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Testi approvati
Mercoledì 19 maggio 2010 - Strasburgo
Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008–2013 (modifica della decisione n. 573/2007/CE) ***II
 Indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione) ***II
 Bilancio rettificativo n. 1/2010: Sezione I - Parlamento
 Discarico 2008: Consiglio
 Norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti ***I
 Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina)
 Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi
 Aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
 Prima conferenza di riesame dello Statuto di Roma

Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008–2013 (modifica della decisione n. 573/2007/CE) ***II
PDF 192kWORD 31k
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione n. 573/2007/CE che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013, sopprimendo il finanziamento di alcune azioni comunitarie e cambiando il limite di finanziamento delle stesse (16627/1/2009 – C7-0051/2010 – 2009/0026(COD))
P7_TA(2010)0177A7-0117/2010

(Procedura legislativa ordinaria: seconda lettura)

Il Parlamento europeo,

–  vista la posizione del Consiglio in prima lettura (16627/1/2009 – C7-0051/2010),

–  vista la proposta della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio (COM(2009)0067),

–  visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 63, primo comma, punto 2, lettera b), del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6–0070/2009),

–  vista la sua posizione in prima lettura(1),

–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio dal titolo «Ripercussioni dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso» (COM(2009)0665),

–  visti l'articolo 294, paragrafo 7, e l'articolo 78, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visto l'articolo 72 del suo regolamento,

–  vista la raccomandazione per la seconda lettura della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A7–0117/2010),

1.  approva la posizione del Consiglio;

2.  constata che l'atto è adottato in conformità della posizione;

3.  incarica il suo Presidente di firmare l'atto congiuntamente al Presidente del Consiglio, a norma dell'articolo 297 paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

4.  incarica il suo Segretario generale di firmare l'atto, previa verifica che tutte le procedure siano state debitamente espletate, e di procedere, d'intesa con il Segretario generale del Consiglio, alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;

5.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti nazionali.

(1) Testi approvati del 7.5.2009, P6_TA(2009)0375.


Indicazione del consumo di energia e di altre risorse mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione) ***II
PDF 203kWORD 40k
Risoluzione
Allegato
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 relativa alla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi all'energia, mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione) (05247/1/2010 – C7-0094/2010 – 2008/0222(COD))
P7_TA(2010)0178A7-0128/2010

(Procedura legislativa ordinaria: seconda lettura)

Il Parlamento europeo,

–  vista la posizione del Consiglio in prima lettura (05247/1/2010 – C7-0094/2010),

–  vista la proposta della Commissione al Parlamento e al Consiglio (COM(2008)0778),

–  visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 95, del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6–0412/2008),

–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio intitolata «Ripercussioni dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso» (COM(2009)0665) e il relativo addendum (COM(2010)0147),

–  visto l'articolo 294, paragrafo 7 e l'articolo 194, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visto il parere della commissione giuridica sulla base giuridica proposta,

–  vista la sua posizione in prima lettura(1),

–  visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 24 marzo 2009(2),

–  previa consultazione del Comitato delle regioni,

–  visti l'articolo 72 e 37 del suo regolamento,

–  vista la raccomandazione per la seconda lettura della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (A7–0128/2010),

1.  approva la posizione del Consiglio;

2.  approva la dichiarazione comune del Parlamento, del Consiglio e della Commissione allegata alla presente risoluzione;

3.  prende atto delle dichiarazioni della Commissione allegate alla presente risoluzione;

4.  constata che l'atto è adottato in conformità della posizione del Consiglio;

5.  incarica il suo Presidente di firmare l'atto, congiuntamente al Presidente del Consiglio, a norma dell'articolo 297, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

6.  incarica il suo Segretario generale di firmare l'atto, previa verifica che tutte le procedure siano state debitamente espletate, e di procedere, d'intesa con il Segretario generale del Consiglio, alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;

7.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai parlamenti nazionali.

ALLEGATO

Dichiarazioni

relative alla direttiva 2010/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, concernente l'indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi al consumo energetico, mediante l'etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione)

Dichiarazione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione relativa all'articolo 290 del TFUE

«Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dichiarano che le disposizioni della direttiva 2010/30/UE non pregiudicano eventuali posizioni future delle istituzioni con riguardo all'attuazione dell'articolo 290 del TFUE o di singoli atti legislativi contenenti disposizioni di questo tipo.».

Dichiarazioni della Commissione relative ad alcune disposizioni della direttiva 2010/30/UE

Articolo 1, paragrafo 2

«Nello stilare l'elenco prioritario dei prodotti connessi al consumo energetico di cui al considerando 7, la Commissione presterà inoltre la dovuta attenzione ai prodotti da costruzione che incidono su tale consumo, tenendo conto in particolare del risparmio energetico che sarebbe possibile ottenere mediante l'etichettatura di alcuni di questi prodotti, dato che gli edifici sono all'origine del 40% del consumo energetico totale dell'Unione europea.».

Articolo 10

«Nel preparare atti delegati ai sensi della direttiva 2010/30/UE, la Commissione provvede affinché sia evitata la sovrapposizione normativa e sia mantenuta la coerenza complessiva della normativa dell'Unione europea sui prodotti.».

Articolo 10, paragrafo 4, lettera d)

Percentuale significativa di prodotti ai fini del riesame delle classi di etichettatura

«La Commissione ritiene che la percentuale di prodotti compresi nelle due classi di efficienza energetica più elevate possa essere considerata significativa:

   quando il numero di modelli disponibili sul mercato interno appartenenti alla classe A+++ o A++ costituisce circa un terzo, o più, del numero totale di modelli disponibili, oppure
   quando la proporzione dei prodotti appartenenti alla classe A+++ o A++ venduti ogni anno sul mercato interno costituisce circa un terzo, o più, del totale, oppure
   quando entrambe le condizioni precedenti risultano soddisfatte.«.

Dichiarazione della Commissione relativa alle informazione ai consumatori

«La Commissione incoraggia l'uso di strumenti dell'Unione quali il programma »Energia intelligente ‐ Europa' al fine di contribuire a:

   iniziative volte a sensibilizzare l'utente finale sui vantaggi dell'etichettatura energetica;
   iniziative volte a seguire l'evoluzione del mercato e gli sviluppi tecnologici che sfociano nella creazione di prodotti più efficienti sotto il profilo energetico, in particolare individuando, all'interno delle diverse categorie di prodotti, i modelli dalle prestazioni migliori e mettendo dette informazioni a disposizione di tutti i soggetti interessati ‐ le organizzazioni di consumatori, l'industria e le ONG operanti nel settore ambientale ‐ per poi diffonderle ampiamente tra i consumatori.

Le suddette iniziative di monitoraggio potrebbero inoltre servire da indicatore per il riesame delle misure di etichettatura e/o di progettazione ecocompatibile ai sensi delle direttive 2010/30/UE e 2009/125/CE.«

Dichiarazione della Commissione relativa ai periodi di interruzione delle attività

«La Commissione europea prende atto che, salvo nei casi in cui l'atto legislativo preveda una procedura d'urgenza, il Parlamento europeo e il Consiglio considerano che la notifica degli atti delegati deve tener conto dei periodi di interruzione delle attività delle istituzioni (inverno, estate ed elezioni europee) al fine di garantire che il Parlamento europeo e il Consiglio possano esercitare le proprie prerogative entro i termini stabiliti negli atti legislativi pertinenti, ed è disposta ad agire di conseguenza.».

(1) Testi approvati del 5.5.2009, P6_TA(2009)0345.
(2) GU C 228 del 22.9.2009, pag. 90.


Bilancio rettificativo n. 1/2010: Sezione I - Parlamento
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Risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sulla posizione del Consiglio relativa al progetto di bilancio rettificativo n. 1/2010 dell'Unione europea per l'esercizio 2010, Sezione I – Parlamento europeo (09807/2010 – C7–0125/2010 – 2010/2045(BUD))
P7_TA(2010)0179A7-0158/2010

Il Parlamento europeo,

–  visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 314,

–  vista la decisione del Consiglio 2007/436/CE, Euratom, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee(1),

–  visto il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee(2),

–  visto l'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria(3), e in particolare il quadro finanziario pluriennale (QFP) di cui alla parte 1 e all'allegato I di tale accordo,

–  visto il bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2010, definitivamente adottato il 17 dicembre 2009(4),

–  visto il progetto di stato di previsione approvato dal Parlamento il 25 febbraio 2010(5),

–  visto il progetto di bilancio rettificativo n. 1/2010 presentato dalla Commissione il 19 marzo 2010 (COM(2010)0107),

–  vista la posizione del Consiglio relativa al progetto di bilancio rettificativo n. 1/2010 presentata il 18 maggio 2010 (09807/2010),

–  visti gli articoli 75 ter e 75 sexies del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per i bilanci (A7–0158/2010),

A.  considerando che nel corso della procedura di bilancio 2010 è stato deciso che le spese collegate in modo specifico all'entrata in vigore del trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea sarebbero state coperte, se necessario, ricorrendo agli strumenti di bilancio esistenti, quali un bilancio rettificativo, successivamente all'adozione del bilancio 2010,

B.  considerando che è stato sottolineato che, in una simile eventualità, prima di richiedere risorse supplementari si sarebbe dovuta prendere pienamente in considerazione, nella misura più ampia possibile, una riorganizzazione delle risorse esistenti,

C.  considerando che è stato particolarmente evidenziato che il livello iniziale del bilancio del Parlamento quale adottato, che ammonta al 19,87% delle spese autorizzate nell'ambito della rubrica 5 (stanziamenti amministrativi) del QFP, non comprendeva gli adeguamenti necessari a seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, soprattutto nel settore legislativo,

D.  considerando che al contempo si è preso atto che, a causa dei limitati margini disponibili, sarebbero state necessarie ulteriori economie e operazioni di riassegnazione per poter far fronte a fabbisogni aggiuntivi,

1.  accoglie con favore il progetto di bilancio rettificativo n. 1/2010 della Commissione, redatto in piena conformità dello stato di previsione del Parlamento del 25 febbraio 2010;

2.  prende atto della posizione del Consiglio, del 18 maggio 2010, che approva la proposta senza modifiche, nel pieno rispetto del «gentlemen's agreement»;

3.  rileva che un'ampia discussione politica e un'analisi delle misure proposte hanno già avuto luogo durante la fase di previsione nei mesi di gennaio e febbraio 2010;

4.  approva la posizione del Consiglio relativa al progetto di bilancio rettificativo n. 1/2010 senza modifiche e incarica il suo Presidente di proclamare che il bilancio rettificativo n. 1/2010 è stato definitivamente adottato e di provvedere alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;

5.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) GU L 163 del 23.6.2007, pag. 17.
(2) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
(3) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.
(4) GU L 64 del 12.3.2010.
(5) Testi approvati, P7_TA(2010)0038.


Discarico 2008: Consiglio
PDF 186kWORD 34k
Decisione del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sul discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2008, sezione II – Consiglio (C7-0174/2009 – 2009/2070(DEC))
P7_TA(2010)0180A7-0096/2010

Il Parlamento europeo,

–  visto il bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2008(1),

–  visti i conti annuali definitivi delle Comunità europee relativi all'esercizio 2008 – Volume I (C7-0174/2009)(2),

–  vista la relazione annuale del Consiglio sulle revisioni contabili interne effettuate nel 2008, presentata all'autorità competente per il discarico,

–  vista la relazione annuale della Corte dei conti sull'esecuzione del bilancio per l'esercizio 2008, accompagnata dalle risposte delle istituzioni controllate(3),

–  vista la dichiarazione attestante l'affidabilità dei conti e la legittimità e regolarità delle relative operazioni, presentata dalla Corte dei conti a norma dell'articolo 248 del trattato CE(4),

–  visti l'articolo 272, paragrafo 10, e gli articoli 274, 275 e 276 del trattato CE, l'articolo 314, paragrafo 10, e gli articoli 317, 318 e 319 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visto il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee(5), in particolare gli articoli 50, 86, 145, 146 e 147,

–  vista la decisione n. 190/2003 del Segretario generale del Consiglio/Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune relativa al rimborso delle spese di viaggio dei delegati dei membri del Consiglio(6),

–  visto l'accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, del 17 maggio 2006, sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria(7),

–  visti l'articolo 77 e l'allegato VI del suo regolamento,

–  vista la relazione della commissione per il controllo dei bilanci (A7–0096/2010),

1.  concede il discarico al Segretario generale del Consiglio per l'esecuzione del bilancio del Consiglio per l'esercizio 2008;

2.  esprime le sue osservazioni nella risoluzione(8) che costituisce parte integrante della decisione sul discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2008, sezione II - Consiglio;

3.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente decisione e la risoluzione che ne costituisce parte integrante al Consiglio, alla Commissione, alla Corte di giustizia dell'Unione europea, alla Corte dei conti, al Mediatore europeo e al Garante europeo della protezione dei dati, e di provvedere alla loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea (serie L).

(1) GU L 71 del 14.3.2008.
(2) GU C 273 del 13.11.2009, pag. 1.
(3) GU C 269 del 10.11.2009, pag. 1.
(4) GU C 273 del 13.11.2009, pag. 122.
(5) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
(6) Decisione emanante dal regolamento del Consiglio del 22 luglio 2002 (GU L 230 del 28.8.2002, pag. 7).
(7) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.
(8) Testi approvati del 16.6.2010, P7_TA(2010)0219.


Norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti ***I
PDF 195kWORD 41k
Risoluzione
Testo
Allegato
Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti (COM(2008)0818 – C6–0480/2008 – 2008/0238(COD))
P7_TA(2010)0181A7-0106/2010

(Procedura legislativa ordinaria: prima lettura)

Il Parlamento europeo,

–  vista la proposta della Commissione al Parlamento e al Consiglio (COM(2008)0818),

–  visti l'articolo 251, paragrafo 2, e l'articolo 152, paragrafo 4, lettera a) del trattato CE, a norma dei quali la proposta gli è stata presentata dalla Commissione (C6-0480/2008),

–  vista la comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio dal titolo «Ripercussioni dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso» (COM(2009)0665),

–  visti l'articolo 294, paragrafo 3, e l'articolo 168, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  visto il parere del 10 giugno 2009 del Comitato economico e sociale europeo(1),

–  previa consultazione del Comitato delle regioni,

–  visto l'articolo 55 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e il parere della commissione giuridica (A7–0106/2010),

1.  adotta la posizione in prima lettura figurante in appresso;

2.  approva la dichiarazione comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione e prende atto della dichiarazione della Commissione qui di seguito allegata, che sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea insieme all'atto legislativo definitivo;

3.  chiede alla Commissione di presentargli nuovamente la proposta qualora intenda modificarla sostanzialmente o sostituirla con un nuovo testo;

4.  incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio, alla Commissione, nonché ai parlamenti nazionali.

Posizione del Parlamento europeo definita in prima lettura il 19 maggio 2010 in vista dell'adozione della direttiva 2010/.../UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti

P7_TC1-COD(2008)0238


(Dato l'accordo tra il Parlamento e il Consiglio, la posizione del Parlamento corrisponde all'atto legislativo finale, la direttiva 2010/53/UE)

ALLEGATO

Dichiarazione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sull'articolo 290 del TFUE

Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dichiarano che le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano eventuali posizioni future delle istituzioni per quanto riguarda l'attuazione dell'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea o singoli atti legislativi che contengano disposizioni di questo tipo.

Dichiarazione della Commissione europea (Urgenza)

La Commissione europea si impegna a tenere il Parlamento europeo e il Consiglio pienamente informati sulla possibilità di adozione di un atto delegato adottato secondo la procedura d'urgenza. Non appena i servizi della Commissione prevedano che possa essere adottato un atto delegato secondo la procedura d'urgenza, essi avvertono informalmente i segretariati del Parlamento europeo e del Consiglio.

(1) GU C 306 del 16.12.2009, pag. 64.


Additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti (trombina di origine bovina e/o suina)
PDF 114kWORD 39k
Risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sul progetto di direttiva della Commissione che modifica gli allegati della direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti e che abroga la decisione 2004/374/CE
P7_TA(2010)0182B7-0264/2010

Il Parlamento europeo,

–  visto il regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari(1), in particolare l'articolo 31 e l'articolo 28, paragrafo 4,

–  visto il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare(2),

–  viste la direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 1995, relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti(3) e la direttiva 89/107/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano(4), che sono state abrogate e sostituite dal summenzionato regolamento (CE) n. 1333/2008,

–  visto il progetto di direttiva della Commissione che modifica gli allegati della direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti e che abroga la decisione 2004/374/CE,

–  visto l'articolo 5 bis, paragrafo 3, lettera b), della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(5),

–  visto l'articolo 88, paragrafo 2, e paragrafo 4, lettera b), del suo regolamento,

A.  considerando che, a norma dell'articolo 31 del regolamento (CE) n. 1333/2008, fino a quando non sarà completata l'istituzione degli elenchi comunitari degli additivi alimentari di cui all'articolo 30 dello stesso regolamento, la Commissione può adottare misure intese a modificare, inter alia, gli allegati della direttiva 95/2/CE,

B.  considerando che l'allegato IV della direttiva 95/2/CE contiene un elenco di additivi alimentari autorizzati all'interno dell'Unione europea, prescrivendone le condizioni di utilizzo,

C.  considerando inoltre che i criteri generali per l'impiego di additivi alimentari erano definiti all'allegato II della direttiva 89/107/CEE e che, dal momento che tale direttiva è stata abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 1333/2008, i criteri pertinenti si trovano ora enunciati, in particolare, all'articolo 6 di tale regolamento, il quale riguarda le condizioni generali per l'inclusione di additivi alimentari negli elenchi comunitari e per il loro uso,

D.  considerando che l'articolo 6 del succitato regolamento stabilisce che l'utilizzo di un additivo alimentare può essere autorizzato nell'UE soltanto se tale additivo soddisfa determinate condizioni tra cui, in particolare, a norma del paragrafo 1, lettera c), che il suo impiego non induca in errore i consumatori e, a norma del paragrafo 2, che esso presenti vantaggi e benefici per i consumatori,

E.  considerando che l'articolo 6 di detto regolamento dispone inoltre, al paragrafo 1, lettera a), che un additivo alimentare può essere autorizzato soltanto se non pone problemi di sicurezza per la salute dei consumatori,

F.  considerando altresì che il regolamento (CE) n. 178/2002 (noto come il «regolamento generale in materia di legislazione alimentare»), in particolare l'articolo 8, stabilisce fra l'altro che la legislazione alimentare deve prefiggersi di tutelare gli interessi dei consumatori e di costituire una base per consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli in relazione agli alimenti che consumano, nonché mirare a prevenire le pratiche in grado di indurre in errore il consumatore,

G.  considerando che il progetto di direttiva della Commissione, in particolare il considerando 25 e il punto 3, lettera h), del relativo allegato, dispone l'inclusione nell'allegato IV della direttiva 95/2/CE di un preparato di enzima alimentare a base di trombina unita a fibrinogeno come additivo alimentare per la ricostituzione di alimenti,

H.  considerando che la trombina, pur derivando da parti commestibili di animali, presenta le caratteristiche di un «collante per carne» e lo scopo per il quale è impiegata come additivo alimentare è quello di unire insieme pezzi di carne separati in modo da ottenere un unico prodotto a base di carne,

I.  considerando che la trombina è pertanto utilizzata per presentare ai consumatori pezzi di carne separati come un unico prodotto a base di carne, ed è quindi palese il rischio di indurre in errore il consumatore,

J.  considerando che lo stesso progetto di direttiva della Commissione, al considerando 25, riconosce che l'utilizzo di trombina unita a fibrinogeno come additivo alimentare potrebbe trarre in inganno il consumatore riguardo allo stato del prodotto alimentare finale,

K.  considerando che il punto 3, lettera h), dell'allegato del progetto di direttiva della Commissione prevede l'inclusione, nell'elenco degli additivi alimentari autorizzati di cui all'allegato IV della direttiva 95/2/CE, della trombina di origine bovina e/o suina nelle preparazioni e nei prodotti a base di carne preconfezionati per il consumatore finale fino a un massimo di 1 mg/kg, da utilizzarsi unitamente a fibrinogeno e a condizione che il prodotto alimentare rechi, in prossimità della sua denominazione commerciale, la dicitura «tagli di carne combinati»,

L.  considerando che, sebbene il progetto di direttiva della Commissione non consenta l'utilizzo di trombina come additivo alimentare nelle pietanze a base di carne servite nei ristoranti o in altri pubblici esercizi che servono alimenti, ciononostante esiste il rischio evidente che in tali pietanze finisca della carne contenente trombina, dati i prezzi più elevati che si possono applicare a pezzi di carne serviti come un unico taglio di carne,

M.  considerando che non è pertanto certo che il divieto di utilizzare trombina nelle pietanze a base di carne servite nei ristoranti o in altri pubblici esercizi che servono alimenti sortisca l'effetto di impedire nella pratica l'utilizzo di prodotti a base di carne ricostituita nei ristoranti e negli altri esercizi suddetti nonché la loro vendita ai consumatori come tagli unici di carne,

N.  considerando che le summenzionate condizioni di etichettatura, contenute nel progetto di direttiva della Commissione, non riuscirebbero a impedire che i consumatori ricevano un'impressione falsa e fuorviante riguardo all'esistenza di un prodotto costituito da un unico taglio di carne, e che pertanto esiste il rischio che i consumatori siano tratti in errore e messi nell'impossibilità di compiere una scelta consapevole riguardo al consumo di prodotti a base di carne contenente trombina,

O.  considerando che i vantaggi e i benefici presentati dalla trombina per i consumatori sono ancora da dimostrare,

P.  considerando che il processo di unire assieme diversi pezzi di carne separati aumenta considerevolmente la superficie esposta a infezioni ad opera di batteri patogeni (quali il clostridium o la salmonella), che nel corso di tale processo possono sopravvivere e riprodursi in assenza di ossigeno,

Q.  considerando che il rischio di infezione da batteri patogeni è particolarmente grave, dato che il processo di unione può essere svolto a freddo senza l'aggiunta di sale e senza alcun successivo riscaldamento, e che conseguentemente la sicurezza del prodotto finale non può essere garantita,

R.  considerando che il progetto di direttiva della Commissione non soddisfa pertanto, a tale riguardo, i criteri per l'inclusione degli additivi alimentari nell'allegato IV della direttiva 95/2/CE,

1.  ritiene che il progetto di direttiva della Commissione non sia compatibile con il fine e il contenuto del regolamento (CE) n. 1333/2008;

2.  si oppone all'adozione del progetto di direttiva della Commissione che modifica gli allegati della direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti e che abroga la decisione 2004/374/CE;

3.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16.
(2) GU L 31 del 1.2.2002, pag. 1.
(3) GU L 61 del 18.3.1995, pag. 1.
(4) GU L 40 del 11.2.1989, pag. 27.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.


Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi
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Risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sulla comunicazione della Commissione intitolata «Piano di azione per la donazione e il trapianto di organi (2009–2015): rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri» (2009/2104(INI))
P7_TA(2010)0183A7-0103/2010

Il Parlamento europeo,

–  visto l'articolo 184 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea,

–  vista la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,

–  vista la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti (COM(2008)0818),

–  vista la comunicazione della Commissione intitolata «Piano d'azione per la donazione e il trapianto di organi (2009–2015): rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri» (COM(2008)0819),

–  vista la direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani(1),

–  visti i principi orientativi dell'Organizzazione mondiale per la sanità sul trapianto di organi umani,

–  vista la Convenzione del Consiglio d'Europa sui diritti dell'uomo e la biomedicina e il suo protocollo addizionale relativo al trapianto di organi e tessuti di origine umana,

–  vista la Conferenza sulla sicurezza e la qualità della donazione e del trapianto di organi nell'Unione europea, svoltasi a Venezia il 17 e 18 settembre 2003,

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare e il parere della commissione giuridica (A7–0103/2010),

A.  considerando che attualmente nell'UE sono 56 000 i pazienti in attesa di un donatore compatibile di organi e che si stima che ogni giorno 12 persone muoiano in attesa di un trapianto d'organo solido,

B.  considerando che le necessità dei pazienti che attendono un trapianto in Europa non sono coperte per il numero limitato di organi disponibili da donatori altruisti sia deceduti che viventi,

C.  considerando che vi sono ampie differenze fra gli Stati membri per quanto riguarda i tassi di donazione di organi di persone decedute, che vanno dai 34,2 donatori per milione di abitanti (pma) in Spagna a 1,1 donatori (pma) in Bulgaria e che la carenza di organi è un importante fattore che incide sui programmi di trapianto,

D.  considerando che le politiche nazionali e il quadro regolamentare per le donazioni e i trapianti variano in modo sostanziale tra gli Stati membri secondo i differenti fattori giuridici, culturali, amministrativi e organizzativi,

E.  considerando che la donazione e il trapianto di organi sono questioni delicate e complesse, con un'importante dimensione etica, che richiedono la piena partecipazione della società per il loro sviluppo nonché il coinvolgimento di tutte le parti interessate,

F.  considerando che il trapianto di organi dà la possibilità di salvare vite umane, offre una migliore qualità della vita e (in caso di trapianto renale) presenta un migliore rapporto costi/benefici rispetto ad altre terapie sostitutive nonché di aumentare le occasioni dei pazienti di partecipare alla vita sociale e lavorativa,

G.  considerando che lo scambio di organi fra gli Stati membri è già una prassi comune, sebbene vi siano notevoli differenze fra il numero di organi scambiati a livello transfrontaliero tra gli Stati membri e che lo scambio di organi tra Stati membri è stato facilitato da organizzazioni di scambio internazionali, come Eurotransplant e Scandiatransplant,

H.  considerando che attualmente non vi è né una banca dati comune che copra l'intera Unione europea, contenente informazioni sugli organi destinati alla donazione e al trapianto o sui donatori viventi o deceduti, né, tanto meno, un sistema paneuropeo di certificazione che fornisca la prova che organi e tessuti umani sono stati ottenuti legalmente,

I.  considerando che solo la Spagna e pochi altri Stati membri sono riusciti ad aumentare significativamente il numero di donazioni di organi di persone decedute ed è stato dimostrato che tali aumenti sono legati all'introduzione di alcune pratiche organizzative che consentono ai sistemi di identificare i potenziali donatori e di massimizzare il numero di persone decedute che diventano donatori effettivi,

J.  considerando che la direttiva 2004/23/CE fornirà un quadro giuridico chiaro per la donazione e il trapianto di organi nell'Unione europea, con la conseguenza che in ogni Stato membro verrà creata o designata un'autorità nazionale competente per garantire il rispetto delle norme di qualità e di sicurezza dell'UE,

K.  considerando che il traffico di organi e di esseri umani per l'espianto di organi costituisce una grave violazione dei diritti umani,

L.  considerando che vi è un forte legame tra il traffico clandestino di organi e la tratta di persone allo scopo di espianto di organi, da una parte, e il sistema giuridico che regola la donazione di organi, dall'altra, in quanto, in primo luogo, la non disponibilità di organi nel sistema legale agisce da incentivo per le attività illecite, e, in secondo luogo, le attività illegali minano gravemente la credibilità del sistema legale di donazione di organi,

M.  considerando che i tassi di rifiuto di donare organi variano notevolmente in Europa e tale variabilità potrebbe essere spiegata con il livello di formazione e di competenza dei professionisti in termini di comunicazione e di cura della famiglia, i diversi approcci legislativi per consenso alla donazione di organi e la loro applicazione pratica e altri importanti fattori culturali, economici o sociali che influenzano la percezione sociale dei benefici della donazione e del trapianto,

N.  considerando che il tasso di donazione di organi di persone viventi può essere una misura aggiuntiva utile per i pazienti che non possono ottenere l'organo di cui hanno bisogno con un trapianto post-mortem, ma che occorre sottolineare che la donazione in vita può essere considerata solo allorché ogni attività illecita e il pagamento per la donazione sia stato escluso,

O.  considerando che un intervento in campo sanitario può essere effettuato solo dopo che l'interessato ha espresso liberamente e con conoscenza di causa il proprio consenso, che egli deve essere adeguatamente informato in via preliminare quanto allo scopo e alla natura dell'intervento, nonché sulle conseguenze e i rischi, e che può liberamente ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento,

P.  considerando che gli Stati membri devono provvedere affinché gli organi destinati al trapianto non vengano espiantati da una persona deceduta fino a quando la morte di tale persona non sia stata certificata in conformità del diritto nazionale,

Q.  considerando che le donazioni di organi di persone vive dovrebbero essere complementari a quelle di persone decedute,

R.  considerando che l'uso di organi a scopo terapeutico comporta un rischio di trasmissione di malattie infettive e di altro tipo,

S.  considerando che il fatto che le persone vivono più a lungo comporta una minore qualità degli organi disponibili, che a sua volta porta frequentemente a una riduzione del numero di trapianti, anche in quegli Stati membri in cui il numero di donatori è in aumento,

T.  considerando che la sensibilizzazione e l'opinione pubblica svolgono un ruolo decisivo nell'incremento del tasso di donazioni di organi,

U.  considerando che l'opera portata avanti dagli enti di beneficenza e da altre organizzazioni di volontariato negli Stati membri aumenta la sensibilizzazione sulla donazione di organi, e che i loro sforzi, in ultima analisi, contribuiscono a un aumento del numero di persone che si iscrivono sui registri di donatori di organi,

1.  si compiace del Piano d'azione europeo per la donazione e il trapianto di organi (2009-2015) adottato dalla Commissione nel dicembre 2008, che definisce un approccio cooperativo fra gli Stati membri sotto forma di una serie di azioni prioritarie, basate sull'individuazione e lo sviluppo di obiettivi comuni e la valutazione della donazione e delle attività di trapianto mediante indicatori concordati che potrebbero contribuire a individuare i parametri di riferimento e le pratiche migliori;

2.  esprime la sua preoccupazione dinanzi all'insufficienza di organi umani disponibili per il trapianto per far fronte alle necessità dei pazienti; riconosce che la grave penuria di donatori di organi rimane un ostacolo significativo che impedisce il pieno sviluppo dei servizi di trapianto e la principale sfida che gli Stati membri si trovano ad affrontare per quanto riguarda i trapianti di organi;

3.  prende atto del successo dei regimi in cui ai cittadini viene data la possibilità di iscriversi direttamente in un registro di donatori di organi quando espletano certe procedure amministrative, come la richiesta di un passaporto o una patente di guida; esorta gli Stati membri ad esaminare l'adozione di tali regimi, al fine di aumentare il numero delle persone iscritte nei registri di donatori;

4.  ritiene importante che, per evitare la perdita di organi disponibili per fini terapeutici, esista un quadro giuridico chiaramente definito relativo all'utilizzo di questi organi e che la società abbia fiducia nel sistema di donazione e di trapianto;

5.  rileva l'importanza degli aspetti organizzativi del reperimento di organi e sottolinea che gli scambi di informazione e di prassi migliori tra Stati membri aiuteranno i paesi con una bassa disponibilità di organi a migliorare i tassi di donazione, come dimostra, ad esempio, l'applicazione di elementi del modello spagnolo in diversi paesi, all'interno e all'esterno dell'UE, che sono riusciti ad aumentare i tassi di donazione di organi;

6.  sottolinea l'importanza dei coordinatori per le donazioni, e l'importanza di nominare coordinatori per le donazioni a livello ospedaliero; il ruolo del coordinatore per le donazioni dovrebbe essere riconosciuto come determinante ai fini del miglioramento non soltanto dell'efficacia del processo di donazione e trapianto, ma anche della qualità e della sicurezza degli organi da trapiantare;

7.  sottolinea che modificare l'organizzazione della donazione di organi e il loro reperimento può aumentare notevolmente e sostenere i tassi di donazione di organi;

8.  sottolinea che l'individuazione di potenziali donatori è stata considerata uno dei passaggi chiave nel processo di donazioni di persone decedute; evidenzia che la nomina, negli ospedali, di un responsabile delle donazioni (coordinatore per donazioni e trapianti) con il compito principale di elaborare un programma proattivo di individuazione dei donatori e ottimizzare l'intero processo della donazione di organi, costituisce il progresso più importante verso il miglioramento dei tassi di individuazione dei donatori e di donazione degli organi;

9.  prende atto dell'importanza dello scambio transfrontaliero di organi, dato che il donatore e il ricevente devono essere compatibili, e della conseguente importanza di disporre di un ampio ventaglio di donatori per rispondere alle necessità di tutti i pazienti in lista d'attesa; ritiene che se non vi sono scambi di organi tra gli Stati membri, i riceventi che necessitano di una combinazione rara hanno scarse probabilità di trovare un organo, mentre nel contempo determinati donatori non sono presi in considerazione perché non c'è un ricevente compatibile in lista d'attesa;

10.  accoglie con favore le attività di Eurotransplant e Scanditransplant, ma rileva che gli scambi di organi al di fuori di questi sistemi e tra questi sistemi possono essere notevolmente migliorati, soprattutto a beneficio dei pazienti in paesi piccoli;

11.  sottolinea che la fissazione di norme di qualità e sicurezza vincolanti sarà l'unico meccanismo che possa garantire un elevato livello di tutela della salute in tutta l'UE;

12.  sottolinea che la donazione dovrebbe essere volontaria e non remunerata e avvenire in contesti giuridici ed etici chiaramente definiti;

13.  invita gli Stati membri a provvedere affinché l'assegnazione degli organi ai riceventi avvenga secondo criteri trasparenti, scientifici e non discriminatori;

14.  invita gli Stati membri a garantire che sia chiaramente definita una base giuridica per garantire un valido consenso o una valida opposizione alla donazione di organi da parte di una persona deceduta o dei suoi parenti nonché ad assicurare che gli organi non vengano espiantati da una persona deceduta fino a quando la morte di tale persona non sia stata certificata in conformità del diritto nazionale;

15.  appoggia le misure volte a proteggere i donatori viventi e a garantire che la donazione di organi sia effettuata in modo altruistico e volontario, escludendo ogni pagamento che non sia un indennizzo che è strettamente limitato a compensare le spese sostenute nella donazione di un organo, quali le spese di viaggio, le spese per far accudire i bambini, la perdita di guadagno o i costi della convalescenza, vietando qualsiasi incentivo finanziario o svantaggio per un potenziale donatore; esorta gli Stati membri a definire le condizioni secondo cui può essere concesso un compenso;

16.  chiede alla Commissione di vagliare la possibilità di garantire che i donatori viventi siano legalmente assicurati in tutti gli Stati membri; la invita altresì ad analizzare le diverse coperture sanitarie dei donatori viventi in tutti gli Stati membri al fine di individuare le migliori prassi in seno all'Unione europea;

17.  sottolinea che gli Stati membri devono provvedere affinché i donatori viventi siano selezionati da professionisti qualificati o formati e competenti, sulla base dei loro antecedenti sanitari e medici, compreso un esame psicologico, se ritenuto necessario;

18.  sottolinea che la creazione di sistemi operativi ben strutturati e la promozione di modelli di successo a livello nazionale sono della massima importanza; suggerisce che i sistemi operativi dovrebbero includere un adeguato quadro giuridico, un'infrastruttura tecnica e logistica, un sostegno organizzativo associato a un efficace sistema di assegnazione;

19.  invita gli Stati membri a promuovere l'elaborazione dei programmi per il miglioramento della qualità della donazione di organi in tutti gli ospedali in cui esiste una possibilità di donazione di organi, come primo passo, sulla base di un'autovalutazione dell'intero processo di donazione di organi da parte di specialisti di cure intensive e del coordinatore dei trapianti di ogni ospedale, cercando la complementarità con revisioni esterne dei centri, qualora necessario e fattibile;

20.  sottolinea che l'educazione continua deve formare una parte essenziale delle strategie di comunicazione di tutti gli Stati membri su questo tema; in particolare, suggerisce che la gente dovrebbe essere meglio informata e incoraggiata a esprimersi sulla donazione di organi e a comunicare ai familiari i propri desideri al riguardo; constata che solo il 41% dei cittadini europei sembra aver discusso in famiglia della donazione di organi;

21.  incoraggia gli Stati membri a facilitare la dichiarazione della volontà di donare gli organi espressa in vita, offrendo la possibilità di un'iscrizione on-line in un registro nazionale e/o europeo di donatori, al fine di accelerare le procedure per la verifica del consenso alla donazione di organi;

22.  invita la Commissione, in stretta cooperazione con gli Stati membri, il Parlamento europeo e i soggetti interessati, a esaminare la possibilità di sviluppare un sistema grazie al quale si tenga conto, nel maggior numero possibile di Stati membri, delle volontà espresse dai cittadini che acconsentono alla donazione dei propri organi dopo il decesso;

23.  invita gli Stati membri a garantire la creazione di sistemi e registri connessi agevolmente accessibili ai fini della registrazione dei desideri dei futuri donatori;

24.  chiede, inoltre, agli Stati membri di adottare misure per facilitare l'inserimento, sulle carte d'identità nazionali o sulla patente di guida, di menzioni o simboli che identifichino il titolare come un donatore di organi;

25.  invita di conseguenza gli Stati membri a migliorare le conoscenze e le capacità di comunicazione dei professionisti nel settore sanitario e dei gruppi di sostegno dei pazienti in materia di trapianti; invita la Commissione, gli Stati membri e le organizzazioni della società civile, a partecipare a questo sforzo per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla possibilità di donare organi, tenendo conto delle peculiarità culturali di ciascun Stato membro;

26.  invita gli Stati membri a sfruttare pienamente il potenziale delle donazioni di donatori deceduti mettendo a punto sistemi efficaci per identificare i donatori di organi e promuovendo l'esistenza di coordinatori per donazioni e trapianti negli ospedali di tutta l'Europa; chiede agli Stati membri di valutare e rendere più frequente l'utilizzo di organi provenienti da donatori secondo criteri «ampliati» (vale a dire donatori anziani o quelli affetti da talune patologie), mantenendo i requisiti di qualità e sicurezza al più alto livello ricorrendo in particolare ai recenti progressi biotecnologici che limitano il rischio di rigetto degli organi trapiantati;

27.  è convinto sia necessario garantire un adeguato equilibrio tra, da un lato la protezione del donatore in termini di anonimato e di riservatezza e, dall'altro, la tracciabilità per scopi sanitari delle donazioni di organi onde impedire la remunerazione di donazioni di organi e il commercio e traffico di organi;

28.  sottolinea che i donatori viventi devono essere trattati con i più alti standard medici e senza alcun onere finanziario a loro carico, allorché si verificano problemi medici quali l'ipertensione, l'insufficienza renale e le loro conseguenze, potenzialmente causati dal trapianto, e che è opportuno evitar loro qualsiasi perdita di guadagno come conseguenza del trapianto o qualsiasi problema medico; ritiene che i donatori debbano essere protetti contro la discriminazione nel sistema sociale;

29.  ritiene che tutte le norme che disciplinano i sistemi dei trapianti (assegnazione, accesso ai servizi di trapianto, dati relativi all'attività, ecc.) dovrebbero essere rese pubbliche e adeguatamente controllate, in modo da evitare che qualsiasi discriminazione ingiustificata in termini di accesso alle liste di attesa per un trapianto e/o metodologie terapeutiche;

30.  constata che, benché vari Stati membri abbiano introdotto una registrazione obbligatoria per le procedure di trapianto e benché esistano taluni registri volontari, non esiste un sistema globale per raccogliere i dati sui vari tipi di trapianto e i loro risultati;

31.  sostiene pertanto fermamente la creazione di registri nazionali e comunitari e l'elaborazione di un metodo di confronto dei risultati dei registri esistenti per il seguito post-trapianto dei riceventi di organi, in conformità al quadro giuridico europeo esistente sulla protezione dei dati personali;

32.  è favorevole alla creazione di protocolli speciali a livello dell'UE che stabiliscano le procedure per le fasi operatorie e post-operatorie, sotto la responsabilità delle rispettive équipe di chirurghi, patologi e altri specialisti pertinenti;

33.  sostiene la creazione di registri nazionali e comunitari per il seguito dei donatori viventi, al fine di tutelarne meglio la salute;

34.  sottolinea che qualsiasi sfruttamento commerciale di organi, che impedisca un accesso equo al trapianto, non è etico, è contrario ai valori umani più fondamentali, viola l'articolo 21 della Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina ed è proibito ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'UE;

35.  sottolinea che la carenza di organi è collegata in due modi al traffico di organi e alla tratta di persone a scopo di espianto di organi: in primo luogo, una maggiore disponibilità di organi negli Stati membri contribuirebbe a migliorare il controllo di queste pratiche, eliminando la necessità per i cittadini dell'Unione europea di prendere in considerazione la ricerca di un organo al di fuori dell'UE, e, in secondo luogo, l'attività illegale pregiudica gravemente la credibilità del sistema legale di donazione di organi;

36.  ribadisce le raccomandazioni sulla lotta al commercio di organi della relazione Adamou sulla donazione e il trapianto di organi(2) ed è del parere che dovrebbero essere prese pienamente in considerazione dalla Commissione in sede di redazione del piano d'azione; insiste che la consapevolezza del problema all'interno della Commissione e di Europol deve crescere;

37.  sottolinea l'importanza dell'Assemblea mondiale della sanità che si terrà nel maggio 2010 e sollecita la Commissione e il Consiglio a combattere con forza a livello di OMS per il principio della donazione volontaria e gratuita;

38.  accoglie con favore lo studio congiunto del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite sul traffico di organi, tessuti e cellule e la tratta di esseri umani a scopo di espianto di organi;

39.  prende atto della relazione di David Matas e David Kilgour sull'uccisione dei praticanti del Falung Gong per i loro organi, e chiede alla Commissione di presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle accuse, corredata da altri casi simili;

40.  esorta gli Stati membri a stabilire meccanismi volti a evitare una situazione in cui gli operatori sanitari, le istituzioni o le compagnie di assicurazione incoraggino i cittadini dell'Unione ad acquisire organi in paesi terzi mediante pratiche che comportano il traffico di organi o di persone a scopo di espianto di organi; esorta gli Stati membri a monitorare i casi di questo genere che si verificano nei loro territori e li invita a prendere in considerazione l'opportunità di introdurre misure legislative, comprese sanzioni, applicabili alle persone che fomentano tali attività o vi partecipano;

41.  respinge con fermezza il comportamento di alcune organizzazioni di assicurazione sanitaria che incoraggiano i pazienti a partecipare al turismo dei trapianti e chiede agli Stati membri di controllare rigorosamente e punire tale comportamento;

42.  sottolinea che i pazienti che hanno ricevuto un organo in circostanze illecite non possono essere esclusi dall'assistenza sanitaria nell'Unione europea; ricorda che, come in ogni altro caso, è opportuno distinguere tra la punizione per attività illegali e la necessità di cure;

43.  sottolinea che gli Stati membri devono intensificare la cooperazione sotto gli auspici di Interpol ed Europol al fine di affrontare con maggiore efficacia il problema del traffico di organi;

44.  riconosce l'importanza essenziale di migliorare la qualità e la sicurezza della donazione e del trapianto di organi; osserva che ciò avrà un impatto sulla riduzione dei rischi di trapianto e ridurrà, pertanto, gli effetti negativi; riconosce che le azioni in materia di qualità e di sicurezza potrebbero avere ripercussioni sulla disponibilità di organi e viceversa; invita la Commissione ad aiutare gli Stati membri a sviluppare la loro capacità di creare e sviluppare regolamentazioni nazionali e un quadro regolamentare volto a potenziare la qualità e la sicurezza;

45.  sottolinea che una buona cooperazione tra i professionisti sanitari e le autorità nazionali o altre organizzazioni legittimate è necessaria e fornisce valore aggiunto;

46.  riconosce l'importante ruolo delle cure post-trapianto, compreso l'uso di appropriate terapie anti-rigetto, nel successo dei trapianti; riconosce che l'uso ottimale delle terapie antirigetto può portare a un miglioramento della salute a lungo termine per i pazienti, la sopravvivenza del trapiantato e, di conseguenza, a una più ampia disponibilità di organi in ragione del ridotto fabbisogno di nuovo trapianto, e afferma che gli Stati membri dovrebbero garantire che i pazienti abbiano accesso alle migliori terapie disponibili;

47.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.

(1) GU L 102 del 7.4.2004, pag. 48.
(2) Risoluzione del Parlamento europeo del 22 aprile 2008 sulla donazione e il trapianto di organi: azioni politiche a livello UE (Testi approvati, P6_TA(2008)0130).


Aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
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Risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sugli aspetti istituzionali dell'adesione dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (2009/2241(INI))
P7_TA(2010)0184A7-0144/2010

Il Parlamento europeo,

–  visti l'articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, l'articolo 216, paragrafo 2, l'articolo 218, paragrafo 6, l'articolo 218, paragrafo 8 e l'articolo 218, paragrafo 10, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea come pure il protocollo relativo all'articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea sull'adesione dell'Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in appresso CEDU),

–  vista la decisione della Conferenza dei presidenti del 14 gennaio 2010 di autorizzare l'applicazione dell'articolo 50 del regolamento (procedura delle commissioni associate)(1),

–  visto l'articolo 48 del suo regolamento,

–  visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e i pareri della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e della commissione per gli affari esteri (A7–0144/2010),

A.  considerando che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha constatato, con giurisprudenza costante a partire dalle sentenze nella causa 11-70 Internationale Handelsgesellschaft mbH del 17 dicembre 1970(2) e nella causa 4-73 Nold del 14 maggio 1974(3), che i diritti fondamentali sono parte integrante dei principi generali del diritto di cui essa assicura il rispetto,

B.  considerando che, così facendo, la Corte di giustizia dell'Unione europea si ispira alle tradizioni costituzionali che gli Stati membri hanno in comune, nonché a strumenti internazionali concernenti la protezione dei diritti dell'uomo cui gli Stati membri hanno aderito, come la CEDU,

C.  considerando che l'essenza di questa giurisprudenza è stata incorporata nel diritto primario dal trattato di Maastricht sull'Unione europea del 1993,

D.  considerando che la Corte di giustizia dell'Unione europea presta un'attenzione particolare all'evoluzione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, come dimostra il numero crescente di sentenze che fanno riferimento a disposizioni della CEDU,

E.  considerando che la Corte europea dei diritti dell'uomo parte, in linea di principio, da una «presunzione di compatibilità» del comportamento di uno Stato membro dell'Unione con la CEDU quando detto Stato non fa che porre in atto il diritto dell'Unione,

F.  considerando che, in un parere del 28 marzo 1996, la Corte di giustizia dell'Unione europea constatava che la Comunità europea non poteva aderire alla CEDU senza una modifica preliminare del trattato, in quanto l'UE non aveva una competenza esplicita o implicita a tal fine,

G.  considerando che all'atto dell'adesione i limiti posti dal trattato di Lisbona e dai protocolli aggiuntivi devono essere rispettati, segnatamente l'articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea e il protocollo n. 8 del trattato di Lisbona; considerando inoltre che queste disposizioni non costituiscono solo un'opzione che consente all'Unione di aderire, ma un obbligo per le istituzioni dell'Unione di agire in tal modo; considerando che l'accordo relativo all'adesione dell'Unione alla CEDU deve rispecchiare la necessità di preservare le caratteristiche specifiche dell'Unione e del diritto dell'Unione,

H.  considerando che, a seguito della conclusione del protocollo n. 14 che modifica la CEDU, la possibilità di un'adesione dell'Unione è ormai acquisita per quanto concerne gli Stati parte alla CEDU, e che le condizioni e le modalità dell'adesione devono essere stabilite in occasione di quest'ultima fra l'Unione, da un lato, e gli Stati parte alla CEDU, dall'altro,

I.  considerando che un accordo di questo tipo dovrebbe altresì trattare questioni amministrative e tecniche, come il principio di un contributo dell'Unione ai costi di funzionamento della Corte europea dei diritti dell'uomo; che sarebbe opportuno prevedere, in tale contesto, la creazione di un bilancio autonomo della Corte europea dei diritti dell'uomo al fine di facilitare la determinazione dei rispettivi contributi,

J.  considerando che, aderendo alla CEDU, l'Unione sarà integrata nel suo sistema di protezione dei diritti fondamentali e disporrà, oltre alla protezione interna di questi diritti da parte della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, di un organo di protezione esterna di carattere internazionale,

K.  considerando che la CEDU è stata sviluppata non solo attraverso i protocolli aggiuntivi, ma anche attraverso altre convenzioni, carte e accordi, che producono un sistema in continua evoluzione di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

1.  sottolinea i principali argomenti a favore di un'adesione dell'Unione alla CEDU, che possono riassumersi come segue:

   l'adesione costituisce un progresso nel processo di integrazione europea e implica un passo avanti verso l'Unione politica,
   nel momento in cui l'Unione vede il suo sistema di protezione dei diritti fondamentali completato e rafforzato dall'integrazione della Carta dei diritti fondamentali nel suo diritto primario, l'adesione alla CEDU rappresenterà un segnale forte della coerenza tra l'Unione e i paesi appartenenti al Consiglio d'Europa e al suo regime paneuropeo in materia di diritti dell'uomo; questa adesione rafforzerà altresì la credibilità dell'Unione presso i paesi terzi a cui, nel quadro dei suoi rapporti bilaterali, essa chiede regolarmente il rispetto della CEDU,
   l'adesione alla CEDU garantirà ai cittadini, rispetto all'azione dell'Unione, una protezione analoga a quella di cui già beneficiano rispetto a tutti gli Stati membri; ciò è ancor più pertinente se si considera che gli Stati membri hanno trasferito all'Unione competenze rilevanti,
   l'armonizzazione legislativa e giurisprudenziale in materia di diritti dell'uomo fra gli ordinamenti giuridici dell'Unione e della CEDU contribuirà allo sviluppo armonioso delle due corti europee in materia di diritti dell'uomo, segnatamente attraverso la maggiore necessità di un dialogo e di una cooperazione, e creerà di conseguenza un sistema integrale, in cui le due corti funzioneranno in sincronia,
   l'adesione compenserà altresì in qualche misura il fatto che il campo di applicazione della Corte di giustizia dell'Unione europea è in un certo senso vincolato in materia di politica estera e di sicurezza e di politica di polizia e di sicurezza fornendo un'utile vigilanza giudiziaria esterna di tutte le attività dell'UE,
   l'adesione non metterà per nulla in discussione il principio dell'autonomia del diritto dell'Unione, in quanto la Corte di giustizia dell'Unione europea continuerà a essere l'unico giudice supremo per le questioni attinenti al diritto dell'Unione e alla validità dei suoi atti, poiché la Corte dei diritti dell'uomo può essere considerata solo un organo che esercita un controllo esterno sul rispetto, da parte dell'Unione, degli obblighi di diritto internazionale che le derivano dalla sua adesione alla CEDU; la relazione tra le due corti europee non è gerarchica, ma è piuttosto una relazione di specializzazione; la Corte di giustizia dell'Unione europea avrà così uno status analogo a quello che hanno attualmente le corti supreme degli Stati membri rispetto alla Corte europea dei diritti dell'uomo;

2.  ricorda che, in base all'articolo 6 del trattato sull'Unione europea e al protocollo n. 8, l'adesione non comporta un'estensione delle competenze dell'Unione né crea, in particolare, una competenza generale di quest'ultima in materia di diritti dell'uomo e che, in base all'articolo 4, paragrafo 2, e all'articolo 6, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, devono essere rispettate le tradizioni e le identità costituzionali degli Stati membri;

3.  afferma che, in base all'articolo 2 del protocollo n. 8 del trattato di Lisbona, l'accordo relativo all'adesione dell'Unione alla CEDU deve garantire che l'adesione non pregiudichi la situazione interna specifica degli Stati membri nei confronti della CEDU e, segnatamente, dei suoi protocolli, nonché nei confronti di eventuali deroghe e riserve formulate dagli Stati membri in particolare, e che siffatte circostanze non dovrebbero influenzare la posizione che l'Unione assume rispetto alla CEDU;

4.  constata che il sistema della CEDU è stato completato da una serie di protocolli addizionali concernenti la protezione di diritti che non sono oggetto della CEDU e raccomanda che la Commissione abbia il mandato per negoziare anche un'adesione a tutti i protocolli concernenti diritti che corrispondono alla Carta dei diritti fondamentali e ciò indipendentemente dalla loro ratifica da parte degli Stati membri dell'Unione;

5.  sottolinea che, essendo l'adesione dell'UE alla CEDU l'adesione di una parte «non Stato» a uno strumento giuridico creato per gli Stati, tale adesione andrebbe completata senza alterare i tratti distintivi della CEDU e riducendo al minimo le modifiche al suo sistema giudiziario; ritiene importante, nell'interesse dei ricorrenti sia dell'Unione che dei paesi terzi, privilegiare modalità d'adesione che determino il minore impatto possibile sul carico di lavoro della Corte europea dei diritti dell'uomo;

6.  sottolinea che, assieme all'impegno politico, è della massima importanza trovare le risposte e le soluzioni adeguate ai principali interrogativi tecnici per far sì che l'adesione dell'UE alla CEDU sia usata a beneficio dei cittadini; osserva che dettagli non definiti e poco chiari possono creare confusione e mettere in pericolo lo scopo stesso dell'adesione; segnala tuttavia che impedimenti tecnici non devono ritardare il processo;

7.  sottolinea che l'adesione alla CEDU non fa dell'Unione un membro del Consiglio d'Europa, ma che una certa partecipazione dell'Unione agli organi della CEDU è necessaria per garantire una buona integrazione dell'Unione stessa nel sistema della CEDU e che l'Unione dovrebbe quindi disporvi di taluni diritti, segnatamente:

   il diritto di presentare una lista di tre candidati per la funzione di giudice, di cui uno, eletto dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa a titolo dell'Unione, che partecipi ai lavori della Corte su un piede di parità con gli altri giudici, a norma dell'articolo 27, paragrafo 2, della CEDU; il Parlamento europeo si occuperà di mettere a punto la lista dei candidati secondo una procedura simile a quella prevista dall'articolo 255 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea concernente i candidati all'esercizio delle funzioni di giudice presso la Corte di giustizia dell'Unione europea,
   il diritto di partecipare attraverso la Commissione europea, con facoltà di voto, a nome dell'UE, alle riunioni del Comitato dei ministri quando quest'ultimo svolge le sue funzioni di organo di controllo dell'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo o quando delibera sull'opportunità di chiedere un parere alla Corte, nonché il diritto di essere rappresentata in seno al Comitato direttivo per i diritti dell'uomo (sotto-organo del Comitato dei ministri),
   il diritto, per il Parlamento europeo, di designare/inviare un certo numero di rappresentanti all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa in occasione dell'elezione dei giudici alla Corte europea dei diritti dell'uomo;

8.  è del parere che gli Stati membri, al momento dell'adesione alla CEDU, dovrebbero impegnarsi fra loro e nelle loro reciproche relazioni con l'Unione a non presentare un ricorso interstatale per inadempimento ai sensi dell'articolo 33 della CEDU quando l'atto o l'omissione facente oggetto del litigio rientra nel campo di applicazione del diritto dell'Unione, poiché ciò sarebbe contrario all'articolo 344 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

9.  ritiene che il principale valore aggiunto dell'adesione dell'UE alla CEDU risieda nel ricorso individuale contro azioni intese alla messa in atto del diritto dell'Unione da parte delle sue istituzioni o degli Stati membri, e che pertanto qualsiasi ricorso di una persona fisica o morale relativo a un atto o a un inadempimento di un'istituzione o di un organismo dell'Unione deve essere diretto esclusivamente contro quest'ultima; analogamente, qualsiasi ricorso avente come oggetto una misura intesa alla messa in atto, da parte di uno Stato membro, del diritto dell'Unione deve essere presentato esclusivamente contro lo Stato membro in questione; ciò non deve impedire che, se vi sono dubbi circa la ripartizione delle responsabilità, il ricorso possa essere presentato contemporaneamente contro l'Unione e lo Stato membro;

10.  ritiene che, agli effetti dell'adempimento alla condizione di esaurimento dei ricorsi interni di cui all'articolo 35 della CEDU, il richiedente debba aver esaurito i ricorsi giudiziali dello Stato in oggetto, nonché il ricorso pregiudiziale dinanzi alla Corte di Lussemburgo; tale formalità si considera espletata quando il ricorrente ne ha fatto domanda e il giudice nazionale non ritiene opportuno la proposizione del relativo ricorso pregiudiziale;

11.  rileva che, a seguito dell'adesione dell'UE alla CEDU, potrebbe accadere che in alcuni casi siano competenti sia la Corte europea dei diritti dell'uomo sia la Corte di giustizia dell'Unione europea e rileva che non sarà consentita la possibilità di adire simultaneamente le due Corti;

12.  ritiene opportuno che, nell'interesse di una buona amministrazione della giustizia e fatto salvo l'articolo 36, paragrafo 2 della CEDU, in ogni causa dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo suscettibile di sollevare una questione concernente il diritto dell'Unione, intentata contro uno Stato membro, l'Unione possa intervenire in qualità di coconvenuta e che, in ogni causa intentata contro l'Unione alle stesse condizioni, ogni Stato membro possa intervenire come coconvenuto; questa possibilità deve essere definita sulla base delle disposizioni del trattato di adesione in maniera chiara e sufficientemente ampia;

13.  ritiene che l'adozione dello statuto di coconvenuto non ostacoli altre possibilità indirette offerte dalla CEDU (articolo 36, paragrafo 1), quali il diritto dell'UE di intervenire in qualità di terzo nei casi di ricorsi presentati da cittadini dell'Unione;

14.  ritiene che, avendo la Corte europea dei diritti dell'uomo riconosciuto l'applicabilità extraterritoriale della CEDU, l'Unione si debba porre l'obiettivo del pieno rispetto di tale obbligo nelle sue relazioni e attività esterne;

15.  è del parere che non sarebbe ragionevole formalizzare le relazioni fra la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo introducendo una procedura pregiudiziale dinanzi a quest'ultima o istituendo un organismo o «panel» incaricato di prendere una decisione allorché uno dei due tribunali prevede di adottare un'interpretazione della CEDU diversa dall'interpretazione adottata dall'altro; ricorda, in tale contesto, la dichiarazione n. 2 relativa all'articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull'Unione europea, che prende atto dell'esistenza di un dialogo regolare fra la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo, dialogo che dovrebbe trovarsi ad essere rafforzato dall'adesione dell'Unione alla CEDU;

16.  è chiaramente consapevole del fatto che la Corte europea dei diritti dell'uomo può riscontrare una violazione in una causa in merito alla quale la Corte di giustizia dell'Unione europea si è già pronunciata e sottolinea che ciò non metterebbe in alcun modo in dubbio la credibilità della Corte di giustizia dell'Unione europea, superarbitro finale nel sistema giudiziario dell'UE;

17.  evidenzia che, in seguito all'adesione, la CEDU costituirà il livello minimo di protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Europa e che sarà d'importanza fondamentale, in particolare nei casi in cui la protezione accordata dall'UE sia inferiore a quella prevista dalla CEDU; rileva che la CEDU rafforza la salvaguardia dei diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali e che rientrano nel suo campo di applicazione, e che la Carta riconosce anche altri diritti e principi che non sono contenuti nella CEDU, ma nei protocolli aggiuntivi e negli strumenti collegati alla CEDU;

18.  ricorda che la promozione del rispetto dei diritti umani, valore fondamentale dell'UE già radicato nel suo trattato costitutivo, rappresenta un terreno comune per le sue relazioni con i paesi terzi; esprime pertanto il parere che detta adesione rafforzerà ulteriormente la fiducia dei cittadini nell'Unione europea e la credibilità dell'Unione nel quadro del dialogo sui diritti umani con i paesi terzi; sottolinea inoltre che l'applicazione piena e uniforme della Carta dei diritti fondamentali a livello UE è ugualmente essenziale a garantire la credibilità dell'Unione in questo dialogo;

19.  constata che la CEDU ha una funzione importante nel quadro dell'interpretazione della Carta dei diritti fondamentali, nella misura in cui diritti garantiti dalla Carta che corrispondono a diritti riconosciuti dalla CEDU devono essere interpretati conformemente a questa e che la CEDU costituisce, in virtù dell'articolo 6, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, una fonte di ispirazione per la Corte di giustizia dell'Unione europea nella formulazione di principi generali del diritto dell'Unione; constata altresì che la CEDU, conformemente al suo articolo 53, non può essere interpretata come recante pregiudizio o limitazione ai diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali, che conserva quindi integralmente il suo valore giuridico;

20.  sottolinea l'importanza della CEDU e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per l'elaborazione di un quadro giuridico e di principi guida quanto all'azione attuale e futura nel settore delle libertà civili, della giustizia e degli affari interni, soprattutto alla luce delle nuove forme di integrazione e armonizzazione delle libertà civili, della giustizia e degli affari interni avviate con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona e l'adozione del programma di Stoccolma;

21.  sottolinea che tale adesione contribuirà innanzi tutto all'attuazione di un sistema dei diritti umani più coerente all'interno dell'UE; ritiene che essa rafforzerà la credibilità dell'UE agli occhi dei suoi cittadini nel settore della salvaguardia dei diritti umani, garantendo il pieno ed effettivo rispetto dei diritti fondamentali ogniqualvolta sia in gioco il diritto dell'UE;

22.  rileva che, dopo l'adesione, la competenza della Corte europea dei diritti dell'uomo a giudicare sulle questioni di pertinenza della CEDU non potrà essere contestata in base alla struttura interna del diritto dell'UE; sottolinea altresì che la competenza della Corte europea dei diritti dell'uomo non deve limitarsi ai cittadini europei o all'area geografica dell'Unione europea (ad esempio nel caso delle missioni o delle delegazioni);

23.  rileva che l'adesione dell'UE alla CEDU fornirà uno strumento aggiuntivo per applicare i diritti umani, in particolare la possibilità di presentare una denuncia dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione a un'azione o ad una mancata azione di un'istituzione dell'UE o di uno Stato membro nel quadro dell'attuazione del diritto dell'Unione, rientrante nell'ambito delle competenze della CEDU; sottolinea, tuttavia, che l'adesione non altera l'attuale sistema giurisdizionale della Corte di giustizia dell'Unione europea né quello della Corte europea dei diritti dell'uomo e che la condizione di ricevibilità di un ricorso continuerà ad essere costituita dall'esperimento preventivo di tutti i rimedi giurisdizionali interni; chiede che i ricorsi e le denunce dei cittadini siano trattati entro termini ragionevoli; invita la Commissione a fornire, in consultazione con la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo, orientamenti su quali siano i rimedi giurisdizionali interni adeguati nell'ambito dell'Unione e sulle pronunce pregiudiziali a norma del diritto dell'UE; sottolinea, in questo contesto, la necessità di garantire che i tribunali degli Stati membri deferiscano le cause alla Corte di giustizia dell'Unione europea quando si tratta di questioni attinenti ai diritti fondamentali;

24.  sottolinea che allo stesso tempo l'adesione richiederà una maggiore collaborazione tra i tribunali nazionali, la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo nel quadro della salvaguardia dei diritti fondamentali; rileva che la collaborazione tra i due tribunali europei favorirà lo sviluppo di un sistema giuridico coerente nel settore dei diritti umani;

25.  si compiace altresì del fatto che l'articolo 1 della CEDU garantirà non solo la protezione dei cittadini dell'UE e delle altre persone all'interno del territorio dell'Unione, ma anche di tutti coloro che rientrano nella giurisdizione dell'Unione anche al di fuori del suo territorio;

26.  è consapevole del fatto che l'adesione in quanto tale non risolverà i problemi estremamente gravi con cui il sistema della CEDU è chiamato a misurarsi, vale a dire, da un lato, il carico eccessivo di lavoro dovuto a un aumento esponenziale dei ricorsi individuali e, dall'altro, la riforma della struttura e del funzionamento della Corte al fine di far fronte alla situazione; nota che la Corte europea dei diritti dell'uomo riconosce il fatto che opera in un ambiente giuridico e politico complesso e constata che l'entrata in vigore, il 1° giugno 2010, del protocollo n. 14, certamente contribuirà a ridurre il numero delle procedure pendenti, ma non le farà scomparire; sottolinea, nel contesto della riforma della Corte europea dei diritti dell'uomo, la rilevanza della Dichiarazione di Interlaken, con particolare riferimento al paragrafo 4 della stessa, il quale opera un doveroso richiamo ad una uniforme e rigorosa applicazione dei criteri concernenti l' ammissibilità e la giurisdizione della Corte;

27.  ritiene fondamentale mantenere l'indipendenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in termini di politica del personale e di bilancio;

28.  richiama l'attenzione sul fatto che il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, data l'importanza che riveste sotto il profilo costituzionale un'adesione dell'Unione alla CEDU, prevede per l'Unione condizioni impegnative, vale a dire che il Consiglio adotti all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, la decisione relativa alla conclusione dell'accordo e che detto accordo entri in vigore solo previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali;

29.  esorta i parlamenti nazionali degli Stati membri dell'UE a manifestare chiaramente la propria volontà e disponibilità a facilitare il processo di adesione coinvolgendo i propri tribunali nazionali e ministeri di giustizia;

30.  osserva che l'adesione dell'Unione alla CEDU implica il riconoscimento, da parte dell'UE, dell'intero sistema di tutela dei diritti dell'uomo, come sviluppato e codificato da numerosi altri documenti del Consiglio d'Europa; in tal senso, l'adesione dell'Unione alla CEDU costituisce un primo passo essenziale che successivamente dovrebbe essere completato con l'adesione, fra l'altro, dell'Unione alla Carta sociale europea, firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e rivista a Strasburgo il 3 maggio 1996, in linea con l«acquis già sancito nella Carta dei diritti fondamentali nonché nella legislazione sociale dell'Unione;

31.  chiede anche che l'Unione entri a far parte degli organi del Consiglio d'Europa, quali il comitato per la prevenzione della tortura (CTP), la commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (ECRI) e la commissione europea per l'efficienza della giustizia (CEPEJ); sottolinea anche la necessità che l'Unione assista in particolare ai lavori del Commissario per i diritti dell'uomo, del Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS) e del Comitato europeo sulle migrazioni e chiede di essere debitamente informato sulle conclusioni e decisioni di detti organi;

32.  ritiene che, a beneficio dei cittadini, della democrazia e dei diritti dell'uomo in Europa e nell'UE e a garanzia del rispetto per la salvaguardia dei diritti umani, la cooperazione tra le istituzioni dell'UE e gli organi specializzati del Consiglio d'Europa vada rafforzata per contribuire a una maggiore coerenza e a una maggiore complementarità in materia di diritti umani a livello paneuropeo;

33.  suggerisce che, al fine di rendere i cittadini consapevoli del valore aggiunto dell'adesione, il Consiglio d'Europa e l'UE dovrebbero elaborare linee guida contenenti una chiara spiegazione di tutti gli effetti e le implicazioni dell'adesione; ribadisce, a questo proposito, che la Commissione e gli Stati membri dovrebbero fornire ai cittadini dell'UE informazioni che consentano loro di comprendere bene il significato dei meccanismi aggiuntivi e il modo in cui utilizzarli adeguatamente;

34.sottolinea l'importanza di disporre di un organo informale per coordinare la condivisione di informazioni fra il Parlamento europeo e l'Assembla parlamentare del Consiglio d'Europa;

35.  sottolinea che, nella misura in cui l'adesione alla CEDU non riguarda solo le istituzioni dell'UE ma anche i cittadini dell'Unione, il Parlamento europeo deve essere consultato e coinvolto in tutto il processo negoziale e deve essere immediatamente e completamente associato e informato in tutte le fasi dei negoziati, come previsto dall'articolo 218, paragrafo 10, del trattato sull'Unione europea;

36.  accoglie con favore l'impegno dimostrato dall'attuale Presidenza spagnola nel considerare questa adesione come «questione urgente» e l'atteggiamento positivo e collaborativo del Consiglio d'Europa al riguardo; invita le Presidenze belga e ungherese a fare tutto il possibile per portare a termine l'adesione alla prima occasione utile e nel modo più semplice e accessibile possibile affinché i cittadini dell'UE possano beneficiare al più presto dell'adesione dell'Unione alla CEDU;

37.  insiste, in considerazione del ruolo rilevante che il trattato di Lisbona conferisce al Parlamento europeo per quanto concerne la conclusione dell'accordo di adesione, affinché il Parlamento sia debitamente informato in merito alla definizione del mandato negoziale per l'adesione alla CEDU e affinché sia strettamente coinvolto nelle discussioni preliminari e nello svolgimento dei negoziati su tale testo in conformità delle disposizioni dell'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

38.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione.

(1) Processo verbale della Conferenza dei presidenti, PE 432.390/CPG, punto 9.1.
(2) Raccolta della giurisprudenza 1970, pag. 1125.
(3) Raccolta della giurisprudenza 1974, pag. 491.


Prima conferenza di riesame dello Statuto di Roma
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Risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio 2010 sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda
P7_TA(2010)0185B7-0265/2010

Il Parlamento europeo,

–  vista la decisione dell'Assemblea degli Stati parte, adottata il 26 novembre 2009 nella sua 8a riunione plenaria(1), di convocare la Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda, dal 31 maggio all«11 giugno 2010,

–  viste le precedenti risoluzioni e relazioni della Conferenza di revisione, e in particolare la risoluzione ICC-ASP/7/Res.2 relativa alla nomina e all'elezione dei giudici, del procuratore e dei procuratori aggiunti della CPI,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Corte penale internazionale, in particolare quelle in data 19 novembre 1998(2), 18 gennaio 2001(3), 28 febbraio 2002(4), 4 luglio 2002 sul progetto di legge concernente la protezione dei membri delle forze armate americane (ASPA)(5) e 26 settembre 2002(6) nonché la sua risoluzione in data 22 maggio 2008(7),

–  visti lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI) e la sua entrata in vigore il 1° luglio 2002,

–  vista la dichiarazione sulla Corte penale internazionale rilasciata il 1° luglio 2002 dalla Presidenza del Consiglio a nome dell'Unione europea,

–  vista l'importanza accordata dalla CPI e dall'UE al consolidamento dello Stato di diritto e al rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale nonché alla difesa della pace e al rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite e come previsto dall'articolo 21, paragrafo 2, lettera b) del trattato sull'Unione europea,

–  visto che il 16 giugno 2003(8) il Consiglio dell'Unione europea ha adottato la posizione comune 2003/444/PESC sulla Corte penale internazionale affermando che i crimini gravi che rientrano nella giurisdizione della Corte riguardano tutti gli Stati membri, che sono determinati a collaborare per prevenire tali crimini e porre termine all'impunità degli autori degli stessi e ponendo l'obiettivo di sostenere l'effettivo funzionamento della Corte e promuovere un appoggio universale a quest'ultima incoraggiando una partecipazione quanto più ampia possibile allo Statuto,

–  visto il piano d'azione sul seguito da dare alla posizione comune(9) adottato in via definitiva dall'UE il 4 febbraio 2004 e concernente il coordinamento delle attività dell'UE, l'universalità e l'integrità dello Statuto di Roma e l'indipendenza e l'effettivo funzionamento della CPI,

–  vista l'adozione da parte dell'UE di una serie di «principi direttivi»(10) che fissano obiettivi di riferimento minimi che gli Stati parte della CPI devono rispettare al momento di concludere accordi bilaterali di non consegna,

–  viste le numerose decisioni(11) adottate dal Consiglio dell'Unione europea nel campo della giustizia, libertà e sicurezza al fine di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri nell'accertamento e nel perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra a livello nazionale,

–  visto il programma di Stoccolma che invita le istituzioni dell'UE a sostenere e a incoraggiare e promuovere le attività dell'Unione e degli Stati membri contro l'impunità e a combattere i crimini di genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra e in tale contesto a promuovere la cooperazione tra gli Stati membri e la CPI,

–  visti i notevoli progressi compiuti dall'elezione dei primi giudici e del primo procuratore nonché il fatto che attualmente la Corte sta svolgendo indagini in cinque paesi (Kenya, Repubblica democratica del Congo, Sudan/Darfur, Uganda e Repubblica Centrafricana),

–  visto che la Conferenza di revisione della CPI costituisce il momento opportuno per riflettere sui progressi registrati dalla Corte e sulla opera di dissuasione e composizione dei conflitti armati, con particolare riferimento alla risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulle donne, la pace e la sicurezza,

–  visto il memorandum dello Statuto di Roma che definisce la giurisdizione della CPI e qualifica lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione coatta, la gravidanza forzata, la sterilizzazione forzata e qualsiasi altra forma di violenza sessuale di analoga gravità alla stregua di crimini contro l'umanità,

–  viste le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla Conferenza di revisione sullo Statuto di Roma della Corte penale internazionale a Kampala, Uganda,

–  visto l'articolo 110, paragrafo 2, del suo regolamento,

A.  considerando che l'UE è uno strenuo sostenitore della CPI e promuove l'universalità e difende l'integrità dello Statuto di Roma al fine di tutelare e rafforzare l'indipendenza, la legittimità e l'efficacia del processo giudiziario internazionale,

B.  considerando che anche il raggiungimento della più ampia ratifica e attuazione possibile dello Statuto di Roma è stato un obiettivo dell'Unione europea nel corso dei negoziati relativi all'ampliamento nel processo di adesione dei nuovi Stati membri dell'Unione europea; che la ratifica e l'attuazione di tale statuto dovrebbero costituire un importante obiettivo per l'Unione europea anche nell'ambito delle relazioni con altri partner, segnatamente gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e Israele,

C.  considerando che l'UE persegue sistematicamente l'inclusione di una clausola relativa alla CPI nei mandati di negoziato e negli accordi con i paesi terzi,

D.  considerando che il rispetto e la promozione e la salvaguardia dell'universalità dei diritti umani fa parte dell'acquis giuridico ed etico dell'Unione ed è una delle pietre miliari dell'unità e dell'integrità europea(12),

E.  considerando che negli ultimi decenni si è assistito a un rafforzamento del ruolo dell'UE come attore globale,

F.  considerando che i Rappresentanti speciali promuovono le politiche e gli interessi dell'UE nelle regioni e nei paesi in conflitto e svolgono un ruolo attivo a favore del consolidamento della pace, della stabilità e dello Stato di diritto,

G.  considerando che nell'aprile 2006 l'UE è diventata la prima organizzazione regionale a firmare un accordo con la CPI in materia di cooperazione e assistenza(13),

H.  considerando che in più di 10 anni l'UE ha fornito oltre 40 milioni di euro nel quadro dello strumento finanziario dell'EIDHR per progetti finalizzati a sostenere la CPI e la giustizia penale internazionale,

I.  considerando che l'Assemblea paritetica ACP-UE è stata attiva nel garantire che la giustizia penale internazionale sia inserita nell'accordo rivisto di partenariato ACP-UE (Accordo di Cotonou) e ha adottato varie risoluzioni finalizzate all'integrazione sistematica della lotta contro l'impunità nella cooperazione internazionale allo sviluppo e nel relativo dialogo politico,

J.  considerando che la Conferenza di revisione costituisce un'opportunità essenziale per gli Stati parte come pure per gli Stati non parte, per la società civile e gli altri soggetti interessati per riaffermare con enfasi il loro impegno alla giustizia e alla responsabilità;

K.  considerando che gli Stati parte hanno colto l'opportunità offerta dalla Conferenza di revisione per andare oltre gli emendamenti proposti allo Statuto di Roma e fare un bilancio della CPI a oltre 10 anni dalla sua fondazione e valutare in senso lato lo stato della giustizia penale internazionale, concentrandosi su quattro tematiche principali, segnatamente: complementarità, cooperazione, impatto del sistema dello Statuto di Roma sulle vittime e sulle comunità colpite e pace e giustizia;

L.  considerando che, con 111 Stati parte aderenti alla CPI, talune regioni, quali il Medio Oriente, il Nordafrica e l'Asia sono ancora sottorappresentate,

M.  considerando che la cooperazione tra gli Stati, le organizzazioni internazionali e la CPI è essenziale per l'efficacia e il successo del sistema della giustizia penale internazionale, in particolare in materia di capacità di applicazione della legge,

N.  considerando che il 19 aprile 2010 è stata presentata, per la prima volta dalla creazione della CPI, una richiesta di accertamento di non cooperazione da parte di uno Stato,

O.  considerando che la premessa sottostante al principio di complementarità, su cui si fonda lo Statuto di Roma, è che spetta allo Stato medesimo indagare e, se del caso, perseguire le persone sospettate di aver commesso reati in base al diritto internazionale,

P.  considerando che nella maggior parte delle situazioni di conflitto in cui la giustizia non è stata incorporata nel processo di pace si è registrato un ritorno alla violenza,

1.  reitera il suo forte sostegno a favore della CPI e dei suoi obiettivi; sottolinea che lo Statuto di Roma è stato ratificato da tutti gli Stati membri dell'UE come componente essenziale dei principi e dei valori democratici dell'Unione e chiede pertanto agli Stati membri di conformarsi pienamente allo Statuto in quanto parte dell'acquis dell'Unione;

2.  pone l'accento sull'importanza che la scelta del paese ospitante di questa Conferenza di revisione sia caduta su un paese africano, l'Uganda, e sostiene la richiesta della Corte di aprire un ufficio di collegamento presso l'Unione africana ad Addis Abeba, pur riconoscendo la dimensione universale del sistema dello Statuto di Roma;

3.  sottolinea l'importanza del principio dell'universalità dello Statuto di Roma e chiede al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per la politica estera e di sicurezza di promuovere attivamente l'adesione allo Statuto e la sua ratifica;

4.  ribadisce la convinzione che nessun accordo di immunità possa permettere l'impunità di un individuo accusato di crimini di guerra, crimini contro l'umanità o genocidi; si felicita della dichiarazione dell'amministrazione statunitense in base alla quale non saranno conclusi nuovi accordi di immunità e invita gli Stati Uniti, come pure i loro partner, a recedere da quelli esistenti;

5.  esorta vivamente gli Stati membri a partecipare alla Conferenza di revisione al massimo livello possibile, segnatamente Capi di Stato e di governo, e a riaffermare pubblicamente il proprio impegno alla CPI;

6.  incoraggia gli Stati membri ad assumersi impegni, riaffermando la propria adesione a favore della CPI e indicando le misure concrete che intendono adottare per sostenerla, promettendo tra l'altro di applicare lo Statuto di Roma, ratificare e applicare l'accordo sui privilegi e le immunità della Corte (APIC), cooperare con altri Stati dotati di minori capacità al fine di promuovere l'accettazione universale della Corte e affermare il proprio contributo al rafforzamento del sistema della complementarietà e della cooperazione, segnatamente per quanto riguarda l'impatto sulle vittime e le comunità colpite, nonché altri settori dello Statuto di Roma;

7.  appoggia fermamente l'inserimento all'articolo 5, paragrafo 1, dello Statuto di Roma del reato di aggressione nell'ambito della giurisdizione materiale della CPI, in relazione al quale lo speciale gruppo di lavoro dell'Assemblea degli Stati parte allo Statuto di Roma ha deciso che, ai fini dello Statuto, il reato di aggressione significa «la pianificazione, la preparazione, l'inizio o l'esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l'azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che, per il suo carattere, gravità e portata, costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite»;

8.  afferma risolutamente che qualsiasi decisione sulla definizione di crimine di aggressione deve rispettare l'indipendenza della Corte; raccomanda agli Stati di adottare la proposta in base alla quale non è necessario alcun filtro giurisdizionale per determinare se sia stato commesso un atto di aggressione prima che il procuratore della CPI possa avviare un'indagine; afferma inoltre che, qualora la Conferenza di revisione decida che debba essere predisposto un filtro, essa esiga che l'accertamento spetti alla Sezione pertinente, nel corso dei procedimenti giuridici già previsti dallo Statuto di Roma, per determinare se sia stato commesso o meno un atto di aggressione;

9.  chiede agli Stati membri di impegnarsi in modo significativo nel processo di valutazione partecipando attivamente alle discussioni dei gruppi ufficiali nonché agli eventi organizzati dalla società civile (e da altri soggetti interessati) a margine della conferenza ufficiale;

10.  esorta gli Stati membri a cogliere l'occasione della Conferenza di revisione anche per ribadire il loro impegno alla Corte con promesse specifiche sui quattro temi di valutazione e ad onorare tali impegni;

11.  appoggia la CPI durante la Conferenza di revisione nel processo di valutazione su ogni fase dell'attuazione e dell'impatto dello Statuto di Roma, tenendo presente il punto di vista delle vittime e delle comunità colpite;

12.  è preoccupato per l'impatto del sistema dello Statuto di Roma sulle vittime, gli individui e le comunità vittime di reati sotto la giurisdizione della CPI; ritiene essenziale garantire che le vittime e le comunità colpite abbiano accesso alle informazioni sulla corte, e ne comprendano l'attività, e che i diritti e gli interessi delle vittime costituiscano la preoccupazione principale della comunità dello Statuto di Roma, tenendo presente che la CPI è un'istituzione giudiziaria che integra il ruolo di primo piano degli Stati nel fornire protezione e facilitare l'accesso alla giustizia e riparazioni efficaci alle vittime, a livello individuale o collettivo; ritiene che gli Stati membri dovrebbero:

   cooperare attivamente qualora una persona sia oggetto di un mandato d'arresto, in modo da facilitare il trasferimento di tale persona alla CPI affinché sia processata;
   riconoscere gli strumenti innovativi a disposizione della CPI per l'esercizio del diritto delle vittime alla giustizia, compresa la possibilità per le vittime di partecipare ai procedimenti della CPI e a chiedere riparazioni, tenendo presente il ruolo complementare del Fondo di garanzia per le vittime preposto alle riparazioni e a fornire altri tipi di assistenza, compresa la protezione dei testimoni; garantire che le vittime, nonché i loro avvocati, beneficino di assistenza legale e protezione adeguate;
   riconoscere i progressi sinora compiuti dalla Corte nel condurre iniziative di solidarietà per le comunità colpite e incoraggiarla a sviluppare ulteriormente quest'opera; sottolineare l'importanza delle operazioni sul campo della CPI per rafforzare l'impatto della Corte tra le vittime e le comunità colpite;
   accordare particolare attenzione ai gruppi storicamente emarginati, come i minori, le donne e la popolazione indigena, in modo da garantire che la giustizia penale internazionale non si trasformi in uno strumento con cui si perpetuino i pregiudizi e gli stereotipi di cui possono essere stati vittime;
   annunciare un contributo finanziario sostanziale al Fondo di garanzia per le vittime;
   impegnarsi con la società civile durante la Conferenza di revisione per assicurare che i suoi punti di vista siano adeguatamente rappresentati, anche partecipando a manifestazioni dello «Spazio della gente» organizzato dalla Rete dei diritti umani;

13.  ribadisce il suo appello agli Stati membri affinché assicurino una piena cooperazione fra gli Stati parte, gli Stati firmatari e la Corte, conformemente all'articolo 86 dello Statuto di Roma, al fine di rispettare l'oggetto e la finalità secondo cui, ai sensi del suo Preambolo, «i delitti più gravi che riguardano l'insieme della comunità internazionale non possono rimanere impuniti», avvalendosi dei seguenti mezzi:

   promulgare una legislazione nazionale sulla cooperazione, conformemente alla Parte IX dello Statuto di Roma, qualora non lo abbiano ancora fatto;
   ribadire il proprio impegno a fornire alla Corte tutta la cooperazione e l'assistenza necessaria senza riserve;
   valutare l'opportunità di concludere accordi ad hoc con la Corte per il trasferimento delle vittime e dei testimoni e per l'esecuzione delle sentenze della Corte;
   assicurare che la cooperazione diventi un punto fisso all'ordine del giorno dell'Assemblea degli Stati parte della CPI, che le vere sfide e necessità della Corte siano discusse e che i progressi compiuti dagli Stati siano valutati;

14.  accoglie con favore la revisione e la discussione dell'articolo 124 («Disposizione transitoria») dello Statuto di Roma, che consente agli Stati di scegliere di non accettare la competenza della Corte nei confronti dei loro cittadini per quanto riguarda i crimini di guerra, nei sette anni successivi alla ratifica, e chiede che venga rapidamente soppresso dallo Statuto in modo che la legge sia applicata equamente a tutte le persone sospettate di presunti crimini di guerra perpetrati nei territori degli Stati parte allo Statuto o da loro cittadini;

15.  invita gli Stati membri a dare la priorità all'inclusione come crimine di guerra di competenza della Corte, dell'uso di alcune armi nel contesto di un conflitto armato non di carattere internazionale, conformemente alla proposta belga per la modifica dell'articolo 8 dello Statuto di Roma, presentata all'ottava sessione dell'Assemblea degli Stati parte, come pure ad estendere la penalizzazione dell'uso di veleno, armi avvelenate, gas asfissianti, tossici o altri gas e di tutti i liquidi, materiali e strumenti analoghi, nonché dell'uso di proiettili che si espandono o si appiattiscono all'interno del corpo, ai conflitti armati non di carattere internazionale;

16.  pone in rilievo l'efficacia del principio di complementarietà della Corte, che rappresenta il fondamento del sistema globale di giustizia penale internazionale (il sistema dello Statuto di Roma) e secondo cui il principale dovere degli Stati parte di investigare o perseguire i reati internazionali è chiaramente rafforzato dalla giurisdizione complementare (sussidiaria) della CPI;

17.  è fermamente convinto che, durante le discussioni a Kampala, gli Stati membri dovrebbero:

   ribadire il loro obbligo principale di indagare e perseguire i crimini di guerra, il genocidio e i crimini contro l'umanità, e impegnarsi ad adottare nella loro legislazione definizioni di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità, conformemente allo Statuto di Roma;
   praticare la «complementarietà positiva» mettendo in evidenza, tra l'altro, la necessità di procedimenti nazionali efficaci, anche nei paesi in cui si rileva una pressante necessità di giustizia, quali i paesi in cui sia segnalata una situazione di competenza della CPI e i paesi che formano oggetto di un'analisi preliminare da parte della CPI;
   sottolineare l'importanza di avviare e attuare procedimenti nazionali efficaci e, in particolare, di trattare la questione della mancanza di volontà politica da parte degli Stati;
   sottolineare l'importanza vitale di forgiare la volontà politica degli Stati affinché rispettino i loro obblighi nel quadro della complementarietà e di adottare iniziative per incoraggiare gli Stati a stare dalla parte della giustizia e contro l'impunità;

18.  esorta tutti gli Stati parte allo Statuto di Roma, in particolare gli Stati membri dell'UE, a varare o attuare una legislazione nazionale atta a garantire che possano collaborare pienamente con la CPI;

19.  esorta tutti gli Stati parte allo Statuto di Roma a stipulare accordi con la Corte sul trasferimento delle vittime e dei testimoni e sull'esecuzione delle sentenze;

20.  invita l'Unione, gli Stati membri e altri donatori internazionali ad appoggiare i processi di riforma e le iniziative nazionali per lo sviluppo delle capacità volte a rafforzare la magistratura indipendente, il settore preposto all'applicazione della legge e il sistema penitenziario in tutti i paesi in via di sviluppo direttamente interessati dalla perpetrazione di reati che rientrano nello Statuto di Roma, assicurando in tal modo l'effettiva applicazione del principio di complementarietà e anche il rispetto da parte degli Stati delle decisioni della Corte;

21.  invita gli Stati parte ad adottare una risoluzione, basata sulle discussioni di Kampala, che metta in evidenza l'importanza di rendere effettivamente giustizia alle vittime, nel quadro di processi equi e imparziali;

22.  invita gli Stati membri dell'UE a rinnovare il proprio impegno nei confronti della CPI per il futuro;

23.  sostiene la proposta avanzata dai rappresentanti di alto livello degli Stati contraenti dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale a dedicare il 17 luglio, che è il giorno dell'adozione dello Statuto di Roma nel 1998, alla Giornata internazionale della giustizia penale;

24.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e dei paesi candidati all'adesione.

(1) Risoluzione ICC-ASP/8/Res.6.
(2) GU C 379 del 7.12.1998, pag. 265.
(3) GU C 262 del 18.9.2001, pag. 262.
(4) Testi approvati, P5_TA(2002)0082.
(5) Testi approvati, P5_TA(2002)0367.
(6) Testi approvati, P5_TA(2002)0449.
(7) Testi approvati, P6_TA(2008)0238.
(8) GU L 150 del 18.6.2003, pag. 67.
(9) Documento del Consiglio 5742/04.
(10) Principi direttivi concernenti gli accordi tra uno Stato parte allo Statuto di Roma del CPI e gli Stati Uniti relativi alle condizioni di consegna di persone alla Corte.
(11) Decisione 2002/494/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra (GU L 167 del 26.6.2002, pag. 1); decisione quadro 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membr (GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1); decisione 2003/335/GAI, dell«8 maggio 2003 relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra (GU L 118 del 14.5.2003, pag. 12).
(12) Articoli 2 e 3, paragrafo 5, del trattato sull'Unione europea.
(13) GU L 115 del 28.4.2006, pag. 50.

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