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Procedura : 2010/0041(COD)
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Testi presentati :

A7-0217/2010

Discussioni :

Votazioni :

PV 19/10/2010 - 8.1
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2010)0358

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 19 ottobre 2010 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

Relazione Fraga Estévez (A7-0260/2010)

 
  
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  Izaskun Bilbao Barandica (ALDE).(ES) Signora Presidente, vorrei ringraziare la relatrice e il Consiglio per il lavoro svolto al fine di conseguire un accordo. Questa relazione segna un importante passo avanti nell’evoluzione e nel riconoscimento che il trattato di Lisbona riserva al ruolo del Parlamento europeo e più specificatamente della commissione per la pesca. Credo inoltre che questo rappresenterà un passo avanti fondamentale per garantire l’applicazione della procedura legislativa ordinaria nei futuri accordi in materia di pesca.

Questo è l’aspetto dell’accordo che vorrei evidenziare.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE).(PL) Il controllo delle imbarcazioni che praticano la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è fondamentale e dovrebbe essere svolto in modo efficace, efficiente e il più spesso possibile, prestando particolare attenzione alle zone dove il rischio di pesca illegale è maggiore. Per tali ragioni abbiamo assoluto bisogno delle nuove disposizioni di controllo introdotte dal regolamento appena approvato. Il sistema di controllo utilizzato oggi dalle organizzazioni regionali per la pesca dovrebbe essere trasposto nel diritto comunitario in modo da evitare i ritardi e i vuoti giuridici derivanti da misure troppo complesse. Concordo inoltre con la relatrice secondo cui non è accettabile addurre la carenza di risorse umane a giustificazione dei suddetti ritardi.

 
  
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  Clemente Mastella (PPE). – Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione perché concordo con la relatrice nel ritenere che il regime di controllo e di coercizione adottato dalla Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico Nord-orientale debba essere rapidamente trasposto nel diritto comunitario. Mi riferisco in particolare alle recenti disposizioni che, nello specifico, introducono un nuovo sistema di controllo dello Stato di approdo, consentendo di chiudere i porti europei agli sbarchi e ai trasbordi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dallo Stato in questione.

Sono tuttavia convinto che, al momento del recepimento di queste modifiche, sarà importante valutare alcune soluzioni di compromesso, così come sarà indispensabile procedere ad eventuali adeguamenti purché considerati fattibili nell'ambito dello stesso Trattato.

 
  
  

Raccomandazione Wałęsa (A7-0262/2010)

 
  
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  Izaskun Bilbao Barandica (ALDE).(ES) Signora Presidente, quest’accordo sarà anche sinonimo di lotta per la difesa dei pescatori, contrasto della pesca illegale, misure di controllo – che devono governare la politica della pesca – e rappresenterà un ulteriore passo avanti verso una pesca sostenibile.

Esso comporterà livelli di controllo più elevati e tutelerà i pescatori e il settore ittico europei. Sono quindi molto lieto del conseguimento di questo accordo.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE).(PL) L’obiettivo principale della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell’Atlantico nord-occidentale è l’utilizzo ottimale delle risorse ittiche nei territori che rientrano nell’accordo. Va ricordato che la convenzione mira ad assicurare una cooperazione internazionale di ampia portata e il ricorso alla ricerca scientifica per garantire la massima efficacia dell’uso delle risorse ittiche marine.

Le principali modifiche apportate alla convenzione riguardano la semplificazione della struttura dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale, la riforma della determinazione dei contributi al bilancio, nuove definizioni degli obblighi delle parti contraenti e la riforma della procedura di composizione delle controversie. Concordo con la relatrice nel ritenere che tali modifiche andranno a beneficio dell’Unione europea, la quale grazie alla convenzione in esame sarà autorizzata a pescare nelle acque interessate.

 
  
  

Relazione Thomsen (A7-0264/2010)

 
  
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  Izaskun Bilbao Barandica (ALDE).(ES) Signora Presidente, ho votato a favore di questa iniziativa perché quando si parla di lavoro precario, parliamo ancora una volta della disuguaglianza e della discriminazione di cui sono vittima le donne in Europa.

La crisi economica ha accentuato le disparità a causa del suo impatto negativo sui lavori meno rimunerati svolti soprattutto dalle donne, inclusi i lavori domestici retribuiti e di assistenza, che secondo una ricerca rappresentano il 31,5 per cento dei posti di lavoro nelle imprese, inclusi quelli a tempo parziale. Il divario di retribuzione ha il medesimo impatto in Europa e la mancanza di sicurezza sta condizionando anche i lavori svolti da donne con una formazione di livello superiore.

Uno dei motivi che crea deficit di sicurezza e discriminazione è l’assenza di responsabilità condivisa tra uomini e donne tra le mura domestiche. Dobbiamo impegnarci per garantire servizi di elevata qualità per la cura dei minori e degli anziani e migliori condizioni di accesso al lavoro per le donne. Vorrei aggiungere che le donne immigrate svolgono il lavoro delle cittadine europee per consentire a noi europee di entrare nel mondo del lavoro.

In breve, dobbiamo continuare a lavorare per una vera uguaglianza.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). (SK) Sul mercato del lavoro si è registrato uno slittamento da forme di lavoro standard a forme atipiche; è quindi necessario impedire che i datori di lavoro diano la priorità a quelle forme di lavoro più economiche e vantaggiose che implicano però la precarietà del posto di lavoro.

È necessario tutelare da condizioni di lavoro degradanti e dallo sfruttamento quei lavoratori che si trovano in una posizione vulnerabile e occupano posti di lavoro dove non vengono rispettati gli standard di sicurezza e salute basilari, dove non sono previste forme di tutela contro la discriminazione, né di protezione sociale né di rappresentazione collettiva. Sostengo quindi la tutela dei lavoratori attraverso l’introduzione di standard sociali minimi per i dipendenti, la garanzia di parità di accesso alla previdenza e alle pensioni di anzianità e la garanzia di una retribuzione adeguata e di un orario di lavoro accettabile. A mio avviso, gli Stati membri devono evitare che lavori normali diventino precari, introducendo rigide norme in materia occupazionale.

 
  
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  Clemente Mastella (PPE). – Signora Presidente, l'attuale crisi economica e finanziaria ha accresciuto il problema delle donne lavoratrici precarie le quali, dovendo spesso conciliare il lavoro con gli impegni familiari, si trovano in una posizione contrattuale più debole, che spesso le conduce ad avere condizioni lavorative peggiori.

Ho votato a favore di questa relazione perché condivido la necessità di contrastare tale fenomeno, sollecitando gli Stati membri e le parti sociali a procedere a un sostanziale allineamento della regolamentazione legislativa e contrattuale tra lavori standard e lavori atipici, senza sottovalutare il forte rischio di un possibile aumento al ricorso al lavoro sommerso. Chiediamo quindi alla Commissione europea e a tutti gli Stati membri di mettere a punto nuove e concrete strategie sul lavoro precario, che tengano in considerazione il principio dell'equilibrio di genere.

Con questa relazione si sollecita inoltre la Commissione a presentare una proposta relativa all'applicazione del principio della parità di retribuzione per uomini e donne. Ricordiamo agli Stati membri di recepire senza indugio la direttiva 2006/54/CE. Invitiamo quindi gli Stati membri a facilitare lo sviluppo di reti di assistenza e cura dei figli e la messa in atto di tutte quelle misure volte a consentire il lavoro a tempo pieno alle donne che facciano tale scelta, migliorando la loro partecipazione al mercato del lavoro e la loro indipendenza economica.

 
  
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  Andrea Češková (ECR).(CS) Ho votato contro questa relazione sulle lavoratrici precarie perché ritengo che il lavoro a tempo parziale, a tempo determinato e altre forme similari di contratto siano vantaggiose per le donne inserite nel mondo del lavoro, soprattutto per quante pur occupandosi dei figli desiderano comunque lavorare. A mio avviso queste forme flessibili di lavoro sono molto favorevoli e dovremmo sostenerle maggiormente, affinché i datori di lavoro abbiano interesse ad utilizzarle, offrendo alle donne maggiori possibilità decisionali.

Nello stesso tempo, non posso accettare che si fissino quote per l’assistenza all’infanzia, quali ad esempio l’intenzione di inserire in strutture collettive di assistenza all’infanzia, entro il 2013, il 33 per cento dei bambini di età inferiore a tre anni. Dobbiamo promuovere il principio di libertà di scelta delle famiglie e lasciare a loro la facoltà di decidere come accudire i propri figli.

 
  
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  Monika Flašíková Beňová (S&D). (SK) Mi è particolarmente gradita quest’occasione perché ieri il Presidente non ha voluto concedere facoltà di parola a tutti gli onorevoli che volevano contribuire alla discussione, soprattutto su questo importantissimo argomento. La relazione dell’onorevole Thomsen evidenzia infatti le condizioni sempre più precarie che devono affrontare le donne nel mondo del lavoro e la loro degradante situazione sociale.

La precarietà nel mondo del lavoro riguarda tutte le donne. I cosiddetti lavori non conformi a standard, nel settore dei servizi o in quello agricolo, sono i primi a risentirne, soprattutto in un periodo di crisi mondiale. Poiché l’occupazione in questi settori è prevalentemente femminile, le interruzioni del rapporto di lavoro colpiscono soprattutto le donne. Anche in quest’ambito dobbiamo respingere la logica apparente del mercato e, in nome dell’equità e del sostegno al potere di acquisto della popolazione e alla domanda, è necessario intervenire positivamente, ad esempio, ponendo fine alla prassi di stipulare contratti senza indicazione dell’orario di lavoro.

 
  
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  Mario Pirillo (S&D). – Signora Presidente, la votazione a larghissima maggioranza è un importante segnale di attenzione del Parlamento alla problematica delle lavoratrici precarie. In Europa sono ancora le donne a pagare maggiormente il peso del precariato: una situazione peggiorata a causa della crisi internazionale che sta interessando anche i nostri territori. L'Unione europea ha sempre dimostrato il suo impegno per le politiche di genere con specifiche legislazioni recepite dagli Stati membri e deve continuare ad adoperarsi per una reale parità per l'accesso al mondo del lavoro.

La relazione d'iniziativa è un segnale chiaro alla Commissione europea e agli Stati membri affinché si giunga al superamento del lavoro precario e si aumenti la tutela sociale per le lavoratrici precarie. Complimenti al relatore, onorevole Thomsen.

 
  
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  Anna Záborská (PPE). (SK) Ho espresso il mio sostegno alla relazione, sebbene con alcune riserve. Questo documento ha peraltro dato rilievo alla mia relazione della sessione scorsa sulla povertà tra le donne nell’Unione europea, a riprova del fatto che stiamo considerando il tema del precariato con la dovuta serietà.

Molte donne e molte famiglie si chiedono se la classe politica europea disponga di soluzioni pratiche e politiche concrete per i problemi sociali. I politici non dovrebbero interferire nell’economia. La libertà economica è una delle peculiarità del mercato comune, ma se, in nome del profitto, alcune società sono indotte a chiedere ai propri lavoratori di lavorare in condizioni pericolose o precarie, allora i legislatori devono intervenire per arginare il fenomeno. Dobbiamo infine riconoscere che il lavoro domestico femminile non è adeguatamente tutelato; le compagnie assicuratrici lo hanno già valutato, ora spetta alla classe politica farlo. Vorrei chiedere alla Commissione europea di presentare proposte per riconoscere il lavoro domestico femminile come forma di investimento non economico per la prosperità nazionale.

 
  
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  Mario Borghezio (EFD). – Signora Presidente, si tratta di una relazione importante e significativa per la tutela delle donne. Tuttavia, le Istituzioni europee hanno il non indifferente difetto di predicare bene e razzolare male. Venerdì e sabato scorsi si è svolta una riunione – alla quale erano presenti il Presidente della Commissione europea Barroso, il Presidente del Parlamento europeo e il Presidente Van Rompuy – con i dignitari delle più importanti Obbedienze massoniche europee; ebbene, non è stata detta una parola sul fatto che la maggior parte di queste Obbedienze non ammette l'iscrizione delle donne. Cosa ancor più grave, la riunione è avvenuta all'interno del Parlamento europeo, a porte chiuse, e non sono stati ammessi neppure i funzionari del Parlamento europeo. Tutto ciò è in contrasto con i principi di trasparenza che dovrebbero regolare tutte le attività delle Istituzioni europee.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Relazione Simpson (A7-0217/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Accolgo con favore questa proposta, volta a rendere obbligatoria la raccolta di dati per tipo di merci anche per le statistiche dei trasporti marittimi, in modo tale da definire un quadro generale utile a sostenere e monitorare la politica di promozione della co-modalità. Nel caso delle regioni insulari, questo dovrebbe tradursi in un maggiore sostegno a favore del trasporto combinato marittimo ed aereo, che sono le uniche modalità disponibili. Tale rilevazione statistica consentirebbe inoltre di comprendere meglio i costi correlati al trasporto da e verso le regioni ultraperiferiche, sia di merci che di passeggeri, che potrebbero influenzare le decisioni su altre politiche, ad esempio sulle reti trans-europee e, in particolare, sulle cosiddette autostrade del mare, che dovrebbero includere il trasporto marittimo tra le isole, oltre a quello tra isole e continente europeo. Vorrei dichiarare il mio sostegno al parere del relatore sulla possibilità di adeguare le attuali disposizioni alle nuove norme sugli atti delegati introdotte dal trattato di Lisbona, allo scopo di rafforzare i poteri del Parlamento europeo in tale ambito.

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. − Signora Presidente, voto a favore della relazione del collega Simpson perché ritengo molto utile la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare. Infatti, la raccolta di dati per tipo di merci è già obbligatoria per le statistiche europee dei trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne.

Come si evince chiaramente dal dossier, “la disponibilità per tutti i modi di trasporto di statistiche esaurienti e omogenee per tipo di merci consentirebbe di definire un quadro generale utile a sostenere e monitorare la politica di promozione della co-modalità, ovvero la possibilità di combinare in maniera ottimale vari modi di trasporto nell'ambito della stessa catena di trasporto, e l'ammodernamento della logistica dei trasporti di merci”

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Sono favorevole a questa proposta di regolamento volta a modificare la direttiva vigente per rendere obbligatoria la raccolta di dati per tipo di merci per le statistiche dei trasporti marittimi. Tali dati sono attualmente raccolti su base volontaria da 18 Stati membri. Inoltre, la raccolta di dati per tipo di merci è già obbligatoria per le statistiche europee dei trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne. Raccogliendo i dati sarà possibile comparare i diversi modi di trasporto e combinare vari modi di trasporto, nell'ambito della stessa catena di trasporti e ammodernare la logistica dei trasporti di merci. Si ritiene che la raccolta dei dati pertinenti non imporrà alcun onere ulteriore ai rispondenti, in quanto gli Stati membri interessati dovrebbero essere in grado di compilare i dati utilizzando fonti di dati già esistenti (ad esempio documenti doganali).

 
  
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  Alain Cadec (PPE), per iscritto. (FR) La vigente direttiva 2009/42/CE prevede una raccolta di dati per le statistiche dei trasporti marittimi su base volontaria. Modificando questa direttiva la raccolta di dati per tipo di merci sarà resa obbligatoria e mi compiaccio di tale emendamento che non impone alcun onere ulteriore, considerando che gli Stati membri dovrebbero essere in grado di rilevare i dati utilizzando fonti già esistenti.

È opportuno rendere queste disposizioni obbligatorie per i trasporti marittimi, poiché lo sono già per i trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne. Mi compiaccio altresì dell’introduzione da parte del relatore di emendamenti riguardanti l’applicazione del regolamento in conformità alla procedura degli atti delegati. Il Parlamento europeo dovrebbe cogliere questa nuova prerogativa prevista dal trattato di Lisbona.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa relazione poiché ritengo che sia molto importante disporre di statistiche complete, standardizzate, per tipo di merci per tutti i modi di trasporto. Tali informazioni forniscono un quadro generale utile a sostenere e monitorare la politica di promozione della co-modalità, ovvero la possibilità di combinare in maniera ottimale vari modi di trasporto nell'ambito della stessa catena di trasporti, e l'ammodernamento della logistica dei trasporti di merci. Vorrei chiedere che le statistiche europee riguardanti tutti i modi di trasporto siano raccolte secondo concetti e norme comuni, nell'intento di ottenere la massima comparabilità possibile tra i diversi modi di trasporto.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Questa proposta riguarda la raccolta e la registrazione di dati per tipo di merci trasportate negli Stati membri che dispongono di litorale marittimo e modificherà la modalità di raccolta dei dati, organizzandola per tipo di merci, come già avviene per altre forme di trasporto. Credo sia uno sviluppo positivo e offro senza esitazione il mio supporto al relatore.

 
  
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  Lara Comi (PPE), per iscritto. − Nonostante il mercato unico sia definito completato da tempo, le differenze persistenti fra i vari punti di accesso di merci e persone continuano a rivelare il carattere nazionale dei confini. Sebbene gli Stati abbiano deciso di fare un passo indietro in questo ambito a favore delle istituzioni dell'UE, tali differenze non possono continuare ad esistere, penalizzando alcune aree e favorendone altre. Questo ulteriore provvedimento verso l'armonizzazione del trattamento di persone e merci costituisce un altro passo avanti per la completa integrazione del mercato unico europeo.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Gli Stati membri dell’Unione europea devono contribuire ad istituire una banca dati europea relativa al trasporto mensile di merci e passeggeri via mare e alle imbarcazioni che li trasportano. Questo consentirà al servizio specializzato europeo Eurostat di compilare statistiche europee per ciascun modo di trasporto, conformemente agli standard comunitari. L’utilizzo di questi dati contribuirà a creare un sistema europeo integrato di statistiche sul settore, al fine di conseguire il massimo livello di comparabilità tra i modi di trasporto utilizzati nei paesi europei.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Questa proposta è volta a rendere obbligatoria la raccolta di dati per tipo di merci per le statistiche dei trasporti marittimi e standardizzare il tipo di informazioni raccolte ed elaborate nei 27 Stati membri. Come sostiene il relatore, la disponibilità per tutti i modi di trasporto di statistiche esaurienti e omogenee per tipo di merci consentirebbe di definire un quadro generale utile a sostenere e monitorare la politica di promozione della co-modalità, ovvero la possibilità di combinare in maniera ottimale vari modi di trasporto nell'ambito della stessa catena di trasporti, e l'ammodernamento della logistica dei trasporti di merci.

Data l’importanza di trasporti sicuri ed efficaci negli scambi internazionali, sono favorevole alla proposta della Commissione.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’obiettivo di questa proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio è di modificare la direttiva 2009/42/CE, in modo che la raccolta di dati per tipo di merci sia resa obbligatoria per le statistiche dei trasporti marittimi. Tali dati sono ora raccolti su base volontaria da 18 Stati membri. Cinque Stati membri non dispongono di litorale marittimo e non forniscono dati in conformità alla direttiva. Per la maggior parte, la raccolta dei dati pertinenti non imporrà alcun onere ulteriore ai rispondenti in quanto gli Stati membri interessati dovrebbero essere in grado di compilare i dati utilizzando fonti di dati già esistenti (ad esempio documenti doganali). Ho votato a favore di questa relazione giacché condivido l’esigenza di elaborare statistiche complete e standardizzate per tipo di merci per tutti i tipi di trasporto, nell'intento di ottenere la massima comparabilità possibile all’interno dell’Unione europea.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La proposta di regolamento vuole rendere obbligatoria la raccolta di dati per tipo di merci per le statistiche dei trasporti marittimi; a questo proposito il relatore ritiene che nella maggior parte dei casi raccogliere tali dati non implichi oneri aggiuntivi per i rispondenti, in quanto gli Stati membri interessati dovrebbero essere in grado di compilare i dati utilizzando fonti già esistenti (ad esempio documenti doganali). La raccolta di dati per tipo di merci è, inoltre, obbligatoria per le statistiche europee dei trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne.

Convengo sul fatto che la disponibilità per tutti i modi di trasporto di statistiche per tipo di merci consentirebbe di elaborare un quadro generale utile a definire una politica di interoperabilità e co-modalità, ovvero la possibilità di combinare in maniera ottimale vari modi di trasporto nell'ambito della stessa catena di trasporti, l'ammodernamento e la razionalizzazione della logistica dei trasporti di merci, promuovendone la sostenibilità. Naturalmente questo dipende dalla comparabilità delle statistiche disponibili, che necessita di armonizzazione di standard e di idee.

 
  
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  Alan Kelly (S&D), per iscritto. (EN) Lo scopo ultimo di questa proposta è rendere obbligatoria la raccolta di dati per tipo di merci per le statistiche dei trasporti marittimi, come già avviene per i trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne, che contribuirebbe all’armonizzazione in questo ambito. La raccolta dei dati pertinenti non imporrà alcun onere aggiuntivo ai rispondenti.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) La presente proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio è finalizzata a modificare la direttiva 2009/42/CE in modo che la raccolta di dati per tipo di merci sia resa obbligatoria anche per le statistiche dei trasporti marittimi. Oggi tali dati sono raccolti su base volontaria da 18 Stati membri. Cinque Stati membri non dispongono di litorale marittimo e non forniscono dati in conformità alla direttiva. Per la maggior parte, la raccolta dei dati pertinenti non imporrà alcun onere ulteriore ai rispondenti, in quanto gli Stati membri interessati dovrebbero essere in grado di compilare i dati utilizzando fonti di dati già esistenti (ad esempio documenti doganali). La raccolta di dati per tipo di merci è obbligatoria per le statistiche europee dei trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne. È opportuno che le statistiche europee riguardanti tutti i modi di trasporto siano raccolte secondo concetti e norme comuni, nell'intento di ottenere la massima comparabilità possibile tra i diversi modi di trasporto; per questo motivo ho votato a favore del testo. La disponibilità per tutti i modi di trasporto di statistiche esaurienti e omogenee per tipo di merci consentirebbe di definire un quadro generale utile a sostenere e monitorare la politica di promozione della co-modalità.

 
  
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  Alexander Mirsky (S&D) , per iscritto. (LV) Sostengo pienamente la relazione dell’onorevole Simpson. Concordo che i dati dettagliati per tipo di merci siano necessari per le statistiche dei trasporti marittimi, che offriranno agli esportatori e agli importatori la possibilità di individuare il sistema migliore per il trasporto merci. Questo significa ridurre i costi delle merci, a beneficio dei cittadini europei, e la possibilità, per gli esportatori, di addebitare i costi di merci provenienti da paesi terzi in modo più efficiente. Questo tipo di dati statistici contribuirà ad evitare costi imprevisti e stimolerà la circolazione di merci sia europee sia di paesi terzi. Suggerirei di introdurre questo tipo di dati statistici anche per il trasporto di merci per via aerea.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Per essere in grado di reagire, le statistiche sono preziose, poiché forniscono fatti in base ai quali prendere le decisioni. Tuttavia, nel caso della raccolta di dati statistici, bisogna sempre mantenere un equilibrio tra la necessaria rilevazione dei fatti e i relativi costi amministrativi. I dati sul trasporto di merci e passeggeri sono attualmente raccolti su base volontaria da 18 Stati membri. Questo ha senso se effettivamente non comporta alcun onere aggiuntivo, vale a dire se gli Stati membri sono effettivamente in grado di elaborare tali dati utilizzando fonti già esistenti. A mio avviso la raccolta di statistiche complete sul trasporto di merci e di passeggeri per tutti i tipi di merci e tutti i modi di trasporto finalizzata meramente al confronto dei dati ha costi amministrativi eccessivi ed ho votato di conseguenza.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. (PL) La relazione propone una serie di modifiche finalizzate ad adeguare le disposizioni della procedura di regolamentazione con controllo alle nuove norme sugli atti delegati introdotte dal trattato di Lisbona. Obiettivo del relatore era di modificare la direttiva europea sulla raccolta di dati per tipo di merci per le statistiche dei trasporti marittimi. In questo momento tali dati sono raccolti su base volontaria da 18 Stati membri. Cinque Stati membri non dispongono di litorale marittimo e non forniscono dati in conformità alla direttiva.

Merita ricordare che la raccolta dei dati pertinenti non imporrà alcun onere ulteriore ai rispondenti, in quanto gli Stati membri interessati dovrebbero essere in grado di compilare i dati utilizzando fonti già esistenti (ad esempio documenti doganali). La raccolta di dati per tipo di merci è obbligatoria per le statistiche europee dei trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne. Data l’esigenza di creare reti (marittime, su strada e per vie navigabili interne) di trasporto e comunicazione coordinate ed ecocompatibili, un’azione per la rilevazione e l’analisi dei dati per tutti i modi di trasporto è effettivamente molto utile.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Gentile Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Simpson perche modificando la direttiva 2009/42/CE si porta a definitivo completamento la legislazione competente in materia di raccolta dati sul trasporto delle merci e passeggeri da e per l'Europa. La raccolta dati, che prima era obbligatoria solo per trasporti stradali, ferroviari e fluviali, con la modifica della direttiva, sarà obbligatoria anche per i trasporti via mare fornendo tutta una serie di dati sulle merci entranti e uscenti i nostri confini. Dati fondamentali non solo a livello statistico. L'applicazione della modifica della direttiva fornirà dati anche sul trasporto via mare già dal prossimo anno dando maggior trasparenza sui tipi di merci trasportate e migliorando l'efficienza dei trasporti di merci specifiche dato che sarà possibile delineare grazie alla comparazione le modalità di trasporto più efficienti per ogni tipo di merce.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Questa proposta è finalizzata a rendere obbligatoria la raccolta di dati per tipo di merci per le statistiche dei trasporti marittimi. Tali dati sono attualmente raccolti su base volontaria da 18 Stati membri, mentre la raccolta dei dati per tipo di merci è già obbligatoria per le statistiche europee dei trasporti su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne.

La disponibilità per tutti i modi di trasporto di statistiche esaurienti e omogenee per tipo di merci consentirebbe di definire un quadro generale utile a sostenere e monitorare la politica di promozione della co-modalità, ovvero la possibilità di combinare in maniera ottimale vari modi di trasporto nell'ambito della stessa catena di trasporti, e l'ammodernamento della logistica dei trasporti di merci.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La presente proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio è finalizzata a modificare la direttiva 2009/42/CE in modo che la raccolta di dati per tipo di merci sia resa obbligatoria per le statistiche dei trasporti marittimi. Tali dati sono ora raccolti su base volontaria da 18 Stati membri. Cinque Stati membri non dispongono di litorale marittimo e non forniscono dati in conformità alla direttiva. Per la maggior parte, la raccolta dei dati pertinenti non imporrà alcun onere ulteriore ai rispondenti, in quanto gli Stati membri interessati dovrebbero essere in grado di compilare i dati utilizzando fonti di dati già esistenti (ad esempio documenti doganali). Il gruppo Verde/Alleanza libera europea ha votato a favore della proposta.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) A mio avviso la raccolta dati obbligatoria per tipo di merci finalizzata alla compilazione di statistiche sui trasporti marittimi è fondamentale per promuovere la co-modalità e la possibilità di combinare diversi modi di trasporto. Poiché la raccolta di dati è già obbligatoria per altri modi di trasporto (su strada, su ferrovia e per vie navigabili interne) trovo opportuno creare un quadro comune che includa anche la compilazione delle statistiche sui trasporti marittimi, che potrà contribuire ad ottenere la massima comparabilità possibile tra i diversi modi di trasporto.

Conformemente alla proposta della Commissione europea, la revisione della direttiva 2009/42/CE dovrebbe muovere in tale direzione ed essere applicata per la prima volta a dati del 2011, in linea con la prassi volontaria già seguita da 18 Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto.(LT) Onorevoli colleghi, la questione della raccolta sistematica dei dati statistici per noi è particolarmente importante. In Lituania, le merci trasportate via mare rappresentano solo una minima percentuale del volume totale dei trasporti; in quest’ambito è quindi possibile ottenere risultati migliori. Inoltre il settore del turismo costiero lituano ha un forte potenziale di crescita. Modernizzando la logistica del trasporto merci e promuovendo la co-modalità, ad esempio combinando vari modi di trasporto nella stessa catena di trasporto, abbiamo la possibilità di incrementare la prosperità della regione baltica. Questo è particolarmente importante per preservare la competitività futura dei porti europei, come nel caso del porto lituano di Klaipėda. Una più stretta cooperazione tra gli Stati baltici contribuirà al loro avvicinamento e renderà il nostro mercato regionale più armonioso e accessibile per tutta l’Unione europea. In questo momento, nella maggior parte dei casi gli Stati baltici sono esclusi dalla rete di trasporto europea. Ci auguriamo che i traffici tra questi paesi raddoppino entro il 2020 e dobbiamo quindi affrontare le carenze riguardanti il livello di accessibilità e l’adeguatezza delle infrastrutture. Dobbiamo soprattutto garantire che la raccolta di dati non implichi oneri aggiuntivi per gli Stati membri. Non abbiamo nulla da perdere.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0270/2010)

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Considerando che la Danimarca ha richiesto assistenza riguardo a 951 esuberi in 45 imprese operanti nella divisione 28 NACE Rev. 2 (fabbricazione di macchinari e apparecchiature) nella regione NUTS II del Nordjylland, ho votato a favore della risoluzione, poiché condivido la proposta della Commissione e gli emendamenti presentati dal Parlamento. Sono inoltre d’accordo sulla necessità di inserire nella motivazione della proposta della Commissione informazioni chiare e dettagliate sull’applicazione delle misure, analizzando i criteri di ammissibilità e spiegando i motivi che hanno condotto alla sua approvazione, conformemente alle richieste formulate dal Parlamento.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è un importante fondo strutturale comunitario che ci consente di fornire sostegno ai lavoratori licenziati a causa dei cambiamenti nell’andamento mondiale dell’economia. È quanto è accaduto in diversi Stati membri dell’Unione europea, come in Spagna, dove il fondo si è dimostrato molto utile. Condivido le decisioni adottate dalla relatrice e ho quindi deciso di votare a favore della relazione.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Alla luce dei cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali, è fondamentale che l’economia europea sia in grado di applicare in modo efficace gli strumenti di sostegno ai lavoratori che risentono delle conseguenze di tali cambiamenti, creando le condizioni per agevolare il loro rapido reinserimento nel mercato del lavoro. Poiché la Danimarca ha presentato una richiesta di assistenza a fronte di 951 esuberi in 45 imprese della regione del Nordjylland, vorrei ricordare le ragioni esposte nella mia dichiarazione di voto sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione nella regione spagnola di Catalogna come motivazione del mio voto a favore di questa relazione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Questa è una risoluzione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ai sensi del punto 28 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria.

Le industrie per la fabbricazione di macchinari e apparecchiature destinate al settore navale presenti nella regione danese del Nordjylland sono state colte impreparate dai cambiamenti che hanno interessato i mercati e dalla crisi finanziaria mondiale: hanno subito ingenti riduzioni negli ordini, con conseguente esubero di personale in oltre 40 società.

In regioni come il Nordjylland, particolarmente dipendenti da un unico settore, la ripresa del mercato e la riconversione dei lavoratori verso altri settori di attività sono più lente e difficili. In tal caso considero giustificata la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Considerando l’impatto sociale della crisi economica internazionale, che ha avuto ripercussioni soprattutto sull’occupazione, è fondamentale utilizzare in modo adeguato il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per alleviare la difficile situazione in cui si trovano molti cittadini europei e le relative famiglie, contribuendo al loro reinserimento sociale e alla loro crescita professionale e fornendo al contempo nuove risorse per far fronte alle esigenze delle società colpite e rilanciare l’economia. In questo quadro rientra il piano d’azione danese per sostenere 951 lavoratori licenziati presso 45 società specializzate nella fabbricazione di macchinari e apparecchiature nella piccola regione del Nordjylland. In questo caso, il 40 per cento dei lavoratori licenziati era attivo nei lavori manuali, nella lavorazione dei metalli e nella costruzione di macchinati, mentre il 33 per cento era costituito da manodopera non qualificata. Tale situazione mostra chiaramente la necessità di una valutazione tecnica e professionale efficace delle persone colpite dalla crisi internazionale. Mi auguro quindi che le istituzioni europee raddoppino i propri sforzi per l’attuazione di misure volte ad accelerare e migliorare il livello di utilizzo di una risorsa importante come il FEG, che ad oggi registra un tasso di mobilitazione molto basso. Quest’anno, infatti, è stato richiesto solo l’11 per cento dei 500 milioni di euro disponibili.

 
  
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  Estelle Grelier (S&D), per iscritto. (FR) Ancora una volta è stato chiesto al Parlamento europeo di ratificare la concessione di aiuti provenienti dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione a favore di lavoratori licenziati a causa della crisi o di trasferimento delle aziende. Ancora una volta questi aiuti saranno prelevati da voci di bilancio inizialmente destinate ad altri programmi europei, giacché nell’attuale quadro finanziario il Fondo di adeguamento alla globalizzazione non ha fondi propri.

Per porre fine a questa situazione, nell’elaborazione del bilancio preventivo per il 2011 ho lavorato alla creazione di una specifica linea di stanziamenti di pagamento per il Fondo di adeguamento alla globalizzazione. Il 20 ottobre 2010, durante la votazione sulla lettura del bilancio, il Parlamento europeo ha quindi approvato lo stanziamento di 50 milioni di euro.

Questo importo, simbolico rispetto alle esigenze annue, deve ancora essere confermato, poiché il Consiglio europeo ha inizialmente rifiutato la proposta di assegnare al FEG fondi propri. Continuerò quindi a seguire la questione, auspicando il consolidamento legislativo e di bilancio di tale meccanismo.

 
  
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  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. (DE) Devo rivolgere all’onorevole Matera le mie più sincere congratulazioni per le quattro relazioni sulla mobilitazione del Fondo di adeguamento alla globalizzazione. L’ampliamento della portata del FEG per includere i lavoratori è un passo importante per consentirci di fornire supporto diretto ai cittadini europei. Lo strumento del Fondo è volto ad aiutare quanti sono stati colti impreparati dagli effetti della globalizzazione, ma, affinché il denaro disponibile sia utilizzato in modo efficace, esso deve raggiungere la sua destinazione in modo rapido e mirato. Questo è l’unico modo per garantire aiuti ai cittadini europei e aumentare la fiducia nell’Unione europea.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signora presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Danimarca perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica.

Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro. La votazione odierna riguardava una richiesta di sostegno per 1122 lavoratori di 45 imprese operanti nel settore dei macchinari della regione del Nordjylland per un importo finanziato dal FEG di 7.521.359 euro.

Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Ho votato a favore di questa relazione sull’utilizzo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) soprattutto per i 951 esuberi in 45 imprese operanti nella divisione 28 NACE Rev. 2 (fabbricazione di macchinari e apparecchiature) nella regione NUTS II del Nordjylland. Il FEG fornisce sostegno supplementare ai lavoratori licenziati che subiscono le conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali e li assiste nel reinserimento nel mercato del lavoro. La Danimarca ha presentato una richiesta al FEG per esuberi nel settore automobilistico, conformemente al regolamento del Fondo; è ora necessario garantire che il FEG sostenga i lavoratori licenziati nel reinserimento nel mercato del lavoro. L’aiuto del FEG non deve però sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale p dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.

 
  
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  Alexander Mirsky (S&D) , per iscritto. (LV) È molto importante non assumere un atteggiamento di non intervento in merito alla disoccupazione. A tale proposito per i cittadini è fondamentale sentire il sostegno sia dei governi nazionali sia dell’Unione Europa nel suo complesso. Ho votato a favore della relazione, sebbene non mi sia ancora chiaro il principio di distribuzione degli aiuti. Perché per ciascun lavoratore licenziato i Paesi Bassi riceveranno circa 3 000 euro, mentre alla Spagna andranno 1 000 euro e alla Danimarca 7 000 euro? La riqualificazione e la formazione in Danimarca costano forse sette volte di più che in Spagna? di Nonostante questo aspetto sconcertante, sono costretto a concordare con la relatrice, l’onorevole Matera, sul fatto che questo supporto finanziario è una misura necessaria e opportuna. È biasimevole che il governo lettone non abbia né partecipato né presentato una richiesta. In questo momento in Lettonia si contano 180 000 disoccupati.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto.(PT) Considerando che la Danimarca ha richiesto assistenza riguardo a 951 esuberi in 45 imprese operanti nella divisione 28 NACE Rev. 2 (fabbricazione di macchinari e apparecchiature) nella regione NUTS II del Nordjylland, ho votato a favore della risoluzione perché condivido la proposta della Commissione e gli emendamenti presentati dal Parlamento.

Vorrei sottolineare alcuni aspetti particolarmente importanti: (1) il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostiene il reinserimento dei lavoratori in esubero sul mercato del lavoro, senza esimere le imprese dalle azioni di loro competenza; (2) nel quadro della mobilitazione del FEG, la Commissione europea ha proposto una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi del Fondo sociale europeo (FSE) non utilizzati, come richiesto dal Parlamento; (3) il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell'ambito della revisione di metà periodo del quadro finanziario pluriennale 2007-2013; (4) la proposta della Commissione illustra nella relazione informazioni sulla domanda, analizza i criteri di ammissibilità e spiega le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Considerando che la Danimarca ha richiesto assistenza per 951 esuberi in 45 imprese operanti nella divisione 28 NACE Rev. 2 (fabbricazione di macchinari e apparecchiature) nella regione NUTS II del Nordjylland, ho votato a favore della risoluzione perché condivido la proposta della Commissione e gli emendamenti presentati dal Parlamento. Sono anche d’accordo che la proposta della Commissione europea illustri nella relazione informazioni chiare e particolareggiate sulla domanda, analizzi i criteri di ammissibilità e spieghi le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Con questo voto il Parlamento europeo prende atto della domanda di mobilitazione del FEG avanzata dalla Danimarca per 951 esuberi in 45 imprese operanti nella divisione 28 NACE revisione 2 (fabbricazione di macchinari e apparecchiature) nella regione NUTS II del Nordjylland. La domanda soddisfa i criteri di ammissibilità fissati dal regolamento FEG. Nella sua risoluzione, il Parlamento europeo chiede alle istituzioni interessate di compiere gli sforzi necessari ad accelerare la mobilitazione del FEG, ricorda l’impegno delle stesse volto a garantire una procedura agevole e rapida per l'adozione delle decisioni riguardanti alla mobilitazione del FEG, apportando un aiuto specifico, una tantum e limitato nel tempo ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione e della crisi finanziaria ed economica; sottolinea il ruolo che il FEG può svolgere ai fini del reinserimento dei lavoratori in esubero nel mercato del lavoro.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. (RO) L’organizzazione europea dei cantieri navali, la Community of European Shipyards’ Associations (CESA), prevede una diminuzione fino al 2014 della domanda internazionale nel settore della costruzione navale, in conseguenza della crisi finanziaria mondiale; mentre in futuro, la stessa industria si trasferirà in aree con costi minori, soprattutto verso le regioni asiatiche. In assenza di una politica europea a supporto del settore navale, è difficile che la produzione torni ai livelli precedenti la crisi. Nella mia città, Galaţi, anche il cantiere navale Damen sta affrontando le conseguenze della crisi economica e finanziaria, con 600 esuberi solo nel 2009; nel 2010, si prevedono altri 500 licenziamenti. Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (EGF), richiesto dalla Danimarca per utilizzare 7 521 359 euro per cofinanziare il programma di sostegno ai 951 lavoratori licenziati nella regione del Nordjylland nel periodo compreso tra il 15 febbraio 2009 e il 14 novembre 2009. Gli esuberi hanno interessato 45 imprese nel settore della fabbricazione di macchinari e apparecchiature del settore della costruzione navale.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Si tratta di fornire sostegno alle imprese nel settore della fabbricazione di macchinari e apparecchiature nella regione di medio livello del Nordjylland. In questa zona all’estremità nordorientale dello Jutland settentrionale, 951 lavoratori di 45 imprese sono stati licenziati tra il 15 febbraio e il 14 novembre 2009. Al fine di sostenere questi lavoratori e il loro reinserimento sul mercato del lavoro, è stato mobilitato dal Fondo un importo pari a 7 521 359 euro.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0269/2010)

 
  
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  Alfredo Antoniozzi (PPE), per iscritto. – Signora Presidente, come ho avuto modo di dichiarare lo scorso marzo, in occasione del voto sulla relazione del collega Böge, l'utilizzo del Fondo di adeguamento alla globalizzazione come strumento utile a fronteggiare le conseguenze della crisi economica e finanziaria è un'iniziativa molto valida, che dà una riposta concreta in termini di aiuto finanziario. Da allora, infatti, diverse altre richieste, tra cui quella in questione, sono state accolte e credo che questa sia la miglior dimostrazione dell'utilità di tale iniziativa.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Considerando che i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 512 esuberi nella NXP Semiconductors Netherlands operante nel settore elettronico nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto convengo con la proposta della Commissione così come modificata dagli emendamenti introdotti dal Parlamento. Accolgo, inoltre, con favore, che, nel quadro della mobilitazione del FEG, la Commissione abbia proposto una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi FSE non utilizzati, a seguito delle numerose occasioni in cui il Parlamento europeo ha ricordato che il FEG è stato creato quale strumento specifico e distinto con obiettivi e scadenze proprie e che occorre pertanto identificare adeguate linee di bilancio per gli storni.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Il FEG è un importante fondo strutturale dell’Unione europea che ci consente di aiutare i lavoratori che hanno perso il loro posto a causa dei cambiamenti avvenuti a livello globale. È ora necessario mobilitare tale fondo a beneficio dei lavoratori olandesi licenziati nel settore elettronico. Mi trovo quindi d’accordo con le decisioni prese dalla relatrice e ho, , votato a favore del testo.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) L’assistenza ai lavoratori licenziati per esubero a causa di ristrutturazioni e delocalizzazazioni deve essere dinamica e flessibile per essere attuata in modo rapido ed efficiente. Considerando che i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 512 esuberi nella NXP Semiconductors Netherlands operante nel settore elettronico nelle regioni di Gelderland ed Eindhoven e alla luce delle motivazioni che ho addotto al mio voto sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Catalogna, regione spagnola, voto a favore della presente relazione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Ancora una volta, ci troviamo ad affrontare il problema della chiusura della principale azienda di una città, nello specifico Nimega, aggravato dal fatto che non si prevede l’avviamento di altre imprese con lo stesso potenziale occupazionale.

Un’attenta lettura delle risoluzioni approvate dal Parlamento consente di comprendere meglio la portata e la dimensione del problema nei diversi Stati europei. Gli Stati interessati non si sono ancora dimostrati in grado di far fronte alla mancanza di coordinamento e alla perdita di attrattività in termini di investimenti e innovazione.

Se non prendiamo provvedimenti, temo che le richieste di mobilitazione del Fondo aumenteranno a dismisura e che il Fondo stesso si rivelerà inadeguato per assistere i lavoratori che subiscono le conseguenze di cambiamenti improvvisi e inattesi nelle loro imprese.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Alla luce dell’impatto dell’attuale crisi economica e finanziaria mondiale sull’attività industriale e sulle specifiche professioni del settore elettronico, è urgentemente necessario un programma di assistenza efficace per i 512 lavoratori licenziati dalla NXP Semiconductors Netherlands nelle regioni olandesi di Gelderland ed Eindhoven. Vale la pena ricordare l’impatto che ha avuto a livello regionale e sociale la riduzione delle attività nella sede di Nimega, nella regione di Gelderland, dove la società era il principale datore di lavoro e da decenni impiegava moltissimi lavoratori con basse qualifiche. In considerazione della situazione descritta, emerge chiaramente la necessità di adottare un piano volto ad assistere e riqualificare gli esuberi al fine di agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro. Ribadisco, qui, un avvertimento: è necessario creare un meccanismo che agevoli e acceleri la mobilitazione e l’utilizzo da parte dei paesi europei delle risorse del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore dei Paesi Bassi perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica.

Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro. La votazione odierna riguardava una richiesta di sostegno per 1590 lavoratori della NXL Semiconductors Netherlands, operante nel settore dell'elettronica nelle regioni di Gelderland ed Eindhoven, per un importo finanziato dal FEG di 1 809 434 euro.

Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Ho votato a favore della presente relazione sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per lo specifico caso dei 512 esuberi nella NXP Semiconductors Netherlands operante nel settore elettronico nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven. Il FEG fornisce un sostegno supplementare ai lavoratori che risentono delle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali e per agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro. I Paesi Bassi hanno richiesto assistenza attraverso il FEG per gli esuberi nel settore automobilistico, conformemente al regolamento che istituisce il Fondo. Ora, dobbiamo assicurare che il FEG sostenza il reinserimento nel mercato del lavoro dei singoli lavoratori in esubero; l’aiuto del FEG non deve però sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto.(PT) Considerando che i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 512 esuberi nella NXP Semiconductors Netherlands operante nel settore elettronico nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto convengo con la proposta della Commissione così come modificata dagli emendamenti introdotti dal Parlamento.

I seguenti elementi sono particolarmente pertinenti e vorrei, quindi, metterli in luce: (1) il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostiene il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori in esubero, senza con ciò sollevare le imprese dalle loro responsabilità; (2) nel quadro della mobilitazione del FEG, la Commissione ha proposto una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi FSE non utilizzati, così come richiesto dal Parlamento; (3) il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell'ambito della revisione di metà periodo del Quadro finanziario pluriennale 2007-2013; (4) la proposta della Commissione illustra nella relazione informazioni sulla domanda, analizza i criteri di ammissibilità e spiega le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, anche in questo caso in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Considerando che i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 512 esuberi nella NXP Semiconductors Netherlands operante nel settore elettronico nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto convengo con la proposta della Commissione così come modificata dagli emendamenti introdotti dal Parlamento. Convengo, inoltre, che la proposta della Commissione debba contenere, nella nota esplicativa, informazioni chiare e particolareggiate sulla domanda, analizzando i criteri di ammissibilità e spiegando le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Considerando che il sostegno finanziario dell'Unione ai lavoratori licenziati per esubero dovrebbe essere dinamico e reso disponibile nel modo più rapido ed efficiente possibile, in conformità della dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, adottata durante la riunione di concertazione del 17 luglio 2008, e rispettando debitamente l'AII del 17 maggio 2006 con riferimento all'adozione di decisioni di mobilitazione del FEG; considerando che i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza in relazione a 512 esuberi nella NXP Semiconductors Netherlands operante nel settore elettronico nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven; considerando che le domande di assistenza presentate soddisfano le condizioni di ammissibilità stabilite dal regolamento FEG, il Parlamento chiede alle istituzioni interessate di compiere gli sforzi necessari per accelerare la mobilitazione del FEG; ricorda l'impegno delle istituzioni volto a garantire una procedura agevole e rapida per l'adozione delle decisioni relative alla mobilitazione del FEG, apportando un aiuto specifico, una tantum e limitato nel tempo ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione e della crisi finanziaria ed economica e sottolinea il ruolo che il FEG può svolgere ai fini del reinserimento dei lavoratori in esubero nel mercato del lavoro.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a seguito alla domanda presentata dalla NXP Semiconductors nei Paesi Bassi.

Il 26 marzo 2010, i Paesi Bassi hanno richiesto assistenza finanziaria attraverso il FEG per 512 dei 590 lavoratori in esubero alla NXP Semiconductors, operante nel settore elettronico nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven. Gli esuberi si compongono in totale di 425 uomini e 87 donne, tra cui sette lavoratori affetti da gravi problemi di salute o disabilità (1,3 per cento). I Paesi Bassi sottolineano le gravi ripercussioni degli esuberi: la NXP Semiconductors, infatti, è il principale datore di lavoro della zona nel settore industriale e occupa numerosi lavoratori con basse qualifiche impiegati presso la società ormai da decenni. La mancanza nella regione di alternative occupazionali presso imprese simili rappresenterà una grave difficoltà per i lavoratori specializzati nella produzione di semiconduttori.

La mobilitazione del FEG è importante, soprattutto, per il reinserimento degli esuberi nel mercato del lavoro. Vorrei, comunque, attirare l’attenzione della Commissione e degli Stati membri sulla necessità di definire una politica industriale europea che sia sostenibile e crei nuovi posti di lavoro.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) L’ambito di applicazione del FEG è stato ampliato e a partire dal 1° maggio 2009 è possibile chiedere un sostegno per i lavoratori licenziati a causa della crisi economica e finanziaria mondiale. Nelle regioni NUTS II di Gelderland ed Eindhoven, nei Paesi Bassi, gli esuberi presso la NXP Semiconductors Netherlands sono 512. A sostegno di tali lavoratori è stato mobilitato un importo di 1 809 434 euro.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0271/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della presente relazione che approva la mobilitazione di 2,4 milioni di euro del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per il Portogallo, a beneficio degli esuberi della Qimonda. La decisione è stata presa a seguito della domanda di mobilitazione del FEG presentata dal Portogallo nel dicembre 2009. Il FEG fornisce un sostegno supplementare ai lavoratori che risentono delle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali. Il pacchetto di aiuti del FEG mira a tutelare gli 839 lavoratori licenziati per esubero dalla Qimonda Portugal tra l’8 giugno e l’8 ottobre dell’anno scorso. L’importo mobilitato finanzierà le seguenti misure: riconoscimento delle competenze, formazione professionale, formazione e assistenza volti alla creazione di posti di lavoro, assistenza per l’autopromozione e incentivi all’assunzione e all’esperienza da maturarsi sul posto di lavoro. Ritengo, dunque, fondamentale fare quanto in nostro potere per accelerare la mobilitazione del FEG, tenendo ben presente l’impegno assunto dalle istituzioni europee di assicurare un processo rapido e semplice nell’approvazione di tali decisioni.

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della presente risoluzione sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per un importo pari a 2 405 671 euro, destinati al Portogallo per gli 839 esuberi alla Qimonda Portugal S.A. nel periodo dall’8 giugno all’8 ottobre dell’anno scorso. I fondi mirano ad assistere i lavoratori licenziati dalla Qimonda attraverso il riconoscimento delle qualifiche, la formazione professionale, la formazione e l’assistenza nell’avviamento di nuove imprese, l’assistenza nell’autocollocamento e gli incentivi all’assunzione e all’esperienza pratica da maturarsi sul posto di lavoro. Il Portogallo presenta domanda di mobilitazione del FEG per la regione del Nord per la seconda volta, dopo che nel 2009 erano stati mobilitati 832 800 euro per gli esuberi nel settore tessile. Mi rammarico, infine, che il governo portoghese non abbia imparato a sfruttare al meglio il potenziale del Fondo: se gli ex dipendenti dell’impresa olandese NXP Semiconductors riceveranno 3 534 euro pro capite e quelli dell’impresa danese Nordjylland 7 908 euro, gli ex dipendenti della Qimonda percepiranno dal fondo solo 2 867 euro pro capite.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Considerando che il Portogallo ha richiesto assistenza in relazione a 839 esuberi nella multinazionale Qimonda AG operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto convengo con la proposta della Commissione così come modificata dagli emendamenti introdotti dal Parlamento. Convengo, inoltre, che il funzionamento e il valore aggiunto del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell'ambito della revisione di metà periodo del Quadro finanziario pluriennale 2007-2013.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Il FEG è un importante fondo strutturale dell’Unione europea che ci consente di aiutare i lavoratori licenziati a causa dei cambiamenti avvenuti a livello globale. Se vogliamo che il Fondo raggiunga gli obiettivi per cui è stato creato, è fondamentale mobilitarlo ove necessario, in modo tempestivo ed efficace. Per le ragioni illustrate, sostengo le conclusioni cui giunge la relatrice e ho, quindi, deciso di votare a favore della relazione.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Quale diretta conseguenza della chiusura della Qimonda a Vila do Conde, altre 1 000 persone sono andate ad aggiungersi alla schiera di disoccupati nella regione portoghese del Nord. La regione, infatti, aveva già il tasso di disoccupazione più elevato nel paese: tra gennaio e ottobre 2009, in media si sono recati presso gli uffici di collocamento della regione 22 000 disoccupati al mese. A seguito dei licenziamenti nell’impresa Qimonda Portugal SA, il 17 dicembre 2009 il Portogallo ha richiesto assistenza per gli 839 esuberi.

Alla luce della valutazione condotta, la Commissione è giunta alla conclusione che la domanda soddisfa tutte le condizioni necessarie. La Commissione ha, quindi, presentato la presente proposta di decisione per mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione al fine di agevolare il reintegro dei lavoratori licenziati a causa della crisi economica e finanziaria mondiale.

Sostengo la decisione che mobilita 2 405 671 euro del bilancio generale dell’UE per il 2010 al fine di prestare l’assistenza finanziaria richiesta dal Portogallo. Ricordo, inoltre, che il processo di approvazione della decisione deve concludersi rapidamente.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), un’iniziativa lanciata nel 2005 dal Presidente della Commissione Barroso, facendo seguito alla comunicazione della Commissione dal titolo “I valori europei nel mondo globalizzato”, ha assunto ora un nuovo formato che lo rende più trasparente e ne amplia gli obiettivi, includendo le conseguenze della crisi attuale e provando ad accorciare i tempi di attesa per ottenere i fondi, cosa che auspico possa realizzarsi in questo caso.

Sebbene io abbia votato a favore della presente proposta, mi rammarico che, ancora una volta, il governo portoghese non abbia saputo sfruttare al meglio il Fondo, così come hanno fatto altri paesi e come chiaramente dimostra un confronto dall’importo pro capite richiesto al FEG nelle diverse domande.

Quest’oggi, per esempio, abbiamo votato altre domande di assistenza attraverso il FEG che ci hanno mostrato quanto segue: se gli ex dipendenti dell’impresa olandese NXP Semiconductors riceveranno 3 534 euro pro capite e quelli dell’impresa danese Nordjylland 7 908 euro, gli ex dipendenti portoghesi della Qimonda percepiranno un’assistenza pari a soli 2 867 euro pro capite. Le risorse erogate sono destinate al finanziamento di misure quali il riconoscimento delle qualifiche, la formazione professionale, la formazione e l’assistenza nell’avviamento di nuove imprese, l’assistenza nell’autocollocamento e gli incentivi all’assunzione e all’esperienza pratica da maturarsi sul posto di lavoro.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della presente relazione in quanto ritengo che la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per il Portogallo sia fondamentale per aiutare i lavoratori in esubero presso la Qimonda. Indubbiamente, i 2,4 milioni di euro mobilitati non saranno sufficienti per far fronte all’impatto negativo dei licenziamenti, ma rappresenteranno comunque un aiuto considerevole. La mobilitazione deve essere semplice e rapida e promuovere programmi di formazione che contribuiscano in modo efficace al reintegro degli interessati sul mercato del lavoro.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’impresa portoghese Qimonda, parte di un gruppo tedesco leader a livello mondiale, era considerata, in Portogallo, un esempio di successo e un’azienda all’avanguardia nel suo settore. La Qimonda era il principale esportatore portoghese e, prima di far parlare di sé per le difficoltà che l’hanno poi portata al fallimento, stava pianificando investimenti nelle nuove tecnologie, assicurandosi anche un finanziamento pubblico per la produzione di celle solari. I suoi dipendenti erano altamente qualificati e produttivi, nulla faceva presagire che l’impresa potesse cessare di generare profitto in così poco tempo. Nel 2008, l’impresa aveva addirittura carezzato l’idea di avviare altri tre impianti in Portogallo, tutti in prossimità di Vila do Conde. Il Nord, dove aveva sede la Qimonda, è una regione tradizionalmente industriale che è stata severamente colpita dalla chiusura delle sue aziende e dalla disoccupazione. La capacità della Qimonda di attrarre nella regione lavoratori qualificati, così necessari, è ora compromessa.

Spero che la mobilitazione del Fondo possa offrire assistenza sufficiente ai dipendenti della Qimonda e che questi ultimi possano reinserirsi appieno nel mercato del lavoro. In quest’occasione, vorrei anche esprimere la mia solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La chiusura della Qimonda a Vila do Conde non ha fatto altro che esacerbare l’alto tasso di disoccupazione nel Portogallo settentrionale. Nel caso oggetto della discussione odierna, sono 900 i lavoratori in esubero, la maggior parte dei quali ha un livello di istruzione minimo: il 36,6 per cento si è fermato alla scuola dell’obbligo e solo il 10,7 per cento ha frequentato l’università. Vale la pena, quindi, di sottolineare l’importanza del piano di assistenza varato per gli 839 esuberi nel mitigare l’impatto della grave crisi economica, finanziaria e sociale che sta attanagliando la regione. Vorrei, inoltre, mettere in evidenza l’importanza di misure quali la certificazione delle qualifiche, la formazione professionale, gli incentivi alla creazione di posti di lavoro e la possibilità di maturare altre esperienze sul posto di lavoro. D’altro canto, mi rammarico che, in due anni, questa sia solo la seconda domanda presentata dal Portogallo per mobilitare il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione al fine di offrire assistenza diretta ai lavoratori della regione del Nord. Di fronte a schiere di disoccupati e allo stato precario delle finanze pubbliche in Portogallo, nonché alla recessione economica prevista per il 2011 a seguito delle misure di austerità adottate di recente, il governo ha il dovere e l’obbligo di agire in modo più competente per ottenere i fondi destinati ad aiutare concretamente i lavoratori rimasti disoccupati.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) A seguito della domanda presentata dal governo portoghese il 17 dicembre 2009, il Parlamento ha approvato la mobilitazione di 2,4 milioni di euro attraverso il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), destinati ad aiutare gli esuberi alla Qimonda. Il piano prevede, in totale, la mobilitazione di 2 405 672 di euro a beneficio degli 839 lavoratori licenziati per esubero dalla Qimonda Portugal S.A. nel periodo dall’8 giugno all’8 ottobre dell’anno scorso. Il pacchetto, si stima, costerà in totale 3,7 milioni di euro, di cui 2,4 milioni, ovvero il 65 per cento del costo totale, sono stati richiesti al FEG.

Purtroppo, la Commissione e il Consiglio non sono voluti intervenire quando ancora si sarebbe potuto salvare l’impresa ed evitare, così, i licenziamenti presso questa multinazionale con sede in Germania. Solo ora, quando ormai è troppo tardi, i disoccupati ricevono questa magra consolazione.

La presente domanda, la sedicesima esaminata per il bilancio 2010, comprende le seguenti misure: certificazione delle competenze, formazione professionale, formazione e assistenza volti alla creazione di posti di lavoro, assistenza per l’autopromozione e incentivi all’assunzione e all’esperienza da maturarsi sul posto di lavoro.

Il Nord, la regione degli esuberi, aveva già beneficiato dell’assistenza del FEG dopo l’approvazione di un’altra domanda presentata nel 2009, relativa, questa volta, al settore tessile, che aveva portato alla mobilitazione di 832 000 euro.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore del Portogallo perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica.

Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro. La votazione odierna riguardava una richiesta di sostegno per 839 lavoratori della Qimonda Portugal S.A. operante nel settore dell'elettronica per un importo finanziato dal FEG di 2.405.671 euro.

Concludo accogliendo con favore l'approvazione della relazione, che dimostra come il FEG sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Ho votato a favore della presente relazione sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per lo specifico caso degli 839 esuberi nella Qimonda AG operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord. Il FEG fornisce un sostegno supplementare ai lavoratori che risentono delle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali e per agevolare il loro reinserimento nel mercato del lavoro. Il Portogallo ha richiesto assistenza attraverso il FEG per gli esuberi nel settore automobilistico, conformemente al regolamento che istituisce il Fondo. Ora, dobbiamo assicurare che il FEG aiuti i lavoratori licenziati per esubero a reintegrarsi sul mercato del lavoro, senza tuttavia sostituirsi alle azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né alle misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto.(PT) Considerando che il Portogallo ha richiesto assistenza in relazione a 839 esuberi nella multinazionale Qimonda AG operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto convengo con la proposta della Commissione così come modificata dagli emendamenti introdotti dal Parlamento.

I seguenti elementi sono particolarmente pertinenti e vorrei, quindi, metterli in luce: (1) il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostiene il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori in esubero, senza con ciò sollevare le imprese dalle loro responsabilità; (2) nel quadro della mobilitazione del FEG, la Commissione ha proposto una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi FSE non utilizzati, così come richiesto dal Parlamento; (3) il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere valutati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell'ambito della revisione di metà periodo del Quadro finanziario pluriennale 2007-2013; (4) la proposta della Commissione illustra nella relazione informazioni sulla domanda, analizza i criteri di ammissibilità e spiega le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, anche in questo caso in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Miguel Portas (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Naturalmente, voto a favore della decisione finanziaria sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) per i lavoratori in esubero presso la Qimonda in Portogallo.

In questa occasione, è importante ricordare che la decisione è presa tardivamente e che i fondi arriveranno in Portogallo ancora più tardi, non prima di fine novembre o inizio dicembre. Non necessariamente le cose dovevano andare così, né avrebbero dovuto farlo. Il FEG può e deve essere semplificato affinché le vittime dei licenziamenti di massa non debbano attendere 17 mesi per ottenere un’assistenza ritenuta urgente, come invece accaduto nel presente caso.

Se l’Europa continua a essere tanto buona con i capitali finanziari, non può continuare a essere tanto dura con le vittime della crisi.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Considerando che il Portogallo ha richiesto assistenza in relazione a 839 esuberi nella multinazionale Qimonda AG operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord, ho votato a favore della presente risoluzione in quanto convengo con la proposta della Commissione così come modificata dagli emendamenti introdotti dal Parlamento. Convengo, inoltre, che la proposta della Commissione debba contenere, nella nota esplicativa, informazioni chiare e particolareggiate sulla domanda, analizzando i criteri di ammissibilità e spiegando le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Il Portogallo ha richiesto assistenza in relazione a 839 esuberi nella multinazionale Qimonda AG operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord. La domanda di assistenza presentata soddisfa le condizioni di ammissibilità stabilite dal regolamento FEG. Il Parlamento ha votato a favore di un invito alle istituzioni interessate affinché compiano gli sforzi necessari per accelerare la mobilitazione del FEG. Il Parlamento, inoltre, ricorda l'impegno delle istituzioni volto a garantire una procedura agevole e rapida per l'adozione delle decisioni relative alla mobilitazione del FEG, apportando un aiuto specifico, una tantum e limitato nel tempo ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione e della crisi finanziaria ed economica. Il Parlamento sottolinea il ruolo che il FEG può svolgere ai fini del reinserimento dei lavoratori in esubero nel mercato del lavoro.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) è uno strumento legislativo e di bilancio istituito dall’Unione europea per fornire sostegno supplementare ai lavoratori che risentono delle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali. Considerando che il Portogallo ha richiesto assistenza in relazione a 839 esuberi nella multinazionale Qimonda AG operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord, accolgo con favore l’approvazione della presente relazione da parte del Parlamento. Auspico che l’assistenza sia fornita nel modo più dinamico ed efficace possibile, attraverso un processo semplice e rapido, affinché i lavoratori licenziati per esubero a causa della globalizzazione e della crisi economica e finanziaria possano essere reintegrati sul mercato del lavoro.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) A causa della crisi economica e finanziaria mondiale, nella multinazionale Qimonda S.A., operante nel settore elettronico nella regione NUTS II del Nord, sono stati licenziati per esubero 839 lavoratori. I 2 405 671 euro mobilitati attraverso il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione finanzieranno un pacchetto coordinato di servizi personalizzati, completati dalle misure adottate a livello nazionale e dall’azienda.

 
  
  

Relazione Matera (A7-0272/2010)

 
  
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  Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto. (ES) Appoggio lo stanziamento di 2 752 935 di euro in aiuti dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per la Catalogna come sostegno aggiuntivo per i 1 429 lavoratori licenziati da 23 imprese produttrici di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi a causa dei cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali, registrati nel periodo di nove mesi tra il 23 febbraio e il 22 novembre 2009.

Gli aiuti in oggetto devono servire a sostenere il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori licenziati, il 25 per cento dei quali non possiede un’istruzione di base o non ha completato gli studi mentre il 40 per cento dei casi hanno soltanto un’istruzione di base. Circa il 75 per cento dei lavoratori in questione è rappresentato da uomini e il 25 per cento di loro ha oltre 55 anni di età. Gli aiuti in oggetto non dovranno sostituire le azioni che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori. Come si afferma nella relazione della commissione per i bilanci, sarà necessario chiarire perché il 23 per cento dei lavoratori non sia incluso nell’elaborazione di profili e sapere quali misure saranno offerte in particolare a questi lavoratori.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) La Spagna ha presentato domanda di assistenza in relazione a 1 429 esuberi in 23 imprese operanti nel settore 29 NACE Rev. 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II della Catalogna. Ho votato a favore della risoluzione perché concordo con la proposta della Commissione e con le relative modifiche presentate dal Parlamento. Concordo, inoltre, sulla necessità di garantire che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostenga il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori licenziati e ribadisco che i sussidi stanziati dal FEG non dovranno sostituire le misure che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né dovranno finanziare la ristrutturazione di imprese o di settori.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Lo stanziamento di contributi finanziari ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione va valutato caso per caso e deve avere come obiettivo il loro reinserimento nel mercato del lavoro. È, pertanto, importante sottolineare che tali aiuti non sostituiscono le azioni che sono di competenza delle imprese e che non sono finalizzati al finanziamento della ristrutturazione delle imprese. In tale prospettiva, la dichiarazione comune del trilogo istituzionale evidenzia l’importanza di garantire procedure quanto più possibile semplici e veloci nell’adozione delle decisioni concernenti la mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Considerando che la Spagna ha richiesto assistenza per 1 429 lavoratori in esubero in 23 imprese operanti nella regione della Catalogna, voto a favore della relazione in esame.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sulla mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione: Cataluña automoción/Spagna perché renderà possibile lo stanziamento di ulteriori aiuti a favore dei lavoratori catalani colpiti dalle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali dell’economia mondiale e agevolerà il loro reinserimento nel mercato del lavoro.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Quando penso alla crisi che ha colpito questo settore, ricordo l’ex Primo ministro spagnolo, José María Aznar, quando raccontava dello stupore dell’ex Presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, nell’apprendere che in testa alle esportazioni spagnole non erano i prodotti agricoli, bensì le automobili. Questo episodio testimoniava che i vecchi stereotipi sulle economie dell’Europa sud-occidentale stavano scomparendo.

Purtroppo, gli sforzi per modernizzare l’industria spagnola, compiuti in particolare dal governo del partito popolare, hanno subito una battuta d’arresto a causa della crisi globale. Il crollo della domanda nel settore automobilistico in Europa è particolarmente grave e la produzione del secondo trimestre del 2009 è diminuita di quasi il 40 per cento, mettendo a repentaglio sempre più posti di lavoro, non solo in Spagna, ma in tutta l’Unione europea.

Osservo con apprensione queste difficoltà e mi auguro che l’economia spagnola riesca a rispondere in modo adeguato alla crisi, considerando il Fondo come solamente una parte della risposta.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Il piano di aiuti presentato per i 1 429 esuberi in 23 imprese produttrici di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi nella regione della Catalogna costituisce un’urgenza al fine di permettere lo sviluppo tecnico e professionale di molti europei che sono stati colpiti direttamente dall’attuale crisi finanziaria ed economica. Circa il 25 per cento dei lavoratori interessati dal piano in oggetto non possiede un’istruzione di base o non ha completato gli studi e oltre il 40 per cento ha soltanto un’istruzione di base. Il basso livello di istruzione e di formazione dei lavoratori nei settori principali della produzione europea costituisce un grave problema nell’ottica degli obiettivi della strategia Europa 2020. Se vogliamo promuovere una crescita sostenibile, rapida e inclusiva, dobbiamo avere una strategia che garantisca migliore efficienza e redditività delle risorse disponibili per gli Stati membri e per il pubblico europeo, come, ad esempio, quelle del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Nel caso del FEG, solo poco più del 10 per cento dei 500 milioni di euro stanziati nel bilancio è stato utilizzato quest’anno è questo è assurdo considerate la gravità della disoccupazione in Europa e le difficoltà sempre maggiori per trovare un altro posto di lavoro.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della Spagna perché ritengo tale strumento una valida risorsa di sostegno ai lavoratori in difficoltà a causa della crisi economica.

Il Fondo è stato creato nel 2006 per fornire un concreto supporto ai lavoratori licenziati per cause legate alla delocalizzazione delle relative aziende o, a seguito della deroga introdotta nel 2009, anche a causa della crisi economica, al fine di provvedere al loro reinserimento nel mercato del lavoro. La relazione votata oggi riguardava una domanda di finanziamento presentata dalla Spagna in relazione a 1429 lavoratori di 23 diverse imprese operanti nel settore automobilistico, per un importo di 2.752.935 euro.

Infine mi preme sottolineare che l'odierna votazione delle 4 relazioni, relativa ad una mobilitazione del FEG per un finanziamento totale di circa 14 milioni di euro, dimostra come il Fondo sia una risorsa utile ed efficace nella lotta alla disoccupazione come conseguenza della globalizzazione e della crisi economica.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Ho appoggiato la relazione sull’utilizzo del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) a favore della comunità autonoma della Catalogna e, in particolare, a favore dei 1 429 esuberi in 23 imprese operanti nel settore 29 NACE Rev. 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II della Catalogna. Il FEG fornisce un sostegno supplementare ai lavoratori licenziati che risentono delle conseguenze dei grandi cambiamenti strutturali nei flussi commerciali mondiali e li assiste nel reinserimento nel mercato del lavoro. La domanda presentata dalla Spagna per i fondi FEG a favore dei lavoratori in esubero nel settore automobilistico rispetta le regole del Fondo. Dobbiamo ora assicurarci che il FEG sostenga quanti hanno perso il posto di lavoro e li reinserisca nel mercato del lavoro, anche se le sovvenzioni stanziate dal FEG non dovranno sostituire le misure che sono di competenza delle imprese in forza della legislazione nazionale o dei contratti collettivi, né le misure relative alla ristrutturazione di imprese o settori.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto.(PT) La Spagna ha presentato domanda di assistenza in relazione a 1 429 esuberi in 23 imprese operanti nel settore 29 NACE Rev. 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II della Catalogna. Ho votato a favore della risoluzione perché concordo con la proposta della Commissione e con le relative modifiche presentate dal Parlamento.

Sottolineo i punti seguenti, che ritengo particolarmente importanti: (1) il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) sostiene il reinserimento dei lavoratori in esubero sul mercato del lavoro, senza esimere le imprese dalle azioni di loro competenza (2) nel quadro della mobilizzazione del FEG, la Commissione ha proposto una fonte alternativa di stanziamenti di pagamento rispetto ai fondi non utilizzati del Fondo sociale europeo (FSE), come suggerito dal Parlamento; (3) il funzionamento e il valore aggiunto del FEG dovrebbero essere giudicati nel contesto della valutazione generale dei programmi e degli altri strumenti creati dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, nell’ambito della revisione di metà periodo del quadro finanziario pluriennale 2007-2013 (QFP); (4) la proposta della Commissione illustra nella relazione informazioni sulla domanda, analizza i criteri di ammissibilità e spiega le ragioni che hanno condotto alla sua approvazione, in linea con quanto richiesto dal Parlamento.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La Spagna ha richiesto assistenza in relazione ai 1 429 esuberi in 23 imprese operanti nel settore 29 NACE Rev. 2 (fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi) nella regione NUTS II della Catalogna. Tale domanda soddisfa i criteri di ammissibilità stabiliti dal regolamento del FEG. Io sono catalano e mi compiaccio quindi che il Parlamento abbia acconsentito a sollecitare le istituzioni interessate affinché compissero gli sforzi necessari per accelerare la mobilizzazione del FEG e a ricordare l’impegno preso dalle istituzioni volto a garantire una procedura agevole e rapida per l’adozione delle decisioni relative alla mobilizzazione del FEG, apportando un aiuto specifico, una tantum e limitato nel tempo ai lavoratori in esubero a causa della globalizzazione e della crisi finanziaria ed economica. Il Parlamento, inoltre, ha evidenziato il ruolo del FEG nel sostenere il reinserimento dei lavoratori in esubero nel mercato del lavoro.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. (RO) Nel gennaio 2010 la Spagna ha presentato domanda di mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) in relazione agli esuberi in 23 imprese produttrici di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi nella regione della Catalogna. Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla mobilizzazione del FEG per fornire sostegno a quanti hanno perso il posto di lavoro. I licenziamenti si sono resi necessari a seguito della crisi economica e finanziaria che ha provocato un crollo senza precedenti nella domanda dei mezzi di trasporto in Spagna e nel mondo.

Tra il febbraio e il novembre del 2009, soltanto nella regione della Catalogna, 2 330 persone hanno perso il posto di lavoro e di queste il 75 per cento è rappresentato da uomini e circa il 25 per cento di loro ha oltre 55 anni di età. Sono convinto sia opportuno che i lavoratori in esubero ricevano sostegno finanziario e formazione affinché possano garantirsi un nuovo posto di lavoro per un periodo il più lungo possibile.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) La mobilizzazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione sosterrà 1 429 lavoratori nel settore della produzione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi nella regione spagnola della Catalogna. La Commissione ha proposto, per questo particolare caso, la mobilitazionedel Fondo per un importo di 2 752 935 euro per sostenere il reinserimento nel mercato del lavoro degli esuberi di 23 imprese, giacché la domanda, che è stata integrata da informazioni aggiuntive ad aprile, soddisfa i requisiti per la concessione di un contributo finanziario del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

 
  
  

Relazioni Matera (A7-0270/2010, A7-0269/2010, A7-0271/2010, A7-0272/2010)

 
  
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  Peter Jahr (PPE), per iscritto. (DE) Sono lieto che il Parlamento europeo oggi abbia deciso di sostenere tante persone che hanno subito gli effetti negativi della globalizzazione. Ora, però, è necessario assegnare i fondi europei con rapidità e senza ostacoli burocratici affinché queste persone possano trovare un nuovo posto di lavoro il prima possibile. Questo contributo così importante e con una visibilità così alta per l’Unione europea dimostrerà in modo chiaro alle persone interessate che l’Unione europea ha la volontà e la capacità di aiutare quanti si trovano in situazioni di emergenza. Dobbiamo, però, anche compiere tutti gli sforzi possibili per dare alla globalizzazione una direzione che abbia un senso. È importante che l’Unione europea promuova condizioni eque per la concorrenza nell’ambito delle relazioni economiche internazionali, in modo da evitare in partenza che determinati settori si trovino in posizione svantaggiata.

 
  
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  Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Mi congratulo per l'ottimo lavoro svolto dalla collega Matera. Oggi ho votato a favore delle quattro richieste di fondi per i lavoratori che hanno perso il lavoro in Spagna, Danimarca, Paesi Bassi e Portogallo. Il FEG è stato creato nel 2006 con un plafond di 500 milioni di euro per promuovere la ricerca di un nuovo lavoro, per finanziare specifici corsi di formazione, per aiutare i lavoratori a iniziare una loro attività imprenditoriale, per "integrazioni temporanee" di reddito nella forma di incentivi alla mobilità, alla ricerca di un nuovo lavoro, per la formazione o per il reintegro nel mercato del lavoro.

Il FEG sta dimostrando un buon grado di flessibilità, fornendo assistenza in casi specifici in numerose regioni europee. Ma dobbiamo fare tutto il necessario affinché venga accelerata la mobilitazione di questo strumento, in particolar modo considerato il suo positivo ruolo nell'affrontare la crisi economica.

 
  
  

Relazione Fraga Estévez (A7-0260/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto.(PT) Accolgo con favore la relazione in esame, che dispone l’attuazione della Convenzione e delle raccomandazioni adottate dalla commissione per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC), consentendo istituisce un regime di controllo e di coercizione applicabile a tutte le navi adibite o destinate ad attività di pesca su risorse ittiche. Alcune delle disposizioni sono state recepite nel diritto dell’Unione europea attraverso i regolamenti e le quote del totale ammissibile di catture annuale (TAC) e dobbiamo sostenere l’opposizione della relatrice a questo metodo, poiché la legislazione si sta facendo confusa, influenzando negativamente la credibilità dell’Unione europea. È necessario dare massima priorità all’attuazione delle misure intraprese dalle organizzazioni regionali per la pesca (ORP) volte a combattere la pesca illegale, affinché il sistema di controllo e di coercizione adottato tramite la Convenzione venga recepito rapidamente nel diritto dell’Unione europea; in questa fase il Parlamento deve essere informato in modo completo e tempestivo di tutti gli stadi del negoziato con le ORP, garantendo la presenza ai negoziati dei suoi osservatori.

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Desidero anzitutto esprimere i miei complimenti alla relatrice. Ho espresso voto favorevole a questo documento perché condivido l'esigenza di trasportare nel diritto dell'Unione europea il regime di controllo e di coercizione adottato dalla convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale. Apprezzo in generale le nuove regolamentazioni, contemplate nel testo appena votato, di controllo delle navi che praticano pesca illegale e non dichiarata.

Condivido, inoltre, il nuovo regime di controllo dello Stato di approdo, che consentirà di chiudere i porti europei agli sbarchi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dallo Stato di bandiera della nave straniera. Pur tuttavia, credo che al momento del recepimento sarà necessario valutare talune soluzioni di compromesso e procedere a eventuali adeguamenti purché considerati fattibili nell'ambito del trattato stesso. Sono, infine, convinto che si possa arrivare a un più rapido ed efficace recepimento, garantendo una costante informazione al Parlamento europeo durante tutte le fasi della procedura di negoziazione, assicurando la partecipazione ai negoziati di osservatori di quest'Aula.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) È fondamentale per l’Unione europea istituire un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Il regolamento proposto dovrebbe integrare misure che stabiliscano le possibilità di pesca e le relative condizioni applicabili nelle acque comunitarie e, per le navi dell’Unione europea, in altre acque dove sono imposti limiti di cattura. È fondamentale che tale regolamento sia conforme agli obiettivi della Politica comune della pesca (PCP) e che contribuisca a uno sviluppo sostenibile.

 
  
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  Lara Comi (PPE), per iscritto. − È metodologicamente corretto rivedere e aggiornare il contenuto delle Convenzioni, come si è fatto in questa occasione. Allo stesso tempo è tuttavia opportuno sollevare dei dubbi sul ruolo del Parlamento in questa revisione. Al di là delle questioni formali, il funzionamento degli apparati collegati alle Istituzioni Europee deve essere sempre monitorato per verificarne efficacia, efficienza, grado di aggiornamento e capacità di rispondere a sfide che potrebbero essersi modificate dal momento della firma del relativo accordo.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione sul regime di controllo e di coercizione applicabile nella zona della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC) poiché introduce un nuovo regime di controllo e di coercizione finalizzato a garantire la conservazione e l’uso equilibrato delle risorse ittiche della zona. In particolare, il regime prevede il controllo delle navi che praticano la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e l’attuazione di un sistema di controllo da parte dello Stato con porti in cui si effettua lo scarico di risorse della pesca.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Considerando l’importanza della pesca in Europa, sia come attività economica che crea posti di lavoro e ricchezza, sia per il suo ruolo nell’alimentazione dei cittadini, dobbiamo sempre valutare con la massima attenzione qualsiasi regolamento che imponga ai pescatori europei maggiori e più onerosi obblighi.

La presente proposta è volta ad aggiornare le norme dell’Unione europea che recepiscono il regime di controllo e di coercizione adottato con la Convenzione NEAFC. Tali misure intendono principalmente promuovere il rispetto delle norme della Convenzione da parte delle navi di parti non contraenti e introdurre un nuovo sistema di controllo dello Stato membri di approdo che consente di chiudere i porti europei agli sbarchi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata.

Inoltre, si stabiliscono nuove misure che comprendono il controllo di navi che praticano attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Ritengo che tali misure vadano accolte con favore in quanto serviranno fondamentalmente a proteggere i pescatori europei dall’introduzione nel mercato comunitario di prodotti ittici non conformi alle normative dell’Unione.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore del documento in esame perché concordo sulla necessità di recepire nel diritto dell’Unione europea il regime di controllo e di coercizione adottato con la Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC). Tra le nuove norme, sottolineo il controllo delle navi per la pesca illegale e non dichiarata, congiuntamente al nuovo sistema di controllo dello Stato di approdo consentirà efficacemente di chiudere i porti europei agli sbarchi e ai trasbordi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dallo Stato di bandiera dei pescherecci battenti la bandiera di una parte contraente diversa dallo Stato di approdo. Nel 2007 e nel 2008 il Parlamento non era rappresentato in seno alla riunione annuale dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO); non posso quindi esimermi dal rilevare che, ai sensi del trattato di Lisbona, il Parlamento dovrebbe essere rappresentato nelle future discussioni concernenti le convenzioni internazionali in materia.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il sistema di controllo proposto comprende disposizioni volte a promuovere il rispetto, da parte delle navi di parti non contraenti, delle misure di conservazione e di esecuzione e, dunque, a garantire il pieno rispetto delle misure di conservazione e di gestione adottate dalla Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC). L’obiettivo, che riscuote il nostro consenso, è di colmare le lacune nel sistema di controllo, in particolare per quanto riguarda le attività di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

La relazione prevede che, all’interno di tale regime, gli Stati membri le cui navi sono autorizzate a pescare nella zona di regolamentazione NEAFC mettano a disposizione mezzi di ispezione adeguati. È importante sottolineare che il controllo delle attività di pesca oggi grava in misura crescente sugli Stati membri, sia con la Politica comune della pesca (PCP) sia nell’ambito delle organizzazioni regionali della pesca.

È quindi opportuno riconsiderare le risorse finanziarie destinate al controllo, in particolare per quanto riguarda i tassi massimi di cofinanziamento previsti dalle misure finanziarie della PCP per l’acquisizione, lo sviluppo e/o l’ammodernamento delle apparecchiature di controllo da parte degli Stati membri. Alla luce di quanto esposto, abbiamo proposto di innalzare il tasso, attualmente del 50 per cento, al 75 per cento, tenendo conto del processo di revisione del regolamento attualmente in corso.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) La Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale, di cui la Comunità e l’Unione europea sono diventate parte contraente, è entrata in vigore nel 1982.

L’obiettivo della Convenzione è garantire la conservazione nel lungo periodo e il massimo utilizzo delle risorse ittiche nell’Atlantico nord-orientale, nell’interesse della società, della sostenibilità e dell’ambiente. È possibile introdurre misure di controllo e di esecuzione per garantire l’attuazione della Convenzione e delle raccomandazioni adottate dalla commissione per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC), che riguardano tutti i pescherecci che praticano attività di pesca su risorse ittiche come definito nella Convenzione.

La proposta è finalizzata all’aggiornamento delle norme dell’Unione. Nel 2006 la NEAFC ha adottato un nuovo regime per migliorare il controllo e l’attuazione delle proprie raccomandazioni. Un’altra modifica riguarda l’introduzione del sistema di controllo dello Stato che consente di chiudere i porti europei agli sbarchi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dallo Stato di bandiera dei pescherecci stranieri. Vi sono poi nuove misure concernenti la regolamentazione delle imbarcazioni che praticano pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signora Presidente, cari colleghi, ho votato a favore della relazione sulla proposta di regolamento che stabilisce un regine di controllo e di coercizione applicabile nella zona della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nordorientale, di cui l'Unione Europea è parte contraente, perché ritengo necessario il recepimento di tale regime nel diritto dell'UE. Nel 2006, la NEAFC ha adottato un nuovo regime volto a migliorare il controllo e l'attuazione delle sue raccomandazioni e, in seguito, sia l'UE che il Parlamento europeo hanno espresso il loro pieno sostegno all'adozione delle stesse. In particolare, sono state fortemente sostenute le nuove disposizioni che prevedono un sistema di controllo da parte dello Stato di approdo, che consente di chiudere i porti europei agli sbarchi e ai trasbordi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dalle autorità dello stesso Stato. Si tratta, infine, di una serie di raccomandazioni che adeguano il regime previgente alle esigenze attuali e, pertanto, credo utile una loro rapida trasposizione.

 
  
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  Marisa Matias (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata è fondamentale per preservare la sostenibilità delle risorse ittiche e per garantire più uguaglianza nella distribuzione della ricchezza. L’esistenza stessa della comunità dei pescatori dipende da questi presupposti.

Il controllo di tutte le navi adibite o destinate alla pesca nelle zone indicate dalla Convenzione, congiuntamente alle misure di esecuzione, è estremamente importante in questo contesto. La relazione in esame muove in questa direzione e dobbiamo tutti impegnarci e sviluppare ulteriormente questo impegno. Prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata deve essere una priorità della Politica comune della pesca.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Il Parlamento europeo ha sottolineato in diverse occasioni la necessità di dare priorità assoluta alle misure applicate dalle organizzazioni regionali per la pesca (ORP) e volte a combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Secondo la relatrice, il regime di controllo e coercizione adottato dalla commissione per la pesca nell’Atlantico nord-orientale (NEAFC) deve essere recepito in tempi rapidi dal diritto dell’Unione europea. Il regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (regolamento INN) è entrato in vigore il 1° gennaio 2010. Tale regolamento, relativo alle autorizzazioni delle attività di pesca per i pescherecci dell'Unione europea al di fuori delle acque dell'Unione e all'accesso delle navi di paesi terzi alle acque comunitarie, istituisce l’obbligo di autorizzazione per i pescherecci europei per praticare attività di pesca al di fuori delle acque dell’Unione europea. Ho pertanto votato a favore della relazione Fraga perché ritengo sia necessario controllare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

 
  
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  Alexander Mirsky (S&D) , per iscritto. (LV) La cooperazione per la pesca nell’Atlantico nord-orientale significa principalmente quote eque per tutti i partecipanti al processo. La base giuridica che si sta introducendo e che si applicherà a tutti i partecipanti deve fondarsi sulla logica: nessuno deve avere il diritto esclusivo di sfruttare le risorse ittiche dell’Atlantico. Ho votato a favore del testo nella speranza che il diritto garantisca le stesse opportunità e gli stessi doveri per tutte le violazioni riguardanti la cattura di pesce, senza preferenze, come spesso accade quando la normativa è ideata per assecondare gli interessi dei grandi paesi dell’Unione europea.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’aumento dei redditi e il miglioramento delle infrastrutture determinano un maggior consumo di pesce anche nei paesi in via di sviluppo. Le quantità di pescato aumentano già di anno in anno e continueranno a crescere; alcune ricerche hanno mostrato che l’aumento degli stock ittici negli oceani e nelle acque interne è principalmente dovuto all’acquacoltura. Si fa sempre maggiore uso di grandi flotte per catturare pesce da stock che diventano di contro sempre più esigui. È importante introdurre un regime di controllo e coercizione al fine di limitare uno sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche. Destano preoccupazione anche le segnalazioni dei pescatori, costretti in mare aperto come prigionieri e obbligati a lavorare fino allo sfinimento in condizioni simili alla schiavitù, in cambio di retribuzioni estremamente basse. Il controllo è fondamentale se vogliamo che le generazioni future conoscano il sapore del pesce. Per tutti questi motivi, è opportuno pensare a una nuova nazionalizzazione, anche parziale, della Politica della pesca, affinché sia possibile una gestione d’insieme dei problemi regionali. Queste sono le motivazioni del mio voto.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. (PL) La relazione fa riferimento alla Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell’Atlantico nord-orientale, entrata in vigore il 17 marzo 1982. La commissione per la pesca nell’Atlantico nord-orientale (NEAFC) è stata istituita per garantire il rispetto delle raccomandazioni previste nella Convenzione.

La relazione sottolinea l’importanza di adottare le misure necessarie a garantire il controllo e la coercizione delle disposizioni applicabili a tutte le navi adibite o destinate all'esercizio di attività di pesca su risorse ittiche nelle zone della Convenzione. La questione fondamentale riguarda l’attuazione delle misure prese in quest’ambito dalle organizzazioni regionali per la pesca (ORP) e volte a combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Risulta, pertanto, prioritario modificare il regime di controllo e di coercizione adottato dalla NEAFC, che andrebbe trasposto quanto prima nel diritto dell’Unione europea.

La relatrice evidenzia anche l’importanza dell’obbligo per i pescherecci europei di ottenere un’autorizzazione per pescare al di fuori delle acque dell’Unione europea. La relazione in esame ci permetterà di colmare le lacune del diritto attualmente in vigore relative alle disposizioni legislative sulle flotte dell’Unione europea, aumentando la credibilità dell’Unione e contribuendo alla lotta alla pesca illegale.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’istituzione di un regime di controllo e di coercizione applicabile alla zona della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC) è di fondamentale importanza in vista degli aggiornamenti alle norme dell’Unione che recepiscono il regime di controllo e di coercizione adottato dalla NEAFC.

Come in altri casi in cui le raccomandazioni delle organizzazioni regionali per la pesca (ORP) sono state recepite nella relativa normativa comunitaria, anche in questa occasione si cerca di introdurre controlli più severi per combattere la pesca illegale, colmare le possibili lacune e difendere i principi che sono alla base della Politica comune della pesca (PCP) per una pesca sostenibile nelle acque europee ed extra-europee.

A mio parere, il testo concordato e votato oggi sostiene le prerogative del Parlamento come previsto dalla procedura legislativa ordinaria e comprende le modifiche necessarie come disposto agli articoli 290, lettera E e 291 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Per tutti i motivi esposti, voterò a favore della proposta in esame.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC), di cui l’Unione europea è parte contraente, è stata approvata con la decisione 81/608/CEE del Consiglio ed è entrata in vigore il 17 marzo 1982. È possibile adottare misure di controllo e di coercizione al fine di garantirne l’attuazione assieme alle raccomandazioni adottate dalla commissione per la pesca nell'Atlantico nord-orientale (NEAFC). Tali misure sono applicabili a tutte le navi adibite o destinate all'esercizio di attività di pesca su risorse ittiche nelle zone definite dalla Convenzione.

La presente proposta è volta ad aggiornare le norme dell’Unione che recepiscono il regime di controllo e di coercizione adottato dalla NEAFC. Al fine di consentire l'applicazione del nuovo regime adottato dalla NEAFC, la presente proposta prevede l'abrogazione del regolamento (CE) n. 2791/1999 del Consiglio, del 16 dicembre 1999, che ha dato attuazione al primo regime adottato dalla NEAFC nel 1998.

 
  
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  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Siamo favorevoli a questo testo perché, nonostante l'Europa abbia limitato o addirittura vietato la pesca a diverse specie di pesce, vi è una forte presenza di pescherecci illegali che non solo pescano pesce protetto ma addirittura non rispettano neppure le direttive comunitarie sulla tutela dei lavoratori.

Approvando questo testo, le nuove raccomandazioni entrate in vigore tra il 2007-2010 diventano legge e la loro trasposizione diventa uno strumento importante sia per la lotta alla pesca illegale sia per evitare alle flotte dell'Unione vuoti giuridici. Positiva è anche l'introduzione di un nuovo regime di controllo che consente di chiudere i porti europei agli sbarchi di pesce congelato di dubbia provenienza o illegale.

 
  
  

Raccomandazione Wałęsa (A7-0262/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Considerata l’importanza della Convenzione in oggetto nel contribuire, attraverso la consultazione e la cooperazione, all’uso ottimale e alla gestione e conservazione razionali delle risorse della pesca nell'Atlantico nord-occidentale, nonché alla promozione di idee per la collaborazione internazionale al fine di migliorare la gestione sostenibile delle risorse marine in alto mare basata sulla ricerca scientifica, gli emendamenti presentati sono fondamentali, poiché rivedono la Convenzione per adeguarla alle altre convenzioni regionali e agli strumenti internazionali e vi includono concetti moderni di gestione della pesca. Tra le misure positive, le principali sono la semplificazione della struttura della Convenzione, l’ammodernamento della determinazione dei contributi al bilancio per le parti contraenti secondo il principio “chi usa paga”, una nuova definizione degli obblighi e una revisione del processo decisionale e di composizione delle controversie. Tali miglioramenti costituiscono un mezzo fondamentale per promuovere la Politica comune della pesca (PCP) nel futuro.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della raccomandazione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa all'approvazione, a nome dell'Unione europea, della modifica della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale perché tali modifiche contribuiscono positivamente alla riformulazione della struttura interna e alla ridistribuzione dei poteri all’interno dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale.

Ritengo, tuttavia, che, in conformità con il trattato di Lisbona, il Parlamento europeo debba essere rappresentato in seno alle future discussioni sulle convenzioni internazionali.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Considerando l’importanza della pesca in Europa, sia come attività economica che crea posti di lavoro e ricchezza, sia per il suo ruolo nell’alimentazione dei cittadini, dobbiamo sempre valutare con la massima attenzione qualsiasi regolamento che imponga ai pescatori europei maggiori e più onerosi obblighi. In questo caso, però, abbiamo proposto modifiche che aumentano le opportunità di pesca per l’Unione europea nell’ambito della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale, che dobbiamo accogliere con favore. Ho quindi espresso voto favorevole.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore del documento in esame perché concordo sulla necessità di recepire nel diritto dell’Unione europea il regime di controllo e di coercizione adottato dalla Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale. Tra le nuove norme, evidenzio il controllo dei pescherecci per la pesca illegale e non dichiarata e il regime di controllo dello Stato di approdo, che consente di chiudere i porti europei agil sbarchi e ai trasbordi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dallo Stato di bandiera dei pescherecci battenti la bandiera di un’altra parte contraente. Nel 2007 e nel 2008 il Parlamento non era rappresentato in seno alla riunione annuale dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO); non posso esimermi dal rilevare che, ai sensi del trattato di Lisbona, il Parlamento dovrebbe essere rappresentato nelle future discussioni concernenti le convenzioni internazionali in merito.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L’obiettivo prioritario dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO) è di contribuire alla gestione sostenibile e alla conservazione delle risorse marine nella zona della Convenzione NAFO, basandosi sulla cooperazione tra Stati.

Sosteniamo e apprezziamo, in tale ambito, il principio della cooperazione e della collaborazione internazionale fondata su solide basi scientifiche. Riteniamo si debba appoggiare la modifica alla Convenzione adottata nel 2007 e nel 2008, che è in linea con tali obiettivi, al fine di renderla più conforme ad altre convenzioni regionali e ad altri strumenti internazionali e di includervi i moderni concetti di gestione della pesca.

Non possiamo, tuttavia, esimerci dall’evidenziare il deplorevole ritardo nel consultare il Parlamento in merito. La proposta di recepimento nel diritto europeo della Commissione risale infatti all’8 marzo 2010; sono trascorsi, dunque, oltre 2 anni prima che il documento fosse redatto e il Parlamento potesse valutarlo.

Nel futuro, un coinvolgimento e una partecipazione più tempestive potrebbero essere indispensabili e dovranno accompagnare il processo dei negoziati stessi.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) La Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale è stata firmata il 24 ottobre 1978 a Ottawa ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1979.

L’obiettivo prioritario dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO) da allora è, attraverso la cooperazione e la consultazione, di raggiungere il massimo utilizzo delle risorse ittiche nelle zone di riserva marina, conservare e gestire tali risorse in modo adeguato e promuovere nuove idee per dare impulso alla cooperazione internazionale al fine di migliorare la gestione sostenibile delle risorse marine in alto mare.

Alle riunioni annuali della NAFO nel 2007 e nel 2008, le parti contraenti hanno adottato la “modifica della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale”, che apporta cambiamenti rilevanti alla Convenzione, al fine di renderla più conforme alle altre convenzioni regionali e agli altri strumenti internazionali e di includervi i moderni concetti di gestione della pesca. Tale modifica migliora considerevolmente l’efficacia della struttura dell’Organizzazione.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) La Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale è stata firmata ad Ottawa il 24 ottobre 1978 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1979 a seguito del deposito degli strumenti di ratificazione, accettazione e approvazione da parte di sette firmatari presso il governo canadese. L’obiettivo prioritario dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO) è di contribuire, attraverso la cooperazione e la consultazione, all’uso ottimale e alla gestione e conservazione razionali delle risorse della pesca nell’area di applicazione della Convenzione NAFO, nonché alla promozione di idee per la collaborazione internazionale al fine di migliorare la gestione sostenibile delle risorse marine in alto mare basata su principi scientifici. Le parti contraenti della Convenzione hanno adottato la “modifica della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale” in occasione delle riunioni annuali della NAFO del 2007 (versione inglese) e del 2008 (versione francese). La modifica comporta una revisione globale della Convenzione, al fine precipuo direnderla più conforme alle altre convenzioni regionali e agli altri strumenti internazionali e di includervi i moderni concetti di gestione della pesca, Per questi motivi che ho votato a favore.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Oltre 30 anni fa avevamo preso in considerazione l’uso ottimale e la gestione razionale delle risorse ittiche per garantirne la conservazione. Oggi, i regolamenti dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO) vanno rivisti, non soltanto per renderli più conformi alle altre convenzioni regionali e agli altri strumenti internazionali, ma anche per adeguarli alle conoscenze odierne come ad esempio i concetti di gestione della pesca. Le quote ittiche e la gestione degli stock sono indispensabili al fine di impedire lo sfruttamento eccessivo delle acque interne e degli oceani. Tuttavia, dobbiamo anche garantire che organizzazioni come la NAFO siano in grado di agire grazie a una struttura efficiente e a una buona organizzazione, così come è indispensabile impedire che i costi diventino eccessivi. Per tutti questi motivi, è ragionevole pensare a una nuova nazionalizzazione, anche parziale della politica della pesca, affinché sia possibile una gestione globale dei problemi regionali. Ho votato sulla base di queste motivazioni.

 
  
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  Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − La presente proposta aggiorna le norme dell'UE che recepiscono il regime di controllo e di coercizione adottato dalla Commissione per la pesca nell'Atlantico nordoccidentale Viene adottata una nuova procedura con l'obiettivo di migliorare il controllo e l'attuazione delle raccomandazioni sulla pesca e, soprattutto, promuovere il rispetto delle norme da parte delle navi di parti non contraenti. Inoltre, viene introdotto un nuovo sistema di controllo dello Stato di approdo, che consente di chiudere i porti europei agli sbarchi di pesce congelato la cui legalità non sia stata verificata dallo Stato di bandiera della nave straniera.

Vengono istituite nuove misure in materia di controllo delle navi che praticano la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata. Il mio voto positivo è motivato principalmente per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. (PL) La relazione Wałęsa fa riferimento alla modifica della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale, firmata il 24 ottobre 1978 ad Ottawa ed entrata in vigore il 1° gennaio 1979. La NAFO, ossia l’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale, ha il compito di contribuire, attraverso la cooperazione e la consultazione, all'uso ottimale e alla gestione e conservazione razionali delle risorse della pesca. L’obiettivo principale dell’Organizzazione è promuovere la cooperazione internazionale al fine di migliorare la gestione sostenibile delle risorse marine in alto mare basandosi sui principi fondamentali della ricerca scientifica. Il relatore introduce modifiche positive alla Convenzione, che permetteranno di rendere le normative attualmente in vigore più conformi agli strumenti di livello internazionale e regionale.

Le modifiche proposte comprendono: modernizzazione della struttura della NAFO (fusione in un unico organismo del consiglio generale e della commissione per la pesca), riforma del sistema di contributi al bilancio, introduzione di definizioni precise dei diritti e degli obblighi delle parti contraenti della NAFO, modifiche al processo decisionale e introduzione di una nuova procedura di composizione delle controversie che consentirà di risolvere le controversie in modo efficace, nell'interesse dell'Unione europea.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Gentile Presidente, onorevoli colleghi, la relazione Walesa modifica la Convenzione NAFO (Organizzazione della pesca nell'Atlantico nord-occidentale) del 1978 e rappresenta un passo avanti per la cooperazione e la gestione delle risorse ittiche nell'Atlantico nord-occidentale. Mi sono espresso a favore della modifica della Convenzione perché attraverso la ricerca scientifica migliora la collaborazione internazionale nello sfruttamento delle risorse marine di quell'area. Inoltre, l'approvazione della modifica è un segnale del nuovo ruolo del Parlamento dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona perché sottolinea la necessità di velocizzare i lavori nell'approvazione e nella modernizzazione delle Convenzioni.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) L’obiettivo principale dell’Organizzazione della pesca nell’Atlantico nord-occidentale (NAFO) è garantire la gestione razionale e la conservazione delle risorse ittiche nella zona della Convenzione NAFO. L’Unione europea è parte contraente di questa organizzazione regionale della pesca (ORP) e, assieme alle altre parti contraenti, ha adottato la modifica della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale nel corso della riunione annuale della NAFO nel 2007. Tale modifica è finalizzata a semplificare e aggiornare le strutture dell’Organizzazione, adeguandole alla realtà attuale della pesca, introducendo nuove definizioni per quanto riguarda gli obblighi delle parti contraenti, ossia gli Stati di bandiera e gli Stati di approdo, e precisando i diritti e gli obblighi delle parti contraenti della NAFO.

Tenendo conto degli interessi dell’Unione europea e, in particolare, delle opportunità per la pesca concesse all’UE dalla Convenzione, giudico fondamentale l’approvazione della modifica, che può essere criticata soltanto per il ritardo con cui è stata presentata.

Mi unisco al relatore nel deplorare il ritardo con cui la Commissione ha presentato la proposta: oltre due anni dalla data in cui la proposta è stata adottata nel corso della riunione annuale della NAFO del 2007.

La relazione merita il mio voto favorevole.

 
  
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  Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Mi congratulo per l'ottimo lavoro svolto dal collega Wałęsa e vorrei ricordare ed evidenziare il fatto dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel dicembre 2009. Nel quadro dei poteri recentemente acquisiti dalla commissione per la pesca, il Parlamento europeo dovrebbe essere adeguatamente rappresentato nel corso dei prossimi negoziati sulle future convenzioni internazionali.

Nel 2007 e 2008 il Parlamento europeo non era rappresentato in occasioni delle riunioni annuali della NAFO. L'Istituzione ha concesso l’approvazione nei limiti delle sue competenze ma allo stesso tempo desidera ricordare al Consiglio e alla Commissione i nuovi requisiti procedurali e la necessità di rispettare i nuovi poteri del Parlamento europeo.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale è stata firmata ad Ottawa il 24 ottobre 1978 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 1979 a seguito del deposito degli strumenti di ratificazione, accettazione e approvazione da parte di sette firmatari presso il governo canadese. L’obiettivo prioritario della NAFO è di contribuire, attraverso la cooperazione e la consultazione, all’uso ottimale e alla gestione e conservazione razionali delle risorse della pesca nell’area di applicazione della Convenzione NAFO, nonché alla promozione di idee per la collaborazione internazionale al fine di migliorare la gestione sostenibile delle risorse marine in alto mare basata su principi scientifici.

Le parti contraenti della Convenzione hanno adottato la “modifica della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-occidentale” (la ”modifica”) in occasione delle riunioni annuali della NAFO del 2007 (versione inglese) e del 2008 (versione francese). La modifica comporta una revisione globale della Convenzione, al fine precipuo di renderla più conforme alle altre convenzioni regionali e agli altri strumenti internazionali e di includervi i moderni concetti di gestione della pesca.

 
  
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  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Siamo favorevoli alla raccomandazione che comporta una revisione globale della Convenzione sulla futura cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico Nord Occidentale, in quanto include i moderni concetti di gestione della pesca. Le novità vedono semplificazioni, da una parte, ma definizioni chiare di responsabilità degli Stati di bandiera e degli stati di approdo, dall'altra.

 
  
  

Relazione Thomsen (A7-0264/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto.(PT) Alle aziende dovrebbe essere proibito trasformare il lavoro fisso in lavoro atipico, fonte di precarietà. Tale situazione risulta ancora più grave se consideriamo che il numero di lavoratrici non dichiarate è in continuo aumento e che molte donne non hanno altra scelta se non quella di accettare lavori precari. Le donne sono sottorappresentate nell’occupazione precaria, perché il lavoro domestico retribuito e il lavoro di assistenza, ad esempio, non sono presi in considerazione. Il quadro legislativo deve essere adattato alle situazioni che possono oggi determinare condizioni di lavoro precario, in particolare il lavoro a tempo parziale imposto e il fatto che le aziende non dichiarino la mancanza delle più elementari condizioni di lavoro: scarsa o nessuna sicurezza del posto di lavoro, un basso livello di stipendio, nessun diritto di tutela sociale, nessuna prospettiva di avanzamento sul mercato del lavoro e una sotto rappresentanza collettiva dei lavoratori. Alla luce di queste difficoltà, occorre promuovere la formazione iniziale e continua, fornire maggiori informazioni sui diritti e compiere una reale disamina della vita professionale e familiare delle donne, perché può essere fuorviante considerare il reddito femminile come reddito secondario in quanto spesso è il solo reddito familiare disponibile.

 
  
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  Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. − Signora Presidente, la strategia «Europa 2020» propone di portare al 75% il tasso di occupazione delle persone in età compresa tra i 20 e i 64 anni, oltre che ridurre il numero delle persone a rischio di povertà. Per raggiungere questi obiettivi sarebbe opportuno intervenire anche su tutte quelle forme di occupazione precaria che includono contratti di lavoro non scritti, con orari di lavoro al di sotto delle dieci ore settimanali e contratti a tempo determinato di breve durata. Per non parlare di quegli impieghi dove i requisiti minimi in materia sanitaria e sicurezza sono ignorati, con un conseguente alto tasso di infortuni e un maggior rischio di esposizione a malattie e pericoli vari.

Queste forme contrattuali, come anche tutti i rischi annessi, sono spesso destinate alle donne, penalizzate sulla base del loro sesso, della loro età, di avere una famiglia o di essere delle immigrate. L'Unione europea dovrebbe intervenire prendendo provvedimenti legislativi al fine di garantire la parità di genere e ridurre la segregazione di genere nel mercato di lavoro. Gli Stati membri a loro volta dovrebbero aumentare i controlli, al fine di ridurre il numero di abusi nei confronti delle donne, combattere il lavoro sommerso e intraprendere azioni dissuasive nei confronti dei datori di lavoro.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Sono lieto che il Parlamento europeo abbia promosso questa importante relazione sulle lavoratrici precarie. Essenzialmente sono le donne a lavorare in condizioni precarie, spesso non godendo neanche della tutela sociale obbligatoria minima. Le donne tendono a svolgere lavori scarsamente retribuiti che consentono loro di riconciliare impegni lavorativi e familiari e sono quindi costrette a rinunciare alle garanzie sociali, accettando condizioni di lavoro inadeguate. La tutela sociale è un aspetto importante della flessicurezza. Per risolvere questi problemi, occorre sollecitare gli Stati membri e le parti sociali a procedere a un allineamento della regolamentazione legislativa e contrattuale in materia di condizioni di lavoro. Gli Stati membri devono ridurre il doppio carico di lavoro che incombe sulle donne, che è una delle cause dell’eccessiva presenza di donne nel lavoro precario. È fondamentale concedere a tutti i lavoratori parità di accesso ai servizi e alla tutela sociale, compreso il congedo di maternità, l’assistenza sanitaria e le pensioni di anzianità nonché l’istruzione e la formazione professionale, a prescindere dalle condizioni di lavoro.

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Complimenti alla relatrice per aver richiamato l'attenzione su un aspetto del mondo del lavoro che causa ancora troppe differenze di genere. La crisi economica e finanziaria ha indubbiamente aggravato le condizioni dei lavoratori precari e soprattutto delle donne, su cui grava maggiormente il peso del precariato. Lo confermano recenti dati, secondo cui nel 55% delle imprese sono solo le donne ad avere un contratto di lavoro a tempo parziale. Si calcola anche che il 31,5% delle donne abbia un lavoro part-time rispetto all'8,3% degli uomini e che il lavoro precario comporta un più alto tasso di infortuni e un maggior rischio di malattia e di esposizione ai rischi. Insomma, una situazione di disuguaglianza di fronte alla quale l'Unione europea non può restare indifferente.

Ho votato a favore, perché condivido la necessità di contrastare questo fenomeno e di sollecitare gli Stati Membri e le parti sociali a procedere a un sostanziale allineamento della regolamentazione legislativa e contrattuale. Auspico inoltre che la Commissione e gli Stati Membri attuino maggiori controlli sui requisiti minimi sanitari e di sicurezza sul posto di lavoro. C'è ancora molto da fare per poter garantire alle donne il giusto accesso al mondo del lavoro.

 
  
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  Lara Comi (PPE), per iscritto. − All'interno dell'Unione Europea, tuttora, un termine di natura meramente descrittiva come “lavoratrici precarie” contiene due forme di discriminazione, entrambe molto gravi. La prima riguarda il problema del lavoro femminile, che in questa sessione è stato affrontato con un'ottica moderna e sostenibile anche in un altro dossier. La seconda riguarda il dualismo nel mercato del lavoro di molti Paesi membri, tra lavoratori che godono di diritti e tutele, da un lato, e lavoratori in balia di fenomeni di solito fuori dal loro controllo, dall'altro. Guardando oggettivamente ai dati, sembra sempre più evidente che nel futuro anche il lavoro dipendente comporterà l'assunzione di rischi in misura superiore rispetto a quanto avvenuto finora. Tuttavia questa evoluzione va gestita per evitare speculazioni ai danni dei soggetti contrattualmente più deboli, e in particolare di coloro che si trovano in situazioni svantaggiate. Le Istituzioni Europee hanno il dovere di evitare le discriminazioni e di permettere a ciascuno di raggiungere liberamente i propri obiettivi professionali, in relazione alle proprie capacità, attitudini e inclinazioni. Si coglie l'occasione per ricordare che ulteriori ricerche sul precariato delle donne sarebbero utili per pianificare interventi mirati a rimuovere gli ostacoli, senza essere troppo invasivi.

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto (RO) Ho votato a favore della lotta contro il lavoro precario, che costituisce una caratteristica dominante della crisi economica. In questo modo si contribuirà ad eliminare più efficacemente l’insicurezza del posto di lavoro, il basso livello retributivo, nella maggioranza dei casi non dichiarato a fini fiscali, la mancata tutela sociale dei lavoratori assunti su base occasionale nonché un ambiente di lavoro che non osserva nessuno standard minimo sanitario e di sicurezza contro gli infortuni.

Dette misure concorreranno inoltre a lottare in modo più efficace contro la discriminazione legata al genere, che è predominante nel settore del lavoro precario, nel quale le donne sono le principali vittime di condizioni di lavoro subumane.

Il trattamento abusivo dei lavoratori domestici, essenzialmente donne, la discriminazione salariale contro le donne e lo sfruttamento delle donne migranti che non conoscono dei loro diritti né sono in grado di rivendicarli sono solo alcune delle molte ragioni per votare a favore di misure volte a fronteggiare una gravissima situazione socio-economica.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Ritengo che gli Stati Membri debbano adoperarsi per offrire alle donne posti di lavoro e l’opzione della tutela sindacale di diritti come una retribuzione decorosa, il congedo di maternità, un orario di lavoro equo e regolare e un ambiente di lavoro non discriminante. Penso che gli Stati Membri debbano sanzionare l’imposizione di ostacoli alla partecipazione ai sindacati e offrire servizi di consulenza facilmente accessibili alle donne che non possono beneficiare del sostegno di un comitato aziendale, ad esempio le donne che svolgono lavoro domestico e agricolo.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Appoggio questa relazione dalla quale emerge che il lavoro precario riguarda in modo sproporzionato le donne lavoratrici. In effetti, è una prova ulteriore della necessità di potenziare le disposizioni in materia di congedo di maternità e di paternità, in modo da stabilire un equilibrio fra impegni lavorativi e familiari. Il lavoro precario si riferisce a lavoro forme occupazionali non standardizzate essenzialmente connotate da scarsa o nessuna sicurezza del posto di lavoro, bassi livelli di stipendio, nessun diritto di tutela sociale, nessuna protezione dalle discriminazioni e un ambiente di lavoro che non osserva nessuno standard minimo sanitario e di sicurezza. Secondo i dati disponibili più recenti, il 31,5 per cento delle donne lavora a tempo parziale rispetto a solo l’8,3 per cento degli uomini. Il lavoro precario costituisce non solo una delle principali cause del divario di genere a livello retributivo fra uomini e donne, ma è anche un ostacolo alle prospettive di carriera in vista di posti di lavoro e sviluppo professionale, costringendo molte donne a un lavoro non sicuro e mal pagato. In effetti, spesso le donne dei paesi meno sviluppati emigrano verso l’UE e vengono impiegate come lavoratrici poco qualificate, o addirittura in modo illegale. Il lavoro precario sfrutta i segmenti più deboli delle nostre società, negando agli individui la dignità del lavoro e l’opportunità di costruire una vita decorosa per sé e per le rispettive famiglie.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il lavoro precario non è una questione di genere e, sebbene risulti particolarmente elevato fra le donne, definirlo in questo modo sarebbe riduttivo.

Come ho già avuto modo di ricordare in molte altre occasioni, i modelli occupazionali non flessibili si sono dimostrati un insuccesso. L’esempio degli Stati Uniti indica che flessibilità non è sinonimo di insicurezza, ma piuttosto di dinamismo del mercato del lavoro. Più flessibilità non significa più precarietà, anzi.

Nel periodo post-crisi, comprenderemo che i modelli ai quali eravamo abituati hanno fallito e che, se vogliamo davvero creare occupazione, il mercato del lavoro dovrà cominciare a considerare i contratti atipici, siano essi di lavoro a tempo parziale, a turni, occasionale o temporaneo, lavoro da casa o telelavoro, come normali forme occupazionali, senza che la sicurezza sia danneggiata dai benefici in termini di dinamismo e flessibilità. In tal modo, ritengo che le donne sarebbero le principali beneficiarie di sistemi più flessibili, laddove la conciliazione fra vita professionale e familiare o la maternità non costituirebbero un onere tanto gravoso quanto con le normali forme di lavoro.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’attuale crisi finanziaria ed economica ha acuito il problema delle lavoratrici in condizioni di povertà, spesso particolarmente vulnerabili in termini occupazionali perché devono conciliare il lavoro con gli impegni familiari. Ho votato a favore di questa relazione perché trovo opportuno affrontare il problema, sollecitando gli Stati Membri e le parti sociali a sviluppare nuove ed efficaci strategie di lotta contro l’insicurezza del posto di lavoro, tenendo conto del principio dell’uguaglianza di genere. Nella risoluzione si chiede inoltre alla Commissione di presentare una proposta relativa all’applicazione del principio della parità di retribuzione per uomini e donne.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato a favore di questa relazione di iniziativa che sottolinea l’aspetto di genere del lavoro precario, denuncia determinate situazioni e insiste su un insieme di provvedimenti volti a combattere la discriminazione contro le donne. La relazione è globalmente positiva, benché contenga alcune contraddizioni e dichiarazioni che non condividiamo.

Le proposte positive più importanti sono le seguenti:

invita la Commissione a sostenere gli Stati Membri nella messa a punto di una campagna finalizzata a una graduale trasformazione delle lavoratrici precarie in lavoratrici regolari;

chiede alla Commissione e agli Stati Membri di mettere a punto strategie sul lavoro precario che mettano l’accento su attività dignitose e “verdi” e tengano conto dell’equilibrio di genere;

esorta il Consiglio e la Commissione a individuare le caratteristiche del lavoro precario negli orientamenti per le politiche dell’occupazione degli Stati Membri e nella nuova strategia per la parità di genere.

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. (FR) All’indomani della Giornata internazionale contro la povertà e l’esclusione sociale, ho votato risolutamente a favore di questa relazione sulle lavoratrici precarie. È un dato di fatto: nonostante gli sviluppi positivi in termini di parità di genere e di pari opportunità, in un’ottica occupazionale le donne sono ancora oggi più vulnerabili degli uomini e svolgono più spesso degli uomini lavori precari. Vi sono ancora numerose disparità fra uomini e donne in termini di possibilità occupazionali, qualità del lavoro, reddito e retribuzione.

Per questo motivo è fondamentale che la Commissione si adoperi attivamente alla promozione delle pari opportunità fra uomini e donne nell’ambito delle politiche occupazionali, attraverso una futura strategia per la parità di genere, la graduale trasformazione dei lavoratori precari in lavoratori regolari e attraverso il sostegno di iniziative nazionali.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto. (PL) La vita lavorativa delle donne e il loro percorso professionale sono spesso ostacolati dallo stereotipo della donna più debole, meno resistente, che può rimanere incinta in qualsiasi momento e che può avvalersi dei congedi malattia e altri tipi di congedo più frequentemente degli uomini. Questo rende più difficile per le donne trovare lavoro e, quando lo trovano, sono comunque pagate meno degli uomini a parità di lavoro. La crisi economica ha esacerbato questi problemi e dimostrato fino a che punto le donne vengano sfruttate sul mercato del lavoro. I contratti di lavoro a breve termine e a tempo parziale con straordinari non pagati sono solo alcuni esempi di pratiche che considero inaccettabili.

È perciò essenziale attirare l’attenzione sulla necessità di rispettare le norme in materia occupazionale senza discriminazioni tra i lavoratori. Dobbiamo adoperarci per evitare che la difficile situazione in cui versano molte persone venga sfruttata per imporre condizioni di lavoro inadeguate e insicure, soprattutto se si tratta di donne che devono anche lottare contro gli stereotipi.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Signora Presidente, cari colleghi, ho votato a favore della relazione della collega Thomsen perchè ritengo ormai necessaria una revisione della normativa riguardante le condizioni di lavoro delle donne coinvolte in attività di tipo precario. Nella maggior parte dei Paesi sono mutate le condizioni, vigenti fino a qualche tempo fa, secondo le quali molto più numerose sono le donne che svolgono un lavoro precario. Spesso accade che proprio queste abbiano meno possibilità di essere informate in merito ai loro diritti risultando maggiormente esposte al rischio di essere private della tutela giuridica e di essere ingiustamente licenziate senza avere nessuna possibilità di ricorso. Una situazione che deve certamente avere termine nel rispetto della pari dignità, che deve essere riconosciuta ai lavoratori di ogni tipo. Bisogna, quindi, garantire pari accesso a uomini e donne alle opportunità formative e di riqualificazione professionale, ma soprattutto alle donne che necessitano maggiori tutele nella fase di maternità e di allattamento e in quella, spesso critica, del rientro nel mondo lavorativo.

 
  
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  Jean-Marie Le Pen (NI), per iscritto. (FR) Nel contesto del lavoro della commissione parlamentare per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, la relazione del membro socialista, onorevole Thomsen, vuole essere un generoso contributo a favore del progresso sociale. Come sempre, tuttavia, questo tipo di relazione è zeppa di proposte piuttosto vaghe e generiche che sono di fatto inaccettabili, con connotazioni fortemente di sinistra, ecologiste e a favore dell’immigrazione.

Non è ad esempio possibile immaginare la promozione dell’insediamento di donne migranti, soprattutto quando non si specifica se si tratti d’immigrate legali o illegali. Se è vero che queste donne, o questi uomini, sono le prime vittime della globalizzazione e della neo-schiavitù ultra liberista, si potrà evitare che cadano in trappole orribili quali il maltrattamento, la violenza o l’abuso sessuale consentendo loro in primo luogo di restare nel loro paese d’origine.

A tal fine occorre rovesciare la politica d’immigrazione in modo che le persone tentate dall’esilio economico possano restare a casa loro con la ridefinizione di un aiuto internazionale vincolante affinché questi paesi diventino politicamente ed economicamente stabili.

 
  
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  Marisa Matias (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il lavoro precario intacca non solo le condizioni e i rapporti di lavoro, ma anche la stabilità e la qualità di vita dei lavoratori. Il lavoro precario interessa più le donne che gli uomini in Europa, esacerbando le disparità di genere sul posto di lavoro, in particolare in termini di diritti sociali e retribuzione. Questa situazione è ancor più grave nel lavoro domestico e nel lavoro svolto da lavoratrici migranti.

Con la crisi, i lavoratori precari sono stati le prime vittime di licenziamenti e con la recessione e la distruzione dei posti di lavoro contrattualizzati, la struttura dell’impiego diviene sempre più precaria. È fondamentale invertire questa tendenza. Occorre garantire pari opportunità e diritti sociali sul luogo di lavoro; combattere la precarietà e il doppio carico di lavoro che incombe sulle donne dovrebbe costituire il più pressante obiettivo dell’Unione europea. Sostengo quindi questa relazione perché rappresenta un passo in questa direzione.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Ho votato a favore della relazione Thomsen che affronta il tema delle lavoratrici precarie, perché sono preoccupato dalle ripercussioni della crisi economica che colpiscono in particolar modo le donne. La crisi ha infatti avuto un impatto maggiore sul lavoro precario, svolto essenzialmente dalle donne. Appoggio questa mozione di risoluzione perché dobbiamo fare di più per combattere la discriminazione diretta e indiretta basata sul genere. Oggi si registra una percentuale troppo alta di donne impiegate in lavori precari, che spesso devono conciliare il lavoro con le incombenze domestiche. Il mio voto è dettato dal mio impegno per modificare l’attuale ingiusta situazione delle donne, che hanno minori opportunità di accesso all’impiego, la maggioranza delle quali svolge un lavoro precario e continuano a guadagnare meno degli uomini a parità di impiego. Per tutti questi motivi, voto a favore di questa mozione di risoluzione che, fra l’altro, sottolinea la necessità di garantire l’uguaglianza di genere e di ridurre la segregazione di genere sul mercato del lavoro e chiede agli Stati Membri di lottare per l’emersione del lavoro sommerso.

 
  
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  Louis Michel (ALDE), per iscritto. (FR) Sostengo la relazione sulle lavoratrici precarie perché non posso concepire che nel XXI secolo nell’Unione europea persistano gravi disparità per le donne in termini di opportunità occupazionali, la qualità del lavoro, il salario nonché la parità di retribuzione per pari lavoro e per lavoro di pari valore. Purtroppo la sovrarappresentazione delle donne nei posti di lavoro precari è uno dei principali fatto che contribuiscono al divario di genere a livello retributivo e concordo sul fatto che una migliore qualità del lavoro per le donne consentirà di ridurre tale divario.

Credo inoltre che tutti i lavoratori precari, donne comprese, debbano avere diritto alla formazione e al perfezionamento professionali e che si debba potenziare l’accesso all’istruzione di qualità, alla formazione e allo studio delle ragazze e delle giovani donne. Infine, è vitale che la Commissione continui a sostenere gli Stati Membri nell’elaborazione di una campagna per la trasformazione graduale dei lavoratori precari in lavoratori regolari.

 
  
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  Alexander Mirsky (S&D) , per iscritto. (LV) Purtroppo il divario retributivo tra uomini e donne si manifesta soprattutto in tempo di crisi. Occorre approfondire la discussione e avanzare proposte specifiche per disciplinare i rapporti di lavoro delle lavoratrici. Dobbiamo introdurre specifiche garanzie sociali per le madri nubili, per le donne diversamente abili e per le donne che lavorano nell’industria pesante. Spetta alla società inviare un segnale forte ai datori di lavoro affinché capiscano quanto sia inaccettabile approfittare delle opportunità per ridurre di stipendio o dell’orario di lavoro sulla base del genere. In caso di licenziamento le madri nubili dovrebbero poter accedere a un fondo europeo separato. L’iniziativa dell’onorevole Thomsen è in tal senso molto tempestiva. Sostengo appieno questa relazione in quanto presenta un nuovo approccio alla risoluzione dei problemi che le donne devono affrontare relativamente al lavoro.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Queste forme di impiego sono un problema essenzialmente femminile, perché l’incompatibilità fra vita professionale e familiare obbliga molte donne ad accettare situazioni lavorative precarie, con l’inevitabile povertà che ne consegue. Non dobbiamo comunque trascurare il fatto che queste forme di lavoro interessano anche gli uomini e che il rischio di povertà sussiste anche con il lavoro a tempo pieno. I sistemi previdenziali locali e le misure sociali sono tuttavia concepiti per tutelare i lavoratori locali in caso di bisogno. La relazione mette troppo l’accento sulle migranti, che spesso svolgono un lavoro a tempo parziale, e lascia intendere che valga il principio di residenza. Le donne sono certamente le prime vittime delle false promesse dei trafficanti, della globalizzazione e, in caso di ingresso illegale, di nuove forme di schiavitù aziendale. Continuare a sostenere la povertà importata non è la soluzione, poiché in questo modo si acuiscono solamente i problemi sociali, mettendo a repentaglio la pace sociale. Promuovere queste iniziative è sbagliato. In definitiva, credo che il cambiamento possa avvenire solo localmente, ovvero negli stessi paesi di origine. Questa forma di sostegno “indiretto” deve essere fermamente respinta.

 
  
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  Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − L'attuale crisi economica e finanziaria ha colpito le imprese le quali hanno reagito riducendo l'occupazione temporanea, come i lavoratori con contratti a tempo determinato, e hanno assunto personale o dipendenti con altri tipi di contratti non permanenti.

La risoluzione avrebbe avuto il mio supporto se non avesse previsto, per i datori di lavoro, l'incoraggiamento ad adottare misure specifiche per l'integrazione delle donne migranti. Trovo il tutto discriminatorio nei confronti delle nostre lavoratrici. Proprio per quest'ultimo motivo ho dato il mio voto negativo alla risoluzione.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. (PL) La relatrice definisce il lavoro precario una forma occupazionale con scarsa o nessuna sicurezza del posto di lavoro, un basso livello di stipendio, nessun diritto di tutela sociale o di prestazioni connesse con il lavoro, nessuna protezione dalle discriminazioni, nessuna prospettiva o prospettive limitate di avanzamento sul mercato del lavoro, nessuna rappresentanza collettiva dei lavorativi, e con un ambiente di lavoro che non osserva nessuno standard minimo sanitario e di sicurezza.

La crisi economica e finanziaria ha reso il lavoro precario un problema ancora più evidente e urgente. Le imprese hanno reagito riducendo l’occupazione temporanea e si teme che i posti di lavoro persi non saranno ripristinati. Purtroppo sono le donne ad averne maggiormente risentito e il problema è quanto mai sentito nell’industria dei servizi (settori alberghiero e della ristorazione, dell’istruzione, della sanità e dei servizi sociali) e in agricoltura. Le lavoratrici di questi settori non sono assunte a tempo pieno, il che significa che salari e pensioni sono più bassi, che hanno diritto a un ridotto livello di tutela sociale e che non hanno opportunità di avanzamento di carriera. La più recente ricerca indica che per le donne è più difficile trovare lavoro rispetto agli uomini.

Permane inoltre un ampio divario di genere in materia retribuita, che si attesta attorno al 18 per cento, il che significa che la retribuzione oraria delle donne è inferiore di quasi un quinto rispetto a quella degli uomini. Alla luce di queste problematiche, ho votato a favore della relazione, che propone una soluzione a questo difficile aspetto della politica occupazionale.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Cari colleghi, ho votato a favore della relazione della collega Thomsen. Ritengo infatti, che in un momento di congiuntura negativa come quella che stiamo vivendo, vi siano alcune fasce di lavoratori che pagano il prezzo più alto. I lavoratori precari, infatti, si trovano ad affrontare questa crisi senza le salvaguardie di cui possono godere gli altri lavoratori. All'interno poi di questa categoria, la posizione delle donne risulta ulteriormente critica. Il problema del precariato, infatti, sta dilagando in campo femminile soprattutto nel settore dei servizi e dell'agricoltura e sono necessaire misure urgenti ed efficaci atte a modificare questa situazione. Varie sono le ragioni alla base. Il divario occupazionale e di reddito tra uomini e donne è ancora sin troppo elevato per affermare che si sia raggiunta una parità, ragion per cui alcune misure efficaci, come il congedo di maternità, l'assistenza sanitaria e le pensioni di anzianità risulterebbero efficaci per arginare l'avanzamento del precariato. Tuttavia, il punto da cui bisognerebbe partire per uscire da tale situazione di dislivello occupazionale è sicuramente l'istruzione e la formazione delle giovani donne. Infine, é necessario promuovere una ricerca più approfondita sulle cause, le ragioni e i costi della dequalificazione.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Il lavoro precario costituisce un importante fattore di instabilità sociale, attualmente in continua crescita, con elevati tassi di disoccupazione in costante aumento in numerosi paesi, fra i quali il Portogallo, da cui provengo.

Tradizionalmente, tutte le forme di instabilità o volubilità dell’impiego colpiscono prima e più duramente le donne impiegate in lavori manuali, poiché prevedono stipendi più bassi anche a parità di lavoro, maggiori tassi di disoccupazione e maggiore insicurezza del posto di lavoro a causa di una serie di perduranti fattori sociali, ma anche, più specificamente, a causa della maternità.

L’impatto negativo di tale situazione non si limita alla già grave discriminazione, da sempre subita dalle donne, ma, ostacolando la parità di accesso al mondo del lavoro, condiziona gravemente la loro indipendenza economica e la loro autonomia in quanto individui.

In tale contesto, combattere l’insicurezza del posto di lavoro, soprattutto per le donne, rappresenta un contributo molto costruttivo alla stabilità sociale e alla parità di genere, che è uno dei valori fondanti dell’Unione europea.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) L’attuale crisi economica e finanziaria ha fatto registrare un aumento del lavoro precario svolto soprattutto dalle donne. I posti di lavoro fissi che sono stati persi durante la recessione economica non saranno certamente ripristinati, ma saranno sostituiti da contratti di lavoro atipici e molto atipici, determinando un grave degrado delle condizioni di lavoro. Nell’Unione europea, il 31,5 per cento delle donne lavora a tempo parziale (al massimo 30 ore settimanali) rispetto all’8,3 per cento degli uomini.

Credo che la sostenibilità dei regimi pensionistici, l’accesso al prestito per progetti di autosostegno nonché la creazione di posti lavoro e di redditi alternativi possano migliorare le condizioni delle lavoratrici precarie.

Invito la Commissione europea e gli Stati membri a mettere a punto strategie sul lavoro precario che mettano l’accento su attività dignitose e “verdi” e tengano conto dell’equilibrio di genere. Sollecito gli Stati membri ad introdurre misure chiare volte a ridurre il divario retributivo legato al genere del 10 per cento entro il 2020, compreso il divario pensionistico al fine di migliorare il livello di vita, combattere la povertà e potenziare la crescita economica.

 
  
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  Crescenzio Rivellini (PPE), per iscritto. − Mi congratulo per l'ottimo lavoro svolto dalla collega Thomsen. Troppo spesso le donne devono accettare condizioni di lavoro non dignitose. È dunque necessario vigilare soprattutto sulla situazione delle lavoratrici gestanti e in fase di allattamento. Alle donne che rientrano da un congedo di maternità deve essere garantita la possibilità di rientrare attivamente nel mondo del lavoro.

Gli Stati membri sono invitati a vigilare anche su eventuali comportamenti pregiudizievoli da parte dei datori di lavoro nei confronti delle lavoratrici. Eventuali abusi devono essere perseguiti legalmente nel più breve tempo possibile. Inoltre, sarà necessario elaborare una nuova strategia occupazionale a livello europeo, affinché le lavoratrici precarie siano inserite nei regimi di previdenza sociale e di tutela del lavoro.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) Lavoratori con un basso livello di stipendio (che può essere anche indefinito o al nero), lavoratori con nessun diritto di tutela sociale o di prestazioni connesse con il lavoro, lavoratori che non hanno prospettive di avanzamento sul mercato del lavoro… Il numero dei cosiddetti lavoratori precari non fa che aumentare con l’attuale crisi economica e vi è un notevole divario di genere: le donne infatti sono sovra rappresentate nei lavori precari. Sono consapevole della necessità di accrescere la loro tutela e per questo ho sostenuto la risoluzione del Parlamento europeo sul precariato. Invito gli Stati membri ad accertare che i datori di lavoro che pongono in essere comportamenti abusivi o pregiudizievoli nei confronti dei lavoratori siano perseguiti legalmente in tempi rapidi quanto più brevi possibile. Occorre inoltre adottare misure per garantire ai lavoratori precari l’opzione della tutela sindacale di diritti come una retribuzione decorosa, il congedo di maternità e un orario equo e regolare. Confido inoltre che gli obiettivi di Barcellona in materia di assistenza ai figli siano attuati al più presto e che vengano rimossi gli ostacoli che impediscono alle donne di prestare il numero di ore lavorative da essere desiderato, a tempo pieno o parziale.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Si tratta di una relazione cruciale e sono lieto che il Parlamento europeo l’abbia approvata, principalmente perché sottolinea la natura di genere del lavoro precario e ricorda il passaggio del mercato del lavoro da forme occupazionali standardizzate a tipologie non standardizzate, cercando di evitare che i lavori non standardizzati si trasformino in lavoro precario. La relazione sottolinea che, per difficoltà contrastare tali fenomeni, occorre sollecitare gli Stati membri e le parti sociali a procedere ad un sostanziale allineamento della regolamentazione legislativa e contrattuale tra lavoro standard e lavoro atipico, per eliminare gli effetti di “spiazzamento” della forma più conveniente e meno costosa, , tenuto conto comunque dei rischi relativi al possibile aumento del ricorso al lavoro sommerso. Esorta inoltre il Consiglio e la Commissione a individuare le caratteristiche del lavoro precario negli orientamenti per le politiche dell’occupazione degli Stati membri e nella nuova strategia per la parità di genere.

 
  
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  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Proprio perché sono una categoria più sensibile in quanto la loro attività normalmente non è limitata al mondo del lavoro ma anche alla casa e alla famiglia, le donne sono più duramente colpite dalla crisi economica in corso. La maggior parte dei lavori precari è svolto da donne che quindi si trovano senza sicurezza di impiego, con bassi valori retributivi, meno protezione sociale e qualificazione.

È facile in queste condizioni che quando si profilano periodi di astensione dal lavoro legati a malattia o maternità, le donne al momento di rientrare in servizio si trovino senza posto. La nostra delegazione è molto sensibile a queste problematiche e aggiungo anche a quelle molto simili delle donne non dipendenti ma lavoratrici in proprio. Purtroppo questo testo, che poteva essere assolutamente condiviso, punta alla promozione delle politiche di integrazione volte alle lavoratrici extracomunitarie a discapito di quelle cittadine europee. Per questo motivo il nostro voto è contrario.

 
  
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  Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. (PL) Ho sostenuto la relazione sulle lavoratrici precarie. La crisi economica ha contribuito alla destabilizzazione del mercato del lavoro e i datori di lavoro hanno ridotto i posti di lavoro, impiegando lavoratori temporanei con retribuzioni inferiori. Le ondate di licenziamenti hanno inoltre determinato l’esclusione di molti lavoratori dal mercato del lavoro; la situazione è particolarmente difficile per i laureati, per le persone anziane e per le donne. La crisi ha esacerbato le disparità di genere che già esistono nel mondo del lavoro, danneggiando soprattutto le donne, che rappresentano un’ampia percentuale degli impiego rientranti nella definizione di lavoro precario. Il divario retributivo si è ampliato, così come le disparità in materia tutela sociale. Questa situazione ha altresì ostacolato lo sviluppo professionale delle donne e ha contribuito a consolidare gli stereotipi di genere relativi al lavoro. Per questo motivo le donne che svolgono impiegate con lavori precari meritano una tutela speciale.

Esse dovrebbero inoltre essere coperte da sistemi di previdenza sociale e dalla legislazione sulla tutela del lavoro. Le lavoratrici devono inoltre essere tutelate dal punto di vista finanziario in caso di disoccupazione o maternità e, benché precarie, devono comunque godere avere l’opzione della tutela sindacale. Le lavoratrici occupate in via esclusiva nell’attività domestica devono avere libero accesso ai servizi di consulenza in materia di diritti sociali. Vorrei infine attirare l’attenzione sulla necessità di disciplinare la situazione giuridica dei lavoratori stagionali che, per la natura del loro lavoro, sono maggiormente esposti al rischio di irregolarità.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Dai più recenti studi emerge che il 31 per cento delle donne lavora a tempo parziale, rispetto all’8,3 per cento degli uomini. I lavoratori part-time hanno retribuzioni più basse e di conseguenza ricevono pensioni inferiori rispetto ai lavoratori a tempo pieno e sono meno coinvolti nel lavoro di squadra, con maggiori difficoltà in termini di turni, promozioni o assegnazione di posizioni più elevate. Va notato che il 36 per cento degli uomini con un elevato grado d’istruzione (livello universitario o superiore) occupa posizioni dirigenziali rispetto al 15 per cento delle donne con analoga istruzione. In Europa, il divario di genere in materia retributiva è pari a circa il 18 per cento; tale cifra non tiene però conto delle differenze nell’orario lavorativo né della forma contrattuale.

 
  
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  Marina Yannakoudakis (ECR), per iscritto. (EN) Il gruppo ECR ritiene fermamente che le decisioni in merito alla politica sociale e all’occupazione non debbano essere prese a livello comunitario, ma a livello dei singoli Stati membri, da parte dei governi nazionali e locali. Riconosciamo l’importanza di uno standard minimo di trattamento sul posto di lavoro e siamo lieti del lavoro di sensibilizzazione del Parlamento europeo su questo tema, ma riteniamo che tale standard dovrebbe riferirsi tanto alle donne che agli uomini. A nostro parere, inoltre, specifiche raccomandazioni per i contratti di lavoro e per la cura dei minori, ad esempio, non rientrano nella sfera di competenza dell’Unione europea.

 
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