in più settori. Ho stabilito che la Commissione debba presentare, in via prioritaria, un ampio pacchetto in materia nella prima metà del 2011. Ho appreso che la Presidenza belga desidera analizzare quanto è già stato fatto, quanto è in corso di adozione e quanto resta da fare in occasione di una conferenza che si terrà a novembre in data da destinarsi. Si tratta di una progressione che parte dai lavori di preparazione avviati dalla Presidenza spagnola, in seguito passa alle valutazioni e alla preparazione di azioni complementari in autunno per poi approdare, infine, ad un ampio pacchetto all’inizio del 2011.

Vorrei ribadire quanto detto durante la mia audizione e quanto sancito chiaramente nella Carta della Commissione: la Commissione ricorrerà a qualunque strumento, incluso il diritto penale, se necessario, per sconfiggere la mutilazione genitale. Riteniamo si tratti di una pratica brutale che non può, in alcun caso e per alcuna ragione, essere ancora praticata in Europa.

Preparerò inoltre uno strumento giuridico per rafforzare la partecipazione delle donne al processo decisionale. Avete ragione: fatta eccezione per gli studi universitari, le donne non sono rappresentate adeguatamente nelle posizioni dirigenziali a tutti i livelli, sia nelle aziende pubbliche, che in quelle private. L’Europa dovrà intervenire per colmare al meglio tale divario.

Sono consapevole di non essere intervenuta in riferimento ad altri aspetti, come i vari congedi che potremmo aggiungere al congedo di maternità, gli obiettivi relativi alle strutture per la custodia dei bambini, il divario salariale e le varie alternative per introdurre più trasparenza nella gestione di questi problemi. Le etichette, le carte, i premi e così via saranno tutti inclusi nell’agenda e saranno presentati alla fine di settembre.

A quel punto voi dovreste realmente intervenire in merito a queste azioni concrete e dichiarare se vi sembrano insensate, non abbastanza incisive e indicare come ritenete che si debbano modificare. Sto conducendo questo lavoro insieme ai miei collaboratori e abbiamo ascoltato i suggerimenti di tutte le parti coinvolte. Abbiamo anche considerato le proposte nelle vostre relazioni e risoluzioni, nonché i commenti dei ministri che si sono riuniti in una conferenza estremamente importante organizzata sotto la Presidenza spagnola. Sono fiduciosa che, nell’insieme, riusciremo nel nostro intento in modo che, tra quattro anni, voi potrete dire, “sì, ci siamo riusciti”.

 
  
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  Lívia Járóka, a nome del gruppo PPE.(EN) Signor Presidente, nonostante le conquiste delle politiche comunitarie per la parità di genere negli ultimi cinquanta anni, di cui abbiamo parlato oggi, rimane ancora molto da fare, come sottolineato da diversi oratori. Dobbiamo continuare a perseguire gli obiettivi ambiziosi delle tabelle di marcia UE per il 2006 ed il 2010 – e molti dei deputati erano presenti quando parlavamo alla Commissione della precedente tabella di marcia – nelle quali chiedevamo l’indipendenza economica, la conciliazione di vita personale e professionale, una rappresentazione equa, l’eradicazione della violenza, l’eliminazione degli stereotipi e la promozione della parità di genere nelle politiche esterne, è evidente.

Realizzando gli obiettivi della precedente tabella di marcia e definendo quelli della nuova tabella, a cui avrebbero dovuto far riferimento questa discussione e tutte le relazioni, ci siamo resi conto che è necessario che la Commissione introduca delle misure specifiche, volte a conferire vigore alla tabella esistente, e che impari dalle proprie debolezze per poi superarle.

La mia preoccupazione principale è data dalla visibilità, ovvero l’influenza visibile che possiamo conferire agli strumenti, a livello nazionale e regionale, che servono a raggiungere la parità di genere sul campo. Sebbene, come affermato dall’onorevole Romeva i Rueda, sia ancora difficile valutare la crisi finanziaria, risulta comunque evidente che questo periodo ha avuto delle conseguenze particolarmente gravi per le donne.

É dunque assolutamente vero, e non dobbiamo stancarci di ricordarlo, che degli investimenti inadeguati nelle opportunità economiche e sociali a disposizione delle donne limitano palesemente la crescita economica e rallentano la lotta alla povertà e alle disparità sociali in Europa. Oltretutto, la vecchia tabella di marcia era carente in termini di lotta alle discriminazioni multiple – sebbene se fosse parlato non si è mai fatto molto – dal momento che la discriminazione composta basata sull’età, la disabilità, l’origine etnica/razziale, la religione, l'origine nazionale e lo status socio-economico crea molteplici ostacoli all'emancipazione e alla promozione sociale delle donne. Non se ne parla molto, così come si discute raramente dell’importanza della raccolta, elaborazione e pubblicazione di dati disaggregati. Infine, essenzialmente gli strumenti …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Edite Estrela, a nome del gruppo S&D.(PT) Signor Presidente, signora Commissario, Presidente Martínez Lozano, in un recente articolo pubblicato sulla rivista Time, intitolato The New Sheriffs of Wall Street (I nuovi sceriffi di Wall Street), si dichiarava che negli Stati Uniti le donne non sono a capo di Wall Street e non possono neppure essere colpevolizzate per la crisi finanziaria ma che, alla luce della situazione determinata dalla mancata regolamentazione del mercato finanziario, sono proprio le loro ad essere chiamate a ricoprire posizioni dirigenziali, al fine di risolvere i guai causati dai manager uomini.

Ritengo sia interessante: gli uomini hanno causato la crisi e saranno le donne a doverla risolvere. Mettendo da parte l’ironia, l’economia globale si trova ad affrontare la peggiore recessione dai tempi della Grande depressione. Le ripercussioni sociali hanno attraversato l’intera Unione europea e le più colpite sono state le donne, essendo soggette ad una maggiore precarietà lavorativa e ad un maggiore rischio di licenziamento e godendo più raramente della copertura dei sistemi di previdenza sociale. In questo contesto, esiste il timore fondato che molti Stati membri possano ridurre i finanziamenti al settore sociale, anche in questo caso a discapito sostanzialmente delle donne. Non è corretto che i più vulnerabili debbano pagare per gli errori degli speculatori.

Vorrei concludere complimentandomi con la Presidenza spagnola per aver scelto di dare priorità alla lotta contro la violenza di genere.

 
  
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  Sophia in 't Veld, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signor Presidente, innanzi tutto, a nome del mio gruppo, vorrei ringraziare entrambi i relatori e dire loro che il mio gruppo sosterrà appieno entrambe le relazioni, poiché affrontano un tema estremamente importante, la parità di genere, la cui rilevanza, a mio avviso, è dimostrata anche dall’ampia varietà di temi trattati da entrambe le relazioni.

Eppure, onorevoli colleghi, devo ammettere di sentirmi un po’ frustrata perché, se sosteniamo di volere l’azione, di volere ottenere qualche risultato nei prossimi quattro anni, che si tratta di un tema della massima priorità, che metà della popolazione è vittima di discriminazioni e metà del potenziale resta inutilizzato, allora come è possibile che la presente discussione sia stata relegata alla fine della giornata? Dove sono i presidenti dei gruppi? Perché accettiamo che non sia la massima priorità? Propongo, illustri colleghi, di insistere affinché, la prossima volta, questo tema venga incluso nell’ordine del giorno come discussione centrale e, qualora non ci venga garantito, potremmo incatenarci alla porta. Non credo che tale situazione debba essere tollerata ulteriormente.

 
  
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  Marina Yannakoudakis, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, la presente discussione mira a individuare delle modalità per migliorare la sorte delle donne, a volte ricorrendo a forme di discriminazione positiva, come nel caso delle quote, a volte tramite normative dirette sulla parità di genere. Sostengo i riferimenti volti ad un rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri per superare le discriminazioni retributive in favore di lavori equi e all’azione per la tutela delle donne e degli uomini da qualsiasi forma di violenza, incluse la tratta di esseri umani e la mutilazione genitale. É inoltre necessario intraprendere ulteriori passi avanti verso l’emancipazione delle donne, aumentando la fiducia nelle loro capacità, puntando sull’istruzione e su azioni volte a creare un contesto che permetta loro di compiere delle scelte.

Una persona costretta a vivere sotto il giogo della discriminazione disse un giorno: io ho un sogno. Ebbene, anche io ho un sogno. Guardo al giorno in cui lavoreremo non solo per aumentare la parità sul posto di lavoro, ma per emancipare le donne a compiere delle scelte libere e affinché si sentano abbastanza forti da raggiungere i propri obiettivi. Questa sarebbe la vera tabella di marcia per le donne. Tuttavia dobbiamo compiere dei passi piccoli. Siamo tutti d’accordo sul principio della parità e direi che questo è il nostro diritto basilare, ma perché includere tematiche che intorbidiscono le acque? I fascicoli sono complessi e l’inclusione di questioni che rientrano nelle competenze degli Stati membri, come la spesa pubblica nel settore della sanità, non è d’aiuto.

Ci sono degli ostacoli sul percorso. Mi spiace affermare che, se vogliamo raggiungere la parità, dobbiamo garantire che la strada sia priva di distrazioni, perché potremo continuare a camminare uniti solo su una strada libera.

 
  
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  Charalampos Angourakis, a nome del gruppo GUE/NGL.(EL) Signor Presidente, vorrei sottolineare che sono state spese moltissime parole, ma si è parlato poco delle ragioni. A questo proposito ritengo che le due relazioni siano, al massimo, un elenco di buoni propositi, soprattutto quella che si riferisce all’impatto della crisi. Ne parlo in questi termini poiché, sfortunatamente, non affrontano i problemi che questa situazione inaccettabile ha determinato per le donne.

A mio avviso, la decisione di aumentare oggi in Grecia l'età pensionabile delle donne di un numero di anni compreso tra i 5 e i 17 è da ricondursi al sistema capitalistico e alla strategia 2020, che non è oggetto di contestazioni. Non capisco come possa la signora Commissario parlare di diverse misure attinenti alla parità di genere senza contestare questa strategia.

Qualunque misura lei scelga di adottare, signora Commissario, non potrà comunque stravolgere la strategia 2020, poiché praticamente non l’ha neppure contestata. Per questa ragione, riteniamo che la soluzione al problema possa essere raggiunta solo se le donne lotteranno, se i lavoratori lotteranno contro le conseguenze della crisi, solo con una lotta per sconfiggere il capitalismo.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI).(DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, mi concentrerò su due temi che mi stanno particolarmente a cuore: la crisi economica e finanziaria e la conseguente recessione che non dovrebbero, in nessun caso, venire utilizzati come argomentazione per annullare i progressi conquistati finora nell’ambito delle pari opportunità. Nel medio termine, questo atteggiamento potrebbe danneggiare ulteriormente la crescita economica.

Il divario salariale tra donne e uomini persiste e temo che questo si applichi all’intera Europa. Prendendo come riferimento la media europea, il divario salariale tra donne e uomini si attesta ad un valore pari al 17,8 per cento. Sfortunatamente esistono, tuttavia, delle anomalie negative, come nel caso dell’Austria, il mio paese. L’attuale relazione delle donne, prodotta dal governo federale austriaco, indica che le donne guadagnano appena il 58,4 per cento del salario lordo degli uomini. Solo in due paesi suddetto divario è ancora più ampio. Dobbiamo prefissarci l’obiettivo generale di infrangere questo soffitto di cristallo, chiudendo finalmente questo capitolo.

 
  
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  Barbara Matera (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, considero importante e doveroso intervenire sulla relazione della collega Figueiredo, una relazione non poco discussa sia all'interno della commissione FEMM, di cui sono vicepresidente, sia al momento degli emendamenti di compromesso e delle numerose indicazioni provenienti dal gruppo PPE.

Cari colleghi, la relazione presenta lampanti criticità a cui non è stata data la giusta e adeguata attenzione e soluzione. Non si tiene conto di questioni etiche e culturali fondamentali per la gran parte della società che rappresentiamo. Soprattutto, la relazione ancora oggi non si concentra sulla valutazione dei risultati della tabella di marcia 2006-2010, proprio oggi che siamo verso la conclusione dei propositi quadriennali e proprio oggi che diventa importante che il Parlamento europeo possa esprimersi in merito. Quindi, io non nascondo le mie perplessità su questa relazione.

 
  
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  Iratxe García Pérez (S&D).(ES) Signor Presidente, vorrei ringraziare gli onorevoli Romeva i Rueda e Figueiredo per il lavoro svolto sulle relazioni in merito agli aspetti di genere della crisi economica e alla tabella di marcia per la parità.

Questo Parlamento è molto chiaro sulla necessità di integrare le politiche relative alla parità di genere, considerando che parliamo di un valore importante, dato che le donne costituiscono il 52 per cento della popolazione europea.

La nostra strategia deve includere aspetti quali la conciliazione, un’equa rappresentazione, l’eliminazione degli stereotipi e il superamento di qualunque forma di violenza di genere.

Vorrei cogliere l’occasione per chiedere al Commissario Reding di approdare a dei risultati, prestando attenzione alle richieste ripetute di quest’Aula, di un ampio numero di Stati membri e della Lobby europea delle donne, che ha lanciato oggi una campagna a sostegno dell’ordine di protezione delle vittime. Non è il momento di arenarsi in questioni procedurali che arresterebbero il cammino di questa iniziativa. É tempo di dare spazio al dialogo e alla comprensione.

Ci sono più di cento buone ragioni per agire subito, senza indugi; ci serve solo la volontà politica. .

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE).(ET) Negli ultimi cinque anni abbiamo effettivamente ottenuto dei risultati, a cui è stato fatto riferimento, rispetto all’indipendenza economica delle donne e degli uomini, con un tasso di occupazione tra le donne pari quasi al 60 per cento. Parallelamente, tuttavia, non si sono registrati miglioramenti rispetto al divario salariale tra donne e uomini. Secondo i dati relativi al 2007, le donne guadagnano in media il 17 per cento in meno degli uomini. Nel mio paese, l’Estonia, tale divario supera il 30 per cento. Il 2007 è stato caratterizzato da una crescita economica. Quali dati dobbiamo aspettarci dunque, quando verranno resi noti i risultati della nuova analisi?

In ogni paese si producono classifiche delle aziende di successo, si dà visibilità alle persone più ricche, che vengono elogiate. Di norma, tuttavia, il 99 per cento sono uomini. Ripensando al divario salariale tra uomini e donne, risulta evidente come, nei profitti e nei dividendi di queste persone, le donne …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Krisztina Morvai (NI). (HU) Sono estremamente lieta che la discussione odierna verta sui diritti della donna e mi congratulo per le eccellenti relazioni. Tuttavia, non sono particolarmente entusiasta che la maggior parte delle donne, per lo meno in Ungheria, il mio paese, non siano consapevoli dei loro diritti e che quindi non li possano far valere. Questa situazione richiede misure urgenti. Una delle ragioni alla base dell’impossibilità di far valere i propri diritti è che non possono permettersi un avvocato. Io però ho in mente una soluzione: abbiamo bisogno di avvocati con una formazione specifica, di un servizio di assistenza legale gratuito e di un sito Internet con le risposte ai problemi di natura legale che le donne riscontrano più frequentemente. Ma quali sono questi problemi? Ad esempio, una donna che non riceve l’assegno di mantenimento per il figlio da mesi ha bisogno di informazioni su come procedere, su chi contattare per ottenere aiuto. Una donna vittima di violenze fisiche da parte del marito che si sente dire dagli agenti di polizia che, trattandosi di questioni familiari, non è possibile per loro intervenire, ha bisogno di sapere se i poliziotti hanno ragione o se può ricevere aiuto e da chi. Una donna, madre di tre figli, respinta dopo l’ennesimo colloquio di lavoro per ragioni puramente inventate dovrebbe poter scoprire se può ricorrere alle vie legali. Una donna che viene licenziata non appena il datore di lavoro scopre che è incinta deve sapere se può rivolgersi a qualcuno. In questi e in altri casi simili, dovrebbe …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Anna Záborská (PPE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, la Carta dei diritti della donna, oggetto del presente dibattito, fa riferimento agli atti delle Nazioni Unite. Le vittime di tale procedura sono i governi nazionali che hanno, da soli, la piena responsabilità per l’attuazione di decisioni prese sulla base delle esigenze nazionali. Fare riferimento alle Nazioni Unite è il modo più efficace per indebolire l’autorità delle istituzioni nazionali.

Non è necessaria una carta quando gli strumenti giuridici esistenti non sono stati attuati. Tuttavia, in conseguenza dell’ignoranza generale, noi donne preferiamo che ci venga presentata una nuova dichiarazione piuttosto che dover lottare affinché vengano attuati degli strumenti vincolanti.

Questa carta sta contribuendo ad uno sviluppo paradossale all’interno dell’Unione europea. Siamo già soliti regolamentare la moralità. Adesso l’ingegneria sociale sta generando un paradosso insolito all’interno dell’Unione. Stiamo privatizzando le economie statali con la scusa della libera concorrenza, eppure stiamo nazionalizzando le relazioni tra gli uomini e le donne. L’Unione sta copiando le cattive esperienze che abbiamo vissuto nell’Europa centrale e dell’est. É un peccato che l’ingegneria sociale non prenda in considerazione le esperienze del passato al fine di evitare una nuova sconfitta, che colpirà per prime proprio le donne.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, plaudo alla relazione dell’onorevole Romeva i Rueda, che evidenzia un aspetto della crisi che viene troppo spesso dimenticato, ovvero le sue ripercussioni sulle donne.

Proprio all’inizio della crisi, il Parlamento europeo è stato tra i primi a lanciare l’allarme rispetto alla conseguenze dannose che la crisi avrebbe potuto avere sulle donne se non fossero state prese delle misure adeguate. Ha anche sottolineato come la crisi potesse rappresentare un’opportunità di fare dell’Unione europea una società che prende in maggior considerazione la parità tra donne e uomini, laddove fossero state adottate politiche e misure adeguate.

Dobbiamo pensare che i nostri consigli sono stati ignorati, considerando che i diversi programmi di austerità non forniscono una risposta differenziata alla crisi. I primi settori ad essere colpiti sono stati quelli della produzione e dell’edilizia, che sono sostanzialmente maschili. Da allora, quasi tutti i settori sono stati colpiti e le prime vittime sono alla base della piramide socio-economica, dove si ritrovano per lo più donne.

Abbiamo dunque bisogno, con la massima urgenza, di considerare questo problema e coniugare anche al femminile i vari programmi di austerità adottati dall’Unione europea e dagli Stati membri. Non vorrei che si tornasse indietro di trent’anni: è a rischio la stessa indipendenza delle donne.

 
  
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  Roberta Angelilli (PPE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questi giorni l'Unione europea, anche per fronteggiare la crisi economica, ha imposto al mio paese – l'Italia – di rispettare l'obbligo per le donne impiegate nel settore pubblico di andare in pensione a partire dai 65 anni, equiparando così la loro età pensionabile a quella degli uomini.

Io credo che dobbiamo accogliere con favore questi provvedimenti all'insegna della parità delle responsabilità, ma credo anche che le donne sentano di avere altre priorità: la lotta alla disoccupazione, alla precarietà del lavoro, l'eliminazione dell'inaccettabile disparità retributiva.

Poi c'è il grande problema dell'insufficienza dei servizi. Solo per fare un esempio, con pochi asili nido è ben difficile parlare di parità. È persino difficile trovare o mantenere un posto di lavoro. Sono convinta che la Commissione europea dimostrerà …

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Olga Sehnalová (S&D). (CS) Signora Commissario, onorevoli deputati, indubbiamente esistono degli aspetti di genere legati al rallentamento economico e alla crisi finanziaria. Sussiste il pericolo che le diseguaglianze contro le quali stiamo lottando diventino più profonde. Divario salariale, pressione sul diritto del lavoro, tutele sociali legate alla maternità e condizioni nel mercato del lavoro sono solo alcuni degli esempi.

I tagli al bilancio legati alla crisi in diversi Stati sono una realtà ineludibile e colpiscono molti servizi pubblici in termini di disponibilità. Le misure volte a ridurre i costi non coinvolgono la maggior parte dei dipartimenti di Stato più potenti. I risparmi, pertanto, si concentrano in quegli ambiti dove ci si aspetta la minore resistenza da quanti vengono colpiti dai tagli, facendo leva sul fatto che le persone se la caveranno semplicemente perché non esistono alternative. L’assistenza ai bambini e ai genitori anziani resta un dovere in ogni caso, ed è un ruolo che viene assunto per lo più dalle donne.

Le riduzioni dei fondi per i servizi sociali, che occupano principalmente donne, sono anch’esse in cima alla lista delle misure di risparmio. Sono i singoli governi ad avere la responsabilità di considerare la questione anche da questo punto di vista quando analizzano i tagli al bilancio ed il loro impatto e di optare per un approccio attentamente bilanciato quando assegnano degli oneri alla popolazione in generale.

 
  
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  Regina Bastos (PPE).(PT) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, vorrei iniziare dichiarando che, a nostro avviso, la relazione sulla valutazione dei risultati della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010, che mira ad esercitare un’influenza sulla strategia relativa a questo ambito, sarebbe potuta essere più decisa e meno polemica. In effetti, il modo in cui vengono trattati numerosi temi etici delicati, soprattutto nel caso della salute sessuale e riproduttiva delle donne, sarebbe dovuto essere differente, se l’obiettivo è realmente quello di ottenere il maggior consenso possibile.

Detto questo, vorrei sottolineare che, in periodi di “normale” crescita economica, ci si preoccupa molto dei diritti delle donne, specialmente nel caso di disparità relativamente alle diverse situazioni in cui si trovano donne e uomini sul posto di lavoro, nella società e in famiglia, ma questi problemi vengono profondamente aggravati da una crisi economica e sociale come quella che stiamo vivendo attualmente. Ecco perché è necessario un maggiore impegno strategico da parte degli Stati membri a livello delle autorità locali e regionali e delle istituzioni comunitarie nelle questioni relative alla protezione …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Rovana Plumb (S&D).(RO) Gli aspetti di genere della crisi economica, la tabella di marcia per la parità di genere e la Cartadei diritti della donna sono tre temi con un denominatore comune: lo status della donna all’interno della società. Se desideriamo realmente accrescere lo status della donna all’interno della società, allora abbiamo bisogno di politiche e misure specifiche, come quelle presentate anche nella Carta dei diritti della donna, come proposto nel programma del gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo.

Se abbiamo effettivamente bisogno che le donne siano rappresentate meglio nelle strutture decisionali, sia nel settore pubblico che in quello privato, allora l’introduzione della parità di genere nelle istituzioni europee è imprescindibile. Ritengo che il Parlamento europeo e la Commissione europea debbano dare l’esempio a tal proposito nel 2014, prendendosi un impegno e dimostrando una forte volontà politica.

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(EN) Signor Presidente, ritengo sia deludente che nell’anno 2010 si parli ancora di diritti delle donne, malgrado i notevoli progressi ottenuti dall’Unione europea, specialmente nel tentativo di giungere ad un salario uguale a fronte dello stesso lavoro.

Voglio anche sottolineare la mancanza di diritti per le donne nel Terzo mondo. Ho lavorato come volontario nel Malawi per alcuni mesi e sono rimasto sconvolto nel constatare come vengono trattate le donne in questo paese. Innanzi tutto, svolgono gran parte del lavoro duro nei campi, mentre gli uomini ciondolano qua e là e, in secondo luogo, i diritti sessuali di alcuni uomini, specialmente di uno, conosciuto con l’appellativo “La iena” sono assolutamente ripugnanti.

Ritengo sia giunto il momento che l’Unione europea condizioni gli aiuti allo sviluppo destinati a questi paesi all’eliminazione di alcune di queste pratiche raccapriccianti. Le ONG potrebbero sottolinearlo più di quanto non stiano facendo. Attendo con interesse una Carta dei diritti della donna qui in Europa, che funga auspicabilmente da modello in tutto il mondo.

 
  
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  Silvia Costa (S&D). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, i relatori – che ringrazio – hanno posto una questione centrale raccolta in parte anche dalla Commissaria Reding. Noi dobbiamo maggiormente inserire e integrare efficacemente le politiche per le donne e per le pari opportunità nelle politiche generali europee e anche a livello nazionale. Penso alla crisi, alla povertà, allo sviluppo, la cooperazione, all'occupazione e al welfare.

Credo però che ci siano tre questioni che dovrebbero essere sottolineate sia a livello della Commissione e della nostra azione, sia a livello degli Stati membri. In primo luogo, vorrei una sottolineatura da parte della Commissaria Reding sul ruolo delle donne nell'azione esterna dell'Unione europea. Una nuova politica sulla quale le donne devono essere più presenti è contenuta nella relazione dell'on. Figueiredo. La seconda questione è quella del sostegno della Commissione alla proposta di direttiva sull'ordine di protezione europeo, che è uno strumento fondamentale per garantire la ...

(Il Presidente interrompe l'oratore)

 
  
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  Elisabeth Köstinger (PPE).(DE) Signor Presidente, negli ultimi anni e decenni, l’Unione europea è stata all’avanguardia nel settore delle pari opportunità. É necessario che questo ruolo si espanda. Ritengo che la Carta della donna, presentata dalla Commissione, sia un contributo imprescindibile per giungere alla parità tra uomo e donna all’interno dell’Unione europea. Tuttavia, l’impegno profuso per rafforzare il ruolo delle donne nell’economia, per la parità di retribuzione e per aumentare il numero di donne scelte per ricoprire posizioni dirigenziali non deve ridursi a delle semplici parole, ma ad esse si devono accompagnare i fatti. É soprattutto necessario impegnarsi ulteriormente per far comprendere ai politici uomini le nostre preoccupazioni. I problemi delle donne sono problemi dell’intera società e riguardano tutti. Dobbiamo comunque porre fine alla discriminazione delle donne, sia all’interno che al di fuori della nostra società e dobbiamo agire con decisione su questo fronte.

 
  
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  Evelyn Regner (S&D).(DE) Signor Presidente, il motivo per il quale ho chiesto di poter intervenire è che mi aspetto che lei, signora Commissaria, sia in grado di creare dei precedenti adeguati per la fine di questo mandato parlamentare.

Il suo annuncio odierno, secondo il quale lei prevede di introdurre dei requisiti UE per delle quota rose obbligatorie nei consigli aziendali, è già alquanto promettente, nonché sensato, equo, abbondantemente in ritardo e, soprattutto, economicamente promettente. Per questo motivo, mi auguro sinceramente che alle sue parole farà seguire i fatti.

Personalmente, ho tentato più volte di presentare degli emendamenti relativamente alla regolamentazione dei mercati finanziari, alla questione della morale commerciale e degli orientamenti per l’occupazione. Sto già guardando …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Mariya Nedelcheva (PPE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, la crisi finanziaria, che è poi divenuta economica e, infine, sociale, ha avuto delle conseguenze disastrose sugli sviluppi positivi che erano stati ottenuti, fino a quel momento, nel campo della parità tra uomini e donne.

Che si parli di tassi di occupazione o di divari salariali, è evidente che le donne patiscono maggiormente le conseguenze della crisi, poiché si trovano spesso in una posizione più vulnerabile degli uomini. Ecco perché è importante per noi che vengano individuati degli obiettivi a breve, medio e lungo termine, che vengano attuate misure specifiche volte a contrastare problemi urgenti e che vengano fornite risorse reali per realizzare le nostre azioni ed ambizioni.

Indubbiamente, gli Stati membri hanno molto da fare in termini di campagne di sensibilizzazione e scambio di migliori pratiche. Tuttavia, è altrettanto evidente che siamo noi, qui nel Parlamento europeo, ad avere la responsabilità di non permettere che vengano adottati dei testi totalmente privi di sostanza e che non contengono alcuna innovazione. Al contrario, dobbiamo garantire che includano soluzioni appropriate e specifiche. Semplicità, efficacia, innovazione, questo è …

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Monika Flašíková Beňová (S&D). (SK) La relazione presentata è estremamente dettagliata e di alto livello, il che è encomiabile

Vorrei concentrarmi su alcuni punti specifici, che sono caratteristici dei paesi post-comunisti, dove il sostegno statale veniva fornito soprattutto a settori tendenzialmente maschili, o settori di assoluto dominio maschile, soprattutto quello automobilistico, che è molto proiettato all’esportazione e tipicamente maschile. Al contrario, ad esempio, settori che impiegavano per lo più donne non ricevevano lo stesso sostegno dai governi.

Andrebbe anche evidenziato che i paesi post-comunisti continuano a mantenere una natura semi-industriale ed è dunque estremamente difficile trovare spazio per sostenere proprio quei settori che impiegano per lo più donne. Prevediamo anche tagli drastici nel sociale, soprattutto nei paesi post-comunisti, che colpiranno soprattutto le donne. Sarà dunque necessario concentrarsi su questo aspetto per trovare una soluzione.

 
  
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  Hella Ranner (PPE).(DE) Signor Presidente, siamo tutti d’accordo su questo tema e ritengo che non ci siano dubbi al riguardo. Tuttavia desidero avanzare una proposta su come poter accelerare un poco il processo e progredire.

Dovremmo assicurarci di includere e prendere sempre in considerazione le questioni di genere in tutte le relazioni che vengono discusse qui in Parlamento. Sono certa che ci siano molti fascicoli, forse non tutti ma certamente un discreto numero, in cui si potrebbero includere queste tematiche, il che ci permetterebbe di progredire più rapidamente dall’interno. Il Parlamento europeo assumerebbe così un comportamento esemplare.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, potrei esprimere dei commenti su molti dei temi discussi ma, in riferimento alla crisi, vorrei dichiarare che dovremmo concentrarci affinché il carico della crisi non finisca sulle spalle delle donne.

Quando si parla di consolidamento in tutti i parlamenti europei, inclusa quest’Aula, si dovrebbe badare anche che esso non vada a discapito dei più vulnerabili nella società, né delle donne in generale. Se cominciamo ad aggirare gli ostacoli a spese dei servizi sociali, dell’istruzione, della formazione e soprattutto dell’assistenza infantile, vi saranno delle conseguenze nel futuro e nella vita delle donne. In altre parole, la preoccupazione che sto cercando di esprimere è che, nella strategia “UE 2020” venga reintrodotta con enfasi la questione dell’integrazione delle questioni di genere, garantendo, nel futuro, la loro l’introduzione nell'elaborazione del bilancio, perché solo in questo modo potremo assicurare che quanto ci auguriamo e richiediamo oggi venga attuato anche in futuro.

 
  
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  Isabel Martínez Lozano, Presidente in carica del Consiglio.(ES) Signor Presidente, questa sera sono state dette molte cose interessanti. Vorrei congratularmi con voi per i vostri contributi e per le idee espresse che, indubbiamente, sono strettamente legate alle proposte per uscire dalla crisi.

La signora Commissario Reding ha dichiarato che esistono già numerosi documenti e che è giunta l’ora di intervenire, e sono pienamente d’accordo con lei. Ritengo che sia proprio questo che la società civile continua a chiedere ai governi dal 1995, di cominciare ad agire. Questo significa continuare a lavorare per una reale parità e farlo, come ha sottolineato l’onorevole Romeva i Rueda, con immaginazione e volontà politica. Parità vera significa migliorare la vita delle donne, la loro quotidianità, rendere le vite di uomini e donne migliori giorno per giorno.

Questa sera si è ripetuto più volte che la crisi va considerata un’opportunità e io sono d’accordo. Sono convinta che la crisi ci fornisca delle opportunità. Per alcuni è già così, ma non dobbiamo trascurare il fatto che ci sono anche rischi e passi indietro.

Per quanto riguarda la questione della parità, vi è sempre stata un’alternanza di passi avanti ed indietro, e noi donne lo sappiamo fin troppo bene. Non ci sono mai stati passi in avanti che non fossero accompagnati da passi indietro. Proprio per questa ragione, al fine di prevenire tali regressioni, ritengo sia importante non abbandonare il consenso europeo, non perdere di vista la tabella di marcia che ci ha permesso di progredire insieme negli ultimi anni. E noi Stati membri non dovremmo allontanarci dalla tabella di marcia in questione. Come ha giustamente affermato la signora Commissario, è importante continuare a tener fede alle raccomandazioni della Commissione.

Mi avvio a concludere. Ritengo che non sia possibile lasciare da parte i caratteri distintivi della nostra identità, né la coerenza delle nostre politiche, quelle stesse politiche che ci hanno permesso di mostrare il nostro volto migliore al mondo intero. Concordo con l’onorevole Figueiredo che, nel futuro, al fine di lavorare su questa linea, dovremo rafforzare il coordinamento con il Consiglio, con la Commissione e con il Parlamento europei e, chiaramente, dovremo sempre tenere da conto le richieste della società civile.

Vorrei fare i miei complimenti al Parlamento per questa discussione e per le relazioni che sono state presentate questa sera. La Presidenza spagnola del Consiglio ha davanti a sé ancora 15 giorni prima di passare il testimone alla Presidenza belga. Abbiamo tentato di non trascurare la questione della parità in un momento politicamente complicato e complesso come quello in cui ci troviamo. É evidente che noi continueremo a lavorare all’interno del governo spagnolo affinché la parità sia in cima alla lista di priorità dell’Unione europea.

 
  
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  Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione.(FR) Signor Presidente, lei è stato estremamente gentile e disponibile nel corso dell’intera serata, permettendo ai deputati che lo desideravano di intervenire e non vorrei costringerla a dover dimostrare rigore interrompendomi alla fine del mio intervento.

Per questo motivo non ripeterò quanto è già stato detto. Vorrei solo informare tutti gli oratori che ho preso nota delle loro proposte e dei loro consigli. Mi sono appuntata soprattutto due temi ricorrenti: gli effetti della crisi sulle donne e il bisogno di azioni concrete.

Condividerò queste vostre preoccupazioni con l’intero Collegio dei Commissari e vi presenterò un programma d’azione per la fine di settembre. La nostra strategia consisterà in un programma d’azione che le tre istituzioni, insieme alle parti sociali e alle parti coinvolte, ovvero le associazioni femminili e gli organismi che si occupano delle pari opportunità all’interno degli Stati membri, attueranno durante i quattro anni dei loro rispettivi mandati.

Vi ringrazio per la collaborazione, ringrazio tutte le donne per il loro entusiasmo e soprattutto i pochi uomini che hanno tenuto duro in mezzo a così tante donne.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, relatore.(ES) Signor Presidente, vorrei iniziare facendo riferimento al sentimento di frustrazione espresso dalla mia collega, l’onorevole in ’t Veld, che è chiaramente condiviso da tutti noi. Tuttavia, è altrettanto evidente, come abbiamo potuto constatare, che si tratta, almeno per noi, di un tema essenziale, importante e cruciale. Questa è la mia percezione e continuerò a impegnarmi fintantoché qualche presidente di un gruppo politico, che si tratti di uomo o donna, comprenderà che bisogna considerare il tema in questione una priorità, e non relegarlo ad una discussione a fine serata.

Il secondo aspetto che mi preme sottolineare è già stato espresso in modi molto diversi dai miei colleghi, e riguarda il fatto che la parità non è semplicemente un capriccio o una spesa superflua, quanto un investimento necessario, nonché un diritto.

Dobbiamo ricordarcene quando discutiamo di temi di questa natura. Dobbiamo comprendere che, dinanzi ad una crisi come quella che stiamo attraversando, investire e dedicare impegno, tempo, volontà politica e denaro alla parità richiedere non solo tutta la nostra ingegnosità ma anche, ovviamente, tutta la nostra volontà politica e la nostra massima attenzione.

In terzo luogo – e si tratta di un punto su cui voglio soffermarmi molto brevemente – ritengo sia importante sottolineare il fatto che, al fine di raggiungere l’obiettivo di un tasso di occupazione del 75 per cento entro il 2020, non solo per gli uomini, ma anche per le donne, è essenziale comprendere che questo implica l’adozione di misure attive volte a incentivare e incoraggiare le donne ad assumersi un ruolo più ampio nella sfera pubblica, ma anche misure per spingere e obbligare gli uomini a ricoprire un ruolo maggiore nella sfera privata. É impossibile raggiungere i nostri obiettivi senza realizzare entrambi questi aspetti. É necessario comprendere, all’interno delle nostre politiche, che si tratta di due facce della stessa medaglia. Se non sarà così, finiremo chiaramente con l’obbligare le donne, ancora una volta, a fare questi due lavori quotidiani.

Il quarto ed ultimo punto che ritengo importante è l’attenzione a che la crisi non venga utilizzata come pretesto per fare dei tagli dove è meno necessario. Sappiamo che i bilanci più bassi, al momento, sono proprio nel ministero spagnolo per le pari opportunità. La minaccia di tagli in questo ambito farebbe intendere che non si tratta di una priorità. Commetteremmo un grave errore e ritengo essenziale che gli altri Stati membri dell’Unione europea non solo comprendano l’importanza di un ministero di questo tipo, ma lo utilizzino come modello di riferimento per i loro stessi paesi.

 
  
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  Ilda Figueiredo, relatore.(PT) Signor Presidente, vorrei anche io sottolineare che, sebbene questa discussione si stia volgendo di notte, si è registrato un buon livello di partecipazione da parte degli eurodeputati, il che è insolito per questi orari. Tale partecipazione, a discapito delle condizioni sfavorevoli in cui la discussione sta avendo luogo, costituisce una vittoria nella lotta per i diritti delle donne e la parità.

In secondo luogo, vorrei aggiungere che gli interventi che si sono susseguiti oggi hanno fatto tendenzialmente riferimento ad azioni concrete e ad idee che devono essere ora trasformate in realtà. Tutti i presenti possono raccogliere la sfida e metterle in pratica. Infine, vorrei che il rafforzamento della volontà politica di concretizzare le proposte, le parole e le promesse venisse ricordato come uno degli aspetti positivi della discussione odierna. Tale volontà, che si esplichi in tutte le politiche dell’UE e degli Stati membri, o in delle azioni specifiche volte a conferire maggiore visibilità alle donne, in modo che la parità si accompagni al progresso sociale, costituisce un contributo centrale e ci auguriamo che tra quattro anni – come ha dichiarato la signora Commissario – potremo tirare un bilancio positivo del lavoro svolto da Parlamento, Commissione e Consiglio.

Vorrei concludere affermando che la maggiore volontà politica e attenzione ai desideri e alle aspirazioni delle donne ci permetteranno di fornire un importante contributo alla loro emancipazione e alla realizzazione dei loro sogni. Questo intervento dovrà passare attraverso la loro realizzazione professionale e personale, la considerazione delle loro vite prese individualmente, con il lavoro, posti di lavoro con diritti, partecipazione alla vita sociale e, laddove possibile, nella vita economica e politica e attraverso una maggiore realizzazione all’interno delle rispettive famiglie.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà domani alle 12.00.

Dichiarazioni scritte ( articolo 149del regolamento)

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto. (RO) I ministri dell’Unione europea per gli Affari sociali hanno riconosciuto che 120 milioni di cittadini europei vivono al di sotto della soglia di povertà. Confrontando questo dato con quelli relativi al periodo precedente allo scoppio della crisi economica risulta che, in due anni, il numero di poveri all’interno dell’UE è raddoppiato. La recessione ha aggravato una tendenza costante dell’ultimo decennio: vi sono molte più donne colpite dalla povertà che non uomini. La disoccupazione, lavori in condizioni poco sicure, pensioni al di sotto del reddito minimo di sussistenza e difficoltà ad avere accesso a servizi pubblici dignitosi sono solo alcune delle cause della povertà, la cui natura giustifica la scelta di parlare di femminizzazione della povertà in Europa. Sfortunatamente, numerosi governi di destra hanno abbandonato le proprie politiche a sostegno della parità di genere con la scusa della recessione. I fondi per i servizi di assistenza e per i congedi hanno subito riduzioni drastiche, il che comporta delle ripercussioni gravi e negative, anche sui bambini. Mentre siamo ormai prossimi alla metà dell’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, il giudizio è negativo. Di fatto, le prospettive sono deludenti, considerando che si dedica poco tempo, sia a livello governativo in molti Stati membri che a livello comunitario, alla preoccupazione e al desiderio di migliorare la vita di quanti sono stati colpiti più duramente.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) L’eliminazione di qualunque forma di discriminazione in ogni ambito della vita economica e sociale è una precondizione essenziale per la protezione dei diritti umani ed il benessere di ogni cittadino. La promozione del principio delle pari opportunità per le donne e gli uomini, congiuntamente ad un maggiore coinvolgimento delle donne nella vita economica e sociale, in quanto partecipanti che beneficiano pienamente dei diritti, devono essere motivo costante di interesse. Ritengo che suddetto approccio debba essere adottato anche nell’ambito della politica agricola comune, al fine di assicurare che i due sessi vengano rappresentati correttamente ed equamente. D’altro canto, questo approccio potrebbe garantire l’efficacia dell’attuazione delle varie politiche a livello europeo. Ritengo che la parità di genere all’interno dell’economia sia estremamente importante per lo sviluppo rurale e che le misure attuate in questo ambito, come parte del secondo pilastro, debbano essere mantenute anche nella futura PAC. Considerando che il principio della parità di genere viene promosso nelle normative europee ed è un requisito fondamentale della strategia “UE 2020”, riteniamo opportuno includere tale tematica nella futura PAC, il che significa anche utilizzare nuovi strumenti che promuoveranno questo principio.

 
  
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  Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto.(PL) Il principio della parità di genere non viene perseguito efficacemente. Secondo l’onorevole spagnolo Valenciano, le mucche sono protette meglio delle donne all’interno dell’Unione europea. Veniamo discriminate in qualunque ambito. Guadagniamo il 18 per cento meno degli uomini, siamo molto più frequentemente disoccupate e siamo sottorappresentate nella politica, nella vita pubblica e negli affari. L’aspetto più deplorevole è che le donne non possono neppure far valere a pieno i propri diritti. Per quanto riguarda le donne, il diritto alla vita e all’integrità personale, nonché i diritti riproduttivi, vengono sempre più spesso violati. Ad esempio, in Polonia, la restrizione dei diritti umani viene tollerata quando si parla di donne. Nel 1997, il presidente della corte costituzionale, nel giustificare il rifiuto di liberalizzare il diritto all’aborto, ha ritenuto ovvio che una donna incinta venisse privata di alcuni dei suoi diritti civili. Non solo questa decisione non ha determinato la fine della sua carriera, ma ha rafforzato il suo ruolo di “autorità morale”.

Le questioni di genere devono trovare ampio spazio nel bilancio comunitario. La crisi economica non deve portare a limitare le misure per la parità di uomini e donne. Solo una strategia coerente e a lungo termine può portare a dei risultati. Non basta promuovere la parità di trattamento dei sessi e passare leggi contro la discriminazione. Le leggi non generano automaticamente parità. Dobbiamo cominciare dal basso, creando la consapevolezza sociale e la solidarietà per le donne. Migliorare la condizione delle donne significa lottare contro gli stereotipi e le pratiche discriminatorie e eliminare lo sciovinismo maschile dalla vita pubblica.

 
  
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  Joanna Katarzyna Skrzydlewska (PPE), per iscritto.(PL) Signor Presidente, onorevoli deputati, la condizione delle donne nel mercato del lavoro prima di questa crisi non era soddisfacente. Tuttavia, stava migliorando, nonostante i problemi complessi e perennemente irrisolti, come nel caso del divario salariale a fronte dello stesso lavoro e la sottorappresentazione nelle posizioni dirigenziali all’interno delle aziende. Dovremmo menzionare anche queste tendenze positive nella nostra discussione. Una relazione della Commissione dimostra che, dal 1995, il contributo delle donne alla crescita economica nell’UE è aumentato di un quarto e che il tasso di occupazione femminile è aumentato del 7,1 per cento negli ultimi dieci anni, raggiungendo il 59,1 per cento. In conseguenza della crisi, la disoccupazione cresce ad un ritmo maggiore tra le donne che non tra gli uomini. Le donne trovano un impiego, principalmente, nel settore pubblico e corrono quindi il rischio di essere licenziate a causa di politiche per la riduzione dei costi. I meccanismi contro la crisi che vengono applicati mirano a ridare al più presto un’occupazione principalmente a quanti hanno perso il proprio posto in conseguenza della crisi ignorando, per il momento, quanti sono perennemente disoccupati. Le donne, adesso, per motivi personali, accettano spesso lavori part-time che offrono poca sicurezza. Essendo consapevoli di questi pericoli, dobbiamo applicare soluzioni orizzontali, al fine di mantenere il livello di occupazione precedente alla crisi e non lasciare spazio a tendenze al ribasso.

 

17. Programma comune di ricerca e sviluppo nel Mar Baltico (BONUS-169) (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A7-0164/2010), presentata dall’onorevole Ek, a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente la partecipazione della Comunità a un programma comune di ricerca e sviluppo nel Mar Baltico (BONUS-169) realizzato da alcuni Stati membri [COM(2009)0610 - C7-0263/2009 - 2009/0169(COD)].

 
  
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  Lena Ek, relatore.(SV) Signor Presidente, nel giro di centocinquanta anni, il Mar Baltico è passato dall’essere un mare artico incontaminato, limpido, oligotrofico a una zona in costante stato di crisi. I problemi relativi all’eutrofizzazione, alla proliferazione delle alghe, ai rifiuti tossici e alle minacce alla biodiversità stanno aumentando senza sosta. La situazione del Mar Baltico è molto seria. Nonostante i riusciti tentativi di ridurre l’immissione di azoto e fosforo negli anni ‘90 e nel primo decennio del nuovo secolo, la quasi totalità del Mar Baltico sta subendo gli effetti dell’eutrofizzazione. Parimenti, i livelli di tossine nell’ambiente e quelli di metalli pesanti sono elevati nonostante si sia riusciti a ridurre, ad esempio, gli scarichi di piombo, mercurio e DDT.

Non so se qualcuno di voi abbia assistito alla proliferazione delle alghe in quello che prima era un vasto e sano mare interno. Se fate un’escursione in barca nello splendido arcipelago, d’estate, venite accolti da uno spessore di dieci centimetri di alghe, verde e maleodorante. Se i cani bevono quell’acqua, muoiono. Se i bambini ci nuotano, vomitano e sono soggetti a nausee. Questa è la situazione in cui versano diverse zone attorno al Mar Baltico oggigiorno. Per salvaguardare la crescita e permettere anche alle comunità rurali di prosperare, in futuro, è fondamentale conoscere più a fondo l’impatto sul Mar Baltico.

L’ecosistema della regione del Mar Baltico è complesso e impossibile da comprendere senza una cooperazione transfrontaliera tra ricercatori che coinvolga l’intero bacino idrografico di questo mare interno. Si stanno già svolgendo diverse ricerche su queste tematiche, ma spesso senza un adeguato coordinamento. La proposta in esame quest’oggi – che chiameremo semplicemente BONUS – mira a cambiare questo stato di cose. Si tratta di un programma di ricerca e sviluppo comune agli Stati membri che circondano il Mar Baltico – che include, di fatto, anche ricercatori russi – per far fronte alle sfide ambientali di questa regione. Il programma BONUS darà origine a un piano strategico con un obiettivo comune per più di 500 ricercatori provenienti dagli otto Stati membri che circondano il Mar Baltico. L’Unione europea e i paesi della regione investiranno, nel complesso, quasi 1 miliardo di corone svedesi per la ricerca ambientale.

Ottantacinque milioni di persone vivono nella regione del Mar Baltico, in paesi le cui economie dipendono, a diverso titolo, dal mare. Contribuiscono però al problema anche le nostre società, riversando scarichi e rifiuti in mare. É necessario avere una visione d’insieme più chiara della ricerca, se vogliamo far sì che il Mar Baltico possa essere salvato. La ricerca in questo settore è frammentaria e di gran lunga troppo legata ai limitati stanziamenti per la ricerca a livello locale, regionale e nazionale.

BONUS, invece, si basa sull’esperienza maturata con i programmi quadro della Comunità europea per le attività di ricerca e sviluppo tecnologico. A seguito di questa iniziativa, i programmi e le attività di ricerca nazionali in seno ai paesi partecipanti saranno, per la prima volta, integrati in un programma strategico comune, con un obiettivo ben preciso.

Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a questo risultato: i miei colleghi in seno al Parlamento, la Presidenza spagnola e il Commissario per la ricerca, l’innovazione e la scienza. Un simile investimento coordinato nel settore della ricerca ambientale è un passo verso un’Europa sostenibile, dinamica ed efficiente nella gestione delle risorse. Il Mar Baltico è parte integrante delle culture degli otto paesi che lo circondano – lo si trova nella letteratura, nella musica e nell’arte – e vogliamo che continui a esserlo anche perle generazioni a venire. BONUS, in futuro, farà parte della piattaforma per tale investimento.

 
  
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  Máire Geoghegan-Quinn, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, desidero esprimere la mia gratitudine verso il Parlamento europeo e, in particolar modo, verso la relatrice, onorevole Ek, per aver sostenuto le proposte della Commissione sul programma comune di ricerca nel Mar Baltico BONUS. Desidero altresì ringraziare i relatori ombra della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia per il sostegno costruttivo prestato e la commissione parlamentare per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per il parere favorevole emesso per il programma BONUS.

Otto dei nove Stati bagnati dal Mar Baltico sono membri dell’Unione europea, e siamo tutti consapevoli dei complessi e pressanti problemi ambientali che quella regione sta vivendo e che l’onorevole Ek ha evidenziato con grande eloquenza pochi attimi fa. Queste minacce sempre più incalzanti mettono oggi a repentaglio la capacità della regione di continuare a fornire i diversi beni e servizi da cui tutti noi abbiamo imparato a dipendere. La scienza è chiamata a svolgere un ruolo estremamente importante: fornire assistenza alle politiche pubbliche nei settori della ricerca e dell’ambiente. La frammentazione del sistema di ricerca europeo e la mancanza di coordinamento e coerenza tra i suoi componenti nazionali, nondimeno, ne minano l’efficienza in termini di costi e anche la produttività generale.

É questa la sfida che ci troviamo ad affrontare nella regione del Mar Baltico. Risulta chiaro che nessuno Stato della regione, singolarmente, può riuscire a risolvere le complesse problematiche ambientali di quest’area. Per affrontare i problemi ambientali del Mar Baltico, è divenuto necessario elaborare con urgenza una strategia di ricerca integrata per la regione, favorendo le sinergie transfrontaliere, unendo le risorse, condividendo le conoscenze e potenziando la mobilità transfrontaliera dei ricercatori. É in questo modo che potremo garantire un futuro sostenibile alla regione del Mar Baltico. L’iniziativa BONUS, unitamente agli sforzi compiuti nel quadro della strategia europea per la regione del Mar Baltico, fornirà le strutture e i mezzi per far fronte a queste sfide in modo efficace e coordinato.

Plaudo all’accordo istituzionale raggiunto in materia di attuazione dell’iniziativa BONUS lo scorso 27 aprile. Ciononostante, desidero sottolineare anche il mio rammarico per il mancato raggiungimento di un accordo tra gli Stati membri che istituisca un modello di salvadanaio comune vero, come indicato nella proposta originaria della Commissione europea. Senza uno strumento di finanziamento davvero unico, non è possibile garantire pienamente la selezione delle migliori proposte di ricerca transnazionali sulla sola base dell’eccellenza scientifica, della qualità del gruppo di lavoro e dell’impatto previsto, né è possibile ottenere tutti i possibili benefici, il valore aggiunto e l’efficienza che comporta la cooperazione transfrontaliera. É per questa ragione che la Commissione europea vorrebbe precisare che le implicazioni di tale decisione non dovrebbero costituire un precedente per proposte future. Gli Stati membri dovranno impegnarsi a creare un salvadanaio comune vero per i finanziamenti e la cooperazione transfrontalieri prima di intraprendere qualunque altra iniziativa ai sensi dell’articolo 185 del trattato di Lisbona.

Tornando all’iniziativa in questione, la Commissione europea è pienamente fiduciosa che il programma BONUS sarà in grado di ottimizzare il potenziale dei programmi di ricerca ambientale nella regione del Mar Baltico, migliorare la capacità scientifica della zona, favorire la mobilità transfrontaliera dei ricercatori, promuovere sinergie ed evitare dispendiose duplicazioni delle ricerche. Questo garantirà un futuro sostenibile al Mar Baltico.

 
  
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  Anna Rosbach, relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.(DA) Signor Presidente, BONUS-169 è un importante progetto pilota, che riguarda la cooperazione in materia di problemi ambientali in una determinata area. Questo programma gode del sostegno generale di tutti i paesi baltici. Esso mira altresì a coinvolgere i paesi terzi che scaricano le proprie acque reflue nel Mar Baltico, contribuendo ad avvelenare uno dei mari più inquinati del mondo. Il programma BONUS deve svolgere un compito enorme al fine di portare alla luce i numerosi problemi ambientali della regione. Tutte le forme di inquinamento al mondo, dalle cartiere e lavorazioni simili fino al crollo degli stock ittici, minacciano il Mar Baltico, mentre le bombe al diclorodietilsolfuro inesplose e i gasdotti russi certo non contribuiscono a promuovere il benessere dell’ecosistema. Sono pertanto estremamente favorevole al programma BONUS. Nondimeno ritengo che tale iniziativa non debba rimanere isolata, ma essere, anzi, accompagnata dalla sensibilizzazione ambientale e dagli interventi di ciascuno Stato, ivi compreso lo stanziamento di risorse finanziarie.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij, a nome del gruppo PPE.(NL) Signor Presidente, Commissario Geoghegan-Quinn, onorevole Ek, i peculiari problemi e la particolare situazione del Mar Baltico richiedono un approccio specifico. Sono lieto, pertanto, che le attività possano partire subito grazie al raggiungimento di un accordo. Nondimeno, vorrei condividere con voi alcune riflessioni.

Come la signora Commissario ha evidenziato, la prima proposta mirava alla creazione di un salvadanaio comune vero, basato sui criteri dell’eccellenza e dell’interdisciplinarietà. Le consultazioni hanno portato a un approccio piuttosto pragmatico, secondo il quale i singoli paesi possono scegliere i progetti di loro interesse all’interno della lista e coinvolgere le proprie università e i propri istituti. Non ho obiezioni su questa scelta in sé – anzi, sono d’accordo – ma dobbiamo valutarla. Si deve procedere con efficacia e, se le cose sono fatte per bene e la cooperazione registra maggiori successi che in passato, questo potrebbe davvero diventare un esempio di ciò a cui miriamo con la strategia Europa 2020. L’Unione versa un piccolo extra e gli Stati membri stanziano maggiori risorse. Non stiamo parlando esclusivamente di ricerca, ma anche della sua applicazione. La qualità dell’ambiente deve essere anche ripristinata in modo efficace, quindi prestiamo particolare attenzione a questo aspetto.

Vorrei esternare ancora due considerazioni: anzitutto, l’approccio utilizzato per il Mar Baltico può fungere da esempio anche per altre macroregioni, come ad esempio quella del Danubio. Posso chiedere alla signora Commissario se, alla luce di ciò, le riflessioni su tale regione...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Adam Gierek, a nome del gruppo S&D.(PL) Le disposizioni concernenti la ricerca sul benessere del Mar Baltico. contenute nella proposta della Commissione. introducono un elemento importante, ossia la fase di pianificazione strategica. Senza di essa, parleremmo semplicemente di sviluppo estensivo della ricerca sul tema, mentre ciò di cui necessitiamo è un più ampio piano d’azione, una migliore strategia che, oltre al Mar Baltico, includa il suo bacino di drenaggio, al momento soggetto – come tutti sappiamo – a forti esondazioni.

Bisognerebbe prestare particolare attenzione alla selezione degli esperti, in quanto il vasto campo di ricerca proposto non può essere ridotto ai soli fenomeni riproducibili in laboratorio. In questo caso, la ricerca condotta sul campo è strettamente connessa al territorio di giurisdizione di un particolare paese. Il diritto comunitario, pertanto, deve conciliarsi con le legislazioni nazionali. La selezione di esperti indipendenti da parte della Commissione dovrebbe tenere conto di questo aspetto.

Per aumentare le capacità di ricerca dei nuovi Stati membri della regione del Mar Baltico, si deve tener conto, anzitutto, che il potenziale di ricerca di questi paesi è variegato e che alle competenze, generalmente elevate, dei ricercatori si accompagnano strutture di laboratorio più carenti. Sono pertanto sorpreso che, nel fondo comune, sia stato imposto un tetto per il contributo di natura infrastrutturale pari al 25 per cento. Secondariamente, per molti paesi, il “salvadanaio comune” non è accettabile, sia per ragioni giuridiche sia per il fatto che esso rischia di compromettere piani di ricerca già in corso. In terzo luogo, la fase di pianificazione strategia del programma richiede tempo e occorrerebbe sfruttarla meglio.

Prima di tutto, quindi, bisognerebbe definire le priorità di ricerca per il Mar Baltico e il suo bacino di drenaggio e, in secondo luogo, le parti coinvolte nel progetto dovrebbero investire nelle proprie strutture di ricerca in modo da predisporle per operare su tali priorità. Nel contesto di queste ricerche, è altresì importante conferire un ruolo partitario alla Russia sulla base del partenariato orientale.

 
  
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  Satu Hassi, a nome del gruppo Verts/ALE.(FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ringraziare la relatrice, onorevole Ek, per l’eccellente lavoro svolto. Il programma di ricerca BONUS – iniziativa eccellente e assolutamente degna di sostegno – è uno dei frutti della strategia europea per il Mar Baltico.

Ritengo inoltre che la strategia rappresenti di per sé un considerevole progresso. Circa sei anni fa, l’allargamento ha fatto sì il Mar Baltico diventasse, sotto tutti gli aspetti, un mare interno dell’Unione europea. Le persone se ne sono rese conto troppo lentamente. Come l’onorevole Ek ha segnalato, sono state svolte diverse ricerche sul Mar Baltico, ma con un coordinamento troppo scarso per stabilire l’insieme di conoscenze necessario, ad esempio, a migliorare le politiche comunitarie e renderle più intelligenti.

Spero che il coordinamento della ricerca ci aiuterà quanto meno ad assumere una certa consapevolezza su due punti. Il primo è che lo stato ecologico del Mar Baltico è allarmante. Si tratta di uno dei mari più inquinati al mondo. La più vasta superficie al mondo di fondale marino privo di ossigeno – in altre parole morto – si trova nel Mar Baltico. É stato detto che il più grande deserto dell’Europa si trova in fondo a questo mare.

Il secondo punto (che, spero, la ricerca contribuirà a illustrare meglio) è che siamo noi stessi i responsabili dello stato in cui versa il Mar Baltico. Il problema principale è rappresentato dall’eutrofizzazione, di cui la relatrice ha descritto molto bene le conseguenze. La principale fonte di sostanze nutritive eutrofizzanti – azoto e fosforo – è l’agricoltura, in questo caso l’agricoltura comunitaria che si appoggia al bacino idrografico del Mar Baltico.

Spero quindi che l’organizzazione congiunta e il coordinamento della ricerca permetteranno ai cittadini di comprendere sufficientemente i problemi e che ci aiuteranno anche a sviluppare metodi e processi migliori e più intelligenti in tutti i settori, agricoltura in primis, perché i fertilizzanti riversati nei laghi e nei mari sono solo uno spreco di risorse, dal punto di vista degli agricoltori.

Non si dimentichi però che la ricerca non può risolvere tutto. Dobbiamo comprendere che salvare il Mar Baltico richiederà cambiamenti concreti anche sul piano politico, soprattutto – ma non solo – nel settore dell’agricoltura. Spero che riusciremo a salvare il Mar Baltico, che attualmente è uno dei mari più inquinati del mondo, creando un precedente di successo cui il resto del mondo potrà ispirarsi.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE).(PT) Signor Presidente, signora Commissario, plaudo al programma comune di ricerca e sviluppo del Mar Baltico (BONUS-169), che integrerà le attività di ricerca nazionali degli Stati membri e della Commissione europea nel settore dell’ambiente e della gestione delle risorse marine nel Mar Baltico. Il programma BONUS-169 costituisce un modello innovativo e un esempio per altre forme di cooperazione regionale nel settore della ricerca scientifica.

Alla pari di quella del Mar Baltico, anche altre regioni, come ad esempio l’Europa sudorientale, potrebbero beneficiare dell’azione concertata di Stati membri e Commissione, in modo da fronteggiare sfide comuni e sostenere lo sviluppo sostenibile.

Esorto quindi il Parlamento europeo e la Commissione a valutare la possibilità di istituire un programma comune di ricerca per l’Europa sudorientale, incentrato su settori di grande importanza, come il mare, la biodiversità e le fonti energetiche marine, che abbia a cuore lo sviluppo sostenibile dell’asse atlantico europeo e delle regioni confinanti.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE).(RO) L’impegno dell’Unione europea nel programma comune di ricerca e sviluppo nel Mar Baltico dimostra che le istituzioni europee desiderano raggiungere una maggiore armonizzazione di politiche, programmi e altre attività nel settore della ricerca. É necessaria un’azione congiunta a livello comunitario per far fronte a determinate sfide e migliorare efficienza ed efficacia dei programmi, incorporando tutte le attività di ricerca in un programma uniforme e ben coordinato, che promuova lo sviluppo sostenibile della regione.

Il programma BONUS è particolarmente importante per la regione del Mar Baltico, tuttavia il suo ruolo non dovrebbe limitarsi a questa regione. Vorrei che, in futuro, questo programma fungesse da modello per altre forme di cooperazione regionale in Europa, ad esempio per le regioni del Danubio e del Mar Mediterraneo. Questo ci permetterà di avere un’Unione europea potente, dinamica e competitiva.

 
  
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  Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (PPE).(LT) L’attuazione del programma comune di ricerca e sviluppo nel Mar Baltico BONUS-169 ha rivelato la situazione catastrofica in cui versa il Mar Baltico, particolarmente nei settori per cui sono in fase di esecuzione progetti d’infrastruttura su larga scala nel settore energetico, ad opera non solo degli Stati membri dell’Unione europea, ma anche di altri paesi confinanti con l’Unione. In alcune zone, la genotossicità è aumentata di diverse centinaia di volte. Il programma BONUS ha già dimostrato il proprio potenziale nel sostegno al monitoraggio ambientale della regione e pertanto è necessario continuare attivamente la ricerca sulla condizione in cui versa il Mar Baltico. Per assicurare che i progetti siano più esaustivi e obiettivi possibile, è fondamentale che essi coinvolgano studiosi provenienti da tutti i paesi bagnati dal Mar Balticosu un piano di parità. Questo programma rappresenta quasi una misura preventiva, volta a portare l’attenzione verso la complessa situazione ecologica del Mar Baltico. Solo finanziando adeguatamente la ricerca scientifica e individuando per tempo le potenziali minacce fermeremo i disastri ecologici e credo che assicureremo che il Mar Baltico...

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE).(RO) Le problematiche ambientali di alcune regioni possono essere affrontate con maggior successo se tutti gli Stati fondono fra loro le attività di ricerca svolte. É per questa ragione che plaudo alla proposta della Commissione, nonché della relatrice, di sostenere il programma BONUS per la regione del Mar Baltico.

Penso sia una buona idea aver incluso un comma che invita la Commissione a condurre una valutazione conclusiva del programma, al fine di verificare il livello di qualità e di efficienza nell’attuazione di programmi di questo tipo, vagliando soprattutto i progressi compiuti rispetto agli obiettivi specifici. Tali risultati dovrebbero essere pubblicati sul sito Internet del programma, in modo che i cittadini possano sapere come esso procede e a quali risultati sta portando. Di fatto, anche i rappresentanti del settore aziendale possono stilare i propri piani economici sulla base delle raccomandazioni e delle opportunità che emergono dalle ricerche nella zona.

Quel che conta è che i risultati del programma si traducano in benefici concreti per l’ambiente, per i cittadini e per lo sviluppo della regione, specialmente nel contesto dell’attuale crisi.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE).(PL) Signor Presidente, sostengo pienamente la creazione del programma comune di ricerca e sviluppo nel Mar Baltico BONUS. Sono certo che creando un programma consolidato di ricerca sopranazionale, basato sulla cooperazione reciproca transfrontaliera e sullo scambio di esperienze, si contribuirà a rendere più efficace la tutela del Mar Baltico e si favorirà lo sviluppo sostenibile della regione. Il programma BONUS è stato lanciato da otto Stati membri. Tra i paesi del Baltico si annovera però anche un altro Stato: la Russia; proprio per questo gli studiosi russi prenderanno parte al programma. Questo programma di ricerca dovrebbe fornire una serie di proposte per la strategia di sviluppo della regione che l’Unione europea sta mettendo a punto, nonché per il ruolo delle macroregioni nella futura politica di coesione, discusso in seno al Parlamento due mesi fa. É un peccato che non siamo riusciti ad affrontare apertamente e individuare i pericoli e le conseguenze che potrebbero avere sul Mar Baltico la costruzione e l’utilizzo (...).

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Piotr Borys (PPE).(PL) La ringrazio, signor Presidente, per avermi dato la parola.

Vorrei dire che la ricerca odierna sull’intera regione del Mar Baltico dovrebbe essere vista come parte integrante di un concetto infinitamente più ampio, ossia la coesione territoriale di tutta l’Unione europea. Concentriamoci, oggi, su diverse strategie parallele, tutte di rilievo: la strategia per il Mar Baltico, il partenariato mediterraneo e la strategia per il Danubio. Dobbiamo però ricordare che queste regioni devono essere collegate le une alle altre.

Al momento i maggiori scambi commerciali di beni avvengono con l’Indocina ed è per questa ragione che è così importante concentrarsi per garantire che anche la strategia per il Mar Baltico includa la possibilità di connessioni con la rete di trasporti “Nord-Sud”. Fortunatamente, questa strategia è accessibile al pubblico, oggi, e spero che anche la regione del Mar Baltico sarà strettamente collegata al sud dell’Europa grazie a tale rete di trasporti, ricorrendo a varie soluzioni parallele.

 
  
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  Máire Geoghegan-Quinn, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, vorrei formulare i miei ringraziamenti alla relatrice, onorevole Ek, e ai dieci onorevoli membri del Parlamento europeo che si sono presi la briga di essere presenti qui, a quest’ora tarda della sera, per discutere di questo argomento.

Sono estremamente soddisfatta che siano state adottate tutte le iniziative ai sensi dell’articolo 185 annunciate nell’ambito della cooperazione per il Settimo programma quadro dell’Unione europea: è una conquista politica per tutte le istituzioni dell’Unione europea. Il programma BONUS aiuterà chiaramente i paesi della regione del Mar Baltico ad affrontare in modo più efficace le pressanti e complesse problematiche ambientali della zona, promuovendo sinergie ed evitando dispendiose duplicazioni delle ricerche nazionali.

In vista dei problemi chiave che ci troviamo ad affrontare in ambiti politici come i cambiamenti climatici, l’energia, l’alimentazione e la salute, diventa necessario unire le risorse e lavorare assieme. Le iniziative ai sensi dell’articolo 185 svolgono un ruolo essenziale nell’affrontare alcune di queste problematiche fondamentali. L’esperienza acquisita con queste iniziative ci permetterà di trovare modi migliori e più efficaci di collaborare a livello europeo, sfruttando appieno sia i programmi di ricerca nazionali che quelli comunitari.

Come anticipato in occasione della mia audizione dello scorso gennaio presso il Parlamento europeo, sono strenuamente impegnata a favore della piena realizzazione dello spazio europeo della ricerca, ma, se vogliamo raggiungere quest’obiettivo, dobbiamo lavorare assieme in uno spirito di unità e cooperazione. É un fattore vitale per il futuro sviluppo economico dell’Unione europea e per garantire che l’Unione diventi un leader mondiale nei settori della ricerca, dell’innovazione e della scienza.

 
  
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  Lena Ek, relatore.(SV) Signor Presidente, di fatto, BONUS è un progetto pilota ai sensi dell’articolo 185 e posso assicurare a chiunque lavorerà a tale programma e a chiunque ne leggerà il materiale di riferimento o ne sarà interessato che non sarà un’impresa facile. Non è facile unire i fondi di ricerca dell’Unione europea e quelli dei vari Stati membri: è una sfida enorme. Non è facile coordinare culture e tradizioni di ricerca accademica diverse, con sedici macrogruppi di ricerca, cinquecento ricercatori, otto paesi e il resto dell’Unione europea a osservare come progredirà l’iniziativa, senza contare tutti quelli che dovranno analizzare e verificare che quanto viene fatto sia giusto e dimostri la propria efficacia.

Verrà chiesto molto ai ricercatori coinvolti. Verrà chiesto molto agli Stati membri e ai loro governi, e vi posso garantire che si renderanno necessarie decisioni politiche dure e una leadership politica forte. Nondimeno, dobbiamo cimentarci con questa sfida. I nostri programmi di ricerca devono essere valutati attentamente e noi dobbiamo assumerci quest’enorme responsabilità perché dobbiamo risolvere i problemi assieme per il bene del Mar Baltico. Occorre trovare, altresì, un modello che ci permetta di compiere progressi in altre parti d’Europa, come nelle regioni dei grandi fiumi e in quella del Mar Mediterraneo, e che definisca le modalità di gestione generale per le risorse comuni, fornite dai contribuenti europei, nei programmi comunitari e nazionali.

Il Mar Baltico ha fatto parte della nostra storia e della nostra cultura comuni sin dal termine dell’era glaciale, attraverso l’epoca dei Vichinghi, gli scambi commerciali del Medio Evo, il “mare della libertà” della guerra fredda. Ora è un mare che i nostri genitori e i nostri figli amano e che noi abbiamo la responsabilità di gestire. Alla luce di tali difficoltà e delle enormi sfide che siamo chiamati ad affrontare, vorrei, ancora una volta, ringraziare tutti coloro che sono stati coinvolti. Il lavoro da compiere non si conclude con le decisioni che prendiamo e con i documenti che firmiamo in questa sede: il vero lavoro comincia adesso.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

 

18. Applicazione delle disposizioni dell’acquis di Schengen relative al Sistema d’informazione Schengen nella Repubblica di Bulgaria e in Romania (discussione)
Video degli interventi
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A7-0199/2010), presentata dall’onorevole Coelho, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sul progetto di decisione del Consiglio sull’applicazione delle disposizioni dell’acquis di Schengen relative al Sistema d’informazione Schengen nella Repubblica di Bulgaria e in Romania [06714/2010 - C7-0067/2010 - 2010/0814(NLE)].

 
  
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  Carlos Coelho, relatore.(PT) Signor Presidente, Commissario Malmström, onorevoli colleghi, vorrei trattare quattro punti fondamentali. Il primo concerne la procedura di valutazione. Fin dall’adesione all’Unione europea, nel 2007, la Romania e la Bulgaria hanno iniziato a lavorare alla piena integrazione nello spazio Schengen. Affinché il Consiglio possa decidere di abolire le frontiere interne, è necessario che le procedure di valutazione certifichino il rispetto di tutte le condizioni necessarie all’applicazione degli elementi dell’acquis comunitario pertinenti, ovvero: protezione dei dati, Sistema d’informazione Schengen, frontiere aeree, terrestri e marittime, cooperazione di polizia e visti.

Le procedure di valutazione sono iniziate con la parte relativa alla protezione dei dati. É stato dunque necessario verificare che ciascuno dei due Stati membri fosse sufficientemente pronto per applicare tutte le disposizioni in materia. I risultati ottenuti rappresentano un prerequisito per la procedura di valutazione del Sistema d’informazione Schengen, che comporta il trasferimento di dati verso tali paesi. L’approvazione di tale decisione rappresenta quindi un primo passo verso la soppressione dei controlli alle frontiere interne con la Romania e la Bulgaria.

Il secondo punto concerne l’accesso ai documenti. Il Consiglio ha inviato al Parlamento Europeo il progetto di decisione in esame, ma non ha trasmesso le relazioni di valutazione e di controllo, che permetterebbero al Parlamento di accedere a tutte le informazioni necessarie a elaborare un parere ponderato e motivato. Il Consiglio ha fornito tale documentazione solo su insistenza del Parlamento.

Mi compiaccio degli sforzi profusi dall’ambasciatore della Romania, grazie al quale è stato possibile trovare una soluzione a questa situazione chiedendo la declassificazione di documenti confidenziali e la relativa riclassificazione come “riservati”. In questo modo, è stato possibile rispettare le scadenze, ma lo stesso problema si ripresenterà quando verrà richiesto il parere del Parlamento circa gli altri aspetti dell’acquis di Schengen. É fondamentale, pertanto, concludere il prima possibile l’accordo tra Parlamento europeo e Consiglio in materia di trasferimento di documenti confidenziali.

Il terzo punto riguarda la valutazione della Romania e della Bulgaria. Per quanto attiene a quest’ultima, sono stati identificati punti deboli in materia di adozione, attuazione e applicazione della raccomandazione 87/15 del Consiglio d’Europa, che disciplina l’uso di dati personali nel settore della pubblica sicurezza, e carenze nelle attività della Commissione per la protezione dei dati personali. La Bulgaria ha opportunamente dato seguito a tali raccomandazioni e, il 26 aprile, il Consiglio ha riconosciuto il rispetto delle condizioni nell’ambito della protezione dei dati.

Per quanto riguarda la Romania, sono stati riscontrati punti deboli sull’adozione di due norme che disciplinano il trattamento dei dati personali, le strutture e le risorse dell’Autorità nazionale di vigilanza e l’introduzione di verifiche periodiche nell’ambito dei dati Schengen. In linea di massima, la Romania ha dato un seguito adeguato alle raccomandazioni ricevute e quelle ancora in sospeso non impediscono al paese di attuare tutti i requisiti necessari relativamente alla protezione dei dati. Sono stati pertanto verificati i requisiti in materia di protezione dei dati necessari a dare il via libera a entrambi i paesi.

L’ultimo punto, signor Presidente, riguarda la revisione del meccanismo di valutazione di Schengen. Vorrei cogliere l’occasione per ricordare la necessità di stabilire, quanto più rapidamente possibile, un meccanismo di valutazione semplice, efficace e trasparente nell’ambito della valutazione di Schengen. Il Parlamento ha respinto le proposte che gli sono state presentate lo scorso ottobre. Invito pertanto la Commissione a esercitare il proprio diritto di iniziativa il prima possibile.

 
  
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  Cecilia Malmström, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, confido che la Bulgaria e la Romania faranno del loro meglio per raggiungere l’obiettivo di soppressione dei controlli alle frontiere interne a marzo 2011. La Commissione, nell’ambito delle sue competenze, sosterrà pienamente entrambi i paesi in modo da permettere loro di superare con successo la valutazione di Schengen.

Spetta al Consiglio condurre tali valutazioni e, sulla base di queste, decidere se sopprimere i controlli alle frontiere interne. Le valutazioni sono ancora in corso, pertanto è troppo presto per verificare a che punto sono i preparativi. I primi passi compiuti, ad ogni buon conto, sono andati nella giusta direzione e sono stati confermati dalla valutazione positiva sulla protezione dei dati, che ora permette alla Bulgaria e alla Romania di accedere al Sistema d’informazione Schengen.

Il Parlamento europeo e l’onorevole Coelho propongono che la Bulgaria e la Romania informino il Consiglio e il Parlamento circa il seguito dato alle raccomandazioni. É di fatto prassi, nell’attuale valutazione di Schengen, che gli Stati membri interessati riferiscano al Consiglio in merito alle misure adottate per dar seguito alle raccomandazioni, in quanto il meccanismo di valutazione è ora responsabilità esclusiva del Consiglio. Per questa ragione, nel rispetto della legislazione vigente, spetta al Consiglio relazionare al Parlamento in materia.

In tale contesto, desidero accogliere la vostra proposta e confermare che presto, in autunno, proporrò un nuovo meccanismo di valutazione a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona per le ragione illustrate dall’onorevole Coelho.

Credo che sia gli Stati membri che il Parlamento europeo dovrebbero essere coinvolti in questo meccanismo: i primi, naturalmente, per confermare la fiducia reciproca nella capacità di ciascuno di loro di attuare le misure di accompagnamento volte alla soppressione dei controlli alle frontiere interne, soprattutto per quanto concerne le frontiere esterne, i visti e la cooperazione tra forze di polizia.

Il Parlamento dovrebbe effettivamente essere informato degli esiti delle valutazioni. Con il nuovo meccanismo, la Commissione mira a correggere i difetti segnalati dal relatore. Al momento non esiste un vero e proprio seguito all’espletamento delle valutazioni e le raccomandazioni non sempre sono attuate. Apprezziamo molto il sostegno del Parlamento in questo processo.

 
  
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  Mariya Nedelcheva, a nome del gruppo PPE.(BG) Mi congratulo con l’onorevole Coelho e accolgo con favore i progressi registrati dalla Bulgaria e dalla Romania, citati nella relazione. I risultati positivi e le conclusioni che emergono dalla valutazione relativa alla protezione dei dati personali hanno permesso di stabilire un termine per l’attuazione del Sistema d’informazione Schengen anche in Bulgaria.

L’adesione della Bulgaria all’Unione europea e allo spazio Schengen generano entusiasmo nei cittadini del mio paese. In realtà, il comune sentire va al di là dell’entusiasmo, visto che si parla della possibilità di sopprimere i controlli alle frontiere ed esercitare il diritto di libera circolazione in tutta l’Unione europea. Un simile successo si deve agli intensi sforzi e alle risolute azioni dell’attuale governo bulgaro, che si è adoperato in tutti i modi, per superare lo stallo degli anni passati, soddisfare i requisiti e attuare l’acquis di Schengen.

Lo spazio Schengen non riguarda soltanto la libertà di circolazione: esso comporta infatti maggiore cooperazione tra le forze di polizia e le dogane, soprattutto nella lotta contro il traffico di beni e di persone e contro la criminalità organizzata in generale. L’entrata della Bulgaria e della Romania nello spazio Schengen fa parte di un percorso volto a realizzare il sogno di un’Europa fatta di cittadini. Per raggiungere un simile risultato sono necessari sforzi costanti e il rispetto dei requisiti dell’acquis di Schengen da parte dei governi oltre a, naturalmente, il fermo sostegno delle istituzioni europee.

L’accesso da parte del Parlamento europeo alle raccomandazioni contenute delle relazioni di valutazione e ai documenti relativi alle azioni da intraprendere garantisce la continuazione di un dialogo costruttivo tra tutti noi. Un dialogo così trasparente conferma altresì ai cittadini bulgari e rumeni che i diritti fondamentali contenuti nei trattati sono una realtà.

 
  
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  Ioan Enciu, a nome del gruppo S&D.(RO) Ieri abbiamo festeggiato il 25° anniversario dal giorno in cui i cittadini europei hanno goduto, per la prima volta, della libertà di viaggiare senza restrizioni all’interno dell’Unione europea. In occasione di questa ricorrenza, il Commissario Malmström ha dichiarato che Schengen è divenuto uno dei più importanti simboli della capacità dell’Unione europea di migliorare la vita dei propri cittadini. L’onorevole Schulz, presidente del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, ha affermato che Schengen rappresenta forse il maggiore successo e il più tangibile risultato registrato dall’Unione europea negli ultimi trent’anni. In questa stessa occasione, desidero solo dire “buon compleanno” a Schengen e alla libertà! La Romania e la Bulgaria potrebbero rappresentare un regalo di compleanno per lo spazio Schengen.

Dopo aver ultimato le valutazioni, il Consiglio ha concluso che entrambi gli Stati membri forniscono sufficienti garanzie per compiere i primi passi verso l’entrata nello spazio Schengen. Noi confermeremo questi progressi esprimendo il nostro parere favorevole domani. Non saranno solo i cittadini della Romania e della Bulgaria a beneficiare della possibilità di entrare finalmente nello spazio Schengen, ma l’intera Unione europea. Intensificando la cooperazione nei settori economico, sociale e amministrativo, si rafforzerà l’Europa. Quale elemento delle procedure di accesso, i governi di entrambi i paesi devono rispondere ai requisiti dello scadenziario di Schengen.

Sono lieto che il Parlamento europeo abbia svolto con successo il proprio ruolo di garante della democrazia europea. L’emendamento presentato dal relatore serve esclusivamente a iniziare una cooperazione trasparente tra le istituzioni europee, la sola che possa portare, in tempi rapidi, a risultati tangibili nel processo di discussione e approvazione della legislazione europea. I disaccordi interistituzionali in seno all’Unione europea non devono ritardare o compromettere i diritti, le libertà o il benessere dei cittadini europei, che tutte le istituzioni europee hanno il dovere primo di servire.

L’introduzione di un nuovo sistema di valutazione, come ha suggerito l’onorevole Coelho, permetterà di garantire la sicurezza e rafforzare la fiducia reciproca, fondamentale per il mantenimento dello spazio Schengen. Sono a favore delle proposte dell’onorevole Coelho.

 
  
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  Nathalie Griesbeck, a nome del gruppo ALDE.(FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, qualche giorno fa abbiamo festeggiato, assieme ai Presidenti Buzek e Barroso, la ricorrenza degli accordi di Schengen. Questa sera, decisamente sul tardi, compiamo un nuovo, concreto passo nella preparazione del progetto di decisione del Consiglio.

Passiamo dalla riflessione all’azione e alla collaborazione, prerequisiti indispensabili per la soppressione dei controlli alle frontiere della Bulgaria e della Romania che, stando alle prime valutazioni, sono prossimi a essere soddisfatti. Questi due paesi, in effetti, dovranno presto essere in grado di garantire la protezione e il trattamento dei dati personali.

É una buona notizia, che va verso l’integrazione completa di questi due paesi nel quadro Schengen, fatto che contribuirà a rafforzare la sicurezza e la prosperità non solo di questi paesi, ma dell’intero continente europeo. Sono convinta che ciò permetterà di lottare contro i problemi dell’emigrazione e dell’immigrazione clandestina, della criminalità internazionale e di ogni sorta di male. Sono convinta che questo passo in avanti contribuirà alla riduzione dei rischi.

Due rapidissime osservazioni...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Tatjana Ždanoka, a nome del gruppo Verts/ALE.(EN) Signor Presidente, visto che il SIS è parte integrante dello spazio Schengen, l’argomento in questione è molto importante. Io stessa provengo da un nuovo Stato membro e ricordo quanto la Lettonia volesse entrare nello spazio. Accolgo dunque con immenso favore l’accesso della Bulgaria e della Romania.

Devo tuttavia segnalare che è possibile ravvisare alcune carenze. Il mio gruppo condivide completamente la posizione del relatore, che ricorda la necessità di fornire un riscontro: in altre parole, il Parlamento deve essere informato delle soluzioni adottate per superare i problemi, tenendo conto delle nostre preoccupazioni in materia di protezione dei dati. Spero altresì che la mancata disponibilità di "slot" non costituisca un ostacolo per l’adesione a SISOne4ALL.

Concludendo, ci associamo senza riserve alle preoccupazioni espresse dal relatore circa il nuovo meccanismo di valutazione di Schengen: riteniamo infatti che il Parlamento dovrebbe essere in grado di effettuare un esame democratico e apprezzo sinceramente che il Commissario Malmström si sia espressa in questo senso.

 
  
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  Zbigniew Ziobro, a nome del gruppo ECR.(PL) La Romania e la Bulgaria hanno adottato l’acquis di Schengen quando sono entrate a far parte dell’Unione europea, nel 2007. Ora, tuttavia, abbiamo il piacere di discutere il progetto di decisione del Consiglio sull’applicazione dell’acquis di Schengen nei due più recenti Stati membri dell’Unione europea, uno degli ultimi passi verso la soppressione dei controlli alle frontiere interne della Bulgaria e della Romania. Entrambi i paesi hanno ricevuto una valutazione positiva da parte del comitato di esperti relativamente al loro grado di preparazione in vista della soppressione di detti controlli, mentre le carenze riscontrate dovrebbero essere eliminate, e sicuramente lo saranno, in tempi rapidi. Se ciò accadrà c’è da aspettarsi che la Bulgaria e la Romania saranno tecnicamente pronte per accedere al SIS II entro ottobre 2010, nel rispetto dell’attuale tabella di marcia. Grazie a ciò, sarà possibile aprire Schengen ai due nuovi paesi e, al contempo, mantenere un adeguato livello di protezione dei cittadini e dei loro interessi.

 
  
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  John Bufton, a nome del gruppo EFD.(EN) Signor Presidente, Schengen è stata una scelta di compromesso tra la libertà di circolazione di beni e persone e la fiducia che tutti gli attori coinvolti avrebbero intrapreso misure adeguate per garantire la sicurezza anche dei propri interessi. Sebbene il Regno Unito non aderisca formalmente all’acquis di Schengen, il mio paese utilizza alcuni aspetti del Sistema d’informazione Schengen nella lotta contro la criminalità. Eppure, allo stesso tempo, il sistema e l’acquis di Schengen in generale forniscono al criminale più astuto una più ampia piattaforma per la criminalità e la corruzione internazionali.

Dopo l’adesione di Bulgaria e Romania al SIS, il primo interrogativo dovrà essere se questi paesi sono in grado di garantire un livello di esame interno tale da permettere la libertà di circolazione in tutto il continente. C’è stata una significativa opposizione a procedere verso la seconda evoluzione del Sistema d’informazione Schengen, soprattutto sul tema dell’equilibrio tra costi ed efficienza. Il Regno Unito effettua rigidi controlli indipendenti e non aderisce all’iniziativa per la mobilità senza passaporto. Dovremo fornire sostegno finanziario per lo sviluppo di sistemi di raccolta dei dati nei paesi candidati a Schengen, in modo da minimizzare il potenziale aumento della criminalità connesso alla politica di apertura delle frontiere?

Schengen ha moltiplicato le possibilità di far transitare merci illegali e persone attraverso le frontiere. La sicurezza degli spostamenti in assenza di controlli alle frontiere dipende essenzialmente dalla fiducia nel fatto che ciascuno Stato membro sia in grado di condurre controlli a livelli appropriati.

L’espansione del Sistema d’informazione Schengen aumenta lo spazio d’azione per la corruzione e crea una più ampia raccolta di informazioni per i criminali che vogliono forzare la rete. Allo stesso modo, il potenziamento dell’integrazione, insieme con un più stretto coinvolgimento degli Stati membri, può richiedere un aumento delle misure utilizzate nell’ambito del Sistema d’informazione Schengen, soprattutto alla vigilia del passaggio al SIS II. A che punto, ad esempio. sarà certa la memorizzazione dei dati biometrici?

Alcuni temono anche che il sistema possa essere utilizzato per controllare i cittadini con particolari orientamenti politici, e le informazioni in esso contenute sfruttate a fini politici. Il rischio cresce man mano che aumenta il numero di Stati che aderiscono all’acquis. Al momento quasi 500 000 computer possono accedere al Sistema d’informazione Schengen e non è dato sapere quanti di essi siano esenti da software maligni. Di massima, è stato vittima di infezioni del genere un computer su due. Il software spia permette a un terzo di accedere agli stessi dati cui accede l’utente. Più ampio è il sistema, più numerosi sono i dati cui è possibile accedere e più elevato il numero di criminali che possono sperare di abusarne.

Gli Stati membri devono dimostrare livelli di sicurezza eccezionalmente avanzati e, anche con i più grandi sforzi e le migliori intenzioni, nessuno è in grado di escludere la possibilità di una violazione che comprometterebbe anche tutti gli altri interessati.

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE).(RO) Vorrei formulare i miei più vivi ringraziamenti al relatore, onorevole Coelho, per come ha gestito questo fascicolo e per congratularmi con lui per il lavoro svolto. Sostengo con forza quanto ha affermato prima, non solo per quanto attiene all’attuale valutazione sulla protezione dei dati, ma anche per quanto concerne le altre relazioni che dovranno essere presentate relativamente ai due settori ancora da valutare.

Il Consiglio deve poter garantire che i deputati del Parlamento europeo ricevano tutte le informazioni necessarie ad adottare una decisione adeguata e giusta. Spero sinceramente che troveremo una soluzione in modo da svolgere il nostro lavoro in condizioni normali e prendere decisioni illuminate.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE).(RO) Desidero anzitutto congratularmi con l’onorevole Coelho per l’eccellente lavoro svolto in questa relazione, particolarmente importante per la Romania e la Bulgaria. Desidero chiarire alcune cose. L’adozione da parte della Romania di una legge volta a regolamentare il trattamento dei dati personali è un importante passo avanti nel rispetto dei requisiti necessari a entrare nello spazio Schengen.

Il ministero per l’Amministrazione e gli Affari interni ha recentemente compiuto notevoli progressi per permettere alla Romania di aderire allo spazio Schengen entro il termine stabilito di marzo 2011. La Romania è stata presa a esempio, soprattutto per il proprio sistema di sorveglianza delle frontiere marittime Scomar, nelle relazioni di diversi esperti europei. Allo stesso tempo, altre misure prevedranno la creazione di nuovi servizi territoriali per le forze di polizia di frontiera, l’aumento della cooperazione con Frontex e la prosecuzione degli investimenti, in modo da rendere le frontiere terrestri più sicure.

Vorrei concludere sottolineando che la sicurezza delle frontiere...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE).(RO) Anch’io desidero cominciare porgendo le mie congratulazioni al relatore, onorevole Coelho. Ha svolto un lavoro davvero eccezionale per la Romania e la Bulgaria.

Anzitutto, vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che la Romania è stata indicata come un esempio di buone pratiche in materia di sicurezza dei trasporti marittimi. Ritengo inoltre che la Romania, come la Bulgaria, rispetti i requisiti per aderire al Sistema d’informazione Schengen (SIS). É per questa ragione che credo anche la Commissione debba contribuire ad assistere entrambi i paesi nel completamento delle altre valutazioni, consentendoci così di aderire allo spazio comune dell’Unione europea.

Stiamo parlando di espandere l’Unione europea nella sua globalità, ivi compresi i suoi valori, uno dei quali è la libertà – e il diritto – di spostarsi liberamente.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE).(PL) Signor Presidente, gli europei stanno raccogliendo i frutti dell’accordo di Schengen, che favorisce un flusso reale e libero di persone, lo sviluppo del turismo e la crescita degli scambi commerciali. Questo va a nostro credito e si tratta di un’immane conquista dell’Unione europea. Nondimeno, affinché ciò sia possibile, è fondamentale disporre delle opportune infrastrutture tecniche, che permetteranno il monitoraggio di tutti questi processi. Sappiamo, per esperienza diretta, che il ruolo e la responsabilità dei paesi che aderiscono all’accordo di Schengen sta nel rispettare i requisiti connessi al Sistema d’informazione Schengen. É per il bene di tutti e per la nostra sicurezza. Gli standard in questo settore devono essere mantenuti.

 
  
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  Piotr Borys (PPE).(PL) Desidero ringraziare l’onorevole Coelho, lo specialista di Schengen in seno al nostro Parlamento, che ha effettivamente svolto un considerevole lavoro in questo campo.

Anzitutto, sono lieto che il gruppo di lavoro “Valutazione di Schengen” in seno al Consiglio abbia giudicato positivamente le richieste della Bulgaria e della Romania e che questi due paesi abbiano risolto i problemi che impedivano loro di raggiungere questo importante risultato. Credo che la questione più importante, naturalmente, sia la protezione delle frontiere interne e credo inoltre che noi continueremo a lavorare sul SIS II e sui dati biometrici utilizzati. Si tratta, naturalmente, di un progetto per il futuro, ma ricordiamoci che questo processo ci aspetta.

Auguro agli amici bulgari e rumeni la stessa esperienza che, insieme con la Repubblica ceca e altri Stati, ha conosciuto anche il mio paese, la Polonia, dove le frontiere sono state simbolicamente soppresse e Schengen è divenuta una realtà. É un’esperienza che effettivamente muta la coesione dell’Unione e l’approccio tradizionale al ravvicinamento di vecchi e nuovi membri. Spero che la Bulgaria e la Romania rispetteranno tutti i criteri essenziali per la prossima fase e auspico che l’accelerazione di questo processo ad opera del Commissario Malmström...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Cecilia Malmström, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, non resta molto da aggiungere, perché sembra esserci un forte consenso in seno al Parlamento. Concordo appieno con quanti di voi hanno espresso il parere che vi sia stata davvero ragione di festeggiare, questa settimana. Lo spazio Schengen è una conquista dell’Unione europea e possiamo esserne estremamente fieri. Esso rappresenta la libertà di circolazione dei cittadini in un’Europa senza frontiere e spero che accolga presto due nuovi membri. Nel frattempo, l’accesso al Sistema d’informazione Schengen rappresenta sicuramente un primo passo importante.

C’è ancora del lavoro da fare, in questi paesi, in materia di visti, cooperazione di polizia, procedure giudiziarie, criminalità organizzata e via dicendo; noi, naturalmente, monitoreremo la situazione da vicino. Io stessa prevedo di visitare entrambi i paesi entro la fine dell’anno per dimostrare il mio sostegno e per analizzare gli sviluppi sul campo. Desidero davvero ringraziare questi paesi per i progressi che stanno compiendo in questo periodo.

Come alcuni di voi hanno detto, la fiducia è un fattore molto importante per garantire che gli altri paesi riconoscano i risultati concreti conseguiti, in modo da poter condurre felicemente a termine l’iter. A tale proposito, aumentare la trasparenza del sistema e il coinvolgimento del Parlamento europeo nella fase di valutazione e attuazione è un passo davvero importante.

É per questa ragione che spero che potremo lavorare assieme al nuovo meccanismo di valutazione. Desidero ringraziare a mia volta l’onorevole Coelho per il lavoro svolto su questi due paesi e auspico di poter collaborare ancora assieme a voi.

 
  
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  Carlos Coelho, relatore.(PT) Signor Presidente, quattro note finali. La prima per ringraziare gli onorevoli colleghi per le gentili parole che mi hanno rivolto e i relatori ombra per l’eccellente collaborazione che mi hanno offerto. La seconda per sottolineare che vi è un ampio consenso a favore di queste iniziative, ma anche sul fatto che il Parlamento deve essere informato entro sei mesi del seguito dato alle raccomandazioni non ancora completamente accolte.

La terza per ricordare che questo è solo un primo passo. Ce ne sono ancora altri da compiere, come il Commissario Malmström ha ci ha giustamente ricordato poc’anzi. La quarta e ultima per congratularmi con il Commissario Malmström per averci assicurato che, in autunno, presenterà un’iniziativa legislativa sul sistema di valutazione.

Questi due paesi sono stati valutati solo ed esclusivamente dal Consiglio. Ci occorre però un sistema di valutazione europeo – come ha evidenziato la signora Commissario – che coinvolga tutte le istituzioni comunitarie: la Commissione e il Consiglio, ma anche il Parlamento europeo. Ci occorre, nello specifico, un sistema di valutazione europeo che non applichi due pesi e due misure: non possiamo imporre agli Stati esterni che desiderano aderire a Schengen criteri di valutazione più rigorosi di quelli che applichiamo a chi ha già sottoscritto l’accordo. Tutti, sia i paesi candidati che quelli che hanno sottoscritto l’accordo di Schengen, devono dar prova di rispettare con rigore il relativo acquis e dimostrare che i controlli effettuati alle frontiere esterne sono efficaci come dovrebbero. Solo in questo modo possiamo garantire la sicurezza del nostro spazio di libera circolazione e garantire ai nostri cittadini che possono muoversi liberamente.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Kinga Gál (PPE) , per iscritto. (HU) L’ulteriore espansione dello spazio Schengen rappresenta uno sviluppo positivo e dovrebbe essere sostenuta in tutti i modi, in quanto renderà la libera circolazione delle persone – un elemento chiave dell’acquis dell’Unione europea – accessibile a tutti i cittadini. Esso comporta un beneficio tangibile che l’Unione europea offre ai propri cittadini nella loro vita quotidiana. L’acquis di Schengen è particolarmente importante per noi, cittadini dei nuovi Stati membri che per decenni siamo stati estromessi dall’Europa. Significa molto, per me, che un’altra frontiera – questa volta il tratto rumeno delle frontiere Schengen dell’Ungheria – stia per sparire nel prossimo futuro. Ciò offrirà ai cittadini di entrambi i lati della frontiera, anche al milione e mezzo di cittadini di etnia ungherese che vivono in Transilvania, la possibilità di godere di un’Europa senza frontiere. In base alle tempistiche stabilite per i preparativi, la Romania e la Bulgaria saranno in grado di unirsi allo spazio Schengen nella prima metà del 2011, ossia durante la Presidenza ungherese.

É importante rispettare queste scadenze, per garantire che anche il test di tappa intermedio vada a buon fine. In base all’attuale valutazione intermedia, non vi saranno ostacoli di natura giuridica a che la in Romania e la Bulgaria avvino i preparativi tecnici per l’integrazione anche in questo settore nella seconda metà dell’anno. Sostengo la valutazione e le constatazioni del relatore, soprattutto laddove ricorda che il Parlamento europeo, e in particolare i membri della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, devono avere accesso alle relazioni di valutazione e a tutte le altre informazioni pertinenti prima di esprimere un parere ragionato e motivato.

 
  
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  Kinga Göncz (S&D), per iscritto.(HU) L’accesso della Bulgaria e della Romania allo spazio Schengen, il prossimo anno, potrebbe rappresentare un successo fondamentale per la Presidenza ungherese dell’Unione, che avrà inizio a gennaio. Questa decisione rafforzerà la sicurezza della regione e assicurerà ad altri milioni di cittadini, anche ungheresi, la libertà di circolare in Europa senza controlli alle frontiere. Mi rallegro della valutazione positiva circa il livello di preparazione dei due Stati membri espressa nell’ultima relazione del gruppo “Valutazione di Schengen”, approvata dal Consiglio e dai rappresentati degli Stati membri. Ci si aspetta, pertanto, che la Bulgaria e la Romania saranno pronte ad accedere al Sistema d’informazione Schengen a ottobre 2010. Dopo l’ultima valutazione, prevista per dicembre, i due paesi dovrebbero quasi sicuramente diventare membri a pieno titolo dell’Europa senza frontiere nel corso della primavera. Il ritardo causato dallo sviluppo del Sistema d’informazione Schengen non deve compromettere il processo di adesione dei paesi in attesa dell’integrazione. Per l’Ungheria è particolarmente importante garantire che i cittadini dei paesi confinanti, ivi compresi i membri della comunità magiara che vivono al di fuori dell’Ungheria, possano godere della libertà di circolazione senza frontiere in tutta l’Unione europea.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE), per iscritto. – (HU) Sono lieto che il Consiglio europeo sia giunto alla conclusione che la Romania e la Bulgaria, i membri più recenti dell’Unione, hanno rispettato i criteri pertinenti e che, pertanto, possono rientrare nella sfera di applicazione dell’acquis di Schengen. Per i cittadini dell’Europa, uno dei risultati più tangibili dell’integrazione europea è la creazione dello spazio Schengen, che ha portato a una circolazione transfrontaliera senza limitazioni. Quest’opportunità è ancor più significativa per i cittadini degli ex paesi comunisti, in quanto la cortina di ferro li ha intrappolati sia fisicamente che figurativamente, rendendo praticamente impossibile per loro viaggiare nei paesi dell’Occidente europeo. Adesso, a vent’anni dalla caduta del comunismo, tutto sembra un vecchio incubo. Entrando nello spazio Schengen, Romania e Bulgaria compieranno un ulteriore passo verso l’integrazione nell’Europa unita. Con la soppressione dei controlli alle frontiere interne, il concetto di “confine” assumerà un nuovo significato e le frontiere tra gli Stati membri assumeranno una nuova funzione: infatti, esse non rappresenteranno più confini amministrativi, ma diventeranno ponti di collegamento per i cittadini e i paesi dell’Europa. É positivo che la Romania e la Bulgaria aderiscano allo spazio Schengen, uno spazio fatto di numerosissimi ponti e frontiere aperte.

 

19. relativamente allo sport, segnatamente per quanto concerne gli agenti dei giocatori (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale alla Commissione dell’onorevole Pack, a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, relativa allo sport, in particolare per quanto riguarda gli agenti dei giocatori [2010/2646(RSP)] (O-0032/2010 - B7-0308/2010).

 
  
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  Doris Pack, autore. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, nella relazione dell’onorevole Belet sul calcio professionistico, il Parlamento europeo ha già dichiarato di essere a favore di una maggiore regolamentazione delle attività degli agenti sportivi, soprattutto degli agenti dei giocatori, e in tale occasione abbiamo richiesto la formulazione di un’apposita direttiva. Oggi, ancora una volta ci troviamo ad affrontare quella stessa tematica.

La situazione giuridica non è chiara. Dato che gli agenti dei giocatori spesso lavorano a livello transfrontaliero, la legislazione nazionale, ammesso che esista, non costituisce un metodo adatto per controllare le loro attività. A loro volta, le federazioni sportive godono di uno spazio di manovra limitato sotto il profilo giuridico. In qualità di attori non statali, esse non sono autorizzate a stabilire regole di ampia portata. Nel 2000, la FIFA, per esempio, è stata costretta a rendere meno rigorosa la procedura di concessione della licenza agli agenti proprio per questo motivo.

Nel 2009, la Commissione ha pubblicato uno studio in cui si evidenziavano, in particolare, i preoccupanti legami tra gli agenti dei giocatori e il mondo della criminalità. Esso parlava, tra l’altro, di attività criminali quali il riciclaggio di denaro sporco, la corruzione, le scommesse e le frodi fiscali. Tali legami danneggiano l’integrità dello sport e contraddicono il suo ruolo sociale. Inoltre, lo studio pubblicato dalla Commissione ha scoperto che i flussi di denaro legati al trasferimento dei giocatori di solito sono poco trasparenti, il che contribuisce a spiegare la vulnerabilità del sistema nei confronti dei disegni criminali che ho appena descritto. Nello specifico caso dell’intermediazione di giovani giocatori, esiste il rischio che l’agente sfrutti la giovane età e l’inesperienza di giocatori provenienti, per esempio, dall’Africa, promettendo loro un futuro nel calcio professionistico europeo, e li abbandonino poi a sé stessi qualora non trovino nessun ingaggio; quei giovani si ritroveranno quindi in Europa nella condizione di immigrati clandestini, senza lavoro né sostegno.

In questo contesto, occorre un’iniziativa legislativa europea comunitaria, che ci consentirebbe di disciplinare in modo uniforme questo settore in tutta l’Unione europea, eliminando le scappatoie giuridiche e coadiuvando le federazioni sportive nell’impegno di garantire servizi di intermediazione dei giocatori funzionanti e trasparenti. In tale ambito, dovremmo puntare, come abbiamo chiesto nella nostra proposta, soprattutto a vietare il pagamento delle commissioni agli agenti che trasferiscono giocatori minorenni, in modo da eliminare ogni incentivo di carattere finanziario per questo tipo di operazioni sleali, soprattutto laddove riguardano giocatori minorenni. Spero che oggi otterremo il sostegno della plenaria di domani per la nostra proposta e, soprattutto, che essa incoraggerà la Commissione a mettersi al lavoro su questo tema.

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, mi permetta innanzi tutto di ringraziare l’onorevole Pack per aver presentato questa interrogazione orale a nome della commissione per la cultura e l’istruzione.

Sono perfettamente cosciente dell’importanza politica di questa tematica. Desidero ricordare che la Commissione ha appena pubblicato i risultati dello studio indipendente sugli agenti sportivi. Esso fornisce un’analisi a tutto campo della questione in esame, rivelando ad esempio che in tutti gli Stati membri sono attivi circa 6 000 agenti in tutte le discipline, ma che il 95 per cento si occupa di soli quattro sport: atletica, pallacanestro, calcio e rugby. Inoltre, all’interno di questo gruppo più ristretto, il calcio ha una netta predominanza.

Lo studio ci dice anche che sono pochi gli Stati membri che disciplinano i procuratori e le loro attività mediante apposite leggi, mentre la maggior parte dei paesi si affida semplicemente a norme di carattere generale, inserite nella legislazione in materia di lavoro o di contratti. Alcune federazioni sportive internazionali hanno altresì adottato norme relative agli agenti, soprattutto quelli che si occupano delle discipline che ho appena elencato: atletica, pallacanestro, calcio e rugby.

Benché le normative pubbliche e private in vigore possano confliggere tra di loro e creare situazioni di incertezza giuridica, i risultati dello studio dimostrano che sono pochi gli ostacoli che si frappongono alla libera fornitura dei servizi di procura in tutto il territorio dell’Unione europea. Tuttavia, lo studio punta l’attenzione su una serie di pratiche sospette legate alle attività degli agenti: per esempio, il pagamento di commissioni segrete, lo sfruttamento di giovani giocatori ecc. Occorre affrontare tali problematiche per tutelare l’integrità e la correttezza delle competizioni sportive.

Il mondo dello sport tenta di affrontare questi problemi da tempo e, a tal fine, diversi organi amministrativi sportivi hanno adottato provvedimenti tesi a regolamentare le attività dei procuratori. Le regole messe in atto dagli organismi sportivi possono offrire un vantaggio: le sanzioni sportive costituiscono talvolta il modo migliore per scoraggiare i personaggi senza scrupoli che operano nel mercato, siano essi agenti, squadre o giocatori. Ma le autorità sportive non hanno il potere di condurre indagini, né di punire atti che tutti gli Stati membri definiscono come criminali: la corruzione, il riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale e l’immigrazione clandestina. Il mondo dello sport cerca dunque l’aiuto delle istituzione europee per affrontare le sfide poste dagli agenti.

La Commissione può svolgere un importante ruolo in questo ambito. Noi possiamo contribuire a formulare principi e standard comuni, che possono rappresentare un quadro di riferimento minimo per i paesi e per le federazioni sportive di tutta Europa. Al momento stiamo valutando quale sia il tipo di azione più adeguato a livello comunitario: abbiamo diverse opzioni in mente, ma prima di decidere quale azione intraprendere, occorreranno senza dubbio altre delibere e consultazioni.

 
  
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  Ivo Belet, a nome del gruppo PPE.(NL) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei iniziare con un cenno ai campionati mondiali di calcio in Sudafrica, che ancora una volta mostrano ogni giorno la grandezza dello sport e la sua importanza per un paese, un continente e, soprattutto, per la società. É dunque tanto più fondamentale tutelarlo dalle derive criminali cui l’onorevole Pack ha già fatto riferimento, oppure compiere energici sforzi per contrastarle.

Citando la lettera dello studio a cui avete già accennato, i cui risultati sono ormai noti, “Lo sport è sempre più infiltrato dal crimine organizzato”. Questa è una triste verità. Stiamo parlando di tratta di esseri umani, talvolta di bambini, oltre a ogni tipo di irregolarità finanziarie. È chiaro che le federazioni sportive stesse non hanno né la capacità, né i poteri necessari per affrontare in modo efficace tali abusi. Occorre pertanto un’iniziativa comunitaria.

Abbiamo già a disposizione numerosi strumenti giuridici, previsti dal trattato e da alcune direttive, che ci consentono di intervenire. Desidero qui accennare a un paio di proposte di azione. Primo: potremmo iniziare a lavorare alla definizione di criteri severi, applicabili a tutti gli agenti sportivi dell’Unione europea. Il miglior modo di realizzare tale obiettivo sta nel creare sistemi di concessione delle licenze per le squadre e preparare un registro obbligatorio per gli agenti dei giocatori. Le federazioni sportive possono imporre queste regole, ma l’Unione europea può sicuramente dare grande impulso a questo processo, per esempio coordinando le attività delle varie autorità di vigilanza nazionale.

Una seconda misura che potremmo adottare è l’imposizione della più assoluta trasparenza nei flussi finanziari movimentati nel mondo degli agenti dei giocatori, perché essi attualmente sono la causa di gran parte dei mali. Noi non sappiamo niente di queste transazioni sospette, che possono dunque continuare a sfruttare lo sport di alto livello per riciclare denaro sporco, da un lato, e per corrompere, dall’altro.

Una terza proposta, cui l’onorevole Pack ha già accennato, riguarda il divieto di remunerazione degli agenti che cercano di ricavare guadagni dal trasferimento di giocatori minorenni. Occorre assolutamente intervenire in questo campo. Noi abbiamo a disposizione strumenti sufficienti non soltanto per esercitare pressioni sulle federazioni sportive professionistiche affinché approvino la nostra proposta, ma anche per prendere iniziative autonome.

Nel 2007, a vastissima maggioranza, questa Assemblea chiese alla Commissione di avviare un’iniziativa per contrastare le pratiche equivoche nel mondo degli agenti sportivi. Questo studio propone una serie di proposte specifiche, ma, benché positive, esse sono assolutamente insufficienti. Ci fa piacere sentire che lei vuole effettivamente accelerare il processo. Persino nel settore stesso sono stati espressi inviti a muoversi in tal senso, nella fattispecie dall’associazione europea degli agenti dei giocatori. Nel corso dei nostri numerosi contatti con loro, essi stessi esercitano pressioni affinché l’Unione europea intervenga per scovare le mele marce. Propongo di rispondere ai loro inviti per il bene dello sport e del suo fondamentale ruolo sociale.

 
  
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  Mary Honeyball, a nome del gruppo S&D.(EN) Signor Presidente, siamo veramente fortunati, a mio parere, perché stiamo discutendo di questo tema mentre si stanno svolgendo i campionati mondiali: più di qualsiasi altro evento sportivo, questa manifestazione illustra l’importanza dello sport per la gente; quanti milioni e milioni di persone guardano il calcio e quanta passione investono in questo sport!

Per questo motivo, è assolutamente fondamentale garantire nel concreto che il gioco del calcio e gli altri sport siano disciplinati in modo adeguato, nonché intervenire sul settore degli agenti dei giocatori come si pensa di fare da tempo. Purtroppo, come è stato ricordato, stiamo assistendo a uno spettacolo preoccupante: abusi, riciclaggio di denaro sporco, corruzione, sfruttamento di giocatori minorenni; questi costituiscono crimini gravi contro i quali dobbiamo intervenire concretamente, come intendiamo fare ormai da tempo. Quale migliore occasione di oggi, un periodo in cui il mondo intero è consumato dalla passione calcistica?

 
  
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  Emma McClarkin, a nome del gruppo ECR.(EN) Signor Presidente, condivido appieno che siano necessari sforzi volti a migliorare la trasparenza delle attività degli agenti sportivi, soprattutto nel calcio, e ritengo che l’Unione debba sostenere i vari organismi dirigenziali sportivi affinché si muovano esattamente in quella direzione. Occorre far luce su un mondo ancora poco conosciuto, in cui lo sfruttamento probabilmente è molto diffuso; occorre inoltre affrontare problemi come la doppia rappresentanza, ovvero casi in cui l’agente rappresenta un giocatore presso la stessa squadra che sta cercando di ingaggiarlo.

Tuttavia, qualsiasi legislazione sia presentata per disciplinare questo settore, essa deve provenire da organi o da autorità sportive nazionali, come la FIFA e la UEFA. Non spetta all’UE legiferare nel settore dello sport, anche in considerazione del carattere globale di questo fenomeno. Laddove possiamo valorizzare lo sport, siamo tenuti a farlo, ma dobbiamo intervenire soltanto su richiesta degli organi dirigenziali sportivi e nei campi in cui possiamo concretamente dare un contributo o apportare maggiore chiarezza.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat, a nome del gruppo GUE/NGL.(FR) Signor Presidente, accolgo favorevolmente la questione sollevata dal nostro presidente durante il campionato del mondo. Lo studio della Commissione contiene aspetti preoccupanti, nella misura in cui illustra i rischi che si pongono all’etica e alla reputazione dello sport.

Se si desidera che il mondo dello sport resti il principale attore nella normativa, facendo affidamento sulle migliaia di uomini e donne generosi che mantengono vivo lo spirito dello sport così come lo amiamo, in quanto fattore di sviluppo per l’individuo, gli Stati devono essere al suo fianco nel sanzionare gli attentati all’ordine pubblico e nel punire gli eccessi.

Tali eccessi si riscontrano nel business dello sport, un mondo in cui i giocatori diventano sempre più simili a mercanzie e i loro agenti semplici intermediari che li piazzano sul mercato proprio come tali. Le cessioni dei giocatori movimentano cifre astronomiche e i diritti dei minori vengono calpestati sempre più di frequente.

Tali eccessi sono un fenomeno transfrontaliero: è il denaro a farla da padrone, un padrone folle, e questo stato di cose è stato purtroppo consolidato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Gli organi dirigenziali di alcuni degli sport in questione, soprattutto il calcio, chiedono aiuto agli organismi europei. Sì, signora Commissario, occorre agire e mi dispiace che la Francia abbia appena approvato una normativa che va esattamente nella direzione opposta.

 
  
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  Seán Kelly (PPE). (GA) Signor Presidente, un’ora e mezza fa le donne stavano dicendo che era troppo tardi per discutere delle tematiche femminili. Ora ci stiamo avvicinando alla mezzanotte e stiamo discutendo di questioni sportive.

Tuttavia, ora almeno abbiamo la possibilità di discuterne; prima di Lisbona, non l’avevamo. Ora abbiamo tale opportunità ed è positivo averla colta, soprattutto quando parliamo di giovani e dell’attività degli agenti sportivi.

Come ha detto l’onorevole Pack, molti sono i casi di giovani a cui si promette un futuro da grandi stelle del pallone. Ma cosa accade? Essi vengono allontanati dalle loro case, dalle loro famiglie, dalla scuola, quindi, dopo uno o due anni, vengono scartati. Questo è ciò che succede alla maggior parte di loro.

Ora l’Unione europea ha l’opportunità di fare qualcosa per impedirlo e di formulare leggi e pene volte a tutelare i giovani da agenti di tal fatta. Dobbiamo prestare attenzione a ciò che succede nei diversi sport e nei diversi paesi, condividere le nostre informazioni e fare la cosa migliore, soprattutto per i giovani e per lo sport in genere.

 
  
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  Emine Bozkurt (S&D).(NL) Signor Presidente, la professione di agente sportivo è una professione senza protezioni e soggetta a poca o nessuna supervisione, senza parlare delle inesistenti sanzioni per reati quali la tratta di esseri umani. L’UE ha condotto uno studio e ha individuato alcuni casi di abuso, ma finora, non ha fatto nulla per risolvere questa situazione. Occorre invece fare qualcosa. Sono seriamente preoccupata per la vulnerabilità dei giocatori minorenni, soprattutto quelli provenienti dai paesi in via di sviluppo, che spesso sono vittime della tratta di esseri umani. L’Unione deve contrastare con maggiore decisione questo tipo di pratiche.

La risoluzione offre proposte specifiche: divieto di remunerazione per gli agenti dei giocatori minorenni, maggiore trasparenza nelle transazioni finanziarie durante le cessioni, e maggiore regolamentazione da parte degli Stati membri, considerato che le federazioni sportive attualmente non riescono a controllare la situazione. Sono necessarie misure specifiche per affrontare queste condizioni da far west. La Commissione deve garantire che l’attuazione delle norme e le sanzioni per i reati, che, dopo tutto, sono spesso transfrontalieri, siano potenziati. Inoltre, occorre tutelare davvero i diritti dei giocatori minorenni in qualsiasi contesto.

 
  
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  Iosif Matula (PPE).(RO) positiva Accolgo favorevolmente l’iniziativa, proposta dall’onorevole Belet, di creare un sistema standard per tutelare l’interesse degli sportivi e delle sportive che si rivolgono agli agenti, perché in tal modo si contribuirà a ridurre l’incidenza delle irregolarità in tale ambito, legate alla scarsa trasparenza delle cessioni, al riciclaggio di denaro sporco e alla tratta di esseri umani.

A mio parere, occorre concentrarsi non soltanto sul calcio, ma anche su tutti gli altri sport. Per esempio, attualmente abbiamo circa 6 000 agenti attivi nel nostro continente in rappresentanza di 30 diverse discipline sportive, il cui giro di affari ha un valore annuo stimato in centinaia di milioni di euro. In queste circostanze, sarebbe tutt’altro che semplice imporre un codice unico di regole per la concessione delle licenze agli agenti dei giocatori.

Inoltre, dovremo cercare di elaborare una definizione più chiara delle funzioni degli agenti, siano essi manager dei giocatori oppure intermediari nelle trattative per la cessione. Guardando avanti…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Piotr Borys (PPE).(PL) Signor Presidente, vi è un lato positivo nel tenere questa discussione a quest’ora della notte: non coincide con la trasmissione delle partite dei mondiali di calcio, pertanto abbiamo tutto il tempo che ci serve. Parlando seriamente, il trattato di Lisbona ci obbliga a intraprendere un’azione molto severa per risolvere una situazione incresciosa, cui da anni tentiamo di rimediare senza risultati. Tra due anni si svolgeranno i campionati europei organizzati dalla Polonia e dall’Ucraina: sono dunque molto lieto della decisione presa dagli onorevoli Belet e Pack e dal Commissario Vassiliou, la quale si occupa molto attivamente del problema, al fine di armonizzare la legislazione vigente in questo ambito. Il sistema, infatti, non è trasparente e si è incancrenito dopo decenni di corruzione. Il traffico di giocatori giovani sta assumendo proporzioni gigantesche e fa sì che spesso le risorse finanziarie vengano condivise, perfino dopo la conclusione delle cessioni, e si paghino premi elevatissimi. I premi di ingaggio sono così alti che a volte sommergono di debiti le società calcistiche. Per questo motivo ci serve un nuovo codice....

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Androulla Vassiliou, membro della Commissione.(EN) Signor Presidente, credo che concordiamo tutti sull’importanza dello sport e sul fatto che esso può essere divertente per tutti noi. Vi ringrazio tutti sentitamente per il vostro contributo e le vostre proposte, di cui terremo debito conto.

É fuor di dubbio che l’azione dell’UE sia auspicabile; le federazioni sportive non dispongono dei poteri necessari per intervenire in alcune delle irregolarità più gravi. Questi problemi assumono una dimensione transnazionale man mano che lo sport diventa sempre più globalizzato.

L’internazionalizzazione dello sport professionistico complica l’adozione di un approccio nazionale a problemi di natura sistemica. L’Unione europea può svolgere un ruolo di coordinamento e contribuire a garantire una gestione uniforme della questione dei procuratori. Potremmo, per esempio, utilizzare le nuove competenze dell’UE per armonizzare le legislazioni penali. Certamente, molti esponenti del mondo dello sport vedrebbero positivamente il nostro sostegno.

Naturalmente, qualsiasi azione decideremo di intraprendere, lavoreremo a stretto contatto con le federazioni di categoria. Inoltre, intendo presto pubblicare, come sapete, una comunicazione concernente lo sport, in cui questa tematica sarà analizzata in modo più approfondito. Sarebbe sbagliato influenzare le discussioni che dovremo tenere con voi parlamentari europei, nonché compromettere lo stesso mondo dello sport. Sarò felice di lavorare a stretto contatto con voi per proseguire il compito iniziato.

 
  
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  Presidente. – Ho ricevuto una proposta di risoluzione(1) presentata ai sensi dell’articolo 115, paragrafo 5, del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Liam Aylward (ALDE), per iscritto.(EN) In questa era di commercializzazione e di professionismo, gli agenti rappresentano un elemento inevitabile del panorama sportivo. La relazione della Commissione stima che vi siano 6 000 agenti attivi nell’Unione europea, che registrano un fatturato di oltre 200 milioni di euro per la cessione di giocatori e atleti.

Il calcio è l’unico sport in cui gli agenti operano in tutti gli Stati membri. In Europa esso è un grande affare ed è fondamentale che il fair play e l’integrità costituiscano l’essenza dello sport. Il traffico e il trasferimento illeciti di giovani giocatori da uno Stato all’altro è un problema allarmante. Questa situazione è legata soprattutto alle squadre di calcio e alla loro ricerca di talenti. Si stima che circa 20 000 giovani africani siano stati portati in Europa per giocare a calcio ma vivano adesso nella clandestinità, perché non sono riusciti a crearsi una carriera come giocatori. L’introduzione di una normativa transfrontaliera e una vigilanza più attente, nonché di standard minimi armonizzati nell’ambito dei contratti degli agenti, contribuirebbe a porre rimedio a questo problema e costituisce un elemento necessario per tutelare l’integrità del calcio.

Data la dimensione transfrontaliera del problema, inviterei la Commissione ad assumere un ruolo forte ed efficace nella tutela dei minori e nella cessazione del traffico di giocatori.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale


20. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
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21. Chiusura della seduta
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(La seduta termina alle 24.00)

 
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