RELAZIONE sulla promozione dello sviluppo di pratiche commerciali responsabili, compreso il ruolo dell'industria estrattiva nei paesi in via di sviluppo

19.2.2014 - (2013/2126(INI))

Commissione per lo sviluppo
Relatore: Judith Sargentini

Procedura : 2013/2126(INI)
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A7-0132/2014
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla promozione dello sviluppo di pratiche commerciali responsabili, compreso il ruolo dell'industria estrattiva nei paesi in via di sviluppo

(2013/2126(INI))

Il Parlamento europeo,

–       vista la dichiarazione di Addis Abeba sullo sviluppo e la gestione delle risorse minerarie dell'Africa, adottata dalla prima conferenza dei ministri dell'Unione africana responsabili dello sviluppo delle risorse minerarie nell'ottobre 2008,

–       vista l'African Mining Vision (prospettiva africana in materia di sfruttamento minerario) adottata dai capi di Stato e di governo al vertice dell'Unione africana nel febbraio 2009,

–       vista la dichiarazione di Lusaka del vertice speciale della conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi volta a combattere lo sfruttamento illecito delle risorse naturali nella regione dei Grandi Laghi del 15 dicembre 2010[1],

–       visto il piano d'azione per l'attuazione dell'African Mining Vision adottato nella seconda conferenza dei ministri dell'Unione africana responsabili dello sviluppo delle risorse minerarie tenutasi ad Addis Abeba nel dicembre 2011,

–       visti i 10 principi per l'integrazione della gestione dei rischi per i diritti umani nelle negoziazioni contrattuali tra Stato e investitore, proposti dal rappresentante speciale del Segretario generale alla 17a sessione del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite nel maggio 2011,

–       vista la guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile dei minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio, che contiene raccomandazioni particolareggiate per aiutare le imprese a rispettare i diritti umani e impedire il finanziamento dei conflitti attraverso le loro pratiche di approvvigionamento[2],

–       vista la norma EITI (norma internazionale in materia di trasparenza), che garantisce la pubblicazione degli introiti dei governi derivanti dalle risorse naturali;

–       vista la dichiarazione del G8 di Lough Erne di giugno 2013, in cui i capi di Stato e di governo hanno ribadito l'importanza di una gestione trasparente e responsabile delle risorse naturali e della loro catena di approvvigionamento[3],

–       vista la dichiarazione finale del G20, pubblicata il 6 settembre 2013, nella quale i leader sostengono l'iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive (EITI);

–       visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–       vista la relazione della commissione per lo sviluppo (A7‑0132/2014),

A.     considerando che per molti paesi in via di sviluppo l'estrazione delle risorse naturali è responsabile di una percentuale significativa del PIL e, spesso, della maggior parte delle entrate generate dagli scambi con l'estero e degli investimenti esteri;

B.     considerando che in Africa si trovano alcune delle maggiori riserve di minerali al mondo e che i benefici derivanti dall'estrazione delle risorse minerarie africane dovrebbero essere utilizzati per conseguire gli OSM, eliminare la povertà e realizzare uno sviluppo e una crescita socioeconomici rapidi e diffusi; che, tuttavia, i paesi africani devono ancora sviluppare e attuare strategie coerenti al fine di trasformare lo sfruttamento delle risorse naturali in un volano per lo sviluppo economico e la diversificazione delle loro economie;

C.     considerando che le risorse naturali possono essere importanti motori di crescita economica e di sviluppo sociale se gli introiti sono gestiti correttamente e in totale trasparenza;

D.     considerando che le controversie per il petrolio, il gas, i minerali, il legname e altre risorse naturali sono al secondo posto nella classifica delle cause di conflitto nel mondo; che la competizione per le risorse, come il suolo e l'acqua, è in aumento e contribuisce a inasprire i conflitti in corso o a scatenarne di nuovi; che il degrado ambientale, la crescita demografica e il cambiamento climatico contribuiscono ad aggravare la cattiva gestione del suolo e delle risorse naturali;

E.     considerando che, paradossalmente, i paesi con grandi risorse naturali spesso versano in una situazione di maggiore difficoltà rispetto ad altri (il fenomeno della "maledizione delle risorse") e che il controllo, lo sfruttamento, il commercio e la tassazione dei minerali in alcuni casi contribuiscono ai conflitti armati (il problema dei "minerali dei conflitti");

F.     considerando che spesso i benefici dell'attività estrattiva per le popolazioni locali non si realizzano o sono ampiamente superati da conseguenze sociali o ambientali negative; considerando che le autorità locali o nazionali possono ricorrere a una migliore governance e una maggiore trasparenza per potenziare i benefici dell'attività estrattiva per le popolazioni locali, neutralizzando in tal modo le eventuali ripercussioni sociali o ambientali negative;

G.     considerando che le valutazioni dell'impatto ambientale e sociale svolgono un ruolo importante nella protezione dei diritti delle popolazioni indigene nelle zone minerarie;

H.     considerando che, nel 2008, la Banca mondiale ha stimato che il 90% della produzione mineraria della Repubblica democratica del Congo proveniva da miniere su piccola scala, non registrate e operanti in zone remote e insicure controllate da gruppi armati;

I.      considerando che l'attività estrattiva su piccola scala fornisce molti posti di lavoro, specialmente nelle zone rurali; che occorre formalizzare l'estrazione artigianale e su piccola scala per stimolare l'imprenditorialità locale/nazionale, migliorare la qualità di vita e compiere passi avanti nello sviluppo economico e sociale integrato delle zone rurali; che, tuttavia, la natura informale dell'estrazione artigianale e su piccola scala in Africa espone il settore alle mire della criminalità organizzata e delle organizzazioni paramilitari e che esso è minacciato da diverse sfide, come quella del lavoro minorile, che gli impediscono di realizzare il suo pieno potenziale di sviluppo;

J.      considerando che l'industria estrattiva consente di sviluppare le filiere tecnologiche e innovative e offre soluzioni segnatamente in termini di efficienza delle risorse, di efficacia energetica, di progettazione ecocompatibile, di miglioramento delle prestazioni, di riciclaggio e di economia circolare, che devono giovare sia ai paesi in via di sviluppo sia ai paesi sviluppati;

K.     considerando che la Prospettiva africana in materia di sfruttamento minerario fornisce un quadro inteso a integrare il settore in modo più coerente e solido nell'economia e nella società del continente;

L.     considerando che gli abusi dei diritti umani sono comuni nell'industria estrattiva e comprendono il lavoro minorile, la violenza sessuale, la scomparsa di persone, la violazione del diritto a un ambiente pulito, la perdita di terre e mezzi di sostentamento senza negoziazioni e senza una compensazione adeguata, il trasferimento forzato e la distruzione di luoghi di rilevanza spirituale o culturale;

M.    considerando che il lavoro forzato e la negazione dei diritti sindacali e di contrattazione collettiva continuano a rappresentare problemi preoccupanti; considerando, inoltre, che le norme di salute e sicurezza, spesso estremamente scarse o mancanti, sono fonte di grande preoccupazione, specialmente nelle miniere su piccola scala, che operano sovente in condizioni molto precarie;

N.     considerando che la responsabilità di rispettare i diritti umani costituisce un criterio globale di comportamento che ci si aspetta da tutte le imprese commerciali indipendentemente dal luogo in cui operano, come ricordato nei "Principi guida su imprese e diritti umani" redatti dal rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite, John Ruggie, sulla questione dei diritti umani e delle imprese transnazionali e altre imprese commerciali; che, tuttavia, non vi è sufficiente accordo sulle implicazioni concrete di questa responsabilità e che i progressi verso la piena conformità sono seriamente ostacolati, tra l'altro, dalla mancanza di efficaci meccanismi di monitoraggio, segnalazione, verifica e responsabilità;

O.     considerando che la proliferazione di codici di condotta, norme e sistemi di certificazione con ambiti di applicazione tematica diversi nel settore della responsabilità sociale delle imprese rende le valutazioni, i confronti e la verifica difficili o impossibili; che questa proliferazione ha molte radici, tra cui un impegno insufficiente nel perseguimento di una responsabilità sociale delle imprese effettivamente funzionante e la predisposizione a trovare scorciatoie da parte delle imprese che vogliono essere percepite come socialmente ed ecologicamente responsabili;

P.     considerando che per aumentare l'efficienza e realizzare l'uguaglianza nel settore della responsabilità sociale delle imprese, è fondamentale abbandonare l'attuale sistema "à la carte", in cui le imprese scelgono i codici e le norme secondo le proprie preferenze, a favore di norme comuni applicabili a tutto il settore;

Q.     considerando che il fenomeno del "greenwashing" (proiezione di un'immagine di azione ambientale presumibilmente positiva al fine di indurre in inganno il pubblico e di distogliere l'attenzione dalle pratiche dannose per l'ambiente) inganna i consumatori, il grande pubblico e i legislatori per quanto riguarda le prestazioni ambientali e compromette il perseguimento di un comportamento commerciale responsabile e che, per queste ragioni, deve essere combattuto; che, più in generale, le imprese che ricorrono alla responsabilità sociale quale strumento commerciale devono garantire che ogni dichiarazione in proposito sia accurata;

R.     considerando che l'attuazione dell'EITI è intesa a incrementare la trasparenza della gestione delle entrate, allo scopo di ridurre le possibilità di corruzione e di consentire una ripartizione equa dei benefici;

S.     considerando che, benché molti paesi africani negli ultimi due decenni abbiano realizzato una lungimirante liberalizzazione economica, commerciale e degli investimenti, essi non hanno raggiunto una significativa diversificazione dell'economia e hanno mediamente economie meno diversificate e maggiormente concentrate, per esempio, sulle esportazioni minerarie e agricole a basso valore aggiunto, entrambe estremamente sensibili allo shock dei prezzi per fattori esterni; che oggi si dovrebbe mettere in atto ogni sforzo per una maggiore diversificazione dell'economia, vale a dire una minore dipendenza dalle industrie estrattive o dalle esportazioni agricole, entrambe estremamente sensibili allo shock dei prezzi per fattori esterni;

T.     considerando che la dichiarazione di Addis Abeba sullo sviluppo e la gestione delle risorse minerarie dell'Africa esorta i paesi africani a garantire che i negoziati APE e dell'OMC di portata globale non limitino le politiche nazionali di sviluppo ed evitino l'"effetto di vincolo" della liberalizzazione degli scambi commerciali, che ha accentuato la dipendenza dai prodotti di base dei paesi africani a basso reddito;

U.     considerando che, a partire dalle riforme del settore estrattivo dirette dalla Banca mondiale negli anni Ottanta, l'America latina si sta nuovamente impegnando a favore del potenziamento del ruolo delle istituzioni statali, concentrandosi su priorità nazionali e obiettivi di sviluppo economico;

V.     considerando che le imposte sulle esportazioni sono ampiamente utilizzate; che, tuttavia, molti accordi commerciali regionali e gli accordi di partenariato economico (APE) utilizzati dall'UE ne vietano l'utilizzo;

W.    considerando che alcuni paesi ACP temono che le restrizioni contenute negli APE sulle imposte sulle esportazioni possano rendere più difficile l'evoluzione verso l'alto nella catena di valore;

X.     considerando che la corruzione e i contratti non trasparenti sono diffusi nel settore estrattivo;

Y.     considerando che il carattere globale delle moderne catene di approvvigionamento implica che le risorse naturali che hanno alimentato alcuni dei conflitti più brutali al mondo siano acquistate e commercializzate a livello internazionale, anche da imprese che operano nell'UE;

Z.     considerando che gli sforzi delle imprese tesi a evitare di procurarsi i minerali dei conflitti, benché accolti con favore, non si sono rivelati sempre efficaci;

AA. considerando che la sezione 1502 del Dodd Frank Act degli Stati Uniti dispone che le imprese registrate presso la Securities and Exchange Commission (SEC), comprese le aziende europee, adottino la dovuta diligenza per stabilire se i loro prodotti contengono minerali che hanno finanziato gruppi armati nella RDC; che, in una decisione collegata, la SEC ha fatto riferimento alla guida dell'OCSE quale norma credibile di dovuta diligenza per le imprese che applicano la legge;

AB. considerando che gli sforzi volti a porre fine ai conflitti bloccando il flusso degli introiti realizzati dall'estrazione artigianale diretti ai gruppi armati hanno avuto un discreto successo nel caso dei diamanti, ma che occorre un impegno maggiore per costruire un solido quadro giuridico e istituzionale per l'estrazione artigianale, oltre alla conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi;

Attività estrattiva e sviluppo sostenibile

1.      constata con preoccupazione che il settore estrattivo non sostenibile può avere enormi ripercussioni ambientali e sociali negative, specialmente in Africa;

2.      sottolinea che il boom dei prezzi dei prodotti di base, alimentato dalla domanda delle economie emergenti, offre una grande opportunità per i paesi in via di sviluppo ricchi di risorse, specialmente in Africa, per raccogliere guadagni e indirizzarli nello sviluppo, nell'interesse delle loro popolazioni; sostiene le politiche nazionali che mirano a questo obiettivo; evidenzia che spesso le riforme legislative e normative sono essenziali e ribadisce che gli accordi commerciali e di investimento non devono limitare il margine di manovra necessario per agire;

3.      sottolinea che l'industria estrattiva, oltre a generare introiti statali che possono essere impiegati per lo sviluppo, deve contribuire allo sviluppo attraverso collegamenti con l'economia locale, per esempio attraverso l'occupazione e la formazione di persone del posto, l'acquisto di beni e servizi locali, la lavorazione in loco delle materie estratte e la partecipazione agli sforzi tesi a far crescere le imprese locali che utilizzano i materiali lavorati o non lavorati come base produttiva o che possono trarre vantaggio dalla presenza dell'industria estrattiva in altri modi; sollecita i paesi membri dell'Unione africana ad attuare sistematicamente l'African Mining Vision; è convinto del fatto che in questo modo si possa accelerare enormemente il progresso verso la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del millennio; sottolinea a questo proposito la necessità di promuovere i principi dello sviluppo sostenibile sulla base di un'attività estrattiva responsabile sotto il profilo ambientale e sociale;

4.      invita i paesi in via di sviluppo a incrementare la loro cooperazione regionale, sviluppando e adottando criteri e norme comuni in materia ambientale, sociale, sanitaria e della sicurezza per il settore minerario, inclusa l'estrazione artigianale e su piccola scala;

5.      evidenzia la necessità di approcci regionali e internazionali per ridurre lo sfruttamento illecito delle risorse naturali; incoraggia i paesi in via di sviluppo a intervenire per formalizzare l'estrazione artigianale e su piccola scala al fine di migliorare il sostentamento, garantire salari sufficienti per vivere e integrare il settore dell'estrazione artigianale e su piccola scala nell'economia rurale e nazionale, fornendo al contempo a questo scopo un sostegno finanziario e tecnico accessibile e garantendo un sistema giuridico che dia ai titolari di diritti nell'estrazione artigianale e su piccola scala terra sufficiente e la sicurezza della stabilità; invita l'UE ad aiutare i paesi in via di sviluppo a rafforzare localmente la capacità di impiegare sistemi di tracciamento e di certificazione prima di applicare divieti al trasporto di minerali non conformi;

6.      sottolinea gli sforzi dell'Unione per sostenere un ulteriore sviluppo istituzionale e un rafforzamento della capacità presso i governi ospitanti per istituire il quadro istituzionale e giuridico necessario a gestire e stanziare gli introiti generati dall'industria estrattiva in modo trasparente ed efficace; sottolinea altresì i partenariati sviluppati tra l'Unione e la Banca africana di sviluppo; sollecita, in particolare, l'UE a mantenere la sua assistenza per lo sviluppo della legislazione e della politica fiscale in modo da ottimizzare i vantaggi locali e nazionali dello sviluppo dell'attività estrattiva, che determinano la creazione di occupazione locale, salari sufficienti per vivere per i lavoratori e le loro famiglie e maggiori collegamenti tra le piccole e medie imprese e la catena di approvvigionamento connessa allo sviluppo dell'industria estrattiva;

7.      sottolinea, in linea con il principio della proprietà, che le comunità locali devono partecipare alla pianificazione e allo sviluppo di progetti che riguardano le risorse naturali, i quali devono essere valutati in termini di catene di fornitura locali e di occupazione della comunità locale;

8.      reputa fondamentale riconoscere e garantire i diritti e le culture tradizionali delle popolazioni indigene nello sviluppo dell'industria estrattiva e garantire la loro partecipazione a monte e informata;

9.      sottolinea la necessità di garantire un accesso efficace alla giustizia alle vittime di violazioni della legislazione sociale o ambientale commesse dalle imprese multinazionali;

10.    sottolinea che, in un contesto in cui la regolamentazione interna nei paesi in via di sviluppo è spesso inadeguata a proteggere i diritti umani dalle violazioni societarie, il quadro delle Nazioni Unite "Proteggere, Rispettare e Rimediare" offre una serie globale e utile di principi in materia di rispetto e di tutela dei diritti umani da parte delle imprese;

11.    invita a dare un'efficace attuazione alla Carta africana dei diritti umani, che include disposizioni concernenti la distruzione della ricchezza e delle risorse naturali e principi in materia di adeguato risarcimento;

12.    invita i paesi in via di sviluppo a ratificare le convenzioni e gli strumenti in materia di diritti umani pertinenti al settore estrattivo e ad attuarli, fra l'altro autorizzando le istituzioni pubbliche per i diritti dell'uomo a monitorare l'applicazione delle norme in materia di diritti dell'uomo in relazione al settore estrattivo e sviluppando strumenti e metodologie intesi a integrare le questioni concernenti la salute pubblica e i diritti umani nelle procedure di valutazione d'impatto;

13.    rileva con preoccupazione che secondo John Ruggie, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani, circa due terzi delle violazioni dei diritti umani commesse dalle imprese avvengono nei settori del petrolio, del gas e dell'attività estrattiva; sottolinea che gli Stati membri dell'UE e la comunità internazionale hanno il dovere, ai sensi del diritto umanitario internazionale ed europeo, di garantire che le imprese che operano all'interno della loro giurisdizione non causino né contribuiscano a violazioni dei diritti umani, direttamente o indirettamente, attraverso le loro attività commerciali;

14.    esprime preoccupazione per le condizioni di lavoro nell'estrazione su piccola scala, dove molti posti di lavoro sono precari, lontani dalla conformità alle norme del lavoro internazionali e nazionali e dove i tassi di infortunio si stimano essere sei o sette volte più elevati che nelle imprese più grandi; invita i governi dei paesi in via di sviluppo e le imprese del settore estrattivo ad attuare le norme fondamentali del lavoro come stabilito dalle convenzioni OIL per garantire a tutti i lavoratori del settore estrattivo un lavoro dignitoso e sicuro, compresa la convenzione per la sicurezza e la salute nelle miniere;

15.    invita gli Stati membri dell'UE a intensificare la loro assistenza per combattere il lavoro minorile nel settore estrattivo e a sostenere l'impegno dell'OIL di garantire opportunità d'istruzione e prospettive di reddito alternative al fine di allontanare i bambini dalle attività estrattive;

16.    accoglie con favore il fatto che le istituzioni finanziarie internazionali abbiano elaborato metodi per garantire che gli investitori del settore estrattivo eseguano valutazioni di impatto ambientale e di impatto sociale; osserva tuttavia che il rafforzamento delle capacità nei paesi in via di sviluppo per attuare questi requisiti rimane una sfida, a causa di limitazioni finanziarie e in termini di risorse umane; invita pertanto l'UE ad aggiornare l'assistenza tecnica per permettere ai paesi in via di sviluppo di introdurre la pratica della valutazione sistematica dei rischi sanitari, sociali e ambientali, unitamente a disposizioni per un'effettiva partecipazione pubblica;

17.    sottolinea il ruolo del Gruppo della Banca mondiale nello sviluppo di pratiche responsabili negli affari; ricorda la necessità di migliorare il modo in cui le conoscenze in materia di costruzione di istituzioni maggiormente incentrate sull'integrità sono condivise e applicate e di mettere le informazioni e i mezzi di azione alla portata dei cittadini, affinché i governi debbano operare in modo più efficace e tenere maggiormente conto delle loro esigenze;

18.    esorta le autorità a mettere al bando l'esplorazione e lo sfruttamento delle risorse minerarie nei parchi nazionali e nei siti del patrimonio mondiale; esorta altresì le imprese del settore a non ingaggiare tali esplorazioni e sfruttamento;

19.    ritiene che il settore estrattivo possa e debba contribuire in maniera rilevante all'attenuazione del cambiamento climatico attraverso il trasferimento di tecnologia e investimenti responsabili; sottolinea in particolare che le imprese estrattive di grandi dimensioni possono potenzialmente fornire il know-how per l'attenuazione delle emissioni nelle imprese estrattive di piccole e medie dimensioni; rinnova il suo invito all'UE a cercare accordi sul finanziamento climatico, il trasferimento di tecnologia e il rafforzamento delle capacità e ad aggiornare la sua assistenza ai paesi in via di sviluppo per la riduzione delle emissioni di CO2;

20.    sottolinea la necessità di una solida legislazione europea in materia di divulgazione di informazioni di carattere non finanziario da parte di alcune grandi società, che comprenda l'obbligo per queste ultime di operare secondo una dovuta diligenza basata sul rischio che tenga conto di tutta la loro catena di approvvigionamento;

Il ruolo del settore privato

21.    chiede l'attuazione effettiva della dichiarazione dell'OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali del lavoro, delle linee guida dell'OCSE per le imprese multinazionali (MNE), dell'iniziativa "Global Compact" delle Nazioni Unite (UNGC) e dei principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni unite (UNGP) attraverso meccanismi comuni applicabili a tutto il settore industriale;

22.    invita il SEAE e la Commissione a garantire che gli addetti commerciali dell'UE, che operano presso le delegazioni dell'Unione europea, ricevano una formazione regolare sulle questioni attinenti alla responsabilità sociale delle imprese;

23.    invita la Commissione a promuovere attivamente un comportamento responsabile fra le imprese dell'Unione europea che operano all'estero, garantendo la rigorosa osservanza di tutti gli obblighi giuridici, segnatamente degli standard e delle norme internazionali vigenti nell'ambito dei diritti dell'uomo, del lavoro e dell'ambiente;

24.    sottolinea che l'ambito tematico di applicazione dei diversi sistemi di attuazione della responsabilità sociale delle imprese è spesso selettivo e si applica anche alle questioni sociali e ambientali; ritiene che un approccio così frammentato sia dannoso per una valutazione della prestazione di sostenibilità complessiva di un'impresa; ritiene che, benché i suddetti strumenti generali abbiano consentito di sviluppare una comprensione e un linguaggio comuni per i principi di responsabilità sociale delle imprese, essi debbano anche costituire la base per norme internazionali applicabili a tutto il settore industriale sui fattori che rendono un'impresa responsabile;

25.    sottolinea analogamente che le iniziative di responsabilità sociale delle imprese non devono essere considerate come un'alternativa alla responsabilità dei governi nei confronti dei propri cittadini di fornire infrastrutture di base e altri beni pubblici, ma devono invece esserne un'integrazione;

Commercio internazionale e regimi di investimento

26.    invita l'UE a fare leva sulle sue relazioni in materia di commercio e investimenti con paesi partner fondamentali (per esempio, Stati Uniti, Cina, Giappone, Brasile e India) per promuovere un dialogo sulla responsabilità sociale delle imprese; esorta inoltre l'UE a svolgere valutazioni di impatto sulla sostenibilità per gli accordi commerciali proposti prima di avviare la fase negoziale; chiede che i trattati di investimento promuovano pratiche di responsabilità sociale delle imprese positive;

27.    rileva che il regime internazionale attuale per il commercio e gli investimenti limita la capacità dei paesi in via di sviluppo di utilizzare la gamma completa di strumenti che prima venivano sfruttati dai paesi sviluppati nell'ambito delle loro strategie di industrializzazione; sottolinea che gli accordi commerciali devono rispettare la necessità dei paesi in via di sviluppo di diversificare le loro economie e aggiornare le relative tecnologie;

28.    riconosce l'importanza degli investimenti esteri diretti per la crescita industriale, osservando al contempo che i termini contrattuali eccessivamente generosi per gli investimenti esteri diretti (IED) nel settore estrattivo offerti dai paesi in via di sviluppo negli anni Ottanta e Novanta, associati alla cattiva gestione, alla corruzione, alla mancanza di responsabilità e alle scadenti legislazioni locali, hanno impedito loro di realizzare una quota giusta dei profitti generati dallo sfruttamento delle loro risorse naturali e li hanno quindi privati di risorse di cui avevano estremo bisogno per il loro sviluppo sociale ed economico;

29.    condivide le preoccupazioni del rappresentante speciale delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani che i metodi attualmente in uso per tutelare i diritti degli investitori nei contratti e negli accordi internazionali limitano la capacità degli Stati di proteggere i diritti umani; sottolinea la necessità di trovare un equilibrio tra i diritti e gli obblighi degli investitori in termini di sviluppo umano sostenibile;

30.    esorta l'UE e i suoi Stati membri ad attuare i 10 principi del rappresentante speciale delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani che mirano a integrare la gestione dei rischi per i diritti umani nelle negoziazioni contrattuali tra Stato e investitore, per garantire che le clausole di stabilizzazione non compromettano la protezione e il rispetto dei diritti umani; esorta l'UE a sostenere il rafforzamento delle capacità nei paesi in via di sviluppo per la negoziazione e l'attuazione dei diritti umani e delle clausole di sviluppo sostenibile negli accordi di investimento;

31.    sottolinea che i requisiti di rendimento che mirano, per esempio, a incrementare i collegamenti tra gli investitori stranieri e i produttori locali sono un marchio di riconoscimento della politica industriale; sottolinea che gli accordi di investimento devono consentire l'uso di requisiti sul contenuto locale e il trasferimento tecnologico, per incoraggiare le imprese straniere a stabilire collegamenti a monte e a valle e contribuire allo sviluppo economico del paese ospitante;

32.    incoraggia i paesi africani ad adoperarsi a favore dell'integrazione regionale così da eliminare alcune delle barriere intra-africane all'industrializzazione basata sul settore estrattivo;

33.    sottolinea che le imposte sulle esportazioni sono consentite dal regime OMC e possono essere parte delle strategie tese a sviluppare la produzione nazionale o le industrie di lavorazione;

I vantaggi del gettito

34.    esorta l'UE a fornire assistenza ai paesi in via di sviluppo nella negoziazione di accordi di investimento che portino benefici sociali durevoli e migliori condizioni socioeconomiche; rileva che l'industria estrattiva, nel fare pressioni sui governi dei paesi in via di sviluppo per ridurre al minimo le tasse e i diritti, indebolisce effettivamente la capacità fiscale del paese mentre, d'altra parte, l'aumento delle tariffe applicato dall'UE sui prodotti finiti rende più difficile per i paesi in via di sviluppo produttori di materie prime la lavorazione e la produzione di beni di valore aggiunto destinati all'esportazione;

35.    sottolinea la necessità di negoziare e attuare trattati fiscali con i paesi in via di sviluppo per garantire che le imprese multinazionali versino la loro giusta quota di tasse; invita l'UE, in senso più ampio, a migliorare il sostegno all'assistenza dei paesi in via di sviluppo nelle riforme fiscali e a rafforzare le amministrazioni fiscali, in modo da permettere una riscossione, una gestione e una condivisione adeguate del gettito generato dall'attività estrattiva e da adoperarsi per attuare gli accordi di libero scambio che eliminano l'aumento delle tariffe su determinati prodotti finiti che può ostacolare la lavorazione e la produzione di beni a base di minerali con valore aggiunto, intralciando così la strategia di diversificazione economica dei paesi in via di sviluppo;

36.    sottolinea che il flusso illecito di capitali proveniente dall'Africa è legato alla segretezza che circonda i contratti relativi all'attività estrattiva e i regimi fiscali; ritiene pertanto che la lotta all'evasione fiscale e ai paradisi fiscali debba rimanere una massima priorità;

37.    nutre preoccupazione per le modalità di attribuzione delle concessioni alle imprese estrattive e per i problemi che ciò può causare, come gli espropri, la privazione dei mezzi di sostentamento delle persone e i problemi riguardanti i diritti di sfruttamento e i diritti fondiari; esorta le autorità a marcare le zone in cui è vietato assegnare concessioni in aree protette dalla legge per motivi ambientali o in cui vi è un'alta concentrazione di minatori artigianali e di provvedere a ciò prima di accordare concessioni in modo da evitare disordini e problemi inutili con le comunità locali e le imprese estrattive; invita altresì le autorità a creare capacità intese a organizzare consultazioni con le comunità locali, a valutare adeguatamente la richiesta di concessione, a monitorare il sito e a valutare l'impatto dell'attività estrattiva prima di accordare concessioni; invita le autorità a garantire che concessioni per attività estrattive artigianali siano formalizzate e debitamente riconosciute dagli Stati, anche nei casi in cui questi ultimi sono diretti verso l'attività estrattiva industriale;

38.    plaude alla recente revisione delle direttive in materia di trasparenza e di responsabilità che introducono obblighi di rendicontazione sui pagamenti versati ai governi per le industrie estrattive e forestali; esorta gli Stati membri a implementare tali direttive rapidamente; auspica che i dati sul gettito raccolti siano disponibili in un formato il più possibile aperto e accessibile;

39.    invita le autorità a garantire che le licenze di estrazione e altri beni siano venduti o dati in concessione attraverso procedure di gara aperte e trasparenti; invita le autorità a pubblicare i contratti, compresi gli allegati, le mappe e tutti i dettagli finanziari, quale strumento per prevenire la corruzione; invita le autorità e le imprese interessate a elaborare un elenco completo degli azionisti di tutte le imprese del settore estrattivo, in particolare per qualsiasi nuovo accordo, e un elenco completo degli azionisti che traggono vantaggi sistematici da tali accordi, quale strumento per prevenire la corruzione; invita le autorità e le imprese a garantire che tutti i pagamenti versati al governo siano pubblicati secondo una modalità ampiamente accessibile; invita l'UE a richiedere che le imprese estrattive registrate in Europa pubblichino tutti contratti conclusi;

40.    invita le autorità a svolgere indagini in caso di gravi sospetti di corruzione nel settore estrattivo e, ove opportuno, a perseguire i reati, congelare i fondi o impedire il proseguimento delle operazioni; chiede che le valutazioni dei rischi di corruzione comprendano l'esame della procedura di confisca dei beni e la vendita dei beni confiscati, il coinvolgimento delle persone o delle società in qualità di intermediari nella cessione delle concessioni (in particolare qualora tali intermediari intrattengano relazioni note con le autorità di governo) e la vendita di beni al di sotto del valore di mercato, nonché la vendita di beni senza appalto (in particolare qualora i beni rivestano un'importanza economica chiave o qualora gli appalti siano altrimenti la norma); invita le autorità a garantire che i compratori finali di tali beni siano ritenuti responsabili per gli intermediari con cui si sono associati;

Spezzare il legame tra i conflitti armati e lo sfruttamento minerario

41.    rileva con preoccupazione che lo sfruttamento di risorse naturali di elevato valore, tra cui petrolio, gas, minerali e legname, è una delle principali fonti di conflitto in tutto il mondo; è del parere che le strategie di prevenzione dei conflitti, per produrre i loro effetti, debbano riguardare: lo scarso coinvolgimento delle comunità nelle procedure di sviluppo dell'industria estrattiva, lo squilibrio nella condivisione dei vantaggi, le ripercussioni economiche, sociali e ambientali negative, la cattiva gestione dei finanziamenti, la corruzione, il ruolo degli eserciti e dei movimenti ribelli, l'inadeguatezza dei quadri istituzionali e giuridici che disciplinano lo sviluppo dell'industria estrattiva e la mancanza di attenzione per le questioni relative alle risorse naturali negli accordi di pace;

42.    accoglie con favore la Prospettiva africana in materia di sfruttamento minerario, secondo cui un settore estrattivo responsabile dal punto di vista ambientale e sociale, trasparente e inclusivo, che offra vantaggi durevoli alle comunità, è fondamentale per far fronte all'impatto negativo del settore estrattivo ed evitare i conflitti generati dallo sfruttamento minerario; auspica, in tale contesto, che vi siano processi di governance trasparenti e partecipativi, a tutti i livelli, al fine di valutare l'impatto ambientale e sociale dell'attività estrattiva;

43.    evidenzia che i minerali dei conflitti rappresentano una sfida importante in termini di diritti umani; sottolinea che la buona governance nonché pratiche solide di gestione ambientale e il controllo e il rispetto delle norme sociali sono imprescindibili per combattere il problema dei minerali dei conflitti;

44.    osserva che la maggior parte delle iniziative lanciate a livello internazionale contro i minerali dei conflitti mira a incoraggiare un comportamento responsabile da parte delle industrie che acquistano i minerali attraverso sistemi di certificazione per le fonderie; chiede l'inclusione di pertinenti aspetti relativi ai diritti dell'uomo in tutti i programmi di certificazione, in linea con gli standard internazionali come quelli istituiti nell'ambito della guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per una responsabile catena di approvvigionamento dei minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio;

45.    sottolinea che perché le iniziative commerciali in corso sui minerali dei conflitti siano efficaci nel rompere il legame tra conflitto armato e sfruttamento minerario e per garantire che siano conformi alle norme internazionali stabiliti dall'OCSE, occorre introdurre una legislazione europea volta a disciplinare queste iniziative e le imprese che operano nell'UE che utilizzano e commerciano le risorse naturali in oggetto; invita pertanto la Commissione a proporre leggi vincolanti sui minerali dei conflitti;

46.    sottolinea che occorre un regolamento dell'UE che imponga alle imprese che utilizzano e commerciano minerali e altre risorse naturali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio di usare la dovuta diligenza in conformità della guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile dei minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio per completare le revisioni delle direttive dell'UE in materia di trasparenza e responsabilità sulla divulgazione di informazioni di carattere finanziario e non finanziario delle imprese di grandi dimensioni nonché le disposizioni sui minerali dei conflitti del Dodd Frank Act; ritiene in particolare che tale regolamento debba:

a.  creare un obbligo legislativo vincolante, in capo a tutte le imprese a monte che operano nell'UE e utilizzano e commerciano risorse naturali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio e a tutte le imprese a valle che per prime introducono tali risorse sul mercato europeo, a usare la dovuta diligenza nella catena di approvvigionamento per individuare e attenuare il rischio di finanziamento dei conflitti e di abusi dei diritti umani;

b.  fondarsi sugli strumenti internazionali pertinenti, tra cui la dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ulteriormente arricchita dai trattati e dalle norme internazionali sui diritti umani (come i principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite e il quadro di riferimento "Proteggere, Rispettare e Rimediare"), i trattati fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), il diritto umanitario e penale internazionale e la guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile dei minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio;

c.  applicarsi a tutti i segmenti della catena di approvvigionamento e a tutte le risorse naturali, senza eccezioni, prodotte in qualsiasi zona di conflitto o ad alto rischio;

d.  fondarsi su un approccio basato sul rischio, che imponga alle imprese di valutare le conseguenze negative effettive e potenziali connesse alle loro attività e di attenuare i rischi individuati;

e.  comprendere un obbligo di audit periodico indipendente e di comunicazione al pubblico degli sforzi di dovuta diligenza dell'impresa;

f.  definire i requisiti per le valutazioni del rischio d'impresa e per un quadro di gestione;

g.  prevedere un meccanismo sanzionatorio per i casi di mancata conformità agli obblighi di dovuta diligenza della catena di approvvigionamento basati sul rischio;

h.  essere confrontabile con gli obblighi di cui al Dodd Frank Act, di modo che l'adempimento degli obblighi dell'UE per le imprese che applicano un approvvigionamento responsabile soddisfi automaticamente gli obblighi previsti dalla legislazione degli Stati Uniti;

47.    sottolinea che la legislazione dell'UE in materia di dovuta diligenza deve essere parte di un approccio più ampio e complementare che affronti le cause alla base dei conflitti e i punti di debolezza, che sia integrato con programmi di assistenza allo sviluppo che devono mirare a problematiche di governance e alla riforma del settore della sicurezza nonché cercare di costruire la capacità delle autorità e delle comunità locali di gestire le proprie risorse naturali in modo sostenibile e per il beneficio delle loro popolazioni locali;

48.    invita l'UE a sostenere il rafforzamento delle capacità nei paesi in via di sviluppo ricchi di minerali e a istituire programmi di approvvigionamento estranei ai conflitti;

49.    esorta i paesi in via di sviluppo ad attuare una legge nazionale in materia di dovuta diligenza e a inserire la dovuta diligenza dell'OCSE come requisito necessario nel codice minerario nazionale;

50.    esorta il SEAE a promuovere il dialogo con paesi partner fondamentali (per esempio Cina, Giappone, Brasile e India) sull'importanza di politiche commerciali che rispettino il principio del "dovere di proteggere" in generale, dei principi guida delle Nazioni Unite e del quadro OCSE in particolare;

51.    invita gli Stati membri a fornire orientamenti alle imprese europee in merito alle strategie intese ad attenuare i rischi quando operano nelle zone ad alto rischio e di conflitto, al fine di aiutarle a continuare a operare in tali zone qualora ciò sia anche nell'interesse della popolazione locale;

52.    incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

  • [1]  http://www.oecd.org/corporate/mne/47143500.pdf
  • [2]  http://www.oecd.org/daf/inv/mne/GuidanceEdition2.pdf
  • [3]  https://www.gov.uk/government/publications/g8-lough-erne-declaration/g8-lough-erne-declaration-html-version

MOTIVAZIONE

I paesi con una lunga storia di importazioni minerarie come gli Stati Uniti, il Giappone e i paesi europei, si trovano ad affrontare una concorrenza crescente nell'accesso alle risorse minerarie strategiche e nella sicurezza del loro approvvigionamento. Ai paesi in via di sviluppo questa situazione offre l'opportunità di trarre vantaggio dalle proprie dotazioni di risorse naturali.

Se, da un lato, questa domanda mondiale di minerali e di altre risorse naturali che non ha precedenti costituisce un'opportunità unica per permettere al settore estrattivo di contribuire allo sviluppo sostenibile, dall'altro essa pone i paesi in via di sviluppo davanti a sfide importanti. Lo sfruttamento delle risorse naturali di elevato valore, tra cui petrolio, gas, minerali e legname, è una delle principali fonti di conflitto in tutto il mondo, specialmente in un contesto in cui la crescente concorrenza per accaparrarsi risorse rinnovabili che vanno riducendosi, come la terra e l'acqua, si fa sentire maggiormente. A complicare ulteriormente la situazione intervengono anche il degrado ambientale, la crescita demografica e il cambiamento climatico. La cattiva gestione del suolo e delle risorse naturali contribuisce a nuovi conflitti e ostacola la risoluzione pacifica di quelli già in corso.

In generale, per garantire che il settore estrattivo diventi un fattore positivo nel processo di evoluzione dei paesi in via di sviluppo, il relatore ritiene che sia necessaria una strategia globale che affronti, tra le altre, le seguenti sfide: come risolvere le cause alla base dei minerali dei conflitti, come gestire nel modo migliore l'impatto ambientale, sociale e sui diritti umani dell'attività estrattiva, come sostenere e integrare più efficacemente l'attività mineraria artigianale e su piccola scala. Tra le altre questioni chiave da affrontare vi sono le seguenti: la natura e lo status delle iniziative di responsabilità sociale delle impese; la questione della raccolta, della gestione e della condivisione degli introiti generati dall'attività estrattiva; l'ottimizzazione dei collegamenti fondati sull'attività estrattiva e le implicazioni delle norme internazionali in materia di commercio e investimento per un'industrializzazione basata sul settore estrattivo.

Attività estrattiva e sviluppo sostenibile

Mentre nei paesi dell'UE l'efficienza delle risorse è in aumento, i paesi in via di sviluppo hanno difficoltà nel gestire gli effetti ambientali dell'incremento dell'attività estrattiva, con la conseguente ripercussione degli oneri ambientali dell'impiego delle risorse su di essi. In questo senso, l'attività estrattiva può nuocere alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del millennio. Nella pratica, molti dei problemi ambientali connessi all'attività estrattiva derivano dalla contaminazione delle acque di superficie e sotterranee e dalla competizione per appropriarsene, cosa che può pregiudicare le vite delle comunità dedite all'agricoltura e/o alla pesca. L'attività estrattiva può anche determinare deforestazione, erosione del suolo, impoverimento del suolo, inquinamento atmosferico e squilibrio dell'ecosistema, oltre a essere tra i principali responsabili del riscaldamento globale.

Parallelamente, le operazioni estrattive generano anche un impatto sociale negativo che può portare a tensioni e conflitti nelle zone minerarie. Per esempio, allontanamenti, sfratti e trasferimenti forzati sono conseguenze comuni delle attività minerarie. Queste ultime competono per l'utilizzo dello spazio con altre destinazioni d'uso dei terreni, per esempio con l'allevamento, e quindi possono compromettere tra l'altro il sostentamento delle comunità locali.

Dal momento che le compagnie transnazionali sono attori di primissimo piano nei paesi in via di sviluppo, il relatore ritiene che i loro paesi di provenienza e i loro azionisti debbano farsi carico della loro responsabilità sociale, specialmente quando operano in paesi con sistemi di governance più deboli e privi di capacità negoziali. Tuttavia, è altrettanto importante che i paesi in via di sviluppo attuino le riforme necessarie a garantire un'attività estrattiva sostenibile, poiché i diritti ambientali, economici, sociali e del lavoro richiedono intrinsecamente la presenza di processi, istituzioni e sistemi di governance democratica.

Il ruolo del settore privato

Attualmente vi sono diverse iniziative internazionali in materia di responsabilità sociale d'impresa, sia da parte dei governi attraverso le organizzazioni intergovernative sia da parte del settore privato o delle organizzazioni della società civile. Ad ogni modo, il concetto non è mai stato definito chiaramente e quindi ha lasciato spazio a interpretazioni e obiettivi diversi. Oltre a ciò, benché vi siano al momento centinaia di iniziative di responsabilità sociale delle imprese, solamente alcune costituiscono quadri di riferimento internazionali ampiamente utilizzati che coprono tutte e tre le dimensioni (sociale, ambientale, economica) dello sviluppo sostenibile nella responsabilità sociale delle imprese. Per questo è molto difficile confrontarle. Un approccio così frammentato, che tocca aspetti distinti del comportamento etico delle imprese, contribuisce a una mancanza generale di trasparenza riguardo alle prestazioni complessive dell'impresa in termini di sostenibilità.

Inoltre, mentre alcune iniziative rappresentano un grande passo avanti nella lotta alla corruzione nei settori estrattivi, come l'Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive (EITI), o nell'inclusione di prassi commerciali etiche, come il Consiglio internazionale sull'estrazione di minerali e metalli (ICMM), esse non hanno tuttavia portato con sé grandi miglioramenti, dal momento che non vi sono meccanismi di attuazione e che non esiste una procedura consolidata per rispondere alle violazioni delle norme.

Il relatore ritiene pertanto che l'attuale proliferazione di approcci e norme volontari a livelli diversi (nazionale, internazionale, generale, specifico di settore) conduca inevitabilmente a una mancanza di meccanismi efficaci di responsabilità, di monitoraggio e di trasparenza per i consumatori, gli investitori e i responsabili politici. In questo contesto, occorre rafforzare le iniziative di responsabilità sociale delle imprese secondo due modalità principali.

In primo luogo, il relatore ritiene essenziale superare la logica dell'approccio volontaristico e sollecita l'attuazione efficace delle quattro iniziative intergovernative globali in materia di responsabilità sociale delle imprese che godono, sul piano internazionale, di un alto livello di sostegno politico esplicito da parte dei governi. Si tratta dei seguenti strumenti: la dichiarazione dell'OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali del lavoro, i principi guida dell'OCSE per le imprese multinazionali (MNE), l'iniziativa "Global Compact" delle Nazioni Unite (UNGC) e i principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni unite (UNGP). Questi strumenti finora hanno rappresentato approcci volontari che sono stati funzionali allo sviluppo di un consenso e di un linguaggio comuni sul tema della responsabilità sociale delle imprese. In ultima analisi, tuttavia, essi finora si sono anche rivelati inefficaci in termini di contributo rilevante alla realizzazione degli obiettivi globali in materia sociale e ambientale, vista la loro mancanza di attuabilità.

Commercio internazionale e regimi di investimento

Storicamente, lo spazio e la flessibilità delle norme internazionali in materia di applicazione delle tariffe, sovvenzioni, restrizioni all'esportazione, requisiti di rendimento per imprese estere e proprietà intellettuale venivano sfruttate dai paesi con l'attuazione di politiche nazionali di sviluppo industriale. Tuttavia, il regime internazionale attuale di commercio e investimento ha accentuato le difficoltà dei paesi in via di sviluppo nel portare avanti i loro interessi nazionali e i loro obiettivi di sviluppo sostenibile.

Infatti, a partire dalla fine degli anni Ottanta, l'avvio di una lungimirante liberalizzazione economica, commerciale e degli investimenti, sostenuta inizialmente dalle condizioni imposte dalla Banca mondiale e dall'FMI, mirava a promuovere il rilancio degli investimenti esteri nell'industria estrattiva. Eppure tale liberalizzazione ha accentuato i punti di debolezza strutturale dei paesi in via di sviluppo produttori di minerali. In particolare, mentre gli investimenti esteri hanno rigenerato e ampliato la produzione e l'esportazione di minerali, il loro contributo allo sviluppo sociale ed economico viene messo in dubbio in molti paesi africani ricchi di minerali. Oggi, al posto della diversificazione dell'economia, questi paesi hanno mediamente economie meno diversificate e maggiormente concentrate, per esempio, sulle esportazioni minerarie e agricole a basso valore aggiunto, entrambe estremamente sensibili allo shock dei prezzi per fattori esterni.

Un altro punto da risolvere fa riferimento allo studio condotto dalla Società finanziaria internazionale (IFC) e dal relatore speciale delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani intitolato "Stabilisation Clauses and Human Rights" (maggio 2009), secondo cui alcune tipologie di contratti privati tra investitori e paesi ospitanti potrebbero limitare la capacità degli Stati di proteggere i diritti umani. In particolare, lo studio ha rilevato che gli accordi conclusi nel settore estrattivo contengono le clausole più restrittive che possono esonerare gli investimenti esteri dall'applicazione delle nuove leggi in materia sociale e ambientale o imporre al paese ospitante di ricompensare l'investitore per i costi sostenuti per conformarvisi.

In un contesto in cui l'esperienza globale evidenzia che una vera transizione, da paese esportatore di prodotti di base a paese leader nelle tecnologie avanzate, richiede lo sviluppo di collegamenti dinamici in ciascuna fase della catena di produzione di minerali, il relatore ritiene che la definizione di requisiti di prestazione, obblighi minimi di contenuto locale o condizioni relative al trasferimento delle tecnologie nei contratti, nelle licenze e negli accordi di investimento possa contribuire a integrare il settore primario nella più ampia economia nazionale e regionale. Di conseguenza, i trattati di investimento dell'UE devono essere progettati per riflettere un giusto equilibrio tra diritti e doveri degli investitori, lasciando ai paesi in via di sviluppo lo spazio sufficiente per perseguire i loro obiettivi di sviluppo.

Le tariffe sono lo strumento commerciale più comunemente utilizzato per sostenere l'industrializzazione e proteggere l'industria nascente. Ma la riduzione delle tariffe è un caposaldo della liberalizzazione del commercio fin dagli anni Ottanta. Analogamente, gli APE interinali contengono elenchi ristretti di prodotti sensibili che sono esclusi dall'eliminazione delle tariffe, mentre prevedono disposizioni precise per la protezione delle industrie nascenti. Queste preoccupazioni sono state espresse più volte dai paesi ACP e se ne deve tenere debitamente conto. Pur riconoscendo che le tariffe industriali non sono né l'unico strumento, né il migliore, per promuovere la diversificazione economica e lo sviluppo tecnologico, il relatore ritiene che i paesi in via di sviluppo ne abbiano bisogno nel loro arsenale per riflettere il percorso di sviluppo tecnologico e così sostenere la diversificazione e il progresso tecnologico.

Allo stesso modo, in un contesto in cui alcuni paesi ACP hanno espresso preoccupazioni per le restrizioni contenute negli APE relative alle imposte sulle esportazioni, il relatore è del parere che sebbene le tasse sulle esportazioni non comportino automaticamente lo sviluppo di industrie nazionali di produzione o di lavorazione, esse sono uno strumento legittimo per lo sviluppo e la diversificazione dell'economia. Inoltre, un sistema di imposizione sulle esportazioni progressivo e ben progettato potrebbe fungere da strumento di stabilizzazione delle entrate, capace di cogliere introiti imprevisti e di moderare l'impatto negativo del decremento dei prezzi sui guadagni del produttore.

In senso più ampio, occorrono strategie per introdurre una concessione remunerativa delle licenze e strutture fiscali per aumentare il flusso di entrate in modo da catalizzare uno sviluppo economico più esteso. Il relatore ritiene pertanto che l'assistenza dell'UE a favore della governance fiscale nei paesi in via di sviluppo costituisca una dimensione importante di una strategia globale volta a trasformare la "maledizione delle risorse" in una "benedizione delle risorse" per l'eliminazione della povertà.

Inoltre, il relatore ritiene che, perché i vantaggi siano condivisi in modo equo e giusto, le licenze estrattive e altri beni debbano essere venduti o dati in concessione attraverso procedure di gara aperte e concorrenziali.

I minerali dei conflitti

I "minerali dei conflitti", o i minerali estratti in situazioni di conflitto armato e abusi dei diritti umani, rappresentano un aspetto importante della "maledizione delle risorse" per cui il presente regolamento si rende necessario. Benché la comunità internazionale abbia avviato diverse iniziative tese a migliorare il settore estrattivo internazionale, come il sistema di certificazione del processo di Kimberley (KPCS), la guida dell'OCSE sul dovere di diligenza per una catena di approvvigionamento responsabile dei minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio, il Dodd-Franck Act, resta ancora molto da fare per risolvere il problema dei conflitti e delle gravi violazioni dei diritti umani nel settore estrattivo.

Mentre gli sforzi profusi recentemente per spezzare i legami tra le catene di approvvigionamento internazionale e i conflitti violenti si sono concentrati principalmente sulla Repubblica democratica del Congo (RDC), occorre intervenire anche per affrontare il rischio che le imprese europee si procurino le risorse naturali in altre zone di conflitto e ad alto rischio.

I sistemi di certificazione esistenti per i minerali rappresentano un passo avanti verso la creazione di catene di approvvigionamento più trasparenti dalla miniera alla fonderia e rientrano in una soluzione più ampia diretta ad affrontare efficacemente gli aspetti relativi ai diritti umani. Tuttavia, per intensificare queste iniziative, la comunità internazionale e l'industria estrattiva devono cooperare maggiormente per elaborare un approccio comune e globale ai minerali dei conflitti che vada oltre la prevenzione del finanziamento dei conflitti e comprenda anche i diritti umani, le condizioni di lavoro e le norme ecologiche.

Per raggiungere questo scopo, il relatore ritiene che l'UE debba adottare leggi che impongano ai soggetti commerciali europei di esercitare una dovuta diligenza sulla catena di approvvigionamento per assicurare di non contribuire al finanziamento di conflitti e di essere estranei ad abusi dei diritti umani nella produzione e nel commercio di risorse naturali. Il particolare, una normativa dell'UE che abbia un ambito di applicazione globale e si basi sui contesti internazionali esistenti costituirebbe un importante passo avanti per la sicurezza di un accesso sostenibile e responsabile di queste imprese a risorse naturali fondamentali. Essa garantirebbe inoltre che le imprese europee siano soggette agli stessi obblighi delle imprese di cui alla sezione 1502 del Dodd Frank Act degli Stati Uniti, colmandone al contempo le lacune.

L'istituzione di un obbligo di dovuta diligenza sulla catena di approvvigionamento per le imprese non sarà tuttavia sufficiente per interrompere efficacemente il legame tra i conflitti amati e lo sfruttamento minerario. Il relatore sollecita pertanto l'elaborazione di un approccio più ampio che comprenda programmi di sviluppo a sostegno, per esempio, della crescita istituzionale, della formalizzazione del settore estrattivo, della prevenzione degli abusi dei diritti umani e dell'attuazione delle norme fondamentali del lavoro. Solo in questo modo le popolazioni locali non dovranno rivolgersi alle attività clandestine o ai gruppi ribelli per provvedere alle loro necessità primarie, ma al contrario trarranno vantaggio dalla partecipazione a iniziative internazionali per un approvvigionamento sostenibile.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

11.2.2014

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

20

3

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Thijs Berman, Ricardo Cortés Lastra, Véronique De Keyser, Nirj Deva, Leonidas Donskis, Charles Goerens, Catherine Grèze, Mikael Gustafsson, Bill Newton Dunn, Jean Roatta, Birgit Schnieber-Jastram, Keith Taylor, Anna Záborská, Iva Zanicchi

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Philippe Boulland, Emer Costello, Edvard Kožušník, Csaba Őry, Cristian Dan Preda, Judith Sargentini

Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Josefa Andrés Barea, Małgorzata Handzlik, Tadeusz Ross