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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 17 gennaio 2008 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 14 dell’on. Cristobal Montoro Romero (H-0991/07)
 Oggetto: Responsabilità europea nell’apprezzamento del tasso di cambio dell’euro
 

In ordine all’interrogazione orale H-0806/07 dell’11.10.2007 del medesimo interrogante e alla risposta scritta del 14.11.2007 del Consiglio, desidero segnalare che, secondo quanto affermato dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 15 novembre 2007 “sull’interesse europeo: riuscire nell’epoca della globalizzazione” (P6_TA(2007)0533), l’apprezzamento del tasso di cambio dell’euro è il risultato non soltanto di squilibri crescenti in paesi terzi ma anche della debolezza della domanda nella zona dell’euro.

In tale contesto, qual è il ruolo che secondo il Consiglio deve sostenere l’Unione europea per correggere tale insufficienza della domanda, che si traduce in una mancanza di domanda da parte dei consumatori e quindi in una mancanza di investimenti da parte delle imprese?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Come è già stato asserito nella risposta all’interrogazione H-0806/07 del 14 novembre 2007, l’UE sta attuando le politiche economiche definite dalla strategia di Lisbona al fine di aumentare l’occupazione nell’Unione e rafforzare l’efficienza economica.

È stato dimostrato che negli ultimi mesi la domanda interna nell’UE, che dovrebbe compensare la crescita lenta in alcune altre importanti aree economiche, è effettivamente aumentata, grazie ai significativi successi sul fronte dell’occupazione, che in futuro dovrebbero anche favorire una forte domanda nazionale.

In primavera il Consiglio, nel quadro delle linee guida integrate, aggiornerà gli indirizzi di massima per le politiche economiche per la Comunità e gli Stati membri e, in conformità dell’articolo 99, paragrafo 2, del Trattato, informerà il Parlamento europeo in merito alla sua raccomandazione su tali indirizzi di massima. La raccomandazione definirà con estrema chiarezza le misure a sostegno del conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona a livello nazionale ed europeo, tra cui le azioni per stimolare la domanda da parte dei consumatori e promuovere gli investimenti.

 

Interrogazione n. 15 dell’on. Danutė Budreikaitė (H-0993/07)
 Oggetto: Realizzazione del progetto Nabucco
 

Per ridurre la dipendenza dal monopolio russo del gas, l’Unione europea ha avviato il progetto Nabucco, che prevede un collegamento tra la zona del Caspio, il Medio Oriente e l’Europa. Il gasdotto partirà dall’Iran e, attraverso la Turchia, raggiungerà Bulgaria, Romania e Ungheria. Un ramo del gasdotto raggiungerà l’Austria e un altro ramo, attraverso la Slovacchia, la Polonia. Il collegamento della Polonia con le reti di gas dell’UE contribuirebbe a risolvere il problema del collegamento a tali reti di Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia, che costituiscono una “isola del gas” all’interno dell’UE.

Come valuta il Consiglio, in considerazione del progetto Nabucco, l’accordo intercorso fra la società italiana Eni e la russa Gazprom per la creazione di una società di gestori per l’esportazione di gas naturale, denominata “South Stream”, che dovrebbe controllare il flusso di gas naturale verso l’Europa meridionale, prevedendo un ramo per l’Europa centrale? Per quando si prevede di realizzare il progetto Nabucco?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Onorevole deputato, per iniziare devo far presente che, negli orientamenti per le reti transeuropee dell’energia, è stato attribuito al gasdotto Nabucco lo status di progetto di interesse europeo, il che riflette l’importanza conferita a tale progetto da parte del Consiglio e del Parlamento. Il Consiglio, tuttavia, non può esprimere commenti in merito all’attuale accordo tra Eni e Gazprom a causa della sua natura privata. Può, però, pronunciarsi sul progetto “South Stream”, dato che, come si evince dalle informazioni disponibili al pubblico, se realizzato secondo quanto programmato, contribuirà a garantire la diversità nelle linee di approvvigionamento di energia nell’Unione europea. A questo proposito il Consiglio richiama l’attenzione sul fatto che il piano d’azione per una politica energetica per l’Europa, adottato dal Consiglio europeo in occasione del vertice di primavera del 2007, “sottolinea l’esigenza di migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento per l’UE nel suo insieme nonché per ciascuno Stato membro tramite la diversificazione effettiva delle fonti energetiche e delle vie di trasporto, che contribuirà anche ad una maggiore competitività del mercato interno dell’energia”.

Sulla base delle informazioni fornite dagli investitori e dal coordinatore della commissione per il progetto Nabucco, i lavori di costruzione del gasdotto inizieranno nel 2009; l’impianto dovrebbe entrare in funzione nel 2012.

 

Interrogazione n. 16 dell’on. Dimitrios Papadimoulis (H-0997/07)
 Oggetto: Proposta in vista della creazione di un’“Unione mediterranea”
 

Il 26 novembre 2007 il ministro francese degli Affari europei ha illustrato dinanzi alla commissione politica dell’Assemblea parlamentare euromediterranea il progetto di “Unione mediterranea” che era stato annunciato dal Presidente della Repubblica francese. Nel suo intervento il ministro Jean-Pierre Jouyet sottolineava che tutti i tentativi di rianimare il “processo di Barcellona” erano falliti e che l’iniziativa era stata pienamente compresa dalla Commissione e dai paesi partner, che avevano avuto reazioni positive.

Quali misure intende prendere il Consiglio per rianimare il “processo di Barcellona” ? Inoltre, come valuta la proposta volta a creare un’“Unione mediterranea”?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Nel novembre 2007, i ministri degli Affari esteri si sono riuniti a Lisbona per un incontro che ha dato esiti molto positivi, in occasione del quale è stato approvato, tra l’altro, un articolato programma di lavoro per il 2008 e sono stati accolti due nuovi paesi (Albania e Mauritania) nel “processo di Barcellona”. Ad Albufeira si è tenuto uno storico incontro ministeriale sulla migrazione.

Il “processo di Barcellona” è e resterà un elemento centrale delle relazioni tra l’UE e i paesi del Mediterraneo.

Accogliamo con favore tutte le iniziative che possono contribuire a migliorare il profilo della regione e le condizioni di vita dei suoi abitanti. L’Unione europea continuerà a esplorare le soluzioni più efficaci per armonizzare gli sforzi al fine di migliorare le condizioni nella regione.

Il Consiglio deve ancora discutere la proposta francese per la creazione di una “Unione mediterranea”, pertanto non ci è possibile formulare alcun commento in merito a tale questione.

 

Interrogazione n. 17 dell’on. Philip Bushill-Matthews (H-0998/07)
 Oggetto: Mujaheddin del Popolo dell’Iran
 

In seguito all’esito della più recente causa giudiziaria nel Regno Unito, quando deciderà formalmente il Consiglio di applicare la sentenza della Corte di giustizia europea secondo cui la proscrizione, da parte dell’Unione europea, dell’Organizzazione dei Mujaheddin del popolo dell’Iran (PMOI) in quanto gruppo terroristico è illegale?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

In merito alla commissione britannica d’appello relativa alle organizzazioni vietate (Proscribed Organisations Appeal Commission, POAC), il Consiglio è stato informato del fatto che il Sottosegretario dell’Interno del Regno Unito intende presentare una denuncia, tuttavia il Consiglio non si trova nella posizione di poter formulare un commento riguardo a procedure nazionali.

 

Interrogazione n. 18 dell’on. David Martin (H-1000/07)
 Oggetto: Imposta sull’importazione di “mobility scooters” (veicoli per disabili)
 

Nel 2001 l’UE ha stabilito che gli scooter a motore (“mobility scooters”, utilizzati dai disabili per spostarsi) vadano classificati come veicoli da trasporto anziché come “carrozzelle ed altri veicoli per invalidi”. Questa classificazione comporta, per i tre Stati membri che importano questi veicoli, l’applicazione di un’imposta all’importazione del 10%. La decisione di applicare un’imposta all’importazione si è basata su un parere dell’Organizzazione mondiale delle dogane, secondo il quale questi veicoli a motore possono essere utilizzati per il trasporto di persone su un campo da golf. Gli Stati Uniti hanno peraltro respinto tale parere.

Il Consiglio sarebbe favorevole alla soppressione del dazio all’importazione per questi veicoli a motore?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

È vero che gli scooter a motore sono classificati come veicoli da trasporto sotto la voce tariffaria n. EU 8703 10 18, alla quale è applicata un’imposta all’importazione del 10%.

Tale classificazione si basa sulle normative che disciplinano le spiegazioni concordate a livello internazionale delle nomenclature doganali, che sono state inserite nel diritto comunitario. I livelli dei dazi, conformemente alla regolamentazione tariffaria europea, sono il risultato dei negoziati internazionali svoltisi nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio e costituiscono un compromesso raggiunto da tutte le parti interessate, che comprende anche la sicurezza dei fornitori europei.

L’onorevole Martin è senza dubbio a conoscenza del fatto che le aliquote dei dazi sono determinate dal regolamento della Commissione relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune(1) (adottato conformemente al regolamento del Consiglio (CEE) n. 2658/87 del 23 luglio 1987).

Il Consiglio potrebbe solo pronunciarsi in merito all’aumento dei dazi autonomi per i prodotti in questione, secondo la nomenclatura doganale comune, qualora la Commissione lo proponesse.

 
 

(1) GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1. Regolamento del Consiglio (CE) n. 580/2007 come modificato da ultimo (GU L 138 del 30.5.2007, pag 1).

 

Interrogazione n. 19 dell’on. Justas Vincas Paleckis (H-1001/07)
 Oggetto: Missione dell’UE in Kosovo
 

Si diffondono sempre più le notizie secondo cui il Kosovo intende dichiarare prossimamente la sua indipendenza, senza escludere la possibilità di farlo unilateralmente. Una posizione unitaria dell’UE in tale questione è decisiva. Se l’UE non parla ad una sola voce, non riuscirà a far fronte alla più grande sfida che si pone alla politica estera UE, quella di compiere con successo la missione di amministrazione di un Kosovo indipendente.

Quali misure ha adottato, rispettivamente intende adottare, il Consiglio affinché gli Stati membri dell’UE diano prova di unità nella questione del Kosovo? Come valuta il Consiglio il grado di preparazione dell’UE in vista dell’amministrazione del Kosovo? Qual è, in concreto, il piano di esecuzione di tale missione?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Al vertice del Consiglio europeo del 14 dicembre 2007, i capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’UE hanno convenuto con il Segretario generale dell’ONU che lo status quo in Kosovo era insostenibile e hanno sottolineato l’esigenza di progredire verso un accordo, che sarebbe essenziale per la stabilità della regione.

Il Consiglio europeo ha anche sottolineato che l’UE è pronta a:

svolgere un ruolo guida nel rafforzamento della stabilità della regione e nell’attuazione di una soluzione che definisca il futuro status del Kosovo;

ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile, anche tramite una missione della PESD (in merito alla quale, il Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” dovrebbe stabilire modalità e tempi di avvio della missione);

a contribuire alla creazione di un ufficio civile internazionale nel quadro delle presenze internazionali.

Al fine di facilitare tale processo, lo scorso anno l’UE ha inviato nella regione due unità preparatorie con lo scopo di spianare la strada per una possibile cooperazione al fine di risolvere la questione del Kosovo. Le attività preparatorie stanno procedendo con buoni risultati.

L’unità incaricata della preparazione dell’ufficio civile internazionale (ICO/RSUE PT) ha iniziato l’attività nell’ottobre 2006. Il suo compito è quello di programmare il prossimo ufficio civile internazionale, tra cui l’ufficio del RSUE, e di predisporre l’attuazione di un possibile accordo sullo status della regione.

L’unità per la programmazione di una possibile missione nell’ambito della creazione di uno Stato giuridico (EUPT Kosovo) è operativa in Kosovo sin dal maggio 2006. La missione pianificata nel contesto della PESD dovrebbe fornire assistenza, supervisione e consulenza nella più ampia area della creazione di uno Stato giuridico e dovrebbe disporre anche di competenze esecutive in alcuni ambiti del lavoro di polizia, tra cui il mantenimento dell’ordine pubblico e della pace, il sistema giudiziario e le dogane. La missione dovrebbe disporre di un organigramma formato da circa 1 800 membri internazionali.

 

Interrogazione n. 20 dell’on. Frank Vanhecke (H-1003/07)
 Oggetto: Inasprimento delle sanzioni contro lo Zimbabwe
 

La posizione comune 2007/120/PESC(1) del Consiglio del 19 febbraio 2007 proroga le sanzioni contro lo Zimbabwe, prevedendo tra l’altro, fino al 20 febbraio 2008, un divieto di ingresso per Mugabe e i suoi più stretti collaboratori. Queste sanzioni erano state introdotte nel 2002, a causa delle gravi violazioni dei diritti dell’uomo di cui si era reso colpevole il governo dello Zimbabwe.

All’inizio di dicembre 2007 gli Stati Uniti hanno preannunciato un inasprimento delle sanzioni contro lo Zimbabwe. In particolare, si prevede di estendere il divieto d’ingresso a 38 persone. A cinque figli di personalità importanti del regime sarebbe vietato di recarsi negli Stati Uniti per motivi di studio e le sanzioni finanziarie sarebbero estese a determinate persone.

Anche il Consiglio prevede di inasprire le sanzioni contro lo Zimbabwe? In caso affermativo, in che modo? In caso negativo, per quali motivi?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Il Consiglio deve ancora discutere in merito all’interrogazione posta dall’onorevole deputato. Tuttavia il dibattito su tale questione dovrebbe svolgersi secondo programma tra breve. L’UE segue da vicino gli avvenimenti nello Zimbabwe, in particolare alla luce delle prossime elezioni presidenziali che si terranno nel marzo 2008. L’Unione sostiene gli sforzi della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (SADC) al fine di risolvere la situazione in tale paese ed è in attesa della sua relazione, che verrà utilizzata quale strumento per agevolare ulteriori decisioni.

 
 

(1) GU L 51 del 20.2.2007, pag. 25.

 

Interrogazione n. 21 dell’on. Robert Evans (H-1006/07)
 Oggetto: Divieti di viaggio
 

Può il Consiglio chiarire la situazione dei divieti di viaggio internazionali per singoli politici e organizzazioni? Chi decide il contenuto di questo elenco? Chi ne fa parte attualmente e quando viene riesaminato? Secondo il Consiglio, in che misura i divieti in questione sono stati efficaci?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

I divieti di viaggio rientrano nelle misure di limitazione cui il Consiglio può ricorrere nel quadro della politica estera e di sicurezza comune. Tali misure devono essere in linea con gli obiettivi della PESC di cui all’articolo 11 del Trattato dell’Unione europea.

I divieti di ingresso sono sempre determinati da una posizione comune del Consiglio che stabilisce una sanzione, spiega le ragioni per l’adozione di una misura ed elenca le misure utilizzate. Tutte le posizioni comuni sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Le posizioni comuni si applicano normalmente per un anno e almeno una volta ogni 12 mesi vengono anche sottoposte a revisione in merito alla loro efficacia.

Occorre sottolineare che le posizioni comuni contengono anche disposizioni in merito a opportune eccezioni rispetto ai divieti di viaggio, che tengono conto degli obblighi internazionali dei paesi ospiti e delle esigenze umanitarie delle persone in questione.

 

Interrogazione n. 22 dell’on. Brian Crowley (H-1010/07)
 Oggetto: Cooperazione UE-Stati Uniti
 

Può il Consiglio far sapere quali misure specifiche intende adottare al fine di promuovere un maggior livello di cooperazione politica ed economica fra l’Unione europea e gli Stati Uniti nei mesi a venire?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

1. L’UE e gli USA cooperano nell’ambito di tutte le più importanti sfide di politica estera. Le questioni attuali comprendono:

la stretta cooperazione sulle questioni riguardanti i Balcani, in modo particolare il Kosovo;

la cooperazione sul posto in Afghanistan, soprattutto nell’ambito della formazione delle forze di polizia, in cui è attivo l’EUPOL;

la cooperazione in merito alle questioni relative all’Iran (duplice approccio);

la cooperazione nel processo di pace in Medio Oriente, in particolare nel quadro del Quartetto;

il piano d’azione UE-USA per la gestione delle crisi, adottato dal Consiglio nel dicembre 2007.

Il piano definisce una stretta collaborazione e un’attività di consultazione tra UE e USA negli ambiti della prevenzione dei conflitti, della stabilizzazione e ripresa e della gestione delle crisi.

2 In occasione dell’ultimo vertice UE-USA è stata intensificata la cooperazione economica ed è stata adottata la decisione di istituire un quadro per il rafforzamento del partenariato economico transatlantico e del Consiglio economico transatlantico (CET). Il primo incontro di tale consiglio ha già avuto luogo e il prossimo è in programma per la primavera di quest’anno, prima del vertice UE-USA.

In occasione dell’ultimo vertice UE-USA è stato raggiunto un accordo in merito alla cooperazione speciale in altre aree del nuovo quadro per il rafforzamento del partenariato economico transatlantico.

3. Cambiamenti climatici e politica in materia di energia: la questione dei cambiamenti climatici è una priorità per l’UE anche nel quadro delle sue relazioni con gli Stati Uniti. Entrambe le parti sono state attori fondamentali della Conferenza di Bali sui cambiamenti climatici del dicembre dello scorso anno, tenutasi nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), e stanno cooperando in iniziative bilaterali relative a cambiamenti climatici e politica energetica.

In occasione del vertice del 2007 è stato raggiunto un accordo su una più stretta cooperazione tra UE e USA in tre aree fondamentali: questioni politiche e di sicurezza, partenariato economico, cambiamenti climatici e politica in materia di energia.

 

Interrogazione n. 23 dell’on. Seán Ó Neachtain (H-1012/07)
 Oggetto: Pace tra il popolo palestinese e quello israeliano
 

Può il Consiglio dichiarare quali iniziative sta perseguendo o intende perseguire in futuro per agevolare il raggiungimento di un accordo di pace basato sul rispetto reciproco e sulla convivenza tra il popolo palestinese e quello israeliano?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata del gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Lo scorso anno è stato instaurato un dialogo politico tra Israele e i palestinesi, che è sfociato in incontri tra il Primo Ministro Olmert e il Presidente Abbas. Il Consiglio europeo ha lodato gli sforzi di entrambe le parti, i quali sono risultati nella Conferenza di Annapolis del 26 e 27 novembre 2007. In occasione del vertice del 14 dicembre 2007, il Consiglio europeo ha affermato di sostenere pienamente i negoziati tra palestinesi e israeliani avviati nella conferenza di Annapolis e proseguiti nella conferenza dei donatori di Parigi. L’UE ha accolto con favore la partecipazione di numerosi partner arabi a entrambe le conferenze e li ha esortati a proseguire la loro cooperazione costruttiva.

Per quel che concerne il ruolo dell’UE, e in particolare il ruolo del Consiglio, nella questione evocata nell’interrogazione dall’onorevole Ó Neachtain, il Segretario generale/Alto rappresentante, in stretta collaborazione con la Commissione, ha elaborato la strategia d’azione dell’UE, che mira allo studio di tutte le attività europee al fine di trovare un ulteriore sostegno per entrambe le parti negli attuali negoziati e nel periodo di attuazione da seguire. In occasione della conferenza dei donatori di Parigi che si è tenuta il 17 dicembre 2007, l’UE ha espresso il suo appoggio alla riforma palestinese e al piano di sviluppo presentato dal Presidente Fayyad. L’Unione si è impegnata a continuare a offrire al governo palestinese un notevole sostegno nel processo di pace avviato con la conferenza di Annapolis. All’incontro del Quartetto del 17 dicembre 2007, l’UE ha ribadito il suo impegno a proseguire la stretta collaborazione con entrambe le parti e ad assisterle nei loro sforzi per giungere ad un accordo di pace entro la fine del 2008. Il Quartetto ha deciso di riunirsi regolarmente nel corso del 2008 nell’ottica di esaminare i progressi compiuti e sostenere gli sforzi di entrambe le parti. Il 17 dicembre 2007, i leader del Quartetto hanno anche incontrato i ministri degli Esteri arabi e hanno discusso in merito al futuro. In cooperazione con il rappresentante del Quartetto, Tony Blair, l’UE intende rafforzare i suoi programmi che sostengono le attività tese a dar forma alle istituzioni, il buon governo, i contributi da parte della società civile e lo sviluppo dell’economia palestinese.

 

Interrogazione n. 24 dell’on. Diamanto Manolakou (H-1032/07)
 Oggetto: Conseguenze drammatiche del blocco che Israele impone da molti mesi nella Striscia di Gaza
 

L’Ufficio per il coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite ha recentemente messo in guardia contro il pericolo rappresentato dalle conseguenze drammatiche del blocco che Israele impone da molti mesi nella Striscia di Gaza e dalle incursioni militari che effettua regolarmente. Come riferisce un rappresentante delle Nazioni Unite, il blocco “tende” a provocare danni permanenti all’economia della regione e rende la popolazione ancora più dipendente dall’“aiuto” straniero. Nel contempo, egli riconosce che le riserve alimentari scarse, l’aumento dei prezzi, l’aumento del tasso di disoccupazione e la perdita di reddito hanno conseguenze catastrofiche. Denunce analoghe rivolte alle autorità di Israele riguardo al blocco imposto ai palestinesi provengono dal Comitato internazionale della Croce Rossa e da un gran numero di altre organizzazioni internazionali.

Intende il Consiglio prendere iniziative concrete nei confronti delle autorità di Israele, per far sì che revochino le “misure di ritorsione” che paralizzano la vita nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, con conseguenze catastrofiche per tutta la popolazione palestinese che vive nella regione?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Il Consiglio dell’UE ha sottolineato di frequente la sua preoccupazione in merito alla situazione umanitaria a Gaza e ha chiesto un’ulteriore garanzia dei servizi di base. Per ragioni umanitarie ed economiche, tutte le parti coinvolte nel conflitto sono state invitate a lavorare sull’apertura dei valichi verso Gaza. L’UE ha accolto con favore il primo passo in questo senso, nella fattispecie la recente riapertura del valico per l’esportazione di prodotti agricoli. Tali misure contribuiranno a compiere alcuni progressi nella sfera politica. Il 14 dicembre 2007 il Consiglio europeo ha espresso il suo pieno sostegno ai negoziati tra palestinesi e israeliani avviati nella conferenza di Annapolis e proseguiti nella conferenza dei donatori di Parigi.

In merito al ruolo assunto in tale questione dall’UE e dal Consiglio, che l’onorevole deputato ha menzionato nella presente interrogazione, l’Alto rappresentante, con la piena collaborazione della Commissione, ha elaborato la strategia d’azione dell’UE a favore della costruzione dello Stato per la pace in Medio Oriente (State-building for Peace in the Middle East). Secondo tale strategia, tutte le attività dell’UE verranno considerate al fine di garantire sostegno a entrambe le parti nel corso degli attuali negoziati e del periodo di attuazione da seguire.

 

Interrogazione n. 25 dell’on. Eoin Ryan (H-1014/07)
 Oggetto: Accordi di partenariato economico con l’Africa
 

Può il Consiglio indicare il numero di accordi di partenariato economico stipulati tra l’Unione europea e i paesi africani a partire da gennaio 2008 e rendere noti gli effettivi vantaggi che i paesi africani ne trarranno?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Per maggiore chiarezza in questo ambito, è consigliabile distinguere tra accordi di partenariato economico completi (APE) e accordi interinali seguiti da una decisione relativa a un APE.

Gli accordi di partenariato economico continuano a essere l’obiettivo dei negoziati e avranno un’ampia copertura regionale e settoriale. Nell’ottica dell’intesa tra i firmatari, tali accordi dovrebbero contenere disposizioni su scambi e servizi, oltre a disposizioni sul commercio di merci e a quelle in materia di cooperazione allo sviluppo. Secondo l’UE, tali accordi completi dovrebbero essere lo strumento più efficace per attuare l’accordo di Cotonou e dovrebbero garantire la massima efficacia nello sviluppo degli APE. Nel maggio 2007, in occasione dell’ultimo vertice del Consiglio ACP-CE, entrambe le parti hanno confermato il loro impegno riguardo agli APE. Alla fine del 2007 è stato sottoscritto un APE completo con la regione CARIFORUM, ma altre regioni necessiteranno di più tempo per portare a pieno compimento e con successo questo difficile processo.

Dopo il 31 dicembre 2007 è stato necessario cercare una soluzione che fosse compatibile con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), al fine di evitare di ostacolare il commercio con i paesi ACP che non sono classificati come paesi meno sviluppati. In altre parole, dopo quella data il regime commerciale preferenziale introdotto con l’accordo di Cotonou e approvato dall’OMC conformemente alla deroga, ha cessato di essere in vigore. Gli accordi interinali costituiscono una soluzione in quanto compatibili con le regole dell’OMC. Tali accordi comprendono gli scambi commerciali e tutti gli altri aspetti su cui i firmatari hanno raggiunto un’intesa e costituiscono una fase intermedia, seguita poi dalla conclusione degli APE completi. Gli accordi interinali, cui seguirà la conclusione degli APE, sono stati sottoscritti da tutti i partner ACP interessati, tra cui la maggioranza dei paesi africani che non sono classificati come paesi meno sviluppati, e molti paesi africani che invece rientrano in questo gruppo. Tali accordi, e nella fattispecie il loro effetto sulle disposizioni relative agli scambi commerciali tra UE e paesi ACP, sono stati incorporati nella normativa europea tramite il regolamento sull’accesso al mercato.

Gli accordi interinali, che non hanno ancora il potenziale di sviluppo degli APE completi, costituiscono già un miglioramento del sistema di Cotonou e apportano vantaggi diretti ai nostri partner ACP. In primo luogo, a tutti i paesi ACP firmatari viene garantito pieno accesso al mercato europeo senza dazi doganali e contingenti (sono previsti periodi di transizione per i mercati dello zucchero e del riso). Secondo l’iniziativa “Tutto tranne le armi”, l’accesso è attualmente disponibile solo per i paesi meno sviluppati. In secondo luogo, gli accordi interinali comprendono anche norme d’origine più favorevoli e consentiranno ai paesi ACP di beneficiare appieno dell’accesso al mercato europeo. Tali nuove norme d’origine sono più favorevoli rispetto a quelle offerte dall’iniziativa “Tutto tranne le armi”, ecco perché gli accordi interinali sono di interesse anche per i paesi meno sviluppati.

 

Interrogazione n. 26 dell’on. Johan Van Hecke (H-1025/07)
 Oggetto: Somaliland
 

Nel maggio 2007 il Parlamento europeo aveva chiesto al Consiglio e alla Commissione di esaminare la richiesta di indipendenza del Somaliland, la parte settentrionale del territorio della Somalia che aveva dichiarato l’indipendenza già nel 1991. Il Somaliland è un paese che persegue l’obbiettivo di una buona amministrazione e di un regime di stabilità. Le elezioni legislative si sono svolte nel 2005 in maniera ordinata e trasparente e la regione si sta profilando come una democrazia giovane e attiva. Tuttavia, il rispetto dei diritti dell’uomo lascia ancora a desiderare e, di recente, il governo del Somaliland ha commesso degli errori per quanto concerne la protezione dei profughi dalla Somalia.

Ha il Consiglio già esaminato tale questione?

Sulla stampa sono apparsi recentemente degli articoli secondo cui in seno all’amministrazione Bush sono sempre più numerosi i sostenitori del riconoscimento dell’indipendenza del Somaliland. Soprattutto negli ambienti militari si ritiene che il sostegno al Governo di Transizione somalo sia insufficiente e che sarebbe meglio applicare per la Somalia una strategia di contenimento. Per tale motivo è essenziale il riconoscimento di un Somaliland indipendente.

Intende l’UE attendere il riconoscimento da parte dei paesi della regione e/o del Governo di Transizione della Somalia prima di procedere essa stessa al riconoscimento dell’indipendenza del Somaliland? O una diversa posizione americana potrebbe comportare una revisione della posizione europea?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Il Consiglio ha ripetutamente affermato che sta sostenendo il governo federale di transizione della Somalia e l’attuazione di misure conformi alla Carta federale transitoria. Come ha palesato nella sua decisione del 10 dicembre 2007, il Consiglio attribuisce grande importanza al rispetto dei diritti dell’uomo nell’intero territorio somalo.

L’UE è un membro del Gruppo internazionale di contatto per la Somalia e il Consiglio continuerà a consultare altri partner internazionali facenti parte di questo gruppo, tra cui gli USA, in merito agli avvenimenti in Somalia.

 

Interrogazione n. 27 dell’on. Athanasios Pafilis (H-1028/07)
 Oggetto: Programma nucleare dell’Iran
 

Come è noto, l’insieme dei 16 “servizi segreti degli USA” ha confermato in una recente relazione sul programma nucleare dell’Iran che almeno dal 2003 l’Iran non è impegnato nella costruzione di armi nucleari e non costituisce una minaccia. Tale constatazione viene a integrare una recente dichiarazione del Presidente dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, sig. Baradei, secondo cui l’Iran aveva pienamente risposto ai controlli dell’Agenzia. È altresì noto, però, che gli USA e taluni altri paesi, ignorando a bella posta tali dati, continuano a chiedere l’imposizione, da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, di sanzioni nei confronti dell’Iran.

Facendo seguito all’interrogazione H-0937/07(1), ritiene il Consiglio che l’Iran abbia il diritto legittimo di utilizzare l’energia nucleare per scopo pacifici? Intende il Consiglio porre fine ai tentativi di imporre sanzioni nei confronti dell’Iran con il pretesto della presunta mancata osservanza degli impegni assunti da tale paese nei confronti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica? Ha il Consiglio valutato le conseguenze di un eventuale ritiro dell’Iran dal Trattato internazionale di non proliferazione delle armi nucleari in risposta alla politica iniqua e inammissibile di ingerenza degli USA e dei loro alleati?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

L’ultima valutazione della situazione condotta dai servizi segreti americani non modifica contestualmente quella europea. Nel rapporto si afferma che fino al 2003 l’Iran era stato coinvolto nell’accumulo di armamenti, cosa che di per sé costituisce una violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Qualora l’Iran decidesse di cessare e non solo di sospendere temporaneamente i suoi sforzi, dovrà rendere pubbliche tutte le sue attività in questo settore e invitare l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) a confermare che lo sviluppo di tale programma è stato completamente bloccato. Esistono ancora due motivi di preoccupazione: l’arricchimento dell’uranio e il programma riguardante i missili balistici. L’Iran inoltre non sta rispettando i requisiti del comitato AIEA o del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Il 14 dicembre 2007, pertanto, il Consiglio europeo ha riaffermato la profonda preoccupazione per il programma nucleare iraniano e sottolineato che l’acquisizione di una capacità militare nucleare da parte dell’Iran sarebbe inaccettabile. A tal proposito ha deplorato il fatto che l’Iran non avesse rispettato i suoi obblighi internazionali, ribaditi nelle risoluzioni 1696, 1737 e 1747 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di sospendere qualsiasi attività connessa all’arricchimento e al ritrattamento per ripristinare la fiducia nel carattere esclusivamente pacifico del suo programma nucleare. Il Consiglio europeo ha quindi esortato l’Iran a rispondere in modo esauriente, chiaro e credibile a tutte le domande poste dall’AIEA in merito alle attività nucleari attuali e passate. Il Consiglio ha ribadito il suo pieno sostegno ai lavori svolti dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per adottare ulteriori misure in virtù dell’articolo 41 del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite.

L’UE ha sempre asserito che l’Iran ha il diritto all’utilizzo pacifico dell’energia nucleare. L’Iran deve sospendere le attività sensibili che coinvolgono il ciclo del combustibile nucleare fino a quando non verrà ristabilita la fiducia internazionale. Desidero ricordare che l’offerta avanzata nel giugno 2006 dall’Alto rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza comune è ancora valida e consentirebbe all’Iran di sviluppare un programma nucleare civile atto a rispondere alle sue esigenze.

 
 

(1) Risposta scritta del 12.12.2007.

 

Interrogazione n. 28 dell’on. Georgios Toussas (H-1029/07)
 Oggetto: Atti reazionari degli USA e dei loro alleati contro il governo boliviano
 

Tutti gli elementi venuti di recente alla luce dimostrano che ancora una volta gli USA, con altre forze reazionarie europee, capeggiano la campagna volta a destabilizzare il Presidente Evo Morales, affinché non passino la nuova Costituzione boliviana e i cambiamenti progressisti proposti dal governo del paese, eletto a grande maggioranza alle elezioni del 2005. Nella città di Sucre e in altre zone si sono verificati scontri sanguinosi che hanno visto protagoniste forze reazionarie, le quali non hanno esitato a fare addirittura ricorso a gruppi armati contro i cittadini. Il Partito comunista di Bolivia, il Movimento per il socialismo (MAS) e altre forze progressiste hanno denunciato, documentandoli, gli atti reazionari posti in essere dagli USA e dai loro alleati in Bolivia.

Condanna il Consiglio le attività di sobillazione degli USA e dei loro alleati contro il Presidente Evo Morales e il governo boliviano democraticamente eletto? Intende il Consiglio rispettare la volontà del popolo della Bolivia di promuovere cambiamenti progressisti che vengano incontro alle esigenze attuali dei lavoratori?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Il Consiglio desidera sottolineare all’onorevole Toussas che tutti, soprattutto il Presidente Morales (come ha espresso in occasione di recenti incontri e discussioni con rappresentanti europei), attribuiscono grande valore al ruolo proattivo dell’UE, e in particolare dei leader delle missioni europee, nel mantenere e incoraggiare il dialogo tra tutti i partner in Bolivia. Di recente, anche il ministro degli Affari esteri boliviano, David Choquehuanca, mentre era in visita in alcune capitali europee, ha accolto con favore la mediazione europea.

Siamo anche favorevoli ai recenti colloqui svoltisi tra il Presidente Morales e i prefetti nello spirito di cooperazione e con lo scopo di ristabilire il dialogo nazionale.

L’UE continuerà nel suo ruolo di promotore se questo è il desiderio di tutti i partner in Bolivia.

 

Interrogazione n. 29 dell’on. Olle Schmidt (H-1034/07)
 Oggetto: Fondi patrimoniali pubblici
 

I fondi patrimoniali pubblici costituiscono una nuova tipologia di strumenti di investimento caratterizzati dalla differenza fondamentale che sono di proprietà dello stato e spesso utilizzati da paesi non democratici. Le nuove e più attive strategie d’investimento sono causa di preoccupazione in alcuni Stati membri, in particolare quando si tratta d’investimenti in compagnie considerate d’importanza strategica nazionale.

A titolo esemplificativo di investimenti recenti con fondi patrimoniali pubblici si citano l’investimento nella Citigroup da parte dell’Autorità per gli investimenti di Abu Dhabi, l’offerta sull’OMX della Dubai Bourse e, ovviamente, l’interesse manifestato dalla Russia sulle infrastrutture energetiche europee.

In Brasile il governo intende istituire fondi patrimoniali pubblici per compensare l’apprezzamento del real, intervenendo quindi direttamente sul mercato finanziario.

L’interrogante sollecita il Consiglio a difendere l’apertura del sistema finanziario ma, al contempo, di pretendere la trasparenza dei fondi controllati dallo stato al fine di garantire che tutte le strategie d’investimento siano eseguite per perseguire obiettivi a livello economico e non strategico.

In che modo intende il Consiglio agire sulla questione dei fondi patrimoniali pubblici? La Commissione ha presentato varie proposte in materia, quali le golden shares europee, orientamenti ed iniziative per la trasparenza. Quali di queste strade auspica che sia intrapresa?

Ed infine, in quale modo intende monitorare lo sviluppo dei fondi patrimoniali pubblici nei mercati europei?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Il Consiglio non ha ancora discusso tale questione e di conseguenza non può esprimere un parere al riguardo.

 

Interrogazione n. 30 dell’on. Laima Liucija Andrikienė (H-1037/07)
 Oggetto: Liberalizzazione del mercato dell’energia
 

Come è stato annunciato, una delle priorità fondamentali del semestre di presidenza slovena sarà la politica nel settore dell’energia.

In che modo prevede la Presidenza di promuovere ulteriormente la liberalizzazione del mercato dell’energia? Come intende equilibrare la liberalizzazione di tale mercato e l’attuazione della politica energetica comune dell’Unione europea? Quali sono le sfide e gli ostacoli che il Consiglio individua in questo settore e in che modo intende superarli?

 
  
 

La presente risposta, elaborata dalla Presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di gennaio I del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo nel gennaio 2008.

Nelle decisioni del marzo 2007, il Consiglio europeo ha concordato che uno dei compiti prioritari della politica energetica è “il mercato interno dell’elettricità e del gas naturale”. Il Consiglio europeo ha adottato varie politiche di orientamento in questo settore, intese a rafforzare la competitività, a garantire norme giuridiche efficaci e a incoraggiare gli investimenti a vantaggio dei consumatori.

Nel settembre 2007 la Commissione, in risposta a una decisione del Consiglio, ha presentato cinque proposte legislative. Gli approfonditi dibattiti svolti in merito a tali proposte sono sfociati in una relazione sui progressi compiuti, che il 3 dicembre 2007 ha ricevuto l’appoggio del Consiglio TTE. I principi e le disposizioni che godono di ampio favore sono stati oggetto di una revisione nel quadro di tale dibattito, congiuntamente a questioni, aree e possibilità che, secondo alcuni Stati membri, necessitano di ulteriori dibattiti e di orientamenti aggiuntivi in merito ai “principi”.

Il Consiglio TTE sta programmando due incontri nella prima metà del 2008 il cui obiettivo è giungere a un accordo politico sul pacchetto globale o su parte di esso. È essenziale pertanto che il Parlamento europeo presenti il suo parere in merito in tempo utile prima della riunione del Consiglio TTE che si terrà a giugno.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 37 dell’on. Maria Badia i Cutchet (H-1027/07)
 Oggetto: Responsabilità della Commissione nella gestione della vendita fraudolenta di biglietti aerei
 

Lo scorso 30 ottobre 2007, ho presentato alla Commissione un’interrogazione sulle anomalie e la pubblicità ingannevole presente sui siti web di vendita elettronica di biglietti aerei (E-5538/07); in quell’occasione invitavo la Commissione a prendere provvedimenti concreti per contrastare la pubblicità elettronica ingannevole, al fine di tutelare i diritti dei consumatori europei.

Dopo una settimana, la stampa riportava la notizia che la Commissione avrebbe proceduto a pubblicare i nomi delle compagnie aeree che ricorrono a pubblicità ingannevole su Internet e avrebbe fatto chiudere i loro siti web se entro quattro mesi non avessero rimediato alle irregolarità, relative fondamentalmente alla mancata inclusione nel prezzo del biglietto delle tasse aeroportuali e degli importi aggiuntivi nel caso di pagamenti con carta di credito e alla pubblicità su offerte non disponibili o su condizioni di contratto illecite (come il fatto che le clausole non siano disponibili nella lingua dell’utente).

Detto ciò, oltre a pubblicare i nomi e chiudere i rispettivi siti web, può la Commissione comunicare quale provvedimenti prevede di attuare se queste compagnie non rispetteranno la legge nei termini citati? Tenendo presente che sono i governi statali (o autonomi, nel caso della Spagna) ad avere la responsabilità di applicare sanzioni, è disposta la Commissione a esigere che i consumatori coinvolti vengano risarciti?

Inoltre, considerando che esiste una rete di cooperazione europea per i casi transfrontalieri, qual è il margine di intervento della Commissione in questo settore?

 
  
 

Come l’onorevole parlamentare ben sa, la Commissione si sta avvalendo di tutti gli strumenti disponibili per garantire il rispetto dei diritti dei consumatori in tutta l’Unione.

Il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori fornisce un quadro per un’ampia cooperazione che consente alle autorità nazionali di combinare gli sforzi, ad esempio negli organi responsabili dell’applicazione e la sorveglianza congiunta del mercato, e di condividere esperienza e migliori prassi.

La Commissione promuove tali azioni di cooperazione, attraverso finanziamenti comunitari e mediante il coordinamento di attività per l’applicazione e la sorveglianza congiunta del mercato.

In merito alle azioni specifiche che hanno fatto seguito alla “repulisti” del settembre 2007 relativa alla vendita elettronica dei biglietti aerei, al momento le autorità competenti degli Stati membri stanno eseguendo controlli sui siti e, nei casi di confermata irregolarità, adottano le azioni necessarie. Queste ultime possono variare a seconda del quadro legislativo di ciascuno Stato membro. Il ruolo della Commissione è consistito nel coordinamento delle azioni di “repulisti” negli Stati membri e nel monitoraggio delle azioni che vi hanno fatto seguito.

Una volta completati i procedimenti in corso, la Commissione presenterà i risultati del seguito dato dagli Stati membri a questo intervento di “repulisti”, il che dovrebbe avvenire all’inizio del 2008.

 

Interrogazione n. 38 dell’on. Sharon Bowles (H-0981/07)
 Oggetto: Risarcimenti collettivi
 

In riferimento ai suoi piani in materia di risarcimenti collettivi, può indicare la Commissione in che modo si inseriscono nel contesto del prossimo Libro bianco sulle azioni di risarcimento del danno? Può altresì illustrare come intende difendersi dalle azioni giudiziarie collettive sul modello americano che, negli Stati Uniti, stanno compromettendo le società a livello finanziario?

 
  
 

In merito alla domanda sui piani della Commissione riguardo ai risarcimenti collettivi:

Il prossimo Libro bianco della Commissione sulle azioni di risarcimento del danno per violazione del diritto comunitario in materia di concorrenza conterrà una sezione relativa ai risarcimenti collettivi per i danni subiti in seguito a violazioni del diritto della concorrenza.

Al momento la Commissione sta anche verificando se a livello europeo esista la necessità di una più ampia iniziativa per i risarcimenti collettivi per i danni subiti dai consumatori, e qualora riscontri tale esigenza, valuterà di che tipo dovrà essere detta iniziativa.

I servizi della Commissione che si occupano di concorrenza e di politica dei consumatori stanno lavorando in stretta collaborazione al fine di garantire che il loro operato sui risarcimenti collettivi produca sinergie.

In merito alla domanda relativa alle azioni collettive sul modello statunitense:

La Commissione non crede che un sistema di azioni collettive come quello attualmente adottato negli USA dovrebbe venire introdotto nell’UE.

La Commissione non può interferire nel sistema giudiziario di un paese terzo.

 

Interrogazione n. 39 dell’on. Bernd Posselt (H-0983/07)
 Oggetto: Protezione dei consumatori dai doppi prezzi
 

In che modo intende la Commissione proteggere i consumatori dalla prassi discriminante di applicare prezzi diversi ai residenti e ai turisti nella gastronomia, negli ingressi ai monumenti culturali e ai musei nonché negli acquisti?

 
  
 

Il Trattato CE vieta qualsiasi tipo di discriminazione effettuata in base alla nazionalità da parte degli Stati membri (ad esempio articoli 12, 43 e 49). Gli Stati membri, pertanto, non possono introdurre o mantenere restrizioni ingiustificate delle attività economiche intracomunitarie.

La pratica di applicare doppi prezzi da parte dei commercianti può a volte avere valide giustificazioni di carattere economico, ad esempio al fine di penetrare nuovi mercati o di consolidare la loro posizione laddove sono già presenti.

Tuttavia, il ricorso ingiustificato a questa prassi, quale l’applicazione ai turisti di prezzi diversi da quelli praticati ai residenti, può privare i consumatori dei benefici del mercato interno, cosa che di per sé non può essere accettata.

A tale proposito, la Corte ha riconosciuto esplicitamente che la discriminazione sulla base della nazionalità che si verifica all’ingresso di monumenti culturali è vietata in base agli articoli 12 e 49 del Trattato della CE(1). La libera prestazione dei servizi, sancita dall’articolo 49 del Trattato, comprende la libertà dei destinatari di servizi, ivi compresi i turisti, di recarsi in uno Stato membro per fruirne alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. La Corte ha confermato che, siccome la visita nei musei costituisce uno dei motivi determinanti per cui i turisti, in quanto destinatari di servizi, decidono di recarsi in un altro Stato membro, vi è uno stretto vincolo tra la libertà di circolazione che essi ricavano dal Trattato e le condizioni di accesso ai musei. La discriminazione nel settore dell’accesso ai musei può avere conseguenze sulle condizioni di prestazione dei servizi, nonché sui loro prezzi, e può pertanto influenzare la decisione di alcune persone di visitare il paese.

Tuttavia, in assenza di indicazioni specifiche di pratiche costanti contrarie a questi principi applicate negli Stati membri, la Commissione non ha riscontrato la necessità di andare oltre in questa questione.

In futuro sarà possibile affrontare la discriminazione nei confronti dei destinatari dei servizi anche in base alla direttiva sui servizi(2) e, in modo particolare, all’articolo 20 in essa contenuto, che vieta la discriminazione basata sulla nazionalità o sul luogo di residenza dei destinatari dei servizi. Tale direttiva dovrà essere attuata dagli Stati membri entro la fine del 2009.

La discriminazione ingiustificata dei prezzi può essere valutata anche in base alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali, il cui termine per l’applicazione delle disposizioni negli Stati membri era il 12 dicembre 2007.

Tale direttiva contiene una clausola generale che vieta le pratiche commerciali sleali. Non si può escludere che, ad un certo punto, i giudici nazionali, e da ultimo la Corte europea di giustizia, dovranno valutare se l’applicazione di prezzi più alti ai turisti in base alla nazionalità nei ristoranti e nei negozi sia conforme alla diligenza professionale. Per il momento, la Commissione sarebbe tentata di pensare che sia questo il caso.

 
 

(1) Sentenza del 15 marzo 1994, Commissione/Spagna, C-45/93.
(2) Direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno.

 

Interrogazione n. 40 dell’on. Brian Crowley (H-1011/07)
 Oggetto: Standard di sicurezza per i giocattoli in commercio in Europa
 

Può la Commissione fornire una valutazione aggiornata specificando tutte le principali misure che ha realizzato di recente e che intende concretizzare nel futuro prossimo per garantire che tutti i giocattoli in commercio all’interno dell’Unione europea rispettino i più elevati standard di sicurezza?

 
  
 

Dopo l’“estate dei richiami”, in Europa molti si stanno facendo questa semplice domanda: “quali misure sono state o saranno messe in atto per garantire i più elevati standard di sicurezza per i giocattoli?”

Si può trovare la maggior parte delle risposte nell’analisi sulla sicurezza dei prodotti, i cui risultati sono stati resi pubblici nel novembre 2007.

L’analisi condotta evidenzia tre aspetti chiave per la sicurezza dei giocattoli e dei prodotti in generale: impegno, applicazione e progettazione:

- Impegno: gli operatori economici devono assumersi la piena responsabilità degli articoli che producono e mettono a disposizione dei consumatori. Imprese di ottima reputazione stanno compiendo sforzi rilevanti per garantire la sicurezza dei loro prodotti, ma tutti gli attori coinvolti devono contribuire a migliorare la situazione, perché in Europa vi è ancora in circolazione un flusso significativo di giocattoli non sicuri. Al fine di recuperare la fiducia dei consumatori, l’industria ha accettato di collaborare con la Commissione nel corso dei prossimi mesi in merito a una serie di misure, tra cui un “patto di sicurezza” e una valutazione approfondita delle misure adottate dalle imprese nella catena di approvvigionamento dei giocattoli, che verrà completata entro il primo trimestre del 2008.

- Applicazione: nel corso degli ultimi mesi le autorità di vigilanza del mercato degli Stati membri hanno compiuto ricerche approfondite, ma l’analisi condotta ha riscontrato che la situazione può migliorare ulteriormente. La Commissione sta collaborando con le autorità di vigilanza del mercato degli Stati membri al fine di individuare e condividere le migliori prassi verso controlli più mirati e basati sul rischio. Verrà rafforzata la tracciabilità dei prodotti: la Commissione ha già incluso nella proposta di pacchetto sul mercato interno dei beni, una disposizione che prevede che gli operatori economici rendano disponibile l’identità dei loro fornitori e che di conseguenza garantisce la trasparenza e la continuità della catena di approvvigionamento. Verrà esercitata una pressione tra pari sulle autorità nazionali, dato che la Commissione intende pubblicare i dati comparati sulla capacità di applicazione nella pagella dei mercati dei beni al consumo del 2008. Anche la capacità di vigilanza del mercato degli Stati membri verrà rafforzata, dato che la Commissione continuerà a finanziare progetti ben strutturati di vigilanza congiunta del mercato (nel 2007 i finanziamenti comunitari sono stati pari a 1,3 milioni di euro). Oltre a questi interventi intesi a migliorare la tutela all’interno dell’UE, sono state intraprese varie azioni volte a rafforzarla alle frontiere. I notevoli cambiamenti apportati di recente alla normativa doganale comunitaria contribuiranno a individuare le partite ad alto rischio da sottoporre a controlli. I meccanismi di scambi doganali sicuri permetteranno anche di intervenire in tempi rapidi, qualora vengano rese disponibili informazioni su nuovi tipi di prodotti pericolosi. Detti meccanismi vengono utilizzati per distribuire le informazioni pertinenti disponibili nel sistema di allarme rapido per i prodotti pericolosi (RAPEX), al fine di allertare le autorità doganali competenti in merito a carichi specifici potenzialmente pericolosi. Sulla scena internazionale, verrà intensificata e ampliata la cooperazione con i nostri principali partner commerciali, gli USA e la Cina. In modo particolare, l’attuale cooperazione con la Cina ha già portato a risultati tangibili in termini di controlli e misure prese contro i prodotti non sicuri di origine cinese reperiti in Europa. Oltre a ciò, la Commissione sta collaborando con le autorità cinesi per istituire un sistema di allarme nazionale simile al RAPEX europeo, al fine di rendere meglio tracciabili i prodotti che non rispettano gli standard previsti e quelli pericolosi, in modo particolare i giocattoli.

- Progettazione: già alla nascita i giocattoli devono essere sicuri. La sicurezza non è un surplus o un optional, ma deve essere integrata nel giocattolo, sin dalle prime fasi del suo processo produttivo. Per questo motivo sono necessarie normative chiare che fissino rigorosi requisiti di sicurezza. A tale proposito, la prossima proposta della Commissione per la revisione della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli contiene disposizioni rafforzate in materia di sicurezza al fine di rispondere ai rischi fisici, meccanici e chimici che possono derivare dai giocattoli. La Commissione sta anche elaborando una misura temporanea intesa a imporre le avvertenze sui giocattoli magnetici, in attesa della revisione del relativo standard per rispondere ai rischi che questa categoria di giocattoli potrebbe porre.

 

Interrogazione n. 45 dell’on. Dimitrios Papadimoulis (H-0992/07)
 Oggetto: Funzionamento dei centri di liberi studi in Grecia
 

L’articolo 50, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE(1) relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, che si basa sulla libertà di circolazione delle persone e dei servizi, stabilisce che: “qualora un titolo di formazione (...) sia stato rilasciato (...) e riguardi una formazione ricevuta in toto o in parte in un centro legalmente stabilito nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato membro ospitante può verificare presso l’autorità competente dello Stato membro di origine: a) se il programma di formazione del centro che ha impartito la formazione è stato formalmente certificato dal centro di formazione situato nello Stato membro di origine”.

In quali Stati membri esistono istituti di educazione post-secondaria (centri di liberi studi), che impartiscano una formazione formalmente certificata dall’istituto di insegnamento con sede nello Stato membro in cui è stato emesso il titolo? Gli Stati membri hanno il diritto (articolo 149 del Trattato CE) di proibire il funzionamento di istituti di insegnamento che funzionano secondo il metodo di certificazione da parte di istituti di insegnamento con sede in un altro Stato membro?

 
  
 

La Commissione è a conoscenza dell’esistenza di istituti di insegnamento, che impartiscono una formazione formalmente certificata dall’istituto di insegnamento con sede nello Stato membro d’origine in cui è stato emesso il titolo, nei seguenti Stati membri: Grecia, Italia, Germania e Spagna. Non è escluso, tuttavia, che istituti di insegnamento delle stesso tipo esistano anche in altri Stati membri.

Ai sensi dell’articolo 149 del Trattato CE, gli Stati membri hanno piena responsabilità in merito al contenuto e all’organizzazione del loro sistema di istruzione nonché della formazione professionale. Tuttavia, la formazione fornita mediante gli accordi di cui all’articolo 50, paragrafo 3 della direttiva 2005/36/CE non rientra nel sistema di istruzione dello Stato membro dove è situato l’istituto che impartisce tale formazione, bensì nel sistema di istruzione dello Stato membro in cui ha sede l’università che certifica la formazione e rilascia il diploma. Di conseguenza, in conformità dell’articolo 149 del Trattato CE, gli Stati membri non possono vietare che, all’interno del loro territorio, operino istituti che forniscono formazione sulla base di un accordo concluso con un’università situata in un altro Stato membro.

 
 

(1) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.

 

Interrogazione n. 46 dell’on. Esko Seppänen (H-1022/07)
 Oggetto: Cause Viking Line e Laval
 

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha emesso la propria sentenza sulle cosiddette cause Viking Line e Laval. Il Commissario McCreevy ha fermamente sostenuto la posizione del datore di lavoro, soprattutto nella causa Viking Line.

Può la Commissione comunicare la propria posizione quanto alla legalità dello sciopero di solidarietà del sindacato, dopo le succitate sentenze giudiziarie?

 
  
 

Nella causa Viking Line, un giudice britannico ha sottoposto alla Corte europea di giustizia varie questioni relative all’impatto dell’articolo 43 del Trattato CE sulla libertà di stabilimento e sulle azioni dei sindacati, mentre la causa Laval riguardava l’interpretazione della direttiva sul distacco dei lavoratori e l’articolo 49 del Trattato CE sulla libera prestazione di servizi.

Sebbene le cause siano diverse, la Corte europea di giustizia ha fornito, per entrambe, alcuni chiarimenti in merito alla questione citata dall’onorevole deputato. Anzitutto, la Corte ha statuito che il diritto a intraprendere azioni collettive deve essere riconosciuto come un diritto fondamentale che costituisce parte integrante dei principi generali del diritto comunitario.

Allo stesso tempo, la Corte ha chiaramente affermato che ciò non significa che tale diritto di intraprendere azioni collettive sia escluso dall’ambito applicativo del diritto comunitario o, in altre parole, che lo renda inapplicabile. L’esercizio del diritto in questione può essere soggetto a talune limitazioni. Ciò riflette molto la situazione negli ordinamenti giuridici nazionali: sia in Finlandia che in Svezia, come in altri Stati membri, in cui tale diritto gode della tutela costituzionale, non può essere esercitato senza alcuna limitazione.

Tenendo conto delle decisioni della Corte, i lavoratori e i datori di lavoro continueranno ad avere il diritto di intraprendere azioni in difesa dei loro interessi, tra cui rientrano, per quanto riguarda i lavoratori, gli scioperi di solidarietà. Tuttavia, qualora si intraprendano azioni contro imprese aventi sede in un altro Stato membro che occupano lavoratori sul loro territorio o avverso un’impresa che vuole stabilirsi in un altro Stato membro, essi dovranno rispettare il diritto comunitario.

In altre parole, quando un’azione collettiva limita la libertà di stabilimento o la libera circolazione dei servizi, deve essere giustificata da uno scopo legittimo, compatibile con il Trattato; inoltre deve essere appropriata a conseguire tale scopo, nonché proporzionata. La Corte ha fornito orientamenti guida utili e la Commissione è convinta che le parti sociali continueranno a poter difendere i loro diritti e lo faranno in modo pienamente responsabile.

 

Interrogazione n. 47 dell’on. Milan Gaľa (H-1023/07)
 Oggetto: Riforma dei prelievi sui diritti d’autore
 

L’interrogante ha chiesto alla Commissione per quale motivo avesse deciso di rinviare la riforma dei prelievi sui diritti d’autore e quando avrebbe inteso ritornare su tale questione (H-0147/07). Nella risposta scritta del 13 marzo 2007, la Commissione ha comunicato che “seguirà da vicino i futuri sviluppi” e “continuerà a valutare in quale modo i prelievi interagiscono con i servizi digitali e il settore della tecnologia dell’informazione in generale”.

Sono trascorsi otto mesi, e l’interrogante si rammarica della mancanza di interventi da parte della Commissione sulla riforma dei prelievi sui diritti d’autore, temendo che l’istituzione non stia trattando l’argomento con la dovuta urgenza.

Può la Commissione rendere noti gli effettivi risultati ottenuti in seguito alle operazioni di controllo e valutazione annunciate nella risposta del marzo 2007? Può inoltre indicare i prossimi provvedimenti specifici che attuerà e quando intende adottare misure concrete per risolvere l’urgente questione della riforma dei prelievi sui diritti d’autore?

 
  
 

La Commissione desidera ringraziare il Parlamento per l’interesse dimostrato negli sforzi in corso per la riforma dei prelievi per copie private.

Come tutti sappiamo bene, gli attuali sistemi di prelievo sono sia complessi che controversi. Esistono inoltre enormi differenze nei tassi applicati alle stesse apparecchiature, o ad apparecchiature analoghe, utilizzate per la produzione di copie private. Non vi è uniformità tra gli Stati membri nel determinare i prelievi per apparecchiature digitali identiche. Il risultato è la presenza in Europa di una gamma straordinariamente vasta di prelievi diversi applicati ai medesimi prodotti, con differenze tra prelievi per prodotti identici che arrivano fino al 1 500%.

Dati questi presupposti, la Commissione sta esaminando in quale misura i prelievi per copie private influiscano sia sul mercato interno che sul sostentamento di autori e interpreti. La cultura e la diversità culturale sono, com’è noto, gli obiettivi primari alla base di tutte le iniziative portate avanti dalla Commissione nell’ambito dei diritti d’autore. La politica persegue il duplice obiettivo di garantire che gli schemi basati sui prelievi abbiano un’influenza minima negativa, se non nessuna, sul mercato interno per le apparecchiature digitali e i supporti vergini e allo stesso tempo che gli autori non subiscano alcun danno economico derivante dalla pratica diffusa della produzione domestica di copie private.

I consumatori non amano che vengano imposte loro restrizioni in merito al come e al quando debbano consumare un prodotto protetto dai diritti d’autore. Come indica un’indagine pubblicata il 20 dicembre 2007 dal quotidiano spagnolo El País, il 94% degli intervistati è a favore dell’eliminazione dei prelievi per copie private.

È necessario trovare un compromesso ragionevole tra la libertà dei consumatori e il compenso degli artisti per le copie private. Qualsiasi riforma di questo problema sensibile deve essere condotta con diligenza e con la massima attenzione.

Fino a quando tali questioni non saranno più chiare, non è produttivo formulare ipotesi in merito alla forma delle prossime azioni.

 

Interrogazione n. 48 dell’on. Bogusław Sonik (H-1031/07)
 Oggetto: Trattamento omogeneo delle guide negli Stati membri dell’UE
 

L’interrogante richiama l’attenzione sul problema relativo all’approvazione della direttiva 2005/36/CE(1). Nella direttiva in questione i legislatori non differenziano la professione di accompagnatore turistico (tour leader), responsabile di un gruppo di turisti in viaggio, da quella di guida (guide). Compito della guida non è semplicemente quello di organizzare efficientemente le escursioni ma anche quello di fornire informazioni e dati riguardo la storia, le tradizioni, il valore delle opere d’arte o dei monumenti storici. Anche per tale motivo esistono corsi specifici di preparazione alla professione della guida turistica, alla conclusione dei quali è necessario sostenere un esame. L’alta qualità del servizio fornito è garantita dall’elevato livello di tali corsi ed esami. Occorre notare che in molti Stati membri dell’UE, tra cui anche la Polonia, la professione della guida turistica è disciplinata da norme specifiche. Il conseguimento della qualifica completa richiede infatti la presentazione di documenti che attestino la partecipazione e il superamento dei corsi e della formazione. Conferire agli accompagnatori turistici le medesime competenze che alle guide comporterebbe un calo della qualità del servizio fornito al turista. Onde evitare tale possibilità è necessario istituire un sistema di certificazione volto ad attestare le competenze delle guide a livello europeo.

Ritiene la Commissione che sia possibile istituire un sistema di formazione e certificazione per le guide in tutta Europa che sarà elaborato, a livello contenutistico, sulla base dei sistemi attuati dai singoli Stati membri?

 
  
 

La Commissione non prevede di sviluppare un ampio sistema europeo di corsi ed esami per le guide turistiche.

Entro i limiti posti dal Trattato CE, gli Stati membri sono liberi di disciplinare l’accesso alle professioni e il loro esercizio e di conseguenza anche per quanto riguarda la professione di guida turistica e di accompagnatore turistico. In conformità all’attuale Trattato, qualsiasi proposta di strumento legislativo a livello europeo, attraverso il quale verrebbero armonizzati i requisiti in materia di istruzione e formazione per entrambe le professioni, richiede un voto all’unanimità di tutti gli Stati membri dell’UE. Fino a oggi la Commissione non ha ricevuto prove convincenti dell’esistenza di problemi riguardanti la prestazione transfrontaliera dei servizi delle guide turistiche che giustificherebbero l’adozione di una proposta di direttiva sull’armonizzazione di questa professione.

La Commissione è a conoscenza e a favore di iniziative non legislative a livello europeo, quali i lavori per una norma CEN(2) volti all’introduzione di requisiti di base relativi ai sistemi di qualifica per le guide turistiche (EN 15565), che è stata redatta dal comitato europeo di normalizzazione e approvata il 1° gennaio 2008. Sebbene non siano giuridicamente vincolanti, tali strumenti di autoregolamentazione costituiscono un punto di partenza molto efficace per determinare un livello delle conoscenze e delle competenze che i professionisti qualificati devono aver raggiunto per esercitare una professione.

 
 

(1) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.
(2) Comitato europeo di normalizzazione.

 

Interrogazione n. 49 dell’on. Olle Schmidt (H-1035/07)
 Oggetto: Fondi patrimoniali pubblici
 

I fondi patrimoniali pubblici costituiscono una nuova tipologia di strumenti di investimento caratterizzati dalla differenza fondamentale che sono di proprietà dello stato e spesso utilizzati da paesi non democratici. Le nuove e più attive strategie d’investimento sono causa di preoccupazione in alcuni Stati membri, in particolare quando si tratta d’investimenti in compagnie considerate d’importanza strategica nazionale.

A titolo esemplificativo di investimenti recenti con fondi patrimoniali pubblici si citano l’investimento nella Citigroup da parte dell’Autorità per gli investimenti di Abu Dhabi, l’offerta sull’OMX della Dubai Bourse e, ovviamente, l’interesse manifestato dalla Russia sulle infrastrutture energetiche europee.

In Brasile il governo intende istituire fondi patrimoniali pubblici per compensare l’apprezzamento del real, intervenendo quindi direttamente sul mercato finanziario.

L’interrogante sollecita la Commissione a difendere l’apertura del sistema finanziario ma, al contempo, di pretendere la trasparenza dei fondi controllati dallo stato al fine di garantire che tutte le strategie d’investimento siano eseguite per perseguire obiettivi a livello economico e non strategico.

In che modo intende la Commissione agire sulla questione dei fondi patrimoniali pubblici? Varie proposte in materia sono state presentate dai commissari, quali le golden shares europee, orientamenti ed iniziative per la trasparenza. Quali di queste strade auspica che sia intrapresa?

Ed infine, in quale modo intende monitorare lo sviluppo dei fondi patrimoniali pubblici nei mercati europei?

 
  
 

La Commissione è impegnata appieno nella difesa dell’apertura del sistema finanziario in Europa. Essa, inoltre, condivide totalmente il principio secondo il quale gli investimenti dovrebbero essere effettuati sulla base di criteri economici anziché politici o altri criteri strategici. La Commissione è consapevole delle preoccupazioni che sono state espresse di recente in merito ai fondi sovrani, ma desidera anche porre l’accento sul fatto che numerosi fondi funzionano da decenni fornendo all’economia europea investimenti preziosi. La Commissione esorta anche i paesi terzi a offrire un livello proporzionato di apertura agli investitori europei.

La Commissione continua a controllare la questione con grande attenzione. In questo momento, non è a favore della possibilità di produrre nuovi strumenti legislativi, ma vi sono valide ragioni per lo sviluppo di un approccio comune in Europa per presentare nel mercato unico una posizione coordinata in merito alle attività dei fondi sovrani. Potrebbero essere necessarie alcune linee guida volte a rafforzare la trasparenza e la governance dei fondi sovrani. Nell’ottobre 2007, il G7 ha chiesto al Fondo monetario internazionale (FMI) e all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) di esaminare la possibilità di elaborare una serie di orientamenti in materia di trasparenza o un codice di condotta per i fondi sovrani e i paesi destinatari. In occasione del Consiglio economico transatlantico tenutosi il 9 novembre 2007, la Commissione ha avuto l’opportunità di confrontarsi su tali questioni con l’amministrazione degli Stati Uniti (USA) con la quale è convenuta in merito all’utilità dello sviluppo di dette regole a livello internazionale.

In sintesi, la Commissione è impegnata internamente e in sedi internazionali al fine di sviluppare strumenti appropriati ed efficaci che riescano a dissipare le preoccupazioni che le attività di tali investitori possono destare. Intende definire in proposito una posizione europea comune che preservi le libertà fondamentali sancite nel Trattato. Le iniziative degli Stati membri nell’area dei fondi sovrani devono essere valutate anche in questo contesto, dato che è proprio in tale ambito che il monitoraggio delle attività dei fondi sovrani assume particolare rilevanza. La Commissione vigila sugli sviluppi con attenzione e in collaborazione con le organizzazioni internazionali (OCSE, FMI). Il dialogo USA-UE sugli investimenti e quello per la regolamentazione sui servizi finanziari offrono, ciascuno da parte propria, alla Commissione un’opportunità per esaminare le questioni relative ai fondi sovrani in stretta collaborazione con il Tesoro americano e altri ministeri degli Stati Uniti.

 

Interrogazione n. 50 dell’on. Laima Liucija Andrikienė (H-1038/07)
 Oggetto: Integrazione dei servizi finanziari al dettaglio
 

I consumatori al dettaglio sono essenziali nel mercato unico dei servizi finanziari. I servizi al dettaglio, tra cui i prodotti quali i conti correnti e il credito al consumo, costituiscono un pilastro fondamentale del Piano d’azione per i servizi finanziari avviato dalla Commissione europea nel 1999. Da allora si registrano ritardi nell’integrazione dei mercati finanziari, esistono ancora molte discrepanze tra i servizi finanziari negli Stati membri dell’Unione europea, segnatamente per quanto riguarda le commissioni sulle operazioni finanziarie tra istituti bancari di diversi Stati membri, le commissioni sulle carte di credito, ecc. Ad esempio, la commissione applicata alle operazioni da una banca lituana verso una banca belga è di quattro volte superiore a quella applicata alle operazioni nella direzione inversa.

Può la Commissione indicare quali misure intende adottare per accelerare l’integrazione dei mercati finanziari al dettaglio e in che modo i consumatori al dettaglio potranno trarre vantaggio da tali misure?

 
  
 

Sono stati compiuti progressi significativi per offrire un mercato unico dei servizi finanziari al dettaglio. Tuttavia, l’integrazione di tali servizi non ha ancora raggiunto il suo pieno potenziale e in alcuni mercati la concorrenza è insufficiente, in particolar modo in settori come quello dei pagamenti e dei servizi bancari al dettaglio. Di conseguenza, i consumatori europei si trovano nella condizione di non poter beneficiare appieno dei vantaggi del mercato unico. Data questa situazione e nel contesto del riesame del mercato unico, la Commissione ha adottato un Libro verde sui servizi finanziari al dettaglio nel mercato unico(1), che è stato redatto sulla base del Libro bianco sui servizi finanziari per il periodo 2005-2010(2) della Commissione, dei risultati dell’indagine settoriale della Commissione riguardante l’attività bancaria al dettaglio(3) e della relazione intermedia sulle assicurazioni per le imprese(4). Il documento riporta anche l’obiettivo centrale della Commissione, ossia sviluppare l’integrazione nei mercati comunitari dei servizi finanziari al dettaglio garantendo che mercati aperti adeguatamente regolati e una forte concorrenza consentano di disporre di prodotti capaci di soddisfare le esigenze dei consumatori; rafforzando la fiducia dei consumatori garantendo loro, se necessario, un’adeguata protezione e vigilando sulla solidità finanziaria e l’affidabilità dei fornitori di servizi; migliorando la capacità dei consumatori di prendere le decisioni opportune per la loro situazione finanziaria mediante una maggiore alfabetizzazione finanziaria, informazioni chiare, adeguate e tempestive e una consulenza di elevata qualità. La pubblicazione del Libro verde ha avviato una consultazione pubblica sulla strategia della Commissione in merito ai servizi finanziari al dettaglio, che ha ricevuto quasi 190 risposte. Anche l’audizione pubblica che si è tenuta il 19 settembre 2007 ha attirato un grande pubblico, con oltre 300 partecipanti.

Il 20 novembre 2007, oltre alla comunicazione della Commissione su un mercato unico per l’Europa del XXI secolo(5), è stato pubblicato anche un documento di lavoro dei servizi della Commissione sulle iniziative nel settore dei servizi finanziari al dettaglio(6), che propone varie iniziative mirate e volte a migliorare le scelte e la mobilità dei consumatori, in particolar modo per quanto riguarda i conti correnti, un prodotto finanziario utilizzato dalla grande maggioranza dei cittadini europei; aiutare i mercati dell’assicurazione al dettaglio a funzionare meglio, ad esempio mediante la creazione in Europa di un “quadro di valutazione” dei premi per le polizze auto; esaminare la necessità di un approccio più coerente alla divulgazione delle informazioni sui prodotti e ai requisiti per la distribuzione dei prodotti di investimento al dettaglio (come ad esempio i fondi di investimento, polizze vita unit-linked, e così via); e promuovere l’istruzione e l’inclusione finanziaria (ad esempio, accesso per tutti a un conto corrente di base) e adeguati meccanismi di ricorso per i consumatori.

La Commissione cerca di apportare benefici concreti ai consumatori europei in termini di prezzi più bassi e di scelta più ampia, migliorando la competitività e l’efficienza dei mercati dei servizi finanziari al dettaglio. Per questi motivi, la Commissione è fortemente a favore del progetto per l’Area unica dei pagamenti in euro (SEPA), un’iniziativa del settore bancario per creare un mercato integrato e più competitivo dei pagamenti in euro, che dovrebbe essere pienamente operativo entro la fine del 2010. La direttiva sui servizi di pagamento, che deve essere recepita nel diritto nazionale entro novembre 2009, dovrebbe anche generare una maggiore concorrenza nella prestazione di servizi di pagamento e pertanto portare a una riduzione dei prezzi. Essa contiene anche disposizioni per migliorare la trasparenza e consentire la libera estinzione dei contratti quadro dopo un periodo di 12 mesi, situazione che faciliterà la mobilità dei consumatori e promuoverà la concorrenza.

In riferimento alla questione specifica dei conti correnti, in quanto parte del pacchetto di revisione del mercato unico, la Commissione ha annunciato i suoi piani politici volti a facilitare la mobilità dei clienti in termini di conti correnti, promuovendo di conseguenza anche la concorrenza e l’efficienza. La Commissione incoraggerà lo sviluppo da parte del settore, entro il primo semestre del 2008, di un codice di condotta, che contemplerebbe un servizio, che verrà reso disponibile ai clienti di ciascuno Stato membro dell’UE e che dovrebbe semplificare la procedura per passare da un conto corrente a un altro. La Commissione ha anche spiegato al settore che, all’apertura di un conto corrente transfrontaliero, non dovranno essere attuate discriminazioni nei confronti dei clienti sulla base della nazionalità o della residenza. Per i clienti dovrebbe essere semplice aprire in conto corrente in un altro Stato membro.

 
 

(1) COM(2007) 226 del 30.4.2007.
(2) COM(2005) 629 del 1.12.2005.
(3) COM(2007) 33 del 31.1.2007 e SEC(2007) 106 del 31.1.2007.
(4) COM(2007) 226 del 30.4.2007.
(5) COM(2007) 724 del 20.11.2007.
(6) SEC(2007) 1520 del 20.11.2007.

 

Interrogazione n. 51 dell’on. Manuel Medina Ortega (H-0964/07)
 Oggetto: Previsioni di bilancio dell’Agenzia Frontex
 

La Commissione considera sufficienti le previsioni di bilancio per il 2008 per finanziare le attività dell’Agenzia Frontex in materia di controllo dell’immigrazione irregolare?

 
  
 

In seguito alla seconda lettura da parte della commissione per i bilanci, il Parlamento ha votato un emendamento con cui sono stati aggiunti altri 30 milioni di euro al bilancio dell’Agenzia Frontex per il 2008. La maggior parte della somma sarà destinata alle spese operative dell’agenzia.

Tale emendamento implica un aumento del 79% se paragonato al progetto preliminare di bilancio iniziale. Questo aumento risulta in una sovvenzione CE per un totale di 68 milioni di euro, che rafforza pertanto in modo considerevole le risorse finanziarie dell’agenzia e contribuisce a potenziarne la capacità di assolvere ai suoi compiti relativi all’immigrazione irregolare.

Frontex ha adattato il suo programma di lavoro per il 2008 in base all’aumento di disponibilità di bilancio. Il programma di lavoro rivisto prevede un aumento sostanziale della durata delle operazioni congiunte in quelle aree dei confini esterni più esposte alla pressione dell’immigrazione irregolare.

La Commissione è fiduciosa che, in base a ciò, l’impatto delle operazioni coordinate da Frontex aumenterà sensibilmente rispetto al 2007.

Nel corso del 2008 la Commissione seguirà con attenzione la situazione relativa alle spese e alle esigenze finanziarie dell’agenzia.

 

Interrogazione n. 52 dell’on. Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0968/07)
 Oggetto: Imprese familiari e microimprese e mercato interno
 

Tenendo presente che le piccole e medie imprese rappresentano il 99,8% delle imprese europee e, pertanto, costituiscono il fattore principale dell’economia europea e dell’occupazione, e che per la maggior parte, in numerosi Stati membri, sono imprese familiari e microimprese, può la Commissione dire quali misure intende adottare in modo che tali imprese continuino ad essere competitive, sfruttino meglio le potenzialità del mercato interno e possano adattarsi senza costi eccessivi agli obblighi derivanti dalla legislazione europea?

Può la Commissione altresì dire come intende facilitare la sostenibilità di tali imprese e lo sviluppo di nuove imprese che siano competitive rispetto alle grandi multinazionali e alle catene di imprese che operano in tutto il territorio dell’Unione? Ritiene la Commissione che la creazione di Centri di supervisione del mercato interno in ogni Stato membro attenuerà il rischio che le imprese familiari e le microimprese scompaiano?

 
  
 

Le piccole e medie imprese (PMI) svolgono senza dubbio un ruolo significativo nell’economia europea, fornendo i due terzi del totale dell’occupazione privata. Sono di conseguenza soggetti fondamentali per raggiungere gli obiettivi di crescita e occupazione individuati nella strategia di Lisbona.

La Commissione è attiva da molti anni nella promozione dell’imprenditorialità e nel miglioramento dell’ambiente imprenditoriale per le PMI, in particolare per le piccole imprese, che costituiscono il 90% delle PMI. Nel 2000 il Consiglio europeo ha approvato la Carta europea per le piccole imprese, che mira a migliorarne il contesto di attività. La Carta costituisce oggi un quadro di riferimento per 44 paesi e numerose regioni.

Sin dall’adozione, nel novembre del 2005, della politica per le moderne piccole e medie imprese (PMI), la Commissione segue con attenzione le azioni in cinque aree chiave: la promozione dell’imprenditorialità, la riduzione degli oneri amministrativi, il sostegno all’accesso delle PMI ai mercati, il sostegno alla crescita delle PMI e il rafforzamento del dialogo con le parti interessate delle PMI. Dalla revisione intermedia adottata nell’ottobre del 2007 è emerso che la dimensione delle PMI viene sempre più presa in considerazione nelle politiche e nei programmi comunitari. Tuttavia, ciò non è ancora sufficiente e la Commissione ha deciso di dare ancor maggiore rilievo alle PMI nell’agenda politica quando, sulla base della sua valutazione del primo ciclo di tre anni della nuova strategia per la crescita e l’occupazione, ha annunciato l’adozione per il 2008 dello “Small Business Act”, la legge europea sulle piccole imprese. La preparazione di questa nuova iniziativa è in corso e nelle prossime settimane avrà luogo un’ampia consultazione.

Alcune delle misure intraprese dalla Commissione mirano in particolare ad aiutare le PMI a beneficiare delle possibilità offerte dal mercato interno. Favorire il loro accesso al mercato degli appalti pubblici ne è un esempio. La Commissione è al momento impegnata in una valutazione d’impatto finalizzata all’elaborazione di una proposta di uno statuto della società privata europea (2008) al fine di facilitare le operazioni transfrontaliere per le PMI. È da vent’anni che la Commissione aiuta le piccole imprese anche mediante una rete di sostegno, che verrà rafforzata nel 2008, per sensibilizzare ulteriormente in merito alle politiche e ai programmi europei e per consigliare, guidare e ascoltare le PMI.

Per quanto attiene ai costi a carico delle PMI per l’applicazione della normativa europea, le piccole imprese spendono relativamente fino a dieci volte di più rispetto alle grandi imprese per rispettare i requisiti amministrativi(1). Per questo motivo la Commissione si sta impegnando al fine di semplificare tali oneri amministrativi e ritiene che il miglioramento del processo normativo rientri tra le sue priorità fondamentali. Essa prevede di tagliare del 25% gli oneri amministrativi di origine comunitaria entro il 2012 e incoraggia anche gli Stati membri a contribuire attivamente a questo processo. Attraverso il principio “Pensare anzitutto in piccolo”, nelle nuove proposte vengono introdotte, ove appropriato, disposizioni specifiche per le PMI, ad esempio negli obblighi di rendicontazione semplificati, nei requisiti in materia di igiene per le imprese più piccole operanti nel settore alimentare.

L’applicazione delle norme e della normativa europea costituisce un’altra difficoltà per le PMI. Questo è il motivo per cui la Commissione intensificherà in modo significativo il suo sostegno mirato a un maggior coinvolgimento delle PMI nei processi di normalizzazione europei e nazionali, al fine di facilitare il loro accesso alle norme; alle PMI viene offerta inoltre assistenza attraverso un apposito programma comunitario nel campo della normativa ambientale UE.

Per quanto riguarda le imprese familiari, esse costituiscono la maggior parte delle piccole aziende e a esse sono rivolte le iniziative a favore delle piccole imprese. Tuttavia, la Commissione al momento sta conducendo un’analisi delle potenziali difficoltà specifiche che possono trovarsi ad affrontare.

 
 

(1) Relazione del gruppo di esperti sui Modelli per ridurre l’onere sproporzionato della regolamentazione che grava sulle PMI http://ec.europa.eu/enterprise/entrepreneurship/support_measures/regmod/index.htm" .

 

Interrogazione n. 53 dell’on. Avril Doyle (H-0976/07)
 Oggetto: Importanza della concorrenza fiscale per il mercato interno
 

Il 10 novembre 2005, durante un discorso pronunciato nel quadro dell’Iniziativa imprenditoriale europea in materia fiscale, il Commissario McCreevy ha affermato: “Non sono venuto al Berlaymont per camminare in punta di piedi in casa mia”. Ha poi aggiunto che “l’armonizzazione fiscale non è in programma, né lo sarà”. Inoltre, nel maggio di quest’anno il Commissario ha dichiarato che la proposta di una base imponibile consolidata comune per le società “minerebbe la concorrenza, i mercati piccoli ed emergenti, gli investimenti dall’esterno, la crescita a lungo termine e le prospettive occupazionali dell’Unione”.

Considerata l’importanza della ratifica del Trattato di Lisbona in Irlanda, può la Commissione confermare che l’attuale proposta di una base imponibile consolidata comune per le società sarà eliminata dall’ordine del giorno? Può altresì confermare che non “camminerà in punta di piedi” ma difenderà con forza la competenza degli Stati membri nelle questioni fiscali e relative alla concorrenza fiscale nel settore delle imposte sulle società?

 
  
 

La Commissione segue con la massima attenzione il processo di ratifica del Trattato di Lisbona in tutti gli Stati membri. La posizione della Commissione su una CCCTB(1) è espressa nel programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008(2). È stata avviata una valutazione d’impatto per esaminare le opzioni e le loro implicazioni.

 
 

(1) Base imponibile consolidata comune per le società.
(2) COM(2007)640.

 

Interrogazione n. 54 dell’on. Alain Hutchinson (H-0987/07)
 Oggetto: Iscrizione in bilancio del Fondo europeo di sviluppo
 

Attualmente, l’aiuto accordato dall’Unione europea ai paesi ACP ha due diverse origini: il bilancio comunitario e il Fondo europeo. Per la parte esterna al bilancio, la cooperazione con i paesi ACP non è quindi interamente soggetta al controllo pubblico esercitato dal Parlamento europeo e si trova esclusa da uno dei processi di decisione più importanti dell’Unione. L’integrazione nel bilancio UE dell’aiuto ai paesi ACP ne rafforzerebbe la legittimità. Permetterebbe inoltre di garantire una reale trasparenza e maggiore efficacia, che costituisce una delle principali sfide in materia di cooperazione allo sviluppo.

A che punto è la proposta della Commissione di integrare nel bilancio dell’Unione europea l’aiuto accordato ai paesi ACP nel quadro del FED e quali iniziative intende prendere la Commissione affinché tale integrazione del FED nel bilancio generale comunitario diventi una realtà?

 
  
 

È da lungo tempo che la Commissione sostiene l’integrazione del finanziamento della cooperazione geografica con i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) nel bilancio comunitario. Tale richiesta si basa sia su motivi di efficienza e armonizzazione degli strumenti comunitari per l’aiuto allo sviluppo che su motivi di coerenza e visibilità politica della nostra azione esterna nel settore dello sviluppo.

Al momento della preparazione della fase post 9° Fondo europeo di sviluppo (FES), la Commissione aveva elaborato in modo dettagliato la sua posizione nella comunicazione “Verso la piena integrazione della cooperazione con i paesi ACP nel bilancio dell’UE”(1). Il Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2005 alla fine ha optato (paragrafo 70) per il mantenimento del finanziamento della cooperazione geografica con i paesi ACP attraverso il meccanismo intergovernativo del FES. Allo stesso tempo ha fissato il periodo per il 10° FES, allineandolo alle scadenze delle prospettive finanziarie (2013), e il livello di contributo di ciascuno Stato membro al 10° FES. In generale tali contributi si collocano a metà strada tra i contributi del 9° FES e il contributo degli Stati membri al bilancio comunitario.

La Commissione è fermamente intenzionata a sollevare di nuovo, ogni qualvolta opportuno, la questione dell’iscrizione in bilancio del FES:

in occasione del Consiglio europeo del dicembre 2005 la Commissione è stata invitata a sottoporre una revisione del bilancio nel 2008-2009. La Commissione auspica di riaprire in tale contesto il dibattito sull’iscrizione in bilancio del FES, in modo particolare alla luce della riforma del Trattato adottata dal Consiglio europeo del dicembre 2007, che, nell’area delle azioni esterne, estende la procedura di codecisione all’insieme del bilancio comunitario e rafforza il ruolo del Parlamento;

l’accordo interno riguardante il 10° FES(2) prevede all’articolo 1, paragrafo 10, che la Commissione proceda nel 2010 a una valutazione del livello di realizzazione che può contribuire alla decisione relativa all’importo della cooperazione finanziaria dopo il 2013. Si svolgerà in parallelo una discussione nel quadro del dibattito derivante dal Libro verde sulle relazioni comunitarie con i paesi e i territori d’oltremare (PTOM) e la revisione dell’accordo di associazione con i paesi PTOM richiesta per il 2011.

La Commissione ritiene che siano già stati compiuti non pochi progressi al fine di facilitare una decisione sull’iscrizione nel bilancio comunitario del FES e continuerà a perseguire tali obiettivi nel quadro del periodo successivo al 10° FES, sottolineando tuttavia che la decisione su questo punto spetta agli Stati membri.

 
 

(1) COM(2003)590 del 8.10.2003.
(2) Decisione del 17.7.2006 dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, GU L 247 del 9.9.2006.

 

Interrogazione n. 55 dell’on. Bill Newton Dunn (H-0988/07)
 Oggetto: Cambiamenti nel sistema sanitario francese
 

È la Commissione a conoscenza della dichiarazione annunciata dal governo francese che tutti i cittadini UE di nazionalità non francese risiedenti in Francia, a partire dal 5 gennaio 2008 e conformemente alla direttiva europea 2004/38/CE(1), saranno esclusi dall’assistenza sanitaria nazionale e conseguentemente costretti ad acquistare un’assicurazione sanitaria privata? Può prendere provvedimenti a riguardo?

In passato, sottoscrivere un’assicurazione sanitaria privata era illegale per i cittadini UE trasferitisi in Francia, essendo essi obbligati a rescindere le polizze assicurative precedenti per aderire piuttosto al sistema statale. Attualmente il governo francese ha adottato un approccio con effetto retroattivo e la norma ne risulta invertita.

Ne deriverà un problema particolare per coloro che attualmente soffrono di problemi di salute, in quanto si troveranno in un vicolo cieco: quando erano in buona salute si sono visti costretti a terminare la precedente assicurazione sanitaria privata, ma adesso, nel momento della malattia, sono impossibilitati ad acquistarne una nuova.

La legislazione con effetto retroattivo è sempre da deplorare. In che modo può la Commissione risolvere tale ingiustizia?

 
  
 

La Commissione ha ricevuto lettere da parte di numerosi cittadini britannici residenti in Francia che sono stati informati dalle autorità francesi competenti che non potranno continuare a beneficiare della copertura malattia universale (couverture maladie universelle, CMU) sulla base del contributo corrispondente.

Secondo le informazioni di cui dispone la Commissione, il CMU, introdotto dalla legge 99-641 del 27 luglio 1999, garantisce l’iscrizione al sistema generale d’assicurazione malattia a tutti coloro che soggiornano legalmente e in via continuativa che non dispongono di una copertura assicurativa per malattia a titolo di un regime assicurativo di base. Di conseguenza, conformemente a tale legge tutte le persone residenti in Francia legalmente e in modo continuativo, a prescindere dalla nazionalità, devono aderire al CMU qualora non siano coperti da un altro regime d’assicurazione malattia legale in Francia o in un altro paese.

La direttiva 2004/38/CE stabilisce che il diritto di residenza dei cittadini inattivi dell’Unione è soggetto alla condizione che essi dispongano di risorse economiche sufficienti affinché non diventino un onere a carico del sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi. La direttiva stabilisce anche che una volta che il cittadino dell’Unione ha acquisito il diritto di residenza permanente, di norma dopo cinque anni di soggiorno legale e continuativo, tale diritto non è più soggetto alle condizioni di cui sopra.

Inoltre, l’articolo 24 della direttiva prevede che, fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal Trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla direttiva in questione, nel territorio dello Stato membro ospitante, goda di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del Trattato. Nel quadro della direttiva, la parità di trattamento è soggetta al rispetto delle condizioni di soggiorno.

Il diritto comunitario nel campo della sicurezza sociale, contenuto nel regolamento (CEE) n. 1408/71(2) mira a coordinare i regimi di sicurezza sociale degli Stati membri in modo tale che l’applicazione delle diverse normative nazionali non influisca negativamente sulle persone che esercitano il loro diritto alla libera circolazione all’interno dell’Unione europea. Ciascuno Stato membro è quindi libero di definire i dettagli dei suoi regimi di sicurezza sociale, tra cui i benefici che verranno forniti, le condizioni di ammissibilità e quanti contributi dovranno essere versati. Tuttavia, gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario quando esercitano questo potere. Il regolamento (CEE) n. 1408/71 stabilisce regole e principi comuni che devono essere osservati da tutte le autorità nazionali nell’applicazione del diritto nazionale.

In conformità di tale regolamento, i lavoratori e i pensionati, nonché i loro famigliari, residenti in uno Stato membro diverso da quello in cui lavorano o che eroga loro la pensione, hanno il diritto a prestazioni di malattia nello Stato membro di soggiorno alle stesse condizioni dei cittadini di quello Stato membro, ma per conto dello Stato membro in cui lavorano o che eroga loro la pensione. Al fine di beneficiare dell’assistenza sanitaria, le persone interessate devono registrarsi presso l’istituzione di assicurazione malattia dello Stato membro di soggiorno mediante il modulo E106 (lavoratori) o E121 (pensionati).

Al fine di completare l’esame della compatibilità con il diritto comunitario dell’esclusione dal regime francese CMU dei cittadini inattivi dell’Unione regolarmente residenti in Francia, la Commissione ha preso contatti con le autorità francesi su questa questione ed è in attesa di una risposta.

 
 

(1) GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77.
(2) Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giugno 1971 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro famigliari che si spostano all’interno della Comunità, GU L 149 del 5.7.1971.

 

Interrogazione n. 56 dell’on. Maria Carlshamre (H-0989/07)
 Oggetto: Gruppo di esperti della Commissione europea sul traffico di esseri umani
 

Può la Commissione farmi sapere se il mandato per il nuovo gruppo di esperti sul traffico di esseri umani è stato approvato? In caso affermativo, è possibile avere accesso al relativo documento?

Può inoltre fornire informazioni sul procedimento e i tempi a cui gli Stati membri e le ONG devono attenersi per proporre potenziali nuovi membri di tale gruppo di esperti?

 
  
 

Fin dalla sua nomina nel 2003, il gruppo di esperti sulla tratta di esseri umani ha fornito alla Commissione pareri e punti di vista in merito a vari temi importanti. Nel 2004 ha presentato la relazione che costituisce ancora oggi una fonte di ispirazione per altre attività.

Il 17 ottobre 2007 è stata adottata la decisione per l’istituzione di un nuovo gruppo di esperti, che ne specifica il mandato(1). La decisione tiene conto dei necessari cambiamenti derivanti dall’allargamento e dell’esigenza di garantire competenze specifiche, in modo particolare nell’ambito dello sfruttamento della manodopera.

Il gruppo di esperti sarà composto da 21 membri, di cui un numero massimo di 11 che rappresentano le amministrazioni degli Stati membri, fino a 5 le organizzazioni intergovernative, internazionali e non governative, fino a 4 le parti sociali e le associazioni dei datori di lavoro, un membro proveniente dall’Europol(2) e fino a 2 dalle università o da altri istituti di ricerca.

L’invito a candidarsi verrà pubblicato a breve sulla Gazzetta ufficiale e sul sito Internet della Direzione generale Giustizia, libertà e sicurezza con un termine ultimo per la presentazione delle domande per metà febbraio 2008.

 
 

(1) 2007/675/CE: Decisione della Commissione del 17 ottobre 2007 che istituisce il gruppo di esperti sulla tratta di esseri umani, GU L 277 del 19.10.2007.
(2) Ufficio europeo di polizia.

 

Interrogazione n. 57 dell’on. Danutė Budreikaitė (H-0994/07)
 Oggetto: Terzo pacchetto sull’energia
 

Nell’autunno 2007 la Commissione ha pubblicato il terzo pacchetto sull’energia, che porta avanti gli obiettivi della politica energetica dell’UE, ossia la liberalizzazione del mercato dell’energia, accompagnata dalla separazione giuridica e funzionale tra reti di distributori e produttori e/o una disaggregazione della proprietà nel settore dell’energia elettrica e del gas.

Ora, Gazprom, fornitore di gas che gode di una posizione di monopolio nell’UE, possiede azioni di diverse reti europee di distributori di gas.

Può la Commissione far sapere in quali fra le maggiori reti europee di distributori di gas è azionista Gazprom? Quali effetti avrà per Gazprom l’attuazione del terzo pacchetto sull’energia? Quante imprese comunitarie possiedono quote nelle reti russe di distributori di gas? Qual è l’entità di tali quote?

 
  
 

Il pacchetto sul mercato interno dell’energia del 19 settembre 2007 della Commissione propone la disaggregazione della proprietà delle reti di trasmissione e dei gestori delle reti di trasmissione o, in alternativa, la creazione di gestori di reti indipendenti, responsabili della gestione e dello sviluppo della rete di trasmissione. Riguardo ai sistemi di distribuzione, il terzo pacchetto non altera gli attuali requisiti giuridici, che consistono nella separazione giuridica e funzionale dei proprietari di grandi reti di distribuzione e che sono entrati in vigore solo in data 1° luglio 2007. La clausola relativa ai paesi terzi (articolo 7 bis, della direttiva “Gas” proposta) si applica anche solo ai gestori di reti di trasmissione.

L’allegato VIII della valutazione d’impatto delle proposte del terzo pacchetto(1) fornisce dettagli in merito alla partecipazione non europea ai sistemi di trasmissione. Per quanto riguarda i tre Stati baltici, ad esempio, Gazprom detiene quote pari a circa un terzo in ciascuna delle imprese nazionali di distribuzione e di trasmissione di gas, che in tutti e tre gli Stati membri gestiscono e possiedono le reti sia di distribuzione che di trasmissione. Le informazioni in merito alla partecipazione delle imprese europee alle reti russe di distribuzione di gas non sono purtroppo a disposizione della Commissione, dato che gli accordi alla base vengono di norma trattati come segreti industriali.

Per quel che concerne le disposizioni proposte in merito alla disaggregazione, gli effetti su Gazprom sono identici a quelli su qualsiasi altra impresa europea o di paesi terzi. Un’impresa di produzione o approvvigionamento attiva in qualsiasi parte dell’UE deve separare il gestore della sua rete di trasmissione in qualunque Stato membro dell’UE secondo le modalità proposte dalla Commissione. Il pacchetto prevede tutele per garantire che nel caso in cui le imprese di paesi terzi desiderino acquisire un interesse significativo o persino il controllo su una rete europea, esse dovranno rispettare in modo dimostrabile e inequivocabile gli stessi requisiti di disaggregazione delle imprese europee. Inoltre, la Commissione ha proposto un requisito secondo cui i paesi terzi e i privati di paesi terzi non possono acquisire il controllo su un sistema di trasmissione comunitario o su un gestore di rete di trasmissione comunitaria a meno che ciò non sia consentito in virtù di un accordo tra l’UE e il paese terzo. Lo scopo è quello di garantire che le imprese di paesi terzi rispettino le stesse regole applicate alle imprese aventi sede in Europa.

 
 

(1) SEC(2007)1179.

 

Interrogazione n. 58 dell’on. Maria Eleni Koppa (H-0995/07)
 Oggetto: Kosovo
 

Dinanzi alla possibile dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, sono numerosi quanti temono che l’eventuale riconoscimento del nuovo Stato da parte della comunità internazionale dia un segnale positivo ad altri movimenti separatistici nel mondo e, principalmente, in Europa.

Può pertanto la Commissione dire che cosa intende fare nel caso che il Kosovo compia tale passo? Inoltre, quali iniziative intende adottare per evitare che si estenda tale tipo di mosse contrarie alle decisioni della comunità internazionale?

 
  
 

La risoluzione n. 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR), adottata successivamente al conflitto in Kosovo del 1999, prevedeva un’amministrazione civile provvisoria guidata dall’ONU al fine di garantire lo sviluppo di istituzioni transitorie per un autogoverno democratico e autonomo in attesa di una soluzione politica.

Il Segretario generale dell’ONU ha avviato il processo per la definizione dello status finale del Kosovo con la nomina, nel novembre del 2005, di un inviato speciale, l’ex Presidente Ahtisaari. Dopo 14 mesi di impegno di entrambe le parti, nel marzo del 2007, Marrti Ahtisaari ha presentato una proposta globale di accordo sullo status del Kosovo, che è stata discussa per diversi mesi in sede di Consiglio di sicurezza dell’ONU senza giungere a un’intesa.

In questo contesto, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha deciso un processo di 120 giorni di ulteriore impegno sotto gli auspici di una troika composta da UE, Russia e USA per dare un’altra opportunità a entrambe le parti di pervenire a un accordo.

L’Unione europea ha fatto tutto il possibile per raggiungere una soluzione negoziata e deploriamo profondamente il fatto che nel processo guidato dalla troika internazionale, Belgrado e Pristina non siano state in grado di trovare una soluzione di questo tipo.

L’Unione europea ha sottolineato più volte il carattere particolare della questione kosovara che non funge da precedente per nessun’altra regione del mondo. Di recente, il Consiglio europeo svoltosi nel dicembre 2007 ha sottolineato la propria convinzione che la soluzione della questione in sospeso dello status del Kosovo sia un caso sui generis che non costituisce alcun precedente.

È nel più grande interesse dell’Unione europea e della regione dei Balcani occidentali che lo status del Kosovo sia risolto con urgenza al fine di garantire pace e stabilità, il che corrisponde anche all’obiettivo ultimo della UNSCR1244. Ecco perché questo processo non ha nulla in comune con ciò che l’onorevole deputato definisce “altri movimenti separatistici nel mondo”.

 

Interrogazione n. 59 dell’on. Nikolaos Vakalis (H-0996/07)
 Oggetto: Programma nucleare di Belene
 

In una recente conferenza stampa in data 26 novembre 2007 il Dr. Georgi Katsiev, da molti anni Presidente della Commissione per l’energia atomica bulgara, ha rivolto un appello alla Commissione affinché sospendesse immediatamente il programma nucleare di Belene a causa della mancanza di personale certificato e di esperienza per quanto riguarda la gestione e il controllo del reattore, nonché in considerazione dell’elevata sismicità della regione. È la Commissione a conoscenza di tali elementi e come intende tenerne conto nella valutazione del programma nucleare che interessa la città di Belene? Quali misure immediate intende prendere la Commissione? In che modo vengono protetti i paesi vicini dal possibile rischio di incidenti?

 
  
 

In data 7 dicembre 2007, la Commissione ha espresso la sua opinione in merito alla costruzione di una nuova centrale nucleare formulando un parere che ha poi comunicato alle autorità bulgare.

La Commissione ritiene che, alla luce della valutazione condotta in conformità del Trattato Euratom e del confronto con il gestore nucleare, Natsionalna Elekrticheska Kompania (NEK), tutti gli aspetti dell’investimento in questione siano in linea con gli obiettivi di tale Trattato. Occorre notare che la valutazione è stata condotta secondo le disposizioni del Trattato Euratom, senza pregiudicare lo svolgimento di valutazioni aggiuntive, se del caso, secondo il Trattato CE e gli obblighi discendenti da esso e dal diritto derivato, quali le disposizioni in materia di concorrenza o di ambiente, tra cui la valutazione d’impatto ambientale.

Nel suo parere, la Commissione ha tenuto conto delle informazioni comunicate dall’investitore, secondo le quali il progetto che è stato scelto per Balene include vari sistemi di sicurezza passiva, nonché una protezione potenziata contro i rischi esterni, quali terremoti e incidenti aerei.

I rischi sismici e la pianificazione delle misure di emergenza verranno ulteriormente esaminati dalla Commissione nel quadro della protezione da radiazioni, conformemente all’articolo 37 del Trattato Euratom, il quale prevede anche la valutazione delle possibili conseguenze sugli Stati membri dei residui non concertati, nonché accordi bilaterali o multilaterali per facilitare il pronto intervento.

La Commissione ha inoltre posto l’accento in modo particolare sulla necessità della Bulgaria di sviluppare piani per una gestione a lungo termine delle scorie radioattive prodotte dall’attività e successivamente dallo smantellamento della centrale, in particolare per quel che riguarda le scorie ad alta attività.

 

Interrogazione n. 60 dell’on. Dimitar Stoyanov (H-0999/07)
 Oggetto: Applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 in Bulgaria
 

A norma dell’articolo 22 del regolamento (CEE) n. 1408/71(1), ogni persona assicurata che non può ricevere cure appropriate nel territorio dello Stato membro in cui risiede è autorizzata a recarsi in un altro Stato membro per riceverle. Ebbene, il sig. Maxime Vaniov Petkov, che soffre di torcicollo spastico, non può ricevere in Bulgaria le cure appropriate al suo stato, ma ciononostante la Cassa nazionale di assicurazione contro le malattie non gli ha rilasciato il modello E 112 richiesto. Inoltre non è la prima volta che tale organismo si oppone senza giustificazione all’applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71.

A quali mezzi di pressione intende ricorrere la Commissione per porre fine alla violazione del regolamento in oggetto?

 
  
 

La Commissione sottolinea che, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, l’autorizzazione deve essere concessa quando il trattamento richiesto non può essere erogato nello Stato di residenza in un lasso di tempo accettabile dal punto di vista medico, tenuto conto dello stato di salute della persona in quel momento e della probabile evoluzione della malattia. Ciò implica la necessità di tener conto della condizione medica del paziente e non delle considerazioni amministrative connesse, ad esempio, all’esistenza di liste d’attesa. In ogni caso non è ammesso alcun rifiuto ingiustificato di rilasciare l’autorizzazione.

Tenendo conto di quanto suesposto, la Commissione ha intenzione di chiedere spiegazioni alle autorità bulgare al fine di verificare se i criteri previsti dal diritto comunitario per la concessione dell’autorizzazione siano stati rispettati nel caso citato dall’onorevole deputato.

 
 

(1) GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2.

 

Interrogazione n. 61 dell’on. Paul Rübig (H-1002/07)
 Oggetto: Strategia di comunicazione della Commissione per l’Austria
 

Al momento del referendum due terzi degli aventi diritto al voto in Austria erano favorevoli all’adesione del paese all’UE. Ormai tuttavia da anni l’Austria è costantemente agli ultimi posti nel sondaggio Eurobarometro standard. Nella primavera 2007, per il 25% degli austriaci l’appartenenza all’UE era “una cosa negativa” (penultimo posto), mentre il 43% di loro vi vedeva degli svantaggi (con questi dati l’Austria è uno degli Stati membri più critici nei confronti dell’UE).

Tale situazione è certamente dovuta anche all’insufficiente conoscenza dell’Unione europea da parte dei cittadini. Quali strategie segue la Commissione per comunicare meglio in Austria le conseguenze della legislazione europea, il funzionamento delle istituzioni e le opportunità che l’appartenenza all’Unione offre ai singoli cittadini sul piano sociale, culturale nonché economico?

 
  
 

La Commissione garantisce il suo massimo impegno al fine di facilitare il dibattito pubblico sulle questioni europee e per diffonderle tra i cittadini, adattando la comunicazione sull’Europa al contesto nazionale, regionale e locale. La rappresentanza della Commissione in Austria promuove la comunicazione sull’agenda europea e sulle priorità UE con i cittadini austriaci, i mezzi di informazione, i politici e le altre parti interessate.

Il dialogo con i cittadini è una priorità assoluta per la Commissione. Nel quadro del Piano D, la rappresentanza della Commissione organizza manifestazioni per promuovere il dibattito sulle politiche dell’UE, anche in cooperazione con l’Ufficio informazioni del Parlamento a Vienna. La cooperazione della rappresentanza della Commissione con le parti interessate a livello nazionale, regionale e locale costituisce anche un elemento fondamentale del nostro approccio. Il lavoro della rappresentanza nelle regioni è complementare a quello svolto da 11 centri di collegamento Europe Direct nei Länder, nonché da 9 centri di documentazione europea e da 27 membri del Team Europa, un gruppo di oratori altamente qualificati su questioni europee.

Migliorare la conoscenza dell’UE è fondamentale per incoraggiare i cittadini a partecipare al processo di integrazione europea. Di conseguenza, concentrandosi in modo particolare sugli studenti più giovani, la rappresentanza della Commissione in Austria organizza regolarmente sul posto una serie di “giornate aperte” per le scuole. Nel 2007 la rappresentanza ha ospitato 46 eventi di questo genere, coinvolgendo nel complesso circa 1 000 partecipanti.

In secondo luogo, nel suo lavoro mediatico, la rappresentanza della Commissione prosegue il suo approccio proattivo al fine di inserire le questioni nazionali in un più ampio contesto europeo. Per garantire un’elevata visibilità dei temi europei, nonché un’ampia copertura dei mezzi di informazione, la rappresentanza opera in stretta collaborazione con i media, anche in merito alle visite dei commissari in Austria, dove sono spesso coinvolti in dibattiti pubblici (20 nel 2007). Nel 2007 giornalisti e moltiplicatori hanno compiuto 11 visite informative a Bruxelles, che hanno offerto loro la possibilità di ricevere informazioni di prima mano e di discutere questioni europee con esperti e responsabili politici. Per consentire un migliore accesso a un pubblico più vasto, la Commissione sviluppa la sua attività sulla rete, anche mediante l’utilizzo di strumenti innovativi, ad esempio il servizio di web-streaming.

Infine, nel suo complesso quest’attività andrebbe rafforzata nel quadro di un accordo di partenariato di gestione tra la Commissione, il Parlamento e il governo austriaco, che la Commissione spera di costituire a partire dal 2008. Tale partenariato, cofinanziato dalla Commissione, permetterebbe a entrambi i partner di cooperare e coordinare più efficacemente le rispettive strategie di comunicazione e di pianificare attività comuni, migliorando di conseguenza la percezione dell’UE da parte del pubblico. Attenzione particolare verrà dedicata alla spiegazione delle questioni istituzionali, nonché all’energia e al cambiamento climatico.

 

Interrogazione n. 62 dell’on. Frank Vanhecke (H-1004/07)
 Oggetto: Campagna europea di dissuasione in Africa
 

Secondo alcuni mezzi di informazione l’Unione europea e la Svizzera hanno avviato in un certo numero di paesi africani una campagna volta a dissuadere gli africani dal venire in Europa.

Corrisponde al vero tale notizia? Trattasi di un’iniziativa congiunta dell’UE e della Svizzera? Chi/quale istituzione ne ha preso l’iniziativa? In quali paesi viene condotta la compagna, secondo quali modalità e con quali mezzi? La Commissione prevede di estendere la campagna ad altri paesi africani? Quali sono i costi della campagna?

 
  
 

La Commissione sta finanziando campagne informative sui rischi dell’immigrazione irregolare in paesi dell’Africa occidentale come Mauritania, Senegal, Niger, Mali, Ghana, Nigeria, Congo e Camerun. Tali campagne sono preparate e attuate dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel quadro di un progetto finanziato dal bilancio del 2004 del programma AENEAS(1). L’esecuzione del progetto, selezionato per il finanziamento nel 2004 mediante un invito a presentare proposte, è stata iniziata nel corso del 2005.

In alcuni dei paesi ai quali si rivolge il progetto, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha collaborato con altri donatori e organizzazioni, al fine di creare sinergie ed evitare duplicazioni o l’invio di messaggi contraddittori. Nel caso del Senegal, ad esempio, la campagna informativa finanziata dall’UE è stata sostenuta dalla Spagna, mentre la campagna in Nigeria e in Camerun è stata promossa anche dall’Ufficio federale delle migrazioni svizzero.

Il costo delle campagne informative nel quadro del progetto guidato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni è pari a 265 000 euro.

Il programma AENEAS e quello successivo, il Programma tematico di cooperazione con i paesi terzi nei settori dell’emigrazione e dell’asilo, sostengono le campagne informative volte ad azioni di sensibilizzazione sui rischi legati all’immigrazione irregolare, che in molti casi portano a morte, condizioni di vita estreme, detenzione, coinvolgimento in traffici illegali, sfruttamento e rimpatrio forzato.

 
 

(1) Programma in materia di asilo e migrazione nelle relazioni con i paesi terzi.

 

Interrogazione n. 63 dell’on. Georgios Toussas (H-1005/07)
 Oggetto: Pregiudizi arrecati alle casse di previdenza dei lavoratori dalle disposizioni governative parziali a favore delle banche
 

L’UE e i governi degli Stati membri, nel quadro di una politica impopolare e mediante disposizioni provocatrici e parziali, liberano i gruppi bancari dai loro obblighi contrattuali donando loro miliardi di euro provenienti dalle casse di previdenza dei lavoratori e aggravando la situazione delle finanze pubbliche, ossia dei lavoratori, con un aumento dell’imposizione fiscale. Adottando una regolamentazione volta a integrare la cassa di previdenza dei lavoratori della ex Banca di credito nella Cassa unica di previdenza degli impiegati di banca (ETAT), il governo di Nuova Democrazia presenta una nuova regolamentazione parziale che costituisce una continuazione di una precedente regolamentazione adottata dal governo del PASOK, grazie alla quale la banca “Alpha Bank” ha ricevuto 600 milioni di euro in seguito all’assorbimento della Cassa di previdenza del personale della Banca Ionica e Popolare di Grecia nell’Organismo di Sicurezza Sociale greco (IKA). Tali scelte politiche pregiudizievoli per i lavoratori hanno aperto gli otri di Eolo permettendo ai gruppi bancari monopolistici di depredare le riserve delle casse di previdenza dei lavoratori.

Qual è la posizione della Commissione per quanto riguarda la regolamentazione adottata da Nuova Democrazia, che consiste nel liberare la società “Alpha Bank” dagli obblighi contrattuali che le incombono per quanto riguarda le casse di previdenza dei lavoratori?

 
  
 

In merito al trasferimento degli obblighi pensionistici, la Commissione può, quale osservazione preliminare, fare riferimento alla decisione 597/2006 del 10 ottobre 2007 sulla riforma dell’organizzazione del regime pensionistico integrativo nel settore bancario greco. In tale decisione la Commissione è pervenuta alla conclusione che il trasferimento degli obblighi pensionistici del primo pilastro da un regime speciale a un regime di sicurezza sociale generale non ha coinvolto gli aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE.

Al momento la Commissione sta esaminando una denuncia relativa alla situazione cui ha fatto riferimento l’onorevole deputato, incentrata su una presunta violazione della direttiva 2002/14/CE(1). Essa ha inviato una lettera alle autorità greche per chiedere ulteriori informazioni in proposito. Attualmente, inoltre, la Commissione sta analizzando i possibili problemi relativi agli aiuti di Stato che potrebbero delinearsi in questa particolare situazione citata dal denunciante.

 
 

(1) Direttiva 2002/14/CE che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori, GU L 80 del 23.3.2002.

 

Interrogazione n. 64 dell’on. Robert Evans (H-1007/07)
 Oggetto: Aiuti al Bangladesh
 

In seguito al ciclone Sidr del 15 novembre, l’Unione europea è stata una delle prime organizzazioni a fornire una concreta assistenza finanziaria al Bangladesh. Può la Commissione specificare che tipi di aiuti sono stati concessi da allora e quali piani a lungo termine si stanno considerando?

 
  
 

Durante le ore in cui si abbatteva il ciclone, la Commissione ha stanziato 1,5 milioni di euro per far fronte alle necessità più urgenti delle vittime, annoverandosi di conseguenza tra i primi donatori a destinare fondi per questa crisi umanitaria. Le quattro organizzazioni non governative (ONG) coinvolte in questa operazione iniziale hanno cominciato a distribuire derrate alimentari e beni non alimentari di prima necessità entro una settimana dal ciclone. 24 ore prima che il ciclone colpisse il Bangladesh sono stati attivati programmi di allarme rapido ed evacuazione (circa 3 200 000 persone evacuate), cosa che ha limitato enormemente il numero delle vittime rispetto al bilancio di altri cicloni che hanno colpito il Bangladesh negli ultimi decenni.

Sulla base delle informazioni aggiuntive raccolte sul posto, che descrivevano le pesanti esigenze umanitarie di emergenza, il 3 dicembre 2007 la Commissione ha adottato un’ulteriore decisione urgente per 5 milioni di euro, che verrà completata da una nuova decisione urgente per 1 925 000 di euro a titolo del bilancio 2007, portando lo stanziamento complessivo in favore delle vittime del ciclone a oltre 8,4 milioni di euro. I nuovi fondi stanno rispondendo ai bisogni vitali di acqua, cibo, rifugio, suppellettili domestiche di base, cure sanitarie di emergenza, miglioramento della qualità dell’acqua e delle condizioni igienico-sanitarie, al fine di evitare il diffondersi di malattie trasmesse attraverso l’acqua e per contribuire al sostentamento e a una rapida ripresa. Come di consueto, le attività verranno attuate dai partner della Direzione generale per gli aiuti umanitari della Commissione: ONG, agenzie delle Nazioni Unite (ONU) e Movimento internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa.

La quattro ONG assunte a contratto a titolo della decisione urgente di 1,5 milioni di euro hanno concluso la loro missione: hanno raggiunto 278 000 persone, portato loro alimenti e beni non alimentari e migliorato l’approvvigionamento di risorse idriche. Tali aiuti hanno avuto un impatto eccezionale sulla popolazione locale.

Tuttavia, la devastazione portata dal ciclone Sihr è di proporzioni notevoli con più di 8,5 milioni di persone colpite, di cui oltre 2,6 milioni necessitano ancora di assistenza di emergenza. Sono state distrutte non solo più di mezzo milione di case ma anche infrastrutture pubbliche; i dati relativi alla distruzione di coltivazioni e bestiame sono il doppio rispetto a quanto stimato inizialmente.

Il 3 dicembre 2007, in occasione di un incontro del capo del governo del Bangladesh con la comunità internazionale, è stato confermato che i fondi necessari per una ricostruzione a più lungo termine sono circa 1 miliardo di USD(1), da destinare alle infrastrutture, quali terrapieni costieri, altri rifugi contro i cicloni, scuole, strade, ponti, nonché il rimboschimento della foresta di mangrovie di Sunderbans, sito patrimonio dell’umanità.

La Commissione resta completamente mobilitata attraverso la sua delegazione a Dhaka, operando in maniera coordinata con il governo e con altre agenzie che forniscono aiuti. Entro la fine del 2007 o l’inizio del 2008 verrà effettuata una valutazione congiunta CE-Banca mondiale-ONU sui bisogni e i danni successivi alla calamità.

In tali circostanze, la Commissione sta esaminando la possibilità di stanziare ulteriori fondi per gli aiuti in Bangladesh, tra cui assistenza umanitaria aggiuntiva. La Commissione sta anche valutando la possibilità di impiegare lo strumento per la stabilità a sostegno dei primi sforzi di ripresa. Un’altra opzione potrebbe essere il riorientamento o il potenziamento delle attività in corso nei 9 distretti più colpiti dal ciclone, in particolar modo quelle che rientrano negli attuali programmi finanziati dalla CE relativi all’istruzione, alla sanità e alla sicurezza alimentare.

È chiaro che il Bangladesh, il paese più densamente popolato del mondo e uno dei più poveri, necessiterà per molti anni un sostegno continuativo, al fine di far fronte efficacemente all’impatto del ciclone Sidr e di rafforzare la preparazione alle catastrofi naturali nel contesto della minaccia posta dai cambiamenti climatici.

La Commissione è il donatore principale nell’ambito delle azioni volte alla preparazione alle catastrofi in Bangldesh. Dal 1994 sono stati impegnati 5,9 milioni di euro per progetti su base comunitaria nel quadro degli interventi per la preparazione alle catastrofi (programma DIPECHO), che mira al rafforzamento delle capacità di risposta delle popolazioni a rischio. La Commissione sta contribuendo (9 milioni di euro) al Programma generale di gestione delle catastrofi del governo del Bangladesh.

Tale programma dovrebbe essere completato a breve da un altro contributo relativo alla preparazione ai disastri e al cambiamento climatico.

 
 

(1) Dollaro statunitense.

 

Interrogazione n. 65 dell’on. Jens Holm (H-1008/07)
 Oggetto: Negoziati con la Comunità andina delle Nazioni (CAN)
 

La Commissione sta portando a termine i negoziati per un accordo di associazione con la CAN e, secondo i negoziatori latino-americani, sta premendo affinché tali paesi firmino un accordo di libero scambio che liberalizzi in maggior misura di quanto previsto dall’OMC e dall’accordo con il Cile, per esempio nel caso dei diritti di proprietà intellettuale. D’altro canto, per i negoziatori europei, l’obbligo di riservare un trattamento speciale e differenziato ai paesi in via di sviluppo che ne hanno bisogno, consiste semplicemente nell’accordare rinvii di cinque o sette anni a quelli più poveri.

Può indicare la Commissione se terrà conto della necessità di concedere ai paesi in via di sviluppo un trattamento speciale e differenziato adottando misure qualitative? Quali potrebbero essere tali misure?

Può confermare la Commissione che non includerà la questione di Singapore e quella dei servizi in questi negoziati?

Non ritiene la Commissione che se Cile e Messico non sono riusciti a mettere in pratica alcuni capitoli dell’accordo, sarà ancora più difficile per paesi poveri come Perù e Bolivia?

 
  
 

Conformemente alle direttive di negoziato approvate dal Consiglio nell’aprile del 2007, la Commissione sta attualmente negoziando un accordo di associazione (AA) con la Comunità andina delle Nazioni (CAN), che riguarderà il dialogo politico, la cooperazione e le relazioni commerciali. L’ultima parte dell’accordo dovrebbe mirare alla progressiva e reciproca liberalizzazione, mediante un ampio Spazio di libero scambio equilibrato e ambizioso, che rispetti appieno le regole e gli obblighi dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), ma che allo stesso tempo si spinga oltre le regole base dell’OMC.

Come principio generale, la Commissione e la CAN hanno concordato che l’AA, e in particolare la sezione relativa al commercio, comprenda asimmetrie e un trattamento speciale e differenziato (TSD), sia su base regionale, ove necessario, che all’interno della CAN, pur prevedendo tuttavia una minima differenziazione degli impegni tra i paesi. Il contenuto preciso di tale principio in ciascun capitolo del futuro accordo fa parte del negoziato e non è ancora stato specificato, ma la Commissione non limita necessariamente il suo campo d’applicazione al calendario per la liberalizzazione degli scambi di merci. La Commissione è pronta a esaminare qualsiasi altro suggerimento della CAN sulle asimmetrie e sul TSD, che siano compatibili con gli obiettivi generali della liberalizzazione del commercio e con le regole e gli obblighi dell’OMC.

La Commissione può confermare che il commercio dei servizi e le cosiddette questioni di Singapore (agevolazioni negli scambi, investimenti, appalti pubblici e concorrenza) rientrano nel ciclo di negoziati, in conformità delle direttive del Consiglio e in pieno accordo con la CAN. La Commissione è convinta che tali questioni rivestano la massima importanza non solo per l’UE, ma anche per il processo di integrazione regionale della CAN e per lo sviluppo sostenibile dei suoi membri.

La Commissione ritiene che i suoi partner abbiano attuato con successo gli accordi UE-Cile e UE-Messico in tutte le aree coperte e non vede alcuna ragione a priori per cui ciò non dovrebbe essere possibile, in un futuro accordo di associazione, anche per i paesi membri della CAN. Com’è ovvio, verranno fornite assistenza e cooperazione appropriate, in modo particolare in termini di capacità istituzionale e tecnica.

 

Interrogazione n. 66 dell’on. Anne E. Jensen (H-1009/07)
  Oggetto: Interpretazione della direttiva IVA
 

La Corte di giustizia europea nella causa C-382/02 ha obbligato la Danimarca a modificare la propria regolamentazione concernente l’IVA sulla vendita di aerei, sulle forniture di carburante agli aerei nonché sulle forniture alle scuole di volo. La motivazione è che le regolamentazioni danesi sono in contrasto con la direttiva del Consiglio 77/388/CEE(1), articolo 15, paragrafi 6, 7 e 9.

Tuttavia la Gran Bretagna continua a mantenere una esenzione IVA sulle forniture agli aerei e una esenzione IVA sulla vendita di aerei a privati.

Si chiede pertanto alla Commissione di dichiarare su quale base giuridica relativamente alla legislazione comunitaria un paese come ad esempio l’Inghilterra possa non imporre l’IVA sulla vendita di aerei a privati né sulle forniture a compagnie aeree che operano essenzialmente su rotte aeree interne.

 
  
 

L’articolo 148 della direttiva 2006/112/CE(2) (la “direttiva IVA”), in combinato disposto con l’articolo 169, lett. b), prevede un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA pagata nella fase precedente (“tasso zero” ) per, inter alia, la fornitura di aeromobili “utilizzati da compagnie di navigazione aerea che praticano essenzialmente il trasporto internazionale a pagamento”. Risulta chiaro che sulla base di questa disposizione a nessuno Stato membro è consentito di concedere un tasso zero per la fornitura di aerei a privati e/o a compagnie di navigazione aerea che operano principalmente sulle tratte nazionali.

Altre disposizioni di transizione della direttiva IVA (quali, ad esempio, l’articolo 110 o l’articolo 371, in relazione alla categoria (11) dell’allegato X, parte (B)) non sembrano neppure in grado di coprire un’applicazione del tasso zero ampia quanto quella presumibilmente adottata nel Regno Unito. Per questo motivo, la Commissione intende prendere contatti con le autorità del Regno Unito in merito all’attuale trattamento IVA da loro applicato per gli aeromobili.

 
 

(1) GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1.
(2) Direttiva del Consiglio 2006/112/CE del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, GU L 347 del 11.12.2006. Tale direttiva ha modificato e abolito la sesta direttiva IVA a decorrere dal 1° gennaio 2007.

 

Interrogazione n. 67 dell’on. Seán Ó Neachtain (H-1013/07)
 Oggetto: Promozione dell’acquacoltura in Europa
 

Può la Commissione fare sapere quali nuove iniziative intende adottare quest’anno per promuovere un livello più elevato di attività economica nel settore dell’acquacoltura in Europa?

 
  
 

La Commissione è dell’avviso che l’acquacoltura, in quanto settore alimentare di alta qualità, sia di importanza strategica per soddisfare la domanda crescente di prodotti ittici sani. Pertanto, come è stato annunciato nel suo Programma legislativo e di lavoro per il 2008(1), la Commissione intende adottare proprio nel 2008, quale iniziativa prioritaria, una comunicazione sullo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura della Comunità.

Dato che gli obiettivi di crescita della strategia del 2002 per l’acquacoltura(2) non sono stati pienamente raggiunti, l’obiettivo primario di tale comunicazione consisterà nell’individuare e nel far fronte alle principali sfide che ostacolano la crescita sostenibile di questa attività economica. Sulla base di un’ampia consultazione iniziata nel 2007, cercherà di valutare quale ruolo dovrà essere assunto da ciascun attore coinvolto, in modo particolare dalle autorità pubbliche, per promuovere e fornire un adeguato quadro normativo e per le imprese per incoraggiare l’imprenditorialità e l’innovazione e garantire il rispetto di elevati requisiti ambientali e di salute pubblica. È tuttavia troppo presto per affermare quali azioni precise possono essere identificate in tale contesto.

Nel 2008 la Commissione intende anche adottare norme di attuazione per due importanti regolamenti del Consiglio che sono stati adottati nel 2007 in merito all’impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti(3) e alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, tra cui quelli dell’acquacoltura(4).

 
 

(1) COM(2007)640.
(2) COM(2002)511.
(3) Regolamento (CE) n. 708/2007 del Consiglio.
(4) Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio.

 

Interrogazione n. 68 dell’on. Eoin Ryan (H-1015/07)
 Oggetto: Controlli a fini regolamentari in Europa
 

Può la Commissione far sapere quali meccanismi applica al fine di assicurare e garantire di non avanzare proposte superflue o ingiustificate per regolamentare il funzionamento dell’economia europea?

 
  
 

La Commissione desidera rassicurare l’onorevole deputato circa il profondo impegno della Commissione riguardo alla piena attuazione della sua strategia per legiferare meglio. Trasparenza e analisi di elevata qualità sono componenti chiave del sistema di valutazione d’impatto della Commissione, il quale costituisce uno strumento fondamentale per lo sviluppo di proposte legislative valide. Il suo obiettivo è garantire che vengano fatte avanzare solo quelle proposte che apportano un valore aggiunto e rispettano il principio di sussidiarietà, e che sono strutturate appositamente per rispondere nel modo più efficace possibile agli obiettivi politici. Se tali criteri vengono soddisfatti, esistono ulteriori controlli e bilanciamenti per garantire che tutte le proposte siano proporzionate ed efficienti nell’affrontare il problema individuato. Ad esempio, dal marzo 2006, le linee guida per la valutazione d’impatto richiedono l’utilizzo del modello dei costi standard per identificare qualsiasi impatto relativo a possibili oneri amministrativi.

La Commissione è impegnata nell’esecuzione, in linea di principio, di valutazioni d’impatto per ogni iniziativa relativa al suo programma legislativo e di lavoro. Inoltre, un numero sempre maggiore di altre azioni è accompagnato da un’analisi corrispondente al loro impatto. La valutazione d’impatto permette alla Commissione di esaminare con attenzione le diverse opzioni politiche, avvalendosi dei risultati dei contributi delle parti interessate. Le consultazioni pubbliche rispettano sempre i requisiti minimi per la consultazione previsti dalla Commissione, che comprendono un approccio proattivo per garantire che alle parti interessate venga offerta la possibilità di condividere le loro opinioni di esperti. Inoltre, il comitato per la valutazione dell’impatto istituito di recente fornisce un controllo e un’assistenza indipendenti della qualità delle valutazioni d’impatto elaborate dalla Commissione. In alcuni casi la valutazione d’impatto ha portato alla decisione di non portare avanti un’iniziativa politica dell’UE.

È importante sottolineare che lo scopo di una valutazione d’impatto è fornire ai responsabili delle decisioni politiche un quadro completo e oggettivo di tutti i potenziali impatti e di evidenziare qualsiasi compromesso o sinergia. La decisione finale rimane naturalmente di tipo politico e viene adottata nel quadro del normale processo interistituzionale. In quanto parte di questo processo, la Commissione, il Parlamento e il Consiglio hanno concordato un approccio interistituzionale comune alla valutazione d’impatto.

 

Interrogazione n. 69 dell’on. Liam Aylward (H-1017/07)
 Oggetto: Pagamenti eseguiti a titolo della PAC in favore di agricoltori irlandesi e europei
 

Non ritiene la Commissione che i leaders dell’UE abbiano fornito agli agricoltori irlandesi ed europei chiare garanzie sul livello dei pagamenti a titolo della PAC che costoro dovrebbero ricevere per il periodo 2007-2013?

Non è dunque il caso che la Commissione non sia autorizzata a rivedere gli impegni finanziari presi con gli agricoltori irlandesi ed europei per il periodo 2007-2013 nel contesto della valutazione sullo stato di salute della PAC prevista per il 2008?

 
  
 

Nell’ottobre 2002 il Consiglio europeo ha fissato un massimale che garantiva una prospettiva di risorse finanziare per il primo pilastro (misure di mercato e spese per aiuti diretti) della politica agricola comune (PAC) per il periodo 2007-2013. La riforma della PAC del 2003 è stata adottata dal Consiglio “Agricoltura” nel giugno di quell’anno nel pieno rispetto di quel quadro finanziario. Al Consiglio europeo del dicembre 2005, il massimale convenuto per il primo pilastro è rimasto invariato, con l’eccezione dell’integrazione della spesa per Bulgaria e Romania nell’ambito di tale massimale (introduzione progressiva), mentre l’effetto netto sul finanziamento del secondo pilastro è risultato in una riduzione.

La Commissione ritiene che le nuove sfide derivanti dalle questioni individuate nella comunicazione “In preparazione alla valutazione dello stato di salute della PAC riformata”(1) comportino un ulteriore rafforzamento del secondo pilastro (misure per lo sviluppo rurale) necessario nel quadro delle attuali prospettive finanziare, in particolare alla luce delle attuali restrizioni che gli Stati membri subiscono. È necessario un rafforzamento anche al fine di rispondere alla necessità di maggiori sforzi nel campo dell’innovazione per affrontare le nuove sfide ambientali e competitive. Dato che il bilancio della PAC è ormai fissato fino al 2013, un potenziamento dei finanziamenti destinati al secondo pilastro può essere possibile solo mediante l’aumento della modulazione obbligatoria.

Nel corso del 2008 la Commissione svilupperà ulteriormente la sua strategia per la revisione del bilancio 2008/2009 come indicato nella comunicazione “Riforma del bilancio, trasformazione dell’Europa”(2). La “valutazione dello stato di salute” della PAC offre un contributo per il dibattito sulle priorità future nel settore dell’agricoltura e mira a preparare l’agricoltura europea ad adattarsi meglio a un ambiente in rapido cambiamento. Non rappresenta di conseguenza una riapertura degli impegni finanziari relativi alla PAC e non pregiudica il risultato del riesame del bilancio.

 
 

(1) COM(2007) 722.
(2) SEC(2007) 1188.

 

Interrogazione n. 70 dell’on. Pilar del Castillo Vera (H-1018/07)
 Oggetto: Vertice UE-Africa
 

Nell’ambito del vertice UE-Africa e delle promesse di cooperazione per l’utilizzo di scienza e investimenti al fine di affrontare le sfide legate al problema dell’acqua, quali misure scientifiche congiunte intende adottare la Commissione per rispondere al bisogno di una maggiore sicurezza idrica e di standard più elevati di igiene, nonché per ottenere un impatto positivo sul cambiamento climatico?

 
  
 

Da oltre tre decenni la ricerca in materia di risorse idriche è uno degli elementi fondamentali dei successivi programmi europei sulla ricerca ambientale. Le attività di ricerca, caratterizzate da una forte componente di cooperazione internazionale, sono state finanziate dal Sesto programma quadro (6PQ) per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (RST) al fine di sostenere gli obiettivi dell’iniziativa UE per l’acqua e gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) relativi all’acqua, nonché gli obiettivi del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile. Grazie ad approcci integrati di ricerca, affrontano il carattere multidimensione della gestione dell’acqua (approcci partecipativi, aspetti socioeconomici e di genere, quadri istituzionali, e così via), promuovono la costruzione di capacità attraverso la formazione sul campo, così come la sensibilizzazione, una migliore conoscenza e una gestione innovativa nei paesi in via di sviluppo. Per quel che concerne l’impatto dei cambiamenti climatici, inoltre, alcuni progetti di ricerca del 6PQ analizzano, quantificano e prevedono le componenti del ciclo globale dell’acqua attuale e futuro, valutando le incertezze e chiarendo la vulnerabilità generale delle risorse idriche. Al fine di garantire l’applicabilità e l’utilizzo dei risultati dei progetti di ricerca, le parti interessate, e il pubblico in generale, sono coinvolti nella pianificazione e nell’attuazione della ricerca fin dall’inizio nella maggior parte di questi progetti.

Il progetto NEWATER(1), ad esempio, si occupa del passaggio della gestione dell’acqua dai regimi dei bacini idrici che prevalgono attualmente a regimi più integrati e adattivi ai cambiamenti globali del futuro. Il progetto NEWATER incentra la sua attività su sette bacini internazionali transfrontalieri (due dei quali si trovano in Africa), prestando particolare attenzione all’iniziativa UE per l’acqua. Il progetto ANTINOMOS(2) concentra l’attenzione su come collegare l’avanzamento tecnologico allo stato dell’arte nell’approvvigionamento idrico e nelle strutture igienico-sanitarie con le risorse locali e le innovazioni di base. Il progetto NETSSAF(3)ha l’obiettivo di sviluppare uno strumento di sostegno alla gestione partecipativa da parte di più soggetti interessati degli impianti igienico-sanitari, affinché gli utenti finali siano in grado di applicare i concetti igienico-sanitari su vasta scala e le tecnologie adattate alle varie situazioni maggiormente diffuse in Africa. Attraverso il progetto TECHNEAU(4), verranno promossi lo sviluppo e l’applicazione di strategie e tecnologie europee innovative ed efficaci in termini di costi per la fornitura di acqua potabile sicura. Sulla base di esperienze e tendenze nelle diverse regioni europee rappresentative e nell’Africa subsahariana, il progetto TECHNEAU si occupa delle grandi sfide che il settore dell’approvvigionamento idrico deve affrontare in tutto il mondo (cambiamenti climatici, nuovi contaminanti emergenti, infrastrutture che invecchiano, mancanza di risorse di buona qualità e immediatamente trattabili, autorità di regolamentazione più esigenti e maggiori bisogni dei consumatori), ponendo l’accento su strategie adattive, tecnologie innovative e pratiche operative. Il progetto SWITCH(5) affronta i problemi che le sempre maggiori pressioni del cambiamento globale, l’aumento dei costi e gli altri rischi inerenti alla gestione convenzionale delle acque urbane stanno causando alle principali città del mondo (due delle quali si trovano in Africa). Il programma SWITCH è incentrato sul concetto di alleanze per l’apprendimento basate sulla città e di ricerche e dimostrazioni orientate dalla domanda. Le alleanze per l’apprendimento mirano a unire le parti interessate a livello di centro urbano e globale per interagire in modo produttivo e per creare soluzioni vantaggiose per tutti lungo la catena idrica, favorire una nuova forma di ricerca “basata sulla domanda” attraverso una stretta collaborazione con gli operatori locali, migliorare la comunicazione tra le istituzioni del settore dell’acqua nelle città dimostrative, aumentare la trasparenza e le basi scientifiche per i processi decisionali, contribuire ad abbattere le barriere politiche per risolvere le questioni idriche e urbane generali, permettere una migliore rappresentazione di tutte le parti interessate nei processi decisionali e mostrare agli altri settori (gestione della salute pubblica, agricoltura, pianificazione territoriale, e così via) che l’utilizzo dell’approccio delle alleanze per l’apprendimento è fattibile e risulta in una più rapida adozione. Infine, il progetto ROSA(6) promuove concetti relativi alle strutture igienico-sanitarie orientati alle risorse come una strada verso condizioni ingienico-sanitarie sostenibili ed ecologicamente valide, al fine di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Tali concetti sono applicati in quattro città dell’Africa orientale.

La componente di ricerca dell’iniziativa UE per l’acqua fornisce una piattaforma per raggruppare le attività di ricerca interconnesse sia a livello europeo, attraverso il continuo sostegno da parte della Direzione generale per il Programma quadro di ricerca, che a livello degli Stati membri, attraverso lo schema della rete dello Spazio europeo della ricerca (ERA-NET). Il progetto AFRICAN WATER(7)ha aiutato vari Stati membri dell’UE a creare un quadro per migliorare sul lungo periodo il coinvolgimento dei ricercatori africani nelle attività di ricerca in materia di acqua e a rispettare i loro impegni politici per rafforzare la capacità africana nell’ambito della ricerca sulle risorse idriche. Ciò porta a un progetto ERA-NET di successo (SPLASH(8)), che è stato finanziato a titolo del 6PQ. Il consorzio ERA-NET comprende 15 titolari/gestori di programmi di ricerca di 11 paesi e mira a migliorare la comunicazione, la collaborazione e il coordinamento dei programmi di ricerca nazionali al fine di ridurre duplicazioni e ripetizioni e di promuovere le sinergie tra i programmi RST finanziati dall’UE e i programmi di ricerca nazionali sostenuti degli Stati membri.

Gli sforzi proseguono nell’ambito del Settimo programma quadro (7PQ), che, in questo processo, pone l’accento in modo particolare sull’analisi degli impatti dei cambiamenti globali sulle risorse idriche e sulla disponibilità d’acqua in termini qualitativi e quantitativi. Sono inoltre contemplate sotto diversi punti di vista le azioni mirate alla sicurezza dell’acqua.

In questo campo, ad esempio, sono già in fase negoziale i progetti di ricerca del primo invito a presentare proposte del 7PQ, tra cui figurano quelli incentrati su i) valutare i cambiamenti climatici e gli impatti sulla quantità e la qualità dell’acqua in modo particolare nelle regioni montane vulnerabili; ii) colmare il divario tra le strategie di adeguamento degli impatti dei cambiamenti climatici e le politiche europee per l’acqua, e iii) esaminare le necessità di ricerca e le scelte politiche nelle aree colpite da siccità.

Per i prossimi anni, inoltre, sono state pianificate attività per lo studio dei cambiamenti in eventi idrologici estremi in Europa e gli impatti sul ciclo dell’acqua ad essi correlati (tra cui le relative minacce globali sulla sicurezza dell’acqua a livello mondiale/regionale).

 
 

(1) Nuovi approcci alla gestione adattiva dell’acqua in situazioni di incertezza (http://www.newater.info).
(2) Una rete basata sulla conoscenza per risolvere i reali problemi legati all’acqua nei paesi in via di sviluppo: Colmare le disparità (http://cordis.europa.eu/fetch?CALLER=FP6_PROJ&ACTION=D&DOC=1&CAT=PROJ&QUERY=1199795693014&RCN=81285).
(3) Rete per lo sviluppo di approcci sostenibili per l’attuazione su larga scala di impianti igienico-sanitari in Africa (http://www.netssaf.net).
(4) Accesso universale ad acque sicure sostenuto da tecnologia (http://www.techneau.org).
(5) “Sustainable Water management Improves Tomorrow’s Cities’ Health” [La gestione sostenibile dell’acqua migliora la salute delle città di domani, (http://www.switchurbanwater.eu)].
(6) Concetti di strutture igienico-sanitarie orientate alle risorse per le aree pre-urbane in Africa (http://rosa.boku.ac.at/).
(7) Azione per promuovere il coinvolgimento dei ricercatori africani impegnati nella ricerca sull’acqua nel programma quadro (http://www.africanwater.net).
(8) Coordinamento della ricerca europea sull’acqua per ridurre la povertà (http://www.splash-era.net).

 

Interrogazione n. 71 dell’on. Giorgos Dimitrakopoulos (H-1019/07)
 Oggetto: Politica europea dei trasporti aerei e politica imprenditoriale di Ryanair
 

Può la Commissione spiegare in quale misura la politica della compagnia aerea Ryanair per quanto riguarda le tariffe dei suoi biglietti influisce negativamente sulle condizioni di sana concorrenza nel settore dei trasporti aerei? Può altresì indicare in quale misura si mette a rischio la sicurezza dei passeggeri dato che la stessa compagnia utilizza, come ha riconosciuto in comunicati stampa (per esempio 8, 22 e 28 novembre 2007), aeroporti regionali e secondari i cui livelli di sicurezza sono oggetto di inchieste e se, a motivo dei suesposti problemi, la compagnia è in grado di ottemperare in generale alle norme di sicurezza?

 
  
 

Conformemente alla legislazione applicabile al mercato unico del trasporto aereo, e in particolar modo alle tariffe, le compagnie aeree sono libere di decidere in merito alle tariffe da applicare. Non sembra che la politica adottata da Ryanair riguardo ai prezzi dei biglietti stia avendo un impatto dannoso su una sana concorrenza nel settore dei trasporti aerei. La politica imprenditoriale applicata dalla compagnia aerea è conosciuta e si basa sulla massima riduzione dei costi a carico della società, mirando a un fattore di carico molto elevato sulle tratte da punto a punto.

La Commissione non è a conoscenza di livelli di sicurezza presumibilmente inferiori degli aeroporti secondari o regionali e delle inchieste avviate al riguardo.

Per quanto riguarda la sicurezza aerea del vettore Ryanair, occorre notare che la licenza di operatore e il certificato di operatore aereo di tale società sono stati rilasciati dallo Stato irlandese che effettua i relativi controlli.

Sulla base dei dati disponibili al momento, ivi compresi i risultati delle ispezioni a terra eseguite nell’ambito di applicazione del programma europeo SAFA(1), la Commissione non ha ricevuto alcuna indicazione di aspetti che minacciano la sicurezza aerea da parte dell’operatore in questione.

 
 

(1) Safety Assessment of Foreign Aircraft Programme (Programma di valutazione della sicurezza degli aeromobili stranieri).

 

Interrogazione n. 72 dell’on. Athanasios Pafilis (H-1020/07)
 Oggetto: Concentrazione di cromo esavalente nell’acqua potabile
 

Le risposte alle interrogazioni dell’autore H-0663/07(1) e H-0775/07(2) sul tenore di cromo esavalente nell’acqua potabile hanno suscitato alcune perplessità. Qual è l’opinione definitiva della Commissione circa l’uso di acqua potabile che presenti concentrazioni di cromo esavalente comprese tra 1 e 50 μg/l? Nelle risposte si precisa che per il cromo esavalente si attendono ulteriori risultati di studi effettuati negli Stati Uniti. Tuttavia, nel documento “Toxicological Profile for Chromium” del Dipartimento americano della Sanità e dei Servizi sociali (settembre 2000, pag. 329), per il cromo esavalente si menziona come limite 0,05 μg/l, quale massimale europeo per l’acqua potabile, e si rimanda alla bibliografia dell’OMS (“European Standard for Drinking Water”, 2a ed, 1970, Ginevra, pag. 33, e “Environmental Health Criteria: Chromium 6”, 1988, Ginevra, pag. 197). Nel regolamento (CE) n. 1907/2006(3) (REACH) il cromo esavalente e i suoi composti figurano come sostanze persistenti, bioaccumulanti e tossiche (PBT) nell’allegato XVII.

Sulla base di questi elementi aggiuntivi, insiste la Commissione a non riconoscere il limite di 0,05 μg/l per il cromo esavalente nell’acqua potabile? Ritiene la Commissione che sia necessario adottare misure eccezionali in materia di distribuzione e consumo di acqua potabile avente un tenore di cromo esavalente compreso tra 8 e 15 μg/l, o addirittura pari a 50 μg/l come nel caso delle acque del fiume Asopo?

 
  
 

La Commissione riconosce il massimale di concentrazione di 0,05 mg/l per il cromo esavalente nell’acqua potabile. La direttiva sull’acqua potabile(4) specifica che il valore limite di concentrazione di questo elemento nell’acqua potabile (per tutte le valenze) è di 50 µg/l, che equivale a 0,05 mg/l. L’attuale valore del parametro previsto dalla direttiva in oggetto per il cromo esavalente si basa sulle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) del 1992, dato che gli orientamenti dell’OMS del 2004 non hanno introdotto alcuna modifica in merito al cromo.

Il valore limite indicato nella direttiva in questione si applica all’acqua potabile così come viene distribuita ai consumatori (al rubinetto) e non a quella dei corsi d’acqua.

Per quel che riguarda il presunto inquinamento del fiume Asopo, la Commissione ha avviato un’inchiesta di sua iniziativa con lo scopo di verificare il rispetto da parte della Grecia degli obblighi derivanti dalla normativa ambientale CE. La Commissione ha inviato una lettera alle autorità greche chiedendo di essere informata in dettaglio in merito alle azioni intraprese. La Commissione sta valutando tutte le informazioni disponibili e adotterà tutte le misure necessarie, tra cui, se del caso, l’avvio di una procedura d’infrazione al fine di garantire il rispetto della normativa ambientale CE.

 
 

(1) Risposta scritta del 25.9.2007.
(2) Risposta scritta del 23.10.2007.
(3) GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1.
(4) Direttiva del Consiglio 98/83/CE, GU L 330 del 5.12.1998.

 

Interrogazione n. 73 dell’on. Jacky Hénin (H-1021/07)
 Oggetto: Il pericolo dell’autodichiarazione di trasporto di merci pericolose
 

Il flusso di merci pericolose che attraversa l’Unione europea è in continua crescita. Nel periodo 1990-2002 si è registrato un aumento del 13%, in particolare per quanto concerne il trasporto su strada (+27,4%) e per via fluviale e marittima (+11,1%). Gli operatori del trasporto insistono per una generalizzazione dell’autodichiarazione di trasporto di merci pericolose, la qual cosa accresce tuttavia i rischi di eventuali catastrofi. L’Unione europea deve assumersi le sue responsabilità e adottare tutte le misure preventive necessarie.

Non ritiene opportuno la Commissione applicare razionalmente il principio di precauzione e vietare ogni forma di autodichiarazione di trasporto di merci pericolose sul territorio dell’Unione?

 
  
 

La legislazione europea sul trasporto di merci pericolose non contiene il concetto di “autodichiarazione”. Non impone tuttavia, a spedizionieri e trasportatori l’obbligo di trasportare merci pericolose nel pieno rispetto delle norme che comprendono i requisiti di classificazione, imballaggio, etichettatura, documentazione e di costruzione del veicolo. Il rispetto di tali disposizioni è posto sotto il controllo delle autorità nazionali. In merito ai controlli stradali, è opportuno menzionare una recente relazione(1) della Commissione.

 
 

(1) COM(2007)0795 – Relazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio sull’applicazione da parte degli Stati membri della direttiva 95/50/CE del Consiglio sull’adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose.

 

Interrogazione n. 74 dell’on. Mikel Irujo Amezaga (H-1024/07)
 Oggetto: Attuazione della direttiva sul riutilizzo delle informazioni del settore pubblico in Spagna
 

Con la legge 37/2007, la Spagna ha attuato tardivamente la direttiva 2003/98/CE(1). L’articolo 7, paragrafo 3, di tale legge stabilisce che “nel caso in cui un’amministrazione o un ente del settore pubblico riutilizzi i documenti come base per attività commerciali estranee alle funzioni che gli sono attribuite, dovranno essere applicate alla consegna dei documenti per le suddette attività le medesime tasse o tariffe pubbliche e le stesse condizioni che valgono per gli altri utenti”.

Ritiene la Commissione che questo paragrafo sia conforme al contenuto della direttiva?

D’altro canto, non crede la Commissione che l’applicazione della direttiva possa essere sfruttata da alcuni Stati per tassare servizi che finora erano liberi e gratuiti? Può comunicare la Commissione se è al corrente che questo sia avvenuto in qualche Stato?

 
  
 

La legislazione nazionale che in Spagna dà attuazione alla direttiva è stata adottata il 16 novembre 2007 ed entrerà in vigore il 17 gennaio 2008.

La Commissione desidera innanzi tutto sottolineare gli obiettivi principali della direttiva sul riutilizzo delle informazioni del settore pubblico. Il documento mira a rendere ampiamente disponibili le informazioni del settore pubblico per il riutilizzo nell’economia dell’informazione. È il caso, ad esempio, dei servizi di mappatura e di navigazione per autoveicoli. Gli aspetti chiave della direttiva consistono nel facilitare il riutilizzo transfrontaliero di informazioni del settore pubblico e nel limitare le distorsioni della concorrenza. Le disposizioni fondamentali della direttiva disciplinano in modo particolare la non discriminazione, i limiti massimi per l’applicazione di imposta, la trasparenza e strumenti pratici per trovare e riutilizzare facilmente documenti pubblici.

La prima parte dell’interrogazione riguarda fondamentalmente l’attuazione nel diritto nazionale dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva. Tale articolo vieta le sovvenzioni incrociate in situazioni in cui gli enti del settore pubblico, oltre ad adempiere ai loro doveri in ambito pubblico, esercitano anche attività puramente commerciali. Si può citare l’esempio di un ente pubblico che fornisce informazioni di base e che allo stesso tempo vende prodotti a elevato valore aggiunto in concorrenza con altri operatori economici. È questo il caso, in diversi Stati membri, di settori quali quello delle informazioni geografiche o meteorologiche. Per evitare che si verifichino distorsioni di una concorrenza leale, tutti i concorrenti dovrebbero essere in grado di riutilizzare le informazioni di base alle stesse condizioni applicate al ramo commerciale dell’ente pubblico.

La legge spagnola di attuazione affronta la questione suesposta delle sovvenzioni incrociate disciplinata dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in termini molto simili a quelli della direttiva stessa.

La seconda parte dell’interrogazione si riferisce alla possibilità che gli Stati membri applichino la direttiva in modo tale da rendere soggetti a pagamento servizi che fino a quel momento erano stati gratuiti. La Commissione non è a conoscenza di situazioni concrete in cui ciò si sarebbe verificato, ma non è di certo l’effetto desiderato della direttiva. Quest’ultima invita senza dubbio gli Stati membri a promuovere un riutilizzo diffuso dei documenti del settore pubblico. Nel suo preambolo incoraggia gli Stati membri a rendere disponibili tali documenti a costi marginali o a titolo completamente gratuito. Nei casi in cui vengano applicate tariffe, la direttiva fissa una serie di condizioni e un limite massimo alle tariffe consentite.

I servizi della Commissione seguono con attenzione l’attuazione e l’applicazione della direttiva negli Stati membri. Si osservano esempi incoraggianti in cui è aumentato il riutilizzo delle informazioni del settore pubblico e sono stati creati nuovi servizi innovativi a vantaggio delle imprese europee e dei cittadini. Conformemente all’articolo 13 della direttiva, nel 2008 la Commissione procederà a un riesame dell’applicazione della direttiva stessa.

 
 

(1) GU L 345 del 31.12.2003, pag. 90.

 

Interrogazione n. 75 dell’on. Johan Van Hecke (H-1026/07)
 Oggetto: Nuova emittente radiofonica europea
 

Sembra che a partire dall’aprile 2008 ci sarà una nuova emittente radiofonica europea, che trasmetterà dei programmi in un’ottica europea: essa trasmetterà in primo luogo giornalmente un notiziario politico di mezz’ora, darà informazioni sulle maggiori manifestazioni culturali europee e trasmetterà settimanalmente un programma di approfondimento.

Se la creazione di un’emittente radiofonica paneuropea costituisce un’iniziativa senz’altro encomiabile, non va dimenticato tuttavia che la Commissione dovrà destinare notevoli risorse a questo progetto: la nuova emittente riceverà ogni anno, per cinque anni, sovvenzioni per 5,8 milioni di euro, vale a dire circa 15.890 euro al giorno.

Ritiene giustificato la Commissione tale importo e può essa spiegare perché nonostante queste sovvenzioni non sarà possibile assicurare le trasmissioni in tutte le lingue nazionali? L’olandese sarà disponibile soltanto nel 2009, benché facciano parte del consorzio delle emittenti radiofoniche organizzatrici sia un’emittente olandese che un’emittente belga.

 
  
 

Il 14 dicembre 2007 la Commissione ha firmato un contratto di servizio di un anno (rinnovabile quattro volte) con un consorzio di 16 emittenti radiofoniche europee (e sette membri associati).

Nel corso del primo anno, l’importo stanziato a favore del consorzio permetterà alle 16 emittenti radiofoniche di trasmettere informazioni sull’UE per 45 minuti al giorno. Ciò porta il costo orario di trasmissione a 1 377 euro, forse il costo più basso del mercato radiofonico. Il consorzio produrrà e trasmetterà 4 200 ore di programmi sulle questioni europee in 10 lingue dell’Unione. Nel contratto è garantita la piena indipendenza editoriale.

Si stima che ogni giorno questi programmi raggiungeranno 19 milioni di europei e 50 milioni di persone nel resto del mondo. Le trasmissioni radiofoniche verranno completate da un portale multilingue su Internet con sonoro, pod-casting e altri strumenti tecnologici e servizi di informazione disponibili su richiesta per gli ascoltatori. Le pagine web dovrebbero essere visitate circa 60-80 milioni di volte al mese.

Il consorzio avrà un carattere aperto e accetterà nuove adesioni, se i candidati rispettano i criteri di ammissione definiti dal contratto. Lo scopo è quello di attirare almeno un operatore radiofonico per ciascuno Stato membro dell’UE e più membri associati possibile. Di conseguenza il numero delle lingue coperte aumenterà ogni anno andando a coprire nel 2012 tutte e 23 le lingue ufficiali dell’Unione. Parallelamente, il numero di ore trasmesse dovrebbe crescere con regolarità, mentre i membri e le stazioni associate aumenteranno l’adattamento dei programmi nelle loro rispettive lingue.

 

Interrogazione n. 76 dell’on. Stavros Arnaoutakis (H-1030/07)
 Oggetto: Difficoltà per quanto riguarda l’inclusione delle regioni insulari nel mercato unico dell’Unione europea
 

Il mercato unico costituisce un fondamentale strumento economico al servizio dei cittadini e delle regioni dell’Unione europea. Attualmente tale mercato è chiamato a dare una nuova spinta all’Europa, affinché risponda alle sfide della globalizzazione, contribuisca allo sviluppo e all’occupazione, assicuri prezzi equi per i produttori e i consumatori, contribuendo nel contempo a raccogliere le sfide sociali e ambientali.

Nel quadro della profonda rivisitazione del mercato unico che è già stata avviata, come intende la Commissione affrontare la persistente esclusione – e di conseguenza l’impossibilità di accesso ai mercati europei – delle regioni insulari dell’UE (in particolare delle isole di piccole e medie dimensioni), come pure di quanti vi abitano, siano essi produttori o consumatori?

 
  
 

La quarta relazione sulla coesione economica e sociale(1), adottata dalla Commissione il 30 maggio 2007, ribadisce l’importanza che la Commissione attribuisce al raggiungimento di una maggiore coesione territoriale in Europa e alle difficoltà specifiche che taluni territori stanno affrontando. La relazione richiama l’attenzione, fra l’altro, sulle sfide e sulle opportunità che si stanno delineando nei territori con svantaggi naturali specifici.

La relazione sulla coesione ha già sollevato una serie di interrogativi come base su cui avviare la discussione sul futuro della politica. Tra le varie domande sollevate, la Commissione chiede “Come potrebbe la politica di coesione promuovere ulteriormente uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile tenendo conto della diversità dei territori all’interno dell’UE, come le regioni, le isole e le zone rurali e costiere, ma anche le città più sfavorite, le regioni industriali in declino, altre regioni con particolari specificità geografiche?”. La Commissione è ansiosa di ricevere molte risposte a questo importante quesito e riferirà in merito ai risultati nel contesto della quinta relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione prevista per la primavera del 2008.

I nuovi regolamenti per il periodo 2007-2013 e gli orientamenti strategici comunitari contengono disposizioni esplicite per le regioni con svantaggi naturali e geografici; offrono pertanto la base per registrare progressi nell’affrontare le specificità territoriali nei documenti di programmazione. Durante l’incontro informale a livello ministeriale, tenutosi a Lipsia alla fine di maggio 2007, il Commissario in carica per la Politica regionale ha presentato un documento contenente una valutazione delle modalità con cui le strategie nazionali per il periodo 2007-2013 propongono di affrontare le questioni territoriali. Una delle sue osservazioni è stata che solo pochi Stati membri hanno indicato interventi chiari ed espliciti per le specifiche tipologie di territorio (ad esempio regioni montane, costiere, insulari, scarsamente popolate). I ministri presenti all’incontro hanno chiesto alla Commissione di sviluppare tale analisi e di presentare una relazione sulla coesione territoriale nel 2008.

Nel settembre 2008, pertanto, la Commissione presenterà un Libro verde sulla coesione territoriale e cercherà di fornire una visione generale e coerente delle sfide territoriali, tra cui quelle specifiche relative alle aree montane, alle isole e alle altre zone che affrontano difficoltà geografiche. In tale contesto, la Commissione intende esaminare in quale modo politiche di settore diverse, ad esempio quelle per i trasporti, affrontino la questione della coesione territoriale. È necessario un approccio completo al fine di offrire una base solida per la politiche comunitarie, e in modo particolare per una politica di coesione, e di fornire risposte appropriate alla necessità di uno sviluppo armonioso ed equilibrato dell’Unione. Tale visione comune è essenziale per evitare la frammentazione delle politiche europee, tenendo conto al contempo delle specificità delle regioni interessate.

Il Libro verde fornirà innanzi tutto un’analisi aggiornata delle disparità nel territorio europeo e delle caratteristiche territoriali specifiche. Esaminerà la definizione e l’utilizzo dei concetti a livello europeo e degli Stati membri (questioni giuridiche, problematiche di attuazione in quanto connesse a uno studio inviato agli Stati membri, nonché la dimensione territoriale dei programmi operativi nel quadro di riferimento strategico nazionale). Proporrà infine alcune domande per il dibattito. Nell’ambito di questo lavoro verrà attribuito un ruolo adeguato alle isole e alle regioni montane

 
 

(1) COM (2007)0273 definitivo.

 

Interrogazione n. 77 dell’on. Diamanto Manolakou (H-1033/07)
 Oggetto: Pericolo per la salute pubblica derivante dai progetti di incenerimento di combustibili derivati dai rifiuti (CDR)
 

Gli abitanti di Aliverion si sono opposti radicalmente al progetto di fare entrare in funzione, dopo avere ricevuto il parere favorevole del governo greco, un sistema di incenerimento di rifiuti normalizzati e di rifiuti industriali (CDR) negli impianti dell’AGET-LAFARGE. Alle sostanze combustibili saranno aggiunti, nel corso del processo, olio di sapone, pneumatici, residui provenienti dall’impianto di depurazione dei reflui di Psyttalia e altre sostanze. Organismi scientifici competenti e studi scientifici sottolineano i rischi che le sostanze inquinanti provenienti dall’incenerimento di rifiuti comportano per la salute pubblica e l’ambiente (sostanze cancerogene, aumento dell’effetto serra).

Sa la Commissione se esistono studi ambientali e se tali studi sono conformi alla legislazione comunitaria per permettere l’entrata in funzione del sistema di incenerimento dei rifiuti dell’AGET-LAFARGE? Inoltre, ritiene la Commissione che tale attività sia compatibile con il tentativo di ridurre le emissioni di gas che contribuiscono al fenomeno dell’effetto serra? Infine, le è stato chiesto di cofinanziare il progetto in questione?

 
  
 

La direttiva sull’incenerimento dei rifiuti 2000/76/CE(1) riguarda la questione del coincenerimento dei rifiuti nei cementifici. L’obiettivo della direttiva è la prevenzione o la limitazione degli effetti negativi sull’ambiente e i rischi per la salute dell’uomo derivanti dall’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti. Al fine di raggiungere tale scopo, la direttiva stabilisce rigorosi requisiti tecnici e rigide condizioni operative, nonché valori limite di emissione e requisiti di monitoraggio per tali impianti. I requisiti definiti per gli impianti di coincenerimento garantiscono un livello di una protezione ambientale equivalente a quello degli inceneritori destinati ai rifiuti.

Oltre ai requisiti contenuti nella direttiva sull’incenerimento dei rifiuti, tutti i forni per cemento con una capacità di produzione giornaliera superiore alle 500 tonnellate sono soggetti anche alla direttiva 96/61/CE(2), riguardante la prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (IPPC).

Gli impianti dell’Aget-Lafarge rientrano nel campo di applicazione della direttiva IPPC e devono pertanto rispettare tutti i requisiti in essa contenuti. Occorre sottolineare il fatto che tali impianti dispongono di un permesso ambientale rilasciato sulla base della normativa nazionale che recepisce la direttiva IPPC e la direttiva 85/337/CEE sulla valutazione dell’impatto ambientale(3). Inoltre, è d’uopo precisare che la decisione con cui vengono approvate le condizioni ambientali(4) per la gestione dell’impianto per il trattamento delle acque reflue di Psyttalia(5) indica possibili modalità di trattamento dei fanghi disidratati prodotti, tra cui l’incenerimento.

Le autorità competenti devono garantire che gli impianti siano gestiti in maniera tale da prendere tutte le misure preventive del caso contro l’inquinamento, in particolar modo attraverso l’applicazione delle migliori tecniche disponibili (BAT).

I permessi per gli impianti IPPC devono comprendere i valori limite delle emissioni per tutte le principali sostanze inquinanti, sulla base delle BAT. Tali valori limite possono essere più severi rispetto a quelli necessari in conformità della direttiva sull’incenerimento dei rifiuti e possono essere fissati per altre sostanze inquinanti. Le BAT sono stabilite a livello europeo attraverso uno scambio di informazioni tra esperti, che ha portato all’adozione da parte della Commissione dei documenti di riferimento delle BAT, meglio noti come BREF. I 31 documenti BREF sono accessibili al pubblico sul sito web dell’Ufficio europeo dell’IPPC.

Il BREF sulla produzione del cemento risale al 2001 ed è stato il primo a essere adottato. Tale documento è attualmente in fase di revisione e la versione aggiornata conterrà in modo particolare nuove informazioni sull’utilizzo dei rifiuti nei forni per cemento. Comprenderà anche nuove conclusioni sulle BAT in merito a tale attività.

Il coincenerimento dei rifiuti nei forni per cemento, quando eseguito conformemente alla normativa ambientale europea, non porterà a un aumento generale delle emissioni dei gas a effetto serra. L’impiego di combustibili derivati da rifiuti riduce la necessità di bruciare combustibili fossili convenzionali in tali impianti, cosa che, nel caso dei residui di biomassa, ridurrà anche le emissioni di CO2.

Alla Commissione non è stato chiesto di cofinanziare il programma per il coincenerimento di CDR(6) negli impianti dell’Αget-Lafarge.

 
 

(1) GU L 332 del 28.12.2000.
(2) GU L 257 del 10.10.1996.
(3) GU L 175 del 5.7.1985.
(4) Decisione per l’approvazione di condizioni ambientali.
(5) 133725/7.8.2003, come modificata dalle decisioni 147363/18.8.2005 e125982/27.2.2007.
(6) Combustibili derivati da rifiuti.

 

Interrogazione n. 78 dell’on. Ivo Belet (H-1036/07)
 Oggetto: Collegamento ferroviario “Ijzeren Rijn”
 

Conformemente agli orientamenti comunitari del 2004 per lo sviluppo di una rete transeuropea dei trasporti, il progetto di collegamento ferroviario “Ijzeren Rijn” rientra tra i progetti prioritari, più in particolare nel progetto prioritario n. 24 (linea ferroviaria Lione/Genova-Basilea-Duisburg – Rotterdam/Anversa).

Tale progetto “Ijzeren Rijn” non figura tuttavia nell’elenco dei progetti ammissibili al finanziamento per il periodo 2007-2013, proposto dalla Commissione il 21 novembre.

Anche se l’esecuzione di un progetto dipende da una decisione sovrana dei paesi membri interessati, la Commissione si è impegnata a mettere tutto in opera perché il progetto sia realizzato conformemente agli orientamenti stabiliti (cfr. risposta all’interrogazione H-0759/06(1)). In che modo intende la Commissione concretizzare gli impegni assunti?

Intende la Commissione nominare anche per questo progetto un coordinatore che faciliti il dialogo tra i paesi membri interessati, contribuendo così alla realizzazione dei lavori?

Può dire la Commissione se il progetto “Ijzeren Rijn” non ha veramente alcuna possibilità di beneficiare di un finanziamento europeo per il periodo 2007-2013?

 
  
 

Il progetto “Ijzeren Rijn”, contrariamente a quanto affermato dall’onorevole deputato, figura nell’elenco dei progetti ammissibili al finanziamento comunitario per lo sviluppo di una rete transeuropea dei trasporti per il periodo 2007-2013, che la Commissione ha presentato agli Stati membri il 28 novembre 2007. L’elenco di progetti, inoltre, è stato annunciato dal Vicepresidente responsabile dei trasporti il 21 novembre 2007 in occasione di una riunione congiunta della commissione per i bilanci (BUDG) e della commissione per i trasporti e il turismo (TRAN) del Parlamento.

La decisione della Commissione, che sarà adottata a seguito della procedura di codecisione del Parlamento, è prevista per l’inizio del 2008.

In tale elenco figura, sotto il numero di progetto EU-24090, un finanziamento per 7,29 milioni di euro, pari al 50% dei costi ammissibili degli studi proposti.

Il progetto prioritario n. 24 (linea ferroviaria Lione/Genova-Basilea-Duisburg-Rotterdam/Anversa) è inoltre controllato dal coordinatore europeo per il sistema europeo di gestione del traffico ferroviario, Karel Vinck.

 
 

(1) Risposta scritta del 26.9.2006.

 

Interrogazione n. 79 dell’on. Saïd El Khadraoui (H-1039/07)
 Oggetto: Reclami fondati sul regolamento (CE) n. 261/2004 concernente i diritti dei passeggeri nel quadro del trasporto aereo
 

Il 4 aprile 2007 la Commissione ha pubblicato una comunicazione (COM(2007)0168) sull’applicazione del regolamento (CE) n. 261/2004(1) concernente i diritti dei passeggeri nel quadro del trasporto aereo, da cui risultano diverse carenze nell’applicazione di detto regolamento nei paesi membri. La Commissione ha annunciato nella sua comunicazione che adotterà opportune misure per migliorare il rispetto delle disposizioni emanate. Nel frattempo, diverse fonti forniscono dati sul numero di reclami presentati dai passeggeri. Secondo la risposta P-1880/06 a un’interrogazione presentata dall’interrogante, nel 2005 erano pervenuti alla Commissione complessivamente 3488 reclami, mentre dalla relazione COM(2007)0168 della Commissione si evince che nei diversi Stati membri sarebbero stati sporti 18.288 reclami.

In una relazione del 6 dicembre 2007 l’European Consumer Centre Network afferma che il numero dei reclami presentati è quasi raddoppiato, passando da 1.521 a 2.979. Può dire la Commissione a che punto sono i provvedimenti, annunciati nella suddetta comunicazione, che dovrebbero migliorare l’applicazione del regolamento (CE) n. 261/2004? Prevede essa di adottare iniziative legislative ad hoc? Quanti reclami e di che tipo sono pervenuti alla Commissione e agli Stati membri? Ha la Commissione riunito le frammentarie informazioni sui diversi reclami di cui attualmente dispone? Quali provvedimenti intende la Commissione adottare a breve termine per obbligare gli Stati membri ad applicare con maggiore efficacia il regolamento (CE) n. 261/2004?

 
  
 

In merito alle denunce ricevute dai paesi membri, il regolamento n. 261/2004 non impone agli Stati membri dell’UE di fornire alla Commissione informazioni sulla gestione di tali denunce. La Commissione di conseguenza non dispone di dati relativi al numero di denunce ricevute nel 2007 dalle autorità nazionali responsabili dell’applicazione.

Per quanto attiene alle denunce pervenute alla Commissione, la Direzione generale dell’Energia e dei trasporti ne ha ricevute 3 819 nel 2006 e 2 180 fino al mese di novembre 2007.

Nella sua comunicazione del 4 aprile 2007(2), la Commissione ha concluso che è necessario migliorare il livello di applicazione da parte delle società di navigazione aerea e degli organismi nazionali responsabili dell’applicazione. Le difficoltà sono dovute alla mancanza di procedure armonizzate per l’applicazione e alla presenza di alcune parti ambigue del regolamento, quali quelle relative a ritardo e cancellazione, partenza da paesi terzi, sistemazione in classi inferiori facendo appello a volontari e fornitura di informazioni per negato imbarco.

Per correggere tali carenze, nel 2007 la Commissione ha organizzato sei incontri con gli organismi nazionali responsabili dell’applicazione e con il settore aereo, i cui risultati sono stati i seguenti:

un accordo per stabilire chi sia responsabile e di che cosa nella gestione di una denuncia e nello scambio di informazioni,

un chiarimento in merito alle parti della normativa pertinente per le quali sono possibili interpretazioni diverse.

La Commissione, inoltre, sta analizzando le misure nazionali introdotte in applicazione della normativa comunitaria sui diritti dei passeggeri per verificare che siano state messe in atto misure appropriate.

Al contempo è stato creato, in collaborazione con gli organismi nazionali responsabili dell’applicazione e con il settore aereo, un modulo UE standard di denuncia per i passeggeri aerei, che sarà accessibile al pubblico all’inizio del 2008. Il materiale informativo destinato ai passeggeri e relativo ai loro diritti è stato rielaborato, consentendo ulteriori chiarimenti.

L’esito delle cause riguardanti la definizione di cancellazione e ritardo prolungato attualmente dinanzi alla Corte europea di giustizia dovrebbe contribuire anche a fornire una chiara interpretazione dei testi in questione.

 
 

(1) GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1.
(2) COM(2007)0168.

 

Interrogazione n. 80 dell’on. David Martin (H-1040/07)
 Oggetto: “Polli freschi”
 

E’ la Commissione consapevole del fatto che i polli venduti nei supermercati sono spesso vecchi di mesi? Concorda che è necessaria una definizione più rigorosa di “polli freschi” ?

 
  
 

Quella di pollo è l’unica carne per la quale esistono dettagliate “norme di commercializzazione” in quanto tali.

Le norme di commercializzazione forniscono una definizione(1) chiara e precisa di “carni di pollame fresche”, secondo cui queste ultime sono “da conservare costantemente ad una temperatura non inferiore a -2 °C e non superiore a +4 °C”.

Non è di conseguenza consentito scongelare le carni di pollame e venderle successivamente come “fresche”.

La Commissione riconosce tuttavia che una rielaborazione di tale definizione sarebbe utile in futuro al fine di garantire che non sia oggetto di interpretazioni diverse nei vari Stati membri.

A questo proposito, al momento la Commissione è impegnata in una modifica dei regolamenti sulle norme di commercializzazione delle carni di pollame.

 
 

(1) Cfr. articolo 2, paragrafo 5, del regolamento (CEE) n. 1906/90 del Consiglio del 26 giugno 1990, GU L 173 del 6.7.1990.

 
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