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Procedura : 2008/2241(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0019/2009

Discussioni :

PV 18/02/2009 - 19
CRE 18/02/2009 - 19

Votazioni :

PV 19/02/2009 - 7.8
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0074

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 18 febbraio 2009 - Bruxelles Edizione GU

19. Relazione annuale (2007) sugli aspetti principali e le scelte fondamentali della PESC - Strategia europea in materia di sicurezza e PESD - Ruolo della NATO nell'architettura di sicurezza dell'UE (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:

- la relazione (A6-0019/2009), presentata dall’onorevole Saryusz-Wolski, a nome della commissione per gli affari esteri, sulla relazione annuale 2007 del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), presentata al Parlamento europeo in applicazione della sezione G, punto 43, dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 [2008/2241(INI)],

- la relazione (A6-0032/2009), presentata dall’onorevole von Wogau, a nome della commissione per gli affari esteri, sulla strategia europea in materia di sicurezza e la PESD [2008/2202(INI)], e

- la relazione (A6-0033/2009), presentata dall’onorevole Vatanen, a nome della commissione per gli affari esteri, sul ruolo della NATO nell'architettura di sicurezza dell'UE [2008/2197(INI)].

Onorevoli deputati, se non siete interessati alle discussioni che seguono, i nostri relatori chiedono, giustamente, per la dignità del nostro lavoro, di lasciare l’aula in silenzio.

 
  
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  Jacek Saryusz-Wolski, relatore. – (FR) Grazie, signor Presidente. Anche se credo che la politica estera dell’Unione europea meriti attenzione.

(EN) Signor Presidente, abbiamo oggi una discussione speciale sulle tre relazioni più importanti sulla politica estera, la sicurezza e la difesa e sulle relazioni tra Unione europea e NATO.

La nostra relazione annuale sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) è diventata un importante veicolo attraverso il quale il Parlamento esprime la sua visione strategica della politica estera dell’Unione. Nella relazione di quest’anno abbiamo deciso di dedicarci al processo decisionale e all’elaborazione delle politiche. Ci siamo concentrati sulla necessità di istituire un vero dialogo con il Consiglio sui principali obiettivi della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea. Abbiamo registrato dei progressi, ovvero per la prima volta nella relazione del Consiglio si fa sistematico riferimento alle risoluzioni adottate dal Parlamento europeo. Gliene siamo riconoscenti: è una vera conquista. Tuttavia, abbiamo anche espresso il nostro rammarico per il mancato impegno del Consiglio in un dialogo completo sui punti di vista espressi dal Parlamento e anche per l’assenza di riferimenti, nei documenti operativi, alle risoluzioni come azioni comuni o posizioni comuni.

Ci aspettiamo che la relazione annuale del Consiglio crei delle opportunità per istituire un dialogo con il Parlamento mirato a sviluppare un approccio più strategico alla nostra politica estera e di sicurezza comune. Nella nostra relazione ribadiamo i principi più importanti che dovrebbero ispirare la nostra politica estera e di sicurezza comune che, a nostro parere, deve essere corroborata e guidata da valori cari all’Unione europea e ai suoi Stati membri, quali la democrazia, lo stato di diritto, il rispetto della dignità della persona umana, dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e la promozione della pace e di un effettivo multilateralismo.

Crediamo che l’Unione europea possa avere effetti, ma soltanto se parla ad una sola voce e si dota di strumenti appropriati, come quelli derivanti dal trattato di Lisbona, e di fondi più generosi. Possiamo intraprendere un’azione effettiva soltanto se legittimata dal Parlamento europeo e dai parlamenti nazionali, ciascuno al suo livello di competenza, in ottemperanza ai propri mandati.

Per essere credibili e rispondere alle aspettative di cittadini europei – e dico questo alla vigilia delle prossime elezioni parlamentari – la politica estera e di sicurezza comune deve godere di risorse consone agli obiettivi specifici. Ci rammarichiamo, pertanto, del fatto che, come negli anni precedenti, i fondi destinati alla politica estera e di sicurezza comune siano seriamente sottodimensionati.

Nella nostra relazione abbiamo trattato problemi orizzontali e geografici. Quanto ai problemi orizzontali, permettetemi di citare i più importanti: primo, la difesa dei diritti umani e la promozione della pace e della sicurezza nei paesi vicini all’Europa e a livello globale; secondo, sostenere un effettivo multilateralismo e il rispetto del diritto internazionale; terzo, la lotta contro il terrorismo; quarto, la non proliferazione di armi di distruzione di massa e il disarmo; quinto, i cambiamenti climatici, la sicurezza energetica e problemi come la cyber sicurezza informatica.

In questa relazione siamo volutamente selettivi. Ci concentriamo su alcune aree prioritarie a livello strategico e geografico, come i Balcani occidentali, il Medio Oriente e il Medio Oriente allargato, il Caucaso meridionale, l’Africa e l’Asia e, naturalmente, sulle relazioni con i nostri partner strategici, gli Stati Uniti, e con la Russia.

Questa relazione deve essere vista in rapporto complementare con le più dettagliate relazioni del Parlamento. Non cerca di duplicarle.

Voglio ringraziare i miei onorevoli colleghi dei diversi gruppi politici in Aula per la comprensione e per l’eccellente collaborazione. Abbiamo cercato di capire e di accogliere la maggior parte delle preoccupazioni e spero che la relazione sia approvata da un’ampia maggioranza del nostro Parlamento.

Infine, ai nostri partner del Consiglio e della Commissione, vorrei manifestare la mia speranza che questa occasione ci aiuti a sviluppare un dialogo strategico più profondo tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione, che conferisca una più ampia legittimità democratica al duro lavoro che state conducendo, signor Alto rappresentante e signora Commissario, per avere maggiore cooperazione nella nostra triade.

Spero che considererete questa come una possibilità per sviluppare maggiori sinergie, per rafforzare la nostra voce comune – la voce di tutte e tre le istituzioni – e per dare maggiore legittimità parlamentare e democratica al nostro obiettivo comune: politica estera, una voce, Unione europea.

 
  
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  Karl von Wogau, relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Alto rappresentante, signora Commissario, questa relazione dovrebbe offrirci l’opportunità di verificare i risultati sinora raggiunti in materia di politica europea di sicurezza e di difesa, a che punto siamo e quale ruolo debba avere il Parlamento europeo in questo ambito.

Nel fare questo, osserviamo che ci sono stati finora 22 interventi nell’ambito della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), 16 dei quali sono stati interventi civili mentre solo 6 sono militari. Si può concludere quindi che forte enfasi viene data all’aspetto civile, che si completa naturalmente con il controllo funzionale e democratico, dato che le operazioni civili nell’ambito della PESD sono a carico del bilancio comunitario e, dunque, sotto il controllo del Parlamento europeo. Altri aspetti ricadono sul bilancio comunitario e sono direttamente legati alla politica di sicurezza, come: la ricerca in materia di sicurezza (1,3 miliardi di euro in sette anni); Galileo, che include aspetti legati alla sicurezza (3,4 miliardi di euro); il monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza GMES/Kopernikus, un progetto per il quale è disponibile un altro miliardo di euro. Esiste anche, e questo è un nuovo sviluppo, un atto legislativo del Parlamento europeo nel campo della sicurezza e della difesa. E’ stata adottata una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul trasferimento intracomunitario della dotazione di difesa e degli appalti nel settore della sicurezza e della difesa. Questo è un primo passo importante del cammino.

Di particolare importanza è, tuttavia, l’informazione nei confronti del Parlamento europeo. A tal proposito, la nostra commissione speciale, che ha anche accesso a informazioni riservate, è di primaria importanza, così come lo sono le regolari discussioni su questi argomenti, tenute in questa commissione con i rappresentanti speciali. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare l’Alto rappresentante e i suoi colleghi per la costruttiva collaborazione che si è creata.

Passerei adesso ai singoli punti della relazione che chiede all’Unione europea di definire in modo più chiaro i propri interessi in materia di sicurezza. Parliamo sempre di interessi nel settore della sicurezza, sia per ogni paese, ma anche a livello comunitario. La tutela dei nostri cittadini all’interno e all’esterno dell’Unione, la pace nei paesi vicini, la protezione delle frontiere esterne, la salvaguardia delle infrastrutture critiche, la sicurezza energetica, la sicurezza delle linee commerciali, la sicurezza dei nostri beni a livello globale e molti altri aspetti rappresentano, in realtà, interessi in materia di sicurezza sia individuali di ogni paese sia comuni dell’Unione europea.

Bisogna anche considerare quali siano le effettive ambizioni dell’Unione europea in materia di difesa e di sicurezza. Il progetto di relazione esprime in modo molto chiaro che non ambiamo a diventare una superpotenza come gli Stati Uniti e che dobbiamo concentrarci sulle aree geografiche circostanti l’Unione europea. Le nostre priorità sono i Balcani – le destinazioni principali dell’Unione europea – l’Africa settentrionale, i conflitti congelati a est e la soluzione del conflitto in Palestina. Dobbiamo concentrare la nostra azione in modo abbastanza netto su queste aree.

Va inoltre notato che, alla fine della presidenza francese, il Consiglio ha fissato molti obiettivi ambiziosi, come acquisire la capacità di svolgere operazioni in parallelo. Se è questo ciò che vogliamo, avremo bisogno di fondi perché ciò comporterà la creazione di un quartier generale operativo europeo permanente e autonomo a Bruxelles. Questa è una prima richiesta che viene da questo Parlamento. Una larghissima maggioranza era a favore di questo punto in commissione. Secondo, dobbiamo ricordarci che i 27 Stati membri dispongono di due milioni di militari, il tre per cento dei quali, ovvero 60 000 militari, dovrebbe essere su base permanente. E’ per questo che la relazione chiede, ai sei Stati membri che compongono l’Eurocorpo, che quest’ultimo venga assegnato in via permanente all’Unione europea.

Inoltre, esprimiamo pareri chiari circa le capacità da sviluppare. I 27 Stati membri dell’Unione europea spendono 200 miliardi di euro all’anno in difesa, che devono però essere spesi meglio rispetto al passato. Non possiamo permetterci di riscoprire l’acqua calda 27 volte e quindi vi chiediamo oggi di garantire un migliore impiego futuro dei fondi dell’Unione europea e dei contribuenti destinati alla difesa. Grazie mille.

 
  
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  Ari Vatanen, relatore. − Signor Presidente, settanta anni fa il primo ministro Chamberlain tornò da Monaco agitando un foglio di carta e dicendo: “Pace per il nostro tempo”. Ebbene, sappiamo quanto si fosse sbagliato e sappiamo anche che l’illusione è un fatale sostituto del realismo. Oggi, su questo argomento, dobbiamo essere brutalmente onesti. L’Unione europea, sorta dalla tragedia della Seconda guerra mondiale, ha riscosso un incredibile successo nella costruzione della pace.

Sono molto lieto di vedere qui l’Alto rappresentante, perché finalmente abbiamo il numero di telefono per parlare con l’Unione europea. L’Alto rappresentante Solana ha il numero che Kissinger aveva chiesto anni fa.

Ma quali mezzi noi – Stati membri e politici – stiamo dando all’Alto rappresentante Solana? Questo è il problema.

Viviamo oggi una crisi finanziaria che non è piovuta dal cielo. Per gran parte ce la siamo auto-inflitta. Parliamo dei titoli tossici delle banche e di come dobbiamo liberarcene. Forse è questo il momento di chiederci cosa sono i titoli tossici e quali sono gli ostacoli alla costruzione della pace, la nostra ragion d’essere.

Dobbiamo andare avanti, l’Unione europea deve andare avanti nella costruzione della pace. Il mondo sta cambiando rapidamente attorno a noi e il principale ostacolo è proprio il fatto di non avere una visione del futuro. Siamo politici miopi, che vivono alla giornata. L’immobilismo è il nostro grande problema. Il mondo sta cambiando attorno a noi più rapidamente della nostra velocità di reazione. Qual è il risultato di politiche di sicurezza fallimentari e inefficaci? La sofferenza umana, i morti, i mutilati e le atrocità. Dobbiamo prenderci cura anche delle persone che non votano per noi, perché sono nostri fratelli e sorelle della famiglia umana.

Il 2 aprile 1917 il presidente Wilson disse: “Un accordo di pace duraturo può essere sostenuto soltanto da una coalizione di nazioni democratiche”. Il presidente Wilson ricevette il premio Nobel, che meritò molto di più di Al Gore.

Noi, nell’Unione europea, non ci rendiamo conto del genere di strumenti che abbiamo nel nostro mosaico composto da 27 paesi. Questo ci conferisce uno strumento unico per la costruzione della pace. Forse alcune persone non amano i francesi, altre non amano i tedeschi, e forse alcuni non amano neanche i finlandesi – ma penso che tutti amino i finlandesi! – ma quando siamo insieme, 27 paesi, nessuno può dirci che odia l’Unione europea. Pertanto, la capacità unica che abbiamo ci permette di affrontare ogni crisi e fare da medico o da arbitro. Ma senza capacità militare, senza credibilità militare, siamo come un cane che abbaia, ma non morde. Abbiamo idealismo, ma senza i mezzi per raggiungere gli obiettivi prefissati.

Dobbiamo battere il ferro finché è caldo, il faut battre le fer tant qu’il est chaud, come dicono i francesi. Adesso, Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti e ha gran considerazione dell’Europa – dice che siamo alleati importanti. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo organizzarci.

Il 94 per cento della popolazione europea è nella NATO e soltanto il 6 per cento è fuori dalla NATO. Perché non sfruttiamo questo strumento in modo più efficace? Lo dobbiamo ai cittadini, perché è nostro dovere alleviare le sofferenze umane; è nostro dovere etico ed è nostro interesse sul lungo termine. Soltanto seguendo le orme dei nostri padri fondatori possiamo tener fede all’eredità dell’Unione europea e rendere l’inevitabile inconcepibile – che è il significato della costruzione della pace.

 
  
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  Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. − (EN) Signor Presidente, grazie per avermi invitato ancora una volta a questa importante discussione sulla politica estera e di sicurezza comune. Penso che stia diventando una tradizione tenere questa discussione una volta all’anno e sono molto lieto di parteciparvi. Vorrei ringraziare i tre relatori, onorevoli Saryusz-Wolski, von Wogau e Vatanen, per le loro relazioni, nelle quali ho ritrovato molti punti che riflettono le nostre azioni e i nostri pensieri. Ho annotato molte delle affermazioni presenti nelle relazioni e spero davvero che possano avere un ruolo nella nostra riflessione, con la vostra collaborazione.

Parlare oggi, all’inizio del 2009, al Parlamento europeo, mi ricorda il 1999, dieci anni fa, quando abbiamo iniziato a lavorare effettivamente sulla politica europea di sicurezza e difesa comune. Quando osservo la situazione odierna e la paragono a quella del momento in cui abbiamo avviato i lavori sulla PESD, noto che sono stati fatti molti progressi. Nessuno può negare i risultati raggiunti.

Come è stato ricordato, più di venti operazioni civili e militari sono in corso o sono state completate praticamente in ogni continente, dall’Europa all’Asia, dal Medio Oriente all’Africa. Migliaia di donne e di uomini europei sono impegnati in queste operazioni, dai militari alla polizia, dalla polizia di frontiera agli osservatori, dai giudici ai procuratori, tante persone fanno il loro meglio per la stabilità del mondo.

Penso che questo sia il modo europeo di operare. Un approccio globale alla prevenzione e alla gestione delle crisi; un kit di strumenti ampio e diversificato serve per rispondere alle necessità; una capacità di reazione rapida; rivendicare la nostra posizione di protagonista globale, come ci viene chiesto dai paesi terzi. Ovviamente, se il trattato di Lisbona fosse ratificato, come spero, saremmo senza dubbio molto più efficaci.

Vorrei ringraziare il Parlamento per il sostegno che ci ha dato negli ultimi anni, per l’ottima collaborazione che ho sempre avuto con voi, rappresentanti dei cittadini dell’Unione europea. Senza l’impegno, senza la comprensione, senza il sostegno non soltanto dei membri di questa prestigiosa Aula, ma anche dei cittadini dell’Unione europea attraverso altri meccanismi – i parlamenti nazionali – sarebbe stato molto difficile svolgere il nostro ruolo nelle tante operazioni che conduciamo e nei confronti dei tanti cittadini dell’Unione europea che vi sono impegnati.

La politica estera e di sicurezza comune è più di uno strumento, ha a che fare con i nostri valori, con i vostri valori, con i valori della nostra gente. Sono molto legato a questi valori che stanno alla base di tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea: i diritti umani, lo stato di diritto, il diritto internazionale e un effettivo multilateralismo; tutte queste parole e questi concetti sono probabilmente una rappresentazione costruttiva della nostra realtà. Ma la politica estera e di sicurezza comune ci aiuta anche a plasmare la nostra cooperazione interna, tra Stati membri dell’Unione europea. Lavorando insieme, agendo insieme, definiamo ciò che siamo. La PESC costituisce quindi un modo attraverso il quale l’Unione europea, giorno dopo giorno, si definisce se stessa.

Penso che le mie parole rispecchino quelle del presidente della commissione per gli affari esteri nonché il nostro mandato e le nostre azioni: valori, azione e, al tempo stesso, costruzione dell’Unione europea. Agiamo in funzione di ciò che siamo, e le nostre azioni rispecchiano ciò che siamo. Penso che sia un concetto importante da tenere in mente.

La strategia di sicurezza europea del 2003 era un documento di base che ci permetteva di programmare il percorso e al quale le tre relazioni in oggetto fanno riferimento. Come sapete, è stato aggiornato in collaborazione con la Commissione e il Parlamento nel 2008. Tale documento non sostituisce quello del 2003, ma lo rafforza e lo aggiorna, includendo le minacce e le sfide che affrontiamo nel mondo d’oggi, dai cambiamenti climatici al terrorismo, dalla sicurezza energetica alla pirateria.

Permettetemi di affrontare brevemente la questione della pirateria perché riguarda la nostra missione più recente, la missione “Atalanta”, che vede per la prima volta la PESD impegnata in un’operazione marittima. E’ un passo in avanti abbastanza significativo, nella giusta direzione. Questa operazione marittima contro la pirateria, condotta da un quartier generale operativo europeo nel Regno Unito, coinvolge un numero significativo di Stati membri e molti paesi terzi vogliono unirsi. Ho avuto una colazione di lavoro oggi con il ministro degli Affari esteri svizzero che chiede partecipare a questa operazione perché condivide le nostre preoccupazioni sulla pirateria. Si tratta di un argomento fondamentale. Probabilmente voi pensate, e sono d’accordo con voi, che questa operazione in mare aperto sia molto importante, ma che i problemi sulla terraferma siano altrettanto significativi.

Permettetemi di parlare delle strutture interne relative alla politica europea di sicurezza e di difesa. Come sapete, durante l’ultimo mese di presidenza francese, abbiamo lavorato su un documento per riorganizzare e ristabilire una situazione che mi sta molto a cuore. E’ stata una mia priorità sin dall’inizio e adesso abbiamo finalmente il sostegno farlo necessario per sviluppare una capacità di pianificazione strategica che sia, al tempo stesso, civile e militare. Questo è l’approccio moderno alla gestione delle crisi. Ritengo che siamo relativamente poco abituati a queste azioni e, proprio per questo, possiamo essere più efficaci, più flessibili e più capaci di adattarci alle nuove realtà rispetto ad altri. Sono quindi del parere che una cooperazione civile e militare a livello di pianificazione strategica sia di fondamentale importanza.

Devo dire, e spero siate d’accordo con me, che l’azione militare oggi non basta per risolvere i conflitti. L’azione civile non è possibile senza un ambiente sicuro. Dobbiamo trovare questo equilibrio che ritroviamo ovunque – in Medio Oriente, in Afghanistan, ovunque. E’ un concetto molto importante di simbiosi degli aspetti politici, civili e di sicurezza della nostra vita.

Come espresso molto chiaramente dai tre relatori, abbiamo bisogno di risorse, senza le quali abbiamo soltanto dei documenti e con i documenti, da soli, non si risolvono i conflitti.

Al Consiglio europeo di dicembre questo aspetto è stato sottolineato con vigore e vorrei ringraziare i tre relatori per aver chiarito questo punto. A volte abbiamo problemi con la costituzione della forza e vorrei ricordarvi un insegnamento importante: senza una costituzione della forza più rapida, che sia la polizia, i procuratori o i militari, sarà molto difficile agire al ritmo e alla velocità necessaria nella gestione delle crisi.

Passando alla questione delle relazioni fra l’Unione europea e la NATO, oggetto della relazione presentata dall’onorevole Vatanen. Come sapete, abbiamo un quadro di cooperazione chiamato “Berlin Plus”. Tuttavia, non tutte le operazioni che conduciamo in nome dell’Unione europea rientrano in questo quadro, quanto alla cooperazione con la NATO. Come sapete, esistono ancora problemi legati a difficoltà nella cooperazione concreta in operazioni con la NATO che non rientrano negli accordi “Berlin Plus”; vi sono ancora, ad esempio, problemi irrisolti in Kosovo e in Afghanistan. Spero vivamente che questi ostacoli trovino risoluzione nel periodo precedente al vertice NATO.

Qualche parola sull’Afghanistan. Senza dubbio, sarà uno dei temi più scottanti da affrontare nel 2009. Conosciamo tutti la posizione del presidente Obama su questo teatro – Afghanistan-Pakistan – e la nomina di un rappresentante speciale. Dobbiamo mantenere l’impegno, in modo rilevante e sempre maggiore. Questo non significa necessariamente impegno militare, ma un più efficace e migliore coordinamento interno ed esterno – con gli Stati Uniti, la comunità internazionale in senso lato, le Nazioni Unite. Ho avuto l’opportunità di incontrare già un paio di volte Richard Holbrooke e il generale Petraeus. Riesamineremo questo concetto nelle prossime settimane e, per quel momento, dovremo essere pronti a reagire in modo costruttivo a un problema così importante sul quale l’Unione europea e gli Stati membri hanno preso un impegno che credo si debba mantenere.

Potremmo parlare per ore spaziando su molti altri argomenti – l’energia, la non proliferazione, citati ecc. – ma ritengo che sia fondamentale raggiungere un accordo di base tra le tre relazioni presentate oggi sui progressi raggiunti negli ultimi tempi. Vorrei concludere ringraziandovi infinitamente per la vostra collaborazione. I miei ringraziamenti vanno anche a chi ha lavorato con me su alcuni dossier specifici. Come ho detto, penso che le nostre azioni nell’arena internazionale in nome dell’Unione europea definiranno anche chi siamo. A questo punto, dobbiamo intraprendere delle azioni migliori per essere migliori noi stessi.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − Signor Presidente, apprezzo l’opportunità di partecipare ancora una volta a questa discussione globale sui problemi di politica estera e sicurezza.

Permettetemi di ringraziare gli autori delle tre relazioni alla base del dibattito odierno. Vorrei sottolineare che i miei uffici hanno collaborato, in modo molto efficace, con quelli dell’Alto rappresentante Solana sulla relazione in materia di Strategia di sicurezza europea (SES) e credo che i risultati lo dimostrino. La relazione riflette appieno le nuove sfide in materia sicurezza raccolte dall’Unione e offre un’ampia definizione di sicurezza.

Vorrei spendere innanzi tutto qualche parola sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC). Sia le relazioni presentate oggi sia la relazione sulla Strategia di sicurezza europea giungono alla conclusione che l’Unione europea può far la differenza se ognuno collabora per garantire una politica del tutto coerente, che abbracci la PESC, la dimensione comunitaria e, naturalmente, l’azione degli Stati membri. Non solo è necessario parlare ad una sola voce, ma anche agire in modo coerente e coordinato.

Quest’azione necessita della migliore combinazione degli strumenti di politica dell’Unione europea, dalle operazioni di PESD alla prevenzione dei conflitti, alle misure di risposta alla crisi attraverso lo strumento per la stabilità, l’assistenza allo sviluppo, gli aiuti umanitari, o la democrazia e i diritti umani. Permettetemi di citare alcuni esempi: l’Afghanistan, la Georgia, il Kosovo e il Ciad possono dimostrare il nostro impegno sul campo.

In Afghanistan, abbiamo attribuito un ruolo centrale alla governance e alla riforma del settore della sicurezza nell’ambito della nostra strategia generale di assistenza. Dal 2007 la Commissione ha intrapreso un nuovo programma di riforma della giustizia. Quanto alle funzioni di polizia, la missione EUPOL del Consiglio si sta occupando delle attività di mentoring e della formazione in loco, mentre la Commissione sostiene la polizia nazionale afgana attraverso il fondo fiduciario per l'ordine pubblico in Afghanistan (LOTFA). La Commissione è anche il principale finanziatore dei costi operativi della polizia afghana – più di 200 milioni di euro finora, a partire dal 2002.

In Georgia, l’Unione europea ha fornito sostegno finanziario supplementare dopo il conflitto. Finora, sono stati versati al governo georgiano 120 milioni di euro, su un pacchetto di 500 milioni di euro dal 2008 al 2010. Questa assistenza eccezionale della Comunità ha contribuito a prevenire una drammatica crisi umanitaria.

In Kosovo, la Commissione ha fatto la sua parte fornendo per tempo il personale e i mezzi della missione EULEX Kosovo. Oltre all’assistenza che stiamo già prestando, quest’anno prepareremo uno studio per individuare i mezzi per promuovere lo sviluppo socio-economico e politico del Kosovo e il suo progresso verso l’integrazione con l’Unione europea.

In Ciad abbiamo impegnato un totale di 311 milioni di euro del decimo Fondo europeo di sviluppo. Il nostro obiettivo è contribuire alla riduzione della povertà e facilitare lo sviluppo economico. Le nostre priorità sono la buona governance, che include la giustizia e la polizia, le infrastrutture e lo sviluppo rurale. Stiamo inoltre fornendo sostegno per la formazione di 850 forze di polizia ciadiane a cura della missione ONU Minurcat attraverso lo strumento per la stabilità, per 110 milioni di euro. Stiamo anche agevolando il ritorno volontario degli sfollati e dei rifugiati all’interno del paese con 30 milioni di euro in assistenza umanitaria.

Penso che questo sia l’approccio corretto e che debba essere perseguito sistematicamente ogni qualvolta l’Unione europea si trovi di fronte a una nuova crisi.

Questa flessibilità nella nostra combinazione di politiche è evidenziata nella relazione sulla Strategia di sicurezza europea del dicembre scorso e citata in tutte e tre le relazioni odierne. Nella relazione sulla SES, si afferma giustamente che i legami tra le politiche europee interne ed esterne sono diventati più pronunciati, aspetto che è essenziale quando si affrontano problemi quali la sicurezza energetica e i cambiamenti climatici, o quando ci concentriamo sul nesso fra sicurezza e sviluppo, riconoscendo l’importanza della riduzione della povertà a lungo termine come mezzo per ridurre le minacce alla sicurezza.

La relazione riconosce il bisogno di una maggiore comunicazione con i nostri cittadini su tutti gli aspetti della sicurezza che li preoccupano particolarmente, in modo da sostenere il nostro impegno globale, ed evidenzia che tutte le azioni dell’Unione europea in materia di sicurezza si basano sui nostri valori e sui nostri principi, ricollegandosi altresì agli obiettivi delle Nazioni Unite. Dobbiamo continuare a trasmettere questo messaggio ai cittadini anche in relazione ad argomenti come il terrorismo, sottolineando che le nostre azioni si basano solidamente sul rispetto dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale.

Riconosciamo anche il ruolo della società civile, delle ONG e delle donne nella costruzione della pace, riflettendo così un autentico approccio europeo.

Sono lieta di notare che la relazione del Parlamento europeo sulla SES pone l’accento sulla necessità di applicare ulteriormente le risoluzioni nn. 1325 e 1820 del Consiglio di sicurezza dell’ONU sulle donne e i conflitti.

Passando all’energia, la crisi del gas che ha colpito quest’anno l’Unione europea ha avuto effetti senza precedenti. Quanto alla sicurezza energetica, dobbiamo trarre delle lezioni. Per esempio, è chiara adesso la necessità di un mercato interno dell’energia efficace, di infrastrutture e di interconnessioni, dello sviluppo di meccanismi di soluzione delle crisi di fornitura. Per l’Unione, è inoltre evidente la necessità di una politica energetica esterna forte. Sosteniamo questo approccio di ampio respiro.

La relazione chiede un ruolo più forte per l’Unione europea nelle aree ad essa adiacenti, ma non parlerò di questo adesso.

Le nostre relazioni con la Russia, messe alla prova, giocano un ruolo importante ed hanno un grande impatto sulla sicurezza.

Il legame transatlantico resta fondamentale per la nostra sicurezza comune e lavoreremo presto con il presidente Obama sugli aspetti che hanno priorità più alta.

Permettetemi di concludere con qualche parola su un elemento particolare del contributo della Commissione alla risposta dell’Unione europea alle crisi, ovvero lo strumento per la stabilità. I primi due anni del nuovo strumento sono stati un successo, in termini sia di esecuzione finanziaria sia di qualità operativa sia di coordinamento politico con il Consiglio e con il Parlamento. Finora sono stati impegnati 220 milioni di euro su 59 azioni in tutto il mondo nel 2007 e nel 2008, di cui molte in Africa, Asia, Medio Oriente, Kosovo e Georgia. Come ha già sottolineato l’Alto rappresentante Solana, le nostre priorità per il 2009 comprenderanno sicuramente l’Afghanistan, il Pakistan e il Medio Oriente.

Permettetemi di dire che, attraverso lo strumento per la stabilità e in stretta cooperazione con il Segretariato generale del Consiglio, siamo impegnati in numerose attività e stiamo svolgendo un ruolo sempre più importante nella formazione del personale delle missioni sulle gare d’appalto, sull’amministrazione finanziaria e sulla formazione in materia di PESD per i gruppi di intervento composti da civili. Abbiamo formato 600 esperti di polizia sulla gestione delle crisi civili, in linea con gli standard di formazione delle Nazioni Unite, migliorando la robustezza, la flessibilità e l’interoperabilità delle unità di polizia dell’Unione europea.

Vorrei aggiungere – e penso sia molto importante, per esempio in Afghanistan – che dobbiamo garantire che i termini e le condizioni di servizio per il personale distaccato dagli Stati membri e per il personale a contratto siano sufficientemente allettanti da attirare candidati qualificati in numero sufficiente per rifornire di personale le nostre missioni. Penso che dovremo lavorare in tal senso e per questo si richiede il nostro contributo sempre maggiore nella gestione delle crisi. Vengono riposte grandi aspettative nelle possibilità dell’operato dell’unione europea e cercheremo di non deludere queste speranze.

 
  
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  Valdis Dombrovskis, relatore per parere della commissione bilanci. – (LV) Signor Presidente, onorevoli deputati, quanto alla relazione annuale (2007) sugli aspetti principali e le scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune, vorrei sottolineare alcuni argomenti importanti dal punto di vista della commissione bilanci. Innanzi tutto, vorrei parlare della trasparenza delle spese di bilancio per la politica estera e di sicurezza comune. Genera qualche preoccupazione la prassi della Commissione europea di riportare all’anno successivo stanziamenti del capitolo della politica estera e di sicurezza comune rimasti inutilizzati, che la Commissione europea considera entrate assegnate. La commissione bilanci ha chiesto alla Commissione informazioni su questa prassi finanziaria, raccomandando che l’argomento venga trattato in una delle riunioni ordinarie sulla politica estera e di sicurezza comune. In secondo luogo, vorrei parlare dello storno di stanziamenti tra diversi capitoli del bilancio relativo alla politica estera e di sicurezza comune. Certamente, abbiamo bisogno di flessibilità per reagire rapidamente alle crisi in paesi esterni all’Unione europea. La Commissione potrebbe, comunque, migliorare la trasparenza e il controllo democratico in materia di politica estera e di sicurezza comune informando per tempo il Parlamento degli storni interni. E’ un passaggio fondamentale perché la maggior parte delle missioni di politica estera e di sicurezza comune, in particolare la missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia e la missione EULEX in Kosovo, sono politicamente sensibili. In terzo luogo, quanto alle riunioni ordinarie in materia di politica estera e di sicurezza comune, ai sensi dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria, la commissione bilanci ritiene che si possa fare un uso più efficace di queste riunioni, valutando le misure pianificate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune e le strategie dell’Unione europea a medio e lungo termine nei paesi non europei, e preparando anche la posizione dell’autorità di bilancio prima della riunione di conciliazione. Vi ringrazio per l’attenzione.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, vorrei ringraziare i tre relatori del Parlamento europeo – onorevoli Saryusz-Wolski, von Wogau e Vatanen – per le relazioni presentate e sottolineare, come hanno fatto il commissario Ferrero-Waldner e l’Alto rappresentante Solana, che sono un contributo significativo del Parlamento allo sviluppo di una politica estera di sicurezza e di difesa efficace, visibile e forte. Questa politica deve garantire la difesa dei nostri interessi nel mondo, proteggere i nostri cittadini e dar loro sicurezza. Deve contribuire alla creazione di un’Unione europea che faccia la sua parte in un sistema multilaterale efficace e, soprattutto, signor Presidente, deve contribuire a garantire che i diritti umani e i valori democratici siano la priorità in ogni parte del mondo.

Dal trattato di Lisbona e dalle notizie che ci arrivano oggi dalla Repubblica di Irlanda – dove i sondaggi danno il 60 per cento della popolazione a favore del trattato – e dalla Repubblica ceca – con la ratifica del trattato da parte del parlamento ceco – credo che l’Unione europea sia cresciuta in termini di politica estera e di sicurezza. Soprattutto, i nostri governi devono iniziare a pensare in modo più europeo di fronte alle crisi.

Credo che l’Unione europea debba sviluppare le proprie considerazioni strategiche – è ovvio e rientra nella nuova strategia di sicurezza – ma senza dimenticare che il legame transatlantico è scritto nei geni dell’Unione europea. Gli Stati Uniti, attraverso l’Organizzazione del trattato dell’Atlantico del Nord, sono stati garante della sicurezza dell’Europa e, per il momento, non c’è ancora alternativa a questo legame.

Inoltre, credo che sia possibile fare dell’Europa una “potenza” soltanto se l’Europa si fa valere, e non contro ma accanto agli Stati Uniti, muovendosi come partner che condividono la stessa visione del mondo e nutrono rispetto reciproco. Naturalmente, dire questo non significa che l’Unione europea debba lasciare carta bianca agli Stati Uniti: dobbiamo difendere i nostri interessi e i nostri valori ogni qualvolta lo riteniamo necessario. Gli Stati Uniti devono imparare a rispettare le posizioni dell’Unione europea perché, come ribadiscono il commissario Ferrero-Waldner e l’Alto rappresentante Solana, siamo un’istituzione che può essere rispettata a livello internazionale e che ha un potenziale significativo come interlocutore in ogni regione del mondo.

 
  
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  Helmut Kuhne, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, benché ciò non valga per il Consiglio, noi in Parlamento e, di conseguenza, anche la Commissione, siamo in dirittura d’arrivo di questo mandato elettorale. Per questo motivo, penso che non abbia senso agire come un semplice contabile che controlla il bilancio consuntivo dei progressi della politica europea di sicurezza e di difesa, quanto piuttosto esercitare il nostro ruolo più fondamentale.

Devo ammettere che sono assolutamente diviso tra due modi di affrontare il problema. Mi dispero quando dobbiamo trattare delle necessità quotidiane, quando una missione rischia di fallire perché mancano sei elicotteri, quando non c’è volontà politica nelle diverse capitali o quando ci sono divisioni sui progetti tecnologici.

Se però osservo i fatti da una prospettiva storica, sembra tutto diverso e l’Alto rappresentante Solana, in effetti, merita molte lodi a tal proposito. La politica europea di sicurezza e di difesa esiste da soli dieci anni, dobbiamo ricordarlo, e il documento sulla strategia di sicurezza è stato redatto nel 2003. Su queste basi, i progressi compiuti sono notevoli, da un punto di vista storico. Come ottimista storico, nel dubbio, scelgo il secondo punto di vista.

Il secondo punto che, come social-democratico, voglio trattare, riguarda un aspetto per il quale né l’Unione europea, né la NATO sono responsabili, ma che ci riguarda tutti, come europei, ovvero gli sviluppi legati al sistema di difesa missilistica in Polonia e in Repubblica ceca. Noi, come social-democratici, siamo molto lieti di sentire che si stanno realizzando le azioni che abbiamo portato avanti, in correlazione con i cambiamenti negli Stati Uniti.

Abbiamo sempre sostenuto l’inutilità di affrettare le decisioni sul posizionamento dei mezzi, perché ad oggi non ci sono minacce, per esempio dall’Iran. La settimana scorsa Hillary Clinton ha affermato che saranno prese ulteriori decisioni da parte degli Stati Uniti a seconda degli avvenimenti in Iran. Joe Biden ha ribattuto che tutto dipende dalle capacità tecniche e da considerazioni di ordine finanziario. Sono affermazioni che ci fanno piacere. Alla fine, non saremo l’ultimo predestinato baluardo di questo sistema di difesa missilistica.

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (NL) La discussione di oggi, basata sulle tre relazioni, dimostra che, contrariamente a quanto lamentano molti euro-pessimisti ed euro-scettici, la politica europea di sicurezza e di difesa e la politica estera dell’Unione europea stanno prendendo sempre più forma e si mostrano sempre più coerenti. E gli oratori che mi hanno preceduta lo hanno ampiamente dimostrato.

Vorrei prima di tutto ringraziare i tre relatori per il modo in cui hanno accolto le opinioni dei relatori ombra liberali nella stesura delle loro relazioni. Siamo lieti di ritrovare in queste relazioni gran parte delle nostre opinioni. Mi dispiace che, in merito alla relazione sulla NATO presentata dall’onorevole Vatanen, che si è fatto in quattro per prendere in considerazione quanti più approcci e opinioni possibili, gli emendamenti del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei e del gruppo socialista al Parlamento europeo siano stati presentati all’ultimo minuto, come se questi due gruppi volessero apporre il loro sigillo sulla relazione.

Sosterremo comunque la relazione perché crediamo che sottolinei gli aspetti giusti e dia prova di sufficiente realismo. Per esempio, si riconosce, in modo elegante, la netta competizione tra l’Unione europea e la NATO, in genere completamente ignorata, anche se corrisponde a verità.

In secondo luogo, è stato accolto l’emendamento presentato da me e dall’onorevole Duff, nel quale definiamo chiaramente le difficoltà causate dagli atteggiamenti della Turchia, della Grecia e di Cipro nella NATO e nell’Unione europea. In genere, non si va molto più in là delle allusioni eleganti.

Infine, c’è un appello alla complementarietà tra le strategie dell’Unione europea e quelle della NATO in materia di difesa e di sicurezza che, onorevoli colleghi, è assolutamente vitale.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, la fine liberale della storia preannunciata negli anni Novanta si è rivelata una fantasia. Abbiamo il diritto di sentirci sempre più isolati e non vi è pertanto alternativa alla cooperazione tra Unione europea e NATO. Non c’è alternativa ad un maggior impegno dell’Europa e degli Stati Uniti nei problemi di sicurezza internazionale, altrimenti i principi dell’ordine internazionale saranno dettati di fatto dalla Corea, dall’Iran o dai terroristi di Hamas.

L’energia, le materie prime, la pirateria e la sicurezza su Internet richiedono un’attenzione speciale. Recentemente, in Polonia, abbiamo capito che costituisce un enorme problema anche un miglior coordinamento nella liberazione degli ostaggi. Tuttavia, il fatto che le decisioni vengano prese congiuntamente non significa che siano buone decisioni. Pertanto, non sopravvaluterei il ruolo del trattato di Lisbona. I limiti della nostra efficacia sono da ricercare nelle singole capitali europee. E’ lì che dovremmo cercare la volontà politica di perseguire una politica mondiale condivisa, e non nelle procedure.

 
  
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  Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vi è stato un rapido sviluppo della politica estera e di sicurezza comune europea. Dobbiamo garantire, tuttavia, che ci siano uno sviluppo e un cambiamento altrettanto rapidi rispetto alle minacce e alle crisi di ogni genere.

Il mio gruppo non vuole nascondere il nostro lavoro e per questo motivo, non intendo votare a favore delle relazioni presentate oggi. L’onorevole Saryusz-Wolski ha prodotto una relazione solida ed è l’unica che sosterremo. Detto questo, il dilemma strategico è chiaro. Signor Alto rappresentante, lei ha pienamente ragione. Ci ha appena detto che la cooperazione europea deve essere rafforzata a livello strategico. Innanzi tutto, però, dobbiamo lottare per ottenerla proponendo una politica europea estera e di sicurezza comune, che ancora non abbiamo.

Dico questo perché viviamo una congiuntura storica. Queste relazioni – in particolare quella dell’onorevole Vatanen sulla NATO – brancolano nel buio all’ombra del nuovo governo degli Stati Uniti. L’onorevole Vatanen, nella sua relazione, evita di affrontare la questione del disarmo nucleare, sulla quale voteremo ancora una volta domani. Allora, di cosa stiamo parlando?

Passo adesso alla relazione dell’onorevole von Wogau, che affronta un nuovo concetto: il SAFE. E’ un bel gioco di parole – Synchronised Armed Forces Europe – ma si tratta di un concetto che praticamente non esiste. Inoltre, non vediamo il perché di dover approvare questa idea, quando non è argomento di discussione. L’onorevole von Wogau ha tralasciato di discutere della sicurezza degli uomini nella sua relazione. Il mio gruppo insiste sul fatto che noi, come Unione europea, dobbiamo definire chiaramente questo obiettivo in politica internazionale. Ha tralasciato di garantire che stiamo parlando di cooperazione per la costruzione della pace o dello sviluppo di un corpo di pace civile. Per questi motivi, sento di poter affermare che questa relazione è del tutto inadeguata, se crediamo che l’Europa debba agire adesso, nei prossimi mesi – e questo è un aspetto che è stato chiarito alla conferenza sulla sicurezza di Monaco.

Dopo le elezioni negli Stati Uniti si sono aperte delle opportunità, ma non so quanto durerà questa situazione. Come europei, dobbiamo definire adesso i nostri interessi strategici e integrarli nell’alleanza della NATO e dobbiamo stabilire le nostre definizioni di sicurezza rispetto alla Russia, come ha detto il commissario Ferrero-Waldner. Altrimenti, entro pochi mesi, il governo degli Stati Uniti sarà molto più lungimirante di noi e deciderà, attraverso negoziati bilaterali con la Russia, le posizioni strategiche e fondamentali della politica per la sicurezza senza l’Unione europea – potere politico, potere di prevenzione dei conflitti – esercitando così grande influenza su questa nuova stabilizzazione della politica di sicurezza transatlantica.

Per questo motivo, invito tutti ad abbandonare i vecchi schemi mentali della guerra fredda, scegliere chiaramente da che parte stare, restare fedeli alla propria scelta e procedere. Nei confronti dei cittadini, l’Europa ha l’obbligo di creare un partenariato di sicurezza che porti la pace e non il contrario.

 
  
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  Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, le relazioni presentate dagli onorevoli von Wogau e Vatanen sono esplicite e chiare e spingono ancor di più verso una militarizzazione dell’Unione europea poiché chiedono, di fatto, la trasformazione dell’Europa in una potenza militare. Nella sua relazione sulla Strategia di sicurezza europea l’onorevole von Wogau sostiene che è necessaria una “Forza armata europea integrata”. Non concordiamo su questo il modo di procedere. Per di più, la relazione auspica, inter alia, un quartier generale operativo europeo e un mercato comune per i mezzi della difesa.

Questa relazione esprime anche un sostegno retroattivo al programma Eurofighter, estremamente costoso, affermando la primaria importanza del trattato di Lisbona, che “introdurrà importanti innovazioni nel campo della PESD”. Questa è il principale motivo della nostra opposizione al trattato di Lisbona.

La relazione dell’onorevole Vatanen chiede invece strutture permanenti di cooperazione tra l’Unione europea e la NATO. Crediamo che sia sbagliato. Ogni missione militare dell’Unione europea è problematica. La NATO non è un’alleanza per la pace – è promotrice di guerre, in Yugoslavia prima e in Afghanistan ora. Quale sarà la prossima guerra? La NATO rappresenta la politica della guerra, benché la relazione la definisca come “il fulcro della sicurezza europea”. No! La NATO rappresenta l’insicurezza! Mescolare NATO e Unione europea sarebbe altamente problematico, soprattutto riguardo alle due strategie.

Noi del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica siamo per un’Unione europea dei civili e ci opponiamo fermamente alla NATO. Abbiamo bisogno dello scioglimento della NATO, che vuole celebrare il suo sessantesimo anniversario a Strasburgo, Baden-Baden e Kehl. Faccio un appello da qui, dal Parlamento europeo, oggi, contro questo vertice NATO! Sessant’anni della NATO, sono sessant’anni di troppo.

Come gruppo, abbiamo presentato relazioni di minoranza in risposta alle relazioni degli onorevoli von Wogau e Vatanen e i miei colleghi si pronunceranno sui problemi specifici relativi alla Russia. Come prima, respingiamo il sistema di difesa missilistico e le diciture che in questa relazione fanno riferimento a Cipro. Pertanto, voteremo contro queste due relazioni.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Quando, meno di un anno fa, con una delegazione del Parlamento europeo, ho saputo delle attività della missione di polizia dell’Unione europea in Cisgiordania, ho intravisto un barlume di speranza per l’autorità palestinese, che effettivamente esercita la sua attività attraverso un efficace sistema di sicurezza e di polizia. Al paragrafo 25 della relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski, si guarda con favore al rinnovo del mandato della missione di polizia dell’Unione europea nelle regioni palestinesi.

Nel frattempo, molto recentemente ho avuto modo di leggere alcune relazioni molto negative sulla pubblica sicurezza in Cisgiordania, che parlavano di pratiche estorsive da parte dei membri del sistema di sicurezza palestinese che operano come fossero mafiosi di notte, o perfino di nomi di membri di gruppi terroristici iscritti nel libro paga dell’autorità palestinese.

Vorrei chiedere al Consiglio e alla Commissione se queste relazioni sono vere o se si tratta di finzione Quali sono le ultime notizie sulla missione di polizia dell’Unione europea nelle regioni palestinesi? Sono informazioni fondamentali, del resto. Se si sta perseguendo la creazione di un possibile Stato palestinese, in Cisgiordania deve essere ripristinato l’ordine pubblico.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che l'Alleanza atlantica sia uno strumento di difesa obsoleto e che in alcuni casi, anche recenti, non ha affatto aiutato nei rapporti, ad esempio con la Russia, con la quale i rapporti stessi dovrebbero essere a mio giudizio implementati e prefigurare un partenariato privilegiato.

Proprio per quanto sostenuto dalla signora Commissario Ferrero ritengo che le politiche di sicurezza comune non dovrebbero trascurare come in alcune vicende recenti non sia stata la NATO lo strumento più utile alla dissuasione o alla pacificazione.

Credo che l'Europa abbia ormai la maturità e la necessità politica per delineare una strategia di sicurezza indipendente. Questo non significa essere in contrapposizione. Si può essere accanto – come qualche collega ha sostenuto – ma non continuare ad essere soggiacenti ad interessi che spesso non sono europei. Per questo non posso sostenere le relazioni proposte.

 
  
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  Javier Solana, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. – (ES) Signor Presidente, sarò breve dato che condivido, in linea generale, i contributi dei vari oratori; mi permetta di esporre all’Aula tre o quattro questioni che mi sono venute in mente mentre ascoltavo gli interventi.

Per iniziare, mezzi e risorse. Gli autori delle tre relazioni hanno confermato i nostri problemi con i mezzi e con le risorse, e che un miglior utilizzo delle risorse nazionali potrebbe essere per noi una buona strada da percorrere. Tuttavia, vorrei aggiungere che abbiamo a nostra disposizione anche dei mezzi dei quali non stiamo facendo il miglior uso possibile, e questo è un punto da sottolineare.

Credo sia stata una buona idea creare un’Agenzia europea per la difesa, con l’accordo del Consiglio europeo, senza la necessità di applicare o adottare il trattato di Lisbona. A mio parere, l’Agenzia può fare un grosso lavoro di coordinamento delle politiche nazionali, per dare maggior valore aggiunto a tutte le politiche attuate.

Alcuni hanno parlato di elicotteri. L’elicottero è necessario per tutti i tipi di missione (civili, militari, trasporto) ed è diventato oggi uno strumento essenziale di gestione delle crisi.

Un miglior coordinamento abbiamo degli strumenti a disposizione, in termini sia di hardware sia di un miglior uso dei software per gli elicotteri, ci permetterà di impiegarli in modo più efficiente e, di fatto, di sfruttarli di più di quanto non permetta il loro uso quotidiano.

Vorrei anche dire che, nelle ultime settimane, le nostre relazioni strategiche con gli Stati Uniti e con la Federazione russa hanno fatto grandi passi in avanti.

L’onorevole Beer ha parlato della conferenza di Monaco sulla sicurezza, un evento importante durante il quale sono stati fatti dei progressi nei colloqui non programmati; non si è trattato di un forum politico per prendere decisioni, ma di un forum estremamente importante per la riflessione. Credo che nei prossimi mesi e anni sarà si discuterà soprattutto delle nostre relazioni sia con gli Stati Uniti, da un punto di vista della strategia nei prossimi anni, sia con la Russia. E’ stato così a Monaco, ma anche in seguito, quando io e il commissario Ferrero-Waldner ci siamo recati a Mosca per discutere del tema fondamentale delle nuove idee sulla sicurezza europea con i leader della Federazione russa.

L’Europa – l’Unione europea –non vuole essere una potenza militare; credo invece che sia una potenza civile con mezzi militari, una cosa molto diversa da una potenza militare, e ritengo che si debba continuare su questa strada. Questo lavoro e tutti i documenti che sia il Parlamento, che la Commissione – o io stesso – produciamo, puntano a questo obiettivo.

Vorrei spendere ora qualche parola sulla polizia nei territori palestinesi, argomento che abbiamo trattato nella sessione precedente. EUPOL è una delle risorse più importanti che abbiamo quanto a credibilità e al lavoro nell’ambito della sicurezza con i palestinesi e nei territori occupati, e continuerà ad essere un bene importante per l’Unione europea, riconosciuto da tutti: palestinesi, israeliani e paesi limitrofi. Pertanto, siate certi che faremo tutto il possibile per continuare a lavorare per questo obiettivo.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, signor Alto rappresentante, vorrei ringraziare i tre relatori e commentare soltanto alcuni aspetti. In particolare, vorrei ricordare però che i sessant’anni della NATO hanno significato sessant’anni di pace e di libertà per la mia generazione e questo deve essere rimarcato.

Se adesso riusciamo a rafforzare la politica estera, di difesa e di sicurezza europea mentre il multilateralismo torna ad estendersi, come ha appena detto anche l’Alto rappresentante, se riusciamo a integrare maggiormente la nostra visione fatta di misure preventive e di potere leggero in una strategia transatlantica comune in quest’epoca di multilateralismo, ci attende un futuro roseo.

Al tempo stesso, il ritorno della Francia all’integrazione militare rafforza la posizione dell’Europa. Dalla conferenza di Monaco sulla sicurezza emerge che, alla luce di quanto illustrato dal primo ministro turco, dal cancelliere Merkel e dal presidente Sarkozy – alla presenza di Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti – un corpo europeo nella NATO non è stato praticamente contestato. Per me almeno, è stato formidabile scoprire che non ci sono state proteste da parte degli americani. Nelle relazioni transatlantiche, possiamo accrescere lo sviluppo di posizioni comuni anche in campo militare, in modo che possano essere credibilmente inserite nell’ambito della NATO. Per questo motivo, dobbiamo usare la nostra visione delle capacità militari con un’enfasi sul potere leggero e sulla prevenzione per definire una nuova agenda, che esisteva già, ma che si è palesata soltanto a Monaco, dato che le politiche del presidente Obama ci permettono di entrare in una nuova epoca di negoziati per il disarmo. Noi europei possiamo partecipare a questo gioco con il trattato START, con il trattato di non proliferazione TNP, che deve essere rinegoziato, e in particolare con il trattato CFE, che è di peculiare importanza in Europa, dato che abbiamo alcuni problemi con la Russia.

Considerando tutto questo e includendo lo scudo antimissile, avremo nuove e migliori opportunità di condurre una politica transatlantica comune, con gli Stati Uniti come alleato e con la Russia come partner strategico: una politica nell’interesse dell’Europa per la pace. Possiamo cogliere questa occasione soltanto se diventiamo più forti e più influenti e pertanto questa politica va nella giusta direzione.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE).(EN) Signor Presidente, la relazione sul ruolo della NATO nell’architettura della sicurezza europea riflette i diversi approcci del Parlamento europeo, tra opinioni che continuano a guardare alla NATO come ad un’organizzazione che offre la massima garanzia di sicurezza ai suoi membri, da una parte, e opinioni che, al contrario, vedono sempre meno la necessità della NATO in un mondo in cui apparentemente non ci sono minacce importanti – quanto meno non paragonabili all’ex minaccia sovietica.

Tuttavia, finora, non c’era nessun membro delle due organizzazioni pronto ad abbandonare la garanzia di sicurezza della NATO, anche se l’UE sta aumentando lo sforzo in materia di difesa e di sicurezza e ha introdotto l’equivalente dell’articolo 5 del trattato di Washington: la clausola di solidarietà nel trattato di Lisbona.

Secondo me, le relazioni tra la NATO e l’Unione europea – il componente più importante della più vasta relazione transatlantica – dovrebbero essere relazioni naturalmente complementari e reciprocamente vantaggiose per i due partner, che sono obbligati a collaborare per rispondere alle sfide complesse di oggi, che si moltiplicano e aumentano di difficoltà. A tal fine, i meccanismi esistenti – ovvero gli accordi “Berlin plus” – possono essere migliorati; dei nuovi accordi – ovvero la proposta di un quartier generale europeo – dovrebbero essere presi in considerazione; gli ostacoli – ovvero l’impatto negativo del problema di Cipro – dovrebbero essere superati; e, l’aspetto più importante, deve essere effettivamente migliorata la percezione reciproca. Pertanto, da una parte bisogna smettere di considerare la NATO come un avversario e, dall’altra, l’Unione europea come un’appendice della NATO.

Come è stato già detto, la verità è che, in pratica, i due partner potrebbero collaborare molto bene, completandosi a vicenda. Per questo, la relazione è stata emendata e spero che il risultato finale sia accettabile per molti di noi.

 
  
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  Andrew Duff (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, molti oratori stanno prendendo di petto gli argomenti trattati questo pomeriggio. Il fatto è che non tutte le missioni di PESD si sono rivelate un successo: molte non sono riuscite ad avere obiettivi chiari, altre sono scarsamente finanziate ed è possibile che si registri un altro fallimento nella campagna in Afghanistan. E’ positivo che il Parlamento dia un forte contributo alla definizione di sicurezza comune e adesso dobbiamo fissare criteri di gran lunga più chiari per le missioni di PESD.

Sulla questione dell’integrazione delle nostre forze armate, i progressi sono scarsi e non posso credere che una collisione di sottomarini francesi e britannici sia esattamente ciò che ci saremmo aspettati!

 
  
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  Ryszard Czarnecki (UEN) . – (PL) Signor Presidente, quando ci sono troppi presidenti, in realtà non ce n’è neanche uno. Quando affrontiamo la questione della sicurezza, dovremmo parlare molto chiaramente e con estrema precisione di qualcosa che è molto urgente e significativo. Gli eventi dello scorso anno nel Caucaso, vicinissimo all’Unione europea, dimostrano che dobbiamo dare importanza alla politica dei paesi dell’Est e considerarla un investimento specifico per la sicurezza dell’Europa e dell’Unione europea. Questo è anche uno dei motivi per cui il partenariato con i paesi che si trovano a est dell’Unione europea è, a mio avviso, fondamentale, e benché sia lieto dell’esistenza di questo partenariato, mi preoccupo perché i fondi attribuiti al partenariato orientale sono diminuiti di circa tre volte. Penso che questa sia una questione fondamentale e credo che ci sarà una presenza specifica dell’Unione europea non soltanto per i suoi vicini più prossimi, ma anche per i paesi che si trovano molto oltre la Bielorussia, l’Ucraina o la Georgia.

 
  
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  Satu Hassi (Verts/ALE) . – (FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i miei ringraziamenti ai tre relatori. Purtroppo devo ammettere che non condivido la visione acritica della NATO presente, in particolare, nella relazione dell’onorevole Vatanen.

Naturalmente la NATO non è più la stessa organizzazione della guerra fredda, così come neanche l’Europa è più la stessa; la cooperazione tra la NATO e l’Unione europea è magnifica. Tuttavia, non credo costituisca un problema se non tutti gli Stati membri fossero anche membri della NATO.

Dobbiamo riconoscere che qualche Stato sia riuscito a dare un contributo utile alla costruzione della pace proprio perché è rimasto fuori da alleanze militari, come per esempio il mio paese, la Finlandia. La Finlandia non appartiene a nessuna alleanza militare e non viene quasi mai percepita come ostile o come portavoce del nemico. Ciò ha aiutato molti finlandesi ad agire da costruttori di pace, come il nostro ex primo ministro Holker in Irlanda del Nord, il nostro ex presidente Ahtisaari in Namibia, in Indonesia, ad Aceh e in Kosovo, e il nostro ex ministro Haavisto in Sudan.

Benché la maggioranza dei cittadini europei viva in paesi membri della NATO, dobbiamo comunque riconoscere che l’esistenza di paesi non allineati sia una risorsa preziosa per la costruzione della pace, che non può essere abbandonata in nome di un qualche obiettivo di armonizzazione della politica militare nell’Unione europea.

 
  
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  Vladimír Remek (GUE/NGL) . – (CS) Originariamente avrei voluto parlare dei pericoli legati alla militarizzazione dello spazio perché sento, in quanto ex astronauta, di avere una particolare conoscenza del problema. Tuttavia, i documenti presentati sottolineano, tra le altre cose, la necessità di utilizzare la politica di sicurezza a vantaggio dei cittadini europei. Al tempo stesso stiamo completamente ignorando, per esempio, la loro opinione sulla costruzione già pianificata di nuove basi straniere in territorio europeo. Nel dettaglio, in Polonia e nella Repubblica ceca, si continua a preparare l’insediamento di componenti del sistema americano di difesa missilistica. E in particolare nel mio paese, la Repubblica ceca, sono stati totalmente ignorati gli interessi e le opinioni della popolazione. Non si è sentita neanche una voce ufficiale dall’Unione europea a sostegno degli interessi dei cittadini, per i quali l’UE forse non esiste su questo tema. Al tempo stesso, i due terzi della popolazione della Repubblica ceca sono contrari a una base straniera, nonostante una campagna di informazione e di promozione durata più di due anni. A mio avviso, quando i nostri documenti non riflettono gli interessi della popolazione e quando l’opinione della gente può essere ignorata nell’interesse della democrazia c’è qualcosa che non va nell’Unione. Non c’è da meravigliarsi se queste persone hanno voltato le spalle alla politica europea, guardandola come qualcosa che non appartiene loro, o se la rifiutano drasticamente.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, i cittadini europei hanno bisogno di un’Europa forte con una politica estera, di sicurezza e di difesa competitiva. Ciò non succederà se la nostra Unione resta ferma dov’è. La Cina e l’India stanno crescendo, non soltanto come potenze economiche, ma anche come potenze militari.

Il vantaggio competitivo dell’Europa deve basarsi sulla conoscenza e sull’innovazione e tutti dobbiamo coadiuvare e sostenere questa prospettiva. In una strategia di sicurezza efficace, le nostre forze europee dovrebbero avere accesso a mezzi e risorse della migliore qualità. Mentre gli Stati Uniti spendono migliaia di miliardi di dollari in sicurezza, noi in Europa siamo lenti o inerti nello sviluppo nella nostra strategia. In un periodo di crisi, chiudiamo le aziende che producono armi, come l’azienda di Radom, in Polonia, quando dovremmo piuttosto investire in tecnologie avanzate, come ad esempio le tecnologie senza rinculo sviluppate in Polonia. L’innovazione crea nuovo giro d’affari e nuovi posti di lavoro. Non possiamo costruire le capacità europee chiudendo le nostre aziende.

 
  
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  Roberto Fiore (NI) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, in linea di principio sono certamente a favore dell'idea di un esercito europeo, ma va definito che tipo di esercito e con che confini.

Infatti, è altamente contraddittorio che abbiamo due eserciti l'un contro l'altro armati, quello turco e quello greco, che fanno parte della stessa alleanza. Io sono sicuro che il Consiglio ha visitato Cipro Nord e ha potuto apprezzare qual è il danno che hanno fatto i militari turchi e l'occupazione turca ad un'isola sicuramente europea.

Va detto anche che l'alleanza con l'America è un'alleanza sicuramente che spesso e volentieri porta dei grossi problemi. L'America ci ha trascinato in alcune guerre, in alcuni conflitti – ricordo quello con la Serbia, ricordo quello con l'Iraq e con l'Afghanistan – che avevano al cuore gli interessi non certamente dell'Europa.

Piuttosto noi ci dovremmo alleare con la Russia e la Bielorussia, che sono effettivamente storicamente, religiosamente, militarmente e geopoliticamente europee. Questo è il futuro dell'esercito europeo. Quindi un esercito certamente non in guerra con l'America, ma con una rispettosa distanza, senza la Turchia, perché la Turchia fino a prova contraria è parte dell'Asia e purtroppo nell'ambito del Mediterraneo si trova in conflitto con un paese europeo, e con alleato e strettamente legata la Russia e la Bielorussia.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, non si meraviglierà se esprimo la mia preoccupazione circa il senso delle relazioni sulla PESD, in particolare quella dell’onorevole von Wogau, che è piena di false affermazioni sulla natura dell’Unione europea e sull’ambizione di creare un esercito europeo sotto il controllo dell’Unione europea. La relazione considera, e cito questa espressione, il Synchronised Armed Forces Europe come un passo verso una “forza armata europea integrata”, ovvero un esercito europeo. Come tutti sappiamo, la PESD non produce valore aggiunto militare. E’ uno strumento politico nella promozione di un’Europa integrata e deve essere preso per quello che è.

Per molto tempo, ho affermato che l’Unione europea può svolgere un ruolo utile nell’offrire strumenti civili per la gestione delle crisi e per la ricostruzione post-bellica. Sarebbe effettivamente utile, ma nessun ufficiale militare che io conosca pensa comunque che conflitti come quello in Afghanistan possano essere affrontati unicamente con mezzi militari. Non c’è nulla di nuovo in quello che adesso viene chiamato con eleganza “approccio globale”. Noi lo chiamavamo hearts and minds (la conquista dei cuori e delle menti). E’ quindi un errore che l’Unione europea – una falsità, di fatto – cerchi di giustificare il suo coinvolgimento in problemi militari invocando un approccio globale di per se stesso, come se fosse l’unico punto di forza dell’UE. Per l’Unione europea, un approccio onesto e sensibile sarebbe eliminare dalla PESD le ambizioni di difesa e concentrarle nei contributi civili. Allora, forse, l’Europa e i suoi alleati sarebbero in grado di concentrarsi sull’apporto militare alla NATO, dando nuova vita all’alleanza atlantica per i difficili anni futuri, senza essere distratti dall’agenda europea che ne duplica i compiti.

Il problema immediato è che le ambizioni dell’Unione europea stanno iniziando a contaminare la NATO, e sono seriamente preoccupato che questo condizionerà le modalità di svolgimento del sessantesimo anniversario. Nel frattempo, tornando nel Regno Unito, abbiamo i ministri del governo che negano che stia accadendo quanto detto.

 
  
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  Martí Grau i Segú (PSE) . – (ES) Signora Commissario, signor Alto rappresentante, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare i tre relatori per il loro lavoro. Come relatore ombra della relazione sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC), mi riferirò in particolare a questo documento, iniziando con le congratulazioni all’onorevole Saryusz-Wolski per il risultato del suo lavoro e per la collaborazione con gli altri gruppi, volta a ottenere un risultato consensuale.

Così come il Parlamento ha chiesto a più riprese che l’Unione europea trovi gli strumenti per parlare a una sola voce nel mondo, così la stessa Aula è in grado di presentare un fronte unito nel valutare e nel dare impulso alle maggiori priorità della politica estera e di sicurezza comune.

Gli sforzi del nostro gruppo – il gruppo socialista al Parlamento europeo – hanno perseguito due obiettivi paralleli. Primo, introdurre o rafforzare i grandi temi che crediamo siano utili a tutti i settori della politica estera, come la lotta contro i cambiamenti climatici, la promozione della pace nel mondo, o l’impegno nello sviluppo umano. Secondo, proporre delle modalità di ripristino dell’equilibrio tra le priorità geografiche della PESC come emergevano in origine nel testo, se presenti, o introdurle come nuovo elemento, se assenti.

E’ per questo che ci siamo battuti, per esempio, per maggiori chiarimenti sulle azioni in merito alla cooperazione e alle istituzioni coinvolte in ciò che è stata recentemente definita la dimensione orientale. Abbiamo sostenuto la necessità di introdurre maggiore diversificazione e maggiore enfasi nelle relazioni con l’Africa, un continente di cui ci ricordiamo soltanto quando scoppiano guerre particolarmente violente, e nella maggior parte dei casi, neanche in queste circostanze.

Quanto all’America Latina, volevamo che fossero presi in considerazione i processi di negoziato in corso per gli accordi di associazione – i primi negoziati bi-regionali della storia dell’Unione europea.

Quanto al Mediterraneo, ci siamo opposti ad un’approssimazione riduzionista che parli soltanto di sicurezza. Di contro, vogliamo includere la ricca eredità politica, economica e socio-culturale contenuta nel processo di Barcellona.

Per quanto riguarda gli emendamenti per la plenaria, il nostro gruppo non ne ha presentati, perché crediamo che, in tal modo, venga in qualche modo rafforzato l’equilibrio raggiunto con i compromessi. Pertanto ci opponiamo alla maggior parte degli emendamenti, in modo da non danneggiare il compromesso raggiunto in seno alla commissione per gli affari esteri.

 
  
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  Janusz Onyszkiewicz (ALDE) . – (PL) Signor Presidente, come ha detto una volta Tony Blair, benché l’Unione europea non sia un superstato, dovrebbe essere una superpotenza. Potremmo aggiungere: non solo la superpotenza economica che già è, ma un attore importante sul palcoscenico mondiale, nell’interesse, anche economico, di tutti gli Stati membri.

Si dice che Henry Kissinger abbia chiesto il numero di telefono da chiamare per conoscere la posizione dell’Unione europea su problemi importanti di politica internazionale. Oggi c’è il numero dell’Alto rappresentante. Il problema è, tuttavia, che quando il telefono squilla, l’Alto rappresentante Solana deve sapere cosa rispondere. E’ dunque essenziale costruire una politica estera comune, che includa la politica energetica e di sicurezza, e quindi anche una politica comune nei confronti della Russia.

Vorrei tornare alla proposta, costantemente ripetuta, della necessità di tutti i paesi dell’Unione europea di parlare ad una sola voce nel dialogo con la Russia. Perché ciò accada, bisogna sviluppare il prima possibile una politica ben definita nei confronti della Russia, una politica perseguita in comune e fondata sulla solidarietà. Ciò creerà un quadro chiaro non solo per i negoziati tra l’Unione europea e la Russia, ma anche per i negoziati bilaterali con i singoli Stati membri. Nello sviluppo di questa politica, deve essere garantito un ruolo importantissimo al Parlamento europeo, alla luce del mandato ottenuto in seguito a elezioni democratiche e del quale il Parlamento può essere fiero.

 
  
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  Adamos Adamou (GUE/NGL) . – (EL) La relazione sul ruolo della NATO nell’Unione europea è stata usata come pretesto per parlare della questione dell’adesione di Cipro al partenariato per la pace e alla NATO. Dobbiamo rispetto alla Repubblica di Cipro. Non è legittimo l’intervento negli affari interni di uno Stato membro sovrano per ottenere un’adesione che non è prescritta da nessun trattato.

Se la Repubblica di Cipro partecipa a dei negoziati per risolvere la questione cipriota, si aprono diversi fronti che hanno un effetto molto negativo sul processo. La piena demilitarizzazione di un territorio nazionale occupato dalla Turchia e la salvaguardia della sostenibilità di una soluzione futura devono essere gli unici obiettivi di tutti. Questa è la posizione adottata dal Parlamento europeo in altre relazioni.

Vi chiediamo di suffragare gli emendamenti nn. 22, 23 e 24 e di votare contro quei punti che costituiscono un intervento negli affari interni di uno Stato sovrano. Vi chiediamo di confermare che il principio di rispetto dei diritti di sovranità degli Stati membri è inviolabile, indipendentemente dalla vostra opinione generale sul partenariato per la pace o sulla NATO. La nostra scelta è la demilitarizzazione e l’adesione ai principi del diritto internazionale.

 
  
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  Georgios Georgiou (IND/DEM) . – (EL) Signor Presidente, nel diritto internazionale “avere uno Stato” vuol dire controllare certi territori sui quali si instaura un governo che esercita una politica estera e di difesa. Vi chiedo quindi notizie circa lo “Stato d’Europa” predicato da varie persone, quali sono i suoi confini e territori, dove è la difesa quando viene messa nelle mani di un grande esercito – purtroppo americano – dove è la sua politica estera quando il Medio Oriente è in fiamme, un vivaio di terroristi che esporta terrorismo, rifugiati e vittime che non sono in cammino verso l’Alabama, l’Arizona o il Kentucky, ma che, purtroppo, stanno arrivando in Grecia, a Cipro, in Germania e in Spagna?

E’ per questo che devo manifestare i miei dubbi sulla possibilità di appoggiare l’idea emersa dalle proposte dei relatori e sto pensando di votare contro queste relazioni domani.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROURE
Vicepresidente

 
  
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  Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, chi finge di ignorare che davanti ai nostri occhi si va costituendo un superstato Europa avrà un bel da fare nello spiegare i contenuti di queste relazioni dalle mire imperialistiche.

Affermazioni come quella che una politica di difesa comune, ormai data per scontata, e la cosiddetta autonomia strategica dell’Unione europea comportano la creazione di un esercito europeo integrato, o la richiesta di una sede operativa autonoma e permanente per l’Unione europea e di un riconoscimento di equivalenza con la NATO non lasciano adito a dubbi: sotto l’insegna della nostra politica estera e di sicurezza comune, i propugnatori del progetto europeo non si accontentano di pretendere il potere politico, vogliono anche il potere militare, riducendo di conseguenza i diritti e l’indipendenza degli Stati membri. Ripudio tale super-stato e l’ipotesi di un esercito centralizzato per l’Europa, così come ripudio il trattato di Lisbona che consentirebbe la loro realizzazione.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, quest’oggi i relatori ci trasmettono un unico messaggio: una forte alleanza euro-atlantica è la migliore garanzia per la sicurezza e la stabilità europea.

Invero sono favorevole alla definizione di un nuovo programma transatlantico e alla creazione di nuove istituzioni euro-atlantiche volte in ultima analisi alla creazione di un grande mercato comune transatlantico.

L’onorevole Vatanen ha esortato tutti gli Stati membri dell’Unione europea e della NATO a una cooperazione più stretta, a prescindere da quale sia la loro organizzazione di appartenenza. L’idea mi pare molto concreta, come pure la sua proposta di un quartiere generale operativo permanente dell’Unione europea che integri le strutture di comando della NATO, ovviamente senza entrare in conflitto con esse.

Un altro aspetto molto importante riguarda la possibilità di fare confluire le varie risorse nazionali. L’onorevole Saryusz-Wolski ha affermato che la PESC soffre di una carenza grave di finanziamenti, pertanto è fondamentale evitare doppioni e migliorare l’efficienza. Vorrei sapere dagli Stati membri quali risorse offrano all’Alto rappresentante Solana per lo svolgimento delle nostre politiche di difesa comuni.

Inoltre, è ormai tempo di affrontare le nuove sfide alla nostra sicurezza. Le guerre in futuro saranno combattute e forse decise nel ciberspazio, dove ogni Stato dovrà reagire e difendersi, talvolta entro un arco di tempo di millisecondi. Anche il Parlamento europeo deve prendere l’iniziativa e contribuire ad affrontare questa sfida drammatica del nuovo secolo, una sfida basata sulla democratizzazione della tecnologia moderna.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE) . – (DE) Signora Presidente, i nazionalisti e i deputati di quest’Aula dalle vedute ristrette credono davvero che i problemi e i pericoli del mondo possano essere risolti da soli, contando ognuno sulle proprie forze nazionali.

L’onorevole Allister ne è un tipico esempio. Crede davvero di poter lottare contro il terrorismo internazionale facendo affidamento esclusivamente sulla difesa nazionale? Pensa realmente di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici affrontando questo problema individualmente? Questa è una mentalità ormai sorpassata. Proprio il tanto criticato trattato di Lisbona ha il grande pregio di consentirci di lavorare un poco più uniti su questioni come, ad esempio, la politica energetica e la politica estera e di sicurezza comune, e di affrontare con efficacia i rischi e i pericoli del mondo.

Il nuovo governo statunitense del presidente Obama caldeggia questa politica europea comune, poiché gli Stati Uniti vengono così a disporre di un partner con cui affrontare alcuni di questi problemi. Anche la Russia ha ormai capito – come dimostrato dalla presenza frequente di rappresentanti russi anche in quest’Aula – che non è più funzionale il vecchio sistema, in cui si intrattenevano rapporti esclusivamente bilaterali per poi aizzare i diversi paesi uno contro l’altro. La Russia ha capito che deve parlare con l’Unione europea per giungere a soluzioni comuni, come ad esempio nella questione della sicurezza energetica.

Il collega Saryusz-Wolski ha ribadito ripetutamente questo concetto nella propria relazione. Come possiamo tentare di risolvere insieme questi problemi, per esempio la questione della sicurezza energetica? Sono molto soddisfatto che l’Alto rappresentante e un suo collaboratore si impegneranno ancora maggiormente su questo fronte, perché potremo dimostrare ai nostri cittadini che la politica estera e di sicurezza comune tutela i loro interessi concreti e che intendiamo impedire che in un futuro gli europei debbano nuovamente soffrire il freddo. Questo è il senso e lo scopo della nostra politica, che non vuole essere una politica estera nazionalistica, bensì una politica estera e di sicurezza comune.

 
  
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  Philippe Morillon (ALDE) . – (FR) Signora Presidente, mi complimento con i tre relatori per la sintesi invero notevole con cui sono riusciti a descrivere lo stato attuale della nostra politica estera e di sicurezza comune.

Signor Alto rappresentante, lei sa meglio di chiunque altro che oggi l’Europa è chiamata a occupare sulla scena mondiale il posto che le spetta in ragione della sua potenza economica e demografica e della ricchezza dei suoi valori democratici e umanistici.

Si deve constatare che negli ultimi dieci anni alcuni passi sono stati compiuti, come lei ha detto e glielo riconosco, ma nonostante la volontà manifestata ripetutamente da oltre due terzi dei nostri concittadini europei si deve altresì prendere atto che l’Europa è tuttora inesistente.

Se vogliamo una riprova recente, la sua reticenza a cercare una soluzione al nuovo dramma in Medio Oriente ne è la dimostrazione. Si sentiva, e ancora si sente, il bisogno della presenza a Gaza di un’Europa che assuma un ruolo attivo, sia in termini di aiuti alla sopravvivenza delle popolazioni e alla ricostruzione del paese, sia nella lotta contro il traffico illecito di armi che ha permesso di trasformare questo territorio in una base di lancio per razzi di tutti i calibri.

Nonostante le proclamazioni a Sharm el-Sheikh e Gerusalemme, non è stato fatto ancora nulla in tal senso. Rinnovo oggi la domanda che già posai in occasione della crisi libanese: signor Alto rappresentante, quando potremo sperare di avere dispiegata nel Mar Mediterraneo una flotta europea analoga a quella che avete istituito per contrastare la pirateria? I mezzi non ci mancano. Un giorno avremo anche la volontà?

 
  
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  Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN) . – (PL) Signora Presidente, l’Unione europea deve agire negli interessi della sicurezza dei cittadini di tutti gli Stati membri. In particolare, l’Unione dovrebbe addossarsi una parte della responsabilità nella lotta al terrorismo e reagire prontamente a qualsivoglia manifestazione terroristica.

La recente uccisione di un ingegnere polacco ad opera dei talebani che lo tenevano in ostaggio in Pakistan ha avuto forti ripercussioni. La cosiddetta diplomazia europea non ha partecipato alle trattative antecedenti mirate a ottenere il suo rilascio. Questo incidente scandaloso, che si iscrive nel problema più ampio della sicurezza, dovrebbe essere oggetto di una discussione parlamentare separata e di misure specifiche, almeno questa è la mia richiesta. Al momento l’importante è ottenere il rimpatrio della salma del polacco assassinato e aiutare i famigliari. Questi provvedimenti essenziali ma di breve respiro non possono sostituirsi a un approccio articolato alla lotta contro il terrorismo e a una maggiore pressione diplomatica su paesi come il Pakistan.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL) . – (PT) Nei rapporti internazionali, il Portogallo onora i principi della sovranità nazionale, del rispetto dei diritti umani e dei popoli, dell’uguaglianza tra gli Stati, della soluzione pacifica dei conflitti internazionali, della non-ingerenza negli affari interni degli altri paesi e della cooperazione tra i popoli in favore dell’emancipazione e del progresso dell’umanità.

Il Portogallo caldeggia l’abolizione dell’imperialismo, del colonialismo e di qualsiasi altra forma di aggressione, controllo e sfruttamento nei rapporti tra i popoli, nonché un disarmo globale, simultaneo e controllato, la dissoluzione dei blocchi militari e politici e la costituzione di un sistema di sicurezza collettivo mirato alla creazione di un ordine internazionale in grado di assicurare la pace e la giustizia nei rapporti tra i popoli.

Il testo dell’articolo 7 della costituzione portoghese può servire a comprendere quanto l’Unione europea ancora disti da tali principi. Assumendo il ruolo di pilastro europeo della NATO in collaborazione con gli Stati Uniti e favorendo la militarizzazione dei rapporti internazionali, la corsa agli armamenti, l’interferenza e l’aggressione finalizzate a garantire alle massime potenze il controllo e la spartizione del mercato e delle risorse naturali, l’Unione europea sta agendo in palese contraddizione con questi principi.

 
  
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  Gerard Batten (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, queste sono relazioni d’iniziativa propria che come tali rischiano di essere ignorate in quanto considerate troppo teoriche. Ma sappiamo che proprio relazioni come queste possono servire talvolta per dare corpo alle aspirazioni politiche dell’Unione europea.

L’onorevole von Wogau ha presieduto in passato la commissione per i problemi economici e monetari ed è anche grazie al suo contributo che è stata coniata la moneta unica europea. Egli è ora presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa e se afferma in una relazione che l’Unione europea necessita di un esercito proprio, allora possiamo essere certi che questo rientra senz’altro tra gli obiettivi che l’Unione europea intende realizzare a tempo debito.

Le relazioni invocano la creazione di una forza armata dell’Unione europea tramite la dotazione di sistemi d’arma comuni, un sistema di comunicazione condiviso e una struttura autonoma di comando e di controllo. L’onorevole von Wogau propone di creare un esercito permanente europeo di 60 000 soldati. L’Unione vuole avere i propri soldati, fucili, carri armati, aeroplani e bombe al fine di “assolvere alle proprie responsabilità nel mondo”.

Ma quali sono queste responsabilità esattamente? Per saperlo occorre vedere se il trattato di Lisbona sarà ratificato integralmente e porterà a una “politica estera e di sicurezza comune finalizzata a una difesa comune”. Nessuno può dire di non essere stato informato delle aspirazioni militari dell’Unione europea.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI) . – (FR) Signora Presidente, nonostante l’amicizia che ci lega ai relatori, gli onorevoli Vatanen e von Wogau, non possiamo approvare le loro relazioni.

Innanzi tutto perché la NATO, l’organizzazione del trattato del Nord Atlantico, è stata creata nel 1949 in risposta alla terribile minaccia comunista che incombeva sull’Europa occidentale. La NATO è stata utile, direi indispensabile. Ma oggi il temibile apparato comunista ha cessato di esistere e il patto di Varsavia è stato sciolto.

Eppure la NATO continua a espandersi. Le sue attività si svolgono persino al di fuori del suo ambito geografico. Per quel che ne so, l’Afghanistan non si affaccia sul Nord Atlantico, come neppure il Kosovo, dove la NATO ha contribuito all’epurazione etnica dei serbi in una guerra ingiusta e niente affatto risolutiva. La NATO contravviene pertanto alla Carta delle Nazioni Unite.

Onorevoli colleghi, voi date prova di un’incoerenza totale. Mentre pretendete di creare un’Europa forte e indipendente, fate sottostare la difesa europea a un comando dominato dagli americani. Come potrebbero la Russia e altre nazioni non riconoscere in questo un atteggiamento aggressivo?

La NATO ci asservisce alla politica degli Stati Uniti, paese di cui siamo amici senza per questo diventare suoi vassalli e tanto meno servitori. Bisogna farla finita e uscire da questa organizzazione. La NATO ha fatto il suo tempo.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, signor Alto rappresentante, come sappiamo, le minacce mutano di continuo. Nel contempo cambia anche il trattato e le relative opportunità per una politica europea di sicurezza e di difesa. L’unica costante che rimane immutata è il desiderio di sicurezza e di stabilità dei cittadini, il desiderio di un’Unione forte e anche del disarmo, in particolare per quanto attiene alle armi nucleari.

Con le tre relazioni in discussione oggi, il Parlamento europeo invia un segnale molto forte, indicando il modo in cui intendiamo raggiungere questi scopi e garantire la sicurezza. La prima relazione definisce la politica estera e di sicurezza comune e si concentra sulla sicurezza nei Balcani, sulla stabilizzazione del continente africano e sulla pace in Palestina. La relazione sulla collaborazione con la NATO punta invece a una collaborazione più stretta e un coordinamento migliore tra tale organizzazione e l’Unione. L’ultima relazione è incentrata sullo sviluppo della politica europea di sicurezza e di difesa verso un sistema più efficiente e un migliore coordinamento nelle funzioni di difesa che dovrebbe servire anche a garantire l’autonomia strategica dell’intera Unione e alleggerire così i compiti degli Stati membri.

Se teniamo presenti tutti questi obiettivi non possiamo che sottoscrivere quanto proposto nelle relazioni, per esempio in relazione ad attività congiunte di ricerca e sviluppo, alla definizione di standard comuni, a sistemi d’armi comuni finalizzati all’interoperabilità. In pratica, i soldati dei diversi Stati saranno messi in grado di cooperare in maniera ottimale, le forze di polizia potranno collaborare con le forze armate e sarà possibile creare delle strutture militari permanenti con un comando generale operativo o anche istituire un consiglio dei ministri della Difesa.

Sono persuaso che questa sia un’opportunità decisiva per trasformare la nostra Unione in un’unione politica, facendola diventare un’unione per la sicurezza che risponde alle aspettative dei cittadini garantendo sicurezza, stabilità e pace durature.

 
  
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  Presidente . – Onorevoli deputati, gli oratori sono riusciti finora a rispettare il loro tempo di parola. Visto che abbiamo davvero i minuti contati, vi prego di mantenere i vostri interventi entro il tempo assegnato.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma (PSE) . – (EN) Signora Presidente, la PESC copre quasi ogni ambito e in una discussione come questa è possibile trattare pressoché qualsiasi argomento. Mentre in passato ci limitavamo a discutere degli aspetti della sicurezza, ora discutiamo anche di cambiamenti climatici, energia e quant’altro ancora. Mi obbligo ad essere selettivo e mi concentrerò sui rapporti UE-USA e sul programma di disarmo che credo potremo fare avanzare nel corso di quest’anno.

Il nuovo governo americano ha inaugurato il suo mandato in modo molto positivo, anche simbolicamente, annunciando la chiusura della base di Guantanamo. Penso che dovremmo lavorare su questo tema e tentare di collaborare con gli americani per risolvere alcune delle criticità che essi devono affrontare.

Un altro tema scottante di discussione sarà quest’anno la sicurezza economica: gli Stati Uniti e l’Europa saranno in grado di affrontare la crisi insieme o preferiranno agire in maniera indipendente, anche se questo implicherà una rapida introduzione di misure protezionistiche?

Anche l’Afghanistan è una questione importante. Saremo in grado di affiancare gli americani nel loro impegno accresciuto in questo paese e a che condizioni? E’ positivo che gli americani abbiano affermato di essere consapevoli di dovere cercare una soluzione politica anziché militare. In questo caso, l’Unione europea può entrare in gioco immediatamente.

Per quanto riguarda il programma di disarmo, lo scorso dicembre, l’Alto rappresentante Solana, qui presente, ha illustrato molto bene a questo Parlamento le idee sue, del Consiglio e dell’Unione per promuovere un programma propositivo con cui si aiutino gli americani e i russi a rinegoziare il trattato START e si lavori con gli americani sulla ratifica del trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari. Siamo favorevoli anche all’eliminazione delle ultime armi a tecnica nucleare rimaste in Europa e a proposte volte a porre il ciclo del combustibile nucleare sotto controllo internazionale, affinché i paesi che desiderano sviluppare l’energia atomica per scopi pacifici possano farlo senza avere per questo la possibilità di avvalersene per fini militari.

Vorremmo che l’Unione europea appoggiasse questo programma perché conosciamo le ambizioni del presidente Obama. Nel suo discorso inaugurale, parlando della politica estera, egli ha menzionato prima di tutto l’Iraq e l’Afghanistan, ma ha rivelato anche il suo desiderio di lavorare sul disarmo nucleare.

 
  
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  Samuli Pohjamo (ALDE) . – (FI) Signora Presidente, parlerò della relazione dell’onorevole Vatanen e desidero innanzi tutto ringraziarlo per l’apertura con cui ha affrontato questo tema.

Nondimeno, credo che il Parlamento lancerebbe un segnale pericoloso insistendo sul rafforzamento della sua organizzazione militare e sottolineando l’importanza di un potere militare basato sulla NATO, così come proposto nella relazione. La cooperazione e il partenariato, la democrazia e i diritti umani quali garanzie per la pace e la stabilità sono principi in sintonia con il modello europeo che dovrebbe essere utilizzato in tutti i focolai di crisi mondiali. Inoltre ci troviamo di fronte a una crisi economica sempre più grave, a problemi ambientali e criticità causate dal cambiamento climatico che non possono essere risolti con la forza militare.

A mio avviso, è più importante sottolineare l’importanza della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea e concentrarsi sulla prevenzione dei conflitti e sulle cause prime delle crisi, come ad esempio l’eliminazione della povertà e la promozione della democrazia, dei diritti umani e della società civile.

Infine vorrei ricordare a tutti che alcuni Stati membri dell’Unione non aderiscono alla NATO per motivi ben precisi. Devono quindi avere la piena facoltà di decidere in via autonoma sulle scelte in materia di politica di sicurezza senza essere sottoposti ad alcuna pressione esterna. Per esempio, la Finlandia ha gestito bene la propria difesa e partecipa da decenni a operazioni di mantenimento della pace in varie parti del mondo. La relazione è stata migliorata dai numerosi emendamenti apportati, ma il tenore di base è rimasto immutato.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, l'Europa ha una sua geopolitica? Non mi sembra! Se fosse vivo Karl Haushofer insegnerebbe a questa Europa poco vertebrata la necessità di avere un approccio marittimo con gli oceani Atlantico, Pacifico, Indiano e con i paesi del nostro settentrione, dove l'oceano Artico ha enormi risorse energetiche quanto mai preziose. Vi si muovono le grandi potenze americana e russa, non l'Europa!

Lotta al terrorismo significa anche lotta a chi veicola strumenti del terrorismo, persone utilizzabili dai terroristi. In questi momenti mentre parliamo, Lampedusa è in fiamme perché qualcuno ha incendiato i centri di trattenimento dei clandestini. L'Europa si dovrebbe preoccupare di essere solidale con il governo italiano che cerca di bloccare l'invasione dei clandestini utile alle mafie e ai terroristi. Ma questo mi pare non stia avvenendo nella maniera forte e concreta in cui dovrebbe avvenire. L'Europa si deve difendere da queste minacce, non con le parole ma con i fatti, come stanno facendo il Ministro Maroni e il governo italiano.

 
  
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  Rihards Pīks (PPE-DE) . – (LV) Signora Presidente, Commissario Ferrero-Waldner, Alto rappresentante Solana, tutte e tre le relazioni predisposte dai nostri colleghi sono estremamente competenti, equilibrate e, soprattutto, tempestive. Senza entrare nel merito degli innumerevoli fatti specifici, valutazioni e proposte riportati nelle relazioni, desidero fare due considerazioni. In primo luogo, è importante che la strategia di sicurezza europea sia riveduta con scadenza quinquennale, poiché possiamo riscontrare che negli ultimi anni sono diventati di grande attualità nuovi temi come la sicurezza energetica, telematica e climatica, e anche le potenziali aree di conflitto si sono spostate da una regione all’altra. In secondo luogo, l’Unione europea deve moltiplicare i propri sforzi di prevenzione dei conflitti. Ritengo che ciò sarebbe già stato possibile in relazione al Caucaso meridionale ma, a mio giudizio, la posizione dell’Unione europea prima del conflitto armato era troppo timida. L’Unione europea ha il diritto e il dovere di svolgere attività preventive e d’intermediazione, poiché l’Unione europea è un progetto finalizzato alla creazione della pace, un progetto che essa ha realizzato negli ultimi 50 anni. Per reagire alle criticità e adottare provvedimenti preventivi, ci occorre innanzi tutto la volontà politica e in secondo luogo una politica estera e di sicurezza migliore in congiunzione con gli strumenti istituzionali della politica di sicurezza e di difesa europea. Tra questi strumenti si annovera il Partenariato orientale menzionato nella relazione Saryusz-Wolski, che prevede anche l’istituzione dell’assemblea parlamentare congiunta Euronest. Tale iniziativa potrebbe incrementare la comprensione e la diffusione della democrazia al di là della nostra frontiera orientale. Desidero inoltre manifestare la mia soddisfazione per l’inclusione del paragrafo 33 nella relazione dell’onorevole von Wogau, poiché nel mio paese destano gravi preoccupazioni gli eventi nel Caucaso e il nazionalismo rampante del nostro paese confinario. Per dirla con un vecchio proverbio di casa mia: “spera sempre per il meglio, ma preparati al peggio e aiutati che il ciel t’aiuta!”. Grazie.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE) . – (PT) Desidero ringraziare i relatori, gli onorevoli Vatanen e von Wogau, per il loro lavoro e impegno per la ricerca di un consenso, in particolare sul tema delicato della politica nucleare che l’Unione europea e la NATO devono rivedere con urgenza adesso che il presidente Obama ha ripreso l’ipotesi di un mondo libero dalle armi nucleari e che due sottomarini nucleari europei hanno sfiorato il disastro.

Le relazioni Vatanen e von Wogau sottolineano la necessità di un’Unione europea resa autonoma a livello politico, strategico e operativo tramite l’ambiziosa politica europea di sicurezza e di difesa (PESD). Occorrono strumenti istituzionali, finanziari e operativi per conseguire questi obiettivi. Allo scopo abbiamo bisogno di una collaborazione stretta tra la NATO e l’Unione europea, basata sul rispetto dell’autonomia politica di entrambe le organizzazioni che sono tra loro complementari. Chiediamo pertanto la costituzione di un quartier generale operativo permanente dell’UE a Bruxelles in grado di pianificare e condurre operazioni militari PESD in maniera autonoma. Invitiamo gli Stati membri dell’Unione europea a impiegare le proprie dotazioni di bilancio nazionali destinate alla difesa in maniera più razionale, efficiente e soprattutto europea, ovvero operando in congiunzione con gli altri paesi.

Il messaggio di questo Parlamento è un monito inequivocabile. Senza un’Europa della difesa, la difesa in Europa sarà in pericolo. Le nostre industrie della difesa potrebbero essere in pericolo. Le capacità di cui l’Europa ha bisogno per assolvere alla propria responsabilità di protezione delle popolazioni civili e di prevenzione di massacri e genocidi potrebbe essere messa in questione, così come il ruolo internazionale dell’Europa nella gestione delle crisi. L’estensione dell’integrazione politica europea agli ambiti della sicurezza e della difesa, così come previsto dal trattato di Lisbona, deve essere accelerata. Questo è nell’interesse sia dell’Unione europea sia della NATO, poiché entrambe le organizzazioni godranno dei benefici di un’Europa meglio attrezzata per affrontare le crescenti minacce alla sicurezza degli europei e alla sicurezza mondiale.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN) . – (PL) Signora Presidente, la NATO ha dimostrato la propria utilità come organizzazione internazionale per la sicurezza in un’epoca di pace relativa in Europa. Certo, il senso di sicurezza che ci infonde è gravemente limitato dalla lentezza con cui gli organi di comando dell’Alleanza prendono le loro decisioni e dalla natura delle decisioni stesse. Ciononostante, la NATO ha un effetto stabilizzante sulla sicurezza mondiale. Qualsiasi tentativo di erodere il ruolo della NATO, indebolendo la sua efficacia a vantaggio delle strutture militari dell’Unione europea, è un errore. L’Unione europea di oggi ha difficoltà a raggiungere il consenso su decisioni politiche complesse, figuriamoci su quelle di tipo militare.

L’UE dovrebbe piuttosto badare a rafforzare la propria sicurezza interna e incrementare le capacità difensive dei suoi membri, in particolare di quegli Stati che confinano con paesi dove trovano seguito le ideologie nazionaliste più estreme e degli Stati membri che sono nel mirino di gruppi terroristici. L’Unione europea non dovrebbe essere troppo coinvolta in azioni volte alla creazione di un ampio corpo di spedizione da impiegare in operazioni extraeuropee.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE) . – (SL) L’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune ci ha giustamente rammentato la nostra situazione nel 1990. Sarebbe ancora più interessante interrogarsi sulla nostra politica comune all’inizio degli anni ’90.

A quel tempo, la Comunità europea non aveva alcun potere. Successivamente i desideri hanno lasciato il posto a visioni, strategie, volontà e capacità politica che a loro volta ci hanno spinto all’azione sia in ambito europeo che globale. In questi anni, in particolare dopo l’allargamento storico del 2004, il contesto e le ambizioni della politica estera e di sicurezza comune (PESC) hanno subito un vero e proprio rivolgimento.

Dieci anni fa eravamo assorbiti principalmente dai nostri problemi. Oggi invece possiamo guardare in retrospettiva ai nostri successi e sarebbe impossibile concepire una PESC o una politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) priva di una dimensione globale. Tenuto conto di questo, non mi sorprende che tutte e tre le relazioni e numerosi deputati abbiano richiamato l’attenzione sul rinnovato contesto che richiede modifiche alla nostra strategia, maggiore coesione e cooperazione interistituzionale.

Con grande soddisfazione rilevo che il tutto è stato supportato da proposte concrete volte a migliorare le nostre strutture operative e i nostri processi decisionali a livello politico. Concordo che abbiamo inaugurato una nuova fase della nostra politica comune e a questo riguardo vorrei sottolineare in particolare due aspetti.

Dobbiamo valutare attentamente come la crisi finanziaria o economica possa influire sul contesto della nostra politica comune. Credo fermamente che dobbiamo prestare la massima attenzione alle potenziali ripercussioni politiche della crisi, in special modo quelle che potrebbero insorgere qualora la crisi monetaria dovesse aggravarsi.

Inoltre, nel corso di alcuni anni, ho avuto modo di constatare con sorpresa che numerosi nostri partner vogliono un’Unione europea con una politica estera uniforme e un’identità di difesa meglio definita e più forte. In altre parole, sarebbe auspicabile che l’Unione europea agisse da protagonista sulla scena mondiale. In quest’ottica, mi pare importante guardare ai nostri partenariati bilaterali in una prospettiva più globale rispetto a quella adottata sinora; dovremmo anche individuare approcci innovativi ai nostri partenariati multilaterali affinché questi, oltre a tenere conto degli interessi bilaterali, contribuiscano anche a stabilizzare aree più ampie.

 
  
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  Maria Eleni Koppa (PSE) . – (EL) Signora Presidente, l’assetto internazionale si trova in una fase di mutamento e sfide enormi ci attendono. Dobbiamo rivalutare e migliorare i rapporti tra l’Unione europea e la NATO allo scopo di affrontare minacce comuni come il terrorismo, la diffusione delle armi di distruzione di massa, la crescita della pirateria internazionale e i nuovi problemi derivati dai cambiamenti climatici.

Nel contempo ritengo che questo sia per noi il momento opportuno per confermare il ruolo del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite quale garante principale della pace e della sicurezza internazionali. Tale organizzazione abbisogna di una riforma urgente e noi ci siamo impegnati a portare avanti tale riforma affinché le Nazioni Unite siano in grado di assolvere a questo compito importante con maggiore efficacia.

E’ altresì importante sottolineare che tutti gli stati e le organizzazioni internazionali, compresa la NATO, non dovrebbero utilizzare la violenza quale strumento di minaccia e di coercizione, poiché questo non si concilia affatto con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite. La NATO e l’Unione europea hanno interessi comuni e i loro rapporti non dovrebbero essere di tipo antagonistico. Occorre un partenariato più equilibrato, con un coordinamento migliore delle azioni e una cooperazione più forte. Nondimeno, entrambe le parti devono rispettare l’autonomia decisionale dell’altra e garantire l’intesa reciproca anche quando le valutazioni militari sono dissonanti.

Da ultimo desidero sottolineare la necessità di rispettare il diritto alla neutralità degli stati e a tale riguardo chiedo che sia omesso il punto in cui si chiede alla Repubblica di Cipro di aderire al Partenariato per la pace. Siffatta decisione rientra nel diritto sovrano di ogni stato e Cipro è uno Stato indipendente e sovrano, in grado di decidere autonomamente il proprio avvenire.

 
  
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  Jana Hybášková (PPE-DE) . – (CS) Celebriamo insieme il sessantesimo anniversario della NATO! A breve si terranno alcuni importanti vertici tra Stati Uniti, Unione europea e NATO. Il rientro della Francia nelle strutture militari della NATO e l’impegno profuso nelle politiche europee di sicurezza e di difesa offrono un’eccellente opportunità per armonizzare le strategie europee per la sicurezza con le eventuali nuove strategie per la NATO. La ratifica odierna del trattato di Lisbona da parte del parlamento ceco segna un momento di svolta per la difesa e la sicurezza europee. Costruiamo un comando europeo congiunto. Impegniamoci a razionalizzare il mercato europeo della difesa. Convogliamo le risorse nella ricerca scientifica, nell’Agenzia europea per la difesa. Creiamo una normativa che disciplini le forze armate europee. Evitiamo doppioni e cerchiamo letteralmente di bypassare la sindrome turca. Cogliamo l’opportunità offertaci dal nuovo governo americano di una cooperazione effettiva in Afghanistan e per le difese missilistiche in Europa. Abbiamo l’opportunità storica di trasformare la politica europea di sicurezza e di difesa nel motore di un’ulteriore integrazione e della sicurezza europea. Non sprechiamola.

 
  
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  Libor Rouček (PSE) . – (CS) Vorrei soffermarmi brevemente sui rapporti tra Unione europea e Russia. A mio avviso, la politica estera e di sicurezza comune non può essere forgiata senza un dialogo con la Russia. L’Agenzia europea per la sicurezza – cui aderiscono gli Stati Uniti, la NATO, l’OSCE – e gli accordi internazionali per il disarmo dovrebbero contemplare anche il dialogo con la Russia.

Esorto pertanto il Consiglio e la Commissione ad assumere un atteggiamento aperto e costruttivo verso eventuali negoziati tra l’Unione europea, gli Stati Uniti e la Russia in merito al rinnovo del dialogo transatlantico sulle questioni di sicurezza basato sul processo di Helsinki.

Ritengo che tali negoziati dovrebbero trattare anche la questione della difesa missilistica. L’Unione europea dovrebbe assumere un ruolo più incisivo a tale riguardo rispetto a quanto è avvenuto in passato. Credo che non dobbiamo permettere agli Stati Uniti e alla Russia di decidere da soli. Questa perlomeno è l’aspettativa dell’opinione pubblica europea.

 
  
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  Józef Pinior (PSE) . – (PL) Signora Presidente, il Parlamento è favorevole alla politica estera e di sicurezza comune per l’Unione europea. Gli schieramenti politici principali hanno raggiunto un consenso ma il problema, il problema politico reale, è come raggiungere lo scopo.

Innanzi tutto occorre giungere quanto prima alla ratifica del trattato di Lisbona. I governi che stanno rallentando il processo di ratifica del trattato ostacolano lo sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune per l’Unione europea. E’ difficile discutere seriamente di una politica di sicurezza dell’Unione europea senza il trattato di Lisbona.

Successivamente desidero sottolineare l’aspetto dei diritti umani nella definizione della politica esterna dell’UE, una politica che dovrebbe corroborare il diritto internazionale – il diritto umanitario internazionale, la democrazia liberale e lo Stato di diritto.

La politica esterna necessita di una politica di difesa europea credibile, di strutture militari dell’Unione europea e di un’industria della difesa europea.

 
  
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  Adrian Severin (PSE) . – (EN) Signora Presidente, mi consenta di fare un paio di considerazioni. La prima riguarda i valori: l’Unione europea è un’unione di valori, che rientrano peraltro tra i requisiti per l’adesione. Sono loro a guidare le nostre azioni. Sono uno strumento per sviluppare l’interoperabilità con i nostri partner esterni. Tuttavia la nostra politica esterna non deve essere finalizzata a esportare questi valori. All’opposto, dobbiamo imparare a intervenire in un mondo diversificato e accettare perfino il diritto degli altri ad essere nel torto.

La seconda riguarda le istituzioni. Le istituzioni internazionali e il diritto internazionale di oggi sono stati forgiati e ideati in un’epoca completamente diversa. Di giorno in giorno ci rendiamo conto della loro inadeguatezza rispetto alle nuove sfide, opportunità e minacce del mondo odierno. Credo pertanto che l’Unione europea dovrebbe propugnare l’idea di una nuova conferenza sulla sicurezza e sulla cooperazione in Europa e in un’Europa allargata, da Vancouver a Shanghai anziché solo fino a Vladivostok, volta a creare un nuovo spazio di sicurezza, libertà e cooperazione. A mio giudizio, questa dovrebbe essere una delle nostre priorità e non dobbiamo lasciarci frenare dal fatto che altri nutrono forse progetti diversi.

 
  
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  Luis Yañez-Barnuevo García (PSE) . – (ES) Signora Presidente, desidero manifestare innanzi tutto il mio consenso di massima alle tre relazioni in discussione.

Vorrei complimentarmi in particolare con il commissario Ferrero-Waldner per quella che lei stessa ha definito una stretta collaborazione e cooperazione tra la sua squadra e quella dell’Alto rappresentante Solana. Il medesimo riconoscimento lo offro all’Alto rappresentante perché senza la sua personalità e creatività, probabilmente la politica estera e di sicurezza comune non sarebbe ciò che è oggi. Infatti la base giuridica e documentaria, anche con i passi avanti compiuti con il documento strategico del 2003, non sarebbe stata sufficiente a garantire i progressi registrati negli ultimi anni dalla politica estera e di sicurezza comune. Vorrei anche puntualizzare che il trattato di Lisbona – che, stando a quanto è stato detto oggi, ha buone probabilità di essere ratificato a breve – sarà senz’altro uno strumento molto più incisivo ed efficace nelle sue mani e in quelle dell’Unione europea per trasformare l’Unione in ciò che dovrebbe essere: una parte realmente attiva sulla scena internazionale.

Concludo con il medesimo concetto espresso dall’Alto rappresentante Solana: l’Europa deve essere un’entità e una potenza civile con mezzi militari e non una potenza militare.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE) . – (EN) Signora Presidente, essendo tornato questo fine settimana da una visita a Gaza, dedicherò i miei 60 secondi a parlare di quello che ritengo essere un problema grave di quell’area. Il nostro principio della sicurezza umana ci obbliga sia a rispondere a questa crisi umanitaria, sia a dire a Israele che quando è troppo è troppo e che l’Europa non può più rimanere indifferente alla violazione del diritto di autodeterminazione dei palestinesi.

La manifestazione più evidente di tale violazione è la colonizzazione graduale e deliberata della Cisgiordania e di Gerusalemme est da parte di Israele. Ci sono ormai 500 000 coloni che occupano abusivamente l’area che dovrebbe costituire il territorio principale dello Stato palestinese indipendente prefigurato. Diventa sempre più difficile credere che Israele voglia davvero uno Stato palestinese indipendente se continua ad annettersi fette sempre maggiori del territorio palestinese.

Le dichiarazioni europee e degli Stati Uniti a favore di una soluzione basata su due stati che includano un’entità statale palestinese sovrana e sostenibile valgono meno della carta straccia se non diciamo “basta” al movimento dei coloni israeliani. Le colonie israeliane devono essere congelate immediatamente ed eventualmente smantellate, altrimenti non ci potrà mai essere una pace sostenibile nel Medio Oriente, signor Solana.

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE) . (RO) Desidero esprimere il mio apprezzamento ai tre relatori. Il ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza europea si è dimostrato essenziale oggi come in passato, poiché offre prospettive concrete anche per il resto del XXI secolo. Credo che l’Unione europea e la NATO debbano cooperare evitando qualsiasi antagonismo.

Legami transatlantici forti e produttivi possono offrire la migliore garanzia di pace, sicurezza e stabilità in Europa, oltre a garantire il rispetto dei principi della democrazia, dei diritti umani, dello stato di diritto e del buon governo. Ci troviamo in un momento storico, in cui la cooperazione transatlantica è diventata essenziale per la definizione comune di una nuova strategia di sicurezza per l’Unione europea e del nuovo assetto strategico per la NATO.

In occasione del vertice NATO tenuto a Bucarest nell’aprile del 2008, gli alleati hanno approvato il ruolo politico che l’Unione europea può assumere sviluppando una capacità operativa nell’ambito della sicurezza e della difesa. Il partenariato per la pace promosso dalla NATO e il progetto del partenariato orientale sviluppato dall’Unione europea sono fondamentali per la diffusione della democrazia e dello stato di diritto, oltre che per la transizione verso un’economia di mercato funzionale in alcuni paesi della regione del Mar Nero.

 
  
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  Rosa Miguélez Ramos (PSE) . – (ES) Signor Alto rappresentante Solana, sono qui dalle tre di questo pomeriggio solo per parlarle della pirateria nei mari e complimentarmi con lei per avere avviato l’operazione navale europea contro la pirateria marittima nelle acque dell’Oceano Indiano. Come lei sa, il governo del mio paese è totalmente coinvolto in questa missione. Vorrei rammentarle che in aprile si apre la stagione della pesca e che i nostri pescatori sono preoccupati per la distribuzione geografica attuale delle forze nell’Oceano Indiano. Vorrebbero infatti che fosse garantita una protezione nei pressi della loro zona di pesca, ovvero più a sud. Vorrei che lei mi dicesse qualcosa a tale proposito.

Vorrei anche renderle noto che sarei interessata a vedere prolungata questa operazione oltre i limiti temporali prefissati. A mio avviso sarebbe un peccato se tutto questo sforzo congiunto che comprende tutti e tre i pilastri contemporaneamente dovesse terminare bruscamente allo scadere dell’anno, in particolare se si tiene a mente che la situazione in Somalia e nella regione non ha prospettive di cambiamento o miglioramento nel breve o medio periodo.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, la NATO è la struttura portante della difesa europea e noi facciamo affidamento sulle forze NATO per garantire la sicurezza dell’Unione. Tuttavia le forze NATO a Cipro – facenti parte dell’esercito turco – sono una forza di occupazione piuttosto che di liberazione, di occupazione di un territorio dell’Unione europea. Come se non bastassero la morte e la distruzione seminate da queste forze turche sull’isola in occasione dell’invasione del 1974, esse perpetuano oggi la divisione interna di uno Stato membro, creando un clima di oppressione e timore sia tra la comunità greca che quella turco-cipriota, ostacolando gli attuali negoziati tra i leader delle due comunità che abitano l’isola.

Nel discutere l’importante ruolo della NATO nella difesa europea, è opportuno ricordare che l’Unione europea non ha ancora esercitato la pressione necessaria a persuadere la Turchia a ritirare il proprio esercito invasore NATO dall’isola di Cipro incondizionatamente e immediatamente. E’ d’accordo con me, signor Solana? Forse non mi sta ascoltando. Conviene con me che l’esercito turco dovrebbe ritirarsi immediatamente da Cipro, signor Solana?

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE) . – (FR) Signora Presidente, vorrei prendere ad esempio la Georgia per dimostrarle quanto siamo ancora lontani dal realizzare le nostre ambizioni in materia di PESC, nonostante gli sforzi profusi dall’Alto rappresentante e dal commissario Ferrero-Waldner.

Certo, signor Solana, lei chiede più capacità e più aiuti. Ma io le chiedo invece se l’Unione europea è attualmente in grado di tenere fede ai propri impegni, in particolare per quanto concerne l’accordo che abbiamo proposto alla Russia per una tregua.

Ho ascoltato le parole della signora commissario e sappiamo che l’Unione europea è stata presente ed è intervenuta con celerità, ma oggi dobbiamo prendere parimenti atto che i georgiani si devono confrontare con l’armata russa, attualmente di stanza sui territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale. Non intendo assolutamente mettere in dubbio il pregevole operato della missione civile degli osservatori presenti in loco. Ma cosa possono fare i nostri osservatori per difendere la popolazione civile dalle violenze quotidiane? Non possono fare un granché, oltre ad essere testimoni.

L’ambizione della PESC, nel caso della Georgia, sarà valutata in funzione del nostro coraggio di inviarvi delle forze per il mantenimento della pace in grado di stabilizzare questa regione che noi abbiamo integrato nella nostra politica di vicinato.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE) . (RO) Nelle tre relazioni in discussione oggi, ho trovato alcuni spunti utili e pertinenti per definire le future politiche dell’Unione europea come attore internazionale.

Desidero fare tre osservazioni in merito. In primo luogo vorrei enfatizzare l’importanza dell’area transatlantica per la politica estera dell’Unione. Dobbiamo sfruttare al meglio il clima attuale dei rapporti con gli Stati Uniti per aprire un nuovo capitolo in questo ambito ed estendere la nostra influenza a livello mondiale.

In secondo luogo, la dimensione della sicurezza dell’Unione europea deve essere in sintonia con quella della NATO al fine di evitare doppioni e l’esaurimento delle risorse.

In terzo luogo, credo che l’Unione europea debba utilizzare la politica di sicurezza e cooperazione per consolidare la stabilità dei Balcani occidentali, una volta chiarito lo status del Kosovo. Il Kosovo si trova oggi in una fase di “indipendenza controllata”, stando alle parole del rappresentante speciale dell’Unione, Pieter Feith. Sebbene nel corso di una recente audizione presso il Parlamento europeo il rappresentante Feith abbia respinto la nozione di “protettorato UE” applicata al Kosovo, egli ha pur tuttavia riconosciuto che la strada verso una “indipendenza completa” è ancora lunga e difficile. Il signor Feith ha affermato che sarà un miracolo se la nostra missione potrà essere completata in due anni.

Nondimeno, credo che sia necessario stabilire con chiarezza quale sarà l’impegno temporale del coinvolgimento Unione europea in Kosovo. Plaudo pertanto all’iniziativa della Commissione per uno studio sul Kosovo, se questo potrà contribuire al successo della missione EULEX.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, mi consenta di formulare alcune considerazioni, e una in particolare. Credo che questa discussione abbia dimostrato la graduale accettazione della linea adottata dall’Unione europea in materia di gestione delle crisi e prevenzione dei conflitti. La conferenza di Monaco sulla sicurezza ha confermato questo approccio generale, perché sicurezza e sviluppo vanno di pari passo – non è possibile avere l’una senza l’altro. Ritengo che questo orientamento europeo sia un elemento chiave della nostra strategia di promozione della pace e della sicurezza presso i paesi vicini e oltre.

E’ un metodo che funziona, a condizione di essere adeguatamente finanziato, pertanto dobbiamo concentrarci sullo sviluppo delle nostre capacità e risorse sia in ambito civile che militare; potremo così tentare di fare, per quanto possibile, la nostra parte.

Desidero anche rispondere ai vostri quesiti, in particolare alla domanda dell’onorevole Saryusz-Wolski, presidente della commissione per gli affari esteri, relativamente alla dotazione finanziaria insufficiente della PESC. Sebbene lo stanziamento di bilancio sia stato effettivamente ridotto quest’anno, ciò non dovrebbe, speriamo, ostacolare le nostre ambizioni politiche per la PESC civile, sempreché non siano previste nuove e importanti missioni nel corso di quest’anno. E’ importante ricordare che solo una parte dei costi è finanziata tramite il bilancio PESC, per esempio i costi relativi all’equipaggiamento, al personale reclutato, alle indennità speciali, ai rappresentanti speciali UE. Ma anche gli Stati membri contribuiscono, coprendo i costi per il loro personale distaccato. Il bilancio sarà incrementato – come sapete, non quest’anno, bensì nel 2013 – a 400 milioni di euro.

Per quanto attiene gli storni tra voci diverse del bilancio, menzionati dall’onorevole Dombrovskis, la Commissione fornisce informazioni in merito agli storni all’interno del bilancio PESC tramite le proprie relazioni trimestrali all’autorità di bilancio; negli ultimi anni, tutti gli stanziamenti del bilancio PESC sono stati impegnati.

Consentitemi un breve commento su due aspetti specifici. Il primo è quello della sicurezza umana. La sicurezza umana è un tema che mi sta particolarmente a cuore perché deve essere sviluppato, in quanto l’emancipazione dal bisogno e dalla paura sono uno dei risultati positivi della politica estera e di sicurezza. Questo aspetto è stato riconosciuto anche nella nostra relazione del 2008 sulla strategia europea in materia di sicurezza (SES) che abbiamo menzionato in precedenza. Nel medesimo documento si riconosce che non è possibile instaurare una pace sostenibile prescindendo dallo sviluppo e dall’eliminazione della povertà. Si tratta pertanto di un aspetto essenziale, in cui rientra anche la promozione dei diritti umani.

Il secondo aspetto riguarda i sistemi di allarme rapido e la prevenzione dei conflitti, menzionati dall’onorevole Pīks. Convengo che a livello di Unione europea dovremmo concentrarci maggiormente sulle fasi prodromiche dei conflitti, ossia l’allarme rapido, la prevenzione del conflitto e la diplomazia preventiva. Da parte sua, la Commissione sta intervenendo in questo ambito per rafforzare i legami con le ONG nel quadro di un partenariato per la costruzione della pace, oltre a incrementare il ricorso a fonti d’informazione aperte. In futuro c’impegneremo comunque a migliorare le nostre tattiche di prevenzione precoce. Ci rendiamo conto dell’importanza cruciale di questo aspetto.

 
  
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  Javier Solana, Alto rappresentante per la PESC. − (EN) Signora Presidente, sarò estremamente conciso. Desidero ringraziare i deputati che sono intervenuti nella discussione e informarli che ho preso nota delle loro osservazioni e domande. Non mancherò di mettermi in contatto con voi per soddisfare i quesiti che richiedono una risposta approfondita.

Vorrei sottolineare che questa è la seconda volta che in questa sede abbiamo una discussione di quasi tre ore sulla sicurezza europea. Ritengo che ciò sia molto importante e auspico sinceramente che questa prassi sia mantenuta anche in futuro. Ringrazio sentitamente i tre relatori per il lavoro svolto e posso assicurarvi che continueremo a collaborare con voi anche in futuro.

 
  
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  Jacek Saryusz-Wolski, relatore. − (EN) Signora Presidente, questa è stata una discussione molto articolata e, a mio avviso, soddisfacente sui successi, sui punti deboli e sulle iniziative in corso. In generale vorrei dire che ci troviamo di fronte al bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda della prospettiva da cui lo si guarda.

Alcune domande hanno trovato risposta già nel corso della discussione. Sono stati compiuti progressi in questo ambito? Sì. Questi progressi sono stati sufficienti? No. Esiste una maggiore convergenza tra istituzioni come il Parlamento, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri? Sì, si registrano alcuni passi avanti, sebbene questa banda larga della politica estera dell’Unione dovrebbe essere ulteriormente potenziata, e qui mi riferisco all’intervento del commissario Ferrero-Waldner sulla disponibilità di finanziamenti. Se avessimo più denaro, almeno pari alla somma di 1,5 miliardi di euro proposta dalla Commissione per la banda larga nelle aree rurali, forse gli Stati membri, non dovendo pagare, sarebbero più disponibili a partecipare alle iniziative PESC. Come sapete bene, quest’Aula ha chiesto che questa politica sia finanziata tramite il bilancio dell’Unione.

I cittadini sono favorevoli a questa politica estera? Di nuovo, la risposta è “sì”. Facciamo un uso adeguato della politica estera per legittimizzare l’Unione? La risposta è “no”. Per quanto attiene alle nostre capacità, possiamo dire in senso lato che nell’ambito della gestione e prevenzione delle crisi e della risposta rapida, siamo arrivati fino a dove abbiamo potuto e – immagino che l’Alto rappresentante Solana sia d’accordo – anche oltre. Ho già parlato dell’aspetto finanziario. Per quanto attiene agli strumenti giuridici e istituzionali, come il trattato di Lisbona, tutti convengono sulla necessità di strumenti migliori e più incisivi in conformità alle disposizioni del Trattato.

Siffatta convergenza deve essere realizzata con discrezione e in questo senso esprimo il mio riconoscimento per la discrezione e la diplomazia con cui l’Alto rappresentante ha agito, tanto all’esterno, quanto all’interno. Come si può addivenire a un simile consenso? Per riuscire a parlare a nome dell’intera Unione, signor Solana, è necessario a monte un lavoro di persuasione per convincere tutti ad aderire alla proposta.

E’ stata sollevata la questione dei valori. Esiste un’identità di vedute sui valori? Certo, ma ciò che differisce è il nostro modo di metterli in pratica, oltre a esservi il rapporto dialettico tra valori e interessi, esemplificato al meglio dal nostro tentativo di esportare tali valori in Asia centrale, come emerso nella discussione sulla strategia per l’Asia centrale.

A titolo conclusivo vorrei dire che sono stato colpito da quanto affermato dall’Alto rappresentante Solana, ovvero che l’Unione europea sviluppa una propria identità tramite la politica estera. E’ vero, la sua identità ne esce rafforzata. L’impostazione adottata da questo Parlamento è finalizzata a conferirle anche più legittimità, ovvero più potere. Per questo motivo essa può essere parte del processo europeo d’integrazione. La discussione principale ha dimostrato che si sente il bisogno di un’Europa più presente nella politica estera e che occorre riunire più capitale politico e risorse materiali a tal fine.

 
  
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  Presidente . – Avevamo concesso un tempo di parola un poco più esteso ai relatori, ma purtroppo siamo in ritardo e non possiamo continuare a farlo.

 
  
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  Karl von Wogau, relatore. – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, desidero prendere posizione su alcuni punti.

Innanzi tutto vorrei spiegare perché nella mia relazione non figurano i principi della Human Security e della Responsibility to protect. Tale scelta è stata molto sofferta; a mio avviso questi principi, pur essendo molto importanti, non possono essere applicati alla politica di sicurezza, pena il rischio di una loro strumentalizzazione per giustificare interventi militari in tutti gli angoli del pianeta. Questo pericolo mi sembra assai concreto e pertanto non ho voluto impiegare questi concetti nella politica di sicurezza, pur essendo favorevole alla loro applicazione.

E’ stato affermato che con la mia relazione ho inteso propugnare l’idea di un esercito europeo. Vorrei pregarvi di rileggere attentamente tutta la mia relazione: sono sicuro che la nozione di un “esercito europeo” non vi figura nemmeno una singola volta. Nella relazione si afferma solo che il denaro dei contribuenti deve essere speso meglio in questo settore rispetto a quanto è avvenuto sino ad oggi.

Si è poi parlato della strategia per la sicurezza, ormai caldeggiata da tutti. Dietro tale strategia vi sono diversi anni di lavoro e il risultato è stato eccellente. A mio avviso, il prossimo passo deve essere un documento sull’attuazione della politica di sicurezza, un libro bianco sulla politica di sicurezza. Questo compito sarà demandato alla prossima legislatura.

Da ultimo, ma non per questo meno importante, credo che nelle prossime discussioni su questo argomento dovremo occuparci della missione EUBAM Rafah, di come possiamo infonderle nuova vita ed eventualmente ampliarla.

 
  
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  Ari Vatanen, relatore. − (EN) Signora Presidente, mi limiterò a ripetere ciò che disse il presidente Wilson nel 1917 e l’onorevole collega Swoboda appena mezz’ora fa: una nazione da sola non è in grado di risolvere i problemi. Quest’Aula e l’Unione intera possono testimoniarlo. Dobbiamo imparare dai nostri errori. A prescindere dalle nostre scelte e inclinazioni, dobbiamo lavorare insieme: nel mondo reale non si può avere solo il meglio e vivere sulle spalle degli altri. Non possiamo accollare certi pesi solo ad alcuni; il peso deve essere distribuito, perché siamo nazioni democratiche. Questa è una nobile causa.

Talvolta fatico a comprendere perché, ogniqualvolta venga menzionata la NATO, si debba assistere a una levata di scudi, forse in ragione di sentimenti antiamericani o antimilitaristi. Ebbene sì, siamo pacifisti. Chi non lo è? Chiunque sano di mente è a favore della pace. Chi mai potrebbe desiderare la sofferenza e la guerra? Ma dobbiamo munirci degli strumenti per prevenirla. Dobbiamo essere proattivi. Le guerre vanno e vengono se prevale questo atteggiamento, mentre la pace deve essere costruita attivamente.

Desidero rendere sinceramente omaggio alla maggioranza dei deputati in quest’Aula, perché questo pomeriggio essi hanno nuovamente dimostrato che prevarrà il buon senso e un atteggiamento costruttivo e responsabile. Questo Parlamento è ciò che dovrebbe essere: un Parlamento che guarda in avanti, perché se non lavoriamo insieme, sarà la pace a farne le spese.

Desidero fare un ultimo commento. Il campione di calcio Platini si sta rivolgendo a un altro pubblico in questo esatto momento. Ero in Francia quando si è verificato il massacro in Ruanda e – qui non intendo criticare la Francia, ma il modo in cui i media trasmettono le informazioni – in quella occasione ho riscontrato che veniva dato più peso alla verruca sul ginocchio di Zidane, una stella del calcio, che a quanto stava accadendo in Ruanda. No, non possiamo tacere. Dobbiamo essere proattivi, altrimenti finiamo con l’avallare questo genere di eventi nel mondo.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì 19 febbraio 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Alexandra Dobolyi (PSE), per iscritto. – (HU) Come dovrebbe reagire l’Europa al fatto che alle sue frontiere orientali, la Shanghai Cooperation Organisation (SCO), un’organizzazione regionale composta da varie superpotenze emergenti e Stati ricchi di risorse energetiche, si sta rafforzando? Attraverso la Russia, la SCO confina con l’Unione europea, ed è pertanto inevitabile che l’organizzazione sia oggetto di notevole attenzione da parte dell’Unione. E’ sufficiente passare in rassegna i membri e gli osservatori della SCO per concludere, con un certo margine di sicurezza, che questi paesi possiedono un’importante quota delle riserve mondiali di petrolio e gas.

Alla luce di queste osservazioni, è inevitabile affrontare la questione di una nuova strategia per la Russia e l’Asia centrale, che includa anche una valutazione del rischio politico specifica per ogni paese.

Vorrei anche segnalare che, come ha dimostrato la disputa sul gas tra Russia e Ucraina, l’attuale vulnerabilità dell’Unione e la sua notevole dipendenza energetica compromettono lo sviluppo di una politica estera e di sicurezza comune vera, efficace e coerente.

Inoltre, i paesi reagiscono diversamente a seconda delle loro esperienze storiche e dei loro interessi finanziari. Più che qualsiasi altra volta in passato, oggi è in particolar modo importante intraprendere un’azione politica uniforme e armonizzare gli interessi e le posizioni nazionali divergenti.

E’ indispensabile che l’Unione europea migliori l’efficienza e la coerenza delle proprie azioni sulla scena mondiale. La ratifica del trattato di Lisbona e gli strumenti di politica estera in esso tracciati possono contribuire in ampia misura al raggiungimento di questo obiettivo.

Considerando l’esigenza sempre più urgente che l’Unione europea migliori l’efficacia e la tempestività delle proprie azioni, e dato l’insorgere di eventi che esigono risposte razionali, occorre rivedere i meccanismi organizzativi e decisionali alla base della nostra politica estera, fornendo risposte strutturali adeguate.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Desidero congratularmi con l’onorevole Vatanen per la sua relazione, che appoggio. Nello specifico, sono a favore dell’idea di istituire un quartiere generale militare operativo dell’Unione europea. Naturalmente la NATO dovrebbe essere, ed è, il nostro primo interlocutore in caso di minaccia alla sicurezza. Tuttavia, durante i dibattiti tra i candidati alla presidenza Bush e Gore poco più di dieci anni fa, George Bush aveva detto che, se fosse diventato presidente, non sarebbe intervenuto in Kosovo.

Ora, nonostante la mia antipatia per la politica estera dell’amministrazione Bush, credo di poter affermare che tale posizione è stata assolutamente ragionevole da parte dell’ex presidente Bush, sulla base degli interessi degli Stati Uniti. Non è tuttavia una posizione che l’Europa potrebbe o avrebbe dovuto seguire. Al di là della forte argomentazione morale secondo cui noi avevamo la responsabilità di proteggere quanti rischiavano di essere vittime di un genocidio ad opera dei serbi, dovevamo anche assumerci la responsabilità delle decine o centinaia di migliaia di rifugiati. Noi, nel nostro e nel loro interesse, dobbiamo dimostrarci capaci di impegnarci senza gli americani. Per realizzare questo obiettivo, il prezzo da pagare è piccolissimo: avere un quartiere generale operativo permanente dell’Unione europea, pronto ad affrontare questa eventualità.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – (FI) Signora Presidente, la Finlandia non deve vergognarsi delle sue soluzioni in termini di politica di sicurezza. La Finlandia, fuori dalla NATO, può contare sulla buona compagnia di Svezia, Austria e Svizzera. E’ facile identificarsi con loro. Il non allineamento, pur nel pieno rispetto della NATO, è l’alternativa moderna per uno Stato maturo.

Abbiamo cominciato a parlare di una NATO dalla posizioni più concilianti quando, negli Stati Uniti d’America, a un presidente bellicoso è seguito un presidente pacifico. E’ probabile che i discorsi entusiasti in cui si vagheggia di una NATO soft con Obama e il segretario di Stato Clinton diventeranno sempre più frequenti, ma lasciamo che passi un po’ di tempo per capire quale sarà l’evoluzione della NATO.

A mio avviso, la natura intrinseca della NATO non è assolutamente cambiata dall’epoca del fallimento del sistema di sicurezza bipolare. D’altra parte, la propaganda che dipingeva una NATO soft è stata un grande successo.

Se ci limitiamo a guardare alla Russia (Russia, Russia, Russia) o ad attendere una nuova guerra d’inverno, non otterremo alcun risultato. E la NATO non costituisce nemmeno la risposta più adeguata ai più gravi problemi che dovrà affrontare la Finlandia nel prossimo futuro, che saranno soprattutto di natura economica.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Per valutare il ruolo dell’alleanza NATO-Unione europea, occorre partire dalla constatazione che, negli ultimi tempi, il paesaggio politico sia europeo che statunitense si è profondamente modificato, e l’Unione europea ha ora un ruolo legittimo da svolgere nell’ambito della sicurezza mondiale.

La situazione richiede che l’alleanza si “ripoliticizzi” per diventare un forum di dialogo aperto, in cui si discuta dei temi fondamentali che di certo la chiameranno in causa. Un dialogo transatlantico onesto in merito, per esempio, all’impostazione della lotta al terrorismo è un imperativo assoluto, proprio perché gli alleati hanno posizioni diverse sul modo giusto di reagire a questa sfida comune.

Nella situazione attuale, in cui gli Stati membri si trovano di fronte ad una sempre maggiore varietà di sfide in termini di sicurezza globale, dai conflitti interetnici nelle immediate vicinanze dei territori alleati, alle reti terroristiche mondiali e alla proliferazione di armi di distruzione di massa, è necessario attribuire particolare importanza alla riflessione e al dialogo su questo tema e sostenere i processi di riforma dell’alleanza. Mi riferisco, in particolare, ai problemi di sicurezza che riguardano le zone limitrofe, in cui l’alleanza può svolgere un ruolo chiave nella creazione di istituzioni democratiche di difesa e sicurezza nei Balcani e nella regione più estesa del Mar Nero.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Abbiamo bisogno di una politica di sicurezza europea comune, coerente e moderna, in grado di contribuire a rafforzare la nostra identità europea e di consentire all’Unione europea di parlare all’unisono ed essere credibile sulla scena internazionale.

La realtà attuale che ci troviamo ad affrontare, densa di sfide importanti quali la crisi economica, la sicurezza energetica, il cambiamento climatico e la gestione dei flussi migratori, richiede cooperazione e responsabilità da parte degli Stati membri, per tutelare i loro interessi comuni e promuovere la pace, la sicurezza ed il rispetto dell’integrazione territoriale.

L’Unione europea potrà esercitare un’effettiva influenza solo se parlerà all’unisono e se avrà e utilizzerà in modo efficace gli strumenti necessari, contribuendo così a rafforzare la cooperazione con gli Stati vicini.

Dobbiamo pensare in un’ottica strategica, partecipare attivamente e agire coerentemente a livello mondiale. Abbiamo anche bisogno di sicurezza regionale e di legami solidi con i soggetti regionali interessati.

I partenariati strategici con i paesi situati lungo i confini orientali dell’Unione europea sono una necessità e dobbiamo investire nei rapporti con la Russia, mettendo in atto una strategia comune, caratterizzata da impegni comuni e reciprocamente vantaggiosi.

Dobbiamo investire nei paesi vicini, soprattutto quelli a est dell’Unione europea, e dobbiamo offrire loro i necessari incentivi per portare avanti le riforme e per rafforzare la presenza dell’Unione europea nella zona. Disponiamo di nuovi strumenti, come il partenariato orientale, che ci aiuterà a creare un nuovo approccio consolidato ad un livello superiore, insieme con i nostri partner nella regione.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) La sicurezza internazionale è uno dei più grandi valori per tutti i soggetti coinvolti nelle relazioni internazionali. Attualmente, stiamo assistendo a una ridefinizione di tale concetto e a uno spostamento dell’attenzione verso fattori non militari che minacciano la stabilità e la sicurezza internazionale, tra i quali la criminalità organizzata, il terrorismo su Internet, la pirateria (per esempio al largo della costa somala), i cambiamenti climatici e i pericoli derivanti dalla crisi economica mondiale. L’Unione europea, pur senza tralasciare di concentrarsi sulla creazione di strumenti militari comuni, come Eurocorpo, la flotta europea di trasporto aereo e il quartiere generale operativo permanente dell’Unione europea, non deve tuttavia dimenticare altre minacce, tutt’altro che marginali. Sarebbe necessario prestare maggiore attenzione alla creazione di organismi ed istituzioni che ci consentano di superare la situazione finanziaria causata dalla crisi economica mondiale e di proteggere l’ambiente naturale e la biodiversità. Non devono nemmeno essere dimenticate le minacce interne, come la droga, la povertà nella società e la criminalità su internet.

Tutti questi elementi sono fattori importanti, che influenzano la sicurezza internazionale, la sicurezza dell’Unione europea e di ogni paese. Fino a che non ci sarà una soluzione a questi problemi fondamentali, non sarà possibile realizzare una strategia stabile per la sicurezza europea.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La politica di sicurezza comune è un tema di cui si è discusso molte volte e sul quale molto è stato scritto. L’Unione europea svolge una funzione di mediazione sempre più importante a livello regionale e mondiale. Proprio per questo, ritengo che l’Unione europea debba essere visibilmente attiva all’interno delle sue frontiere e proattiva in qualsiasi regione del mondo.

Dopo aver esaminato le tre relazioni di oggi –la relazione annuale 2007 sugli aspetti principali e le scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune (PESC), la relazione sulla strategia europea in materia di sicurezza e la politica europea di sicurezza e difesa (PESD), e la relazione sul ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza dell’Unione europea – credo che possiamo giungere a tre conclusioni:

1. L’Unione europea deve avere una politica di sicurezza comune, in grado di sostenere le democrazie all’interno delle sue frontiere e favorire i partenariati con i paesi vicini.

2. L’Unione europea deve presentarsi come una formazione compatta e ha bisogno di una forza di reazione rapida in grado di intervenire in qualsiasi momento per sostenere la pace, la democrazia e i diritti dell’uomo.

3. L’Unione europea deve consolidare la propria posizione a livello mondiale e deve continuare a svolgere la sua funzione di mediazione per la stabilità e l’equilibrio tra le grandi potenze della terra.

 
  
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  Katrin Saks (PSE), per iscritto. – (ET) Signor Presidente, desidero ringraziare il mio collega, onorevole Vatanen, dell’ottima relazione sulla sinergia tra Unione europea e NATO. L’intensificazione della cooperazione e del partenariato a 360°, l’uso ragionevole delle risorse e l’esigenza di evitare duplicazioni, l’appello ai membri di entrambe le organizzazioni a essere più flessibili, pragmatici e concentrati sul raggiungimento di obiettivi concreti – questa relazione contiene tutto quello che noi in Europa, e anche al Parlamento europeo, abbiamo sempre sottolineato nelle nostre prese di posizione.

Tra le altre caratteristiche importanti della relazione, segnalo la raccomandazione di assegnare ai paesi candidati all’adesione che sono anche Stati membri della NATO un ruolo provvisorio all’interno dell’Agenzia europea per la difesa (AED). Sarebbe sicuramente una soluzione al problema della Turchia dal punto di vista della NATO.

La relazione sulla strategia europea in materia di sicurezza e la politica europea di sicurezza e difesa (PESD), presentata dal nostro collega, onorevole von Wogau, coglie nel segno, nel suo complesso. La relazione sulla strategia europea in materia di sicurezza, approvata dal Consiglio a dicembre, ha risposto alla maggior parte dei quesiti che erano stati sollevati. I nuovi aspetti presentati nella relazione e le posizioni che orientano le attività per la sicurezza intraprese a livello comunitario aiuteranno l’Unione a difendere più efficacemente i propri interessi in materia di sicurezza, come raccomanda la relazione von Wogau. E’ infine lodevole l’orientamento della relazione, che invita l’Unione europea a ricercare possibilità di cooperazione con altri partner.

Grazie.

 
  
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  Theodor Dumitru Stolojan (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Desidero esprimere il mio sostegno alla relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski, che giustamente pone l’accento sul fatto che la garanzia della sicurezza energetica per i cittadini europei debba diventare una priorità fondamentale della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea.

Vorrei dirlo chiaro e forte: la sicurezza delle nostre forniture energetiche e, in particolare, la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di gas rimarranno solo un bellissimo sogno a meno che non costruiamo l’oleodotto Nabucco.

Il progetto Nabucco deve essere adottato come obiettivo strategico da parte dell’Unione europea nel suo insieme. A tal fine, si rendono necessari sia un notevole investimento finanziario sia, in particolare, una politica estera e di sicurezza comune efficace, che dia garanzie di stabilità regionale nella zona che sarà attraversata dall’oleodotto. Tenendo a mente questo obiettivo, dobbiamo compiere ogni sforzo possibile per dotare la nostra politica estera e di sicurezza comune della struttura coerente ed efficiente di cui ha così disperatamente bisogno per realizzare risultati tangibili.

Per esempio, credo che l’Unione europea abbia bisogno di un alto funzionario per la politica estera nel settore dell’energia, che goda di un solido sostegno politico e che disponga di tutti gli strumenti necessari per agire.

Apprezzo il fatto che l’Unione europea stanzierà risorse finanziarie e umane sufficienti per la politica estera e di sicurezza comune, per realizzare i risultati concreti che i cittadini europei si aspettano da noi.

 
  
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  Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) Respingo la relazione sulla strategia europea in materia di sicurezza e la politica europea di sicurezza e difesa nella sua sostanza e forma attuale (A6-0032/2009). La relazione è un esempio tipico della militarizzazione dell’Unione europea e dimostra che, nella sfera della sicurezza dell’Unione europea, le risorse e le misure militari devono sostituire e addirittura soppiantare le necessarie misure di natura politica. Molti dei risultati e delle raccomandazioni contenuti nella relazione sono in netto contrasto con l’idea secondo cui l’Unione europea dovrebbe essere sviluppata come progetto di pace. Non ci deve stupire che i cittadini dell’Unione europea, ogniqualvolta hanno la possibilità di esprimere la propria opinione, si oppongano al trattato di Lisbona per varie ragioni, tra cui il modo in cui vi si assegna all’Unione europea un ruolo militaristico. La relazione presenta una posizione aberrante e pericolosa, parlando, da una parte, degli interessi di sicurezza dell’Unione europea, ma criticando, dall’altra, la Russia per aver difeso i propri interessi di sicurezza, del tutto legittimi, nel Caucaso.

 
  
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  Dushana Zdravkova (PPE-DE), per iscritto. – (BG) Onorevoli colleghi, il fatto che stiamo discutendo di tre relazioni che riguardano la sicurezza e la difesa in quest’Aula è espressione della nostra grande responsabilità politica nei confronti dei cittadini dell’Unione europea alla vigilia del vertice della NATO. La pratica, ormai invalsa, di adottare risoluzioni sugli aspetti e le decisioni principali della relazione del Consiglio sulla politica estera e di sicurezza comune costituisce un’eccellente opportunità per rivolgere un appello agli Stati membri perché applichino tale prassi a livello nazionale.

E’ particolarmente importante sviluppare una capacità accademica indipendente per l’analisi e la valutazione della politica europea di sicurezza e difesa (PESD) in parallelo alle politiche di sicurezza nazionali. Tutto questo potrà costituire la base di un dibattito pubblico sulla PESD attraverso una rete di centri di analisi situati negli Stati membri.

E’ inutile lavorare su un Libro bianco sulla sicurezza e la difesa dell’Unione europea se gli Stati membri non recepiscono il documento nelle loro strategie nazionali, rafforzando, per esempio, la capacità analitica nazionale e la possibilità di ricorrere all’apprendimento e alla formazione telematici per testare e acquisire nuovi concetti nell’ambito della cooperazione civile-militare.

Dobbiamo incoraggiare gli Stati membri a portare avanti un’analisi strategica congiunta in materia di sicurezza, al fine di costituire una base solida di interazione tra l’Unione Europea e la NATO nell’ambito dello sviluppo di un nuovo progetto strategico per la NATO nel contesto della PESD.

 
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