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 Indice 
 Testo integrale 
Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 24 ottobre 2017 - Strasburgo Edizione rivista

Conclusioni della riunione del Consiglio europeo del 19 e 20 ottobre 2017 e presentazione dell'agenda dei leader (Costruire insieme il nostro futuro) (discussione)
MPphoto
 

  Gianni Pittella, a nome del gruppo S&D. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Consiglio ha preso atto dello stallo sulla Brexit. Ha detto bene il Presidente Juncker: noi siamo favorevoli a un accordo, ma lo stallo è determinato dall'impreparazione del governo britannico.

Tuttavia il distacco del Regno Unito non è l'unica frattura che sta toccando l'Unione europea. Abbiamo altre fratture: dalla Catalogna fino al Nord Italia, ci sono forze al lavoro che fomentano le divisioni all'interno della nostra Europa. Si fa strada una sorta di egoismo dei ricchi, da una parte, una sindrome di Robin Hood alla rovescia, che vuole togliere alle regioni più povere per dare a quelle più ricche, e non mi stupisco che ci sia di mezzo la questione fiscale. Non c'è nulla di male a volere più autonomia – io sono un federalista, sono per un'Europa federale, quindi voglio maggiore autonomia – ma non a scapito della solidarietà. Ridistribuire risorse dalle regioni ricche a quelle più povere non è un atto di beneficenza, ma è il fondamento del patto di cittadinanza.

L'Europa rischia poi un'altra forma di secessione, più silenziosa e più drammatica: la secessione degli ultimi, il distacco di chi non ce la fa più. I dimenticati della globalizzazione si stanno ribellando contro l'ordine costituito negli ultimi vent'anni. E il paradosso – dobbiamo stare attenti a questo – è che a cavalcare l'onda di questa rivolta degli ultimi è proprio chi ha approfittato del sistema di questi anni: spesso sono i miliardari, i plurimiliardari, che danno voce alla rabbia degli ultimi. Crescono anche in Europa tanti piccoli Trump, come abbiamo visto nelle elezioni recenti in Repubblica ceca. Se non vogliamo un'Europa "trumpizzata", divisa e indebolita, bisogna agire da subito per sanare questa doppia frattura, territoriale e sociale.

Il Presidente Tusk ha presentato la sua proposta per una nuova agenda per il Consiglio europeo: più riunioni, un lavoro più efficiente e più efficace… benissimo, ma bisogna concentrarsi non solo sul metodo, ma sull'efficacia dei risultati. Il nostro Parlamento ha dato buona prova di sé: ha approvato la revisione delle regole di Dublino sulla richiesta di asilo – è un grande passo in avanti del Parlamento europeo, fatto insieme, un passo storico – e ha approvato la revisione della direttiva sui lavoratori distaccati, anche questo un grande passo in avanti del Parlamento europeo.

Quindi noi, come istituzione eletta democraticamente dai cittadini, stiamo rispondendo a domande precise che ci fanno i nostri cittadini su due temi fondamentali, e vogliamo che si proceda e si finalizzino questi dossier con un accordo con il Consiglio. E vogliamo dare sostanza al pilastro sociale, che ha richiamato il Presidente Juncker. Dopo vent'anni si è fatto un Consiglio, ora non facciamo del pilastro sociale uno slogan, perché di slogan i cittadini ne hanno piene le tasche e le orecchie, hanno bisogno di misure concrete. Il distacco del lavoratore è una misura concreta, ma se diamo una risposta anche ai giovani disoccupati, se diamo una risposta agli emarginati, a chi non ha una casa, a chi è cacciato fuori dal progresso tecnologico e deve essere protetto dagli effetti della globalizzazione, allora riempiamo quella parola magica – "pilastro sociale" – di contenuti concreti.

Infine, un'affettuosa raccomandazione al Consiglio: sia zelante su queste cose e si interessi di meno su come deve essere composto il Parlamento europeo. Sarebbe ben strano che il Parlamento europeo dicesse al Consiglio come questo deve essere formato; non accettiamo che il Consiglio ci dica come dovrà essere il Parlamento europeo nel 2019.

 
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