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Testi presentati :

RC-B6-0508/2006

Discussioni :

PV 27/09/2006 - 3
CRE 27/09/2006 - 3

Votazioni :

PV 28/09/2006 - 7.5
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Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 27 settembre 2006 - Strasburgo Edizione GU

3. Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – Politica comune di immigrazione (discussione)
PV
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la discussione congiunta su libertà, sicurezza, giustizia e immigrazione, che sono tutti argomenti di estrema attualità, in particolare a seguito delle ripercussioni delle riunioni svoltesi alla fine della scorsa settimana a Tampere.

Abbiamo quindi:

– l’interrogazione orale (O-0086/2006 B6-0428/2006) dell’onorevole Jean-Marie Cavada, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, al Consiglio, sui progressi realizzati nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (articoli 2 e 39 del TUE), e

– le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla politica comune di immigrazione.

 
  
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  Jean-Marie Cavada (ALDE), autore. – (FR) Signor Presidente, Ministro Rajamäki, Commissario Frattini, onorevoli colleghi, prima di rispondere all’interrogazione orale, mi permetta di ringraziarla pubblicamente, signor Ministro, per aver organizzato il Consiglio dei ministri di Tampere, che si è svolto in condizioni davvero ottimali.

In veste di presidente della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, tengo a esprimere il vivissimo sostegno del Parlamento europeo alla proposta della Presidenza e della Commissione di attivare la clausola passerella prevista dall’articolo 42 del Trattato. Tale clausola, ribadisco, è stata concepita nel momento stesso in cui all’Unione europea è stata affidata la missione di favorire la cooperazione tra gli Stati membri in materia di sicurezza, cioè all’epoca dell’adozione del Trattato di Maastricht nel 1992. La clausola non prevede un termine per la sua attivazione. In generale, per prendere questa decisione è sufficiente che siano presenti le condizioni politiche adeguate e la fiducia reciproca.

Finora – il che è singolare – la clausola passerella non è mai stata attivata, perché il passaggio alla procedura legislativa ordinaria è stato deciso direttamente dal Trattato di Amsterdam per le politiche di asilo e di immigrazione e per la cooperazione giudiziaria in materia civile, e poi dal Trattato di Nizza, che ha facilitato il passaggio alla procedura di codecisione per le politiche comunitarizzate. Tuttavia, la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale è rimasta esclusa dalla sfera di tale comunitarizzazione.

Su tali basi, occorre chiedersi se, 14 anni dopo il Trattato di Maastricht, le condizioni politiche, sotto forma di fiducia reciproca, siano infine presenti e gli Stati membri possano accettare di applicare a questo ambito di cooperazione molto delicato la procedura decisionale normale prevista in seguito a Maastricht.

Per il Parlamento europeo, la risposta è assolutamente affermativa, per tre motivi. L’attivazione della clausola passerella innanzi tutto permetterà di ridurre il deficit democratico, in secondo luogo di rafforzare lo Stato di diritto e infine di migliorare l’efficacia del processo decisionale.

Esaminiamo rapidamente questi tre punti. Per quanto riguarda il deficit democratico, ritengo sia indispensabile rafforzare il principio democratico secondo cui tutta la legislazione dell’Unione, soprattutto se riguarda i diritti e le libertà delle persone, deve essere adottata in associazione con i rappresentanti dei cittadini. Se così non fosse, vi sarebbe un grave deficit.

Ai difensori dello status quo, che sostengono che questo principio democratico non sia assente dal terzo pilastro, perché i governi agirebbero sotto il controllo dei loro parlamenti nazionali, vorrei dare una risposta chiara: si può sinceramente sostenere che il controllo parlamentare nazionale sia sufficiente per garantire l’equilibrio democratico, quando le decisioni sono adottate a livello di Unione, e non di una nazione? Che dire inoltre dei casi in cui questo controllo parlamentare è assente, come succederà quando saranno rinegoziati gli accordi con gli Stati Uniti, in particolare l’accordo sui dati PNR (schede nominative dei passeggeri), una questione estremamente seria che sarà decisa al di fuori di qualsiasi controllo democratico?

Passiamo ora al secondo motivo, riguardante il principio di rafforzamento dello Stato di diritto. Secondo questo principio, tutti gli atti legislativi devono poter essere sottoposti al controllo di legittimità da parte di un giudice. Logicamente, per gli atti legislativi dell’Unione, tale giudice deve essere quello della Corte di giustizia di Lussemburgo. Tuttavia, l’articolo 67 del Trattato che istituisce la Comunità europea e l’articolo 35 del Trattato sull’Unione prevedono limitazioni della competenza di tale organo giudiziario, tali che i giudici stessi hanno espresso dubbi in merito a se alcuni atti legislativi rientranti nel secondo e terzo pilastro rispettino il principio dello Stato di diritto. La questione va quindi risolta.

Passiamo infine al terzo punto, riguardante l’efficacia del processo decisionale. Come tutti sappiamo, il mantenimento dell’unanimità impedisce l’adozione di decisioni rapide ed efficaci, e ciò avviene proprio nel momento in cui la gravità delle minacce che gravano sull’Unione dopo gli attentati dell’11 settembre e quelli di Madrid e di Londra dovrebbe incoraggiare un processo decisionale molto più rapido.

Constatate queste tre debolezze – peraltro difficili da confutare oggettivamente – come si può continuare a giustificare il rinvio di una decisione che si sarebbe potuta prendere già una decina di anni fa? Signor Presidente, alcuni sostengono che la questione dovrebbe essere decisa nel quadro dei negoziati sul nuovo Trattato costituzionale. Ciò è auspicabile, ma possiamo permetterci di attendere l’esito dell’intero processo, che durerà come minimo due o tre anni, di fronte alle continue minacce per la sicurezza e per il rispetto delle nostre libertà? Certo, la clausola passerella richiede la ratifica dei parlamenti nazionali, e ciò può permettere ai più esitanti di guadagnare un po’ di tempo. Tuttavia, questa difficoltà si può superare con un dialogo approfondito con i parlamenti nazionali, che tra l’altro riceveremo in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni il 3 e 4 ottobre, cioè la prossima settimana, in una grande riunione interparlamentare durante la quale ci auguriamo di riuscire a persuaderli.

(Applausi)

 
  
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  Kari Rajamäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzi tutto vi porto i saluti da Tampere e dalla mia collega Leena Luhtanen. Vorrei ringraziare gli onorevoli Cavada e Gargani per il loro enorme contributo a Tampere. Abbiamo svolto discussioni aperte e concrete sullo sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. A Tampere abbiamo anche imparato qualcosa sul ciclismo e, in questo contesto, il Commissario Frattini ha detto che bisogna continuare a pedalare onde evitare di cadere. Esiste una certa similitudine con l’Unione europea. Alcuni miei colleghi più critici hanno affermato che la bicicletta si può senz’altro fermare in modo sicuro, si possono persino mettere i piedi per terra per sorreggersi. Alla fine ho dovuto dire che se però la catena si stacca, è difficile rimettersi in moto. Forse dovremmo adottare la filosofia che l’onorevole Cavada sembra aver abbracciato nel suo eccellente intervento.

La cooperazione nell’Unione europea è importante per rafforzare la sicurezza dei cittadini; al tempo stesso, dobbiamo garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. In questo ambito, la capacità dell’Unione europea di funzionare, adottare decisioni rapide e rispondere ai mutamenti dell’ambiente operativo è decisiva.

La linea strategica adottata al Consiglio europeo di Tampere nel 1999 comporta la necessità di mantenere alti livelli di cooperazione tra la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio. La Presidenza finlandese intende promuovere il nuovo spirito di Tampere.

La tutela dei diritti fondamentali è una priorità. Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e l’operato del Consiglio riflette sempre l’importanza di garantire l’applicazione dei principi ivi sanciti. Ciò ovviamente si applica anche a questioni delicate come la lotta al terrorismo. Vorrei sottolineare che questi valori sono riconosciuti in tutti i settori, sia nell’azione interna sia nelle relazioni con i paesi terzi. Si sta dedicando particolare attenzione alla creazione di un’Agenzia europea per i diritti fondamentali. Sono cominciate le discussioni su un regolamento del Consiglio in materia e i lavori hanno ora raggiunto una fase importante. La Presidenza finlandese intende compiere uno sforzo risoluto affinché tale agenzia sia istituita all’inizio del prossimo anno.

Un’importante questione emersa è se l’agenzia debba intervenire anche in settori non rientranti nel Titolo VI del Trattato sull’Unione europea. La Presidenza intende concentrarsi, in particolare, sull’esame delle competenze dell’agenzia nel quadro del terzo pilastro. A tal fine, ci auguriamo che gli Stati membri mostrino flessibilità, in modo che si possa trovare una soluzione soddisfacente per tutti.

Lo scorso autunno, in circostanze difficili, si sono svolte discussioni costruttive sulla direttiva relativa alla conservazione dei dati e se ne sono esaminati gli aspetti tecnici, giuridici e finanziari. Siamo presto riusciti ad affrontare le maggiori preoccupazioni espresse dagli Stati membri e dal Parlamento europeo. Ritengo si tratti di uno splendido esempio di come si possano adottare decisioni a maggioranza qualificata, perseguendo al tempo stesso l’obiettivo di raggiungere il consenso. Incoraggiati da questa procedura, vorremmo adottare la decisione quadro sulla protezione dei dati personali nel quadro del terzo pilastro quanto prima possibile. Miriamo a concludere la prima lettura della proposta durante questo semestre. Il Consiglio sta ora esaminando attentamente il parere del Parlamento in materia.

L’abolizione dei controlli alle frontiere interne – cioè l’espansione dell’area di Schengen – è un importante obiettivo politico per la creazione di uno spazio basato sulla libertà all’interno dell’Unione europea. Il processo di valutazione di Schengen, lanciato all’inizio di quest’anno, ha già permesso di svolgere valutazioni complete sulla cooperazione di polizia e in materia di visti nei nuovi Stati membri e sulla protezione dei dati presso le frontiere terrestri e marittime e gli aeroporti.

I nuovi Stati membri devono soddisfare tutte le condizioni di applicazione dell’acquis di Schengen. Ciò comporta anche l’esistenza di un sistema di informazione Schengen affidabile.

I controlli organizzati per quest’anno sono a buon punto. Esamineremo i risultati in dicembre e poi decideremo se adottare altre misure. Tempo fa, abbiamo ricevuto una relazione della Commissione sui lenti progressi tecnici del sistema SIS II. Si devono esaminare le misure in materia e i relativi calendari di attuazione in modo aperto e onesto, alla luce delle informazioni più recenti.

La politica del Consiglio europeo significa che abbiamo l’obbligo e la volontà di esaminare che cosa si possa fare per accelerare i preparativi relativi alla soppressione dei controlli alle frontiere interne. La Presidenza finlandese ha promosso la preparazione della legislazione sul SIS II insieme con il Parlamento europeo, e ci auguriamo di raggiungere il consenso al riguardo in ottobre. Vorrei ringraziare il relatore del Parlamento, onorevole Coelho, per la linea severa e risoluta che ha seguito nel ricercare una soluzione comune.

In un gruppo di lavoro ad alto livello in seno al Consiglio, abbiamo anche concordato misure pratiche per cercare di migliorare il coordinamento del progetto SIS II e la cooperazione tra i progetti nazionali e i preparativi per il sistema centrale, che è responsabilità della Commissione.

La Presidenza finlandese del Consiglio ha affrontato questo problema controverso già in luglio, e lo ha discusso anche la scorsa settimana a Tampere. Alla prossima riunione del Consiglio, esamineremo il nuovo calendario relativo ai preparativi tecnici per il progetto SIS II e qualsiasi altra soluzione realistica cui si possa fare ricorso. Si dovrebbero così creare le basi per fissare la data entro cui sopprimere i controlli alle frontiere interne al Consiglio di dicembre e in seno al Consiglio europeo. Al Consiglio di dicembre, si potrà esaminare anche la situazione generale dei controlli Schengen. Faremo tutto il possibile per espandere quanto prima l’area di Schengen, senza compromettere la sicurezza.

Il Trattato contiene già disposizioni sulle procedure volte ad agevolare la valutazione dell’interpretazione dei casi a norma del Titolo IV del Trattato o la legittimità o interpretazione degli atti legislativi adottati dalle Istituzioni comunitarie.

A norma dell’articolo 67 del Trattato, il Consiglio, deliberando all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, può adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. Venerdì la questione sarà affrontata per la prima volta dal gruppo di lavoro della Corte di giustizia e se continuerà o meno a essere discussa dipenderà dai pareri espressi dagli Stati membri in tale sede. La Presidenza ritiene che si tratti di una questione importante.

Come sappiamo, i cittadini dell’Unione si attendono giustamente che l’Unione europea sia in grado di assicurare una cooperazione più efficace nella lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Al tempo stesso, è necessario garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.

In forza del Trattato sull’Unione europea, il Consiglio, deliberando all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, può decidere di applicare la clausola passerella prevista dall’articolo 42 TUE e “comunitarizzare”, del tutto o in parte, la cooperazione giudiziaria e di polizia. La scorsa settimana a Tampere si è svolta un’importante discussione in materia tra i rappresentanti degli Stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo, e vorrei richiamare l’attenzione, in particolare, sul parere espresso con fermezza dall’onorevole Cavada in sede di Consiglio dei ministri, che rispecchia non solo il mio parere, ma anche quello del Parlamento europeo. E’ stato un contributo molto importante al nostro dibattito. E’ stato anche manifestato enorme sostegno a favore di un processo decisionale più efficace. Intendiamo proseguire con determinazione il lavoro in questo campo, in conformità delle conclusioni del Consiglio europeo. Vorrei sottolineare che questo dibattito non è contrario al Trattato costituzionale: intendiamo anzi dare specifico risalto all’importanza del Trattato costituzionale per lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Perché i progressi sulle questioni giuridiche e interne siano visibili anche nella sicurezza pubblica, dobbiamo garantire che questi atti legislativi siano pienamente integrati negli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Durante il semestre della nostra Presidenza, mireremo a sviluppare sistemi per valutare le questioni nel settore della giustizia e degli affari interni, sulla base della comunicazione della Commissione. Si stanno inoltre definendo diversi metodi di valutazione tra pari per le questioni legate alla criminalità organizzata e al terrorismo.

I protocolli della Convenzione Europol non sono ancora stati ratificati da tutti gli Stati membri. Il Consiglio ha regolarmente ricordato agli Stati membri l’importanza della questione. La Finlandia confida nel fatto che il protocollo entrerà in vigore entro la fine dell’anno.

Una più stretta cooperazione tra le autorità incaricate dell’applicazione della legge è un modo di cercare di ottenere un valore aggiunto in termini di sicurezza interna nell’Unione allargata. La Presidenza può annunciare che nel prossimo futuro la Finlandia adotterà azioni a livello nazionale, che le permetteranno di aderire al Trattato di Prüm. Presto avranno sottoscritto tale Trattato almeno otto Stati membri, cosicché sarà soddisfatto il requisito minimo per avviare la cooperazione rafforzata ai sensi dell’articolo 43 del Trattato sull’Unione europea. Come paese che esercita la Presidenza, ci adopereremo affinché il Trattato di Prüm sia integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea.

Il Consiglio continuerà le discussioni sulla decisione quadro relativa ai diritti procedurali, sulla base dell’iniziativa della Commissione. A giugno il Consiglio ha deciso di proseguire i suoi lavori sulla base della proposta di compromesso presentata dalla Presidenza. Quest’ultima impone maggiori restrizioni relative al numero e al campo di applicazione dei diritti rispetto alla proposta congiunta, che prevedeva invece requisiti generali. Intendiamo altresì tentare di concludere la prima lettura della proposta per quanto riguarda i suoi principali contenuti durante il semestre in corso.

Riguardo al razzismo e alla xenofobia, il Consiglio è stato informato che gli Stati membri che avevano espresso riserve generali sul progetto di strumento le hanno ora sciolte. Si possono quindi riprendere al più presto le trattative.

L’Unione europea ha sviluppato una politica comune in materia di immigrazione, controllo delle frontiere e asilo sulla base del Consiglio europeo di Tampere e del programma dell’Aia. Tale politica si fonda sulla solidarietà tra gli Stati membri, sulla fiducia reciproca e sulla condivisione delle responsabilità. Essa tiene pienamente conto dei diritti umani e fondamentali, compresa la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e il diritto di chiedere asilo nell’Unione europea. Gli Stati membri e le loro autorità competenti sono responsabili di controllare le rispettive frontiere esterne e l’immigrazione e di applicare le procedure relative alle richieste di asilo.

Durante la Presidenza finlandese finora, il Consiglio ha promosso un dibattito approfondito sulle questioni legate all’immigrazione. Ciò è avvenuto sia al Consiglio di luglio sia alla riunione ministeriale informale di Tampere la scorsa settimana. I recenti avvenimenti alle isole Canarie e nel Mediterraneo evidenziano il destino comune dei paesi d’Europa e la necessità di un impegno da parte di tutti gli Stati membri. E’ essenziale che le Istituzioni dell’Unione – il Parlamento europeo, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX), la Commissione e altri organismi competenti – agiscano in uno spirito di cooperazione e coordinamento.

L’Unione europea deve intensificare gli sforzi per fornire sostegno pratico agli Stati membri che devono farsi carico degli oneri maggiori in termini di numero di immigranti clandestini in arrivo. In questo contesto, alla riunione di Tampere la Presidenza ha presentato la sua iniziativa per il rafforzamento della solidarietà europea. Nell’ambito di questa iniziativa, a fronte di un contributo finanziario dell’Unione, si dovrebbero istituire procedure per garantire che gli Stati membri aderiscano a norme definite in comune e si assumano la responsabilità degli immigranti clandestini e dei richiedenti asilo che entrano nel loro territorio. Il dibattito sull’iniziativa del Presidente deve proseguire, sulla base delle discussioni molto positive svolte a Tampere.

Gli aiuti allo sviluppo forniti dall’Unione europea e dagli Stati membri sono cruciali per eliminare i motivi alla base dell’immigrazione clandestina. La crisi nel Mediterraneo dimostra infine quanto siano importanti le relazioni esterne nella lotta contro la migrazione clandestina. La strategia globale in materia di immigrazione e le principali misure riguardanti l’Africa e la regione del Mediterraneo, adottate dal Consiglio europeo lo scorso dicembre, forniscono un quadro comune per l’azione dell’Unione. Ciò rafforzerà la cooperazione tra gli Stati membri e intensificherà il dialogo con i paesi dell’Africa e la cooperazione nella regione del Mediterraneo nel suo insieme. Il Consiglio europeo ha chiesto alla Commissione di riferire in merito ai progressi realizzati entro la fine dell’anno.

Dalla strategia globale sono scaturite diverse importanti iniziative, tra cui figurano la riunione ministeriale a Rabat in luglio, le iniziative di FRONTEX volte a sviluppare la sorveglianza costiera nel Mediterraneo e le operazioni speciali per assistere la Spagna e Malta. La Presidenza promuove queste iniziative, assieme all’importantissima proposta di regolamento che istituisce un meccanismo per la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere (RABIT), presentata dalla Commissione.

Una delle principali priorità della Presidenza finlandese è sviluppare un sistema di controllo integrato delle frontiere esterne e adottare una strategia in materia. Inoltre, la Commissione svolgerà un esame approfondito e coerente delle questioni pertinenti, trattate nella comunicazione sull’immigrazione clandestina presentata in luglio.

Per realizzare gli obiettivi relativi all’immigrazione clandestina, fissati a Tampere, sono già stati approvati diversi atti legislativi, che si applicano allo status di residenti di lunga durata in un paese, al ricongiungimento familiare, alla concessione di permessi di soggiorno alle vittime della tratta di esseri umani e all’ammissione a fini di studio, formazione professionale, volontariato e ricerca scientifica. Lo scorso gennaio, la Commissione ha adottato un piano strategico sull’immigrazione legale, in conformità del mandato previsto dal programma dell’Aia. Tale piano tiene anche conto del programma di Lisbona adottato nel luglio dello scorso anno.

Un altro importante passo avanti è il programma quadro sulla solidarietà e sulla gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013 e i quattro fondi da creare in tale contesto: il Fondo europeo per i rifugiati, il Fondo europeo per le frontiere esterne, il Fondo europeo per i rimpatri e il Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi. Il Consiglio si sta adoperando per raggiungere un accordo in prima lettura con il Parlamento europeo su questi importanti strumenti.

La Presidenza comprende che la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente è molto importante per una politica comune in materia di rimpatrio, ma siamo anche consapevoli delle questioni da risolvere per raggiungere un compromesso sulle proposte entro un periodo ragionevole. In collaborazione con il Parlamento europeo e la Commissione, il Consiglio ha già deciso di intensificare il dibattito per concludere le deliberazioni sulla proposta.

Riguardo all’asilo, è previsto l’avvio di una discussione sulle possibilità di migliorare le attuali norme dell’Unione in materia. La Commissione dovrebbe elaborare un Libro verde sul futuro del sistema comune europeo di asilo. Anche di questo si è discusso a Tampere. E’ obiettivo della Presidenza assicurare che le norme minime attuali siano trasformate in vere e proprie norme comuni in materia di asilo e protezione sussidiaria. Anche la cooperazione pratica tra gli Stati membri sulle questioni legate all’asilo deve essere rafforzata. Il Consiglio attende che la Commissione presenti la sua proposta al riguardo. Il Consiglio attende altresì che la Commissione presenti nel prossimo futuro una proposta legislativa riguardante l’estensione dello statuto di residente a lungo termine ai rifugiati e alle persone che soddisfano le condizioni per beneficiare di protezione sussidiaria.

Un obiettivo fondamentale è migliorare la trasparenza del lavoro dell’Unione. In giugno, il Consiglio europeo ha adottato misure in tal senso. La Presidenza finlandese sottolinea l’importanza cruciale della trasparenza e propone attivamente di dare seguito al dibattito in materia, sulla base del Libro verde. Lo stendardo della trasparenza è stato sventolato con vigore anche a Tampere.

Infine, per quanto riguarda le strutture di detenzione segrete menzionate dal Presidente degli Stati Uniti d’America in un suo discorso all’inizio di settembre, vorrei assicurare al Parlamento che il Consiglio è consapevole delle possibili implicazioni. In occasione di una riunione del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” svoltasi in settembre, i ministri si sono impegnati a condurre una lotta efficace contro il terrorismo, adoperando tutti i mezzi e gli strumenti legittimi a loro disposizione. Il terrorismo è una vera e propria minaccia per un sistema di valori basato sullo Stato di diritto.

Nella lotta al terrorismo si devono rispettare i diritti umani e le norme umanitarie. Come ho detto a una riunione svoltasi in agosto a Londra, non una vittoria deve andare ai terroristi o ai loro tentativi di indebolire i nostri diritti e valori fondamentali. In luglio, al Consiglio “Giustizia e affari interni”, ho detto che considero essenziale che gli Stati membri promuovano anche l’elaborazione di una relazione sui voli della CIA per il trasporto di prigionieri, al fine di rafforzare le basi per una cooperazione più efficace in materia di sicurezza, basata sulla fiducia.

Onorevoli deputati, mi spiace che il mio intervento sia stato così lungo, ma sono ormai 24 anni che partecipo a lavori parlamentari. Quando si ha la possibilità di rivolgersi a un’Assemblea così disponibile, si può cedere alla tentazione di parlare un po’ troppo, ma vorrei concludere dicendo che i nostri cittadini si attendono che l’Unione europea garantisca la sicurezza, un processo decisionale più efficace e la capacità di rispondere agevolmente alle nuove sfide. Essi insisteranno anche sulla necessità di essere in grado di combattere la criminalità organizzata e il terrorismo e di controllare i flussi migratori e le nostre frontiere esterne comuni con efficacia. E’ nostro dovere ed è una sfida per i poteri parlamentari, sia in seno al Parlamento europeo sia nei parlamenti nazionali, rispondere insieme alla richiesta espressa che l’Europa sia per tutti un posto sicuro e giusto in cui vivere.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, Ministro Rajamäki. Il Consiglio e la Commissione non hanno limiti di tempo. Possono quindi cogliere l’occasione per dilungarsi tanto a lungo quanto lo reputano necessario o opportuno, ma il giorno continua ad avere solo 24 ore.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto esprimere la mia profonda soddisfazione per l’ottima cooperazione instaurata con la Presidenza finlandese, in particolare con i Ministri Rajamäki e Luhtanen, e con il Parlamento europeo, soprattutto con la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e con l’onorevole Cavada.

L’attuazione e l’ulteriore sviluppo del programma dell’Aia sono un obiettivo comune, che richiede un processo decisionale efficace ed esige priorità politiche chiare per essere davvero incisivo. L’obiettivo politico strategico rimane quello di ottenere il giusto equilibrio tra l’esigenza di garantire una maggiore sicurezza dei cittadini e quella di promuovere e difendere i diritti individuali. Come sapete, la scorsa settimana, a Tampere, abbiamo esaminato le principali sfide per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e il miglior modo in cui affrontarle.

E’ chiaro che le attuali priorità dell’Unione europea sono la lotta al terrorismo e la gestione dei flussi migratori. Come ho sottolineato a Tampere, ritengo che i nostri sforzi nella lotta al terrorismo a livello europeo debbano concentrarsi sugli aspetti fondamentali, quali la necessità di contrastare la radicalizzazione e il reclutamento, l’abuso di Internet da parte dei terroristi, la prevenzione e l’individuazione dell’uso improprio di esplosivi, la sicurezza delle infrastrutture critiche e dei trasporti e la necessità di essere preparati a rispondere ad attacchi biologici.

Sono anche convinto che ogni nuova misura volta a garantire la sicurezza, soprattutto per quanto riguarda i trasporti aerei, non debba suscitare una reazione sproporzionata, perché, a mio parere, questa sarebbe una vittoria per i terroristi. La sicurezza è al centro della mia azione e valuteremo con cura gli effetti e la proporzionalità di ogni decisione adottata in materia. La lotta al terrorismo e la difesa dei diritti individuali devono andare di pari passo.

Per quanto riguarda l’immigrazione, la Commissione ha deciso di istituire un gruppo di Commissari incaricati di trattare questo tema. Ho il privilegio di coordinare tale gruppo, che riunisce tutti i settori strategici collegati alla gestione dell’immigrazione: da giustizia e affari interni a sviluppo, occupazione, istruzione e formazione, politica regionale, problemi economici, relazioni esterne e politica europea di vicinato. Questo approccio globale comprende l’immigrazione legale e clandestina e l’integrazione. Anche la solidarietà, sotto forma di sostegno finanziario e disponibilità di esperti e attrezzature presso le nostre frontiere comuni, è un elemento essenziale di tale approccio. L’attenzione è chiaramente concentrata sull’immigrazione dall’Africa, ma è necessario tenere conto dei flussi migratori provenienti da altre regioni del mondo, in particolare dai nostri vicini dell’Europa orientale, tra i quali alcuni paesi dove hanno origine vari tipi di traffici illeciti.

Come sapete, nel campo dell’immigrazione clandestina, abbiamo recentemente adottato varie misure pratiche, in particolare per quanto riguarda i flussi migratori che interessano gli Stati membri meridionali dell’Unione europea. FRONTEX, in particolare, è stata molto attiva nel coordinare l’assistenza agli Stati membri in questione, per esempio alle isole Canarie, e sono previste altre operazioni entro breve nell’area centrale del Mediterraneo.

Solidarietà significa assistenza pratica agli Stati membri sotto pressione. Abbiamo bisogno di fondi, attrezzature, navi, elicotteri e aeroplani. Per esempio, per il periodo 2007-2013, FRONTEX disporrà di 272 milioni di euro, che considero un importo insufficiente per far fronte al crescente fenomeno dell’immigrazione. Il prossimo anno il bilancio dell’agenzia sarà di circa 21 milioni di euro. Mi auguro che il Parlamento approverà un aumento della dotazione finanziaria.

Agli Stati membri più colpiti è stato fornito un sostegno finanziario integrativo, in particolare alla Spagna, a Malta e all’Italia, tramite il programma ARGO. In questo contesto, vorrei segnalare che la scorsa settimana la Commissione ha deciso di finanziare sei progetti di emergenza nei paesi che ho menzionato.

La Commissione ha anche adottato un pacchetto di misure intese ad assistere la Mauritania nei suoi sforzi volti a contenere il flusso di migranti clandestini verso le isole Canarie, nel quadro del meccanismo di reazione rapida. Faremo lo stesso a favore di altri importanti partner nell’Africa subsahariana, come il Senegal.

Per quanto riguarda la gestione della frontiera marittima esterna meridionale, al Consiglio informale di Tampere ho presentato un insieme di raccomandazioni sulle misure operative da adottare nel breve periodo, cioè prima dell’estate 2007. Tali raccomandazioni comprendono: in primo luogo, allestire un centro di comando operativo nelle regioni interessate per coordinare una rete di pattugliamento costiero nel Mediterraneo; in secondo luogo, esaminare l’istituzione di un sistema di sorveglianza europeo cui siano collegati i sistemi di sorveglianza nazionali esistenti; in terzo luogo, tradurre in realtà la messa in comune delle risorse, in base alla quale tutti gli Stati membri forniscono attrezzature da mettere a disposizione, con breve preavviso, dello Stato membro che richieda assistenza; in quarto luogo, esaminare le possibilità di creare un gruppo di esperti in materia di asilo, in stretta collaborazione con le organizzazioni internazionali, soprattutto le Nazioni Unite; in quinto luogo, fare il massimo e migliore uso possibile degli strumenti finanziari attuali e futuri.

Le misure che ho menzionato mirano a rafforzare la capacità dell’Unione di gestire e prevenire il tipo di situazioni cui abbiamo assistito quest’anno e dovranno essere adottate parallelamente all’attuazione della strategia globale in materia di immigrazione, adottata dal Consiglio europeo lo scorso dicembre. Si tratta di fornire una risposta politica immediata, basata su una solidarietà europea tangibile – e sottolineo la parola “tangibile” – e sulla condivisione delle responsabilità e degli oneri. Ciò significa, come sottolineato di recente dal Presidente Barroso e da me a Tampere, che è della massima importanza che tutti gli Stati membri continuino a collaborare in uno spirito di solidarietà, non ultimo per assistere gli Stati meridionali oggi più colpiti dall’immigrazione clandestina proveniente dall’Africa. Deve essere assolutamente chiaro che spetta agli Stati membri fornire le risorse necessarie per il successo delle operazioni congiunte. Abbiamo cominciato, ma siamo solo all’inizio. L’entità del problema è tale che occorrerà svolgere ancora molto lavoro.

Al riguardo, mi auguro inoltre che dalla prossima primavera l’Unione europea possa fare ricorso alle squadre di intervento rapido alle frontiere, cioè squadre di esperti nazionali che, con il coordinamento di FRONTEX, forniranno una rapida assistenza tecnica e operativa agli Stati membri che ne avranno bisogno.

Per affrontare l’immigrazione in tutti i suoi aspetti occorre anche sviluppare un approccio strutturale e rafforzare l’inclusione dell’immigrazione nelle politiche estere europee. Ciò comprende un esame delle cause alla radice della migrazione e delle questioni legate allo sviluppo.

La Commissione sta compiendo seri sforzi per integrare l’immigrazione nella sua politica di sviluppo e in questo ambito si sta impegnando soprattutto con i paesi africani. In particolare, dobbiamo dare priorità all’attuazione del piano d’azione concordato a Rabat nel luglio scorso e alla preparazione di una fruttuosa conferenza euroafricana sull’immigrazione insieme con l’Unione africana. Tale conferenza dovrebbe svolgersi in novembre a Tripoli, in Libia.

Dobbiamo anche rafforzare la nostra cooperazione con i paesi nordafricani, in particolare l’Algeria, il Marocco e la Libia, sulle questioni dell’immigrazione, compresa la questione della protezione internazionale, che richiede una risposta regionale. Al riguardo, sia gli Stati membri dell’Unione sia i paesi nordafricani devono assumersi la responsabilità per le persone che necessitano di protezione internazionale, tra cui i richiedenti asilo.

La protezione dei rifugiati è un altro elemento importante del mio portafoglio e sono lieto di annunciarvi che nelle prossime settimane saranno avviati due programmi regionali specifici. Dobbiamo inoltre garantire il rimpatrio degli immigrati clandestini nei loro paesi di origine. In questo contesto, la Commissione è pronta a sostenere gli sforzi degli Stati membri a livello politico, diplomatico e finanziario, nel pieno rispetto della dignità delle persone.

Non dobbiamo dimenticare un altro importante aspetto della lotta contro l’immigrazione clandestina, cioè la necessità di intensificare la lotta contro il lavoro clandestino. Si tratta di un forte fattore di attrazione per l’immigrazione illegale. Come indicato nella comunicazione di luglio della Commissione sull’immigrazione clandestina, stiamo valutando la possibilità di adottare uno strumento legislativo inteso ad armonizzare le sanzioni da infliggere alle imprese che danno lavoro a immigrati in situazione di clandestinità. E’ ovvio che gli Stati membri devono adottare provvedimenti immediati in tal senso, al fine di affrontare la questione del lavoro nero.

Per quanto riguarda l’immigrazione economica legale, sottolineo che l’attuazione del piano d’azione sull’immigrazione legale è una priorità per la Commissione e per me personalmente. Eliminando il lavoro sommerso e creando procedure di ammissione degli immigranti legali, l’Europa genererà un circolo virtuoso o, meglio, una struttura di incentivi positiva.

La Commissione è convinta della necessità di una strategia comune per gestire l’immigrazione economica quale mezzo supplementare per conseguire gli obiettivi di Lisbona e affrontare gli effetti negativi dell’invecchiamento demografico, al fine di promuovere l’economia e la competitività europee. In particolare, per contribuire alla crescita economica, è essenziale che l’Europa diventi, innanzi tutto e soprattutto, un polo di attrazione per migranti altamente qualificati. L’idea di proporre una direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno nell’Unione europea di lavoratori altamente qualificati, tra cui la possibilità di una carta verde europea, risponde a questa esigenza economica.

L’Europa continua a ricevere solo manodopera scarsamente qualificata o priva di qualifiche professionali, mentre gli Stati Uniti, il Canada e l’Australia, per esempio, riescono ad attrarre migranti di talento. Al tempo stesso, ritengo si debbano adottare misure adeguate per evitare il rischio crescente di fuga dei cervelli dai paesi più poveri. Una proposta di direttiva sui diritti degli immigrati legalmente occupati costituisce l’altro pilastro della politica della Commissione in questo campo per il prossimo anno. Entrambe le proposte saranno presentate nella seconda metà del 2007, sotto la Presidenza portoghese.

Da ultimo, ma non meno importante, vorrei segnalare un altro elemento essenziale della politica di immigrazione europea: l’integrazione degli immigrati. Come evidenziato nell’Agenda comune per l’integrazione, che ho presentato nel settembre 2005, per garantire il successo di una politica di immigrazione comune europea è indispensabile intensificare gli sforzi a favore dell’integrazione. Mi auguro vivamente che, in seguito all’approvazione di questo approccio globale europeo nei confronti dell’immigrazione da parte del Consiglio di Lussemburgo, lo stesso approccio comune europeo sia approvato al più alto livello politico anche dal Consiglio europeo di Lahti.

Permettetemi di passare ora alla clausola passerella. Come hanno appena affermato il Ministro Rajamäki e l’onorevole Cavada, a Tampere abbiamo discusso anche il modo in cui migliorare il processo decisionale nel settore della sicurezza e della giustizia, in particolare facendo ricorso alla clausola passerella. Come sapete, la posizione della Commissione al riguardo è sempre stata molto vicina a quella del Parlamento, in quanto riteniamo che tale clausola rappresenti uno strumento appropriato e importante per permettere all’Unione e agli Stati membri di garantire una maggiore efficienza, trasparenza e assunzione di responsabilità nel processo decisionale, assieme a una maggiore legittimità democratica, derivante dal ruolo più incisivo del Parlamento.

La discussione a Tampere è stata molto aperta e costruttiva. Tutti gli Stati membri, persino quelli ancora esitanti, hanno riconosciuto la necessità di compiere passi avanti. Alcuni hanno espresso il timore che l’adozione di una decisione sulla clausola passerella in questo momento possa vanificare il dibattito sul rilancio del processo costituzionale, ma ritengo che tale rischio non si materializzerà.

Saremo tra i primi ad accogliere con favore un esito positivo delle consultazioni che la Presidenza tedesca intende svolgere nel 2007, e le daremo il nostro pieno sostegno. Nondimeno, dobbiamo essere preparati a una situazione in cui la clausola passerella potrebbe essere l’unico strumento atto a fronteggiare l’emergenza comune a tutti noi. Concordo sulla necessità della Costituzione, ma se ne attendiamo l’adozione rischiamo di provocare una paralisi. In ogni caso, come sapete, quando la Costituzione entrerà in vigore, la clausola passerella sarà automaticamente incorporata nel testo.

Condivido ciò che il Ministro Rajamäki ha detto a Tampere, cioè che l’Europa è come una bicicletta: o si pedala o si cade. Ed è solo pedalando più veloce degli altri che il mio connazionale Bettini ha vinto il campionato del mondo di ciclismo pochi giorni fa.

Dobbiamo quindi proseguire questa importantissima discussione politica, facendo tesoro della buona volontà comune dimostrata da tutti gli Stati membri a Tampere. Al prossimo Consiglio “Giustizia e affari interni”, che si svolgerà tra pochi giorni a Lussemburgo, avremo la possibilità di decidere il modo in cui portare avanti questo importante dossier.

Infine, i cittadini vogliono più Europa. L’Europa in tal modo sarebbe in grado di adottare decisioni più efficaci. Professionisti, giudici, procuratori e autorità di polizia vogliono anch’essi strumenti più efficaci per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo. Onestamente, non possiamo permettere che la società civile sia più veloce delle nostre strategie e politiche. Se vogliamo essere credibili, dobbiamo rispondere ora, non solo dopo le tragedie, come è avvenuto in passato.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Ringraziamo il Vicepresidente della Commissione per il suo resoconto di quanto è avvenuto a Tampere e per la valutazione ottimistica che esprime al riguardo.

Ascoltiamo ora i pareri dei gruppi politici. Vi ricordo che i deputati hanno un tempo di parola limitato.

 
  
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  Ewa Klamt, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la gestione dei flussi migratori, e quindi il controllo dell’immigrazione nell’Unione, è uno dei problemi più pressanti con cui dobbiamo confrontarci e va da sé che per farlo occorre guardare al di là dei nostri orizzonti nazionali ristretti, ma ciò non significa che possiamo limitarci a un’analisi europea o ad approcci europei. La cooperazione con i paesi di transito e di origine e il sostegno loro accordato fanno parte della soluzione, ma è necessaria anche una strategia integrata, perché l’immigrazione deve essere regolamentata, e non può essere soltanto una questione di politica interna; le soluzioni si possono trovare solo tramite sforzi congiunti nei vari settori strategici.

Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei da molto tempo chiede una politica di immigrazione che tenga conto delle esigenze e dei diritti di altri Stati membri. Per esempio, non si può procedere a una regolarizzazione di massa senza informare o consultare gli altri paesi, e poi chiedere aiuto all’Unione quando tale provvedimento comincia ad attrarre altri immigrati. E’ fondamentale che la politica di immigrazione nazionale tenga conto dei suoi effetti sugli altri Stati membri.

Tuttavia, va detto che integrare un settore strategico – in questo caso quello dell’immigrazione – nelle politiche comunitarie, il che significa assoggettarlo alla procedura di codecisione, non è una panacea. Di sicuro molti problemi colpiscono tutti noi, ma almeno altrettanti sono di carattere specificamente nazionale, regionale o persino locale. Per molti, un aspetto allettante di una politica comunitaria sull’immigrazione economica è che, oltre a rafforzare i loro poteri, essa può anche favorire l’imposizione di una politica di immigrazione per la quale non vi è sostegno maggioritario a livello nazionale, ma questa motivazione non tiene conto del diritto degli altri Stati membri di avvalersi di soluzioni adeguate; nessuna politica può avere successo se i cittadini dei nostri Stati membri non prendono parte alla sua definizione.

(Applausi)

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in seno al nostro gruppo, abbiamo riflettuto a lungo sul modo in cui affrontare la discussione di oggi. L’ultima volta che sono intervenuto in Aula in una discussione sulla politica interna e sulla politica di sicurezza è stato per parlare del mandato di arresto europeo e del progetto di istituire una procura europea, e ho poi avuto un enorme scontro con il Presidente in carica del Consiglio. Oggi non vorrei ripetere la stessa esperienza, ma devo dire al Presidente in carica del Consiglio e al Commissario che non ho nemmeno intenzione di usare mezzi termini.

Se mi guardo intorno, posso vedere l’onorevole Kirkhope, l’onorevole Pirker, l’onorevole Klamt, l’onorevole Watson, l’onorevole Lambert e l’onorevole Roure; come me, tutti loro sedevano qui sei anni fa, quando dicevamo tutti esattamente le stesse cose. All’epoca, l’onorevole Watson era il presidente della commissione competente, il Commissario si chiamava Vitorino e ci presentava, a seguito di Tampere, un cosiddetto quadro di valutazione, che conteneva tutte le misure che lei, signor Presidente in carica del Consiglio, e lei, signor Commissario, avete descritto. Il quadro di valutazione doveva il suo nome al fatto che prevedeva un chiaro calendario, con la misura A da attuare negli Stati membri entro il termine B, una relazione della Commissione da presentare al Consiglio entro il termine C, eccetera.

Perché, dunque, sei anni dopo, sediamo di nuovo in Aula e discutiamo le stesse questioni, per esempio la clausola passerella? Sei anni fa, eravamo pieni di ottimismo quando discutevamo la disposizione del Trattato di Nizza secondo cui, a partire dal 1999, con entrata in vigore cinque anni dopo – cioè nel 2004 – e fatta salva l’approvazione unanime del Consiglio, i settori strategici oggi in esame sarebbero stati assoggettati alla procedura di codecisione, eppure, due anni dopo, non si è ancora approdati a nulla.

L’onorevole Klamt ha fatto un’osservazione importante, quando ha affermato che, per quanto riguarda l’integrazione o il trattamento delle richieste di asilo, non dobbiamo interferire con i poteri delle autorità nazionali, locali e regionali. Tuttavia, nemmeno si può tollerare una situazione in cui norme e regolamenti comunitari sono indispensabili, ma non esistono. I flussi migratori che raggiungono le coste meridionali dell’Europa, di cui discutiamo oggi, non si gestiscono solo con misure restrittive; è necessario un approccio che associ misure contro la criminalità organizzata, misure per regolarizzare la situazione degli immigrati e una politica di integrazione coordinata. Lo sappiamo tutti. Perché allora gli Stati membri rifiutano di attuare le proposte appena descritte dal Commissario Frattini? Penso di conoscere la risposta a questo interrogativo. Il motivo per cui rifiutano di farlo è che questi settori strategici – la sicurezza delle frontiere esterne, l’asilo, la legislazione in materia di cittadinanza, la libertà di stabilimento e di circolazione, la politica in materia di polizia, in materia di giustizia – offrono loro la possibilità di dire ai rispettivi cittadini: “Siamo noi – nessun altro – ad avere le redini del potere in questo Stato”. Il trasferimento di tali diritti all’Unione europea è una parziale rinuncia alla sovranità che gli Stati rifuggono da 15 anni, e posso comprenderlo, perché comporta una parziale cessione di poteri nazionali, ma questa cessione di poteri deve essere considerata alla luce della prospettiva che la migrazione, la tratta di esseri umani, l’immigrazione incontrollata e i problemi che ne derivano possano trascinarsi sempre più a lungo. Da dieci anni i ministri dell’Interno dell’Unione europea rifiutano di agire ed è ora di porre fine a questa situazione.

Questo è il motivo per il quale la strategia, cui fa riferimento la nostra interrogazione, e le risposte che abbiamo sentito oggi – in particolare dal Commissario Frattini – sono corrette, ma è veramente ora di agire.

(Applausi)

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Cavada per la sua interrogazione orale, che ha offerto l’occasione di tenere questa discussione, e per l’ottimo lavoro che svolge assieme ai suoi colleghi in seno alla commissione.

Ho avuto l’onore di presiedere tale commissione all’epoca della riunione del Consiglio a Tampere nel 1999. Ho seguito il processo da Tampere a Tampere. Sono stati sette anni magri, simili al commento di un critico sulla commedia di Samuel Beckett, Aspettando Godot: “E’ una commedia in due atti in cui nulla accade, due volte”.

Saluto gli sforzi profusi dal Commissario Frattini e dalla Presidenza finlandese per tentare di blandire gli Stati membri e persuaderli a compiere passi avanti. Il Ministro Rajamäki ha parlato di ravvivare lo spirito di Tampere. E’ disperatamente necessario. Il fatto è che il paese che meglio conosco ha messo il bastone tra le ruote, insistendo sulla necessità di avere tre pilastri. Altri paesi stanno ora bloccando il processo di correzione. Se non riusciremo ad applicare la clausola passerella, non avremo mai una politica credibile in materia di giustizia e affari interni. Continueremo ad avere una politica simile a una bicicletta, quando ciò di cui abbiamo bisogno è una Ducati.

Gli Stati membri siedono nei loro forti medievali con i ponti levatoi alzati. In nome della sovranità nazionale, promuovono l’anarchia globale. I nostri cittadini chiedono di meglio.

All’inizio della costruzione dell’Unione europea, i leader politici erano più avanti rispetto all’opinione pubblica. Concepivano la leadership in termini di dipingere la visione dell’Europa che volevano e condurre i cittadini in tale direzione. Può essere una strategia pericolosa, ma molto meno pericolosa di trovarsi – come lei ha rilevato, signor Commissario – più indietro rispetto all’opinione pubblica. I nostri cittadini chiedono: perché non esiste una politica di immigrazione atta a prevenire la tragedia umana che si consuma lungo le nostre coste meridionali? Perché non condividiamo le informazioni di carattere penale nella lotta al terrorismo o nella lotta contro le droghe? Perché le vittime di reati transfrontalieri o di rotture coniugali tra parti di nazioni diverse non hanno accesso alla giustizia? Quando i ministri si riuniscono, come disse Abba Eban in un altro contesto, essi “non perdono mai l’occasione di perdere un’occasione”.

Vogliamo che si dia maggiore risalto ai valori europei. Possiamo anche non avere una Costituzione, ma abbiamo una Carta dei diritti fondamentali. Ministro Rajamäki, lei ha detto che i diritti umani sono in cima alle preoccupazioni del Consiglio e sono tenuti in piena considerazione. Ne è sicuro? E la saga delle prigioni segrete della CIA, riguardo alle quali il Parlamento ha giustamente istituito una commissione sulla consegna di detenuti, per verificare se si debba applicare l’articolo 7? E la questione dei dati PNR, riguardo alla quale l’accordo del 2007 inteso a sostituire la soluzione “toppa” che avete escogitato questo mese deve essere abbinato alla decisione quadro sulla protezione dei dati personali? E le garanzie procedurali minime a favore delle persone indiziate nei procedimenti penali? Perché la questione è ancora in fondo alla vaschetta dei documenti in arrivo?

Naturalmente si sono fatti alcuni progressi. Tuttavia, troppo spesso l’Unione ricorda il mimo Marcel Marceau, quando sembra stia scavalcando un muro, ma in realtà non si sposta. Chiedo al Commissario Frattini e alla Presidenza di trasmettere al Consiglio del 6 ottobre il messaggio che l’Europa chiede di meglio.

(Applausi)

 
  
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  Monica Frassoni, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Verde Alleanza libera europea è sempre stato a favore del passaggio di questi temi alla procedura comunitaria fin da quando il Trattato di Maastricht inventò la procedura dei pilastri, che in teoria doveva essere provvisoria ma in realtà si è rivelata abbastanza definitiva.

Ma le procedure non sono tutto e mi domando quale sia oggi la politica messa in atto per queste materie dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione. La priorità sembra sia quella di ridurre, respingere, costringere ed eliminare ed è curioso constatare che questo dibattito è stato avviato dal Commissario parlando di terrorismo e affermando che la sicurezza deve essere la priorità assoluta. Credo che questo dica molto anche sul concetto di priorità che hanno molti dei nostri dirigenti.

Nonostante le frontiere, gli orribili rischi, la tolleranza sempre maggiore per le violazioni del diritto internazionale, non riusciremo a fermare l’immigrazione e questo deve essere un elemento che tutti noi dovremmo avere ben chiaro! Francamente non mi piace signor Commissario, quando lei utilizza troppo spesso la parola “solidarietà”, soprattutto per intendere “aiutare gli Stati membri a respingere alle frontiere gente che arriva disperata e senza diritti”.

Inoltre vorrei rilevare che in questo modo non abbiamo affatto eliminato il rischio che il respingimento alle frontiere di gente in arrivo su imbarcazioni non violi gravemente il diritto di molti di chiedere l’asilo in quanto vengono respinti direttamente al mittente.

Le regolarizzazioni, condannate dall’onorevole Klamt, ma anche dal Commissario Frattini, sono un risultato diretto della politica che dice “è possibile l’immigrazione zero”, ma nasconde una realtà di fatto, ovvero che abbiamo bisogno di immigrati.

Signor Commissario, signor Presidente, non so se sia vero che la maggior parte degli immigranti illegali che arriva da noi sia composta da persone senza qualifiche. Io conosco casi di professori di storia, di elettricisti, di persone qualificate che arrivano qui ma non trovano lavori qualificati, perché evidentemente entrano in un giro non affatto qualificato; a mio parere dire che il problema è quello di tirare fuori dai paesi in via di sviluppo persone che possono, invece, aiutare quei paesi a uscire dalle loro situazioni di sottosviluppo sia un messaggio sbagliato che l’Unione europea non deve dare!

Infine, signor Presidente, signor Commissario, gradirei che vi pronunciaste sul tema degli accordi con i paesi terzi. Io, e con me il mio gruppo, siamo molto preoccupati per questa questione, sappiamo che alcuni dei paesi membri, per esempio Francia, Spagna e Italia, stanno negoziando, in modo segreto e solamente attraverso intese di polizia, accordi con paesi terzi che non danno nessuna garanzia di rispetto dei diritti; sappiamo benissimo che quei paesi violano spesso e volentieri i diritti, non solamente dei loro cittadini, ma anche dei migranti. In particolare questo è il caso della Libia, alla quale il Commissario ha appena affermato di volere elargire una grossa somma di denaro, personalmente gradirei che si spendesse qualche parola per spiegare che tipo di democrazia e di pubblicità ci debba essere su simili accordi.

(Applausi)

 
  
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  Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi sembra che dopo il fallimento del Vertice informale di Tampere della scorsa settimana si sia deciso non solo di smettere di pedalare ma forse anche di appoggiare la bicicletta al muro. Anche il dibattito di oggi ha questa caratteristica: si mescolano lotta al terrorismo, i voli della CIA, il PNR, la cooperazione di polizia con l’immigrazione.

Solo quando si capirà che il tema dell’immigrazione deve essere slegato dalle politiche repressive, dalle azioni di criminalizzazione dei migranti e dalle pratiche di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, solo allora sarà possibile discutere seriamente di una politica comune dell’Unione europea in materia di immigrazione.

Dobbiamo anche bandire dal nostro dibattito il tema dell’invasione: la categoria dell’invasione è falsa e infondata, sappiamo tutti che solo il 15 per cento dell’immigrazione irregolare arriva via mare dall’Africa e poi tutto il resto arriva via terra o in aereo. Questo avviene anche in Spagna e in Italia, considerando perfino le cifre dei migranti che arrivano alle isole Canarie o a Lampedusa.

Bisogna ripartire dai canali legali, come ci diceva nel Libro verde la Commissione: “Abbiamo bisogno di 20 milioni di lavoratori immigrati entro il 2030” e allora attiviamoci per farli entrare, invece la gente è costretta a morire in mare. Non abbiamo capito che cosa ha fatto questa estate FRONTEX per evitare la morte delle persone.

L’Europa non può essere quella dei respingimenti di massa né si può tollerare che l’Atlantico e il Mediterraneo siano un cimitero a cielo aperto!

Avanzo una proposta al Commissario Frattini: istituiamo un monumento, monito perenne alle stragi di migranti in mare. Tra qualche mese ricorre il 10° anniversario della prima strage riconosciuta di migranti in mare: l’affondamento di una nave con quasi 400 emigranti al largo di Porto Palo tra Malta e la Sicilia. Facciamo un gesto di umanità! Costruiamo un monumento, una simbolica tomba collettiva per uomini e donne senza nome, morti in mare perché cercavamo un futuro migliore.

Un grande poeta latino avrebbe detto: “ricostruiamo una memoria collettiva che sia più duratura del bronzo”. Probabilmente questo è l’atto più forte e più concreto che oggi riesce a compiere l’Europa per discutere seriamente di immigrazione.

 
  
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  Romano Maria La Russa, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono già intervenuto più volte in questa sede ribadendo l’urgente necessità di una politica comune sull’immigrazione e con soddisfazione prendo atto delle recenti iniziative intraprese a livello comunitario e del recente sblocco di fondi destinati agli Stati colpiti da emergenze.

E’ tutt’altro che trascurabile la consapevolezza maturata dagli Stati membri ora convinti, forse tardivamente, dalle numerose tragedie del Mediterraneo, che i fenomeni migratori non riguardano più esclusivamente gli Stati periferici dell’UE e che gli obiettivi generali di crescita economica possono essere ottenuti soltanto in un clima di sicurezza generale. Questa consapevolezza potrà finalmente convincerli a ripartire equamente responsabilità ed oneri finanziari per la gestione delle frontiere. Si tratterà di impegno reale, testimoniato anche dalle maggiori risorse finanziarie che l’UE metterà a disposizione per i prossimi sette anni nel quadro del consolidamento di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Un altro elemento da considerare positivamente è la creazione di un programma specifico volto a regolare i flussi migratori con fondi ad hoc destinati ai rimpatri, ai rifugiati e all’integrazione. Altrettanto importante è la creazione di un’agenzia delle frontiere esterne che purtroppo non dispone ancora di un organico adeguato, ma mi auguro che possa gradualmente godere di maggiori attenzioni e finanziamenti.

Auspico che di questo passo si possa arrivare alla creazione di norme minime comuni per combattere l’immigrazione illegale e regolamentare l’immigrazione legale e che si possa realizzare una politica rispettosa dei diritti del singolo credibile. Ma una politica credibile non può che essere rigorosa, non può esistere una politica europea che favorisce regolarizzazioni di massa e che elargisce i diritti di cittadinanza in modo indiscriminato.

E’ ormai risaputo che le sanatorie non solo non consentono di risolvere i problemi senza migliorare le condizioni degli immigrati, ma che invece quasi sempre le peggiorano, alimentano solo emarginazione e fenomeni diffusi di delinquenza che spesso sfociano in terrorismo.

Infine, essere credibili significa riaffermare gli ideali di solidarietà e di tutela delle libertà proprie dell’UE, vincolando al rispetto della legalità. L’UE non negherà mai l’aiuto ai bisognosi e a chi vorrà veramente integrarsi, tuttavia per chi pretende di esportare la violenza, la cultura, i valori e le religioni dovrà valere il principio della “tolleranza zero”, non è auspicabile, ma talvolta risulta indispensabile.

 
  
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  Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, il Vertice informale della scorsa settimana a Tampere ha chiarito una cosa: gli Stati membri sono sostanzialmente in disaccordo sul modo in cui affrontare l’immigrazione clandestina. Tutti riconoscono che una soluzione è necessaria, ma i pareri divergono su come procedere. Questo è il motivo per cui l’immigrazione è una questione che gli Stati membri sono ansiosi di consegnare ai tavoli negoziali europei, ed è così che la storia finisce per ripetersi.

Alla fine degli anni ’90, i Paesi Bassi e la Germania, che dovevano affrontare seri problemi dovuti all’afflusso di richiedenti asilo, insistevano sulla solidarietà e sulla ripartizione degli oneri. Francia, Spagna e Portogallo, invece, ostacolavano ogni soluzione a livello europeo, mentre ora sono gli Stati membri settentrionali a non reagire alle richieste di aiuto. E’ tuttavia a livello europeo che si deve trovare una soluzione. Un mercato comune con uno spazio condiviso in cui i cittadini possono circolare liberamente comporta una consona sicurezza delle sue frontiere esterne e un accesso regolamentato a tale spazio.

E’ necessaria una politica europea in materia di immigrazione clandestina, purché i paesi smettano di agire in modo indipendente. Se le autorità spagnole possono concedere un’amnistia a 700 000 immigrati clandestini senza consultare gli altri Stati membri, la Spagna non può aspettarsi l’aiuto di altri Stati membri.

Infine, il Presidente Bush ha ammesso l’esistenza di carceri segrete della CIA. Tuttavia, tuttora non è chiaro in quali paesi fossero situate, né se alcune di esse si trovassero nell’Unione europea. Vorrei sapere dal Consiglio e dalla Commissione che cosa intendono fare per dissipare questi dubbi.

 
  
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  Jean-Marie Le Pen (NI).(FR) Signor Presidente, regolarizzando un milione e mezzo di clandestini nel 2005, la Spagna e l’Italia hanno provocato un enorme afflusso di persone provenienti dall’Africa, il continente più vicino all’Europa occidentale, quasi una periferia di Parigi.

La Spagna, giustamente accusata di irresponsabilità per la regolarizzazione in massa degli immigrati clandestini, risponde che la maggioranza degli africani che arrivano alle Canarie – 25 000 dall’inizio dell’anno – sono francofoni e aspirano a raggiungere altri paesi. Così stando le cose, si può ben comprendere che la disastrosa Convenzione Schengen, applicata dal 1985, deve essere abrogata, in quanto permette a tutti i clandestini che arrivano in Spagna, in Italia o altrove, e sono regolarizzati, di entrare in Francia e beneficiare di tutti i vantaggi sociali previsti.

Il Ministro Sarkozy, assente a otto delle ultime dieci riunioni del Consiglio dei ministri europei degli Affari interni, non è nella migliore posizione per criticare la Spagna, dal momento che la Francia è favorevole all’abolizione dell’unanimità per la cooperazione giudiziaria e di polizia, cioè è disposta a rinunciare a uno dei suoi poteri sovrani. Riuscire a sorvegliare le nostre frontiere è un’esigenza vitale, dal momento che l’immigrazione è un fenomeno mondiale. Non si può affidare ad altri il compito di controllare migliaia di chilometri di coste o frontiere terrestri estremamente permeabili e FRONTEX, questo apparato europeo che dovrebbe sorvegliare le frontiere d’Europa, non potrà supplire alle carenze degli Stati.

Se non affrontiamo il problema dell’immigrazione alla fonte e non definiamo una politica di sviluppo di ampio respiro, continueremo ad accogliere milioni di immigrati, i quali a poco a poco destabilizzeranno l’Europa che conosciamo e infine la travolgeranno. Le Istituzioni europee non fanno che accentuare questa decadenza, favorendo una politica di immigrazione che il Ministro Sarkozy ipocritamente definisce “immigrazione selettiva”. Le nazioni europee devono ricominciare a gestire i loro affari, come ha appena fatto la Svizzera, e proteggersi dall’invasione migratoria di cui abbiamo solo visto l’inizio.

 
  
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  Jaime Mayor Oreja (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, in primo luogo vorrei congratularmi con il Commissario Frattini, perché è giustamente tornato a utilizzare un termine essenziale a questo stadio della costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia: il termine priorità.

In questo senso, vorrei dire che abbiamo bisogno di un grande dibattito e di un grande risultato, che sono improrogabili a questo punto della costruzione dell’Unione europea, perché spesso parliamo di misure concrete, ma non stabiliamo che cosa rivesta maggiore importanza. Tra un decennio, quale sarà l’obiettivo finale in termini di competenze dell’Unione europea e degli Stati membri per quanto riguarda le due questioni di cui ha parlato il Commissario Frattini, cioè l’immigrazione e il terrorismo radicale islamico?

Questo dibattito non si può rinviare e, finché non si sarà svolto e non si conseguirà un risultato, non riusciremo a compiere i giusti e adeguati progressi in questi ambiti. E’ un dibattito precostituzionale. E’ senza dubbio l’aspetto che oggi genera più timori tra gli europei riguardo al futuro. Per questo è un dibattito precostituzionale e per questo, Commissario Frattini e membri del Consiglio, è un dibattito assolutamente improrogabile.

Un’Unione europea sarà impossibile tra un decennio senza una politica di immigrazione. Sarebbe inconcepibile che gli Stati Uniti d’America avessero un numero di politiche di immigrazione pari a quello degli Stati che ne fanno parte. E’ impossibile accettare che, nei riguardi di un fenomeno emergente come il terrorismo islamico – che ha osato passare dal piazzare bombe su un autobus al piazzare bombe su un aereo, dall’attaccare vignette satiriche ad attaccare direttamente il Papa, quindi è un fenomeno emergente – l’Unione europea e le sue Istituzioni non abbiano ancora un ruolo politico visibile ai cittadini.

Sarà poco, abbastanza o molto, ma l’aspetto grave è che i cittadini europei non sanno che cosa faccia l’Unione europea, né riguardo all’immigrazione né riguardo al terrorismo. Questo dibattito è quindi improrogabile. E’ il dibattito precostituzionale che si deve ancora svolgere ed è il grande dibattito che gli europei svolgeranno nei prossimi mesi.

 
  
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  Martine Roure (PSE).(FR) Signor Presidente, la nostra discussione si svolge all’indomani del Vertice ministeriale di Tampere II, durante il quale gli Stati membri hanno affrontato questioni fondamentali per la creazione di un vero spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia.

Sono quindi lieta che la questione della clausola passerella sia infine oggetto di esame da parte del Consiglio. Siamo senz’altro favorevoli alla comunitarizzazione dell’intero terzo pilastro, in particolare per quanto riguarda l’immigrazione legale; è un processo che in definitiva contribuirà a porre fine al blocco imposto da alcuni Stati membri. Invito quindi il Consiglio a proseguire le sue discussioni, che mi auguro permetteranno infine di attivare la clausola passerella.

Vorrei sollevare anche la questione dell’accordo sul trasferimento dei dati personali dei passeggeri aerei, o accordo PNR. Sono in corso discussioni con le autorità americane, ma mi risulta che tali autorità chiedano di più. Può dirci il Vicepresidente Frattini se i negoziati sfoceranno in un accordo comune entro la fine del mese, ormai prossima? Siamo giunti a un accordo su una procedura articolata in due fasi, in base alla quale i contenuti saranno ridiscussi nel 2007. Anche gli americani intendono veramente procedere su tali basi? In questo contesto, vorrei rivolgermi al Consiglio e ricordare che il Parlamento europeo attende ora un fermo impegno da parte del Consiglio per quanto riguarda la decisione quadro sulla protezione dei dati.

Riguardo all’immigrazione, al Vertice di Tampere il Consiglio sembra essersi rimangiato i fermi impegni assunti sette anni fa dall’Unione europea, in particolare per quanto riguarda l’introduzione di una politica comune in materia di immigrazione e di un sistema comune di asilo entro il 2010. Anche in questo ambito, la scadenza è vicina. Il mio gruppo sottolinea che una migliore gestione delle frontiere esterne è solo un aspetto della nostra politica di immigrazione comune. Nessuno può rimanere indifferente di fronte alle difficoltà e alle emergenze umanitarie presenti alle nostre frontiere, in particolare nel sud dell’Europa, né agli arrivi in massa di immigranti e richiedenti asilo.

Proponiamo quindi di rafforzare la solidarietà europea. Chiediamo che l’Europa condivida gli oneri e le responsabilità della politica di immigrazione. Proponiamo altresì di concludere accordi di partenariato con i paesi di origine e di transito, che si fondino soprattutto sul rispetto dei diritti fondamentali e del diritto di asilo.

Tuttavia, in nessun caso dobbiamo permettere che le nostre frontiere siano controllate dall’esterno. Vogliamo una strategia globale e trasversale per i problemi legati all’immigrazione. La lotta contro l’immigrazione clandestina deve essere accompagnata da proposte concrete, a favore dell’apertura di canali di immigrazione legali o di una cooperazione allo sviluppo efficace e reale. Dobbiamo combattere le cause alla radice dell’immigrazione, che sono la povertà e i conflitti.

Dobbiamo permettere lo sviluppo dei paesi terzi in difficoltà e la migrazione deve essere percepita anche come un fattore positivo per lo sviluppo, che contribuisce a ridurre la povertà. Proponiamo, per esempio, l’introduzione di un sostegno finanziario per gli immigranti nei loro paesi di origine. Per concludere, vogliamo garantire uno scambio attivo tra i paesi del nord e del sud ed essere informati sul modo in cui le pertinenti proposte presentate a Rabat saranno concretizzate.

(Applausi)

 
  
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  Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE).(NL) Signor Presidente, poiché il problema dell’immigrazione è una delle più grandi sfide emerse finora nel 2006, tutti gli Stati membri dovrebbero ormai essere consapevoli dell’urgenza del problema, ma niente sembra più lontano dalla verità. Sono sufficienti le notizie sulla riunione della scorsa settimana a Tampere per provare vergogna. L’indecisione ha regnato sovrana. Una vera e propria tragedia umanitaria si consuma lungo le frontiere esterne dell’Unione, in parte a causa della politica inadeguata degli Stati membri, e devo dire che sono profondamente imbarazzata.

L’obiettivo primario del Consiglio – se si può ritenere che esista qualcosa del genere – è rafforzare la sicurezza delle frontiere esterne. FRONTEX è la parola chiave, ma dipende dalle risorse finanziarie e umane fornite dagli Stati membri, e tali risorse sono ancora estremamente limitate. Inoltre, è un’illusione pensare che i flussi migratori si possano controllare solo rafforzando le frontiere esterne, e questo non è nemmeno ciò che dovremmo auspicare. Dobbiamo esaminare i motivi per cui gli immigranti scelgono di lasciare i loro paesi in massa. Il collegamento tra immigrazione e sviluppo riveste capitale importanza. Sono necessari investimenti cospicui e strategici nei paesi di origine. Si potrebbe anche definire un moderno piano Marshall.

Signor Presidente in carica del Consiglio, lei dovrebbe seguire l’esempio del Commissario Frattini, il quale, in diverse occasioni, le ha chiesto di esaminare un pacchetto completo di misure, che da solo permetterebbe all’Unione di esercitare un impatto; la invito quindi a realizzare le sue ambizioni, come previsto dal programma di Tampere e confermato all’Aia, e ad affrontare con impegno questo importante collegamento tra immigrazione e sviluppo, a concludere accordi di cooperazione con i paesi di origine e di transito, a definire con la massima urgenza una politica europea di rimpatrio, che stabilisca il diritto di tutti di essere trattati con rispetto, a lanciare campagne di informazione, a fare in modo che la carta verde europea diventi una realtà e ad affrontare il mercato nero del lavoro. Esorto il Consiglio, per usare la sua stessa metafora, a pedalare il più veloce possibile.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. FRIEDRICH
Vicepresidente

 
  
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  Hélène Flautre (Verts/ALE).(FR) Signor Presidente, esattamente un anno fa, a Ceuta e Melilla morirono più di undici, forse sedici, immigranti, uccisi da colpi di arma da fuoco. Le pallottole erano spagnole o marocchine? Non si sa, non è stata condotta alcuna inchiesta. Tutto ciò che sappiamo oggi è che una delle persone uccise era un cittadino del Camerun. Le altre restano senza nome e senza volto.

Abbiamo tratto insegnamento da questa tragedia? Niente affatto, perché, in luglio, sono morti altri tre migranti – a Melilla, credo – e si continuano a esercitare pressioni sul Marocco affinché firmi un accordo di riammissione, anche se, d’allora, ogni giorno abbiamo la prova che in tale paese proseguono le retate della polizia e le deportazioni nel deserto, oltre alle violazioni dei diritti fondamentali dei migranti, compresi quelli provvisti di documenti forniti dall’Alto commissariato per i rifugiati.

Quali insegnamenti abbiamo tratto da questa tragedia? Le pressioni che continuiamo a esercitare sul Marocco hanno solo dirottato i migranti verso sud, inducendoli a seguire percorsi sempre più pericolosi. Qualche anno fa, l’idea di raggiungere le Canarie su piccole barche a motore era assolutamente impensabile. Oggi è una realtà per molti. Sappiamo quante persone arrivano alle isole Canarie, ma non sappiamo quante partono dalle coste africane. Forse migliaia. Chi sono, quali sono i loro nomi? Quante persone sono morte così nelle acque territoriali della Mauritania o del Senegal?

Qual è la politica in materia e che cosa sento affermare da lei, Commissario Frattini, nelle sue interviste? Che vuole un’armata europea, che vuole pattugliamenti, che vuole aerei, navi ed elicotteri militari, che vuole proteggere le nostre frontiere. Questo è ciò che leggo e sento affermare da lei, Commissario Frattini.

Perché questo linguaggio bellicoso? Siamo forse entrati in guerra contro gli immigrati? La politica dell’Unione europea è entrata in un circolo assolutamente diabolico. Compriamo la collaborazione dei paesi terzi per il controllo delle loro stesse frontiere, il che significa che rinchiudiamo i migranti all’interno dei loro paesi.

 
  
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  Willy Meyer Pleite (GUE/NGL).(ES) Signor Presidente, Commissario Frattini, Ministro Rajamäki, le migliaia di persone morte nell’Atlantico e nel Mediterraneo hanno commesso un errore, cioè sono nate persone. Se fossero nate merci o monete – possibilmente sterline, dollari o euro – la reazione dell’Unione europea sarebbe stata diversa e molto più ospitale. Tuttavia, sono nate persone, e hanno commesso il terribile delitto di lasciare il loro paese per sfuggire alla fame o alla guerra e tentare di vivere in pace. Questo è il delitto che hanno commesso.

Imploro la Commissione e il Consiglio e chiedo loro di non inserire mai più il terrorismo e l’immigrazione nella stessa discussione. E’ un affronto alla civiltà. Vi prego di non farlo mai più, perché così facendo, incoraggiate interventi come quello dell’onorevole Le Pen – fascisti, razzisti, xenofobi – o azioni come quelle di paesi europei, che però non sono membri dell’Unione, come la Svizzera, che sono molto ospitali quando si tratta di flussi finanziari, flussi bancari, ma quando si tratta di persone mettono persino in discussione il diritto di chiedere asilo. Non è questo il messaggio che l’Unione europea deve trasmettere. Ritengo quindi che sia necessario un drastico cambio di rotta. Sono persone e meritano una risposta civile.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (UEN).(PL) Signor Presidente, vorrei sollevare la questione dei cosiddetti campi di lavoro forzato. L’esistenza di uno di tali campi è stata resa nota alcuni mesi fa. Si trovava nel sud dell’Italia ed era gestito da un’organizzazione criminale internazionale che obbligava i lavoratori stranieri, in gran parte polacchi, a lavorare ed era arrivata persino a ucciderne alcuni che avevano tentato di scappare.

Vorrei cogliere l’occasione per lodare le azioni di una certa signora italiana che si è spontaneamente assunta il compito di occuparsi della tomba di un lavoratore ignoto, assassinato in tale campo. E’ una signora anziana, con un reddito basso. La notizia del suo gesto è stata riportata dalla stampa italiana e polacca, e vorrei esprimerle la mia profonda gratitudine.

Il problema è davvero grave. E’ probabile che il campo scoperto non sia l’unico del genere. Infatti, molte indicazioni nella stampa inducono a ritenere che campi analoghi possano esistere anche in altri paesi. E’ quindi indispensabile porre la questione in cima all’ordine del giorno.

 
  
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  Nigel Farage (IND/DEM).(EN) Signor Presidente, la capacità di controllare le proprie frontiere e decidere chi debba essere un cittadino del proprio paese è una delle caratteristiche più elementari di uno Stato nazionale e al riguardo il Regno Unito è molto fortunato, perché non fa parte dell’Europa continentale. Siamo un’isola, abbiamo le nostre frontiere naturali e, per questo motivo, io e la grande maggioranza della popolazione britannica non vogliamo che l’immigrazione sia controllata a livello europeo, considerando di gran lunga migliore la scelta di organizzarci per conto nostro. Tuttavia, ascoltando le discussioni in corso, mi colpisce il fatto che molto spesso si parla di immigrazione da paesi terzi, proveniente dall’esterno dell’Unione europea, ma non di ciò che avviene tra gli Stati membri.

Solo ieri è stato annunciato che due paesi molto poveri dell’Europa orientale – la Romania e la Bulgaria – aderiranno all’Unione. Bene, è più che ovvio che la libera circolazione delle persone tra paesi con livelli di ricchezza enormemente diversi provocherà un immenso flusso migratorio; tutto considerato, mi domando come il Presidente della Commissione Barroso possa aver deciso di proporre un rumeno come nuovo Commissario responsabile dell’immigrazione!

Questa discussione va dritta al nocciolo di ciò che l’Unione europea significa realmente, e sta diventando assolutamente palese che nessuna nazione potrà controllare le proprie frontiere, decidere la propria politica di immigrazione e al tempo stesso continuare a far parte dell’Unione europea. Quando questo argomento sarà noto ai cittadini d’Europa, solleverà una questione potenzialmente esplosiva, perché ancora una volta la classe politica in seno alle Istituzioni di Bruxelles e Strasburgo va in una direzione e l’opinione pubblica esige che si vada nella direzione diametralmente opposta. Forse ve la siete cavata con le politiche precedenti, ma non sarà così con la questione dell’immigrazione. Siete avvisati!

 
  
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  Mario Borghezio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in una situazione in cui in Italia la prima decisione del nuovo governo Prodi è stata regolarizzare cinquecentomila clandestini, poi con le politiche sul ricongiungimento familiare diventeranno facilmente almeno un milione, e nella Spagna di Zapatero la stessa operazione porta alla regolarizzazione di settecentomila clandestini, beh, gli altri paesi dell’Unione europea hanno un buon diritto a domandarsi a che cosa siano finalizzati simili provvedimenti se non alla demagogia politica.

C’è da domandarsi come mai le Istituzioni europee non hanno il coraggio di chiamare alle loro responsabilità questi governi. Ma in Italia il governo Prodi ha fatto di più, ha addirittura modificato la legge comunitaria collegando la possibilità di richiedere l’asilo politico anche in situazioni che prescindono dalle motivazioni serie, che noi condividiamo e che costituiscono i presupposti giuridici per il riconoscimento dell’asilo politico, un’istituzione fondamentale delle libertà legate ai diritti umani. Vengono concessi i privilegi legati all’asilo politico anche per l’immigrato che non provenga da paesi a rischio, dove non sono rispettati i diritti umani, o dalle zone di guerra! Anche solo presentando la domanda in attesa dell’esame e poi, in caso di respingimento dell’esame, in attesa della risoluzione della lunga procedura di ricorso.

Queste politiche con contrarie a quello che oggi viene delineato dalle Istituzioni europee come politica seria dell’immigrazione, anche quando si parla di correzioni del principio di asilo. Mai si può sostenere che ciò possa diventare un grimaldello per oltrepassare le norme, mirate appunto a regolare il fenomeno. Allora dico: Grazie Svizzera! Grazie Blocker! Viva la Svizzera! Basta con la demagogia in Europa sull’immigrazione!

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE).(PT) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, Commissario Frattini, onorevoli colleghi, ancora una volta, qui in seno al Parlamento, facciamo il bilancio della costruzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Dobbiamo riconoscere che è stato fatto molto, ma molto rimane da fare. Mi riferisco alle osservazioni positive del Ministro Rajamäki sulla conclusione del dossier SIS, il sistema di informazione Schengen. Mi auguro sia possibile votare rapidamente e trovare un accordo in prima lettura, che ci doti degli strumenti legislativi necessari per introdurre la seconda generazione del SIS.

Mi congratulo con la Presidenza finlandese per aver incluso la questione dell’immigrazione tra le priorità del prossimo Consiglio europeo. Ci auguriamo che il Consiglio risponda favorevolmente alla nostra richiesta di generalizzare la procedura di codecisione, estendendola ai settori dell’immigrazione legale e dell’integrazione. Vogliamo una maggiore legittimità democratica e una strategia comune europea in materia di immigrazione che si basi sui principi di coesione e di solidarietà e preveda l’integrazione degli immigrati che vivono legalmente in Europa.

Ho apprezzato ascoltarla parlare della situazione creatasi di recente nelle isole Canarie e nel Mediterraneo, Ministro Rajamäki. Sono necessarie misure urgenti e concrete nell’ambito della cooperazione operativa marittima, al fine di sviluppare capacità di sorveglianza adeguate alle nostre frontiere marittime e creare squadre di intervento rapido alle frontiere. Accolgo con particolare favore le osservazioni fatte dal Commissario Frattini sulla necessità di garantire che gli strumenti comunitari dispongano delle necessarie risorse. FRONTEX, per esempio, non può essere privata delle risorse finanziarie necessarie per svolgere le sue funzioni.

Infine, la politica di immigrazione deve prevedere la lotta senza tregua contro l’immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani, il rimpatrio dei clandestini nei loro paesi di origine, l’apertura di canali per l’immigrazione legale e la cooperazione e il sostegno allo sviluppo dei paesi di origine. Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, dobbiamo condannare le regolarizzazioni straordinarie di massa degli immigrati, come quella avvenuta in Spagna nel maggio dello scorso anno.

 
  
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  Enrique Barón Crespo (PSE).(ES) Signor Presidente, innanzi tutto ringrazio l’onorevole Cavada per aver promosso una discussione su un tema assolutamente cruciale: lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Vorrei concentrarmi sulla questione dell’immigrazione.

Signor Ministro, sono passati sette anni da Tampere. All’epoca ero presente ed esercitavo un’altra funzione. Il lavoro sull’immigrazione e su una politica comune in materia è cominciato là, e oggi il Vicepresidente della Commissione Frattini ha fatto un intervento pieno di passione e di dati, a sostegno di tale politica.

Ritengo che quest’anno la Commissione abbia cominciato a reagire seriamente e che a ciò abbia contribuito l’aiuto di un insieme di paesi, soprattutto quelli più colpiti: i paesi del sud.

Ha fatto molte promesse per il futuro. Vicepresidente Frattini, pur concordando con lei sulla necessità di una politica comune e di un comando e coordinamento unificato, che ha assunto in seno alla Commissione, mi permetta di ricordarle che i fatti contano più delle parole.

Nel bilancio dell’anno scorso, in fase di discarico, l’80 per cento della rubrica corrispondente all’immigrazione non è stato speso.

Vorrei ricordare che, quando è successo ciò che è successo alle Canarie, il portavoce del Commissario ha affermato che non vi erano fondi disponibili. Richiamo l’attenzione su un altro fatto, cioè che i fondi necessari non possono essere sottratti alla cooperazione allo sviluppo, perché ciò significherebbe aprire un buco per tapparne un altro. Ritengo che anche questo abbia la sua importanza.

Ci ha promesso una politica attiva di investimenti; per quanto riguarda l’Africa, ritengo che debba essere “l’effetto spinta” − che è ciò che conta davvero, perché è stupido pensare che gli africani passino la giornata a leggere la Gazzetta ufficiale delle Comunità europee o i bollettini ufficiali nazionali di tutti i paesi − a condurci a una politica comune, a criteri comuni in materia di immigrazione e a una politica attiva che tenga conto delle nostre esigenze.

Se vogliamo adottare un approccio costruttivo, signor Presidente, questo è ciò che dobbiamo fare. Accolgo con favore il passo compiuto, ma mi auguro che abbia serie conseguenze per il futuro.

(Applausi)

 
  
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  Alexander Alvaro (ALDE).(DE) Signor Presidente, ho qualche difficoltà a dirlo, ma l’onorevole Schulz ha assolutamente ragione, su tutto ciò che ha affermato. Penso di non averlo mai detto prima in Aula, e sembra improbabile che lo ripeta, ma ha descritto chiaramente qual è il problema, cioè trovare l’equilibrio tra la sovranità degli Stati membri e la capacità di agire dell’Unione. Quanto sono disposti a concedere gli Stati membri, e quanta capacità di agire vogliono dare all’Unione?

Ciò trova perfetta espressione nel detto secondo cui lo spirito è forte ma la carne è debole. Forse, in questo caso, sarà la Presidenza del Consiglio tedesca a trasmettere il segnale che farà avanzare l’Unione europea, ma devo dire che vorrei che la Finlandia e il Portogallo agissero da acceleratori di particelle, perché la Germania, per quanto grande, è sonnolenta; è paragonabile alla Francia, in quanto paese con grandi tradizioni, ma non in termini di velocità. Come una petroliera, è lenta e poco manovrabile, ed è meno innovativa di paesi come la Finlandia su questi temi; vi chiedo quindi di aiutare la Presidenza del Consiglio tedesca e agevolare il processo di individuazione degli aspetti fondamentali. In materia di immigrazione, Günther Beckstein, il ministro degli Interni bavarese, ha commesso un clamoroso errore quando ha affermato che non sarebbe stato esagerato attendersi che la Spagna accogliesse 25 000 persone, perché ciò che conta non è se sia o meno ragionevole accoglierle; il fatto è che è in gioco il destino di persone – persone disperate e bisognose – che attendono al largo delle nostre coste.

Per quanto riguarda l’immigrazione a fini di lavoro, il ministro federale tedesco degli Interni, Wolfgang Schäuble, ha affermato in modo più che chiaro che l’immigrazione legale non può essere considerata separatamente dal mercato del lavoro, quindi sappiamo che anche su quel fronte nulla accade. Riguardo all’Agenzia per i diritti fondamentali, cui lei attribuisce grande importanza, il commento del Cancelliere federale, Angela Merkel, è stato: “va be’, d’accordo, se non abbiamo scelta, ma perché dobbiamo avere un’agenzia che vigili sui nostri diritti fondamentali?”. Può quindi vedere dov’è il problema. Le chiedo quindi di fare uso delle sue capacità di accelerazione; lei può far sì che la Germania svolga un buon lavoro durante il suo semestre di Presidenza del Consiglio. Al momento, è una prospettiva che mi riempie di cattivi presentimenti.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE).(ES) Signor Presidente, sono molto lieto di constatare l’alto livello di consenso sulla premessa di base: il fenomeno dell’immigrazione è un fenomeno attuale e crescente, che non si arresterà, nonostante il desiderio di alcuni di costruire barriere o muri sul mare.

Ciò che occorre fare ora, come è stato affermato, è regolamentare i flussi migratori, ma regolamentarli sulla base di una politica e, più specificamente, di una politica europea. Per essere chiari, le persone che arrivano alle Canarie non intendono rimanere nelle Canarie. Passano per le Canarie, perché sono una porta per entrare in Europa; sembra che alcuni colleghi di altri paesi non lo abbiano compreso. Non vanno alle Canarie in vacanza: è una via per entrare in Europa. E’ là che dobbiamo fornire risorse. Non possiamo lasciare che la responsabilità di affrontare il problema sia assunta unicamente dalle autorità spagnole o delle isole Canarie.

Per questo non comprendo, e tanto meno condivido, l’esitazione a fare ricorso alla clausola passerella, a comunitarizzare la questione dal punto di vista della responsabilità collettiva. Non capisco perché si abbia tanta paura e si sia così restii ad accettare un approccio europeo a una questione che non si presta ad alcuna altra lettura.

Permettetemi di aggiungere un’altra preoccupazione: non possiamo adottare la politica dello struzzo e delegare o trasferire la responsabilità di gestire questi flussi a paesi che si distinguono per il mancato rispetto dei diritti umani, come il Marocco o la Libia, per esempio.

 
  
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  Ole Krarup (GUE/NGL).(DA) Signor Presidente, molti di noi da anni lottano per i principi fondamentali dello Stato di diritto. In particolare, abbiamo lottato per la certezza del diritto, che ovviamente significa protezione contro la polizia e le altre forze dello Stato, soprattutto per i diseredati della società. La lotta, in generale, è stata vana. Mai come oggi la certezza del diritto è stata esposta a minacce così gravi. Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia del Trattato sull’Unione nel migliore dei casi è un mito o, forse, una mistificazione giuridico-politica, che nasconde la distruzione sistematica dello Stato di diritto. Inoltre, nessuna Istituzione dell’Unione ha dimostrato di avere la capacità di attuare il più che necessario cambiamento di rotta. Vi è spazio solo per due messaggi. Il primo è che, pur non avendo commesso reati gravi quanto quelli degli Stati Uniti – con Guantánamo e altri centri di tortura nel mondo – l’Unione europea e gli Stati membri commettono ogni giorno soprusi ai danni sia di sospetti terroristi sia di rifugiati privi di diritti. Lo Stato di polizia della “fortezza Europa” è pericolosamente vicino. In secondo luogo, le Istituzioni dell’Unione non hanno alcun desiderio di trovare una spiegazione per i due problemi fondamentali alla radice di tutti i mali. La causa più importante per entrambi è, puramente e semplicemente, la disuguaglianza economica e sociale nel mondo: disuguaglianza che aumenta di giorno in giorno per diretta conseguenza dell’oppressione e della politica dell’Unione nei confronti dei paesi più poveri del mondo. E’ questa la radice di tutti i mali. Solo se riconosce questo fatto, la necessaria politica di legalità acquisterà significato.

 
  
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  Guntars Krasts, (UEN).(LV) Se, sette anni dopo l’adozione di un programma volto a rafforzare la sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione europea per contenere l’immigrazione incontrollata, il compito resta ancora da svolgere, è chiaro che la politica di immigrazione comune dell’Unione europea continua a far parte del futuro. Gli argomenti usati a sostegno dell’immigrazione incontrollata non reggono alle critiche. Gli immigrati fanno poco per contribuire a stabilizzare le tendenze demografiche negative in Europa, in quanto il tasso di disoccupazione tra gli immigrati è notevolmente superiore alla media. Il fatto che gli indicatori di disoccupazione registrino anche la stessa tendenza tra gli immigrati provenienti dai paesi del secondo mondo dimostra che l’integrazione degli immigrati non fa parte delle politiche di immigrazione degli Stati membri. Di fatto, il mercato del lavoro è spesso chiuso agli immigrati, il che induce gli Stati membri ad aprire i loro sistemi di previdenza sociale. Ciò è a sua volta percepito dagli immigranti come un invito nei paesi “donatori”.

Vorrei spendere due parole sulla politica comune europea di immigrazione. Nel breve periodo, oltre a un significativo miglioramento dei controlli alle frontiere esterne dell’Unione europea, è necessario raggiungere un accordo su una politica di immigrazione globale e strutturata. Essa si dovrà basare su una valutazione dei mercati del lavoro degli Stati membri e delle loro potenzialità per l’integrazione degli immigrati. Nel medio periodo, oltre a un significativo miglioramento della qualità dei programmi di aiuto destinati ai paesi in via di sviluppo, gli Stati membri dovranno essere in grado di organizzare un’importante revisione delle attuali politiche di importazione ed esportazione dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda i prodotti agricoli. Vi ringrazio.

 
  
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  Patrick Louis (IND/DEM).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo sentito il Commissario Frattini lamentarsi della nostra incapacità di proteggere le frontiere meridionali dell’Europa, ricordando giustamente che un immigrato clandestino che riesce a entrare in Spagna o in Italia in un giorno può essere a Lille o ad Amburgo, e proporre, come il Ministro Sarkozy, la totale abolizione del diritto di veto. Questo è l’ennesimo esempio di come l’integrazione europea sia usata come soluzione per i problemi che essa pone. La maggioranza dei partiti rappresentati in seno al Parlamento non ha forse aperto le cateratte dell’immigrazione incontrollata con gli accordi di Schengen e il Trattato di Amsterdam, privando così gli Stati delle loro competenze in materia?

La Commissione sta ora congelando gli accordi di riammissione tra gli Stati membri e interferisce con le politiche in materia di ricongiungimento familiare e vuole persino accogliere altri 25 milioni di immigrati per contrastare il calo demografico. No, onorevoli colleghi, non ci si può alternare al potere per 30 anni e poi, al momento delle elezioni, spiegare che non si è responsabili della situazione attuale. Inoltre, dovremmo persino spingerci oltre nella fuga in avanti federalista. Francamente, se volete distruggere la civiltà europea, continuate così!

 
  
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  Jana Bobošíková (NI).(CS) Oggi parliamo di progressi nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Parlare di progressi è tuttavia prematuro, dal momento che la Commissione non è in grado o non è disposta a onorare i suoi impegni per il 2007, per quanto riguarda l’espansione dell’area di Schengen. Considero inaccettabile che i cittadini dei dieci nuovi Stati membri non possano circolare liberamente attraverso le frontiere interne dell’Unione entro la data promessa, cioè ottobre del prossimo anno. E’ inspiegabile, a mio parere, che debbano essere soggetti a controlli di polizia alle frontiere per altri due o tre anni. La Commissione non dovrebbe comportarsi come una specie di intruso, ma come un organismo eletto dal Parlamento e straordinariamente ben pagato dai contribuenti. Se è incapace di creare le condizioni per l’area di Schengen, allora è incompetente. Se si sta solo nascondendo dietro le difficoltà tecniche per rinviare la libera circolazione, allora non si può riporre fiducia in lei. Il Presidente Barroso e i suoi Commissari stanno ora ostacolando la libera circolazione delle persone, uno dei pilastri dell’Unione. Dovrebbero essere consapevoli della misura in cui mettono a rischio la fiducia dei cittadini nel progetto europeo nella sua forma attuale.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, siamo sempre allo stesso punto. L’onorevole Schulz ha ragione. Ho rispolverato il mio intervento del 1999, l’onorevole Schulz ha lasciato l’Aula dopo il suo intervento e diverse altre cose sono identiche a sette anni fa. Ci sono molti capelli grigi in Aula – non parlo di me, naturalmente.

E’ vero che le questioni sono le stesse, e io stesso ritengo che l’inattività pragmatica sia un aspetto di cui non sempre ci si debba preoccupare. In questo contesto specifico, in un momento in cui la minaccia terroristica è particolarmente grave – ed esistevano minacce terroristiche anche nel 1999 – la Presidenza e la Commissione trasmettono un messaggio molto ambiguo e, purtroppo, troppi deputati che sedevano in Parlamento allora e vi siedono adesso sembrano pensare che la necessità più pressante sia introdurre la clausola passerella prevista dall’articolo 42.

Ho sempre avuto riserve in merito all’imposizione di un unico modello di giustizia a paesi in cui gli ordinamenti giuridici sono diversi e si evolvono in modo diverso. Nel caso del Regno Unito, il nostro sistema di diritto civile è la più grande eredità lasciataci dal grande re angioino Enrico II, e si è sviluppato con grande successo per più di 800 anni. D’altro canto, non abbiamo esperienza del codice napoleonico imposto in gran parte dell’Europa 200 anni fa. Pur non potendo applicare tale sistema, non abbiamo mai desiderato impedire ad altri di farlo, là dove è appropriato.

Il passaggio all’armonizzazione sarebbe di per sé un errore. La sentenza pronunciata nella causa Cassis de Dijon è stata un momento chiave nello sviluppo del mercato interno, e ha dato preminenza al principio del riconoscimento reciproco rispetto all’armonizzazione generale.

Il Consiglio dovrebbe presentare la sua revisione intermedia del programma dell’Aia alla fine dell’anno. Come ha affermato Piet Hein Donner, colui che come una levatrice ha curato la nascita del programma, il principio primario è l’applicazione del riconoscimento reciproco quale base per la cooperazione giudiziaria. Il programma si fonda sulla premessa della cooperazione. La cooperazione dovrebbe determinare le dinamiche e l’andamento della collaborazione europea. Ritengo sia un approccio pratico e ragionevole, che mostra segni di successo, ed esorto la Presidenza e la Commissione a procedere in questa direzione.

 
  
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  Nicola Zingaretti (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, tra noi è importante evitare un dialogo tra sordi su un tema così delicato, è invece utile iniziare a stabilire alcuni punti fermi.

Il primo punto fermo è costituito dal tema dell’immigrazione, che rappresenta un impegno di tutti per tutti. Basti pensare a cosa è avvenuto nel corso dell’estate appena trascorsa: ancora una volta decine di migliaia di persone sono sbarcate a Lampedusa, alle Canarie, per meglio dire sono arrivate in Europa. Spagna, Italia, a volte Cipro e Grecia, spesso sono state soltanto le porte di ingresso perché queste persone entrano, non rimangono ferme sulla porta.

Ecco perché, come hanno anche affermato il Presidente Borrell, il Commissario Frattini e ora il Presidente del Consiglio, non si tratta di un’emergenza solo umanitaria, non si tratta solo di un evento eccezionale, è soprattutto un fenomeno strutturale che interroga tutta l’Unione europea e la sua capacità di mettere finalmente in campo una politica europea di immigrazione. Non per fare un favore a qualche paese membro, ma perché tutta l’Unione ne è coinvolta.

Secondo punto fermo: non facciamo, anche noi che abbiamo responsabilità, l’errore di creare confusione tra immigrazione e terrorismo, perché è questo che innanzitutto genera nel popolo europeo paure e timidezze. Caso mai forse dovremmo introdurre un altro paradigma, quello tra immigrazione e schiavismo, cui molti di questi immigrati cominciano a essere associati in alcuni paesi membri.

Il terzo punto fermo positivo invece: dobbiamo affermare che ci troviamo piuttosto di fronte a una nuova sfida di civiltà da affrontare. Questa consapevolezza è proprio il cuore del salto culturale e politico che l’Unione deve compiere sul tema dell’immigrazione. Non si tratta di un problema di alcuni o di un problema marginale, è un impegno nuovo che l’Unione deve assumere come uno dei nuovi compiti del Millennio, cosa ciò voglia dire lo abbiamo concretamente detto.

Ora, signor Commissario, signor Presidente, sappiamo quante resistenze tutto ciò incontri in molti governi, ma se questo Parlamento può avere un ruolo, allora questo ruolo significa spingere, impegnarsi, mandare un messaggio: “facciamo qualcosa”, perché – lo diciamo a quei governi che hanno paura – anche così si ricostruisce la fiducia tra l’Unione e i cittadini, ovvero dimostrando che l’Unione esiste ed è presente.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE).(EN) Signor Presidente, è falso affermare che non possiamo garantire un’azione efficace dell’Unione in relazione con la criminalità, il terrorismo e le libertà civili senza una nuova Costituzione. Onorevole Schulz, la sua indignazione è stata come al solito amena, ma è il suo governo, e quello dell’onorevole Klamt, a usare questo pretesto a Berlino. Si fanno infiniti discorsi e si organizzano conferenze in cui si afferma che il terrorismo, il razzismo e l’immigrazione sono grandi sfide, il che è vero; tuttavia, la Commissione non è ancora in grado di dirci se gli Stati hanno adottato la legislazione antiterrorismo, che risale a cinque anni fa, e gli Stati stanno appena cominciando a compiere progressi su una proposta di quattro anni fa intesa a contrastare i reati di matrice razziale. Non esiste una politica comune dell’Unione in materia di immigrazione.

Oggi il Consiglio ci dice che la salvaguardia dei diritti umani è una priorità dei governi dell’Unione. Se è vero, come mai i ministri degli Esteri di recente non sono stati in grado di formulare una risposta ufficiale all’ammissione, da parte del Presidente Bush, dell’esistenza di prigioni segrete della CIA, proprio come per quattro anni non sono riusciti ad adottare provvedimenti riguardo a Guantánamo? Questo sistema non funziona, è inefficace nella lotta al terrorismo e nella difesa dei diritti umani. E’ un tradimento delle aspettative ed esigenze di sicurezza del XXI secolo di una popolazione che presto conterà mezzo miliardo di persone.

 
  
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  Sepp Kusstatscher, (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, l’immigrazione continuerà, che lo si voglia o meno; ciò che conta è il modo in cui la gestiamo. L’Europa ha bisogno di immigrati e l’idea di una fortezza Europa, con la ricchezza al suo interno e la povertà al suo esterno, è insostenibile.

Questa proposta può anche essere frutto di buone intenzioni, ma non è buona; è un compromesso politico tra partiti privo di prospettive adeguate. La prassi attuale di respingere gli stranieri dall’Europa meridionale e dall’Africa settentrionale è brutale, disumana e indifendibile dal punto di vista etico; ci siamo dimenticati come agire in conformità dei principi di libertà, uguaglianza e fraternità. Il nostro atteggiamento nei confronti dei diritti umani è estremamente ipocrita e non stiamo rispettando la Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL).(PT) Vorrei usare questo intervento di due minuti sull’importante questione dell’immigrazione – che richiederebbe molto più tempo, considerata la sua natura sfaccettata – per chiedere quanto segue:

– l’abbandono delle politiche di sicurezza repressive che criminalizzano gli immigrati, uomini e donne che vogliono solo un lavoro e una vita dignitosa;

– la chiusura dei centri di detenzione degli immigrati e l’abbandono della politica disumana della deportazione;

– l’intensificazione della lotta contro i trafficanti di esseri umani e i loro complici;

– l’intensificazione della lotta contro la xenofobia e il razzismo, e contro tutte le politiche e le distorsioni che li alimentano;

– la regolarizzazione dei lavoratori immigrati, garantendo i loro diritti lavorativi e sociali, una condizione necessaria per porre fine all’inaccettabile fenomeno dello sfruttamento;

– una politica di immigrazione efficace, che comprenda specificamente il ricongiungimento familiare;

– una politica che inverta l’attuale tendenza che concentra la ricchezza nelle mani di pochi, a costo di sfruttare e tenere in povertà milioni e milioni di esseri umani. Vorrei citare alcuni dati forniti dalle Nazioni Unite: le 691 persone più ricche del mondo possiedono una fortuna netta pari a 2,2 miliardi di dollari, equivalente alla ricchezza aggregata dei 145 paesi più poveri. Inoltre, le 500 persone più ricche hanno un reddito aggregato superiore a quello dei 416 milioni di persone più povere. Gli 8 milioni di persone più ricche del mondo possiedono una fortuna netta equivalente all’80 per cento del PIL di tutti i paesi del mondo;

– in altre parole, è necessaria una politica che utilizzi le grandi risorse, i mezzi e i progressi tecnico-scientifici dell’umanità per trovare una soluzione efficace ai problemi che affliggono i poveri del mondo. Una politica che sia diametralmente opposta al neoliberalismo, al militarismo e alla mancanza di rispetto per la sovranità di popoli e Stati.

 
  
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  Mirosław Mariusz Piotrowski (IND/DEM).(PL) Signor Presidente, nel contesto dei problemi legati all’immigrazione, sollevati nell’interrogazione di oggi, è stata richiamata l’attenzione, tra l’altro, sulla mancanza di fiducia reciproca tra gli Stati membri dell’Unione europea. Questa sfiducia, questa diffidenza, influenza quasi automaticamente le relazioni con i paesi terzi, come gli Stati Uniti, che di fatto sono il naturale alleato dell’Europa nella guerra al terrorismo. Questo atteggiamento ostacola l’introduzione di chiare disposizioni giuridiche in questi settori. Di fatto limita, o persino impedisce, una proficua cooperazione.

E’ difficile essere d’accordo con il parere espresso oggi dal Commissario Frattini, cioè che la protezione dei diritti fondamentali e la lotta al terrorismo devono andare di pari passo. Ritengo che, per il bene della maggioranza dei cittadini europei, si debba svolgere una seria riflessione sulla necessità di ridefinire i diritti fondamentali nell’ottica di limitarli. Ciò permetterebbe di contrastare le azioni terroristiche con rapidità ed efficienza. E’ ovvio che, nell’interesse della sicurezza, dobbiamo procedere in questa direzione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Jan Tadeusz Masiel (NI).(PL) Signor Presidente, domenica scorsa la piccola Svizzera ha votato a favore di un tipo di politica di immigrazione altamente idonea alle esigenze del paese in questione e dei suoi cittadini. Come ha affermato il Commissario Frattini, meriterebbe emulare anche le politiche di immigrazione adottate dall’Australia e dagli Stati Uniti. L’Unione europea, invece, da anni segue una politica di immigrazione eccessivamente ambiziosa, contraria agli interessi dei suoi cittadini.

Le nostre politiche in materia di sicurezza, giustizia e immigrazione dovrebbero rafforzare gli aiuti allo sviluppo per l’Africa. Dovrebbero porre fine all’afflusso di musulmani e, se i fattori demografici o la situazione del mercato del lavoro lo richiedono, accogliere cristiani provenienti dai paesi dell’Europa orientale, come la Bielorussia, l’Ucraina, la Georgia, l’Armenia e la Russia, i quali non comprometterebbero l’identità della nostra civiltà cristiana.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld (PPE-DE).(SV) Nel lungo periodo, non possiamo far fronte alla situazione senza una politica di immigrazione comune e senza strategie comuni. Gli Stati membri sono i principali responsabili dell’integrazione. Si deve porre fine all’esclusione attuale, e alle prestazioni sociali al posto di un lavoro, e si deve attivare la politica di integrazione. Il lavoro deve diventare la regola e le prestazioni sociali l’eccezione. In Svezia, il nuovo governo mira a rendere i disoccupati più interessanti per i datori di lavoro. La politica di integrazione deve anche essere associata a misure volte a combattere la tratta di esseri umani e alla definizione congiunta di accordi con i paesi terzi. Vorrei congratularmi con il Commissario Frattini per i suoi sforzi in questo ambito. Dobbiamo anche essere uniti nel difendere i valori umanitari su cui si fonda l’Unione. Uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia richiede una maggiore certezza del diritto e un rafforzamento dei diritti individuali fondamentali che la Corte di giustizia possa e debba applicare. Anche se questi elementi non rientrano nel terzo pilastro, così come non vi rientra la protezione dei dati, abbiamo visto introdurre misure che interferiscono enormemente con la vita privata. Vorrei chiedere al Consiglio quanto pensa che si possa andare avanti senza diritti fondamentali e senza un foro competente a livello europeo per il riesame dei casi? Si deve ora concentrare l’attenzione sulla certezza del diritto e sui diritti fondamentali. Nel lungo periodo, ciò dovrebbe aiutarci a combattere la criminalità in modo più efficace. La certezza del diritto e la lotta contro la criminalità vanno di pari passo.

 
  
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  Louis Grech (PSE). (MT) Alcuni mesi fa, in seno al Parlamento, il Commissario Frattini ha affermato di non poter procedere al ritmo che vorrebbe. Comprendiamo e riconosciamo l’esistenza di problemi burocratici, ma non si può continuare a usarli come scuse e permettere che una situazione allarmante si trasformi in una situazione esplosiva e incontrollabile. E’ imbarazzante che l’Unione si dimostri estremamente passiva di fronte a una situazione così delicata, umana e tragica per molte persone e molti paesi, tra cui gli Stati membri. Malta, come l’Italia, la Spagna e altri paesi, deve far fronte a un onere che nessun paese può sostenere da solo. Questa è una crisi che trascende le frontiere, la soluzione deve quindi essere europea, mediterranea e africana e, se necessario, deve coinvolgere anche le Nazioni Unite.

Da lungo tempo sentiamo parole come mobilitazione, solidarietà e assistenza finanziaria. Prendiamo ad esempio la promessa fatta a Malta che, durante l’estate, sarebbero cominciati i pattugliamenti europei nelle nostre acque. L’estate è arrivata e se ne è andata, così come sono arrivati gli immigrati, ma i pattugliamenti non si sono visti. Finora il risultato è sempre stato una politica frammentaria, comprendente misure sconnesse e l’occasionale annuncio del reperimento di un altro mezzo milione di euro da donare. La situazione è talmente critica da richiedere l’elaborazione di un piano di emergenza europeo, e in questo contesto ritengo che il Parlamento europeo debba avere maggiori competenze e un ruolo più prominente. Si potrebbero lanciare numerose iniziative, tra cui la creazione di un osservatorio con sede in un paese del Mediterraneo, come Malta, che permetta di svolgere il lavoro di coordinamento relativo all’immigrazione clandestina nella regione.

Il Consiglio e la Commissione devono trasmettere un segnale chiaro e concreto per dimostrare che considerano davvero questo problema una priorità e che sono pronti ad agire al fine di attuare una politica globale che affronti non solo le esigenze immediate degli Stati membri interessati, ma anche quelle degli immigrati. Molto spesso essi sono vittime di repressione politica, della criminalità organizzata o della povertà economica. Questo piano deve coinvolgere i paesi da cui provengono gli immigrati e trovare risposta ai problemi, soprattutto i problemi economici dei paesi di origine degli immigrati. Quanto più grave diventerà la situazione, tanto maggiore sarà la perdita di fiducia dei cittadini nelle Istituzioni europee.

 
  
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  Sophia in ’t Veld (ALDE).(EN) Signor Presidente, abbiamo urgente bisogno della clausola passerella per garantire un processo decisionale più efficiente e democratico. L’Unione deve esprimere una sola voce e non permettere agli Stati Uniti di determinare a livello unilaterale le condizioni per i nostri sforzi congiunti nella lotta al terrorismo. Ciò vale, per esempio, per i negoziati sull’accordo PNR dopo il 2007, ma anche per le attività della CIA. La scorsa settimana gli Stati membri hanno espresso una condanna molto debole dei campi di detenzione segreti della CIA, ma vorrei sapere se gli europei continueranno a usare le informazioni ottenute in queste carceri segrete e illegali.

Riguardo ai diritti fondamentali, che brillano per la loro assenza nella discussione, nel 2004 la Commissione ha ottenuto l’approvazione del Parlamento europeo a condizione che assumesse il ruolo di difensore dei diritti fondamentali, ma finora la Commissione è stata molto timida. Condannate l’omofobia a parole, ma intendete adottare anche provvedimenti, Commissario Frattini, per esempio a norma dell’articolo 7, contro le azioni e le dichiarazioni omofobiche da parte di governi e ministri dell’Unione? Intendete porre fine alle inammissibili discriminazioni contro le coppie omosessuali sposate? Signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, sarete duri sul terrorismo, ma sarete altrettanto duri sull’intolleranza in Europa?

 
  
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  Patrick Gaubert (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, dall’inizio dell’anno più di 20 000 immigrati clandestini sono sbarcati, rischiando la vita, sulle spiagge delle Canarie, di Lampedusa e di Malta. Non sappiamo quanti altri siano morti annegati. Le osservazioni fatte poc’anzi dall’onorevole Le Pen su tali uomini e donne sono ignobili.

Il nostro solo obiettivo, per quanto riguarda tali immigrati, è provvedere ai bisogni vitali delle loro famiglie. Questi uomini, sovente padri di famiglia, sono disposti a tutto per procurare il necessario sostentamento per i loro figli, e nulla li fermerà. Anziché stigmatizzarli, dobbiamo porre fine a queste tragedie umane. Traduciamo dunque le parole in azioni e adottiamo al più presto una vera e propria politica di immigrazione.

In occasione delle visite che ho effettuato assieme ad alcuni colleghi nei centri di raccolta presso le frontiere meridionali d’Europa, abbiamo suonato il campanello d’allarme. Quest’estate, una delegazione dell’agenzia FRONTEX è stata incaricata di pattugliare le coste spagnole e africane. E’ un primo passo positivo. Purtroppo, la mancanza di risorse è ancora macroscopica.

Vorrei fare alcuni esempi, ripresi nella risoluzione del mio gruppo, di ciò che si potrebbe fare. Innanzi tutto, rafforzare la sicurezza delle frontiere esterne. Va ricordato che, nell’area di Schengen, la ripartizione delle responsabilità e degli oneri finanziari è cruciale. Dobbiamo quindi riflettere sulla creazione di squadre comuni per un efficace pattugliamento delle frontiere marittime, di una polizia di frontiera europea o di una rete di funzionari di collegamento per l’immigrazione.

In secondo luogo, è necessario inasprire le pene per la tratta di esseri umani e il lavoro nero in tutti gli Stati membri.

In terzo luogo, si devono instaurare partenariati reali e concludere accordi di riammissione con i paesi di origine. Auspichiamo che la direttiva europea sul rimpatrio sia adottata quanto prima possibile.

Per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo, dobbiamo introdurre sistemi di controllo più efficaci. I fondi per la cooperazione allo sviluppo devono raggiungere direttamente la popolazione, senza appropriazioni indebite. Gli aiuti allo sviluppo devono essere concessi in proporzione agli sforzi compiuti dai paesi di origine per impedire ai loro cittadini di immigrare clandestinamente. Infine, gli Stati membri che in questi ultimi anni hanno effettuato regolarizzazioni di massa sono riusciti a controllare l’immigrazione clandestina nei loro paesi? La risposta purtroppo è negativa. Le regolarizzazioni di massa non sono, come alcuni pensano, la soluzione appropriata.

Per concludere, vi chiedo francamente quanto tempo, quante riunioni saranno ancora necessarie perché i 25 ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Stavros Lambrinidis (PSE).(EL) Signor Presidente, signor Commissario, non avevamo alcun bisogno che una commissione dei servizi segreti degli Stati Uniti ci dicesse che la guerra in Iraq avrebbe acuito il rischio di terrorismo in Europa e nel resto del mondo, anziché ridurlo. Del pari, nessuno in futuro dovrà dichiararsi sorpreso se emergerà che le carceri segrete, le interpretazioni flessibili della Convenzione di Ginevra, l’intercettazione di migliaia di telefonate, la diffidenza nei confronti di ogni viaggiatore europeo, l’atteggiamento adottato nei confronti dei milioni di immigrati che vivono tra noi, ai quali sono applicate misure repressive anziché misure di integrazione, non solo forniscono ai terroristi argomenti a favore del reclutamento, ma sono anche e principalmente misure che indeboliscono il senso di sicurezza e di democrazia nel cuore dell’Europa.

Il Parlamento europeo non è né ingenuo né romantico su questioni quali l’antiterrorismo. Ha ripetutamente chiesto misure severe contro tutti le uccisioni perpetrate. Al tempo stesso, esso insiste sull’applicazione del diritto europeo e sulla tutela dei diritti fondamentali. Nondimeno, la posizione equilibrata e forte del Parlamento non sembra turbare alcuni ministri nell’Unione. La scorsa settimana a Tampere, alcuni ministri della Giustizia hanno insistito sulla loro volontà di mantenere il Parlamento nel ruolo del pupazzo del ventriloquo su questi temi. Purtroppo, tra essi vi è anche il ministro della Giustizia greco, che dovrebbe essere più cauto alla luce della rivelazione di ieri che nel 2004 il governo greco aveva deciso in segreto con gli Stati Uniti di agevolare la trasmissione di migliaia di dati – non su cittadini greci, ma su cittadini europei – durante e dopo le Olimpiadi di Atene.

Nei nostri paesi, nessuno comprende il fatto che i parlamenti nazionali non abbiano la possibilità di formulare un parere decisivo ed esercitare un controllo sulle questioni giudiziarie e di polizia. In Europa, tuttavia, sembra che alcuni vogliano ergere una barriera e dire che la democrazia in questo ambito non conta.

 
  
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  Lapo Pistelli (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, un minuto è molto breve e mi limiterò dunque ad esprimere un solo concetto.

Ci troviamo davanti a politiche in cui appare chiaro ciò che l’Europa potrebbe fare e dovrebbe fare: un sistema comune d’asilo, regole comuni sull’immigrazione legale, la gestione comune delle frontiere esterne.

E’ chiaro che gli sforzi nazionali non bastano più, perché semplicemente non funzionano. E’ chiaro che l’opinione pubblica sosterrebbe questa diversa idea di una sovranità efficace, in quanto europea, anche se devo dire che stamani sono stati troppi gli interventi di deputati italiani o mediterranei, come se il problema dell’immigrazione fosse esclusivamente un nostro problema, ovvero dell’area dei paesi del Mediterraneo.

Inoltre risulta poco chiaro il titolo del comunicato stampa che ha chiuso il Vertice di Tampere: “I ministri chiedono maggiore solidarietà e cooperazione”. Scusi, signor Presidente, ma a chi dovrebbero chiederle se non a sé stessi? Desidero una Costituzione europea che ancora non c’è, qualcuno nel Consiglio ha un’idea diversa dall’applicazione rapida della passerella? E a chi giova invece questo surplace istituzionale? Mi pare che su questo punto, almeno oggi, una larga maggioranza del Parlamento abbia espresso un’opinione chiara.

 
  
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  Jas Gawronski (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, molti avvenimenti nuovi minacciano la nostra sicurezza e la nostra libertà, l’immigrazione incontrollata è certamente uno di questi.

Ma il pericolo maggiore e più recente, e ne ha parlato prima il vicepresidente Frattini, viene dal terrorismo; come coordinatore del mio gruppo nella commissione temporanea sulla CIA ho affrontato con i colleghi il problema, abbiamo cercato tutti insieme delle soluzioni. Personalmente sono giunto alla conclusione che possiamo fare molto poco e purtroppo abbiamo fatto molto poco per scoprire nuove verità, nuove responsabilità, nuovi colpevoli. E’ necessario allora concentrarci sul futuro, sui mezzi e sugli strumenti per evitare che si ripetano situazioni di illegalità che espongono a maggiori rischi la nostra libertà e la nostra sicurezza.

Cosa possiamo fare? Un elemento lo trovo nell’interrogazione al Consiglio all’origine del dibattito di questa mattina, ovvero quando si parla di iniziative per rimediare alla mancanza di fiducia fra Stati membri. Questo è un punto importante, essenziale! Ci vuole un maggiore scambio di informazioni per combattere il terrorismo all’interno dell’Unione, anche con i nostri principali alleati, primi fra questi gli Stati Uniti con i quali di recente abbiamo avuto qualche problema. Uno scambio su un piano di parità e di reciproca fiducia.

Ci vuole anche un maggiore controllo sulle attività dei servizi segreti di un paese nel territorio di un altro. I servizi segreti debbono rimanere segreti per operare con efficacia, ma entro un certo limite. La nostra commissione CIA non ha poteri d’inchiesta e allora dobbiamo insistere affinché siano i parlamenti nazionali, che in molti paesi dispongono degli strumenti appropriati, a investigare su eventuali violazioni dei diritti umani, sulle minacce alla nostra sicurezza e libertà.

Spetterà poi a noi il compito di coordinare le ricerche per giungere a soluzioni compatibili sul piano europeo.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche se alcuni scelgono di ignorare questo fatto, l’Europa è un continente che attrae immigranti. Molte persone nel nostro continente potrebbero accettare l’idea e convivervi, se ritenessero che l’immigrazione fosse in certa misura controllata e mantenuta entro limiti ragionevoli. Ciò che non possono accettare – e questo naturalmente è sfruttato dall’estrema destra, in particolare – è la sensazione di essere di fronte a una specie di assalto che non hanno alcuna capacità di controllare.

E’ quindi più che giusto che il Consiglio e il Commissario Frattini, in particolare, chiedano apertamente di passare all’azione per dare ai cittadini la sensazione che esista una politica di immigrazione comune europea, con alcune pietre angolari che garantiscono che tutto sia sotto controllo. La solidarietà in Europa fa ovviamente parte di tutto questo. E’ possibile che alcuni paesi – la Germania e l’Austria, per esempio – siano un po’ risentiti riguardo ai periodi in cui erano meta di un gran numero di immigrati, provenienti soprattutto dall’Europa sudorientale, ma ricevevano scarsa solidarietà, ma questo non è un motivo per negare ora tale solidarietà ad altri. Lungi da ciò, in questo contesto dobbiamo fare fronte comune.

La politica di immigrazione, tuttavia, deve essere accompagnata da una politica di integrazione. Sono molto lieto che il Commissario Frattini abbia affrontato l’argomento dei lavoratori irregolari, perché a volte succede che alcune forze politiche, che si agitano tanto sull’immigrazione, al tempo stesso tollerano la presenza in Europa di enormi masse di lavoratori clandestini, i quali costituiscono una specie di riserva illecita di manodopera e causano altresì pressioni al ribasso sui salari. Non è ammissibile! E’ giusto chiedere che i singoli governi adottino chiari provvedimenti al riguardo.

(Applausi)

 
  
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  Gérard Deprez (ALDE).(FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi trovavo in Spagna alla fine di agosto e devo dire che sono rimasto profondamente colpito dalle terribili immagini che ho visto di questi poveri sventurati sbarcati sulle coste delle Canarie.

Tuttavia, devo anche dire che mi sono vergognato, non per ciò che facevano gli spagnoli, che facevano del loro meglio, ma per la mancanza di solidarietà da parte dei paesi europei che avevano promesso di aiutare la Spagna e non lo hanno fatto. Mi sono vergognato – e, signor Commissario, mi auguro che lei abbia letto la stampa spagnola – delle risorse limitate a disposizione di FRONTEX. Erano troppo poche e troppo tardive.

Ministro Rajamäki, nei circoli europei è consuetudine riempirsi la bocca di belle parole per dire che costruiamo insieme uno spazio comune di libertà all’interno di frontiere comuni. Tuttavia, dovrebbe ricordare ai suoi colleghi che una frontiera comune deve essere gestita e protetta insieme. E’ uno scandalo che alcuni Stati membri lesinino la loro solidarietà, è vergognoso che uno Stato membro debba mendicare l’aiuto degli altri per svolgere un compito nell’interesse di tutti.

(Applausi)

 
  
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  Agustín Díaz de Mera García Consuegra (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, la politica errata del governo spagnolo sta inondando l’Unione di persone prive di documenti. La Spagna è ora un paese di destinazione e di transito. Mai più regolarizzazioni di massa. Dobbiamo poter decidere quante e quali persone possono vivere dignitosamente tra noi. Che cosa possiamo fare? Esistono soluzioni nazionali e soluzioni comunitarie.

A livello comunitario, dobbiamo compiere progressi verso l’obiettivo di una politica comune di immigrazione. A tal fine, è cruciale approfittare delle possibilità offerte dal Trattato CE e, in particolare, dall’articolo 67, paragrafo 2, e applicare la procedura di codecisione all’immigrazione legale.

Dovremo attuare politiche che prevedano una maggiore cooperazione tra gli Stati membri, parità di diritti e doveri per tutti gli immigrati, accordi di partenariato e cooperazione subordinati a condizioni, accordi bilaterali tra l’Unione e i paesi di origine, comprendenti clausole di riammissione obbligatoria.

No, ripeto no, alle procedure nazionali di regolarizzazione di massa, sì al miglioramento costante delle risorse e al rafforzamento delle capacità di FRONTEX, al coordinamento dei controlli presso le frontiere marittime, alla creazione di squadre e all’organizzazione di pattugliamenti, al rafforzamento della sicurezza delle frontiere esterne dell’Unione e all’azione esterna dell’Unione. Solana e Ferrero in Africa e nel Mediterraneo!

Tutto questo deve essere accompagnato dal trattamento umanitario che l’immigrazione clandestina richiede e che sosteniamo senza riserve. Aiuti, assistenza umanitaria e rimpatrio. Nessuno deve soggiornare nel territorio europeo al di fuori della legge.

Avrei una protesta da fare, per non venire meno alla mia tradizione. Questa è una buona discussione, ma è un totum revolutum che a nulla approda. Per questo protesto. Parliamo di immigrazione, parliamo di terrorismo, parliamo di clausola passerella, parliamo di criminalità organizzata. Traiamo profitto da questo insegnamento e svolgiamo discussioni su singole tematiche.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, ho preso atto delle sue osservazioni. Si tratta tuttavia di una discussione sui progressi compiuti nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. E’ una discussione annuale, ed è naturale che sia di ampio respiro.

 
  
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  Marie-Line Reynaud (PSE).(FR) Signor Presidente, il Parlamento deve pronunciarsi entro la fine dell’anno sul programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”. Avrei preferito che fossero state previste più risorse per questo importante strumento, ma subiamo i limiti imposti da prospettive finanziarie draconiane. In ogni caso, mi auguro che la Commissione non accetterà alcun indebolimento della sua ultima proposta.

Il nostro obiettivo deve essere garantire che la ripartizione tra i quattro fondi – rifugiati, frontiere esterne, integrazione e rimpatrio – rifletta un approccio equilibrato al problema dell’immigrazione e non un approccio essenzialmente repressivo. Per questo motivo, dobbiamo difendere il fondo per l’integrazione, in quanto, se il Consiglio afferma che l’integrazione può essere finanziata a titolo del Fondo sociale europeo, il fondo per l’integrazione sarà l’unico vero strumento di finanziamento per le misure destinate ai nuovi arrivi.

Infine, se abbiamo un obbligo di solidarietà verso gli Stati membri particolarmente vulnerabili, dobbiamo ricordare che si tratta di Fondi strutturali, i quali, in quanto tali, non sono destinati a essere utilizzati come fondi di emergenza, tanto più che i criteri di ripartizione nei singoli fondi permettono di tenere conto di una varietà di situazioni.

 
  
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  Ignasi Guardans Cambó (ALDE).(ES) Signor Presidente, l’Unione europea si sta giocando la credibilità di fronte a milioni di cittadini. Se l’Unione europea non è in grado di proteggere in modo collettivo le sue frontiere, a che cosa serve? L’Europa ha un’unica frontiera esterna, che è responsabilità di tutti.

Gli immigrati africani non entrano dal Polo nord, signor Ministro, né dalle coste del Baltico, ma entrano in Europa, l’Europa di tutti. Tuttavia, ciascuno ha la propria geografia, o la geografia che Dio gli ha dato, come direbbero alcuni.

Non è carità ciò che alcuni Stati membri chiedono, ma coerenza con il progetto europeo che riempie la bocca di tutti, così facile da predicare quando si tratta di mercato interno dei servizi finanziari o di mercato comune dei prodotti. Per contro, quando si tratta di frontiere, sembra che ogni Stato membro abbia le proprie e non avverta la necessità di condividere la responsabilità delle altre. Non si tratta di carità, ma di coerenza, di responsabilità nei confronti del progetto europeo. E’ in gioco la credibilità dell’Unione europea.

 
  
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  Barbara Kudrycka (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, il Ministro Rajamäki ha affermato che entro la fine dell’anno sarà reso noto il calendario rivisto per l’adesione dei nuovi Stati membri al sistema SIS II. Ne consegue che sarà definito anche un nuovo calendario per l’eliminazione delle frontiere interne. Non si sa quando ciò avverrà, ma il rinvio non è dovuto a ritardi da parte dei nuovi Stati membri. La Polonia sarà pronta a introdurre il sistema SIS II entro marzo 2007. Lo stesso vale per gli altri nuovi Stati membri.

Signor Commissario, Ministro Rajamäki, che impatto ha questa situazione sulla credibilità della Commissione per quanto riguarda il riconoscimento di diritti fondamentali dei cittadini, quali la libera circolazione in tutto il territorio dell’Unione europea? La Commissione non fa altro che subissare la gente di slogan su un’Europa dei cittadini e un’Europa dei risultati. Come osa quindi, per presunti motivi tecnici, bloccare il processo di pieno allargamento dell’area di Schengen e rinviarlo a una data successiva al prossimo anno, com’era invece stato deciso dal Consiglio europeo? Forse si dovrebbe chiedere agli esperti dei nuovi Stati membri di garantire che l’unità centrale sia completata in tempo utile? Si devono assumere i migliori esperti di tecnologie dell’informazione e i migliori programmatori per garantire che ciò avvenga. In caso contrario, la Commissione e lei personalmente, signor Commissario, sarete chiamati a rispondere di tale mancanza di professionalità. Non mi riferisco alle conseguenze finanziarie, tecniche, politiche e sociali di questa decisione. Il Parlamento europeo verifica i progressi della Commissione in questo campo, assieme agli eventuali costi derivanti dal rinvio, e continuerà a farlo. Esorto quindi tutti gli interessati, prima di adottare una decisione definitiva in materia, a esaminarne i costi e i benefici che essa comporta.

Mi congratulo con il Consiglio per aver raggiunto un compromesso sul pacchetto legislativo relativo al SIS II. Nondimeno, il Consiglio deve ancora dare prova di leadership risoluta e rivelare che cosa sono in realtà i cosiddetti problemi tecnici, cioè una cortina di fumo per coprire la mancanza di volontà politica da parte di alcuni Stati membri. Dopo tutto, è il sistema SIS II a creare determinate opportunità tecniche ed è quindi una condizione atta a garantire che la politica di immigrazione comune diventi una responsabilità condivisa da tutti gli Stati membri, non solo da quelli più colpiti dall’immigrazione clandestina e dal terrorismo. In caso contrario, non saremo mai in grado di affrontare con efficacia il terrorismo e l’afflusso di immigrati.

 
  
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  Wolfgang Kreissl-Dörfler (PSE).(DE) Signor Presidente, l’immigrazione in Europa, legale o clandestina, è un compito comunitario per eccellenza. In un’era di frontiere aperte, i problemi legati all’immigrazione non possono più essere affrontati da Stati nazionali che agiscono ciascuno per proprio conto; esiste una responsabilità comune cui nessuno Stato membro – nemmeno la Germania – può sottrarsi. In attesa della Presidenza del Consiglio tedesca, una cosa è chiara, cioè che non possiamo agire come se l’immigrazione legale e clandestina fossero del tutto scollegate, perché è vero il contrario; l’una dipende dall’altra. Il fatto è che la migrazione è un fenomeno complesso ed è antico come la razza umana; le deportazioni e le guardie di frontiera non saranno sufficienti a farvi fronte.

Questo è il motivo per cui il Consiglio dell’Unione europea deve infine affrontare il problema, non solo nell’interesse dell’Europa, ma anche e soprattutto nell’interesse delle persone disperate che inseguono quello che viene presentato loro come un futuro migliore, troppo spesso a costo della vita. Il discorso pronunciato a Tampere da Günther Beckstein, della CSU bavarese, è come minimo vergognoso e rivela ancora una volta le convinzioni di quest’uomo e di gran parte del suo partito.

 
  
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  Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, i progressi dello spazio di sicurezza e di libertà sono finora scarsi e insufficienti per un problema di fondo.

Sul tema della libertà da anni il Consiglio ha deciso di fondare la propria azione sul mutuo riconoscimento, come se i sistemi di giustizia, i sistemi di polizia, i sistemi dei servizi segreti dei singoli paesi europei potessero necessariamente cooperare sulla base del mutuo riconoscimento. I fatti dimostrano che questo principio non basta, ci vuole anche il coraggio di armonizzare alcune politiche affinché divengano politiche europee, in particolare in materia di libertà.

Siamo ancora fermi su taluni punti: la direttiva antidiscriminazione, l’osservatorio sul razzismo, la decisione quadro sui diritti processuali, le garanzie in termini di rispetto della privacy nel trasferimento dei dati dei passeggeri aerei.

E’ sul tema delle libertà che manchiamo di garanzie comuni in quanto Unione europea, su questo tema non basta la cooperazione tra gli Stati nazionali.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, il modo in cui contrastare l’immigrazione clandestina rappresenta la più grande sfida dei tempi moderni, anche se devo precisare che il 99 per cento degli immigrati non è costituito da rifugiati, ma da migranti in cerca di lavoro, e in definitiva spetta all’Unione europea e a ciascuno dei suoi Stati membri decidere quali e quanti immigrati si possano accogliere; la questione è nettamente distinta dall’asilo, per il quale le necessarie soluzioni sono possibili solo a livello comunitario.

Sono lieto che, dopo molte discussioni, si stia aprendo la strada per un’azione reale su questo fronte, e il Commissario Frattini merita i nostri elogi per FRONTEX e per altre misure, ma ciò che occorre fare è investire di più nella prevenzione. Si stanno effettivamente compiendo i primi passi a tal fine, ma propongo di riflettere sulla necessità di aumentare, indirizzare e controllare gli aiuti allo sviluppo e sulla possibilità di condurre campagne di informazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, il che dovrebbe essere fatto in collaborazione con i paesi di origine, al fine di informare le persone sui rischi e sulle conseguenze dell’immigrazione clandestina, mostrando loro la situazione reale dei clandestini che sbarcano sulle spiagge e delle persone che migrano illegalmente in cerca di lavoro, nonché informarle sulle possibilità di immigrazione legale. Ciò contribuirebbe realmente ad alleviare molte privazioni e sofferenze.

In terzo luogo, dobbiamo fare di più per affrontare il problema delle persone che lavorano illegalmente nell’Unione europea e adottare fermi provvedimenti. Mi attendo che il Consiglio garantisca che non vi saranno più regolarizzazioni di massa, le quali, più di qualsiasi altro fattore, attraggono nuovi immigrati nell’Unione.

Infine, vorrei rivolgere ancora un appello agli Stati membri, affinché abbandonino definitivamente le loro animosità nazionali per quanto riguarda l’asilo, l’immigrazione a fini di lavoro e la sicurezza interna, o in ogni caso le limitino e si orientino verso soluzioni a livello comunitario, perché le nuove sfide esigono nuove risposte europee.

 
  
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  Inger Segelström (PSE).(SV) I cittadini dell’Unione europea attribuiscono alta priorità alla discussione in corso. Come hanno affermato diversi oratori in Aula, avremmo dovuto risolvere questi gravi problemi molto tempo fa. Ciò vale per i flussi migratori verso le isole Canarie e Malta, gli aggiornamenti delle informazioni per tutti coloro che attendono il permesso di soggiornare nell’Unione europea e un sostegno migliore per coloro che lottano per essere accettati come nuovi cittadini dell’Unione. Avremmo dovuto compiere più progressi nell’influenzare i comportamenti nelle nostre società e combattere la segregazione nella vita lavorativa, negli alloggi e nell’istruzione.

In Svezia, si sono svolte le elezioni due settimane fa e un partito xenofobo ha conquistato seggi nei consigli di un’autorità locale su tre. Sono turbata dal messaggio che trasmette, cioè che sarebbero stati accolti troppi immigrati. Parlano di questo, ma non della responsabilità che tutti condividiamo e della solidarietà che tutti dobbiamo dimostrare. La popolazione dell’Unione invecchia rapidamente, e ci sarà bisogno di un maggior numero di abitanti. Dobbiamo svolgere un dibattito proficuo su questo tema. Il Parlamento deve ottenere più poteri, maggiore responsabilità e accesso a un processo decisionale più rapido. Solo attraverso una politica comune a livello di Unione in questo campo potremo conseguire risultati per i cittadini europei.

 
  
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  Stefano Zappalà (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche quest’estate abbiamo assistito ogni giorno a sbarchi e naufragi che hanno causato e causano centinaia di morti nelle acque europee.

Il flusso di imbarcazioni che tentano di raggiungere le coste dell’Unione non accenna a diminuire, anzi aumenta. La situazione è ormai di obiettiva e vera emergenza, da affrontare in modo serio. Ancora oggi, sono tre o quattro i paesi membri che si trovano a dover fronteggiare da soli questi sbarchi. Lo abbiamo sentito e detto tante volte in quest’Aula: Malta, Italia e Spagna mettono a disposizione di tutta l’Unione le proprie forze soffrendo in totale solitudine.

E’ l’Unione europea intera composta da 25 paesi – fra poco 27 – che insieme deve una volta per tutte misurarsi con l’estrema gravità della situazione. Vanno abbandonati gli egoismi nazionali! E’ ora di iniziare a considerare l’emergenza immigrazione come un problema dei 25 Stati membri e non solo di quelli che per la loro posizione geografica si trovano quotidianamente a dover recuperare cadaveri in mare.

La Commissione –, attraverso il Commissario Frattini, al quale obiettivamente, non solo perché è un amico, va il nostro plauso – sta predisponendo proposte concrete d’azione e sta cercando di implementare i programmi già in essere. Ma è al Consiglio che spetta la decisione di affrontare quella che già da tempo è diventata una tragedia umana. Invece, caro ministro, il Consiglio continua a prendere in giro l’Europa. E’ il Consiglio che deve assumersi la responsabilità di dare un segnale forte ed efficace per rendere comunitario il problema!

A tal proposito, signor Ministro colgo occasione per rinnovare ancora una volta la richiesta che sia convocato un Consiglio straordinario “Affari interni” da svolgersi sull’isola di Malta, ovvero uno dei paesi maggiormente esposti e più in difficoltà per le sue dimensioni. Rinnovo inoltre, ancora una volta, la richiesta di discutere l’accordo di Dublino 2.

Signor Ministro, bando alle chiacchiere! L’Unione europea attraverso il Consiglio, deve dimostrare di esistere concretamente!

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE).(PL) Signor Presidente, Lampedusa non è un problema solo italiano. L’immigrazione nel mio paese, la Polonia, al momento non è un problema grave come in Spagna, Italia, Malta, Grecia o Cipro, ma chiunque di noi potrebbe essere colpito da un’ondata di immigrazione clandestina. L’immigrazione non è quindi una questione locale o regionale. Riguarda l’intera Europa e deve essere affrontata a livello europeo. Se l’Unione intende elaborare una politica di immigrazione comune efficace, tale politica deve basarsi su decisioni adottate a maggioranza qualificata. E’ ora di farla finita con l’unanimità in seno al Consiglio e trasferire la politica di immigrazione nel primo pilastro.

Passerò ora alla questione di FRONTEX. FRONTEX ha sede nel mio paese, a Varsavia. La Polonia ha la più lunga frontiera esterna nell’Unione europea, eppure, per ironia della sorte, al momento i suoi cittadini non possono circolare liberamente in tutto il territorio dell’Unione, perché il SIS II non è pronto. Signor Commissario, mi chiedo se, quando festeggeremo il 50° anniversario dell’Unione nel marzo 2007, lei sarà in grado di rendere nota la data in cui i cittadini dei nuovi Stati membri potranno beneficiare della libera circolazione in tutto il territorio dell’Unione.

 
  
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  Panayiotis Demetriou (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, mi permetta di porre l’accento sulla questione della cooperazione giudiziaria e di polizia e dire che ampliare e approfondire tale cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea è davvero essenziale. Non possiamo parlare di lotta efficace contro la criminalità e il terrorismo a livello paneuropeo con gli attuali livelli e meccanismi di cooperazione nel settore giudiziario e di polizia. E’ ora di dimostrare che le nostre dichiarazioni e rassicurazioni sul miglioramento e sullo sviluppo della cooperazione non sono prive di significato.

Questa è la sfida principale cui deve rispondere il Consiglio europeo, che si riunirà entro breve per riesaminare il programma. Se il Consiglio europeo ha intenzione di porre rimedio all’incompetenza decisionale dell’Europa, vi è solo una decisione da prendere: trasferire queste tematiche dal terzo al primo pilastro. Il Consiglio ha il potere giuridico di farlo, a norma dell’articolo 42 del Trattato e della clausola passerella. Usiamola una volta per tutte!

La scorsa settimana la Presidenza finlandese ha ammesso, tra l’altro, che l’esperienza pratica ha dimostrato che i problemi con l’attuale processo decisionale a livello di Unione stanno provocando una diminuzione delle iniziative in materia di cooperazione di polizia. E’ stata un’ammissione veramente onesta. Tuttavia, il continuo indebolimento della cooperazione di polizia è dovuto alla mancanza di decisioni quadro europee, che permettano di instaurare e sviluppare tale cooperazione.

Occorre porre rimedio a queste carenze. La scarsa credibilità dell’Unione europea in termini di sicurezza dei cittadini riduce il suo prestigio. Attendiamo da molto tempo l’approvazione della decisione quadro sulle garanzie procedurali minime nei procedimenti penali e la revisione del mandato di arresto europeo. Quali sono i motivi del ritardo? Perché il Consiglio è inattivo e incapace di prendere decisioni? Dobbiamo abbandonare la retorica e cominciare ad agire.

 
  
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  Edith Mastenbroek (PSE).(NL) Signor Presidente, l’Europa è una bicicletta. Va da sé che la citazione si presta a ogni sorta di paragone più o meno azzeccato, perché il sistema di informazione Schengen, uno strumento che ci aiuta, tra l’altro, a rintracciare gli immigrati clandestini, ci impegna in una specie di Tour de France politico, che ci fa correre tutti all’impazzata nella stessa direzione. Al tempo stesso, vi sono altre sfide, per esempio contenere l’immigrazione, e la figura solitaria del Commissario Frattini tenta di compiere progressi su un triciclo. La carta verde è un’ottima idea, purtroppo però è una speranza illusoria nelle attuali circostanze. Forse il Commissario Frattini ci dirà se il Consiglio è disposto a inforcare la mountain bike per affrontare tali questioni.

Un altro aspetto rimasto sospeso nell’aria è l’osservazione della Presidenza che l’adozione di decisioni a maggioranza qualificata funziona. Funziona, ma allora sono ancora più stupita che il Consiglio intenda limitare i poteri di codecisione del Parlamento per quanto riguarda i dati biometrici. Non stiamo pedalando abbastanza veloce intorno al sistema di informazione Schengen? Il Commissario Frattini ci illustrerà il suo parere al riguardo? Attendo con impazienza di ascoltarlo.

 
  
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  Simon Busuttil (PPE-DE). (MT) Di recente, sono state diffuse notizie contrastanti sul tipo di cooperazione che abbiamo instaurato con la Libia nel contesto dell’immigrazione clandestina. Inizialmente, signor Commissario, lei aveva detto che la Libia era interessata a partecipare ai pattugliamenti nel Mediterraneo, ma poi la Libia lo ha smentito. Successivamente, il Corriere della Sera ha annunciato che l’Italia e la Libia avevano deciso di condurre pattugliamenti congiunti. Poi anche questa notizia è stata smentita. In seguito, signor Commissario, lei ha affermato che l’Unione europea era pronta ad aiutare e fornire assistenza finanziaria alla Libia per incoraggiarla a cooperare. Possono il Commissario e il Consiglio chiarire a che punto sono i contatti con la Libia e qual è la situazione attuale? La cooperazione con la Libia nella lotta contro l’immigrazione clandestina è senz’altro necessaria, ed è anche importante aiutare la Libia a proteggere le sue frontiere meridionali. Dopo tutto, non possiamo aspettarci che la Libia ci aiuti a proteggere le frontiere nel Mediterraneo se noi non la aiutiamo a proteggere le sue frontiere nel deserto.

 
  
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  Javier Moreno Sánchez (PSE).(ES) Signor Presidente, la necessità di un grande patto tra europei sull’immigrazione è chiara. Tale patto tra europei comporta un patto tra spagnoli. Il governo lo ha proposto più volte e il partito popolare lo ha disdegnato e ha preferito attardarsi a Bruxelles per proporre misure che si stanno già introducendo nel nostro paese con il sostegno dell’Unione europea.

Onorevoli colleghi, permettetemi di ricordare telegraficamente i tre assi della politica di immigrazione del governo spagnolo.

In primo luogo, gestione e regolamentazione efficace dell’immigrazione legale collegata alla realtà del mercato del lavoro. Onorevoli colleghi, l’effetto di richiamo è causato dall’economia sommersa; vogliamo lavoratori con diritti e doveri, non schiavi. La regolarizzazione straordinaria è stata una misura necessaria e irripetibile per rimediare alla disastrosa situazione ereditata dal governo Aznar.

In secondo luogo, la piena integrazione sociale degli immigrati legali nella società spagnola.

Infine, fermezza nella lotta contro l’immigrazione clandestina: tutti gli immigrati che entrano clandestinamente in Spagna sono accolti in modo dignitoso, ma devono tornare nel loro paese. Quest’anno, in Spagna, sono stati rimpatriati 54 000 immigrati clandestini.

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Jacek Protasiewicz (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, Ministro Rajamäki, sin dal Vertice di Tampere nel 1999, è chiaro che l’Unione ha bisogno di una strategia comune per risolvere il problema dell’immigrazione, in particolare l’immigrazione economica. In conseguenza del maggiore afflusso di immigrati e delle notizie allarmanti provenienti dalle isole Canarie, siamo ora più che mai consapevoli della necessità di una politica di immigrazione comune europea per affrontare il problema in modo efficace.

Tuttavia, l’immigrazione non deve essere intesa solo come una minaccia. L’Europa deve far fronte a un’evidente crisi demografica. Un’immigrazione ben gestita può essere la risposta alle conseguenze negative dell’invecchiamento della popolazione. Vorrei ricordare all’Assemblea che, alla luce dell’attuale tasso di immigrazione, si prevede che nel periodo 2010-2030 vi saranno circa 20 milioni di persone occupate in meno nell’Unione. Le principali regioni del mondo sono da tempo in concorrenza tra loro per attrarre immigrati adeguatamente qualificati e l’Unione non deve rimanere esclusa.

La mancanza di una politica di immigrazione comune di fatto accresce la probabilità che gli immigrati eludano le normative nazionali. Abbiamo visto che i singoli paesi hanno risposto a tali pratiche adottando misure di regolarizzazione di massa degli immigrati clandestini, come ha fatto di recente il governo socialista spagnolo. Provvedimenti di questo tipo non risolvono il problema, anzi lo aggravano, perché agiscono da incentivo per gli intermediari che fanno entrare clandestinamente in Europa nuovi gruppi di immigrati.

Mi permetto di dissentire sul parere espresso dal Ministro Rajamäki all’inizio della discussione, riguardo all’impatto positivo della politica di sviluppo sulla riduzione dell’afflusso di immigrati, in particolare quelli provenienti dall’Africa. Non credo sia utile seguire questo ragionamento, Ministro Rajamäki. Riconosco la necessità di rafforzare la politica degli aiuti allo sviluppo, ma sono propenso a sostenere la linea del Commissario Frattini, cioè trattare con fermezza gli immigrati clandestini e dare priorità alla gestione comune dell’immigrazione economica. Vorrei anche chiederle di accelerare i lavori relativi al progetto di direttiva sulle condizioni di ingresso e soggiorno e i lavori relativi alla direttiva recante norme e procedure applicabili al rimpatrio degli immigrati nel loro paese di origine.

 
  
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  Lilli Gruber (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, aprire canali legali d’ingresso tenendo conto della domanda di mercato dei singoli Stati membri, questa è una delle priorità, insieme alla lotta e al lavoro nero, per affrontare con pragmatismo il complesso fenomeno dell’immigrazione, con un’azione europea comune, un impegno corale, uno sforzo collettivo.

Ma perché queste non restino parole vuote, bisogna uscire dall’ipocrisia delle grandi quanto teoriche dichiarazioni di principio nei vertici del Consiglio e rinunciare alla strumentalizzazione dell’immigrazione ai fini di politica interna, pratica vieppiù inaccettabile e irresponsabile! In questa ottica, applicare finalmente la clausola “passerella” è cruciale! Solo così, saremo in grado di agire con efficacia laddove abbiamo già accumulato troppi ritardi.

Sono d’accordo con chi ha detto “occorre pedalare”, ma aggiungo “altrimenti si cade”. Ma in questo caso cadremmo tutti insieme, in modo corale. Se non ce ne fossimo ancora accorti, siamo tutti sulla stessa bicicletta.

 
  
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  Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, abbiamo tutti compreso che sussiste un’urgente necessità di adottare una strategia comune in materia di terrorismo, criminalità organizzata e immigrazione clandestina. Per quanto riguarda l’immigrazione, è necessario coordinare le strutture che partecipano alla gestione dei flussi migratori e semplificare le procedure decisionali facendo ricorso alla maggioranza qualificata. Occorre porre un particolare accento sulla necessità di garantire la solidarietà e l’equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri, compresi quelli non soggetti a pressioni migratorie.

Dobbiamo anche evidenziare la necessità di cooperazione tra tutti noi per garantire il controllo efficace delle frontiere esterne. Occorre dare particolare risalto a una migliore gestione delle frontiere marittime europee, creando una guardia costiera mediterranea al fine di prevenire le tragedie umane e controllare i flussi migratori.

Infine, occorre comprendere che la regolarizzazione di massa unilaterale degli immigrati clandestini non solo non è una soluzione, ma provoca anche maggiori pressioni migratorie e sviluppi imprevisti. Gli atti unilaterali in una Comunità priva di frontiere interne – in cui l’interdipendenza e le interazioni sono inevitabili – sono una questione che merita seria attenzione.

Queste sono soltanto alcune misure che dobbiamo decidere insieme, e non solo decidere, ma anche applicare religiosamente.

 
  
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  Adeline Hazan (PSE).(FR) Signor Presidente, ritengo che questo sia un momento chiave per il futuro della politica europea di immigrazione, un momento della verità in cui ciascuno di noi deve comprendere chiaramente la posta in gioco.

Qual è la risposta dell’Europa a queste sfide? Al momento, va detto, è un misto di compassione e repressione che non fornisce alcuna vera soluzione alla necessità di sicurezza riconosciuta da tutti. Dobbiamo essere consapevoli dei pericoli di un’immigrazione usa e getta, in cui i migranti sono considerati solo in una prospettiva utilitaristica. L’ipocrisia regna sin dal primo Vertice europeo di Tampere, che in definitiva avrebbe dovuto permettere la comunitarizzazione delle politiche di asilo e di immigrazione.

Assistiamo oggi al trasferimento delle nostre responsabilità ai nostri vicini sulla riva sud del Mediterraneo, che hanno grandi difficoltà ad assumersi questo compito molto oneroso. Come si può pensare che sarà possibile arrestare questi flussi migratori, allorché si prevede già un futuro arrivo di rifugiati dovuto ai cambiamenti climatici?

Occorre infine abbandonare le politiche a breve termine e sostenere politiche attive...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Christine De Veyrac (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, constatiamo ogni giorno di più che una politica di immigrazione a livello europeo è ormai indispensabile. A coloro che ne dubitavano, è stato dimostrato che le regolarizzazioni di massa di stranieri senza documenti in alcuni paesi europei provocano arrivi massicci di nuovi immigrati clandestini nel nostro continente. Questa situazione ha ripercussioni su tutti i paesi dell’Unione europea perché, come tutti sanno, gli immigrati regolarizzati possono circolare liberamente in gran parte del territorio dell’Unione.

L’esempio della Spagna ha dimostrato che, nello spazio senza frontiere in cui viviamo, un governo non può più decidere da solo, senza consultare i suoi partner, di regolarizzare la situazione di tutti gli immigrati clandestini presenti nel suo territorio. Una politica comune e concertata è diventata indispensabile, come del resto prevede il progetto di Costituzione europea che, per gran parte di queste tematiche, permetterebbe di adottare decisioni a maggioranza qualificata.

Rilevo che, nonostante gli sforzi della Commissione, alcuni Stati membri sembrano fare marcia indietro, respingendo oggi ciò che avevano approvato ieri. E’ deplorevole. Il mantenimento dell’unanimità in questo settore è un fattore che provoca paralisi e inefficacia. Al Vertice informale dell’Unione europea del prossimo 20 ottobre si dovranno decidere misure incisive e concrete volte ad arrestare l’immigrazione clandestina. Il Vertice non dovrà accontentarsi di grandi dichiarazioni di buone intenzioni, come troppo spesso avviene.

Arrestare l’immigrazione clandestina, senz’altro, ma occorre affrontare il problema alle radici. Deve essere esaminato in consultazione con i paesi dell’Africa, nel quadro di una vera strategia di cooperazione allo sviluppo e attraverso una corretta ripartizione delle competenze tra paesi di immigrazione e paesi di emigrazione. Soprattutto, però, l’Unione europea deve ampliare e controllare meglio la sua politica di aiuti allo sviluppo e sapere dove vanno i fondi e come sono impiegati.

Infine, non dimentico il breve termine e i problemi immediati e, come l’onorevole Deprez, deploro il comportamento degli Stati membri che non fanno altro che parlare di aiuto reciproco e di solidarietà, senza mai passare dalle parole ai fatti. Di fronte all’afflusso di immigrati clandestini nelle isole Canarie, è nostro dovere prestare aiuto alla Spagna ed è compito degli Stati membri intervenire e mostrare solidarietà.

 
  
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  Kinga Gál (PPE-DE). (HU) Signor Presidente, è di cruciale importanza applicare, in ogni circostanza, i principi e i valori fondamentali su cui si fonda l’Unione europea, nell’ambito delle politiche degli Stati membri e delle politiche comunitarie. Se le nostre aspirazioni al riguardo saranno soddisfatte, forse riusciremo a salvaguardare la legittimità democratica dell’Unione e a conservare la nostra credibilità.

Ciò significa che anche la protezione e la promozione dei diritti fondamentali devono ricevere adeguato sostegno istituzionale. Questo è il motivo per cui considero importante che nessuno Stato membro ostacoli la creazione dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, che dovrà funzionare in modo realmente responsabile, indipendente ed efficace.

Nessuno Stato membro può permettersi di venire meno ai valori e ai principi fondamentali dell’Europa. Ciò vale soprattutto per i nuovi Stati membri o per gli Stati in via di adesione, in cui lo Stato di diritto, in molti casi, è messo alla prova solo in seguito all’adesione.

Questo è il motivo per cui il sostegno ufficiale, palese o occulto, fornito dal governo e dai politici all’intolleranza e all’estremismo non può essere ammesso in Slovacchia, né se ne può tollerare il risultato diretto: chiudere gli occhi sugli atti di violenza commessi contro le minoranze e la popolazione ungherese. Questa non si può considerare una questione interna. Ha un impatto diretto sulla libertà, sulla sicurezza e sulla giustizia all’interno dell’Unione, il che la rende una questione europea.

Analogamente, abbiamo visto un’assenza di principi, discorsi scandalosi e menzogne sostenuti apertamente e cinicamente, in contrasto con i principi fondamentali dell’Europa e con qualsiasi assunzione di responsabilità nei confronti dei cittadini, presentati, senza nemmeno un cenno di scuse, come un atto di coraggio e di eroismo. Mi riferisco, ovviamente, ai fatti riguardanti il Primo Ministro ungherese, Ferenc Gyurcsány. Ciò indebolisce anche le basi dello Stato di diritto e la credibilità, ed è questo il motivo per cui mette a repentaglio tutto ciò che costruiamo insieme nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Il modo in cui il Consiglio e la Commissione gestiscono l’espansione dell’area di Schengen ha compromesso la credibilità delle Istituzioni comunitarie e la fiducia dei cittadini dei nuovi Stati membri nell’Unione, soprattutto dopo il recente annuncio che l’allargamento dell’area sarà rinviato alla seconda metà del 2008. Semplicemente non comprendiamo questa decisione, ed è inammissibile che i nuovi Stati membri non possano aderire…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  David Casa (PPE-DE). (MT) Onorevoli colleghi, vorrei fare un’osservazione su un problema che interessa tutta l’Europa, in particolare i paesi del Mediterraneo. Tutti hanno espresso il loro parere; tutti hanno detto che occorre trovare una soluzione. Onorevoli colleghi, la soluzione è proprio davanti a noi: dobbiamo introdurre un meccanismo atto a garantire che le responsabilità siano condivise da tutti. Le parole vuote sono inutili: è inutile dire che nell’Unione dobbiamo tutti aiutarci l’uno con l’altro, se poi non si fa quasi niente nei momenti critici. E’ inutile pronunciare belle parole come “solidarietà”, ma poi continuare a non agire. Non dobbiamo permettere che l’Unione, creata precisamente per permettere a tutti di godere di pari diritti, sia ridotta a un’Europa dei documenti, un’Europa delle risoluzioni, un’Europa delle promesse o un’Europa dei sogni. So che si stanno compiendo sforzi, ma non sono sufficienti. Questo è il momento della verità, è il momento di mettere in pratica ciò che predichiamo e dichiarare ciò in cui davvero crediamo. Sono convinto che, con la buona volontà di tutte le parti, si troverà un compromesso che porterà a una soluzione duratura di questo problema, cioè alla politica comune europea estremamente necessaria.

 
  
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  Robert Atkins (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, mi spiace sollevare di nuovo la questione, ma sembra che nessuno in seno alla Presidenza del Parlamento presti ascolto. Ci è stato detto di presentarci in Aula per le votazioni alle 12.00. Il voto è ora stato rinviato alle 12.05 e poi di nuovo alle 12.10. So che lei è molto efficiente nel portare avanti i lavori dell’Assemblea, ma la invito a informare la Conferenza dei presidenti della costante insoddisfazione dei deputati per le modifiche arbitrarie degli orari delle votazioni, che costituiscono un notevole inconveniente per il modo in cui sono condotte le attività dell’Assemblea.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Abbiamo svolto una discussione di ampio respiro, durata l’intera mattinata, su un singolo tema. Vi sono stati 63 oratori. Non per essere scortese con il Consiglio o con la Commissione, ma il Ministro ha fatto un intervento di 23 minuti e 49 secondi e il Commissario di 21 minuti e 19 secondi. Sono tenuto a dare ora la parola a entrambi. Mi auguro che i loro interventi siano brevi.

 
  
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  Kari Rajamäki, Presidente in carica del Consiglio. – (FI) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Parlamento per l’ottima discussione. Mi spiace, tuttavia, che il tempo a disposizione sia stato insufficiente. Purtroppo, non posso pronunciare in due minuti, per esempio, un discorso da cinque minuti, anche se ciò sarebbe senz’altro possibile in seno al parlamento finlandese.

La Presidenza è consapevole della natura del progetto di decisione quadro sulla protezione dei dati personali nel quadro del terzo pilastro – mi riferisco alla proposta dell’onorevole Roure – e della sua importanza per i cittadini d’Europa ed è al corrente del fatto che il Parlamento europeo ha esaminato le proposte relative alla decisione quadro VIS e al sistema di informazione SIS II. In questo contesto, a nome della Presidenza, vorrei ringraziare il Parlamento europeo per il lavoro svolto e dire che stiamo facendo tutto il possibile per raggiungere un accordo sul progetto di decisione quadro entro la fine del nostro semestre di Presidenza. Ove possibile, terremo conto del parere e delle osservazioni del Parlamento europeo nel futuro lavoro relativo agli atti del Trattato, in modo da poter usare uno strumento legislativo accettabile per garantire un elevato livello di protezione dei dati personali, adottando norme comuni in materia nel quadro del terzo pilastro.

Le questioni legate all’immigrazione e alla migrazione richiedono una discussione più specifica e mi auguro che avremo la possibilità di tornare su questi argomenti. Ho sollevato il problema della situazione nel Mediterraneo immediatamente, alla prima riunione del Consiglio dei ministri degli Interni. E’ all’ordine del giorno ed è discussa in occasione di ogni riunione dei ministri degli Interni e continuerà a essere discussa.

E’ essenziale riuscire a esercitare una maggiore influenza sullo sviluppo sociale ed economico e sulle condizioni generali presenti nei paesi terzi da cui provengono gli immigrati. In generale, noi ministri degli Interni preferiamo affrontare l’impatto puramente umano e negativo; in altre parole, mettiamo il cerotto sulla ferita. Di conseguenza, è molto importante garantire un migliore coordinamento delle relazioni esterne e degli affari interni dell’Unione, in cooperazione con i paesi terzi e la Commissione. Anche questo è un aspetto cui si dà sempre risalto nei lavori del Consiglio dei ministri.

E’ altresì necessario fornire sostegno ai paesi su cui gravano pesanti oneri in termini di immigrazione clandestina. L’estensione della solidarietà proposta a Tampere è un’iniziativa importante. Potrebbe aiutarci a compiere progressi, non solo attraverso la distribuzione di fondi. A fronte di tali oneri, abbiamo bisogno di investimenti finanziari significativi. Abbiamo inoltre bisogno di una procedura atta a garantire che gli Stati membri aderiscano alle norme adottate in comune e si assumano la responsabilità degli immigrati clandestini e dei richiedenti asilo che entrano nel loro territorio; in altre parole, devono registrarli e concedere loro un permesso di soggiorno, o organizzarne il rimpatrio. Sarà molto importante introdurre sistemi di informazione a tal fine e sviluppare quelli già esistenti.

Assieme alla Commissione, il Consiglio sostiene le forme di assistenza disponibili per la necessaria sorveglianza costiera nel Mediterraneo e in altri settori di cooperazione, ma vorrei rilevare che, nell’Unione europea, la responsabilità di questo genere di operazioni spetta agli Stati membri, i quali devono disporre di competenze adeguate e di capacità di pianificazione e gestione per un intervento costante e per le operazioni congiunte. I paesi situati alle frontiere esterne dell’area di Schengen hanno anche la responsabilità di prevenire l’immigrazione clandestina nell’area di Schengen. Intendiamo sostenere il loro operato, così come le attività della nuova Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX).

Quando si sottolinea l’importanza di garantire la protezione e di applicare la Convenzione di Ginevra, è di vitale importanza operare una distinzione tra immigrazione legale e clandestina. In questo contesto, è essenziale elaborare una politica di immigrazione europea attiva e stabilire criteri di gestione quantitativi e qualitativi, senza perdere di vista la questione della stabilità dei nostri mercati del lavoro. Una politica europea attiva in materia di immigrazione non equivale tuttavia all’immigrazione clandestina sotto il controllo della criminalità organizzata. Come ha affermato il Commissario Frattini, dobbiamo anche tenere in seria considerazione il fatto che il mercato del lavoro illegale e l’economia sommersa sono responsabili del caos umano ed economico. I vari Stati membri dell’Unione europea dovrebbero essere in grado di discutere questo aspetto in modo aperto e onesto. A tal fine, le autorità devono essere meglio preparate a riconoscere il fenomeno della tratta di esseri umani e intensificare gli sforzi volti a proteggerne le vittime. La forma più ripugnante di criminalità organizzata, la tratta di esseri umani, è un fenomeno europeo, anche se quasi non se ne parla. La Finlandia intende ravvivare questo dibattito sia a livello nazionale sia a livello di Unione europea.

E’ indispensabile seguire da vicino il modo in cui l’Unione europea allargata risponde alle esigenze dei nostri cittadini e le proposte che essi considerano accettabili, da un lato, e alle esigenze di sicurezza interna, dall’altro. In questo contesto, considero importantissimo migliorare il processo decisionale. E’ del tutto inaccettabile passare più di un anno a riflettere sulla persona cui affidare l’incarico di direttore dell’Europol. E’ altrettanto inaccettabile chiedere controlli alle frontiere esterne e una strategia per le frontiere e al tempo stesso dilungarsi sulla questione della città in cui debba avere sede l’Agenzia per la sicurezza delle frontiere. Dobbiamo riuscire a mettere a punto un sistema decisionale che permetta di ottenere una sicurezza migliore e più credibile.

Riguardo alla mountain bike richiesta in un intervento, vorrei dire che la Finlandia, come la Germania e le altre Presidenze, e come il Commissario Frattini, vorrebbe cambiare marcia e aumentare la velocità di questa mountain bike, che intendiamo usare a favore della sicurezza comune e di un’Europa più sicura.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – La ringrazio, signor Ministro. Se non sbaglio, fu il Presidente degli Stati Uniti Jackson a dire: “Mi piace il rumore della democrazia”. E’ quello che sta sentendo.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli parlamentari, mi rendo conto dell’estrema difficoltà di poter rispondere in pochissimi minuti, anche brevemente, a tutti i suggerimenti e le osservazioni di coloro che hanno preso la parola in circa due ore e mezzo di importante dibattito.

Signor Presidente, lei ha ricordato prima che il dibattito di oggi riguarda alcune priorità per l’Unione europea, tra cui c’è sicuramente la lotta al terrorismo. Oggi, ne abbiamo parlato poco, ma tutti voi sapete perfettamente che solamente nell’ultima estate, grazie ad una cooperazione impegnativa, le autorità di sicurezza di tre paesi europei, Regno Unito, Danimarca e Germania, hanno sventato attentati terroristici che avrebbero potuto essere devastanti. Il terrorismo resta tuttora la minaccia principale alla nostra democrazia.

A mio parere non esiste un legame tra terrorismo e immigrazione e condivido le opinioni di coloro che lo hanno evidenziato. Certamente l’immigrazione è un’altra priorità, costituisce una sfida, non un pericolo per l’Unione europea. Molti di voi hanno parlato di politiche di co-sviluppo, principalmente con i paesi africani. Posso dirvi che la Commissione, sempre piuttosto ambiziosa nel formulare delle proposte, ha proposto di dedicare 17 miliardi di euro, una cifra cospicua, al nuovo Fondo europeo per lo sviluppo dei paesi come quelli africani e che di conseguenza saranno intensificate le politiche di co-sviluppo da molti sollecitate.

Vi saranno delle politiche di co-sviluppo che riguarderanno la stabilizzazione delle istituzioni, la lotta alla corruzione, il buongoverno, sono tutte iniziative di co-sviluppo atte a migliorare la capacità di prevenzione dei flussi migratori come molti di voi auspicano.

Esiste il problema evocato dall’on. Barón Crespo, ovvero l’utilizzo dei fondi europei disponibili. Sono pienamente d’accordo con l’on. Barón Crespo e invito ancora una volta gli Stati membri a formulare progetti, i fondi europei possono essere spesi solamente se vi sono dei progetti presentati da paesi membri dell’Unione. Purtroppo, negli ultimi anni, diversi fondi messi a disposizione dalla Commissione non sono stati spesi perché mancavano i progetti. Rivolgo a tutti gli Stati membri l’invito a moltiplicare i progetti, così potranno essere finanziate ulteriori iniziative.

Si è parlato molto di prevenzione, di protezioni, di frontiera marittima con riferimento al Mediterraneo. Presenteremo all’approvazione dei ministri a Lussemburgo un progetto per una gestione integrata della frontiera mediterranea. Vorrei dire una cosa a quanti hanno parlato, con un tono estremamente duro che non condivido, di una sorta di “armata europea” per fare la guerra agli immigrati: mi permetto di ricordare –, parlo in particolare all’on. Flautre che rispetto pienamente – che se quest’estate non ci fosse stato il pattugliamento mediterraneo e nell’oceano Atlantico, se non ci fossero state migliaia di guardie costiere, di poliziotti, di operatori della sicurezza, molte migliaia di immigrati sarebbero morti in mare.

La prima delle finalità del pattugliamento è salvare in mare la vita delle persone e non fare la guerra agli immigrati. Si tratta dunque esattamente del contrario, è un fine di prevenzione quello che ci porterà a proporre un meccanismo che tutti i governi ci hanno sollecitato.

Il tema dei paesi della riva sud del Mediterraneo meriterebbe certamente una discussione approfondita. In merito alla Libia mi limito a dire che questo paese ha accettato un negoziato con l’Unione europea, che avvieremo in modo concreto sulla base innanzitutto di una garanzia di rispetto pieno delle regole per la dignità e per il rispetto individuale di ogni persona; questo abbiamo chiesto alla Libia, come lo chiediamo a tutti gli altri nostri interlocutori non europei. La Libia ha chiesto un aiuto nel controllo della frontiera meridionale: ci sono 2000 km di frontiera libica nel deserto praticamente non controllabili e una delle richieste che ci viene fatta è “aiutateci a controllare meglio quella frontiera e noi potremo aiutarvi a controllare la partenza e soprattutto a sradicare i traffici di esseri umani”, che purtroppo passano frequentemente attraverso il Mediterraneo.

Abbiamo il dovere di intraprendere un negoziato con la Libia e dovremo farlo sulla base del reciproco rispetto tra Unione europea e partner non europei. La conferenza sull’immigrazione tra Unione africana e Unione europea a Tripoli sarà un altro segnale per far capire alla Libia che vogliamo un coinvolgimento serio non solo di questo paese ma di tutti i paesi nordafricani.

Due ultime riflessioni: il primo tema è la solidarietà. Molti hanno parlato della solidarietà; credo che con la solidarietà si debba avere un approccio globale, come con l’immigrazione, perché è solidarietà anzitutto verso le vittime del traffico di esseri umani. Questa è la prima solidarietà che dobbiamo avere.

Esiste poi una solidarietà che dobbiamo esprimere ai paesi di origine africani, ma anche ai paesi di transito, i quali si trovano esposti anche loro a un flusso spesso non controllato; inoltre c’è anche una solidarietà tra paesi membri dell’Unione europea. Non si deve negare l’importanza della dimensione della solidarietà reciproca tra paesi che fanno parte dell’Unione europea, è una delle voci in cui la parola “solidarietà” deve essere declinata. Come possiamo dimenticare che paesi come Malta o le piccole isole delle Canarie o di Lampedusa non possono affrontare da sole un flusso di immigrazione illegale in atto, anche questa è solidarietà.

C’è la solidarietà umana verso le persone che arrivano sulle nostre coste, c’è anche la solidarietà che paesi lontani dal Mediterraneo hanno il dovere di esprimere a paesi che nel Mediterraneo si trovano e sul Mediterraneo si affacciano.

Un altro tema è quello del rispetto della legalità. Onorevoli deputati, non credo che all’Unione europea si possa chiedere di trasformare l’illegalità nella legalità; perché quando si violano le leggi, la violazione della legge resta tale! Quando si commercia in esseri umani si deve essere puniti severamente e senza tolleranza! Quando si dà lavoro clandestinamente e illegalmente sfruttando lavoratori immigrati clandestini ci devono essere delle sanzioni! Quando si arriva nell’Unione europea violando tutte le leggi e si rimane nell’Unione europea violando tutte le leggi, nel rispetto della dignità degli individui, la politica europea deve essere credibile e deve riportare coloro che hanno violato la legge nei paesi d’origine, altrimenti daremo l’impressione che si può violare la legge e non succede nulla!

Ed infine, l’ultima riflessione riguarda la politica istituzionale e costituzionale. Ne abbiamo parlato tanto: occorre una visione, come ha detto l’on. Schulz, lo hanno detto molti altri, per guidare e attivare i processi politici. Non è possibile immaginare di andare a rimorchio della società civile; non è possibile immaginare che noi, in quanto istituzioni, aspettiamo che la società civile spinga o magari mostri la sua insoddisfazione verso la capacità di leadership politica.

Molti hanno parlato della rinuncia agli egoismi nazionali. Credo che questo sia un tema centrale: se noi capiremo e se i governi dei paesi membri capiranno che non conviene neanche a loro rimanere bloccati negli egoismi nazionali, allora quei governi comprenderanno che l’orgoglio nazionale, a cui molti di noi tengono, si può difendere assai meglio mettendo in comune le politiche che sono comuni.

Difendere l’orgoglio nazionale sostenendo che l’immigrazione o il terrorismo si possono affrontare come politiche solamente nazionali non significa difendere l’orgoglio nazionale, non significa difendere i grandi principi della tradizione di tanti paesi, è soltanto non rispondere alla domanda dei cittadini. Ecco perché occorre una visione politica coraggiosa, che vada in una direzione diversa.

 
  
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  Presidente. Desidero ringraziare i 63 oratori che sono intervenuti nel dibattito. Desidero inoltre ringraziare il Ministro per essere stato estremamente conciso e la Commissione per il grande interesse dimostrato.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE).(EN) “La prevenzione è meglio della cura”, recita un detto popolare. La questione in esame richiede sia la prevenzione sia la cura.

E’ fuori dubbio che l’Unione europea stia infine comprendendo che i problemi cui devono rispondere Malta e altri paesi del Mediterraneo colpiti dal fenomeno dell’immigrazione in definitiva diventano un problema dell’Europa nel suo insieme. Questa è l’Europa cui Malta ha voluto aderire. Nulla è più nobile della solidarietà. Alcuni, tuttavia, criticano l’Unione perché offre troppo poco e troppo tardi. Forse hanno ragione; ma è meglio tardi che mai. Di sicuro due imbarcazioni per pattugliare l’area compresa tra Gibilterra e Alessandria sono insufficienti, ma d’altro canto la richiesta della Libia di contribuire al controllo di 2000 chilometri di frontiere terrestri è un’ottima notizia, soprattutto per Malta. Questo fa parte della politica di prevenzione.

Il processo necessario per la cura del fenomeno è molto più complesso. Se non si affronteranno i problemi endemici dell’Africa – povertà, guerre civili, malattie, fame, disoccupazione, corruzione e debito internazionale – e non si migliorerà la situazione con un sistema di buon governo e giustizia, il problema dell’immigrazione clandestina rimarrà irrisolvibile.

Non posso fare a meno di criticare l’atteggiamento di alcuni paesi europei, che litigano sull’assistenza finanziaria da fornire ai loro partner – Malta, Italia, Spagna e Grecia – i quali stanno facendo tutto il possibile per alleviare il flagello dell’immigrazione clandestina.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Raggiungere una politica comune europea in materia di immigrazione ed asilo è senz’altro una priorità, sebbene gli Stati Membri abbiano dimostrato finora diverse sensibilità al problema.

Ma più urgente ancora mi sembra la necessità di affrontare il problema dell’immigrazione clandestina, di cui finora, nonostante gli appelli alla cooperazione più volte lanciati dalle Istituzioni, il peso grava essenzialmente sugli Stati che si trovano ai confini naturali dell’UE. E’ urgente quindi trovare soluzioni pratiche per arginare e regolare il fenomeno. Coordinare le forze di frontiera dei diversi Stati Membri è utile ma non sufficiente.

La proposta di istituire una squadra comune di intervento alle frontiere è senz’altro la soluzione più appropriata, e ringrazio la presidenza finlandese per averla ricordata. Non da ultimo, un dialogo ed un sostegno con i paesi da cui partono i flussi e con quelli che fanno da ponte per l’Europa è assolutamente alla base di qualunque soluzione duratura ed efficace.

Mi auguro che le prossime presidenze, in primis la Germania, che riceve gran parte del flusso immigratorio che filtra dai confini meridionali, sappia affrontare con fermezza la questione e raccogliere un consenso su un tema che riguarda da vicino tutti i cittadini europei ed i delicati equilibri sociali dell’Unione.

 
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