RELAZIONE sulla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato Economico e Sociale sulla politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire
(COM(2001) 260 – C5‑0597/2001 – 2001/2248(COS))

22 febbraio 2002

Commissione per i problemi economici e monetari
Relatore: Benedetto Della Vedova

Procedura : 2001/2248(COS)
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A5-0048/2002
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A5-0048/2002
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PAGINA REGOLAMENTARE

Con lettera del 30 maggio 2001 la Commissione ha trasmesso al Parlamento la sua comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato Economico e Sociale sulla politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire (COM(2001) 260 – 2001/2248(COS)).

Nella seduta del 28 novembre 2001 il Presidente del Parlamento ha comunicato di aver deferito tale comunicazione alla commissione per i problemi economici e monetari per l'esame di merito e, per parere, alla commissione per l'occupazione e gli affari sociali ed a tutte le commissioni interessate (C5‑0597/2001).

Nella riunione del 10 luglio 2001 la commissione per i problemi economici e monetari aveva nominato relatore Benedetto Della Vedova.

Nelle riunioni del 10 ottobre 2001, 22 ottobre 2001, 8 gennaio 2002, 22 gennaio 2002 e 20 febbraio 2002 ha esaminato la comunicazione e il progetto di relazione.

In quest'ultima riunione riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione con 34 voti favorevoli e 5 contrari.

Erano presenti al momento della votazione Christa Randzio-Plath, presidente, José Manuel García-Margallo y Marfil, (vicepresidente), Philippe A.R. Herzog (vicepresidente) e John Purvis, vicepresidente, Benedetto Della Vedova, relatore, Generoso Andria, Pervenche Berès, Roberto Felice Bigliardo, Renato Brunetta, Hans Udo Bullmann, Marco Cappato (in sostituzione di Charles de Gaulle, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2, del regolamento), Richard Corbett (in sostituzione di Giorgos Katiforis), Jonathan Evans, Carles-Alfred Gasòliba i Böhm, Robert Goebbels, Lisbeth Grönfeldt Bergman, Mary Honeyball, Christopher Huhne, Othmar Karas, Piia-Noora Kauppi, Christoph Werner Konrad, Werner Langen (in sostituzione di Ingo Friedrich), Alain Lipietz, Astrid Lulling, Thomas Mann (in sostituzione di Alexander Radwan), Ioannis Marinos, Helmuth Markov (in sostituzione di Armonia Bordes), David W. Martin, Hans-Peter Mayer, Miquel Mayol i Raynal, Fernando Pérez Royo, Bernhard Rapkay, Olle Schmidt, Peter William Skinner, Charles Tannock (in sostituzione di Brice Hortefeux), Helena Torres Marques, Bruno Trentin, Ieke van den Burg (in sostituzione di un membro che deve essere nominato) e Theresa Villiers.

La commissione per l'occupazione e gli affari sociali aveva deciso il 4 ottobre 2001 di non esprimere parere.

La relazione è stata depositata il 22 febbraio 2002.

Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE

Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato Economico e Sociale sulla politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire (COM(2001) 260 – C5‑0597/2001 – 2001/2248(COS))

Il Parlamento europeo,

–   vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato Economico e Sociale sulla politica fiscale dell'Unione europea - Priorità per gli anni a venire (COM(2001) 260 – C5‑0597/2001[1]),

–   vista la comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato Economico e Sociale verso un mercato interno senza ostacoli fiscali - Strategia per l'introduzione di una base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle società (COM(2001) 582),

–   vista la comunicazione della Commissione sulla "Strategia volta a migliorare il funzionamento del regime IVA nel mercato interno" (COM(2000) 348),

–   visto lo studio condotto dalla Commissione "Company taxation in the internal market" dell’ottobre 2001,

–   viste le conclusioni del Consiglio ECOFIN del 1 dicembre 1997,

–   viste le conclusioni del Consiglio Europeo di Santa Maria de Feira del 20 giugno 2000,

–   vista la relazione del gruppo di lavoro sul Codice di condotta sulla tassazione delle imprese sottoposte al Consiglio ECOFIN il 27 novembre 1999,

–   viste le relazioni presentate nel corso della audizione di esperti organizzata dalla commissione per i problemi economici e monetari nel giugno 2000,

–   visto il rapporto dell’OECD intitolato "Project on harmful tax practices: the 2001 progress report",

–   visto l'articolo 47, paragrafo 1, del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A5‑0048/2002),

A.   considerando che il rapporto medio entrate fiscali / PIL, è cresciuto tra il 1970 e il 2000 di circa l'11%, passando dal 34.4% al 45.5%, con una crescita costante negli ultimi 30 anni, rallentata, ma non interrotta, negli anni più recenti; considerando altresi' che questa crescita è dovuta in larga parte all'aumento del peso delle imposte dirette ed in particolare di quelle sul reddito, e all'aumento del peso degli oneri sociali,

B.   considerando che il maggiore aumento della pressione fiscale sul lavoro (sia per tasse che per oneri sociali) si ha negli anni '70, ovvero nel periodo di massima crescita del rapporto entrate fiscali / PIL, cosa che mostra una correlazione molto stretta tra pressione fiscale sul lavoro e pressione fiscale tout court; mentre, per contro, non vi è alcuna evidenza di un trade-off tra la pressione fiscale sul lavoro e quella sul capitale,

C.   considerando che il passaggio ad un sistema IVA che applichi integralmente il principio del paese di origine non è riuscito finora a compiere progressi significativi, e che il sistema attuale, oltre ad essere poco trasparente, eccessivamente oneroso per cittadini e imprese e troppo vulnerabile alle frodi, è di ostacolo al completamento del mercato interno,

D.   considerando che l'UEM e la relativa centralizzazione della politica monetaria, se comporta un maggiore coordinamento delle politiche economiche, non implica l’armonizzazione delle politiche tributarie a livello UE,

E.   considerando che politiche differenziate in materia di fissazione del livello di accise non costituiscono in se stesse un ostacolo al mercato interno, se non quando vengono invocate per giustificare deroghe alla libera circolazione delle merci,

F.   considerando che occorre rimuovere gli ostacoli alle attività transfrontaliere per le società dell'UE che, operando su scala paneuropea, devono conformarsi a 15 normative fiscali,

G.   considerando che nonostante la sovranità fiscale degli Stati membri, l’integrazione e la globalizzazione dei mercati hanno reso difficile un’efficace tassazione all’interno delle frontiere dello Stato nazionale,

1.   accoglie con favore la comunicazione della Commissione laddove indica tra le priorità generali della politica fiscale l'eliminazione degli ostacoli al mercato interno, la riduzione del carico fiscale complessivo e dei relativi oneri burocratici, la modernizzazione del modello sociale europeo, la tutela ambientale ed una maggiore competitività;

2.   ritiene che la concorrenza fiscale tra gli Stati dell'UE, nel contesto di regole che evitino comportamenti scorretti, favorisca il conseguimento di tali obiettivi e incentivi comportamenti virtuosi da parte degli Stati dell'Unione, contribuendo ad impedire che la pressione fiscale raggiunga livelli eccessivi;

3.   sottolinea come la concorrenza fiscale non sia in conflitto con la costruzione del mercato interno, il quale non implica una assoluta parificazione delle condizioni di concorrenza in ciascun paese, tanto meno di quelle legate al prelievo fiscale. Ribadisce che la dimensione del prelievo fiscale è un problema interno a ciascun paese che non riguarda il mercato comune, il quale richiede, invece, la più radicale eliminazione, delle discriminazioni, delle doppie imposizioni e degli ostacoli burocratici;

4.   invita la Commissione a presentare una relazione sulla possibilità di introdurre nell’UE una clausola più favorevole per il trattamento fiscale al fine di conseguire una neutralità concorrenziale nel mercato interno;

5.   ritiene che la concorrenza fiscale possa di per sé costituire uno strumento efficace per ridurre una pressione fiscale elevata;

6.   ribadisce la necessità che il passaggio a un sistema IVA definitivo che applichi integralmente il principio del paese di origine debba essere incluso tra le priorità della politica fiscale dell’UE; invita pertanto la Commissione e il Consiglio a rinnovare l'impegno per individuare, in cooperazione con il Parlamento, un programma di transizione verso il regime definitivo;

7.   considera che quando è stata originariamente elaborata la sesta direttiva sull’IVA non si è tenuto conto delle particolari esigenze degli istituti di carità e che questi pertanto, malgrado svolgano il ruolo dei fornitori di servizi in aree chiavi quali, l’economia, la salute, l’istruzione e il benessere sociale, attualmente sono trattati come consumatori ai sensi delle attuali norme sull’IVA in quanto le loro attività sono considerate non commerciali o esentasse ai sensi dell’articolo 13, lettera a) della sesta direttiva; chiede alla Commissione di introdurre analoghe norme in materia di restituzione di imposta perché sono facili da introdurre e da gestire e non hanno alcun impatto sulla restante catena delle forniture;

8.   esorta la Commissione a proporre, nella sua proposta di sistema IVA definitivo, che le associazioni caritative siano esentate dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto o possano ottenere il rimborso dell’IVA già versata;

9.   esprime la propria preoccupazione sul fatto che l'attuale regime, nato come transitorio, stia sempre più diventando definitivo. Accoglie, tuttavia, con favore l'approccio pragmatico della Commissione volto a migliorare il funzionamento dell'attuale regime IVA e chiede che nell’ambito di tale miglioramento si annetta la massima priorità alla lotta alle frodi;

10.   deplora che il forte aumento della pressione fiscale verificatosi in molti stati membri negli ultimi tre decenni abbia colpito in particolar modo i redditi da lavoro;

11.   sottolinea che esiste un nesso tra una pressione fiscale eccessiva e una scarsa crescita economica e che gli Stati membri il cui livello fiscale si colloca molto al di sopra della media dell’Unione dovrebbero abbassare le imposte in questione, soprattutto gli oneri sul lavoro e le altre imposte negative dal punto di vista della crescita;

12.   non condivide la politica seguita dalla Commissione in materia di accise sul tabacco e sui prodotti alcolici, in particolare laddove mira ad una armonizzazione verso l'alto, attraverso il costante innalzamento dei livelli minimi di imposizione; sottolinea i gravi problemi di ordine pubblico legati al contrabbando, il quale, provenendo in particolare da paesi non UE, ha origine non tanto dai diversi livelli di imposizione vigenti nei vari Stati membri, quanto dall'elevato livello assoluto dell'imposizione;

13.   ritiene che occorra una più estesa applicazione, in particolare nel campo dei prodotti energetici, del principio "chi inquina paga", ricorda tuttavia che tale principio non si concretizza solo attraverso l’imposizione fiscale, ma anche attraverso la regolamentazione; indica nelle gravi distorsioni della concorrenza, legate in particolare alle asimmetrie nel livello di liberalizzazione dei mercati nazionali che affliggono il settore dell’energia, un ostacolo alla applicazione di tale principio. Nota con preoccupazione che, come evidenziato anche da uno studio OCSE, al fine di preservare la competitività dei settori "energy intensive", l'implementazione delle politiche fiscali ambientali ha fino ad oggi avuto effetti regressivi, colpendo quasi esclusivamente le famiglie e il settore dei trasporti;

14.   ritiene fondamentale che la politica fiscale favorisca lo sviluppo di una società basata sulla conoscenza, in particolare attraverso regimi fiscali di favore o di temporanea moratoria a vantaggio dei settori più innovativi. Ritiene necessario che nel settore del commercio elettronico, caratterizzato da una dimensione necessariamente globale e da problematiche tecniche e giuridiche non ancora risolte, le scelte di politica fiscale vengano individuate attraverso una stretta cooperazione con i paesi maggiormente interessati e con il loro accordo;

15.   deplora la mancanza di progressi per quanto riguarda l’introduzione di strumenti fiscali a favore della protezione dell’ambiente, quale ad esempio imposte sul CO2 e l’energia, già concordati da tutti gli Stati membri nel quadro del protocollo di Kyoto;

16.   invita il Consiglio ad adottare senza indugio la direttiva quadro sull’imposizione dei prodotti energetici (COM(97)0030);

17.   auspica che il cammino verso la piena attuazione delle misure contenute nel cosiddetto "pacchetto fiscale" possa essere al più presto completato, e in particolare che siano rimosse quelle norme che, discriminando tra residenti e non residenti o lasciando spazio a frodi, non sono compatibili con un mercato unico;

18.   si compiace dell'accordo raggiunto sulla tassazione dei redditi da risparmio, e sottolinea la necessità che l'adozione della direttiva sia accompagnata da misure equivalenti nei centri finanziari non UE verso i quali altrimenti affluiranno i risparmi UE;

19.   invita la Commissione europea a elaborare, sulla base dell’accordo fiscale modello dell’OCSE, un accordo fiscale multilaterale per l’UE inteso a rafforzare la certezza del diritto finora carente e a superare i problemi per le imprese e le amministrazioni fiscali risultanti dall’esistenza di oltre 100 accordi fiscali bilaterali, quanto mai diversi tra loro, comportanti intollerabili doppie imposizioni nell’UE;

20.   sostiene, al fine di limitare le distorsioni causate dai paradisi fiscali, le iniziative intraprese in sede OCSE per individuare le pratiche che, favorendo comportamenti fraudolenti o criminali, possono essere considerate dannose o sleali. Appoggia in particolare l'approccio del "coordinamento informativo";

21.   invita gli Stati membri ad introdurre uno speciale prestampato comune per i versamenti verso i paradisi fiscali al fine di aumentare la trasparenza;

22.   ritiene urgente che la Commissione affronti i principali ostacoli di natura fiscale alla attività transfrontaliera delle imprese europee, ed in particolare quelli legati al trattamento fiscale dei prezzi di trasferimento intragruppo, alla compensazione transfrontaliera delle perdite e ai flussi di reddito transfrontalieri tra società collegate; plaude pertanto, al preannuncio della Commissione di una azione immediata nel campo della tassazione delle società;

23.   condivide l'analisi della Commissione secondo la quale, al fine di ridurre i costi legati all'adeguamento a 15 diversi sistemi fiscali e di conciliare la loro esistenza con il mercato interno, occorrere consentire alle imprese dell'UE con attività di dimensioni comunitaria - incluse quelle che si costituiranno nella forma della Societas Europeae - di disporre di una base imponibile consolidata, ovvero calcolata in base ad un unico insieme di regole, e di un meccanismo di ripartizione della base consolidata d'imposizione tra i vari Stati membri. Guarda, in particolare, con attenzione all'ipotesi della Home State Taxation, anche come passaggio intermedio verso una "base imponibile comune", cioè verso nuove regole comunitarie armonizzate, parallele a quelle nazionali, che le imprese europee avrebbero facoltà di adottare o no;

24.   sottolinea che la politica della UE in campo fiscale deve ispirarsi al principio della sussidiarietà; concorda con la Commissione nel sottolineare fermamente che, qualunque sia l'approccio per individuare una base imponibile consolidata a livello europeo, la decisione sul livello della tassazione deve restare di esclusiva competenza degli Stati; ritiene dunque non opportuna una armonizzazione dei tassi di imposizione sui redditi delle società, anche nella forma della introduzione di un livello di imposizione minimo;

25.   ricorda che in tale settore occorrerebbe annettere la massima priorità all’adozione di definizioni uniformi per concetti di base quali, ad esempio, base imponibile, utili, perdite, redditi imponibili, regole di ammortamento, assegnazione alle riserve ecc.;

26.   rammenta che le caratteristiche di facile mobilità delle basi imponibili come i capitali richiedono che il futuro dibattito in ambito fiscale sia condotto tenendo conto anche della situazione al di fuori dell’Unione;

27.   riconosce che la realizzazione del mercato interno e l’introduzione dell’euro comportano un aumento della concorrenza che a termine potrebbe condurre a una maggiore uniformazione delle imposte nell’Unione; sostiene tuttavia che le decisioni finali sul livello e le caratteristiche delle imposte spettano ai singoli Stati membri;

28.   non ritiene negativo, ai fini della crescita della competitività e della dinamicità dell'economia europea, che i differenziali nell'imposizione fiscale delle società, cosi' come le differenze negli altri fattori che caratterizzano l'ambiente produttivo dei singoli paesi, incidano sulla localizzazione degli investimenti;

29.   plaude allo sforzo della Commissione, già proficuo nel caso del "codice di condotta", nell'individuazione di strumenti di tipo non legislativo per il coordinamento delle politiche fiscali (strumenti politici di soft-legislation, raccomandazioni, procedure di infrazione);

30.   ritiene necessario che anche in materia fiscale, al Parlamento sia attribuito un potere di codecisione;

31.   ritiene opportuno che, fermo restando il principio dell'unanimità ogni volta siano in gioco le basi imponibili o i tassi di imposizione, per le decisioni in materia di assistenza reciproca e di cooperazione tra le amministrazioni fiscali si passi alla la regola della maggioranza qualificata;

32.   incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti ed ai governi degli Stati membri.

  • [1] GU C .../Non ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale.

MOTIVAZIONE

Dare concretezza agli obiettivi indicati a Lisbona, l'esito della CIG che apre all'ampliamento, l'avvio della terza fase dell'UEM, la crescente integrazione nei mercati internazionali, sono gli sviluppi recenti alla luce dei quali occorre individuare gli obiettivi della politica fiscale. In particolare la Commissione individua i seguenti:

-   promuovere il buon funzionamento del mercato interno,

-   ridurre il carico fiscale complessivo nell'UE, consolidando le finanze pubbliche;

-   rendere l'economia dell'UE più competitiva e dinamica, accrescere l'occupazione, tutelare la salute e l'ambiente, modernizzare il modello sociale europeo;

Il rapporto medio tra le entrate fiscali e il PIL è passato dal 34.4% del 1970 (EU-9) al 45.5% circa del 2000 (EU-15), con una crescita particolarmente accentuata nel decennio 1970-79 (+4.2%), un aumento più moderato ma costante in seguito.

Per quanto riguarda poi la dinamica delle varie tipologie d'imposta (1970-1997):

-   le imposte indirette rimangono relativamente stabili passando dal 13% del PIL al 13.9%; al loro interno aumenta, nel medesimo periodo, il peso dell'IVA, dal 5.1% al 7%, mentre quello delle accise rimane stabile intorno al 3.5%;

-   le imposte dirette crescono consistentemente passando dall'8.9% al 13.7% (la crescita avviene in gran parte nel corso degli anni '70, dall'8.9% del 1970 al 12.7% del 1980; nell'ambito delle imposte dirette, le imposte sul reddito delle persone fisiche passano dal 5.5% del PIL al 9.3%, mentre le imposte sulle società crescono dal 2.2% al 3%)

-   un incremento analogo hanno anche gli oneri sociali che passano dall'11.7% al 15% .

Per quanto riguarda invece la struttura della fiscalità in relazione alla funzione economica: (1970-1997):

-   la tassazione del consumo resta stabile, attestandosi attorno all’11% del PIL; per contro la sua quota sul prelievo fiscale complessivo scende, soprattutto negli anni ’70, dal 33.1% al 26.7%;

-   la tassazione del lavoro salariato passa, dal 14.6% del PIL al 21.2% (l’aumento più consistente si realizza tra il 1970 e il 1980: dal 14.6% al 19.8%); e la sua quota sul prelievo fiscale complessivo passa dal 43.4% al 49.9%;

-   la tassazione del capitale passa dal 5.4% del PIL al 7.5%;

La comunicazione nel sottolineare che "un certo livello di concorrenza fiscale potrebbe essere inevitabile, e contribuire ad una riduzione della pressione fiscale", riconosce il ruolo positivo della concorrenza fiscale nel contesto di regole che evitino comportamenti scorretti. La concorrenza fiscale è compatibile, come dimostra anche l’esperienza degli anni recenti, con un costante coordinamento delle normative fiscali che elimini gli ostacoli alla realizzazione del mercato interno, le discriminazioni, la doppia imposizione e semplifichi gli adempimenti amministrativi.

La concorrenza fiscale è compatibile con la realizzazione del mercato interno poiché questo implica "uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali" (art. 14 e 3 TCE) e non quindi una parificazione assoluta delle condizioni di concorrenza in ciascun paese, in particolare quelle legate al prelievo fiscale. La fiscalità é una delle caratteristiche dell'ambiente produttivo cui imprese e lavoratori devono adattarsi. Essa riflette le caratteristiche del sistema, le sue preferenze in materia di dimensione dello Stato e di produzione di beni pubblici e di ricorso all'imposizione fiscale piuttosto che alla regolamentazione.

L’obiezione per la quale la concorrenza fiscale priverebbe gli Stati delle risorse per lo svolgimento delle loro funzioni, non sembra fondata. Talvolta la critica sugli effetti della concorrenza si sposta dal prelievo alla sua composizione, e in particolare sul livello d'imposizione del fattore lavoro rispetto agli altri fattori produttivi: la Commissione dimostra che il tasso d'imposizione implicito sul lavoro è cresciuto, tra il 1970 e il 1999, di circa il 12%, mentre quello sul capitale è cresciuto di circa il 5%. Occorre pero' chiedersi se l'aumento sia frutto di uno spostamento della pressione fiscale da un fattore ad un altro o una conseguenza della crescita della pressione fiscale tout court.

Vista l'impossibilità di avanzare verso un sistema che applichi integralmente il principio del paese di origine, la Commissione si appresta ad avanzare proposte per migliorare il funzionamento del regime attuale. Se questo approccio pragmatico ha indubbi vantaggi, non possiamo non denunciare come ciò che era nato per essere transitorio stia sempre più diventando definitivo. La Commissione precisa che «l’introduzione di un sistema definitivo basato sull’origine rimane un obiettivo comunitario a lungo termine». Ma non é indicata alcuna strategia, seppure di lungo periodo, per raggiungere il passaggio al sistema definitivo. Occorre invece affermare che anche il passaggio ad un sistema IVA che applichi integralmente il principio del paese di origine deve essere incluso tra le priorità della politica fiscale dell’UE. Occorre inoltre approfondire l’impostazione originale secondo la quale il passaggio al sistema definitivo dovrebbe accompagnarsi ad un'ulteriore armonizzazione delle aliquote, chiedendosi se sia necessario al funzionamento del mercato interno o non sia una concessione strumentalmente volta a superare i veti nazionali.

La Commissione indica nelle differenze tra le accise applicate dai vari Stati membri, un serio ostacolo agli scambi transfrontalieri, proponendo (vedi la proposta di direttiva sulle accise sul tabacco) una più forte armonizzazione. Tutto questo, in realtà, sembra andare ben oltre quanto richiesto dall'art. 93 TCE, per perseguire politiche non fiscali, non sempre con risultati positivi.

Occorre riflettere sulla opportunità di procedere ad ulteriori armonizzazioni in materia di livelli minimi di accise.

La Commissione rilancia la sua proposta per una tassazione armonizzata, non solo degli oli minerali, ma anche della generalità dei prodotti energetici. Se è vero che occorre applicare maggiormente il principio che "chi inquina paga", va anche contestualizzato questo dibattito, che riguarda un campo (settore elettrico e del gas) dove le distorsioni di concorrenza sono ancora molto gravi, e legate più alle asimmetrie nel livello di liberalizzazione che a divergenti politiche impositive. Inoltre l'applicazione del principio "polluter pays" può puntare anche sullo strumento della regolamentazione; occorrerebbe tuttavia riflettere sulla opportunità di lasciare agli stati dei margini di manovra che tengano conto delle situazioni specifiche.

Anche l'argomento secondo cui l'armonizzazione della tassazione sull'energia dovrebbe servire ad alleggerire il carico fiscale sui redditi da lavoro, non appare convincente, poiché parte dall'assunto che la pressione fiscale non deve diminuire e che il solo modo per diminuire il carico fiscale sul lavoro è quello di spostarlo su altre basi imponibili.

In questi anni abbiamo assistito ad una crescente cooperazione tra gli stati, a livello di OCSE e di UE, per limitare le pratiche fiscali dannose. Il “pacchetto Monti”, che ha molti aspetti positivi di merito e di metodo, è tra i passi di maggiore rilevanza compiuti verso il coordinamento fiscale in materia di imposte dirette. In particolare il "Codice di condotta" ha il merito di dare della "concorrenza fiscale dannosa", concetto spesso ampliato a dismisura, una definizione molto precisa: le pratiche che discriminando tra residenti e non residenti, sottraggono base imponibile ad altri paesi. Di grande importanza tra le proposte più recenti è quella per il coordinamento della tassazione delle pensioni integrative.

La Commissione ha appena presentato una strategia per la tassazione delle società, il cui obiettivo è quello di rendere compatibile l'esistenza di sistemi fiscali diversi con l'eliminazione di alcuni gravi ostacoli fiscali alla piena realizzazione del mercato interno, in particolare per le imprese che operano su scala paneuropea.

Oltre a proporre una serie di misure mirate a rimuovere ostacoli specifici, essa individua possibili soluzioni per creare una base imponibile consolidata per le imprese che operano su scala europea ed esclude qualunque ipotesi di armonizzazione dei tassi di imposizione. Si tratta di un'impostazione di grande interesse, in particolare laddove ipotizza l'utilizzo di un sistema di Home State Taxation.

In tema di paradisi fiscali, va sostenuta la cooperazione tra gli stati, in particolare in sede OCSE per limitare comportamenti che possano favorire l'evasione fiscale, contemperando questa esigenza con il diritto degli Stati di definire autonomamente modalità e livello di imposizione fiscale e di usare la leva fiscale per attrarre investimenti ed imprese; in questo senso la via indicata dall'OCSE di un "coordinamento informativo" potrebbe essere fruttuosa ed evitare i problemi legati all'ipotesi di un "coordinamento regolamentare".

Il PE dovrebbe cogliere questa occasione per far sentire la propria voce nel dibattito avviato di recente dal presidente della Commissione e dall’attuale presidenza del Consiglio: il finanziamento diretto dell’Unione attraverso un'imposta europea.

In particolare il PE dovrebbe affermare che una simile prospettiva resterà lontana, fintanto che non si realizzino alcune stringenti condizioni: 1) coerentemente con il principio "no taxation without representation", va superato il deficit democratico che affligge le istituzioni europee, rafforzando sia il Parlamento, rappresentante dei cittadini, sia la Commissione; 2) l'eventuale creazione di una "imposta europea" non dovrebbe aumentare il carico fiscale sui cittadini e le imprese; Accanto alle molte obiezioni, anche ragionevoli, non possono essere sottovalutati gli aspetti positivi di una simile ipotesi: una maggiore trasparenza nel finanziamento dell'Unione, e una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni europee di fronte al cittadino-contribuente; si affermerebbe un principio proprio del federalismo, che prevede, accanto alle tasse dei singoli stati federati, anche tasse federali.

Un aspetto di grande rilievo della comunicazione è costituito dalla individuazione dei possibili strumenti per raggiungere gli obiettivi prioritari indicati. E’ apprezzabile lo sforzo teso ad individuare strumenti non legislativi.

Il primo strumento indicato deriva dal ruolo di custode del trattato proprio della Commissione, che le consente di avviare nei confronti degli stati membri procedure di infrazione dinanzi alla Corte di Giustizia rispetto a quelle misure fiscali che possono essere di ostacolo al corretto funzionamento del mercato interno; Il secondo gruppo di strumenti indicato dalla Commissione è quello degli strumenti non legislativi basati su norme non vincolanti ma sulle quali sia possibile costruire un forte consenso politico (soft legislation). Il terzo è la cooperazione rafforzata. La Commissione ne propone l’utilizzo in materia di tassazione dell’energia (e, più recentemente, sembra suggerirlo per la creazione di una base imponibile consolidata per le società).