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RC-B6-0022/2008

Discussioni :

PV 17/01/2008 - 11.2
CRE 17/01/2008 - 11.2

Votazioni :

PV 17/01/2008 - 12.2

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 17 gennaio 2008 - Strasburgo Edizione GU

11.2. Situazione nella Repubblica democratica del Congo e lo stupro come crimine di guerra (discussione)
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la discussione delle sei proposte di risoluzione sulla situazione della Repubblica democratica del Congo e sullo stupro come crimine di guerra(1).

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, autore. − (ES) Signora Presidente, purtroppo la violenza sessuale, e in modo particolare lo stupro, utilizzata come arma di guerra non è una tematica nuova.

Non è da considerarsi una questione minore il fatto che gli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 1998 dispongano che lo stupro, la schiavitù sessuale, la prostituzione forzata, la gravidanza forzata, la sterilizzazione forzata e qualsiasi altra forma di violenza sessuale siano qualificati alla stregua di crimini contro l’umanità e crimini di guerra, assimilandoli altresì, in termini di trattamento e persecuzione, a una forma di tortura e a un crimine di guerra grave, indipendentemente dal fatto che tali atti vengano perpetrati in occasione di conflitti armati.

La guerra nella Repubblica democratica del Congo dimostra in quale misura la questione meriti più attenzione di quanta prestatale fino ad oggi. Ogni anno nella regione si registrano decine di migliaia di denuncie per stupro o violenza sessuale. Molti di tali casi, inoltre, si verificano nei campi per gli sfollati o i profughi e sono spesso perpetrati dalle forze governative, da gruppi di ribelli o da altre forze.

Ritengo pertanto che sia di estrema importanza che questo Parlamento non solo condanni tali pratiche, ma che eserciti pressione sulle autorità della Repubblica democratica del Congo affinché vi ponga immediatamente fine e che non solo indaghi, sottoponga a processo i colpevoli e garantisca una condanna, ma anche che assicuri protezione alle vittime, ai testimoni e ai membri delle loro famiglie.

È doveroso anche ricordare alle nostre istituzioni, che la risoluzione 1325 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite pone l’accento sulla responsabilità degli Stati membri di mettere fine all’impunità e di perseguire i responsabili dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, tra cui i crimini relativi alla violenza sessuale o ad altri tipi di violenze specifiche contro le donne.

 
  
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  Erik Meijer, autore. – (NL) Signora Presidente, nelle colonie in Africa gli Stati europei hanno riunito tribù che non erano in buoni rapporti tra loro e ne hanno divise altre tracciando confini proprio in mezzo ai loro territori. Durante il periodo di colonizzazione belga, prima del 1960, la Repubblica democratica del Congo, un territorio immenso abitato da numerosi gruppi razziali, non ha avuto la possibilità di diventare indipendente sviluppando gradualmente un proprio autogoverno. Non era assolutamente pronta per la decolonizzazione, divenuta all’improvviso inevitabile, dopo che, alla fine degli anni cinquanta, Francia e Inghilterra avevano concesso l’indipendenza alle colonie vicine di minori dimensioni, in parte come conseguenza delle guerre di liberazione in Marocco, Tunisia, Algeria e Kenya.

Da allora il Congo è stato una zona di conflitto continuo. Nel corso dei primi anni è stato segnato dal conflitto tra Kasavubu proveniente dalla parte occidentale del paese, Lumumba dal nord-est e Tshombe dal sud-est. Ciascuno di loro rappresentava ideologie e interessi diversi, ma soprattutto erano apprezzati da porzioni limitate della popolazione congolese.

Per anni la rigida dittatura militare del profittatore Mobutu ha tenuto il paese unito in una pace apparente, ma le differenze non sono mai state colmate. Le recenti elezioni non sono riuscite a portare all’unità o a un’adeguata cooperazione. Il paese continua a essere una zona di conflitto con frontiere flessibili, in cui, proprio come negli anni sessanta, si tratta di delineare i territori etnici e controllare le aree minerarie. Le imprese estere hanno tratto beneficio da questa situazione. Ora il conflitto sembra riguardare quale tra questa moltitudine di gruppi tribali dominerà gli altri. Per come stanno ora le cose, il futuro del Congo non sembra avere prospettive.

Le atrocità a cui si riferisce la presente risoluzione, tra cui l’illegalità diffusa e i frequenti casi di stupro, sono tutte collegate a questo caos. La legge contro la violenza sessuale del 2006 non risolverà il problema finché il conflitto continuerà e vi sono così tante persone che non hanno un luogo fisso dove vivere.

La risoluzione fa giustamente riferimento al ruolo dei rappresentanti del governo, delle forze di pace, delle organizzazioni che forniscono aiuti umanitari; i loro uomini dovrebbero fare tutto ciò che possono per prevenire tali atrocità, senza farsi coinvolgere in prima persona. Il riconoscimento da parte dell’Unione europea e delle Nazioni Unite dello stupro, della gravidanza forzata, dello sfruttamento sessuale e delle altre forme di violenza sessuale come crimini di guerra costituisce un prerequisito, ma deve avvenire sul posto l’eliminazione del terreno fertile per tale violenza.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, autore.(PL) Signora Presidente, sono stato nella Repubblica democratica del Congo solo tre settimane fa, pertanto la mia conoscenza della situazione non è stata acquisita esclusivamente dalla lettura di documenti, sebbene questi ultimi siano molto importanti.

Si tratta davvero di un paese sfortunato, cui è stato spesso cambiato il nome. Si era soliti chiamarlo Congo, poi è diventato Zaire e ora è conosciuto come Repubblica democratica del Congo. La sua popolazione, tuttavia, si è spostata in massa molto più di frequente rispetto al numero di volte che il paese ha cambiato nome. Nei documenti che abbiamo di fronte si afferma che solo lo scorso anno 400 000 dei suoi abitanti sono stati obbligati ad abbandonare le loro case. Il numero totale delle persone costrette a farlo nel corso degli ultimi anni è quattro volte superiore e ammonta a 1,5 milioni di persone.

Mi sento in dovere di menzionare il ricorso allo stupro come arma utilizzata deliberatamente per scopi politici sia da parte dei ribelli, ad opera dei guerriglieri, che da parte del governo, ad opera della polizia e dell’esercito. È una situazione senza precedenti, di fronte alla quale l’Unione africana è completamente impotente.

 
  
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  Tadeusz Zwiefka, autore.(PL) Signora Presidente, ho decisamente l’impressione che le parole “Repubblica democratica” che costituiscono parte del nome ufficiale del Congo siano piuttosto vuote di significato oggigiorno, dato che è precisamente in questo paese che si sta consumando proprio davanti ai nostri occhi una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi anni.

Più di 650 000 persone si spostano in continuazione nel paese. Nella sola regione del Kivu, negli ultimi cinque anni, è stato evacuato l’80% delle famiglie, ogni mese circa 1 000 donne sono vittime di stupri e decine di migliaia di bambini diventano soldati. Nella Repubblica democratica del Congo, il passaggio dell’esercito è accompagnato da tutti i tipi possibili di crimini contro la popolazione civile, quali lo stupro, l’omicidio e il saccheggio. La violenza sessuale è utilizzata per terrorizzare e punire gli abitanti della Repubblica democratica del Congo che appoggia la fazione opposta nel conflitto. È così diffusa che, secondo Medici senza frontiere, il 75% di tutti i casi di stupro commessi al mondo si verifica nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo. Lo stupro è accompagnato da torture barbare, quali percosse e mutilazioni con coltelli. Molte giovani donne sono state costrette alla schiavitù sessuale.

È doveroso ricordare che attualmente nella Repubblica democratica del Congo è operativa la più grande forza di pace al mondo dell’ONU, composta da oltre 17 000 soldati. Qual è il metodo principale per prevenire la violenza sessuale? Sono gli slogan sui muri in cui si afferma che lo stupro è disumano. Il fatto più allarmante è che gli stessi soldati dell’ONU sono rimasti coinvolti in questo scandalo. In più di un’occasione, gli investigatori delle Nazioni Unite hanno scoperto che gli stessi soldati ONU hanno obbligato le ragazze congolesi a prostituirsi. Si è tuttavia rivelato assolutamente impossibile punire i soldati coinvolti, dato che i loro responsabili di unità hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per impedire qualsiasi procedimento legale. In più di un’occasione, i soldati hanno perpetrato la violenza anziché proteggere da essa e tali occasioni stanno diventando sempre più numerose. Ciò non può definirsi che uno scandalo.

Desidero esortare la comunità internazionale affinché sostenga determinate azioni immediate, volte a individuare e punire coloro che sono responsabili di crimini di natura sessuale. Desidero anche sottolineare che i paesi che inviano unità militari sul campo sotto gli auspici dell’ONU sono responsabili dello svolgimento di indagini adeguate in merito a qualsiasi accusa di comportamento criminale da parte del personale impegnato nelle missioni di pace.

Mi rendo conto che le alternative a disposizione dell’Unione europea per la risoluzione di conflitti di questo genere sono limitate. Ciononostante chiedo che vengano resi disponibili i fondi necessari all’organizzazione di una conferenza di pace nella regione del Kivu. L’aiuto dell’Unione europea dovrebbe essere offerto anche mediante la fornitura di assistenza medica, in giudizio e sociale a tutte le vittime dei crimini di natura sessuale.

Ho piena fiducia nel fatto che l’UE e l’ONU riconosceranno ufficialmente che tutti i tipi di crimini di natura sessuale sono da considerarsi crimini contro l’umanità.

 
  
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  Josep Borrell Fontelles, autore. − (ES) Signora Presidente, la descrizione della violenza sessuale nella regione del Kivu, in Congo, suscita un inevitabile senso di repulsione. I nostri onorevoli colleghi hanno già illustrato ciò che succede in quel paese e non intendo ripeterlo. Non dobbiamo però limitarci a essere concordi nel condannarlo, dato che saremmo solo una voce che grida nel deserto: dobbiamo fare qualcosa per fermarlo e ciò che è in nostro potere è fare pressione sul governo congolese, dato che non sono solo i ribelli, ma anche le sue forze armate, a compiere questi tipi di atrocità volte a umiliare le donne e a minare le basi morali della società in cui vivono.

Dobbiamo fare in modo che le Nazioni Unite e l’Unione europea dichiarino che la violenza sessuale è crimine contro l’umanità. Dobbiamo chiedere alla Commissione di stanziare fondi di aiuto allo sviluppo a favore del Congo, essenzialmente e prioritariamente per fornire assistenza alle vittime: assistenza in giudizio, sociale e medica.

Dobbiamo fare in modo che il personale delle Nazione Unite presente sul posto consideri una priorità la difesa delle vittime e la ricerca dei responsabili e per fare ciò dobbiamo estendere il mandato della missione ONU nella Repubblica democratica del Congo al fine di creare un collegamento più diretto con la prevenzione di questi fatti.

Dobbiamo infine rivolgerci a coloro che parteciperanno alla conferenza del Kivu affinché producano una serie di risultati specifici che permetteranno di esigere giustizia e di far sì che i colpevoli si assumano le loro responsabilità, perché se dopotutto ciò che è successo alla fine lo stupratore gode dell’impunità indossando l’uniforme dell’esercito ufficiale della Repubblica del Congo, le vittime saranno umiliate due volte: la prima durante lo stupro e la seconda vedendo che esso rimane impunito.

Questo è ciò che possiamo e dobbiamo fare. Sono certo che la Commissione prenderà debitamente atto di tutto ciò e che rincanalerà i fondi di aiuto allo sviluppo a favore del Congo, come da me richiesto, al fine si assistere le vittime e prevenire la continuazione di questo brutale massacro della dignità della donna.

 
  
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  Urszula Gacek, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signora Presidente, il testo della risoluzione che abbiamo di fronte contiene dati allarmanti. Dovremmo tenere a mente, tuttavia, che dietro a tali statistiche si nascondono le tragedie di singole donne.

Desidero raccontare a quest’Assemblea la storia di Lumo, che è stata vittima di uno stupro di massa nel 1994. L’aggressione è stata così brutale che questa giovane donna ha riportato lesioni interne permanenti. Dopo anni di cure e quattro interventi non è ancora tornata in salute e probabilmente non si rimetterà mai del tutto. È stata rifiutata dal suo fidanzato, dalla maggior parte dei membri della sua famiglia e dalla società. Sua madre e l’organizzazione africana di solidarietà sociale Heal Africa sono state il suo unico sostegno. Heal Africa dirige un ospedale a Goma, che è la capitale dello stupro nella Repubblica democratica del Congo. L’ospedale è specializzato nella cura delle vittime di casi brutali di violenza sessuale. I chirurghi sono stati molto bravi e le cosiddette madri forniscono sostegno psicologico alle vittime.

Quest’Assemblea dovrebbe lodare queste persone per il loro lavoro, ma un applauso da solo non è abbastanza. Dobbiamo valutare come possiamo fornire loro assistenza concreta. Lo dobbiamo a Lumo e alle sue migliaia di sorelle congolesi che necessitano di aiuto.

(Applausi)

 
  
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  Karin Scheele, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, con l’odierna proposta sulla situazione nella Repubblica democratica del Congo e sullo stupro e la violenza carnale come crimini di guerra, chiediamo ufficialmente all’Unione europea e alle Nazioni Unite affinché riconoscano lo stupro, la gravidanza forzata, la schiavitù sessuale e le altre forme di violenza sessuale come crimini contro l’umanità e come forme di tortura. Chiediamo inoltre che venga esercitata pressione sul governo congolese affinché metta fine alle condizioni grazie alle quali tali crimini vengono commessi impunemente. Tali misure sono necessarie al fine di migliorare la terrificante condizione in cui si trovano centinaia di migliaia di donne.

La violenza che stanno subendo le donne nella Repubblica democratica del Congo è inimmaginabile. Nella provincia del Kivu più di un terzo di tutte le donne è stata vittima di stupro e molte di loro sono state ripetutamente oggetto di violenza carnale nel corso di lunghi periodi. Tale situazione si è perpetrata per molti anni e la maggior parte degli autori di tali crimini sono soldati appartenenti a entrambe le fazioni, membri della polizia e delle forze di sicurezza congolesi. Lo scorso settembre la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne ha presentato la sua relazione.

Le atrocità commesse ad opera delle truppe armate sono di una brutalità incredibile e sono studiate per assicurare la completa distruzione fisica e psicologica della donna. Il trauma dello stupro è aggravato dal fatto che molte delle vittime sono successivamente oggetto di discriminazione sociale e ostracismo da parte della famiglia e della comunità e questa è una delle ragioni per cui solo una parte degli stupri effettivamente commessi viene denunciata.

Pertanto, associandomi a quanto ha detto poc’anzi il mio collega, l’onorevole Fontelles, desideriamo che il mandato dell’ONU sia esteso in modo tale da comprendere la protezione dei civili contro la violenza sessuale. Le denunce per l’immoralità sessuale dei membri della missione di pace dell’ONU devono essere esaminate con estrema attenzione e i responsabili devono essere sottoposti a giudizio.

Qualche giorno fa si è aperta la conferenza di Goma sulla pace, la sicurezza e lo sviluppo. Chiediamo con urgenza a tutti i partecipanti di affrontare la questione della violenza sessuale contro donne e bambine, di impegnarsi affinché i responsabili vengano sottoposti a giudizio e di porre fine all’attuale situazione in cui atti simili possono essere commessi impunemente.

 
  
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  Marcin Libicki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, l’oggetto della discussione di oggi è lo stupro come crimine di guerra nella Repubblica democratica del Congo. È grottesco che questo paese si chiami Repubblica democratica del Congo, dato che oggigiorno sembra che più si fa riferimento alla democrazia nei nomi e nei discorsi e meno la gente comune gode dei diritti umani.

Ripeterò ancora una volta che l’unico modo per fermare i signori della guerra africani, che sono stati elevati alla carica presidenziale è, da un lato, attraverso le sanzioni economiche e, dall’altro, attraverso l’intervento armato. Finché l’Unione europea non creerà una forza di polizia che non interverrà, ovviamente, in ogni guerra civile, ma che potrebbe perlomeno supervisionare i campi, i cosiddetti campi profughi, in cui vengono commessi i crimini peggiori nella Repubblica democratica del Congo, tutto ciò che saremo in grado di fare sarà continuare a discutere l’argomento. La gente continuerà a soffrire e a morire mentre noi discuteremo all’infinito.

 
  
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  Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, i terrificanti stupri di massa che si stanno compiendo nel Congo vengono organizzati in modo sistematico e ciò significa che sono impiegati anche come strategia militare. Non si tratta più solo di guerra, ma di terrore sessuale contro le donne. Gli stupri brutali vengono ora utilizzati come simbolo o forma di potere e in quanto strumento di intimidazione, da parte di ciascuna fazione in guerra nella parte orientale del Congo, sia che si tratti di milizie tribali locali o di soldati dell’esercito nazionale.

Sono proprio gli esponenti più deboli della società, e nella fattispecie le donne, i bambini e persino i neonati, a essere barbaramente violentati, deliberatamente feriti, mutilati e infettati con l’HIV o con altre malattie infettive e addirittura uccisi. Sabbiamo, e lo abbiamo sentito, che il livello della brutalità supera l’immaginazione umana e ora vogliamo che lo stupro venga finalmente condannato il più presto possibile in quanto crimine contro l’umanità, crimine di guerra e forma di tortura. Inoltre, quando le vittime di uno stupro tornano traumatizzate e sole ai loro villaggi dopo operazioni dolorose (molte delle donne perdono tutti i loro organi genitali), trovano scarsa protezione, quando non è del tutto assente.

Non posso fare altro, pertanto, che appoggiare le osservazioni degli onorevoli Borrell e Scheele: dobbiamo anche utilizzare il denaro dell’Unione per istituire dormitori femminili che possano servire da rifugio per chi è stata dimessa da un ricovero ospedaliero e dove possa tentare di costruirsi una nuova vita. Senza dubbio, oltre alla violenza fisica sopportata, la terribile violenza psicologica subita dalle vittime è così terribile da andare oltre ogni misura.

Sabbiamo che la maggior parte di tali aggressioni è stata eseguita dai ribelli, ma quasi un quinto dei casi denunciati può essere attribuito alle truppe del governo e alla polizia, ed è senza dubbio vergognoso che non un singolo colpevole sia stato ancora arrestato o almeno accusato. Il tempo per i discorsi vuoti si è pertanto esaurito. Abbiamo bisogno di un’azione politica dell’ONU e dell’Unione europea, perché se…

(Il Presidente toglie la parola all’oratore)

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signora Presidente, quando di recente sono intervenuta in una discussione sulla schiavitù sessuale in Giappone nel corso della seconda guerra mondiale, ho espresso anche il mio rifiuto della brutale violenza contro le donne attualmente perpetrata nella Repubblica democratica del Congo. Secondo Medici senza frontiere, il 75% di tutti gli stupri commessi nel mondo si verifica nella Repubblica democratica del Congo. Ciò è tanto più allarmante dato che la violenza è accompagnata da una crudeltà particolare. Sono vittime persino bambine di tre anni di età.

I gruppi armati utilizzano lo stupro come tattica per annientare la resistenza e punire i gruppi etnici e questo viene fatto non solo dai ribelli armati, ma anche dall’esercito congolese. Insieme alla mancanza di derrate alimentari e alle malattie, la violenza sessuale e l’aggressione di proporzioni senza precedenti hanno contribuito a trasformare quest’area in un inferno. Dovremmo ricordare che la rivalità tra tribù deriva dal periodo coloniale quando una tribù veniva favorita rispetto alle altre.

 
  
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  Leopold Józef Rutowicz (UEN).(PL) Signora Presidente, la Repubblica democratica del Congo è il paese di maggiori dimensioni in Africa. È ricco di risorse naturali, come acqua, foreste tropicali e terreni agricoli, ma la società è al collasso ormai da lungo tempo. Nella Repubblica democratica del Congo più di quattro milioni di persone hanno perso la vita a causa di due guerre civili, di conflitti tribali e delle attività di gruppi armati e guerriglieri. A peggiorare la tragica situazione in cui si trova la popolazione, si aggiungono i cittadini allontanati in massa dalle loro precedenti aree di residenza, i governi corrotti e inefficienti, l’epidemia dell’AIDS e più di recente la massiccia diffusione del virus dell’Ebola.

Come possono essere aiutate queste persone? Oltre agli aiuti umanitari e al supporto tecnico, è fondamentale trattare con i leader e con gli organizzatori responsabili di tali orribili azioni, che sono stati e continuano a essere impuniti e che ora dovrebbero essere esclusi dalla società congolese. I criminali responsabili di genocidio dovrebbero essere perseguiti da forze speciali internazionali, in modo da poter essere tratti dinanzi alla giurisdizione ordinaria.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE).(PL) Signora Presidente, non desidero ripetere ciò che è già stato detto e pertanto mi limiterò ad affermare che per quel che ci riguarda non vi può essere alcun dubbio in merito al fatto che si debba fornire aiuto e siamo fiduciosi che sarà il più sostanziale e diffuso possibile.

Desidero anche aggiungere che quando sono stato nella Repubblica democratica del Congo durante le elezioni, sono rimasto sconvolto nell’apprendere che vengono insegnate due cose ai ragazzini di 13 anni, e a volte persino più giovani: come combattere e come stuprare ragazzine anche più giovani di loro. Questa è l’immagine dei cosiddetti soldati del gruppo che appoggia il candidato presidenziale dell’opposizione, Jean-Pierre Bemba. Ma non si tratta di un’eccezione, dato che la situazione è simile in tutte le fazioni. Sono pertanto a favore di quanto affermato dall’onorevole Borrell, in merito al fatto che i fondi e le risorse di cui disponiamo debbano, tra l’altro, essere diretti a rieducare questi giovani. Se essi imposteranno la loro vita seguendo questa direzione, le loro uniche prospettive future consisteranno nell’appartenere a una banda e nel commettere stupri e omicidi. Si deve fare qualcosa per loro. Sembra che siamo stati chiamati a trovare un modo per aiutare queste persone a cambiare il loro atteggiamento nei confronti della vita e del sesso opposto.

 
  
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  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, la Commissione è estremamente preoccupata per il deterioramento della situazione dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda la diffusa violenza sessuale, nella Repubblica democratica del Congo orientale e condanna risolutamente tutti gli atti di violenza contro le donne.

Nel clima dominante di violenza e insicurezza tutti i gruppi armati presenti nella Repubblica democratica del Congo orientale, tra cui elementi di forze armate nazionali, sono per certi versi coinvolti nel drammatico aumento di questo tipo di azioni. In questo contesto, è importante promuovere la lotta contro l’impunità, nonché affrontare le cause profonde del problema. Occorre notare che la violenza sessuale nella Repubblica democratica del Congo orientale si inserisce nel contesto di conflitto e di violenza perenne presente nella regione.

È necessaria la pace per avere sicurezza e stabilità durature, i due elementi chiave legati alla grande diffusione della violenza sessuale nella Repubblica democratica del Congo. Questo è il motivo per cui la Commissione, insieme agli Stati membri, ha costantemente promosso una soluzione politica per appianare la crisi nella Repubblica democratica del Congo orientale.

È in corso la conferenza sulla pace, la sicurezza e lo sviluppo nelle regioni del Kivu, la quale, unita al recente accordo raggiunto a Nairobi nel novembre 2007 tra la Repubblica democratica del Congo e il Ruanda, potrebbe in effetti rappresentare un passo in avanti significativo nel processo, ma si deve riconoscere che sono ancora numerose le sfide da affrontare prima che sia possibile instaurare una pace duratura nelle regioni del Kivu.

Tali sforzi non sono tuttavia sufficienti e devono essere completati da un sostegno attivo per rafforzare la capacità dello Stato di fornire protezione al suo popolo. A questo proposito, la Commissione collabora con gli Stati membri nel potenziamento dello Stato di diritto e nella lotta contro l’impunità attraverso il sostegno della riforma del settore sicurezza, ivi compresi l’esercito, le forze di polizia e la giustizia.

Vorrei riflettere su alcune delle domande sollevate dagli onorevoli deputati e cercare di fornire una risposta. La Commissione si occupa in particolare del problema della violenza sessuale e della criminalità attraverso un progetto che coinvolge una pluralità di donatori relativo a giustizia e riabilitazione nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo, concentrandosi, inter alia, sulla costruzione della capacità degli attori giudiziari e sul rafforzamento dell’assistenza legale fornita alle vittime di violenza sessuale.

La Commissione, inoltre, fornisce un’assistenza umanitaria considerevole, circa 40 milioni di euro all’anno, alla Repubblica democratica del Congo, in modo particolare alle regioni dell’Uturi e del Kivu. I nostri programmi umanitari e sanitari tengono conto della violenza di genere menzionata, sia da un punto di vista creativo che di sensibilizzazione.

 
  
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  Presidente. La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà al termine della discussione.

 
  

(1)Vedasi processo verbale.

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