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RC-B6-0290/2007

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PV 12/07/2007 - 11.3
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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 12 luglio 2007 - Strasburgo Edizione GU

11.3. Diritti umani in Vietnam
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione relative ai diritti umani in Vietnam.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signor Presidente, il Vietnam – parola che è sinonimo di catastrofe – è un paese reduce, come tutti sappiamo, da un passato estremamente traumatico: una lunga lotta senza quartiere contro il colonialismo, un devastante conflitto civile e una sanguinosa guerra contro le forze americane hanno inflitto al popolo vietnamita sofferenze inaudite. E’ giunto poi al potere un regime comunista e totalitario che, occorre dirlo, ha fatto perlomeno qualche serio tentativo di sanare le ferite del passato e ricostruire il paese. Di conseguenza la Repubblica socialista del Vietnam ha ricevuto dalla comunità internazionale vari riconoscimenti, tra cui l’ammissione all’Organizzazione mondiale del commercio, ma purtroppo bisognerà fare ancora molta strada prima che il popolo vietnamita possa godere di un accettabile livello di democrazia.

Ci preoccupano in modo particolare le nuove ondate di persecuzioni che colpiscono i dissidenti e la repressione del fondamentale diritto alla libertà di espressione. Destano pure grave inquietudine i passi indietro fatti registrare dalle riforme in materia di libertà di religione, e le battute d’arresto nel processo di riforma giudiziaria, che dovrebbe ispirarsi a criteri di equità e democrazia e condurre all’abolizione di ogni forma di detenzione priva di adeguate garanzie giudiziarie.

Ci auguriamo che, nonostante le recenti battute d’arresto, il dialogo in materia di diritti umani tra Unione europea e Vietnam possa recare ai cittadini vietnamiti miglioramenti tangibili; invitiamo perciò le autorità del Vietnam a prendere seriamente in considerazione la nostra preoccupazione per le violazioni dei diritti umani nel loro paese. Contemporaneamente invitiamo Commissione e Consiglio a rivalutare la politica di cooperazione con il Vietnam, tenendo presente che tale cooperazione dev’essere condizionata al rispetto dei principi democratici, dei diritti fondamentali e delle riforme. La presente proposta di risoluzione non va interpretata coma una minaccia, ma piuttosto come un monito per il governo del Vietnam.

 
  
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  Esko Seppänen (GUE/NGL), autore. – (FI) Signor Presidente, negli anni ’80 nel mio paese ho presieduto l’Associazione degli amici del Vietnam. Constato oggi che quel paese, soprattutto negli ultimi dieci anni, ha conosciuto un rapido sviluppo economico; ne parla la nuova generazione, cioè quella che non ha sperimentato di persona l’aggressione statunitense al Vietnam.

Da vecchio amico del Vietnam, insieme ai colleghi degli altri gruppi del Parlamento europeo, desidero richiamare l’attenzione sull’esigenza di rispettare i diritti umani e la libertà di associazione, espressione e religione, nello spirito delle dichiarazioni e convenzioni dell’ONU.

La risoluzione del nostro gruppo chiede il rilascio dei leader buddisti Thich Huyen Quang e Thich Quang Don, imprigionati, a nostro avviso, senza motivi fondati. Siamo convinti che il Vietnam debba adottare una politica più liberale per quanto riguarda le minoranze; l’Unione europea, da parte sua, deve promuovere la cooperazione con il Vietnam.

In Vietnam è stato scoperto il petrolio, ma il paese non rappresenta una riserva di petrolio e gas per l’Occidente; di conseguenza è possibile far leva su argomenti come i diritti umani e politici, a differenza di quel che avviene, per esempio, quando si collabora con l’Azerbaigian e il Kazakistan.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), autore. – (FI) Signor Presidente, la situazione del Vietnam giustifica l’attenzione che le dedica la comunità internazionale. L’Unione europea deve inviare un messaggio chiaro: la discriminazione contro le comunità religiose – come la Chiesa buddista unita del Vietnam, le congregazioni protestanti e i gruppi dissidenti – deve cessare. Alcuni membri di queste comunità, che professano pacificamente la loro fede, hanno subito detenzione e arresti domiciliari.

Le parole che ho appena pronunciato sono tratte da un intervento che ho effettuato quattro anni fa in quest’Aula, sul tema dei diritti umani in Vietnam. E’ amaro constatare che le stesse parole si possono ripetere ora, dal momento che – dal punto di vista della libertà di religione – la situazione non è migliorata. Di conseguenza, possiamo chiederci quale significato abbiano i nostri dibattiti, ma non c’è comunque alternativa; dobbiamo continuare a esercitare pressioni e a fare ogni sforzo per richiamare l’attenzione della comunità internazionale.

Inoltre c’è un barlume di speranza perché in Vietnam sono state introdotte alcune lievi riforme costituzionali, almeno a livello legislativo. Dobbiamo dare a queste iniziative il giusto riconoscimento, e mi auguro che fra altri quattro anni potremo allargare ulteriormente il discorso.

 
  
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  Marc Tarabella (PSE), autore. – (FR) signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, prima di entrare nel merito della questione e discutere la risoluzione sul Vietnam di cui ci occupiamo oggi, vorrei svolgere una considerazione che reputo importante. Mi chiedo con che criterio vengano scelte le questioni urgenti che affrontiamo in Parlamento. Non intendo mettere in dubbio l’urgenza dei vari problemi che si pongono nei paesi che esaminiamo, ma mi sembra che alcuni paesi cadano in un completo oblio, rispetto ad altri di cui abbiamo occasione di discutere parecchie volte nella stessa legislatura. Mi limito a un solo esempio: la Colombia, dove molti sindacalisti sono stati assassinati e gli ostaggi vivono una situazione sempre più difficile. Secondo le ricerche che ho effettuato, benché la Colombia sia stata oggetto di risoluzioni specifiche, dal 2002 essa non figura tra le questioni urgenti. Mi sembra sconcertante.

Oggi però ho preso la parola per parlare della situazione in Vietnam. Sembra che il 2006 sia stato un anno di apertura politica, che ha reso possibile una certa flessibilità, ma la libertà di culto è uno dei problemi che ci vengono segnalati dalle ONG. E’ importante che il Vietnam dia spazio a tutte le religioni professate sul suo territorio e consenta all’intera popolazione di scegliere la forma di culto che preferisce. La libertà di pensiero e la libertà di parola non si devono mai calpestare, e ogni cittadino del Vietnam deve avere la possibilità di esprimersi con tutti i mezzi a sua disposizione, compresi strumenti ad ampia diffusione come Internet.

Nonostante la situazione, vorrei comunque rilevare – forse in contrasto con quanto ha appena affermato la collega, onorevole Korhola – che in Vietnam qualche iniziativa è stata presa. Il paese ha già varato alcune iniziative di cui abbiamo preso nota, tra l’altro in occasione della visita da noi effettuata in Vietnam nel 2006 con la delegazione ASEAN. E’ importante continuare a sostenere questo paese, in modo che i diritti di tutti i suoi cittadini vengano pienamente rispettati; auguriamoci che questa risoluzione possa offrire un contributo a tal fine.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (UEN), autore. – (PL) Signor Presidente, ecco un altro dibattito sulle persecuzioni religiose e le violazioni dei diritti umani in paesi come il Vietnam, la Cambogia o il Laos. In questa regione il Vietnam ricopre un ruolo particolarmente importante; fa registrare una crescita dinamica e sta superando l’abisso sociale ed economico seguito al periodo comunista. Purtroppo, all’incremento della ricchezza non si accompagna il rispetto dei diritti umani, della libertà di parola e di espressione o delle libertà religiose.

Finora, nei nostri interventi al Parlamento europeo, tutti – me compreso – ci siamo soffermati essenzialmente sulla persecuzione dei buddisti, che in Vietnam costituiscono la comunità religiosa più vasta. Ora però apprendiamo che vengono perseguitati anche i cattolici, come il prete cattolico Nguyen Van Ly; ho già affrontato questo tema in Parlamento un anno e mezzo fa, come ha fatto anche l’onorevole Korhola circa diciotto mesi dopo, ma purtroppo mi trovo a dover ripetere virtualmente le stesse parole.

Ci attendiamo che i paesi che fanno parte di organizzazioni internazionali asiatiche, come ASEAN o ASEM, insieme alle Nazioni Unite e all’Alto Commissariato per i diritti dell’uomo, rivolgano al governo della Repubblica socialista del Vietnam un vigoroso appello per il rispetto dei diritti umani e delle libertà religiose in quel paese. Una volta il Vietnam era povero e comunista, violava i diritti umani e soffocava la libertà di religione; ora è diventato più ricco, teoricamente sembra si stia staccando dall’ideologia comunista, eppure continua a comportarsi nella stessa maniera, ancorché su scala più ridotta. Non possiamo restare in silenzio!

 
  
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  Bogusław Sonik, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signor Presidente, nel marzo di quest’anno quindici dissidenti vietnamiti sono stati condannati a lunghe pene detentive e agli arresti domiciliari. Questo episodio, che è rimasto privo di riscontri sui media a livello globale, conferma la grave situazione dei diritti umani in quel paese.

In Vietnam si violano diritti civili fondamentali, come la libertà di religione, di stampa e di associazione. Non viene rispettato il diritto a un procedimento giudiziario equo e adeguato. I dissidenti vengono rinchiusi negli ospedali psichiatrici, esattamente come si usava fare nell’ex Unione Sovietica; e si perseguitano minoranze etniche e sacerdoti, insieme ai rappresentanti delle varie fedi religiose.

L’Unione europea non può e non deve più tollerare queste violazioni. Un aspetto ancora più importante è che noi siamo i maggiori partner commerciali del Vietnam, paese che beneficia del sistema di tariffe preferenziali dell’Unione europea. Abbiamo quindi le risorse per indurre il governo della Repubblica socialista del Vietnam a garantire meglio i fondamentali diritti civili dei suoi cittadini. E’ nostro dovere agire in tal senso.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, nel 2006 il Vietnam aveva temporaneamente sospeso la politica di repressione e limitazione dei diritti civili e politici; ora però assistiamo ancora una volta a un’ondata di arresti che colpiscono cittadini considerati “scomodi” dalle autorità.

Recentemente gli USA hanno riconosciuto nel Vietnam un partner idoneo per relazioni commerciali normali e stabili; il paese ha anche aderito all’Organizzazione mondiale del commercio. Ma nonostante tale apertura economica, esso non ha abbandonato il monopolio del potere a favore di un sistema democratico.

Dobbiamo porre fine a tutte le forme di repressione che colpiscono i membri della Chiesa buddista unita del Vietnam, la cui esistenza dev’essere riconosciuta ufficialmente. Dobbiamo chiedere il rilascio dei detenuti politici vietnamiti, imprigionati per aver esercitato, in modo legale e pacifico, la propria libertà di opinione, di stampa e di religione. Le autorità vietnamite devono rispettare le raccomandazioni formulate dal Consiglio per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite in merito allo sviluppo nel paese di un sistema giuridico nonché al rispetto dei diritti fondamentali.

In considerazione del fatto che l’Unione europea è il maggior partner commerciale del Vietnam – cui tra il 2007 e il 2013 forniremo aiuti per 304 milioni di euro – dobbiamo prendere in esame l’eventualità di rivedere il trattato di cooperazione che abbiamo già firmato. Solo le sanzioni economiche, infatti, possono obbligare il Vietnam ad applicare riforme istituzionali e politiche tali da condurre alla democrazia e allo Stato di diritto.

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, il dibattito odierno riguarda il Vietnam, uno degli ultimi paesi comunisti, in cui da anni si violano i diritti umani. In Vietnam i difensori dei diritti umani e della democrazia vengono gettati in carcere, i leader religiosi sono accusati di presunte attività di spionaggio e propaganda contro la Repubblica socialista o considerati una minaccia alla sicurezza nazionale.

Dopo un periodo di repressione meno dura – in collegamento con la candidatura del Vietnam all’ingresso nell’OMC – i partiti di opposizione sono stati messi al bando, al pari dei sindacati e dei media indipendenti; il Vietnam applica la censura preventiva, e tutti i media sono controllati dal partito. Molte persone, considerate dissidenti politici, sono poste sotto sorveglianza oppure relegate agli arresti domiciliari; bambini e giovani subiscono un indottrinamento brutale e senza scrupoli.

Purtroppo gli sforzi delle organizzazioni internazionali e dei difensori dei diritti umani – così come le risoluzioni via via elaborate – non hanno modificato in alcun modo la situazione. Noi sosteniamo la risoluzione ed esortiamo le autorità vietnamite a rispettare i diritti umani, rilasciare i prigionieri e introdurre riforme; sembra però che si renderà necessaria un’azione più drastica.

 
  
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  Janez Potočnik, Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione condivide le preoccupazioni del Parlamento europeo per le violazioni dei diritti umani commesse in Vietnam, che riguardano in particolare l’esercizio della libertà di espressione, associazione e religione. Dobbiamo però inquadrare il fenomeno in un contesto completo; dal punto di vista dei diritti economici e sociali, il Vietnam ha compiuto progressi considerevoli. Nell’ultimo decennio è riuscito a portare una parte cospicua della popolazione al di fuori della povertà assoluta, avviando decisamente il paese sulla via della crescita economica e limitando l’emergere di disuguaglianze socioeconomiche tra i cittadini.

A questo fenomeno si sono accompagnati, negli anni più recenti, alcuni miglioramenti nella situazione dei diritti civili e politici. Per esempio, la nuova legislazione sulla libertà religiosa, introdotta nel corso degli ultimi tre anni, ha attenuato alcuni – ma non tutti – gli strumenti utilizzati dallo Stato per controllare le organizzazioni religiose; essa consente quindi ai gruppi non organizzati di chiedere un riconoscimento ufficiale.

In pratica questo ha già avuto effetti positivi. Tra l’altro, alcune confessioni protestanti come i battisti e i mennoniti, che in passato non godevano di riconoscimento, hanno potuto far registrare le loro congregazioni di base.

Con questa premessa, si osserva che l’applicazione della nuova legislazione rimane irregolare: in particolare, negli altopiani settentrionali si registrano progressi notevolmente più lenti rispetto ad alcune zone degli altopiani centrali e dei bassopiani. Inoltre, alcune confessioni che il regime considera dissidenti – come la Chiesa buddista unificata del Vietnam e alcuni gruppi Hoa Hao e Cao Dai – rimangono illegali e devono subire costanti soprusi.

Anche per i dissidenti politici negli ultimi due anni il clima si è fatto meno opprimente; nel 2005 e nel 2006 numerosi attivisti di spicco sono stati rilasciati. L’anno scorso nel paese si sono anche formati alcuni nuovi partiti e altri gruppi di attivisti; si tratta di un fenomeno senza precedenti, sia per il numero dei gruppi che per quello dei loro aderenti. Dapprima questo sviluppo ha suscitato una reazione ufficiale relativamente moderata, ma all’inizio del 2007, e in particolare dalla metà di febbraio, le cose sono cambiate. A quanto sembra i soprusi nei confronti dei dissidenti si sono intensificati, e parecchi attivisti sono stati arrestati; da allora alcuni di essi sono stati processati e condannati a pesanti pene detentive. Fra questi ultimi si trovano anche personaggi assai noti, come padre Nguyen Van Ly e gli avvocati Nguyen Van Dai e Le Thi Cong Nham. Non sappiamo se ci troviamo di fronte a una reazione momentanea oppure a un fenomeno più profondo, ma la Commissione rimane comunque gravemente preoccupata.

Negli ultimi anni le relazioni dell’Unione europea con il Vietnam hanno conosciuto uno sviluppo dinamico, e la Commissione ha colto ogni opportunità per chiedere con insistenza costanti miglioramenti della situazione dei diritti umani, soprattutto per quanto riguarda i prigionieri la cui sorte desta preoccupazione. La Commissione e i rappresentanti degli Stati membri dell’Unione europea ad Hanoi hanno seguito con particolare attenzione gli ultimi arresti e processi di attivisti. I diplomatici dell’UE hanno presenziato, in qualità di osservatori, ad alcuni processi, e l’Unione ha reagito con vigore alle sentenze di condanna. Nella dichiarazione del 15 maggio, essa ha ribadito l’appello rivolto al governo del Vietnam per il rilascio di tutti gli attivisti politici non violenti che esercitano il diritto alla libertà di associazione ed espressione; le missioni dell’Unione europea ad Hanoi hanno anche chiesto al governo del Vietnam di poter visitare i dissidenti in carcere, per verificare le condizioni della detenzione.

Inoltre, il Commissario signora Ferrero-Waldner ha affrontato con decisione il tema dei recenti processi nel corso dell’incontro bilaterale col Vice Primo Ministro Khiem, svoltosi il 28 maggio 2007 ai margini della riunione ministeriale dell’ASEM ad Amburgo. A parte i contatti politici di alto livello, Unione europea e Vietnam hanno varato di comune accordo alcuni meccanismi per portare avanti il dialogo e gli scambi di vedute in materia di diritti umani; uno strumento di vitale importanza a tale proposito è il regolare dialogo sui diritti umani tra le missioni dell’Unione europea ad Hanoi e il governo del Vietnam. Il sottogruppo per la cooperazione nei settori della costruzione delle istituzioni, della riforma amministrativa, del governo e dei diritti umani offre alla Commissione un’altra opportunità per sollevare questi problemi.

In tutte le occasioni possibili abbiamo ribadito l’opinione che l’arresto di attivisti politici non violenti è incompatibile con gli obblighi che il Vietnam si è assunto in base agli strumenti internazionali in materia di diritti umani che ha sottoscritto. Vi assicuro che la Commissione continuerà a utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per insistere in questo campo, e più in generale per incoraggiare e sostenere il progresso in materia di diritti umani e libertà religiosa in Vietnam. Inoltre, confidiamo vivamente che il Parlamento europeo continui a battersi per migliorare la situazione dei diritti umani in Vietnam.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà alla fine della discussione.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE).(EN) Signor Presidente, un richiamo al Regolamento. Negli ultimi tre anni ho preso parte a queste discussioni pomeridiane sulle violazioni dei diritti umani, e ho potuto constatare che la Commissione ha sempre partecipato con un rappresentante, solitamente un Commissario, benché l’orario delle discussioni sia piuttosto scomodo; gliene siamo veramente grati. Allo stesso tempo, faccio notare che il Consiglio, da parte sua, non ha mai inviato un rappresentante. Mi chiedo se ciò dipenda dal fatto che il Consiglio non è stato invitato oppure dalla scarsa importanza che il Consiglio attribuisce a tali discussioni. Forse lei potrebbe scoprirlo e farcelo sapere.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Mi impegno a chiarire la questione.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, l’onorevole collega ha ragione, tuttavia, durante la Presidenza tedesca del Consiglio, il Commissario del governo federale per i diritti umani, Günter Nooke, ha presenziato due volte alle discussioni del giovedì. Si tratta di un esempio che i futuri Presidenti del Consiglio dovrebbero seguire.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Desidero informarvi che ho ricevuto dal gruppo ALDE la proposta di nominare l’onorevole Bill Newton Dunn membro della commissione per il controllo dei bilanci.

Poiché sembra che non vi siano obiezioni, dichiaro approvata la proposta.

 
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