RELAZIONE sulla parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea

23.2.2018 - (2017/2210(INI))

Commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere
Relatore: Michaela Šojdrová


Procedura : 2017/2210(INI)
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A8-0031/2018
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A8-0031/2018
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PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sulla parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea

(2017/2210(INI))

Il Parlamento europeo,

–  visti gli articoli 11 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE), nonché l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),

–  vista la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego[1],

–  vista la direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi)[2],

–  vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, presentata dalla Commissione il 26 aprile 2017 (COM(2017)0253),

–  vista la proposta della Commissione relativa al terzo programma di azione comunitaria a medio termine per la parità di opportunità tra donne e uomini (1991-1995) (COM(90)0449),

–  vista la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 5 ottobre 1995, concernente l'immagine dell'uomo e della donna nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione[3],

–  vista la comunicazione della Commissione, del 7 giugno 2000, intitolata "Verso una strategia quadro comunitaria per la parità tra donne e uomini (2001-2005)" (COM(2000)0335),

–  viste le conclusioni del Consiglio del 9 giugno 2008 sul tema "Eliminare gli stereotipi di genere nella società",

–  viste le conclusioni del Consiglio del 24 giugno 2013 sul tema "Migliorare il ruolo delle donne in qualità di decisori nei media",

–  visto il patto europeo per la parità di genere (2011-2020) adottato dal Consiglio nel marzo 2011,

–  vista la tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 del 1° marzo 2006 (COM(2006)0092),

–  vista la strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015 del 21 settembre 2010 (COM (2010)0491),

–  visto il documento di lavoro dei servizi della Commissione del 3 dicembre 2015 dal titolo "Strategic engagement for gender equality 2016-2019" (Impegno strategico per la parità di genere 2016-2019) (SWD(2015)0278),

–  vista la sua risoluzione del 25 luglio 1997 sulla discriminazione della donna nella pubblicità,

–  vista la sua risoluzione del 3 settembre 2008 sull'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini[4],

–  vista la sua risoluzione del 12 marzo 2013 sull'eliminazione degli stereotipi di genere nell'Unione europea[5],

–  vista la sua risoluzione del 28 aprile 2016 sull'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne nell'era digitale[6],

–  vista la sua risoluzione del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio tra vita privata e vita professionale[7],

–  vista la sua risoluzione del 15 settembre 2016 sull'applicazione della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro ("direttiva sulla parità in materia di occupazione")[8],

–  vista la sua risoluzione del 14 giugno 2017 sulla necessità di una strategia dell'Unione europea per eliminare e prevenire il divario tra le pensioni degli uomini e delle donne[9],

–  vista la sua risoluzione del 4 luglio 2017 sulle condizioni di lavoro e l'occupazione precaria[10],

–  vista la sua risoluzione del 3 ottobre 2017 sull'emancipazione economica delle donne nel settore pubblico e privato nell'UE[11],

–  vista la sua risoluzione del 26 ottobre 2017 sulla lotta alle molestie e agli abusi sessuali nell'UE[12],

–  vista la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa del 10 luglio 2013 sulla parità di genere e i media,

–  vista la raccomandazione 1555 del 24 aprile 2002 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sull'immagine della donna nei media,

–  vista la raccomandazione 1799 del 26 giugno 2007 dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sull'immagine della donna nella pubblicità,

–  vista la raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri, del 27 settembre 2017, sulla parità di genere nel settore audiovisivo,

–  visto lo studio dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE) del 2013 dal titolo "Review of the implementation of the Beijing Platform for Action in the EU Member States: Women and the Media – Advancing gender equality in decision-making in media organisations" (Esame dell'attuazione della piattaforma d'azione di Pechino negli Stati membri dell'UE: Donne e media - promuovere la parità di genere a livello decisionale nelle organizzazioni mediatiche),

–  visti la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino e i relativi allegati, adottati in occasione della quarta Conferenza mondiale sulle donne svoltasi nel settembre 1995,

–  vista la relazione del 2013, a cura del Consiglio d'Europa, dal titolo "Media and the image of women" (I media e l'immagine della donna),

–  visto l'articolo 52 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere e il parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (A8-0031/2018),

A.  considerando che la parità tra uomini e donne è un principio fondamentale dell'Unione europea, sancito all'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dove si afferma che, nelle sue azioni, l'Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne; che le politiche dell'Unione in materia di promozione della parità di genere hanno contribuito a migliorare la vita di molti cittadini europei;

B.  considerando che i media agiscono come un quarto potere, hanno la capacità di influenzare e in definitiva plasmare l'opinione pubblica; che i mezzi di comunicazione sono uno dei cardini delle società democratiche e che, in quanto tali, hanno il dovere di garantire la libertà d'informazione, la diversità di opinione e il pluralismo dei media, di promuovere il rispetto della dignità umana e di lottare contro tutte le forme di discriminazione e di disuguaglianza, anche presentando modelli di ruoli sociali diversificati; che, pertanto, occorre sensibilizzare le organizzazioni nel settore dei media;

C.  considerando che la quarta Conferenza mondiale sulle donne, tenutasi a Pechino nel 1995, ha riconosciuto l'importanza del rapporto tra le donne e i media per conseguire la parità tra uomini e donne e ha integrato due obiettivi strategici nella piattaforma d'azione di Pechino:

a) accrescere la partecipazione delle donne e permettere loro di esprimersi e di accedere ai processi decisionali nei media e nelle nuove tecnologie di comunicazione e attraverso di essi;

b) promuovere una rappresentazione equilibrata e non stereotipata delle donne nei media;

D.  considerando che l'immagine delle donne e degli uomini nei media può dare l'idea di una rappresentazione iniqua in vari contesti, tra cui quello politico, economico, sociale, accademico, religioso, culturale e sportivo – dove gli uomini ricoprono principalmente dei ruoli sociali attivi mentre le donne sono relegate a ruoli più passivi; che tra i vari stereotipi che caratterizzano l'immagine della donna e dell'uomo un ottimo esempio è la sessualizzazione del corpo femminile, particolarmente evidente nella stampa scandalistica e nella pubblicità; che l'erotizzazione della violenza e l'oggettificazione delle donne nei media si ripercuotono negativamente sulla lotta per l'eliminazione della violenza contro le donne; che gli stereotipi di genere si uniscono spesso ad altri stereotipi che discriminano sulla base di qualsiasi motivazione;

E.  considerando che i media hanno un impatto significativo sulle norme culturali di genere e sul modo in cui si formano ed evolvono le rappresentazioni sociali associate sia a donne che a uomini, e influenzano il pubblico con immagini del corpo e idee stereotipate di mascolinità e femminilità; che, per esempio, la rappresentazione delle donne nella pubblicità e il modo in cui i prodotti si rivolgono ai potenziali consumatori tendono a perpetuare le norme di genere tradizionali; che, laddove i media continuano a rappresentare in maniera stereotipata le donne e gli uomini, comprese le persone LGBTI, il pubblico tende molto spesso a considerare tali rappresentazioni come legittime, il che rende difficile o non permette di metterle in discussione;

F.  considerando che nelle società contemporanee il settore della pubblicità ricopre un ruolo fondamentale nel contesto mediatico, in quanto comunica utilizzando immagini e idee che fanno leva sulle nostre emozioni e, pertanto, possono modellare i nostri valori e atteggiamenti e la nostra percezione del mondo; che, trasmettendo un'immagine di genere falsata, la pubblicità può ricorrere al sessismo e replicare pratiche discriminatorie; che una pubblicità può essere considerata discriminatoria o sessista qualora ritragga un genere in maniera avvilente e offensiva o lo rappresenti come meno capace, intelligente o inferiore;

G.  considerando che le nuove tecnologie stanno trasformando i modelli commerciali tradizionali dei media; che il settore audiovisivo costituisce un settore molto importante di valore economico che, da solo, impiega direttamente oltre un milione di persone nell'UE; che i nuovi sistemi online di comunicazione e multimediali rendono necessario l'adattamento dei meccanismi di supervisione a livello nazionale e dei regimi di autoregolamentazione, senza pregiudicare l'esito dei negoziati sulla direttiva sui servizi di media audiovisivi;

H.  considerando che occorre tenere in eguale considerazione il punto di vista delle donne e quello degli uomini al fine di ottenere un quadro completo e diversificato di ogni aspetto della realtà sociale; che è importante non perdere il potenziale e le capacità delle donne di comunicare informazioni, fatti e opinioni sulle sfide affrontate dalle donne nei media, pur riconoscendo che le donne non possono essere considerate come un gruppo omogeneo;

I.  considerando che occorre cambiare la persistente proiezione di immagini negative e degradanti delle donne nei mezzi di comunicazione (mezzi in formato elettronico, cartaceo, visivo e audio); che le disparità di genere si costruiscono e si riproducono anche a partire dal linguaggio e dalle immagini diffuse dai mezzi di comunicazione; che i bambini si trovano ad affrontare disuguaglianze di genere fin dalla più tenera età in quanto sono esposti a modelli di ruolo promossi da serie e programmi televisivi, discussioni, giochi, videogiochi e pubblicità; che i ruoli di genere prendono forma per lo più durante l'infanzia e l'adolescenza, con un impatto lungo tutto l'arco della vita; che l'istruzione e la formazione dei professionisti dei mezzi di comunicazione costituiscono potenti strumenti per combattere ed eradicare gli stereotipi e promuovere l'uguaglianza e sensibilizzare in tal senso;

J.  considerando che nel 2015 le donne costituivano il 68 % dei laureati in giornalismo e informazione nell'UE-28, mentre i dati sull'occupazione per l'UE-28 nel periodo 2008-2015[13] mostrano che la percentuale di donne occupate nel settore dei media continua a rimanere ferma mediamente intorno al 40 %;

K.  considerando che, inoltre, nel 2015 la percentuale di donne nei processi decisionali del settore dei media nell'UE-28 era ancora al di sotto della fascia dell'equilibrio di genere (40-60 %), ossia pari solo al 32 %, mentre la percentuale di donne presidenti di consigli di amministrazione si attestava a solo il 22 %[14];

L.  considerando che il divario retributivo e pensionistico di genere è un problema persistente nell'UE ed è evidente in diversi settori economici, compresi i media, dove il divario retributivo di genere è pari al 17 %;

M.  considerando che le donne continuano ad affrontare il cosiddetto "soffitto di cristallo" nel settore dei media e potrebbero non avere pari opportunità a livello di promozione o avanzamento di carriera a causa di vari fattori, tra cui le procedure di una cultura organizzativa che spesso non favorisce l'equilibrio tra lavoro e vita privata con un ambiente competitivo, caratterizzato da stress, scadenze inflessibili e lunghi orari di lavoro; che le donne hanno meno potere per decidere le notizie di attualità in ragione della loro insufficiente rappresentanza nelle posizioni direttive di alto livello;

N.  considerando che le organizzazioni mediatiche negli Stati membri possono stabilire le proprie politiche per la parità, il che porta a un ampio spettro di pratiche nell'UE: da quadri politici molto esaustivi che disciplinano il contenuto dei media e prevedono una rappresentanza equilibrata di uomini e donne negli organi decisionali alla totale assenza di una politica al riguardo;

O.  considerando che dalle ricerche emerge che soltanto il 4 % delle notizie è contrario a una rappresentazione stereotipata; che le donne costituiscono solo il 24 % delle persone di cui si sente o si legge nelle notizie[15]; che il 37 % circa delle storie provenienti da fonti di informazione online e offline è riportato da donne, una situazione che non ha mostrato prospettive di miglioramento negli ultimi dieci anni[16]; che le donne sono per lo più invitate a fornire un'opinione popolare (41 %) o un'esperienza personale (38 %) e sono raramente citate in qualità di esperti (soltanto nel 17 % delle notizie); che le ricerche hanno altresì evidenziato che meno di un esperto o commentatore su cinque è una donna (18 %)[17];

P.  considerando che le donne sono sottorappresentate in misura sproporzionata nei mezzi di informazione e sono ancora meno visibili nei settori dello sport, della politica, dell'economia e delle finanze, nonostante la varietà dei mezzi di comunicazione negli Stati membri; che le figure storiche femminili sono quasi del tutto assenti dai pertinenti contenuti mediatici, quali i documentari biografici;

Q.  considerando che è essenziale che le donne contribuiscano su un piano paritario con gli uomini a riportare i contenuti e a fungere da fonti d'informazione, non solo per motivi di rappresentanza ma anche per motivi di pari opportunità e ai fini del pieno riconoscimento delle loro competenze e conoscenze; che nel panorama europeo dei mezzi di comunicazione esistono ostacoli nel perseguire un approccio responsabile alla parità di genere a causa delle restrizioni finanziarie e delle condizioni di lavoro, in particolare la precarietà lavorativa e i livelli di esperienza professionale, unitamente alla velocità crescente dell'informazione e delle considerazioni d'ordine commerciale;

R.  considerando che vi sono donne nel settore dei media che occupano posizioni di alto livello, ad esempio famose cineaste, giornaliste e croniste che, anche se raggiungono i medesimi risultati degli uomini, sono più esposte a violenze di genere e a discriminazioni sul luogo di lavoro e rischiano di non ottenere lo stesso livello di apprezzamento dei loro omologhi di sesso maschile;

S.  considerando che le donne attive sui media sociali sono sempre più esposte a molestie; che tali molestie potrebbero mettere a tacere la voce delle donne e indeboliscono la loro partecipazione alla società; che dai dati raccolti a livello mondiale emerge che metà delle donne impiegate nel settore dei media ha subito abusi sessuali, un quarto di esse è stato oggetto di violenza fisica e tre quarti hanno subito intimidazioni, minacce o abusi[18]; che vi è una crescente preoccupazione riguardo alla violenza online contro donne e ragazze e si stima che nell'UE una donna su dieci sia stata vittima di una qualche forma di violenza online dopo il compimento di 15 anni di età1; che a livello dell'UE mancano dati e ricerche sulla violenza online contro donne e ragazze; che le molestie psicologiche e sessuali costituiscono violazioni dei diritti umani; che i media e le autorità di regolamentazione nazionali e internazionali dovrebbero stabilire norme, ivi comprese sanzioni da applicare alle organizzazioni mediatiche, al fine di gestire tali questioni;

T.  considerando che in particolare le giornaliste d'inchiesta subiscono spesso violenze e attacchi mortali, come dimostrano i casi di Veronica Guerin o Daphne Caruana Galizia;

U.  considerando che dallo studio dell'European Women's Audiovisual Network (EWA)[19] emerge che nei sette paesi europei esaminati soltanto un film su cinque è diretto da una donna e che la grande maggioranza dei finanziamenti è destinata a pellicole non dirette da donne, nonostante circa la metà dei laureati delle scuole di cinema siano donne;

V.  considerando che le imprese operanti nel settore dei media dovrebbero adottare sistemi di autoregolamentazione e codici di condotta comprendenti norme e criteri procedurali relativi alla carriera professionale e alla copertura mediatica che tutelino e promuovano la parità di genere; che tali sistemi di autoregolamentazione e codici di condotta andrebbero elaborati in collaborazione con le organizzazioni sindacali del settore, perseguendo una chiara politica in materia di parità di genere;

Presenza delle donne nei media

1.  sottolinea che, sebbene in questo settore le donne con titolo di studio universitario costituiscano una forza lavoro considerevole, esse sono sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali e di vertice; ritiene che i servizi dei media sia pubblici che privati abbiano la responsabilità di garantire la parità tra uomini e donne e impedire qualsiasi discriminazione; invita gli Stati membri a sviluppare incentivi politici per ridurre le barriere che ostacolano l'accesso delle donne alle posizioni dirigenziali e di vertice nelle organizzazioni mediatiche;

2.  deplora il fatto che la rappresentanza delle donne nei mezzi di comunicazione pubblici dell'UE sia mediamente bassa, sia nelle posizioni strategiche e operative di alto livello che nei consigli di amministrazione (nel 2017: 35,8 % degli incarichi dirigenziali, 37,7 % degli incarichi non dirigenziali e 33,3 % come membri di consigli di amministrazione)[20];

3.  ricorda che, in vista del monitoraggio delle aree critiche della piattaforma d'azione di Pechino riguardante le donne nei media, l'EIGE ha elaborato i seguenti indicatori:

–  la percentuale di donne e uomini in posizioni decisionali e nei consigli di amministrazione delle organizzazioni nel settore dei media nell'UE;

–  la percentuale di donne e uomini presenti nei consigli di amministrazione delle organizzazioni nel settore dei media nell'UE;

–  politiche per la promozione della parità di genere nelle organizzazioni nel settore dei media;

4.  rammenta che la direttiva sui servizi di media audiovisivi, sebbene affermi che i propri obiettivi "non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque [...] essere realizzati meglio a livello dell'Unione", non contiene nessun riferimento a una rappresentanza paritaria nelle organizzazioni nel settore dei media;

5.  osserva che, pur non essendovi per il momento rappresentate in modo sufficiente, le donne continuano ad avere maggiori probabilità di essere assunte o promosse a posizioni di alto livello nei mezzi di comunicazione del servizio pubblico rispetto alle organizzazioni mediatiche private[21];

6.  invita gli Stati membri e le organizzazioni del settore dei media a sostenere e sviluppare misure, tra cui quote, che incentivino la pari rappresentanza di donne e uomini nelle posizioni decisionali, e chiede che sia dato maggiore rilievo in tali organizzazioni al controllo efficace di tali attività; invita la Commissione a intensificare i propri sforzi per sbloccare la direttiva sulle donne nei consigli di amministrazione, in sospeso al Consiglio dal 2013;

7.  prende atto della lunga tradizione di assumere sia personale permanente sia liberi professionisti che esiste nel settore dei media e prende altresì atto della continua digitalizzazione di questo settore, che ha portato a una diminuzione dei proventi tradizionali generati dalla circolazione e dalla pubblicità, incidendo sul tipo di contratti di lavoro offerti nel settore; rileva inoltre che in tutto il mercato del lavoro le donne sono sovrarappresentate in molte forme di lavoro atipico; osserva che è probabile che le crescenti pressioni esercitate sul settore dei media per preservarne la redditività economica portino a un aumento di tali tipi di contratti;

8.  ritiene che gli stereotipi possano generare un contesto sociale negativo per le donne e contribuire alla discriminazione di genere sul luogo di lavoro; osserva che un contesto sociale positivo è importante per aiutare i lavoratori ad affrontare elevati livelli di intensità di lavoro;

9.  ricorda che le organizzazioni mediatiche sono libere di stabilire i ruoli per i loro dipendenti, sia uomini che donne, ma le esorta a farlo nel massimo rispetto della dignità personale e della qualità professionale; osserva, in tale contesto, casi preoccupanti di croniste ritenute più adatte al giornalismo televisivo per l'attrattiva esercitata sul pubblico e successivamente, con l'avanzare degli anni, sostituite da colleghe più giovani;

10.  condanna inoltre le diffuse molestie sessuali e altre tipologie di abusi, in particolare nei giochi online e nei social media, e incoraggia le società di media a creare ambienti sicuri che rispondano a qualunque caso di molestia; chiede pertanto l'adozione di diverse misure, tra cui campagne di sensibilizzazione, norme interne sulle sanzioni disciplinari per i trasgressori, nonché assistenza psicologica e/o legale per le vittime di tali pratiche, al fine di prevenire e combattere il bullismo e le molestie sessuali sul luogo di lavoro e negli ambienti online;

11.  condanna fermamente gli attacchi contro le giornaliste che si occupano intrepidamente di questioni politiche e criminali di primaria importanza e invita ad adoperarsi al massimo per garantire la tutela e la sicurezza di tutti i giornalisti;

12.  sollecita le organizzazioni mediatiche pubbliche e private ad adottare politiche interne, ad esempio in materia di diversità e di pari opportunità, che includano misure contro le molestie, regimi di congedo di maternità o parentale, modalità di lavoro flessibili a sostegno dell'equilibrio tra vita professionale e vita privata che consentano alle donne e agli uomini di usufruire nella stessa misura del congedo parentale e incoraggino gli uomini ad avvalersi del congedo di paternità, garantendo un'equa distribuzione dell'assistenza all'infanzia, nonché programmi di assistenza e formazione manageriale, l'utilizzo del telelavoro e modalità di lavoro flessibili per le donne e gli uomini su base volontaria e senza pregiudicare le possibilità di avanzamento di carriera;

13.  invita i media a rispettare il diritto delle donne e degli uomini a usufruire di un congedo di maternità, di paternità o parentale; rammenta che una donna incinta non dovrebbe subire alcuna discriminazione a causa del suo stato e che non si dovrebbe rifiutare l'assunzione a una donna adducendo come motivo la possibilità che lei decida di avere una gravidanza;

14.  propone che le organizzazioni mediatiche creino banche dati di esperti di sesso femminile in una serie di settori, in particolare quelli in cui le donne sono sottorappresentate, in modo da poter avvalersene, se del caso; incoraggia inoltre la raccolta di dati disaggregati per genere in tutti i possibili contenuti dei mezzi di comunicazione;

15.  invita la Commissione e gli Stati membri ad accrescere la partecipazione delle donne e a permettere loro di esprimersi e di accedere ai processi decisionali attraverso i media e le nuove tecnologie di comunicazione;

16.  ritiene che tutti i lavoratori del settore dei media potrebbero trarre vantaggio dal miglioramento generale delle condizioni delle donne sul luogo di lavoro; reputa tuttavia che tale miglioramento non sia sufficiente e che permangano disparità; pone in evidenza la necessità che gli Stati membri e la Commissione promuovano e garantiscano il principio della parità di retribuzione conformemente all'articolo 157 TFUE, in particolare combattendo il divario retributivo e pensionistico di genere, riducendo il lavoro precario[22], assicurando l'accessibilità a un'assistenza per l'infanzia economicamente sostenibile e di qualità nonché politiche migliori in materia di equilibrio tra vita privata e vita professionale, e garantendo i diritti di contrattazione collettiva;

17.  ribadisce che i media devono attuare con urgenza la politica della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, compresi obblighi di trasparenza salariale, consentendo inoltre alle donne di usufruire delle stesse opportunità di promozione e formazione o di qualunque altro beneficio supplementare in condizioni di parità con gli uomini;

18.  prende atto del ruolo positivo dei consigli delle donne e dei responsabili in materia di parità delle donne sul luogo di lavoro; invita a promuovere nei media la parità di genere in quanto politica trasversale in materia di risorse umane; è dell'opinione che per conseguire la parità delle donne nei media a tutti i livelli, segnatamente a livello decisionale, sia necessario garantire una cultura orientata ai dipendenti e un gruppo di alti dirigenti sensibili alle questioni di genere; raccomanda agli organismi di regolamentazione nazionali e alle organizzazioni mediatiche di seguire la raccomandazione della Commissione sul potenziamento del principio della parità retributiva tra donne e uomini[23], di elaborare orientamenti su procedure di selezione eque, di definire esaurienti politiche per la parità, che disciplinino i contenuti mediatici e prevedano l'avanzamento delle donne all'interno degli organi decisionali, nonché di elaborare procedure interne per affrontare le molestie sul posto di lavoro; invita la Commissione a continuare a vigilare sulla corretta applicazione e attuazione della direttiva 2006/54/CE, che inverte l'onere della prova in caso di discriminazione basata sul sesso;

Contenuti mediatici e donne

19.  sottolinea il ruolo dei media quale fattore di cambiamento sociale e la relativa influenza nella definizione dell'opinione pubblica e invita gli Stati membri a promuovere contenuti sulla parità di genere nei media pubblici; rileva che qualsiasi azione normativa finora intrapresa in materia di sessismo e rappresentazioni di genere stereotipate nei contenuti mediatici è stata di competenza degli Stati membri; rammenta il divieto della discriminazione basata sul genere nei media conformemente alla direttiva sui servizi audiovisivi; sottolinea inoltre che, sebbene un'azione normativa sia soggetta alla debita considerazione del principio della libertà di espressione, la libertà editoriale non dovrebbe in alcun caso servire a incoraggiare o legittimare immagini degradanti delle donne e delle persone LGBTI; esorta gli Stati membri, nel salvaguardare le libertà summenzionate, a regolamentare l'accesso ai videogiochi con contenuti online nocivi e alla pornografia su Internet;

20.  evidenzia che le motivazioni economiche non possono essere una scusa per il persistere degli stereotipi di genere nei contenuti mediatici;

21.  sottolinea che i contenuti mediatici violenti e sessisti si ripercuotono negativamente sulle donne e sulla loro partecipazione alla società; esprime la propria preoccupazione per certi contenuti audiovisivi commerciali che arrecano un danno psicologico o fisico ai bambini e ai giovani; esorta le parti interessate e le autorità ad affrontare la questione relativa alla pubblicità che incoraggia in maniera indiretta i disturbi alimentari, quali l'anoressia, e ad adottare altre misure volte a tutelare le persone particolarmente vulnerabili, comprese le ragazze e le giovani donne, da questo tipo di contenuti;

22.  insiste affinché i contenuti mediatici, compresa la pubblicità, relativi a pianificazione familiare, diritti sessuali e riproduttivi, salute materna e infantile così come istruzione siano diretti tanto agli uomini quanto alle donne;

23.  pone l'accento sull'importanza di promuovere l'alfabetizzazione mediatica e di mettere a disposizione delle parti interessate iniziative di educazione ai media sensibili alle specificità di genere, in modo da incoraggiare i giovani a sviluppare capacità di riflessione critica e aiutarli a individuare e denunciare le rappresentazioni e le discriminazioni sessiste, la violenza di genere, il bullismo online, l'incitamento all'odio, ecc.; sottolinea la necessità di misure preventive, compresi sistemi di cifratura e controllo parentale, al fine di garantire un uso più sicuro di Internet e l'alfabetizzazione digitale e mediatica; richiama l'attenzione sul fatto che gli stereotipi nella pubblicità e negli altri prodotti mediatici hanno un potenziale impatto sulla socializzazione dei bambini e, di conseguenza, sul modo in cui essi vedono se stessi, i propri familiari e il mondo esterno; evidenzia che la pubblicità può rivelarsi uno strumento efficace per mettere in discussione gli stereotipi; chiede pertanto di porre maggiore attenzione sulla formazione professionale e sulle attività di istruzione quale mezzo per combattere la discriminazione e promuovere la parità di genere;

24.  raccomanda che nelle organizzazioni mediatiche sia data ancora più importanza a misure non vincolanti quali piani o orientamenti sulla parità di genere e suggerisce che tali protocolli stabiliscano le norme per una rappresentazione positiva delle donne nella pubblicità, nelle notizie, nella cronaca, nella produzione o nella trasmissione radiotelevisiva e disciplinino tutti i contenuti sensibili, quali la rappresentazione del potere e dell'autorità, le competenze, i processi decisionali, la sessualità, la violenza, la diversità dei ruoli e l'utilizzo di un linguaggio non sessista; incoraggia inoltre i media pubblici e privati a integrare la parità di genere in tutti i loro contenuti e ad adottare piani per la parità onde riflettere la diversità sociale;

25.  raccomanda che le disposizioni regolamentari emanate dalle autorità competenti per i media e le comunicazioni stabiliscano i criteri per garantire una rappresentazione senza stereotipi di donne e ragazze e includano la possibilità di rimuovere o sospendere i contenuti offensivi; raccomanda altresì che le organizzazioni specializzate, quali gli enti nazionali per le pari opportunità e le ONG di donne, siano coinvolte nel monitoraggio dell'attuazione di tali disposizioni;

26.  osserva che gli Stati membri sono tenuti a garantire, con tutti i mezzi idonei, che i media, compresi quelli online e sociali e la pubblicità, non contengano alcuna istigazione alla violenza o all'odio nei confronti di una persona o di un gruppo di persone; sottolinea la necessità di raccogliere dati ripartiti per genere e di condurre ricerche, in cooperazione con l'EIGE, per contrastare la violenza online, le molestie sessuali, le minacce, i commenti sessisti e l'incitamento all'odio online ai danni di donne e ragazze; evidenzia che occorre prestare un'attenzione particolare alla formazione relativa al modo in cui i mezzi di comunicazione presentano gli episodi di violenza nei confronti delle donne; propone di mettere a disposizione dei professionisti nel settore mediatico, anche di chi occupa posizioni dirigenziali, una formazione continua in materia di rappresentazioni di genere nei contenuti dei media; raccomanda di integrare la parità di genere nei moduli di insegnamento dei programmi di studio universitari e post-universitari in giornalismo e comunicazione;

27.  chiede agli Stati membri e alla Commissione di promuovere l'autoregolamentazione e la coregolamentazione nei media tramite codici di condotta;

Esempi di buone pratiche

28.  prende atto con entusiasmo dei vari esempi di buone pratiche che possono essere osservati in tutti gli Stati membri, tra cui: campagne mediatiche, legislazione specifica, premi o anti-premi per la pubblicità stereotipata e sessista, banche dati di esperte, corsi di formazione per professionisti del settore e piani per la parità nelle organizzazioni mediatiche, codici di condotta e politiche per le pari opportunità e la diversità nonché la fissazione di soglie minime di rappresentanza per ciascun sesso negli organi di amministrazione delle autorità di regolamentazione dei media;

29.  incoraggia gli Stati membri a sostenere campagne quali, ad esempio, lo strumento belga Expertalia, i premi cechi "Sexist Piggy" o l'iniziativa svedese #TackaNej ("No grazie"); invita gli Stati membri a realizzare regolarmente campagne d'informazione e sensibilizzazione sui contenuti discriminatori basati sul genere presenti nei media, nonché a presentare relazioni periodiche sull'evoluzione della parità di genere nel settore dei media; invita la Commissione ad assegnare risorse speciali ai sottoprogrammi incentrati sull'avanzamento delle donne nel settore dei media e a sostenere le associazioni e le reti mediatiche nella realizzazione di campagne di sensibilizzazione pubbliche e settoriali; incoraggia la Commissione a istituire un premio europeo destinato agli studenti del settore dei media per lavori concernenti il tema della parità di genere;

30.  invita le organizzazioni della società civile a elaborare strategie di comunicazione, non solo per i media tradizionali, ma anche per quelli online, in modo da aumentare lo spettro di possibilità per influenzare e monitorare l'agenda mediatica;

Altre raccomandazioni

31.  invita gli Stati membri, congiuntamente agli organismi per le pari opportunità, ad attuare integralmente la legislazione vigente in materia di parità di genere e a incoraggiare gli organismi di regolamentazione a prestare attenzione alla presenza e alla promozione delle donne nonché ai contenuti mediatici non stereotipati; incoraggia gli Stati membri a procedere a regolari valutazioni dei settori summenzionati e a elaborare, qualora ciò non sia ancora stato fatto, una legislazione incentrata sui contenuti mediatici non stereotipati; pone in evidenza il ruolo degli Stati membri nel migliorare l'utilizzo delle risorse esistenti nei media rientranti nella loro sfera di competenza, così che questi possano assolvere al loro ruolo di servizio pubblico e riflettere nel contempo una società più democratica ed equilibrata sotto il profilo di genere;

32.  invita la Commissione a effettuare ulteriori ricerche sulla partecipazione delle donne a posizioni apicali nei media; si congratula con l'EIGE per il lavoro svolto sul campo e lo invita a continuare a sviluppare e monitorare la serie di indicatori pertinenti, che comprendono, tra l'altro, la presenza delle donne nel processo decisionale, le loro condizioni di lavoro e la parità di genere nei contenuti mediatici, estendendo nel contempo l'attenzione alle nuove tecnologie dei media sociali al fine di sviluppare metodologie volte a prevenire la violenza e le molestie di genere nei media sociali;

33.  invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere e promuovere le organizzazioni delle donne attive nel campo della promozione della parità di genere nei media, in particolare le organizzazioni che offrono sostegno alle donne e alle ragazze vittime di violenza basata sul genere, di discriminazione intersettoriale o di molestie sessuali;

34.  invita gli Stati membri ad attuare programmi di azione che assicurino il coinvolgimento delle donne nella progettazione e nell'attuazione di politiche e programmi che tengano conto in maniera efficace ed efficiente della dimensione di genere nelle organizzazioni del settore dei media;

35.  invita gli Stati membri a elaborare programmi tesi a migliorare le competenze delle donne nel settore delle scienze, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica (le discipline STEM), importanti per le professioni nel settore dei media con un'impostazione più tecnica, come nel caso dei tecnici audiovisivi e del suono; sottolinea l'importanza dell'insegnamento e della formazione professionali nella diversificazione delle scelte di carriera e nel proporre a donne e uomini opportunità di carriera non tradizionali, in modo da superare l'esclusione orizzontale e verticale;

o

o    o

36.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

MOTIVAZIONE

La presente relazione tratta della parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea. I media sono il quarto potere e influenzano profondamente la politica e la società. Pertanto, occorre prestare la dovuta attenzione affinché funzionino in modo corretto ed equilibrato. Ciò comprende sicuramente anche l'esistenza di un equilibrio dal punto di vista della parità tra donne e uomini. I media, sia pubblici che privati, devono essere al servizio di tutta la società, pertanto è auspicabile che essi rispecchino, nella loro forma e nel loro funzionamento, il fatto che la società è costituita per metà da donne.

La relazione si concentra principalmente sulla posizione delle donne nei media in qualità di giornaliste e commentatrici, ma richiama anche l'attenzione sulla loro scarsa presenza a livello decisionale. In particolare, per quanto concerne quest'ultimo aspetto, la situazione è piuttosto insoddisfacente: nell'UE, appena il 30-40 % delle posizioni dirigenziali nei media è ricoperto da donne, eppure la maggior parte dei laureati in materie legate ai media sono donne. Tale sproporzione non solo può ripercuotersi sulla creazione e sull'impostazione dei contenuti dei media, ma anche contribuire negativamente al divario retributivo e pensionistico di genere.

Le donne affrontano inoltre numerosi ostacoli nelle professioni di giornalista e conduttrice. Sono sottoposte a maggiori pressioni dal punto di vista dell'aspetto esteriore e del loro potere di attrarre il pubblico e raramente sono loro affidati importanti temi politici o economici. La situazione delle donne, inoltre, è spesso più complessa a causa della maggiore necessità di conciliare il loro ruolo familiare, ovvero la maternità, e quello professionale. Da tale punto di vista occorre aiutarle il più possibile.

Un capitolo a parte è costituito dalla rappresentazione delle donne nei media e nella pubblicità, dove siamo testimoni di un approccio stereotipato o addirittura sessista. Una situazione simile domina anche il nuovo settore dei media sociali, che tuttavia non rientrano nella presente relazione a causa dell'insufficienza di dati e ricerche. Tale settore dovrà comunque essere tenuto a mente per il futuro.

È giusto che l'Unione europea non regolamenti la parità di genere nei media. Tuttavia, l'assenza di tali strumenti non ci solleva dalla responsabilità di affrontare questo problema e di esortare le parti coinvolte ad agire. Tale responsabilità ricade sui media stessi, sulle autorità di regolamentazione e di controllo e sulla società civile, che deve segnalare i casi di abuso. Tuttavia, le autorità nazionali e dell'UE possono vigilare affinché sia correttamente applicata la normativa antidiscriminazione e migliorare il quadro giuridico volto a conciliare vita professionale e vita familiare.

PARERE della commissione per l'occupazione e gli affari sociali (24.1.2018)

destinato alla commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere

sulla parità di genere nel settore dei media nell'Unione europea
(2017/2210(INI))

Relatore per parere: Lynn Boylan

SUGGERIMENTI

La commissione per l'occupazione e gli affari sociali invita la commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

–  vista la sua risoluzione del 13 settembre 2016 sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all'equilibrio tra vita privata e vita professionale[1],

–  vista la sua risoluzione del 15 settembre 2016 sull'applicazione della direttiva sulla parità in materia di occupazione[2],

–  vista la sua risoluzione del 14 giugno 2017 sulla necessità di una strategia dell'Unione europea per eliminare e prevenire il divario tra le pensioni degli uomini e delle donne[3],

–  vista la sua risoluzione del 4 luglio 2017 sulle condizioni di lavoro e l'occupazione precaria[4],

–  vista la sua risoluzione del 3 ottobre 2017 sull'emancipazione economica delle donne nel settore pubblico e privato nell'UE[5],

–  vista la sua risoluzione del 26 ottobre 2017 sulla lotta alle molestie e agli abusi sessuali nell'UE[6],

–  vista la proposta della Commissione europea, del 26 aprile 2017, concernente una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio (COM(2017)0253),

1.  si rammarica profondamente del fatto che, malgrado rappresentino la maggioranza (il 68 %) dei laureati in giornalismo e media nell'UE[7], le donne continuino a essere significativamente sottorappresentate nei media, in particolare a livello decisionale e dirigenziale; rileva che, a tutti i livelli di gestione, la percentuale di alti dirigenti donne in posizioni decisionali si attesta mediamente al 32 %, mentre ancora inferiore è il numero di donne che ricoprono posizioni di massimo livello strategico (ad esempio amministratore delegato), pari al 16 %; osserva che la rappresentanza femminile nei consigli di amministrazione è altrettanto esigua e si attesta al 25 %[8]; rileva che tale sottorappresentanza contribuisce all'immagine negativa e stereotipata delle donne nei media all'interno dell'UE;

2.  ritiene che tali stereotipi possano generare un contesto sociale negativo per le donne e contribuire alla discriminazione di genere sul luogo di lavoro; constata che un contesto sociale positivo è importante per aiutare i lavoratori ad affrontare elevati livelli di intensità di lavoro;

3.  sottolinea l'importanza di garantire pari opportunità per uomini e donne premiando il talento senza distinzione di genere, razza, età, religione, disabilità, stato di salute o condizione economica;

4.  invita la Commissione, gli Stati membri e le parti sociali a promuovere la parità di genere nelle organizzazioni del settore dei media, negli organi di rappresentanza e negli istituti di formazione, segnatamente nei loro consigli di amministrazione, nonché a monitorare attentamente i progressi compiuti e a dare un seguito agli stessi;

5.  ritiene che tutti i lavoratori del settore dei media potrebbero trarre vantaggio dal miglioramento generale delle condizioni delle donne sul luogo di lavoro; reputa tuttavia che tale miglioramento non sia sufficiente e che le disuguaglianze continuino a sussistere; pone in evidenza la necessità che gli Stati membri e la Commissione promuovano e garantiscano il principio della parità di retribuzione conformemente all'articolo 157 TFUE, in particolare combattendo il divario retributivo e pensionistico di genere, riducendo il lavoro precario[9], assicurando l'accessibilità a un'assistenza per l'infanzia economicamente sostenibile e di qualità nonché politiche migliori in materia di equilibrio tra vita privata e vita professionale, e garantendo i diritti di contrattazione collettiva; invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare la questione del lavoro precario, compreso il lavoro non dichiarato e il lavoro autonomo fittizio, al fine di garantire che qualsiasi tipo di contratto di lavoro offra condizioni di lavoro dignitose e una protezione sociale con un'adeguata copertura di sicurezza sociale, in linea con l'agenda per il lavoro dignitoso dell'OIL, l'articolo 9 TFUE, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e la Carta sociale europea;

6.  è dell'opinione che gli stereotipi di genere riprodotti dai media contribuiscano alla segregazione del mercato del lavoro; deplora le rappresentazioni delle donne lesive della loro dignità umana, ad esempio attraverso l'oggettivazione sessuale nelle trasmissioni e nella pubblicità; sottolinea che le motivazioni economiche non possono essere utilizzate come scusa per perpetuare gli stereotipi di genere nei contenuti mediatici; evidenzia che spesso nei media i principali temi politici ed economici vengono affidati con minore frequenza alle donne rispetto agli uomini; osserva inoltre che è inammissibile che l'età e l'avvenenza siano i fattori più importanti nel determinare le probabilità che una presentatrice compaia o meno in televisione;

7.  prende atto della tradizionale coesistenza, nel settore dei media, di liberi professionisti e personale dipendente; osserva che la continua digitalizzazione del settore ha portato a una diminuzione dei proventi tradizionali generati dalla circolazione e dalla pubblicità, incidendo sul tipo di contratti di lavoro offerti nel settore;

8.  raccomanda alle organizzazioni nel settore dei media di rispettare il diritto delle donne e degli uomini di usufruire nella stessa misura del congedo parentale; incoraggia in particolare gli uomini ad avvalersi del congedo di paternità;

9.  è dell'opinione che per conseguire la parità delle donne nei media a tutti i livelli, segnatamente a livello decisionale, sia necessario garantire una cultura orientata ai dipendenti, un gruppo di alti dirigenti sensibili alle questioni di genere, sistemi di retribuzione trasparenti, una valutazione e una classificazione del lavoro neutrali dal punto di vista del genere, procedure di promozione e assunzione trasparenti nonché misure efficaci per porre fine alle molestie sessuali; invita la Commissione a continuare a vigilare sulla corretta applicazione e attuazione della direttiva 2006/54/CE che inverte l'onere della prova in caso di discriminazione basata sul sesso;

10.  richiama l'attenzione su un recente studio del Parlamento europeo nel quale viene messa in luce la crescente precarietà che interessa tutte le forme di lavoro; riconosce che nel settore dei media le forme di lavoro atipico, come il lavoro a tempo determinato, temporaneo, autonomo e discontinuo, sono maggiormente esposte al rischio di precarietà; rileva inoltre che, come accade in tutto il mercato del lavoro, le donne sono sovrarappresentate in molte forme di lavoro atipico[10]; osserva che le crescenti pressioni esercitate sul settore dei media per preservarne la sostenibilità economica a fronte della continua digitalizzazione incidono sul tipo di contratti di lavoro offerti nel settore e probabilmente aggraveranno tale tendenza; constata altresì che le donne in possesso di contratti di questo tipo possono essere più vulnerabili alle molestie sul luogo di lavoro a causa della relativa facilità con cui possono essere licenziate dall'organizzazione;

11.  constata, in riferimento all'imminente relazione di Eurofound dal titolo "Pay transparency in Europe: First movers' experiences with gender pay reports and audits" (Trasparenza salariale in Europa: le esperienze dei pionieri relative ai resoconti e agli audit in materia di salario di genere), che solo un terzo degli Stati membri ha attuato almeno in parte le misure in materia di trasparenza salariale previste dalla raccomandazione della Commissione (C(2014) 1405 final) e che solo di recente alcuni di essi hanno modificato la legislazione o presentato piani maturi, mentre oltre la metà degli Stati membri, a oggi, non ha attuato nessuna delle quattro misure in materia di trasparenza salariale;

12.  sottolinea che i media rivestono il ruolo di agenti del cambiamento sociale e che la loro influenza contribuisce a plasmare l'opinione pubblica, e invita gli Stati membri a promuovere contenuti sulla parità di genere nei media pubblici; incoraggia i media pubblici e privati a integrare la parità di genere in tutti i loro contenuti e a utilizzare un linguaggio non sessista; esorta gli enti di radiodiffusione ad adottare un piano a favore della parità destinato sia alle loro strutture interne sia alla produzione di contenuti;

13.  invita gli Stati membri ad attuare programmi di azione che assicurino il coinvolgimento delle donne nella progettazione e nell'attuazione di politiche e programmi che tengano conto in maniera efficace ed efficiente della dimensione di genere nelle organizzazioni del settore dei media;

14.  rinnova l'invito rivolto alla Commissione e al Consiglio affinché sia rapidamente adottata e attuata la direttiva sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione, che istituisce un sistema di quote nelle organizzazioni dei media, sia pubbliche che private, al fine di garantire la pari rappresentanza delle donne a livello decisionale; ricorda alla Commissione che ad essa compete la responsabilità di adottare qualsiasi provvedimento che possa contribuire a risolvere l'impasse in seno al Consiglio per quanto attiene all'adozione della direttiva sulla presenza delle donne nei consigli di amministrazione;

15.  prende atto, in particolare, della portata inquietante delle molestie a danno delle giornaliste; segnala che, in base a un studio dell'International News Safety Institute del 2013[11], a livello internazionale il 64,8 % delle donne occupate nel settore dei media ha subito intimidazioni, minacce o abusi legati al loro lavoro e il 31,7 % di tali donne ha affermato che nella maggior parte dei casi le intimidazioni e gli abusi sono stati perpetrati sul luogo di lavoro da un capo, un supervisore o un collega; invita le organizzazioni del settore dei media a istituire, laddove non ancora presenti, organismi interni incaricati di assistere le vittime di molestie per tutto il processo di denuncia; esorta inoltre tali organizzazioni a garantire che siano in atto politiche interne chiare e specifiche, inclusa una procedura per le denunce di irregolarità, volte soprattutto a contrastare una cultura del luogo di lavoro che favorisce le discriminazioni e le molestie basate sul genere; accoglie con favore iniziative quali il movimento #MeToo, che hanno messo in evidenza l'entità del problema delle molestie sessuali e della violenza contro le donne; sostiene con forza tutte le donne e le ragazze che hanno preso parte a tale campagna, in particolare chi ha denunciato i responsabili;

16.  invita gli Stati membri a sviluppare programmi tesi a migliorare le competenze delle donne nelle materie STEM, importanti ai fini di una carriera nel settore dei media, ponendo l'accento su aspetti più tecnici, come le competenze foniche e audiovisive; sottolinea l'importanza dell'insegnamento e della formazione professionali nella diversificazione delle scelte di carriera, proponendo a donne e uomini opportunità di carriera non tradizionali onde superare l'esclusione orizzontale e verticale;

17.  invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere e promuovere le organizzazioni delle donne attive nel campo della promozione della parità di genere nei media, in particolare le organizzazioni che offrono sostegno alle donne e alle ragazze vittime di violenza fondata sul genere, di discriminazione intersettoriale o di molestie sessuali;

18.  riconosce che accrescere il numero di donne che occupano ruoli dirigenziali nel settore dei media costituisce un passo importante e invita le organizzazioni di tale settore a introdurre misure concernenti le migliori pratiche a tal fine; incoraggia dette organizzazioni a valutare attivamente l'adozione di misure simili a quelle introdotte dalle emittenti nordiche di servizio pubblico[12], nonché a rafforzare le loro misure interne, come i codici di condotta, gli audit in materia di uguaglianza, i piani per la parità di genere, i meccanismi di segnalazione e le attività di formazione sulle molestie e gli stereotipi di genere, così come formazioni, programmi di tutoraggio e modelli di ruolo per le colleghe donne, le quali, secondo Eurofound, hanno meno opportunità di accedere a formazioni pagate dal loro datore di lavoro rispetto ai colleghi uomini nel settore dei media; suggerisce che tali azioni dovrebbero essere rinsaldate con meccanismi di monitoraggio che definiscano obiettivi annuali chiari e realizzabili; ritiene che le misure citate potrebbero contribuire ad accrescere la rappresentanza delle donne nelle posizioni decisionali strategiche;

19.  plaude al ruolo positivo dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni dei professionisti del settore dei media, che promuovono la parità di genere nelle loro strutture interne in maniera più efficace rispetto a quanto conseguito sul luogo di lavoro; sostiene che dette associazioni di professionisti dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano nello sviluppo di strategie a favore della parità di genere; prende altresì atto del ruolo proattivo che gli organismi nazionali per la parità e gli organismi nazionali di normazione del settore dei media possono svolgere nel monitorare e contrastare la disuguaglianza di genere nel settore;

20.  riconosce che le donne non possono essere trattate come un unico gruppo omogeneo e che le donne di differente etnia, religione, allineamento di genere od orientamento sessuale e le donne con disabilità si trovano ad affrontare fonti di stress e ostacoli di genere distinti sul luogo di lavoro, tra cui molestie, esclusione, discriminazione o stereotipi di genere;

21.  esorta la Commissione e gli Stati membri a garantire la piena attuazione della legislazione europea vigente sulla parità di trattamento in materia di occupazione e sulla non discriminazione; si rammarica che solo alcuni Stati membri abbiano sistematicamente garantito che tutti i testi giuridici in vigore siano in linea con il principio della parità di trattamento[13];

22.  invita gli Stati membri a sviluppare, finanziare e incoraggiare attività di formazione sulle politiche applicabili sul luogo di lavoro in materia di lotta alle molestie, uguaglianza e diversità, prevedendo l'utilizzo di un linguaggio non discriminatorio ed evitando gli stereotipi di genere nei media, al fine di contrastare le molestie sul luogo di lavoro; sottolinea che occorre prestare un'attenzione particolare alla formazione relativa al modo in cui i mezzi di comunicazione presentano gli episodi di violenza nei confronti delle donne;

23.  insiste sull'importanza di garantire che le donne raggiungano un equilibrio tra vita privata e vita professionale, in particolare tenuto conto degli orari di lavoro irregolari nel settore dei media; prende nota di un recente studio di Eurofound[14] nel quale persone impiegate nel settore dei media, in particolare nella stampa e nell'editoria, segnalano un forte disequilibrio tra vita privata e vita professionale, soprattutto sui luoghi di lavoro di piccole e medie dimensioni nei settori dei media e della comunicazione; plaude pertanto alla proposta della Commissione sull'equilibrio tra vita privata e vita professionale quale risposta ai ripetuti inviti del Parlamento europeo, e insiste sulla necessità che gli esiti dei negoziati interistituzionali si traducano in una legislazione efficace; osserva che l'equa ripartizione delle responsabilità, dei costi e dell'assistenza tra gli uomini e le donne contribuirà a eliminare le disuguaglianze di genere;

24.  invita i governi degli Stati membri a promuovere misure per evitare discriminazioni tra uomini e donne nelle imprese che ottengono concessioni pubbliche; prende atto del ruolo positivo dei consigli delle donne e dei responsabili in materia di parità delle donne sul luogo di lavoro; ritiene che tali organizzazioni dovrebbero continuare a collaborare con i datori di lavoro per mettere a punto misure adeguate che assicurino l'equilibrio di genere nelle organizzazioni del settore dei media;

25.  lamenta il fatto che i casi di discriminazione sul luogo di lavoro, in tutte le sue forme, non siano denunciati a sufficienza e sottolinea che la mancanza di dati oggettivi rende più difficile dimostrare l'esistenza di discriminazioni; invita la Commissione e gli Stati membri a dare seguito agli indicatori sviluppati dall'EIGE e a raccogliere dati sull'uguaglianza, nell'ambito della direttiva sulla parità di genere in materia di occupazione, in modo preciso, sistemico e con il coinvolgimento delle parti sociali, degli organismi nazionali per la parità e dei tribunali nazionali; raccomanda inoltre che le autorità nazionali, regionali e locali, nonché gli organismi preposti all'applicazione della legge, compresi gli ispettori del lavoro, gli organismi nazionali per la parità e le organizzazioni della società civile, aumentino il loro monitoraggio dell'intersezionalità tra il genere e gli altri motivi nei casi e nelle pratiche di discriminazione.

INFORMAZIONI SULL'APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

Approvazione

23.1.2018

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

42

3

5

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Guillaume Balas, Vilija Blinkevičiūtė, Enrique Calvet Chambon, David Casa, Ole Christensen, Michael Detjen, Geoffroy Didier, Martina Dlabajová, Lampros Fountoulis, Arne Gericke, Marian Harkin, Czesław Hoc, Agnes Jongerius, Rina Ronja Kari, Jan Keller, Ádám Kósa, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Jean Lambert, Jérôme Lavrilleux, Jeroen Lenaers, Verónica Lope Fontagné, Javi López, Thomas Mann, Dominique Martin, Anthea McIntyre, Joëlle Mélin, Elisabeth Morin-Chartier, Emilian Pavel, João Pimenta Lopes, Georgi Pirinski, Marek Plura, Dennis Radtke, Terry Reintke, Claude Rolin, Siôn Simon, Romana Tomc, Ulrike Trebesius, Marita Ulvskog, Tatjana Ždanoka

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Georges Bach, Lynn Boylan, Rosa D’Amato, Tania González Peñas, Krzysztof Hetman, Paloma López Bermejo, António Marinho e Pinto, Edouard Martin, Ivari Padar, Flavio Zanonato

Supplenti (art. 200, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Morten Messerschmidt

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER PARERE

42

+

ALDE

Enrique Calvet Chambon, Martina Dlabajová, Marian Harkin, António Marinho e Pinto

EFDD

Rosa D’Amato

GUE/NGL

Lynn Boylan, Tania González Peñas, Rina Ronja Kari, Paloma López Bermejo, João Pimenta Lopes

PPE

Georges Bach, David Casa, Geoffroy Didier, Krzysztof Hetman, Ádám Kósa, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Jérôme Lavrilleux, Jeroen Lenaers, Verónica Lope Fontagné, Thomas Mann, Elisabeth Morin-Chartier, Marek Plura, Dennis Radtke, Claude Rolin, Romana Tomc

S&D

Guillaume Balas, Vilija Blinkevičiūtė, Ole Christensen, Michael Detjen, Agnes Jongerius, Jan Keller, Javi López, Edouard Martin, Ivari Padar, Emilian Pavel, Georgi Pirinski, Siôn Simon, Marita Ulvskog, Flavio Zanonato

VERTS/ALE

Jean Lambert, Terry Reintke, Tatjana Ždanoka

3

-

ENF

Dominique Martin, Joëlle Mélin

NI

Lampros Fountoulis

5

0

ECR

Arne Gericke, Czesław Hoc, Anthea McIntyre, Morten Messerschmidt, Ulrike Trebesius

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti

INFORMAZIONI SULL’APPROVAZIONEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

Approvazione

20.2.2018

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

25

4

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Beatriz Becerra Basterrechea, Malin Björk, Vilija Blinkevičiūtė, André Elissen, Iratxe García Pérez, Arne Gericke, Anna Hedh, Mary Honeyball, Teresa Jiménez-Becerril Barrio, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Florent Marcellesi, Maria Noichl, Pina Picierno, Terry Reintke, Liliana Rodrigues, Michaela Šojdrová, Ernest Urtasun, Elissavet Vozemberg-Vrionidi, Jadwiga Wiśniewska, Maria Gabriela Zoană

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Sophia in ‘t Veld, Lívia Járóka, Urszula Krupa, Edouard Martin

Supplenti (art. 200, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Krzysztof Hetman, Monika Hohlmeier, Lukas Mandl, Pavel Svoboda, Patricija Šulin

VOTAZIONE FINALE PER APPELLO NOMINALEIN SEDE DI COMMISSIONE COMPETENTE PER IL MERITO

25

+

ALDE

Beatriz Becerra Basterrechea, Sophia in 't Veld

GUE/NGL

Malin Björk

PPE

Krzysztof Hetman, Monika Hohlmeier, Teresa Jiménez-Becerril Barrio, Lívia Járóka, Agnieszka Kozłowska-Rajewicz, Lukas Mandl, Michaela Šojdrová, Patricija Šulin, Pavel Svoboda, Elissavet Vozemberg-Vrionidi

S&D

Vilija Blinkevičiūtė, Iratxe García Pérez, Anna Hedh, Mary Honeyball, Edouard Martin, Maria Noichl, Pina Picierno, Liliana Rodrigues, Maria Gabriela Zoană

VERTS/ALE

Florent Marcellesi, Terry Reintke, Ernest Urtasun

4

-

ECR

Arne Gericke, Urszula Krupa, Jadwiga Wiśniewska

ENF

André Elissen

0

0

 

 

Significato dei simboli utilizzati:

+  :  favorevoli

-  :  contrari

0  :  astenuti

Ultimo aggiornamento: 9 marzo 2018
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