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Procedura : 2005/0028(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0035/2007

Discussioni :

PV 18/06/2007 - 15
CRE 18/06/2007 - 15

Votazioni :

PV 19/06/2007 - 8.22
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0259

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 19 giugno 2007 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Wallis (A6-0042/2007)

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) L’evoluzione del mondo del lavoro, la fragilità di settori come quello industriale, l’esplosione del settore dei servizi e la crescente mobilità della forza lavoro sono tutti fenomeni che obbligano il Parlamento europeo a operare a favore di una maggiore protezione dei lavoratori.

Già nel mese di dicembre, la relazione dell’onorevole Bachelot si proponeva di istituire un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione ed è dalla stessa volontà di tenere conto dei diritti dei lavoratori che nasce la direttiva sulla tutela dei lavoratori dipendenti in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Ogni anno, migliaia di salariati sono privati del loro reddito, talvolta anche per mesi, a causa del fallimento dell’azienda per la quale lavorano, con una conseguente situazione di disagio.

Questa direttiva permetterà di codificare tutte le regole relative alla tutela dei lavoratori dipendenti in caso d’insolvenza del datore di lavoro e si applicherà a tutti i rapporti di lavoro, qualunque sia il tipo di contratto.

Il completamento del mercato interno, talvolta accusato a torto di rafforzare l’insicurezza sul mercato del lavoro, al contrario può sollecitare la definizione di una legislazione efficace e la creazione di un sistema di tutela dei lavoratori dipendenti. E questa relazione, che sostengo, ne è la prova.

 
  
  

– Relazione Mayer (A6-0132/2007)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Sono molto lieto che abbiamo adottato la direttiva del Parlamento europeo relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro.

La versione codificata è stata redatta con un sistema di elaborazione dati a partire dal testo consolidato della direttiva 89/655/CEE.

E’ molto importante che i datori di lavoro debbano prendere sempre le misure necessarie per garantire la sicurezza e la tutela della salute dei dipendenti, grazie ad attrezzature e a condizioni di lavoro adeguate.

In particolare i nuovi datori di lavoro talvolta sono propensi a concentrarsi maggiormente sull’utile netto, piuttosto che investire in attrezzature per la sicurezza o creare condizioni di lavoro adeguate; di conseguenza, la salute e talvolta anche la vita dei dipendenti possono essere a rischio. Ora i datori di lavoro hanno un chiaro quadro normativo da rispettare; per questo mi compiaccio dell’adozione di questo testo, che rafforza inequivocabilmente la tutela della salute e della sicurezza nel luogo di lavoro.

 
  
  

– Relazione Mayer (A6-0201/2007)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Abbiamo adottato una proposta codificata basata sul testo consolidato preliminare della direttiva 83/477/CEE e successive modifiche.

Sono consapevole del fatto che il miglioramento della sicurezza, dell’igiene e della protezione della salute dei lavoratori prevede l’eliminazione dell’amianto e di tutti i materiali contenenti amianto dall’ambiente lavorativo, poiché questi materiali sono estremamente pericolosi per la salute umana, in quanto associati a effetti cancerogeni.

Dal consolidamento di questa direttiva emerge un testo vincolante che vieta l’utilizzo di amianto e materiali da esso derivati per lavori di costruzione, demolizione e riparazione e in generale migliorerà la situazione dei lavoratori esposti ad amianto. Mi compiaccio inoltre delle misure preventive studiate per proteggere la salute nel luogo di lavoro.

 
  
  

– Relazione Luis Manuel Capoulas Santos (A6-0231/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione in esame riguarda l’accordo nel settore della pesca con la Repubblica democratica di São Tomé e Príncipe in merito alle opportunità di pesca della Comunità per quattro anni, a partire dal giugno 2006. Ai sensi di questo accordo, il Portogallo detiene cinque licenze per la pesca del tonno con palangari di superficie.

Il nuovo accordo in esame prevede una riduzione complessiva del 32 per cento delle opportunità di pesca. Nel contempo, l’onere finanziario per gli armatori è aumentato – da 25 euro a 35 euro per tonnellata di pesce catturato – mentre l’onere finanziario per la Comunità si è ridotto dello stesso importo. Si tratta di misure che ci preoccupano seriamente, in vista del loro impatto sul settore.

A livello comunitario, queste condizioni significano accordi con opportunità di pesca sempre più limitate e oneri e responsabilità sempre maggiori per gli armatori. La questione dunque è in che modo tali accordi possano effettivamente contribuire al miglioramento della situazione economica nel settore della pesca nei vari Stati membri dell’UE.

Infine, abbiamo grosse riserve in merito all’emendamento n. 2 alla relazione, adottato dal Parlamento, che conferisce potere discrezionale alla Commissione per il ritiro di licenze in caso di mancata conformità ai requisiti. A nostro parere, deve restare in essere la procedura già in vigore per questo tipo di situazioni.

 
  
  

– Relazione Morillon (A6-0228/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’accordo in esame definisce le opportunità di pesca della Comunità per i prossimi sei anni nelle acque di Kiribati, mantenendo sostanzialmente le stesse condizioni dell’accordo di pesca del maggio 2003. L’accordo, che si riferisce esclusivamente al tonno, mantiene lo stesso numero di licenze disponibili per la flotta portoghese, vale a dire sei licenze per palangari di superficie, così come la distribuzione dei finanziamenti, con un contributo del 35 per cento da parte degli armatori.

Tuttavia, è importante citare il cambiamento dell’ambito di riferimento: i vecchi accordi di pesca con paesi terzi, di natura commerciale, sono stati sostituiti dai nuovi accordi di partenariato, con protocolli sulla pesca, che effettivamente funzioneranno sempre di più come aiuti allo sviluppo.

Desidero rilevare, a questo proposito, che le opportunità di pesca sono in costante diminuzione, mentre gli oneri finanziari per le imbarcazioni aumentano e le norme sulla pesca diventano sempre più severe, per cui la maggior parte delle flotte non sarà in grado di trarre pieno vantaggio da queste opportunità. Inoltre, le aziende dei paesi dell’UE in questo settore talvolta trasferiscono la produzione. Si tratta di una serie di questioni che sollevano in noi riserve e preoccupazioni, e che dovrebbero essere studiate e valutate più attentamente quando gli accordi in esame saranno attuati.

 
  
  

– Relazione Schnellhardt (A6-0035/2007)

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare nuovamente il relatore, l’onorevole Horst Schnellhardt, per aver negoziato un eccellente compromesso che oggi, grazie al cielo, ha ottenuto la necessaria maggioranza anche in Assemblea plenaria. A noi austriaci interessava in particolare la questione del Jagatee. Siamo riusciti, con i Ministri Pröll e Seehofer, a trovare in seno al Consiglio un compromesso che per noi è perfettamente praticabile. Anche gli amici tedeschi ora hanno una bevanda che possono produrre esclusivamente con il nome di Hüttentee. Credo che così la questione sia stata risolta nel miglior modo possibile e nella concordia generale.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE).(CS) Onorevoli colleghi, vorrei ringraziarvi per il fatto che qui in Parlamento cerchiamo di salvaguardare il patrimonio culturale dell’Europa. Nonostante le divisioni politiche, condividiamo l’obiettivo di garantire che le denominazioni tradizionali, tecniche o geografiche dei liquori siano accurate e che nessun altro prodotto possa utilizzare la stessa denominazione. Non stiamo solo salvaguardando la diversità culturale, ma tuteliamo anche i diritti dei consumatori. Ho votato affinché tutti i consumatori, ogniqualvolta ordinano un bicchiere di vodka, whisky, rum o slivovice ceco, possano essere certi di ricevere esattamente quello che vogliono bere.

Quindi ho votato a favore della possibilità di capire dalla formulazione sull’etichetta se si tratta o meno di un liquore tradizionale. Una bevanda prodotta dalle banane, ad esempio, piuttosto che da patate, cereali o melassa, non dovrebbe essere chiamata vodka alla banana, bensì bevanda alla banana o liquore alla banana. Forse non sarebbe così difficile difendere la vodka europea nell’OMC. I consumatori europei devono essere certi che quello che stanno acquistando è quello che hanno richiesto e non un’imitazione.

Allo stesso modo, per la Repubblica ceca è importante che l’etichettatura dello slivovice ceco, che tradizionalmente è distillato dalle prugne, non si possa utilizzare anche, ad esempio, per liquori distillati europei aromatizzati alla prugna grazie all’aggiunta di succo di prugna. Fidatevi, non si possono paragonare alle prugne distillate nello slivovice, e se qualcuno ha dei dubbi lo invito a venire nel mio paese ad assaggiarlo.

Chiedo che sia registrato il mio voto favorevole nell’ultima votazione nominale, perché la mia apparecchiatura purtroppo non funzionava.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, purtroppo la maggioranza dei deputati ha sostenuto una definizione più ampia di vodka. E’ la sconfitta di una tradizione secolare.

Il relatore e i deputati favorevoli alla definizione più ampia hanno sostenuto principi che porteranno alla produzione di vodka di qualità inferiore e gusto peggiore. A sua volta, questo potrebbe avere come conseguenza una vodka fabbricata con vari prodotti agricoli, compresi quelli di origine animale e i rifiuti post-produzione, pericolosi per la salute dei consumatori.

I prodotti come la vodka sono associati a determinate regioni del mondo, che spesso vantano una lunga tradizione nella loro fabbricazione. Si tratta di prodotti nazionali e non possiamo cercare di aggiustare le cose alla meglio introducendo definizioni ambigue, che è esattamente quello che abbiamo fatto oggi. Questa decisione è sbagliata.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Quando la Slovacchia ha aderito all’UE, ai produttori locali è stato chiesto di modificare la denominazione di bevande alcoliche e liquori. Pur non essendone eccessivamente entusiasti, i produttori si sono dimostrati disciplinati nel conformarsi alla richiesta di modifica. Il rum di loro produzione è diventato um; per mantenere la denominazione “rum” avrebbe dovuto essere prodotto con alcol distillato dalla canna da zucchero. Per motivi economici i produttori hanno preferito continuare ad utilizzare alcol distillato da cereali o melassa di barbabietola da zucchero. Questo è uno dei motivi per cui in Slovacchia invece del rum abbiamo l’um, un liquore aromatizzato al rum che la gente consuma per il suo sapore, che si è evoluto nell’arco di generazioni e non è cambiato dall’adesione all’UE.

Per questo capisco i colleghi di Polonia, Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania; per questo ho firmato e votato a favore dell’emendamento che richiede una definizione rigorosa della vodka, che preveda cereali, patate e, potenzialmente, melassa di barbabietola da zucchero come le uniche materie prime accettabili. Non considero accettabile il compromesso dell’onorevole Schnellhardt perché, pur senza modificare l’etichettatura della vodka prodotta da cereali, patate o melassa, prevede per i prodotti derivati da altre materie prime la dicitura con la denominazione “vodka a base di…” seguita dal nome dell’ingrediente originale.

Si tratta di una questione semplice e le definizioni UE dovrebbero essere altrettanto semplici. Poiché l’emendamento non è stato adottato, mi sono astenuta dalla votazione sulla relazione dell’onorevole Schnellhardt.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). (LT) Signor Presidente, vorrei parlare della relazione Schnellhardt. Non sono un’estimatrice della vodka, né desidero pubblicizzare il prodotto; tuttavia, credo che la soluzione di compromesso che abbiamo adottato oggi, come quella relativa alla definizione di vodka, sia un passo avanti. Ho votato a favore, benché il paese che rappresento, la Lituania, volesse una definizione molto più specifica.

A mio parere, le soluzioni che abbiamo adottato oggi non soddisfano pienamente le speranze dei consumatori e dei produttori di vodka della Comunità europea, in particolare della nostra regione. Tuttavia, ho votato a favore della proposta a patto che si trattasse di una soluzione di compromesso.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS).(DE) Signor Presidente, anch’io ho votato a favore della relazione dell’onorevole Schnellhardt, perché tutti i paesi – compreso il mio, l’Austria – hanno sviluppato le proprie specialità e bevande alcoliche, spesso regionali.

La questione del Jagatee è già stata citata. Per noi era molto importante perché a mio parere simili tradizioni, anche nel campo delle bevande alcoliche, appartengono all’identità nazionale di un paese.

La protezione dei metodi di produzione è anche una garanzia di elevata qualità e, naturalmente, una garanzia di protezione dei produttori e dei metodi di produzione consolidati. Il fatto che si sia posto fine alla cosiddetta “guerra della vodka” è stato per me un ulteriore motivo per votare a favore della relazione in esame.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il nuovo regolamento sulle bevande spiritose porterà maggiore chiarezza in merito alla definizione di questo genere di bevande e ai metodi utilizzati per produrle.

La relazione dell’onorevole Schnellhardt migliora la proposta della Commissione rendendola più chiara e includendo alcune bevande spiritose difficili da definire e altre che erano state omesse dalla proposta originale.

La relazione ha il nostro sostegno perché si tratta di un documento completo che comprende due bevande portoghesi inizialmente trascurate dalla Commissione, e precisamente rum da Madeira e poncha da Madeira.

Per quanto concerne la vodka, è stato deciso di votare per un emendamento che prevede un riferimento chiaro alle materie prime dalle quali viene prodotta quando non si utilizzano le materie prime tradizionali quali patate, cereali e melassa.

A nostro parere è una posizione corretta, perché promuove i valori della produzione originale tradizionale della vodka e perché è nell’interesse dei consumatori avere dei chiarimenti sui prodotti che consumano.

D’altro canto, si tratta anche di una posizione cautelativa, intesa a impedire che in futuro si presenti una situazione in cui vengano insidiate la produzione e la collocazione sul mercato, ad esempio, di una bevanda tradizionale portoghese.

Anche se questo emendamento non è stato adottato, noi appoggiamo la relazione. Si fa comunque riferimento, anche se meno chiaramente, alla materia prima utilizzata nella produzione di vodka.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Schnellhardt sulla proposta di un regolamento relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose perché ritengo fondamentale che i consumatori non vengano ingannati. A mio parere è importante che i produttori trasmettano informazioni chiare sulla natura del prodotto al fine di garantire una maggiore trasparenza nel mercato.

Lo scopo di adottare un regolamento unico che riunisca i due regolamenti esistenti è quello di perseguire una politica ben definita per le bevande spiritose, adeguando la legislazione attuale ai nuovi requisiti tecnici definiti anche dall’Organizzazione mondiale del commercio.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La Commissione ha adottato questa proposta di un regolamento inteso ad aggiornare la legislazione comunitaria applicata alle bevande spiritose che comprende la definizione di criteri per riconoscere nuove indicazioni geografiche. La proposta ha inoltre lo scopo di fornire informazioni chiare ai consumatori sulla natura del prodotto e obbliga i produttori a trasmettere tutte le informazioni necessarie per garantire che il consumatore non venga tratto in inganno.

Questo è stato uno dei testi che hanno richiesto una serie di compromessi all’ultimo minuto tra i vari gruppi politici per arrivare a una proposta accettabile di regolamento relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose.

Al centro della disputa c’era il significato del termine “vodka”. Alcuni affermavano che dovrebbe essere prodotta esclusivamente da cereali, patate e/o melassa di barbabietola da zucchero, mentre altri sostenevano che l’etichettatura avrebbe dovuto consentire ai consumatori di distinguere le materie prime utilizzate per la produzione.

Per quanto concerne il Portogallo, mi pare che non ci siano problemi in merito alle proposte contenute nel regolamento per quanto riguarda le indicazioni geografiche, che comprendono le varie forme di vino, acquaviti di vinaccia o pere, rum da Madeira, liquori di frutta di Algarve e Buçaco, ginjinha portoghese, liquore di Singeverga, anice portoghese e poncha da Madeira.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò a favore della relazione in esame. Capisco la necessità di una maggiore armonizzazione delle norme relative alla vodka e al whisky. Tuttavia, nel contempo mi auguro che continueremo a prestare attenzione ai disagi dei piccoli produttori di “liquore di mele e di pere” del Regno Unito, che in passato hanno subito ingiuste discriminazioni.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione intesa a promuovere l’applicabilità, la leggibilità e la chiarezza dell’etichettatura delle bevande spiritose.

Le bevande spiritose saranno dunque conformi ai nuovi requisiti tecnici, in particolare le regole e le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio.

L’obiettivo è quello di permettere ai produttori europei di bevande alcoliche di preservare l’indicazione d’origine geografica nel mercato mondiale.

Nel corso dei negoziati è stato possibile conservare la definizione di “rum agricolo”. Produttori e consumatori hanno approvato il compromesso, concernente in particolare i criteri di qualità. Nei dipartimenti d’oltremare francesi, la definizione di “rum agricolo” permette ai produttori di distinguersi dai concorrenti di paesi terzi. La denominazione “rum agricolo”, prodotto esclusivamente utilizzando succo di canna da zucchero, è una garanzia di qualità riconosciuta dai consumatori.

La soluzione individuata per la questione della vodka permette anche di preservare la denominazione “vodka tradizionale”, prodotta da cereali, patate o melassa, senza vietare la produzione effettuata utilizzando altri prodotti agricoli. In quest’ultimo caso, l’etichetta deve recare la dicitura “vodka a base di …”.

 
  
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  Jens Holm (GUE/NGL), per iscritto. (SV) Oggi ho votato contro la relazione dell’onorevole Schnellhardt nella votazione finale. Il punto di partenza è la situazione sociale in Europa, dove il consumo di alcol dev’essere ridotto. Occorre dare la massima priorità al miglioramento della salute pubblica. In questa situazione, è assurdo che il Parlamento europeo definisca la vodka e promuova quindi l’uso di una bevanda alcolica che è pericolosa per le persone se consumata in quantità consistenti.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) La battaglia della vodka si è combattuta a mezzogiorno in quest’Aula, durante il voto sulla revisione della legislazione sulle bevande spiritose, un voto nel quale il Parlamento europeo ha certamente dato prova di equità ma non di fermezza nella difesa del patrimonio enogastronomico.

Equità, perché il Parlamento europeo ha giustamente ritenuto che la vodka, bevanda alcolica tradizionalmente prodotta in Polonia, in Svezia, in Finlandia e negli Stati baltici, meriti la stessa tutela giuridica di altre bevande alcoliche a denominazione d’origine protetta, quali gin, whisky o cognac.

Confusione, perché i produttori che distillano la vodka in altro modo, senza utilizzare patate o cereali (pare che esistano dei fabbricanti in Italia, nel Regno Unito e addirittura in Belgio), potranno conservare la denominazione “vodka” per le loro bevande spiritose inserendo una semplice precisazione nell’etichetta.

In definitiva non sono i consumatori a risultare danneggiati in questa situazione, ma piuttosto una certa concezione del patrimonio culturale e delle tradizioni enogastronomiche fortemente radicate nelle nostre regioni e nei nostri territori. L’Europa deve pertanto stimolare vocazioni in queste filiere tradizionali e non far perdere le ultime illusioni ai produttori locali.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto.(SV) Oggi il Parlamento europeo ha votato sulla definizione di vodka. Il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, me compreso, aveva scelto all’inizio di votare a favore di una definizione ristretta di vodka, che dalla prospettiva dei paesi produttori dovrebbe contenere solo cereali e patate. Purtroppo, questo approccio rigoroso non è passato. In futuro sarà possibile utilizzare altre materie prime, come la vinaccia, per la produzione di vodka. E’ una formulazione che alla fine ho accettato, anche se non era la mia prima intenzione.

 
  
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  Marek Siwiec (PSE), per iscritto. – (PL) Il 19 giugno 2007 il Parlamento europeo ha votato sulla relazione dell’onorevole Horst Schnellhardt (PPE) che comprende, tra l’altro, la proposta di aggiornare la definizione piuttosto vaga di vodka in vigore dal 1989.

La definizione più recente di vodka, che compare nella relazione in esame ed è stata formulata dal Parlamento europeo in collaborazione con il Consiglio (sulla base di una proposta presentata dalla Presidenza tedesca) non è favorevole dal punto di vista dei paesi europei che sono considerati tradizionali produttori di vodka, in particolare la Polonia. Questa proposta permette infatti che la vodka venga prodotta da qualsiasi materia prima agricola, contrariamente alla tradizione e alla storia della produzione della vodka e alle richieste presentate dalla Polonia e dai paesi scandinavi.

Per questo motivo ho votato contro il compromesso elaborato dal Consiglio e dal Parlamento. Nel contempo, vorrei esprimere il mio sostegno per la riduzione dell’elenco delle materie prime per la produzione di questa bevanda, limitandolo esclusivamente a cereali, patate e barbabietola da zucchero.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Mi hanno assicurato che il compromesso raggiunto non andrà a svantaggio del whisky scozzese. Quindi appoggio la relazione in esame.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto.(PL) Intendo votare contro la relazione dell’onorevole Schnellhardt sulla definizione, designazione, presentazione ed etichettatura delle bevande spiritose.

Una definizione ampia della vodka indubbiamente ne danneggia la reputazione, in quanto pone un rischio reale per la sua qualità. Inoltre, l’introduzione sul mercato di vodka non prodotta con gli ingredienti tradizionali, ma che beneficia della reputazione della vodka prodotta da cereali e patate, è fuorviante per i consumatori. Per quanto li riguarda, l’uso dell’etichetta “vodka” implica che si tratta di un prodotto affidabile e di alta qualità, realizzato utilizzando cereali e patate.

La delegazione polacca in seno al PSE ha fatto il possibile per garantire che la definizione della vodka rispettasse gli interessi polacchi e abbiamo sollecitato il rispetto delle ricette tradizionali e dei metodi regionali nella produzione di bevande spiritose. Tuttavia, la nostra posizione non ha ottenuto il sostegno della maggioranza parlamentare.

 
  
  

– Relazione Svensson (A6-0157/2007)

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Occorre creare uno strumento per standardizzare le norme applicabili al commercio sul mercato comunitario di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono, e vietarne completamente l’utilizzo, l’importazione e l’esportazione nell’area comunitaria.

Questa esigenza non è dettata solo dalla considerazione etica che tali animali possono essere animali da compagnia, ma anche dalla necessità di garantire un livello adeguato di tutela e di rispetto per il benessere degli animali, ignorato dai metodi crudeli di allevamento e macellazione utilizzati.

Occorre ripristinare la fiducia dei consumatori e dei commercianti di pellicce europei, un obiettivo che si può raggiungere solo mediante una legislazione comune che vieti questo commercio, chiarendo gli obblighi di legge in tutti gli Stati membri per quanto concerne il divieto della vendita e distribuzione di pellicce di cane e gatto ed eliminando le barriere al regolare funzionamento del mercato interno nel settore delle pellicce nel suo complesso.

Tenendo presente il fatto che i cittadini europei si preoccupano per questo commercio illecito e immorale, ritengo che l’adozione da parte dell’Unione di una serie di misure pratiche in questo campo contribuirebbe ad avvicinare maggiormente i cittadini alle istituzioni europee.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Svensson perché ritengo che con la definizione di una serie di misure che vietano l’uso di pellicce di cane e gatto contribuiremo a mettere fine a questo commercio profondamente crudele.

Inoltre, credo che sia fondamentale stabilire metodi di analisi a livello comunitario per monitorare con efficacia l’origine delle pellicce di cane e gatto e vietarne l’importazione e l’esportazione da e verso il mercato europeo. Quindi non ha senso prevedere qualsivoglia genere di deroga intesa a creare esenzioni quando si tratta di collocare sul mercato queste pellicce.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Facendo seguito a un gran numero di petizioni e a diverse espressioni di preoccupazione da più parti, il presente regolamento propone di vietare la commercializzazione, l’importazione e l’esportazione da e verso la Comunità di pellicce di cane e gatto e dei prodotti che le contengono. Il divieto si sostituirebbe alle diverse misure attualmente in vigore in molti Stati membri al fine di proibire la produzione e/o la commercializzazione di pellicce di cane e di gatto. La proposta si prefigge altresì di garantire che le informazioni relative a nuovi metodi per identificare le pellicce di cane e gatto rispetto ad altri tipi di pelliccia siano messe a disposizione della Commissione e siano oggetto di scambio fra gli Stati membri.

La relatrice è decisamente favorevole alla proposta, pur sottolineando l’esigenza di eliminare in modo netto qualsiasi scappatoia giuridica che indebolisca il divieto di commercializzazione e importazione nella sua forma attuale, di rafforzare i controlli alle frontiere e di inasprire le sanzioni amministrative – e laddove possibile anche penali – da parte degli Stati membri al fine di creare un contesto realmente dissuasivo in grado di contrastare in modo certo questo commercio vergognoso e illegale.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore del divieto all’importazione nell’UE e all’esportazione dall’UE di pellicce di cane e di gatto (e di prodotti che le contengono) a partire dal 31 dicembre 2008. In questo caso è particolarmente importante che non si concedano deroghe e che il regolamento non contribuisca alla promozione del commercio di pellicce.

Respingo l’idea dell’obbligo di etichettatura, in quanto insufficiente e troppo costosa.

Inoltre, ho votato a favore di sanzioni penali concrete, quali confische e revoche di licenze, e mi auguro che gli Stati membri stabiliscano queste sanzioni e ne garantiscano l’applicazione. Occorre un regolare scambio di idee in merito all’attuazione del regolamento.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Occorre un divieto totale alle importazioni di pellicce di gatto e cane nell’UE. Per questo motivo non posso approvare le deroghe suggerite dalla Commissione, mentre do il mio pieno sostegno alla relazione.

 
  
  

– Relazione Hökmark (A6-0193/2007)

 
  
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  Liam Aylward, Brian Crowley, Seán Ó Neachtain e Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) Accogliamo con favore la relazione dell’onorevole Hökmark sulla “banda larga”. Abbiamo sostenuto gli emendamenti che richiamano l’attenzione sulla necessità che le autorità pubbliche facciano il possibile per garantire ai cittadini l’accesso alla banda larga. I vantaggi della banda larga devono essere estesi a tutti i settori della popolazione europea, ivi compresa l’Irlanda. Siamo convinti che le autorità pubbliche svolgano un ruolo cruciale nel garantire e nell’accelerare l’utilizzo della banda larga e l’accesso alla stessa nelle regioni economicamente meno sviluppate, dove sarebbe più difficile creare infrastrutture TIC disponibili a un costo abbordabile e di livello sufficiente a fornire i servizi necessari, in particolare nei distretti rurali. L’accesso generalizzato alla banda larga è un requisito essenziale per lo sviluppo sociale ed economico e la coesione, nonché per il miglioramento dei servizi pubblici. I vantaggi della banda larga non dovrebbero essere riservati a pochi, e l’“esclusione informatica” andrebbe evitata a ogni costo.

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Mi dispiace che la relazione dell’onorevole Hökmark non abbia tenuto conto dei numerosi suggerimenti della commissione per lo sviluppo regionale, di cui sono relatrice.

In questo modo, passa in secondo piano la preoccupazione della Commissione europea che “nonostante l’aumento generale delle connessioni a banda larga, l’accesso nelle regioni remote e rurali è limitato a causa del costo elevato in rapporto alla scarsa densità della popolazione e alla distanza”, e dunque la ricerca di soluzioni.

Dobbiamo riconoscere che in determinati territori dell’UE – zone isolate e rurali e nuovi Stati membri – esistono difficoltà nel mercato che giustificano l’intervento dei poteri pubblici e in particolare delle autorità locali e regionali grazie ai Fondi strutturali. Ne ho avuto esperienza nella regione del Limousin, con il progetto DORSAL. Dunque, sono soddisfatta per l’adozione dei due emendamenti socialisti che ristabiliscono la realtà dei fatti, perché in effetti è in queste zone remote che le TIC sono più necessarie e utili, in quanto permettono di garantire che le distanze non rappresentino più un ostacolo, agevolando le relazioni tra utenti e servizi, clienti e fornitori, cittadini e istituzioni pubbliche, come pure di ridurre i costi e i tempi previsti nelle prestazioni dei servizi.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Hörkmark sulla messa a punto di una politica europea in materia di banda larga, perché è molto importante incoraggiare le iniziative che favoriscono l’accesso di tutti a Internet e, in generale, alla conoscenza.

Conformemente agli obiettivi di Lisbona, è essenziale sviluppare le tecnologie dell’informazione e tra queste la banda larga. Anche se l’accesso alle nuove tecnologie nelle regioni più isolate è un obiettivo al quale l’Unione europea deve dedicarsi, occorre comunque tenere conto anche delle persistenti disparità all’interno di una stessa regione in materia di nuove tecnologie. Esistono ancora numerosi villaggi che, troppo lontani dai centri urbani, non dispongono sempre dell’accesso a Internet, oppure hanno ma un accesso troppo lento che non permette connessioni soddisfacenti, benché la regione cui appartengono sia globalmente ben servita.

Nello spirito di coesione, si dovrebbe tenere conto maggiormente di queste disparità infraregionali al fine di combattere il divario digitale.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto.(SV) Nella sua dichiarazione esplicativa sulla relazione, il relatore presenta due argomenti contraddittori. Da un lato, afferma che non è compito dell’UE finanziare lo sviluppo della banda larga. Dall’altro, sostiene che le politiche dell’UE devono favorire un ritmo d’innovazione più rapido in questo settore, per fare dell’Europa il mercato più dinamico del mondo.

L’idea di condurre una politica per la banda larga a livello UE con le risorse generali è di per sé insostenibile. Che cosa accadrebbe se questa politica dovesse fallire, com’è capitato con la strategia di Lisbona?

Innanzi tutto, la Lista di giugno ritiene che lo sviluppo della banda larga sia compito del mercato. Sono gli attori sul mercato che attraverso lo sviluppo tecnologico nel quadro della libera concorrenza devono garantire che si crei una domanda per i loro servizi. In secondo luogo, la Lista di giugno ritiene che gli obiettivi politici in quest’area debbano essere formulati e attuati a livello nazionale, nel quadro della concorrenza istituzionale, al fine di elaborare soluzioni costruttive per incoraggiare lo sviluppo della banda larga.

Quindi, la Lista di giugno vota contro la relazione nel suo complesso.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Accogliamo con favore l’adozione del nostro emendamento inteso a considerare che “l’accesso generalizzato alla banda larga è un presupposto essenziale per lo sviluppo sociale e il miglioramento dei servizi pubblici e che le autorità pubbliche dovrebbero fare il possibile per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso alla banda larga, consentendo così di estenderne i vantaggi a tutte le fasce della popolazione, in particolare nelle aree meno sviluppate dell’Unione.” Tuttavia, siamo delusi perché sono stati respinti altri emendamenti da noi presentati, tra cui:

– “considerando che alcune zone di regioni ultraperiferiche e fortemente frammentate dal punto di vista geografico non hanno ancora accesso a infrastrutture TIC fondamentali quali l’accesso a Internet a banda larga; questo vale, ad esempio, per il gruppo delle Azzorre occidentali (Flores e Corvo), che deve subire maggiori limitazioni a causa della sua lontananza e pertanto è penalizzato due volte”,

– e “ritiene necessario tenere conto delle differenze tra singole regioni ultraperiferiche, come ad esempio le limitazioni imposte dalla frammentazione geografica del genere esistente nelle Azzorre e nelle Isole Canarie, che implica la necessità di garantire il diritto di accedere a infrastrutture TIC essenziali quali l’accesso a Internet a banda larga in tutte le zone delle regioni ultraperiferiche e a tutti i loro abitanti.”

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. (PL) Voto a favore della relazione dell’onorevole Gunnar Hökmark sulla messa a punto di una politica europea in materia di banda larga [2006/2273(INI)].

Il relatore sottolinea giustamente che lo sviluppo di connessioni Internet a banda larga contribuirà alla creazione di sistemi sanitari avanzati e globali, nonché a un migliore accesso alla formazione professionale e ai servizi amministrativi statali. Fornendo a 500 milioni di cittadini europei il collegamento a banda larga, l’Europa avrà l’opportunità di diventare la principale economia basata sulla conoscenza a livello mondiale. Appoggio pienamente l’appello rivolto agli Stati membri di promuovere la banda larga in tutte le scuole, le università e le istituzioni scolastiche.

Ritengo che il miglioramento delle infrastrutture della banda larga dovrebbe essere una priorità e che occorra stanziare un ammontare consistente di risorse a questo fine. Inoltre, sono convinto che i fondi dell’Unione europea dovrebbero essere utilizzati per ammodernare o sostituire reti a banda larga che non forniscono accesso per un sufficiente volume di traffico.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il dinamismo delle economie regionali dipende fortemente dal livello di sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, tra cui l’accesso a Internet mediante la connessione a banda larga ad alta velocità.

L’Unione europea deve svolgere indiscutibilmente un ruolo rilevante nella promozione, presso i suoi Stati membri e le sue regioni, della lotta contro il “divario digitale”, per ridurre il divario che separa i singoli, le imprese e i territori in termini di accesso alla società della conoscenza. Gli aiuti pubblici, erogati nel quadro di partenariati pubblico-privati, devono raggiungere in via prioritaria le zone mal servite.

Le connessioni senza fili e le comunicazioni cellulari e satellitari possono portare la banda larga in zone tradizionalmente escluse dalle reti fisse, offrendo altresì soluzioni interessanti e a buon mercato per le popolazioni che vivono in territori isolati o difficilmente accessibili, quali le regioni insulari, di montagna e, naturalmente, ultraperiferiche.

Nelle regioni ultraperiferiche queste tecnologie sono ancora più utili che altrove, in quanto permettono di garantire che le distanze non rappresentino più un ostacolo e di ridurre i costi e i ritardi, facilitando le relazioni tra utenti e prestatori di servizi, clienti e fornitori o ancora tra cittadini e autorità pubbliche.

 
  
  

– Relazione Quisthoudt-Rowohl (A6-0206/2007)

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS).(DE) Signor Presidente, ci siamo astenuti dalla votazione sulla relazione dell’onorevole Quisthoudt-Rowohl, benché naturalmente vediamo con favore il fatto che gli scambi commerciali tra Russia e Unione europea lo scorso anno siano aumentati del 20 per cento e singoli Stati membri collaborino più strettamente con la Russia, ad esempio nel settore del petrolio e del gas. Si dovrebbe perseguire un miglioramento della collaborazione in generale, anche se l’attenzione di entrambe le parti dovrebbe rivolgersi in particolare alla soluzione della questione dell’embargo sulla carne. Innanzi tutto, è indispensabile confutare immediatamente le accuse russe di scarsa qualità e contrabbando di carne, per creare i presupposti per i negoziati in vista dell’accordo sul partenariato strategico in scadenza a fine anno.

Le forniture di energia vengono certamente utilizzate come arma strategica e politica, come ci dovrebbe risultare evidente dal conflitto tra Russia e Ucraina, se non era già sufficientemente chiaro. A questo proposito, noi europei dovremmo cominciare a riflettere su una linea unitaria e su una strategia politica per tenere testa alla Russia con una posizione chiara, nel caso prevedibile che simili situazioni si ripetano. Comunque, non dovremmo dimenticare che la nostra dipendenza è reciproca e che il nostro obiettivo dev’essere quello di costruire un asse sostenibile tra Europa e Russia, che a mio parere non dovrebbe valere solo per le relazioni commerciali.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) A mio parere, agli operatori di servizi con tecnologia a banda larga dovrebbe essere imposto l’obbligo di fornire un servizio pubblico. Poiché vivo in un villaggio nel Gloucestershire e ho avuto accesso alla banda larga solo negli ultimi dodici mesi, conosco le conseguenze economiche dell’esclusione. Capisco che l’installazione della banda larga debba partire dalle regioni più popolose e accessibili, ma non dovrebbe interrompersi finché non arriva a coprire oltre il 99 per cento della popolazione. Non si può consentire ai fornitori di servizi di scegliersi le zone dove operare senza che questo comporti conseguenze negative per le regioni periferiche e le loro economie. Voterò a favore della relazione perché va molto avanti nella direzione giusta, fin quasi a raggiungere la mia destinazione finale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione rispecchia l’attuale clima di contraddizioni intercapitalistiche tra le maggiori potenze dell’UE e la Russia. La relazione propone la linea dell’intervento in Russia – dimostrando di non essere nient’altro che una guida alla politica neoliberale – al fine di indurre la Russia ad assecondare gli interessi e le ambizioni dei maggiori gruppi economici e finanziari nell’UE.

Prendiamo, ad esempio, la critica significativa della “proposta di legge introdotta di recente nella Federazione russa, che autorizza il governo a respingere le offerte straniere di acquisto di partecipazioni di maggioranza di società russe, vietando in tal modo le partecipazioni estere superiori al 49 per cento in società attive in 39 settori strategici”. La maggioranza nel Parlamento “si interroga su tale scelta e sul numero crescente di settori classificati come strategici ed essenziali per la sicurezza nazionale” in Russia.

Inoltre, forse perché risultavano troppo evidenti le reali intenzioni della relazione, è stato eliminato il seguente paragrafo: “ritiene che tale proposta non rappresenti un’azione volta a migliorare il clima per gli investimenti e sollevi questioni fondamentali concernenti il ruolo dello Stato nell’economia di mercato e la concorrenza in settori chiave dell’economia; ritiene che, in Russia come in altri paesi, sia il mercato a poter meglio determinare la questione dell’assetto della proprietà societaria”.

Occorre forse dire qualcos’altro?

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’importanza della Russia per l’UE si basa su una combinazione di fattori quali la sua geografia, le sue dimensioni, la sua posizione strategica, la sua importanza in termini di approvvigionamento energetico, nello specifico in quanto alternativa alle fonti di energia ubicate in Medio Oriente, i ricordi particolarmente freschi nella maggior parte degli Stati membri che hanno aderito all’UE negli ultimi due round di allargamento, il commercio, e naturalmente, il suo ruolo nelle relazioni internazionali. Riguardo a tutti questi fattori occorre essere realistici. Ma il realismo non dev’essere confuso con il fatto di ignorare le difficoltà né con l’assenza di un quadro di valori. Benché si siano registrati dei miglioramenti in alcune aree, la Russia di oggi è ben lontana dall’essere una democrazia libera e aperta che rispetta pienamente i diritti umani.

Plaudo dunque al modo in cui l’UE è riuscita a parlare con una sola voce al recente Vertice UE-Russia, sollevando una serie di preoccupazioni e di interessi degli Stati membri. Benché i risultati ottenuti non siano ideali, è preferibile un approccio come questo, un approccio che riconosca la molteplicità degli interessi europei, che li rappresenti e che rimanga fedele al suo quadro di valori.

 
  
  

– Relazione Ferreira (A6-0176/2007)

 
  
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  Eoin Ryan (UEN).(EN) Signor Presidente, il voto di oggi sulla relazione dell’onorevole Ferreira è un’ulteriore dimostrazione dell’incessante attacco ai paesi europei che applicano regimi agevolati di tassazione delle persone giuridiche. L’introduzione di una base imponibile consolidata comune per le società avrà come conseguenza una maggiore distribuzione di introiti derivanti dalla tassazione delle imprese ai ministeri delle Finanze degli Stati membri più grandi, a spese di altri. Anche se otto o più paesi concordassero una base imponibile consolidata comune per le società, questa a sua volta avrebbe l’effetto di invalidare i trattati fiscali bilaterali vigenti con gli Stati membri che scelgono di partecipare ad un accordo di questo tipo.

Alcuni Stati membri stanno già prendendo provvedimenti affinché le società siano soggette a imposizione nel paese dove vendono i loro prodotti. Questa sarebbe una notizia molto brutta da una prospettiva irlandese, perché molte delle grandi aziende in Irlanda producono esclusivamente beni e servizi nuovi che vengono venduti negli Stati membri più grandi dell’UE. Non devono esserci dubbi – in particolare dopo i recenti commenti molto ostili e negativi del ministro delle Finanze tedesco – sul fatto che l’Irlanda e altri paesi che applicano regimi fiscali agevolati alle imprese devono combattere una vera battaglia per mantenere in essere questa struttura fiscale favorevole alle imprese, che ha consentito di mantenere elevato il tasso di occupazione e basso quello di disoccupazione, ed è stata uno dei pilastri di un’economia di successo.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Ferreira perché al punto 13 la relatrice propone l’introduzione di una base imponibile consolidata per tutta l’UE. A mio parere, una base imponibile consolidata è il primo passo verso il consolidamento delle aliquote dell’imposta sui redditi societari, con implicazioni negative dovute alla diminuzione delle pressioni competitive cui sono esposti gli Stati membri.

A mio parere, la concorrenza è necessaria poiché induce gli Stati a introdurre le opportune riforme. Il mio paese, la Slovacchia, sta vivendo un boom economico grazie alle numerose riforme attuate dal precedente Primo Ministro Mikuláš Dzurinda. La Slovacchia è un esempio di come norme semplici, trasparenti, neutrali generino maggiori introiti per il governo. Il gettito fiscale non dipende semplicemente dalle aliquote fiscali, ma innanzi tutto da un’ampia base imponibile e dal numero di esenzioni, agevolazioni, regimi speciali, eccetera. Per questo motivo mi oppongo fermamente a qualsiasi armonizzazione dell’imposta sui redditi societari.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il Parlamento tende ad utilizzare le relazioni settoriali annuali, in questo caso la relazione sulla politica di concorrenza 2005, per presentare le sue posizioni massimaliste. Questa volta lo fa in relazione all’idea di attuare la liberalizzazione dell’intero settore energetico entro il 1o luglio 2007, in relazione all’armonizzazione della tassazione delle imprese (con una base imponibile consolidata comune per le società) e in relazione alla riduzione e al controllo degli aiuti di Stato, una caratteristica distintiva della politica di concorrenza dell’UE. Inoltre, si propone di modificare le norme sulla concorrenza quando bloccano la concentrazione e l’accentramento del capitale. Tutto questo nel nome della neoliberale agenda di Lisbona. Pertanto, noi votiamo contro.

Vale la pena di mettere in evidenza due punti in particolare. Primo, desideriamo ribadire la nostra opposizione a cambiamenti di strategia in relazione alle fusioni e all’impatto della concorrenza. Questi cambiamenti sono intesi a incoraggiare multinazionali europee ancora più grandi a competere a livello mondiale, invece di valutare l’impatto della concentrazione di imprese nei mercati nazionali, mentre si continuano a criticare i “monopoli” e le autorità pubbliche. Il valore di fusioni e acquisizioni è triplicato dal 2003. Secondo, c’è stato un tentativo dissimulato di applicare le norme sulla concorrenza ai servizi di interesse generale.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro il paragrafo 13 e contro la relazione sulla politica di concorrenza 2005 nel suo complesso. Mi oppongo all’introduzione di una base imponibile consolidata comune per le società, in quanto ritengo che sarebbe un primo passo verso l’armonizzazione fiscale.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La politica di concorrenza dell’Unione riveste un’importanza cruciale in un’economia di mercato aperta.

Le misure in materia di equo commercio di beni e servizi, quali le riduzioni dei prezzi, la maggiore qualità, la scelta per i consumatori e l’importante sviluppo dell’innovazione tecnologica, sono presupposti fondamentali per trarre il massimo vantaggio dall’apertura dei mercati.

Oggi abbiamo votato per una maggiore chiarezza delle regole di concorrenza e una maggiore certezza legale, affinché si possa trarre il massimo vantaggio da tutte le misure prese per migliorare l’efficacia, la trasparenza e la coerenza di questa politica. L’impostazione attuale tende ad andare al di là di una prospettiva puramente formale per quanto concerne le norme sulla concorrenza, affinché possiamo valutare meglio gli effetti reali o potenziali di determinate prassi o di cambiamenti strutturali nelle società. Il decentramento è un’ulteriore tendenza positiva a questo proposito. Quindi ho votato a favore della relazione dell’onorevole Ferreira.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) L’EPLP ritiene che l’impostazione generale della relatrice sia giusta. Tuttavia, sulla questione della base imponibile consolidata comune per le società, l’EPLP è da tempo dell’opinione che si tratti di un caso di sovranità nazionale. Quindi abbiamo votato contro la seconda parte del paragrafo 13.

 
  
  

– Relazione Wallis (A6-0203/2007)

 
  
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  Godfrey Bloom (IND/DEM), per iscritto. – (EN) L’UKIP si rifiuta di sostenere la raccomandazione dell’inchiesta sulla Equitable Life per una serie di motivi. In primo luogo, le raccomandazioni comprendono una politica di regolamentazione comune di concezione analoga alla politica agricola comune e alla politica comune della pesca, che si sono dimostrate disastrose.

Inoltre, una raccomandazione prevede che i contribuenti dovrebbero risarcire i titolari di polizze Equitable Life ma non i titolari di polizze dell’Istituto di previdenza nazionale né gli aderenti a piani pensionistici istituzionali falliti, i cui argomenti non sono meno convincenti.

 
  
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  Michael Cashman e Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo ha appoggiato l’istituzione di questa commissione perché riteneva che il Parlamento potesse cogliere l’opportunità di fornire chiarimenti e trarre insegnamenti dalla crisi di Equitable Life e dare una voce alle vittime. La relazione omette diversi fatti relativi alla crisi e alle sue conseguenze, per cui il risultato finale non è equilibrato. Inoltre, la relazione è stata utilizzata dai partiti di opposizione per attaccare il governo laburista e ingannare i titolari di polizze creando false aspettative.

Questo voto è sulla raccomandazione di adottare le conclusioni della relazione e non sulla relazione stessa; dopo il voto della commissione non ci sono state ulteriori opportunità di modificare né di migliorare il testo. Quindi l’EPLP si astiene.

 
  
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  Derek Roland Clark (IND/DEM), per iscritto. – (EN) L’UKIP si rifiuta di sostenere la raccomandazione dell’inchiesta sulla Equitable Life per una serie di motivi. In primo luogo, le raccomandazioni comprendono una politica di regolamentazione comune di concezione analoga alla politica agricola comune e alla politica comune della pesca, che si sono dimostrate disastrose.

Inoltre, una raccomandazione prevede che i contribuenti dovrebbero risarcire i titolari di polizze Equitable Life ma non i titolari di polizze dell’Istituto di previdenza nazionale né gli aderenti a piani pensionistici istituzionali falliti, i cui argomenti non sono meno convincenti.

 
  
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  Bert Doorn (PPE-DE), per iscritto. – (NL) In quanto membro della commissione d’inchiesta, ho considerato gli aspetti qualitativi della legislazione.

La commissione d’inchiesta ha concluso che, pur monitorando la trasposizione formale, la Commissione non controlla a sufficienza l’applicazione. La legislazione viene recepita correttamente e in modo tale da garantire che la sua applicazione sia conforme agli obiettivi della legislazione europea?

Anche noi, in quanto membri del Parlamento europeo, dovremmo controllare in misura molto maggiore come viene applicata la legislazione negli Stati membri, una volta che l’abbiamo approvata. A mio parere, il relatore responsabile dovrebbe monitorare che cosa accade successivamente negli Stati membri e suonare un campanello d’allarme quando le cose non vanno bene e, se necessario, invitare la Commissione a prendere provvedimenti. Consiglierei anche di includere i parlamenti nazionali.

La cooperazione strutturata tra gli Stati membri relativamente agli organi di supervisione nazionali lascia molto a desiderare. Non si tratta solo della supervisione nel campo dei mercati finanziari, ma anche in tutti gli altri campi. Negli Stati membri, il numero di supervisori indipendenti è in crescita. Ma il problema è: chi sorveglia questi supervisori? E chi supervisiona la qualità della cooperazione transfrontaliera tra supervisori? Non è su questo punto che la Commissione europea potrebbe svolgere un ruolo sostanziale?

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Mi asterrò dal voto su questa relazione. Quando è stata istituita la commissione d’inchiesta, pensavo che sarebbe stata un’occasione importante per trarre validi insegnamenti dal “quasi crollo” della Equitable Life e fornire qualche spiegazione a coloro che ne sono state le vittime. Il problema è che la relazione delude, con peccati di omissione e commissione. Crea false aspettative e speranze nei titolari delle polizze ed è stata utilizzata in un modo manifestamente politico per attaccare il governo. Trattandosi di una relazione di una commissione d’inchiesta, dove il nostro Regolamento non prevede la possibilità di presentare emendamenti, in tutta coscienza non posso votare a favore della relazione.

 
  
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  Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. – (EN) L’UKIP si rifiuta di sostenere la raccomandazione dell’inchiesta sulla Equitable Life per una serie di motivi. In primo luogo, le raccomandazioni comprendono una politica di regolamentazione comune di concezione analoga alla politica agricola comune e alla politica comune della pesca, che si sono dimostrate disastrose.

Inoltre, una raccomandazione prevede che i contribuenti dovrebbero risarcire i titolari di polizze Equitable Life ma non i titolari di polizze dell’Istituto di previdenza nazionale né gli aderenti a piani pensionistici istituzionali falliti, i cui argomenti non sono meno convincenti.

 
  
  

– Relazione Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0209/2007)

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE), relatore. (EL) Signor Presidente, vorrei sottolineare la mia opposizione agli emendamenti 7 e 8. Il voto non è stato controllato e desidero esprimere la mia opposizione, perché il loro contenuto non è pertinente in quanto riguarda il principio di sussidiarietà. Personalmente ritengo che il riferimento a eccezioni indebolisca il principio della parità di trattamento.

Mi auguro che la relazione dia buoni risultati e sia di aiuto a tutti, senza eccezioni.

 
  
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  Alexander Lambsdorff (ALDE).(DE) Signor Presidente, per i deputati del partito liberal-democratico tedesco la relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou tratta un tema molto importante, ossia le misure che consentono di conciliare la vita familiare con gli studi. Abbiamo partecipato alla votazione per esprimere la nostra solidarietà ai colleghi che vi hanno lavorato.

Ciononostante, vorrei sottolineare a nome dei miei colleghi che a nostro parere si tratta di un tema che si può affrontare esclusivamente a livello nazionale, non di una materia di cui dovrebbe occuparsi l’Unione europea. Di conseguenza, il Parlamento europeo dovrebbe cogliere l’opportunità presentata da questa relazione per verificare con maggior rigore quali tematiche sono di nostra competenza e quali invece dovrebbero essere lasciate alla competenza degli Stati nazionali.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto.(SV) Il livello di istruzione delle persone è cruciale per il loro sviluppo personale e per la crescita e l’innovazione in Europa. Anche l’opportunità per gli studenti di avere una famiglia è molto significativa da una prospettiva di uguaglianza. E’ dunque importante che gli Stati membri dell’UE investano maggiormente nella creazione di condizioni favorevoli per consentire alle persone di studiare e nel contempo di avere una famiglia. Alla luce di questa considerazione, abbiamo scelto di votare a favore della relazione, sebbene la maggior parte dei temi affrontati siano di competenza nazionale, regionale e locale, piuttosto che europea.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione in esame sottolinea l’importanza per tutti i giovani, uomini e donne, di un’istruzione e di una formazione di alta qualità, adeguata alle nuove esigenze del mercato, nonché di un costante aggiornamento delle conoscenze per essere in grado di entrare nel mercato del lavoro e fare progressi durevoli.

Il livello di istruzione è un fattore essenziale per la capacità di crescita e di innovazione di una società. Secondo l’OCSE, l’aggiunta di un anno al periodo medio dedicato all’istruzione aumenta il tasso di crescita del 5 per cento circa con effetto immediato e del 2,5 per cento circa nel lungo termine. Nei paesi con un livello superiore di studi, la disuguaglianza sociale è inferiore: una sfida importante per il Portogallo, il paese con il tasso più elevato di disuguaglianza e il più basso livello di istruzione e formazione nell’UE.

In generale, a un più alto livello di istruzione corrisponde un livello di occupazione superiore. Considerando la popolazione complessiva nell’arco di età dai 25 ai 64 anni, il tasso di occupazione delle persone con diplomi di istruzione superiore era dell’84 per cento nel 2001, vale a dire all’incirca 15 punti percentuali in più rispetto alla media delle persone di tutti i livelli di istruzione e quasi 30 punti percentuali in più rispetto a coloro che non erano andati oltre il diploma di scuola secondaria inferiore.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou su un quadro regolamentare per misure di conciliazione della vita familiare e degli studi per le giovani donne nell’Unione europea [2006/2276(INI)].

Gli Stati membri dovrebbero dedicare maggiore attenzione alla situazione famigliare dei giovani, donne e uomini. La relazione sottolinea l’esigenza di un quadro di politiche che forniscano maggiore sostegno ai giovani affinché possano studiare e mantenere una famiglia senza dover dare la priorità a uno di questi obiettivi.

La relatrice suggerisce che le aspettative dei giovani che studiano e hanno una famiglia dovrebbero essere maggiormente considerate in termini di sistemi educativi e strutture sociali. Si potrebbero offrire assicurazioni agevolate per studenti, nonché un’assistenza sociale e sanitaria che potrebbe essere estesa alle persone a carico degli studenti. Altre misure potrebbero comprendere la riduzione dell’onere fiscale o l’esenzione per gli studenti con famiglie a carico.

In qualità di docente universitario, penso che l’appello della relazione agli Stati membri per una collaborazione con gli istituti di istruzione superiore e di formazione professionale al fine di creare un contesto più flessibile per lo studio, che tragga vantaggio dalle nuove tecnologie nel campo dell’istruzione, meriti tutto il nostro sostegno.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) L’equilibrio tra vita lavorativa e familiare e tra vita professionale, studi e vita familiare è essenziale per una forza lavoro sana e felice. In tutta l’UE occorre fornire maggiore sostegno alle giovani donne che studiano e hanno la responsabilità di accudire dei figli.

 
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