RELAZIONE sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea
(2002/2141(INI))

4 dicembre 2002

Commissione per gli affari costituzionali
Relatore: Giorgio Napolitano

Procedura : 2002/2141(INI)
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A5-0427/2002
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A5-0427/2002
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PAGINA REGOLAMENTARE

Nella seduta del 5 settembre 2002 il Presidente del Parlamento ha comunicato che la commissione per gli affari costituzionali era stata autorizzata a elaborare una relazione di iniziativa, a norma dell'articolo 163 del regolamento, sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea (titolo così modificato il 26 settembre 2002) e che la commissione per l'occupazione e gli affari sociali nonché la commissione per i diritti della donna e le pari opportunità erano state consultate per parere.

Nella riunione del 18 giugno 2002 la commissione per gli affari costituzionali aveva nominato relatore Giorgio Napolitano.

Nelle riunioni del 12 settembre 2002, 4 novembre 2002 e 28 novembre 2002 ha esaminato il progetto di relazione.

Nell'ultima riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione con 18 voti favorevoli e 10 contrari.

Erano presenti al momento della votazione Giorgio Napolitano (presidente e relatore), Jo Leinen (vicepresidente), Ursula Schleicher (vicepresidente), Teresa Almeida Garrett, Elspeth Attwooll (in sostituzione di Andrew Nicholas Duff, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), Paolo Bartolozzi (in sostituzione di Jean-Louis Bourlanges, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), Juan José Bayona de Perogordo (in sostituzione di Giorgos Dimitrakopoulos, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), Margrietus J. van den Berg (in sostituzione di Richard Corbett), Georges Berthu, Carlos Carnero González, Paolo Costa, Jean-Maurice Dehousse, José María Gil-Robles Gil-Delgado, Cristina Gutiérrez Cortines (in sostituzione di Luigi Ciriaco De Mita, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), Gerhard Hager, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Neil MacCormick (in sostituzione di Johannes Voggenhuber), Nelly Maes (in sostituzione di Monica Frassoni, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), Hanja Maij-Weggen, Luís Marinho, Hans-Peter Martin, Iñigo Méndez de Vigo, Camilo Nogueira Román (in sostituzione di Gérard Onesta), Carlos Ripoll y Martínez de Bedoya (a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), The Lord Inglewood, a norma dell'articolo 153, paragrafo 2 del regolamento), Konrad K. Schwaiger (in sostituzione di Antonio Tajani), Mariotto Segni, Joan Vallvé (in sostituzione di Lone Dybkjær), Joachim Wuermeling (in sostituzione di Daniel J. Hannan).

I pareri della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità sono allegati alla presente relazione.

La relazione è stata presentata il 4 dicembre 2002.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE

Risoluzione del Parlamento europeo sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea (2002/2141(INI))

Il Parlamento europeo,

–   visto il trattato firmato a Nizza il 26 febbraio 2001, e in particolare il punto 6 della dichiarazione n. 23 relativa all’avvenire dell’Unione,

–   vista la dichiarazione del Consiglio europeo di Laeken del 15 dicembre 2001 sull’avvenire dell’Unione europea,

–   visto il Libro bianco della Commissione sulla governance europea[1] e la sua risoluzione del 29 novembre 2001 sul Libro bianco della Commissione dal titolo "Governance europea"[2],

–   vista la sua risoluzione del 16 maggio 2002 sulla delimitazione delle competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri[3],

–   vista l’organizzazione territoriale di ognuno degli Stati membri sancita dalle rispettive costituzioni,

–   vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

–   vista la Carta comunitaria della regionalizzazione[4],

–   visti l’articolo 265 del trattato che istituisce la Comunità europea,

–   visti gli articoli 53 e 163 del suo regolamento,

–   visto il parere del Comitato delle regioni del 21 novembre 2002 sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea,[5]

–   visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e i pareri della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e della commissione per i diritti della donna e le pari opportunità (A5-0427/2002),

A.   considerando che l'Unione europea si basa sulla duplice legittimità degli Stati e dei popoli; constatando che, nel corso degli ultimi decenni e parallelamente al processo della costruzione europea, si è manifestata nella maggior parte degli Stati membri una tendenza crescente alla regionalizzazione o alla decentralizzazione, cosa che ha rafforzato le responsabilità dei numerosi enti territoriali in materia di formulazione della legislazione e delle politiche dell'Unione europea, della loro esecuzione e del loro controllo, dando agli stessi una nuova consapevolezza del loro ruolo in Europa; constatando inoltre che la prassi istituzionale va spesso al di là delle disposizioni giuridiche,

B.   constatando che tale fenomeno ha presentato ricche diversità di ordine nazionale, culturale, istituzionale come testimoniato dal diritto costituzionale e amministrativo degli Stati membri,

C.   considerando che, di fronte alle sfide, potenzialità e incertezze generate dalla globalizzazione, l'UE deve sviluppare al contempo la sua capacità di intervento globale e la capacità di coesione e partecipazione dei cittadini, garantite dalle regioni e dai municipi;

D.   considerando che negli anni passati è maturata una maggiore consapevolezza circa le funzioni e l'autonomia delle diverse amministrazione regionali e locali degli Stati membri, che gli enti regionali e locali possono svolgere al riguardo un ruolo significativo per avvicinare maggiormente l'UE ai cittadini, la qual cosa rappresenta un obiettivo fondamentale del processo di Nizza, e che il Libro Bianco della Commissione sulla governance europea richiede una stretta cooperazione tra le istituzioni europee, i governi nazionali, le amministrazioni regionali e locali e la società civile,

E.   considerando il molteplice contributo delle regioni alla riuscita dell’integrazione europea, attraverso l’applicazione in loco della legislazione comunitaria, partenariati internazionali e, nelle regioni di confine, attraverso la cooperazione transfrontaliera,

F.   ricordando il preambolo della Carta dei diritti fondamentali secondo il quale “l’Unione contribuisce alla preservazione e allo sviluppo dei valori comuni nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d’Europa, nonché dell’identità nazionale degli Stati membri e dell’organizzazione dei loro poteri pubblici a livello nazionale, regionale e locale”,

G.   consapevole del fatto che la salvaguardia e il rafforzamento dell'autonomia regionale e locale nei diversi paesi europei costituisce un contributo importante alla costruzione dell'Europa basato sui principi di democrazia, di prossimità e di decentramento del potere,

H.   constatando che ciascuna legittimità democratica di cui sono dotate le istituzioni a tutti i livelli della governance, ha un valore e un merito proprio e che occorre abbandonare una concezione gerarchica e piramidale del sistema istituzionale dell’Unione,

I.   considerando opportuno che l’Unione europea instauri una maggior partecipazione delle collettività regionali e locali al processo decisionale europeo, a partire dalla fase di preparazione delle politiche e degli atti comunitari, come pure che essa garantisca una migliore collaborazione con gli organismi che sono di fatto incaricati di eseguire le decisioni dell'Unione,

J.   rilevando che l'articolo 203 del trattato CE già consente ai ministri dei governi regionali di partecipare alle delegazioni del Consiglio dei rispettivi Stati membri qualora ciò sia conforme alla ripartizione costituzionale dei poteri prevista da detto Stato,

K.   consapevole della richiesta delle collettività locali e regionali di rafforzare il loro ruolo nel processo decisionale; ritenendo che tale richiesta debba essere interpretata e soddisfatta senza mettere in causa l’equilibrio istituzionale su cui si è finora basato il successo della Comunità e dell’Unione, e che deve essere consolidato in vista della sfida dell’ampliamento a 25 e più Stati membri,

L.   riaffermando la legittimità e il ruolo essenziale del Comitato delle regioni in quanto interlocutore istituzionale delle collettività locali e regionali nell’ambito dell’Unione,

M.   considerando l’importanza dei lavori del Congresso dei poteri locali e regionali d’Europa (CPLRE), dell’Assemblea delle regioni d’Europa (ARE), dell’Associazione delle regioni frontaliere europee (ARFE), della Conferenza delle regioni periferiche e marittime (CRPM), del Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (CCRE) e di Eurocities, che promuovono a livello europeo strutture locali e regionali democratiche e la cooperazione transfrontaliera e interregionale,

Ravvicinamento dell’Unione ai suoi cittadini

1.   ritiene che, in vista dell'avvicinamento dell’Unione europea ai suoi cittadini, l’Unione debba formulare nuovi metodi partecipativi che riconoscano il ruolo chiave delle collettività regionali e locali, in particolare nel processo di preparazione delle decisioni comunitarie e nell’attuazione delle politiche dell’Unione, cosa che rafforzerà certamente l’adesione dei suoi cittadini allo sviluppo del progetto d’integrazione europea;

2.   chiede che nei Trattati venga affermato che il principio di sussidiarietà non deve disciplinare soltanto le relazioni tra l’Unione europea e i governi degli Stati membri ma anche altri livelli di governance e che si introducano migliori modalità per consentire alle autorità regionali e locali di adattare la propria applicazione della normativa UE, per tener conto delle eccezionali circostanze ed esigenze locali, pur rispettando l'integrità della normativa e la coerenza della strategia UE; chiede quindi con forza agli Stati membri, nel contesto dei loro dispositivi costituzionali, di instaurare e, se necessario, rafforzare meccanismi interni di partecipazione delle regioni e delle collettività territoriali, in particolare quelle dotate di poteri legislativi,[6] all'insieme del processo in base al quale si forma la volontà dello Stato nel campo degli affari europei che rivestano per esse un interesse specifico;

Rappresentanza partecipativa

3.   sostiene l'appello del Comitato delle regioni affinché un nuovo quadro costituzionale dell'Unione europea incorpori la Carta europea dell’autogoverno locale come parte dell’acquis comunitario, allo scopo di costruire un’Unione basata su principi di democrazia e trasparenza[7] e su metodi di dialogo e cooperazione;

4.   invita la Commissione ad associare pienamente e costantemente alla preparazione degli atti legislativi e all’elaborazione delle politiche comunitarie coloro che sono chiamati ad applicarle, restando da determinare nell’ambito nazionale le modalità di associazione delle collettività regionali e locali a questo lavoro preparatorio; auspica che il desiderio di semplificazione del funzionamento dell’Unione sia compatibile con l’apertura di nuove vie di partecipazione a tutti i protagonisti, attuali ed eventuali, sulla scena europea;

5.   riafferma il proprio sostegno al concetto del Libro bianco “Governance europea” della Commissione, in base al quale le regioni svolgono il ruolo di mediatrici tra il cittadino e le istituzioni comunitarie; accoglierà positivamente eventuali proposte della Convenzione volte ad integrare nell’articolo 5 del TCE un riferimento al ruolo delle regioni costituzionali negli Stati membri; auspica che la consultazione in primo luogo degli interessi regionali e comunali avvenga attraverso il Comitato delle regioni o le associazioni europee più rappresentative per la difesa degli interessi regionali, urbani e locali; invita quindi la Commissione a dar seguito alle proposte di principio avanzate in tal senso nel Libro bianco sulla governance;

6.   accoglie con favore l’impegno assunto dalla Commissione[8] di esplorare la via dei “contratti tripartiti” tra l’Unione, gli Stati membri e le collettività territoriali designate da questi ultimi allo scopo di associare quanto prima e più da vicino possibile i livelli substatali all’attuazione delle decisioni comunitarie;

7.   propone una cooperazione rafforzata fra le assemblee regionali e il Parlamento europeo, in particolare nell'ambito della sua commissione per la politica regionale, i trasporti e il turismo;

Accesso alla Corte di giustizia

8.   propone di concedere alle autonomie regionali e comunali con poteri legislativi il diritto di ricorso alla Corte di giustizia europea a tutela del loro diritti; propone altresì di concedere al Comitato delle regioni il diritto di ricorrere alla Corte di giustizia in caso di violazione presunta del principio di sussidiarietà e per difendere i propri diritti;

9.   chiede alla Convenzione di studiare la possibilità che sia gli Stati membri interessati, sia il Comitato delle regioni assumano l'impegno di difendere presso la Corte di giustizia i diritti delle entità territoriali interessate direttamente da un atto comunitario che tocchi le loro prerogative;

Cooperazione transfrontaliera

10.   rammenta che la cooperazione transfrontaliera è un compito europeo e un obiettivo politico dell’Unione europea; invita la Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri e i poteri regionali e locali, a incoraggiare la cooperazione transfrontaliera a tutti i livelli e anzitutto fra regioni limitrofe; invita la Commissione a elaborare un progetto di statuto che agevoli la realizzazione di questa cooperazione transfrontaliera;

Convenzione

11.   chiede alla Convenzione di esaminare nel modo che ritiene più adeguato il ruolo dei poteri locali e regionali nella costruzione dell’Europa;

12.   propone i seguenti emendamenti ai trattati:

  • a.al TUE, articolo 2, aggiungere nel primo comma l'obiettivo: "- promuovere la coesione territoriale";
  • b.al TUE, articolo 6, paragrafo 3, modificare come segue: “L'Unione rispetta l'identità nazionale, regionale e locale degli Stati membri, come pure la loro struttura interna, l’assetto regionale e l’autogoverno dei comuni ”;
  • c)al TCE, articolo 5, secondo comma, inserire dopo “Stati membri”: "o dalle autorità regionali e locali sulla base dei poteri loro attribuiti dal diritto dello Stato membro in questione," (resto immutato);
  • d.al TCE, articolo 10, primo comma, modificare: “gli Stati membri, così come le loro collettività regionali e locali, ove previsto dalle norme costituzionali e nel quadro delle rispettive competenze, adottano tutte le misure generali o particolari atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal presente trattato o dagli atti delle istituzioni della Comunità”;
  • e.al TCE, aggiungere il seguente nuovo articolo 151 bis: "Nell'ambito dei suoi settori di competenza, la Comunità rispetta e promuove la diversità linguistica in Europa, comprese le lingue regionali o minoritarie quali espressione di detta diversità, incoraggiando la cooperazione tra Stati membri e utilizzando altri idonei strumenti per favorire questo obiettivo";
  • f.al TCE, articolo 158, aggiungere un terzo comma: "Gli Stati membri si impegnano a promuovere la cooperazione transfrontaliera alle loro frontiere interne ed esterne, a creare a tal fine il necessario quadro giuridico e ad applicare lo statuto della cooperazione transfrontaliera"
  • g.al TCE, articolo 211, aggiungere alla fine: (La Commissione …) “- svolge la sua attività in uno spirito di partenariato reciproco con gli Stati membri e le loro collettività locali e regionali”;
  • h.al TCE, articolo 230, aggiungere un nuovo comma dopo il terzo comma : “La Corte di giustizia può inoltre pronunciarsi su ricorsi di annullamento introdotti dal Comitato delle regioni per atti che possono recare pregiudizio al principio di sussidiarietà o per salvaguardare le sue prerogative”;
  • i.al TCE, articolo 265, aggiungere un nuovo comma alla fine: “Il Consiglio e la Commissione elaborano regolarmente una relazione motivata sulle misure adottate in seguito ai pareri del Comitato delle regioni”;

13.   auspica che sia consolidato l'articolo 299, secondo comma del TCE, relativo alle regioni ultraperiferiche;

14.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Comitato delle regioni, ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati nonché alla Convenzione sul futuro dell’Europa.

  • [1] GU C 287 del 12.10.2001, pag. 1 - COM(2001) 428.
  • [2] GU C 153 E del 27.6.2002, pag. 314.
  • [3] P5_TA(2002)0247.
  • [4] Carta comunitaria della regionalizzazione, adottata dal Parlamento europeo il 18.11.1988, art. 23, paragrafo 1
    (GU C 326 del 19.12.1988).
  • [5] Doc. CdR 237/2002.
  • [6] Vedi Convenzione, relazione di sintesi, seduta plenaria del 3-4 ottobre 2002 (Doc. CONV 331/02, p. 9).
  • [7] CdR, progetto di parere (relatore: Lord Tope) del 21.11.2002 (doc. CdR 237/2002, punto 1.21, pag. 7).
  • [8] Confermato dal Presidente della Commissione, sig. Prodi (discorso 02/344 del 15.7.2002).

MOTIVAZIONE

E' per diverse ragioni che il dibattito sull'avvenire dell'Unione deve assumere come tema importate quello del ruolo dei poteri regionali e locali. Si tratta da un lato della necessità di rispecchiare, nei Trattati e nella gestione dell'Unione, il processo che ha avuto luogo all'interno degli Stati membri negli anni precedenti e seguenti la firma del Trattato di Maastricht : un processo di "regionalizzazione" (se questo termine può considerarsi sufficientemente significativo) o meglio di crescente riconoscimento delle funzioni e dell'autonomia delle diverse entità territoriali. Queste ultime hanno di conseguenza acquisito un peso più grande nel recepimento della legislazione comunitaria e nella gestione dei programmi comunitari.

Quel che nello stesso tempo va attentamente considerato è il contributo che può venire dai poteri regionali e locali al raggiungimento dell'obbiettivo fondamentale di un netto e visibile avvicinamento dell'Unione ai cittadini. Come è stato correttamente osservato, è la stessa globalizzazione che fa crescere tra i cittadini l'attaccamento alle radici locali, alle istituzioni che sono più vicine alla popolazione e in cui la popolazione può riconoscersi più facilmente[1]. Si deve raccogliere questo sentimento e questa esigenza: la sfida consiste nel riuscirvi senza contraddire l'altro fondamentale imperativo che scaturisce dalla globalizzazione, e dalla necessità di governarla : rafforzare i raggruppamenti transnazionali regionali come l'Unione europea, che è stato solo il primo tra quelli che possono formarsi nel mondo d'oggi. E ciò significa portare più avanti, e non indebolire, il processo di integrazione nell'Unione più larga che sta per nascere.

La risposta a questa duplice sfida sta nel concepire in termini nuovi l'evoluzione delle istituzioni e dei metodi di gestione dell'Unione : abbandonando una visione di carattere gerarchico e piramidale, riconoscendo diverse "sfere di governance" che si intersecano e danno vita a una vera e propria rete, in special modo nell'area, sempre più rilevante, delle competenze condivise. Ciò non dovrebbe, peraltro, cancellare o ridurre il ruolo delle istituzioni che sono fatalmente "meno vicine" ai cittadini ma a cui spetta definire l'interesse comune europeo e le strategie di sviluppo dell'Unione : il Consiglio europeo e la Commissione europea (con l'attiva partecipazione del Parlamento europeo). Va rafforzato, e non messo a rischio, il metodo comunitario. Occorre evitare confusioni e sovrapposizioni di ruoli e di poteri tra istituzioni degli Stati membri e istituzioni dell'Unione; tensioni ricorrenti tra legittimità nazionale e legittimità europea.

I poteri regionali e locali debbono essere messi in condizione di dare il loro contributo alla formazione delle scelte istituzionali, legislative e di governo dell'Unione, alla elaborazione delle politiche comunitarie : un contributo positivo e creativo, senza partire da un atteggiamento di diffidenza, e senza cadere nella tentazione di una funzione frenante, rispetto al processo decisionale dell'Unione.

In questo quadro, riteniamo di dover proporre :

-   il riconoscimento, nel nuovo Trattato, del principio dell'autogoverno locale, come definito nella Carta europea delle autonomie locali adottata dal Consiglio d'Europa;

-   formulazioni di principio, da cui risulti che la sussidiarietà non può fermarsi al livello degli Stati e nemmeno al livello regionale;

-   modifiche nei modi di gestione dell'Unione, che ispirandosi a criteri di consultazione e partnership, garantiscano il coinvolgimento dei poteri regionali e locali, e/o del Comitato delle Regioni, nella elaborazione di politiche e di proposte legislative che possano avere ripercussioni concrete su quelle entità territoriali e sulle loro competenze[2].

Tali modifiche dovrebbero comportare più in particolare nuovi comportamenti da parte della Commissione, maggiori possibilità di partecipazione delle regioni, ai sensi dell'articolo 203 del TCE - in armonia con i sistemi costituzionali dei singoli Stati membri -, alle deliberazioni del Consiglio dei ministri, più intense forme di collaborazione con il Parlamento europeo ed eventuali diritti di accesso alla Corte di giustizia.

Non appare invece opportuna e praticabile una suddivisione delle collettività territoriali autonome in due o più categorie, attribuendo in particolare ad una determinata categoria di Regioni uno status speciale, prerogative esclusive nel quadro dell'Unione. Quel che infatti emerge da un esame anche superficiale delle realtà esistenti e dell'evoluzione in atto negli Stati membri e negli Stati candidati sotto il profilo dei poteri regionali e locali, è l'estrema ricchezza e varietà di definizioni e soluzioni istituzionali. Rischierebbe perciò di risultare arbitrario il procedere a delle classificazioni e a dei raggruppamenti su scala europea. Naturalmente, non si può negare che esistano Regioni - ma anche autorità locali - dotate di competenze maggiori, innanzitutto sul piano legislativo : ma perché questo loro profilo e questo loro ruolo si esprima, in seno al Comitato delle Regioni e nei rapporti col sistema decisionale e istituzionale europeo, non occorre farne un raggruppamento distinto e separato, anche perché ciò potrebbe tradursi in una involontaria radicale svalutazione del più vasto e variegato universo dei poteri regionali e locali.

In quanto al ruolo del Comitato delle Regioni, è mia opinione che esso possa essere rafforzato senza richiedere l'attribuzione - che solleverebbe seri interrogativi e problemi - al Comitato delle Regioni dello "status" di istituzione dell'Unione, in qualche modo dirompente rispetto allo storico, e sempre valido, "triangolo" comunitario. Di conseguenza, non vedo più specificamente la possibilità di inserire il Comitato delle Regioni in procedure di codecisione legislativa.

Si tratta in generale di mirare a una preparazione più "partecipata dal basso" delle politiche e delle direttive dell'Unione, senza però appesantire e complicare oltre misura il processo decisionale in seno all'Unione. Si può sostenere che se esso dovesse subire un certo rallentamento per consentire un maggior coinvolgimento delle istituzioni sub-statuali, ne guadagnerebbe in consensi anche tra i cittadini : ma è questo un argomento, o un'ipotesi, da considerasi con grande cautela e misura.

1.   I PROCESSI DI REGIONALIZZAZIONE

In Europa nel corso degli ultimi vent’anni si può distinguere una tendenza abbastanza generale verso la regionalizzazione, più visibile in alcuni Stati membri che in altri ma senza che ciò dia luogo a una nozione comune del concetto di “regione”, in senso politico, giuridico o anche sociologico.

In effetti il concetto di regione comprende, quando è applicato a entità politiche o amministrative, concezioni molto diverse: le costituzioni degli Stati membri dell’Unione prevedono Länder (Germania e Austria), regioni o comunità (Belgio), comunità autonome (Spagna), regioni a statuto speciale o ordinario(Italia), città-Stato (Germania), regioni e dipartimenti (Francia), periferie e dipartimenti (Grecia), consigli di contea (Regno Unito e Svezia), borghi-contea (Irlanda), regioni a statuto speciale, regioni a statuto ordinario e province autonome (Italia), province (Belgio, Danimarca, Spagna, Finlandia, Italia, Paesi Bassi), unioni regionali di comuni o unioni di regioni urbane (Germania), distretti (Germania, Lussemburgo, Portogallo), utilizzando talvolta gli stessi termini che si riferiscono a livelli diversi di governo. Alcuni preferiscono al concetto di regione quello di nazione interna in funzione di un ampliamento interno a livello europeo, evitando attentamente le parole indipendenza e secessione[3]; altri si richiamano alla nozione di comunità o di entità territoriali, autonome o locali, a seconda della loro posizione in varie sfere del governo; i dati socioeconomici sono il punto di partenza per gli uni, mentre la cultura e le lingue lo sono per gli altri; secondo alcuni osservatori, la Renania, il Nord-Westfalia e gli Stati del Benelux fanno parte di una stessa regione culturale ed economica[4], secondo il modello di euroregione; alcune regioni sono raggruppate secondo criteri geografici o settoriali, altre sulla base delle loro competenze legislative. Questo ventaglio di nozioni testimonia della ricchezza delle tradizioni storiche e culturali degli Stati che compongono l’Unione europea attuale e ci illumina anche in merito alla difficoltà, oltre che l’inopportunità, di voler racchiudere in definizioni onnicomprensive al livello europeo il fenomeno regionale e locale sviluppatosi negli Stati membri.

La regionalizzazione è largamente il frutto di una dinamica istituzionale e politica propria di ciascuno dei paesi interessati. Le Comunità europee hanno soltanto svolto un ruolo limitato in questa evoluzione, innanzitutto mediante la politica regionale comunitaria, poi mediante la politica di coesione, volte a correggere gli squilibri regionali : ne è stata favorita la regionalizzazione amministrativa in quasi tutti gli Stati membri[5]- anche tra quelli che non erano pronti – come dispositivo d'innesco per l’esecuzione di tali politiche. Va comunque decisamente riaffermato il principio della non interferenza dell'Unione negli assetti costituzionali e ordinamentali dei paesi membri, la cui sovranità va sotto questo aspetto pienamente rispettata, escludendosi ogni volontà da parte dell'Unione di influenzarla e forzarla.

2.   RICONOSCIMENTI RECENTI DEL FENOMENTO REGIONALE IN SENO ALL'UNIONE

Ricordiamo alcuni dati tratti dalle modifiche dei trattati: dopo l’estensione delle competenze delle Comunità europee, e soprattutto l’entrata in vigore dell’Atto unico (1986), le regioni, e in particolare quelle dotate di competenze legislative, diventano più coscienti dell’aspetto della condivisione dei poteri (“power sharing”). Per esse, la partecipazione a livello comunitario diventa una realtà, in particolare a partire dalla definizione differente della composizione del Consiglio (trattato di Maastricht, articolo 146, poi articolo 203, Allegato 1 CE). Il trattato di Maastricht crea inoltre il Comitato delle regioni, interprete politico del fenomeno regionale, che è composto di “rappresentanti delle collettività regionali e locali”. Lo stesso trattato introduceva il principio di proporzionalità e di sussidiarietà.

In linea di massima, gli Stati membri potrebbero essere suddivisi in quattro tipi di Stato[6]:

–   gli Stati federali;

–   gli Stati unitari regionalizzati;

–   gli Stati unitari decentralizzati;

–   gli Stati unitari centralizzati.

Queste categorie sono lungi dall’essere omogenee e spesso le disposizioni costituzionali di alcuni paesi interessati rappresentano elementi che coprono più categorie. Il tipo di regionalizzazione più diffuso è quello basato sulle collettività locali esistenti (in 7 Stati su 15). Il federalismo e il regionalismo istituzionali si trovano in 5 Stati (Germania, Austria, Belgio, Spagna, Italia).

Negli Stati dell’Europa centrale e orientale, la regionalizzazione con unità federate e la regionalizzazione politica sono assenti; la regionalizzazione amministrativa è la regola in 6 Stati. Soltanto in Polonia e nella Repubblica ceca il processo di vera e propria regionalizzazione è stato avviato.

3.   UNA UNIONE PIU’ VICINA AI CITTADINI

Com’è stato messo in evidenza sin dal Consiglio europeo di Nizza, l’Unione europea è chiamata a operare per un serio avvicinamento tra le istituzioni e i cittadini. Numerosi sono anche le istanze nazionali e sub-statuali che si richiamano a questa esigenza invocando principi-chiave come quelli di sussidiarietà, di proporzionalità e, più recentemente, di prossimità, . Poiché la regola di sussidiarietà era riconosciuta dal trattato di Maastricht, alcuni osservatori insistono affinché le venga data un'anima[7] e affinché che sia percepita in modo dinamico come una relazione attiva tra il livello locale, regionale, nazionale ed europeo[8]. E’ positivo che tutte le voci possano esprimersi in seno alla Convenzione sul futuro dell’Europa allo scopo di cercare le risposte appropriate alla spinosa questione del come rendere l'Unione più vicina ai cittadini, allo scopo di guadagnare più ampie e consapevoli adesioni al progetto politico europeo.

Nonostante la creazione del Comitato delle Regioni, forum di espressione delle città e delle regioni, le collettività territoriali hanno troppo spesso – a torto o a ragione – la sensazione di essere emarginate. Poiché la presenza e l’assertività delle regioni hanno ricevuto un notevole impulso nel corso dell’ultimo decennio praticamente in tutta l’UE, l'impegno enunciato nelle Dichiarazioni di Nizza e di Laeken di ridefinire la ripartizione delle competenze tra Unione e Stati membri trova tali collettività territoriali particolarmente sensibili a tale questione. In effetti, tanto in Germania che in Austria, i Länder rivendicano una maggiore partecipazione agli affari europei e la volontà di promuovere riforme che rafforzino la loro posizione nell’ordinamento interno. Gli interventi e i contributi dei “convenzionali” che parlano a nome di tali regioni testimoniano questa aspirazione. In una recente risoluzione[9] sulla tematica della Convenzione, il Bundesrat “sottolinea che una migliore attribuzione delle competenze tra l’UE e gli Stati membri corrisponde anche all’interesse delle Regioni le cui possibilità di agire sul piano nazionale saranno così meglio protette”. Il Comitato delle Regioni, più concretamente, “chiede che i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, quali formulati nei trattati, siano completati in modo da garantire il rispetto delle competenze delle regioni e delle autorità locali”[10].

Alcuni degli interrogativi sollevati dalla Dichiarazione di Laeken invitano a riflettere sull’opportunità di lasciare “in modo più esplicito la gestione quotidiana e l’esecuzione della politica dell’Unione agli Stati membri e, laddove la Costituzione lo preveda, alle regioni” e sui mezzi per garantire “che le loro competenze verranno salvaguardate”.

Diversa, e non accettabile, sarebbe invece la pretesa di veder riconosciuto il diritto all’autodeterminazione dei popoli per ogni entità territoriale dell’UE i cui cittadini abbiano un forte sentimento condiviso d’identità nazionale. L'Unione non può intervenire su scelte che appartengono alla valutazione autonoma ed esclusiva degli Stati membri.

La vicinanza ai cittadini è caratteristica comune a tutte le Regioni e gli enti locali. In questo senso non può introdursi alcuna distinzione : vanno valorizzate nel quadro europeo tutte le collettività territoriali autonome - governi, e anche assemblee elettive, regionali e locali - per il contributo che possono dare rispetto all'obbiettivo dell'avvicinamento del processo di costruzione europea ai cittadini.

Fondamentale resta, per guadagnare il consenso dei cittadini, una conoscenza diffusa delle politiche dell'Unione volte a ridurre i divari tra le Regioni in termini di possibilità di sviluppo e di reddito pro capite, nonché delle responsabilità che ne discendono per le Regioni e gli Enti locali. Il Comitato delle Regioni ha messo giustamente in evidenza[11] "da un lato, l'effettiva partecipazione delle collettività locali e regionali all’esecuzione di un gran numero di politiche elaborate dall’Unione e, dall’altro, l’influenza decisiva da esse esercitata sul successo di tali politiche”.

4.   RAPPRESENTANZA PARTECIPATIVA

Partendo dal principio che l’Unione europea riconosce l’esistenza e il contributo delle regioni e delle altre collettività territoriali agli obiettivi comuni, occorre rendere più concreto l’impegno comunitario a far partecipare attivamente tali entità, a varie fasi, a vari livelli e a vario titolo, al processo comunitario.

In primo luogo, le collettività territoriali appartenenti a Stati membri potrebbero essere associate alle attività di revisione dei trattati. Una forma di rappresentanza partecipativa potrebbe anche realizzarsi al momento dell’elaborazione del diritto comunitario derivato. Una partecipazione precoce a titolo consultivo prima della preparazione del processo decisionale potrebbe migliorare l'esecuzione corretta e dinamica del diritto comunitario. La collaborazione a monte è una garanzia per l’esecuzione a valle[12].

Un altro campo di rappresentanza partecipativa è quello dell'attività del Consiglio in sede legislativa. Dal1992, il trattato che istituisce la Comunità europea ha spezzato il monopolio della rappresentanza detenuto in precedenza dai governi. Il Consiglio è ormai “formato da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale abilitato a impegnare il governo di detto Stato membro” (articolo 203, primo capoverso CE). Ogni Stato determina, secondo il suo ordine costituzionale interno, chi è qualificato per rappresentarlo. Le soluzioni apportate dai vari Stati sono eterogenee:

–   in Germania i rappresentanti dei Länder sono associati ai lavori del Consiglio, a norma dell’articolo 23, paragrafo 6, della Legge fondamentale;

–   la Costituzione austriaca stabilisce una facoltà partecipativa, ma non un obbligo;

–   in Belgio, la sostituzione è la norma, quando si tratta di materie che sono di competenza delle collettività territoriali;

–   in Spagna, le comunità autonome non beneficiano di tale nuova disposizione;

–   l’Italia non autorizza le regioni a rappresentare lo Stato italiano.

Ricordiamo che, ogni volta che un ministro di una regione dotata di poteri legislativi partecipa al Consiglio, rappresenta lo Stato federale e non la sua regione. E’ peraltro lo Stato che viene considerato come unico responsabile nei confronti dell’Unione della buona applicazione del diritto comunitario. Ogni violazione del diritto europeo da parte delle collettività regionali è imputabile ad esso, quale che sia l'autorità la cui azione è all’origine della trasgressione.

Riepilogando, è soltanto in alcuni Stati federali che le Regioni hanno potuto beneficare della nuova formulazione dell’articolo 203 CE. Probabilmente perché una rappresentanza così impegnativa richiede sforzi considerevoli di coordinamento interno e rischia di perpetuare le procedure di cooperazione tra organi federali e organi federati e tra federati stessi. Nulla osta a che l’articolo 203 CE sia interpretato in modo più ampio da parte degli Stati membri, soprattutto da quelli che non si sono ancora occupati della questione[13]. In linea generale, si ritiene che quanto meglio gli interessi regionali sono integrati nel processo decisionale nazionale, tanto meglio saranno rappresentati a Bruxelles.

Un’altra possibilità di partecipazione attiva può essere quella della rappresentanza in sede parlamentare. Per il momento, il Parlamento europeo ha la vocazione a rappresentare, senza passare per intermediari, i popoli o i cittadini d’Europa. Tuttavia, le rappresentanze degli Stati membri nel Parlamento europeo si formano in modi diversi : in alcuni casi su basi regionali. Si tratta di scelte che appartengono ai singoli Stati, ciascuno dei quali può decidere se "regionalizzare" la formazione della sua rappresentanza nel Parlamento europeo, nel rispetto dei principi adottati nell’atto relativo all’elezione dei rappresentanti del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, modificato dalla decisione del Consiglio del 26.6.2002.

Deve infine considerarsi con spirito aperto il problema del come associare rappresentanze delle collettività territoriali autonome -.eventualmente attraverso il Comitato delle Regioni - ai lavori della Commissione del Parlamento europeo per la politica regionale.

5.   COMITATO DELLE REGIONI

Il trattato di Maastricht ha creato il Comitato delle Regioni, interprete politico del fenomeno regionale, che è composto di “rappresentanti delle collettività regionali e locali”. Il Comitato delle Regioni ha recentemente riaffermato la sua legittimità in quanto interlocutore istituzionale esclusivo delle collettività locali e regionali nel contesto dell’Unione, respingendo “ogni tentativo volto a sostituirlo con strutture diverse che non sarebbero rappresentative della totalità delle collettività territoriali”[14].

Non mancano tensioni causate dalla stessa composizione del Comitato. Il Bundesrat, ad esempio, ha buon gioco nel ricordare “l’esigenza di aumentare la rappresentatività politica del Comitato delle regioni mediante una ripartizione dei seggi orientata maggiormente sul numero della popolazione degli Stati membri (…) in particolare per rafforzare la legittimità democratica di tale istituzione”[15]. E' in effetti aperta la discussione su carenze e incongruenze che possono mettere in causa la rappresentatività del Comitato delle Regioni e la sua capacità di pronunciarsi su materie su cui non esista un consenso tra i vari livelli delle entità territoriali. Non è peraltro compito di questo rapporto avanzare proposte concernenti la composizione e le modalità di designazione del Comitato.

Occorre comunque verificare come dotare il Comitato delle Regioni di maggiori poteri, ad esempio rafforzando i suoi diritti formali di consultazione obbligatoria, in particolare nei settori in cui sono in gioco gli interessi delle collettività territoriali.

Il Comitato delle Regioni ha soltanto un ruolo consultivo e la sua composizione è controllata dagli Stati membri. Pertanto non rimette in causa in modo formale l’equilibrio istituzionale stabilito dai trattati istitutivi. Alcuni vorrebbero trasformare il Comitato in una (Seconda? Terza?) Camera delle Regioni, a fianco del Parlamento europeo (e del Consiglio), ma questa proposta non raccoglie consensi significativi e presenta pesanti controindicazioni.

Questo è il motivo per cui numerosi soggetti politici, compreso lo stesso Comitato delle Regioni, sembrano favorire la pista dello sviluppo della sua cooperazione consultiva con il Parlamento, il quale ha peraltro cominciato ad avvalersi della facoltà, introdotta nel Trattato, di chiedere al Comitato delle Regioni di esprimere un parere su materie che riguardano in particolare il suo mandato. E’ inoltre auspicabile e prevedibile che il Comitato venga coinvolto dalla Commissione nella fase preliminare dell'elaborazione di nuove scelte legislative e di nuove politiche con ripercussioni sulle collettività territoriali.

Infine, formuliamo, tra le proposte di emendamento ai Trattati, anche quella di attribuire al Comitato delle Regioni il diritto di ricorrere alla Corte di giustizia contro atti che possano pregiudicare il principio di sussidiarietà o al fine di salvaguardare le sue prerogative.

  • [1] "Cities and the Future Governance of Europe", documento del Comitato esecutivo della Eurocities Association. Da questo documento ho tratto anche alcune delle indicazioni che seguono.
  • [2] v. "Contributo del Comitato delle Regioni per la Convenzione europea.
  • [3] MacCORMICK Neil, A Comment on the Governance Paper, (estratto del libro), pagg. 204-205.
  • [4] CLEMENT, Wolfgang, Minister-Präsident Nordrhein-Westfalen, Vortrag "Europa gestalten - nicht verwalten", Berlin, 12.2.2001.
  • [5] Salvo che in Svezia e nel caso specifico dell'Inghilterra a causa dell'opposizione degli altri componenti del
    Regno Unito.
  • [6] Comitato delle Regioni, La democrazia regionale e locale nell’Unione europea, 1999, pag. 13.
  • [7] CLEMENT, Wolfgang, op.cit., pag. 3.
  • [8] BORE, Albert, Briefing paper, 16.7.2002, pag. 2.
  • [9] Decisione del Bundesrat del 12.7.2002 (decisione 586/2002).
  • [10] Contributo del Comitato delle Regioni per la Convenzione europea, CdR 127/2002 def., 8.7.2002.
  • [11] Contributo del Comitato delle Regioni per la Convenzione europea, pag. 5
  • [12] DELPEREE, Francis, Le fédéralisme en Europe, PUF (Série Que sais-je?), 2000, pag. 34.
  • [13] Cfr.: McCORMICK, Neil, A Comment on the Governance Paper, pag. 203.
  • [14] Contributo del Comitato delle regioni per la Convenzione europea, pag. 2.
  • [15] Decisione del Bundesrat, pag. 10.

PARERE DI MINORANZA

presentato a norma dell'articolo 161, paragrafo 3 del regolamento

da Georges Berthu

La relazione Napolitano si avvale di tutte le possibili ambiguità del trattato, al fine di stabilire un legame diretto fra le istituzioni dell'Unione e i poteri regionali e locali all'interno degli Stati membri. In tal modo, essa tende a lasciare in disparte un principio antico e fondamentale: solo gli Stati sono membri dell'Unione; essi sono liberi nella loro organizzazione interna, e in particolare per quanto concerne il modo di associare le collettività locali alle decisioni adottate.

Certo, l'intenzione della relazione è lodevole: essa mostra come, in numerosi Stati membri, un'azione di decentramento abbia affidato maggiori poteri a   lle regioni e come pertanto sia dovere dell'Unione instaurare "nuovi metodi partecipativi".

Dal nostro punto di vista, si possono trarre tuttavia conclusioni del tutto diverse: le politiche di decentramento perseguite da taluni Stati membri, combinate con l'ampliamento, non fanno che rendere ancora più cruciale, per la razionalità dell'assunzione delle decisioni a livello europeo, la funzione di coordinamento delle collettività territoriali assicurata dagli Stati nei riguardi dell'Unione. Tale principio originario della Comunità ci sembra sempre più attuale.

Se l'Unione vuole ricercare la prossimità, essa farebbe meglio a lavorare anzitutto a più stretto contatto, in uno spirito di leale cooperazione, con i parlamenti nazionali.

COMMISSIONE PER L'OCCUPAZIONE E GLI AFFARI SOCIALI

15 novembre 2002

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea

(2002/2141(INI))

Relatrice per parere: Luciana Sbarbati

PROCEDURA

Nella riunione del 9 luglio 2002 la commissione per l'occupazione e gli affari sociali ha nominato relatrice per parere Luciana Sbarbati.

Nelle riunioni del 30 settembre e 11-12 novembre 2002 ha esaminato il progetto di parere.

In quest'ultima riunione ha approvato le conclusioni in appresso con 26 voti favorevoli e 2 astensioni.

Erano presenti al momento della votazione Theodorus J.J. Bouwman, presidente; Marie-Hélène Gillig e Winfried Menrad, vicepresidenti; Luciana Sbarbati, relatrice per parere; Elspeth Attwooll, Hans Udo Bullmann (in sostituzione di Jan Andersson), Chantal Cauquil (in sostituzione di Sylviane H. Ainardi), Luigi Cocilovo, Proinsias De Rossa, Jillian Evans, Carlo Fatuzzo, Ilda Figueiredo, Anne-Karin Glase, Lisbeth Grönfeldt Bergman (in sostituzione di Regina Bastos), Richard Howitt (in sostituzione di Enrico Boselli), Stephen Hughes, Jean Lambert, Elizabeth Lynne, Thomas Mann, Mario Mantovani, Claude Moraes, Manuel Pérez Álvarez, Bartho Pronk, Lennart Sacrédeus, Herman Schmid, Helle Thorning-Schmidt, Ieke van den Burg e Anne E.M. Van Lancker.

BREVE GIUSTIFICAZIONE

La Commissione affari costituzionali ha deciso di elaborare e proporre alla assemblea plenaria un rapporto sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea, tema questo centrale all'interno del dibattito sull'avvenire dell'Europa.

Nel documento di lavoro, infatti, il relatore sottolinea come, a partire dal trattato di Maastricht, si sia evidenziato un processo di progressivo riconoscimento delle funzioni e dell'autonomia delle differenti collettività locali, sempre più spesso coinvolte nella trasposizione della legislazione europea e nella gestione dei programmi comunitari.

Tale constatazione appare particolarmente significativa per quanto concerne i temi più strettamente connessi all'occupazione ed agli affari sociali, come sottolineato, fra l'altro, dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 30 novembre 2000[1] sulla comunicazione della Commissione dal titolo "Agire a livello locale in materia di occupazione - Dare una dimensione locale alla strategia europea per l'occupazione" (COM(2000) 196).

Il Parlamento ricordava nel suo rapporto che gli enti locali svolgono un ruolo importante nella creazione di posti di lavoro, sia per la loro prossimità alle persone in cerca di occupazione sia per la maggiore conoscenza delle necessità e delle carenze a livello locale nonché dei mezzi per farvi fronte. Essi svolgono, ugualmente, un compito importante nella realizzazione di iniziative particolarmente idonee, per il loro carattere integrato, a promuovere l'inserimento dei gruppi minacciati dall'emarginazione e dall'esclusione sociale.

Nella sua comunicazione dal titolo "Rafforzare la dimensione locale della strategia europea per l'occupazione" (COM(2001) 629)[2], del resto, la Commissione constatava l'esistenza di un ampio consenso politico quanto all'opportunità di rafforzare la dimensione locale della strategia europea per l'occupazione. Tale consenso, del resto, è maturato grazie al riconoscimento da più parti dell'importante contributo offerto dagli attori locali ed al superamento della convinzione che lo sviluppo locale dell'occupazione fosse questione marginale rispetto alle strategie macro-economiche e strutturali.

Tale affermazione riferita alla strategia dell'occupazione, può, del resto, essere applicata ad altri campi degli affari sociali, quali la lotta all'esclusione sociale ed all'emarginazione, l'utilizzazione dei fondi strutturali ed in particolare del Fondo sociale europeo, la formazione, lo sviluppo della piccola e media impresa, ecc.

Sono proprio questi i campi in cui più acuta è la necessità di avvicinare i cittadini all'Unione senza negare né l'attaccamento di questi alla dimensione ed alle radici locali, né il processo di integrazione comunitaria. Come sottolinea il documento di lavoro della Commissione affari costituzionali, si tratta di ridefinire la ripartizione di competenze all'interno dell'Unione, rendendo concreto l'impegno comunitario ad assicurare la partecipazione attiva delle entità territoriali.

In questo senso, la commissione occupazione ed affari sociali non può che accogliere favorevolmente l'iniziativa dalla commissione affari costituzionali, ribadendo l'esigenza di avviare una profonda riflessione sulla ripartizione delle responsabilità e delle competenze tra l'Unione, i governi centrali e le istanze regionali e locali che operano nel settore dell'occupazione e degli affari sociali. Tale ripartizione deve portare non al frazionamento degli sforzi compiuti ma ad un più stretto coordinamento degli impegni e dei contributi, per aumentare l'efficacia delle misure prese in questo campo.

Si tratta, in particolare, di modificare i modi di gestione dell'Unione, per ispirarli ai criteri di consultazione e di partenariato, garantendo l'associazione dei poteri regionali e locali all'elaborazione delle politiche e degli atti legislativi che abbiano ripercussioni concrete sulle collettività locali e sulle loro competenze. Tali cambiamenti, come osserva il documento di lavoro della Commissione affari costituzionali, dovrebbero implicare dei nuovi comportamenti da parte della Commissione e delle forme di collaborazione più intensa con il Parlamento ed il Consiglio dei ministri.

In sintesi, si tratta, di mirare ad una maggiore partecipazione della base all'elaborazione delle politiche e delle direttive dell'Unione, senza per questo appesantire e complicare il processo decisionale comunitario.

CONCLUSIONI

La commissione per l'occupazione e gli affari sociali invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti elementi:

Paragrafo 1

considerando che il campo delle politiche per l'occupazione e gli affari sociali coinvolge fortemente le entità territoriali e che le strategie comunitarie in questo campo possono essere efficaci solo grazie al loro decisivo contributo, sia per quanto concerne l'esecuzione dei programmi che per quel che riguarda la trasposizione della normativa europea;

Paragrafo 2

considerando che l'Unione europea, anche sulla base della Carta dei diritti che cita per la prima volta i poteri pubblici regionali e locali, si è dotata di una serie di strumenti per favorire le iniziative locali nel campo dell'occupazione ma che appaiono ancora insufficienti il quadro istituzionale in cui il contributo degli enti territoriali si inserisce, il loro coinvolgimento nell'elaborazione delle politiche e strategie comunitarie ed i flussi di informazione;

Paragrafo 3

considerando che il Consiglio europeo di Siviglia del 21 e 22 giugno 2002 ha invitato il Consiglio e la Commissione a rafforzare l'applicazione dell'articolo 299, paragrafo 2 del trattato CE, che riconosce la specificità delle regioni ultraperiferiche;

Paragrafo 4

invita l'Unione, gli Stati membri e i rappresentanti del Comitato delle regioni, in occasione della Convenzione sul futuro dell'Unione, ad avviare una profonda riflessione sulla cooperazione tra comunità, governi centrali ed istanze regionali e locali e sulla ripartizione delle responsabilità e delle competenze tra Comunità, governi centrali ed istanze regionali e locali, tenendo conto in particolare degli aspetti sociali di competenza dell'Unione;

Paragrafo 5

chiede agli Stati membri, tenendo conto delle tornate annuali di coordinamento per le politiche economiche e di promozione dell'occupazione, di indicare nei rispettivi piani nazionali per l'occupazione e per la lotta all'esclusione sociale il grado di partecipazione degli enti regionali e locali, nonché la ripartizione delle responsabilità e delle competenze tra governo centrali ed enti locali in ordine all'attuazione delle relative strategie;

Paragrafo 6

chiede alla Commissione europea di coinvolgere sistematicamente le autorità locali e regionali nella definizione delle politiche sociali ed occupazionali che hanno un impatto territoriale, in particolare per quanto riguarda la lotta contro l'esclusione sociale ( pari opportunità, immigrazione, rifugiati, nuove povertà) attraverso un dialogo costante che permetta di anticipare la procedura d'informazione, di coordinazione, di cooperazione e di negoziazione instaurata dalla maggior parte degli Stati e di garantire un maggior coordinamento delle iniziative ;

Paragrafo 7

chiede alla Commissione ed agli Stati membri di instaurare un flusso circolare di informazioni e di scambio di esperienze e buone pratiche, nell'applicazione dei metodi di coordinamento aperto, che coinvolga direttamente gli enti locali e regionali e la realtà territoriale;

Paragrafo 8

chiede alla Commissione ed agli Stati membri di semplificare le procedure di accesso ai fondi europei, di coinvolgere le autorità regionali nella progettazione dei programmi da finanziare e di garantire una maggiore formazione del personale pubblico degli enti locali e regionali sui programmi, le iniziative e le strategie dell'Unione, in particolare nei settori degli affari sociali e dell'occupazione;

Paragrafo 9

invita la Convenzione a proporre che il Comitato delle regioni possa adire direttamente la Corte di giustizia delle Comunità europee in caso di violazione del principio di sussidiarietà in questioni nelle quali i poteri regionali hanno giurisdizione in materia di occupazione o affari sociali.

COMMISSIONE PER I DIRITTI DELLA DONNA E LE PARI OPPORTUNITÀ

26 novembre 2002

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul ruolo degli enti regionali e locali nella costruzione europea

(2002/2141(INI))

Relatrice per parere: Christa Klaβ

PROCEDURA

Nella riunione del 10 luglio 2002 la commissione per i diritti della donna e le pari opportunità ha nominato relatrice per parere Christa Klaβ.

Nelle riunioni del 4 e 26 novembre 2002, la commissione ha esaminato il progetto di parere.

Nell'ultima riunione indicata ha approvato le conclusioni in appresso all'unanimità.

Erano presenti al momento della votazione Anna Karamanou (presidente), Marianne Eriksson (vicepresidente), Jillian Evans (vicepresidente), Christa Klaß (relatrice per parere), María Antonia Avilés Perea, Fiorella Ghilardotti, Lissy Gröner, Rodi Kratsa-Tsagaropoulou, Astrid Lulling, Thomas Mann, Maria Martens, Joke Swiebel e Elena Valenciano Martínez-Orozco.

CONCLUSIONI

La commissione per i diritti della donna e le pari opportunità invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti elementi:

A.   considerando che l'Unione europea si fonda sulla solida coesione delle regioni d'Europa, che costituiscono per i cittadini entità a misura umana, nelle quali si identificano e riconoscono il senso della patria, e che le regioni naturali non sono delimitate dalle frontiere nazionali,

B.   considerando che negli anni passati è maturata una maggiore consapevolezza circa le funzioni e l'autonomia delle diverse amministrazione regionali e locali degli Stati membri, che gli enti regionali e locali possono svolgere al riguardo un ruolo significativo per avvicinare maggiormente l'UE ai cittadini, la qual cosa rappresenta un obiettivo fondamentale del processo di Nizza, e che il Libro bianco della Commissione sulla governance europea richiede una stretta cooperazione tra le istituzioni europee, i governi nazionali, le amministrazioni regionali e locali e la società civile,

1.   constata che oltre la metà dei cittadini europei è costituita da donne e che una società democratica europea deve pertanto essere fondata su una effettiva e reale parità dei cittadini dei due sessi, come lo esige il trattato di Amsterdam;

2.   propone, onde consentire agli enti e istituzioni locali di avvalersi del potenziale in risorse umane presente a livello regionale e locale, di potenziare la gamma di possibilità di formazione e perfezionamento, specie per le donne a livello locale, nonché di incentivare le opportunità di occupazione piena ed a tempo parziale per le donne;

3.   sottolinea che per promuovere la coesione europea vanno incentivati gli scambi e la conoscenza reciproca e che proprio alle donne e alle famiglie dovrebbe essere garantita l'opportunità di intessere legami umani al di là del piano professionale e commerciale;

4.   sottolinea il deficit democratico che scaturisce dalla sottorappresentatività delle donne negli enti e nelle amministrazioni aventi potere decisionale, sia nel settore pubblico che in quello privato e nei settori politico, economico, sociale e professionale a livello europeo, nazionale, regionale e locale; sottolinea che la continua sottorappresentatività delle donne nel processo decisionale costituisce un ostacolo sostanziale per uno sviluppo democratico delle regioni dell'UE e la loro coesione sociale;

5.   rinnova la raccomandazione 96/694/CE del Consiglio del 2 dicembre 1996 sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale, che invita a elaborare una strategia per una partecipazione attiva ed equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale in ogni istituzione e in ogni organismo sussidiario e decentrato delle Comunità europee;

6.   ricorda che gli enti locali svolgono un ruolo primario sul mercato del lavoro in quanto sono più vicini ai lavoratori in cerca di occupazione ed hanno una migliore comprensione della necessità e dei problemi locali nonché degli strumenti per risolverli; chiede che le amministrazioni locali e regionali siano associate all'elaborazione di nuove politiche sociali più di quanto avvenuto finora, e in particolare alle riflessioni relative alla promozione della parità e alla sua applicazione sul piano sociale;

7.   sottolinea che la promozione della parità dovrebbe avere riscontri concreti già nell’ambito degli enti locali e di altre istituzioni a livello locale e a tutti i livelli e in tutti gli strati della società e sottolinea pertanto la necessità di integrare le istanze competenti per la promozione della parità nelle amministrazioni locali, di garantire la presenza equilibrata dei due sessi nelle commissioni e nelle organizzazioni locali delle parti sociali;

8.   raccomanda che si annetta la necessaria considerazione alla rilevanza delle amministrazioni regionali e locali in sede di definizione di tutte le politiche comunitarie, una volta che tali amministrazioni abbiano innalzato il tasso di partecipazione delle donne alla vita politica; chiede una presenza equilibrata delle donne e degli uomini nella composizione del Comitato delle regioni;

9.   ricorda la partecipazione equilibrata delle donne all'attuazione dei Fondi strutturali e ai gruppi di lavoro Leader e sottolinea quanto importante sia promuovere finanziariamente, nell’ambito delle iniziative dell’Unione, progetti che tengano conto della parità fra uomini e donne e contribuiscano a creare nelle regioni dell’UE favorevoli condizioni di vita per donne e uomini;

10.   sottolinea la rilevanza della cooperazione transfrontaliera ed invita la Commissione a promuovere un’adeguata partecipazione delle donne nei vari gruppi di lavoro per il potenziamento della cooperazione nonché a tenere conto soprattutto delle donne contestualmente ai programmi specifici per le regioni frontaliere.