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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 15 marzo 2017 - Strasburgo Edizione rivista

Conclusioni della riunione del Consiglio europeo del 9 e 10 marzo, inclusa la dichiarazione di Roma (discussione)
MPphoto
 

  Gianni Pittella, a nome del gruppo S&D. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, auguri al Presidente Tusk. Ringrazio il presidente Juncker, il Primo ministro Gentiloni e il vice Primo ministro Grech per gli importanti discorsi che hanno fatto. Ringrazio, in particolare, il Primo ministro Gentiloni per il riconoscimento forte che ha fatto del ruolo essenziale del Parlamento europeo.

Traggo dalle vostre parole l'urgenza di un'azione forte per rilanciare il progetto europeo e noi socialisti ci siamo. Se c'è una cosa che non possiamo permetterci a Roma è di parlare a vuoto o di usare retorica o slogan. Presidente Tajani, lei sa di contare sulla fiducia del nostro gruppo: ma se la dichiarazione finale di Roma dovesse essere troppo debole, dovesse non contenere riferimenti significativi all'Europa sociale e alla governance dell'eurozona, noi le chiederemo di non firmarlo. Ci sarebbe piaciuto che tutto il Parlamento fosse più coinvolto nell'elaborazione di questa dichiarazione, attraverso una risoluzione ad hoc, anche se è vero che ci sono state tre importanti relazioni e risoluzioni nelle quali noi ci riconosciamo.

Noi socialisti non ci rassegniamo allo status quo. I populisti sono forti, non solo quando noi non sappiamo spiegare i nostri successi; sono forti anche quando noi appariamo deboli o rassegnati. Uniti e coraggiosi possiamo sconfiggerli. La parola magica di questi giorni – è stata rievocata anche oggi – è "velocità". Ma l'Europa a più velocità non è la panacea di tutti i mali: è un metodo, non è la sostanza, né la strategia. Gentiloni ha detto le cose sagge oggi. Riconosco che questo metodo nel passato è servito all'Europa perché è inammissibile che uno Stato membro metta il veto se altri vogliono andare avanti: ma sarebbe tuttavia un errore concentrarci unicamente sulla velocita.

Il problema dell'Europa oggi non è una, due, tre, quattro velocità, ma la direzione di marcia, la sostanza; mettiamoci d'accordo sulla direzione: dove vogliamo andare? Qual è l'approdo? E io mi auguro che in questa direzione marcino tutti gli Stati membri e tutte le famiglie politiche europeiste e, se qualcuno non ci sta, è sua responsabilità chiamarsi fuori e non può impedire agli altri di andare avanti. Se la direzione è l'austerità, per esempio, andiamo a sbattere. Ecco perché il problema è il contenuto, è sostanza e non il metodo. Prima viene la sostanza poi il metodo.

A Roma abbiamo tre grandi sfide da affrontare. La prima riguarda l'unità dell'Europa: la nostra coesione sociale e territoriale. Abbiamo bisogno di standard sociali comuni, di migliori condizioni di vita. Questo vuol dire un forte pilastro sociale, una strategia di investimento europea che crei lavoro attraverso la transizione energetica, l'economia circolare, la connettività digitale per tutti. E a chi chiede dove troveremo le risorse per fare queste cose, io rispondo che ogni anno l'evasione fiscale ruba ai cittadini europei miliardi di euro. Lì ci sono le risorse, dobbiamo restituirle ai nostri cittadini.

La seconda grande priorità riguarda la difesa collettiva e la frontiere estere. È impossibile avere un mercato privo di frontiere interne senza condividere la responsabilità nella gestione delle frontiere esterne e senza avere un sistema europeo di asilo.

La terza priorità riguarda la proiezione dell'Europa nel mondo: mentre Trump isola l'America e minaccia l'ordine internazionale, mentre paesi importanti – l'avete detto voi e concordo pienamente con la reazione del presidente Juncker – mentre la Turchia si sta spingendo verso una dimensione illiberale, autoritaria e personale del potere, l'Europa deve essere il punto di riferimento per chi crede nella democrazia e nei diritti umani.

Gentile Presidente, il sogno che sessant'anni fa animava i costituenti ha conosciuto fasi alterne: picchi di entusiasmo e periodi di stagnazione o di declino. Può apparire strano ma più l'Unione europea è minacciata, più io credo nell'Europa; più i tempi diventano scuri, più capisco il senso e la necessità dell'integrazione europea.

E ho capito che soltanto se crediamo davvero in quel progetto possiamo cambiarlo e salvarlo. Le mezze frasi, i compromessi sulle parole, le timidezze e le ambiguità non servono più: a Roma ognuno scelga liberamente il campo dove si colloca e poi andiamo avanti per cambiare l'Europa e salvare il progetto europeo.

 
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