Indice 
Testi approvati
Giovedì 18 settembre 2014 - Strasburgo
Perecuzione dei difensori dei diritti umani in Azerbaigian
 Burundi, in particolare il caso di Pierre Claver Mbonimpa
 Violazioni dei diritti umani in Bangladesh
 Situazione in Ucraina e stato delle relazioni UE-Russia
 Reazione dell'UE all'epidemia del virus Ebola
 Situazione in Iraq e in Siria e offensiva dell'IS inclusa la persecuzione delle minoranze
 Situazione in Libia
 Israele-Palestina dopo il conflitto di Gaza e ruolo dell'UE

Perecuzione dei difensori dei diritti umani in Azerbaigian
PDF 117kWORD 64k
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sulla persecuzione dei difensori dei diritti umani in Azerbaigian (2014/2832(RSP))
P8_TA(2014)0022RC-B8-0090/2014

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla situazione in Azerbaigian, in particolare quelle del 18 aprile 2012 recante le raccomandazioni del Parlamento europeo al Consiglio, alla Commissione e al SEAE sui negoziati dell'accordo di associazione UE-Azerbaigian(1) e del 13 giugno 2013 sul caso di Ilgar Mammadov(2),

–  vista la comunicazione congiunta della Commissione e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 15 maggio 2012, dal titolo "Realizzare una nuova politica europea di vicinato",

–  vista la relazione 2013 della Commissione sui progressi compiuti dall'Azerbaigian nell'ambito della PEV (SWD(2014)0070) del 27 marzo 2014,

–  visto il piano d'azione nell'ambito della PEV UE-Azerbaigian,

–  vista la dichiarazione del 2 agosto 2014 dei portavoce del VP/AR e del commissario per l'allargamento e la politica europea di vicinato, Štefan Füle, sull'arresto di Leyla Yunus,

–  vista la dichiarazione del 6 agosto 2014 del portavoce del VP/AR sull'arresto di Rasul Jafarov,

–  vista la dichiarazione dell'UE del 14 agosto 2014 sulla situazione dei diritti umani e della società civile in Azerbaigian,

–  visti la dichiarazione rilasciata l'8 settembre 2014 a Baku dal commissario Füle circa il ruolo cruciale svolto dalla società civile nel Partenariato europeo e il suo annuncio di un nuovo programma UE di sostegno a favore della società civile in Azerbaigian che erogherà 3 milioni di EUR nel periodo 2014-2015,

–  vista la dichiarazione del 1° agosto 2014 del Segretario generale del Consiglio d'Europa, Thorbjørn Jagland, relativa all'arresto di Leyla Yunus, Direttrice dell'Istituto per la pace e la democrazia in Azerbaigian,

–  vista la dichiarazione di Baku adottata dall'Assemblea parlamentare dell'OSCE in occasione della sessione annuale dal 28 giugno al 2 luglio 2014, nella quale si esprime preoccupazione per l'abuso di procedure amministrative e di legislazione al fine di trattenere in stato di fermo, imprigionare, intimidire o ridurre al silenzio in altri modi i difensori dei diritti umani e le voci critiche in numerosi Stati partecipanti all'OSCE;

–  visti l'accordo di partenariato e di cooperazione fra la CE e l'Azerbaigian, entrato in vigore nel 1999, e i negoziati in corso tra le parti su un nuovo accordo destinato a sostituire quello in vigore,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che negli ultimi anni la situazione generale dei diritti umani in Azerbaigian si è deteriorata e che gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da una forte escalation della repressione, da pressioni e intimidazioni da parte del governo nei confronti di ONG, attivisti della società civile, giornalisti e difensori dei diritti umani;

B.  considerando che dalla fine di luglio il governo ha preso come bersaglio alcuni dei più importanti difensori dei diritti umani del paese, imprigionandoli con accuse, a quanto pare, di matrice politica, con particolare riferimento ai casi di Leyla Yunus, la nota direttrice dell'Istituto per la pace e la democrazia, di suo marito, lo storico Arif Yunus, e di Rasul Jafarov, presidente del Club per i diritti umani dell'Azerbaigian;

C.  considerando che il presidente della Legal Education Society dell'Azerbaigian, Intigam Aliyev, un avvocato per i diritti umani che ha difeso dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo più di 200 cause in materia di violazione della libertà di espressione, diritto a un equo processo e legge elettorale in Azerbaigian, è stato arrestato l'8 agosto 2014 ed è soggetto a detenzione per un periodo di tre mesi sulla base di accuse penali, un episodio che conferma la crescente tendenza a ridurre al silenzio e a perseguire a termini di legge importanti difensori dei diritti umani nel paese;

D.  considerando che, secondo quanto riportato, Leyla Yunus ha subito atti di violenza in carcere commessi dal suo compagno di cella, e che non sono state adottate misure per punire il colpevole o per garantire la protezione di Leyla Yunus; che, malgrado le condizioni di salute di Leyla Yunus siano peggiorate in carcere, non le è stata prestata un'idonea assistenza medica;

E.  considerando che il 26 maggio 2014 Anar Mammadli, presidente del Centro per gli studi sulla democrazia e il monitoraggio delle elezioni (EMDS), e Bashir Suleymanli, direttore del medesimo centro, sono stati condannati a pene detentive di, rispettivamente, cinque anni e sei mesi e tre anni e sei mesi, con capi d'accusa che vanno dall'evasione fiscale all'imprenditoria illegale;

F.  considerando che nel contempo otto attivisti del movimento giovanile non governativo NIDA sono stati condannati per vandalismo, possesso di droga e detenzione di esplosivi, nonché con l'accusa di avere intenzionalmente causato disordini pubblici, e che gli attivisti dei media sociali Omar Mammadov, Abdul Abilov ed Elsever Murselli sono stati condannati da 5 a 5 anni e mezzo di detenzione con l'accusa di possesso di droga e nessuno di loro ha potuto avvalersi di un avvocato di loro scelta, mentre tutti hanno dichiarato di aver subito maltrattamenti durante la detenzione preventiva;

G.  considerando che in Azerbaigian sono state promosse azioni legali a carico di numerosi altri giornalisti, difensori dei diritti umani e attivisti, tra cui Hasan Huseynli, responsabile dell'Intelligent Citizen Enlightenment Centre Public Union, condannato a sei anni di detenzione il 14 luglio 2014, e Rauf Mirkadirov, giornalista d'inchiesta del principale quotidiano in lingua russa "Zerkalo", tenuto in detenzione preventiva con l'accusa di tradimento; che gli uffici dell'Istituto per la libertà e la sicurezza dei giornalisti (IRFS), un'importante ONG che si occupa dei diritti dei media nel paese, diretta dal noto difensore dei diritti umani Emin Huseynov, riconosciuto a livello internazionale, sono stati perquisiti dalla polizia l'8 agosto 2014; che recentemente anche il noto giornalista dell'opposizione Seymur Haziyev è stato arrestato con l'accusa del reato di vandalismo e tenuto due mesi in detenzione preventiva;

H.  considerando che tali casi hanno fatto seguito a decine di altri concernenti attivisti politici, difensori dei diritti umani, giornalisti, blogger e attivisti dei media sociali detenuti dalle autorità negli ultimi due anni sulla base di capi d'accusa analogamente costruiti, tra cui il vandalismo, il possesso di droga, l'evasione fiscale e persino il tradimento; che la recente ondata di arresti ha avuto un pesante effetto a cascata, costringendo numerosi noti attivisti a fuggire dal paese o a nascondersi;

I.  considerando che il quotidiano azero indipendente Azadliq è stato costretto a interrompere le pubblicazioni a causa di presunti problemi finanziari, avendo in precedenza subito pressioni ufficiali apparentemente in relazione ai casi di corruzione denunciati;

J.  considerando che Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha pronunciato numerose sentenze relative a casi di violazioni dei diritti umani in Azerbaigian, l'ultima delle quali il 22 maggio 2014 nel caso di Ilgar Mammadov, presidente del movimento civico alternativo repubblicano (REAL); che nonostante la sentenza abbia stabilito che la sua detenzione era dovuta a motivi politici le autorità hanno rifiutato di rilasciarlo;

K.  considerando che dal 2006 è in atto di fatto il divieto di manifestare pacificamente nel centro di Baku e che sono state introdotte di recente nuove ammende alquanto elevate e prolungati i termini di detenzione amministrativa per chiunque organizzi raduni pubblici non autorizzati o vi partecipi;

L.  considerando che le autorità azere hanno ignorato i pareri della Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (Commissione di Venezia) del Consiglio d'Europa riguardo alle leggi sulla libertà di associazione, sui partiti politici e sulla tutela dalle diffamazioni; considerando altresì che non hanno preso nella dovuta considerazione i risultati del Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa in seguito alla sua visita nel paese;

M.  considerando che nel febbraio 2014 il Presidente Aliyev ha firmato ulteriori modifiche alla legge sulle ONG, che conferisce ormai alle autorità ulteriori poteri di sospensione temporanea o messa al bando permanente delle organizzazioni non governative nazionali ed estere in Azerbaigian e introduce nuove tipologie di reato punibili con ammende, la cui entità ha ormai raggiunto un importo compreso tra 2 500 e 3 000 AZN (circa 2 600 – 3 100 EUR) per le ONG e tra 1 000 e 2 000 AZN (circa 1 000 – 2 000 EUR) per i direttori delle ONG nazionali ed estere;

N.  considerando che è stato congelato il conto bancario del sindacato pubblico di tutela dei diritti dei lavoratori nel settore petrolifero, con sede a Baku, unitamente a quello del suo leader, Gahramanova Mirvari Uzeyir, in virtù di una decisione dell'8 luglio 2014 del tribunale distrettuale di Nasimi (città di Baku);

O.  considerando che l'Azerbaigian è membro del Consiglio d'Europa ed è firmatario della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

P.  considerando che il 14 maggio 2014 l'Azerbaigian ha assunto la presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa;

1.  sottolinea che il pieno rispetto dei diritti umani, dei principi democratici, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto è alla base del quadro per la cooperazione nell'ambito del partenariato orientale e degli impegni assunti dall'Azerbaigian in seno al Consiglio d'Europa e all'OSCE;

2.  condanna con il massimo vigore possibile l'arresto e la detenzione di Leyla Yunus, Arif Yunus, Rasul Jafarov, Intigam Aliyev e Hasan Huseynli e chiede il loro rilascio immediato e incondizionato, nonché il ritiro di tutte le accuse a loro carico; sollecita un'indagine immediata e approfondita sull'aggressione subita da Ilqar Nasibov e chiede che i responsabili siano assicurati alla giustizia;

3.  invita le autorità azere a garantire l'integrità fisica e psicologica di Leya Yunus, Arif Yunus e di tutti i difensori dei diritti umani in Azerbaigiana, nonché ad assicurare l'urgente fornitura di assistenza medica adeguata, inclusi la somministrazione di farmaci e il ricovero in ospedale;

4.  rinnova l'invito rivolto al governo azero affinché adotti misure concrete per migliorare in via prioritaria e urgente la situazione dei diritti umani nel paese, anche mediante la liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri politici e la cessazione degli arresti di matrice politica;

5.  invita le autorità azere a cessare di vessare e intimidire le organizzazioni della società civile, gli oppositori politici e i giornalisti indipendenti e ad astenersi dall'interferire o minare il loro lavoro, prezioso per lo sviluppo della democrazia nel paese; le invita inoltre a garantire che tutti i detenuti, inclusi i giornalisti e gli attivisti politici e della società civile, godano pienamente del diritto a un giusto processo, in particolare per quanto concerne la possibilità di avvalersi di un avvocato di loro scelta e di avere contatti con le proprie famiglie, e delle altre norme in materia di processo equo;

6.  deplora le azioni intraprese dal governo azero per ostacolare i contatti tra la società civile, gli attivisti di gruppi giovanili e gli intellettuali dell'Armenia e dell'Azerbaigian, in quanto tali contatti rivestono un'importanza fondamentale per superare l'ostilità di lunga data tra i due paesi; ricorda a tale proposito l'importante lavoro svolto in questo ambito da Leyla Yunus e da suo marito Arif;

7.  esorta il governo dell'Azerbaigian a invitare la Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa e il relativo commissario nonché gli esperti delle procedure speciali delle Nazioni Unite e a collaborare appieno con tali istanze per quanto concerne i difensori dei diritti umani, i diritti alla libertà di associazione e di riunione pacifica, la libertà di espressione e le detenzioni arbitrarie, con l'obiettivo di modificare la sua legislazione e di adeguare le sue pratiche in funzione delle conclusioni di tali esperti;

8.  invita le autorità azere ad avviare senza ulteriori indugi le riforme in materia di diritti umani a lungo rinviate, tra l'altro per quanto concerne i numerosi impegni assunti dall'Azerbaigian al momento dell'adesione al Consiglio d'Europa e non ancora rispettati, e a conformarsi alle sentenze pronunciate contro il paese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;

9.  sollecita le autorità azere a revocare il divieto di riunione pubblica in vigore nel centro di Baku e ad abolire le ammende e le detenzioni amministrative imposte ai manifestanti pacifici;

10.  ribadisce che il sostegno dell'UE alla Repubblica dell'Azerbaigian e la sua collaborazione con il paese, inclusi i negoziati in corso sul partenariato strategico per la modernizzazione, devono essere subordinati, per mezzo dell'inclusione di apposite clausole, alla tutela e alla promozione dei diritti umani, con particolare riferimento alla libertà dei mezzi di comunicazione – incluse garanzie per quanto concerne la libertà di Internet e l'accesso non soggetto a censure all'informazione e alla comunicazione – e alla libertà di espressione, di associazione e di riunione;

11.  sottolinea che la sua approvazione alla firma di un accordo di partenariato con l'Azerbaigian sarà subordinata a talune condizioni, tra cui l'effettiva osservanza dei suddetti requisiti, la liberazione dei difensori dei diritti umani, l'abrogazione della normativa volta a limitare le attività della società civile indipendente come pure la fine della repressione e delle intimidazioni ai danni di ONG, mezzi di comunicazione indipendenti, forze di opposizione, difensori dei diritti umani nonché attivisti per i diritti delle minoranze, attivisti di gruppi giovanili e attivisti operanti sui social network;

12.  invita il Consiglio, la Commissione e il SEAE ad applicare rigorosamente il principio "more for more" (maggiori aiuti a fronte di un maggiore impegno), prestando particolare attenzione alla situazione dei difensori dei diritti umani (in linea con gli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani), alle detenzioni arbitrarie e dettate da motivi politici, all'indipendenza del sistema giudiziario, alle riforme democratiche e ai diritti e le libertà fondamentali; sollecita in particolare una revisione della programmazione dello strumento europeo di vicinato onde porre fine a tutti gli aiuti che non siano strettamente orientati ai diritti umani/alla società civile;

13.  si rammarica che il dialogo tra UE e Azerbaijan in materia di diritti umani non abbia registrato sostanziali progressi per quanto concerne la situazione dei diritti umani nel paese; chiede al SEAE di intensificare tale dialogo nell'ottica di renderlo più efficace e orientato ai risultati e lo invita a riferire periodicamente al Parlamento su questo aspetto;

14.  invita il governo dell'Azerbaigian a semplificare l'attuale procedura, eccessivamente lunga e complessa, per la registrazione delle ONG, a introdurre sostanziali emendamenti legislativi volti ad abrogare i recenti provvedimenti che limitano la libertà delle ONG di accettare donazioni in assenza di una registrazione ufficiale, nonché a rispettare la raccomandazione CM/Rec(2007)14 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri sullo status giuridico delle ONG in Europa;

15.  invita il Consiglio e gli Stati membri a rivolgersi al Comitato Olimpico Internazionale affinché esso esorti le autorità dell'Azerbaigian a porre fine alle repressioni e metta in chiaro che, in quanto organizzatrici dei giochi olimpici europei in programma il prossimo anno, sono tenute a rispettare la libertà di stampa, quale obbligo previsto dalla Carta olimpica;

16.  invita il SEAE ad applicare appieno gli orientamenti dell'Unione europea in materia di difensori dei diritti umani e a organizzare, presso la delegazione dell'UE di Baku, riunioni periodiche con le organizzazioni indipendenti per i diritti umani, a coordinare tali riunioni con le rappresentanze degli Stati membri dell'UE e a utilizzarle per esprimere il sostegno pubblico nei confronti del lavoro svolto dai difensori dei diritti umani; esorta il SEAE a monitorare da vicino tutti i processi e i procedimenti giudiziari condotti contro i difensori dei diritti umani e a riferire in materia al Parlamento;

17.  ribadisce la sua posizione del 24 maggio 2012(3) e invita il Consiglio a valutare la possibilità di imporre sanzioni mirate ai responsabili delle violazioni dei diritti umani, se queste dovessero persistere;

18.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al presidente, al governo e al Parlamento dell'Azerbaigian, nonché al SEAE, al Consiglio, alla Commissione e al Consiglio d'Europa.

(1) GU C 258 E del 7.9.2013, pag. 36.
(2) Testi approvati, P7_TA(2013)0285.
(3) GU C 264 E del 13.9.2013, pag. 91.


Burundi, in particolare il caso di Pierre Claver Mbonimpa
PDF 130kWORD 55k
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sul Burundi, in particolare il caso di Pierre Claver Mbonimpa (2014/2833(RSP))
P8_TA(2014)0023RC-B8-0086/2014

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Burundi,

–  visto l'Accordo di Cotonou,

–  vista la dichiarazione della delegazione dell'Unione europea in Burundi, in data 10 settembre 2014,

–  vista la dichiarazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Burundi, in data 10 aprile 2014,

–  visto l'Accordo di pace e riconciliazione di Arusha,

–  viste le conclusioni del Consiglio sulla regione dei Grandi Laghi, del 22 luglio 2014, in particolare il punto 7,

–  viste le relazioni dell'Ufficio delle Nazioni Unite in Burundi (BNUB),

–  vista la dichiarazione rilasciata mercoledì 9 luglio 2014 dal Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite per i diritti umani, Ivan Simonovic, in occasione della Configurazione "Burundi" del Fondo per il consolidamento della pace,

–  visti i resoconti di missione e gli assi prioritari di intervento (2010-2014) della FAO e dell'UNICEF in Burundi, segnatamente per quanto riguarda la lotta contro la fame e la malnutrizione,

–  vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

–  visto il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici,

–  vista la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che Pierre Claver Mbonimpa, difensore di spicco dei diritti umani e Presidente dell'Associazione per la protezione dei diritti umani e dei detenuti ("Association pour la protection des droits humains et des personnes détenues", APRODH), è stato ancora una volta arrestato il 15 maggio 2014 e successivamente accusato di aver minacciato "la sicurezza esterna dello Stato" e "la sicurezza interna dello Stato causando disordine pubblico", e che è in stato di detenzione provvisoria sin dal momento del fermo;

B.  considerando che l'attività svolta da Pierre Claver Mbonimpa in difesa della democrazia e dei diritti dell'uomo in Burundi negli ultimi due decenni e più gli è valsa numerosi premi internazionali e un ampio riconoscimento sia all'interno del suo paese che al di fuori di esso;

C.  considerando che le accuse a suo carico sono in rapporto con quanto da lui dichiarato il 6 maggio 2014 su "Radio Publique Africaine" (RPA), vale a dire che l'ala giovanile del partito al potere CNDD-FDD, altresì nota come gli "Imbonerakure", viene armata e inviata nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) per ricevere un addestramento militare, e che queste stesse preoccupazioni erano state sollevate anche dal BNUB, il quale aveva sottolineato come la militarizzazione di questi giovani rappresentasse una grave minaccia per la pace nel paese;

D.  considerando che l'arresto di Pierre Claver Mbonimpa è rappresentativo dei rischi crescenti che corrono i difensori dei diritti umani, delle vessazioni ai danni di attivisti e giornalisti, e delgli arresti arbitrari di membri del partito di opposizione, atti che, secondo associazioni di diritti umani e il Segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite per i diritti umani, sono stati in ampia misura perpetrati dagli "Imbonerakure";

E.  considerando che, a seguito di un evento pacifico promosso dal partito di opposizione l'8 marzo 2014, 70 persone sono state arrestate e che 48 di esse sono state successivamente condannate a pene detentive, compreso il carcere a vita;

F.  considerando che nelle ultime settimane il governo del Burundi ha vietato le proteste e le manifestazioni pacifiche in favore di Pierre Claver Mbonimpa e ha intimato alle stazioni radiofoniche di non trasmettere informazioni a sostegno delle sue rivendicazioni;

G.  considerando che il pieno rispetto della libertà di espressione, anche nel caso di giornalisti e di difensori dei diritti umani, è un presupposto per lo svolgimento di elezioni libere ed eque nel 2015 e per un esito elettorale che possa essere accettato da tutti;

H.  considerando che l'Unione europea ha recentemente assegnato al Burundi 432 milioni di EUR a titolo del Fondo europeo di sviluppo 2014-2020, per assistere tale paese, fra l'altro, nel miglioramento della governance e della società civile;

I.  considerando che almeno un burundese su due e pressoché i due terzi, ovvero il 58%, di tutti i bambini di età inferiore ai cinque anni soffrono di malnutrizione cronica, e che il Burundi registra il tasso di fame più elevato dei 120 paesi sulla cui base, nel 2012, è stato calcolato l'indice globale della fame;

J.  considerando che il Burundi è uno dei cinque paesi più poveri del mondo e che il suo PIL pro capite è fra i più bassi; che numerosi burundesi vivono un sentimento di frustrazione sempre maggiore dinanzi all'aumento del costo del cibo, dell'acqua e del carburante, agli elevati livelli di corruzione e alla mancanza di responsabilità dei leader politici;

K.  considerando che il Burundi attraversa attualmente la sua peggiore crisi politica da quando emerse, nel 2005, da 12 anni di guerra civile, una crisi che minaccia nuovamente non solo la stabilità interna del paese, ma anche quella dei suoi vicini, in una regione già volatile del continente africano;

1.  condanna con fermezza la detenzione del difensore dei diritti umani Pierre Claver Mbonimpa e ne sollecita il rilascio immediato e incondizionato; esprime preoccupazione dinanzi al deteriorarsi del suo stato di salute e chiede che gli sia prestata un'assistenza medica urgente;

2.  manifesta particolare preoccupazione quanto alla situazione dei membri del partito di opposizione MSD che si trovano in carcere a seguito degli eventi dell'8 marzo 2014; invita le autorità del Burundi ad annullare le sentenze e a processare nuovamente, nel rispetto delle norme internazionali, compresi il diritto alla difesa e il principio di proporzionalità, coloro contro i quali possono essere mosse accuse credibili;

3.  esorta il governo del Burundi a prendere misure per controllare la lega giovanile del CNDD-FDD, impedendo ai suoi membri di intimidire e di attaccare presunti oppositori, e a garantire che i responsabili degli abusi siano consegnati alla giustizia; chiede che si proceda a un'indagine internazionale indipendente riguardo alle affermazioni secondo cui il CNDD-FDD armerebbe e formerebbe la sua ala giovanile; sollecita i leader dei partiti di opposizione ad evitare che sia fatto uso di violenza nei confronti dei loro oppositori;

4.  invita i paesi della regione dei Grandi Laghi ad affrontare la questione delle attività illegali degli "Imbonerakure" e a risolvere tali problemi congiuntamente al governo del Burundi; invita detti paesi a mantenere un livello di impegno elevato nella promozione della pace e della stabilità attraverso il meccanismo regionale esistente e a intensificare gli sforzi in vista dello sviluppo economico regionale, prestando un'attenzione particolare alla riconciliazione, al rispetto dei diritti dell'uomo, alla lotta contro l'impunità e all'introduzione di una maggiore responsabilità della giustizia;

5.  ricorda che il Burundi è vincolato dalla clausola relativa ai diritti umani dell'Accordo di Cotonou, dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, e che pertanto ha l'obbligo di rispettare i diritti umani universali, compresa la libertà di espressione; invita il governo del Burundi a consentire lo svolgimento di un dibattito politico autentico e aperto in vista delle elezioni del 2015 senza il timore di intimidazioni, astenendosi dall'interferire nella gestione interna dei partiti di opposizione, dal porre restrizioni all'organizzazione di campagne elettorali per tutti i partiti, in particolare nelle aree rurali, e dal ricorrere in modo abusivo al sistema giudiziario per escludere i rivali politici;

6.  esprime profonda preoccupazione dinanzi al fatto che non si è avuta giustizia per i numerosi assassini politici perpetrati tra il 2010 e il 2012, a seguito delle elezioni del 2010; invita le autorità del Burundi a garantire che gli autori di tali uccisioni siano affidati alla giustizia e giudicati in modo giusto, e che ogni sforzo sia compiuto per evitare la violenza politica prima delle elezioni del 2015;

7.  ribadisce in tale contesto l'importanza del rispetto del Codice di condotta in materia elettorale ("Code de bonne conduite en matière électorale") e della roadmap per le elezioni mediata dalle Nazioni Unite e sottoscritta dagli attori politici nel 2013; sostiene pienamente le attività del BNUB intese a evitare un ulteriore inasprirsi della violenza politica nella fase di preparazione delle elezioni del 2015 e a contribuire a ripristinare la sicurezza e la pace a lungo termine;

8.  è profondamente preoccupato dinanzi alla situazione economica e sociale di tutta la popolazione del Burundi, in particolare dei profughi e degli sfollati, il cui numero continuerà ad aumentare per via dei problemi di sicurezza interna nel paese e delle tensioni nei paesi vicini;

9.  incoraggia tutte le parti a tenere fede agli impegni contratti con l'Accordo di pace e riconciliazione di Arusha, del 2000, che è stato determinante per porre fine, nel 2005, a 12 anni di guerra civile; mette in guardia contro una modifica della costituzione del Burundi che ne sopprima le disposizioni fondamentali di condivisione dei poteri sancite dagli accordi di Arusha;

10.  invita l'alto rappresentante dell'Unione europea e gli Stati membri a garantire che l'UE adotti una politica dai principi chiari nei confronti del Burundi, intesa ad affrontare le attuali, gravi violazioni dei diritti umani, in linea con il Quadro strategico dell'UE sui diritti umani; invita altresì la Commissione a considerare la possibilità di avviare consultazioni con il Burundi a norma dell'articolo 96 dell'Accordo di Cotonou, in vista di una possibile sospensione dell'Accordo stesso, nonché a prendere misure adeguate da applicare nel periodo in cui le consultazioni avranno luogo;

11.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, agli Stati membri, al governo del Burundi e ai governi dei paesi della regione dei Grandi Laghi, all'Unione africana, al Segretario generale delle Nazioni Unite, ai Copresidenti dell'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e al Parlamento panafricano.


Violazioni dei diritti umani in Bangladesh
PDF 140kWORD 60k
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sulle violazioni dei diritti umani in Bangladesh (2014/2834(RSP))
P8_TA(2014)0024RC-B8-0097/2014

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sul Bangladesh,

–  visto l'accordo di cooperazione CE-Bangladesh del 2001,

–  visti gli articoli 33 e 35 della Costituzione del Bangladesh, i quali stabiliscono che nessuna persona sia sottoposta alla tortura né a punizioni o trattamenti crudeli, disumani o degradanti e che nessuna persona sia arrestata o detenuta in custodia senza essere informata sulle motivazioni dell'arresto,

–  vista la sentenza della Corte suprema del Bangladesh che prevede misure di garanzia contro gli arresti arbitrari da parte della polizia ai sensi della sezione 54 del codice di procedura penale, che impone al magistrato di indagare su qualsiasi incidente con decesso che si verifica durante la detenzione preventiva e di avviare i necessari procedimenti legali;

–  visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato dal Bangladesh nel 2000,

–  visti l'articolo 135, paragrafo 5, e l'articolo 123, paragrafo 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'Unione europea intrattiene da tempo buone relazioni con il Bangladesh, anche attraverso l'accordo di cooperazione sul partenariato e sullo sviluppo;

B.  considerando che negli ultimi anni il Bangladesh ha compiuto progressi significativi, in particolare per quanto concerne il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio e le sue performance economiche;

C.  considerando che il governo del Bangladesh ha annunciato una politica di "tolleranza zero" nei confronti di qualsiasi violazione dei diritti umani da parte delle forze dell'ordine, e ha varato una legge sulla riforma dei corpi di polizia che prevede un codice di condotta, uffici di polizia modello e centri di sostegno alle vittime nelle principali stazioni di polizia;

D.  considerando che il governo del Bangladesh ha annunciato, in collaborazione con il comitato internazionale della Croce Rossa, che sta svolgendo programmi di sostegno e formazione sulle garanzie internazionali contro la tortura, destinati alle autorità preposte all'applicazione della legge e alle autorità carcerarie;

E.  considerando che negli ultimi anni il Bangladesh ha assistito a una serie di tragedie riguardanti le fabbriche di abbigliamento ivi ubicate, la più grave delle quali è il crollo della fabbrica Rana Plaza con più di 1100 vittime; che il Bangladesh, in seguito al crollo del Rana Plaza, ha intrapreso, insieme alle più importanti parti interessati del settore dell'abbigliamento, un programma di riforma finalizzato a garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose; che l'UE sostiene questo programma attraverso il Patto di sostenibilità del Bangladesh, anche se alcune parti interessate sono riluttanti a prendervi parte;

F.  considerando che in Bangladesh continuano a persistere le sparizioni (che spesso coinvolgerebbero le forze di sicurezza statali), l'uso della tortura e di altre forme di maltrattamento, nonostante le garanzie previste nella costituzione, nel codice penale e nella legge sul (divieto) di tortura e il decesso in custodia, così come le restrizioni concernenti il diritto alla libertà di espressione;

G.  considerando che, in seguito alle elezioni politiche del 5 gennaio 2014, boicottate dal partito nazionalista bangladese (BNP) – principale partito all'opposizione – e offuscate dagli scioperi istigati dal BNP e dalle conseguenti violenze, il governo della lega Awami guidato da Sheikh Hasina ha adottato vari provvedimenti per limitare i diritti civili;

H.  considerando che il Battaglione di azione rapida (RAB), istituito 10 anni fa come misura di emergenza per far fronte alle minacce poste alla sicurezza dai gruppi militanti, è composto sia da militari che da ufficiali di polizia, integrando quindi l'esercito nelle attività di applicazione del codice civile senza nessun meccanismo trasparente di responsabilità; che, secondo le accuse di organizzazioni indipendenti del settore dei diritti umani, il RAB è responsabile di circa 800 morti, senza che gli ufficiali colpevoli siano stati perseguiti o puniti; che, ad esclusione dei recenti arresti di vari membri del RAB in relazione al presunto assassinio di un politico del partito al potere su commissione, altri abusi atroci restano impuniti;

I.  considerando che il 6 agosto 2014 il governo del Bangladesh ha pubblicato la sua nuova politica in materia di mezzi di comunicazione; che alcuni aspetti di tale politica impongono restrizioni alla libertà dei media, ad esempio prevedendo il divieto di pronunciare interventi "contro lo Stato", che "ridicolizzino l'ideologia nazionale" o che "non siano coerenti alla cultura del Bangladesh" e limitando le denunce di "anarchia, ribellione o violenze"; che il governo prevede di introdurre un quadro legislativo attraverso il quale applicare tale politica; che il Bangladesh occupa il 145° posto su 179 paesi nella classifica mondiale sulla libertà di stampa;

J.  considerando che il governo del Bangladesh ha proposto una nuova legge che, secondo alcune fonti, imporrebbe gravi restrizioni alle organizzazioni non governative (ONG); che il nuovo progetto di legge sulla regolamentazione delle donazioni estere regolerebbe le operazioni e i finanziamenti di qualsiasi gruppo che riceve fondi esteri e conferirebbe all'Ufficio per le relazioni con le ONG, che fa capo al gabinetto del Primo ministro, il potere di approvazione su tutti i progetti finanziati con fondi esteri; che il nuovo progetto di legge vincolerebbe anche chiunque partecipi ad attività di volontariato a ottenere l'autorizzazione prima di poter uscire dal paese per scopi connessi al suo lavoro in un progetto; che tra le ONG si registra una diffusa preoccupazione riguardo al fatto che tale atto possa coinvolgere nel processo più funzionari di governo come responsabili del monitoraggio, della valutazione e dell'approvazione, con potenziali ritardi e casi di cattiva amministrazione;

K.  considerando che il 27 agosto 2014 Hana Shams Ahmed, coordinatrice della commissione internazionale per Chittagong Hill Tracts, e una seconda persona a lei vicina sono state brutalmente attaccate da una decina di membri di Somo Odhikar Andolon nel corso di una visita privata al Shoilopropat nel distretto di Bandarban all'interno della zona di Chittagong Hill Tracts; che quattro membri dell'unità investigativa della polizia che erano teoricamente incaricati di garantire la loro sicurezza non sono intervenuti e sono scappati durante l'aggressione;

L.  considerando che le violenze a sfondo etnico e religioso continuano, tra cui anche un attacco sferrato agli inizi di luglio 2014 da una dozzina di uomini armati contro il convento delle suore delle missioni estere dell'Istituto pontificio di Boldipuku; che durante l'attacco il convento è stato saccheggiato e molte suore sono state aggredite fisicamente;

M.  considerando che almeno quattro blogger e due attivisti dei diritti umani sono stati accusati negli ultimi due anni a norma della sezione 57 della legge in materia di tecnologie dell'informazione e della comunicazione;

N.  considerando che ad oggi il Tribunale penale internazionale del Bangladesh, che dovrebbe indagare sui crimini di guerra connessi alla guerra di indipendenza del Bangladesh, ha comminato 10 sentenze, tra cui 8 pene capitali e 2 ergastoli; che il politico islamista Abdul Quader Mollah è stato il primo ad essere giustiziato; che il Tribunale è oggetto di forti e numerose critiche secondo cui non rispetta le norme internazionali; che, secondo le stime, ci sono più di 1 000 persone detenute nel braccio della morte in Bangladesh;

O.  considerando che, a seguito del tragico crollo della fabbrica Rana Plaza nel mese di aprile 2013, il governo del Bangladesh e rivenditori al dettaglio occidentali hanno istituito un regime di ispezione cui sottoporre più di 3 500 fabbriche di abbigliamento per verificarne l'integrità strutturale e la sicurezza elettrica e antincendio; che, mentre le verifiche effettuate attraverso i rivenditori occidentali sono state continuative e pubbliche, quelle effettuate attraverso il governo del Bangladesh non sono ancora state rese pubbliche;

P.  considerando che il fondo fiduciario donatori istituito dal comitato di coordinamento Plaza Rana per aiutare le vittime e i sopravvissuti – che è composto da rappresentanti del governo del Bangladesh, dell'industria dell'abbigliamento, dei sindacati e di organizzazioni non governative, e presieduto dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) – non ha ancora raggiunto il suo obiettivo di 40 milioni di dollari; che, secondo la Campagna abiti puliti, solo metà delle aziende connesse con le fabbriche presenti nell'edificio Rana Plaza, aziende aventi in prevalenza sede in Europa e negli USA, ha apportato contributi al fondo fiduciario donatori;

Q.  considerando che, nonostante alcune riforme del diritto del lavoro, i lavoratori continuano a denunciare vessazioni e intimidazioni finalizzate a impedire loro di aderire o dar vita a sindacati e che persistono le segnalazioni di atti di violenza contro organizzatori sindacali; che la legge sul lavoro del 2013 tuttora non si conforma agli standard internazionali in materia di libertà di associazione, ivi incluso il diritto di sciopero e il diritto alla contrattazione collettiva;

1.  elogia il governo del Bangladesh per i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, che hanno condotto a significativi miglioramenti reali per milioni di suoi cittadini; riconosce inoltre che tali miglioramenti hanno avuto luogo in circostanze nazionali difficili, tra cui la costante minaccia di attacchi violenti da parte di gruppi radicali come il partito Jamaat-e-Islami (partito islamico bengalese) affiliato al BNP (partito nazionalista del Bangladesh); accoglie con favore, in tale contesto, l'adozione il 15 settembre 2014 della legge sulla proibizione del matrimonio minorile;

2.  esprime tuttavia preoccupazione per le continue violazioni dei diritti umani da parte dei RAB (battaglioni di azione rapida) e di altre forze di sicurezza, comprese le sparizioni forzate e le esecuzioni extragiudiziali di attivisti dell'opposizione; ribadisce il proprio appello per l'abolizione della pena di morte e accoglie con favore la decisione della Corte Suprema del 16 settembre 2014 di commutare in ergastolo la condanna capitale emessa dal tribunale per i crimini internazionali nei confronti del vicepresidente del partito Jamaat-e-Islami, Delwar Hossain Sayedee;

3.  invita il governo del Bangladesh a rilasciare immediatamente tutte le vittime di sparizione forzata, a meno che non possano essere accusate di evidente illecito penale, nel qual caso dovrebbero essere immediatamente condotte dinanzi a un tribunale; invita le autorità del Bangladesh a indagare sugli autori dei reati, tenendo conto della responsabilità di comando, e a consegnare alla giustizia le persone resesi responsabili assicurando loro un processo equo; sollecita il governo a istituire un organismo indipendente incaricato di condurre indagini su tali casi e gli rivolge nuovamente la richiesta di creazione di una commissione per i diritti umani che agisca con efficacia e in piena autonomia;

4.  esorta il governo a esercitare una forza minima per ristabilire l'ordine pubblico e ad attenersi rigorosamente ai principi fondamentali sanciti dall'ONU in materia di ricorso all'uso della forza e utilizzazione delle armi da fuoco; condanna fermamente gli attacchi violenti da parte di gruppi di opposizione contro obiettivi civili e governativi; invita i gruppi di opposizione ad aderire soltanto a proteste pacifiche;

5.  esorta il governo del Bangladesh a riportare le forze di sicurezza statali, compresa la polizia e il RAB, nei limiti previsti dalla legge; invita caldamente le autorità del Bangladesh a porre fine all'impunità del RAB avviando indagini e azioni penali in merito alle presunte uccisioni illegali da parte delle forze del RAB; osserva che seguirà attentamente il procedimento giudiziario nel caso degli omicidi di Narayanganj, in cui tre ufficiali del RAB sono stati arrestati e sono in attesa di giudizio a seguito del sequestro e dell'omicidio di sette persone a Narayanganj nell'aprile 2014;

6.  sottolinea l'importanza di un sistema giudiziario indipendente, imparziale e accessibile per promuovere il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali della popolazione e della riforma del Tribunale penale internazionale; riconosce che è più importante che mai rafforzare la fiducia dell'opinione pubblica nelle istituzioni giudiziarie, di sicurezza e dei diritti umani, alla luce dell'aumento delle minacce nella regione da parte di organizzazioni terroristiche quali al-Qaeda;

7.  esprime preoccupazione per la proposta di legge sulle ONG; esorta il governo del Bangladesh a proseguire le consultazioni con i gruppi indipendenti sul contenuto del progetto di legge e a garantire che, in caso di approvazione finale, esso rispetti le norme internazionali e le convenzioni in materia di diritti civili a cui ha aderito il Bangladesh;

8.  esorta il governo del Bangladesh a riconoscere e rispettare la libertà di stampa e dei media e a consentire ai gruppi per i diritti umani di svolgere un ruolo importante nel rafforzamento dell'assunzione delle responsabilità e nella documentazione degli abusi dei diritti umani; esorta le autorità del Bangladesh ad abrogare la nuova politica in materia di media e a onorare i loro obblighi per consentire la libertà di parola e di espressione;

9.  è estremamente preoccupato per i casi ricorrenti di violenza di carattere etnico e religioso; esorta il governo del Bangladesh a offrire maggiore protezione e garanzie alle minoranze quali gli indù, i buddisti e i cristiani nonché i bihari; plaude all'arresto dei sospetti in relazione all'attacco criminale al convento di Boldipuku;

10.  invita il governo del Bangladesh a garantire l'applicazione delle norme in materia di lavoro e sollecita maggiori riforme per allineare tali norme a quelle dell'OIL, in particolare la possibilità per i lavoratori di costituire sindacati e di aderirvi;

11.  prende atto dei programmi di riforma nel settore dell'abbigliamento ma esorta il governo ad attuare pienamente il piano d'azione concordato e firmato con l'OIL nel maggio 2013, compresa l'assunzione e la formazione di ispettori nonché ispezioni approfondite, con registri pubblici, delle sue diverse migliaia di fabbriche; sollecita i firmatari dell'accordo sugli incendi e la sicurezza in Bangladesh a tenere pienamente fede ai loro impegni, anche per quando riguarda il risarcimento finanziario delle vittime e le norme minime;

12.  si rammarica del fatto che a giugno 2014 l'importo totale raccolto tramite le donazioni volontarie delle imprese al fondo fiduciario dei donatori era pari a solo 17 milioni di USD, con 23 milioni di USD in essere; conclude pertanto che il principio di volontarietà si è dimostrato fallimentare per le vittime del disastro del Rana Plaza e che è necessario prevedere con urgenza un meccanismo obbligatorio;

13.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al governo e al parlamento del Bangladesh, al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e ai governi e ai parlamenti degli Stati membri.


Situazione in Ucraina e stato delle relazioni UE-Russia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sulla situazione in Ucraina e sullo stato delle relazioni UE-Russia (2014/2841(RSP))
P8_TA(2014)0025RC-B8-0118/2014

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla politica europea di vicinato, sul partenariato orientale (PO) e sull'Ucraina, in particolare quelle del 27 febbraio 2014 sulla situazione in Ucraina(1), del 13 marzo 2014 sull'invasione dell'Ucraina da parte della Russia(2), del 17 aprile 2014 sulla pressione esercitata dalla Russia sui paesi del Partenariato orientale, in particolare la destabilizzazione dell'Ucraina orientale(3), e del 17 luglio 2014 sull'Ucraina(4),

–  viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" del 22 luglio e del 15 agosto 2014 e le conclusioni del Consiglio europeo del 30 agosto 2014 sull'Ucraina,

–  vista la dichiarazione rilasciata l'11 settembre 2014 dal portavoce del SEAE sul sequestro di un funzionario di polizia estone,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Russia, in particolare quella del 6 febbraio 2014 sul vertice UE-Russia(5),

–  vista la dichiarazione del vertice NATO in Galles del 5 settembre 2014,

–  viso l'esito della riunione straordinaria del Consiglio "Agricoltura" del 5 settembre 2014,

–  vista la dichiarazione ministeriale congiunta del 12 settembre 2014 sull'attuazione dell'accordo di associazione / accordo di libero scambio globale e approfondito (AA/DCFTA) UE-Ucraina,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'estate del 2014 è stata segnata dall'ulteriore escalation del conflitto nell'Ucraina orientale; che in base a stime delle Nazioni Unite i morti sono almeno 3 000 e i feriti sono molti di più e si contano a migliaia, mentre centinaia di migliaia di civili hanno abbandonato le zone teatro del conflitto; che i costi economici del conflitto, compreso il costo della ricostruzione delle regioni orientali, rappresentano un grave problema per lo sviluppo sociale ed economico dell'Ucraina;

B.  considerando che il 5 settembre 2014 a Minsk il gruppo di contatto trilaterale ha concordato un cessate il fuoco che è entrato in vigore lo stesso giorno; che l'accordo comprendeva altresì un protocollo con dodici punti riguardante il rilascio di ostaggi, misure volte a migliorare la situazione umanitaria, il ritiro di tutti i gruppi armati illegali, delle attrezzature militari e dei mercenari dall'Ucraina nonché misure relative al decentramento nelle regioni di Donec'k e Luhans'k;

C.  considerando che da venerdì 5 settembre 2014 il cessate il fuoco è stato violato di continuo, principalmente ad opera di truppe russe regolari e dei separatisti, nelle zone vicine a Mariupol e all'aeroporto di Donec'k, come pure nell'ambito di tentativi di sondare la difesa ucraina in diverse altre località;

D.  considerando che, nelle settimane precedenti, la Russia ha aumentato la sua presenza militare sul territorio ucraino e il suo supporto logistico destinato alle milizie separatiste per mezzo di un flusso costante di armi, munizioni, attrezzature e veicoli blindati, mercenari e soldati camuffati, malgrado le richieste da parte dell'UE di compiere ogni sforzo per allentare la tensione; che dall'inizio della crisi la Federazione russa ha ammassato truppe e materiale militare al confine con l'Ucraina;

E.  considerando che l'intervento militare diretto e indiretto in Ucraina da parte della Russia, inclusa l'annessione della Crimea, viola il diritto internazionale, compresi la Carta delle Nazioni Unite, l'Atto finale di Helsinki e l'accordo di Budapest del 1994; che la Russia continua a rifiutarsi di applicare il trattato sulle forze armate convenzionali in Europa (trattato CFE);

F.  considerando che il Consiglio europeo del 30 agosto 2014 ha richiesto proposte per intensificare le misure restrittive dell'UE in risposta alle azioni russe che destabilizzano l'Ucraina orientale; che tali proposte sono entrate in vigore il 12 settembre 2014;

G.  considerando che dopo la firma delle disposizioni politiche dell'accordo di associazione, avvenuta il 21 marzo 2014, il 27 giugno 2014 l'UE e l'Ucraina hanno sottoscritto ufficialmente la parte restante dell'accordo, che include un accordo di libero scambio globale e approfondito (DCFTA); che il Parlamento europeo e la Verchovna Rada hanno ratificato simultaneamente l'accordo di associazione; che il 12 settembre 2014 la Commissione ha annunciato che l'applicazione provvisoria del DCFTA sarà posticipata al 31 dicembre 2015; che ciò si tradurrà in una proroga delle preferenze commerciali unilaterali concesse dall'UE all'Ucraina, che sarebbero dovute scadere il 1 novembre 2014;

H.  considerando che il 7 agosto 2014 il governo russo ha adottato un elenco di prodotti provenienti da UE, USA, Norvegia, Canada e Australia che saranno vietati per un anno sul mercato russo; che l'UE ne subirà le conseguenze più pesanti poiché la Russia è il secondo maggiore mercato di esportazione per i prodotti agricoli dell'UE e il sesto per i prodotti della pesca e poiché il 73% delle importazioni vietate è originario dell'UE; che le restrizioni complessive applicate attualmente dalla Russia potrebbero compromettere scambi commerciali pari a 5 miliardi di EUR e avere ripercussioni sul reddito di 9,5 milioni di persone nell'UE che lavorano nelle aziende agricole più colpite;

I.  considerando che il divieto di importare nel mercato russo i prodotti alimentari provenienti dall'UE, che ha colpito in particolare il settore ortofrutticolo nonché quello dei latticini e delle carni, potrebbe avere un effetto a catena e causare eccedenze nel mercato interno, mentre il divieto di importare nel mercato russo i prodotti della pesca provenienti dall'UE potrebbe porre gravi problemi ad alcuni Stati membri; che il valore dei prodotti della pesca sottoposti a embargo raggiunge quasi i 144 milioni di EUR;

J.  considerando che la Russia compromette la sicurezza dell'UE violando regolarmente lo spazio aereo della Finlandia, dei paesi baltici e dell'Ucraina, nonché mediante le recenti sospensioni della fornitura di gas alla Polonia, che corrispondono al 45% delle esportazioni russe verso tale paese;

K.  considerando che il vertice NATO di Newport ha ribadito che la NATO è schierata con l'Ucraina nel contrastare l'influenza destabilizzante della Russia, ha offerto sostegno per rafforzare le forze armate ucraine e ha invitato la Russia a ritirare le sue truppe dall'Ucraina nonché a porre fine all'annessione illegale della Crimea; che la NATO ha affermato di continuare a perseguire una relazione cooperativa e costruttiva con la Russia, compreso un consolidamento della fiducia reciproca, e ha dichiarato che i canali di comunicazione con la Russia restano aperti;

L.  considerando che il tragico abbattimento del volo Malaysia Airlines MH17 nella regione di Donec'k ha suscitato lo sdegno dell'opinione pubblica internazionale ed europea; che le Nazioni Unite e l'Unione europea hanno chiesto un'indagine internazionale approfondita sulle circostanze dell'incidente e che è un obbligo morale e giuridico assicurare i responsabili alla giustizia;

M.  considerando che Mykola Zelenec, console onorario della Lituania a Luhans'k, è stato rapito e brutalmente ucciso dai ribelli;

1.  accoglie con favore la firma dell'accordo sul cessate il fuoco di Minsk e invita tutte le parti a compiere ogni sforzo necessario per la sua attuazione integrale e in buona fede, nell'ottica di gettare le basi per l'avvio di un autentico processo di pace, che comprenda il controllo permanente ed effettivo del confine ucraino verificato dall'OSCE, il completo e incondizionato ritiro delle truppe russe, dei gruppi armati illegali, delle attrezzature militari e dei mercenari dal territorio dell'Ucraina riconosciuto a livello internazionale, nonché il rilascio degli ostaggi; deplora che l'accordo sul cessate il fuoco sia violato di continuo, principalmente dalle truppe russe e dalle forze separatiste, e che il loro dispiegamento in atto continui; sottolinea con fermezza che il conflitto dovrebbe essere risolto attraverso una soluzione politica;

2.  invita tutte le parti a rispettare il cessate il fuoco e ad astenersi dal compiere qualsiasi azione o manovra che potrebbe compromettere l'accordo; esprime tuttavia seria preoccupazione per la possibilità che il cessate il fuoco sia un pretesto per consentire alle truppe russe di riorganizzarsi per poi continuare l'offensiva volta a creare un corridoio terrestre verso la Crimea e oltre verso la Transnistria;

3.  condanna duramente la Federazione russa per la guerra ibrida non dichiarata contro l'Ucraina, nella quale sono impiegate forze russe regolari, e per il sostegno fornito ai gruppi illegalmente armati; sottolinea che tali azioni dei leader russi costituiscono una minaccia non solo all'unità e all'indipendenza dell'Ucraina ma anche a tutto il continente europeo; invita la Russia a ritirare immediatamente tutti i suoi mezzi e le sue forze militari dall'Ucraina, a proibire l'afflusso di armi e combattenti nelle regioni orientali di tale paese e a cessare di sostenere, in modo diretto o indiretto, le operazioni delle forze separatiste sul suolo ucraino;

4.  ribadisce il suo impegno a favore dell'indipendenza, della sovranità, dell'integrità territoriale e dell'inviolabilità delle frontiere dell'Ucraina, nonché del diritto di tale paese di compiere una scelta europea; ribadisce che la comunità internazionale non riconoscerà l'annessione illegale della Crimea e di Sebastopoli né i tentativi di istituire pseudo-repubbliche nel Donbas; plaude alla decisione dell'UE di vietare le importazioni originarie della Crimea se non accompagnate da un certificato d'origine rilasciato dalle autorità ucraine; condanna, inoltre, l'obbligo imposto ai cittadini ucraini in Crimea di acquisire il passaporto russo, la persecuzione dei cittadini ucraini e dei tatari di Crimea nonché le minacce rivolte dai leader autoproclamati ai cittadini della Crimea che avevano manifestato il loro interesse a votare in occasione delle future elezioni politiche;

5.  sottolinea che l'OSCE svolge un ruolo cruciale ai fini della risoluzione della crisi ucraina in ragione della sua esperienza nell'affrontare i conflitti armati e le crisi e in quanto sia la Federazione russa che l'Ucraina sono membri di tale organizzazione; invita gli Stati membri, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e la Commissione a compiere ogni sforzo per rafforzare e potenziare la missione speciale di monitoraggio OSCE in Ucraina, in termini sia di personale esperto che di logistica e attrezzature; sottolinea la necessità di inviare senza ulteriori indugi gli osservatori dell'OSCE lungo tutti i tratti di confine russo-ucraino attualmente sotto il controllo dei separatisti;

6.  evidenzia che il programma di associazione e di riforma deve procedere in parallelo ai continui sforzi tesi a garantire l'unità e l'integrità territoriale dell'Ucraina; ribadisce che i due compiti sono interconnessi in modo inestricabile e sinergico; sottolinea che sono necessari un dialogo pacifico e un decentramento in grado di garantire che il governo centrale mantenga l'autorità sull'intero territorio, salvaguardando l'unità dell'Ucraina; evidenzia la necessità che le varie comunità della società sviluppino un sentimento di fiducia reciproca e auspica un processo di riconciliazione sostenibile; pone l'accento, in questo contesto, sull'importanza di avviare un dialogo nazionale inclusivo, evitando la propaganda, l'incitazione all'odio e la retorica, che potrebbero esacerbare ulteriormente il conflitto; sottolinea che tale dialogo inclusivo dovrebbe coinvolgere le organizzazioni della società civile e i cittadini di tutte le regioni e minoranze;

7.  accoglie con favore la ratifica simultanea dell'AA/DCFTA da parte della Verchovna Rada e del Parlamento europeo; ritiene che si tratti di un passo importante che testimonia l'impegno di entrambe le parti a favore di un'efficace attuazione; constata che l'applicazione provvisoria della DCFTA tra UE e Ucraina sarà posticipata al 31 dicembre 2015 e sarà sostituita dalla proroga delle misure commerciali unilaterali che costituiscono di fatto un'attuazione asimmetrica dell'accordo; deplora le misure straordinarie e il livello di pressione esercitato dalla Russia; afferma che l'accordo non può essere e non sarà modificato, e che l'Unione europea lo ha precisato chiaramente attraverso tale ratifica; invita gli Stati membri dell'UE a procedere rapidamente alla ratifica dell'AA/DCFTA con l'Ucraina; prende atto delle consultazioni in corso tra Ucraina, Russia e Unione europea sull'applicazione dell'AA/DCFTA con l'Ucraina e auspica che esse contribuiranno a fugare qualsiasi malinteso;

8.  sottolinea che nei prossimi mesi, precedenti all'attuazione dell'AA/DCFTA, si dovrebbe provvedere alla necessaria trasformazione e modernizzazione del sistema politico ucraino nonché dell'economia e della società del paese, conformemente al programma di associazione; accoglie con favore il programma di riforme annunciato dal presidente Porošenko, che comprende leggi in materia di lotta alla corruzione, decentramento e amnistia; esorta la Commissione e il SEAE a elaborare prontamente un pacchetto globale e ambizioso di aiuti e assistenza finanziaria per l'Ucraina e in particolare per la popolazione dell'Ucraina orientale, e a sostenere i lavori finalizzati al raggiungimento di una soluzione politica e alla riconciliazione nazionale;

9.  ritiene che le leggi adottate dalla Verchovna Rada il 16 settembre 2014 riguardanti lo statuto speciale di alcuni distretti delle regioni di Donec'k e Luhans'k e l'amnistia costituiscano un importante contributo all'allentamento delle tensioni nell'ambito dell'attuazione del piano di pace del presidente ucraino;

10.  sostiene le misure restrittive che l'UE ha adottato nei confronti della Russia durante l'estate in risposta alle continue aggressioni di quest'ultima e prende atto della loro applicazione in data 12 settembre 2014; è del parere che tutte le sanzioni dovrebbero essere concepite in modo da non consentire alle imprese legate al Cremlino di raggirarle; chiede all'UE di monitorare attentamente le forme di cooperazione economica quali i contratti di scambio connessi a indici azionari (equity swaps) e le imprese comuni;

11.  sottolinea la reversibilità e la possibilità di ridimensionamento delle misure restrittive dell'Unione, a seconda della situazione in Ucraina;

12.  invita gli Stati membri e il SEAE ad adottare una serie chiara di parametri di riferimento che, una volta raggiunti, potrebbero impedire l'adozione di nuove misure restrittive nei confronti della Russa o portare alla sospensione delle misure già adottate; ritiene che tali parametri di riferimento debbano includere il completo ritiro delle truppe e dei mercenari russi dal territorio dell'Ucraina, la sospensione della fornitura di armi e attrezzature ai terroristi, il pieno rispetto del regime di cessate il fuoco da parte della Russia, l'istituzione di efficaci controlli e verifiche internazionali di tale regime e il ripristino del controllo dell'Ucraina sul suo intero territorio; esorta il Consiglio e gli Stati membri a non prendere in considerazione la possibilità di porre fine alle sanzioni fino a quando tali condizioni non saranno soddisfatte e a restare pronti a imporre altre sanzioni per eventuali azioni compiute dalla Russia a pregiudizio dell'accordo sul cessate il fuoco o a scopo di un ulteriore inasprimento delle tensioni in Ucraina;

13.  ricorda che le misure restrittive adottate dall'UE sono direttamente collegate al fatto che, con l'annessione illegale della Crimea e la destabilizzazione dell'Ucraina, la Federazione russa ha violato il diritto internazionale, mentre le misure commerciali adottate dalla Federazione russa, incluse quelle nei confronti dell'Ucraina e di altri paesi del partenariato orientale che hanno recentemente concluso accordi di associazione con l'UE, sono ingiustificate; invita l'UE a considerare la possibilità di escludere la Russia dalla cooperazione nucleare civile e dal sistema Swift;

14.  invita la Commissione a seguire con attenzione l'impatto delle cosiddette "contro-sanzioni" russe e ad adottare rapidamente misure per sostenere i produttori colpiti dalle restrizioni al commercio introdotte dalla Russia; valuta positivamente le misure adottate dal Consiglio "Agricoltura" del 5 settembre 2014 e sollecita la Commissione a vagliare soluzioni che consentano all'UE di affrontare meglio crisi simili in futuro così come a fare tutto il possibile per sostenere concretamente e tempestivamente i produttori europei colpiti; si rammarica per la sospensione delle misure di emergenza per i mercati dei prodotti ortofrutticoli deperibili, condanna però ogni eventuale abuso del sostegno; invita la Commissione a presentare quanto prima un nuovo regime;

15.  chiede alla Commissione di monitorare attentamente i mercati dei prodotti agricoli, alimentari, della pesca e dell'acquacultura, di informare il Consiglio e il Parlamento in merito a eventuali cambiamenti e di valutare l'impatto delle misure adottate per poter eventualmente ampliare l'elenco dei prodotti beneficiari e aumentare la dotazione pari a 125 milioni di EUR; esorta la Commissione a non limitarsi alle misure di mercato e ad adottare anche provvedimenti a medio termine volti a rafforzare la presenza dell'UE nei mercati dei paesi terzi (ad esempio attraverso attività promozionali);

16.  prende in considerazione la possibilità di ricorrere a fondi dell'Unione diversi dai fondi agricoli, giacché la crisi è innanzitutto di natura politica e non il risultato di un cedimento del mercato o di condizioni meteorologiche avverse;

17.  sottolinea che la stabilità e lo sviluppo politici ed economici a medio e lungo termine in Russia dipendono dalla presenza di una democrazia vera, ed evidenzia che la futura evoluzione delle relazioni tra UE e Russia dipenderà dagli sforzi compiuti per rafforzare la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali all'interno del paese;

18.  esprime soddisfazione per il rilascio degli ostaggi trattenuti dai gruppi illegalmente armati nell'Ucraina orientale e chiede la liberazione dei prigionieri ucraini detenuti nella Federazione russa; sottolinea in particolare il caso di Nadežda Savčenko, combattente ucraina volontaria, che è stata catturata dai separatisti a giugno 2014 e poi trasferita in Russia, dove è tuttora detenuta; evidenzia inoltre i casi dei registi e giornalisti Oleg Sencov, Aleksej Černij, Gennadij Afanasev e Oleksandr Kolčenko, catturati in Crimea;

19.  accoglie favorevolmente la rinnovata volontà della NATO di conferire priorità alla sicurezza collettiva e l'impegno espresso in relazione all'articolo 5 del trattato di Washington; plaude alla decisione adottata in occasione del vertice NATO di Newport di aumentare il livello di sicurezza degli alleati orientali, che include la creazione di una task force comune d'intervento rapido (Very High Readiness Joint Task Force), una presenza militare continua, a rotazione, della NATO e l'istituzione di un'infrastruttura logistica, nonché agli sforzi intesi ad accrescere la capacità dell'Ucraina di provvedere alla propria sicurezza; constata che gli alleati NATO, a livello bilaterale, possono fornire all'Ucraina le armi, la tecnologia e il know-how necessari per la sua sicurezza e difesa; sottolinea con forza, tuttavia, che la soluzione della crisi ucraina non può essere di tipo militare;

20.  sottolinea l'importanza di un'inchiesta indipendente, rapida e completa, affidata alla commissione per la sicurezza olandese, sulle cause dell'abbattimento del volo Malaysia Airlines MH17 e la necessità di assicurare i responsabili alla giustizia; osserva che la commissione per la sicurezza olandese ha pubblicato la sua relazione preliminare relativa all'inchiesta sullo schianto del volo MH17 il 9 settembre 2014; sottolinea che, stando ai risultati preliminari ad oggi disponibili, non sono stati rinvenuti indizi di eventuali problemi tecnici o operativi legati al velivolo o all'equipaggio, e che il danno riscontrato sulla sezione anteriore sembra indicare che l'aereo è stato colpito da un elevato numero di oggetti ad alta energia provenienti dall'esterno; deplora il fatto che i ribelli non permettano ancora agli ispettori di accedere liberamente alla zona in cui l'aereo è precipitato e invita tutte le parti a consentire un accesso immediato;

21.  è fermamente convinto che il solo modo possibile per l'Unione europea di rispondere alle minacce russe sia quello di rimanere unita e di rivolgersi alla Russia con una sola voce; ritiene che l'UE debba ripensare le sue relazioni con tale paese, abbandonare l'idea del partenariato strategico e trovare un nuovo approccio unificato;

22.  esprime profonda preoccupazione per la disastrosa situazione umanitaria nell'Ucraina orientale, soprattutto in considerazione dell'imminente inverno; richiama l'attenzione sulla pressante necessità di fornire assistenza umanitaria e soccorso alla popolazione delle zone interessate dal conflitto, agli sfollati interni e ai profughi; fa eco al recente allarme lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità, che segnala come l'Ucraina orientale si trovi a fronteggiare un'emergenza sanitaria, con ospedali che non funzionano pienamente e medicinali e vaccini che scarseggiano; plaude alla recente decisione della Commissione di mobilitare a favore dell'Ucraina 22 milioni di EUR di aiuti umanitari e allo sviluppo; chiede pertanto l'avvio di azioni urgenti, interamente sotto l'egida e la supervisione dell'UE, anche attraverso l'invio di un convoglio di aiuti umanitari, per contribuire a prestare assistenza alle persone più bisognose; ricorda che la fornitura di aiuti umanitari all'Ucraina orientale deve avvenire nell'assoluto rispetto del diritto internazionale umanitario e dei principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza, nonché in stretto coordinamento con il governo ucraino, le Nazioni Unite e il Comitato internazionale della Croce rossa (CICR); esprime profondo rispetto per l'enorme lavoro svolto dai gruppi di cittadini ucraini nel settore degli aiuti umanitari nell'Ucraina orientale, in particolare per quanto concerne l'evacuazione di bambini, l'assistenza sanitaria e l'approvvigionamento alimentare;

23.  esorta la Commissione ad avviare la messa a punto del terzo ambizioso pacchetto di assistenza macrofinanziaria a favore dell'Ucraina nonché a svolgere un ruolo guida nell'organizzazione della Conferenza dei donatori per l'Ucraina, che si dovrebbe tenere entro la fine del 2014 con la partecipazione di organizzazioni internazionali, istituzioni finanziarie internazionali e rappresentanti della società civile; sottolinea l'importanza di un impegno della comunità internazionale a sostegno della stabilizzazione politica ed economica e delle riforme in Ucraina;

24.  elogia i continui sforzi profusi dalle autorità ucraine per assicurare il diritto all'istruzione e, in particolare, per garantire che tutti i bambini possano ritornare quanto prima nelle scuole danneggiate dal conflitto; ricorda l'importanza di fornire sostegno psicosociale a tutti i minori che sono stati direttamente esposti a episodi di violenza;

25.  condanna fermamente il rapimento di Eston Kohver, funzionario dei servizi di sicurezza dell'Estonia prelevato illegalmente dal territorio estone e portato in Russia, e invita le autorità russe a rilasciarlo immediatamente e a permettergli di rientrare in Estonia in condizioni di sicurezza;

26.  considera della massima importanza ridurre la dipendenza dell'Unione dalla Russia e da altri regimi autoritari; invita inoltre il Consiglio europeo di ottobre 2014 ad adottare un piano di emergenza completo e ambizioso per il prossimo inverno, che includa anche i paesi vicini come l'Ucraina;

27.  richiama l'attenzione sulle recenti notizie attendibili di violazioni dei diritti umani nelle zone interessate dal conflitto, principalmente ad opera di truppe russe regolari e dei separatisti; appoggia l'invito rivolto al governo ucraino affinché crei un registro unico, periodicamente aggiornato, delle segnalazioni di rapimenti e indaghi in modo approfondito e imparziale su tutte le accuse di uso abusivo della forza, maltrattamenti o torture;

28.  accoglie con favore il fatto che la Commissione abbia adottato la quarta relazione sull'attuazione da parte dell'Ucraina del piano d'azione sulla liberalizzazione dei visti e che il Consiglio abbia deciso di passare alla seconda fase; insiste sul rapido completamento del regime di liberalizzazione dei visti tra l'UE e l'Ucraina quale risposta concreta alle aspirazioni europee della popolazione che manifestava sul Maidan; rinnova nel contempo la propria richiesta concernente l'introduzione immediata di procedure di concessione del visto provvisorie, molto semplici e poco costose;

29.  chiede la prosecuzione dei colloqui trilaterali sulla fornitura di gas all'Ucraina, sospesa da giugno 2014, al fine di trovare una soluzione per il suo ripristino; ribadisce la necessità di assicurare l'approvvigionamento di gas attraverso un flusso inverso dai paesi UE confinanti verso l'Ucraina;

30.  invita l'UE a considerare risorse strategiche lo stoccaggio del gas, i dispositivi di interconnessione e i meccanismi di inversione di flusso e pertanto a regolamentare la quota delle imprese terze presenti in questi settori cruciali; invita inoltre gli Stati membri ad annullare gli accordi in programma con la Russia nel settore energetico, inclusi quelli riguardanti il gasdotto South Stream;

31.  sottolinea la necessità di accrescere in modo radicale la sicurezza e l'indipendenza energetica dell'Unione nonché la sua capacità di resistere alle pressioni esterne attraverso il consolidamento dei settori energetici, l'ulteriore sviluppo dell'infrastruttura energetica nei paesi del vicinato UE e la realizzazione di dispositivi di interconnessione energetica tra tali paesi e tra questi ultimi e l'Unione, conformemente agli obiettivi della Comunità dell'energia, nonché la necessità di attuare tali progetti di interesse comune in quanto priorità della massima urgenza, al fine di realizzare in Europa un mercato del gas libero e pienamente funzionante;

32.  accoglie con favore la decisione del governo francese di bloccare la consegna delle portaelicotteri di classe Mistral e invita tutti gli Stati membri a seguire un approccio analogo in merito alle esportazioni non coperte dalle decisioni dell'UE in materia di sanzioni, in particolare per quanto riguarda le armi e i materiali a duplice uso; ricorda che il contratto in questione, nelle circostanze attuali, sarebbe in contrasto con il codice di condotta dell'UE sull'esportazione di armi e con la posizione comune del 2008 che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari; invita gli Stati membri dell'Unione europea a rispettare pienamente l'embargo sul commercio di armi e il divieto di esportare beni a duplice uso destinati a utilizzatori finali militari;

33.  accoglie favorevolmente la decisione di tenere elezioni politiche anticipate in Ucraina il 26 ottobre 2014 e auspica che il governo assicuri che esse siano libere ed eque; invita l'Ucraina a garantire la trasparenza nel finanziamento dei partiti e delle loro campagne politiche e a tenere pienamente conto di tutti i commenti formulati nelle conclusioni della missione di osservazione dell'OSCE/ODIHR sulle recenti elezioni presidenziali; invita tutti i partiti politici attualmente rappresentati in Verchovna Rada a partecipare alle elezioni e chiede a tutte le parti di rispettarne pienamente l'esito; auspica una forte maggioranza in considerazione delle importanti sfide e delle necessarie riforme che attendono il paese; esorta le forze ribelli nell'Ucraina orientale a non ostacolare il processo elettorale e a garantire il diritto fondamentale degli abitanti del Donbass di eleggere liberamente i propri rappresentanti; si impegna a inviare osservatori elettorali incaricati di monitorare tali elezioni e chiede una consistente missione internazionale di osservazione elettorale per vigilare su tali elezioni di fondamentale importanza che si svolgeranno nel contesto delle attuali difficili condizioni;

34.  sottolinea che mai come ora la Russia non ha ragioni per criticare l'accordo UE-Ucraina o per reagire con restrizioni commerciali ingiustificate e con l'aggressione militare; esprime preoccupazione per la possibilità che i nuovi sviluppi spingano la Russia a inasprire la sua politica di intimidazione nei confronti dell'Ucraina per includerla nella propria sfera di influenza; teme il pericolo di un effetto di ricaduta in Georgia e Moldova;

35.  deplora il fatto che i leader russi considerino il partenariato orientale dell'UE una minaccia per i loro interessi politici ed economici; sottolinea che, al contrario, la Russia beneficerà dell'aumento delle attività commerciali ed economiche, mentre la sua sicurezza aumenterà grazie a un vicinato stabile e prevedibile; deplora che la Russia utilizzi gli scambi commerciali per destabilizzare la regione introducendo diversi divieti all'importazione di prodotti provenienti dall'Ucraina e dalla Moldova nonché, più di recente, rinunciando alle zone di libero scambio della Comunità degli Stati indipendenti con l'Ucraina, la Georgia e la Moldova, con la conseguente reintroduzione dei dazi della nazione più favorita (NPF) per i prodotti provenienti da questi paesi;

36.  ribadisce a tal riguardo che questo accordo non costituisce l'obiettivo finale delle relazioni UE‑Ucraina; sottolinea inoltre che, a norma dell'articolo 49 del TUE, l'Ucraina, come qualsiasi altro Stato europeo, ha una prospettiva europea e può domandare di diventare membro dell'Unione, purché si attenga ai principi democratici, rispetti le libertà fondamentali e i diritti umani e delle minoranze e garantisca lo Stato di diritto;

37.  sottolinea che si dovrebbero ripristinare relazioni di partenariato e cooperazione con la Russia nel momento in cui tale paese dimostri di conformarsi al diritto internazionale, contribuisca attivamente e in modo scevro da ambiguità a una soluzione pacifica della crisi ucraina e rispetti pienamente l'integrità territoriale, l'indipendenza e la sovranità dell'Ucraina, degli altri paesi del partenariato orientale e dei suoi vicini; invita il nuovo vicepresidente/alto rappresentante a svolgere un ruolo proattivo nel facilitare il dialogo tra l'Ucraina e la Russia, nonché il dialogo dell'UE con la Russia, e nel promuovere soluzioni pacifiche dei conflitti; ritiene inoltre che la Commissione dovrebbe esplorare le modalità di una cooperazione dell'UE con l'Unione economica euroasiatica;

38.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, ai governi degli Stati membri, al Presidente, al governo e al Parlamento dell'Ucraina, al Consiglio d'Europa, all'OSCE nonché al Presidente, al governo e al Parlamento della Federazione russa.

(1) Testi approvati, P7_TA(2014)0170.
(2) Testi approvati, P7_TA(2014)0248.
(3) Testi approvati, P7_TA(2014)0457.
(4) Testi approvati, P8_TA(2014)0009.
(5) Testi approvati, P7_TA(2014)0101.


Reazione dell'UE all'epidemia del virus Ebola
PDF 137kWORD 58k
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sulla risposta dell'UE all'epidemia di Ebola (2014/2842(RSP))
P8_TA(2014)0026RC-B8-0107/2014

Il Parlamento europeo,

–  vista la dichiarazione di "emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale" da parte dell''Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dell'8 agosto 2014,

–  vista la tabella di marcia di risposta all'Ebola dell'OMS, del 28 agosto 2014,

–  viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" dell'Unione europea sulla crisi di Ebola in Africa occidentale, del 15 agosto 2014,

–  vista la valutazione del rischio di Ebola del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, del 27 agosto 2014,

–  vista la "Dichiarazione sull'epidemia di Ebola" in Africa occidentale del commissario per la salute, Tonio Borg, dell'8 agosto 2014,

–  vista la "Dichiarazione sulla risposta dell'UE all'epidemia di Ebola" del commissario per lo sviluppo, Andris Piebalgs, e del commissario per gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi, Kristalina Georgieva, del 5 settembre 2014,

–  visto l'evento ad alto livello organizzato dalla Commissione europea per coordinare la risposta all'epidemia di Ebola in Africa occidentale, del 15 settembre 2014,

–  vista la missione dell'Unione africana (UA) "Sostegno dell'UA alla lotta contro l'epidemia di Ebola in Africa occidentale" (ASEOWA), istituita il 21 agosto 2014,

–  vista la riunione informativa speciale delle Nazioni Unite sull'Ebola tenuta dalla dott.ssa Joanne Liu, presidente internazionale di Medici Senza Frontiere, del 2 settembre 2014,

–  vista la dichiarazione rilasciata dal ministro della Difesa della Liberia, Brownie Samukai, dinanzi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla minaccia all'esistenza del suo paese posta dall'epidemia di Ebola,

–  vista la riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 18 settembre in cui la crisi di Ebola figurerà al primo posto nell'ordine del giorno,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che la malattia da virus Ebola (EVD), già nota come febbre emorragica Ebola, è una patologia grave e spesso mortale per gli esseri umani;

B.  considerando che, da quando è stato ufficialmente dichiarata il 22 marzo 2014 in Guinea, l'epidemia di Ebola ha raggiunto quattro altri paesi (Liberia, Nigeria, Sierra Leone e Senegal), ha colpito quasi 4 000 persone e ha provocato oltre 2 000 vittime, e tenendo presente che vi sono anche casi non segnalati di persone infettate dall'Ebola e di decessi;

C.  considerando che l'epidemia sta accelerando rapidamente e si va diffondendo nella regione del'Africa occidentale, sebbene un focolaio distinto del virus sia presente anche nella Repubblica democratica del Congo;

D.  considerando che l'OMS riconosce che l'epidemia è stata sottovalutata e stima che il numero dei pazienti colpiti potrebbe superare i 20 000 nei prossimi tre mesi;

E.  considerando che l'OMS ha annunciato che si tratta della più grande epidemia mai registrata in termini di casi, vittime ed estensione geografica e ha dichiarato che la crisi è "un'emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale" che esige una risposta internazionale coordinata;

F.  considerando che vi sono 4,5 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni che vivono nelle zone colpite dal virus dell'Ebola e che le donne (che rappresentano il 75% dei casi) sono state sproporzionatamente colpite dal virus in virtù del loro ruolo di assistenza;

G.  considerando che la tabella di marcia dell'OMS elenca una serie di misure molto concrete e immediate volte ad arrestare la trasmissione dell'Ebola su scala mondiale in un lasso di tempo dai 6 ai 9 mesi, provvedendo nel contempo a gestire rapidamente le conseguenze di qualsiasi ulteriore propagazione a livello internazionale e riconoscendo la necessità di affrontare, in parallelo, le più ampie conseguenze a livello socioeconomico dell'epidemia;

H.  considerando che attualmente le ONG più attive sul campo, quali Medici senza frontiere e la Federazione internazionale delle società della Croce rossa e della Mezzaluna rossa, criticano gli sforzi internazionali definendoli pericolosamente inadeguati, in quanto le capacità estremamente limitate sul campo determinano carenze critiche in tutti gli aspetti della risposta: cure mediche di sostegno, formazione del personale sanitario, controllo dell'infezione, ricerca dei contatti, vigilanza epidemiologica, sistemi di allerta e segnalazione, educazione e mobilitazione delle comunità;

I.  considerando che il dipartimento della Commissione per la cooperazione allo sviluppo (DG DEVCO) e il dipartimento per l'aiuto umanitario e la protezione civile (DG ECHO) si sono impegnati a erogare oltre 147 milioni di euro in aiuti umanitari e allo sviluppo per contenere la diffusione del virus, fornire cure e attrezzature essenziali alle persone infette e inviare esperti umanitari;

J.  considerando che solo 11,9 dei 147 milioni di euro promessi sono specificamente destinati ad alcuni dei bisogni umanitari più urgenti;

K.  considerando che tutte le organizzazioni partner in loco hanno sottolineato che, al fine di isolare e trattare i pazienti, vi è l'urgente necessità non solo di finanziamenti ma anche di capacità operativa, in particolare risorse umane qualificate e materiale logistico;

L.  considerando che la Commissione sta monitorando la situazione attraverso il proprio Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (ERCC), che dovrebbe fungere da piattaforma per il coordinamento dell'assistenza UE;

M.  considerando che esperti umanitari dell'UE sono stati inviati nella regione per monitorare la situazione e mantenere i contatti con le organizzazioni partner e le autorità locali;

N.  considerando che gli Stati membri dell'UE hanno la capacità di mobilitare squadre di risposta immediata per assicurare la diagnosi precoce, l'isolamento (dei casi sospetti e dei casi confermati in reparti diversi), il monitoraggio delle persone entrate in contatto con i pazienti e la ricerca delle catene di trasmissione, misure relative ai funerali, l'educazione e il supporto locale;

O.  considerando che i paesi colpiti già soffrono di scarsità di cibo e di acqua pulita e del collasso economico determinato dalla perturbazione del commercio, dei voli commerciali e dei lavori legati al raccolto a seguito dello scoppio dell'epidemia con conseguenti disordini in seno alla società, fuga di persone, caos, minacce all'ordine pubblico e ulteriore diffusione del virus;

P.  considerando che l'epidemia ha rivelato la grave inadeguatezza dei sistemi sanitari dei paesi colpiti e l'urgente esigenza di sostegno per rafforzarli;

1.  deplora la perdita di vite umane nella regione devastata dall'epidemia di Ebola e porge le sue sincere condoglianze ai governi dei paesi e alle persone colpite dall'epidemia;

2.  ritiene che la comunità internazionale debba svolgere un ruolo più incisivo mentre i paesi africani devono assumere la loro parte di responsabilità, dato che l'epidemia di Ebola rappresenta una sfida per la sicurezza globale e non è soltanto un problema dell'Africa occidentale ma piuttosto un problema su scala mondiale;

3.  invita la Commissione a intensificare gli sforzi e a coordinare gli interventi con gli Stati Uniti e altri partner internazionali per contrastare l'epidemia di Ebola; chiede al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, insieme ai paesi partner interessati, di esaminare la possibilità di utilizzare risorse di difesa militari e civili sotto la guida del Segretario generale e con il coordinamento dell'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari;

4.  accoglie favorevolmente e incoraggia l'aumento in corso dell'impegno finanziario della Commissione europea in termini di aiuto umanitario e allo sviluppo per rispondere alla crisi e, in particolare, il suo sostegno alla missione ASEOWA dell'Unione africana;

5.  si congratula per il lavoro svolto sul campo dalle organizzazioni partner a dispetto delle sfide e accoglie calorosamente il loro grande contributo e aiuto nel controllo di questa epidemia;

6.  ricorda agli Stati membri che l'aiuto finanziario fornito ai paesi colpiti non dovrebbe andare a scapito degli aiuti allo sviluppo a lungo termine ma semmai completarli;

7.  deplora che la comunità internazionale abbia sottovalutato la crisi e tardato a elaborare una strategia di coordinamento adeguata;

8.  accoglie con favore gli impegni assunti dagli Stati membri in occasione dell'evento ad alto livello organizzato dalla Commissione europea il 15 settembre 2014 e esorta il Consiglio dell'Unione europea a tenere una riunione ministeriale per stabilire un piano di emergenza per mobilitare una risposta medica e per concordare e fornire l'aiuto umanitario degli Stati membri, sotto il coordinamento della Commissione;

9.  invita la Commissione a elaborare valutazioni dei fabbisogni e piani specifici per paese onde determinare e coordinare la richiesta e il relativo invio di personale sanitario, laboratori mobili, attrezzature di laboratorio, indumenti protettivi e centri di trattamento con reparti di isolamento;

10.  invita gli Stati membri a coordinare i voli e a stabilire ponti aerei dedicati al trasferimento di personale ed attrezzature sanitarie verso i paesi colpiti, e ad assicurare l'evacuazione sanitaria, se necessaria;

11.  sottolinea la necessità di rafforzare la cooperazione scientifica e il supporto tecnologico nelle aree colpite dall'epidemia al fine di mettere a punto infrastrutture cliniche, epidemiologiche e diagnostiche, comprese infrastrutture e sorveglianza sostenibili, prestando particolare attenzione all'assunzione di personale locale, compresa la sua formazione;

12.  invita la Commissione a mantenere stretti contatti con l'ERCC, l'OMS e gli Stati membri attraverso il Comitato per la sicurezza sanitaria;

13.  invita la Commissione a introdurre sistemi di controllo per assicurare che l'intero importo previsto per porre fine al dilagare dell'Ebola sia effettivamente destinato alla lotta contro tale epidemia nei paesi colpiti dal virus, e non utilizzato per altri fini;

14.  ritiene che la tabella di risposta all'Ebola dell'OMS costituisca una base per le attività prioritarie, in particolare la risposta differenziata per i paesi con una trasmissione molto estesa, i casi iniziali e i paesi vicini in cui occorre rafforzare il grado di preparazione;

15.  accoglie favorevolmente le discussioni sul modo in cui gli sforzi di pace delle Nazioni Unite possono – con un addestramento adeguato – sostenere ulteriormente la lotta contro l'Ebola nella regione;

16.  chiede al Consiglio e alla Commissione di sostenere e incoraggiare l'Unione africana per quanto concerne la necessità di un piano d'azione globale in quanto la situazione continua a deteriorarsi rapidamente e incide sull'economia e sull'ordine pubblico dei paesi interessati, dato che la crisi dell'Ebola è diventata complessa, con implicazioni di natura politica, di sicurezza, economica e sociale che continueranno a ripercuotersi sulla regione ben oltre l'attuale emergenza sanitaria;

17.  sottolinea che l'attuale crisi non potrà essere risolta unicamente dai sistemi sanitari ma che occorre un approccio concertato che coinvolga diversi settori (assistenza sanitaria, istruzione e formazione, infrastrutture igienico-sanitarie, aiuti alimentari) per affrontare le carenze critiche in tutti i servizi essenziali;

18.  ritiene che il personale medico locale debba essere coinvolto nella cura della popolazione colpita e fungere da tramite tra la popolazione e il personale medico internazionale;

19.  chiede che si adottino azioni educative e informative per sensibilizzare sui sintomi e sulle misure preventive in modo da favorire un clima di fiducia e la cooperazione della popolazione riguardo alle misure contro l'Ebola, dato che l'informazione e la comunicazione costituiscono un aspetto importante della lotta contro l'epidemia di Ebola;

20.  sottolinea che la lotta contro l'Ebola non deve comportare la stigmatizzazione dei pazienti sopravvissuti nelle comunità o nei paesi;

21.  invita gli Stati membri a svolgere un controllo scrupoloso dell'infezione e, in cooperazione con il l'ECDC, a fornire al pubblico informazioni più complete sui rischi;

22.  invita gli Stati membri e la Commissione a coordinare e a rafforzare la ricerca medica e la produzione di medicinali e vaccini efficaci contro l'Ebola e a far progredire gli studi clinici necessari per le potenziali cure esistenti;

23.  chiede anche che si operi una chiara distinzione tra i test di vaccinazione contro l'Ebola e le cure fornite alle persone infettate dal virus; chiede che gli studi clinici sul vaccino contro l'Ebola rispettino le pertinenti norme dell'OMS in vigore;

24.  chiede alla sua commissione per lo sviluppo di formulare raccomandazioni approfondite per mitigare le conseguenze a lungo termine dell'epidemia e rafforzare i sistemi sanitari dei paesi colpiti al fine di evitare epidemie analoghe;

25.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, ai governi e ai parlamenti dell'Unione africana e all'Organizzazione mondiale della sanità.


Situazione in Iraq e in Siria e offensiva dell'IS inclusa la persecuzione delle minoranze
PDF 151kWORD 71k
Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sulla situazione in Iraq e in Siria e offensiva dell'IS, inclusa la persecuzione delle minoranze (2014/2843(RSP))
P8_TA(2014)0027RC-B8-0109/2014

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'Iraq e sulla Siria,

–  viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" sull'Iraq e sulla Siria,

–  viste le conclusioni del Consiglio europeo del 30 agosto 2014 sull'Iraq e sulla Siria,

–  viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sull'Iraq e sulla Siria,

–  viste la risoluzione n. 2170 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e la risoluzione S-22/L.1 (2014) del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani,

–  viste le dichiarazioni del Segretario generale delle Nazioni Unite sull'Iraq e sulla Siria,

–  vista la dichiarazione conclusiva del vertice NATO del 5 settembre 2014,

–  visti gli orientamenti dell'UE sulla promozione e la tutela della libertà di religione o di credo, approvati il 24 giugno 2013,

–  viste le conclusioni della conferenza di Parigi sulla sicurezza in Iraq e la lotta contro lo Stato islamico, del 15 settembre 2014,

–  visti l'accordo di partenariato e cooperazione (APC) tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica dell'Iraq, dall'altra, e la sua risoluzione del 17 gennaio 2013 sull'accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e l'Iraq(1),

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che la già critica situazione umanitaria e della sicurezza in Iraq e in Siria si è ulteriormente deteriorata a seguito dell'occupazione di parti del loro territorio a opera dello "Stato islamico" (IS), gruppo terroristico e jihadista scissionista di al-Qaeda; che il carattere transnazionale dell'IS e dei gruppi terroristici a esso associati rappresenta una minaccia per l'intera regione; che si nutrono crescenti preoccupazioni per il destino delle persone ancora intrappolate nelle aree controllate dalle forze dell'IS;

B.  considerando che la disgregazione del confine iracheno-siriano ha permesso all'IS di rafforzare la sua presenza in entrambi i paesi; che negli scorsi mesi l'IS ha ampliato le proprie conquiste territoriali dall'est della Siria fino all'Iraq nordoccidentale, compresa Mosul, la seconda città dell'Iraq; che, secondo quanto riferito, il 29 giugno 2014 l'IS ha proclamato un "califfato" o "Stato islamico" nei territori sotto il suo controllo in Iraq e in Siria, e che il suo leader, Abdu Bakr al-Baghdadi, si è autoproclamato califfo; che l'IS non riconosce i confini accettati a livello internazionale e ha dichiarato l'intenzione di diffondere il "califfato islamico" ad altri paesi a maggioranza musulmana;

C.  considerando che alla conquista dei territori in Iraq e Siria ha fatto seguito l'imposizione di una rigida interpretazione della Sharia; che nelle zone sotto il controllo dell'IS e dei gruppi a esso associati sono state commesse gravi violazioni delle norme internazionali sui diritti umani e del diritto internazionale umanitario, tra cui uccisioni mirate, conversioni forzate, rapimenti, vendita di donne, schiavitù di donne e bambini, reclutamento di bambini per attentati suicidi, abusi sessuali e fisici e torture; che l'IS è responsabile dell'uccisione dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff e del cooperante David Haines; che le comunità di cristiani, yazidi, turcomanni, shabak, kakai, sabei e sciiti costituiscono un bersaglio dell'IS, alla stregua di molti arabi e musulmani sunniti; che moschee, monumenti, templi, chiese e altri luoghi di culto, tombe e cimiteri, nonché siti del patrimonio archeologico e culturale sono stati deliberatamente distrutti;

D.  considerando che i cristiani iracheni sono stati recentemente perseguitati, privati dei loro diritti fondamentali e costretti ad abbandonare le loro abitazioni, divenendo profughi a causa della loro religione e delle loro convinzioni personali; che, secondo l'organizzazione internazionale Open Doors, il numero dei cristiani in Iraq ha subito un notevole calo, da 1,2 milioni all'inizio degli anni '90 ai 330 000-350 000 attuali; che prima dell'inizio del conflitto siriano vivevano nel paese circa 1,8 milioni di cristiani; che, dall'inizio del conflitto, sono stati sfollati almeno 500 000 cristiani;

E.  considerando che, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), il numero di sfollati interni in Iraq quest'anno è stimato a 1,4 milioni, mentre quello delle persone bisognose di aiuti umanitari ammonterebbe a 1,5 milioni; che l'ascesa dell'IS ha causato una crisi umanitaria e, in particolare, un esodo di massa di civili; che il 12 agosto 2014 l'UE ha deciso di aumentare gli aiuti umanitari all'Iraq di 5 milioni di EUR per offrire assistenza di base agli sfollati, portando così i finanziamenti umanitari finora destinati all'Iraq nel 2014 a 17 milioni di EUR; che l'UE ha ampliato ulteriormente il raggio d'azione dei suoi aiuti umanitari e ha stabilito un ponte aereo fra Buxelles ed Erbil;

F.  considerando che, secondo le Nazioni Unite, le vittime del conflitto in Siria sono oltre 191 000; che, secondo le stime dell'OCHA, si contano 6,4 milioni di sfollati interni in Siria e oltre 3 milioni di rifugiati siriani, principalmente in Libano (1,17 milioni), Turchia (832 000), Giordania (613 000), Iraq (215 000) ed Egitto e Nord-Africa (162 000); che, secondo l'Ufficio per gli aiuti umanitari e la protezione civile (ECHO), le persone bisognose di aiuti umanitari sarebbero 10,8 milioni; che finora, nel 2014, l'UE ha contribuito con 150 milioni di EUR in aiuti umanitari destinati alle vittime della crisi siriana;

G.  considerando che centinaia di combattenti stranieri, molti dei quali provenienti da Stati membri dell'UE, si sono uniti all'insurrezione dell'IS; che tali cittadini dell'UE sono considerati dai governi degli Stati membri come un rischio per la sicurezza;

H.  considerando che l'UE riconosce l'onere che grava sulla regione del Kurdistan e sul governo regionale del Kurdistan nell'accogliere un ingente numero di sfollati interni;

I.  considerando che l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha dichiarato che continua a essere molto difficile operare all'interno della regione per fornire ai civili e ai rifugiati gli aiuti di cui hanno bisogno; che è importante dare riparo alle centinaia di migliaia di rifugiati siriani e iracheni prima che giunga l'inverno;

J.  considerando che l'UE ha ribadito il suo fermo impegno a favore dell'unità, della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Iraq;

K.  considerando che i capi di Stato e di governo che hanno partecipato al vertice NATO del 4 e 5 settembre 2014 hanno dichiarato che la presenza dell'IS in Siria e in Iraq rappresenta una minaccia per la stabilità della regione e che le popolazioni siriana e irachena e dell'intera regione hanno bisogno del sostegno della comunità internazionale per contrastare tale minaccia;

L.  considerando che è stata ventilata la possibilità di compiere attacchi aerei nell'Est della Siria; che al vertice NATO del 5 settembre 2014 è stata creata una coalizione anti-IS; che il Servizio europeo di azione esterna (SEAE) sta attualmente lavorando a una strategia regionale globale per affrontare la minaccia posta dall'IS; che il 10 settembre 2014 il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha reso nota la sua strategia di lotta all'IS la quale, tra le varie azioni, prevede una campagna sistematica di attacchi aerei contro gli obiettivi dell'IS "ovunque si trovino", inclusa la Siria, un rafforzamento del sostegno alle truppe di terra alleate impegnate nella lotta contro l'IS e un'intensificazione degli sforzi antiterrorismo volti a privare il gruppo dei finanziamenti ad esso destinati; che la Lega Araba si è impegnata a rafforzare la cooperazione per sconfiggere l'IS in Siria e Iraq;

M.  considerando che l'IS si è assicurato fonti di reddito significative saccheggiando banche e imprese sui territori che controlla, occupando fino a sei giacimenti petroliferi in Siria, tra cui il più grande impianto petrolifero del paese, il giacimento di al-Omar vicino al confine con l'Iraq, e sta ricevendo fondi da donatori abbienti, la maggior parte dei quali proviene dalla regione;

N.  considerando che la promozione della democrazia e il rispetto dei diritti umani, compreso il diritto alla libertà di religione e di credo, sono principi e obiettivi fondamentali dell'UE e costituiscono un terreno comune per le sue relazioni con i paesi terzi;

1.  esprime profonda preoccupazione per l'aggravarsi della situazione umanitaria e della sicurezza in Iraq e in Siria a causa dell'occupazione di parti dei loro territori per mano dell'IS; condanna con fermezza le uccisioni indiscriminate e le violazioni dei diritti umani perpetrate dall'organizzazione terroristica in parola e da altre organizzazioni terroristiche contro le minoranze religiose ed etniche e i gruppi più vulnerabili; condanna con forza gli attacchi rivolti contro obiettivi civili, tra cui ospedali, scuole e luoghi di culto, nonché il ricorso da parte dell'IS alle esecuzioni e alle violenze sessuali in Iraq e in Siria; sottolinea che non dovrebbe esserci alcuna impunità per gli autori di tali atti;

2.  condanna fermamente l'uccisione dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff nonché dell'operatore umanitario David Haines da parte dell'IS ed esprime profonda preoccupazione per la sicurezza degli altri ostaggi tuttora nelle mani degli estremisti; esterna profondo cordoglio e porge le sue condoglianze alle famiglie di queste vittime e alle famiglie di tutte le vittime del conflitto;

3.  sottolinea che gli attacchi diffusi e sistematici contro i civili a causa della loro appartenenza etnica o politica, della loro religione, del loro credo o del loro genere possono costituire un crimine contro l'umanità; condanna fermamente qualsiasi forma di persecuzione, discriminazione e intolleranza basata sulla religione e sul credo, nonché gli atti di violenza contro tutte le comunità religiose; sottolinea ancora una volta il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione quale diritto umano fondamentale;

4.  esprime il proprio sostegno a tutte le vittime di odio e intolleranza religiosa; esprime la sua solidarietà con i membri delle comunità cristiane perseguitate e che rischiano l'estinzione nel proprio paese, l'Iraq e la Siria, nonché con le altre minoranze religiose che sono oggetto di persecuzioni; ribadisce e sostiene il diritto inalienabile di tutte le minoranze etniche e religiose che vivono in Iraq e in Siria, compresi i cristiani, di continuare a vivere in modo dignitoso, giusto e sicuro in quello che storicamente e tradizionalmente è il loro paese di origine e di praticare liberamente la loro religione; sottolinea che i crimini commessi contro le minoranze cristiane quali assiri, siriaci e caldei, nonché contro yazidi e musulmani sciiti rappresentano la spinta finale dell'IS a una totale pulizia religiosa nella regione; osserva che per secoli i membri di diversi gruppi religiosi hanno convissuto nella regione in modo pacifico;

5.  respinge senza riserve e considera illegittimo l'annuncio della leadership dell'IS, che dichiara di aver stabilito un califfato nelle zone attualmente sotto il suo controllo; sottolinea che la creazione e l'espansione del "califfato islamico", nonché le attività di altri gruppi estremisti in Iraq e in Siria, costituiscono una minaccia diretta alla sicurezza dei paesi europei; rifiuta l'idea di eventuali modifiche, unilaterali e imposte con la forza, di confini riconosciuti a livello internazionale; sottolinea nuovamente che l'IS è soggetto all'embargo sugli armamenti e al congelamento dei beni imposto dalle risoluzioni n. 1267 (1999) e 1989 (2011) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e pone in rilievo l'importanza di una rapida ed efficace attuazione delle misure in questione; invita il Consiglio a prendere in considerazione un utilizzo più efficace delle attuali misure restrittive, in particolare per impedire che l'IS tragga vantaggio dalla vendita illecita di petrolio o dalla vendita di altre risorse sui mercati internazionali; è profondamente preoccupato per il fatto che taluni attori in alcuni Stati membri sarebbero impegnati nel commercio illecito di petrolio con l'IS; chiede alla Commissione se può confermare quanto sopra e, in caso affermativo, invita quest'ultima e gli Stati membri a garantire che venga posto immediatamente fine al commercio illecito di petrolio;

6.  condanna l'uso e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi e delle relative infrastrutture da parte dell'IS e di gruppi associati, attività che consentono a quest'ultimo di generare redditi considerevoli, ed esorta tutti gli Stati ad avallare le risoluzioni n. 2161 (2014) e 2170 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che condannano ogni tipo di scambio commerciale, diretto o indiretto, con l'IS e i gruppi associati; è preoccupato per il fatto che l'IS genera reddito grazie alla vendita di petrolio; prende atto dell'intenzione dell'UE di inasprire le sanzioni onde impedire all'IS di vendere il petrolio; invita pertanto l'UE a imporre sanzioni a tutti i soggetti (governi e imprese pubbliche o private) coinvolti nel trasporto, nella trasformazione, nella raffinazione e nella commercializzazione del petrolio estratto in zone controllate dall'IS, unitamente a rigorosi controlli dei flussi finanziari, in modo da impedire l'attività economica e lo sfruttamento di paradisi fiscali da parte dell'IS;

7.  accoglie favorevolmente l'appello lanciato l'8 settembre 2014 da tutte le federazioni islamiche francesi, così come quelli lanciati da altre comunità islamiche, nei quali si condanna inequivocabilmente e incondizionatamente la strumentalizzazione dell'Islam da parte di gruppi terroristi estremisti per giustificare la loro violenza, intolleranza e i loro crimini contro l'umanità;

8.  invita tutte le parti coinvolte nel conflitto in Iraq a garantire la protezione della popolazione civile e rispettare gli obblighi che incombono loro in virtù del diritto internazionale umanitario e di quello in materia di diritti umani; chiede che vengano forniti immediatamente sostegno e assistenza umanitaria agli sfollati in Iraq;

9.  plaude agli sforzi profusi dagli Stati Uniti e da tutti gli altri Stati contributori per sostenere le autorità irachene nazionali e locali nella lotta contro l'IS, per fermare l'avanzata di quest'ultimo e per agevolare l'accesso al sostegno umanitario; si compiace dell'invito degli Stati Uniti a formare una coalizione internazionale contro l'IS, la quale è in fase di costituzione; accoglie con favore la decisione presa dalla Lega araba il 7 settembre 2014 di adottare le misure necessarie per affrontare l'IS e collaborare nel contesto degli sforzi internazionali, regionali e nazionali al fine di combattere i militanti in Siria e in Iraq, nonché di approvare la risoluzione n. 2170 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; invita la Lega araba a discutere in merito alla possibilità di modificare la Convenzione araba per la repressione del terrorismo del 1998 affinché possa contrastare il terrorismo globale con tutti i mezzi;

10.  invita la comunità internazionale ad assistere le autorità irachene, anche fornendo protezione militare a gruppi particolarmente vulnerabili, affinché garantiscano tutela e aiuti a coloro che sono in fuga dalle zone colpite dal terrorismo, in particolare i membri di gruppi vulnerabili e di comunità etniche e religiose; invita tutti gli attori regionali a contribuire agli sforzi per promuovere la sicurezza e la stabilità in Iraq; rammenta che tutti gli attori regionali e l'Unione europea dovrebbero assumersi la massima responsabilità e l'impegno di fare il possibile per garantire il ritorno delle minoranze tradizionali e di tutti i cittadini ai loro luoghi d'origine da cui sono stati costretti a fuggire; invita gli Stati membri dell'UE ad assistere le autorità irachene e locali con tutti i mezzi possibili, ivi compresi adeguati aiuti militari, affinché contengano e respingano l'espansione terroristica e aggressiva dell'IS; sottolinea la necessità di un intervento coordinato dei paesi della regione per contrastare la minaccia dell'IS; invita tutte le parti interessate presenti nella regione ad adoperarsi al massimo per porre fine a tutte le attività di organismi ufficiali o privati volte a diffondere le ideologie islamiche estremiste; invita la Turchia a impegnarsi in maniera chiara e inequivocabile per contrastare la minaccia alla sicurezza comune posta dall'IS; invita l'UE ad agevolare un dialogo regionale sui problemi del Medio Oriente e ad includervi tutti gli attori più rilevanti, in particolare l'Iran e l'Arabia Saudita;

11.  accoglie con favore la mobilitazione del Centro europeo di coordinamento della risposta alle emergenze e l'attivazione del Meccanismo di protezione civile dell'UE, su richiesta del governo iracheno; si compiace dell'assistenza umanitaria dell'UE a favore di Iraq e Siria; chiede un aiuto umanitario supplementare a favore delle popolazioni colpite dal conflitto, tra cui i curdi siriani;

12.  invita tutte le parti coinvolte nel conflitto in Siria, in particolare il regime siriano, a garantire la protezione della popolazione civile, a rispettare gli obblighi che incombono loro in virtù del diritto internazionale umanitario e di quello in materia di diritti umani, ad agevolare la fornitura di assistenza e gli aiuti umanitari attraverso tutti i canali possibili, anche attraverso i confini e le linee di conflitto, e di garantire la sicurezza di tutto il personale medico e di tutti gli operatori umanitari; plaude al ruolo svolto da Libano, Giordania e Turchia nell'accogliere i rifugiati; invita la comunità internazionale a mobilitarsi in misura maggiore, a mostrarsi più disponibile nella condivisione degli oneri e ad apportare un sostegno finanziario diretto ai paesi di accoglienza; invita l'UE a esercitare pressioni su tutti i donatori affinché mantengano le loro promesse e rispettino gli impegni assunti in modo rapido; accoglie con favore gli impegni assunti dagli Stati membri, essendo l'UE il donatore principale in termini di aiuti finanziari e di impegni futuri;

13.  sottolinea la necessità di cogliere tutte le opportunità per contrastare efficacemente la minaccia dell'IS in Siria nel pieno rispetto del diritto internazionale; sottolinea che, nel lungo termine, solo una soluzione politica duratura e inclusiva che comporti una transizione pacifica verso un governo realmente rappresentativo in Siria contribuirebbe a neutralizzare la minaccia dell'IS e di altre organizzazioni estremiste;

14.  invita tutte le parti coinvolte nel conflitto in Siria a rispettare il mandato della Forza di disimpegno degli osservatori delle Nazioni Unite e a garantire la sicurezza e la libertà di movimento delle truppe ONU, comprese quelle degli Stati membri dell'UE; condanna la detenzione da parte di un gruppo armato di 45 caschi blu provenienti dalle isole Figi; si compiace del loro rilascio avvenuto l'11 settembre 2014;

15.  ricorda la dichiarazione resa dal coordinatore speciale della missione congiunta delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC-ONU), secondo cui il 96% delle armi chimiche siriane sono state distrutte; chiede che le armi rimanenti siano disattivate, in conformità del quadro per l'eliminazione delle armi chimiche siriane;

16.  si compiace della decisione di singoli Stati membri di rispondere positivamente alla richiesta delle autorità regionali curde riguardo alla fornitura urgente di materiale militare; sottolinea che tali risposte riflettono le capacità e le legislazioni nazionali degli Stati membri e godono del consenso delle autorità nazionali irachene; invita gli Stati membri che stanno fornendo materiale militare alle autorità regionali curde a coordinare i relativi sforzi e a mettere in atto misure di monitoraggio efficaci per impedire una diffusione incontrollata e l'uso di materiale militare contro i civili;

17.  ribadisce la sua preoccupazione per il fatto che migliaia di combattenti stranieri transfrontalieri, tra cui cittadini degli Stati membri, si siano uniti all'insurrezione dell'IS; invita gli Stati membri ad adottare misure adeguate per impedire ai combattenti di lasciare il loro territorio, in linea con la risoluzione n. 2170 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonché a sviluppare una strategia comune per i servizi di sicurezza e le agenzie dell'UE per quanto concerne il monitoraggio e il controllo dei jihadisti; chiede inoltre una cooperazione nell'UE e sul piano internazionale al fine di intraprendere le azioni legali del caso nei confronti delle persone sospettate di essere coinvolte in atti di terrorismo; invita gli Stati membri ad accrescere la cooperazione e lo scambio di informazioni reciprocamente e con gli organismi dell'UE, nonché a garantire una cooperazione efficace con la Turchia; sottolinea l'importanza della prevenzione, del perseguimento dei reati, della sensibilizzazione, della riabilitazione e della reintegrazione;

18.  accoglie favorevolmente la formazione di un nuovo governo inclusivo in Iraq e l'adozione del programma ministeriale; sostiene gli sforzi del primo ministro intesi a ultimare la formazione del governo; invita il governo ad essere realmente rappresentativo e a dotarsi di un programma inclusivo; sottolinea che il governo dovrebbe rappresentare in modo adeguato la diversità politica, religiosa ed etnica della società irachena, compresa la minoranza sunnita, per porre fine allo spargimento di sangue e alla frammentazione del paese; invita tutti i suoi componenti a collaborare nell'interesse della stabilità politica e della pace nonché nell'ottica di contrastare l'insurrezione dell'IS; evidenzia che l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Iraq sono essenziali ai fini della stabilità e dello sviluppo economico del paese e della regione;

19.  invita il governo e il parlamento iracheno a rivedere urgentemente la propria legislazione e le proprie prassi giuridiche, riformare il sistema giudiziario e l'apparato di sicurezza del paese ed applicare politiche inclusive nei confronti di tutti gli iracheni per porre fine alla politica di discriminazione;

20.  invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare azioni specifiche per affrontare la situazione delle donne in Iraq e in Siria e garantire la loro libertà e il rispetto dei loro diritti fondamentali nonché di adottare misure volte a impedire lo sfruttamento, l'abuso e la violenza contro le donne e i bambini, in particolare i matrimoni precoci delle ragazze; esprime particolare preoccupazione per l'aumento di tutte le forme di violenza contro le donne yazidi, che vengono detenute, violentate, sottoposte ad abusi sessuali e vendute dai membri dell'IS;

21.  esprime preoccupazione per il numero crescente di casi di reclutamento di bambini e di giovani in Iraq e in Siria; incoraggia la Commissione a instaurare un dialogo con i partner, comprese le organizzazioni internazionali, al fine di preparare un programma globale per rispondere alla necessità di proteggere i bambini e le donne interessate da conflitti armati;

22.  appoggia la richiesta avanzata dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite all'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani di inviare con urgenza una missione in Iraq per indagare su tutte le violazioni e gli abusi del diritto internazionale dei diritti umani commessi dall'IS e dai gruppi terroristici associati e accertare i fatti e le circostanze di tali abusi e violazioni, al fine di evitare l'impunità e assicurare la piena responsabilità;

23.  resta convinto che in Siria e in Iraq non ci potrà essere una pace sostenibile se i responsabili dei crimini commessi da entrambe le parti durante il conflitto non risponderanno delle loro azioni, in particolare di quelle commesse per motivi religiosi o etnici; reitera la sua richiesta di deferire le persone sospettate di crimini contro l'umanità in Siria e in Iraq alla Corte penale internazionale e appoggia tutte le iniziative in tale direzione;

24.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, al rappresentante speciale dell'UE per i diritti umani, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al governo e al Consiglio dei rappresentanti dell'Iraq, al governo regionale del Kurdistan, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, nonché a tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano.

(1) Testi approvati, P7_TA(2013)0023.


Situazione in Libia
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 sulla situazione in Libia (2014/2844(RSP))
P8_TA(2014)0028RC-B8-0111/2014

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sulla Libia,

–  viste le conclusioni del Consiglio "Affari esteri" del 15 agosto 2014 e le conclusioni del Consiglio europeo del 30 agosto 2014 sulla Libia,

–  viste le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) del 26 agosto 2014,

–  visto il pacchetto PEV sulla Libia del settembre 2014,

–  vista la nomina, il 14 agosto 2014, di Bernardino León alla carica di rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la Libia,

–  viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nn. 1970, 1973 (2011) e 2174 del 27 agosto 2014,

–  vista la relazione della missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) del 4 settembre 2014, intitolata "Overview of violations of international human rights and humanitarian law during the ongoing violence in Libya" (quadro d'insieme delle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale durante le violenze in corso in Libia),

–  vista la riunione degli inviati speciali per la Libia della Lega araba, dell'Unione europea, della Francia, della Germania, dell'Italia, di Malta, della Spagna, del Regno Unito e degli Stati Uniti con le Nazioni Unite, del 24 luglio 2014, per discutere dei recenti sviluppi in Libia,

–  viste le elezioni politiche libiche tenutesi nel mese di giugno 2014,

–  visti le Convenzioni di Ginevra del 1949 e i loro protocolli aggiuntivi del 1977, come pure l'obbligo che incombe alle parti belligeranti di rispettare e garantire il rispetto del diritto umanitario internazionale in qualsiasi circostanza,

–  visti la Convenzione sulla sicurezza del personale delle Nazioni Unite e del personale associato e il suo protocollo facoltativo,

–  vista la decisione del Consiglio del 22 maggio 2013 che istituisce la missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere in Libia (EUBAM),

–  vista la ratifica da parte della Libia, in data 25 aprile 1981, della Convenzione dell'Unione africana che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che nel febbraio 2011 i cittadini libici sono scesi in strada per ottenere diritti politici e hanno subito un'indiscriminata repressione dello Stato, il che ha scatenato nove mesi di conflitto civile e portato alla caduta del regime di Gheddafi; che nelle ultime settimane si è registrato un grave deterioramento della situazione della sicurezza, della stabilità politica, dei diritti umani e della situazione umanitaria in Libia;

B.  considerando che gli scontri tra milizie rivali, e più in particolare tra quelle di Misurata e Zintan, si sono intensificati negli ultimi mesi e i combattimenti per il controllo di Tripoli e Bengasi, in particolare, hanno destabilizzato la Libia e la sua transizione democratica, provocando un crescente numero di vittime civili, sfollati interni e rifugiati; che secondo le stime dell'UNSMIL, si è avuto uno sfollamento interno di almeno 100 000 cittadini libici con l'ultima ondata di scontri e che altri 150 000, tra cui molti lavoratori migranti, hanno abbandonato il paese;

C.  considerando che il 24 agosto 2014 le forze di una milizia di affiliazione islamista hanno preso il controllo di Tripoli e del suo aeroporto civile; che milizie di affiliazione islamista sono collegate a gruppi armati quali lo Stato islamico, AQIM, al-Jammaa al-Libiya, al-Moukatila e Ansar al-Charia;

D.  considerando che i recenti combattimenti rendono più probabile la minaccia di una proliferazione dei gruppi terroristici; che tale aspetto, in caso di mancato intervento, potrebbe inasprire una situazione già volatile nell'intera regione;

E.  considerando che la Libia si trova confrontata a una recrudescenza degli scontri tra gruppi armati locali, tra cui attacchi contro civili e proprietà private e massicce violazioni dei diritti umani, che costituiscono in alcuni casi crimini di guerra; che decine di civili sarebbero stati rapiti a Tripoli e Bengasi unicamente sulla base delle loro reali o sospette affiliazioni tribali, familiari o religiose; che gli autori delle violenze sembrano ignorare le possibili conseguenze delle loro azioni sui civili innocenti;

F.  considerando che la situazione dei diritti umani si sta ulteriormente deteriorando nel paese, ivi inclusi casi di detenzione arbitraria, rapimenti, omicidi colposi, torture e violenze contro giornalisti, funzionari, figure politiche e paladini dei diritti umani, come il brutale omicidio dell'attivista di spicco Salwa Bugaighis;

G.  considerando che i recenti scontri hanno provocato un generale deterioramento delle condizioni di vita in Libia, dove scarseggiano generi alimentari, carburanti, acqua ed energia elettrica; che la partenza del personale medico straniero e le carenze nelle forniture mediche hanno reso ancora più critica la già ardua situazione della popolazione civile;

H.  considerando che dal dicembre 2013, in conseguenze del deterioramento della situazione della sicurezza, sono stati uccisi o rapiti diversi cittadini stranieri; che ad agosto 2014 diversi Stati membri dell'UE si sono associati agli Stati Uniti nella ferma condanna delle continue violenze in Libia;

I.  considerando che il 25 giugno 2014 si sono svolte le elezioni legislative; che in seguito alle recenti violenze, la Camera dei rappresentanti legittimamente eletta, che sostituisce l'ex Congresso nazionale generale (CNG), è stata trasferita da Tripoli a Tobruk e che le milizie islamiste non riconoscono né la Camera dei rappresentanti né il nuovo governo e hanno formato un loro governo e parlamento;

J.  considerando che secondo gli organi d'informazione statali della Libia, l'Assemblea incaricata di redigere la Costituzione, eletta nel febbraio 2014 e composta da 60 rappresentanti delle tre regioni storiche della Libia, pubblicherà un progetto di Costituzione entro la fine del 2014, mentre il relativo referendum potrebbe svolgersi nel mese di marzo 2015;

K.  considerando che è urgentemente necessario ripristinare la credibilità del processo politico in Libia; che il diffuso scetticismo tra i comuni cittadini libici ha condotto a un'erosione della credibilità e a una bassa partecipazione alle recenti elezioni; che la minaccia al processo democratico, iniziato dopo la caduta del colonnello Gheddafi, si sta intensificando in conseguenza delle recenti violenze;

L.  considerando che all'UNSMIL è stato affidato il compito principale del consolidamento dello Stato e che l'Unione europea si è concentrata sul sostegno alla Libia attraverso l'EUBAM;

M.  considerando le notizie di un coinvolgimento di elementi esterni nelle violenze in Libia, anche sotto forma di azioni militari e la fornitura di armi e munizioni, nonché di interventi che inaspriscono le divisioni locali, con ripercussioni sulle deboli strutture di governance e minano la transizione democratica della Libia; che alcuni Stati del Golfo e alcuni altri attori regionali appoggiano attualmente le fazioni rivali nei crescenti disordini interni nel paese;

N.  considerando che la risoluzione 2174 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizza il divieto di viaggio e il congelamento dei beni nei confronti delle persone ed entità che, secondo quanto stabilito dal Comitato delle Sanzioni, intraprendono o agevolano altri atti che minacciano la pace, la stabilità o la sicurezza della Libia, oppure ostacolano o mettono in pericolo il positivo completamento della sua transizione politica;

O.  considerando che centinaia di migranti e rifugiati in fuga dalle violenze in Libia sarebbero deceduti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Europa, causando una crisi di profughi su vasta scala in Italia e a Malta; che, secondo l'ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dal giugno 2014 hanno perso la vita 1 600 persone nel tentativo di raggiungere l'Europa; che la Libia è il principale punto di partenza dei migranti che tentano di arrivare in Europa; che, stando alle stime dell'UNHCR, si ritiene che 98 000 delle circa 109 000 persone giunte in Italia dall'inizio del 2014 siano partite dalla Libia; considerando il timore che altri 500 migranti abbiano perso la vita dopo che l'imbarcazione su cui viaggiavano sarebbe stata speronata da un'altra nave nei pressi di Malta il 15 settembre 2014;

P.  considerando che il 26 febbraio 2011 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deferito la situazione in Libia alla Corte penale internazionale (CPI); che il 27 giugno 2011 la CPI ha emesso tre ordini di cattura nei confronti di Muammar Gheddafi, Saif al-Islam Gheddafi e Abdullah Al-Senussi per crimini contro l'umanità; che le altre persone sospettate non sono sotto la custodia della Corte; che le autorità libiche hanno insistito sulla necessità di processarle nell'ambito dell'ordinamento giuridico interno della Libia;

Q.  considerando che il 25 agosto 2014 si è tenuta in Egitto la terza riunione ministeriale per i paesi limitrofi della Libia, cui hanno partecipato i ministri degli Esteri di Libia, Tunisia, Algeria, Sudan, Niger e Ciad, nonché della Lega Araba, per discutere della crisi libica; che il consesso ha rilasciato un comunicato stampa in cui si ribadisce la legittimità delle istituzioni libiche e si rifiuta qualsiasi interferenza esterna, auspicando il disarmo delle milizie e proponendo la creazione di un graduale meccanismo sanzionatorio contro gli individui o le entità che bloccano il processo di pace;

1.  condanna la crescente violenza, in particolare contro la popolazione civile e le istituzioni civili; invita tutte le parti belligeranti a cessare immediatamente qualsiasi violenza e a trovare un accordo su un cessate il fuoco onde porre fine alle crescenti sofferenze della popolazione, nonché ad avviare un dialogo politico nazionale inclusivo ai fini della creazione di uno Stato fondato sul rispetto dei diritti umani, della democrazia e della legalità; chiede che i responsabili delle violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale siano chiamati a rispondere delle loro azioni; esprime profonda preoccupazione e piena solidarietà con la popolazione civile e le istituzioni civili libiche che ne subiscono le conseguenze;

2.  esorta tutte le parti belligeranti a rispettare i principi di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza al fine di garantire l'erogazione di aiuti umanitari, l'incolumità dei civili che beneficiano di tale assistenza e la sicurezza del personale umanitario;

3.  ricorda la necessità che tutte le parti in Libia si impegnino a proteggere sistematicamente i civili e che tutti i detenuti siano trattati nel rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale; ricorda altresì che gli attacchi intenzionali contro il personale che presta assistenza umanitaria o che partecipa a missioni di mantenimento della pace nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite, ai fini della protezione di civili o di beni civili ai sensi del diritto internazionale in materia di conflitti armati, costituiscono crimini di guerra in virtù dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale;

4.  rileva l'incidenza della generale situazione di insicurezza e del peggioramento della governance in Libia sulla sicurezza regionale ed europea; rammenta che i combattimenti avvenuti nei mesi di luglio e agosto 2014 per il controllo dell'aeroporto di Tripoli hanno comportato una drammatica escalation delle violenze e sprofondato il paese nel caos, provocando numerose vittime e la distruzione di infrastrutture strategiche;

5.  è profondamente preoccupato per le notizie circa il coinvolgimento di attori regionali nelle violenze in Libia e chiede ai paesi limitrofi e agli attori regionali di astenersi dal compiere azioni suscettibili di aggravare le attuali divisioni e compromettere la transizione democratica della Libia; li invita altresì a rafforzare i controlli alle loro frontiere, incluse quelle portuali e aeroportuali, e a mantenere le ispezioni rigorose di tutti i carichi da e verso la Libia; plaude all'ospitalità offerta dalla Tunisia a centinaia di migliaia di cittadini libici in fuga dalle violenze;

6.  ricorda la risoluzione 2174 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata il 27 agosto 2014, che inasprisce le attuali sanzioni internazionali nei confronti della Libia includendovi la responsabilità penale di chi partecipa o sostiene atti che minacciano la pace, la stabilità o la sicurezza del paese o che ostacolano o pregiudicano il positivo completamento della sua transizione politica; invita l'Alto rappresentante, l'Unione europea, i suoi Stati membri e la comunità internazionale in senso lato a prendere in considerazione la possibilità di applicare tali misure a determinati individui che minacciano le prospettive di pace e di transizione democratica della Libia e a stilare un elenco specifico di tali soggetti, analogamente a quanto era avvenuto per Gheddafi e la sua cerchia ristretta;

7.  rammenta la necessità che le parti belligeranti rispondano delle loro azioni e siano perseguibili dinanzi alle giurisdizioni nazionali o alla Corte penale internazionale, che è competente per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità, i genocidi e le violenze carnali equiparate a crimini di guerra perpetrati in Libia dal 15 febbraio 2011, in virtù della risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

8.  sostiene fermamente gli sforzi compiuti dalla missione delle Nazioni Unite di sostegno in Libia (UNSMIL) e dal neodesignato inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Bernardino León, al fine di promuovere e agevolare il dialogo nazionale tra politici e attori influenti nel paese; esorta la comunità internazionale ad intraprendere iniziative riguardo alla situazione in Libia attraverso le Nazioni Unite;

9.  sostiene la Camera dei rappresentanti quale organo legittimo scaturito dalle elezioni del giugno 2014; invita il governo libico ad interim, la Camera dei rappresentanti eletta e l'Assemblea incaricata della redazione della nuova Costituzione ad assolvere ai propri compiti nel rispetto dello Stato di diritto e dei diritti umani, in uno spirito improntato all'inclusione, nell'interesse del paese e con l'obiettivo di tutelare i diritti di tutti i cittadini libici, incluse le minoranze religiose; sollecita tutte le parti a sostenere questi organi e ad avviare un dialogo politico inclusivo che consenta di ripristinare la stabilità e di concordare la via da seguire; invita i membri della Camera dei rappresentanti a visitare il Parlamento europeo e a incontrare i suoi nuovi deputati onde instaurare relazioni parlamentari con essi;

10.  riconosce il ruolo fondamentale che le donne hanno svolto nella transizione della Libia e sottolinea l'importanza della piena partecipazione delle donne al processo decisionale del paese e alla creazione di istituzioni nazionali a tutti i livelli;

11.  sottolinea che lo sfruttamento e la vendita del petrolio devono essere gestiti dalle autorità libiche, e invita la comunità internazionale ad astenersi da qualsiasi transazione con altri soggetti; chiede che le società internazionali attive in Libia rendano note le proprie operazioni finanziarie nel settore energetico;

12.  invita la Commissione e il SEAE a coordinare gli interventi degli Stati membri in Libia e a focalizzare la loro assistenza sul consolidamento dello Stato e delle istituzioni e, insieme agli Stati membri, alle Nazioni Unite, alla NATO e ai partner regionali, a coadiuvare la creazione di forze di sicurezza efficaci (forze armate e di polizia), sotto il comando e il controllo nazionale, in grado di garantire la pace e l'ordine nel paese, nonché a sostenere la conclusione di un cessate il fuoco e a mettere a punto un meccanismo per il suo monitoraggio; sottolinea la necessità che l'Unione europea privilegi anche l'assistenza alla riforma del sistema giudiziario libico, come pure di altri settori cruciali per la governance democratica;

13.  rileva che la missione di assistenza alle frontiere (EUBAM) istituita dall'Unione in Libia non è finora riuscita a raggiungere il proprio obiettivo di migliorare la sicurezza delle frontiere del paese; osserva che questa missione è attualmente sospesa e che la maggior parte del suo personale è stata rimpatriata a causa delle condizioni di sicurezza, ad eccezione di una piccola squadra trasferita a Tunisi; sottolinea che un contributo dell'Unione alla sicurezza incentrato unicamente sulla sicurezza delle frontiere è palesemente insufficiente oltre ad essere incoerente sia con le necessità del paese che con le sfide per la sicurezza regionale, inclusa quella dell'UE; invita pertanto l'alto rappresentante a rivedere il mandato della missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere al fine di definire una nuova missione nell'ambito della PSDC che tenga conto della mutata situazione in Libia, soprattutto per quanto riguarda l'urgente necessità di costruzione dello Stato, rafforzamento delle istituzioni e riforma del settore della sicurezza;

14.  ribadisce la propria preoccupazione per la proliferazione di armi, munizioni ed esplosivi come pure per il contrabbando di armi in Libia, che rappresentano un rischio per la stabilità nel paese e per la sua popolazione;

15.  esprime profonda preoccupazione per l'arrivo sulle coste italiane e maltesi di un numero inaudito di richiedenti asilo e migranti irregolari, molti dei quali in partenza dal territorio libico; chiede all'Unione europea di dar seguito alle priorità individuate nell'ambito della task force per il Mediterraneo e di avviare un dialogo politico sulle tematiche della migrazione con il governo libico non appena le condizioni lo consentiranno; esprime profondo rammarico per la morte di altre 500 persone dovuta alla presunta collisione tra l'imbarcazione su cui viaggiavano e un'altra nave nelle vicinanze di Malta;

16.  invita l'UE e gli Stati membri ad aiutare e sostenere efficacemente l'Italia nel suo lodevole impegno volto a salvare vite umane e a far fronte ai flussi migratori in vertiginosa ascesa provenienti dal Nord Africa, in particolare dalla Libia;

17.  chiede che l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Libia sia riaperto e possa operare senza restrizioni; invita l'Unione a continuare a offrire assistenza umanitaria, finanziaria e politica nelle aree di crisi del Nord Africa e del Medio Oriente onde affrontare alla radice le cause delle pressioni migratorie e umanitarie;

18.  è profondamente preoccupato per la crescente presenza di gruppi e individui dediti al terrorismo legati ad Al Qaeda e operanti in Libia, e ribadisce la necessità di contrastare con ogni mezzo le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali poste dagli atti terroristici, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite e al diritto internazionale, incluso il diritto internazionale applicabile in materia di diritti umani, di rifugiati e di questioni umanitarie;

19.  ribadisce il fermo sostegno e il costante impegno dell'UE a favore delle aspirazioni democratiche del popolo libico, in particolare nel contesto dell'attuale crisi e della transizione democratica del paese; chiede che l'UE partecipi in misura ancora maggiore al sostegno a favore della stabilità e della transizione democratica in Libia;

20.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al governo e alla Camera dei rappresentanti della Libia, al Segretario generale delle Nazioni Unite, alla Lega araba e all'Unione africana.


Israele-Palestina dopo il conflitto di Gaza e ruolo dell'UE
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Risoluzione del Parlamento europeo del 18 settembre 2014 su Israele e Palestina dopo la guerra di Gaza e il ruolo dell'UE (2014/2845(RSP))
P8_TA(2014)0029RC-B8-0117/2014

Il Parlamento europeo,

–  vista la convenzione di Ginevra del 1949 relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra,

–  vista la Carta delle Nazioni Unite,

–  visto l'accordo ad interim sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza del 18 settembre 1995,

–  vista la dichiarazione del 12 luglio 2014 del Consiglio di sicurezza dell'ONU,

–  visti gli accordi di Oslo ("Dichiarazione dei principi riguardanti progetti di autogoverno ad interim") del 13 settembre 1993,

–  viste le conclusioni del Consiglio sul processo di pace in Medio Oriente del 30 agosto 2014, 16 dicembre 2013, 14 maggio 2012, 18 luglio e 23 maggio 2011 e 8 dicembre 2009,

–  vista la dichiarazione del vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) del 27 agosto 2014 sul cessate il fuoco a Gaza,

–  viste le relazioni giornaliere sulla situazione elaborate dall'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente (UNRWA),

–  viste la dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 12 luglio 2014 e la dichiarazione pronunciata dal Segretario generale dell'ONU Ban Ki-Moon il 13 luglio 2014,

–  visti gli orientamenti dell'UE per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario,

–  visti le convenzioni di Ginevra del 1949 e i relativi protocolli aggiuntivi nonché lo statuto di Roma della Corte penale internazionale,

–  visto l'articolo 123, paragrafi 2 e 4, del suo regolamento,

A.  considerando che l'ultimo conflitto di Gaza ha causato perdite di vite umane e sofferenze inaccettabili per la popolazione civile di entrambe le parti coinvolte;

B.  considerando che, a seguito dell'operazione Margine di protezione (Protective Edge) condotta dalle forze di difesa israeliane e del lancio di razzi da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi da Gaza verso Israele, nella Striscia di Gaza sono stati uccisi oltre 2 000 palestinesi (per la maggior parte civili, tra cui centinaia di bambini) e ne sono stati feriti più di 10 000, mentre dalla parte israeliana hanno perso la vita 66 soldati e 6 civili, tra cui un bambino, e sono state ferite oltre 500 persone; che questo conflitto violento ha dato origine a una grave crisi umanitaria a Gaza;

C.  considerando che il 26 agosto 2014 è stato raggiunto un accordo di cessate il fuoco, ponendo fine a sette settimane di ostilità a Gaza; che l'Egitto ha profuso sforzi considerevoli per mediare tale accordo;

D.  considerando che l'accordo sul cessate il fuoco prevede la garanzia dell'accesso degli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza attraverso i valichi di Israele, l'apertura del valico di Rafah e l'estensione della zona di pesca a sei miglia al largo della costa di Gaza;

E.  considerando che, se la tregua continua, le parti dovrebbero avviare un dialogo su diversi temi in relazione alla situazione nella Striscia di Gaza alla fine di settembre 2014; che questo dialogo potrebbe includere il disarmo dei gruppi armati a Gaza, il rimpatrio delle spoglie di due soldati israeliani rimasti uccisi durante il violento conflitto, il rilascio di prigionieri palestinesi e la revoca o l'allentamento del blocco di Gaza, anche attraverso la ricostruzione del porto marittimo e dell'aeroporto locali;

F.  considerando che, secondo l'UNRWA e le organizzazioni in loco, sono oltre 1 700 le abitazioni completamente o parzialmente distrutte e 40 000 quelle danneggiate, mentre sono stati distrutti 17 ospedali e cliniche di cura, 136 edifici scolastici dell'UNRWA, 60 moschee e 13 cimiteri;

G.  considerando che a Gaza sono stati distrutti interi quartieri e infrastrutture vitali, tra cui la centrale elettrica di Gaza che resta inutilizzabile, comportando l'interruzione nell'erogazione di elettricità per 18 ore al giorno, e che circa 450 000 persone continuano a non poter accedere alla rete idrica municipale a causa di danni o pressione insufficiente;

H.  considerando che esperti palestinesi hanno stimato che la ricostruzione di Gaza costerà circa 8 miliardi di dollari statunitensi; che il 9 settembre 2014 le Nazioni Unite e il governo palestinese hanno chiesto ai donatori internazionali di fornire 550 milioni di dollari statunitensi per gli aiuti alimentari, l'accesso all'acqua potabile, l'assistenza sanitaria e l'istruzione come soccorso immediato dopo il recente conflitto; che è prevista in Egitto una conferenza internazionale dei donatori per la ricostruzione di Gaza;

I.  considerando che 29 edifici scolastici dell'UNRWA continuano a fungere da centri collettivi per oltre 63 000 sfollati;

J.  considerando che, secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), circa 17 000 ettari di terreni coltivati hanno subito notevoli danni diretti e metà dei capi di pollame di Gaza è andata perduta a causa di attacchi diretti o di mancanza di sostentamento dovuta all'accesso ridotto ai terreni agricoli nelle zone di frontiera;

K.  considerando che è responsabilità delle Nazioni Unite avviare un'inchiesta per valutare i danni causati alle sue strutture;

1.  esprime nuovamente il proprio cordoglio a tutte le vittime del conflitto armato e alle loro famiglie; condanna con fermezza le violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale;

2.  si compiace dell'accordo di cessate il fuoco mediato dall'Egitto; riconosce e loda il ruolo svolto dall'Egitto nel mediare il cessate il fuoco; sostiene le autorità egiziane nel loro continuo lavoro con israeliani e palestinesi volto a instaurare un cessate il fuoco a lungo termine e a distinguersi nel ruolo strategico di mediatore attuale e futuro di una risoluzione pacifica; accoglie con favore le recenti notizie secondo le quali gli egiziani starebbero per avviare i colloqui su un cessate il fuoco permanente;

3.  sollecita l'UE a partecipare in modo efficace all'urgente impegno concernente gli aiuti umanitari e alla ricostruzione nella Striscia di Gaza; invita l'UE a partecipare appieno alla conferenza internazionale dei donatori in programma il 12 ottobre 2014 al Cairo;

4.  sottolinea che la garanzia di un accesso pieno e incondizionato per gli aiuti umanitari destinati alla popolazione della Striscia di Gaza deve essere considerata una priorità immediata; esorta la comunità internazionale a intensificare ulteriormente gli sforzi in tal senso e a rispondere urgentemente alle richieste di emergenza di finanziamenti aggiuntivi per l'UNRWA; invita tutti i soggetti interessati nella regione ad assicurare che gli aiuti umanitari raggiungano senza indugio coloro che necessitano di beni e servizi di base a Gaza – con particolare attenzione alla fornitura di acqua ed elettricità nonché alle esigenze specifiche dei bambini; esprime preoccupazione per i presunti casi di blocco intenzionale delle forniture di aiuti umanitari a Gaza; sottolinea nel contempo che l'assistenza finanziaria e umanitaria dell'UE deve essere completamente destinata, nel modo più efficace possibile, alla popolazione palestinese e non deve essere mai impiegata, direttamente o indirettamente, per attività terroristiche;

5.  accoglie favorevolmente il dialogo in corso tra il governo israeliano e il governo di consenso nazionale palestinese in diversi ambiti ed esorta entrambe le parti a proseguire il percorso intrapreso; esorta allo stesso tempo il governo di consenso nazionale palestinese ad assumere senza indugio la piena autorità nella Striscia di Gaza, onde evitare che quest'ultima precipiti nel caos e nell'anarchia; invita in tale spirito al completamento del processo di riconciliazione palestinese, che dovrebbe portare in breve tempo a elezioni parlamentari e presidenziali;

6.  incoraggia gli attori chiave della regione, segnatamente l'Egitto e la Giordania, a proseguire gli sforzi tesi a riportare la calma; ribadisce il suo sostegno a favore della soluzione a due Stati basata sui confini del 1967, che prevede Gerusalemme come capitale di entrambi gli Stati e la coesistenza, all'insegna della pace e della sicurezza, dello Stato di Israele e di uno Stato di Palestina indipendente, democratico, territorialmente contiguo e capace di esistenza autonoma, soluzione che implicherebbe la revoca del blocco di Gaza; ribadisce che gli insediamenti sono illegali ai sensi del diritto internazionale e costituiscono un ostacolo per la pace; esorta tutte le istituzioni dell'Unione europea a incoraggiare relazioni commerciali, culturali, scientifiche, economiche e nel settore dell'acqua e dell'energia fra Israele e i paesi vicini;

7.  incoraggia la riconciliazione intrapalestinese tra Hamas e l'Autorità palestinese, affinché collaborino per ricostruire Gaza e giungere a una soluzione politica a lungo termine;

8.  si compiace della prontezza dell'Unione europea a contribuire a una soluzione globale e sostenibile migliorando la sicurezza, il benessere e la prosperità tanto dei palestinesi quanto degli israeliani; prende atto positivamente del fatto che l'UE svilupperà opzioni per un'azione efficace ed esaustiva nei seguenti settori: circolazione e accesso, sviluppo di capacità, verifica e monitoraggio, aiuti umanitari e ricostruzione post-bellica;

9.  ribadisce il proprio sostegno alla politica di resistenza pacifica del Presidente Mahmoud Abbas e condanna tutti gli atti di terrorismo e violenza; invita l'Unione europea e i suoi Stati membri a rafforzare il loro sostegno alla leadership del Presidente Mahmoud Abbas e alla sua recente iniziativa per sbloccare il conflitto;

10.  sottolinea che lo status quo nella Striscia di Gaza è insostenibile e serve le finalità degli estremisti, alimentando costantemente nuovi cicli di violenza; ritiene che non si possa conseguire una stabilità a lungo termine a Gaza senza la ricostruzione e la ripresa economica, compromesse dall'assenza di libera circolazione di persone e beni; invita a una ricostruzione e un risanamento rapidi a Gaza e sostiene fermamente la conferenza dei donatori che si terrà il 12 ottobre 2014 al Cairo;

11.  esorta nuovamente l'UE e suoi Stati membri a svolgere un ruolo politico più attivo, anche nell'ambito del Quartetto, nel tentativo di giungere a una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi; sostiene gli sforzi dell'alto rappresentante tesi a creare una prospettiva credibile per il rilancio del processo di pace;

12.  plaude al fatto che l'UE è pronta ad appoggiare un possibile meccanismo internazionale avallato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, anche mediante la riattivazione e l'eventuale ampliamento dell'ambito di applicazione e del mandato delle missioni EUBAM Rafah ed EUPOL COPPS sul terreno, compreso l'avvio di un programma di addestramento per il personale doganale e la polizia dell'Autorità palestinese da assegnare a Gaza;

13.  esprime il proprio riconoscimento al lavoro di immensa importanza realizzato dall'UNRWA e da tutto il suo personale durante e dopo il conflitto; esprime il suo cordoglio all'UNRWA e alle famiglie dei 12 collaboratori uccisi durante il conflitto; chiede ai donatori dell'UE e internazionali di aumentare in misura significativa il loro sostegno per coprire le necessità immediate della popolazione colpita cui l'UNRWA deve dare risposta;

14.  sottolinea che è assolutamente necessario che l'autorità palestinese, l'Unione europea, l'Egitto e la Giordania si adoperino energicamente per scongiurare il riarmo di gruppi terroristici a Gaza e in Cisgiordania e la ripresa del contrabbando di armi, della fabbricazione di razzi e della costruzione di tunnel;

15.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, all'inviato del Quartetto per il Medio Oriente, alla Knesset e al governo di Israele, al Presidente dell'Autorità palestinese e al Consiglio legislativo palestinese, al parlamento e al governo dell'Egitto, nonché al parlamento e al governo della Giordania.

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