Monika Flašíková Beňová (S&D). – (SK) Signora Presidente, ho votato a favore della risoluzione presentata congiuntamente dal gruppo dei socialisti europei principalmente perché ben poco è cambiato in termini di importanza e di attualità della risoluzione, sebbene vi siano stati alcuni cambiamenti in Ungheria dalla stesura della risoluzione alla votazione di oggi sulla stessa.
In primo luogo, vorrei sottolineare la nostra delusione per il fatto che la Commissione ha deciso fin dall’inizio di concentrarsi esclusivamente su tre aspetti della controversa legge ungherese sui media. Ribadiamo che, dopo che il governo e il parlamento ungheresi hanno affrontato questi tre aspetti in maniera relativamente accettabile, la Commissione avrebbe dovuto insistere osservando da vicino la conformità della legge ungherese sui media alla normativa europea – in particolare alla Carta dei diritti fondamentali.
Vorremmo inoltre invitare le autorità ungheresi, in caso di future modifiche della legge, a coinvolgere maggiormente le parti in causa, fra cui la società civile, perché è l’unico modo di redigere una legge in un paese davvero democratico. In questo senso, i contributi e le raccomandazioni costituiranno sicuramente uno stimolo, sia che provengano da noi – dal Parlamento europeo, dalla Commissione o dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa – sia dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signora Presidente, sicuramente tutti i presenti in quest’Aula che condividono i principi dell’Unione europea attribuiscono grande importanza alla libertà dei media. Questa libertà implica, senza dubbio, responsabilità. Nondimeno ho votato contro tale proposta.
Secondo le informazioni che ho ricevuto in proposito e che sono state qui discusse , la Commissione ha avanzato alcune richieste all’Ungheria, la quale ha reagito modificando la legge sui media di conseguenza. A mio parere ciò avrebbe dovuto essere sufficiente. Sono dell’avviso che non si dovrebbe trasformare la questione in un caso politico in questo modo, dove apparentemente la sinistra si contrappone alla destra, o qualunque sia la situazione: per tutti si devono applicare gli stessi standard in quest’ambito. Se la Commissione ha approvato questa modifica dell’Ungheria, la approvo anch’io. Sono del parere che si tratti di una questione di principi fondamentali; ho dunque votato contro la relazione proposta dal mio stesso gruppo, o l’idea che vi soggiace, perché ritengo che l’Ungheria abbia fatto esattamente ciò che la Commissione le ha chiesto di fare.
Daniel Hannan (ECR). – Signora Presidente, prima di pronunciarci sulla libertà dei media in Ungheria, forse sarebbe bene guardare a ciò che facciamo come Parlamento.
Potremmo pensare alle centinaia di migliaia di euro di aiuti pubblici che concediamo all’unione dei giornalisti europei oppure alle decine di migliaia di euro che spendiamo ogni settimana per mandare reporter locali in gita di piacere, soprattutto a Bruxelles e Strasburgo; potremmo inoltre pensare alle decine di corrispondenti accreditati a Bruxelles che ottengono un secondo reddito come esperti su temi correlati ai mezzi d’informazione oppure come editori o redattori di testate gratuite finanziate dall’Unione.
Se fossi ungherese, avrei serie perplessità non solo riguardo alla legge sui media, ma anche alla strisciante tendenza autocratica del governo. Ma non sono ungherese, perciò non mi deve riguardare.
Sono tuttavia un deputato di questo Parlamento e ritengo che utilizzando il denaro dei contribuenti in maniera così apertamente propagandistica offendiamo i nostri principi fondamentali di dignità, equità e democrazia. Dovremmo togliere il grosso tronco d’albero dal nostro occhio, prima di preoccuparci della pagliuzza in quello dell’Ungheria.
Lara Comi (PPE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa importante risoluzione. È essenziale che l'Unione europea compia ogni sforzo nell'ambito delle sue competenze per porre fine all'emergenza, coordinandosi con il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei tempi più rapidi possibili.
Esprimere una condanna chiara, proporre un'area di non sorvolo, una no-fly zone, stabilire l'embargo sugli armamenti e le altre sanzioni, provvedere agli aiuti umanitari, far evacuare i cittadini europei, assicurare l'assistenza alle popolazioni civili colpite sono però tutte misure ex post, che cercano di arginare l'emergenza.
L'Unione europea, tuttavia, deve acquisire un ruolo politico più forte sulla scena internazionale e saper affrontare le grandi sfide. Dopo aver affrontato l'emergenza, credo che dovremmo fermarci a riflettere per capire come l'Unione può in futuro lavorare per evitare che le situazioni di democrazie deboli degenerino e sfocino in disastri umanitari.
Tunne Kelam (PPE). – (EN) Signora Presidente, ho votato, com’è ovvio, a favore della risoluzione, ma penso che sia urgente che il Consiglio europeo, che si riunisce domani, si attivi quanto prima e quanto più decisamente possibile per, primo, istituire un’area di non sorvolo sulla Libia, al fine di impedire al governo libico di continuare a uccidere i propri cittadini, e, secondo, per stabilire contatti con il consiglio nazionale provvisorio. Alla nostra risoluzione abbiamo aggiunto questa richiesta.
Tutto considerato, però, penso che occorra sottolineare un passo della risoluzione, laddove si dice che i cambiamenti rivoluzionari avvenuti nel Nordafrica hanno dimostrato che l’impatto positivo e la credibilità a lungo termine dell’Unione europea in quella regione dipenderanno dalla sua capacità di praticare una politica estera comune che sia coerente, fondata su valori e prenda nettamente le parti delle nuove forze democratiche.
Pino Arlacchi (S&D). – (EN) Signora Presidente, ho votato per la risoluzione. Desidero rilevare che il partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale, lanciato recentemente dalla Commissione, è un notevole primo passo nella giusta direzione.
L’Unione europea è stata in gran parte assente all’inizio della crisi nordafricana e della transizione alla democrazia, ma adesso sembra essere diventata più attiva e più efficace in quell’area.
Mitro Repo (S&D). – (FI) Signora Presidente, il popolo libanese deve avere il diritto di decidere prima di chiunque altro del futuro del proprio paese. Poiché i concetti di democrazia e libertà derivano dal popolo, non possono essere imposti dall’esterno.
Il vertice straordinario del Consiglio europeo che si terrà domani deve trovare un accordo sul ruolo dell’Unione in quella regione. L’Unione deve fare tutto il possibile per sostenere l’ondata di democrazia che si è diffusa nel mondo arabo. Non c’è tempo da perdere: dobbiamo passare dalle parole ai fatti. L’UE deve avere una politica coerente e assumersi le proprie responsabilità in quell’area a lungo termine. Se gli attacchi contro la popolazione civile continueranno – e pare che sia proprio così – l’Unione deve negoziare un mandato delle Nazioni Unite e attivarsi per istituire un’area di non sorvolo sulla Libia, al fine di evitare una catastrofe umanitaria. Dobbiamo inoltre mantenere valida l’opzione di un intervento militare.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signora Presidente, stiamo assistendo alla fine di uno degli ultimi regimi di lunga durata nati nell’era postbellica. Gheddafi non è stato capace di dimettersi con onore e, pur di conservare il proprio ruolo di dittatore, ha dichiarato guerra contro il suo stesso popolo. Puntando i fucili contro i propri cittadini, ha messo in dubbio le fondamenta della civiltà moderna. Ha commesso un crimine contro l’umanità. Abbiamo perciò il dovere di sostenere il popolo libico nella sua lotta per la libertà, la democrazia e i diritti umani fondamentali.
Dobbiamo agire d’intesa con le Nazioni Unite per riportare stabilità in Libia e punire coloro che si sono resi colpevoli di crimini, compreso il colonnello Gheddafi. Particolarmente urgente è la necessità di garantire aiuti umanitari ai civili e dare riparo ai rifugiati libici. Già 25 anni fa l’amministrazione del Presidente Reagan cercò di porre fine al regime di Gheddafi. Oggi dobbiamo adottare tutte le misure lecite nel contesto del diritto internazionale per sollevarlo dal suo incarico. In tale ottica, appoggio la risoluzione del Parlamento.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signora Presidente, ho votato a favore della risoluzione pur ritenendo che essa, sotto determinati aspetti, susciti talune perplessità. In primo luogo, voglio dire che questa settimana il mio gruppo si è incontrato con esponenti delle forze di opposizione libiche, i quali ci hanno detto che non vogliono interventi armati dell’Occidente. Lo hanno affermato molto chiaramente. Penso che in questa vicenda l’Unione non debba agire in maniera isolata bensì di comune intesa con le Nazioni Unite e i paesi arabi.
Ciò nonostante, nella risoluzione si parla di un intervento umanitario – un termine che troppo spesso, purtroppo, è sinonimo di intervento armato. Quindi, in realtà il Parlamento sta per adottare una posizione a favore di un intervento, sia pure camuffato da elegante retorica.
L’altra mia preoccupazione riguarda la zona di non sorvolo, che porterà – temo – al bombardamento della Libia. Penso che dovrebbe trattarsi di una missione sotto il comando delle Nazioni Unite da compiersi congiuntamente con l’intero mondo arabo, l’Africa e l’Unione europea.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signora Presidente, questa richiesta di un intervento militare – ché una zona di non sorvolo è, ovviamente, una forma di intervento militare, posto che comporta la disponibilità a colpire strutture militari sul terreno – dovrebbe farci riflettere su tre cose. Primo, come è stato detto, l’opposizione libica non vuole interventi stranieri. Bengasi è tappezzata di manifesti che affermano tale volontà. Secondo, il regime di Gheddafi, invece, vuole un intervento straniero perché così potrebbe giustificare le proprie asserzioni secondo cui starebbe agendo per difendere il paese da invasori stranieri. Terzo, non possiamo permetterci un intervento militare. La prima nave arrivata nell’area dopo che è scoppiata la crisi umanitaria è stata una nave del mio paese, la HMS Cumberland, che incrociava in quelle acque perché stava andando alla demolizione! E la nostra marina ha tuttora un raggio d’azione più ampio rispetto alla maggior parte degli altri Stati membri.
Negli anni ’80 azioni militari dirette contro il regime di Gheddafi potevano anche essere giustificate, perché all’epoca il regime era palesemente coinvolto nel terrorismo internazionale. Colpisce che chi oggi invoca una qualche forma di intervento militare non la pensasse allo stesso modo allora, quando azioni del genere sarebbero state giustificabili ai sensi del diritto internazionale. C’è qualcosa di rivoltante nello spettacolo di tutti questi leader europei che con fare servile sbavano dietro a quell’orripilante regime. Con i nostri interventi passati ci siamo già procurati abbastanza problemi. Penso che abbiamo già fatto a sufficienza.
Anna Záborská (PPE). – (SK) Signora Presidente, sono favorevole alla risoluzione e quindi l’ho appoggiata, ma questo non basta per adottare una risoluzione.
La settimana scorsa in Egitto 4 000 musulmani hanno attaccato un villaggio copto non distante dal Cairo. Hanno bruciato due chiese e impedito ai pompieri di entrare nel villaggio. In un primo momento, l’esercito si è rifiutato di intervenire e quando poi, finalmente, l’ha fatto, i musulmani lo hanno cacciato via sostenendo che era tutto a posto. Contro i 12 000 cristiani che vivono nel villaggio è stato imposto il coprifuoco.
C’è stato un tempo in cui l’Europa sapeva cosa era bene, cosa era male e perché. Grazie al sostegno di quelle brave persone, leader come Havel, Walesa e Čarnogurský erano preparati ad affrontare il crollo del comunismo. Oggi, invece, i politici dell’Unione sono amici dei dittatori e fanno finta di non vedere le persecuzioni dei cristiani. Non ragionano in termini di bene e male perché il pragmatismo non conosce simili categorie. Finché le cose resteranno così, potremmo fare più male che bene al Nordafrica.
Pino Arlacchi (S&D). – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione perché essa distingue nettamente tra i due fascicoli riguardanti l’Iran: quello sulle violazioni dei diritti umani ad opera del governo in carica e quello sul programma nucleare iraniano.
La relazione appoggia l’approccio duale del Consiglio alla questione nucleare: sanzioni da un canto, offerta di dialogo dall’altro.
È indispensabile denunciare le gravissime violazioni dei diritti umani compiute attualmente in Iran. I loro autori, che per la maggior parte appartengono alle istituzioni statali, godono dell’impunità.
Nel contempo, dobbiamo evitare richieste irresponsabili di un intervento armato internazionale contro la tirannia al potere. Un attacco armato contro l’Iran, pur se compiuto nel nome dei diritti umani, verrebbe vissuto da tutti gli iraniani, indipendentemente dalle loro posizioni politiche, come un attacco contro il paese e un’ulteriore violazione dei loro diritti fondamentali.
In una simile eventualità, l’unico vincitore sarebbe Ahmadinejad.
Tunne Kelam (PPE). – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore della risoluzione perché ritengo sia giunto il momento di adottare nei confronti del regime di Teheran lo stesso approccio che stiamo applicando alla Libia e al colonnello Gheddafi. Voglio dire, in altri termini, che sperare che si instauri un clima di fiducia non è più un’opzione realistica. Dobbiamo sostenere maggiormente l’opposizione iraniana. Mi preoccupa in particolare la situazione nel campo dell’opposizione di Ashraf, che è sotto assedio e sotto pressione dal luglio 2009. Le condizioni umanitarie nel campo sono intollerabili. Su questo problema, il Parlamento ha adottato nell’aprile 2009 una risoluzione e nel novembre scorso una dichiarazione scritta. Mi permetto di consigliare all’Alto rappresentante Ashton di portare questo serio messaggio al Consiglio europeo di domani.
Adam Bielan (ECR). – (PL) Signora Presidente, l’Iran e il suo attuale governo guidato da Ahmadinejad sono motivo di grave preoccupazione a causa delle ambizioni nucleari di chi detiene il potere nel paese. Visti il persistente rifiuto di collaborare con l’Agenzia internazionale per l’energia nucleare e la conseguente assenza di controlli sul programma nucleare iraniano, è necessario prendere in considerazione l’adozione di misure forti nei confronti dell’Iran.
Trattandosi di un regime autoritario, dobbiamo tener presente il fatto che esso può costituire una minaccia per altri paesi, specialmente quelli confinanti. Timori particolarmente seri suscita la retorica anti-israeliana cui il Presidente iraniano ricorre da parecchio tempo. Ritengo che la posizione delle autorità iraniane in proposito sia inaccettabile e la condanno categoricamente. Votando a favore della risoluzione, esprimo la mia condanna dell’aggressiva politica estera dell’Iran e chiedo altresì il rilascio dei prigionieri politici, la cessazione delle persecuzioni contro i sostenitori dei diritti umani e l’avvio della cooperazione con le organizzazioni internazionali, compresi gli organismi delle Nazioni Unite. Appoggio inoltre gli sforzi diplomatici della Turchia e del Brasile volti a trovare una soluzione alla questione nucleare.
Daniel Hannan (ECR). – (EN) Signora Presidente, la rivoluzione iraniana del 1979 sarà considerata un giorno come un evento epocale, alla stessa stregua della rivoluzione francese del 1789 e di quella russa del 1917. Al pari delle ultime due, la rivoluzione iraniana si è immediatamente diffusa al di fuori dei propri confini e ha cercato di replicarsi in altre parti del mondo; come le altre due, ha violato tutte le norme consolidate del diritto internazionale, della sovranità internazionale e della giurisdizione territoriale.
Qual è stato l’evento caratterizzante della rivoluzione? È stato l’assedio dell’ambasciata statunitense. Ora, fermiamoci un attimo a considerare la straordinaria portata di quel fatto alla luce dei precedenti nelle relazioni fra Stati. Persino durante la Seconda guerra mondiale, quando ideologie contrapposte cercavano di annullarsi a vicenda, i diplomatici venivano evacuati pacificamente attraverso paesi neutrali. Se domani gli Stati Uniti invadessero Cuba, tutti si aspetterebbero uno scambio pacifico del personale diplomatico. Con l’assedio dell’ambasciata, gli iraniani ci avevano fatto capire che le loro regole non erano uguali alle nostre, che a loro non importava più nulla della sovranità dello Stato e che sarebbero andati avanti così come avevano iniziato, sostenendo le loro milizie dai canati lungo la via della Seta fino ai Balcani, per arrivare addirittura a Buenos Aires.
Saremmo in una posizione più forte per condannare quel regime se, come Unione europea, avessimo un po’ più di considerazione per i principi della sovranità nazionale e dell’autodeterminazione nazionale.
Gianni Vattimo (ALDE). - Signora Presidente, onorevoli colleghi, volevo spiegare la mia astensione nel voto finale sulla relazione a proposito dell'Iran perché, mentre condivido tutte le critiche contro il mancato rispetto dei diritti umani in Iran, specialmente per quello che riguarda la pena di morte, la persecuzione di minoranze sessuali, il non rispetto della libertà di insegnamento nelle scuole e nelle università, sono però persuaso che molte delle notizie, delle informazioni che questa relazione cita vengono direttamente dalla propaganda statunitense, non me ne posso fidare.
Infine, come liberal-democratico, mentre naturalmente sono convinto che l'Iran abbia tutto il diritto di perseguire lo sviluppo di una ricerca nucleare a scopi pacifici, non negherei nemmeno il suo diritto di avere armi nucleari in una regione in cui l'unica potenza che le possiede e a cui si consente di possederle è uno Stato razzista e colonialista come Israele.
Hannu Takkula (ALDE). – (FI) Signora Presidente, in merito a questa risoluzione delle Nazioni Unite sui diritti umani voglio dire che è molto importante che l’Unione europea si impegni a favore dei diritti umani senza risparmiarsi. Purtroppo, la risoluzione non era ben equilibrata; infatti, leggendone il testo, in particolare il punto 19, si ha l’impressione che uno Stato – Israele – sia oggetto di critiche eccessive e che si cerchi di addossagli ogni colpa.
Conosciamo tutti la situazione attuale nel Medio Oriente. Nei paesi della regione sono in corso rivolte che sono costate la vita a migliaia di persone innocenti. Stando così le cose, questa avrebbe dovuto essere una risoluzione sui diritti umani, non sul Medio Oriente. Se lo scopo era quello di trovare un punto d’equilibrio, invece di essere prevenuti e cercare di incolpare Israele, si sarebbe potuto citare il caso di Gilad Shalit, il soldato israeliano che da 1 720 giorni è privato dei suoi diritti umani in quanto prigioniero degli arabi palestinesi o di Hamas.
Quando scriviamo dichiarazioni sui diritti umani, come in questo caso, è nostro dovere mirare a un approccio equilibrato e corretto, perché solo così potremo portarle avanti in maniera sostenibile e potremo per di più conservare la nostra credibilità in quanto garanti dei diritti umani sia in Europa sia in luoghi più remoti.
Seán Kelly (PPE). – (GA) Signora Presidente, mi ha fatto molto piacere che siano state adottate le proposte di risoluzione sui diritti umani, ed è stato bene che l’Unione europea le abbia approvate. Devo fare, però, una piccola precisazione.
(EN) Signora Presidente, sull’emendamento n. 2, paragrafo 8, i colleghi irlandesi del nostro gruppo ed io abbiamo votato a favore perché riteniamo che le fognature e soprattutto l’acqua pulita siano diritti umani fondamentali. Durante la mia esperienza di volontario in Africa ho potuto vedere quanto sia importante per la vita delle persone la differenza tra avere e non avere accesso all’acqua dolce. Penso quindi che, riconoscendo che si tratta di un diritto umano fondamentale, possiamo far comprendere quanto sia urgente garantire a tutti i cittadini del mondo, più di tutto, l’accesso all’acqua dolce pulita.
(GA) Per tale motivo, plaudo all’adozione della risoluzione. Questo è quanto volevo dire.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) L’adozione di questa proposta di risoluzione è stata sollecitata dalla preoccupante situazione causata dalla legge sui media vigente in Ungheria, che mette in dubbio il requisito di una copertura equilibrata per tutti i fornitori di media audiovisivi, il rispetto della proporzionalità e i fondamentali diritti di espressione e informazione. Ciò significa che l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e il Parlamento europeo condividono legittimi timori per il fatto che la legge citata viola i requisiti internazionali in materia di libertà di espressione, indipendenza politica e ambito di applicazione della normativa. Queste preoccupazioni sono ancora più pesanti se si considera l’avvertimento lanciato dal Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. Stando così le cose, è necessario adottare le raccomandazioni contenute nella proposta perché esse mirano a modificare le norme sui media alla luce delle osservazioni formulate dalla Commissione, dall’OSCE e dal Consiglio d’Europa, e sollecitano la Commissione a redigere entro la fine dell’anno una proposta di direttiva sulla libertà e il pluralismo dei media, per affrontare il problema dell’inadeguatezza del quadro legislativo comunitario ed evitare quindi che in futuro si verifichino situazioni del genere.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Il pluralismo e la libertà dei media sono principi fondamentali dell’Unione europea perché garantiscono la libertà di esprimere opinioni e di ricevere e comunicare informazioni senza controlli, ingerenze o pressioni da parte delle autorità pubbliche. Le organizzazioni internazionali hanno manifestato preoccupazione per la legge ungherese sui media e, dopo aver condotto un’indagine, la Commissione europea ha concluso che essa è incompatibile con la direttiva sui servizi di media audiovisivi e con l’acquis communautaire in generale. Condivido la proposta avanzata nella risoluzione secondo cui le autorità ungheresi devono rivedere ulteriormente questa legge sulla base delle osservazioni formulate dalla Commissione europea, dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) nonché dal Commissario per i diritti umani, dal Comitato dei ministri e dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, per garantire la conformità della legge alla normativa comunitaria e ai valori europei, oltre che ai requisiti di libertà, pluralismo e indipendenza dei media.
Ivo Belet (PPE), per iscritto. – (NL) Il governo ungherese ha saputo gestire bene tutta la confusione sollevata su questa legge controversa, dimostrando che la libertà di stampa e il pluralismo dei media sono stati e rimangono concetti fondamentali per l’Ungheria. La Commissione europea si è comportata molto bene e continuerà giustamente a seguire da vicino tale questione non solo in Ungheria ma in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.
L’iniziativa annunciata dal Commissario Kroes di istituire un gruppo di esperti formato da diversi soggetti interessati, con il compito di occuparsi della situazione del pluralismo dei media in Europa, rappresenta un importante passo avanti. Il gruppo aiuterà la Commissione a definire nuove misure per il settore dei media. Abbiamo il compito di garantire il pluralismo dei media e la libertà di stampa in Europa. Ritengo pertanto che il Parlamento europeo contribuirà attivamente in tal senso.
Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto. – (FR) La democrazia è tutt’altro che un dato di fatto immutabile nel tempo: si evolve, progredisce e, purtroppo, può anche regredire. Sotto questo profilo, la legge ungherese sui media rappresenta un grave passo indietro. L’accordo fra tutti i progressisti europei ha permesso innanzi tutto di iscrivere tale questione in cima all’agenda politica europea – il che è positivo. Adesso si tratta di essere precisi e risoluti sui punti che continuano a essere problematici. L’indipendenza della governance dei media e la libertà di espressione non sono valori negoziabili.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione perché la legge ungherese sui media va sospesa e rivista alla luce delle osservazioni e delle proposte avanzate dalla Commissione europea, dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e dal Consiglio d’Europa, al fine di garantirne la piena conformità alla legislazione comunitaria nonché ai valori e ai requisiti europei in materia di libertà dei media, pluralismo e indipendenza della governance dei media. Inoltre, il Parlamento europeo richiama i criteri di Copenaghen per l’adesione all’Unione europea, stabiliti nel 1993 al Consiglio europeo svoltosi in quella città, laddove si afferma che la libertà di stampa e la libertà di espressione devono essere sostenute da tutti gli Stati membri dell’Unione europea e attuate per mezzo di pertinenti norme comunitarie. Quindi, il Parlamento europeo invita le autorità ungheresi a ripristinare l’indipendenza della governance dei media e porre fine all’ingerenza dello Stato, che reca pregiudizio alla libertà di espressione e a una copertura equilibrata. Penso inoltre che un’eccessiva regolamentazione dei media sia controproducente perché mette a repentaglio un effettivo pluralismo nella sfera pubblica. Il Parlamento sollecita altresì la Commissione a presentare entro la fine dell’anno un’iniziativa legislativa sulla libertà dei media, il pluralismo e la governance indipendente, nell’ottica di stabilire quanto meno i requisiti essenziali di minima, nonché di assicurare, garantire e promuovere un adeguato livello di pluralismo dei media e l’indipendenza della governance dei media negli Stati membri dell’Unione europea.
Jan Březina (PPE), per iscritto. – (CS) Il pluralismo e la libertà dei media costituiscono sicuramente un pilastro importante della democrazia e dello stato di diritto. La legge ungherese sui media è senz’altro da deplorare, però è altrettanto vero che il governo ungherese è stato oggetto di attacchi frettolosi e ingiustificati, che andavano evitati, soprattutto all’inizio della Presidenza ungherese dell’Unione europea. Mi fa piacere, comunque, che di recente il parlamento ungherese abbia apportato a questa controversa legge sui media modifiche che tengono conto dei punti sollevati dall’Unione europea. In tal modo, ha smontato le argomentazioni di coloro che, per fini ideologici, alimentano tensioni. Il requisito principale, cioè che la “copertura equilibrata” non valga per siti Internet, blog, discussioni e bollettini informativi stranieri, è stato soddisfatto. La Commissione europea deve ora vigilare costantemente sull’applicazione della legge. Va reso merito al dialogo costruttivo tra l’Ungheria e l’Unione europea che ha permesso di approvare le modifiche della legge.
I media e i giornalisti stranieri che lavorano in Ungheria non corrono più il rischio di dover pagare pesanti multe per aver violato la legge ungherese sui media, però rimangono “altre conseguenze legali” a loro carico, mentre i proprietari ungheresi di media sono tuttora soggetti a sanzioni, compresi quelli che hanno formalmente trasferito la propria sede in altri paesi dell’Unione per sottrarsi a questa legge. Per quanto possiamo non condividere simili modifiche, esse rientrano pienamente nelle competenze del parlamento ungherese e i rappresentanti dell’Unione europea le devono rispettare.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) La libertà di espressione di ogni individuo, la libertà di circolazione delle informazioni e la libertà e il pluralismo dei media sono i pilastri centrali dell’integrazione europea e dei suoi valori fondanti. L’elaborazione e l’attuazione di un quadro normativo per i media devono essere conformi ai requisiti democratici per l’organizzazione e la governance dei sistemi di comunicazione. Invito le autorità ungheresi a ripristinare l’indipendenza della governance dei media e a far cessare l’ingerenza dello Stato nella libertà di espressione. Un eccesso di regolamentazione dei media è controproducente perché mina un vero pluralismo nel settore pubblico. Invito le autorità ungheresi a coinvolgere tutte le parti interessate nella riforma della legge sui media, compresi i partiti di opposizione e la società civile, affinché possano partecipare in maniera significativa al processo di modifica di questa legge, che disciplina un aspetto fondamentale del funzionamento di una società democratica.
Carlos Coelho (PPE), per iscritto. – (PT) La libertà e il pluralismo dei media costituiscono diritti fondamentali che garantiscono la libertà di esprimere le proprie opinioni e di ricevere e comunicare informazioni senza alcun tipo di ingerenza o pressione da parte delle autorità pubbliche. La Commissione europea, in veste di garante dei trattati, ha manifestato preoccupazione e chiesto chiarimenti all’Ungheria riguardo a una possibile violazione di questo diritto, cioè il fatto che la legge ungherese sui media possa non essere conforme alla direttiva sui servizi di media audiovisivi.
Mi ha fatto molto piacere che il 7 marzo il parlamento ungherese abbia approvato gli emendamenti che erano stati concordati tra il governo del paese e la Commissione. Non comprendo, però, perché i socialisti e il Partito verde ungherese abbiano votato contro. Stando alle dichiarazioni del Commissario Kroes, sembra non sussista più alcun dubbio sul fatto che l’Ungheria si sia attenuta alle raccomandazioni della Commissione e che la versione emendata della legge sia in linea con la normativa europea.
Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. – (FR) La libertà di stampa non tollera compromessi: questo è il messaggio che il Parlamento voleva trasmettere non soltanto a Budapest ma anche alla Commissione europea. Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita il governo ungherese a sospendere e a sottoporre a un “riesame urgente” il controverso pacchetto legislativo sui media, sebbene esso sia stato emendato di recente su pressione dei partner europei. Permangono, tuttavia, timori, specialmente in relazione al Consiglio dei media, l’organo responsabile del controllo dei media, che è formato esclusivamente da persone affini al partito del Primo ministro Orbán. In realtà, questo organo di controllo è lo strumento ideale per censurare i media e pertanto il gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa, in quanto garante della libertà di espressione dei cittadini nell’Unione europea e nel mondo, ha chiesto che venga posta fine all’ingerenza dello Stato e sia quindi ripristinata l’indipendenza dei media.
Ioan Enciu (S&D), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della risoluzione perché penso che l’Unione europea debba essere pronta a prevenire e contrastare ogni possibile attacco contro i valori fondamentali della democrazia, tra i quali figura anche la libertà di espressione. Credo che l’Ungheria e altri Stati membri, come la Romania, debbano assolutamente rivedere il proprio atteggiamento nei confronti della stampa, in conformità dei principi democratici sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della risoluzione riguardante la legge ungherese sui media perché la libertà di stampa è uno dei valori fondamentali dell’Unione europea. Credo che la Commissione debba procedere a una disamina dettagliata della legge ungherese sui media per accertare se essa sia conforme alla legislazione europea, in particolare alla Carta dei diritti fondamentali.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Credo non abbia senso che il Parlamento adotti un parere su questo tema dopo che sono state fornite tutte le garanzie per la libertà di espressione, tra gli altri dal Primo ministro ungherese Orbán. Inoltre, si tratta di una questione di principio e quindi mi asterrò dal fare apprezzamenti su atti politici, legislativi e giurisdizionali che rientrano strettamente nelle competenze delle autorità legislative, esecutive e giudiziarie di uno Stato membro che non sia il mio.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La libertà di espressione e informazione, compresa la libertà di esprimere opinioni e la libertà di ricevere e comunicare informazioni senza ingerenze né pressioni, sono valori sociali per i quali molte persone hanno combattuto nel corso degli anni, anche in Portogallo. In questa lotta, i comunisti sono stati e sono tuttora in prima linea. Purtroppo, in molti paesi dell’Unione europea è ancora necessario combattere questa battaglia. Il pluralismo e la libertà dei media continuano a essere fonte di preoccupazione in diversi Stati membri. Si dimentica spesso che tra le concause di questa situazione figurano la concentrazione della proprietà dei media in una manciata di grandi gruppi industriali, l’attacco contro i diritti dei professionisti dei media e l’esistenza di rapporti di lavoro sempre più precari. A tutto ciò si aggiungono le ingerenze da parte dei poteri politici, che in molti paesi si fanno sentire ancora oggi e sono preoccupanti.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La libertà di espressione e informazione, con il conseguente pluralismo dei media, nonché la libertà di esprimere opinioni e di ricevere e comunicare informazioni senza alcun tipo di ingerenza né pressioni da parte delle autorità pubbliche è una conquista della civiltà.
Purtroppo, però, in molti paesi dell’Unione europea assistiamo spesso ad attacchi contro questi diritti fondamentali. Il pluralismo e la libertà dei media continuano a suscitare preoccupazioni in molti Stati membri, specialmente in Ungheria, Italia, Bulgaria, Romania, Estonia e altri. Anche in Portogallo si ha notizia di numerosi casi di attacchi contro il pluralismo dei media, la qual cosa non rende onore alla democrazia.
Non condividiamo, però, l’affermazione contenuta in alcuni paragrafi secondo cui vi sarebbe una politica di costante ingerenza politica da parte dell’Unione europea nell’attività di governo dei singoli paesi. È in questo spirito che abbiamo votato la risoluzione concernente la legge ungherese sui media, tenendo conto tanto dei suoi aspetti positivi quanto di quelli negativi.
Mathieu Grosch (PPE), per iscritto. – (DE) Sono convinto che la grandissima maggioranza del Parlamento europeo voterà a favore dei diritti fondamentali dei media. Tali diritti sono ora invocati in una risoluzione che non tiene conto degli emendamenti apportati questa settimana alla legge da parte del parlamento ungherese. Avrei perciò preferito che tutte le risoluzioni redatte prima del voto del parlamento ungherese fossero state ritirate per essere dapprima aggiornate e soltanto dopo sottoposte alla discussione e al voto. Di conseguenza, la votazione del Parlamento europeo non aveva più nulla a che fare con la libertà di stampa, che deve essere una priorità assoluta, bensì è stata semplicemente una prova di forza tra i gruppi.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Appoggio pienamente l’adozione di questa risoluzione della sinistra europea che giudica negativamente, in quanto inadeguati, gli emendamenti apportati dall’Ungheria alla legge sui media, mentre la destra li valuta favorevolmente. Anche il Commissario Kroes sembra essere soddisfatta di queste modifiche, mentre il Parlamento europeo ritiene invece che la Commissione abbia preso in considerazione soltanto alcuni aspetti tecnici, a scapito della Carta dei diritti fondamentali. Inoltre, la nostra risoluzione, pur essendo indirizzata all’Ungheria, sottolinea altresì che, purtroppo, la libertà e il pluralismo dei media possono essere messi a rischio anche in altri paesi con governi conservatori. In tale contesto, i deputati al Parlamento europeo hanno dimostrato di avere a cuore il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, che sono i principi fondanti delle democrazie e dell’Unione europea.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo documento perché le autorità ungheresi devono ripristinare l’indipendenza della governance dei media e far cessare l’ingerenza dello Stato nella libertà di espressione e nella copertura equilibrata. Una regolamentazione eccessiva dei media è controproducente perché mette a repentaglio un effettivo pluralismo nella sfera pubblica.
Timothy Kirkhope (ECR), per iscritto. – (EN) Il gruppo dei Conservatori e riformisti europei appoggia con convinzione la libertà e il pluralismo dei media in tutta l’Unione europea e sottolinea l’importanza della libertà di informazione per tutti i cittadini europei. Tuttavia, visti i continui cambiamenti apportati alla legge ungherese sui media e considerata l’impossibilità di incontrare la Commissione dopo le ultime modifiche della legge, adottate questa settimana, riteniamo che questo non sia il momento adatto per approvare un’altra risoluzione su tale questione. Pertanto, il gruppo dei Conservatori e riformisti europei si è astenuto dal voto.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato per la risoluzione perché credo che la legge ungherese sui media debba essere sospesa urgentemente e rivista alla luce delle osservazioni e delle proposte della Commissione, dell’OSCE e del Consiglio d’Europa, allo scopo di garantirne la piena conformità al diritto comunitario e ai valori e ai requisiti europei in materia di libertà dei media, pluralismo e indipendenza della governance dei media.
Iosif Matula (PPE), per iscritto. – (RO) Sono favorevole alla modifica delle disposizioni della legge ungherese sui media considerata poco democratica dalla Commissione europea e accolgo con favore le modifiche apportate all’atto normativo da parte del governo di Budapest. Non ho però votato a favore della risoluzione firmata dal gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo, dal gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, dal gruppo Verde/Alleanza libera europea e del gruppo della Sinistra unitaria/Sinistra verde nordica poiché ritengo che le misure proposte siano eccessive se si considerano le leggi analoghe introdotte in altri Stati membri che non sono stati sanzionati pubblicamente. Una stampa libera è indubbiamente una misura del grado di democrazia di una società ed è noto che nell’Unione europea la libertà di espressione praticamente non ha restrizioni. Non dobbiamo però confondere questo diritto fondamentale con la libertà di fornire informazioni di qualsiasi genere senza che ciò comporti conseguenze o responsabilità e in assenza di prove inconfutabili di ciò che si dice. Proprio per questo sono necessarie leggi chiare che definiscano i confini entro i quali debba essere svolta qualsiasi attività giornalistica. La legge ungherese sui media è stata redatta in questo contesto sulla scia della direttiva europea in materia. Credo anche che occorra essere ben informati prima di avviare un dibattito sulla legge ungherese sui media visto che è possibile essere tratti in inganno da interessi di parte e controversie di natura politica.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Questa proposta di risoluzione è inadeguata sia per la tempistica che per la forma, perché tutti sanno che, dopo le critiche iniziali alla legge ungherese sui media e dopo le raccomandazioni della Commissione, il governo ungherese ha riconsiderato la propria posizione e modificato tutte le parti della legge che erano state criticate dalla Commissione. Di conseguenza, la versione della legge adottata dal parlamento ungherese il 7 marzo è pienamente conforme alla legislazione europea. Per questo motivo non capisco l’insistenza della sinistra affinché si votasse sulla risoluzione e, dunque, ho espresso voto contrario.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della risoluzione B7-0191/2011 perché credo che la nuova legge ungherese sui media non offra sufficienti garanzie quanto alla libertà di espressione e al pluralismo e rechi pertanto pregiudizio all’affermazione di un vero pluralismo nella sfera pubblica.
Il governo ungherese deve dare garanzie concrete per la libertà e il pluralismo nei media; dovrebbe quindi abrogare la legge o emendarla in maniera sostanziale, tenendo presenti le osservazioni e le proposte dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e del Consiglio dell’Unione europea, nonché la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, attraverso una discussione aperta e trasparente cui possano partecipare tutte le parti interessate, le organizzazioni non governative e i cittadini.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) La libertà di espressione e, quindi, la libertà di stampa sono alcuni dei diritti fondamentali più importanti. Dobbiamo adoperarci instancabilmente per tutelarli, anche quando la manifestazione di certe opinioni ci preoccupa. Ma quella libertà è anche la nostra libertà, oltre a essere la garanzia del libero esercizio del nostro mandato. Non vi può essere trasparenza se i media non sono liberi. C’è una forte tentazione di mettere sotto controllo l’informazione e i giornalisti, anche nelle nostre democrazie occidentali. Un’informazione libera e professionale è sempre preferibile alle “voci”, che spesso si sostituiscono alle notizie quando la stampa viene imbavagliata.
I mezzi moderni di comunicazione di massa svolgono un ruolo assolutamente decisivo nella vita democratica e sono essenziali per fornire accesso universale alla conoscenza, al divertimento e alla vita sociale. Pertanto, quello che definisco uno “Stato giusto” deve assumersi la responsabilità di sostenere lo sviluppo di media liberi sia al proprio interno che a livello internazionale, promuovendo il pluralismo dell’informazione e la ricchezza della creazione culturale e facilitando l’accesso di tutti a questi contenuti.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Si sa che, secondo le osservazioni e le proposte della Commissione europea, dell’OSCE e del Consiglio europeo, la legge ungherese sui media va rivista quanto prima possibile per essere adeguata alla legislazione comunitaria e alle virtù e ai requisiti europei in materia di libertà di informazione dei media, pluralismo e indipendenza dei mezzi di comunicazione di massa.
La nuova legge viene criticata perché prevede la nomina di una sola persona come responsabile della gestione dei media e delle telecomunicazioni nazionali. Le nuove norme minano il pluralismo e la libertà dei media e li privano dell’indipendenza politica e finanziaria. Bisogna analizzare tutte le cause di questo risultato così negativo.
Forse il lassismo dei governi di alcuni Stati membri dell’Unione europea ha dato al governo ungherese l’illusione di poter violare cinicamente norme comunemente adottate. Ad esempio, il governo lettone non ha ancora applicato la risoluzione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2004, e qual è stata la conseguenza? Nessuna, finora. Può darsi che il governo ungherese si sia ispirato all’”autonomia” lettone. Ho votato a favore della risoluzione nella speranza che le cose cambino.
Tiziano Motti (PPE), per iscritto. − Gli attacchi della sinistra europea alla legge sulla libertà di stampa approvata recentemente in Ungheria vanno letti nella cornice del teatrino con cui in varie occasioni gli strumenti messi a disposizione dalla nostra Istituzione vengono utilizzati in modo improprio e strumentale al fine di sostenere a livello internazionale o interno campagne politiche e mediatiche di disinformazione. Nel caso specifico, tali attacchi sono del tutto fuori luogo, poiché il dibattito è già stato aperto ed anche chiuso: il governo ungherese ha prontamente accolto le osservazioni che erano state espresse dalla Commissione europea ed il primo ministro Orban, ha dichiarato, già all'inizio di gennaio 2011, che la legge sui media sarà modificata in ossequio a tali osservazioni. Attaccare il paese che presiede l'Unione europea nel momento in cui andrebbe sostenuto nello svolgimento del proprio incarico, ha l’effetto di indebolire l'Unione nel suo insieme e svuotarla d’autorità. Il ritornello della mancanza di libertà di stampa è un film già visto come lo sono i continui e anacronistici riferimenti alla situazione italiana, in cui paradossalmente il controllo dei maggiori quotidiani è di gruppi editoriali vicini alla sinistra e l'informazione corre libera, a volte troppo libera, sul web.
Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Dopo gli emendamenti adottati dal parlamento ungherese la settimana scorsa, la legge sui media è ora perfettamente conforme alla normativa e alle disposizioni comunitarie sui diritti fondamentali, come riconosciuto anche dalla Commissione europea. Pertanto, la proposta di risoluzione comune è diventata superflua e per tale motivo ho espresso voto contrario.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Come ho avuto modo di dire intervenendo nella discussione sulle priorità della Presidenza ungherese, queste sono questioni di politica interna ungherese che possono essere regolate, come prima, all’interno di relazioni sane e normali tra la Commissione europea e il governo e il parlamento ungheresi. In quanto sostenitore della libertà, specialmente della libertà di espressione e di stampa, non posso che essere soddisfatto dei risultati.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Questa legge è stata in effetti predisposta con l’obiettivo di limitare le attività dei media in Ungheria e ostacolare una valutazione critica dell’attività del governo, nel quadro di più ampie restrizioni del pluralismo in quel paese. Tutto ciò è nettamente in contrasto con i principi fondamentali dell’Unione europea, sanciti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali. In tale spirito, la Commissione e il Consiglio devono continuare a insistere affinché la legge sia completamente rivista oppure ritirata.
Il Parlamento ha detto con chiarezza che la Commissione non può semplicemente chiudere un occhio e lasciare che il governo ungherese l’abbia vinta su una questione cruciale come questa. Inoltre, la legge ungherese è solo l’ultimo tentativo di limitare la libertà dei media in Europa – e come tale va considerata – e dimostra quanto sia urgente e necessario che la Commissione avanzi solide proposte legislative per affermare questo fondamentale valore dell’Unione europea.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Ho votato contro questa risoluzione perché ritengo che i gruppi politici della sinistra che siedono in questo emiciclo abbiano strumentalizzato una questione politica nazionale, peraltro già risolta, come dimostra il recente accordo tra il governo ungherese e la Commissione europea.
Ritengo che questioni nazionali di questo tipo non debbano essere portate in discussione in questa sede istituzionale, in quanto competenza diretta dei singoli Stati membri. Nel merito della questione, è giusto e doveroso tutelare la libertà ed il pluralismo dell’informazione come valore cardine di tutti i paesi dell’Unione europea, ma la libertà dei mezzi di comunicazione non deve contraddire la morale pubblica e soprattutto non deve invadere la privacy di nessuno.
Il mondo dell’informazione deve mostrarsi più consapevole delle conseguenze che un uso non equilibrato del proprio potere e della propria influenza può determinare sulla vita e sulla libertà dei cittadini. Questo perché troppo spesso, in nome del diritto di cronaca, si è finito col comprimere la libertà delle persone.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Sono molto lieta che la risoluzione sia stata approvata e si sia così dato prova dell’impegno del Parlamento europeo a favore della libertà di espressione e dell’indipendenza dei media in tutti gli Stati membri.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune. Sebbene l’Ungheria e la Commissione europea abbiano trovato un’intesa sui punti sollevati dalla Commissione, appoggio la richiesta dei colleghi di un’analisi approfondita del testo della legge. I miglioramenti ottenuti dalla Commissione sono notevolmente selettivi e le perplessità manifestate dal Parlamento e da diverse organizzazioni internazionali, come l’OSCE e il Consiglio d’Europa, sono rimaste in gran parte inascoltate. In particolare, sono del tutto comprensibili i timori riguardo alla nomina, alla composizione e ai poteri dell’autorità responsabile dei media. La libertà di stampa è un fattore troppo importante della nostra democrazia perché possa essere sottoposto a interpretazioni giuridicamente restrittive.
Joachim Zeller (PPE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la risoluzione presentata dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, dal gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici al Parlamento europeo, dal gruppo Verde/Alleanza libera europea e dal gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa. Lo scopo dei suoi autori non è quello di tutelare la libertà dei media in Europa, quanto piuttosto di screditare un governo civico, eletto dal popolo a schiacciante maggioranza e con il difficile compito di ricostruire un paese che ha pesantemente sofferto a causa della cattiva amministrazione del precedente governo socialista. Nemmeno la Commissione europea è stata in grado di riscontrare gravi violazioni della libertà dei media nella legge ungherese, la quale, sia detto per inciso, è già stata emendata. La sinistra europea è sempre pronta a vedere la pagliuzza negli occhi dei governi non socialisti, ma stupidamente non si accorge della trave negli occhi dei governi socialisti.
È difficile comprendere la posizione dei liberali tedeschi, che con questa risoluzione invocano una regolamentazione del panorama mediatico a livello europeo, mentre gli esponenti dei media tedeschi ed europei considerano questa proposta, in particolare, come una restrizione della libertà dei media e una violazione del principio di sussidiarietà.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Approvo questa proposta di risoluzione perché sono convinto che il regime di Gheddafi debba essere destituito immediatamente, così da frenare la repressione delle proteste politiche del popolo libico operata dal suo regime e da ridurre il bilancio di morti. Vi ricordo che la comunità internazionale ha approvato all’unanimità la risoluzione 1970/2011 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che prevede l’imposizione di sanzioni al regime. Appoggio pienamente tale risoluzione che impone misure quali l’embargo, il divieto di scambio con la Libia di attrezzature utilizzabili per la repressione interna e il congelamento dei beni delle persone coinvolte in violazioni dei diritti umani. In questo senso, il testo sottolinea la necessità di mettere in atto la strategia Africa-UE che consente il congelamento dei beni acquisiti illegalmente. Le istituzioni finanziarie europee e gli Stati membri richiedono un’azione di questo tipo nell’ambito della lotta alle attività mercenarie. L’UE e l’ONU devono intraprendere un’azione umanitaria rapida ed efficace. Concludo affermando che gli eventi in Libia, Egitto e Tunisia richiedono un cambio di paradigma in materia di politica estera nei confronti dei paesi a sud del Mediterraneo, e vorrei esprimere la mia solidarietà al popolo libico.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione. Le massicce proteste in numerosi paesi arabi hanno dimostrato che i regimi antidemocratici e autoritari non possono garantire una stabilità credibile e che i valori democratici costituiscono elementi centrali dei partenariati economici e politici. È interesse vitale dell'UE che il Nordafrica sia democratico, stabile, prospero e in pace, ma i recenti avvenimenti in Libia, Egitto e Tunisia hanno evidenziato l'urgente necessità di ripensare la politica estera dell'UE nei confronti della regione mediterranea. L'UE deve riesaminare la sua politica in materia di sostegno alla democrazia e ai diritti umani, al fine di creare un meccanismo di applicazione della clausola sui diritti umani in tutti gli accordi con i paesi terzi. Concordo sul fatto che la revisione della politica europea di vicinato debba privilegiare criteri quali l'indipendenza della magistratura, il rispetto delle libertà fondamentali, del pluralismo e della libertà di stampa e la lotta contro la corruzione.
Dominique Baudis (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa risoluzione che si colloca nella giusta direzione per quanto riguarda la reazione dell’Unione europea alla rivoluzione libica che sta degenerando in guerra civile. Le rivoluzioni sono un sogno che diventa realtà, ma la guerra civile è un incubo. In un quadro che vede gli oppositori perdere terreno sotto il fuoco delle truppe di Gheddafi e dei mercenari, e il Colonnello inviare emissari nelle capitali europee per cercare di salvare il suo regime, dobbiamo dimostrare il nostro sostegno al popolo libico.
Abbiamo ascoltato l’appello del Consiglio nazionale provvisorio libico del 5 marzo. È un nostro dovere sostenere questa alternativa e proteggere il popolo libico dalle forze del regime. In assenza di una presenza militare diretta sul suolo libico, sarà necessario contemplare l’ipotesi di una zona di interdizione al volo. Anche se la decisione spetta all’ONU, non è possibile prevedere tale opzione senza l’esplicito consenso della Lega araba. A livello politico e diplomatico dobbiamo assicurarci che il Colonnello Gheddafi venga isolato e che il popolo libico riesca finalmente a riconquistare la propria libertà.
Sergio Berlato (PPE), per iscritto. – Signora Vicepresidente, onorevoli colleghi, i drammatici sviluppi della situazione in Libia e in Africa del Nord continuano ad evolvere verso i confini europei: la crisi umanitaria in Libia, infatti, potrebbe trasformarsi in un'ondata migratoria senza precedenti nella storia.
Secondo recenti stime, gli sconvolgimenti politici nel Nord Africa potrebbero portare sulla costa meridionale dell'Unione circa 300 000 rifugiati. Condivido e sostengo, pertanto, l'appello lanciato da sei Stati membri mediterranei dell'UE per la creazione di un fondo di solidarietà che contribuisca a mitigare gli effetti legati all'immigrazione. Sono favorevole alla creazione di un sistema europeo comune di asilo e ad un'equa ripartizione tra gli Stati membri dei costi legati all'immigrazione. Inoltre, al fine di limitare le immigrazioni di massa verso l'Europa, sollecito l'attenzione sull'opportunità sia di inviare un aiuto umanitario alle popolazioni colpite, sia di sostenere il processo di democratizzazione e di crescita economica della regione.
Esorto, infine, la Commissione ad approntare un piano di emergenza che preveda come affrontare anche l'ipotesi peggiore in cui un massiccio numero d'immigrati decida di dirigersi a nord fino alle coste europee. A mio avviso, tale piano di emergenza deve essere sostenuto dal principio di solidarietà tra gli Stati membri dell'Unione europea.
Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Le recenti proteste in numerosi paesi arabi hanno dimostrato che i regimi antidemocratici e autoritari non possono garantire una stabilità credibile e che i valori democratici costituiscono elementi centrali dei partenariati economici e politici. Vorrei richiamare la necessità di una stretta collaborazione con i lavori della task force istituita per coordinare la risposta dell'UE alla crisi in Libia e altrove nella regione mediterranea. L'Unione per il Mediterraneo deve adeguarsi alla nuova era e alle nuove circostanze, riflettere sui recenti avvenimenti e agire di conseguenza, al fine di presentare proposte circa le migliori modalità per promuovere la democrazia e i diritti dell'uomo nei suoi Stati membri e nella regione, compresa la Libia, nonché circa possibili riforme atte a rendere il proprio ruolo più forte, coerente ed efficiente.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione sul “vicinato meridionale ed in particolare la Libia, inclusi gli aspetti umanitari” perché credo che il Colonnello Gheddafi debba dimettersi all’istante per evitare un ulteriore spargimento di sangue e consentire una transizione politica pacifica. Condanno con la massima fermezza le violazioni dei diritti umani in Libia, in particolare la violenta repressione contro i dimostranti pacifici a favore della democrazia, i giornalisti e i difensori dei diritti umani. Esprimo quindi la mia solidarietà al popolo libico.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Oggi siamo chiamati ad esprimere il nostro voto sulla risoluzione, ma non ci è ancora chiaro quale sarà l’esito delle rivoluzioni che hanno cercato di abbattere i regimi autoritari da tempo al potere in tutta l’area mediterranea. Per quanto riguarda il caso della Libia, le notizie sui successi e i fallimenti dei ribelli e delle forze che continuano ad appoggiare il regime dittatoriale di Gheddafi sono contraddittorie: una vera e propria guerra civile sembrerebbe essere in corso. Ciononostante, diverse fonti stanno denunciando una violenza e una repressione brutali e inaudite da parte del regime libico, e un elevato numero di vittime che quest’ultimo sembrerebbe aver causato. Sono le stesse Nazioni Unite a condannare, a ragione, le atrocità commesse. È oggi evidente che i ribelli non accettano di vivere sotto regimi che non rispettano i loro diritti e che non assicurano un minimo di rispetto per la democrazia e lo Stato di diritto. L’Unione europea non può ignorare la situazione attuale. In primo luogo, dovrebbe richiedere la fine della violenza, continuare a condannare e sanzionare i responsabili, appoggiare coloro che stanno combattendo per valori comuni e cercare di dimostrarsi solidale con il popolo libico. Dovrebbe inoltre seguire più da vicino e comprendere meglio le aspirazioni, i desideri e le tendenze dei movimenti che anelano al cambiamento.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa risoluzione è preoccupante ed inaccettabile, soprattutto nel contesto dei recenti aventi in Libia che dimostrano quanto sia urgente, ora più che mai, trovare una soluzione pacifica e politica senza ingerenze esterne. Di fronte al susseguirsi grave e pericoloso di eventi che, invece di contribuire alla riduzione delle tensioni, mirano a preparare atti di aggressione da parte della NATO e degli Stati Uniti contro la Libia, la maggioranza del Parlamento sta appoggiando atti di ingerenza, aggressione e occupazione in Libia. Qualsiasi attacco nei confronti di questo paese, indipendentemente da pretesti e mandati, avrebbe gravi conseguenze su un popolo che vive già una situazione di alta tensione e insicurezza. Danneggerebbe inoltre tutti coloro i quali stanno continuando a combattere in Libia per difendere i propri diritti, la democrazia, la sovranità e la pace, ed introdurrebbe gravi elementi di instabilità e conflittualità nella regione. Qualsiasi attacco militare alla Libia, che non potrebbe prescindere da obiettivi di controllo sulle risorse naturali della Libia, non sarà diretto solo al popolo libico, ma anche agli insorti della regione che continuano a lottare per i propri diritti sociali e politici, per la propria libertà e democrazia, e per l’effettiva sovranità e indipendenza dei propri paesi.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Manifestiamo la nostra profonda preoccupazione circa i recenti eventi in Libia, ma siamo a favore di una soluzione pacifica e politica, senza ingerenze esterne. La risoluzione del Parlamento, purtroppo, difende l’intervento militare, dal momento che non è possibile avere una zona di interdizione al volo senza un intervento militare.
Questa risoluzione, quindi, invece di contribuire ad una soluzione pacifica, sembra essere mirata a preparare atti di aggressione da parte degli Stati Uniti, della NATO e forse dell’UE contro la Libia. È per questo che esprimiamo la nostra ferma opposizione a qualsiasi tipo di intervento militare in questo paese.
Qualsiasi attacco nei confronti della Libia, indipendentemente da pretesti e mandati, avrebbe gravi conseguenze su un popolo che vive già una situazione di alta tensione e insicurezza. Danneggerebbe inoltre tutti coloro i quali stanno continuando a combattere in questo paese per difendere i propri diritti, la democrazia, la sovranità e la pace, ed introdurrebbe gravi elementi di instabilità e conflittualità nella regione.
Qualsiasi attacco militare alla Libia, che non potrebbe prescindere da obiettivi di controllo sulle risorse naturali della Libia, non sarà diretto solo al popolo libico, ma anche agli insorti della regione che continuano a lottare per i propri diritti sociali e politici, per la propria libertà e democrazia, e per l’effettiva sovranità e indipendenza dei propri paesi. Appoggiamo queste lotte e per questo abbiamo votato contro questa risoluzione.
Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. – (FR) Questa risoluzione, votata da una larga maggioranza e alla quale ho personalmente contribuito, dimostra che il Parlamento europeo non sta restando in silenzio di fronte alla situazione in Libia. Al contrario, attraverso la sua posizione, sta chiedendo all’Unione europea, agli Stati membri e alla baronessa Ashton di appoggiare le sue proposte. Ribadisce il proprio supporto al popolo libico e sostiene, tra le altre cose, il riconoscimento del Consiglio nazionale provvisorio libico e l’istituzione di una zona di interdizione al volo, conforme ad un mandato delle Nazioni Unite e fondata su un coordinamento con la Lega araba e l’Unione africana. Condanna inoltre con la massima fermezza le violazioni dei diritti umani in Libia da parte del regime libico ed invita il Colonnello Gheddafi a dimettersi all’istante. Il mio unico rimpianto riguarda la questione dei rifugiati e degli immigrati che ritengo non sia stata affrontata sufficientemente, né presentata come una sfida comune per questi paesi e per l’Unione europea.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo testo perché ritengo che l’UE debba mostrare il suo coinvolgimento e sostegno al vicinato meridionale, con particolare riferimento allo sviluppo dello Stato di diritto, del buon governo e dei requisiti costituzionali ed elettorali per una democrazia stabile, pluralista e pacifica nella regione. L’Unione per il Mediterraneo deve adeguarsi alla nuova era e alle nuove circostanze, riflettere sui recenti avvenimenti e agire di conseguenza, al fine di presentare proposte circa le migliori modalità per promuovere la democrazia e i diritti dell'uomo nei suoi Stati membri e nella regione, compresa la Libia, nonché circa possibili riforme atte a rendere il proprio ruolo più forte, coerente ed efficiente.
Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto. – (PL) Ho appoggiato la risoluzione sul vicinato meridionale, che dedica particolare attenzione alla situazione in Libia. È un nostro dovere aiutare la gente in Libia che combatte per la libertà del proprio paese e che viene uccisa. Questa risoluzione aiuta il popolo libico perché condanna inequivocabilmente il dittatore e sostiene chi propone cambiamenti fondamentali in Libia.
Non sappiamo quando né come finirà la guerra civile. Auspichiamo che finisca presto e che veda trionfare le forze democratiche. L’Unione europea deve stabilire quanto prima relazioni con il Consiglio nazionale provvisorio ed iniziare il suo processo di riconoscimento ufficiale. Deve anche incoraggiare il popolo libico a cambiare la situazione e a intraprendere la strada della democrazia. Vi ringrazio per l’attenzione.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo favorevolmente la spinta per la democrazia in Libia e nei paesi del vicinato. Invito al pieno rispetto dei diritti umani nella regione, ma mi astengo su questa risoluzione perché prevede la possibilità di una zona di interdizione al volo. Per imporre un’area di questo tipo dovremmo bombardare i siti missilistici antiaerei, una seria minaccia per la popolazione civile. Permetteremmo così al regime di dichiarare che l’Occidente attacca la Libia, piuttosto che difendere il popolo libico.
Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) I negoziati che l’evolversi della situazione [in Libia] rende necessari devono essere intrapresi con cognizione di causa e nel modo più consono agli eventi. Soltanto in un secondo momento sarà possibile porre in essere ulteriori misure sulla base di un’analisi esaustiva della situazione. Tali provvedimenti possono fornire la possibilità di una soluzione diretta e di un sostegno nel settore sociale e in altri comparti. Il fine ultimo deve essere trovare una soluzione che abbia una chiara e solida visione a lungo termine, che possa contribuire a garantire la sovranità di questo paese e che riesca a preservarne le tradizioni. La possibile istituzione di una tanto discussa zona di interdizione al volo rappresenta uno dei passi che, come è stato riferito, deve essere compiuto con lo scopo primario di proteggere la popolazione civile. In questo senso, è a mio avviso importante non solo che il mandato sia accettato dal maggior numero possibile di paesi, ma anche che sia conforme a quello del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La ricchezza delle risorse naturali in questo paese non dovrebbe costituire l’unico fattore determinante nell’elaborazione di una proposta di risoluzione.
Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del testo e delle misure proposte relative allo spazio aereo sopra la Libia per aiutare le persone che lottano contro i bombardamenti del tiranno. È possibile interpretare il mio voto alla luce del seguente quadro: ogni atto di guerra, come la creazione di una zona di interdizione al volo, può essere deciso solo ed esclusivamente dall’ONU. Questa azione deve essere intrapresa solo ed esclusivamente sotto l’autorità del comando militare dell’ONU. Ogni decisione dovrà essere presa in accordo con le organizzazioni dell’Unione africana e della Lega araba. Sono fortemente contrario all’idea degli Stati Uniti di un bombardamento preventivo e all’intervento della NATO. Qualsiasi altro sviluppo necessiterebbe un testo diverso e delle disposizioni differenti.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La situazione in Libia è completamente inaccettabile e la comunità internazionale deve prendere provvedimenti più concreti, ovvero sospendere immediatamente tutti i tipi di attacchi sui civili. L’imminenza di una guerra civile in Libia rappresenta una fonte di preoccupazione e tale minaccia deve essere eliminata ad ogni costo. L’UE deve assumere un ruolo di guida in questo processo, contribuendo a trovare soluzioni atte ad evitare l’aggravarsi del conflitto attualmente in corso in questo paese.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato contro la risoluzione comune del Parlamento europeo sulla Libia perché richiede la creazione di una zona di interdizione al volo sul paese, azione che rappresenta il primo passo verso l’intervento militare. Non possiamo, in alcun modo, appoggiare la soluzione militare per risolvere la crisi libica o qualsiasi altra crisi. Siamo stati molto critici riguardo gli interventi militari in Iraq e in Afghanistan e non possiamo cadere nello stesso errore. Gli esempi di questi due paesi devono insegnarci che la violenza genera solo altra violenza, il che, in ultima analisi, provoca conseguenze devastanti per la popolazione civile.
Per quanto riguarda il caso libico, condanno la violenza che Gheddafi sta perpetrando sul suo popolo ed esprimo la mia solidarietà nei confronti dei movimenti di protesta della popolazione. Ritengo, tuttavia, che la soluzione in Libia debba derivare dalla rinuncia alla violenza e dalla via diplomatica.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Sono stati i giovani guidati dal senso dello Stato a lanciare la rivoluzione libica in nome della libertà, dignità e democrazia. Non possiamo che appoggiare questa meravigliosa e impressionante aspirazione e condannare fermamente coloro che cercano di sopprimerla con la forza, uccidendo e ferendo senza scrupoli migliaia di civili.
Spero vivamente che l’ONU, in coordinamento con la Lega araba e l’Unione africana, riesca ad emanare un mandato atto a stabilire una zona di interdizione al volo sulla Libia per proteggere la popolazione da possibili attacchi. Spero anche che l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, la baronessa Ashton, riesca quanto prima a stabilire relazioni con il Consiglio nazionale provvisorio libico affinché quest’organo venga riconosciuto come un legittimo interlocutore in attesa delle elezioni democratiche.
Nel corso delle ultime settimane, siamo stati testimoni di uno spettacolare e promettente sconvolgimento del quadro geopolitico di questa regione estremamente vulnerabile. Sono convinto che si sta aprendo una prospettiva senza precedenti, in grado di creare le condizioni necessarie per una risoluzione pacifica del conflitto tra Israele e la Palestina. Dobbiamo cogliere questa opportunità di liberare il Medio Oriente da un conflitto che ha già causato troppo dolore, tragedie, risentimenti e fraintendimenti.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Mi “compiaccio” del numero di dichiarazioni ed espressioni di condanna così veementi! Dove eravate prima? Gheddafi è forse nato ieri? Non c’è mai stato terrore in Libia? Oggi, il cinismo di qualche leader europeo genera una sensazione di nausea! Fino a poco tempo fa, tutti i leader dei più grandi Stati membri dell’Unione europea corteggiavano il capo libico cercando di ingraziarsi i suoi favori. Adesso invece sono pronti a crocifiggerlo! È meglio non intromettersi negli affari interni di un altro paese, non credete? Lasciamo che siano i libici a risolvere i loro problemi, altrimenti rischiamo di innescare una ribellione su vasta scala in tutti i paesi arabi! Mi astengo.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Nella sua lotta per restare al potere, Gheddafi sta facendo un uso sempre più pesante dell’artiglieria (come ad esempio le bombe sui ribelli) e non ha paura di un alto bilancio di morti. Il mondo intero ha condannato pesantemente queste misure, mentre il Parlamento europeo sta chiedendo l’istituzione di una zona di interdizione al volo per impedire ai bombardieri di Gheddafi di attaccare la popolazione civile, il riconoscimento del Consiglio nazionale provvisorio libico e del movimento pro-democrazia come rappresentanti legittimi del popolo libico, nonché la rottura di qualsiasi rapporto con Gheddafi. Resta tuttavia da verificare se i Capi di Stato o di governo osserveranno tale richiesta. In nome di un potenziale reinsediamento e distribuzione di immigrati in Europa, mi astengo dal voto.
Claudio Morganti (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho voluto esprimere il mio voto positivo su questa risoluzione comune riguardante l'attuale situazione in Libia.
Troppi abusi e gravissime violazioni sono state perpetrate dal regime di Gheddafi ai danni della popolazione insorta e ritengo perciò doverosa e necessaria una forte presa di posizione comune europea. Le misure proposte nella risoluzione adottata vanno nella giusta direzione, a partire da una auspicata chiusura dello spazio aereo sopra la Libia, ovvero la creazione di una cosiddetta "no-fly zone", per impedire al regime di attaccare dai cieli la popolazione civile.
Ritengo doveroso anche che la comunità internazionale, e l'Unione europea in primo luogo, instaurino delle relazioni con il Consiglio nazionale provvisorio degli insorti, al fine di favorire l'avvio di un processo di democratizzazione nel paese. È giunta l'ora che l'Europa si mostri salda nel far valere la sua voce per porre fine a questa drammatica situazione, che può portare altresì forti ripercussioni in tutta l'UE, a partire da una massiccia ondata di flussi migratori verso l'Italia in particolare e l'Europa in generale.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) La gravità della situazione attuale vissuta dal popolo libico, vittima di una violenta repressione da parte del regime di Gheddafi che ha causato innumerevoli morti, feriti e rifugiati, richiede un’azione specifica e concertata da parte della comunità internazionale. In questo senso, l’Unione europea deve assumere un ruolo di guida e adottare una ferma posizione in materia di condanna dei responsabili di queste atrocità, adozione e introduzione di sanzioni e misure specifiche, sostegno alle legittime aspirazioni democratiche di questo popolo.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ritengo che i paragrafi 10 e 11 del testo emendato siano particolarmente importanti:
“10. Sottolinea che l'UE e i suoi Stati membri devono onorare la loro responsabilità di proteggere per mettere i civili libici al riparo da attacchi armati su larga scala; ritiene che non possa essere quindi esclusa nessuna delle opzioni previste dalla Carta delle Nazioni Unite; invita l'Alto rappresentante e gli Stati membri a tenersi pronti per una decisione nell'ambito del Consiglio di sicurezza dell'ONU circa ulteriori misure, compresa la possibilità di prevedere una zona di interdizione al volo per impedire al regime di attaccare la popolazione civile; sottolinea che le misure emanate dall'UE e dai suoi Stati membri dovrebbero essere conformi a un mandato delle Nazioni Unite e fondate su un coordinamento con la Lega araba e l'Unione africana, incoraggiando ambedue le organizzazioni a orientare gli sforzi internazionali;
11. Invita il vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a stabilire relazioni con il Consiglio nazionale provvisorio e a iniziare il processo per renderle ufficiali in maniera da incoraggiare la transizione verso la democrazia, garantendo il coinvolgimento di un ampio spettro di rappresentanti della società libica, conferendo responsabilità a donne e minoranze nel processo di transizione e fornendo sostegno al Consiglio nazionale provvisorio nella zona liberata, in modo da allentare la pressione sulla popolazione locale e fare fronte ai suoi bisogni umanitari essenziali, tra cui l'assistenza medica”.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Con questa risoluzione il Parlamento europeo chiede ai governi dell'UE di riconoscere il Consiglio nazionale della transizione come autorità ufficiale dell'opposizione libica.
La risoluzione approvata invita l'UE a prepararsi alla possibile istituzione di una "no-fly zone" per impedire a Gheddafi di colpire la popolazione e aiutare il rimpatrio di chi fugge dalla violenza. Inoltre ritengo un'opzione strategicamente importante che l'Alto rappresentante per la politica estera dell'UE Ashton stabilisca contatti con i rappresentanti dei ribelli del Consiglio nazionale per la transizione, in modo da accelerare il processo di riconoscimento ufficiale di tale ente. È giunto il momento che Gheddafi lasci il potere e ponga fine alla sistematica violazione dei diritti umani che sta operando nel suo Paese.
Ernst Strasser (PPE), per iscritto. – (DE) Al paragrafo 15 si legge: “in conformità dell'articolo 80 TFUE”; rimane il fatto che sia io che il governo austriaco sosteniamo la solidarietà su base volontaria. Spetta agli Stati membri – in base alle proprie possibilità – decidere quanto estendere questa solidarietà.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa risoluzione del Parlamento europeo sulla Libia, testo che rappresenta un chiaro messaggio di supporto politico alla rivoluzione libica. Innanzi tutto, il Parlamento europeo ha espresso la sua solidarietà al popolo libico e ha condannato le violazioni dei diritti umani, nonché la violenta repressione perpetrata dal regime di Gheddafi.
Il paragrafo 10 della risoluzione prevede la zona di interdizione al volo e colloca questa misura sotto l’egida dell’ONU, in coordinamento con la Lega araba e l'Unione africana, per mettere i civili libici al riparo da attacchi armati. Questo paragrafo tuttavia può essere interpretato in diversi modi. Per alcuni, concerne semplicemente il tentativo di impedire ad al-Muammar Gheddafi di attaccare la popolazione civile. In questo senso, attribuisce alla misura un ruolo preventivo che si spinge fino ad impedire al regime di assassinare il popolo libico. Per altri, invece, si tratterebbe di un primo passo verso un possibile intervento militare.
Mi astengo su questo paragrafo ambiguo.
Accolgo quindi favorevolmente l’adozione di questa risoluzione, sebbene rimpianga il fatto che questo testo non riconosca gli errori passati commessi dall’Unione nei confronti della Libia, tra cui la questione dell’immigrazione.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore di questa proposta commune di risoluzione. È fondamentale fornire il nostro sostegno al popolo del Nordafrica, non soltanto perché siamo loro prossimi vicini, ma anche perché abbiamo l’obbligo di rispettare i principi del diritto internazionale, che prevede oltretutto il diritto di autodeterminazione dei popoli. Le modalità di sostegno, tuttavia, devono essere scelte con attenzione: per evitare di peggiorare la situazione umanitaria dei civili in Libia è necessario rispettare la richiesta del Consiglio nazionale provvisorio libico di astenersi dall’intervento militare diretto.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sono a favore di questa relazione in quanto ritengo che il governo dell’Iran debba esaudire le legittime richieste del suo popolo, ovvero il rispetto delle libertà fondamentali e il miglioramento delle condizioni economiche e sociali, con l’auspicio che collabori con la comunità internazionale. L’atteggiamento che l’UE deve adottare consiste nel trattare il problema dei diritti umani quale fattore fondamentale, da un lato, e d’altro canto, riconoscere il ruolo stabilizzatore dell’Iran nella regione a condizione che normalizzi le relazioni con i suoi vicini e con altri attori internazionali, che rinunci al proprio programma nucleare e che migliori le condizioni umane e democratiche al suo interno. Concordo anche con la posizione del Consiglio che sostiene la necessità di un doppio approccio alla questione nucleare: sanzioni da un lato, ma offerta di dialogo dall’altro. Infine, lasciatemi dire che l’Unione europea non deve essere troppo semplicistica, riducendo il problema di quel paese al suo programma nucleare, senza tenere conto del tema dei diritti umani e del suo potenziale stabilizzatore nella regione.
Roberta Angelilli (PPE), per iscritto. – (IT) Signor Presidente, i punti dolenti della questione iraniana sono la massiccia violazione dei diritti umani, ma soprattutto l’utilizzo della pena di morte come metodo di punizione.
Considerando che il 12 maggio 2010 l’UE ha invitato, ancora una volta, l’Iran a introdurre una moratoria sulla pena di morte, conformemente alle risoluzioni 62/149 e 63/168 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’Iran continua a detenere il record mondiale di esecuzioni sui minorenni, sulle donne e in base agli orientamenti sessuali.
Inoltre, desta forte preoccupazione il controverso programma nucleare, per insufficienza di trasparenza e per la mancata collaborazione con l’AIEA e rispetto degli obblighi previsti nel TNP.
Un’ulteriore problematica è quella legata alle telecomunicazioni e ad Internet che vengono continuamente interrotti a discapito dell’obbligo assunto a livello internazionale per la difesa della libertà di informazione. Pertanto sostengo questa relazione sperando di poter assistere a breve tempo ad un miglioramento della situazione.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) La Repubblica islamica dell’Iran (qui di seguito chiamata Iran) in questo momento affronta una serie di sfide per la sua dirigenza: dalle lotte per il potere tra fazioni opposte all’interno delle élite alla guida del paese a un disastroso malessere sociale ed economico, da una situazione problematica nel campo della sicurezza regionale a un crescente malcontento popolare all’interno. Le politiche perseguite dal regime iraniano non soddisfano le giustificabili richieste dei cittadini iraniani. Il malcontento popolare nei confronti del governo, scaturito dalla grave situazione socioeconomica, assieme alla mancanza di libertà e del rispetto basilare per la dignità umana nel paese rappresentano le principali sfide alla sopravvivenza del regime. Inoltre, continuano a registrarsi numerose violazioni dei diritti umani nel paese. Secondo i rapporti annuali sulla pena di morte in Iran, il numero di esecuzioni nel 2009 è stato il più alto degli ultimi 10 anni, pertanto esso risulta oggi il paese con il maggior numero di esecuzioni pro capite al mondo. Concordo con l’invito, contenuto nella relazione, rivolto all’Iran affinché abolisca una volta per tutte la pena capitale per crimini commessi prima dei 18 anni di età e perché modifichi la propria legislazione, la quale viola le convenzioni internazionali in tema di diritti umani che il paese ha ratificato, ivi compresi la Convenzione sui diritti del fanciullo e il Patto internazionale sui diritti civili e politici, inoltre chiedo all’Iran di pubblicare statistiche ufficiali circa l’applicazione della pena di morte.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione perché penso che l’Iran debba porre fine a ogni forma di discriminazione, che riguarda soprattutto le donne. Le violazioni dei diritti umani e dei diritti fondamentali proseguono impunemente in Iran. Le autorità locali devono smettere di praticare ogni forma di tortura o qualunque altro tipo di trattamento crudele e inumano una volta per tutte, sia dal punto di vista giuridico, sia da quello pratico.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) L’Iran ha una storia lunga e ricca di avvenimenti, oltre a una speciale identità di cui si dovrebbe tenere conto in un momento in cui crescono i timori per i recenti sviluppi politici e sociali nel paese. Senza rinunciare ai valori europei e alla priorità da dare alla democrazia e ai diritti dell’uomo, ritengo che non si debbano chiudere i canali di dialogo con Teheran e che occorra pertanto compiere un tentativo per incoraggiare i mutamenti di cui questo paese ha un bisogno estremo. Osservo con preoccupazione i recenti attacchi di cui sono stati oggetto membri dell’opposizione e spero che il regime iraniano comprenda quanto sia controproducente questo atteggiamento e quanto facilmente rischi di isolarlo sul panorama internazionale.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ancora una volta, vogliamo dichiarare che non condividiamo, anzi condanniamo, una visione dei diritti umani restrittiva ed elementare. L’UE spesso agisce ipocritamente in questo campo, celando obiettivi ben diversi. Se così non fosse, molte delle considerazioni e delle critiche mosse qui sarebbero estese anche ad altri paesi della regione, come Israele o l’Arabia Saudita, e gli stessi criteri che ora si applicano all’Iran sarebbero applicati anche a quei paesi.
È importante notare che il mantenimento della pace e della sicurezza nella regione è incompatibile con il proseguimento dell’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e con la politica di aiuti assicurati a quel paese dagli USA e dalla NATO, con la complicità dell’Unione europea. La risoluzione evita di menzionare questo punto.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La violazione dei diritti umani è riprovevole in Iran così come in qualsiasi altro paese al mondo. In questa relazione, la maggioranza del Parlamento esercita la sua abituale ipocrisia, prendendo a pretesto una presunta difesa dei diritti umani per mascherare il suo reale obiettivo: proteggere gli interessi economici strategici delle grandi potenze, in particolare il suo petrolio, e non la libertà del popolo iraniano. Invocare tale libertà non è altro che un espediente. Se l’obiettivo fosse veramente il rispetto dei diritti umani e la sicurezza della regione, andrebbe smascherata la stessa situazione in altri paesi della regione, come Israele e l’Arabia Saudita, e occorrerebbe applicare gli stessi criteri a quei paesi.
Inoltre, la relazione passa sotto silenzio la minaccia per la pace e la sicurezza della regione rappresentata dalla prosecuzione dell’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e la politica degli aiuti concessi a quest’ultimo dagli USA e dalla NATO.
Riteniamo che le interferenze negli affari interni di qualunque paese siano da evitare, in quanto contrarie alla sovranità nazionale o al diritto internazionale. Pertanto siamo contrari alla manipolazione o allo sfruttamento di alcune forze o partiti di opposizione iraniani, nonché alle campagne che mirano a tutelare gli interessi dell’UE e dei suoi alleati, piuttosto che gli interessi del popolo iraniano.
Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – (IT) La relazione del collega Belder sottolinea in maniera pragmatica tutte quelle che dovrebbero essere le preoccupazioni dell’UE nei confronti dell’Iran. Progressi incontrollati dei test nucleari, mancanza delle libertà basilari, clima ostile nei confronti degli investimenti stranieri, abusi del governo, scollamento tra classe dirigente e società civile. Ritengo siano elementi sufficienti per esprimersi in favore di un atteggiamento pragmatico dell’Ue nei confronti di un attore primario nello scenario regionale del Medio Oriente e per appoggiare la relazione dell’On. Belder.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo documento perché non è possibile imporre i cambiamenti democratici dall’esterno o addirittura manu militari, bensì essi devono essere conquistati in seguito a un processo democratico e pacifico. Come sapete, i rischi di proliferazione legati al programma nucleare iraniano restano fonte di preoccupazione per l’Unione europea e per la comunità internazionale, come è stato dichiarato con grande chiarezza in varie risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’influenza stabilizzatrice che l’Iran potrebbe riacquistare sarebbe positiva per l’intera regione, a patto che normalizzi le sue relazioni internazionali, in particolare, con i paesi vicini, che dissipi una volta per tutte i timori circa i reali obiettivi del suo programma nucleare e che garantisca il rispetto per i diritti umani e la democrazia.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che condanna la situazione dei diritti umani in Iran e chiede l’adozione di misure tese a impedire all’Iran di diventare una potenza nucleare. Sono preoccupato perché la risoluzione riconosce il “diritto dell’Iran ad arricchire l’uranio”, il che naturalmente è corretto in base alle norme AIEA, ma, considerato il persistente stallo nei negoziati, contravviene alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Clemente Mastella (PPE), per iscritto. – (IT) Il regime di Ahmadinejad continua a calpestare impunemente i diritti fondamentali della popolazione iraniana, mentre il governo stesso è scosso da varie incertezze. Da una parte vi sono aspirazioni al cambiamento democratico della popolazione; mentre dall’altra il governo e il parlamento iraniani sono turbati dalla presenza di fazioni interne delle élite in competizione per il potere. Indubbiamente, però, il cambiamento democratico non può essere imposto dall’esterno, ma dovrebbe essere il frutto di un processo democratico e pacifico, che dia finalmente ragione alle richieste di benessere e libertà dei recenti movimenti di massa iraniani. Rimane poi ancora aperto il nodo del nucleare: dal nostro canto, l’UE dovrebbe lavorare per una soluzione diplomatica, sulla base di un approccio che unisca pressione al semplice dialogo. Sarebbe ad esempio consigliabile che il Consiglio europeo possa contribuire al congelamento dei beni di individui collegati con i programmi nucleari e balistici iraniani. Nel futuro, le relazioni fra UE e Iran dovrebbero concentrarsi però anche sull’analisi delle innumerevoli violazioni dei diritti dell’uomo. L’Unione dovrebbe, insomma, usare tutti i mezzi a sua disposizione per formulare una posizione univoca europea e far sapere agli iraniani che pensiamo al loro futuro. I loro diritti umani sono anche i nostri diritti.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Occorre considerare il passato e la storia culturale dell’Iran quando si intende esaminare il suo attuale sviluppo politico e sociale. Le costanti violazioni dei diritti umani nel paese destano preoccupazione, ma non possono impedirci di dialogare con il suo governo per far cessare tali incidenti; dobbiamo essere proattivi nel ricercare soluzioni in tal senso. I recenti attacchi a membri dell’opposizione sono preoccupanti ed è necessario far capire al regime iraniano che questo comportamento ha come effetto soltanto un suo ulteriore isolamento nel panorama internazionale.
Alajos Mészáros (PPE), per iscritto. – (HU) Ultimamente il governo dell’Iran si trova ad affrontare formidabili sfide e suscita un crescente malcontento tra la popolazione. Le forze di sicurezza hanno risposto con la forza bruta, procedendo ad arresti sommari tra i manifestanti pacifici; i tribunali hanno celebrato svariati processi spettacolari contro studenti, scienziati, attivisti per i diritti delle donne, avvocati, giornalisti ed esponenti del clero. Numerosi iraniani sono stati giustiziati per motivi politici e un numero imprecisato di persone restano in carcere. L’Iran è uno dei tre paesi al mondo con il più alto numero di esecuzioni. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per eliminare il prima possibile le discriminazioni negative e la repressione sociale nel paese, garantendo in tal modo che esso possa muovere i primi passi verso il cambiamento democratico. Tuttavia, non è possibile farlo dall’esterno, né manu militari: deve trattarsi di un pacifico processo democratico ed è per questo che appoggio questa proposta con il mio voto.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Nonostante questa relazione sia stata leggermente migliorata con una serie di modifiche, ho votato contro perché essa auspica una politica di sanzioni che, a mio parere, non miglioreranno la situazione del popolo iraniano: anzi, la peggioreranno. A mio modo di vedere, la relazione del Parlamento europeo dovrebbe gettare acqua sul fuoco e non benzina, perché se si esauriscono i canali diplomatici, la già complessa situazione in cui versa il popolo iraniano si aggraverà. Le minacce rivolte all’Iran dalla comunità internazionale non costituiscono il miglior modo per giungere a un compromesso ragionevole nella disputa sul programma nucleare. È per questo che ho votato contro la relazione.
Louis Michel (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho appoggiato la presente risoluzione perché, oltre alla questione nucleare, il relatore non ha avuto timore di parlare della situazione interna del paese, delle aspirazioni della popolazione che anela a maggiore democrazia, e della situazione dei diritti umani.
Abbiamo il dovere di non deludere una popolazione giovane, una popolazione che aspira a vivere in una democrazia e a rispettare le idee altrui. Dobbiamo sostenere un popolo che intende creare uno stato di diritto che possa offrire alle prossime generazioni un futuro fondato su tolleranza, libertà, giustizia e prosperità. Dobbiamo denunciare come inaccettabili gli stupri, gli omicidi, le esecuzioni sommarie, gli arresti arbitrari e le molestie.
Qualunque violazione dei diritti umani è inaccettabile. Tuttavia, a partire dalla rielezione del presidente Ahmadinejad nel giugno 2009, abbiamo assistito all’aumento di tali violazioni. L’Iran ha il più alto tasso di esecuzioni pro capite al mondo. Il paese viene dopo la Cina per quanto riguarda l’applicazione della pena di morte per lapidazione in termini di numero di esecuzioni, ed è il primo su base pro capite. È giunto il momento che l’Iran adempia ai suoi obblighi, come previsto dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, che ha ratificato di sua spontanea volontà.
Miroslav Mikolášik (PPE), per iscritto. – (SK) L’Iran, in quanto firmatario del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, da tempo si sottrae ai propri impegni, soprattutto nascondendo il proprio programma nucleare. Se l’Iran intende mantenere buoni rapporti con l’UE e con altri stati democratici deve assolutamente spazzare via ogni dubbio circa lo scopo del suo programma nucleare.
Ritengo inoltre che il consolidamento dei rapporti tra Iran e Turchia, la quale assicura all’Unione di riconoscere valori condivisi nel tentativo di ottenere l’adesione, mentre mostra apertamente la sua simpatia per il regime iraniano, debba destare la preoccupazione dell’Unione stessa.
Vorrei ricordare che l’Iran detiene il record mondiale per il numero di minori giustiziati e per il numero di esecuzioni pro capite. I processi mediatici degli oppositori politici, e la crudelissima pena della lapidazione, legalmente impiegata oggi in Iran, nonché altre forme di tortura, trattamento e punizione crudeli e inumani sono tipici di un regime che merita la nostra ferma condanna morale.
A parte quanto è già stato ricordato, le priorità dell’UE devono comprendere costanti pressioni per la dichiarazione di una moratoria sulle esecuzioni fino all’abolizione della pena di morte, l’invito a cessare l’impunità per le violazioni dei diritti umani e, naturalmente, la fine dei tentativi di destabilizzare la regione.
Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) È ridicolo e, allo stesso tempo, triste parlare di rispetto dei diritti e delle libertà in un paese governato da un uomo che minaccia di massacrare gli Stati Uniti, l’Europa e Israele. Non ha alcun senso negoziare con lui sui diritti umani, i valori e le libertà. Questo genere di persone capiscono soltanto il linguaggio della forza. È necessario smetterla con le cerimonie e iniziare a passare dalle parole ai fatti. Completo isolamento, severe sanzioni e una posizione chiara e coerente daranno i risultati attesi. Mahmoud Ahmadinejad è un pericolo per il mondo intero.
Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. – (IT) La mancanza di trasparenza del governo iraniano e la scarsa collaborazione con l’AIEA per il programma nucleare non lascia certo tranquilli.
Il degrado della situazione dei diritti umani fondamentali e la sua capacità di destabilizzare la regione tramite gli Hezbollah e Hamas sono elementi che s’aggiungono all’inquietudine che l’Iran diffonde nel mondo. I brogli elettorali, la repressione violenta delle manifestazioni e le esecuzioni capitali che nel 2010 hanno raggiunto il numero di 680 nel 2010 (il doppio dell’anno precedente), l’arresto dei leader dell’opposizione non lasciano dubbi sull’uso che il regime fa del potere e della violenza. Le sanzioni dell’Unione, il 26 luglio 2010, in sintonia con quelle dell’Onu, sono state doverose e necessarie. La maggiore attenzione dell’Unione alla politica nucleare dell’Iran è necessaria per gli sviluppi nel campo non pacifico.
L’Unione deve sostenere la diplomazia internazionale per la tutela dei diritti umani. L’approccio del "doppio binario" mantiene aperta la porta al dialogo, ma per dialogare bisogna essere almeno in due ed in mancanza di buona volontà da parte dell’Iran, le sanzioni devono essere rafforzate e maggiormente mirate. Non si può accettare che le esecuzioni continuino a salire in quella misura e che la politica nucleare sfugga al controllo della comunità internazionale.
Mariya Nedelcheva (PPE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Belder. Da troppo tempo ormai chiediamo un cambio di regime in Iran. I diritti umani vengono continuamente violati dalle teste pensanti dell’attuale regime, che si tratti delle vergognose condizioni in cui vengono tenuti i residenti del campo della dissidenza di Ashraf, o le continue violazioni dei diritti delle donne, o le discriminazioni degli omosessuali, oppure la censura degli artisti ecc.
A livello europeo, quello che possiamo fare è applicare sanzioni incisive nei confronti dei leader del regime. Tuttavia, applicare sanzioni non basta. Occorre incoraggiare i cittadini che lottano per difendere i propri diritti umani nel paese. L’Unione europea non ha forse il dovere di sostenere tutti i difensori dei diritti umani in Iran? L’attuale afflato democratico in Africa del Nord deve estendersi all’Iran.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione che descrive la grave situazione che sta vivendo oggi l’Iran, denuncia le pratiche di repressione e le sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità iraniane e sottolinea l’esigenza di giungere a una seria soluzione diplomatica alla questione nucleare. In particolare, desidero esprimere anch’io solidarietà al popolo iraniano, il quale chiede legittimamente un cambiamento democratico nel paese dopo le elezioni presidenziali del 2009.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Questa è la prima relazione sull’Iran presentata al Parlamento dalla relazione Gahler del 2001 a questa parte. Dato che tutti i negoziati su accordi tra l’UE e l’Iran sono in stallo da anni ormai, l’unico modo che ha il Parlamento di esprimere una posizione più approfondita sul paese è mediante una relazione di iniziativa, redatta su proposta dei Verdi. Il compito è stato affidato all’EFD. Quattro gruppi politici (Verdi, S&D, ALDE e GUE) hanno formulato emendamenti comuni al progetto che sono stati per la maggior parte adottati, sebbene con un’esigua maggioranza.
Le questioni importanti sono: i contatti tra UE e Iran (paragrafo 32) dove, per quanto riguarda i retroscena della polemica sull’autorizzazione alla delegazione per l’Iran del PE di recarsi nel paese, il testo ora invita, contrariamente a quanto auspicato dal relatore, a intessere contatti con un ampio spettro di attori, senza fare alcun riferimento diretto alla delegazione; le sanzioni (paragrafo 42), in merito alle quali il testo chiede l’adozione di sanzioni mirate nei confronti dei principali responsabili delle violazioni dei diritti umani; finora sono state adottate soltanto sanzioni nei confronti di persone legate al dossier nucleare; l’apertura di un’ambasciata dell’UE a Teheran, parallelamente a quasi tutti gli Stati membri che hanno una rappresentanza nel paese.
Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – (IT) Sono favorevole al testo di questa relazione perché mette in luce gli aspetti principali che rendono l’Iran uno dei paesi più pericolosi nello scenario internazionale, sia dal punto di vista umanitario che politico.
Il paese oggi è devastato dall’arbitrario uso della violenza delle forze di sicurezza, che hanno reagito con una repressione spietata alle manifestazioni pacifiche arrestando migliaia di manifestanti. Questo uso gratuito della violenza ha provocato un progressivo degrado dei diritti umani fondamentali del popolo iracheno, che è sottoposto continuamente ad un sistema punitivo contrario a qualunque Convenzione dei diritti civili e politici dell’uomo.
Come se non bastasse, in questo paese è ancora in vigore la pena di morte per lapidazione, con un numero sempre crescente di esecuzioni capitali, senza considerare che resta tuttora senza prove l’utilizzo esclusivamente pacifico degli impianti nucleari presenti nel suo territorio.
Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – (IT) Questa relazione ci vede favorevoli perché affronta con la necessaria durezza e severità la questione iraniana, evidenziando tutti i contrasti presenti nel paese e l’inaccettabilità del perdurare di questa situazione.. Il regime iraniano applica costantemente la repressione nei confronti di chiunque osi ribellarsi all’assolutismo, applicando abitualmente la pena di morte.
Infatti è il paese che detiene il maggior numero di esecuzioni di minorenni e procapite al mondo. Segnala inoltre che spesso la pena di morte viene effettuata tramite lapidazione anche per reati di scarsa rilevanza penale come i presunti casi di adulterio e apostasia. La relazione evidenzia anche la repressione nei confronti dei cristiani e della comunità Baha’i.
L’Iran continua a perdere credibilità internazionale a causa della sua politica retorica ed aggressiva e di sostegno verso il fondamentalismo islamico. Voglio anche segnalare i continui atti di violenza psicologica e fisica a cui sono quotidianamente sottoposti i profughi dissidenti di Campo Ashraf dal governo iraniano.
Peter Skinner (S&D), per iscritto. – (EN) Sono lieto che l’onorevole Belder sia riuscito a portare questa relazione all’esame di quest’Aula e a far passare gli elementi in materia di diritti umani in Iran, soprattutto l’energica condanna della detenzione dei leader dell’opposizione iraniana Hossein Mousavi e Mehdi Karoubi, e delle loro mogli.
Tuttavia, non sono d’accordo nel sostenere che l’Iran abbia il “diritto di arricchire l’uranio”: le norme della AIEA lo consentono ma dato il persistente stallo nei negoziati questo contravviene alle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato questa relazione in quanto credo fermamente che il governo iraniano debba rispondere positivamente alle richieste del popolo iraniano, il quale chiede di godere delle libertà fondamentali e di migliori condizioni sociali ed economiche. In questa relazione, il Parlamento europeo condanna l’uso della pena di morte e numerosi altri abusi dei diritti umani.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Belder sull’atteggiamento dell’UE nei confronti dell’Iran. Condivido le preoccupazioni della maggior parte degli europei rispetto al programma nucleare iraniano e alle rassicurazioni del regime sul suo esclusivo uso a scopi civili. Ciononostante, sono del parere che, nella sua collaborazione con paesi terzi nel settore energetico, l’Unione europea debba fare uso esclusivamente di fonti energetiche sostenibili, verdi e sicure, in linea con i suoi obiettivi di protezione del clima. Mi trovo d’accordo, inoltre, con il mio collega, secondo il quale l’UE dovrebbe formulare una strategia più ampia verso l’Iran, che travalichi il tema nucleare per affrontare anche la situazione dei diritti umani e altre questioni importanti.
Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. – (IT) Ho espresso un voto favorevole alla relazione del collega Belder perché, nonostante l’Iran presenti numerosi problemi relativi alla politica interna ed estera quali, ad esempio, il possibile utilizzo di armamenti nucleari, la mancanza di trasparenza in talune scelte governative e, in certi casi, il mancato rispetto dei diritti umani fondamentali, credo che una linea di condotta basata in via esclusiva sulle sanzioni non possa portare grossi giovamenti.
Per questo credo sia importante per l’Unione europea salvaguardare e, per quanto possibile, mantenere forme di dialogo col governo di Teheran.
Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Approvo incondizionatamente la presente risoluzione comune, la quale sottolinea l’importanza delle tematiche discusse relative ai diritti delle persone appartenenti a minoranze e alla promozione della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, nonché dei diritti del fanciullo, lottando al contempo contro il terrorismo. Vorrei richiamare l’attenzione sulle conclusioni e concordo che l’Unione europea debba rafforzare la sua pratica di parlare con una sola voce perché questo ne aumenterebbe la visibilità e l’influenza in quanto attore mondiale, inoltre le delegazioni a Ginevra e a New York devono migliorare la coerenza, visibilità e credibilità dell’azione dell’UE in seno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC). Concordo con la risoluzione, la quale afferma che gli Stati membri devono incoraggiare l’UNHRC a dedicare pari attenzione alle discriminazioni di qualunque tipo: basate su sesso, razza, età, orientamento sessuale, religione o credo. Concordo altresì con la revisione del Consiglio, che pone in evidenza la necessità di rendere più attivo l’UNHRC nel suo ruolo di meccanismo di allarme rapido e di prevenzione, affinché favorisca l’adozione di procedure speciali e garantisca l’indipendenza della carica di Alto Commissario per i diritti umani, oltre a garantire il necessario finanziamento per mantenere le proprie sedi regionali.
Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) L’Unione europea e i suoi Stati membri sono impegnati a garantire il rispetto dei diritti umani nelle proprie politiche. È perciò fondamentale che essa sia in grado di assumere una forte e influente posizione nelle organizzazioni internazionali, soprattutto in seno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, assicurando un’applicazione efficace e coerente della politica in tema di diritti umani a livello internazionale. Concordo circa la necessità di riformulare l’operato e il mandato dell’UNHRC, valutando e migliorando le sue metodologie di lavoro, in modo che possa rispondere alle violazioni dei diritti umani nel modo più efficiente e sistematico possibile. In diverse occasioni l’UNHRC non è stato in grado di affrontare gravi episodi di violazione dei diritti umani con urgenza e tempestività per l’assenza di strumenti adeguati. Pertanto esso dovrebbe essere meglio attrezzato per risolvere sia le situazioni di cronicità, sia le emergenze, ampliando l’armamentario di cui è dotato in tema di diritti umani, impiegando i comitati di esperti non solo durante le sessioni, ma anche tra una sessione e l’altra. A sua volta, l’UE deve rendere l’UNHRC una priorità e coordinare meglio tra gli Stati membri, il che le permetterebbe di sfruttare meglio la propria influenza nell’ambito del sistema allargato dell’ONU e agevolerebbe il coordinamento e i processi decisionali nel campo dei diritti umani.
Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione poiché l’Unione europea e i suoi Stati membri devono garantire il rispetto dei diritti umani nelle rispettive politiche, inoltre la posizione dell’Unione europea in seno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) deve essere più solida ed efficace. Le priorità della sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani e la revisione del 2011 sono necessarie perché soltanto allora potremo valutare in che modo il Consiglio ha adempiuto al proprio mandato e stabilire le metodologie di lavoro che occorre potenziare per renderlo più efficiente e più pronto nel rispondere alle violazioni dei diritti umani. Il Parlamento europeo si rammarica del fatto che in più di un’occasione l’UNHRC non sia riuscito ad affrontare gravi situazioni di violazione dei diritti dell’uomo con urgenza e tempestività per la mancanza di adeguati strumenti, e intende creare appositi meccanismi atti a reagire prontamente alle crisi dei diritti umani, per esempio in Medio Oriente, in Iran e in Bielorussia. Inoltre, è fondamentale che esso sia meglio attrezzato per risolvere sia le situazioni croniche, sia le emergenze, grazie all’espansione dell’armamentario a sua disposizione nel campo dei diritti umani, utilizzando i comitati di esperti non solo durante le sessioni, ma anche tra una sessione e l’altra. Il Parlamento inoltre chiede agli Stati membri dell’Unione di impegnarsi attivamente nella revisione dell’UNHRC del 2011 per rafforzarne la conformità al suo mandato.
Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione in quanto ritengo che l’ordine del giorno della 16a sessione ordinaria del Consiglio per i diritti umani fissi questioni di rilevanza particolare. Vorrei mettere in evidenza l’importanza dell’ordine del giorno, che comprende relazioni in materia di “diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche” e di “promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel contrasto al terrorismo”, nonché incontri di ampio respiro sui diritti del fanciullo.
Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) La 16a sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite si terrà in un momento storico particolarmente turbolento, che vede messa a repentaglio la sua stessa composizione, dato che alcuni dei suoi membri sono ben lontani dall’adempiere le disposizioni della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite e promuovere e tutelare i diritti umani stessi, in linea con la sua missione. L’Unione europea deve partecipare attivamente a questa sessione e fare tutto ciò che è in suo potere per far sì che la sua visione universalistica dei diritti dell’uomo, fondata sulla dignità personale, si diffonda sempre più e sia realizzata appieno in ogni paese del mondo. La nomina di un alto rappresentante europeo per i diritti umani può contribuire a rendere più visibili le posizioni dell’Unione e a convincere gli Stati membri del Consiglio a insistere sulla strategia “un solo messaggio ma più voci”, inoltre può intensificare il sostegno per le posizioni europee.
João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento europeo da tempo adotta una politica dei due pesi e due misure per quanto concerne i diritti umani. È ben noto, inoltre, che esso nutre una concezione ristretta e strumentale della dichiarazione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ancora una volta, in questa relazione, la selettività con cui si fa riferimento ai vari paesi è chiara. I paesi con cui l’UE intrattiene rapporti economici e diplomatici e a cui attribuisce un’importanza strategica vengono omessi a causa degli interessi strategici che rivestono, nonostante le gravi violazioni dei diritti umani di cui si macchiano. Tra questi paesi si contano, per esempio, Israele, la Colombia e il Marocco, per citarne solo tre in continenti diversi. Da parte nostra, noi non abbiamo una visione ristretta dei diritti umani.
Prendiamo sul serio l’intero contenuto della dichiarazione, che riteniamo essere una delle principali ispirazioni della nostra azione politica. Infine, respingiamo l’idea che l’Unione europea debba avere un seggio permanente nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite semplicemente perché non avrebbe senso, considerati lo spirito e i principi a cui si ispira l’organizzazione, contenuti nella Carta delle Nazioni Unite. L’ONU è, e deve restare, un’organizzazione di stati indipendenti e sovrani.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La selettività riguardante i paesi criticati in questa relazione e il carattere strumentale di questa discussione sono chiari. L’utilizzo ipocrita della presente relazione è palese, perché essa non critica i paesi con cui l’UE intrattiene buone relazioni economiche e diplomatiche e quelli di importanza strategica, nonostante le loro violazioni dei diritti umani, per esempio, la Colombia e l’Honduras. Non si chiede la fine dell’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco, né della Palestina da parte di Israele.
Inoltre non possiamo condividere l’idea che l’Unione europea abbia un seggio permanente all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite perché l’ONU è un’organizzazione composta da stati sovrani e indipendenti e l’Unione europea non è uno stato, secondo la Carta dell’ONU.
La difesa dei diritti umani, compresa la loro indivisibilità e non classificabilità, e il fatto che sono uno dei presupposti per il rispetto dei diritti delle persone e per giustizia, pace, libertà e democrazia autentiche, costituisce la base della nostra azione politica. Potete contare su di noi per la difesa dei diritti umani, ma non contate su di noi per meri esercizi di ipocrisia.
Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo documento perché il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite costituisce una piattaforma unica nel suo genere, specializzata nei diritti umani universali e rappresenta un apposito forum che si occupa di diritti umani nell’ambito del meccanismo dell’ONU, inoltre gli è stato affidato l’importante compito e responsabilità di rafforzare la promozione, la protezione e il rispetto dei diritti dell’uomo in tutto il mondo. Vorrei sottolineare l’importanza della 16a sessione dell’UNHRC, in particolare il rispettivo processo di revisione, che rappresenta un’opportunità unica per valutare il modo in cui il Consiglio ha svolto il proprio mandato e un’occasione per il Consiglio di migliorare le proprie metodologie di lavoro allo scopo di reagire più efficacemente e sistematicamente alle violazioni dei diritti dell’uomo. Giudico positivamente il fatto che all’ordine del giorno della 16a sessione ordinaria vi siano, tra le altre, relazioni riguardanti i diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche e la promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel contrasto al terrorismo, nonché incontri di largo respiro sui diritti del fanciullo.
Petru Constantin Luhan ( PPE), per iscritto. – (RO) La 16a sessione del Consiglio per i diritti umani dell’ONU rappresenta una straordinaria occasione per valutare il modo in cui il Consiglio ha adempiuto al suo mandato e, al contempo, un’opportunità per migliorare le sue metodologie di lavoro al fine di assicurare una risposta più efficace e sistematica alle situazioni di violazione dei diritti umani. Penso sia fondamentale istituire, nel quadro del Consiglio UE, un gruppo di lavoro sui diritti umani che comprenda esperti nel campo provenienti da tutti i 27 Stati membri dell’UE, con sede a Bruxelles.
Sarebbe veramente utile nominare un rappresentante speciale UE di alto livello per i diritti umani. Spero che il SEAE, in particolare, le delegazioni dell’Unione europea a Ginevra e a New York, migliorino in futuro la coerenza, rendano più visibile e aumentino la credibilità delle azioni dell’Unione nell’ambito del Consiglio dell’ONU per i diritti umani, sviluppando la capacità dell’UE di interagire e cooperare a livello interregionale.
Thomas Mann (PPE), per iscritto. – (DE) Ho appena votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulle priorità della 16a sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani. La nostra risoluzione è particolarmente importante perché oggi abbiamo commemorato la repressione delle proteste pacifiche per la violenta occupazione del Tibet 52 anni fa. Il Dalai Lama ieri ha annunciato il suo ritiro dalla vita politica: questo costituisce una perdita di portata storica. Sono poche le persone che godono di una stima così profonda del proprio popolo e del mondo intero e che, allo stesso tempo, sono così amate come Sua Santità. Ritirandosi dalla vita politica, il Dalai Lama non sta assolutamente sottraendosi alle proprie responsabilità. Ha dichiarato che continuerà ad impegnarsi nel suo ruolo spirituale per le questioni che riguardano il popolo tibetano. Sua Santità trasferirà i poteri politici previsti dalla costituzione tibetana al governo in esilio liberamente eletto. In tal modo, rafforzerà ancora una volta la democrazia del popolo tibetano in esilio, sparso in tutti i continenti del mondo. Il 20 marzo saranno eletti un nuovo primo ministro e un nuovo parlamento. Assisterò alle elezioni in Svizzera in qualità di osservatore. Noi europei dobbiamo contribuire a consolidare ulteriormente la democrazia e i diritti umani per il popolo tibetano.
David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo positivamente la presente risoluzione, che pone in evidenza l’interdipendenza dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali e sottolinea che l’accesso all’acqua fa parte dei diritti dell’uomo. Vedo con favore soprattutto l’adozione dell’emendamento 19 che invita a dare un seguito alla relazione Goldstone.
Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) In questi tempi difficili che ci troviamo ad affrontare, soprattutto nelle regioni del Nord Africa, la 16a sessione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite è di straordinaria importanza. L’Unione europea dovrà pertanto svolgere un ruolo veramente attivo in questa sessione e compiere ogni sforzo per fare in modo che la sua visione universalistica dei diritti umani fondata sul rispetto della dignità umana sia seguita da ogni paese del mondo. Per l’UE è importante inoltre che sia nominato un alto rappresentante per i diritti umani al fine di diffondere sempre più il suo parere sulla protezione di tali diritti.
Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Purtroppo non mi è stato possibile votare a favore di questa risoluzione del Parlamento europeo riguardante le priorità della 16a sessione del Consiglio ONU per i diritti umani perché contiene una serie di punti che non mi vedono d’accordo.
La risoluzione chiede il coordinamento con gli Stati Uniti nel campo dei diritti umani, vede con favore la nomina del Marocco a co-facilitatore nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e incoraggia l’UE a mantenere “posizioni comuni” rispetto ad alcuni paesi. Insiste anche sulle virtù degli strumenti finanziari dell’UE, che sono semplicemente un esempio del modo in cui l’UE manipola un tema così importante come i diritti umani, finanziando gruppi che salvaguardano gli interessi europei nei paesi terzi.
A mio parere, vi sono motivi a sufficienza per non votare a favore di questa risoluzione, per questo mi sono astenuto.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) I disordini nel Maghreb ci mostrano nitidamente che non è facile difendere i diritti umani e che nel farlo ci si scontra spesso con interessi economici e/o militari. Allo stesso modo, si adottano provvedimenti nel nome della lotta al terrorismo incompatibili con i diritti umani. A tal proposito, l’UE deve fare un esame di coscienza: si pensi ad esempio al caso dei sorvoli illegali della CIA. Nonostante questi difetti, resta fondamentale che l’UE si dedichi alla protezione dei diritti umani. La tutela dei diritti delle minoranze, in particolare il miglioramento della situazione dei cristiani e di altre minoranze religiose nei paesi musulmani deve costituire uno dei principali obiettivi dell’Unione europea, perché soprattutto i cristiani sono oggetto di gravi persecuzioni e sono le principali vittime delle violenze religiose. Per questo motivo ho votato a favore.
Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione perché il Consiglio per i diritti umani della Nazioni Unite svolge un ruolo fondamentale in tutto il mondo nella risoluzione delle questioni legate ai diritti umani. Il processo di revisione costituisce una straordinaria opportunità per valutare in che modo il Consiglio ha adempiuto al proprio mandato. Concordo con l’invito rivolto all’UE di parlare con una sola voce in merito alle tematiche affrontate. Gli Stati membri devo altresì impegnarsi attivamente per riesaminare l’operato del Consiglio. Giudico positivamente il fatto che l’ordine del giorno della 16a sessione ordinaria comprenda relazioni concernenti i diritti delle persone che appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche, i diritti del fanciullo e il contrasto al terrorismo. Tuttavia, per migliorare le condizioni di vita delle persone, durante la sessione dovranno essere prese in esame anche le questioni relative al diritto all’approvvigionamento idrico e ai servizi igienici. Occorre garantire un efficace meccanismo di attuazione e protezione di quello che è un diritto umano fondamentale. È necessario compiere ogni sforzo per far adottare impegni in questo ambito a livello internazionale e affinché ogni persona abbia accesso all’acqua potabile e ai servizi igienici.
Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Il rispetto, la promozione e la salvaguardia dell’universalità dei diritti umani fanno parte dell’acquis giuridico, etico e culturale dell’Unione europea e rappresentano una pietra miliare della unità e integrità europee. Occorre pertanto fare ogni sforzo per aumentare la visibilità e l’efficacia dell’azione dell’Unione e dei suoi Stati membri, inoltre è essenziale garantire che essa si impegni a partecipare attivamente a questa importante 16a sessione del Consiglio per i diritti umani (UNHRC), nonché al processo di revisione dello stesso organismo che avrà luogo nel 2011.
Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Una buona relazione in cui, tra le altre cose, il Parlamento accoglie con favore il fatto che l’ordine del giorno della 16ª sessione ordinaria comprende relazioni in materia di “diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche" e di “promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel contrasto al terrorismo”, nonché riunioni di ampio respiro sui diritti del fanciullo; vede positivamente anche le candidature di quest’anno dei relatori speciali su questi temi chiave e prende atto delle relazioni che essi presenteranno in materia di tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, di libertà di religione o di credo e sulla situazione dei difensori dei diritti umani; invita gli Stati membri dell’Unione a contribuire attivamente a queste discussioni.
Catherine Stihler (S&D), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione in quanto mette in evidenza l’importante ruolo svolto dall’UE nella sua collaborazione con il Consiglio per i diritti umani. Considerati i recenti avvenimenti in Libia, è assolutamente fondamentale portare avanti la nostra campagna volta a promuovere la tutela dei diritti umani a livello internazionale.
Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuta dalla votazione finale su questa risoluzione per due ordini di motivi: di fondo e procedurali.
Il testo della risoluzione rafforza l’idea di una politica UE fatta di due pesi e due misure in tema di diritti umani, soprattutto per quanto riguarda le loro violazioni nei territori palestinesi occupati. I pochi emendamenti presentati su questo tema, per cui ho votato, non nascondono il fatto che l’Unione si rifiuta di mettere in pratica le linee guida della relazione Goldstone.
Il Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea – Sinistra verde nordica ha presentato una propria risoluzione che sostiene l’universalità dei diritti umani in tutti gli ambiti sociali, economici e culturali.
D’altro canto, l’obiettivo di questa risoluzione era di votare in merito al mandato della delegazione dell’Unione europea presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per la sua 16a sessione, benché tale sessione sia già iniziata il 28 febbraio scorso, con numerosi interventi della Baronessa Ashton.
Votare questa risoluzione quando la sessione del Consiglio per i diritti umani è già iniziata ha poco senso; il Parlamento europeo avrebbe dovuto spiegare a monte la sua posizione.
Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della risoluzione sulle priorità della 16a sessione del Consiglio ONU per i diritti umani. Anche a mio parere il Consiglio potrebbe essere molto prezioso come una sorta di “sistema di preallarme” e di meccanismo preventivo e mi aspetto che il Servizio per l’azione esterna partecipi a questo organismo in quest’ottica. Per quanto riguarda la revisione del Consiglio per i diritti umani, ovviamente sono altresì a favore della richiesta di un processo omnicomprensivo e, soprattutto, trasparente.
Presidente. – Le dichiarazioni di voto sono concluse.