Proposta di risoluzione comune - RC-B8-0075/2017Proposta di risoluzione comune
RC-B8-0075/2017

PROPOSTA DI RISOLUZIONE COMUNE sulla situazione in Burundi

18.1.2017 - (2017/2508(RSP))

presentata a norma dell'articolo 135, paragrafo 5, e dell'articolo 123, paragrafo 4, del regolamento
in sostituzione delle proposte di risoluzione presentate dai gruppi:
S&D (B8-0075/2017)
ECR (B8-0078/2017)
Verts/ALE (B8-0082/2017)
EFDD (B8-0084/2017)
ALDE (B8-0089/2017)
PPE (B8-0091/2017)

Cristian Dan Preda, Elmar Brok, Joachim Zeller, Jarosław Wałęsa, Tomáš Zdechovský, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Krzysztof Hetman, Ivan Štefanec, Pavel Svoboda, Brian Hayes, Jaromír Štětina, Bogdan Brunon Wenta, Marijana Petir, Eduard Kukan, Tunne Kelam, Lefteris Christoforou, Ivana Maletić, Željana Zovko, Dubravka Šuica, Thomas Mann, Luděk Niedermayer, Csaba Sógor, Michaela Šojdrová, Therese Comodini Cachia, Jeroen Lenaers, Maurice Ponga, Anna Záborská, Lorenzo Cesa, József Nagy, Romana Tomc, Adam Szejnfeld, Ivica Tolić, Eva Paunova, Laima Liucija Andrikienė, Claude Rolin, Andrey Kovatchev, Jiří Pospíšil, Inese Vaidere, Roberta Metsola, Patricija Šulin, Deirdre Clune, György Hölvényi, David McAllister, László Tőkés, Mariya Gabriel, Seán Kelly, Giovanni La Via a nome del gruppo PPE
Pier Antonio Panzeri, Maria Arena a nome del gruppo S&D
Charles Tannock, Mark Demesmaeker, Ryszard Antoni Legutko, Ryszard Czarnecki, Tomasz Piotr Poręba, Karol Karski, Anna Elżbieta Fotyga, Zdzisław Krasnodębski, Branislav Škripek, Jana Žitňanská, Notis Marias, Ruža Tomašić, Raffaele Fitto, Angel Dzhambazki, Monica Macovei, Valdemar Tomaševski a nome del gruppo ECR
Pavel Telička, Dita Charanzová, Ilhan Kyuchyuk, Beatriz Becerra Basterrechea, Izaskun Bilbao Barandica, Filiz Hyusmenova, Petras Auštrevičius, Louis Michel, Marielle de Sarnez, Gérard Deprez, Martina Dlabajová, María Teresa Giménez Barbat, Marian Harkin, Ivan Jakovčić, António Marinho e Pinto, Urmas Paet, Jozo Radoš, Frédérique Ries, Marietje Schaake, Jasenko Selimovic, Hannu Takkula, Ramon Tremosa i Balcells, Ivo Vajgl, Hilde Vautmans, Paavo Väyrynen, Cecilia Wikström, Javier Nart, Nedzhmi Ali, Valentinas Mazuronis a nome del gruppo ALDE
Judith Sargentini, Maria Heubuch, Heidi Hautala, Florent Marcellesi, Michèle Rivasi, Bodil Valero, Barbara Lochbihler, Bart Staes, Ernest Urtasun, Igor Šoltes, Davor Škrlec, Bronis Ropė a nome del gruppo Verts/ALE
Ignazio Corrao, Fabio Massimo Castaldo, Piernicola Pedicini, Laura Agea, Laura Ferrara, Isabella Adinolfi a nome del gruppo EFDD

Procedura : 2017/2508(RSP)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
RC-B8-0075/2017
Testi presentati :
RC-B8-0075/2017
Testi approvati :

Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Burundi

(2017/2508(RSP))

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Burundi, in particolare le due più recenti, adottate il 9 luglio 2015[1] e il 17 dicembre 2015[2],

–  visto l'accordo di Cotonou rivisto, in particolare l'articolo 96,

–  vista la decisione (UE) 2016/394 del Consiglio, del 14 marzo 2016, relativa alla conclusione della procedura di consultazione con la Repubblica del Burundi a norma dell'articolo 96 dell’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro[3],

–  vista la sua risoluzione del 4 ottobre 2016 sul futuro delle relazioni ACP–UE dopo il 2020[4],

–  vista la risoluzione dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE del 9 dicembre 2015 sulla situazione in Burundi,

–  visto l'accordo di pace e riconciliazione di Arusha per il Burundi del 28 agosto 2000,

–  vista la Costituzione del Burundi, in particolare l'articolo 96,

–  vista la Carta africana sulla democrazia, le elezioni e il buon governo,

–  vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–  vista la dichiarazione, del 21 ottobre 2016, del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) a nome dell'Unione europea sul Sud Africa, il Burundi e la Corte penale internazionale (CPI),

–  visto il regolamento (UE) 2015/1755 del Consiglio, del 1° ottobre 2015, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Burundi e il rinnovo di tali misure del 29 settembre 2016,

–  vista la risoluzione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli, del 4 novembre 2016, sulla situazione dei diritti umani nella Repubblica del Burundi,

–  vista la relazione del 20 settembre 2016 dell'Indagine indipendente delle Nazioni Unite sul Burundi, istituita in conformità alla risoluzione S-24/1 del Consiglio per i diritti umani,

–  vista la relazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, del 17 giugno 2016, sulla situazione dei diritti umani in Burundi,

–  vista la risoluzione adottata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 30 settembre 2016 sulla situazione dei diritti umani in Burundi,

–  vista la relazione, del 17 maggio 2016, della delegazione della Commissione africana sui diritti dell'uomo e dei popoli sulla sua missione di informazione in Burundi del 7-13 dicembre 2015,

–  vista la dichiarazione del portavoce del SEAE, del 6 gennaio 2017, sulla messa al bando della Ligue Iteka in Burundi,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che il Burundi sta attraversando una gravissima crisi politica, sociale ed economica da quando il suo presidente, Pierre Nkurunziza, ha deciso, in violazione dell'accordo di Arusha e della costituzione del paese, di candidarsi per un terzo mandato presidenziale ad aprile 2015; che il presidente Nkurunziza ha recentemente dichiarato di non escludere la possibilità di rivedere la Costituzione del Burundi allo scopo di potersi candidare per un eventuale quarto mandato a partire dal 2020;

B.  considerando che il 19 ottobre 2016 il Burundi ha notificato alla Corte penale internazionale (CPI) il suo ritiro dallo statuto di Roma e dalla CPI, in seguito alla decisione di quest'ultima di avviare un'indagine preliminare in merito alle violenze e alle violazioni dei diritti umani nel paese;

C.  considerando che il 15 novembre 2016 la Ligue Iteka ha pubblicato una relazione redatta congiuntamente alla Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH) sulla repressione e le dinamiche di genocidio in Burundi, in seguito a un'indagine condotta per due anni nel paese che ha fornito informazioni aggiornate in merito alla repressione del governo e alle gravi violazioni dei diritti umani; che, poche settimane dopo, la Ligue Iteka ha inoltre pubblicato numerose relazioni investigative sui crimini più gravi commessi dalle forze governative in Burundi: omicidi, rapimenti, sparizioni forzate, torture, stupri e detenzioni su vasta scala; che tali crimini hanno continuato a essere commessi in totale impunità; che a ottobre 2016 altre cinque organizzazioni di tutela dei diritti umani erano già state messe al bando, segnatamente il Forum pour le renforcement de la société civile (FORSC), il Forum pour la conscience et le développement (FOCODE), l'Action chrétienne pour l’abolition de la torture(ACAT), l'Association burundaise pour la protection des droits humains et des personnes détenues (APRODH) e la Réseau des citoyens probes (RCP);

D.  considerando che a novembre 2016 la FIDH ha registrato più di 1 000 persone decedute, 8 000 persone detenute per motivi politici, da 300 a 800 persone scomparse, centinaia di casi di tortura, centinaia di donne vittime di violenze sessuali, migliaia di arresti arbitrari, oltre 310 000 persone rifugiate nei paesi vicini e 61 000 sfollati interni; che la situazione della sicurezza in Burundi rappresenta un rischio per la stabilità della regione nel complesso;

E.  considerando che il governo ha inasprito la pressione nei confronti dei media e dei giornali indipendenti e che i giornalisti sono oggetto di sparizioni forzate, minacce e attacchi fisici o vessazioni giudiziarie; che tutte le stazioni radio indipendenti sono state sospese; che il Burundi occupa il 156° posto su 180 nell'indice sulla libertà di stampa nel mondo stilato da Reporters sans frontières per il 2016;

F.  considerando che a marzo 2016 l'UE ha concluso le consultazioni a norma dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou e ha sospeso il sostegno finanziario diretto all'amministrazione burundese, ritenendo insoddisfacenti gli impegni proposti dal governo in termini di diritti umani, principi democratici e Stato di diritto;

G.  considerando che il sistema giudiziario in Burundi è profondamente corrotto e che, sebbene centinaia di persone siano state torturate e uccise dall'inizio della crisi, spesso ad opera della polizia o dei servizi di intelligence, un numero molto esiguo di responsabili di tali azioni è stato assicurato alla giustizia;

H.  considerando che vi sono timori di "etnicizzazione" della crisi da parte del governo e che il ricorso a una retorica atta a creare divisioni da parte dei funzionari pubblici sta diventando sempre più comune, come sottolineato dai funzionari delle Nazioni Unite;

I.  considerando che, in base alle testimonianze, i membri dell'organizzazione giovanile del partito al potere, gli Imbonerakure, arrestano e percuotono i residenti, sottraggono loro beni e utilizzano lo stupro come arma; che tali giovani dirigono i loro attacchi principalmente contro i membri dell'opposizione, specialmente i membri delle Forze di liberazione nazionale (FNL); che, negli ultimi mesi, numerosi membri dell'opposizione e persone ritenute oppositori sono stati uccisi, detenuti, picchiati e torturati;

J.  che il 29 settembre 2016 il Consiglio ha rinnovato le misure restrittive dell'UE contro il Burundi, prorogandole fino al 31 ottobre 2017; che tali misure consistono nel divieto di viaggio e nel congelamento dei beni nei confronti di persone le cui attività sono state ritenute tali da compromettere la democrazia o ostacolare la ricerca di una soluzione politica alla crisi in Burundi;

K.  considerando che gli sforzi di mediazione continuano, con il pieno sostegno dell'Unione Africana, della Comunità dell'Africa orientale, dell'Unione europea e delle Nazioni Unite, al fine di promuovere il dialogo interburundese per giungere a una soluzione consensuale e pacifica della crisi in Burundi;

1.  esprime profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione politica e della sicurezza nel Burundi; condanna le violenze perpetrate nel Burundi dal 2015, ovvero le uccisioni, le torture, gli atti di violenza mirati contro le donne, compresi lo stupro collettivo, le vessazioni e la detenzione di migliaia di persone, lo sfollamento forzato di centinaia di migliaia di burundesi, gli arresti arbitrari e le detenzioni illegali, nonché le violazioni della libertà di stampa e di espressione, come pure la diffusa impunità per tali atti; chiede che sia condotta un'indagine approfondita e indipendente sulle uccisioni e sugli abusi e che i responsabili di tali atti siano assicurati alla giustizia;

2.  ricorda alle autorità del Burundi l'obbligo di garantire, proteggere e promuovere i diritti fondamentali, compresi i diritti civili e politici dei suoi cittadini come la libertà di parola e di riunione, secondo quanto previsto dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani; ricorda al governo burundese i suoi obblighi internazionali derivanti dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, in particolare per quanto riguarda il rispetto delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto e il trattamento dei procedimenti giudiziari, con particolare riferimento al diritto a un processo equo e imparziale;

3.  è profondamente preoccupato per l'adozione da parte dell'Assemblea nazionale nel Burundi, il 23 e il 28 dicembre 2016, di due progetti di legge intesi a stabilire controlli più rigorosi sulle azioni delle ONG nazionali e internazionali; sottolinea che il 3 gennaio 2017 tali leggi hanno comportato per Ligue Iteka il divieto di operare nel paese; sollecita le autorità del Burundi a riconsiderare tale decisione; ribadisce il ruolo fondamentale della società civile e degli attivisti per i diritti umani in una società democratica; chiede alle autorità locali di consentire loro di operare liberamente e in condizioni di sicurezza;

4.  chiede la liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri di coscienza; invita l'UE e i suoi Stati membri a raddoppiare gli sforzi volti a sostenere e a tutelare i difensori dei diritti umani e le organizzazioni a rischio nel paese;

5.  invita le autorità del Burundi ad aprire senza indugio i mezzi di comunicazione e a consentire ai leader dell'opposizione in esilio di tornare nel paese;

6.  esorta il governo del Burundi a riavviare la cooperazione con l'Ufficio dell'alto commissario per i diritti umani e il Consiglio dell'ONU per i diritti umani, e di concedere al personale dell'UNHCR l'accesso ai luoghi di detenzione; esorta il governo del Burundi a rispettare e a garantire i diritti umani e le libertà fondamentali per tutti, in linea con i rispettivi obblighi internazionali;

7.  sostiene fermamente i principi e i valori democratici, i diritti umani e lo Stato di diritto quali elementi essenziali dell'accordo di partenariato ACP-UE e dei principi enunciati nell'accordo di Arusha; esorta tutte le parti a porre in essere le condizioni necessarie per ristabilire la fiducia e promuovere l'unità nazionale attraverso un dialogo nazionale inclusivo e trasparente cui partecipino il governo, i partiti di opposizione e i rappresentanti della società civile, conformemente all'accordo di Arusha e alla Costituzione burundese;

8.  constata con profonda preoccupazione che il Burundi ha formalizzato il suo ritiro dallo statuto di Roma; ricorda che la CPI è un'istituzione fondamentale che aiuta i cittadini confrontati con i crimini più gravi a ottenere giustizia, nei casi in cui ciò non sia possibile a livello nazionale;

9.  invita il Consiglio di sicurezza dell'ONU e la CPI ad avviare rapidamente un'indagine completa sulle presunte violazioni dei diritti umani in Burundi, includendo in particolare il rischio di genocidio nella propria giurisdizione, commesse durante la recente crisi nel paese;

10.  condanna l'adozione di una nuova legge sull'istituzione di un corpo di volontari nazionali che legalizzerebbe le attività della violenta milizia giovanile "Imbonerakure", accusata a più riprese da organizzazioni internazionali per i diritti umani e dall'ONU di gravi abusi dei diritti umani e di operare in un clima di impunità; chiede il disarmo immediato della milizia;

11.  appoggia la decisione del Consiglio, dopo il fallimento delle discussioni avviate nel quadro dell'articolo 96 dell'accordo di Cotonou, intesa a sospendere il sostegno finanziario diretto a favore dell'amministrazione burundese, compreso il sostegno al bilancio, mantenendo nel contempo il pieno sostegno finanziario per la popolazione e gli aiuti umanitari attraverso i canali diretti;

12.  accoglie con favore le sanzioni mirate adottate dall'UE il 1° ottobre 2015, coerentemente con la decisione dell'Unione africana di imporre sanzioni mirate, tra cui le restrizioni di viaggio e il congelamento dei beni ai danni dei burundesi responsabili delle violazioni dei diritti umani e di coloro che ostacolano gli sforzi volti a pervenire a una soluzione politica della crisi; invita l'UE a estendere tali sanzioni a tutte le persone le cui azioni costituiscono una minaccia per la pace e la stabilità nella regione, poiché incitano all'odio e violano l'accordo di Arusha;

13.  esprime preoccupazione per il fatto che le crisi politiche potrebbero condurre a un conflitto etnico; condanna il fatto che l'amministrazione e l'esercito burundesi registrino le persone in un elenco in funzione della loro appartenenza etnica; esorta tutte le parti a rispettare l'accordo di Arusha;

14.  accoglie con favore la commissione d'inchiesta dell'ONU sui diritti umani nel Burundi, istituita nel novembre 2016 per indagare sulle violenze e sugli abusi dei diritti umani in Burundi dall'aprile 2015; esorta le autorità del Burundi a cooperare pienamente con i membri della commissione d'inchiesta;

15.  sostiene la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU del luglio 2016, che autorizza il dispiegamento di una forza di polizia dell'ONU nel Burundi al fine di ridurre la violenza e le violazioni dei diritti umani nel paese; esorta il Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana a inviare con urgenza una delegazione a Bujumbura per incontrare il Presidente Nkurunziza e a esercitare pressioni per indurlo a porre fine agli abusi delle forze di sicurezza;

16.  invita l'Unione africana, l'ONU e l'UE a tenere debitamente conto della dimensione regionale e a impedire qualsiasi ulteriore destabilizzazione nella regione; esorta il VP/AR a impegnarsi con le autorità del Burundi e con tutte le altre parti interessate pertinenti e a sostenere, rinnovare e rafforzare la credibilità degli sforzi di mediazione regionale profusi dalla Comunità dell'Africa orientale per trovare una soluzione duratura alla crisi nel rispetto della Costituzione, dell'accordo di Arusha e del diritto internazionale dei diritti umani attraverso un dialogo aperto e inclusivo;

17.  esprime profonda preoccupazione per il crescente flusso di rifugiati verso i paesi limitrofi e l'allarmante situazione umanitaria nel Burundi; ribadisce il suo sostegno e la propria solidarietà a tutte le organizzazioni umanitarie che operano in loco e nei paesi limitrofi ospitanti; invita altresì l'UE a intensificare l'assistenza nella regione;

18.  esprime profonda preoccupazione per l'annuncio del Presidente Nkurunziza, del 30 dicembre 2016, secondo cui potrebbe ripresentarsi per un quarto mandato presidenziale nel 2020;

19.  esprime particolare preoccupazione per il drammatico livello di discriminazione e criminalizzazione delle persone LGBTI in Burundi; chiede pertanto all'Assemblea nazionale e al governo del Burundi di abrogare gli articoli del codice penale che discriminano le persone LGBTI;

20.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Burundi, al Consiglio ACP-UE, alla Commissione, al Consiglio, alla Comunità dell'Africa orientale e ai governi dei suoi paesi membri, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, alle istituzioni dell'Unione africana e al Segretario generale delle Nazioni Unite.