Indice 
Testi approvati
Giovedì 7 settembre 2006 - Strasburgo
Adesione della Comunità europea alla Conferenza dell'Aja (diritto internazionale privato) ***
 Relazioni UE-Cina
 Marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca
 Situazione in Medio Oriente
 Incendi boschivi e inondazioni
 Sospensione dei negoziati sull'agenda per lo sviluppo di Doha
 Contraffazione di medicinali
 Diritto contrattuale europeo
 Partecipazione del Parlamento europeo ai lavori della Conferenza dell'Aja
 Accordo con gli Stati Uniti D'America sull'impiego dei dati di identificazione dei passeggeri
 Patrimonio naturale, culturale e architettonico europeo nelle zone rurali e insulari
 Sri Lanka
 Richiedenti asilo in provenienza dalla Corea del Nord, in particolare in Tailandia
 Situazione in Zimbawe

Adesione della Comunità europea alla Conferenza dell'Aja (diritto internazionale privato) ***
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Risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di decisione del Consiglio sull'adesione della Comunità europea alla conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato (COM(2005)0639 - 7591/2006 – C6-0138/2006 – 2005/0251(AVC))
P6_TA(2006)0345A6-0250/2006

(Procedura del parere conforme)

Il Parlamento europeo,

–   vista la proposta di decisione del Consiglio (COM(2005)06390 - 7591/2006)(1),

–   vista la richiesta di parere conforme presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 61, lettera c), del trattato CE in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, e paragrafo 3, secondo comma, del trattato CE (C6-0138/2006),

–   visto l'articolo 75, paragrafo 1, del suo regolamento,

–   vista la raccomandazione della commissione giuridica (A6-0250/2006),

1.   esprime il suo parere conforme sulla proposta di decisione del Consiglio;

2.   incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione.

(1) Non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.


Relazioni UE-Cina
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Risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni UE-Cina (2005/2161(INI))
P6_TA(2006)0346A6-0257/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la celebrazione, nel 2005, del trentesimo anniversario dell'avvio di relazioni diplomatiche tra l'Unione europea e la Cina,

–   visto il partenariato strategico tra l'Unione europea e la Cina varato nel 2003,

–   visto il principale quadro giuridico di riferimento per le relazioni con la Cina, ossia l'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità europea e la Cina firmato nel maggio 1985, che copre le relazioni economiche e commerciali e il programma di cooperazione UE-Cina(1),

–   visto il documento programmatico della Commissione dal titolo "Un partenariato sempre più maturo - sfide e interessi comuni nell'ambito delle relazioni UE-Cina" (COM(2003)0533), adottato dal Consiglio europeo del 13 ottobre 2003,

–   visto il primo documento programmatico mai elaborato dalla Cina sull'Unione europea, pubblicato il 13 ottobre 2003,

–   visto il dialogo politico UE-Cina, formalmente istituito nel 1994 a riconoscimento dello status della Cina in quanto potenza emergente sulla scena internazionale,

–   visto il dialogo UE-Cina sui diritti umani avviato nel gennaio 1996, successivamente interrotto e ripreso nel 1997, nonché visti la visita effettuata dalla troika nello Xinjiang nell'ottobre 2005, nel quadro del dialogo UE-Cina sui diritti umani, e il seminario di dialogo UE-Cina sui diritti umani svoltosi a Londra nel dicembre 2005, cui il Parlamento europeo ha partecipato in veste di osservatore,

–   visti i "dialoghi settoriali" in corso tra la Cina e la Commissione, fra cui il dialogo sull'occupazione varato di recente e quello sui diritti di proprietà intellettuale (IPR),

–   visto l'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e la Cina, entrato in vigore nel 2000 e rinnovato nel 2004(2),

–   visto l'accordo di cooperazione con la Cina relativo al programma di navigazione satellitare Galileo dell'Unione europea, firmato il 30 ottobre 2003,

–   visti l'ottavo vertice UE-Cina svoltosi a Pechino nel settembre 2005 e la dichiarazione comune rilasciata al termine dello stesso, nonché visto il prossimo, nono vertice UE-Cina in programma in Finlandia nella seconda metà del 2006,

–   vista la dichiarazione comune sui cambiamenti climatici rilasciata in occasione dell'ottavo vertice UE-Cina e l'impegno ivi contenuto a sviluppare e dimostrare, in Cina e nell'UE, tecnologie avanzate di impiego del carbone con emissioni "quasi zero" attraverso la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS),

–   viste la sessione del decimo Congresso nazionale del popolo svoltasi dal 5 al 14 marzo 2006 e la relazione governativa presentata dal premier Wen Jiabao in tale occasione,

–   viste le sue due ultime riunioni interparlamentari con la Cina, svoltesi rispettivamente a Pechino, Shanghai e Hainan nel marzo 2004 e a Bruxelles nell'ottobre 2005,

–   viste le sue recenti risoluzioni sulla Cina, in particolare quelle del 13 ottobre 2005, sulle prospettive delle relazioni commerciali tra l'Unione europea e la Cina(3), dell'8 settembre 2005, sulle violazioni dei diritti umani in Cina, in particolare in materia di libertà di religione(4), del 28 aprile 2005, sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2004 e sulla politica dell'UE in materia(5), e dell'11 aprile 2002, su una strategia UE nei confronti della Cina(6),

–   visto l'embargo sulle armi decretato dall'UE dopo la repressione di Tienanmen del giugno 1989, embargo che il Parlamento europeo ha appoggiato nella risoluzione del 2 febbraio 2006 sugli aspetti principali e le scelte di base della Politica estera e di sicurezza comune(7),

–   vista la sua risoluzione del 7 luglio 2005 sulle relazioni tra l'Unione europea, la Cina e Taiwan e la sicurezza in Estremo Oriente(8),

–   viste le sue precedenti risoluzioni sul Tibet e la situazione dei diritti umani in Cina nonché le sue risoluzioni del 18 novembre 2004(9), 13 gennaio 2005(10) e 27 ottobre 2005(11) sul caso di Tenzin Delek Rinpoche, Lama buddista, imprigionato e torturato e pertanto in pericolo di vita,

–   vista l'assenza di progressi nel dialogo UE-Cina in materia di diritti umani,

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per i problemi economici e monetari (A6-0257/2006),

A.   considerando che il partenariato strategico UE-Cina è di grande importanza per le relazioni tra l'Unione europea e la Cina; che un autentico partenariato strategico deve essere basato su valori comuni condivisi,

B.   considerando che l'accettazione della politica di "una sola Cina" si trova alla base del rispetto di una soluzione pacifica della questione di Taiwan attraverso un dialogo costruttivo,

C.   considerando che credibilità, stabilità e responsabilità dovrebbero costituire, oltre ai valori democratici, il fondamento delle relazioni tra l'Unione europea e la Cina,

D.   considerando che il rafforzamento delle relazioni dell'Unione europea con la Cina sarà fondamentale per far fronte a sfide globali quali il cambiamento climatico, la sicurezza e la non proliferazione delle armi,

E.   considerando che la Cina rappresenta di per sé la sfida maggiore della globalizzazione degli scambi commerciali e che il paese sta vivendo una fase di enorme espansione economica, con tassi di crescita stimati intorno al 9% l'anno,

F.   considerando che il forte sviluppo economico della Cina impone a quest'ultima una responsabilità internazionale sempre crescente, anche in virtù dello status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e di membro dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) che essa riveste,

G.   considerando che l'UE è il primo partner commerciale della Cina e il maggior investitore straniero in tale paese, che la Cina è il secondo partner commerciale dell'UE e che le relazioni commerciali ed economiche hanno messo in ombra la questione delle riforme democratiche, del rispetto dei diritti dell'uomo e dello stato di diritto,

H.   considerando che dall'appartenenza all'OMC discende una serie di diritti e doveri, sia per l'Unione europea che per la Cina, e che molti di detti doveri continuano a non essere rispettati in misura sufficiente da parte cinese, specialmente per quanto concerne l'osservanza dei diritti di proprietà intellettuale, il trattamento nazionale e la trasparenza,

I.   considerando che il 70% di tutte le merci contraffatte sequestrate nel mercato europeo proviene dalla Cina e che, ogni anno, le autorità doganali sequestrano quasi cinque milioni di articoli e accessori di abbigliamento contraffatti,

J.   considerando che lo status di economia di mercato è uno strumento economico più che politico e che la Cina deve migliorare le sue prestazioni per ottenerlo,

K.   considerando che le relazioni commerciali tra l'UE e la Cina presuppongono un accesso reciproco al mercato sulla base giuridica delle regole dell'OMC e di una concorrenza equa e leale,

L.   considerando che i "dialoghi settoriali" tra UE e Cina sono considerevolmente aumentati negli ultimi anni,

M.   considerando che la leadership cinese, nel suo Libro bianco del 2005 sulla costruzione della democrazia politica in Cina, conferma il primato del Partito comunista cinese (PCC) all'interno del sistema di governo socialista del paese,

N.   considerando che l'Impero di Mezzo di oggi dispone di una fitta rete di tribunali distribuiti su tutto il territorio nazionale, che è la dimostrazione dei significativi progressi compiuti rispetto alla situazione di una trentina d'anni fa,

O.   considerando che durante la sessione del decimo Congresso nazionale del popolo (5-14 marzo 2006) un portavoce della Suprema corte popolare ha dichiarato che la Cina non abolirà la pena di morte, che è oggetto delle critiche della comunità internazionale, in quanto la Repubblica Popolare Cinese (RPC) è ancora un paese in via di sviluppo nella fase iniziale del socialismo,

P.   considerando che il numero di esecuzioni capitali in Cina è coperto dal segreto di stato ma che, secondo le stime fornite da giuristi cinesi, le persone che muoiono in questo modo sono ogni anno circa 8.000,

Q.   considerando che nel 2005 le autorità di sicurezza cinesi hanno registrato 87.000 "incidenti con una partecipazione di massa", con un aumento del 6,6% rispetto al 2004,

R.   considerando che, secondo quanto segnalato da alcuni sociologi cinesi, la politica attuata dalla dirigenza cinese per creare una società armoniosa e costruire nuovi villaggi socialisti riflette l'attuale, pericolosa fase di transizione della Repubblica Popolare Cinese dal comunismo all'economia di mercato,

S.   considerando che la RPC ha introdotto nel 1976 la "politica del figlio unico", attualmente oggetto di un dibattito che si articola attorno al curioso interrogativo "la Cina invecchierà prima di diventare ricca?",

T.   considerando che nel 1996 la Cina ha espulso da Pechino la Fondazione Friedrich Naumann,

U.   considerando che nel marzo 2004 la Cina ha inserito nella propria Costituzione una disposizione in base alla quale lo Stato si impegna a rispettare e garantire i diritti umani e che essa ha firmato ma non ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici (PIDCP),

V.   considerando che giungono continuamente notizie inquietanti di casi di carcerazione politica, in particolare di appartenenti a minoranze religiose ed etniche, di presunte torture, di ricorso diffuso al lavoro forzato, di applicazione frequente della pena di morte e di repressione sistematica delle libertà di religione e di espressione nonché della libertà dei media, compresa Internet,

W.   considerando che il 1° marzo 2005 è entrata in vigore la nuova normativa in materia religiosa,

X.   considerando che il gruppo di lavoro sulle sparizioni forzate o involontarie della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite ha osservato che la sua riunione a Ginevra dell'aprile 2006 è coincisa con il 17° compleanno di Gedhun Choekyi Nyima, il Panchen Lama del Tibet, rapito dai cinesi contro la sua volontà e quella dei suoi genitori all'età di sei anni,

Y.   considerando che dal 20 novembre al 2 dicembre 2005, quasi un decennio dopo la richiesta iniziale, ha finalmente avuto luogo la visita nella RPC del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura; che, tuttavia, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione e di credo non è stato accolto per una visita di aggiornamento, dopo quella effettuata in Cina dal suo predecessore nel novembre 1994, e che la Cina non ha formulato un invito permanente in relazione a tutte le procedure tematiche della Commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite,

Z.   considerando che, nel suo Appello globale 2006, l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) continua a chiedere alla RPC di instaurare un'adeguata regolamentazione nazionale in materia di rifugiati e di accordare un migliore accesso ai richiedenti asilo provenienti dalla Repubblica Democratica Popolare di Corea (Corea del Nord) che potrebbero necessitare di protezione internazionale,

AA.   considerando che, stando all'annuario 2005 della Suprema corte popolare, circa 400 cittadini sono stati condannati per reati politici nel 2004, con un aumento del 25% rispetto all'anno precedente,

AB.   considerando che secondo la Fondazione Dui Hua, cui il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite ha riconosciuto uno "status consultivo particolare", le persone attualmente detenute nella Repubblica Popolare Cinese con l'accusa di "costituire una minaccia per la sicurezza pubblica" sono da 3.000 a 3.500,

AC.   considerando che il portale Internet "Google" si è piegato alle restrizioni imposte dalle autorità cinesi, negando l'accesso ai siti web che contengono elementi di critica e parole come "Taiwan", "indipendenza", "Tibet" o "Tienanmen",

AD.   considerando che il 14 marzo 2006 l'agenzia Reuters e la BBC hanno riferito di una lettera aperta, datata 2 marzo 2006, in cui vari ex alti funzionari del partito comunista cinese criticano l'inasprimento della censura sulla stampa,

AE.   considerando che la campagna condotta nella regione autonoma di Xinjiang Uygur contro i "tre mali" - estremismo religioso, separatismo e terrorismo - continua e ha portato l'anno scorso a numerosi arresti, secondo quanto riferiscono i media governativi,

AF.   considerando che, a causa dei severi controlli esercitati dal governo cinese sull'informazione riguardante le zone tibetane della Cina e sull'accesso a tali zone, è difficile determinare con precisione la portata delle violazioni dei diritti umani,

AG.   considerando che la dirigenza cinese sottolinea "l'ascesa pacifica" e "lo sviluppo pacifico" del paese a proposito dell'eccezionale ricomparsa della RPC sulla scena mondiale,

AH.   considerando che l'opzione di un ravvicinamento tra la RPC e Taiwan deve essere tenuta aperta ed essere esplorata pacificamente attraverso il dialogo e la diplomazia, tenendo conto della volontà dei cittadini dell'una e dell'altra parte,

AI.   considerando che le ragioni del deterioramento delle relazioni bilaterali tra Cina e Giappone sono politiche, non economiche,

AJ.   considerando che l'attuale politica degli Stati Uniti nei confronti della Cina in quanto nuova potenza emergente si può considerare caratterizzata dal "congagement", che consiste nell'abbinare due strategia, quella del contenimento e quella del coinvolgimento,

AK.   considerando che l'impegno e l'influenza della Cina in Africa sono notevolmente aumentati nel corso dell'ultimo decennio,

AL.   considerando che la Cina intrattiene importanti relazioni finanziarie e commerciali con la Repubblica islamica dell'Iran (attività di prospezione e importazione di petrolio e gas naturale, esportazioni di armi) e potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel convincere l'Iran ad assumere un atteggiamento più cooperativo in materia nucleare,

AM.   considerando che la Cina coopera con i paesi vicini nell'ambito dell'Organizzazione di cooperazione di Shanghai (SCO),

AN.   considerando che nel 2002 la Cina e l'Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN) hanno deciso di istituire una zona di libero scambio ASEAN-Cina,

AO.   considerando l'attenzione riservata negli ultimi anni a Macao e a Hong Kong, tanto dalla Commissione quanto dal Parlamento,

Cooperazione UE-Cina

1.   guarda con interesse al partenariato strategico UE-Cina e alla maggiore cooperazione che ne deriverà in un gran numero di ambiti; sollecita il Consiglio e la Commissione a formulare una politica coerente e ben strutturata nei confronti della Cina;

2.   plaude al lavoro svolto dalla Commissione nell'ambito dei dialoghi settoriali con la Cina, che attualmente coprono un'ampia gamma di tematiche, che vanno dalla problematica ambientale alle questioni sociali e ai diritti umani, e chiede che il Parlamento venga informato a intervalli regolari sui progressi realizzati;

3.   invita la Cina e l'Unione europea a fondare il proprio partenariato e le proprie relazioni bilaterali sulla base dell'apertura reciproca e sui capisaldi della credibilità, la stabilità, la responsabilità e la comprensione reciproca; sollecita la Cina e l'Unione europea a migliorare su tali basi la propria cooperazione in modo da svolgere un ruolo stabile, responsabile e credibile in seno alla comunità internazionale;

4.   lamenta che l'incremento delle relazioni commerciali ed economiche con la Cina non abbia comportato progressi sostanziali in materia di democrazia, diritti umani e Stato di diritto, che sono componenti basilari del dialogo politico tra la Cina e l'UE; ritiene a tale riguardo che lo sviluppo di relazioni commerciali con la Cina debba accompagnarsi allo sviluppo di un autentico dialogo politico fecondo ed efficace;

Situazione economica

5.   osserva che, dopo l'allargamento, l'Unione europea è divenuta il primo partner commerciale della Cina superando il Giappone, mentre la Cina, che occupava in precedenza il terzo posto, è contemporaneamente divenuta il secondo partner commerciale dell'Unione europea dopo gli Stati Uniti;

6.   rileva che nel 2005 la bilancia commerciale cinese ammontava a 102 miliardi di dollari USA, cioè oltre il doppio rispetto all'anno precedente (32 miliardi di dollari USA); che nel 2005 le riserve di valuta si aggiravano intorno agli 819 miliardi di dollari USA, con un aumento dell'ordine di 209 miliardi rispetto all'anno precedente; che, se tale tendenza persiste, alla fine del 2006 la Cina disporrà probabilmente di riserve in valuta estera per oltre 1000 miliardi di dollari USA, diventando il paese che detiene la maggior quantità di valuta estera al mondo; che le prime previsioni per il 2006 si basano sul presupposto di un afflusso di capitali di circa 50 milioni di dollari USA, prevalentemente in investimenti privati diretti a lungo termine; si rallegra, a questo proposito, del fatto che la Cina abbia iniziato ad allentare il legame tra la propria valuta (renminbi) e il dollaro statunitense e non si opponga pertanto ad una rivalutazione tendenziale della stessa; ritiene che gli avvertimenti in merito all'inadeguatezza dei premi di rischio nell'ambito delle operazioni di prestito debbano essere presi sul serio;

7.   prende atto del rapido sviluppo economico della Cina, che fa di tale paese la quarta economia mondiale in dollari, anche al tasso di cambio attuale, che vede la moneta statunitense sottovalutata; chiede di conseguenza alla Commissione europea di esercitare pressioni politiche ed economiche per conferire flessibilità al tasso di cambio della moneta cinese, che risulta artificialmente basso, il che contrasta con la progressiva liberalizzazione del commercio mondiale; invita la Cina a sbloccare progressivamente il corso di cambio della sua valuta e, in attesa di tale sviluppo, a sostituire il legame fisso con il dollaro con l'agganciamento a un paniere di monete in cui sia compreso anche l'euro;

8.   si dichiara preoccupato per l'aumento delle disparità e l'ingiusta distribuzione della ricchezza, la disoccupazione di massa e l'urbanizzazione incontrollata, il crescente tasso di criminalità e la corruzione, senza dimenticare i problemi ambientali della Cina;

9.   riconosce che la Cina è più di un mercato in rapida crescita; sottolinea che la rivoluzione tecnologica in corso in un paese di queste dimensioni ha implicazioni gigantesche per l'economia planetaria;

10.   ritiene che uno sviluppo economico equilibrato rivesta notevole importanza sia per la Cina che per l'UE; sottolinea che la stagnazione dell'economia cinese dovuta alla crescita incontrollata costituisce una grave minaccia, sia per la stabilità interna della Cina che per l'economia mondiale; riconosce che la rapida crescita economica in Cina rappresenta un'enorme sfida per gli sforzi esplicati a livello mondiale per far fronte al cambiamento climatico, visto che secondo le previsioni il volume delle emissioni di CO2 provenienti dalle centrali elettriche a carbone raddoppierà entro il 2030;

11.   plaude all'iniziativa della Commissione di pubblicare nell'autunno del 2006 una comunicazione strategica sulle relazioni economiche e commerciali a lungo termine dell'Unione europea con la Cina, per essere in condizioni di anticipare più adeguatamente l'impatto dell'espansione economica cinese ed evitare di dover adottare decisioni ad hoc, facendo sì che la Cina non sia considerata una minaccia, bensì una sfida e un interlocutore potenziale;

12.   sottolinea che lo sviluppo di relazioni commerciali sempre più positive dovrebbe condurre anche a riforme in materia di diritti umani; riconosce che l'UE non dovrebbe revocare l'embargo fintanto che non sarà in vigore un codice di condotta giuridicamente vincolante sulle esportazioni di armi e non sarà stata affrontata adeguatamente la situazione dei diritti umani e delle libertà civili e politiche, inclusa la questione di Piazza Tienanmen;

13.   invita la Cina a sviluppare un clima solido e credibile favorevole agli investimenti per quanto riguarda il commercio estero e le industrie straniere e ad attribuire priorità assoluta al miglioramento della certezza del diritto per le società estere;

14.   rammenta alla Cina che l'ulteriore apertura dei propri mercati alle imprese e agli investimenti esteri, soprattutto nel settore bancario, dei servizi finanziari e delle telecomunicazioni, va considerata parte integrante del partenariato strategico; invita la Cina a riformare di conseguenza il suo mercato e il suo sistema economico e a rispettare e applicare più rigorosamente le norme antidumping;

15.   alla luce dei risultati dell'indagine antidumping nel settore calzaturiero, i quali confermano interventi pubblici e prassi di dumping sociale da parte della Cina, e delle misure adottate dalla Commissione per rettificare tale distorsione della concorrenza, chiede all'Unione europea di far rispettare dai suoi partner commerciali, come la Cina, le regole leali ed eque del commercio internazionale; invita la Commissione a semplificare le procedure, nel contesto della sua prossima riflessione sull'uso di misure antidumping, onde facilitare l'attivazione dei meccanismi antidumping da parte delle PMI; chiede inoltre il potenziamento della trasparenza della procedura antidumping;

16.   ritiene che l'UE debba continuare a cooperare strettamente con le autorità cinesi, nell'ambito degli sforzi di ammodernamento e liberalizzazione del sistema bancario cinese, ai fini dell'adozione degli standard contabili internazionali e delle norme di Basilea II, il che garantirebbe maggiore sicurezza agli investitori dell'UE;

17.   plaude alla rapida modernizzazione del settore finanziario cinese; sottolinea tuttavia che è di enorme importanza assicurare una transizione fluida, in modo da evitare instabilità finanziarie che potrebbero avere ripercussioni sull'insieme dei mercati finanziari mondiali; suggerisce, in particolare, che è opportuno evitare una "corsa verso il basso" implicante una concorrenza regolamentare dannosa tra i mercati finanziari mondiali; suggerisce che i principali attori regolamentari a livello mondiale dovrebbero viceversa promuovere norme di qualità il più possibile elevata; ricorda che la stessa UE si è impegnata a favore della convergenza mondiale delle norme nei settori della contabilità (International Financial Reporting Standards), della revisione contabile (norme internazionali di audit), dei requisiti in materia di capitale per gli istituti di credito (Basilea II), del riciclaggio di denaro e della lotta contro il finanziamento del terrorismo (raccomandazioni del Gruppo d'azione finanziaria sul riciclaggio di capitali – FATF) e della regolamentazione dei mercati obbligazionari (norme dell'Organizzazione internazionale delle commissioni di valori mobiliari); sottolinea che l'Unione europea è disposta ad offrire, ove necessario, la propria esperienza ed assistenza alle autorità cinesi al fine di attuare la convergenza;

18.   ritiene che la Cina si trovi dinanzi a considerevoli disparità in termini di sviluppo regionale, e più in generale a disparità di reddito, e che la nuova dirigenza cinese debba impegnarsi a far fronte a tali problemi, avvalendosi dell'aiuto e della competenza della Commissione;

19.   invita la Cina ad applicare una procedura trasparente ed equa nell'aggiudicazione degli appalti pubblici, onde offrire le stesse opportunità anche alle imprese straniere;

20.   considera la pirateria e la contraffazione dei prodotti e dei marchi europei da parte delle industrie cinesi una grave violazione delle regole del commercio internazionale; sollecita la Cina a migliorare considerevolmente la protezione dei diritti di proprietà intellettuale dei brevetti cinesi e stranieri; invita la Cina a rispettare le norme vigenti in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale; valuta positivamente l'istituzione di una cattedra sui diritti di proprietà intellettuale presso l'università di Pechino;

21.   riconosce l'importanza che lo status di economia di mercato riveste per la Cina; sottolinea, tuttavia, il fatto che tale status rappresenta uno strumento economico piuttosto che politico; esorta la Cina a ridurre l'ingerenza dello stato nell'economia e a migliorare le sue prestazioni per quanto riguarda le sue difformità nel rispetto delle norme che disciplinano il governo societario e i sistemi contabili, nonché a migliorare l'inefficace quadro normativo relativo alle sue procedure fallimentari;

22.   rileva che i problemi emersi di recente nel settore calzaturiero evidenziano l'urgente necessità che la Cina adotti una politica anti-dumping più adeguata; sottolinea la pressante necessità di una tale politica, data l'appartenenza della Cina all'OMC;

23.   invita il Consiglio e la Commissione e riconoscere che le difficoltà riscontrate dal settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero sono di tipo sistemico; invita la Commissione a correggere gli squilibri attuali e ad anticipare le sfide future nel quadro della revisione della sua strategia commerciale ed economica nei confronti della Cina;

24.   invita la Cina ad adottare una politica economica maggiormente basata su consumi sociali (educazione, salute, pensioni, ecc.) e privati, e meno su investimenti ed esportazioni;

25.   invita la Commissione a sostenere le autorità cinesi nella loro battaglia contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e contro la pirateria dei prodotti;

Situazione interna

26.   è d'accordo sul fatto che è difficile prevedere oggi il futuro sviluppo della Cina, che dipenderà principalmente da questioni interne, quali l'ulteriore e fluido sviluppo dell'economia e il graduale miglioramento del tenore di vita della maggioranza della popolazione;

27.   condivide pienamente le conclusioni formulate nel Libro bianco citato in precedenza, secondo cui sarà necessario rafforzare ulteriormente la nozione di democrazia e la consapevolezza dei concetti giuridici in seno alla società cinese nel suo complesso;

28.   sottolinea che la rapida modernizzazione socio-economica della RPC dovrebbe essere accompagnata dal necessario pluralismo politico e dall'ammodernamento delle istituzioni e che essa può attingere ampiamente a fonti interne, come le opere dei riformatori liberali della fine del XIX secolo e, in particolare, le basi del pensiero di Sun Yat Sen;

29.   osserva che la sicurezza sociale, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, il diritto di associazione sindacale, le relazioni industriali e il dialogo sociale rappresentano le sfide principali per il futuro della Cina; invita la Cina a ratificare le convenzioni fondamentali dell'Organizzazione mondiale del lavoro, in particolare la n. 87 sulla libertà di associazione e la tutela del diritto di organizzarsi sindacalmente e la n. 98 sulla contrattazione collettiva, e a rispettare le norme quadro dell'OIL in merito a misure efficaci per contrastare ogni forma di moderna schiavitù, di lavoro minorile e di sfruttamento, segnatamente delle lavoratrici donne, onde garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e scoraggiare il dumping sociale; invita la Commissione ad intensificare il dialogo strutturato con le sue controparti cinesi in tali ambiti e a riferire periodicamente al riguardo;

30.   è del parere che la negazione del diritto di costituire sindacati indipendenti sia controproducente, tenuto conto delle crescenti proteste e dimostrazioni poste in atto in tutta la Cina dai lavoratori contro i licenziamenti forzati, il mancato pagamento dei salari e di altre prestazioni, la corruzione dell'amministrazione pubblica e la cattiva gestione; invita pertanto il governo cinese a riconoscere e a garantire il diritto fondamentale alla libertà di espressione e di associazione nonché il diritto di sciopero;

31.   richiama l'attenzione sul problema sempre più grave del lavoro infantile in Cina e sulle condizioni di lavoro deleterie cui sono soggetti i lavoratori minorenni nel paese, sebbene il diritto del lavoro cinese vieti il lavoro infantile; sollecita quindi le autorità cinesi non solo a migliorare l'applicazione della legge, ma anche ad affrontare le cause che sono all'origine del fenomeno, quali le crescenti disparità economiche, la rapida trasformazione della struttura sociale e l'incapacità del sistema educativo di fornire un'istruzione adeguata e accessibile a tutti i bambini;

32.   esprime la propria preoccupazione per la spaventosa discriminazione socioeconomica di cui sono vittime, in Cina, 150 milioni di lavoratori migranti provenienti dalle campagne; prende atto delle misure adottate dal governo cinese per risolvere il problema, quali risultano dai nuovi orientamenti governativi pubblicati ufficialmente il 28 marzo 2006, ed esprime la volontà di seguire attentamente i risultati della nuova politica;

33.   invita l'Unione europea a continuare a seguire da vicino la situazione a Macao e Hong Kong e auspica che gli aspetti positivi di dette esperienze servano come esempio e come stimolo per l'evoluzione del processo politico in Cina;

34.   parte dal presupposto che, fintanto che il partito comunista cinese non sarà soggetto alle regole di uno Stato costituzionale, esso rimarrà uno Stato dentro lo Stato, e sarà pertanto estremamente vulnerabile a gravi episodi di abuso di potere, come la piaga nazionale della corruzione dei quadri dirigenti, e ritiene che tale situazione indebolisca le possibilità di creare una società basata sullo Stato di diritto;

35.   si unisce alle critiche espresse nelle riviste giuridiche cinesi, secondo cui l'articolo 126 della costituzione cinese dovrebbe altresì includere il divieto di ingerenza da parte del PCC o del governo cinese nel funzionamento della giustizia;

36.   si attende sforzi rinnovati tesi a rafforzare l'indipendenza del potere giudiziario e confida che la graduale sostituzione dei giudici privi di qualifiche con giuristi competenti ponga freno alla corruzione endemica dell'apparato giudiziario e accresca dunque la fiducia della popolazione in questa istituzione fondamentale dello Stato;

37.   accoglie favorevolmente la promessa fatta dal presidente della Suprema corte popolare in occasione del decimo Congresso nazionale del popolo, in base alla quale dal luglio 2006 i ricorsi contro le sentenze di condanna a morte saranno esaminati a porte aperte; attende che venga dato seguito a questa promessa;

38.   sollecita il governo cinese ad abolire la pena di morte e a dichiarare un'effettiva moratoria per le persone già condannate; prende atto del segnale significativo trasmesso dai giuristi cinesi, secondo i quali la pena di morte andrebbe inflitta soltanto per reati gravi e violenti, a differenza di quanto accade ora, poiché la situazione attuale prevede l'applicabilità della pena di morte per 68 tipi di reati, metà dei quali non sono reati di assoluta gravità; esprime preoccupazione per il fatto che la Cina è di gran lunga il paese al mondo in cui viene eseguito il maggior numero di condanne a morte; invita la Cina a rendere pubblici i dati ufficiali sulle esecuzioni nel periodo 2005/2006;

39.   appoggia risolutamente la richiesta formulata dal professor Liu Renwen, giurista e membro dell'Accademia cinese delle scienze sociali, di porre fine al commercio illegale di organi di persone giustiziate, imponendo disposizioni e controlli rigorosi;

40.   esprime la propria profonda preoccupazione per gli aspri provvedimenti adottati dalle autorità nei confronti degli "agitatori"; osserva che, secondo un documento dell'Accademia delle scienze sociali di Pechino, fra le ragioni delle proteste di massa figuravano i gravissimi problemi ambientali che minacciano la salute e la sopravvivenza di molti agricoltori nelle regioni di recente industrializzazione, nonché le scandalose espropriazioni di terreni agricoli per scopi edilizi, per non parlare del dispotismo e della corruzione delle autorità locali;

41.   accoglie favorevolmente l'intenzione del governo cinese di colmare il crescente divario che separa, in termini di reddito, la popolazione delle regioni costiere da quella delle campagne, nonché di affrontare i gravi problemi ambientali, dar prova di una migliore gestione delle risorse naturali e sviluppare e promuovere tecnologie più efficienti;

42.   richiama l'attenzione sull'impatto esercitato dalla forte crescita economica della Cina sulle risorse naturali e sull'ambiente a livello locale e planetario, segnatamente come conseguenza delle emissioni di CO2; invita il governo cinese a prendere tutte le misure necessarie per proteggere l'ambiente e, più precisamente, per garantire la fornitura di acqua potabile alla popolazione, far fronte all'inquinamento atmosferico e difendere la biodiversità; chiede un intenso dialogo tra la Cina e l'Unione europea sulle risorse naturali e sull'ambiente;

43.   sollecita le autorità a seguire con la massima attenzione i propri programmi d'investimento a favore delle zone rurali, dati i timori espressi da ricercatori cinesi circa il fatto che i quadri locali del partito interpretino il riferimento a "nuovi villaggi" come un invito a realizzare progetti edilizi a spese degli agricoltori, anche in considerazione del dato di fatto che, sinora, solo un quinto degli aiuti di Stato per il settore agricolo ha effettivamente raggiunto gli agricoltori che ne avevano diritto;

44.   si dichiara estremamente preoccupato per le recenti informazioni riguardanti le continue, gravi violazioni dei diritti umani perpetrate nella regione tibetana della Cina, fra cui rientrano torture, arresti e detenzioni arbitrari, arresti domiciliari e altre forme di sorveglianza extragiudiziale di dissidenti, detenzioni senza processo pubblico, repressione della libertà religiosa e restrizioni arbitrarie della libertà di circolazione; è profondamente preoccupato per l'intensificazione della cosiddetta "campagna di educazione patriottica", a partire dall'ottobre 2005, nei monasteri e nei conventi del Tibet, con cui si obbligano i tibetani a firmare dichiarazioni in cui denunciano il Dalai Lama come un pericoloso separatista e proclamano che il Tibet "fa parte della Cina", e per il fatto che, nel contesto di tale campagna, nel novembre 2005 sono stati arrestati monaci del Monastero di Drepung accusati di essersi rifiutati di denunciare il Dalai Lama; invita la Cina a permettere a un organismo indipendente di contattare Gedhun Choekyi Nyima, il Panchen Lama del Tibet, e i suoi genitori, come richiesto dalla Commissione delle Nazioni Unite per i diritti del fanciullo; invita il governo cinese a intensificare il suo impegno positivo nel quadro di negoziati concreti sulle rivendicazioni del Dalai Lama a favore dell'autonomia del Tibet;

45.   prende atto del fatto che la politica cinese "del figlio unico" ha portato a uno squilibrio nella distribuzione della popolazione; sollecita la Cina a riconoscere che il futuro equilibrio tra fasce attive e non attive della popolazione avrà considerevoli effetti economici; sottolinea che l'Unione europea deve anch'essa far fronte al problema dell'invecchiamento; invita la Cina a riesaminare l'attuazione concreta della politica "del figlio unico", onde affrontare gli inconvenienti economici e sociali ad essa inerenti;

46.   sollecita le autorità cinesi ad introdurre nella legislazione nazionale misure per la protezione degli animali e la prevenzione della crudeltà nei loro confronti, in particolare per quanto riguarda l'allevamento degli animali da pelliccia; sollecita la Cina a fermare gli abusi commessi sugli animali per le esigenze della medicina tradizionale (ad esempio utilizzazione di corno di rinoceronte e di bile d'orso);

Diritti umani

47.   sottolinea che il rispetto dei diritti fondamentali da parte della Repubblica Popolare Cinese presuppone l'istituzione di una Corte costituzionale, senza la quale modifiche costituzionali come quella del marzo 2004 sui diritti umani rimangono sostanzialmente simboliche;

48.   sottolinea che ai cittadini cinesi dovrebbero essere giuridicamente riconosciuti i diritti fondamentali e sollecita i tribunali a risolvere pienamente le ingiustizie palesi sulla base della Costituzione, seguendo così una buona prassi giudiziaria che, peraltro, va via via diffondendosi;

49.   richiama l'attenzione sul fatto che lo Stato deve astenersi dal regolamentare la religione e le relative espressioni; afferma la necessità di una legislazione dettagliata in materia religiosa, che risponda alle norme internazionali e garantisca un'effettiva libertà religiosa, in particolare alla luce delle discussioni tra i funzionari cinesi circa la definizione di "religione", e soprattutto di "religione legale";

50.   deplora la contraddizione tra la libertà di fede, sancita dall'articolo 36 della Costituzione, e le costanti ingerenze dello Stato nella vita interna delle comunità religiose, specialmente per quanto riguarda formazione, selezione, nomina e indottrinamento politico dei ministri del culto; deplora in particolare il fatto che lo Stato riconosca a solo cinque religioni il diritto a un'esistenza legale, per giunta sottoponendole al controllo delle rispettive associazioni religiose "patriottiche" cinesi, proteggendo soltanto le attività religiose "normali" (zhengchang) e condizionando la loro registrazione ufficiale all'accettazione dei principi del sistema quadro delle "Tre Autonomie";

51.   invita il Consiglio a informarlo delle misure prese per dare seguito alla dichiarazione contenuta nella risoluzione dell'8 settembre 2005 riguardante la sorte di vari vescovi incarcerati nella RPC a motivo delle loro convinzioni religiose; invita inoltre le autorità della RPC a liberare immediatamente tutti i membri della Chiesa cristiana che sono ancora ingiustamente detenuti e perseguitati;

52.   osserva che attualmente in Cina i cristiani che praticano la propria fede in luoghi di culto "illegali" (all'interno di case-chiesa protestanti o presso gruppi cattolici "clandestini" fedeli al Vaticano) sono più numerosi di quelli che frequentano i luoghi di culto "patriottici" e che entrambi i gruppi di credenti, composti di cittadini rispettosi della legge, non rappresentano alcuna minaccia per la sicurezza pubblica; invita il governo cinese a porre fine alle persecuzioni e alla detenzione di tali gruppi di cristiani; afferma il diritto per i cristiani che non si riconoscono nelle "Chiese patriottiche" di praticare liberamente la propria fede;

53.   prende atto con rammarico della grave violazione della libertà religiosa provocata dalle recenti illecite ordinazioni episcopali (30 aprile 2006, Kunming - Yunnan; 3 maggio 2006, Wuhan - Anhui), che sono in parte frutto delle forti pressioni e minacce esercitate sul clero cattolico fedele al Vaticano da parte di organismi esterni alla Chiesa;

54.   considera queste ordinazioni lesive della disponibilità ancora recentemente ribadita dalle autorità cinesi ad assicurare un dialogo onesto e costruttivo tra RPC e Santa Sede; sottolinea pertanto la necessità del rispetto della libertà della Chiesa e dell'autonomia delle sue istituzioni da qualsiasi ingerenza esterna che, oltre a sostanziarsi in atti di ripudio delle esigenze negoziate di entrambe le parti, inficia la fiducia nel dialogo reciproco e negli sviluppi della libertà in Cina;

55.   fa notare che, al termine della sua missione, il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura ha ringraziato il ministero degli Affari esteri per la sua cooperazione, ma ha rimproverato al ministero per la Sicurezza di Stato e a quello per la Sicurezza pubblica di avere ostacolato o limitato i suoi tentativi di indagine;

56.   esprime profonda preoccupazione per le dichiarazioni del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, il quale afferma che la tortura continua ad essere prassi diffusa in Cina - situazione riprovevole di cui i funzionari governativi e varie relazioni ammettono sempre più di frequente l'esistenza -, nonché per il livello palpabile di timore e autocensura osservato dal relatore speciale durante i suoi colloqui con i detenuti;

57.   sottoscrive le raccomandazioni preliminari indirizzate dal relatore speciale al governo cinese e riguardanti, ad esempio, una riforma del diritto penale che preveda l'aggiunta del reato di tortura, in linea con la definizione contenuta nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, nonché l'introduzione di un meccanismo indipendente di ricorso per i detenuti vittime di torture e maltrattamenti;

58.   invita il governo cinese a rivedere le sentenze pronunciate contro i reati di "minaccia alla sicurezza pubblica", dal momento che, nella stragrande maggioranza dei casi, gli imputati non hanno fatto altro che esercitare coraggiosamente i propri diritti costituzionali fondamentali, criticando pubblicamente la politica del governo e del partito comunista cinese;

59.   invita ancora una volta il governo della Repubblica Popolare Cinese a migliorare le condizioni di detenzione nelle sue carceri e a sospendere e abolire la tortura dei detenuti;

60.   si rammarica del fatto che non siano stati compiuti progressi di rilievo per quanto attiene alla liberazione dei prigionieri politici incarcerati per aver partecipato alle dimostrazioni di Piazza Tienanmen, così come si rammarica del fatto che le autorità cinesi continuino a ignorare gli appelli a favore di un'inchiesta approfondita e imparziale sugli avvenimenti del 1989; chiede un riesame ufficiale degli incidenti di Piazza Tienanmen da parte delle autorità cinesi, la pubblicazione dell'elenco dei prigionieri politici e il loro rilascio incondizionato,

61.   deplora il recente giro di vite dei funzionari cinesi sugli avvocati difensori, volto a soffocare le contestazioni legali della loro autorità; invita le autorità cinesi a rivelare il luogo in cui si trova l'avvocato per i diritti umani Gao Zhisheng uno degli avvocati e dissidenti cinesi più diretto nell'esprimere le sue posizioni, detenuto per sospetta attività criminale e a rilasciarlo a meno che non sia accusato di un reato; analogamente chiede il rilascio di Chen Guangcheng, un sostenitore dei diritti dei contadini, che ha aiutato alcuni cittadini nei loro tentativi di citare in giudizio le loro autorità locali per aver effettuato aborti e sterilizzazioni forzati, e che è stato condannato a più di quattro anni di carcere, e di Bu Dongwei, che è stato condannato a due anni e mezzo di "rieducazione attraverso il lavoro" (RTL) ed è detenuto in un luogo segreto; pertanto, sollecita le autorità ad assicurare che tutti i difensori dei diritti umani possano esercitare attività pacifiche e legittime senza timore di arresti arbitrari, tortura o maltrattamenti e che abbiano accesso ad un'adeguata assistenza legale in caso di arresto;

62.   si unisce al relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, al gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie e all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani nel sollecitare il governo cinese ad abolire la "rieducazione attraverso il lavoro" e altre forme analoghe di rieducazione forzata dei carcerati, delle persone detenute in attesa di processo e di quelle internate in ospedali psichiatrici;

63.   respinge il sistema Ankang di ospedali psichiatrici gestiti dalla polizia, diffusi su tutto il territorio nazionale, per i dissidenti politici e sociali, che promette apparentemente la salute "attraverso il riposo e la pace", ma in realtà distrugge i propri "pazienti"; ammonisce le autorità dall'aumentare il numero di tali istituti, portandoli da 22 a 125, e le invita invece a cancellare questa vergogna nazionale;

64.   condanna in particolare l'esistenza, in tutto il paese, dei campi di lavoro laogai, in cui la RPC detiene attivisti democratici, attivisti sindacali e membri delle minoranze, privati di un giusto processo e costretti a lavorare in condizioni spaventose e senza cure mediche; sollecita la Cina a ratificare le convenzioni nn. 29 e 105 dell'OIL sull'abolizione del lavoro forzato e coatto; invita la Cina ad attestare per iscritto che i prodotti esportati non sono stati fabbricati in un campo di lavoro forzato laogai e, in mancanza di una siffatta garanzia, insiste affinché la Commissione vieti l'importazione nell'Unione europea dei prodotti in questione;

65.   invita la RPC a rispettare gli obblighi internazionali che le incombono ai sensi della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, del 1951, e del protocollo del 1967 ad essa relativo, e a consentire all'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati di aver pienamente accesso ai richiedenti asilo nordcoreani che potrebbero necessitare di protezione internazionale;

66.   condanna energicamente la detenzione e la tortura in carcere degli adepti del movimento Falun Gong, i campi di "rieducazione attraverso il lavoro", gli ospedali psichiatrici e gli "istituti di istruzione legali"; è preoccupato in relazione alle informazioni secondo cui gli organi di adepti del Falun Gong detenuti sarebbero stati chirurgicamente asportati e venduti a ospedali; sollecita il governo cinese a porre fine alla detenzione e alla tortura di tali persone e a liberarle immediatamente;

67.   manifesta la sua profonda preoccupazione per le numerose violazioni dei diritti delle donne e delle bambine conseguenti all'imposizione forzata della politica di pianificazione familiare del governo cinese, fra cui rientrano gli aborti selettivi, le sterilizzazioni forzate e il massiccio abbandono delle bambine;

68.   sollecita la Cina a ratificare e ad applicare senza ulteriori ritardi il PIDCP;

69.   condivide l'importante messaggio contenuto nella lettera aperta citata in precedenza di cui hanno riferito l'agenzia Reuters e la BBC- che è stata malauguratamente tenuta nascosta all'opinione pubblica cinese -, e cioè che l'attuale politica di censura ostacola l'evoluzione politica della Cina;

70.   è profondamente preoccupato per il giro di vite in atto nella RPC contro la libertà di espressione e il libero accesso ad Internet; rinnova la richiesta rivolta a Pechino affinché la RPC si astenga dall'intimidire, reprimere o incarcerare i difensori della libertà di parola, sia che si tratti di giornalisti e attivisti impegnati a favore dei diritti umani, sia che ciò si manifesti nel rendere impossibile l'utilizzo dell'informazione oscurando i siti web che non si adeguano alla censura di Stato; condanna pertanto la legge relativa alla censura di Internet approvata dal Congresso nazionale del popolo e l'esistenza di sistemi di censura di Internet noti collettivamente come la "grande muraglia di fuoco"; chiede in particolare che venga immediatamente riammesso in rete - o in ogni caso non più oscurato - il sito AsiaNews.it che, oltre ad essere un'ineguagliabile fonte di informazione sull'Asia e la difesa dei diritti dell'uomo, rappresenta anche uno strumento di sostegno al dialogo Vaticano-RPC e quindi di unità per la Chiesa cinese;

71.   esprime preoccupazione dinanzi alle politiche irresponsabili di società Internet di primo piano come Yahoo e Google, che hanno ceduto, direttamente o indirettamente, alle richieste di censura del governo cinese;

72.   chiede alle autorità cinesi di riaprire gli uffici della Fondazione Friedrich Naumann a Pechino, affinché essa possa continuare a operare a favore dello sviluppo e della democrazia;

73.   riconosce la crescente influenza esercitata dalla Cina a livello planetario, in particolare in paesi così diversi fra loro quali Bielorussia, Venezuela, Sudan, Zimbabwe, Birmania/Myanmar, Iran e Corea del Nord, in cui la situazione dei diritti dell'uomo rimane oggetto di profonde critiche da parte dell'Unione europea;

74.   chiede alle autorità cinesi e al Consiglio di migliorare il dialogo sui diritti umani introducendo l'interpretazione simultanea delle riunioni; chiede che i deputati al Parlamento europeo partecipino più attivamente al dialogo sui diritti umani, accanto ai loro omologhi cinesi;

75.   si rammarica del fatto che le autorità dello Xinjiang raggruppino regolarmente persone o organizzazioni che presumono coinvolte nei "tre mali", il che rende difficile determinare se retate, arresti e punizioni giudiziarie particolari siano rivolte contro persone che cercano di esprimere pacificamente le loro opinioni politiche e religiose o contro quanti ricorrono alla violenza; considera controproducente la distruzione di libri uighur da parte di funzionari al fine di distorcere fatti storici e di sostenere il separatismo etnico;

76.   attende con impazienza che il Direttore generale e tutti i membri del Consiglio legislativo della Regione speciale amministrativa di Hong Kong siano eletti secondo un sistema elettorale basato sui principi della democrazia pluralistica, della responsabilità del governo nei confronti del potere legislativo e di una governance realmente efficace, il che tornerà a evidente vantaggio di tutta la popolazione di Hong Kong;

77.   riconosce il ruolo di sempre maggior rilievo che la Cina svolge come potenza globale sulla scena mondiale; sollecita a tale riguardo il governo cinese ad assumere pienamente le sue crescenti responsabilità e ad impegnarsi in modo attivo nelle organizzazioni e nei forum internazionali, così da promuovere la pace e la risoluzione pacifica dei conflitti e sostenere i valori universali della democrazia, dei diritti dell'uomo e dello Stato di diritto;

Politica estera / relazioni con i paesi vicini

78.   richiama l'attenzione sui timori del mondo esterno, in particolare dei vicini regionali di Pechino, circa il fatto che, dalla metà degli anni Novanta, la spesa militare cinese registra ogni anno un tasso di aumento a due cifre; raccomanda vivamente – in linea con numerose sue risoluzioni – che l'embargo sulle armi imposto dall'Unione europea nei confronti della Cina resti immutato fino a che non saranno stati compiuti maggiori progressi in materia di diritti umani; ricorda, in tale contesto, la necessità di includere nei prossimi negoziati sulla politica europea di vicinato e sugli accordi di partenariato e di cooperazione l'adesione all'embargo sul commercio di armi decretato dall'Unione europea nei confronti della Repubblica Popolare Cinese;

79.   sottolinea che esiste un legame diretto tra l'ovvio interesse cinese di poter accedere all'alta tecnologia militare europea e la revoca dell'embargo sulle armi decretato nei confronti della RPC e che ciò ha conseguenze significative per la coesione delle relazioni transatlantiche e la posizione di mercato dell'industria europea delle armi ad alta tecnologia;

80.   esprime preoccupazione per la vasta portata della cooperazione con la Cina nell'ambito del programma Galileo e chiede l'introduzione di maggiori salvaguardie per assicurare che la Cina, o altri partner, non possano trasferire ad applicazioni militari le tecnologie sensibili utilizzate nel quadro del programma;

81.   osserva che la legge cinese antisecessione del 14 marzo 2005 e l'attuale stazionamento di più di 800 missili lungo la costa sud-orientale della Repubblica Popolare Cinese, di fronte a Taiwan, smentiscono il principio di una riunificazione pacifica; invita la Cina e Taiwan alla fiducia, al rispetto reciproco e alla ricerca di posizioni comuni, accantonando le divergenze, e le esorta a creare le basi politiche necessarie per uno sviluppo pacifico e continuo delle relazioni tra le due sponde dello Stretto di Taiwan, a riprendere il dialogo su tali relazioni e a rafforzare gli scambi economici e la cooperazione, cercando di risolvere in particolare il problema dei "tre collegamenti diretti" attraverso lo Stretto di Taiwan (servizi postali, trasporti e commercio);

82.   ritiene che, per quanto riguarda la possibilità di una riunificazione pacifica con la Cina continentale, nel corso dei negoziati sullo status di Taiwan occorrerà sicuramente considerare e rispettare la volontà e il parere dei 23 milioni di cittadini taiwanesi, come pure la sovranità e l'integrità territoriale di Taiwan; sottolinea che l'inizio di un vero processo democratico nella RPC permetterebbe di allentare le tensioni e aprirebbe la strada alla ripresa di un dialogo concreto tra le due parti;

83.   invita la Cina a sostenere la possibilità di conferire a Taiwan lo status di osservatore in seno all'Assemblea mondiale della sanità dell'Organizzazione mondiale della sanità, al fine di proteggere la salute dei cittadini taiwanesi, dei rappresentanti internazionali e dei lavoratori stranieri presenti sull'isola, nonché dell'intera popolazione mondiale; ricorda a tale riguardo che le malattie infettive come l'HIV/AIDS, la tubercolosi, la malaria, la SARS e, ultimamente, l'influenza aviaria non hanno frontiere e rendono necessaria una cooperazione a livello mondiale, anche e soprattutto con Taiwan, che è uno dei più importanti centri nevralgici internazionali del Pacifico occidentale; ribadisce il suo appello affinché Taiwan sia meglio rappresentata in seno alle assemblee e alle organizzazioni internazionali, così da porre fine all'attuale e ingiusta esclusione di 23 milioni di persone dalla comunità internazionale;

84.   desume che all'origine delle problematiche relazioni tra Pechino e Tokyo vi sia un sentimento di minaccia reciproca: il Giappone si sente minacciato dall'ascesa economica della Cina e la Cina si sente minacciata dall'aspirazione giapponese a svolgere un ruolo politico più attivo e di maggiore respiro nella regione; invita ciascuno dei due paesi ad astenersi da qualsiasi azione che sia suscettibile di offendere la memoria storica e le sensibilità dell'altra parte;

85.   plaude all'iniziativa americana di avviare un dialogo strategico con l'Europa sull'ascesa della Cina - che costituisce un elemento centrale di novità della politica del "nuovo mondo" verso il "vecchio mondo" - e incoraggia l'Unione europea e i suoi Stati membri a sviluppare un consenso strategico, per le relazioni con la Cina;

86.   sottolinea l'importanza planetaria delle attuali e future relazioni della Cina in materia energetica; richiama l'attenzione sull'impatto sul mercato globale dell'energia dell'aumento del consumo energetico della Cina, che accompagnerà lo sviluppo economico del paese; invita la Commissione e il Consiglio a includere le questioni energetiche nella loro strategia a lungo termine per le relazioni UE-Cina e a sollevare tale problematica nei loro contatti con la Cina, ove opportuno;

87.   riconosce la particolare importanza economica del continente africano per la RPC (30% delle sue importazioni di petrolio, un mercato in espansione per la produzione bellica cinese), ma esorta anche la dirigenza cinese ad assumere le responsabilità che incombono alla Cina quale membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e a promuovere il buon governo, la democrazia, lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti dell'uomo e la prevenzione dei conflitti nelle sue relazioni con i paesi africani;

88.   incoraggia le autorità cinesi a svolgere un ruolo attivo per promuovere il rispetto dei diritti umani e i cambiamenti democratici in Birmania/Myanmar;

89.   si attende che la RPC dia concretamente seguito alla sua dichiarata opposizione al terrorismo e alla proliferazione nucleare nelle importanti relazioni che essa intrattiene con l'Iran; sottolinea che una decisa posizione della RPC sull'Iran dimostrerebbe la volontà e la capacità della Cina di assumere responsabilità internazionali;

90.   plaude all'impegno della Cina nei confronti dei colloqui esapartiti; esorta il governo cinese a fare di più per promuovere la sicurezza e la stabilità nell'Asia orientale, segnatamente nella Penisola coreana, e a svolgere un ruolo più attivo nella promozione della democrazia e del rispetto dei diritti umani nella Corea del Nord;

Conclusioni

91.   conclude che, per essere credibili, stabili e responsabili, le relazioni economiche e commerciali tra l'UE e la Cina dovrebbero basarsi, da parte europea, sulla messa a punto di una strategia a lungo termine e, da parte cinese, sullo sviluppo di un solido clima favorevole agli investimenti, sul miglioramento della certezza del diritto per le imprese straniere, sull'ulteriore apertura dei mercati e, soprattutto, sull'osservanza di regole commerciali leali ed eque e sull'applicazione delle regole dell'OMC, incluso il rispetto degli accordi TRIPS, in particolare per quanto riguarda la protezione dei diritti di proprietà intellettuale;

92.   sottolinea l'importanza di tenere conto della nozione di responsabilità sociale delle imprese e la necessità di promuovere uno sviluppo economicamente, socialmente, ed ecologicamente sostenibile nelle relazioni economiche e commerciali tra l'Unione europea e la Cina; invita la Commissione a vigilare sull'applicazione di tali principi;

93.   conclude che la situazione interna della Cina dovrebbe essere migliorata rafforzando il processo di democratizzazione interno, innalzando il livello di professionalità della magistratura, abolendo completamente la pena di morte e, soprattutto, attuando il programma sociale del governo a favore delle zone rurali arretrate adottato dal decimo Congresso nazionale del popolo, a vantaggio della popolazione cinese e della stabilità nella regione, e migliorando la protezione delle minoranze e la diversità culturale, in particolare nelle regioni dello Xinjiang e del Tibet;

94.   conclude che è possibile ripristinare in Cina una politica credibile e responsabile in materia di diritti umani solo rispettando i diritti fondamentali dei cittadini, quali sanciti dalla Costituzione della RPC;

95.   conclude che la Cina potrà fornire un notevole contributo allo sviluppo di relazioni estere e di vicinato credibili, stabili e responsabili attraverso il riconoscimento della posizione chiave che essa occupa come attore di primo piano all'interno del sistema internazionale per la promozione della legalità e della pace, e che l'Unione europea può favorire in modo significativo questo significativo passo avanti formulando una strategia comune sulla Cina;

o
o   o

96.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai Parlamenti degli Stati membri e dei paesi in via di adesione e candidati, al governo della Repubblica Popolare Cinese nonché al Congresso nazionale del popolo cinese e alle autorità di Taiwan.

(1) GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2.
(2) GU L 6 dell'11.1.2000, pag. 40.
(3) Testi approvati, P6_TA(2005)0381.
(4) GU C 193 E del 17.8.2006, pag. 347.
(5) GU C 45 E del 23.2.2006, pag. 107.
(6) GU C 127 E del 29.5.2003, pag. 652.
(7) Testi approvati, P6_TA(2006)0037.
(8) GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 471.
(9) GU C 201 E del 18.8.2005, pag. 122.
(10) GU C 247 E del 6.10.2005, pag. 158.
(11) Testi approvati, P6_TA(2005)0416.


Marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca
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Risoluzione del Parlamento europeo sull'avvio di un dibattito concernente un approccio comunitario in materia di marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca (2005/2189(INI))
P6_TA(2006)0347A6-0219/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo con cui si avvia un dibattito concernente un approccio comunitario in materia di marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca (COM(2005)0275),

–   visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,

–   vista la relazione n. 780 della 26a sessione del Comitato per la pesca dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) che ha avuto luogo a Roma dal 7 all'11 marzo 2005,

–   vista la comunicazione della Commissione sull'istituzione di un piano d'azione comunitario volto a integrare le esigenze di tutela dell'ambiente nella politica comune della pesca (COM(2002)0186),

–   vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo "Il futuro del mercato dei prodotti della pesca nell'Unione europea: responsabilità, partenariato, competitività" (COM(1997)0719),

–   visto il regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca(1),

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per la pesca e il parere della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (A6-0219/2006),

A.   considerando che l'immissione sul mercato di prodotti della pesca garantiti da una certificazione attestante che le risorse sono state catturate, allevate, raccolte o trasformate in base a criteri di sostenibilità ambientale può contribuire in modo significativo a far sì che sia i produttori che i consumatori si orientino maggiormente verso gli obiettivi di una pesca sostenibile,

B.   considerando tuttavia che non esiste un criterio unico internazionalmente riconosciuto quanto al concetto di sostenibilità riferita ai prodotti della pesca,

C.   considerando che in un programma concernente un marchio di qualità ecologica l'approccio ecologico deve avere sempre come base valutazioni di ampio respiro,

D.   considerando che in un programma concernente un marchio di qualità e certificazione ecologica occorre privilegiare uno schema illustrativo basato su più criteri,

E.   considerando che la FAO studia i vari aspetti del marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca e dell'acquacoltura dal 1998, e che il suo Comitato per la pesca ha emesso, nel maggio 2005, orientamenti al riguardo,

F.   considerando che l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) studia la questione dalla riunione di Doha del 2001, quando è emerso il timore dei paesi in via di sviluppo che il marchio di qualità ecologica possa portare ad un nuovo meccanismo protezionistico per i prodotti dei paesi più sviluppati,

G.   considerando che il marchio di qualità ecologica dei prodotti della pesca potrà servire a migliorare l'ottenimento di informazioni su determinate attività di pesca (aumento della quantità e miglioramento dell'affidabilità dei dati),

H.   considerando che l'attuale proliferazione di marchi di qualità ecologica e di criteri per la loro assegnazione genera nei consumatori mancanza di fiducia e confusione, cosa che può contribuire a screditare tale strumento,

I.   considerando la recente conclusione, da parte della Comunità europea, dell'accordo sul Programma internazionale per la conservazione dei delfini ("Dolphin Safe") e la relativa certificazione ecologica,

J.   considerando altresì che è stato accertato che vi è confusione tra marchio di qualità ecologica e marchio di qualità,

K.   considerando che, conformemente al regolamento (CE) n. 2371/2002, ogni attività di pesca intrapresa nell'Unione europea dovrebbe essere, per definizione, sostenibile, dal momento che dovrebbe essere conforme alle norme comunitarie,

1.   accoglie con soddisfazione la comunicazione della Commissione con cui si avvia un dibattito concernente un approccio comunitario in materia di marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca;

2.   deplora tuttavia il ritardo con cui la Commissione ha presentato la sua comunicazione, cosa che ha reso possibile la proliferazione di marchi di qualità ecologica privati, senza alcun tipo di controllo pubblico, con i problemi di credibilità e di confusione che ciò comporta presso i consumatori e i produttori;

3.   richiama altresì l'attenzione sugli obiettivi reali di molti di questi marchi che, data l'importanza sempre maggiore che i consumatori attribuiscono allo sviluppo sostenibile, vengono utilizzati semplicemente come richiamo per aumentare le vendite, senza che il consumatore abbia alcuna garanzia reale dei loro benefici per la sostenibilità;

4.   ritiene che la varietà degli schemi esistenti aumenti la complessità del problema e che le proposte future debbano essere elaborate in modo da non conferire a coloro che operano già sul mercato un vantaggio commerciale;

5.   comprende che l'obiettivo della comunicazione è esclusivamente quello di avviare un dibattito generale e non ancora di approfondire i criteri che devono guidare la definizione di un marchio di qualità ecologica comunitario; deplora, ciononostante, che con tale comunicazione la Commissione contribuisca scarsamente al dibattito che essa stessa si propone di avviare e che attualmente risulta essere dispersivo e povero di riflessioni;

6.   deplora la mancanza di ambizione della comunicazione e ritiene che l'opzione scelta (consistente nello stabilire esigenze di minima per programmi facoltativi di marchio di qualità ecologica) non risponda pienamente alla problematica in questione; ritiene che qualsiasi marchio utilizzato sul mercato, se si vuole che sia assolutamente affidabile e credibile per il consumatore, debba essere sottoposto ad un controllo indipendente;

7.   caldeggia un maggiore riconoscimento a livello europeo della pesca artigianale; chiede pertanto che, prima dell'eventuale introduzione di un sistema di marchio di qualità ecologica, si consultino gli operatori interessati, compresi i rappresentanti della pesca artigianale, e si tenga conto dei loro suggerimenti;

8.   ritiene che un marchio sarà pienamente efficace solo se sarà unico e facilmente comprensibile per i consumatori, permettendo così di orientare la loro scelta verso prodotti che preservino la sostenibilità delle risorse della pesca;

9.   incoraggia per tale motivo la Commissione a sviluppare ulteriormente un dibattito ampio, cui possano partecipare tutte le parti interessate e che consenta di intraprendere una riflessione approfondita sulle molteplici, importanti questioni ancora in sospeso;

10.   condivide, in linea di massima, gli obiettivi di sostenibilità, armonizzazione, tracciabilità, trasparenza, obiettività e non discriminazione di cui al punto 4 della comunicazione; ritiene che l'istituzione di un marchio di qualità ecologica unico dell'Unione europea sia macchinosa dal punto di vista burocratico;

11.   è convinto che il ricorso a marchi di qualità ecologica affidabili potrebbe essere uno strumento molto efficace per lottare contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, in quanto tali marchi esigono una documentazione molto chiara in cui va evidenziata la provenienza del pesce, cosa che renderebbe molto più difficile l'immissione sul mercato delle risorse pescate illegalmente;

12.   chiede alla Commissione di chiarire cosa intende per marchio pubblico di carattere comunitario, dal momento che la sua analisi delle opzioni n. 2 ("Istituire a livello comunitario un sistema unico di assegnazione di un marchio di qualità ecologica per i pesci e i prodotti della pesca") e n. 3 ("Definire requisiti minimi applicabili ai sistemi di assegnazione di un marchio di qualità ecologica a partecipazione volontaria") contenute nella comunicazione crea confusione in merito, se si considerano le diverse concezioni che esistono a livello internazionale riguardo ai proprietari di un siffatto sistema;

13.   ritiene che, una volta stabilito un programma di marchi di qualità e di certificazione ecologica, la Commissione dovrà promuoverlo e illustrarlo dinanzi a tutti i partecipanti al processo e dovrà inoltre garantire integralmente la fiducia nell'osservanza delle norme stabilite dagli organismi competenti in materia di marchi di qualità e di certificazione, affinché i consumatori non vengano ingannati;

14.   sollecita la Commissione a presentare, entro un termine di sei mesi e tenendo conto delle conclusioni di un dibattito ampio, una comunicazione al Parlamento europeo e al Consiglio riguardante i requisiti minimi e le linee direttrici cui deve conformarsi un sistema comunitario di marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca;

15.   sollecita altresì la Commissione a tenere conto, quando definirà le basi di un sistema di marchio di qualità ecologica per i prodotti della pesca nell'UE, dei criteri internazionali al riguardo, segnatamente di quelli stabiliti dalla FAO, facendo in modo che il sistema:

   a) sia conforme tanto al Codice di condotta per la pesca responsabile della FAO quanto alle risoluzioni di altre organizzazioni internazionali, fra cui l'ONU e l'OMC;
   b) abbia carattere volontario e garantisca una maggiore protezione dell'ambiente, senza che ciò possa indurre a pensare che il prodotto che non porta un marchio di qualità ecologica è di qualità inferiore;
   c) sia trasparente in tutti i suoi aspetti, ivi comprese la sua struttura organizzativa e le disposizioni finanziarie;
   d) non sia discriminatorio e non crei ostacoli al commercio, segnatamente in relazione ai paesi in via di sviluppo, assicurando nel contempo una concorrenza leale;
   e) sia promosso dalla Commissione, che dovrebbe stabilire le regole di funzionamento del sistema, garantendo l'indipendenza di organi specializzati di accreditamento e di certificazione, strumenti essenziali di garanzia del processo, nonché la credibilità del contenuto dell'etichetta;
   f) comporti criteri di sostenibilità che dovranno essere stabiliti con un livello di rigore maggiore rispetto a quelli che sono validi per il sistema comunitario di gestione delle risorse e che dovranno essere fondati su analisi scientifiche serie; detti criteri potranno essere sia generali che specifici, in funzione dei diversi prodotti della pesca;
   g) assicuri che i marchi contengono un'informazione veridica, il che implica garantire la catena di custodia del prodotto dal peschereccio al consumatore finale, vale a dire assicurare il controllo della certificazione, accertando che il prodotto recante il marchio rispetti le specifiche previste;
   h) preveda procedure di controllo e di verifica affidabili e indipendenti;
   i) assicuri l'imprescindibile pubblicità del sistema;
   j) preveda un marchio su cui figuri, in modo chiaro e comprensibile per il consumatore, il risultato finale della valutazione del prodotto;

16.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi degli Stati membri.

(1) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59.


Situazione in Medio Oriente
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Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Medio Oriente
P6_TA(2006)0348RC-B6-0469/2006

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Medio Oriente, in particolare la risoluzione del 1° giugno 2006 sulla crisi umanitaria nei territori palestinesi e ruolo dell'Unione europea(1),

–   viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1701(2006), 1559(2004), 520(1982), 426(1978), 338(1973) and 242(1967),

–   vista la dichiarazione della Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo del 20 luglio 2006,

–   vista la dichiarazione dei Co-presidenti della Conferenza internazionale sul Libano svoltasi a Roma il 26 luglio 2006,

–   viste le conclusioni delle riunioni del Consiglio straordinario Affari generali e Relazioni esterne del 25 agosto 2006,

–   vista la dichiarazione adottata il 24 agosto 2006 dall'Ufficio di presidenza dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM),

–   viste le conclusioni della Conferenza di Stoccolma per una pronta ripresa del Libano, tenutasi il 31 agosto 2006,

–   viste le convenzioni di Ginevra sul diritto internazionale umanitario,

–   visto quanto dichiarato dal relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati durante la sessione straordinaria del Consiglio delle Nazioni Unite sui diritti umani, svoltasi a Ginevra il 5 luglio 2006,

–   visti gli articoli 15, 16 e 19 del trattato sull'Unione europea,

–   visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.   considerando che il conflitto in Libano si è tradotto in una catastrofe umanitaria, con centinaia di morti e feriti da una parte e dall'altra, pesanti danni alle infrastrutture civili e centinaia di migliaia di sfollati all'interno del paese, che non si è conclusa con il cessate il fuoco,

B.   profondamente turbato dallo scoppio delle ostilità nel Libano meridionale, dagli attacchi di Hezbollah e dalla reazione sproporzionata nell'uso della forza da parte dell'esercito israeliano, che hanno rappresentato una seria minaccia per la pace e la sicurezza internazionale,

C.   prendendo atto dell'appello dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ad esaminare se nel corso del conflitto si siano verificate violazioni del diritto internazionale,

D.   considerando la gravità dei bombardamenti israeliani e del lancio di razzi da parte di Hezbollah e di gruppi armati palestinesi contro popolazioni civili,

E.   considerando che la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU chiede che il governo libanese estenda la propria autorità sul territorio del paese attraverso le proprie forze armate legittime e stabilisce il potenziamento degli effettivi della Forza interinale delle Nazioni Unite nel Libano (UNIFIL) nonché l'estensione del mandato di quest'ultima,

F.   considerando che la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU invita il governo israeliano a ritirare tutte le proprie forze dal Libano meridionale contestualmente all'inizio del dispiegamento dell'UNIFIL e a porre fine al blocco degli aeroporti e porti libanesi,

G.   insistendo sul ruolo che un Libano totalmente democratico e sovrano può svolgere per la concretizzazione di una soluzione alla crisi in Medio Oriente e per lo sviluppo di un forte partenariato euromediterraneo,

H.   sottolineando che la crisi umanitaria nei Territori occupati si aggrava, malgrado il Meccanismo internazionale temporaneo (MIT) creato dalla comunità internazionale per continuare a fornire assistenza alla popolazione palestinese,

I.   considerando che dal punto di vista politico e diplomatico il processo di pace in Medio Oriente si trova in una situazione di stallo, nonostante l'estrema necessità di una soluzione equa e duratura al conflitto israelo-palestinese per instaurare la pace e la sicurezza nell'intera regione,

J.   considerando che all'Unione europea incombe una responsabilità particolare per la pace e la sicurezza in una regione vicina all'Europa quale è il Medio Oriente, e che è pertanto necessario migliorare gli strumenti e i metodi per il coordinamento della politica estera e di sicurezza comune (PESC), anche adottando una posizione comune nel quadro della PESC nonché sulla base degli articoli 15 e 16 del trattato UE,

1.   esprime viva preoccupazione per le dimensioni e l'intensità del conflitto militare nel Libano meridionale e deplora profondamente le vittime fra la popolazione civile in Libano e in Israele e tra i soldati e gli osservatori dell'ONU in Libano e/o Israele, così come deplora la massiccia distruzione delle infrastrutture; ribadisce che non vi può essere soluzione militare al conflitto mediorientale;

2.   sottolinea in tale contesto che nessun cessate il fuoco può essere duraturo senza la volontà politica delle parti coinvolte direttamente o indirettamente di affrontare le cause alla radice della recente crisi;

3.   reitera l'appello alla liberazione immediata sia dei soldati israeliani rapiti che dei membri del governo palestinese e del Consiglio legislativo palestinese detenuti in carcere da Israele;

4.   plaude all'adozione all'unanimità della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che stabilisce le condizioni per la cessazione delle operazioni militari e rafforza l'UNIFIL, con un solido mandato che mira ad accrescere la sua capacità di impedire violazioni del cessate il fuoco, ad assistere il governo del Libano nell'esercizio della piena sovranità e dell'effettivo controllo del proprio territorio, comprese le acque territoriali, a favorire la piena attuazione della risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza dell'ONU e a contribuire alla protezione della popolazione civile e dell'UNIFIL stessa;

5.   si compiace che il governo libanese abbia deciso di dispiegare le sue forze nel Libano meridionale e che l'esercito israeliano abbia accettato di ritirarsi dietro la "Linea blu", come previsto dalla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU; si compiace del forte sostegno espresso dal governo libanese ad un potenziamento del ruolo dell'UNIFIL;

6.   ritiene che il mandato dell'UNIFIL dovrebbe costituire un serio impegno a fornire un'assistenza adeguata al governo libanese nel porre in essere efficaci misure di controllo e di sicurezza, come stabilito nelle risoluzioni 1559 e 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU;

7.   si compiace dei risultati della summenzionata riunione straordinaria del Consiglio Affari generali e Relazioni esterne con particolare riferimento al totale sostegno espresso dal Consiglio all'applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU e all'impegno assunto dagli Stati membri di mettere a disposizione circa 7000 uomini sui 15000 previsti come massimo per la forza UNIFIL;

8.   sottolinea il ruolo attivo assunto da Francia e Italia; appoggia pienamente la decisione secondo la quale la Francia continuerà ad assicurare il comando dell'UNIFIL fino a febbraio 2007, dopodiché l'Italia assumerà il controllo terrestre; sottolinea nondimeno che occorre evitare una duplicazione delle strutture di comando;

9.   sottolinea in ogni caso l'importanza di definire in modo chiaro ed adeguato il mandato, le regole d'ingaggio, la struttura e le competenze dell'UNIFIL, da concordare all'occorrenza nel quadro di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che dovrebbe tenere conto degli insegnamenti tratti dalle precedenti operazioni di mantenimento della pace dell'ONU, segnatamente in Bosnia e Erzegovina;

10.   ritiene fondamentale che l'esercito libanese regolare sia l'unico destinatario di qualsiasi importazione di armi in Libano e invita il governo libanese a garantire, in cooperazione con l'UNIFIL, la piena attuazione della risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza dell'ONU; sottolinea altresì l'importanza che tutti gli Stati membri dell'Unione europea agiscano nel rispetto delle disposizioni della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU concernenti le forniture di armi; sottolinea che questa soluzione dovrebbe portare al disarmo di tutte le milizie, compresa quella di Hezbollah, unitamente a misure volte a impedire l'entrata di armi in Libano;

11.   invita gli Stati membri ad attenersi rigorosamente al Codice di condotta sulle esportazioni di armi per tutte le forniture belliche alla regione;

12.   chiede all'Unione europea di impegnarsi a lavorare con tutte le parti interessate e rivolge un appello a queste ultime a rispettare scrupolosamente i loro impegni in vista della piena applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, così da consentire l'accesso dell'aiuto umanitario d'urgenza e il ritorno delle persone sfollate nelle migliori condizioni di sicurezza possibili; in tale contesto sollecita la revoca del blocco aeronavale sul Libano e ricorda, alla luce delle pertinenti disposizioni della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che l'instaurazione di misure efficaci in materia di armamenti, materiali connessi, addestramento o assistenza costituisce una priorità;

13.   sottolinea l'intensità, la rapidità e l'efficacia degli sforzi necessari per la ricostruzione del Libano; saluta al riguardo le conclusioni della Conferenza di Stoccolma per una pronta ripresa del Libano, in cui i paesi donatori hanno deciso di contribuire largamente alla ricostruzione del paese, e la Commissione e gli Stati membri hanno annunciato 120 milioni EUR in aiuti umanitari;

14.   invita il Consiglio e la Commissione a continuare ad impegnarsi per sviluppare un partenariato attivo con le forze politiche democratiche e la società civile, onde sostenere l'ulteriore democratizzazione del Libano dopo gli eventi del marzo 2005;

15.   rivolge un urgente appello a Iran e Siria affinché svolgano un ruolo costruttivo, in particolare per quanto concerne l'applicazione delle risoluzioni 1559 e 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU; invita specificamente la Siria a rafforzare i controlli sul proprio versante del confine tra Libano e Siria conformemente alla risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che prevede che i paesi limitrofi impediscano la fornitura di armi a soggetti non statali;

16.   invita il Consiglio e la Commissione a riannodare un vero dialogo con la Siria per coinvolgere il paese negli sforzi di pace finalizzati a una soluzione globale del conflitto; si attende che la relazione del Segretario generale delle Nazioni Unite prevista nella risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza dell'ONU e concernente la definizione dei confini internazionali del Libano, inclusa la controversa zona delle fattorie di Sheeba, contribuirà alla realizzazione di progressi in proposito;

17.   chiede che venga condotta in Libano e Israele un'inchiesta internazionale approfondita di alto livello, sotto l'egida del Segretario generale delle Nazioni Unite, per far luce sulle notizie di gravi violazioni dei diritti umani, sulla drammatica situazione delle vittime e sulla violazione del diritto umanitario;

18.   ritiene in tale contesto che l'Unione europea - in quanto facente parte dei principali donatori - e la comunità internazionale dovrebbero studiare modalità per determinare possibili condizioni di responsabilità;

19.   si compiace della pronta azione del centro di monitoraggio e informazione della Commissione che conta di intervenire contro la marea nera che ha inquinato oltre 50 km di costa libanese; sottolinea la necessità di adottare misure di lotta contro l'inquinamento di talune zone, e in particolare contro l'impatto disastroso della macchia di greggio al largo delle coste libanesi; invita gli Stati membri e la Commissione a fornire assistenza e a intervenire nel contesto del Protocollo sulla prevenzione e l'intervento contro l'inquinamento della Convenzione di Barcellona e attraverso il Centro regionale per la risposta d'emergenza in caso di inquinamento marino nel Mare Mediterraneo, operante nell'ambito del piano d'azione per il Mediterraneo;

20.   deplora vivamente il deteriorarsi della situazione della popolazione e delle infrastrutture civili a Gaza e in Cisgiordania; chiede a tutte le parti di spezzare il circolo vizioso degli attacchi e contrattacchi, che ha provocato centinaia di morti e feriti e ha causato enormi danni alle infrastrutture civili;

21.   sottolinea la necessità di riportare il processo di pace nel Medio Oriente fra le priorità dell'agenda politica internazionale; invita il Quartetto (ONU, UE, USA e Russia) ad imprimere nuovo slancio all'applicazione della "tabella di marcia" in vista dell'Assemblea generale annuale delle Nazioni Unite di settembre 2006; ribadisce che la formula dei due stati, con uno Stato israeliano e uno palestinese che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza, è una condizione chiave per una soluzione pacifica e duratura in Medio Oriente;

22.   invita il Consiglio e la Commissione a continuare a garantire, unitamente alla comunità internazionale, l'assistenza umanitaria fondamentale al popolo palestinese; chiede che il Meccanismo internazionale temporaneo (MIT) sia potenziato ed esteso, per quanto riguarda la durata della sua applicazione e le risorse ad esso destinate, senza discriminazione alcuna; invita il governo israeliano a riprendere con urgenza il trasferimento delle entrate tributarie e doganali palestinesi trattenute; invita Israele a consentire la circolazione delle persone, rispettando l'accordo in materia di circolazione e accesso a Rafah e in altri punti di attraversamento della frontiera a Gaza;

23.   rinnova il suo sostegno agli sforzi del Presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, volti a promuovere un dialogo nazionale tra i vari partiti palestinesi , nella prospettiva della costituzione di un nuovo governo palestinese;

24.   ritiene che la presenza di una forza multinazionale in Libano potrebbe essere considerata un esempio da seguire nel processo negoziale per la soluzione del conflitto israelo-palestinese;

25.   invita il Consiglio ad adoperarsi con ogni mezzo per convocare una conferenza regionale di pace, analoga alla Conferenza di Madrid del 1991, onde pervenire a una soluzione complessiva, duratura e sostenibile ai problemi dell'area, basata sulle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che comprenda il diritto di Israele a vivere entro confini sicuri e riconosciuti e il diritto dei palestinesi a uno stato autonomo nei Territori occupati, e a trattare compiutamente i temi concernenti la sicurezza e il disarmo; ritiene che qualsiasi approccio unilaterale da parte di tutti gli interessati debba essere respinto;

26.   ritiene essenziale, in tale contesto, coinvolgere la Lega araba; considera il "Piano di Beirut" del 2002, concordato fra i paesi membri della Lega araba, e l'Iniziativa di Ginevra come importanti contributi per i negoziati, di cui occorre tenere debitamente conto;

27.   ritiene che l'APEM, quale unico organo parlamentare del Processo di Barcellona che riunisce rappresentanti dei popoli della riva meridionale del Mediterraneo e dell'Unione europea, debba assumersi le proprie responsabilità per facilitare la ripresa del dialogo e della cooperazione tra le parti interessate dalla situazione in Medio Oriente; sostiene la richiesta dell'Ufficio di presidenza dell'APEM di convocare al più presto una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri degli esteri Euromed nel quadro del processo di Barcellona;

28.   ritiene che, a medio e a lungo termine, la creazione di istituzioni che raggruppino i paesi del bacino mediterraneo, come una Banca euromediterranea di sviluppo, costituisca la migliore garanzia di una pace duratura e dello sviluppo umano; invita gli Stati membri dell'Unione europea ad adoperarsi per creare istituzioni di questo tipo, anziché ricercare accordi bilaterali;

29.   è favorevole all'invio di una delegazione d'informazione in Libano, Palestina e Israele per valutare la situazione, con particolare riguardo alle condizioni umanitarie e politiche;

30.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai governi e ai parlamenti di Israele, del Libano, dell'Autorità nazionale palestinese, della Siria e dell'Iran, degli Stati Uniti e della Russia e al Segretario generale della Lega araba.

(1) Testi approvati, P6_TA(2006)0237.


Incendi boschivi e inondazioni
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Risoluzione del Parlamento europeo sugli incendi boschivi e le inondazioni
P6_TA(2006)0349RC-B6-0460/2006

Il Parlamento europeo,

–   visti gli articoli 2, 6 e 174 del trattato CE,

–   viste le sue risoluzioni del 18 gennaio 2006 sui risultati della conferenza di Montreal sui cambiamenti climatici(1), del 5 settembre 2002 sui disastri causati dalle inondazioni nell'Europa centrale(2), del 14 aprile 2005 sulla siccità in Portogallo(3), del 12 maggio 2005 sulla siccità in Spagna(4), dell'8 settembre 2005 sulle catastrofi naturali (incendi e inondazioni) verificatesi in Europa(5) e del 18 maggio 2006 sulle catastrofi naturali (incendi boschivi, siccità e inondazioni) – aspetti attinenti all'agricoltura(6), aspetti dello sviluppo regionale(7) e aspetti ambientali(8),

–   visti il protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) dell'11 dicembre 1997 e la ratifica del protocollo di Kyoto da parte della Comunità del 31 maggio 2002,

–   visto il regolamento (CE) n. 2152/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativo al monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali nella Comunità (Forest Focus)(9), noto come regolamento "Forest Focus",

–   vista la comunicazione della Commissione del 18 novembre 1998 su una strategia forestale per l'Unione europea (COM(1998)0649), nonché la risoluzione del Parlamento del 16 febbraio 2006 sull'attuazione di una strategia forestale dell'Unione europea(10),

–   viste la proposta della Commissione del 29 settembre 2004 di un regolamento riguardante lo strumento finanziario per l'ambiente (LIFE+) (COM(2004)0621) e la posizione del Parlamento del 7 luglio 2005(11),

–   visto il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), e la decisione 2006/144/CE del Consiglio sugli Orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale,

–   vista proposta della Commissione per uno Strumento di risposta rapida e preparazione alle emergenze gravi (COM(2005)0113),

–   viste la comunicazione della Commissione dal titolo "Migliorare il meccanismo comunitario di protezione civile" (COM(2005)0137) e la relazione di Michel Barnier "Per una forza di protezione civile europea: Europe aid",

–   vista la proposta della Commissione che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (COM(2005)0108), nonché la posizione del Parlamento del 18 maggio 2006 su tale proposta(12),

–   vista la comunicazione della Commissione sul piano d'azione per la biomassa (COM(2005)0628) e sulla strategia dell'UE per i biocarburanti (COM(2006)0034) ,

–   vista la sua risoluzione del 15 giugno 2006 sulla strategia riveduta per lo sviluppo sostenibile(13),

–   visto il punto 12 delle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 15 e 16 giugno 2006 relative alla risposta dell'Unione alle situazioni di emergenza alla crisi e alle calamità,

–   visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.   considerando che nel 2006 l'Unione europea ha subito devastanti incendi forestali, soprattutto negli Stati membri del Sud, che hanno provocato morti e notevoli danni materiali,

B.   considerando che la superficie totale di vegetazione e foreste colpite dagli incendi nell'UE è superiore ai 200.000 ettari, metà dei quali in Spagna; che gli altri Stati membri interessati comprendono non solo il Portogallo, la Grecia, la Francia, l'Italia e Cipro, ma anche altri tradizionalmente considerati meno a rischio, come i Paesi Bassi, l'Irlanda, la Lituania, il Regno Unito, l'Austria, la Svezia, la Repubblica ceca e la Polonia,

C.   considerando che gli incendi forestali sono stati particolarmente gravi in regioni come la Galizia, dove entro il 14 agosto 2006 hanno interessato 88.473 ettari, provocando 4 morti, 514 feriti, la morte di animali e notevoli danni materiali ed ecologici, anche a 17 siti d'importanza comunitaria (SIC) inseriti nella rete Natura 2000 ed altre zone di importanza ecologica, alcune delle quali costituiscono corridoi per specie tra aree protette,

D.   considerando che negli anni scorsi la persistente siccità e le elevate temperature hanno comportato la proliferazione di incendi forestali in Europa, peggiorando la desertificazione in varie regioni e colpendo l'agricoltura, l'allevamento e il patrimonio forestale,

E.   considerando che l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) ha previsto che, a causa dei cambiamenti climatici, l'Europa meridionale conoscerà siccità più intense, incendi forestali più frequenti e un innalzamento termico, mentre l'Europa settentrionale sarà soggetta a un aumento delle precipitazioni e la maggior parte delle regioni europee andrà incontro a inondazioni di maggiore portata e frequenza,

F.   considerando che l'Europa risulta sempre più vulnerabile alla siccità a causa dell'utilizzo non sostenibile dei suoli e delle risorse idriche e biologiche, nonché a causa dei cambiamenti climatici, il che mette a repentaglio anche l'approvvigionamento alimentare europeo,

G.   considerando che tali incendi sono in parte imputabili alla siccità e alle elevate temperature dell'estate 2006, ma anche ai cambiamenti socio-economici e culturali verificatisi negli ultimi decenni nelle zone rurali, quali lo spopolamento delle campagne, l'insufficiente manutenzione delle foreste, la messa a dimora di poche varietà di piante e la notevole incidenza di attività criminali,

H.   considerando che lo spopolamento delle campagne, come pure il calo della redditività delle foreste e gli alti costi della loro manutenzione, hanno inciso sulla buona gestione da parte dei proprietari, con il conseguente aumento della biomassa nel sottobosco e la comparsa di ampie zone di macchia altamente combustibile, mentre nelle zone in cui le foreste svolgono un ruolo socio-economico importante gli incendi sono molto meno diffusi,

I.   considerando le negative conseguenze economiche e sociali delle catastrofi naturali per le economie regionali, l'attività produttiva e il turismo,

J.   considerando il grave danno alle abitazioni, alle infrastrutture e all'agricoltura provocato dalle inondazioni, soprattutto in Austria, Ungheria, Polonia ed altre parti d'Europa,

K.   considerando che gli incendi e le inondazioni sono spesso di natura transnazionale, per cui è necessario rafforzare le misure comuni per lottare contro le catastrofi naturali e i meccanismi di protezione civile della Comunità,

L.   considerando che la politica di sviluppo rurale non sarà sufficiente per affrontare il problema e che il capitolo relativo agli aiuti agli agricoltori per creare e mantenere le fasce tagliafuoco è scomparso dal regolamento quadro del nuovo Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR),

M.   considerando che il Consiglio europeo di Bruxelles del 15 e 16 giugno 2006 ha adottato la relazione della Presidenza sul rafforzamento delle capacità di risposta dell'Unione in caso di emergenza e di crisi, nonché la relazione presentata da Michel Barnier nel maggio 2006,

N.   considerando che, in base alle conclusioni della Presidenza del suddetto Consiglio europeo, il gruppo direttivo di crisi ad hoc con sede a Bruxelles dovrebbe essere operativo dal 1° luglio 2006,

O.   considerando che il Parlamento intende seguirne l'attività in materia di catastrofi naturali, soprattutto quelle effettuate a partire dall'agosto 2005, con un'audizione pubblica su incendi e inondazioni che si svolgerà nell'ottobre 2006,

P.   considerando che non esiste una normativa specifica europea per affrontare siccità e incendi, anche se è in preparazione una direttiva specifica sulla prevenzione delle inondazioni,

1.   esprime la propria solidarietà ai parenti delle vittime, nonché agli abitanti delle zone danneggiate, soprattutto in Galizia, e ringrazia tutti coloro - professionisti e volontari - che hanno contribuito allo spegnimento degli incendi e al salvataggio delle vittime delle inondazioni;

2.   prende atto della solidarietà dimostrata dall'Unione europea, dai suoi Stati membri e da altri paesi nei confronti delle regioni interessate sia degli Stati membri che dei paesi candidati nonché del prezioso aiuto prestato alle loro autorità e servizi di salvataggio; ritiene che le dimensioni di questi fenomeni e le loro conseguenze vadano al di là dell'ambito regionale e nazionale e richiedano un effettivo e urgente impegno da parte dell'Europa;

3.   è preoccupato per il crescente numero di catastrofi che, secondo gli esperti, può essere attribuito in larga parte al cambiamento climatico; sollecita quindi gli Stati membri a fare quanto necessario per conseguire gli obiettivi di Kyoto e invita la Commissione ad adottare iniziative per garantire il rispetto degli impegni di Kyoto e la loro verifica; ritiene che i danni provocati dai recenti avvenimenti evidenzino ulteriormente che sarà molto meno costoso ridurre il riscaldamento globale che non affrontarne le conseguenze;

4.   ritiene che la summenzionata risoluzione del 15 giugno 2006 contenga elementi e principi fondamentali di cui tener conto e sollecita la tempestiva attuazione della strategia;

5.   ritiene che la prevenzione globale e regionale debba svolgere il ruolo principale rispetto alle opere di rimedio dei danni; rileva inoltre che i danni provocati dalle catastrofi naturali potrebbero essere stati in parte prevenuti e dovrebbero fornire un incentivo allo sviluppo e all'attuazione di politiche di prevenzione e un'adeguata normativa sulla salvaguardia e l'idoneo utilizzo dei terreni, comprese pratiche sostenibili in materia di agricoltura e foreste nonché un'efficace gestione dei rischi;

6.   ritiene che tali catastrofi possano essere affrontate efficacemente solo a livello comunitario, in base al principio di sussidiarietà e che esse richiedano un'efficace risposta a un rafforzato livello europeo con, se necessario, nuovi strumenti comunitari per prevenire e affrontare il problema;

7.   invita la Commissione a mobilitare il Fondo di solidarietà europeo, da applicare con flessibilità, facilitandone l'attuazione al fine di affrontare i gravi danni provocati dagli incendi, tenendo conto che essi interessano lo stile di vita di comunità che, soprattutto nelle regioni meno prospere, devono affrontare le conseguenze negative in materia di infrastrutture e trasporti, potenziale economico, occupazione, patrimonio naturale e culturale, ambiente e turismo, il che si ripercuote complessivamente in modo negativo sulla coesione economica e sociale;

8.   sollecita la destinazione di adeguate risorse alla protezione civile per le grandi emergenze e deplora la tiepida risposta del Consiglio alla proposta di creare un corpo di protezione civile europeo (relazione Barnier);

9.   si compiace delle proposte della Commissione di migliorare la capacità di risposta rapida dell'UE alle catastrofi;

10.   sollecita un migliore uso delle attuali risorse finanziarie e tecniche e miglioramenti scientifici nella prevenzione delle catastrofi e nell'alleviarne le conseguenze;

11.   chiede quindi l'adozione e la rapida attuazione da parte degli Stati membri della proposta legislazione che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile, nonché in materia di valutazione e gestione delle inondazioni (quest'ultima secondo la procedura di codecisione);

12.   invita la Presidenza in carica finlandese a riservare particolare attenzione allo sviluppo della capacità di risposta rapida dell'Unione per tali catastrofi e alle proposte della Commissione e del Parlamento sul rafforzamento della capacità di protezione civile della Comunità nonché a proporre l'adozione degli strumenti giuridici entro la fine del 2006, in linea con il mandato conferito dal Consiglio europeo il 15 e 16 giugno 2006;

13.   sollecita la Commissione a creare un programma di scambi di esperienze sull'attuazione delle nuove tecnologie per il controllo e la verifica dei rischi e delle conseguenze degli incendi forestali, nonché la preparazione di una procedura di omologazione europea delle qualifiche del personale tecnico, onde migliorarne la formazione;

14.   esprime la propria preoccupazione in quanto gli obiettivi del regolamento "Forest Focus" in materia di prevenzione non sono stati raggiunti; rileva che il numero di incendi e le superfici arse, anziché diminuire, sono aumentate dopo la sua entrata in vigore; invita la Commissione ad includere proposte specifiche per risolvere questi problemi nella relazione che presenterà prima della fine del 2006;

15.   rileva che, sebbene il sistema europeo d'informazione sugli incendi boschivi (EFFIS) sia riuscito ad armonizzare i dati relativi agli incendi negli Stati membri e a fornire informazioni aggiornate sui fattori naturali di rischio, esso non consente indagini delle cause antropogeniche, non determina i fattori di rischio socio-economici e non valuta le ripercussioni degli incendi; invita la Commissione a presentare una proposta volta a integrare tale sistema con altri dati che permettano di correggere tali lacune;

16.   sollecita la Commissione a presentare, nell'ambito del piano d'azione per la biomassa, concrete proposte per le foreste del Sud Europa, per quanto riguarda l'uso della biomassa delle foreste a scopi energetici, che implica una nuova fonte di reddito per il proprietario, e a contribuire nel contempo a una migliore gestione delle foreste;

17.   chiede alla Commissione, nel quadro del nuovo "Piano d'azione dell'UE per la gestione sostenibile delle foreste", di rafforzare la politica forestale europea, dandole più peso nel ruolo molteplice dell'agricoltura europea, con un duplice obiettivo: mantenimento e impiego della popolazione rurale nonché deciso e sostanziale incremento della superficie forestale; chiede parimenti misure di sostegno per la prevenzione degli incendi nel settore della silvicoltura, per aiutare i proprietari e le loro organizzazioni a svolgere attività quali la cimatura, la potatura non commerciale, il taglio e il disboscamento della biomassa forestale, la creazione di linee di controllo e fasce tagliafuoco, la costruzione di strade forestali e la predisposizione di depositi d'acqua;

18.   invita la Commissione a presentare una comunicazione per sensibilizzare la società in merito all'importanza delle nostre foreste e delle loro risorse e ai vantaggi connessi alla loro tutela, promuovendo la partecipazione della società civile attraverso il volontariato organizzato o altre formule, come ad esempio le associazioni di difesa e protezione delle foreste e degli spazi naturali;

19.   invita gli Stati membri a rafforzare le sanzioni per gli atti criminosi che danneggiano l'ambiente e in particolare per quelli che provocano incendi forestali, e ritiene che un'indagine rapida ed efficace che determini le responsabilità, seguita da una sanzione proporzionata, scoraggerebbe comportamenti negligenti e dolosi;

20.   ribadisce il suo invito alla Commissione a presentare proposte specifiche per una direttiva sulla lotta contro gli incendi forestali e la siccità nell'Unione, al fine di migliorare il coordinamento delle politiche degli Stati membri e ottimizzare gli strumenti comunitari esistenti;

21.   invita la Commissione ad effettuare un'analisi approfondita delle conseguenze e delle ripercussioni delle catastrofi naturali, soprattutto quelle che colpiscono le foreste dell'Unione, compreso l'impatto sulla rete Natura 2000, e a presentare proposte per lo sviluppo di una politica comunitaria di controllo degli incendi forestali e per un protocollo comune sulla prevenzione e la lotta contro tali incendi;

22.   raccomanda una strategia comunitaria per il coordinamento delle misure di prevenzione antincendio nel quadro del regolamento per lo sviluppo rurale; chiede una politica di rimboschimento basata sul rispetto delle caratteristiche bioclimatiche e ambientali, con l'utilizzo di varietà che resistano meglio agli incendi e alla siccità e siano più adatte al clima;

23.   invita la Commissione europea a reintrodurre aiuti agli agricoltori per creare e mantenere fasce tagliafuoco come parte delle norme di attuazione del nuovo Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale (FEASR);

24.   ritiene che l'Azione di protezione civile volontaria dovrebbe essere promossa ed appoggiata senza indugio, con attività di formazione ad attrezzature di base che possano mettere a profitto tecnologie avanzate, poiché questa è una delle principali risorse di cui dispongono gli Stati membri quando si trovano in situazioni di emergenza determinate da calamità naturali;

25.   deplora che la Russia abbia trascurato la cooperazione con i paesi confinanti durante i suoi recenti incendi forestali; chiede alla Commissione di sollevare la questione nel quadro dell'accordo di partenariato e cooperazione UE-Russia;

26.   invita il suo Ufficio di presidenza ad autorizzare l'invio di una delegazione nelle regioni spagnole più colpite, prima dello svolgimento dell'audizione pubblica in programma per il prossimo mese di ottobre 2006, nel corso della quale sarà esaminata la relazione Barnier;

27.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, nonché alle autorità delle regioni colpite da incendi e inondazioni.

(1) Testi approvati, P6_TA(2006)0019.
(2) GU C 272 E del 13.11.2003, pag. 471.
(3) GU C 33 E del 9.2.2006, pag. 599.
(4) GU C 92 E del 20.4.2006, pag. 414.
(5) GU C 193 E del 17.8.2006, pag. 322.
(6) Testi approvati, P6_TA(2006)0222.
(7) Testi approvati, P6_TA(2006)0223.
(8) Testi approvati, P6_TA(2006)0224.
(9) GU L 324 dell'11.12.2003, pag. 1.
(10) Testi approvati, P6_TA(2006)0068.
(11) GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 451.
(12) Testi approvati, P6_TA(2006)0218.
(13) Testi approvati, P6_TA(2006)0272.


Sospensione dei negoziati sull'agenda per lo sviluppo di Doha
PDF 111kWORD 35k
Risoluzione del Parlamento europeo sulla sospensione dei negoziati sull'agenda di Doha per lo sviluppo
P6_TA(2006)0350RC-B6-0465/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la dichiarazione adottata dalla Conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) riunita a Doha il 14 novembre 2001,

–   vista la sua risoluzione del 4 aprile 2006 sulla valutazione del ciclo negoziale di Doha in seguito alla Conferenza ministeriale dell'OMC di Hong Kong(1),

–   vista la dichiarazione ministeriale della Sesta sessione della Conferenza ministeriale, dell'OMC adottata il 18 dicembre 2005(2),

–   visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che il ciclo di negoziati di Doha è stato avviato nel 2001 con l'obiettivo di rimediare agli esistenti squilibri nel sistema commerciale multilaterale data l'opinione comune secondo cui lo sviluppo può essere veramente promosso soltanto nell'ambito di un sistema multilaterale, basato su un commercio libero ed equo e su norme giuste ed eque, e di porre al centro del programma di lavoro di Doha gli interessi e i bisogni dei paesi in via di sviluppo,

B.   considerando che la mancata conclusione del ciclo di negoziati di Doha comprometterebbe la credibilità del sistema commerciale multilaterale e comporterebbe uno spostamento verso accordi commerciali bilaterali e regionali, che spesso accentuano gli squilibri tra i paesi avanzati e quelli in via di sviluppo,

C.   considerando che i paesi in via di sviluppo e i paesi meno avanzati sarebbero i più colpiti dalla sospensione del ciclo di negoziati in quanto un riequilibrio, lungamente atteso, delle norme commerciali, che ponga il commercio al servizio di uno sviluppo sostenibile e rispettoso del più ampio sistema di governance globale, non può essere conseguito al di fuori del quadro multilaterale,

D.   considerando che il protrarsi dell'attuale clima di incertezza circa il futuro del multilateralismo e della stessa OMC si andrebbe ad aggiungere all'incertezza economica e politica a livello globale e avrebbe conseguenze economiche, finanziarie e sociali,

E.   considerando la necessità di riformare l'attuale struttura dell'OMC onde agevolare i negoziati e rafforzare la responsabilità e la trasparenza,

1.   ribadisce il suo pieno impegno a favore dell'approccio multilaterale alla politica commerciale e il ruolo che l'OMC dovrebbe svolgere quale garante di un sistema commerciale internazionale regolamentato; deplora, pertanto, la sospensione indefinita del ciclo di negoziati di Doha nel luglio 2006 ed è particolarmente deluso in quanto la scarsa flessibilità dimostrata da alcuni dei principali interlocutori ha portato ad una situazione di stallo;

2.   è preoccupato che la mancata conclusione di un accordo sull'Agenda di Doha per lo sviluppo potrebbe comportare il collasso dell'attuale sistema commerciale multilaterale; sottolinea che il passaggio ad accordi bilaterali/regionali potrebbe condurre a negoziati squilibrati e meno trasparenti, ponendo spesso i paesi più poveri in una posizione svantaggiata;

3.   sottolinea che le conseguenze a breve e medio termine di tale sospensione colpiranno i paesi in via di sviluppo e soprattutto i paesi meno avanzati, in particolare qualora gli impegni per lo sviluppo contratti a Hong Kong non dovessero più essere rispettati;

4.   è preoccupato che la sospensione dei negoziati multilaterali potrebbe comportare l'aumento delle dispute commerciali in quanto gli Stati membri dell'OMC cercherebbero di ottenere attraverso controversie quello che non hanno potuto ottenere per via negoziale;

5.   sollecita un forte impegno da parte di tutti i principali attori, compresi l'UE, gli USA e il G-20 per raggiungere un accordo equilibrato su ognuno dei principali temi del ciclo di negoziati, ponendo lo sviluppo al centro delle conclusioni e valutando in un secondo tempo i risultati così da garantire che l'Agenda di Doha per lo sviluppo comporti in ultima analisi vantaggi economici significativi e sostenibili, soprattutto per i paesi in via di sviluppo; sottolinea che, per dare piena attuazione al mandato di Doha, è necessario preservare i risultati positivi dei negoziati e fare in modo che le offerte ad oggi proposte per quanto riguarda i vari elementi dell'agenda rimangano alla base dei negoziati;

6.   ritiene che i paesi avanzati debbano continuare a creare condizioni più favorevoli agli scambi per i paesi in via di sviluppo e i paesi meno avanzati, indipendentemente dall'esito finale del ciclo di negoziati; esorta i paesi avanzati e i paesi in via di sviluppo più avanzati ad aderire all'iniziativa dell'Unione Everything but Arms (Tutto fuorché le armi), garantendo ai paesi meno avanzati un accesso al mercato interamente esente da dazi e quote;

7.   sottolinea la necessità di riforme istituzionali intese a migliorare il funzionamento dell'OMC e ribadisce l'importanza di rafforzare la responsabilità e la legittimità democratica dei negoziati e dell'organizzazione dell'OMC; è convinto che il processo multilaterale basato su un approccio trasparente dal basso verso l'alto debba rimanere al centro dei negoziati; sottolinea al contempo la necessità di un processo inclusivo, che coinvolga tutti i membri;

8.   è convinto che la sospensione dei negoziati vada utilizzata come occasione per riflettere sulle condizioni necessarie a migliorare i futuri negoziati commerciali;

9.   invita la Commissione ed il Consiglio a concludere un accordo per garantire la piena partecipazione del Parlamento europeo ai negoziati commerciali internazionali dell'Unione europea;

10.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al Direttore generale dell'OMC.

(1) Testi approvati, P6_TA(2006)0123.
(2) Documento n. 05-6248, riferimento WT/MIN(05)/DEC.


Contraffazione di medicinali
PDF 112kWORD 36k
Risoluzione del Parlamento europeo sulla contraffazione dei medicinali
P6_TA(2006)0351RC-B6-0467/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la dichiarazione sulla lotta alla contraffazione adottata dai Capi di Stato e di governo del G8 in occasione del vertice di San Pietroburgo del 15,16 e 17 luglio 2006,

–   vista la dichiarazione di Roma adottata il 18 febbraio 2006 dalla Conferenza internazionale dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS),

–   viste le iniziative promosse dalla Commissione per quanto riguarda il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e visto il piano d'azione contro la contraffazione e la pirateria da essa adottato nell'ottobre 2005,

–   vista la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 settembre 2005 nella causa C-176/03, che ha rafforzato la competenza della Comunità europea a irrogare sanzioni penali in materia di contraffazione,

–   vista la risoluzione dell'OMS del 29 maggio 2006 sulla sanità pubblica, l'innovazione, la ricerca di base nel settore della sanità e i diritti di proprietà intellettuale,

–   visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che la contraffazione dei medicinali può avere conseguenze estremamente gravi, incluso addirittura il rischio di mettere a repentaglio la salute e la vita di milioni di persone,

B.   considerando che, secondo l'OMS, un medicinale contraffatto è un medicinale munito in maniera deliberata e fraudolenta di un'etichetta contenente informazioni ingannevoli circa la sua identità e/o la sua vera origine, che, sempre secondo l'OMS, può trattarsi di una specialità originale o di un prodotto generico, che vi sono prodotti contraffatti che contengono ingredienti buoni e altri che contengono ingredienti cattivi, che alcuni sono privi di principi attivi mentre altri ne contengono una quantità insufficiente, laddove in altri casi ancora è il confezionamento ad essere stato falsificato,

C.   constatando che i farmaci contraffatti circolano essenzialmente nei paesi in via di sviluppo e sono utilizzati contro malattie mortali quali la malaria, la tubercolosi e l'HIV/AIDS,

D.   considerando che la contraffazione dei medicinali riguarda oggigiorno il 10% del mercato mondiale, in base alle stime dell'OMS, mentre tale percentuale superebbe il 10% secondo la Food and Drug Administration statunitense, che fino al 70% dei farmaci antimalarici in circolazione nel Camerun risultano contraffatti, che tale dato è stato corroborato dall'OMS nel 2003 per sei altri paesi africani e che il 25% dei medicinali consumati nei paesi in via di sviluppo sarebbero contraffatti (per arrivare al 50% in Pakistan o in Nigeria),

E.   rilevando che, secondo l'OMS, sul milione di decessi dovuti ogni anno alla malaria, 200.000 sono riconducibili a medicinali male somministrati o al consumo di farmaci contraffatti,

F.   considerando che la contraffazione dei farmaci imperversa in tutti i continenti e principalmente in Africa, Asia, America latina e Russia,

G.   considerando che fra i fattori più comuni indicati dall'OMS come suscettibili di favorire la comparsa di medicinali contraffatti vi sono la mancanza di leggi che vietano la contraffazione dei farmaci, le blande sanzioni penali, la debolezza delle autorità nazionali preposte alla regolamentazione del settore farmaceutico ovvero la loro totale assenza, la penuria e l'approvvigionamento aleatorio di farmaci, i mancati controlli sui medicinali al momento dell'esportazione, le transazioni commerciali che coinvolgono vari intermediari, la corruzione e i conflitti di interesse,

H.   considerando che questo traffico di medicinali falsi è dovuto anche alla mancanza di sensibilizzazione e di impegno politico, alla debolezza della regolamentazione, all'inadeguata capacità di applicazione della legge e, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, alla mancanza di accesso delle popolazioni a medicinali originali, controllati dalle autorità pubbliche,

I.   deplorando il fatto che l'Unione europea si sia impegnata tardivamente nella lotta internazionale contro la contraffazione, in un momento in cui la maggiore permeabilità delle frontiere e le nuove tecnologie (Internet) rischiavano di amplificare il fenomeno della pirateria,

1.   ritiene che la l'Unione europea debba dotarsi con la massima urgenza degli strumenti necessari per contrastare con efficacia le pratiche illecite nel settore della pirateria e della contraffazione dei medicinali;

2.   invita la Commissione ad andare oltre la sua comunicazione intitolata "Strategia di applicazione dei diritti di proprietà intellettuale nei paesi terzi"; incoraggia in particolare l'Unione europea ad adottare adeguati provvedimenti per combattere la piaga della contraffazione dei medicinali sul suo territorio;

3.   invita l'Unione europea a prendere iniziative volte a potenziare, nei paesi con modeste risorse, le capacità di regolamentazione e controllo della qualità dei prodotti e del materiale medico immessi sul mercato, nonché a migliorare le possibilità di ottenere medicinali a prezzi abbordabili;

4.   esorta vivamente l'Unione europea a svolgere un ruolo trainante per la promozione di una convenzione mondiale volta a introdurre nella legislazione di ogni paese una fattispecie penalmente rilevante (reato o delitto) relativa alla contraffazione dei farmaci nonché alla loro ricettazione e distribuzione;

5.   sollecita il rafforzamento della cooperazione, sia a livello nazionale che a livello internazionale, tra le varie autorità implicate nella lotta contro la contraffazione;

6.   insiste sull'importanza delle misure preventive nel quadro dei programmi d'azione: nella fattispecie la creazione di strutture, la cooperazione, l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione, preferibilmente da parte delle autorità pubbliche, e infine la volontà politica per condurre in porto tali azioni;

7.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, al Segretario generale dell'ONU ed al Segretario generale dell'OMS.


Diritto contrattuale europeo
PDF 108kWORD 33k
Risoluzione del Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo
P6_TA(2006)0352B6-0464/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la sua risoluzione del 23 marzo 2006 sul diritto contrattuale europeo e la revisione dell'acquis: prospettive per il futuro(1),

–   viste le sue risoluzioni del 26 maggio 1989, su un'azione volta a ravvicinare il diritto privato degli Stati membri(2), del 6 maggio 1994, sull'armonizzazione di taluni settori di diritto privato negli Stati membri(3), del 15 novembre 2001, sul ravvicinamento del diritto civile e commerciale degli Stati membri(4), e del 2 settembre 2003 , sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo - Un piano d'azione(5)

–   vista la prima relazione annuale della Commissione del 23 settembre 2005 sullo stato di avanzamento dei lavori in materia di diritto contrattuale europeo e di revisione dell'acquis (COM(2005)0456), in cui la Commissione afferma che la revisione dell'acquis relativo alla tutela dei consumatori a sua volta "alimenterà lo sviluppo del più ampio quadro comune di riferimento (QCR)",

–   vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dell'11 ottobre 2004 sul diritto contrattuale europeo e la revisione dell'acquis: prospettive per il futuro (COM(2004)0651), in cui la Commissione afferma che "utilizzerà, come strumento, il QCR all'atto della presentazione di proposte per migliorare la coerenza e la qualità dell'acquis esistente e di futuri strumenti giuridici nel settore del diritto contrattuale",

–   visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che la sua risoluzione del 23 marzo 2006 sottolineava che non è chiaro dove porterà l'iniziativa in materia di diritto contrattuale europeo in termini di risultati pratici e se darà luogo a uno o più strumenti vincolanti e su quale base giuridica,

B.   considerando che la sua risoluzione del 23 marzo 2006 chiede, fra altre informazioni, una comunicazione della Commissione sulle modalità per far confluire nella sua attività successiva i risultati dei workshops del QCR e dei gruppi di ricerca,

1.   ribadisce la sua convinzione che un mercato interno uniforme non può essere pienamente funzionale senza ulteriori progressi verso l'armonizzazione del diritto civile;

2.   ricorda che l'iniziativa in materia di diritto contrattuale europeo è la più importante iniziativa in corso nel campo del diritto civile;

3.   sostiene risolutamente un'impostazione mirante ad un più ampio QCR su questioni generali di diritto contrattuale, al di là della tutela dei consumatori;

4.   sottolinea che, oltre all'attività di revisione dell'acquis in materia di tutela dei consumatori, è necessario portare avanti i lavori relativi ad un più ampio QCR; chiede alla Commissione di portare avanti, parallelamente all'attività di revisione dell'acquis in materia di tutela dei consumatori, il progetto di un più ampio QCR;

5.   sottolinea che, anche se lo scopo finale e la forma giuridica del QCR non sono ancora chiari, l'attività sul progetto dovrebbe essere compiuta in modo adeguato, tenendo conto del fatto che il risultato finale a lungo termine potrebbe essere uno strumento vincolante; sottolinea la necessità di mantenere aperte tutte le varie opzioni possibili riguardo allo scopo e alla forma giuridica di uno strumento futuro;

6.   chiede alla Commissione di tenere conto della prospettiva a lungo termine di un CFR, al momento di presentare ulteriori proposte legislative;

7.   chiede alla Commissione di associare costantemente il Parlamento ai lavori relativi al QCR;

8.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) Testi approvati; P6_TA(2006)0109.
(2) GU C 158 del 26.6.1989, pag. 400.
(3) GU C 205 del 25.7.1994, pag. 518.
(4) GU C 140 E del 13.6.2002, pag. 538.
(5) GU C 76 E del 25.3.2004, pag. 95.


Partecipazione del Parlamento europeo ai lavori della Conferenza dell'Aja
PDF 107kWORD 31k
Risoluzione del Parlamento europeo sulla partecipazione del Parlamento europeo ai lavori della Conferenza dell'Aia, a seguito dell'adesione della Comunità
P6_TA(2006)0353B6-0459/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la proposta di decisione del Consiglio relativa all'adesione della Comunità europea alla Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato (COM(2005)0639),

–   vista la sua posizione del 7 settembre 2006 sulla proposta di decisione del Consiglio relativa all'adesione della Comunità europea alla Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato(1),

–   visto l'articolo 108, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che l'adesione della Comunità alla Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato (CODIP) comporterà maggiore coerenza in materia di diritto internazionale civile e commerciale e di diritto comunitario e accrescerà l'influenza della Comunità in tale sede;

B.   considerando che le convenzioni della CODIP rappresentano un necessario punto di riferimento in materia di diritto civile e commerciale;

C.   considerando che fin dal trattato di Amsterdam la Comunità ha avuto la competenza di adottare misure in materia di cooperazione giudiziaria in questioni civili con implicazioni transfrontaliere, nella misura in cui ciò sia necessario per il corretto funzionamento del mercato interno;

D.   considerando che il Parlamento è coinvolto in qualità di colegislatore nell'adozione di tali misure, quando non è semplicemente consultato;

E.   considerando che numerosi strumenti adottati o previsti dalla Comunità si sovrappongono a questioni che la Conferenza dell'Aja ha già trattato o tratterà in futuro;

F.   considerando altresì che la Comunità sarà chiamata a partecipare attivamente alla definizione delle priorità della CODIP e ad assicurare che queste ben si inseriscano nel programma dell'Aja sulla cooperazione giudiziaria, nel piano d'azione sui servizi finanziari e la strategia del mercato interno e, più in generale, nel programma di lavoro della Commissione;

G.   considerando che spetterà alla Commissione consultare il Parlamento in merito ai progetti di mandati di negoziazione e alla necessità di clausole di disgiunzione;

H.   considerando la conseguente necessità che il Parlamento sia strettamente associato alle procedure della Conferenza dell'Aja e consultato sui risultati delle sue deliberazioni, onde assicurare un controllo più democratico della partecipazione della Commissione alla Conferenza in qualità di unica rappresentante della Comunità europea in quanto tale, nonché la necessità di maggiore trasparenza e apertura delle procedure, che presentano un grande interesse per i cittadini comuni e per i professionisti,

1.   invita il Consiglio e la Commissione a chiedere al Parlamento di pronunciarsi, caso per caso, sulla necessità che la Comunità aderisca alle convenzioni esistenti, già ratificate da numerosi Stati membri;

2.   decide di esaminare in modo approfondito, con la Conferenza, nuove forme di cooperazione e di prendere l'iniziativa di creare un "forum parlamentare" con i deputati nazionali, per seguire i lavori della Conferenza e renderne conto;

3.   invita il Consiglio e la Commissione a proporre procedure adeguate che consentano al Parlamento di svolgere il proprio ruolo nel contesto della Conferenza dell'Aja di diritto internazionale privato;

4.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti e ai governi degli Stati membri.

(1) Testi approvati in tale data, P6_TA(2006)0345.


Accordo con gli Stati Uniti D'America sull'impiego dei dati di identificazione dei passeggeri
PDF 137kWORD 58k
Raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sui negoziati in vista di un accordo con gli Stati Uniti d'America sull'impiego dei dati di identificazione delle pratiche passeggeri (PNR) per prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità transnazionale, compresa la criminalità organizzata (2006/2193(INI))
P6_TA(2006)0354A6-0252/2006

Il Parlamento europeo,

–   vista la proposta di raccomandazione destinata al Consiglio presentata dalla on. Sophia in 't Veld, a nome del gruppo ALDE, sul contenuto dell'accordo con gli Stati Uniti d'America in merito all'utilizzo dei dati di identificazione delle pratiche (PNR) per prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità transnazionale, compresa la criminalità organizzata (B6-0382/2006),

–   visti l'articolo 114, paragrafo 3, e l'articolo 94 del suo regolamento,

–   vista la relazione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A6-0252/2006),

A.   ricordando le sue precedenti risoluzioni in materia di PNR(1) in cui ha espresso sin dall'inizio:

   la sua disponibilità ad autorizzare l'accesso delle pubbliche autorità ai dati personali dei passeggeri per motivi di sicurezza, quando ciò sia necessario ai fini dell'identificazione e del controllo incrociato a fronte di un elenco di persone pericolose o di noti criminali e terroristi, come avviene nell'Unione europea nel contesto della Convenzione di Schengen o della direttiva 2004/82/CE(2), che danno accesso ai dati d'identificazione gestiti dalle compagnie aeree attraverso il sistema APIS (sistema di informazione anticipata sui passeggeri), e
   la sua profonda preoccupazione per quanto riguarda l'accesso sistematico delle pubbliche autorità a dati legati al comportamento, come il numero della carta di credito, l'indirizzo di posta elettronica, l'affiliazione a un gruppo particolare, informazioni sui viaggiatori abituali (frequent flyer) di normali passeggeri (vale a dire persone che non sono schedate come pericolose o criminali nel paese di destinazione), solo per verificare, sulla base di un modello teorico, se tale passeggero può rappresentare un pericolo potenziale per il volo, per il paese di destinazione o per un paese in cui transita,

B.   consapevole che l'accesso sistematico a dati "comportamentali", anche se non è accettabile nell'Unione europea, è attualmente richiesto da taluni paesi, compresi gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia, a tutela della loro sicurezza interna, ma sottolineando che:

   in Canada e in Australia, la legislazione nazionale prevede un accesso limitato per quanto riguarda la portata, il tempo e anche il volume dei dati trattati, che è assoggettato al controllo di un'autorità giudiziaria, ragion per cui quei sistemi sono stati considerati adeguati dal Parlamento e dai garanti nazionali per la protezione dei dati nell'Unione europea,
   negli Stati Uniti, anche dopo lunghi negoziati con la Commissione e la buona volontà manifestata nella "dichiarazione d'impegno", manca tuttora una protezione giuridica dei dati nel campo dei trasporti aerei; di conseguenza si può accedere a tutti i dati PNR, con l'unica eccezione dei dati "di natura delicata", e i dati possono essere conservati per anni dopo l'avvenuto controllo di sicurezza; non esiste inoltre alcuna tutela giurisdizionale per i cittadini non statunitensi,

C.   considerando che, dopo le atrocità dell"11 settembre 2001, è stata introdotta a livello mondiale una moltitudine di singole misure di sicurezza che sovente comportano la raccolta e il controllo sistematici dei dati personali di tutti i cittadini, in particolare dati sui trasferimenti di denaro nonché dati relativi alle telecomunicazioni e ai passeggeri; considerando che, in assenza di una politica di sicurezza coerente a livello dell'Unione europea, la posizione del singolo cittadino nei confronti dello Stato rischia di essere indebolita,

D.   ricordando che il Parlamento ha presentato dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee ricorso di annullamento della decisione 2004/496/CE del Consiglio(3) sulla conclusione di un accordo con gli Stati Uniti, negoziato sulla base della decisione 2004/535/CE della Commissione(4), in quanto la decisione era priva di base giuridica e di chiarezza giuridica e la raccolta di dati personali, autorizzata dall'accordo, era eccessiva se rapportata alla necessità di combattere la criminalità organizzata e il terrorismo,

E.   compiacendosi dell'annullamento da parte della Corte di giustizia della decisione 2004/496/CE del Consiglio e della decisione 2004/535/CE della Commissione(5),

F.   rammaricandosi che la Corte di giustizia non abbia recepito le sue preoccupazioni sulla struttura giuridica dell'accordo e sulla compatibilità dei contenuti di quest'ultimo con i principi relativi alla protezione dei dati, sanciti dall'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU),

G.   considerando che la Corte di giustizia ha affermato che la decisione 2004/496/CE del Consiglio non poteva essere validamente adottata sul fondamento dell'articolo 95 del trattato CE, in combinato disposto con la direttiva 95/46/CE(6), siccome il trasferimento dei dati PNR al CBP (US Bureau of Customs and Border Protection, Ufficio doganale e di protezione dei confini statunitense) e l'uso che quest'ultimo ne fa riguardano operazioni di trattamento dati concernenti la sicurezza pubblica e le attività dello Stato in ambiti disciplinati dal diritto penale, che sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva 95/46/CE e dal primo pilastro,

H.   considerando la volontà espressa della Commissione e del Consiglio di cooperare strettamente con il Parlamento al fine di assicurare la piena osservanza della sentenza della Corte; tuttavia, rammaricandosi che il Consiglio abbia omesso di coinvolgere il Parlamento nei correnti negoziati,

I.   condividendo il parere adottato il 14 giugno 2006 dal gruppo di lavoro "Articolo 29" in merito al seguito da dare alla sentenza della Corte di giustizia(7),

J.   considerando che l'importanza della questione è tale che l'Unione europea dovrebbe, in ogni caso, pervenire a un'intesa con gli Stati Uniti su un accordo internazionale adeguato che, nel dovuto rispetto dei diritti fondamentali, stabilisca:

   a) quali dati sono necessari ai fini dell'identificazione e dovrebbero essere trasferiti sistematicamente e in modo automatizzato (APIS) e quali dati concernenti il "comportamento" dei passeggeri potrebbero essere trasferiti valutando caso per caso la posizione di persone schedate dalle autorità di pubblica sicurezza come "pericolose", a seguito di attività criminale o terroristica,
   b) l'elenco dei reati gravi per i quali è possibile avanzare richieste supplementari,
   c) l'elenco delle autorità e delle agenzie che potrebbero scambiarsi i dati e le condizioni di protezione dei dati da rispettare,
   d) il periodo di conservazione per i due tipi di dati, fermo restando che i dati relativi alla prevenzione di reati gravi devono essere scambiati in conformità degli accordi tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America sulla mutua assistenza giudiziaria(8) e sull'estradizione(9),
   e) il ruolo che le compagnie aeree, i sistemi telematici di prenotazione o le organizzazioni private (come SITA e AMADEUS) devono svolgere nel trasferire i dati dei passeggeri e gli strumenti previsti (APIS, PNR, ecc.) a fini di sicurezza pubblica;
   f) le garanzie da fornire ai passeggeri per consentire loro di correggere i dati che li riguardano o fornire spiegazioni in caso di discordanze tra i dati connessi a un contratto di viaggio e i dati figuranti nei documenti di identità, nei visti, nei passaporti e in altri documenti ufficiali,
   g) le responsabilità delle compagnie aeree nei confronti dei passeggeri e delle autorità pubbliche in caso di errori di trascrizione o di codificazione e per quanto concerne la tutela dei dati trattati,
   h) il diritto di appellarsi ad un'autorità indipendente e meccanismi di ricorso in caso di violazione dei diritti dei passeggeri,
   i) l'esigenza di osservare strettamente l'articolo 6, lettera d) del regolamento (CEE) n. 2299/89(10) del Consiglio, del 24.7.1989, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione, il quale prescrive il previo consenso del passeggero per qualsiasi trasferimento di dati personali,

1.   rivolge al Consiglio le seguenti raccomandazioni:

   Principi generali
   a) evitare un vuoto giuridico a livello europeo a partire dal 1° ottobre 2006 per il trasferimento dei dati sui passeggeri e garantire che i diritti e le libertà dei passeggeri siano protetti in misura ancor maggiore rispetto a quanto avviene attualmente nel quadro della "dichiarazione d'impegno" unilaterale dell'amministrazione statunitense;
   b) basare ogni nuovo accordo in questo settore sui principi comunitari in materia di protezione dei dati, in conformità dell'articolo 8 della CEDU;
   Procedura negoziale
  c) negoziare, nei limiti imposti dal calendario,
   - a breve termine, un nuovo accordo internazionale per il periodo compreso tra il 1° ottobre 2006 e novembre 2007 (periodo originariamente coperto dall'accordo tra gli Stati Uniti e la Comunità europea oggetto della sentenza della Corte),
   - a medio-lungo termine, un approccio più coerente a livello dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) in ordine allo scambio di dati sui passeggeri per garantire sia la sicurezza del traffico aereo che il rispetto dei diritti umani a livello globale;
   d) conferire il mandato alla Presidenza, assistita dalla Commissione, di informare il Parlamento in merito ai negoziati sull'accordo e coinvolgere, in qualità di osservatori, rappresentanti della commissione competente nel dialogo con l'amministrazione statunitense;
   Contenuti dell'accordo a breve termine
   e) superare anzitutto le carenze delineate nella prima analisi congiunta degli Stati Uniti e dell'Unione europea dell'accordo(11) e tener conto delle raccomandazioni del Garante europeo per la protezione dei dati e del gruppo di cui all'articolo 29(12);
   f) inserire il contenuto della "dichiarazione d'impegno" nel corpo dell'accordo di modo che possa diventare giuridicamente vincolante e che sia così necessario che le parti predispongano o modifichino la legislazione vigente e la magistratura protegga le persone alle quali l'accordo si applica;
  g) inserire immediatamente nel nuovo accordo, a dimostrazione della buona fede da parte dell'amministrazione statunitense, i seguenti impegni, che a due anni dall'entrata in vigore dell'accordo non sono ancora pienamente applicati:
   la rigida limitazione dei fini, come in precedenza previsto dall'impegno 3, di modo che i dati relativi al comportamento non possano essere usati per verificare reati a carattere finanziario o per prevenire l'influenza aviaria; la limitazione dovrebbe applicarsi anche all'ulteriore trasferimento di tali dati;
   il passaggio al sistema PUSH (come previsto dall'impegno 13), sulla falsariga degli accordi della Comunità europea con Canada e Australia, in quanto sussistono tutti i requisiti tecnici e il sistema è già utilizzato, ad esempio dalla SITA;
   l'informazione dei passeggeri in merito alle norme sul PNR e l'introduzione di opportune procedure per l'azione legale, come previsto dagli impegni 36-42 e dagli accordi sul PNR con Canada e Australia;
   l'esigenza di garantire istruzioni e formazione adeguate al personale che gestisce i dati e di rendere sicuri i sistemi IT;
   l'analisi congiunta annuale, prevista dall'impegno 43, che dovrebbe effettivamente aver luogo ogni anno, essere svolta in cooperazione con le autorità nazionali preposte alla protezione dei dati ed essere pubblicata integralmente; essa dovrebbe inoltre valutare non solo l'attuazione degli impegni ma anche i risultati dell'accordo in termini di eliminazione del terrorismo e della criminalità;
   Contenuti dell'accordo a medio termine:
   h) dotare l'Unione europea di un quadro giuridico chiaro, segnatamente adottando con urgenza il progetto di decisione quadro sulla protezione dei dati;
   i) evitare la divisione artificiale tra i "pilastri", attraverso la creazione di un quadro coerente per la protezione dei dati nell'Unione europea, che colleghi tra loro i pilastri tramite la clausola "passerella" ai sensi dell'articolo 42 del trattato sull'Unione europea, al fine di garantire che il nuovo accordo sia concluso associando il Parlamento europeo e sia soggetto alla verifica della Corte di giustizia;
   j) limitare il volume di dati che possono essere richiesti e filtrare alla fonte i dati di natura delicata, come richiesto dall'articolo 8 della direttiva 95/46/CE; rileva che ai vettori si chiede di trasmettere solo i dati di cui dispongono, di modo che in pratica il CBP raramente riceve tutte le 34 categorie di dati richieste; ritiene che, ai fini dell'accordo, vale a dire prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità transnazionale, compresa la criminalità organizzata, sarebbero sufficienti anche i dati APIS; invita la Presidenza del Consiglio e la Commissione a sollevare la questione nel corso dei negoziati;

2.   ribadisce la sua precedente richiesta che il nuovo accordo assicuri ai passeggeri europei lo stesso livello di protezione dei dati di cui godono i cittadini statunitensi;

3.   sottolinea la sua precedente posizione, secondo cui l'Unione europea dovrebbe evitare la creazione indiretta di un sistema PNR europeo attraverso il trasferimento dei dati pertinenti da parte del CBP alle autorità giudiziarie e di polizia degli Stati membri; ritiene che la raccolta sistematica dei dati di normali cittadini fuori dall'ambito di un procedimento giudiziario o di un'indagine di polizia debba rimanere vietata nell'Unione europea e che i dati debbano essere scambiati quando è necessario, in conformità dei vigenti accordi tra l'Unione europea e gli Stati Uniti sulla mutua assistenza giudiziaria e sull'estradizione

4.   propone che, entro la fine del 2006, sia avviato un dialogo, al quale partecipino rappresentanti parlamentari, tra l'Unione europea, gli Stati Uniti, il Canada e l'Australia al fine di preparare congiuntamente l'analisi prevista per il 2007 e stabilire uno standard globale per la trasmissione di dati PNR, se lo si ritiene necessario;

5.   raccomanda con forza al Parlamento di organizzare al riguardo una sessione congiunta con il Congresso degli Stati Uniti, in quanto istituzioni democratiche rappresentative dei cittadini interessati, al fine di avviare un dialogo sulla lotta al terrorismo e sulle sue conseguenze per le libertà civili e i diritti umani;

o
o   o

6.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente raccomandazione al Consiglio e, per conoscenza, alla Commissione.

(1) Risoluzione del 13 marzo 2003, sulla trasmissione dei dati personali da parte delle compagnie aeree in occasione di voli transatlantici (GU C 61 E del 10.3.2004, pag. 381), risoluzione del 9 ottobre 2003, sul trasferimento di dati personali da parte delle compagnie aeree in occasione di voli transatlantici: stato dei negoziati con gli Stati Uniti (GU C 81 E del 31.3.2004, pag. 105) e risoluzione del 31 marzo 2004, sul progetto di decisione della Commissione che prende atto del livello di protezione adeguato dei dati a carattere personale contenuti nelle pratiche passeggeri (PNR - Passenger Name Records) trasferite all'Ufficio delle dogane e della protezione di frontiera degli Stati Uniti (GU C 103 E del 29.4.2004, pag. 665).
(2) Direttiva 2004/82/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 24).
(3) Decisione 2004/496/CE del Consiglio, del 17 maggio 2004, relativa alla conclusione di un accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America sul trattamento e trasferimento dei dati di identificazione delle pratiche (Passenger Name Record, PNR) da parte dei vettori aerei dell'ufficio doganale e di protezione dei confini del dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti (GU L 183 del 20.5.2004, pag. 83).
(4) Decisione 2004/535/CE della Commissione, del 14 maggio 2004, relativa al livello di protezione adeguato dei dati personali contenuti nelle schede nominative dei passeggeri aerei trasferiti all'Ufficio delle dogane e della protezione delle frontiere degli Stati Uniti United States" Bureau of Customs and Border Protection (GU L 235 del 6.7.2004, pag. 11).
(5) Sentenza del 30 maggio 2006 nelle cause riunite C-317/04 e C-318/04.
(6) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(7) Parere 5/2006 sulla sentenza della Corte di giustizia europea del 30 maggio 2006 nelle cause riunite C-317/04 e C-318/04 relative alla trasmissione delle schede nominative dei passeggeri (Passenger Name Record, PNR) agli Stati Uniti (cfr.: http://ec.europa.eu/justice_home/fsj/privacy/workinggroup/wpdocs/2006_en.htm).
(8) GU L 181 del 19.7.2003, pag. 34.
(9) GU L 181 del 19.7.2003, pag. 27.
(10) GU L 220 del 29.7.1989, pag. 1.
(11) Analisi congiunta dell'applicazione, da parte del U.S. Bureau of Customs and Border Protection, della dichiarazione d'impegno di cui alla decisione 2004/535/CE della Commissione, del 14 maggio 2004 (versione rielaborata del 12.12.2005).
(12) cfr.: http://ec.europa.eu/justice_home/fsj/privacy/workinggroup/wpdocs/2006_en.htm.


Patrimonio naturale, culturale e architettonico europeo nelle zone rurali e insulari
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Risoluzione del Parlamento europeo sulla tutela del patrimonio naturale, architettonico e culturale europeo nelle zone rurali e nelle regioni insulari (2006/2050(INI))
P6_TA(2006)0355A6-0260/2006

Il Parlamento europeo,

–   visto l'articolo 151 del trattato CE,

–   vista la Convenzione dell'UNESCO del 16 novembre 1972 sulla tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale,

–   vista la Convenzione del Consiglio d'Europa del 3 ottobre 1985 sulla tutela del patrimonio architettonico europeo (Granada),

–   vista la Convenzione del Consiglio d'Europa del 16 gennaio 1992 sulla tutela del patrimonio archeologico (La Valletta),

–   vista la Convenzione del Consiglio d'Europa del 20 ottobre 2000 sulla tutela del paesaggio (Firenze),

–   vista la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa del 27 ottobre 2005 sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro),

–   viste le sue risoluzioni del 13 maggio 1974 sulla tutela del patrimonio culturale europeo(1), del 14 settembre 1982 sulla tutela del patrimonio architettonico e archeologico europeo(2), del 28 ottobre 1988 sulla conservazione del patrimonio architettonico e archeologico della Comunità(3), del 12 febbraio 1993 sulla conservazione del patrimonio architettonico e la salvaguardia dei beni culturali(4) e del 16 gennaio 2001 sull'applicazione della Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale mondiale negli Stati membri dell'Unione europea(5),

–   vista la decisione n. 508/2000/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 febbraio 2000 che istituisce il programma "Cultura 2000"(6),

–   vista la posizione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2005 adottata in prima lettura in vista dell'adozione della decisione n. ..../2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Cultura (2007-2013)(7),

–   visto l'articolo 45 del regolamento,

–   vista la relazione della commissione per la cultura e l'istruzione (A6-0260/2006),

A.   considerando che il patrimonio culturale costituisce un elemento importante dell'identità e dello sviluppo storico dei popoli d'Europa,

B.   considerando che il concetto di "patrimonio culturale" comprende elementi materiali e immateriali e si arricchisce di continuo nelle sue componenti giacché ogni generazione apporta creativamente il suo contributo in termini di cultura,

C.   considerando che il patrimonio culturale comprende sia quello architettonico sia quello naturale su cui il modo di vivere dell'uomo nel tempo e nello spazio ha lasciato il segno,

D.   considerando l'attaccamento dell'UE alla promozione e alla preservazione della diversità culturale, della qualità della vita e della tutela dell'ambiente,

E.   considerando che la conservazione dei numerosi elementi del patrimonio culturale costituisce la base per l'ulteriore sviluppo sociale ed economico e in tal modo potenzia la protezione ambientale, le opportunità occupazionali e l'integrazione europea,

F.   considerando la particolare importanza del patrimonio culturale nelle zone rurali che, benché costituiscano il 90% del territorio europeo, sono afflitte dall'esodo, dalla recessione demografica e dal marasma economico,

G.   considerando che le regioni insulari dell'Europa, in particolare le piccole isole, mantengono in gran parte intatte le loro caratteristiche e che il loro importante patrimonio culturale necessita di particolare sostegno, protezione e valorizzazione,

H.   considerando che è importante preservare e sviluppare, oltre che i monumenti, anche altre forme di creazioni culturali che modellino e rendano possibili condizioni di vita adeguate per gli attuali abitanti dell'Unione europea,

I.   considerando che il patrimonio culturale europeo rappresenta, nel suo complesso, un valore fondamentale per i cittadini europei indipendentemente dalla sua dimensione europea, nazionale o locale,

1.   invita il Consiglio a riconoscere ufficialmente il contributo dato dal patrimonio culturale all'integrazione dell'Europa per quanto riguarda l'identità e la cittadinanza europea, lo sviluppo socio-economico sostenibile, il dialogo tra le culture e la diversità culturale;

2.   invita la Commissione, in sede di elaborazione delle sue proposte legislative, a applicare efficacemente la clausola orizzontale attribuita alla cultura dall'articolo 151, paragrafo 4 del trattato CE, procedendo a un esame esauriente degli effetti della legislazione proposta sulla cultura e sul patrimonio culturale, di modo che in ogni politica dell'Unione possano essere incluse azioni in grado di favorire il patrimonio culturale;

3.   ritiene che il patrimonio culturale debba essere concepito come un insieme indivisibile che esige l'adozione di misure di protezione comuni;

4.   sottolinea che lo sviluppo sostenibile presuppone un approccio integrato dell'ambiente culturale, naturale e architettonico, sia nelle zone urbane sia in quelle rurali; sottolinea nondimeno che la dimensione del patrimonio culturale europeo delle zone rurali merita un'attenzione particolare;

5.   nota altresì che occorre annettere particolare cura alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio naturale, architettonico e culturale delle zone insulari dell'Europa;

6.   ritiene che le misure di intervento nelle zone rurali e nelle regioni insulari debbano tener conto dei principi seguenti:

   l'equilibrio sostenibile tra la popolazione e l'ambiente,
   l'approccio integrato dello spazio agricolo tradizionale,
   la partecipazione delle popolazioni locali all'elaborazione e attuazione delle politiche e l'armonizzazione delle loro posizioni con le decisioni prese a livello centrale;
   il dialogo permanente con le organizzazioni sociali, dei cittadini e di volontariato che operano nel settore del patrimonio culturale;

7.   sollecita l'Unione europea, gli Stati membri, gli enti locali e le organizzazioni non governative operanti nel settore della cultura ad adoperarsi per conservare e valorizzare il patrimonio culturale dell'Europa, in particolare le piccole comunità tradizionali, nonché per sensibilizzare i cittadini alla sua importanza;

8.   ritiene che tra gli elementi da prendere in considerazione ai fini della promozione di questo particolare settore, tenendo in debito conto il principio di sussidiarietà, figurino:

   lo studio sistematico del patrimonio delle zone rurali,
   l'elaborazione di un adeguato quadro normativo per la tutela di tale patrimonio, che includa incentivi per la conservazione di edifici e complessi edilizi tradizionali e misure intese a garantire la compatibilità delle nuove attività edilizie con l'ambiente edificato di carattere storico e i modelli architettonici locali,
   il sostegno economico al restauro dei monumenti locali e al mantenimento delle pratiche agricole tradizionali,
   gli interventi globali di recupero degli insediamenti tradizionali e delle forme architettoniche originali, mediante un uso corretto di materiali moderni e un'integrazione delle attrezzature moderne nelle costruzioni tradizionali tale da non alterarne le caratteristiche,
   la conservazione del know-how locale e delle professioni tradizionali,

9.   invita gli Stati membri e gli enti regionali e locali a prevedere, se del caso, incentivi per la demolizione o la modifica, di edifici incompatibili con le caratteristiche architettoniche specifiche di un insediamento o della regione in cui si trovano o con l'ambiente naturale e il tessuto edilizio esistente;

10.   chiede agli Stati membri di promuovere, in cooperazione con la Commissione, la tutela e la conservazione del proprio patrimonio culturale attraverso i fondi strutturali, nonché le iniziative comunitarie esistenti quali LEADER +, URBAN II, INTERREG III, che nel corso del prossimo periodo finanziario (2007-2013) dovranno essere integrati nei nuovi strumenti finanziari della politica di coesione e della politica agricola comune;

11.   invita gli Stati membri a tenere conto del fatto che le strategie di incentivi finanziari devono essere coordinate con le autorità centrali e locali e altri enti e istituzioni a livello locale (senza dimenticare che la parte più significativa del patrimonio classificato è di origine religiosa), preoccupandosi sempre di salvaguardare e di migliorare l'ambiente naturale e culturale delle località interessate;

12.   ritiene che il patrimonio naturale, architettonico e culturale europeo possa essere notevolmente valorizzato sviluppando nelle zone rurali e nelle regioni insulari forme alternative di turismo, come il turismo culturale, pedestre, ecologico e marittimo; sottolinea la necessità di promuovere politiche affinché tutti i cittadini europei abbiano accesso ai vantaggi del turismo alternativo;

13.   invita gli Stati membri a incoraggiare e sostenere lo sviluppo del turismo alternativo sostenibile, attribuendo priorità ai piccoli insediamenti tradizionali, grazie al sostegno di strumenti di finanziamento comunitario come il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo europeo agricolo di sviluppo rurale, il Fondo europeo per la pesca, ecc;

14.   invita la Commissione a promuovere, nel contesto dei programmi comunitari esistenti quali il Programma quadro per la competitività e l'innovazione, iniziative volte a sostenere l'artigianato, le arti applicate e le attività professionali, in particolare quelle che rischiano di scomparire e che sono indispensabili per un adeguato restauro e conservazione del patrimonio architettonico;

15.   chiede alla Commissione e agli Stati membri di sostenere la formazione di professionisti specializzati nell'uso e nella gestione dello spazio, in architettura, nella ricostruzione e nel restauro di edifici e nelle attività correlate, di modo che le peculiarità del patrimonio culturale siano conservate e nel contempo adattate alle esigenze contemporanee; chiede altresì che venga sostenuta la formazione degli artigiani e dei fornitori di materiali tradizionali e che si applichino metodi idonei a proseguirne l'utilizzo;

16.   invita la Commissione a sostenere, nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), azioni intese ad individuare strumenti, tecniche e metodi nuovi per la conservazione del patrimonio culturale;

17.   chiede alla Commissione e agli Stati membri di vigilare affinché non vengano concesse risorse comunitarie ad opere che comportino la distruzione di elementi importanti del patrimonio culturale;

18.   invita la Commissione, nel contesto dei programmi comunitari esistenti, a prendere misure che consentano di migliorare l'accessibilità e di incoraggiare le microimprese, l'artigianato e i mestieri tradizionali, gli usi e i costumi locali, puntando su una campagna di promozione dei villaggi e delle comunità situate negli Stati membri, così da contribuire in modo decisivo allo sviluppo dell'economia locale e frenare l'esodo rurale;

19.   chiede alla Commissione di convocare congressi e riunioni internazionali durante i quali si possano presentare e scambiare esperienze;

20.   invita la Commissione, nell'ambito soprattutto del programma Cultura (2007-2013), a offrire la possibilità alle reti di enti costituite da partner di Stati membri diversi di realizzare progetti pluriennali volti a promuovere gli insediamenti tradizionali ben preservati, anche con una popolazione inferiore ai mille abitanti;

21.   ritiene che attraverso progetti di questo tipo si potrebbe procedere alla realizzazione di attività di carattere culturale finalizzate alla valorizzazione del patrimonio culturale di tali insediamenti, al fine ultimo di incrementare la cooperazione tra gli insediamenti tradizionali dell'Europa e di valorizzarne le specificità culturali locali, come pure la dimensione europea;

22.   auspica che in futuro venga intrapresa un'azione a favore dei piccoli insediamenti tradizionali, analoga a quella relativa all'istituzione delle capitali culturali;

23.   ritiene che il "premio dell'UE per il patrimonio culturale" gestito da "Europa Nostra" costituisca un'azione importante che va proseguita in futuro; ritiene che, nell'ambito di tale premio ma anche al di là di esso, vada istituita una nuova categoria di premi da assegnare al miglior recupero globale di un insediamento tradizionale, in modo da incentivare gli insediamenti che hanno preservato l'insieme o gran parte della loro fisionomia architettonica a incrementare gli sforzi volti a valorizzarla;

24.   accoglie con favore la recente proposta in sede di Consiglio di creare un inventario europeo del patrimonio culturale e chiede alla Commissione di sostenerla; ritiene che nel quadro di questa nuova iniziativa occorra attribuire particolare importanza alla dimensione del patrimonio culturale locale delle zone rurali e delle regioni insulari, tenendo presenti anche gli elementi immateriali del patrimonio culturale; ritiene che i paesi candidati all'adesione debbano essere anch'essi invitati a partecipare a tale iniziativa;

25.   invita il Consiglio e la Commissione a promuovere l'istituzione di un "Anno europeo del patrimonio culturale" al fine di sensibilizzare i cittadini europei all'importanza della valorizzazione del loro patrimonio culturale prevedendo le opportune azioni;

26.   invita la Commissione e gli Stati membri a cooperare con il Consiglio d'Europa per rafforzare, nell'ambito delle "Giornate europee del patrimonio culturale", l'elemento della valorizzazione degli insediamenti tradizionali e del patrimonio architettonico delle zone rurali e delle regioni insulari, sì da sensibilizzare i cittadini europei al valore dei monumenti architettonici locali;

27.   invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a tener conto delle numerose convenzioni del Consiglio d'Europa e dell'UNESCO sulla tutela del patrimonio naturale, architettonico e culturale europeo e a rafforzare la loro cooperazione con tali organizzazioni, conformemente all'articolo 151, paragrafo 3, del Trattato CE;

28.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al Consiglio d'Europa.

(1) GU C 62 del 30.5.1974, pag. 5.
(2) GU C 267 dell'11.10.1982, pag. 25.
(3) GU C 309 del 5.12.1988, pag. 423.
(4) GU C 72 del 15.3.1993, pag. 160.
(5) GU C 262 del 18.9.2001, pag. 48.
(6) GU L 63 del 10.3.2000, pag. 1.
(7) Testi approvati in pari data, P6_TA(2005)0397.


Sri Lanka
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Risoluzione del Parlamento europeo sullo Sri Lanka
P6_TA(2006)0356RC-B6-0471/2006

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sullo Sri Lanka del 18 maggio 2000(1), 14 marzo 2002(2) e 20 novembre 2003(3), la sua risoluzione del 13 gennaio 2005(4) sulla catastrofe provocata dallo tsunami nell'Oceano indiano e la sua risoluzione del 18 maggio 2006(5),

–   vista la decisione del Consiglio del 29 maggio 2006(6) di adottare formali misure restrittive a carico delle Tigri per la liberazione della patria Tamil (LTTE),

–   vista la dichiarazione dei copresidenti della Conferenza di Tokio del 30 maggio 2006,

–   visto l'appello lanciato il 12 agosto 2006 dai paesi copresidenti della Conferenza dei donatori di Tokyo (UE, USA, Giappone, Norvegia) affinché le due parti pongano fine a tutte le violazioni del cessate il fuoco del 2002,

–   vista la dichiarazione sullo Sri Lanka rilasciata il 17 agosto 2006 dalla Presidenza dell'Unione europea,

–   vista la dichiarazione di Tokio sulla ricostruzione e lo sviluppo dello Sri Lanka del 10 giugno 2003, che ha subordinato il sostegno dei donatori alla realizzazione di progressi nel processo di pace,

–   visto l'accordo di cessate il fuoco tra il governo dello Sri Lanka e le LTTE, entrato in vigore il 23 febbraio 2002,

–   vista la dichiarazione di Oslo del dicembre 2002, in cui il governo dello Sri Lanka e le LTTE hanno concordato di ricercare una soluzione federale entro uno Sri Lanka unito,

–   visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che nei mesi scorsi la situazione nello Sri Lanka è precipitata, con un bilancio di centinaia di morti, ca. 200 mila sfollati, 500 mila civili della penisola di Jaffna privati degli approvvigionamenti alimentari e idrici essenziali e gravissimi danni arrecati a vitali opere di ricostruzione post-tsunami,

B.   considerando che la Missione di monitoraggio in Sri Lanka (SLMM) ha accertato la responsabilità delle LTTE per l'autobus fatto esplodere con mine terrestri il 15 giugno 2006 - attentato che ha fatto 64 morti e oltre 80 feriti a Kebetigollewa nel nord del paese - e ha dichiarato tale atto una grave violazione dell'accordo di cessate il fuoco,

C.   considerando che il non aver colto le opportunità di ripresa dei negoziati di pace ha fatto scemare notevolmente la possibilità di reali progressi politici,

D.   considerando che la SLMM ha accertato che 17 operatori umanitari facenti capo all'agenzia umanitaria francese Action Against Hunger sono stati abbattuti a colpi di arma da fuoco a Muttur dalle forze governative,

E.   considerando che la SLMM opera ora a ranghi ridotti e che molti dei suoi osservatori sono stati ritirati dallo Sri Lanka settentrionale e orientale dopo l'ultimatum lanciato dalle LTTE,

F.   rammentando l'importanza primaria del rispetto dei diritti dell'uomo e delle norme umanitarie da parte di tutti i soggetti contendenti, non soltanto come reazione immediata a una situazione in via di deterioramento ma come fondamento stesso di una risoluzione del conflitto equa e duratura,

G.   considerando che non è stato ancora veramente attuato un patto per la ripartizione degli aiuti internazionali post-tsunami, che il processo di ricostruzione si è svolto con lentezza e che sussistono reali timori che i fondi possano essere stati oggetto di malversazioni,

1.   deplora la ripresa su vasta scala degli atti di violenza e la rottura dei negoziati di pace ed è allarmato per il deterioramento delle condizioni di sicurezza, a seguito degli scontri militari ad est e a nord del paese; sottolinea che l'immediata reintroduzione dell'accordo di cessate il fuoco - ancora formalmente in vigore - è essenziale per realizzare qualunque progresso verso una soluzione politica e una pace duratura;

2.   condanna gli attacchi giornalieri a Jaffna, Trincomalee e Batticaloa e dintorni, che hanno provocato enormi sofferenze umanitarie e la morte di centinaia di civili e militari; nota che la comunità musulmana nell'est del paese ha sofferto in modo particolare per la ripresa dei combattimenti, come dimostrano i 50 mila sfollati nella sola Muttur;

3.   deplora vivamente l'uccisione dei 17 cingalesi che operavano a Muttur per la ONG francese Action Against Hunger; prende atto che il governo ha avviato una regolare inchiesta sull'incidente, cui ha partecipato un perito legale inviato dal governo australiano; reitera la sua richiesta per un'indagine efficace ed imparziale su tutte le denunce di atrocità e le gravi violazioni dei diritti umani, ed insiste affinché i complici di tali atti siano assicurati alla giustizia;

4.   condanna l'operazione del 14 agosto 2006 contro Mullaitivu, che ha provocato la morte di 51 bambini e giovani;

5.   saluta con favore l'annuncio da parte del presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa del suo intendimento di invitare una commissione internazionale indipendente di persone eminenti quali osservatori delle indagini sulle uccisioni extragiudiziali, scomparse e rapimenti verificatisi nel paese; ritiene che la creazione di una commissione indipendente, credibile ed efficace sia nell'attuale momento un'iniziativa coraggiosa in grado di rompere il circolo vizioso della violenza; raccomanda al governo dello Sri Lanka di consultarsi con l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Louise Arbour al momento di nominare la commissione, per assicurarne l'indipendenza e l'efficacia operativa;

6.   sottolinea la necessità di pervenire finalmente a un ampio accordo sui diritti umani fra le parti e di agevolarne la conclusione attraverso una missione internazionale di monitoraggio efficace ed indipendente; tale intesa dovrà integrare l'accordo sul campo, secondo quanto raccomandato dal relatore speciale delle Nazioni Unite Philip Alston, mentre la missione dovrà avere libero accesso alle aree controllate sia dalle forze governative che dalle LTTE;

7.   sottolinea la necessità che le forze governative impegnate in operazioni anti-sommossa e di sicurezza interna esercitino la massima moderazione, in ottemperanza al diritto internazionale, per minimizzare il rischio di vittime civili innocenti, e che il loro comportamento si mostri impeccabile in ogni azione da esse condotta; raccomanda al governo dello Sri Lanka di rafforzare la propria forza nazionale di polizia per garantire un'azione inquirente efficace su tutte le uccisioni extragiudiziali; raccomanda la nomina immediata dei membri della Commissione nazionale di polizia da parte del Consiglio costituzionale, così come previsto dalla Costituzione, per confermarne le competenze istituzionali in materia di avanzamento e disciplina degli agenti di polizia; raccomanda il varo di programmi di assunzione di agenti di polizia tamil o parlanti la lingua tamil, soprattutto per quelli che opereranno nelle zone settentrionali ed orientali del paese, nonché di programmi finalizzati ad addestrare tutti i riservisti della polizia nelle indagini e nelle inchieste penali;

8.   esprime la propria condanna per l'esecrabile abuso dei bambini perpetrato con il reclutamento di bambini soldato, atto che costituisce un crimine di guerra, e invita tutti i gruppi ribelli a mettere fine a questa pratica, a rilasciare i minori attualmente sotto il loro controllo e a fare una dichiarazione di principio impegnandosi a non reclutare in futuro nessun minore; sollecita il governo dello Sri Lanka ad adottare provvedimenti legali per impedire tale pratica e per configurarla quale reato penale; saluta con soddisfazione la nomina dell'ambasciatore del Canada Alan Rock come consulente speciale di Radhika Coomaraswamy, Rappresentante delle Nazioni Unite sui Minori nei Conflitti Armati, per svolgere in Sri Lanka un'indagine conoscitiva sulla questione;

9.   condanna l'intransigenza mostrata nel corso degli anni dai leader LTTE, che hanno respinto una dopo l'altra tutte le possibili prospettive di progresso, fra cui la devolution a livello provinciale o i Consigli provinciali e il concetto di federazione con devolution a livello nazionale;

10.   esprime preoccupazione per la presenza nei due campi avversi di elementi propensi al conflitto e, per il bene di tutta la popolazione, insiste sulla necessità che essi recedano da tali posizioni;

11.   chiede pertanto una cessazione immediata, totale e verificabile delle ostilità, compresi gli assassini politici e gli attentati dinamitardi suicidi ed esorta Prabhakaran e Karuna a riprendere immediatamente i negoziati di pace con il governo cingalese su basi costruttive;

12.   chiede il rispetto dei diritti dell'uomo e delle norme umanitarie da parte di tutti i soggetti contendenti, non soltanto come reazione immediata a una situazione in via di deterioramento ma come fondamento stesso di una risoluzione del conflitto equa e duratura,

13.   invita tutte le parti contendenti a garantire la sicurezza della SLMM in ogni momento; si rammarica per l'insistenza delle LTTE per il ritiro dei cittadini UE dalla SLMM; rivolge agli osservatori danesi, finlandesi e svedesi che lasciano l'incarico un elogio per la preziosa opera svolta; sostiene l'Islanda e la Norvegia per il crescente numero di osservatori inviati da ciascuno di essi alla Missione di monitoraggio ed esprime l'auspicio che la SLMM sia in grado di assolvere i propri compiti senza timori di azioni ostili; invita il Consiglio a fornire un supporto finanziario o tecnico per ogni provvedimento finalizzato a compensare tali perdite e ad adeguare l'equipaggiamento della SLMM in funzione delle sfide da affrontare;

14.   invita il governo e le LTTE a concedere accesso incondizionato per tutto il territorio agli operatori umanitari, alle organizzazioni dell'ONU e agli osservatori della tregua, e a garantirne la sicurezza;

15.   invita il governo dello Sri Lanka a stabilire chiaramente i requisiti cui le ONG devono soddisfare per operare nelle aree settentrionali e orientali del paese e ad accelerare l'iter del rilascio dei permessi di lavoro al personale internazionale che opera con tali organizzazioni, assicurando l'efficienza e la trasparenza di tale iter;

16.   invita gli Stati membri della UE e la comunità internazionale a livello globale, mentre l'LTTE rimane sulla lista di proscrizione, a prendere iniziative incisive e vigorose per indagare attivamente sui suoi agenti, ad inclusione di un divieto di viaggiare adeguatamente imposto per impedire i movimenti dei corrieri e di coloro che reperiscono nuove leve, l'arresto e il rimpatrio delle persone coinvolte in attività di sostegno ai terroristi, la confisca dei beni associati all'LTTE, quale la sua flotta mercantile; il congelamento dei conti bancari sospetti e la chiusura di società o imprese associati con l'LTTE; può essere presa in considerazione la possibilità di sospendere la proscrizione se vi è un effettivo cessate-il-fuoco, una fine al terrorismo e la ripresa di negoziati seri su una base costruttiva;

17.   nota la chiusura della Tamil Rehabilitation Organisation nel Regno Unito e le indagini attualmente condotte sulla Tamil Rehabilitation Organisation e gli uffici del World Tamil Coordinating Committee negli Stati Uniti e in Australia;

18.   insiste affinché tutti i governi degli Stati membri UE prendano misure più efficaci per impedire l'indottrinamento e l'intimidazione dei residenti Tamil nei loro paesi e l'estorsione di fondi per finanziare l'attività dell'LTTE;

19.   sollecita una volta di più entrambe le parti a dare un segnale immediato di buona volontà cessando l'uso delle mine terrestri antiuomo e fornendo assistenza per la loro rimozione, e a tal fine invita il governo dello Sri Lanka a dare l'esempio firmando la Convenzione di Ottawa del 1997 sulla messa al bando dell'uso di tali mine e le LTTE a sottoscrivere l''Atto di impegno" dell'Appello di Ginevra;

20.   nota la decisione di due partiti politici tamil, il Ceylon Workers Congress e il Upcountry People's Front, di unirsi alla coalizione governativa;

21.   invita il governo dello Sri Lanka, l'United National Party e gli altri partiti ad accettare di lavorare in stretta cooperazione reciproca ai fini di una energica azione contro il terrorismo, ad ascoltare le legittime rivendicazioni tamil e a fare un coraggioso gesto di riconciliazione verso la popolazione tamil; ritiene che un grande passo avanti verso la creazione di condizioni idonee per tale azione sia una rapida revisione della costituzione dello Sri Lanka - che è una delle più antiche democrazie dell'Asia - che definisca lo Stato come repubblica secolare e democratica, rispettosa di tutte le religioni;

22.   saluta il dichiarato impegno del Presidente Rajapaska alla "massima devoluzione" per la popolazione tamil e chiede che tale dichiarazione venga sostanziata di contenuti; conseguentemente insiste affinché il Comitato rappresentativo interpartitico (APRC) acceleri i suoi lavori e sottoponga, nel giro di settimane anziché di mesi, proposte realistiche ed accettabili che conquistino la fiducia della comunità tamil e permettano il raggiungimento di una soluzione concordata; rammenta la dichiarazione dei copresidenti del 30 maggio 2006, in cui si invita il governo dello Sri Lanka "a mostrare di essere pronto ad operare radicali cambiamenti politici e ad introdurre un nuovo sistema di governance che rafforzi i diritti di tutti i cingalesi"; chiede al governo dello Sri Lanka e ai copresidenti di ribadire la dichiarazione di Tokio ed invita le LTTE ad attenervisi;

23.   esprime preoccupazione per le ripercussioni della ripresa del conflitto sull'opera di ricostruzione e la fornitura degli aiuti internazionali, osservando che sebbene l'UE abbia stanziato quasi 125 milioni EUR in aiuti umanitari post-tsunami e pro-ricostruzione per lo Sri Lanka, il persistente stallo politico riguardo alla "struttura per la gestione delle operazioni post-tsunami" continua a ritardare l'erogazione di altri 50 milioni EUR di aiuti, impedendo vitali opere di ricostruzione nelle zone nord e est del paese; nota altresì la decisione della Banca di sviluppo dell'Asia di riscadenziare una parte dei fondi e le difficoltà nel portare avanti numerosi progetti infrastrutturali;

24.   sostiene l'attuale piano d'azione dell'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari umanitari a favore delle popolazioni sfollate;

25.   invita il Consiglio, la Commissione e i governi degli Stati membri a raddoppiare i propri sforzi per contribuire al raggiungimento di una pace stabile ed equa nello Sri Lanka e per ripristinare la sicurezza e la prosperità in questo paese;

26.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al governo di Norvegia e agli altri paesi copresidenti della Conferenza dei donatori di Tokio, al Presidente e al governo dello Sri Lanka e alle altre parti in conflitto.

(1) GU C 59 del 23.2.2001, pag. 278.
(2) GU C 47 E del 27.2.2003, pag. 613.
(3) GU C 87 E del 7.4.2004, pag. 527.
(4) GU C 247 E del 6.10.2005, pag. 147.
(5) Testi approvati, P6_TA(2006)0227.
(6) Decisione del Consiglio 2006/379/CE, del 29 maggio 2006, che attua l'articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2005/930/CE (GU L 144 del 31.5.2006, pag. 21).


Richiedenti asilo in provenienza dalla Corea del Nord, in particolare in Tailandia
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Risoluzione del Parlamento europeo sui richiedenti asilo nordcoreani, soprattutto in Tailandia
P6_TA(2006)0357RC-B6-0489/2006

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni sulla Corea del Nord,

–   viste le norme della Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati e il relativo Protocollo del 1967,

–   visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che negli ultimi anni decine di migliaia di nordcoreani sono fuggiti dal proprio paese a causa della repressione e della carestia che lo colpisce e che alcuni hanno rischiato la vita attraversando la Cina per raggiungere la Tailandia, il Vietnam, la Cambogia, la Corea del Sud e altri paesi dell'Asia sud-orientale,

B.   considerando che la Repubblica democratica popolare di Corea (RDPC) ha ratificato la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici,

C.   considerando che la Tailandia è divenuta una destinazione di transito per i nordcoreani che fuggono dal proprio paese e che le autorità tailandesi si trovano in una situazione difficile nei confronti della RDPC, paese con il quale mantengono relazioni amichevoli,

D.   considerando che da oltre un anno la quantità dei profughi nordcoreani, birmani, laotiani e cinesi sul territorio tailandese è sensibilmente aumentata,

E.   considerando la volontà delle autorità tailandesi di far rispettare la legislazione nazionale in materia di immigrazione illegale,

F.   considerando che il 22 agosto 2006 la polizia tailandese ha arrestato un gruppo di 175 richiedenti asilo nordcoreani (37 uomini, 128 donne e 10 bambini), nascosti da due mesi in una casa abbandonata nella capitale del paese, Bangkok,

G.   considerando che questi richiedenti asilo, il più grande gruppo di nordcoreani che sia mai stato arrestato in Tailandia, sono stati accusati di essere entrati illegalmente nel paese e condotti davanti alla giustizia che ha inflitto loro un'ammenda di 6000 baht (160 USD) ciascuno e li ha condannati a 30 giorni di carcere perché non erano in grado di pagarla;

H.   considerando che l'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) di Bangkok ha concesso lo status di rifugiato a 16 membri del gruppo e che fra qualche giorno essi lasceranno la Tailandia per la Corea del Sud, paese che concede la cittadinanza ai dissidenti del Nord,

I.   considerando che, in qualità di parti della Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati e del relativo Protocollo del 1967, i governi sono tenuti ad accordare all'UNHCR l'accesso a tutti i cittadini, compresi i nordcoreani, che richiedono asilo in un altro paese,

J.   considerando che la situazione degli altri richiedenti asilo permane precaria e deve essere risolta con rapidità,

1.   deplora, come ha già fatto nelle sue precedenti risoluzioni, il fatto che migliaia di cittadini nordcoreani fuggano dal proprio paese a causa della repressione, della carestia e del declino economico;

2.   esorta le autorità tailandesi a non rimpatriare i rifugiati nordcoreani, poiché altrimenti essi e le loro famiglie dovrebbero affrontare conseguenze estremamente dure;

3.   chiede alla Tailandia, paese ben noto per la sua lunga tradizione di accoglienza di rifugiati e membro responsabile della comunità internazionale, di adoperarsi, in stretta cooperazione con l'UNHCR e con altre organizzazioni umanitarie, per trovare una soluzione rapida e accettabile per i rifugiati nordcoreani, trasferendoli in un paese terzo di loro scelta, dopo la scadenza del periodo di 30 giorni di prigionia;

4.   invita i paesi che potrebbero accogliere i rifugiati a comunicarlo al più presto, affinché essi non continuino ad essere detenuti oltre tale periodo;

5.   invita la Commissione a controllare da vicino la situazione dei rifugiati nordcoreani, in collaborazione con l'UNHCR per i rifugiati e, se necessario, a fornire un adeguato sostegno finanziario;

6.   invita il Consiglio e la Commissione a sollevare la questione dei rifugiati e dei richiedenti asilo nordcoreani in occasione del prossimo Vertice dell'Asem (Incontro Asia-Europa), il 10 e 11 settembre 2006;

7.   invita il governo della RDPC ad attenersi alle procedure speciali stabilite dalla commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni Unite;

8.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al governo del Regno di Tailandia, al governo della Repubblica di Corea, al governo della Repubblica democratica popolare di Corea e all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.


Situazione in Zimbawe
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Risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Zimbabwe
P6_TA(2006)0358RC-B6-0495/2006

Il Parlamento europeo,

–   viste le sue precedenti risoluzioni del 15 gennaio 2004(1), del 16 dicembre 2004(2) e del 7 luglio 2005(3),

–   vista la posizione comune del Consiglio 2006/51/PESC, del 30 gennaio 2006, che proroga le misure restrittive nei confronti dello Zimbabwe fino al 20 febbraio 2007(4),

–   visto il regolamento (CE) n. 898/2005 della Commissione, del 15 giugno 2005, che estende la lista delle persone nello Zimbabwe colpite da misure restrittive(5),

–   vista la relazione "Zimbabwe: una strategia di opposizione" pubblicato dal Gruppo di crisi internazionale il 24 agosto 2006,

–   visto l'articolo 115, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.   considerando che la disastrosa situazione economica, politica e umanitaria dello Zimbabwe continua a deteriorarsi e che la cosiddetta "Operazione Murambatsvina" (Drive Out Rubbish) ha lasciato nel bisogno 700.000 persone mentre oltre 4 milioni di zimbabwani rischiano di morire di fame e sopravvivono grazie agli aiuti alimentari, mentre la repressione politica prosegue indisturbata,

B.   considerando che il governo dello Zimbabwe ha presentato un disegno di legge sulle Intercettazioni delle comunicazioni che consentirà all'esercito, ai servizi di spionaggio, alla polizia e all'ufficio del presidente di controllare la corrispondenza e-mail, l'accesso a internet e le conversazioni telefoniche,

C.   considerando che le elezioni al Senato del 26 novembre 2005 hanno rappresentato un atto cinico di patronato politico volto a consolidare il controllo autoritario di Zanu-PF sullo Zimbabwe,

D.   considerando che la principale opposizione politica nello Zimbabwe, il Movimento per il cambiamento democratico (MDC), si è purtroppo diviso in due fazioni nell'ottobre 2005,

E.   considerando che lo sviluppo dell'Africa rappresenta una priorità per le democrazie occidentali, riconoscendo tuttavia che da solo l'aiuto non può fare molto e che i governi africani devono svolgere la propria parte impegnandosi nei confronti della democrazia, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani,

F.   considerando che gli zimbabwani soffrono di un tasso di disoccupazione superiore al 70% e del tasso di inflazione più alto del mondo,

G.   preoccupato dai rapporti delle organizzazioni dei diritti umanitari secondo le quali gli emigranti dello Zimbabwe sono oggetto di maltrattamenti e abusi in Sud Africa,

H.   considerando che l'Unione africana (AU), la Comunità di sviluppo dell'Africa australe (SADC) e, in particolare, il Sud Africa non hanno preso una posizione abbastanza forte contro il reprensibile regime di Mugabe,

1.   condanna la dittatura di Mugabe per la sua continua oppressione del popolo zimbabwano ed esprime la sua profonda delusione per il rifiuto degli attori regionali quali la AU, la SADC e il Sud Africa non solo di prendere una posizione più forte contro gli abusi del regime ma anche di insistere presso il governo zimbabwano perché modifichi il suo operato e ripristini la democrazia e lo stato di diritto;

2.   chiede che il regime di Mugabe adempia alle sue promesse di fornire alloggi sufficienti per tutti i profughi cacciati dalle loro case nel corso dell'atroce campagna "Operazione Murambatsvina";

3.   si rammarica che i progressi dello Zimbabwe nella lotta all'HIV-AIDS siano messi in pericolo dalle pratiche abusive del governo, quale il suo programma di sradicamento che ha impedito l'accesso alle cure sanitarie e le sue politiche di sicurezza sociale inadeguate che hanno ulteriormente aumentato la vulnerabilità dei malati di AIDS;

4.   nota con grande preoccupazione che lo Zimbabwe sta attualmente affrontando una delle peggiori epidemie mondiali di HIV e AIDS, e che oltre 3.200 persone alla settimana muoiono di questa malattia; chiede che il governo dello Zimbabwe prenda urgentemente misure che migliorino l'accesso al trattamento Anti-Retroviral e che attualmente viene ricevuto solo dall'8% delle persone contagiate dalla malattia;

5.   rifiuta di riconoscere la legittimità del "Senato" di crescente creazione nello Zimbabwe in quanto soltanto il 15% degli zimbabwani hanno partecipato a questa screditata procedura elettorale, i cui risultati già si prevedeva che avrebbero favorito Zanu-PF;

6.   chiede che venga ritirato il disegno di legge sulle intercettazioni delle comunicazioni, quello sulla soppressione del terrorismo e quello sulle organizzazioni non governative, che saranno probabilmente usati come pretesto per eliminare in modo ancora più duro qualsiasi opponente al regime di Mugabe;

7.   esprime profonda costernazione di fronte ai tentativi occulti del regime di Mugabe di prendere il controllo della Società della Croce rossa dello Zimbabwe (ZRCS), per il quale ha raccomandato l'assunzione obbligatoria di membri e sostenitori del regime; nota che i più grandi donatori dello ZRCS sono la Danimarca, il Regno Unito e altri Stati membri; teme che questa mossa possa portare all'impiego del sostegno alimentare della ZRCS come strumento politico, privando così di aiuti vitali gran parte della popolazione vulnerabile dello Zimbabwe;

8.   insiste fermamente che il regime di Mugabe non debba assolutamente trarre nessun beneficio né di tipo finanziario né di propaganda dallo svolgimento della coppa del mondo 2010 né durante il periodo precedente né in quello del suo svolgimento; in questo contesto invita il Sud Africa, paese che ospiterà la coppa del mondo 2010 e la FIFA a escludere lo Zimbabwe dalle partite di selezione della coppa del mondo, e dallo svolgimento di amichevoli internazionali anche solo quale ospite di squadre nazionali che parteciperanno a tale evento;

9.   invita Robert Mugabe a mantenere la sua promessa di dimettersi, piuttosto prima che poi, facendo l'unica mossa possibile per far rivivere l'economia, la politica e la società dello Zimbabwe e per dare inizio a negoziati transitori positivi tra Zanu-PF, i partiti MDC ed altri movimenti di opposizione;

10.   si compiace della riunione che si è svolta tra le due fazioni MDC in Sud Africa il 26 agosto 2006 e invita tutti coloro che si oppongono al deplorevole regime di Mugabe di unirsi per garantire che le loro attività diano alla popolazione dello Zimbabwe un'opposizione seriamente democratica, rappresentativa e unita, pronta da tutti i punti di vista ad assumere le responsabilità di governo e a operare un cambiamento economico e politico positivo nello Zimbabwe;

11.   applaude il Congresso dei sindacati dello Zimbabwe per le loro proteste contro le disastrose condizioni di vita imposte al popolo dello Zimbabwe dal regime di Mugabe e insiste che queste dimostrazioni devono potersi svolgere senza essere disturbate dalla polizia;

12.   riconosce che le sanzioni dell'UE indirizzate sia contro lo Zimbabwe sia contro talune personalità dello Zimbabwe non hanno avuto l'impatto desiderato su chi è direttamente responsabile dell'impoverimento dello Zimbabwe e delle difficoltà sopportate dalla sua popolazione; invita il Consiglio a garantire che tutti gli Stati membri applichino rigorosamente le esistenti misure restrittive, tra cui l'embargo delle armi e il divieto di viaggiare, esagerando eventualmente per eccesso piuttosto che per difetto;

13.   chiede inoltre al Consiglio di ampliare il campo di applicazione delle sanzioni, aumentando il numero di persone sulla lista, attualmente 120 - in modo da includere molti più ministri di governo dello Zimbabwe, deputati e governatori, membri di Zanu-PF, sostenitori e lavoratori, oltre ai membri delle loro famiglie, agli uomini d'affari e ad altri individui di spicco associati con Zanu-PF;

14.   invita la Cina ed altri paesi che continuano a fornire armi ed altri tipi di sostegno al regime di Mugabe di desistere e unirsi alla comunità internazionale nei suoi sforzi per cambiare in meglio la situazione dello Zimbabwe;

15.   deplora il fatto che proprio mentre le Nazioni Unite stanno chiedendo 257 milioni di dollari USA di aiuti umanitari per lo Zimbabwe, il regime di Mugabe ha completato l'acquisizione per 240 milioni di dollari USA di dodici aerei militari K-8 dalla Cina; nota inoltre che l'esercito dello Zimbabwe ha annunciato l'acquisto di 127 autovetture per ufficiali di alto grado mentre altre 194 saranno acquistate nei prossimi mesi;

16.   invita il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a riferire con urgenza sulla situazione politica e sui diritti umanitari nello Zimbabwe;

17.   ribadisce la sua domanda perché la SADC chiuda il proprio centro di formazione regionale di mantenimento della pace ad Harare e lo ripristini sul territorio di un altro stato membro SACD;

18.   insiste che tutti gli aiuti destinati allo Zimbabwe vengano trasmessi per il tramite di genuine organizzazioni non governative e raggiungano le popolazioni alle quale sono destinati, con un minimo coinvolgimento del regime di Mugabe; si dichiara poco convinto dei sette progetti finanziati dall'UE nello Zimbabwe nel 2005 per un costo di 70 milioni EUR e di ulteriori progetti già avviati nel 2006, tra cui 3,7 milioni EUR mediante i fondi UE per l'acqua e chiede alla Commissione di dare la sua assicurazione che questo aiuto non è andato in nessun modo a beneficio del regime di Mugabe;

19.   incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, ai governi dei paesi G8, ai governi e ai parlamenti dello Zimbabwe, e del Sud Africa, al Segretario generale del Commonwealth, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Presidente della commissione e del consiglio esecutivo dell'UA, al parlamento pan-africano, al Segretario generale della SADC e al Presidente della FIFA..

(1) GU C 92 E del 16.4.2004, pag. 417.
(2) GU C 226 E del 15.9.2005, pag. 358.
(3) GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 491.
(4) GU L 26 del 31.1.2006, pag. 28.
(5) GU L 153 del 16.6.2005, pag. 9.

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