Preparazione della riunione del Consiglio europeo (19 e 20 ottobre) (discussione)
Gianni Pittella, a nome del gruppo S&D. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, caro collega Weber non credo sia opportuno discutere delle elezioni tedesche, mentre si sta discutendo il prossimo Consiglio europeo. Ma se proprio vuole una risposta su questo punto, io ho salutato favorevolmente la decisione del collega Schulz di prendere atto della conclusione della grande coalizione in Germania, così come abbiamo fatto qui nel Parlamento europeo alcuni mesi prima. Questo non significa che noi non si possa collaborare: una cosa è tenere una dialettica forte, vera tra la destra e la sinistra, i conservatori moderati e progressisti, e una cosa è fare le grandi coalizioni.
Ieri abbiamo dimostrato, sulla questione del riconoscimento della Cina come economia di mercato, che il Parlamento, pur mantenendo questa dialettica forte, può lavorare insieme e abbiamo ottenuto un grande risultato, difendendo le industrie europee e i lavoratori europei. Io voglio ringraziare i compagni e i colleghi del gruppo socialista che hanno avuto un ruolo cruciale, a cominciare dalla collega Mosca, dal collega Maurel e dal presidente Bernd Lange.
Ho ascoltato parole confortanti da parte di Frans Timmermans, primo Vicepresidente, che sono in linea con la relazione che ha fatto il presidente Juncker e voglio dire alla Commissione europea: i socialisti sono pronti, sono stati sempre pronti! Quando si tratta di agire e di fare, noi siamo pronti; quando si tratta di avere coraggio, noi siamo pronti! Non siamo pronti e siamo contro, quando si mette la testa sotto la sabbia. Bisogna sfidare il Consiglio, insieme, in modo costruttivo, ma in modo chiaro.
Sull'immigrazione noi aspettiamo risposte convincenti. Il fatto che si siano ridotti i flussi dell'80% non può tranquillizzarci sull'eliminazione delle cause profonde dei flussi migratori; anzi, dobbiamo utilizzare questa fase per affrontare le cause profonde che spingono migliaia e migliaia di persone a venire in Europa e non dobbiamo scambiare le cause con gli effetti e sbagliare la terapia. La terapia non può essere quella di costringere l'Europa e l'Africa in una fortezza. La terapia non può essere quella di alzare nuovi muri! Lo dico al Consiglio e lo dico alla Commissione: l'idea di creare nuove frontiere, di rafforzare le frontiere interne agli Stati europei, di prolungare il tempo a queste frontiere è l'arma sbagliata per affrontare un problema serio che è quello del terrorismo.
È legittimo per gli Stati membri dotarsi di strumenti efficaci nella lotta al terrorismo ma non illudetevi di curare un problema serio con l'aspirina! L'aspirina può far venire l'ulcera allo stomaco: le frontiere interne possono abolire una grande conquista dell'Europa che è la libera circolazione delle persone all'interno dell'Unione europea. E attenzione a non trasformare gli hotspot, che sono uno strumento per la gestione emergenziale dei flussi, in uno strumento di gestione ordinaria dei flussi migratori. Non è giusto, non è utile, non è efficace fare queste cose.
Nei giorni scorsi abbiamo rivolto un appello al presidente Tusk perché riconosca finalmente il Consiglio a Bulgaria a Romania e, nei tempi dovuti anche alla Croazia, il diritto di far parte dello spazio di Schengen ma anche perché si riformi finalmente il regolamento di Dublino: il Parlamento sta facendo il suo lavoro – come sempre – e il Consiglio deve iniziare il suo!
Qui non possiamo dire: "l'Europa non funziona". No! La Commissione ha formulato una proposta e il Parlamento sta occupandosene. È il Consiglio che non ha aperto il file! Questa è la verità. Vogliamo dirlo chiaro e forte: quando l'aprirà il Consiglio, dirò: "Bravo Consiglio, fai bene, stai facendo bene" e dobbiamo dire con chiarezza che quella norma che prevede che sia il primo paese di arrivo a farsi carico di tutti i fardelli e di tutte le responsabilità è contraria allo spirito di unità e di solidarietà che ci deve essere nell'Unione europea.
Infine, l'Africa. Ne ha parlato anche il collega Weber: mi fa piacere, perché si sta diffondendo quest'idea che l'Africa è una nostra priorità. Due anni fa è stato lanciato il Fondo fiduciario a La Valletta; bene, grande lungimiranza della Vicepresidente Mogherini e della Commissione europea. Ma gli Stati membri che hanno alimentato quel fondo sono stati pochissimi: anche qui lo dico al rappresentante del Consiglio: se ne faccia carico! L'Africa non è uno slogan: l'Africa è un tema che richiede risposte. Bene il piano di investimenti di 44 miliardi: ma quegli investimenti devono essere veicolati e finalizzati agli interventi che realmente creano sviluppo e creano posti di lavoro, perché questo serve per dare un futuro alle ragazze e ai ragazzi africani e anche a ridurre i flussi migratori.
Io sono sempre più convinto che dall'Africa passi la soluzione delle nostre sfide globali e locali. Vorrei concludere con una frase bellissima di Fatou Diome. "Bisogna smetterla con l'ipocrisia: saremo ricchi insieme o annegheremo tutti insieme".