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Procedura : 2006/2137(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0272/2006

Discussioni :

PV 11/10/2006 - 20
CRE 11/10/2006 - 20

Votazioni :

PV 12/10/2006 - 7.26
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2006)0418

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 12 ottobre 2006 - Bruxelles Edizione GU

8. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Cavada (A6-0326/2006)

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Approvo la conclusione di questi accordi bilaterali sulla partecipazione della Romania, della Bulgaria e della Turchia all’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT).

Questi tre paesi sono inclusi nell’elenco dei tredici Stati candidati che partecipano al processo di adesione e questo tipo di accordo, per mezzo del quale può essere loro data l’autorizzazione a prender parte a programmi e agenzie comunitarie, mira a rafforzare la strategia di preadesione.

Pertanto questa è una delle vie principali per aiutare i paesi candidati ad applicare più efficacemente l’acquis comunitario, dal momento che consiste, in sostanza, in una sorta di preparazione in virtù della quale questi paesi e i loro cittadini potrebbero acquistare dimestichezza con le politiche e i metodi di lavoro dell’Unione.

Questi accordi fissano condizioni di partecipazione all’OEDT sulla falsariga di quelle applicate nei confronti della Norvegia.

Tali accordi comporteranno senza dubbio moltissimi vantaggi, mentre non vedo alcun problema in merito alle modalità di partecipazione, sia a livello tecnico – perché i paesi interessati avranno accesso al sistema REITOX e condivideranno informazioni nel pieno rispetto delle norme comunitarie e nazionali relative alla tutela dei dati – sia a livello finanziario, in quanto dovranno contribuire alla copertura delle spese di partecipazione. Oltre a ciò, saranno rappresentati nel consiglio di amministrazione, quantunque senza diritto di voto.

 
  
  

– Relazione Chichester (A6-0314/2006)

 
  
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  Jens-Peter Bonde (IND/DEM), per iscritto. – (DA) Il programma GALILEO è un programma comunitario per la radionavigazione satellitare, che al momento è tutta basata sul noto sistema GPS e su un sistema russo. GALILEO è un sistema civile, mentre il GPS americano è militare. Sarà anche un sistema migliore da un punto di vista tecnico, con 30 satelliti che garantiscono una copertura migliore. Per il servizio commerciale, GALILEO comporterà una precisione dell’ordine di 3 mm, mentre il GPS garantisce una precisione di circa 2-3 cm. Al giorno d’oggi, la navigazione satellitare è uno strumento indispensabile nella nostra vita quotidiana. Pertanto è incredibilmente rischioso che dipenda dal potere discrezionale delle forze armate statunitensi. GALILEO è quindi assolutamente necessario se si vuole disporre di un sistema di navigazione sicuro e indipendente. Tutti potranno usufruire gratuitamente del servizio di base. Il progetto è un affare costoso, del valore di circa 30 miliardi di corone danesi, ma la Danimarca non avrebbe potuto cavarsela da sola. In sostanza, se vogliamo essere indipendenti dai militari statunitensi, il Movimento di giugno è in grado di sostenere questo progetto.

La relazione caldeggia inoltre la proroga del progetto al di là del periodo di realizzazione. Il Movimento di giugno voterà dunque a favore della proposta.

 
  
  

– Relazione Pahor (A6-0274/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del mio collega, onorevole Pahor, sulla modifica delle disposizioni in materia di incompatibilità presenti negli articoli 3 e 4 del Regolamento del Parlamento che riguardano la verifica dei poteri e la durata del mandato. E’ infatti più che giusto che le amministrazioni degli Stati membri vengano coinvolte nella verifica dei poteri, soprattutto nei casi in cui un nuovo deputato ricopra una carica che potrebbe essere incompatibile con quella di deputato al Parlamento europeo.

 
  
  

– Relazione Moraes (A6-0278/2006)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sottoscrivo in toto la strategia del mio amico, onorevole Claude Moraes, strategia delineatasi durante il voto in Parlamento. Confido che abbiamo mandato un messaggio politico al Consiglio senza bloccare l’attività legislativa.

 
  
  

– Relazione Moraes (A6-0279/2006)

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il Parlamento ha coerentemente respinto tutte le iniziative presentategli quando è stato consultato su questioni particolari riguardanti Europol.

Ci troviamo un’altra volta in questa situazione. Pertanto appoggio la posizione del relatore, onorevole Moraes, che respinge sia l’iniziativa inerente alla modifica del regolamento del personale di Europol che quella inerente all’adeguamento degli stipendi base.

Comprendo perfettamente che Europol debba effettuare adeguamenti interni, ma non ha nessun senso che il Parlamento emetta il suo parere perché, trattandosi di un’Istituzione intergovernativa, non svolge un ruolo pertinente nelle decisioni amministrative di tale Istituzione.

Abbiamo appoggiato moltissime iniziative volte a estendere il mandato di Europol e a dotarlo di poteri operativi, mettendolo in condizione di diventare un’arma efficace nella lotta alla criminalità organizzata. Tuttavia, abbiamo anche insistito sulla necessità che questo processo fosse accompagnato da misure tali da garantire un controllo democratico e legittimo.

Spero dunque che la Commissione ci presenti in tempi rapidi una proposta volta a integrare Europol nel sistema istituzionale dell’Unione rimpiazzando la Convenzione Europol con una decisione del Consiglio, una proposta per mezzo della quale la struttura, i metodi di lavoro, il campo di attività e le missioni dovranno soggiacere alla codecisione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sottoscrivo in toto la strategia del mio amico, onorevole Claude Moraes, strategia delineatasi durante il voto in Parlamento. Speriamo di inviare un segnale politico importante al Consiglio senza bloccare l’attività legislativa.

 
  
  

– Relazione Mann, Erika (A6-0291/2006)

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Anche se alcuni deputati del gruppo di contatto stanno facendo il possibile per arrivare a un accordo entro i termini stabiliti, ovvero entro la fine di quest’anno, lo status del Kosovo non è stato ancora definito.

Sono perfettamente conscio che la divisione del Kosovo non è prevista dall’agenda dei negoziati e che la comunità internazionale respinge sdegnosamente la costituzione appena adottata dalla Serbia, che accorda un’ampia autonomia alla provincia del Kosovo, considerata a giusta ragione dai serbi la culla del loro paese. Sono anche perfettamente conscio che questi negoziati sono una messinscena e che il loro fine è imporre la secessione del Kosovo.

Sia come sia, la relazione che oggi ci viene proposta sembra considerare l’indipendenza del Kosovo come un fatto acquisito, perché l’assistenza che il documento propone di accordare non è né più né meno che una tipica donazione a un paese terzo. I pochi emendamenti relativi al rispetto dei diritti umani sono soltanto un pro forma; la persecuzione delle minoranze serbe sotto l’occhio indifferente delle forze multinazionali è una realtà che certo giustifica la massima prudenza.

Non ci sentiamo obbligati a tollerare questa situazione.

 
  
  

– Relazione Gál (A6-0306/2006)

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono abituato a vedere i parlamentari europei lasciare l’Aula quando comincio a parlare io. Ringrazio coloro che restano ad ascoltare questa importante dichiarazione circa la relazione sull’istituzione dell’Agenzia dei diritti fondamentali.

Ho votato a favore del rinvio in commissione ma ci tengo a dire che tra i diritti fondamentali ci sono i diritti dei pensionati a riscuotere una pensione. Il governo social-comunista, attualmente al potere in Italia e guidato dal Presidente Prodi, sta diminuendo la pensione di 500 000 cittadini italiani che hanno lavorato all’estero, in Svizzera, nella misura di 2/3 dell’importo che percepiscono attualmente. E’ come se noi ricevessimo una indennità di 1/3 di quella riscossa fino a oggi.

Non è così che si trattano i pensionati, che hanno il diritto di vivere e di poter contare su una pensione sicura. Quale sicurezza per chi si accorge, all’inizio dell’anno, che la propria pensione è diminuita addirittura del 66%? Vergogna al governo Prodi di centro-sinistra in Italia.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, il discorso che ho pronunciato ieri in finnico è stato tradotto in maniera fuorviante e, in alcuni punti, persino contraddittoria rispetto al messaggio originale. Trovo che questa sia una cosa molto spiacevole, soprattutto perché avevo inviato in anticipo il mio discorso. E’ un peccato che, persino durante la Presidenza finlandese, avvengano errori simili. Amiamo parlare nella nostra lingua materna e ne siamo orgogliosi, ma errori come questi non ci lasciano molta scelta.

Pertanto vorrei chiedere ai miei colleghi di leggere il mio intervento originale in merito alla richiesta di chiudere alcune unità della centrale nucleare di Kozloduy in Bulgaria non appena sarà disponibile una traduzione definitiva e accurata.

 
  
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  Presidente. Molte grazie, onorevole Korhola. Lei ha ragione: il multilinguismo integrale che pratichiamo in questo Parlamento ci causa spesso problemi, ma la prego di credere che i servizi fanno il possibile.

Considerato il numero di lingue e le difficoltà tecniche con cui siamo alle prese, benché possano verificarsi problemi come quelli che lei ha segnalato, credo nel complesso che questo Parlamento sia di esempio al mondo per quanto riguarda il rispetto del multilinguismo.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Se c’è un campo in cui l’attività di Bruxelles è fortemente produttiva, è senza dubbio quello della creazione di agenzie: per la difesa, per la lotta alla droga, per la sicurezza marittima, stradale, aerea, per l’energia, per la ricostruzione, eccetera, eccetera.

Oggi è il turno dei diritti fondamentali dell’Unione. Quest’agenzia è soltanto l’ennesimo “aggeggio” europeo o è la chiave per il buon funzionamento delle democrazie della Comunità? Secondo la relazione, “affinché l’Europa sia considerata un simbolo dei diritti fondamentali, essi dovrebbero costituire il fulcro di tutte le politiche e misure”. Magnifico! Splendido! L’unico intoppo è che le cose sembrano essere alquanto diverse in realtà.

Oggi, nel Regno del Belgio, vera oligarchia delle banane, un capo dell’opposizione è stato condannato a dieci anni di ineleggibilità per i pubblici uffici a causa delle sue opinioni. In Francia, analogamente, Jean-Marie Le Pen è condannato pesantemente per avere espresso un’opinione moderata, largamente condivisa dai francesi, sulle conseguenze di una massiccia immigrazione musulmana. Questo mese, nel Regno Unito, sono stati aperti procedimenti nei confronti del signor Nick Griffin, sempre per aver espresso la sua opinione, in seguito a una provocazione indegna di un giornalista della BBC.

Non si può evitare di concludere che la libertà di espressione e la libertà di pensiero sono sempre più minacciate e irrise e cedono il posto all’autocensura e al terrorismo intellettuale.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) “Ai fini dell’elaborazione della Costituzione dell’Unione europea (UE), di fatto sospesa, la relatrice ritiene che per l’Europa sia giunto il momento di richiamare l’attenzione sulla tutela e sulla promozione dei diritti umani fondamentali”.

Ecco come la relatrice decide di giustificare la necessità di una nuova agenzia per monitorare i diritti. Dal 1953 questa funzione viene svolta al massimo livello dalla rispettabilissima Corte europea dei diritti dell’uomo, di cui fanno parte molti più Stati rispetto a quelli che aderiscono all’Unione, e il sistema ha goduto di notevole successo.

Lo scopo evidente della relazione è istituire un’agenzia per monitorare i diritti umani fondamentali solo perché la Costituzione non è stata adottata. E’ un’idea veramente notevole che mostra ancora una volta la brama instancabile dell’Unione di diventare una potenza sopranazionale che controlli tutto in tutti i campi, senza prestare nessuna attenzione all’esistenza di trattati e accordi tra gli Stati o al diritto nazionale all’autodeterminazione.

La Lista di giugno, tuttavia, ha votato a favore di una serie di emendamenti relativi al controllo democratico delle attività dell’Agenzia e a un’equa distribuzione di genere tra i suoi membri. Abbiamo anche votato a favore dell’attribuzione di un rilievo particolare ai diritti dei bambini nelle attività dell’Agenzia, nel caso che la proposta dovesse passare.

La Lista di giugno rifiuta la relazione nel suo complesso.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Approvo questa normativa, che riguarda la trasformazione dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia in un’Agenzia per i diritti fondamentali pienamente autonoma.

L’obiettivo è avere un organo indipendente che monitori continuamente e sistematicamente la conformità delle leggi nazionali ed europee alle norme internazionali stabilite in materia di diritti umani. L’Agenzia per i diritti fondamentali potrà a sua volta redigere relazioni e pareri per le Istituzioni comunitarie nonché fornire orientamenti e valutazioni. Le Istituzioni comunitarie e gli Stati membri non saranno vincolati alle sue conclusioni.

 
  
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  Bernadette Vergnaud (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sembra importante creare un’Agenzia per i diritti fondamentali che sia al tempo stesso indipendente e responsabile. E’ necessario trovare un equilibrio fra questi due requisiti ricordando sempre che l’obiettivo principale è concepire un organo funzionale ed efficace.

Per realizzare quest’obiettivo sarà indispensabile una fattiva cooperazione fra le tre Istituzioni europee. Si tratta innanzi tutto di pervenire a un consenso politico. Tuttavia, il Consiglio ha fatto sapere di non auspicare che le competenze dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali siano estese al terzo pilastro, ovvero alla cooperazione intergovernativa nel campo della polizia, della giustizia, dell’immigrazione e delle attività antiterroristiche. I Paesi Bassi hanno anche annunciato che eserciteranno il diritto di veto per impedire all’Agenzia di dare inizio ai propri lavori il 1° gennaio 2007, per evitare una duplicazione degli impegni del Consiglio d’Europa.

Per questo motivo, benché io abbia votato a favore di tutto il pacchetto degli emendamenti alla relazione dell’onorevole Gál, mi sono tuttavia pronunciata a favore della posposizione dello scrutinio finale per consentire al Consiglio di rivedere la propria posizione.

 
  
  

– Relazione Kósáné Kovács (A6-0282/2006)

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Secondo la relazione, “l’Agenzia per i diritti fondamentali potrebbe essere un organo adeguato per fornire resoconti regolari sull’applicazione dei diritti umani.”

Di conseguenza, se c’è un caso che la futura Agenzia dovrà sicuramente esaminare, è proprio quello dell’attuale ondata di attentati alla libertà d’espressione in Europa.

Purtroppo gli esempi non mancano: dalle caricature di Maometto pubblicate su un giornale danese che hanno provocato l’uccisione di preti in Turchia, manifestazioni violente e chiese incendiate, alla lectio magistralis di Papa Benedetto XVI condannata come “ostile e provocatoria” da un leader turco musulmano e, più recentemente, al calvario del filosofo francese Robert Redeker, che ha subito minacce di morte ed è costretto a cambiare indirizzo ogni giorno per un suo articolo sul Corano il cui contenuto è stato ritenuto ostile e offensivo nei confronti del profeta, dell’islam e dei musulmani.

Autocensura, minacce e aggressioni aumentano sempre più a danno della libertà di espressione e di pensiero, che oggi sono probabilmente le libertà maggiormente minacciate in Europa.

Di conseguenza, se il primo compito di questa futura Agenzia consiste nel difendere davvero queste libertà e denunciare le violazioni ai loro danni, noi siamo favorevoli ad essa. In caso contrario, si tratterà di un’ennesima inutile e costosa fabbrica di chiacchiere.

 
  
  

– Azioni future nel settore dei brevetti (B6-0522/2006)

 
  
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  Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato contro la risoluzione sul futuro dei brevetti perché credo che il Parlamento europeo avrebbe dovuto lanciare un messaggio chiaro, per il quale noi chiediamo regole comunitarie in materia di brevetto europeo. La via di mezzo che prefigura la Commissione consiste nell’aggiungere alcuni elementi europei a un sistema che invece è e resterà essenzialmente intergovernativo.

L’Ufficio europeo dei brevetti ha già dimostrato la propria capacità di fare danni in materia di brevettabilità del software. Spero che la Commissione, invece di esplorare la via ibrida che ci propone, voglia riprendere con coraggio l’idea del brevetto comunitario, anche contro la tendenza alla rinazionalizzazione, che è ormai imperante in tutti i settori dell’Unione europea.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Malgrado la posizione comune del Consiglio in merito a una proposta di direttiva sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici sia stata respinta in Parlamento da una vasta maggioranza – 648 voti – nel luglio 2005, nel gennaio di quest’anno la Commissione ha rilanciato il dibattito sul futuro del sistema dei brevetti nell’Unione. Così facendo, ha eluso l’esito di quella votazione, frutto di una protesta di massa.

Il nocciolo della questione consiste nel tentativo di creare un’organizzazione europea per le controversie in materia di brevetti e di un tribunale europeo le cui decisioni andrebbero a sovrapporsi a quelle dei tribunali nazionali di ciascuno Stato membro. Questo tribunale rimarrebbe sotto il controllo dei rappresentanti nazionali che fanno parte del consiglio di amministrazione dell’Organizzazione europea dei brevetti (OEB), che sarebbero inoltre responsabili della nomina dei giudici. Negli ultimi anni quest’istituto ha rilasciato centinaia di brevetti, per esempio sul software, che alcuni paesi non considerano validi. Perdendo la propria sovranità, i tribunali nazionali non potrebbero emettere sentenze contro i brevetti.

Per quanto riguarda la risoluzione oggi approvata, abbiamo votato contro e desideriamo ribadire la nostra opposizione al proposito di rilasciare brevetti sulle idee e sulla conoscenza e di ostacolare la libertà intellettuale, l’innovazione tecnologica e la stessa competitività dell’economia europea.

 
  
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  Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Poiché il Parlamento, all’articolo 1, esorta la Commissione a vagliare tutte le possibilità, ne consegue che non sono state ancora prese decisioni in merito alle soluzioni da scegliere. Perciò, per amor di completezza, si devono analizzare anche quelle misure che non godono dell’approvazione di tutti i partiti.

 
  
  

– Relazione Jeggle (A6-0290/2006)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Jeggle, in modo convinto e ragionato, perché sono del parere che si tratti di una delle iniziative per portare avanti la discussione sul tema della ricerca sugli animali, ovvero di limitare il più possibile la ricerca su animali vivi. Credo che vada colta ogni occasione in tal senso, cosa che abbiamo fatto anche nella relazione d’iniziativa in oggetto. Sono consapevole del fatto che la base giuridica per altri settori non è la più lampante, ma ritengo comunque che abbiamo fatto un passo avanti e mi auguro che ne seguano altri in questa direzione.

 
  
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  Jan Andersson, Anna Hedh, Ewa Hedkvist Petersen, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro la relazione d’iniziativa (A6-0290/2006) dell’onorevole Jeggle nel suo complesso perché, in molti settori, neutralizza gli sforzi compiuti dalla Comunità per potenziare la protezione degli animali. Non possiamo sostenere l’idea che l’Unione debba rimandare l’introduzione di una protezione migliore per gli animali finché i nostri partner nell’ambito dell’OMC non faranno altrettanto. Ciò rallenterebbe considerevolmente i progressi fatti in questo settore.

Respingiamo anche l’introduzione di barriere commerciali nei confronti di paesi terzi basate su criteri di protezione degli animali meno rigidi rispetto a quelli dell’Unione. Introdurle significherebbe rischiare di colpire paesi in via di sviluppo che dipendono dalle esportazioni agricole verso l’UE.

Vorremmo comunque sottolineare che, ciò nonostante, siamo bendisposti nei confronti del piano d’azione della Commissione per la protezione e il benessere degli animali. Inoltre approviamo quelle parti della relazione che propongono ulteriori progressi in alcuni settori che rivestono importanza per quanto riguarda la protezione degli animali.

 
  
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  Luis Manuel Capoulas Santos, Fausto Correia, Edite Estrela e Joel Hasse Ferriera (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della prima parte del paragrafo 71 della relazione Jeggle per i motivi seguenti:

1. Le corride rappresentano una tradizione plurisecolare, radicata in varie regioni di diversi Stati membri dell’Unione. Le sue caratteristiche variano a seconda del paese; in Portogallo, per esempio, l’uccisione del toro venne proibita già nel 1836.

2. Alle corride va ascritto il merito dell’esistenza del toro da combattimento; senza di esse, questa specie sarebbe estinta da molto tempo, perché dall’allevamento di questi animali non scaturisce nessun interesse economico per la produzione di carne o latte.

3. Questo non significa che lo spettacolo della corrida e la tradizione cui è associato non debbano evolversi e adeguarsi ai valori morali del momento storico. La tendenza attuale va verso l’eliminazione, quanto prima possibile, di qualunque sofferenza fisica degli animali. Esistono sport prestigiosi che si sono evoluti da pratiche violente: ne è un esempio la scherma, che attualmente non comporta rischi fisici per chi la pratica. Nella corrida, la banderilla di ferro potrebbe facilmente essere sostituita da un bastone elettronico il cui contatto con l’animale produrrebbe lo stesso effetto in termini di spettacolo.

4. Il paragrafo 71 della relazione, proponendo semplicisticamente l’abolizione delle corride…

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Benché la protezione e il benessere degli animali siano importanti, anche per la correlazione tra la qualità della vita umana da una parte e la sicurezza alimentare e la qualità dei prodotti di origine animale dall’altra, occorre tenere conto di tradizioni e culture specifiche.

Condividiamo molte delle idee contenute nella relazione. La protezione degli animali, per esempio, è una manifestazione di umanità; il raggio d’azione della politica europea va esteso ad altre categorie oltre a quella degli animali da allevamento; si deve tenere conto delle peculiarità regionali e ambientali dell’Unione; si deve promuovere una politica trasversale di protezione degli animali che contempli legislazione, formazione professionale, sostegno finanziario e ricerca scientifica.

Vorremmo anche sottolineare, come fatto positivo, il riferimento alla necessità di tenere conto della dimensione degli allevamenti agricoli e dei costi addizionali che la protezione degli animali comporta. Gli agricoltori, soprattutto quelli piccoli e medi nonché quelli che operano in aziende tradizionali, devono essere compensati dei danni finanziari conseguenti all’applicazione di misure relative al benessere degli animali.

Per quanto riguarda le corride, dissentiamo dalla posizione della relatrice, perché non è giusto mettere tutto sullo stesso piano. Per esempio, non è giusto considerare allo stesso livello le corride in strada che si svolgono alle Azzorre e le corride in cui il toro viene ucciso, nonostante anche queste vadano comprese nel contesto di culture e tradizioni locali che possono evolvere in nuove prassi.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dal voto finale sulla relazione perché il Parlamento, come fa solitamente, ha tradotto le sue onorevoli intenzioni in una valanga di norme e regolamenti inapplicabili. Chi può controllare quanto tempo passano le mucche a pascolare nei prati? Chi può controllare l’età reale di un maialino prima della castrazione? La via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni!

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dell’emendamento del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei che prevedeva l’esclusione della parola “toro” dal paragrafo 71 della relazione Jeggle.

Ho votato così perché si deve evitare l’estinzione del toro da combattimento, la cui esistenza è garantita dall’istituzione della corrida.

Detto questo, mi ripugna lo spettacolo della corrida nella forma in cui viene praticato attualmente in Portogallo e in altri Stati membri dell’Unione. Questo spettacolo, sotto l’egida dell’effimera scusa della “tradizione”, banalizza la sofferenza degli animali sotto la parvenza dell’intrattenimento collettivo.

Come altri aspetti della vita quotidiana delle nostre società, anche la corrida deve evolversi e sbarazzarsi delle caratteristiche barbare che ha ereditato e che ancora la contraddistinguono. Nessun aspetto della vita pubblica dev’essere immune dal progresso e dall’evoluzione della sensibilità generale.

Conseguentemente, la risoluzione deve servire da monito nei confronti di chi rifiuta qualsiasi tipo di cambiamento nelle corride. E’ fondamentale che questa attività si modifichi il più rapidamente possibile in modo da non comportare più sofferenza per gli animali. In caso contrario il mio paese, il Portogallo, dovrà adottare misure drastiche di concerto con l’Unione.

Il modo in cui una società tratta gli animali rivela molte più cose di quanto non faccia il suo atteggiamento nei loro confronti; rivela il suo grado di civiltà, umanità e progresso.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Riteniamo che l’applicazione di una politica comunitaria volta a garantire la protezione e il benessere degli animali sia senz’alcun dubbio una delle responsabilità che spettano a un’unione di valori fondamentali.

Pertanto concordo con la relazione nei suoi aspetti principali e voterò a favore del documento nel suo complesso. Tuttavia non condivido l’idea, esposta nella motivazione della relazione, di creare un centro o un laboratorio comunitario per la protezione e il benessere degli animali. Spetta agli Stati membri garantire l’applicazione di una politica di protezione degli animali conforme alla strategia generale concordata a livello comunitario.

 
  
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  Jens Holm e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) Approviamo la proposta della Commissione di un piano d’azione volto alla tutela e al benessere degli animali per il periodo
2006-2010. E’ fortemente necessario apportare miglioramenti concreti alle condizioni in cui vivono gli animali e la proposta della Commissione contiene molti suggerimenti importanti. Purtroppo, dobbiamo osservare che la relazione dell’onorevole Jeggle non risponde alle grandi aspettative che aveva suscitato in noi perché, tra le altre cose, sottolinea che elevati standard di protezione comportano una competitività ridotta. Questo rischia di vanificare ogni possibilità, in pratica, di avere una politica progressista in questo settore. Oggi, pertanto, abbiamo deciso di astenerci dal voto finale sulla relazione.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Riteniamo che l’applicazione di una politica comunitaria volta a garantire la protezione e il benessere degli animali sia senz’alcun dubbio una delle responsabilità che spettano a un’unione di valori fondamentali.

Pertanto concordo con la relazione nei suoi aspetti principali e voterò a favore del documento nel suo complesso. Tuttavia non condivido l’idea, esposta nella motivazione della relazione, di creare un centro o un laboratorio comunitario per la protezione e il benessere degli animali. Spetta agli Stati membri garantire l’applicazione di una politica di protezione degli animali conforme alla strategia generale concordata a livello comunitario.

Analogamente, non condivido parte di quanto richiesto dal paragrafo 71 del progetto di relazione, ovvero porre fine ai combattimenti di cani, tori e galli a livello comunitario mediante l’attività legislativa comunitaria. A nostro avviso, deve spettare ai cittadini di ciascuno Stato membro l’ultima e decisiva parola, mediante elezioni nazionali o referendum, per decidere se vietare o meno le summenzionate attività nel territorio dei loro paesi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione, che contiene molte proposte sensate per migliorare il benessere degli animali. Tuttavia, non dobbiamo solo fissare standard elevati di benessere, dobbiamo anche farli osservare. L’applicazione delle leggi vigenti in materia è fin troppo lacunosa. La Commissione deve stimolare gli Stati membri ad applicare correttamente la normativa migliorando i controlli e irrogando sanzioni.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione d’iniziativa non regge per due ragioni. La prima riguarda la condanna – che per fortuna non è stata approvata – delle corride, perché questo argomento difficilmente giustifica un interessamento da parte dell’Unione. Considerato che non è in causa il soddisfacimento dei requisiti minimi richiesti a uno Stato membro dell’Unione, non credo che le Istituzioni comunitarie debbano emettere pareri in proposito.

Oltre a ciò, il tentativo di imporre a uno Stato membro, mediante “legislazione” comunitaria, le tradizioni e i valori culturali di un altro o il particolare punto di vista che uno degli Stati membri ha in merito a tradizioni o valori culturali diversi dai propri è segno di un atteggiamento arrogante e totalmente inaccettabile che non vorremmo mai vedere. Ciò prescinde dall’opinione che abbiamo sulle tradizioni in oggetto.

L’Unione si occupi di ciò che riguarda la Comunità e gli Stati membri si occupino di ciò che, per natura, ricade sotto la loro competenza.

 
  
  

– Relazione Ehler (A6-0272/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole collega Jan Christian Ehler sul seguito alla relazione sulla concorrenza nei servizi professionali. Nondimeno, mi sono astenuto su alcune disposizioni relative alla pubblicità in assenza di informazioni più precise sull’impatto della comunicazione sulla qualità professionale ed etica dei servizi, così come sul loro costo.

Condivido il punto di vista secondo cui è indispensabile inserire prestatori di servizi professionali nel mercato interno europeo, ma occorre tener conto delle specificità di tali professioni riguardo all’esigenza di offrire una particolare tutela al consumatore europeo in un mercato sempre più internazionale. Al di là di tali considerazioni, sembra assolutamente indispensabile fare in modo che i prestatori di servizi professionali siano maggiormente riconosciuti dalle Istituzioni politiche europee e abbiano il proprio posto nella logica dell’economia sociale di mercato in Europa.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’unico scopo di questa relazione è quello di valutare e promuovere riforme nel settore dei servizi professionali attraverso la deregolamentazione e l’eliminazione di tutte le barriere alla concorrenza. In altre parole si prefigge l’adempimento degli obiettivi di totale deregolamentazione e di consolidamento della concorrenza contenuti nella relazione Kok del novembre 2004 e inclusi nella revisione della strategia di Lisbona del 2005.

Si inserisce inoltre nel processo di liberalizzazione del settore dei servizi e di creazione di un mercato interno dei servizi, come proposto nella cosiddetta direttiva Bolkestein. In tale contesto, il punto di vista prevalente vuole che gli organismi professionali di autocontrollo siano un ostacolo alla libera prestazione di servizi.

Concordiamo sul fatto che alcuni di questi servizi siano di interesse generale e debbano essere considerati “beni” pubblici, e che, di conseguenza, siano necessarie norme che assicurino la qualità del servizio e proteggano gli utenti finali e i consumatori.

Per tale motivo non si deve compromettere il diritto degli Stati membri di disciplinare tali attività a livello nazionale o di autorizzare l’autoregolamentazione da parte di organismi professionali. Agli Stati membri deve essere riconosciuto il diritto di elaborare regolamentazioni basate su specificità tradizionali, geografiche e demografiche, o altre regolamentazioni particolari, ad esempio sulla pubblicità.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Le professioni liberali e intellettuali vengono così definite semplicemente perché si differenziano in molti modi da altri prestatori di servizi. Se da una parte occorre guidarle, per aiutarle a contribuire al massimo agli obiettivi di Lisbona e a rispettare i principi fondamentali della Convenzione, non si deve ignorare la loro individualità.

La relazione Ehler riconosce ampiamente tale individualità, e per questo motivo può contare sul mio appoggio. Per quanto riguarda la relazione, l’onorevole Ehler l’ha impostata in modo corretto, esigendo una discussione più articolata, così che a domande precise corrispondano risposte altrettanto precise, permeate da certezza giuridica. Questo nell’interesse degli utenti (imprenditori e consumatori/clienti), della concorrenza e delle relazioni collegiali in seno al gruppo professionale, così come nell’interesse generale.

 
  
  

– Relazione Varela Suanzes-Carpegna (A6-0302/2006)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del collega e amico Daniel Varela Suanzes-Carpegna sulle relazioni economiche e commerciali tra l’Unione europea e il Mercosur. Gli sono particolarmente riconoscente poiché ha accettato gli emendamenti concernenti il ruolo delle piccole e medie imprese nel capitolo “cooperazione” della proposta di accordo di associazione con il Mercosur, le relative implicazioni finanziarie, nonché il ruolo delle organizzazioni rappresentative delle PMI.

In un momento in cui i negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio sono a un punto morto e in cui l’Unione europea si prepara a negoziare accordi bilaterali, la relazione traccia il percorso di una cooperazione commerciale con questa parte molto importante del continente americano. Se l’accordo di associazione potesse essere finalizzato, creerebbe la più ampia zona di libero scambio tra le regioni del mondo, offrendo a entrambe le parti importanti opportunità per il commercio e quindi per la crescita economica, e migliorando al contempo la competitività internazionale di entrambi i mercati.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Nonostante le smentite, l’Unione europea moltiplica i negoziati commerciali bilaterali al fine di ridurre gli effetti negativi del prevedibile fallimento dei negoziati multilaterali del ciclo di Doha. Tali negoziati, comunque, hanno le stesse carenze di quelli dell’OMC: le concessioni da parte dell’Unione europea ai propri partner commerciali sono molto più importanti delle concessioni dei partner all’Unione europea, e l’agricoltura europea viene sacrificata senza alcuna garanzia di una reale apertura dei mercati stranieri ai prodotti industriali o ai servizi europei. Alcuni Stati del Mercosur si inseriscono già di fatto nel sistema di preferenze generalizzate dell’Unione europea, che offre loro un accesso al mercato europeo in franchigia doganale e di contingenti.

Ci si chiede del resto quale interesse possano avere questi futuri partner commerciali in tali accordi, visto che i costi di una mancata conclusione di un accordo sarebbero minimi in relazione all’attuale volume di scambi commerciali fra le due parti.

La ragione principale di tale accordo mi sembra essere pura e semplice vanità, la volontà di distinguersi creando la prima zona di libero scambio interregionale al mondo, presto estesa all’intero continente americano. Si tratta dell’ennesimo esempio della propensione di Bruxelles a far passare gli obiettivi ideologici prima di qualsiasi altra considerazione, in particolare economica e sociale.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. (SV) La Lista di giugno ritiene che un commercio più libero favorisca la prosperità mondiale. Il concetto di libero scambio, infatti, si basa sul principio che maggiore è il numero delle parti interessate, migliori saranno i risultati.

Questa relazione d’iniziativa contiene molti elementi utili capaci di favorire una maggiore prosperità. Sfortunatamente, come spesso accade in questo Parlamento, contiene anche formulazioni non pertinenti e inutili.

La relazione parla, ad esempio, degli elementi strategici della politica esterna collegati a un accordo, di aiuti e di maggiori poteri da attribuire al Parlamento sia nelle questioni commerciali che in quelle di politica esterna.

E’ un peccato che i punti summenzionati facciano passare in secondo piano quelli positivi che potrebbero essere realizzati. Pertanto, nel voto odierno, ho votato contro la relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di concludere un accordo di associazione e di stabilire una zona di libero scambio fra l’Unione europea e il Mercosur fa parte dell’odierna crociata volta ad aprire i mercati alla concorrenza globale nel quadro dell’attuale situazione di stallo dell’OMC.

La relazione riesce a esplicitare l’ambizione di predominio dell’Unione europea in America latina, in particolare nei paesi del Mercosur, nonostante la zona di libero scambio delle Americhe (ALCA) ma, faccio notare, senza comprometterla. Contraddizioni? Certamente no!

La maggioranza del Parlamento europeo cerca di portare tutti i settori in questa zona di libero scambio, compresi quelli conosciuti come le “questioni di Singapore”, ovvero investimenti, concorrenza, mercati pubblici e agevolazione del commercio. Inoltre questa maggioranza pretende che l’Unione europea sia un modello di integrazione per l’America latina.

Riteniamo che la liberalizzazione dei mercati metta in pericolo la sovranità delle persone e di (alcuni) Stati nella gestione delle risorse e nella scelta di un percorso di sviluppo nazionale da seguire. Con la liberalizzazione del commercio mondiale, il salario e i diritti dei lavoratori sono sotto pressione, la maggior parte dei piccoli e medi produttori agricoli e delle PMI è a rischio, mentre gli interessi delle grandi multinazionali e la concentrazione del capitale hanno assunto una posizione preminente.

Per questi motivi abbiamo votato contro la relazione.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Il libero scambio è l’agente di prosperità più importante al mondo, e più alto è il numero di paesi che vi partecipano, maggiore sarà la loro prosperità. L’inclusione di grandi parti del Sud America in una zona di libero scambio con l’Unione europea rappresenterebbe quindi un grande passo verso la prosperità e l’eliminazione della povertà.

La relazione d’iniziativa quindi contiene molte proposte utili, che potrebbero portare a una maggiore prosperità qualora venissero attuate. Come spesso accade in questo Parlamento, tuttavia, la relazione purtroppo contiene anche alcuni punti che mirano a far divenire l’Unione europea una superpotenza federale e ad aumentare il potere del Parlamento a scapito degli Stati membri. La relazione parla, ad esempio, degli elementi strategici della politica esterna collegati a un accordo, di aiuti e di maggiori poteri da attribuire al Parlamento sia in politica commerciale che in politica esterna.

Nonostante le forti obiezioni da me sollevate, ritengo sia meglio concludere, piuttosto che ostacolare, tale accordo di associazione interregionale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) In generale accolgo favorevolmente la relazione, che promuove il rilancio e il rafforzamento dell’associazione strategica biregionale con il Mercosur. Mira a rafforzare l’integrazione regionale quale asse prioritario di appoggio allo sviluppo in America latina, riconoscendo i principi di “reciprocità quasi totale” e di “trattamento speciale e differenziato” in funzione dei livelli di sviluppo e di competitività settoriale di entrambe le regioni. Raccomanda inoltre la graduale e reciproca liberalizzazione del commercio.

Ritengo, tuttavia, occorra una certa cautela nella liberalizzazione dei servizi (in particolare dei servizi pubblici), nonché un riconoscimento continuo delle specifiche necessità dei paesi in via di sviluppo. Se introdotta in maniera puntuale e graduale, la liberalizzazione è la soluzione capace di sbloccare il potenziale commerciale e stimolare la crescita economica a vantaggio di entrambe le parti. Ma non è fine a se stessa e non va vista come una panacea per tutti i problemi che incontrano i nostri partner.

 
  
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  Tobias Pflüger (GUE/NGL), per iscritto. – (DE) La relazione Varela Suanzes-Carpegna sembra la lista dei desideri stilata dalle mega-aziende europee e dalle imprese del settore agroindustriale del Mercosur, che mirano a stabilire, il più velocemente possibile, un’area di libero scambio UE-Mercosur. Né l’osservanza dei diritti umani, né gli effetti su ampie fasce della popolazione di entrambe le regioni sembrano avere alcuna importanza.

Se la relazione mette in evidenza i costi di un mancato accordo, non spende neanche una parola sui costi sociali di un’area di libero scambio UE-Mercosur, visto che gli accordi di libero scambio conclusi negli ultimi decenni dimostrano con estrema chiarezza che la liberalizzazione delle relazioni commerciali in essi stabilite non contribuisce affatto all’aumento della prosperità. I piccoli produttori sono fra i primi a rimetterci negli accordi di libero scambio, che facilitano l’accesso al mercato europeo solo a pochi prodotti dell’industria agricola.

Nel caso di appalti pubblici, servizi e norme di investimento, l’Unione europea passa all’offensiva, esigendo ad esempio un uguale accesso alle gare di appalto dei governi del Mercosur nei settori idrico, dei trasporti e dell’energia.

E’ evidente che l’Unione europea non ha alcun desiderio di porre al centro degli accordi di scambio con l’America latina questioni che riguardano i diritti umani e la democrazia; anzi, dà la priorità al libero scambio delle imprese, con la conseguenza che i settori più poveri della popolazione continueranno a perdere terreno.

Invece di una nuova tornata di negoziati per concludere l’accordo fra Unione europea e Mercosur, l’Unione europea dovrebbe iniziare un’analisi delle conseguenze sociali ed economiche delle misure di liberalizzazione in America latina.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La storia ci insegna che il commercio è un modo efficace per promuovere buone relazioni fra le nazioni e per aumentare lo sviluppo economico. Questa di per sé sarebbe una buona ragione per cercare di concludere un accordo con il Mercosur, come ho sostenuto sia negli interventi pubblici che nelle iniziative politiche con la Commissione. Vi sono altri fattori, ad esempio legami storici e culturali, che giustificano ulteriormente il nostro impegno in questa zona. Ci riferiamo in particolar modo al Brasile e alla fiorente comunità portoghese in Venezuela.

La recente adesione del Venezuela conferisce a questo accordo una nuova dimensione di politica esterna, poiché non si tratta solo di un paese produttore di petrolio, ma anche di un paese al quale l’Unione europea deve prestare particolare attenzione.

Il potenziale di progresso e di sviluppo economico di tale accordo è enorme, e per tale ragione, insistendo su una questione che ho seguito da vicino, condivido il desiderio del relatore che la Commissione concentri i propri sforzi sulla realizzazione di questo enorme spazio economico.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. – (EN) La pretesa è che la Commissione voglia un approccio equilibrato nelle relazioni con i paesi produttori di etanolo. Nei due casi concreti di cui sono a conoscenza, gli zuccherifici di Mallow e Carlow in Irlanda, tale equilibrio non risulta evidente.

Dal momento che il governo irlandese non è stato puntuale come avrebbe dovuto nei negoziati con la Commissione europea per il pacchetto di compensazione come parte della chiusura degli impianti di Mallow e di Carlow in base alle temporanee norme di ristrutturazione dell’industria dello zucchero, ci ritroviamo ora di fronte all’inflessibilità della Commissione circa la trasformazione di questi zuccherifici in impianti produttori di etanolo. In realtà, malgrado i ripetuti appelli al Commissario Fischer Boel per una possibile riconsiderazione della norma e per permettere la produzione di etanolo in questi impianti usando la barbabietola da zucchero disponibile, mi è stato assicurato che gli impianti verranno completamente smantellati.

 
  
  

– Situazione del settore delle bacche e delle ciliegie destinate alla trasformazione (B6-0525/2006)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Abbiamo votato contro la risoluzione dal momento che è concepita per limitare e rendere più difficile l’accesso di paesi terzi al mercato interno, nonché per introdurre nuove forme di aiuto all’agricoltura dell’Unione europea per il settore in questione.

Riteniamo che il mercato in generale debba essere aperto ai prodotti agricoli, che includono tra l’altro i frutti rossi e le ciliegie destinati alla trasformazione.

E’ scandaloso, infatti, che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sottoponga al Parlamento europeo, in maniera alquanto improvvisa, una proposta di risoluzione come questa, che parla di importazioni eccessive di frutti rossi da paesi terzi e cerca, fra le altre cose, di introdurre i seguenti punti:

– un accesso qualificato al mercato,

– meccanismi di aiuto ai raggruppamenti di produttori,

– clausole speciali di salvaguardia sui prezzi di entrata, e

– un sostegno finanziario per porre fine alle vecchie coltivazioni di frutti rossi e ciliegie nel caso di prolungati surplus di approvvigionamento.

Siamo assolutamente contrari a proposte di tale natura in questo Parlamento.

 
  
  

– Relazioni Gál (A6-0306/2006) e Kósáné Kovács (A6-0282/2006)

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) Voto contro entrambe le relazioni, dal momento che la relazione dell’onorevole Kósáne Kovács molto probabilmente sottolineerà che spetta all’Unione europea stabilire e attuare una politica estera e di sicurezza comune. Ritengo che le risorse disponibili dovrebbero essere spese per gli organismi esistenti come il Consiglio d’Europa, l’OSCE e la Corte europea dei diritti dell’uomo, piuttosto che per fare concorrenza a tali Istituzioni.

 
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