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Procedura : 2007/0287(COD)
Ciclo di vita in Aula
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Testi presentati :

A6-0216/2008

Discussioni :

Votazioni :

PV 19/02/2009 - 7.5
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0071

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 19 febbraio 2009 - Bruxelles Edizione GU

10. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0100/2009): Aiuto umanitario alla Striscia di Gaza

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, intervengo per dichiarare che sono uno dei soli cinque deputati che hanno votato contro la risoluzione. L’ho fatto non perché non voglia che le persone che hanno così tragicamente sofferto durante la crisi ricevano aiuti economici o comunque assistenza in ragione delle loro sofferenze – cosa che trovo giustissima -, ma semplicemente perché questa risoluzione, come la maggior parte delle risoluzioni sul Medio Oriente, è incompleta. E’ incompleta perché non stabilisce le ragioni e i torti di quella situazione; in mancanza di ciò, non si può e non si deve permettere che la risoluzione sia approvata.

Il fatto è che, se a Gaza la situazione è quella che è, lo si deve alle azioni di Hamas, che ha fatto piovere bombe e missili su uno Stato sovrano che ha il diritto – come tutti gli Stati sovrani – di reagire e difendere il proprio popolo. Fino a quando la responsabilità della crisi non sarà affermata chiaramente nelle risoluzioni del Parlamento, esse non potranno essere efficaci. E’ giunta l’ora che il Parlamento europeo dica a Hamas: “Riconoscete lo Stato di Israele, negoziate con esso, superate l’antisemitismo della vostra carta e dopo potremo avviare il processo di pace”.

 
  
  

- Relazione Kinnock (A6-0039/2009)

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signora Presidente, è essenziale che gli adulti si assumano maggiore responsabilità per le condizioni in cui vivono i bambini e per le opportunità che sono loro offerte. Penso, per esempio, ai conflitti armati nei quali vengono coinvolti i bambini, nei quali i bambini sono spesso arruolati contro la loro volontà, affrontano pericoli mortali e la fame e non hanno accesso ad assistenza medica. Ciò nonostante ho votato contro la relazione a causa della sua posizione a favore dell’aborto. E’ particolarmente perverso far finta di agire negli interessi dei bambini mentre, in realtà, si promuovono iniziative che negherebbero il loro stesso diritto alla vita.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, come ha detto un grande filosofo, Whitney Houston: “Credo che i bambini siano il nostro futuro. Date loro buoni insegnamenti e lasciate che siano loro a indicare il cammino. Mostrate loro tutta la bellezza che hanno dentro”.

L’aspetto interessante della relazione è che per la prima volta, in vari modi, stiamo osservando la chiave dello sviluppo futuro. Ci stiamo occupando, in particolare, dello sviluppo infantile e dell’istruzione dei bambini, non solo dell’istruzione delle bambine – se si insegna alle donne, si insegna a tutta la famiglia – ma anche dell’istruzione primaria.

Nel nostro modo di vedere l’istruzione primaria c’è un solo, piccolo difetto: sembriamo sempre pensare che lo Stato abbia la soluzione. Invito tutti i colleghi a leggere le soluzioni prospettate dal centro E. G. West dell’università di Newcastle, che studia l’istruzione privata per i poveri. Laddove lo Stato non è stato capace di dare un’istruzione ai bambini poveri, sono intervenuti i genitori, che si sono messi insieme, finanziano l’istruzione non statale e, quindi, sono in grado anche di dare sussidi ai poveri che non lavorano. Invito tutti a non pensare solo allo Stato per trovare soluzioni in grado di aiutare i più poveri della nostra società.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . (EN) Signora Presidente, ho votato contro la relazione Kinnock molto a malincuore perché i problemi che essa segnala sono molto importanti. Stanno accadendo tragedie in tutto il mondo, ma la relazione è basata sulla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e noi andiamo avanti, ci diamo da fare sempre più sulla base di una convenzione che presenta molti difetti.

La convenzione è sempre stata un compromesso; è sempre stata molto contraddittoria: da un canto, ha molti lati positivi, dall’altro, invece, in alcune parti è decisamente inadeguata. E’ stata scritta nel 1989, in un’epoca in cui ancora non sapevamo nulla dei mostri. Ad esempio, prevede pieno accesso ai media in tutte le comunicazioni con i bambini e vice versa.

Abbiamo dunque fondato questa intera relazione su una convenzione parecchio inadeguata, che oltre a tutto individua nello Stato l’unico arbitro competente a giudicare quale sia l’interesse migliore del bambino, in opposizione alla famiglia, alla quale viene così attribuito di fatto il ruolo di educatore e guardiano, ma non la facoltà di esercitare i diritti. Per tali motivi ho dovuto votare contro la relazione, che prevede anche l’aborto – del tutto fuori luogo quando si parla di diritti del bambino.

 
  
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  Daniel Hannan (NI) . – (EN) Signora Presidente, penso che ai nostri elettori interesserebbe sapere quanti progressi abbiamo compiuto in questi campi. Nel periodo precedente il referendum irlandese, ma soprattutto dopo, ci è stato detto che l’Unione europea non stava facendo reali passi in avanti verso una politica estera comune, e che di certo non si stava immischiando nelle norme sull’aborto; eppure, oggi vediamo questi due argomenti legati l’uno all’altro in un’unica relazione. Nonostante tutte le nostre promesse sulla disponibilità ad ascoltare la gente e ad adeguare la nostra politica per rispondere alle loro esigenze, abbiamo proseguito come se nulla fosse.

Stamattina ne abbiamo avuto una prova chiarissima ascoltando il presidente della Repubblica ceca. Sotto molti aspetti, il suo discorso è stato quasi banale. Il presidente ha detto cose del tutto ovvie e indiscutibili, per esempio che i governi sono migliori se c’è un’opposizione e che dobbiamo tollerare le opinioni degli altri. E come ha reagito l’Assemblea quando il presidente ceco ha detto che dovremmo tollerare le opinioni degli altri? I deputati del gruppo socialista e del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei gli hanno voltato le spalle e se ne sono andati. Non solo essi non rispondono a punti di vista diversi, non sopportano nemmeno di ascoltarli. Non vi può essere esempio più illuminante dell’atteggiamento del Parlamento verso gli elettori. Se pensate che mi sbagli, dimostratemelo: organizzate il referendum che avete promesso, fate decidere la gente sul trattato di Lisbona. Pactio olisipiensis censenda est.

 
  
  

- Relazione Cottigny (A6-0023/2009)

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signora Presidente, la trasposizione della direttiva 2002/14/CE sui comitati aziendali europei e sulla consultazione dei lavoratori è di fondamentale importanza in tempi di crisi, quando occorre garantire che la gestione di un’impresa sia conforme alla responsabilità sociale e che, ove non si possano salvare i posti di lavoro, ai lavoratori siano assicurati formazione e un passaggio non traumatico nel loro nuovo posto di lavoro. La direttiva quadro deve essere attuata negli Stati membri da entrambe le parti. Ho quindi votato a favore della relazione dell’onorevole Cottigny.

 
  
  

- Relazione Toia (A6-0015/2009)

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, l’economia sociale svolge un ruolo essenziale nello sviluppo locale e regionale. Come stabilito dalla strategia di Lisbona, essa costituisce parte integrante di una politica comune per l’occupazione. I dati statistici hanno dimostrato che l’economia sociale è un settore molto influente dell’economia, che crea occupazione nell’Unione europea e dà lavoro a 11 milioni di persone, cioè quasi il 7 per cento della forza lavoro. Va altresì evidenziato il ruolo dell’economia sociale nelle zone rurali, dove promuove lo sviluppo economico rivitalizzando aree industriali in declino e creando e conservando nuovi posti di lavoro.

Possiamo quindi vedere che l’economia sociale è diventata un fattore indispensabile per garantire una crescita stabile e sostenibile grazie al ruolo vitale che svolge nella risoluzione di problemi sociali nuovi. Il suo ruolo è stato inoltre rafforzato nei settori tradizionali, quali il commercio, l’agricoltura e l’industria. E’ pertanto fondamentale integrare l’economia sociale in tutte le strategie mirate a stimolare lo sviluppo industriale e socioeconomico.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signora Presidente, non è stata soltanto la crisi ad aver creato l’esigenza di individuare la presenza sul mercato di associazioni, fondazioni, cooperative e dell’intera economia sociale, che coinvolge come attori i cittadini e ha sia una dimensione sociale sia una dimensione economica misurabile in termini di contributo al PIL. Soprattutto adesso, però, ogni posto di lavoro creato, ogni nuovo miglioramento della qualità dei servizi sociali assumono un valore specifico. Appoggio la relazione e mi aspetto un nuovo approccio da parte della Commissione europea, che comprenda il sostegno organizzativo e finanziario all’economia sociale, come la semplificazione delle procedure amministrative per ottenere i finanziamenti comunitari. Per questi motivi ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, leggendo la relazione vi ho trovato la definizione di “economia sociale” e l’ho letta con interesse. La definizione sottolinea due elementi, che mi hanno colpito: uno è la prevalenza degli obiettivi sociali rispetto al capitale e l’altro sono i principi di solidarietà e responsabilità. Vi si parla, inoltre, di controllo democratico da parte dei membri. Non si fa menzione, invece, dello scambio libero e volontario tra venditore e compratore per generare profitti da reinvestire per creare posti di lavoro. Cosa ci può essere di più sociale che produrre profitti da reinvestire nella creazione di posti di lavoro per i nostri cittadini?

Quando cominciamo a focalizzarci sui cosiddetti bisogni sociali, invece che sulla necessità di ottenere profitto e di assicurare che siamo in grado di creare posti di lavoro e distribuire ricchezza in tutta un’economia, finiamo nella trappola dalla quale ci ha messo in guardia il grande economista austriaco Hayek – e anche Ayn Rand – all’inizio dello scorso secolo, cioè di dimenticare il profitto e avviarci sulla china pericolosa della schiavitù. Per tale ragione ho votato contro la relazione.

 
  
  

- Relazione Tzmpazi (A6-0034/2009)

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, mi fa piacere che il Parlamento continui a prendere la salute mentale in seria considerazione e a riservarle una certa priorità. La salute mentale deve restare ai primi posti dell’agenda comunitaria della politica per la sanità, dato che una persona su quattro soffre di una patologia depressiva almeno una volta nella vita e che entro il 2020 la depressione diventerà la malattia più diffusa nel mondo sviluppato.

Temo, tuttavia, che negli Stati membri, compreso il mio, ci si limiti alla teoria: a parole, sappiamo essere molto convincenti. La nostra politica per la salute mentale è illustrata in un documento intitolato A Vision for Change (La visione del cambiamento) e molte delle richieste di azione contenute nella relazione ora in esame sono già previste dalla nostra politica nazionale o sono sancite dalle nostre norme.

Ma ho il timore che l’erogazione di servizi di salute mentale sul campo continui a essere del tutto inadeguata allo scopo. Si sta aprendo un enorme divario tra le teorie e le relazioni, e – in particolare nel mio paese – siamo sempre un passo indietro rispetto alle esigenze. Temo che i servizi di salute mentale e la loro somministrazione a chi ne ha bisogno continuino a essere la Cenerentola della maggior parte delle politiche per la salute mentale in tutti i nostri Stati membri. Questa situazione deve cambiare.

 
  
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  Neena Gill (PSE) . – (EN) Signora Presidente, una persona su quattro soffre di disturbi mentali almeno una volta nella vita. Otto delle dieci cause principali di disabilità sono di natura mentale e i problemi di salute mentale hanno un enorme impatto sulle persone che non ne sono colpite direttamente. E’ pertanto urgente e necessario aggiornare la legislazione in questa materia, per stimolare in modo corretto la consapevolezza dell’importanza di una buona salute mentale.

Il messaggio che ho cercato di far passare nel mio collegio elettorale nelle West Midlands è che i media, Internet, le scuole e i posti di lavoro hanno tutti un ruolo vitale da svolgere nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questo tema.

Ma c’è bisogno anche di maggiori ricerche nel campo della salute mentale e dell’interazione tra i problemi di salute mentale e quelli di salute fisica, nonché di spiegare come le iniziative a favore della salute mentale possano essere finanziate nell’ambito del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo per lo sviluppo regionale. In questo senso, occorre agire con urgenza.

Anche i datori di lavoro devono favorire un clima di lavoro sano, dedicare attenzione allo stress causato dal lavoro e alle cause che stanno alla base dei disturbi mentali sul posto di lavoro, affrontandole. E’ stato quindi con grande piacere che ho appoggiato la relazione.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signora Presidente, il 90 per cento dei suicidi è il risultato di disturbi mentali. Il numero di persone che soffrono di depressione e altre malattie correlate alla civiltà, causate dallo stress e dai ritmi di vita sta crescendo in grande misura. L’invecchiamento della popolazione europea comporta un aumento anche del numero di persone che sono vittima di malattie legate all’età. Gli sforzi mirati a prevenire e diagnosticare i disturbi mentali, a lottare contro l’esclusione e la condanna e a dare sostegno alle persone sofferenti e alle loro famiglie rappresentano significativi passi avanti verso la tutela della nostra società. Per tali ragioni ho dato alla relazione dell’onorevole Tzampazi il mio convinto sostegno.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore della relazione, però ritengo che abbiamo perso un’occasione – che l’abbia persa la commissione – per inserirvi anche il tema dell’elettrochoc e per chiedere, un volta per tutte, il bando di questo mostruoso trattamento, tuttora usato in molti paesi europei.

Un altro aspetto su cui nutro gravi riserve è la sempre più diffusa tendenza ad analizzare tutti i bambini sotto il profilo dei problemi di salute mentale e di un'assistenza adeguata. La relazione, pur non spingendosi, fortunatamente, così in là, contiene tuttavia un riferimento casuale all’analisi di bambini. Molti bambini, se li si analizzano in quanto tali, potrebbero non sembrare normali, nonostante la loro crescita sia normale. La domanda decisiva che dobbiamo porci, di fronte alla crescente diffusione di disturbi mentali, è: perché la situazione sta peggiorando, soprattutto se consideriamo i suicidi? Abbiamo creato le condizioni perché la società possa esistere secondo modalità tali da consentire alle persone di crescere e vivere in maniera sana e normale? Se la salute mentale sta peggiorando, dobbiamo riconsiderare attentamente il tipo di società che stiamo costruendo.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0097/2009): Presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri

 
  
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  Leopold Józef Rutowicz (UEN) . – (PL) Signora Presidente, sono contrario alla risoluzione e ho votato contro la sua approvazione per i motivi seguenti: primo, c’è una crisi e l’Unione europea, così come altre istituzioni, deve affrontare problemi gravi che meritano tutta la sua attenzione; secondo, il costo delle indagini sui presunti voli, che è stato sostenuto dall’Unione europea, è ammontato a milioni di euro e sono emersi casi di persone che uccidono e hanno ucciso in modo bestiale cittadini innocenti, anche dell’Unione europea. E’ nostro dovere proteggere i nostri cittadini e dare assistenza alle vittime del terrorismo.

L’atteggiamento estremamente emotivo sulla questione dei voli, l’apparente invenzione di un altro, costoso scandalo politico non ha prodotto alcun valore aggiunto e ha accollato l’onere della spesa ai contribuenti. Potremmo dire che “pagando si impara”, e noi abbiamo effettivamente pagato. Non dimentichiamocene, quindi, quando affronteremo problemi simili in futuro.

 
  
  

- Relazione Miguélez Ramos (A6-0016/2009)

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, accolgo molto favorevolmente, e ho infatti sostenuto, la relazione dell’onorevole Miguélez Ramos sulla ricerca applicata nel settore della politica comune della pesca.

La relazione invita a utilizzare meglio e a far avanzare ancora la ricerca applicata. La conservazione e il mantenimento dei nostri stock ittici è una questione di importanza vitale, ed è difficile trovare un equilibrio che sia giusto. Applicare le scienze più avanzate non può che aiutarci ad affrontare i compiti futuri.

Ma per quanto apprezzi la relazione, vorrei lanciare un avvertimento: in periodi economici così difficili dobbiamo stare attenti a non duplicare gli sforzi e, quindi, a evitare doppioni. Sarà necessario accertarsi che a livello comunitario non si faccia ciò che sarebbe meglio lasciare agli Stati membri.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, quando ci occupiamo della ricerca applicata, mi chiedo se non dovremmo analizzare i difetti della politica comune della pesca. Non dimentichiamo che per oltre quarant’anni abbiamo avuto una politica comune della pesca che era strutturata in modo tale da gestire la pesca commerciale europea su una base sostenibile, ma che non è stata capace di realizzare né la sostenibilità ambientale né lo sviluppo dell’industria ittica.

Dovremmo reagire a tale situazione anche ricorrendo all’approccio basato sui diritti di proprietà che è stato adottato da paesi quali la Nuova Zelanda, il cui governo ha riconosciuto che, dando alle persone un interesse legittimo a conservare una risorsa, esse lottano per tale scopo. Un altro esempio è l’Islanda, il cui approccio orientato al mercato, con quote individuali commerciabili, ha ottenuto buoni risultati.

Naturalmente, possiamo applicare le nuove tecnologie e le nuove ricerche con tutta la più buona volontà di questo mondo, ma se continueremo ad avere un sistema in cui, nonostante le innovazioni, i governi dicono a ogni singolo pescatore esattamente quanto può pescare, allora la ricerca applicata sarà soltanto una perdita di tempo. E’ ora di eliminare la politica comune della pesca.

 
  
  

- Relazione van den Burg (A6-0047/2009)

 
  
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  Neena Gill (PSE) . – (EN) Signora Presidente, nell’attuale difficile situazione economica, questa relazione ci propone proprio quel modo di pensare insieme di cui abbiamo assoluto bisogno. La riduzione delle aliquote IVA aiuterà di più le persone che sono maggiormente in difficoltà, cioè chi guadagna meno degli altri. Credo che la relazione riguardi anche la creazione di occupazione, ed è per tale motivo che l’ho appoggiata. La relazione mira a garantire che i posti di lavoro non vadano a finire nell’economia sommersa. Mi auguro che sia attuata rapidamente, soprattutto nella mia regione, le West Midlands.

Va poi sottolineato che dobbiamo permettere agli Stati membri di abbassare l’IVA su determinati beni al fine di contrastare il cambiamento climatico. Incentivare i cittadini a “comprare verde” è esattamente il tipo di strumento basato sul mercato che darà i risultati migliori. Le riduzioni delle aliquote IVA in tutto il mondo servono a incoraggiare la gente ad acquistare i modelli ad alta efficienza energetica ed ecocompatibili di frigoriferi, congelatori e altri beni che consumano grandi quantità di energia, e abbassando i prezzi di questi prodotti aiuteremo le persone meno abbienti.

Il governo del mio paese, il Regno Unito, è stato il primo ad agire in tal senso, riducendo l’IVA del 2,5 per cento fino al 2010; spero che altri Stati membri faranno altrettanto.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE) . – (FR) Signora Presidente, le uniche battaglie che siamo sicuri di perdere sono quelle alle quali non partecipiamo.

Ripresentando i nostri emendamenti, inizialmente mirati a un’applicazione più equa di un’aliquota IVA ridotta – soprattutto, ad esempio, sull’abbigliamento per bambini nei nuovi Stati membri, per metterli su un piano di parità con gli altri paesi membri – volevamo lanciare un messaggio forte alla Commissione e al Consiglio.

Ci siamo riusciti su tutti i fronti tranne uno: è stato infatti respinto per pochi voti il nostro emendamento volto a risparmiare al settore della ristorazione l’onere burocratico di applicare due diverse aliquote IVA in una sola fattura.

Il nostro gruppo intendeva lasciare agli Stati membri che optano per un’aliquota ridotta la possibilità di scegliere se applicare un’aliquota unica nel settore della ristorazione. Il testo della proposta della Commissione, invece, non lo consente perché impone l’applicazione di aliquote diverse a seconda che il servizio al ristorante comprenda o meno un bicchiere di vino o di birra. Ma che senso ha una disposizione del genere?

Riconosco che alcuni dei colleghi non avevano compreso esattamente il significato del nostro emendamento, ma il forte segnale inviato dal Parlamento su questo punto non è intaccato. Ne è valsa la pena, signora Presidente, e posso dire che mi fa molto piacere che il mio gruppo ed io abbiamo continuato a lottare contro l’ossessione maligna della sinistra per imporre sempre più tasse, fino all’eccesso. Abbiamo posto fine a questa “mania delle tasse”.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0097/2009): Presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questa è forse la questione più difficile che una società libera si trovi ad affrontare. Come può una società libera combattere contro chi la vuole distruggere? Questa è la decisione che dobbiamo prendere. E’ necessario trovare un equilibrio perché, ovviamente, dobbiamo tutelare i diritti umani e garantire, naturalmente, un processo regolare; ma nel mondo in cui viviamo talvolta occorre adottare misure straordinarie. L’Europa e i suoi paesi non possono lasciare che siano soltanto gli Stati Uniti a farlo.

Nel mio paese è in corso un processo contro otto persone accusate di aver cercato di far esplodere otto aerei. Non ci sono riuscite. Non so se quelle persone siano colpevoli, però il loro piano è fallito. Dobbiamo assicurare che una società libera disponga di strumenti adeguati e di misure idonee per contrastare e sconfiggere coloro che vorrebbero distruggerla. Se falliremo in questo intento, tradiremo la fiducia delle persone che rappresentiamo in quest’Aula.

 
  
  

- Relazioni von Wogau (A6-0032/2009) e Vatanen (A6-0033/2009)

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ho invitato i miei colleghi irlandesi ad astenersi dal voto sia sulla relazione von Wogau che sulla relazione Vatanen perché l’Irlanda ha conservato la propria neutralità.

La nostra posizione in proposito e il nostro impegno nell’Unione europea sono stati sanciti in un protocollo. Per quanto riguarda lo spiegamento di truppe in qualsiasi altro paese, l’Irlanda ha un sistema a tre fasi che prevede le seguenti condizioni: lo spiegamento deve avvenire sotto l’egida delle Nazioni Unite ed essere approvato dal governo e dall’Oireachtas, il parlamento irlandese. E così sarà anche con il trattato di Lisbona.

Ciò non significa che l’Irlanda non sia pronta a fare la sua parte, soprattutto in compiti di mantenimento della pace. Ad esempio, siamo stati molto impegnati in Ciad, peraltro con grande successo. Siamo intervenuti nell’ambito di un mandato delle Nazioni Unite: l’ONU non poteva inviare truppe, così è subentrata l’Unione europea. Il mandato scade il 15 marzo 2009. In questi dodici mesi abbiamo conseguito ottimi risultati sotto il profilo del mantenimento della pace, e speriamo che continui così ancora a lungo. L’Irlanda fornirà anche in futuro il proprio contributo al mantenimento della pace, sia nell’ambito delle Nazioni Unite sia nell’ambito dell’Unione europea.

 
  
  

- Relazione Vatanen (A6-0033/2009)

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore del paragrafo 43 della relazione Vatanen solo perché il Parlamento ha approvato l’emendamento orale presentato dall’onorevole Landsbergis. Personalmente continuo a preferire e appoggiare la versione originale del paragrafo 43, che si conclude con le parole “che gli accordi di sicurezza recentemente proposti dalla Russia indebolirebbero gravemente la credibilità dell’architettura di sicurezza dell’UE e getterebbero un’ombra sulle relazioni tra l’UE e gli USA”. Avendo partecipato alla sessione di questa settimana del comitato di cooperazione UE-Russia, ho tratto la conclusione che non possiamo ignorare ciò che il collega Vatanen ha definito una “brutale realtà”, cioè che l’obiettivo strategico della Federazione russa continua purtroppo a essere quello di dividere i partner dell’Unione europea in buoni e cattivi e di indebolire la NATO.

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, sono lieto di avere la possibilità di intervenire brevemente su questo tema, dopo il discorso assolutamente magistrale del presidente della Repubblica ceca. Egli ci ha ricordato la storia del suo e di molti altri paesi, soprattutto nell’Europa orientale, che sono stati occupati dai nazisti e poi, di fatto, dai comunisti. Ciò dimostra veramente l’importanza vitale della NATO e del suo mantenimento.

L’Unione europea ha un ruolo nella società, ma la principale difesa dell’occidente è tuttora la NATO, ed è così perché essa rappresenta la nostra alleanza con gli Stati Uniti d’America.

Uno dei tratti di questo Parlamento che mi infastidiscono e che emergono in così tante circostanze è il suo velato, talvolta palese antiamericanismo. E’ grazie agli Stati Uniti d’America che noi oggi possiamo parlare qui da popoli liberi e la NATO ci assicura questa vitale alleanza anche negli anni a venire.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, per la maggior parte del secolo scorso – e anche per gran parte dell’attuale – la NATO ha contribuito a mantenere la pace. Nondimeno, in quest’Aula c’è qualcuno che cerca di minare proprio l’istituzione che ci ha permesso di collaborare con i nostri colleghi americani e canadesi e con diversi paesi dell’Unione europea.

E in che modo lo stanno facendo? Non solo attaccando la NATO, ma anche facendo dei doppioni delle sue strutture. Attualmente, esponenti degli Stati Uniti e del Canada si riuniscono a uno stesso tavolo insieme con esperti dell’Unione europea, sotto l’egida della NATO; in futuro, succederà esattamente lo stesso, solo senza la partecipazione dei colleghi statunitensi e canadesi, e questa riunione farà parte dell’architettura di difesa dell’Unione. Che inutile spreco di tempo e di risorse!

Non dobbiamo dimenticare il ruolo essenziale che la NATO ha svolto, ma non dobbiamo dimenticare neppure che l’appartenenza alla NATO comporta anche la divisione dei compiti. Se vogliamo andare in direzione di un meccanismo di difesa che interessi esclusivamente l’Unione europea, saranno principalmente la Gran Bretagna e la Francia a doversi assumere i nuovi compiti, mentre gli altri paesi si accoderanno. Non dimentichiamo il ruolo essenziale che la NATO ha svolto, e speriamo che possa continuare a farlo ancora a lungo.

 
  
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  Colm Burke (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, una piccola aggiunta a quanto ho detto prima. Siamo impegnati a far approvare il trattato di Lisbona in Irlanda. Anche dopo la sua approvazione, noi manterremo la nostra neutralità; il trattato non cambierà questa nostra posizione. Continueremo a svolgere i nostri compiti di mantenimento della pace in conformità di un mandato delle Nazioni Unite, e se l’Unione europea prenderà il posto della NATO, noi siamo pronti a svolgere, come già in passato, compiti di mantenimento della pace.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE) . – (EN) Signora Presidente, vorrei precisare che, in riferimento all’emendamento n. 17, che avrebbe dovuto seguire il n. 45, sia io sia il collega che mi siede a fianco, l’onorevole Grech, volevamo votare a favore della demilitarizzazione dello spazio. Purtroppo, siamo stati innocentemente distratti da una terza persona e non abbiamo votato come avremmo voluto.

 
  
  

- Relazione Napoletano (A6-0502/2008)

 
  
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  Sebastiano (Nello) Musumeci (UEN) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, a quattordici anni dalla conferenza di Barcellona e dall'avvio del partenariato euro-mediterraneo il bilancio appare assolutamente insoddisfacente.

Vogliamo valutare i risultati fin qui raggiunti in relazione agli impegni finanziari sostenuti? Credo sia legittimo diritto di questo Parlamento e sia dovere della Commissione renderne conto. Vogliamo far finta di non sapere che i diritti civili non sono del tutto tutelati in quella regione euro-afro-asiatica? Che le pari opportunità costituiscono una pratica ancora assente? Che il rispetto della libertà religiosa è ancora un desiderio? Che la crescita economica e sociale segna ancora il passo, mentre cresce drammaticamente la tratta degli esseri umani alimentando il flusso di immigrati illegali, soprattutto sulle coste del mio paese, l'Italia meridionale, e della Sicilia? In queste condizioni l'apertura della zona franca, più che rappresentare un'opportunità, accentua il divario fra regioni ricche e regioni povere.

Per concludere, signora Presidente, pur con perplessità sui paragrafi 29 e 36, il mio gruppo ha espresso voto favorevole alla relazione sul processo di Barcellona come un atto improntato a speranza fra tanto scetticismo.

 
  
  

- Relazione Szymanski (A6-0037/2009)

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signora Presidente, il partenariato orientale è un progetto della massima importanza e per tale motivo non vedo l’ora che esso diventi una priorità della politica estera dell’Unione europea. Vorrei citare quattro aspetti sui quali, a mio parere, dovremmo incentrare le nostre attività.

Primo, dobbiamo promuovere la democrazia e i diritti umani, perché in tal modo garantiremo maggiore stabilità politica a quei paesi e la tutela dei diritti fondamentali. Secondo, dobbiamo concentrarci sull’integrazione economica e sull’apertura della zona di libero scambio. Questo assicurerà a tutte le parti interessate un più ampio accesso ai nuovi mercati, aumentando così la domanda, che è un fattore essenziale in tempi di crisi.

Terzo, dobbiamo impegnarci a garantire sicurezza e stabilità in Europa. A tale proposito, mi riferisco esclusivamente alla sicurezza energetica dell’Europa. La condizione essenziale per prevenire un altro blocco delle forniture di gas all’Unione europea e per respingere la tentazione di ricorrere a esportatori monopolisti è una maggiore diversificazione delle risorse energetiche e delle reti di trasporto. Quarto, dobbiamo incrementare la mobilità e gli scambi nei settori della cultura e dell’istruzione. Queste due aree di attività sono interconnesse e complementari l’una rispetto all’altra; hanno un impatto sull’immagine positiva dell’Unione a est e aumentano la tolleranza reciproca e la cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo.

Il Parlamento europeo deve tenere una discussione separata sul tema del partenariato orientale.

 
  
  

- Relazione Dahl (A6-0426/2008)

 
  
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  Richard Corbett, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, ho votato con grande piacere a favore di questa relazione e formulo all’onorevole Dahl i miei migliori auguri per il suo congedo di maternità. Purtroppo, la relatrice non può essere presente qui oggi.

E’ significativo che l’onorevole Dahl sia stata disponibile, in quanto membro del gruppo Indipendenza/Democrazia, a fungere da relatrice e quindi a contribuire costruttivamente ai lavori del Parlamento, a differenza dei suoi colleghi del cosiddetto partito indipendentista del Regno Unito, i quali – se non mi sbaglio – non sono mai stati autori di nessuna relazione da quando, quattro anni e mezzo fa, una banda eterogenea formata da dodici loro rappresentanti è stata eletta in occasione delle ultime elezioni europee. Tutto quello che sanno fare è starsene ai margini e sparare a zero, di solito per ignoranza, non essendo disposti a impegnarsi nel lavoro concreto che stiamo facendo trasversalmente, con il coinvolgimento di tutti i gruppi politici presenti in Parlamento, al fine di garantire che la legislazione e le politiche dell’Unione siano sottoposte a un attento scrutinio e rappresentino un giusto equilibrio degli interessi dei singoli Stati membri e delle nostre diverse opinioni politiche. L’unica cosa che vogliono fare è essere negativi e contrari a tutto. Che differenza tra loro e l’onorevole Dahl!

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Onesta (A6-0027/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) Una delle armi più importanti nell’arsenale dei diritti dei cittadini europei è il diritto di presentare petizioni. Abbiamo adottato ulteriori misure di natura procedurale.

- Quando una petizione è sottoscritta da più persone, i firmatari nomineranno un loro rappresentante e rappresentanti sostituti che saranno considerati come firmatari ai fini e per gli scopi dell’applicazione delle norme.

- Si pone rimedio al ritiro del sostegno alla petizione da parte del firmatario.

- Le petizioni e la corrispondenza con i firmatari possono essere redatte anche in una delle altre lingue utilizzate negli Stati membri (come il basco e il galiziano).

- La commissione responsabile deve accertare la ricevibilità della petizione. La petizione può essere considerata ricevibile su richiesta di solo un quarto dei membri della commissione.

- Si possono suggerire mezzi di ricorso alternativi.

- Una volta registrate, le petizioni diventeranno, di norma, documenti pubblici.

 
  
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  Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Sono favorevole alla relazione dell’onorevole Onesta, ma lancio un appello affinché, nell’esaminare le petizioni, si tenga conto di due aspetti. Il primo riguarda la presentazione dell’oggetto della petizione e il secondo il fatto che soltanto il firmatario può rivolgersi alla Commissione, non la parte avversa. Nella petizione n. 0795/2007 i fatti sono illustrati in modo travisato e tendenzioso e alla parte avversa, la Chiesa ortodossa bulgara, non è stato chiesto di far conoscere la propria posizione. Durante la sua missione conoscitiva in Bulgaria, dal 27 al 30 ottobre 2008, la Commissione non si è informata di quale fosse il parere della Chiesa ortodossa bulgara. Simili tentativi di denigrare la santa Chiesa ortodossa in Bulgaria e di minare il suo diritto all’autodeterminazione sono il risultato di una valutazione errata della petizione presentata dal Sinodo alternativo, che ha creato le condizioni per fuorviare i membri della Commissione.

I presentatori della petizione intendono decidere del destino della Chiesa ortodossa bulgara non secondo i canoni della Chiesa, che si sono andati formando nel corso di secoli, bensì per mezzo di un intervento di un’istituzione secolare, cioè la Corte di giustizia di Strasburgo.

Dopo lo scisma verificatosi all’interno della Chiesa e risolto con un processo canonico nel 1998, la Corte di giustizia di Strasburgo ha emesso un pronunciamento sullo quello stesso problema, interno della Chiesa, in una materia in cui la Chiesa ortodossa bulgara non era neppure parte avversa. La verità è che nessun tribunale secolare ha l’autorità o la capacità di dirimere dispute ecclesiastiche.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato per la relazione perché sono favorevole alla revisione delle disposizioni del regolamento riguardanti la procedura di petizione. Penso che la revisione ci permetterà di migliorare tale procedura sotto il profilo della valutazione e della classificazione delle petizioni. Le nuove norme faciliteranno il disbrigo delle petizioni, favorendo così gli interessi dei cittadini.

Uno degli importanti cambiamenti apportati alla procedura di petizione è l’accento che è stato posto sulla privatezza o riservatezza della petizione. La privatezza riguarda il nome e i dati personali del presentatore della petizione, mentre la riservatezza riguarda l’oggetto della petizione. Secondo le nuove norme è il firmatario a decidere se rinunciare o meno alla privatezza o alla riservatezza, oppure a entrambe.

Ritengo inoltre che la dichiarazione di ricevibilità di una petizione da parte della maggioranza qualificata sia estremamente importante, posto che il diritto di presentare petizioni è un diritto fondamentale dei cittadini, basato sulla legislazione primaria, e non può essere limitato da una decisione di tipo politico. Le nuove norme prevedono che, se la commissione responsabile non trova un accordo sulla ricevibilità di una petizione, questa potrà essere dichiarata ricevibile su richiesta di almeno un quarto dei membri della commissione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole sulla relazione presentata dall'onorevole Onesta riguardante la revisione del regolamento sulla procedura di petizione.

Concordo con il collega nel ritenere che non sia necessaria una modifica sostanziale delle norme esistenti ma un miglioramento della trasparenza e della chiarezza delle stesse. Credo inoltre che sia necessario sottolineare l'importanza del fattore tecnologico, che ha compiuto nell'arco degli ultimi anni progressi enormi, ma che sia altresì doveroso non tralasciare il rispetto dell´individuo e del suo fondamentale diritto alla vita privata.

 
  
  

- Relazione Riera Madurell (A6-0007/2009)

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di regolamento sull’infrastruttura di ricerca europea mira a favorire l’attuazione della cosiddetta quinta libertà, ossia la libertà di circolazione all’interno dell’Unione dei ricercatori della conoscenza e della scienza, e si incentra sui criteri della concorrenza, della prestazione e dell’adeguamento della ricerca scientifica alle scelte e agli obiettivi del capitale, così come sono espressi nella strategia di Lisbona, contraria alle esigenze della base e del mondo del lavoro.

La “libertà di accesso” all’infrastruttura di ricerca di ciascuno Stato membro offre al capitale l’opportunità di sfruttare direttamente tutte le attività di ricerca finanziate dagli Stati membri, di controllare e programmare la ricerca in modo che sia ristretta ai meccanismi dell’Unione europea e dei monopoli, di portare avanti l’idea dell’eccellenza fondata sul mercato invece che su criteri scientifici, nonché di concentrare la ricerca in un numero sempre più piccolo di centri/imprese di ricerca.

L’applicazione dei criteri della proprietà intellettuale, il rapporto diretto tra ricerca e produzione attraverso gli specialisti dell’impresa, l’operatività dei centri secondo i principi finanziari del settore privato e l’esigenza che tali centri siano finanziati da imprese sponsor porta la ricerca all’interno della logica del massimo profitto.

La ricerca dovrebbe essere eseguita solamente con finanziamenti statali. Dovrebbe essere equamente divisa tra i diversi settori scientifici e orientata al soddisfacimento delle esigenze di base e al miglioramento della vita dei lavoratori.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione esamina gli obiettivi del Libro verde del 2007 sullo Spazio europeo della ricerca: infrastrutture di ricerca di portata mondiale. Su mandato del Consiglio, nell’aprile 2002 il Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca (ESFRI) ha cominciato a sviluppare un approccio coordinato alle attività nel campo delle infrastrutture di ricerca. Sebbene si dica che il quadro giuridico proposto miri a facilitare la creazione di simili infrastrutture, l’esperienza ha dimostrato che di solito sono i paesi più sviluppati a beneficiarne maggiormente.

A nostro parere, non sussiste alcun dubbio sull’importanza di semplificare la creazione in Europa di infrastrutture di ricerca di livello mondiale, con il valore aggiunto che esse possono apportare sotto il profilo di una migliore qualità della ricerca e dell’istruzione, dei legami già instaurati tra i ricercatori pubblici e privati e, in generale, di un impatto socioeconomico positivo.

Non condividiamo tuttavia l’affermazione secondo cui l’insediamento di infrastrutture di grandi dimensioni dovrebbe creare soltanto in determinate aree maggiori opportunità di raggiungere l’eccellenza nella ricerca – il che viene a dire che determinati paesi sarebbero i principali beneficiari di tale processo. Noi vogliamo che tutti se ne possano avvantaggiare, anche chi non può fondare simili centri, in modo da garantire la democratizzazione della ricerca nelle aree più diverse. Per tale motivo abbiamo deciso di astenerci.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Ci sono molte buone ragioni per semplificare le possibilità di cooperazione transfrontaliera nel campo della ricerca nell’Unione europea. La proposta di creare una nuova entità giuridica comune potrebbe rappresentare un passo in questa direzione, e il testo della proposta rivela che la Commissione è profondamente consapevole dell’importanza della ricerca e delle sue particolari condizioni di lavoro.

Junilistan rimane nondimeno irremovibile per quanto attiene alla politica fiscale. L’accertamento della base imponibile è una competenza nazionale di importanza assolutamente fondamentale. Ho pertanto votato contro la proposta della Commissione e contro la relazione.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Le infrastrutture di ricerca svolgono un ruolo sempre più importante per quanto riguarda i progressi della conoscenza e della tecnologia mettendo a disposizione servizi di ricerca eccezionali a utenti di paesi diversi.

Un aspetto che può essere considerato come estremamente importante è che questi servizi, mettendo a frutto il potenziale di ricerca di ciascuna regione dell’Unione, faranno interessare i giovani alla scienza, svolgendo così un ruolo chiave nella creazione di un ambiente attivo per la ricerca e l’innovazione.

Nei paesi meno sviluppati, però, e dicendo questo mi riferisco anche alla Romania, le limitate risorse disponibili e la complessità degli aspetti tecnici e organizzativi rappresentano un grave impedimento alla creazione di un’infrastruttura di ricerca europea. Ne consegue che, dato che tali strutture potranno affermarsi soltanto nei paesi sviluppati, dobbiamo evitare che si verifichino nuove fughe di cervelli dall’Unione europea verso tali centri.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole sulla proposta di regolamento del Consiglio relativa al quadro giuridico comunitario per l'infrastruttura di ricerca europea (ERI), in quanto ritengo necessario che gli Stati membri dell'Unione europea debbano adottare un approccio coordinato per lo sviluppo di una politica unitaria nel settore della ricerca, considerando anche che il quadro legislativo nazionale e internazionale vigente è inadeguato agli ambiziosi obiettivi che questa Unione si propone in termini di ricerca.

Credo inoltre che sia critico agire per il miglioramento dell'interfaccia industria-ricerca universitaria, ancora troppo debole in alcuni paesi dell'Unione europea, tra cui l'Italia. Infine, la ricerca stessa dovrebbe a mio giudizio essere caratterizzata da maggiori interconnessioni tra ricercatori pubblici e privati, perché solo attraverso una collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti la ricerca può essere foriera di un effettivo e bilanciato progresso tecnologico.

 
  
  

- Relazione Morillon (A6-0009/2009)

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Morillon che modifica la convenzione per la cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale. Non ritengo, tuttavia, che l’Unione europea dovrebbe essere una parte contraente della convenzione; penso invece che i singoli paesi dell’Atlantico nord-orientale interessati alla pesca dovrebbero unirsi a Russia, Islanda e Norvegia come parti contraenti indipendenti.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, voto favorevolmente la relazione presentata dal collega Morillon in merito alle modifiche alla Convenzione per la cooperazione multilaterale per la pesca nell'Atlantico nord-orientale.

La Commissione per la pesca nell'Atlantico nord-orientale, istituita dalla citata Convenzione, svolge un ruolo prezioso per la conservazione e l'utilizzo efficiente delle risorse legate alla pesca, proponendosi inoltre di favorire la cooperazione tra gli Stati interessati dalla Convenzione.

Sono favorevole alle modifiche apportate alla Convenzione perché permettono di fissare procedure per la composizione delle controversie e di attuare una migliore gestione delle risorse ittiche, risultando quindi un utile strumento per lo sviluppo del settore della pesca.

 
  
  

- Relazione Kinnock (A6-0039/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) In merito alla proposta di risoluzione del Parlamento europeo concernente il posto speciale da riservare ai minori nell’azione esterna dell’Unione europea, sono favorevole alla relazione laddove essa si richiama ai diritti delle persone più vulnerabili della società, cioè i bambini, ma, in coerenza con tale posizione, non condivido talune clausole che possono ammettere il ricorso all’aborto.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Signor Presidente, io voto favorevolmente. Il futuro dei minori richiede e merita attenzione. I bambini stessi ci chiedono di essere consultati e vogliono che le loro opinioni e prospettive, le loro speranze e i loro sogni entrino a far parte degli sforzi per costruire un mondo adatto a loro.

Nel perseguire gli obiettivi di sviluppo del Millennio dovremo dedicare maggiore attenzione, in tutte le nostre strategie, iniziative e decisioni di finanziamento, alle priorità fissate dai bambini per i bambini. Nel corso del mio mandato, ho avuto l'opportunità di effettuare viaggi nei paesi del terzo mondo e di collaborare con grandi Onlus come l'Unicef e mi rendo conto che sono molte le azioni prioritarie da affrontare.

Se vogliamo ottenere miglioramenti sostenibili per i minori dobbiamo concentrarci sulle cause primarie delle violazioni dei loro diritti, ma soprattutto collaborare con tutte le associazioni di volontariato che ormai da anni si sono ben radicate all'interno di queste realtà ben diverse dalla nostra Europa, sia dal punto di vista culturale, che economico, strutturale e politico.

 
  
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  Louis Grech (PSE), per iscritto. (EN) In merito alla proposta di risoluzione del Parlamento europeo concernente il posto speciale da riservare ai minori nell’azione esterna dell’Unione europea, la nostra delegazione è favorevole alla relazione laddove essa si richiama ai diritti delle persone più vulnerabili della società, cioè i bambini. Sebbene la risoluzione non contenga alcun riferimento diretto a un sostegno all’aborto, voglio precisare che noi non siamo favorevoli a talune clausole che possono ammettere il ricorso all’aborto.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Considero l’Unione europea come una comunità di valori e sono favorevole a molte delle disposizioni contenute nella relazione, la quale richiama la nostra attenzione sulla condizione vulnerabile dei minori in tutto il mondo. E’ chiaro che la società deve assumersi la responsabilità di tutelare i diritti dei bambini, di ridurre la mortalità infantile nei paesi poveri e di contrastare tutte le forme di sfruttamento dei minori.

La relazione contiene però anche affermazioni che mi è difficile condividere, tra cui la proposta di nominare uno speciale rappresentante dell’Unione europea con il compito di garantire la visibilità e la leadership in merito ai diritti dei minori. Le decisioni sulle misure necessarie per tutelare i diritti dei minori sono e devono restare di competenza dei parlamenti nazionali. Se la cooperazione internazionale è considerata necessaria, deve essere promossa nel contesto delle Nazioni Unite, non in quello dell’Unione europea.

A dispetto di queste riserve, ho deciso di votare a favore della relazione.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ho deciso di astenermi dalla votazione finale sulla relazione a causa di alcuni dubbi in riferimento al paragrafo 44. In linea generale, l’impianto della relazione è ottimo perché vi si sottolinea l’esigenza di riservare un’attenzione particolare ai minori nell’azione esterna dell’Unione europea. Appoggio, quindi, la maggior parte dei paragrafi della relazione, ma a causa di alcune preoccupazioni non ho partecipato alla votazione sul paragrafo 44.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole riguardo alla relazione presentata dalla collega Kinnock concernente i minori e la politica esterna dell'Unione europea.

La tutela dei minori è sicuramente un obiettivo di grande rilevanza che si prefigge l'Unione europea sia nel territorio interno sia al di fuori della Comunità. Nel corso degli anni le istituzioni comunitarie hanno attribuito una sempre maggiore importanza alla tutela dei diritti dell'infanzia, che deve essere tenuta ben presente in sede di adozione di politiche. Sono dunque favorevole al fatto che sia opportuno coinvolgere maggiormente i minori al momento di prendere le decisioni a loro indirizzate, iniziando dal livello locale in cui essi hanno più possibilità di incidere su temi ad essi vicini.

Ritengo, inoltre, che per permettere ai minori di esercitare pienamente i loro diritti sia necessario intraprendere, a livello globale, azioni riguardo alle seguenti priorità: riduzione della povertà, lotta alla discriminazione, aumento del livello e della qualità dell'istruzione. Per raggiungere tali ambiziosi obbiettivi sarà fondamentale dedicare maggiori risorse intellettuali e finanziarie.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Ho votato contro questa proposta di risoluzione.

Uno dei motivi del mio voto contrario è che la Commissione non dispone di competenze generali nel campo dei diritti fondamentali, compresi i diritti dei minori, né in base ad accordi internazionali né in base alla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee [COM(2006) 367, paragrafo 1.3., pagina 3]. L’altro motivo è che l’Unione europea intende usare questa risoluzione per acquisire poteri che non ha.

La risoluzione non riconosce la sovranità dei paesi in via di sviluppo nel settore dell’etica. E’ in contrasto con il paragrafo 9 della piattaforma d’azione della quarta conferenza mondiale sulle donne, svoltasi a Pechino nel 1995, nel quale si afferma che l’attuazione della piattaforma, anche attraverso norme nazionali e la definizione di strategie, politiche, programmi e priorità di sviluppo, è di esclusiva competenza degli Stati, in conformità di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali, e che l’importanza e il pieno rispetto della diversità dei valori religiosi ed etici, delle provenienze culturali e delle convinzioni personali dei singoli e delle loro comunità dovrebbero aiutare le donne a esercitare pienamente i loro diritti umani per conseguire la parità, lo sviluppo e la pace.

Infine, la relazione mette in evidenza anche il tema della salute sessuale e riproduttiva, un termine che non è mai stato definito dall’Unione europea. L’Organizzazione mondiale della sanità e alcune organizzazioni non governative utilizzano questo termine per sostenere la pratica dell’aborto. La risoluzione appoggia apertamente, nel paragrafo 44, il concetto di salute sessuale e riproduttiva, pur senza definirlo e senza rispettare le competenze comunitarie in questo campo. Ciò è inaccettabile.

 
  
  

- Relazione Cottigny (A6-0023/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) La dimensione globale dell’attuale crisi finanziaria fa sì che la crisi toccherà gli Stati membri indipendentemente dalla loro struttura economica; il relatore ritiene pertanto che dobbiamo riesaminare il diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione. Questo diritto, diversamente da quanto si pensa comunemente, non è una procedura che impedisce a un’impresa di reagire ai cambiamenti. Le parti interessate – datori di lavoro, lavoratori dipendenti e istituzioni governative – devono comprendere che tale procedura è lo strumento più adatto per aiutarli a prevedere le conseguenze economiche e sociali dei cambiamenti nell’ambiente in cui opera un’impresa.

Per tale motivo, tutti i datori di lavoro e i lavoratori dipendenti devono conoscere e accettare questa procedura del modello sociale europeo. Qualsiasi azienda che operi sul territorio dell’Unione europea e si trovi ad affrontare simili cambiamenti del proprio ambiente economico dovrebbe ricorrere alle stesse misure di preallarme e preparazione che usano i suoi concorrenti nell’Unione. Detto per inciso, ciò incoraggerebbe una concorrenza equa tra le imprese, in linea con le norme del mercato interno.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole a questa relazione, che è stata promossa dal gruppo socialista e riguarda i diritti dei lavoratori all’informazione e alla consultazione. La relazione invita gli Stati membri ad applicare meglio la direttiva quadro del 2002, in particolare:

- introducendo sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive;

- garantendo che le informazioni siano inviate tempestivamente, per consentire ai rappresentanti dei lavoratori di reagire prima che gli amministratori dell’impresa prendano una decisione;

- elevando le soglie di organico dell’impresa, a prescindere dall’età e dal tipo di contratto dei dipendenti, per comprendere tutti i lavoratori.

La relazione invita inoltre la Commissione ad avviare procedure d’infrazione contro gli Stati membri che non applicano queste norme e ad accertarsi che tutte le direttive sull’informazione e sulla consultazione siano tra loro coerenti, proponendo, ove necessario, una revisione.

Dobbiamo dare più voce ai lavoratori nel processo decisionale delle imprese. Tale esigenza è tanto più importante in un periodo di crisi, per limitare o evitare la cancellazione di posti di lavoro.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Durante la discussione su questa relazione abbiamo cercato di migliorarla sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori in tutti i settori. Siamo quindi lieti che la nostra proposta sia stata adottata e inserita nella risoluzione del Parlamento europeo con il testo seguente:

“garantire ai rappresentanti dei lavoratori dell'amministrazione pubblica e delle imprese statali o del settore finanziario gli stessi diritti di informazione e consultazione attribuiti alle altre categorie di lavoratori”.

Ci auguriamo che gli Stati membri ne tengano conto, garantendo così a tutti i lavoratori gli stessi diritti all’informazione e alla consultazione.

La posizione della relazione è complessivamente positiva perché sottolinea la necessità di potenziare i diritti all’informazione e alla consultazione nei diversi Stati membri. Speriamo altresì che la Commissione europea sottoporrà una relazione di valutazione sui risultati ottenuti grazie all’applicazione della direttiva 2002/14/CE per quanto riguarda il rafforzamento del dialogo sociale.

Sul tema delle fusioni e delle acquisizioni, la relazione avrebbe potuto osare di più, in linea con quanto avvenuto in precedenza, soprattutto in occasione dell’adozione della nostra proposta che mira a garantire, durante tutta la procedura di ristrutturazione di un’impresa, in particolare nel settore industriale, l’accesso dei rappresentanti dei lavoratori alle informazioni e il loro coinvolgimento nel processo decisionale, anche con il diritto di veto, qualora le imprese non adempiano gli obblighi contrattuali.

 
  
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  Malcolm Harbour (PPE-DE), per iscritto. (EN) I conservatori appoggiano pienamente i principi della consultazione e del coinvolgimento dei lavoratori nella gestione delle imprese di successo.

Non riteniamo, però, che questo sia un settore adatto per un intervento a livello di Unione europea.

Pur incoraggiando, in termini generali, una trasposizione coerente ed efficace del diritto comunitario, abbiamo tuttavia giudicato opportuno astenerci dal voto su questa relazione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole a questa relazione, che invita i paesi che non lo hanno ancora fatto ad applicare una direttiva del 2002 volta a rafforzare il processo di informazione e consultazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea. La relazione sollecita la Commissione ad adottare misure immediate atte a garantire una trasposizione efficace della direttiva e ad avviare procedure d’infrazione contro gli Stati membri che non hanno attuato la direttiva o che non lo hanno fatto correttamente. La relazione chiede che i rappresentanti dei lavoratori siano autorizzati a verificare le informazioni, che le informazioni siano fornite in tempo utile prima della consultazione e che i sindacati partecipino a tale processo, per consolidare il dialogo sociale.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Cottigny riguardo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nella Comunità europea.

La direttiva 2002/14/EC è stato un gran passo in avanti in materia di coinvolgimento democratico dei lavoratori nelle decisioni riguardanti le imprese in cui essi svolgono l'attività lavorativa, in particolare in un momento come quello attuale in cui le difficoltà economiche spingono molte imprese a prendere decisioni critiche quali le ristrutturazioni e le delocalizzazioni.

Tuttavia, si è giustamente rilevato come la direttiva non sia stata recepita correttamente in diversi paesi, in cui sono state adottate disposizioni piuttosto riduttive, mentre sarebbe importante compiere uno sforzo di armonizzazione delle legislazioni tra gli Stati membri dell'Unione, al fine di poter garantire alle imprese europee gli stessi strumenti per anticipare e prepararsi ai cambiamenti dell'ambiente economico in cui operano.

Sempre a questo scopo, sarebbe inoltre opportuno estendere l'applicabilità della direttiva a tutte le PMI europee, incluse le più piccole in termini di persone occupate, cosicché nessuna possa esserne svantaggiata.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Sono favorevole a questa iniziativa che è di sostegno ai lavoratori, poiché informare e consultare i lavoratori è un elemento fondamentale dell’economia sociale di mercato. L’informazione e la consultazione dei lavoratori non dovrebbe essere vista come un ostacolo allo sviluppo dell’attività imprenditoriale. Nella situazione attuale, sconvolta dalla crisi finanziaria, dobbiamo rafforzare i diritti democratici dei lavoratori a partecipare al processo decisionale, tanto più adesso che sono previste ristrutturazioni, fusioni e trasferimenti della produzione.

Credo che consultare i dipendenti sia particolarmente importante e giustificato in riferimento a due aspetti: l’equilibrio tra vita professionale e vita privata e la tutela della domenica come giornata di riposo, che sono i pilastri fondamentali del modello sociale europeo e fanno parte del patrimonio culturale europeo.

Per quanto riguarda l’esigenza che la domenica sia una giornata libera e che nessuno debba essere costretto a lavorare di domenica, l’ho sostenuta nella mia dichiarazione scritta n. 0009/2009, attualmente alla firma del Parlamento.

Per quanto riguarda l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, me ne sono occupata di recente nella mia relazione sulla solidarietà tra le generazioni, nella quale sostengo che è necessario, e cito, “concepire le politiche e gli strumenti che consentano di saldare un lavoro di qualità con le responsabilità di donne e di uomini nel lavoro a domicilio” e che “i progetti familiari, la vita privata e le ambizioni professionali possono essere integrati in modo armonioso solo nel caso in cui le persone interessate sono sul piano socio-economico, realmente libere di scegliere e godono del sostegno fornito dall'adozione di decisioni politiche e economiche a livello europeo e nazionale, senza che ne derivi uno svantaggio”.

 
  
  

- Relazione Toia (A6-0015/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Signor Presidente, sono d'accordo e sostengo pienamente la collega onorevole Toia, la quale pone l'accento sul ruolo dell'economia sociale come creatrice di posti di lavoro di qualità nonché sul rafforzamento della coesione sociale, economica e territoriale, promuovendo la cittadinanza attiva, la solidarietà e una visione dell'economia fatta di valori democratici che metta in primo piano le persone, che appoggi lo sviluppo sostenibile e l'innovazione tecnologica.

Avendo piena consapevolezza che la ricchezza e la stabilità di una società dipendono dalla sua diversità e che l'economia sociale apporta un contributo rilevante a tale diversità, con conseguente rafforzo del modello sociale europeo, e offrendo in questo senso un modello d'impresa che le è proprio contribuendo così a una crescita stabile e durevole dell'economia sociale, sostengo la collega nel ritenere che l'economia sociale potrà svilupparsi completamente soltanto nelle condizioni di poter beneficiare di premesse e condizioni politiche, legislative e operative adeguate.

Ricordando che la Commissione ha già riconosciuto più volte il concetto di economia sociale, concordo nell'invito che la collega pone alla stessa nel promuovere l'economia sociale attraverso le sue nuove politiche e nel difendere il concetto "di fare impresa in un altro modo" insito nell'economia sociale, la cui principale forza non è la redditività economica bensì la redditività sociale.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) L’economia sociale contribuisce al conseguimento dei quattro obiettivi principali della politica per l’occupazione dell’Unione europea: migliorare per i residenti le possibilità di trovare lavoro; incoraggiare le imprese, soprattutto creando posti di lavoro in loco; migliorare le capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori, in particolare ammodernando l’organizzazione del lavoro; rafforzare le politiche per le pari opportunità, innanzi tutto per mezzo di misure politiche pubbliche che aiutino a trovare un equilibrio tra la vita professionale e la vita familiare. Le imprese operanti nell’economia sociale possono apportare alla società grandi benefici aggiuntivi, dato che coinvolgono le persone nello sviluppo economico della società europea, aumentano la democrazia nelle imprese grazie alla partecipazione dei propri membri e dei lavoratori e applicano i principi della responsabilità sociale collettiva e dell’erogazione dei servizi a livello locale.

E’ importante collegare l’economia sociale con le finalità della coesione sociale e della cittadinanza attiva, tenendo conto del carattere dell’economia sociale locale e del suo ruolo di promozione della partecipazione attiva. Le attività citate contribuiscono di solito a rafforzare le relazioni sociali, che sono particolarmente importanti in un mondo che tende sempre più all’isolamento e alla separazione.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole a questa relazione che invita la Commissione a promuovere nelle sue politiche nuove l’economia sociale e a difendere il principio dell’economia sociale di un approccio diverso all’imprenditorialità, un approccio ispirato principalmente non dalla volontà di profitto bensì dall’utilità sociale, per garantire che le caratteristiche peculiari dell’economia sociale siano tenute della dovuta considerazione in sede legislativa. La relazione invita altresì la Commissione e gli Stati membri a fissare un quadro giuridico che riconosca l’economia sociale come un terzo settore, nonché ad adottare norme chiare per l’individuazione delle entità autorizzate a operare ufficialmente come imprese dell’economia sociale.

Le imprese dell’economia sociale si caratterizzano per una forma societaria che è diversa da quella delle società di capitali. Si tratta di aziende private, indipendenti dalle autorità pubbliche, che soddisfano le esigenze e le richieste dei loro membri e le necessità di interesse generale. L’economia sociale è formata da cooperative, società mutue, associazioni, fondazioni e altre imprese e organizzazioni che condividono i requisiti fondativi dell’economia sociale.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Con la nostra partecipazione alla discussione nella commissione per l’occupazione e gli affari sociali abbiamo apportato numerosi contributi e presentato diverse proposte mirate a migliorare la posizione iniziale della relatrice. Non siamo sempre riusciti a far accogliere le nostre opinioni, e quindi la versione finale della risoluzione non è del tutto soddisfacente.

Riconosciamo, tuttavia, il ruolo importante delle varie forme di economia sociale, la ricchezza della diversità delle sue istituzioni e anche le sue caratteristiche specifiche e le sue differenti esigenze. Siamo perciò favorevoli alla concessione di aiuti all’economia sociale; riteniamo nondimeno che ciò non deve andare a scapito della qualità dei servizi pubblici, soprattutto nelle aree dove anche l’economia sociale ha un ruolo importante.

Riconosciamo che l’economia sociale può contribuire a potenziare lo sviluppo economico e sociale e ad aumentare la partecipazione democratica, specialmente se sussistono le condizioni per gli aiuti e se gli stessi non sono usati per minare servizi pubblici universali accessibili a tutta la popolazione. Non va dimenticato che l’economia sociale non può sostituirsi alle risorse e alla gestione pubblica dei servizi pubblici, ma ne può essere tuttavia un importante complemento.

 
  
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  Malcolm Harbour (PPE-DE), per iscritto. (EN) I miei colleghi conservatori britannici ed io siamo senz’altro favorevoli al contributo all’economia europea proveniente dalle organizzazioni e dalle imprese che operano senza fini di lucro. I conservatori credono fortemente, per esempio, nei benefici derivanti dalla cooperazione tra le comunità e nell’opera svolta da istituzioni caritatevoli e dal volontariato in generale, e di recente hanno commissionato un ampio studio in proposito.

Nella relazione, tuttavia, ci sono alcune raccomandazioni per le nuove misure europee che non possiamo accogliere.

Abbiamo perciò deciso di astenerci.

 
  
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  Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Oggi abbiamo votato contro la relazione d’iniziativa dell’onorevole Toia (A6-0015/2009) sull’economia sociale. Pur concordando sull’importanza del ruolo svolto dall’economia sociale nella società attuale, non possiamo accettare che le imprese dell’economia sociale siano sottoposte a regole diverse da quelle delle altre aziende. Non è possibile operare una distinzione netta tra i diversi tipi di impresa e non pensiamo che le cooperative e le società mutue debbano essere privilegiate rispetto alle piccole imprese sotto il profilo, per esempio, delle possibilità di ottenere finanziamenti e altre forme di aiuto.

 
  
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  Lívia Járóka (PPE-DE), per iscritto. (HU) Mi congratulo con l’onorevole Toia per la sua relazione sull’economia sociale, che sottolinea il ruolo chiave svolto dalle imprese dell’economia sociale per l’integrazione nel mercato del lavoro, dato che esse possono contribuire in gran misura allo sviluppo e alla coesione sociale grazie alla loro stretta interconnessione con le comunità locali. Inoltre, i soggetti che operano nell’economia sociale possono aggiungere alla loro attività imprenditoriale le finalità di benessere sociale e possono anche promuovere l’autogestione. In questo modo, un funzionamento efficiente dell’economia sociale, o del terzo settore, assume un’importanza speciale per le persone svantaggiate. In tale contesto rientra anche il problema dell’occupazione dei rom, il cui tasso di disoccupazione ha raggiunto in tutta l’Europa livelli inaccettabili.

Perché l’economia sociale possa funzionare in maniera efficiente, ci deve essere un quadro giuridico adeguato, ossia il riconoscimento giuridico delle varie componenti, siano esse fondazioni, cooperative o associazioni d’altro tipo. E’ importante garantire a tali organizzazioni un più facile accesso al credito, sgravi fiscali e incentivi. E’ opportuno valutare l’ipotesi di introdurre un sistema unico di finanziamento comunitario per le imprese più attive nel campo della coesione sociale.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dalla collega Toia avente ad oggetto l'economia sociale.

Ritengo, al pari della relatrice, che l'economia sociale rivesta un'importanza crescente nella situazione economica attuale, in cui emerge spesso l'esigenza di rispondere a bisogni che le forme tradizionali di economia non sono in grado di realizzare. L'economia sociale svolge certamente un compito importante al fine di raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea, quali il miglioramento dell'occupazione, la coesione sociale e il rafforzamento delle politiche di pari opportunità.

Convengo inoltre sul fatto che l'economia sociale debba comunque confrontarsi con gli sviluppi del mercato, sempre in continua evoluzione, per permettere l'elaborazione di strategie efficaci alla realizzazione dei suoi obiettivi. Ciò può essere reso possibile dalla costituzione di reti tra soggetti interessati, oltre che da una maggiore cooperazione e scambio di esperienze a tutti i livelli: locale, nazionale e transnazionale.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) L’economia sociale si riconosce nei principi fondamentali del modello sociale europeo. Le sue caratteristiche e i suoi valori fondamentali consistono nell’anteporre le persone e gli obiettivi sociali al capitale, coniugando gli interessi dei suoi membri con il bene comune e attuando, per mezzo dei suoi membri, un sistema di controllo democratico. Complessivamente, fanno parte dell’economia sociale il 10 per cento delle imprese europee e il 6 per cento del mercato del lavoro.

L’economia sociale, detta anche “economia solidale” e “terzo settore”, è uno strumento decisivo per raggiungere gli obiettivi di Lisbona. Possiede uno splendido potenziale per la creazione di posti di lavoro e può essere utilizzata efficacemente per conseguire l’obiettivo della crescita economica.

Il terzo settore svolge un ruolo di primo piano nell’economia europea, coniugando il profitto con la solidarietà.

In considerazione della crisi finanziaria cui abbiamo assistito di recente con preoccupazione e che abbiamo invano cercato di superare, è essenziale da parte nostra garantire la stabilità finanziaria. Gli europei hanno paura di perdere il lavoro e si aspettano un trattamento corretto. L’Unione europea e gli Stati membri devono dare una risposta alle esigenze reali, creare opportunità reali e costruire speranze nuove, per il bene di tutti gli europei.

Promuovere l’economia solidale è un modo per migliorare questa situazione.

Appoggio la proposta della relatrice. La Commissione europea deve non solo promuovere l’economia sociale, ma anche adottare azioni concrete per istituire un quadro giuridico all’interno del quale possano operare soggetti quali cooperative, società mutue, associazioni e fondazioni, nonché elaborare un programma che dia sostegno finanziario, consulenza e formazione alle imprese esistenti e a quelle ancora da costituire.

 
  
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  Michel Teychenné (PSE), per iscritto. – (FR) L’economia sociale deve avere, ora più che mai, uno specifico quadro giuridico, e la relazione dell’onorevole Toia è un passo nella giusta direzione.

La Commissione europea ha ritirato due proposte riguardanti la definizione degli statuti delle società mutue e delle associazioni europee. In un periodo in cui le crepe del sistema capitalistico sono evidenti, è strano che vengano ritirate proposte volte a promuovere modalità efficaci e alternative di organizzazione economica.

Fondata sui principi della reciprocità e dell’interdipendenza, l’economia sociale propugna un nuovo concetto di pratica imprenditoriale che è più umano e rompe con l’approccio capitalistico della mera ricerca del profitto. Negli ultimi anni l’economia sociale si è diffusa con successo e oggi rappresenta il 10 per cento delle imprese e il 6 per cento dei posti di lavoro dell’Unione europea.

Per deplorevole che sia stato il comportamento della Commissione, possiamo nondimeno essere soddisfatti del voto del Parlamento. Vanno accolte con favore sia la richiesta di tener conto, in sede di definizione delle politiche europee, delle caratteristiche dell’economia sociale, sia la domanda di riattivare lo specifico capitolo di bilancio.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Nella risoluzione su donne e povertà nell’Unione europea (A6-0273/2005), cito e sottolineo ancora una volta l’urgente necessità di sostenere una nuova Europa fondata sulla coesistenza creativa di culture e mentalità e sul pieno rispetto dell’alterità; un’Europa in cui il concetto di libertà responsabile non si riferisce soltanto alla libera circolazione di capitali, e nella quale i cittadini mettono insieme le loro abilità indipendentemente dallo status sociale; un’Europa in cui la creatività è valorizzata e la dignità di ogni cittadino è tutelata per il bene comune. Cito anche le nuove forme di povertà e l’emarginazione sociale, che dovrebbero stimolare la creatività tra le persone che ne sono colpite.

La relazione dell’onorevole Toia sostiene tale approccio; me ne compiaccio e ho quindi votato a favore.

Poiché i valori dell’economia sociale di mercato sono di solito in armonia con i fini universali dell’Unione europea per quanto riguarda l’inclusione sociale, tali valori dovrebbero comprendere un posto di lavoro adeguato, la formazione e specializzazione nonché il reintegro nel mercato del lavoro. Le economie sociali hanno dimostrato di essere in grado di migliorare significativamente le condizioni delle persone svantaggiate; ne sono un esempio le società operanti nel settore del microcredito, ideato dal Premio Nobel Muhammad Junus, che hanno migliorato la condizione e aumentato l’influenza delle donne mettendole in grado di migliorare la loro situazione finanziaria e familiare. L’innovazione sociale aiuta le persone con disabilità a trovare soluzioni personali ai loro problemi sociali e l’equilibrio tra la vita professionale e la vita privata, ad affermare le pari opportunità tra uomo e donna e a migliorare la qualità della vita familiare e le capacità di assistere bambini, anziani e disabili.

 
  
  

EN- Relazione Tzampazi (A6-0034/2009)

 
  
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  Liam Aylward (UEN), per iscritto. (EN) Una persona su quattro è affetta da disturbi mentali, un dato impressionante. La stigmatizzazione e la discriminazione nei confronti delle persone affette da patologie mentali si verificano ancora. Si prevede che entro il 2020 la depressione diventerà la prima causa di malattia nei paesi industrializzati. Attualmente, nell’Unione europea, vengono commessi circa 58 000 suicidi all’anno, una cifra superiore al numero di decessi causati da incidenti stradali o omicidi.

L’organizzazione di campagne informative nelle scuole e l’istituzione di una piattaforma che da lì arrivi a coinvolgere ogni ambito sono di fondamentale importanza. In qualità di legislatori, operatori sociali e figure di riferimento nell’ambito delle nostre comunità, dobbiamo concentrarci sulla diagnosi precoce e sul pronto intervento per contrastare la stigmatizzazione.

Le ricerche condotte hanno messo in evidenza un elemento fondamentale per i nostri servizi: a determinare la salute mentale di un individuo sono i primi cinque anni di vita. La promozione della salute mentale dei bambini rappresenta, dunque, un investimento per il futuro.

I progetti promossi dall’Unione europea si sono già rivelati efficaci nella lotta alla depressione post-partum, nel miglioramento delle capacità parentali, nell’organizzazione di incontri a domicilio con educatori per assistere i futuri genitori e i neo-genitori, e nello stanziamento di fondi per le scuole. Le ricerche dimostrano che l’assegnazione di risorse alle scuole, a tutto vantaggio dei nostri adolescenti, può migliorare lo sviluppo infantile e ridurre i sintomi da bullismo, ansia e depressione.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Noi rappresentanti dei conservatori svedesi abbiamo oggi espresso voto favorevole alla relazione d’iniziativa (A6-0034/2009) dell’onorevole Tzampazi sulla salute mentale. Rispettiamo la decisione degli Stati membri di sottoscrivere il Patto europeo per la salute mentale e il benessere, citato nella relazione. Ci sembra del tutto naturale che gli Stati membri cooperino tra di loro e attuino uno scambio di esperienze in questo ambito secondo modalità proprie.

Ci opponiamo tuttavia al punto della relazione in cui si richiede la stesura di orientamenti europei per una copertura responsabile della salute mentale da parte dei media. Non siamo dell’idea che ciò vada fatto a livello europeo, ma riteniamo che i mass media debbano mantenere la loro libertà e indipendenza.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La riorganizzazione del sistema sanitario nell’ambito delle patologie mentali, ora in via di adozione, giova agli interessi del capitale, alle ristrutturazioni capitaliste e alla mercificazione della salute, piuttosto che agli interessi dei pazienti. La maggior parte dei servizi per la salute mentale, perlomeno quelli che producono profitti per il capitale, sono in corso di privatizzazione nel quadro della strategia di Lisbona.

La stragrande maggioranza dei pazienti affetti da patologie mentali e ricoverati presso gli ospedali psichiatrici e altre strutture assistenziali si trovano ad affrontare delle condizioni di vita dure e assolutamente umilianti e, a livello di assistenza primaria e secondaria, sussistono delle enormi carenze.

Gli interventi nel settore sanitario ad opera di ONG, di sponsor e di altri “filantropi” diversi dagli investitori privati costituiscono un alibi e, allo stesso tempo, un ponte verso la completa privatizzazione dei servizi.

Oltre ai malati affetti da patologie mentali, le vittime delle infrastrutture private, o cosiddette “sociali”, sono proprio i lavoratori, i cui diritti vengono violati e che sono inseriti in programmi di lavoro a tempo determinato, sotto la costante minaccia del licenziamento.

Sosteniamo l’abolizione di forme disumane di assistenza psichiatrica sul modello del manicomio, applicate dai governi borghesi, la creazione di una rete integrata di servizi per la salute mentale nel quadro di un sistema sanitario e sociale unico, pubblico e gratuito, e l’abolizione di qualunque attività commerciale che non soddisfi le reali esigenze non solo dei pazienti ma anche delle loro famiglie e di tutte le persone coinvolte.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione cerca di richiamare l’attenzione sulla salute mentale che, come indicato dalla relatrice, influisce sulla nostra vita quotidiana ed è un fattore che contribuisce al benessere e alla giustizia sociale. Al contrario, le patologie mentali compromettono la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie e si ripercuotono sulla sanità, sull’economia, sull’istruzione, sulla sicurezza e sociale e sul settore penale e giuridico.

Oggi è sempre più forte la consapevolezza che non può esserci salute se non c’è salute mentale. E’ necessario prendere in considerazione alcune cifre fornite nella relazione, in particolare:

- una persona su quattro sarà colpita da qualche forma di disturbo mentale almeno una volta nel corso della propria vita;

- la depressione rappresenta uno dei disturbi più diffusi – essa interessa almeno una donna su sei in Europa – e si stima che, entro il 2020, diventerà la patologia più diffusa nei paesi industrializzati e la seconda causa di invalidità;

- nell’Unione europea, i suicidi commessi sono circa 59 000 ogni anno , il 90 per cento dei quali è da attribuirsi a disturbi mentali;

- i gruppi sociali più vulnerabili, quali disoccupati, immigrati, disabili, persone con storie di abusi e chi assume sostanze psicoattive, corrono un rischio maggiore di sviluppare patologie mentali.

Un approccio concertato alle sfide poste dalle patologie mentale è di grande importanza e andrebbe affrontato con la stessa serietà mostrata nei riguardi della salute fisica.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho espresso voto favorevole su questa relazione sulla salute mentale, che mira a garantire che tale sfida rimanga una delle priorità politiche dell’Unione europea nel settore della sanità.

La relazione chiede l’adozione di misure di prevenzione della depressione e del suicidio, e di promozione della salute mentale tra i giovani nelle istituzioni scolastiche, nonché sul posto di lavoro e tra gli anziani. Il testo sottolinea, altresì, la necessità di contrastare la stigmatizzazione e l’esclusione sociale e invita anche la Commissione a proporre degli indicatori comuni al fine di migliorare la comparabilità dei dati e facilitare lo scambio di buone prassi e la cooperazione tra gli Stati membri per promuovere la salute mentale.

Infine, sono felice che la relazione faccia una chiara distinzione tra i disturbi neurodegenerativi, come ad esempio il morbo di Alzheimer, e le patologie mentali. Il morbo di Alzheimer è, infatti, un tipo di patologia molto particolare, che non andrebbe trattato allo stesso modo dei disturbi mentali.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione Tzampazi affronta un importante problema di sanità. Una persona su quattro viene colpita da una qualche patologia mentale grave nel corso della propria vita: questo significa che, di fatto, ognuno di noi sarà colpito da una patologia mentale o avrà vicino qualcuno che ne è affetto. Purtroppo, poiché le patologie mentali sono tuttora oggetto di stigmatizzazione, gli Stati membri devono assolutamente cooperare per eliminare tale atteggiamento e mettere in atto provvedimenti al fine di garantire un trattamento giusto ed equanime.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. (EN) Secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), sono 450 milioni le persone che si trovano attualmente ad affrontare un qualche tipo di disturbo mentale, comportamentale o psicologico, un numero che rappresenta il 12 per cento della popolazione mondiale.

Allo stesso modo, si sostiene che entro il 2020 la depressione diventerà la patologia più diffusa della società moderna.

In Romania, ad esempio, prendendo in considerazione un solo ospedale, la clinica psichiatrica Alexandru Obregia, ci sono stati ben 22 000 ricoveri nel 2008, la maggior parte dei quali per casi di depressione e schizofrenia.

Le categorie di persone di cui fanno parte individui vulnerabili ed emarginati, quali ad esempio i disoccupati e gli immigrati, come anche i disabili e le persone con storie di abusi, hanno una maggiore predisposizione a sviluppare la depressione all’interno dell’attuale congiuntura economica negativa.

Ogni paese si trova ad affrontare il problema della mancanza di personale medico specializzato nel trattamento di disturbi mentali. La media per i paesi poveri è di 0,05 psichiatri ogni 100 000 abitanti. In moltissimi paesi il problema è aggravato dal fatto che il personale medico specializzato emigra all’estero. Credo che, in via prioritaria, sarà necessario affrontare il problema della salute mentale delle persone in maniera molto meno superficiale e che tutti gli Stati membri dovranno adottare programmi comuni per limitare, in tutti i modi, la diffusione del problema.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Esprimo il mio sostegno a questa relazione che chiede agli Stati membri di organizzare campagne di sensibilizzazione, di contrastare la stigmatizzazione e l’esclusione sociale e di migliorare la legislazione in materia di salute mentale. Una persona su quattro sarà colpita da una qualche patologia mentale almeno una volta nel corso della propria vita, e ciononostante la malattia mentale è ancora oggetto di stigmatizzazione. La relazione in esame codifica i principi, i valori e gli obiettivi di base di una politica in materia di salute mentale necessaria in Europa per promuovere una migliore comprensione del problema.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione ed esprimo particolare preoccupazione per le pressioni che l’attuale crisi economica sta esercitando sugli individui e sulle famiglie, che potrebbero sfociare in un aumento dei problemi causati dalle patologie mentali.

Una persona su quattro sarà colpita da un qualche disturbo mentale almeno una volta nel corso della propria vita.

La depressione rappresenta uno dei disturbi più diffusi che, in Europa, interessa una donna su sei. Si stima che, entro il 2020, essa diventerà la patologia più diffusa nei paesi industrializzati. Nell’Unione europea, sono circa 59 000 i casi di suicidio all’anno, il 90 per cento dei quali è riconducibile ad un qualche disturbo mentale.

Dobbiamo concentrarci sulle problematiche che riguardano la salute mentale allo stesso modo in cui ci concentriamo sulla salute fisica.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio giudizio positivo per quanto concerne la relazione presentata dalla collega Tzampazi riguardo alla questione della salute mentale.

Convengo con la relatrice sull'importanza di considerare la salute mentale quale elemento di notevole influenza per il conseguimento di una buona qualità della vita al pari della salute fisica. La salute mentale va perseguita sia nelle persone giovani che negli adulti e gli anziani, con una specifica attenzione per questi ultimi, più a rischio di malattie degenerative, e per le donne, più esposte al problema della depressione.

Per far sì che si raggiungano gli obiettivi in questione, è necessario, in particolare, porre in essere azioni volte a contrastare l'esclusione sociale e l'emarginazione, che possono contribuire a creare situazioni di disagio mentale, congiuntamente ad azioni che possano favorire la salute mentale in ambito lavorativo, dove si è esposti a pressioni di diverso genere e a situazioni di stress, che favoriscono anch'esse la nascita di disturbi mentali.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Esprimo il mio giudizio positivo sull’esito di questa risoluzione. In seno all’intergruppo parlamentare per gli operatori del settore dell’assistenza, abbiamo spesso discusso di una potenziale partecipazione dell’Unione europea a questa politica, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e del primato delle decisioni prese dagli Stati membri. Esprimo il mio sostegno alla richiesta di cooperazione tra le istituzioni europee a livello nazionale, regionale e locale, come anche tra le parti sociali nell’ambito dei cinque argomenti prioritari per il sostegno della salute mentale. Gli individui andrebbero tutelati dalla stigmatizzazione e dall’esclusione sociale a prescindere dall’età, dal sesso, dall’origine etnica e dal gruppo socio-economico di appartenenza. La loro dignità umana costituisce un elemento di primaria importanza e, per tale motivo, sarebbe necessario garantire maggiore assistenza e terapie adeguate alle persone affette da patologie mentali, alle loro famiglie e a chi che si prende cura di loro.

La salute mentale si basa su diversi fattori e, per tale motivo, nella mia relazione sulla solidarietà intergenerazionale ho sottolineato l’importanza del ruolo educativo dei genitori per quanto riguarda le generazioni future. In essa ho altresì parlato dell’aiuto a favore dei membri delle famiglie con anziani o persone disabili e del ruolo insostituibile svolto dagli uomini e dalle donne che si prendono cura di loro, ruolo essenziale per il perseguimento del bene comune e che, in quanto tale, andrebbe riconosciuto nell’ambito delle politiche settoriali. Gli uomini e le donne che, di loro spontanea volontà, decidono di prendersi cura dei propri congiunti malati andrebbero sostenuti economicamente. La decisione di sospendere la propria carriera professionale per prendersi cura di parenti affetti da patologie mentali non dovrebbe ripercuotersi negativamente sulla loro stessa carriera o sulla capacità di provvedere al sostentamento economico della propria famiglia.

Invito gli Stati membri a sostenere il regime dei congedi dal lavoro, che, nel caso specifico, rappresenta anche una soluzione al problema.

 
  
  

- Relazione Gyürk (A6-0030/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) L’efficienza energetica dovrebbe rappresentare una delle basi più importanti della politica energetica comunitaria, attualmente in fase di elaborazione. Se in Europa utilizzassimo l’energia in maniera più efficiente, potremmo garantire una maggiore sicurezza degli approvvigionamenti. Non avendo ancora adottato alcun provvedimento risolutivo, nei prossimi 20-30 anni la dipendenza europea dalle importazioni di energia, che attualmente ammonta al 50 per cento, potrebbe raggiungere il 70 per cento, con punte ancora più elevate in alcuni Stati membri. Un utilizzo più intelligente dell’energia porterebbe ad una riduzione dell’inquinamento ambientale e rappresenta inoltre uno dei sistemi più efficaci per abbattere le emissioni di gas che a effetto serra e per garantire l’attuazione dei piani di politica climatica dell’Unione europea. Inoltre, i provvedimenti adottati in questo ambito esercitano una grande influenza sulla competitività dell’industria europea e sulla possibilità di realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona. Un più efficiente utilizzo dell’energia potrebbe altresì ridurre il peso a carico dei consumatori maggiormente vulnerabili ed eliminare la povertà nel settore energetico.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’efficienza energetica è di fondamentale importanza se l’Unione europea intende risparmiare sulla propria bolletta energetica, e rappresenta inoltre un valido strumento per ridurre la nostra dipendenza dal petrolio.

Ogni Stato membro ha molto da imparare dalle esperienze maturate dagli altri nel settore e dal confronto di metodi e strategie, seppur tenendo sempre a mente le peculiarità del contesto di provenienza.

Per quanto riguarda il Portogallo, mi rammarico che le misure attuate non siano state formulate all’interno di un piano d’azione coerente ed esaustivo, da sottoporre alla Commissione entro il termine stabilito. Il mio paese è proprio tra i pochi che, non avendolo fatto, non ha accesso alle soluzioni elaborate.

La prima valutazione dei piani nazionali d’azione costituisce un punto di riferimento per il dialogo all’interno dell’Unione europea, nonché un utile strumento che permette agli Stati membri di trasformare lo spirito dell’efficienza energetica in provvedimenti pratici, che porteranno ai risultati attesi entro il 2020.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Diversi Stati membri stanno mettendo a punto dei piani d’azione ma ci sono dei problemi nella definizione degli obiettivi di efficienza energetica. Sembra dunque appropriata la proposta di porre l’accento sull’effettiva attuazione dei provvedimenti destinati all’efficienza energetica, ivi incluso lo sviluppo delle migliori prassi e sinergie, e sulla garanzia di informazioni e servizi di consulenza migliori per gli utenti finali. Non bisogna, comunque, dimenticare di sostenere coloro che hanno maggiori difficoltà finanziarie.

Sembra altresì opportuno, nell’ambito dell’analisi dei piani d’azione per l’anno 2009, accertarsi che i piani in questione comprendano effettivamente tutte le possibili strategie di risparmio energetico, senza interferire con la sovranità di ciascun Stato membro. Un’analisi del genere dovrebbe servire a controllare le difficoltà e, ove necessario, ad adottare adeguati provvedimenti di sostegno volti a raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica stabiliti.

Sembra altresì importante sostenere quei provvedimenti che rafforzano il ruolo esemplare svolto dal settore pubblico, e riconoscere che l’aumento dell’efficienza energetica degli edifici può tradursi in un notevole abbattimento delle emissioni di gas a effetto serra e in progressi significativi nella lotta al cambiamento climatico, sia in termini di adattamento che di contrasto delle cause.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) L’Unione europea spreca più del 20 per cento della sua energia a causa dell’inefficienza, una percentuale che corrisponde a un risparmio di circa 400 Mtep (megatonnellate equivalenti petrolio) che potrebbe tradursi anche in un enorme abbattimento delle emissioni. Esprimo il mio sostegno a questa relazione perché sottolinea la necessità di potenziare l’efficienza energetica. La relazione ci pone l’obiettivo di ridurre gli sprechi di energia del 9 per cento entro il 2016.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole riguardo alla relazione presentata dal collega Gyürk in merito alla valutazione dei piani nazionali d'azione per l'efficienza energetica.

Il problema dell'approvvigionamento di energia di cui soffre l'Europa è ormai risaputo ed è strettamente correlato con quello dell'efficienza energetica. Lo spreco di energia a cui si assiste nei paesi dell'Unione è un lusso inaccettabile che è necessario contrastare al più presto per non dover subire ancora più pesanti conseguenze in futuro.

Concordo con il fatto che al momento i piani nazionali d'azione sono stati realizzati solo parzialmente, con conseguente raggiungimento parziale di risultati. Ritengo perciò necessario profondere un impegno più intenso sia da parte del settore pubblico che di quello privato, nonché dei singoli cittadini.

Considerando poi l'importanza rivestita dalle PMI in Europa, sarà indispensabile il loro coinvolgimento nei piani d'azione. Queste imprese, inoltre, data la loro maggiore esposizione agli aumenti dei prezzi dell'energia, potrebbero trarre un grande vantaggio da una migliore attuazione dell'efficienza energetica e contribuirebbero in larga misura al raggiungimento degli obiettivi globali.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) per iscritto. – (PL) Razionalizzare il consumo di energia risulta estremamente importante. I cittadini devono sapere che questo è il sistema più economico per contrastare il cambiamento climatico; tuttavia, non sarà solo l’ambiente a trarne beneficio. Migliore è l’uso che facciamo dell’energia a disposizione, minore sarà la quantità di energia di cui abbiamo bisogno e, di conseguenza, minore sarà la nostra dipendenza dalle importazioni di energia. Allo stato attuale delle cose, nei posti dove l’energia viene utilizzata come uno strumento politico, l’importanza di questo dato non può essere sottovalutata.

Impieghiamo l’energia in maniera sempre più razionale. Gli effetti di una politica del genere possono essere misurati. Sin dal 1990 la produzione di energia nell’Unione europea è aumentata del 40 per cento e il reddito pro capite di 1/3, mentre il fabbisogno energetico è cresciuto solo dell’11 per cento. Una gestione più razionale dell’energia ha, dunque, contribuito alla crescita economica in tutti gli Stati membri.

L’efficienza energetica e le azioni volte al risparmio energetico dovrebbero avere un ruolo predominante sia nel contenere l’aumento della domanda, sia nel ridurre la quantità di combustibile utilizzato.

L’abbattimento delle emissioni dei gas a effetto serra, un più ampio uso di energia verde ed una gestione più parsimoniosa dell’energia: tutti questi elementi danno la possibilità di ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio. L’economia europea deve diventare meno vulnerabile alle fluttuazioni del prezzo dell’energia e dell’inflazione, come anche ai rischi inerenti alla collocazione geopolitica di tali risorse.

 
  
  

- Relazione Miguélez Ramos (A6-0016/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi parlamentari del gruppo socialista abbiamo deciso di astenerci. Naturalmente, non abbiamo nulla contro la ricerca e l’avanzamento delle conoscenze nel settore della pesca e negli ambiti a esso correlati. Tuttavia, riteniamo che, prima di tutto, l’Unione europea debba tener fede agli impegni presi nel quadro della politica della pesca. L’Unione europea deve agire rapidamente per porre fine ai problemi relativi allo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche e stock ittico a rischio. Questo deve essere il punto di partenza e l’obiettivo della politica comune della pesca.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) Non si deve sottovalutare l’importanza dei problemi specifici del settore della pesca e dell’acquacoltura, come appare ovvio in considerazione dell’importanza economica, sociale e politica che tale settore riveste all’interno dell’Unione europea. Nel mio paese, Malta, sia la pesca sia l’acquacoltura ricevono un’attenzione particolare.

Concordo in pieno con la commissione per la pesca, la quale, nell’ambito della ricerca scientifica marina, raccomanda di dare priorità non soltanto alla ricerca incentrata sullo stato delle risorse ittiche, ma anche a quegli aspetti commerciali, economici e sociali che determinano la gestione della pesca e che rivestono tutti grande importanza. Dobbiamo far sì che nel settore della pesca e dell’acquacoltura venga data priorità alla ricerca applicata.

Il fatto che, nel breve periodo, esista un chiaro conflitto di interessi tra pescatori e scienziati è deplorevole. Nel lungo periodo, gli obiettivi diverranno maggiormente compatibili tra di loro.

E’ necessario fare ricerca in previsione dell’impoverimento delle risorse ittiche, che porterà alla scomparsa di intere specie. Ecco perché, in questo settore, è necessaria la piena cooperazione tra scienziati, pescatori e operatori dell’acquacoltura.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. (SV) Noi rappresentanti dei conservatori svedesi abbiamo oggi espresso voto favorevole alla relazione d’iniziativa della collega, onorevole Miguélez Ramos, (A6-0016/2009) in merito alla ricerca applicata nel campo della politica comune della pesca. Condividiamo la premessa di fondo della relazione secondo cui la politica della pesca dovrebbe avere una base scientifica e la convergenza tra pescatori e ricercatori costituisce la base di una politica orientata alla sostenibilità.

Riteniamo, tuttavia, che il settimo programma quadro, con le sue priorità e limitazioni, debba rimanere operativo.

 
  
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  Lena Ek (ALDE), per iscritto. (SV) Ho deciso di esprimere voto favorevole alla relazione presentata dalla collega, onorevole Miguélez Ramos, in merito alla ricerca applicata nel campo della politica comune della pesca.

E’ importante sostenere un aumento dei fondi per quei progetti di ricerca che consentono di accertare le conseguenze prodotte dalla politica della pesca sulle risorse ittiche, sugli ecosistemi e sulla biodiversità. Sono dunque molto critica rispetto ad alcune parti della politica della pesca dell’Unione europea. L’onorevole collega pone, tuttavia, l’accento sulla necessità di basare le decisioni politiche sui dati scientifici e sulla sostenibilità in una prospettiva di lungo periodo, anziché soprattutto sugli interessi dell’industria della pesca in una prospettiva di breve periodo. A mio avviso, si tratta di un elemento positivo.

Sono, tuttavia, critica sulle possibili interpretazioni della relazione che potrebbero portare allo stanziamento di risorse aggiuntive per fornire assistenza economica all’industria europea della pesca, e all’attribuzione di un’importanza ancora maggiore al settore. Tutte le ricerche condotte nel settore della pesca dovrebbero essere permeate da una prospettiva nettamente ambientalista.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nel dicembre 2006, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato un’importante decisione concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013). Sono fiero di poter affermare che, già all’epoca, feci riferimento all’enorme importanza di garantire un maggiore e migliore sviluppo tecnologico nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

Ritengo quindi che questa relazione di iniziativa arrivi al momento giusto e rivesta grande importanza in termini di conseguimento degli obiettivi della riforma della politica comune della pesca (PCP).

La PCP va annoverata tra le politiche comunitarie che più dipendono dalla ricerca scientifica, dato che la credibilità dei provvedimenti adottati nel quadro della PCP si fonda su delle opinioni scientifiche molto attendibili.

Inoltre, lo sviluppo tecnologico dei pescherecci, delle attrezzature e dei motori usati nella pesca può garantire progressi continui nel settore, proteggendo in tal modo l’ambiente e assicurando una maggiore competitività delle flotte.

Ho espresso voto favorevole a questa relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La ricerca scientifica nell’ambito della pesca è di vitale importanza al fine di garantire un’adeguata gestione della politica in materia, politica che deve tener conto degli aspetti sociali, ambientali ed economici di tale attività, che rappresenta una fonte essenziale di cibo.

Questa ricerca non dovrebbe limitarsi a valutare lo stato delle risorse ittiche e a creare modelli che consentano di prevedere il loro sviluppo, ma dovrebbe anche contribuire a migliorare le attrezzature usate nella pesca, i pescherecci, le condizioni di lavoro e di sicurezza dei pescatori, come anche la valutazione dell’impatto che i vari sistemi e strumenti di gestione della pesca producono sull’occupazione e sui redditi delle comunità basate sulla pesca.

Tuttavia, affinché la ricerca scientifica consegua gli obiettivi fissati e soddisfi le condizioni indicate, è di vitale importanza che l’Unione europea e ciascun Stato membro eroghino le risorse necessarie, ivi compresi i finanziamenti. Ecco perché sosteniamo le raccomandazioni che la relazione formula al riguardo.

Riteniamo, tuttavia, che lo sviluppo della ricerca scientifica richieda nella maniera più assoluta il riconoscimento del valore delle risorse umane in essa coinvolte. Ciò significa garantire i diritti di questi professionisti per quanto riguarda i contratti di lavoro – contrastando le forme di impiego precarie che molti di questi ricercatori si trovano a dover affrontare – l’equa retribuzione e l’accesso ai regimi di previdenza sociale, per citare alcuni dei molti diritti di cui i lavoratori godono.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione della collega, onorevole Miguélez in merito alla ricerca sulla pesca. Sono contrario alla politica comune della pesca e ritengo che la gestione di questa attività dovrebbe spettare ai paesi costieri europei, nel quadro di una cooperazione reciproca. A tal fine, si renderebbero necessarie azioni comuni nell’ambito della scienza e della ricerca, cui l’Unione europea può apportare un valore aggiunto.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, voto favorevolmente la relazione presentata dall'onorevole collega in merito alla ricerca applicata nel campo della politica comune della pesca.

Lo sfruttamento accorto e responsabile delle risorse naturali è reso sempre più importante dall'evidente constatazione di un eccessivo depauperamento quantitativo e qualitativo delle risorse avvenuto nel corso degli anni.

Anche per quanto riguarda l'ambiente marino è fondamentale, dunque, pensare alla sua protezione e attuare un approccio basato sull'attenta valutazione di ecosistemi, considerando in modo integrato tutte le attività che concernono i mari europei. Tale atteggiamento potrà certamente avere un riscontro positivo in un equilibrato sviluppo sia dell'economia che della società e in una prospettiva di medio - lungo periodo nella competitività globale del sistema.

Ritengo quindi prioritario il fatto che la ricerca applicata nel settore della pesca debba godere di maggiori finanziamenti, da ricercarsi anche nell'ambito del 7° Programma quadro di ricerca, come previsto in passato dai precedenti Programmi quadro. Ciò anche per permettere la realizzazione di una rete di centri di ricerca che possano utilizzare congiuntamente infrastrutture specializzate e scambiare informazioni e dati utili alle loro attività.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) Abbiamo deciso di esprimere voto favorevole alla relazione presentata dalla collega, onorevole Miguélez Ramos, in merito alla ricerca applicata nel campo della politica comune della pesca.

E’ importante sostenere un aumento dei fondi per quei progetti di ricerca che consentono di accertare le conseguenze prodotte dalla politica della pesca sulle risorse ittiche, sugli ecosistemi e sulla biodiversità. Siamo estremamente critici rispetto ad alcuni aspetti della politica della pesca dell’Unione europea per ragioni di carattere ambientale. sulla necessità di basare le decisioni politiche sui dati scientifici e sulla sostenibilità in una prospettiva di lungo periodo, anziché soprattutto sugli interessi dell’industria della pesca in una prospettiva di breve periodo. A nostro avviso, si tratta di un elemento positivo.

Siamo, tuttavia, critici sulle possibili interpretazioni della relazione che potrebbero portare allo stanziamento di risorse aggiuntive per fornire assistenza economica all’industria europea della pesca, e all’attribuzione di un’importanza ancora maggiore al settore. Tutte le ricerche condotte nel settore della pesca dovrebbero essere permeate da una prospettiva nettamente ambientalista.

 
  
  

- Relazione Cederschiöld (A6-0029/2009)

 
  
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  Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Ho espresso un voto favorevole sulla relazione Cederschiöld in quanto ritengo che la possibilità dei cittadini europei di lavorare e vivere in un altro Stato membro sia un diritto importante. Condivido l’intenzione della relazione di agevolare la mobilità dei professionisti e di garantire la sicurezza dei consumatori. Ciononostante, vi sono aspetti della relazione Cederschiöld che non tutto appoggio pienamente, per esempio l’abolizione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi a cui si è accennato in alcuni punti, che potrebbero essere interpretati come un’impostazione contraria ai contratti collettivi nel mercato del lavoro. Per quanto riguarda l’inclusione del personale sanitario nel contratto, in questo caso vedo un rischio di deregolamentazione del settore sanitario.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Una delle libertà fondamentali del mercato interno dell’Unione europea è la libertà di circolazione, che ci consente non solo di viaggiare liberamente all’interno delle sue frontiere, ma anche di trovare impiego in un altro Stato membro. Il numero dei cittadini che si avvalgono di questa possibilità è in graduale aumento e l’esempio migliore di questa tendenza è stata la mobilità dei lavoratori dai nuovi Stati membri, Polonia inclusa, negli ultimi anni. Attualmente, circa il 2 per cento degli abitanti dell’Unione europea vive e lavora in uno Stato membro diverso dal proprio.

Nonostante siano state eliminate ulteriori barriere al mercato interno comune, uno degli ostacoli principali affrontati da molti di coloro che si accingono a lavorare in un altro Stato membro è il timore che le qualifiche conseguite non vengano poi riconosciute. Questa preoccupazione sta alla base della relazione presentata oggi, che chiede l’istituzione di una tessera professionale europea per i subappaltatori di servizi. L’introduzione della tessera potrebbe agevolare la mobilità tra esponenti di una serie di professioni, offrendo al contempo ai datori di lavoro delle certezze circa le qualifiche del lavoratore, accrescendo così non soltanto la trasparenza delle qualifiche, ma anche il loro riconoscimento ed equipollenza.

Mi compiaccio, pertanto, che il Parlamento europeo abbia adottato la relazione, che senza dubbio avrà effetti importanti sulle discussioni future riguardo all’istituzione di una tessera professionale europea.

 
  
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  Jens Holm ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La possibilità dei cittadini europei di vivere e lavorare in un altro Stato membro è un diritto importante e io condivido l’intenzione della relazione di agevolare la mobilità dei professionisti e di garantire la sicurezza dei consumatori. Ciononostante, vi sono aspetti della relazione Cederschiöld che non appoggio pienamente, quali per esempio l’abolizione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi a cui si è accennato in alcuni punti, che potrebbero essere interpretati come un’impostazione contraria ai contratti collettivi nel mercato del lavoro. Per quanto riguarda l’inclusione del personale sanitario nel contratto, in questo caso vedo un rischio di deregolamentazione del settore sanitario stesso. Mi sono pertanto astenuto dalla votazione finale sulla relazione.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La possibilità dei cittadini europei di vivere e lavorare in un altro Stato membro è un diritto importante e io condivido l’intenzione della relazione di agevolare la mobilità dei professionisti e di garantire la sicurezza dei consumatori. Ciononostante, vi sono aspetti della relazione Cederschiöld che non appoggio pienamente, quali per esempio l’abolizione degli ostacoli alla libera circolazione di persone e servizi a cui si è accennato in alcuni punti, che potrebbero essere interpretati come un’impostazione contraria ai contratti collettivi nel mercato del lavoro. Per quanto riguarda l’inclusione del personale sanitario nel contratto, in questo caso vedo un rischio di deregolamentazione del settore sanitario stesso. Mi sono pertanto astenuto dalla votazione finale sulla relazione.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho sostenuto questa iniziativa sull’istituzione di una tessera professionale europea per i subappaltatori di servizi votando a suo favore, poiché rappresenta un nuovo strumento per garantire la libera circolazione di persone e servizi. Dobbiamo incoraggiare la migrazione della forza lavoro nonché agevolare la mobilità professionale il più possibile accelerando lo scambio di informazioni tra lo Stato membro di origine e lo Stato membro ospitante.

Secondo le statistiche sui ricorsi ricevuti da SOLVIT nel 2007, il 20 per cento dei quali riguardavano il riconoscimento delle qualifiche professionali richieste per esercitare una professione regolamentata. L’istituzione di una tessera professionale europea per i subappaltatori di servizi eliminerà alcuni degli ostacoli che si frappongono ancora sul cammino dei cittadini europei che desiderano svolgere un lavoro remunerato in un paese diverso dal proprio paese di origine.

Inoltre, le informazioni contenute nella tessera professionale saranno di aiuto sia ai datori di lavoro sia ai consumatori, avvantaggiando al contempo le professioni non regolamentate e non armonizzate.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Esprimo il mio voto favorevole riguardo alla relazione presentata dalla collega Cederschiöld riguardo all'istituzione di una tessera professionale europea per i subappaltatori di servizi.

Credo, infatti, che nonostante l'esistenza della direttiva 2005/36/CE volta a stimolare la mobilità dei professionisti, questo mercato sia ancora sostanzialmente a carattere nazionale, e che più in generale nell'Unione europea la mobilità dei lavoratori permanga molto bassa, costituendo ciò un ostacolo al corretto funzionamento del mercato interno nonché al perseguimento della strategia di Lisbona sulla crescita e l'occupazione.

Alla luce di quanto detto, ritengo di assoluta importanza la realizzazione di tessere professionali europee, già esistenti in alcuni casi, da estendere a tutte le professioni, anche non regolamentate, in modo da favorire il loro riconoscimento nei paesi membri e quindi la possibilità per i consumatori di accedere più facilmente a servizi di subappaltatori stranieri, contribuendo a una maggiore integrazione del mercato interno europeo.

 
  
  

- Relazione Attwooll (A6-0025/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Ritengo che nel considerare il doloroso passato della caccia alla balena a fini commerciali e le crescenti minacce alle popolazioni di balene – fra cui, ad esempio, le catture accidentali durante le operazioni di pesca, le collisioni con i pescherecci, il cambiamento climatico globale e l'inquinamento acustico degli oceani – nei forum internazionali, l’Unione europea debba garantire in modo coerente e coordinato il più elevato livello di protezione possibile per le balene a livello mondiale. Vi esorto a opporvi a eventuali proposte intese a legalizzare la caccia alla balena a fini commerciali nonché quella per scopi scientifici lungo la costa e altrove, oppure allo stesso modo per consentire il commercio internazionale dei prodotti balenieri.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nonostante gli sforzi compiuti e le iniziative prese dalla commissione baleniera internazionale (CBI), la situazione di numerose specie di cetacei è ancora preoccupante, essendo una gran parte di esse a rischio di estinzione. L’intera questione della cattura di balene per scopi scientifici è ancora una volta una copertura per la cattura di questi mammiferi, ragione per cui l’Unione europea dovrà intervenire nel senso di rivedere questa posizione internazionale.

Sostenere il mantenimento della moratoria, opporsi a tutte le proposte relative a nuove tipologie di caccia alla balena, accettare che tutte le attività di caccia alla balena da parte di membri della CBI vengano svolte sotto il controllo di questa commissione e sostenere le proposte volte a porre fine alla caccia scientifica alla balena al di fuori del controllo della CBI sono alcune delle premesse della relazione che considero fondamentali.

Garantire la definizione di una posizione politica da parte dell’Unione europea in questo ambito e assumere una posizione di leadership nel perseguimento di obiettivi connessi al rispetto della biodiversità e lo sviluppo sostenibile del nostro pianeta sono obiettivi essenziali che l’Unione europea dovrà fare propri.

Questa relazione, pertanto, merita il mio voto favorevole.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Come la relatrice, sostengo anch’io la moratoria globale sulla caccia alla balena a fini commerciali nonché il divieto del commercio internazionale di prodotti balenieri. Vi sono, inoltre, buone ragioni per cercare di porre fine a ciò che viene descritto come “caccia alla balena per scopi scientifici”.

Quando questi aspetti sono affrontati a livello internazionale, occorre cercare cooperazione nell’ambito della commissione baleniera internazionale, non l’Unione europea.

Nonostante questa obiezione per questioni di principio, ho scelto di votare a favore della relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole riguardo alla relazione presentata dalla collega Attwooll in merito alle azioni intraprese dall'Unione circa la caccia alle balene.

Mi trovo d'accordo con la necessità di vietare la caccia a questo mammifero, la cui sopravvivenza è minacciata e per il quale bisogna intraprendere azioni incisive per la sua conservazione. La moratoria esistente sulla caccia alle balene ha prodotto finora buoni risultati in termini di aumento della popolazione del suddetto cetaceo, anche se molti importanti paesi non l'hanno ratificata e, di conseguenza, la caccia di questo animale continua. Sono perciò d'accordo nell'invitare la Commissione ad avanzare nuove proposte per favorire il raggiungimento di migliori risultati.

Ritengo importante anche la distinzione che si è sempre fatta tra la caccia a scopi commerciali e quella di sostentamento ancora in uso presso alcune popolazioni indigene. Quest'ultima è giustamente esclusa dalla moratoria, così come la ricerca scientifica sulle balene, purché sia svolta tendendo presente l'esigenza di salvaguardare la specie.

 
  
  

- Relazione Belet (A6-0027/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Signor Presidente, io voto favorevolmente. La partecipazione della Comunità all'Osservatorio è motivata soprattutto dal fatto che le attività di quest'ultimo contribuiscono a rafforzare la competitività del settore audiovisivo europeo. Per esempio, la distribuzione di materiali audiovisivi è troppo spesso ostacolata da una scarsa conoscenza delle differenze che esistono tra le legislazioni nazionali. L'Osservatorio aiuta a superare tali ostacoli offrendo a tutti gli operatori interessati competenze e informazioni sistematiche.

Purtroppo, però, spesso le normative che vengono approvate presso la Comunità europea non vengono sufficientemente pubblicizzate all'interno del territorio italiano. Per questo è necessaria maggiore trasparenza legislativa, soprattutto in materia di diritti d'autore e di protezione dei consumatori e in materia di diritto tributario e del lavoro. Infine, risulta fondamentale rafforzare la capacità dell'Osservatorio di seguire nuovi sviluppi, quali ad esempio nuovi modelli di consumo dei prodotti audiovisivi (in particolare Internet e videogiochi).

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto. – (LT) Una delle principali ragioni per cui la Comunità europea partecipa alle attività dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo è la condizione previa che, svolgendo il proprio lavoro, l’Osservatorio possa contribuire a rafforzare la competitività dell’industria dell’audiovisivo comunitaria. Nella distribuzione di materiali audiovisivi, spesso sorge il problema della scarsa conoscenza delle differenze che esistono tra le legislazioni nazionali. Fornendo agli operatori interessati le conoscenze tecniche e le informazioni specializzate, l’Osservatorio contribuisce a superare questo ostacolo; la partecipazione della Comunità dovrebbe pertanto essere vista con favore. In particolare attraverso l’acquisto di informazioni e la divulgazione delle proprie pubblicazioni, l’Osservatorio è diventato la principale fonte di informazioni economiche e giuridiche sui più vari segmenti dell’industria degli audiovisivi, che sono utilizzate dagli Stati membri sia nel settore pubblico sia in quello privato. Inoltre, la Commissione specifica che uno degli aspetti più vantaggiosi dell’Osservatorio è la sua capacità di creare e mantenere reti di partner scientifici, reti che contribuiscono a migliorare la qualità della sua analisi economico-giuridica.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ho espresso un voto favorevole riguardo a questa relazione in quanto l’Osservatorio europeo dell’audiovisivo è l’unica organizzazione di servizio pubblico paneuropea che si occupa di raccogliere e divulgare informazioni sull'industria audiovisiva europea. Esso svolge un ruolo centrale nel fornire informazioni dettagliate sul settore a organismi pubblici e privati dello stesso.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Ho votato contro questa relazione sulla partecipazione della Comunità europea all’Osservatorio europeo dell’audiovisivo. Spetta agli Stati membri partecipare all’Osservatorio e finanziarlo.

 
  
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  Iosif Matula (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di relazione sulla partecipazione della Comunità europea all’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, un progetto sostenuto dal gruppo PPE-DE, per una serie di ragioni.

In primo luogo, penso sia essenziale garantire massima trasparenza al mercato dell’audiovisivo e far sì che il più alto numero possibile di istituzioni abbiano accesso a informazioni pertinenti in questo campo. Questo è l’unico modo per arrivare a una vera concorrenza e raggiungere gli obiettivi di crescita economica definiti dalla strategia di Lisbona.

In secondo luogo, mi pare importante che l’Osservatorio coinvolga sia gli Stati membri dell’Unione europea sia i paesi europei che non sono membri dell’UE, offrendo un importante fattore di coesione per tutti i paesi europei. Ciò ci consentirà non solo di mettere in collegamento l’intero continente, ma di agevolare la libera circolazione di beni e servizi del settore audiovisivo, espandendo così notevolmente questo mercato.

Ciononostante, dobbiamo tenere conto dell’avvento e dello sviluppo di nuove tecnologie allo scopo di promuovere l’efficienza dell’Osservatorio.

Personalmente sostengo l’applicazione delle disposizioni che estendono il campo di attività dell’Osservatorio allo scopo di offrire migliore copertura in questo settore e fornire informazioni anche più preziose; queste informazioni risulteranno poi utili sia dal punto di vista economico, sia per comprendere il contesto socio-culturale europeo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole in merito alla relazione presentata dal collega Belet a proposito della partecipazione dell'Unione europea all'Osservatorio europeo per gli audiovisivi.

Ritengo molto importante l'attività svolta dall'Osservatorio, che rappresenta l'unica organizzazione che raccoglie e distribuisce informazioni sull'industria audiovisiva europea e svolge dunque il rilevante compito di stimolare nuovi sviluppi nel campo degli audiovisivi, che hanno acquisito un'importanza maggiore nel corso degli ultimi anni, con il ricorso sempre più frequente alla tecnologia digitale. Attraverso i suoi studi e analisi di mercato, inoltre, fornisce un prezioso aiuto sia per i policy makers, che per l'industria audiovisiva stessa.

Convengo, altresì, con il fatto che l'Osservatorio dovrebbe estendere ulteriormente il suo campo di attività, comprendendo anche lo studio della normativa fiscale e quella del lavoro del settore audiovisivo, rafforzando in questo modo la cooperazione con i paesi membri.

 
  
  

- Relazione Fava (A6-0026/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE) , per iscritto. − (SV) Noi, socialdemocratici svedesi del Parlamento europeo, siamo favorevoli a una generosa politica di immigrazione incentrata sulle necessità della gente. Ciò significa che alla fine abbiamo deciso di dare il nostro sostegno alla relazione presentata dall’onorevole Fava poiché invia un messaggio chiaro affermando che è inaccettabile che i datori di lavoro sfruttino la posizione vulnerabile degli immigrati sprovvisti di documenti e in quanto essa conferisce agli immigrati illegali proprio quei diritti che mancano in diversi Stati membri dell’Unione europea. Un requisito di base perché potessimo votare a favore della relazione è stato l’approvazione da parte del Consiglio della dichiarazione del Parlamento secondo cui l’articolo 9 non dovrebbe in alcun modo costituire un precedente in futuro, poiché potrebbe rendere più difficile l’adozione di regole comuni circa la responsabilità degli appaltanti nei confronti dei propri subappaltatori.

Risulta chiaro a tutti noi che gli appaltanti devono assumersi la responsabilità di garantire che i propri subappaltatori osservino i contratti collettivi del settore. I datori di lavoro non devono poter eludere l’applicazione delle norme del diritto del lavoro ricorrendo ad una complessa catena di subappaltatori. In questa direttiva, comunque, la responsabilità è limitata al primo livello di subappaltatori, cosa che noi non consideriamo accettabile. Ciononostante, è importante ricordare che non vi è nulla che impedisca a un singolo Stato membro di approvare normative più onnicomprensive.

In linea di principio, siamo anche contrari ad escludere dalle sanzioni i privati che assumano persone sprovviste di documenti per lavori di collaborazione domestica. Riteniamo che le persone sprovviste di documenti siano vulnerabili anche quando lavorano per privati.

 
  
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  Alin Lucian Antochi (PSE), per iscritto. – (RO) La direttiva oggetto della votazione rappresenta un altro passo avanti verso l’elaborazione e l’applicazione di regole e misure comuni necessarie per regolamentare la situazione degli immigrati, specialmente dei lavoratori di paesi terzi che soggiornano illegalmente nell’Unione europea.

La prospettiva di uno stile di vita migliore offerta dalla possibilità di trovare impiego è uno dei principali fattori che incoraggiano l’immigrazione illegale. Allo stesso tempo, tra le conseguenze della condotta scorretta dei datori di lavoro vi sono lo spreco di finanze pubbliche e una concorrenza distorta nel settore economico, nonché la privazione dei lavoratori illegali di qualsiasi previdenza sociale o diritto alla pensione.

E’ per questa ragione che la direttiva oggetto della discussione è strettamente collegata alla politica sull’immigrazione ed è per questo che le sanzioni sono dirette contro i datori di lavoro e non contro ai cittadini dei nuovi Stati membri che, nonostante lo status di cittadini europei, sono ancora sottoposti a normative del lavoro transnazionali, che limitano il loro libero accesso al mercato del lavoro.

Misure quali l’obbligo dei datori di lavoro di controllare i permessi di soggiorno dei lavoratori dei paesi terzi e le sanzioni finanziarie e penali per i datori di lavoro mettono in evidenza gli sforzi compiuti dalla Comunità europea e dagli Stati membri per coordinare le politiche sull’immigrazione e il lavoro illegale. In effetti, in un momento in cui l’Unione europea sta affrontando un crescente declino demografico, dobbiamo ricordare che la soluzione non consiste nelle espulsioni, ma nel regolamentare la situazione di questi lavoratori. Era con questa speranza che ho espresso un voto favorevole alla relazione.

 
  
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  Lena Ek (ALDE), per iscritto. (SV) Ho votato a favore della relazione riguardante le sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'Unione europea.

La proposta è volta a impedire lo sfruttamento, da parte dei datori di lavoro, dei cittadini di paesi terzi che si trovano illegalmente nell’Unione europea nonché a rafforzare i diritti dei lavoratori. Il soggetto da sanzionare nel caso di rapporto di impiego illegale è il datore di lavoro che viola la legge, non il lavoratore.

In questo ambito vi è un vuoto legislativo in alcuni paesi dell’Unione europea. Altri paesi, invece, si sono dotati di leggi, che però non sono applicate od osservate. L’introduzione di norme UE comuni volte a prevenire lo sfruttamento e l’impiego di lavoratori soggiornanti illegalmente nell’Unione europea sono, pertanto, un modo per alzare l’asticella a molti Stati membri.

La proposta su cui votiamo oggi presenta molte lacune. Se la decisione fosse spettata a me, molte parti sarebbero state diverse. Mi sarebbe piaciuto vedere una migliore protezione per le donne occupate nel settore dei servizi domestici, per esempio. Ciononostante, l’alternativa è di non avere nessuna direttiva e, pertanto, avere invece una minore protezione per un gruppo di cittadini di paesi terzi (tra i quattro e gli otto milioni di persone) che soggiornano e attualmente lavorano illegalmente nell’Unione europea e che, per via della loro estrema vulnerabilità, sono sempre più spesso sfruttati dai datori di lavoro.

Se, da un lato, è importante prevenire l’immigrazione illegale e lo sfruttamento di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE, dall’altro occorre anche garantire che aumentino le opportunità per le persone che si insediano e cercano impiego nell’Unione europea legalmente. Questo aspetto è regolamentato da altre direttive che, in seno al Parlamento europeo, abbiamo negoziato nell’arco dell’ultimo anno.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Sostengo la relazione Fava sulle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE. Alcuni datori di lavoro privi di scrupoli sono pronti a sfruttare i lavoratori illegali riservando loro un salario al di sotto del minimo legale, condizioni spaventose e orari di lavoro lunghissimi. Una volta scoperti, devono anche affrontare severe sanzioni.

Tuttavia, il problema è che esiste una sorta di omertà immorale volta a tenere nascosto tale sfruttamento. I datori di lavoro fanno profitti a cui chiaramente non vogliono rinunciare, mentre i lavoratori, se denunciassero la propria condizione, dovrebbero affrontare l’espulsione verso il loro paese d’origine. Se siamo seri, dobbiamo adottare una politica che offra un’amnistia a coloro che denunciano i propri sfruttatori. Questo cambierebbe l’equilibrio di potere tra lavoratori e datori di lavoro in modo tale da eliminare il problema.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Il divieto generale di impiegare lavoratori illegali per scoraggiare l’immigrazione clandestina può essere visto soltanto con favore e non si possono che approvare le sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano – spesso sfruttandoli – tali lavoratori; questi datori di lavoro non sono diversi dai negrieri di altri tempi.

Nutro comunque qualche riserva. Ancora una volta, l’Unione europea sta usando una questione incentrata su una base giuridica comunitaria, il primo pilastro, al fine di estendere le proprie competenze in materia di armonizzazione del diritto penale degli Stati membri. L’Irlanda e il Regno Unito, che hanno fatto valere il proprio diritto di ricorrere alla clausola dell’esclusione riconosciuto dai trattati, costituiscono un’eccezione di rilievo.

Inoltre, tornano alla mente gli eventi che hanno fatto seguito allo sciopero indetto presso un ristorante alla moda di Neuilly, uno dei preferiti del presidente Sarkozy. I titolari asseriscono di essere vittime di un mercato del lavoro troppo rigido e di proteggere una forza lavoro a cui pagano il salario minimo legale, asserendo che impiegando tali lavoratori si sono aperte per loro maggiori opportunità di regolarizzazione. La direttiva rafforzerà ulteriormente questi aspetti permettendo a un lavoratore illegale di ottenere la regolarizzazione semplicemente denunciando il proprio datore di lavoro.

Temo che nella pratica, in paesi lassisti in materia come la Francia, tutto questo non servirà a limitare i flussi immigratori illegali.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Indipendentemente dalla necessità di rafforzare le procedure intese a combattere il ricorso al lavoro illegale, è inaccettabile che questa direttiva punisca tanto il trasgressore quanto le sue vittime.

L’obiettivo di questa direttiva è integrare la vergognosa direttiva sui rimpatri – recepita in Portogallo dal governo socialista – con l’applicazione di sanzioni per chi impiega lavoratori irregolari e stabilendo, come regola generale, la procedura automatica di espulsione per questi lavoratori, con rare eccezioni.

L’espulsione non dovrebbe essere l’alternativa a un sovrasfruttamento dei lavoratori immigrati non regolari.

Questa direttiva non adotta come principio la salvaguardia dei lavoratori immigrati che, obbligati a lavorare in condizioni inaccettabili, presentano denuncia. Inoltre, la direttiva non offre piena protezione ai diritti di questi lavoratori poiché stabilisce che “nel caso in cui il datore di lavoro non provveda al pagamento degli arretrati, gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a farsi carico di tale obbligo al posto del datore di lavoro.

Non salvaguardando i diritti dei lavoratori immigrati illegali, non prevedendo in generale la loro regolarizzazione ed esponendoli, invece, alla minaccia dell’espulsione, questa direttiva li renderà ancora più vulnerabili e incoraggerà le situazioni di lavoro illegale più nascoste.

Si tratta di una direttiva che, ancora una volta, mette a nudo la disumana politica di immigrazione dell’Unione europea e, per questa ragione, non possiamo far altro che respingerla.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Sebbene questa relazione sia interessante per certi suoi aspetti e delinei un piano di battaglia contro l’immigrazione illegale, contiene degli scogli enormi. Non si contemplano misure concrete per la protezione delle frontiere interne ed esterne dell’Unione europea; non si prevedono misure relative alla politica di espulsione dei clandestini al loro paese d’origine. Si limita a definire un clandestino che ha fatto ingresso illegalmente nel territorio dell’UE come un immigrante illegale dotato di diritti.

In realtà, le istituzioni sono imbarazzate da questa situazione. Da un lato, esse esigono, in nome della sicurezza e della giustizia, un minimo di regole europee volte a contenere l’immigrazione illegale e, dall’altro, in nome delle loro regole che sono diventati dogmi – quelle dell’ultraliberalismo e della libertà di circolazione –, le istituzioni vogliono che il territorio dell’Unione europea sia un luogo di accoglienza e di attrazione per milioni di potenziali immigrati.

Noi rifiutiamo questa filosofia, pericolosa per i popoli e per le nazioni europee. Rivendichiamo il loro diritto di difendersi e di restare se stessi.

 
  
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  Adrian Manole (PPE-DE), per iscritto. – (RO) E’ risaputo che le politiche di rilascio dei visti nonché serie normative sull’immigrazione hanno sempre avuto poco successo nel reprimere l’immigrazione illegale. Quando sono riuscite a ottenere qualcosa, hanno soltanto contribuito allo sviluppo delle reti di trafficanti di immigrati illegali.

La proposta di punire quei datori di lavoro che impiegano clandestini è tempestiva. Ciononostante, occorre provvedere affinché essa non perda la propria efficacia, poiché i motivi per cui le persone emigrano restano gli stessi, indipendentemente dall’introduzione o meno di sanzioni contro i datori di lavoro. Anzi, i controlli proposti costringeranno gli immigrati sprovvisti di documenti a scegliere impieghi ancora peggiori, con retribuzioni ancora più basse, specialmente nell’attuale crisi economica.

E’ ovvio che queste misure offrono soltanto una soluzione parziale e incompleta all’immigrazione illegale e al lavoro nero. Gli Stati membri dell’Unione europea devono cominciare da subito a seguire una politica comune coerente in materia di immigrazione illegale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Sostengo questa relazione che introdurrà un giro di vite per i datori di lavoro di immigrati illegali in Europa. Uno dei fattori che incoraggiano gli immigrati illegali a fare ingresso nell’Unione europea è la prospettiva di trovare lavoro. Sono favorevole a questa normativa perché creerà un sistema più giusto per i lavoratori europei legali.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La prospettiva di trovare lavoro in Europa è un’attrattiva per i cittadini di paesi terzi per ragioni molto comprensibili. In periodi di crisi, tuttavia, occorre prestare particolare attenzione a chi riesce a ottenere gli ormai rari posti di lavoro allo scopo di evitare che sorgano differenze sociali. A mio avviso, è importante introdurre sanzioni per i datori di lavoro che non osservano le normative. In tempi di instabilità, il lavoro illegale non può essere tollerato. Dobbiamo iniziare da coloro che possono essere raggiunti localmente, poiché saranno anch’essi naturalmente soggetti alle sanzioni. Questa relazione è un tentativo di affrontare il problema con più determinazione, in quanto il flusso in arrivo dei lavoratori migranti non diminuirà, specialmente durante la crisi.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Secondo una visione semplificata dell’argomento, esistono due ragioni per l’esistenza di immigrati illegali: la situazione precaria nel paese di origine e la domanda del mercato del lavoro degli altri paesi.

Se, riguardo al primo problema, disponiamo di fondi per programmi di sviluppo e cooperazione finanziati dall’Unione europea, per quanto ovviamente ancora insufficienti, nel caso del secondo problema si sono sinora adottate impostazioni diverse a livello nazionale. Occorrono invece disposizioni standard a livello comunitario per sanzionare i datori di lavoro. Infatti, in molti casi, si tratta di un problema transnazionale, che coinvolge le reti dei trafficanti di esseri umani che sfruttano la vulnerabilità degli immigrati illegali.

Mi compiaccio che il Parlamento europeo abbia sollevato la questione dei datori di lavoro che si avvantaggiano a spese degli immigrati illegali. Sono convinto che l’applicazione di questa direttiva migliorerà le condizioni di impiego concrete nella Comunità europea.

Mentre, ad oggi, le politiche nazionali si sono concentrate maggiormente sul bloccare l’accesso al mercato del lavoro agli immigrati illegali, d’ora in poi, affronteremo il problema alla radice.

Tuttavia, non bisogna essere indotti a pensare che, secondo la relazione, le frontiere dell’Unione europea debbano essere chiuse. Al contrario, le frontiere del mercato del lavoro vanno tenute aperte, a condizione che il flusso dei lavoratori sia legale e adeguato alle vere necessità dello Stato.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, la lotta all'immigrazione illegale deve essere, a mio avviso, una delle priorità dell'Unione europea.

Ritengo che ristabilire le condizioni di legalità nel mercato del lavoro sia necessario sia in linea di principio, sia per rispetto dei cittadini europei, sia per rispetto degli stessi cittadini dei paesi terzi ai quali talvolta non vengono neanche garantite le condizioni minime di sicurezza sul luogo di lavoro.

Per questo ho espresso il mio voto favorevole alla relazione del collega Fava sulle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in soggiorno illegale. Credo che tali provvedimenti siano coerenti con la volontà di costruire un mercato del lavoro unico europeo più trasparente, più equo e più omogeneo.

Concordo con il collega nel ritenere che i datori di lavoro che sfruttano cittadini immigrati vadano puniti con sanzioni pecuniarie, amministrative e, in certi casi, penali, commisurate all'entità e alla gravità dello sfruttamento e che spetti agli Stati membri vigilare sui luoghi di lavoro più a rischio e prevedere meccanismi che agevolino la denuncia di sfruttamento di lavoro nero. E' opportuno non dimenticare che solo favorendo l'assoluto rispetto della legalità nel mercato del lavoro gli obiettivi di crescita in termini di occupazione e, più in generale, in termini economici possono essere raggiunti.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) Abbiamo scelto di esprimere un voto favorevole riguardo alla relazione sulle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell’UE.

La proposta è volta a impedire lo sfruttamento, da parte dei datori di lavoro, dei cittadini di paesi terzi che si trovano illegalmente nell’Unione europea nonché a rafforzare i diritti dei lavoratori. Il soggetto da sanzionare nel caso di rapporto di impiego illegale è il datore di lavoro che viola la legge, non il lavoratore.

In questo ambito vi è un vuoto legislativo in alcuni paesi dell’Unione europea. Altri paesi, invece, si sono dotati di leggi, che però non sono applicate od osservate. L’introduzione di norme UE comuni volte a prevenire lo sfruttamento e l’impiego di lavoratori soggiornanti illegalmente nell’Unione europea è, pertanto, un modo per alzare l’asticella a molti Stati membri.

La proposta su cui votiamo oggi presenta molte lacune. Se la decisione fosse spettata a me, molte parti sarebbero state diverse. Mi sarebbe piaciuto vedere una migliore protezione per le donne occupate nel settore dei servizi domestici, per esempio. Ciononostante, l’alternativa è di non avere nessuna direttiva e, pertanto, avere invece una minore protezione per un gruppo di cittadini di paesi terzi (tra i quattro e gli otto milioni di persone) che soggiornano e attualmente lavorano illegalmente nell’Unione europea e che, per via della loro estrema vulnerabilità, sono sempre più spesso sfruttati dai datori di lavoro.

Se, da un lato, è importante prevenire l’immigrazione illegale e lo sfruttamento di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE, dall’altro occorre anche garantire che aumentino le opportunità per le persone che si insediano e cercano impiego nell’Unione europea legalmente. Questo aspetto è regolamentato da altre direttive che, in seno al Parlamento europeo, abbiamo negoziato nell’arco dell’ultimo anno.

 
  
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  Anders Wijkman (PPE-DE), per iscritto. (SV) Abbiamo scelto di esprimere un voto favorevole riguardo alla relazione sulle sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell’UE.

La proposta è volta a impedire lo sfruttamento, da parte dei datori di lavoro, dei cittadini di paesi terzi che si trovano illegalmente nell’Unione europea nonché a rafforzare i diritti dei lavoratori. Il soggetto da sanzionare nel caso di rapporto di impiego illegale è il datore di lavoro che viola la legge, non il lavoratore.

In questo ambito vi è un vuoto legislativo in alcuni paesi dell’Unione europea. Altri paesi, invece, si sono dotati di leggi, che però non sono applicate od osservate. L’introduzione di norme UE comuni volte a prevenire lo sfruttamento e l’impiego di lavoratori soggiornanti illegalmente nell’Unione europea sono, pertanto, un modo per alzare l’asticella a molti Stati membri.

La proposta su cui votiamo oggi presenta molte lacune. Se la decisione fosse spettata a me, molte parti sarebbero state diverse. Mi sarebbe piaciuto vedere una migliore protezione per le donne occupate nel settore dei servizi domestici, per esempio. Ciononostante, l’alternativa è di non avere nessuna direttiva e, pertanto, avere invece una minore protezione per un gruppo di cittadini di paesi terzi (tra i quattro e gli otto milioni di persone) che soggiornano e attualmente lavorano illegalmente nell’Unione europea e che, per via della loro estrema vulnerabilità, sono sempre più spesso sfruttati dai datori di lavoro.

Se, da un lato, è importante prevenire l’immigrazione illegale e lo sfruttamento di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE, dall’altro occorre anche garantire che aumentino le opportunità per le persone che si insediano e cercano impiego nell’Unione europea legalmente. Questo aspetto è regolamentato da altre direttive che, in seno al Parlamento europeo, abbiamo negoziato nell’arco dell’ultimo anno.

 
  
  

- Relazione Jeggle (A6-0472/2008)

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sui prodotti vegetali ci giunge con un certo numero di elementi supplementari atti a migliorare l’applicazione delle nuove norme.

La statistica ha un ruolo di importanza vitale nella stesura delle politiche comunitarie in quanto fornisce un quadro preciso della domanda e dell’offerta sul mercato e tali informazioni aiutano a raggiungere un equilibrio economico. Le normative a livello europeo non devono peraltro costituire unicamente un fardello burocratico ma garantire che vi sia costantemente uno scambio di informazioni semplice ed efficace tra gli Stati membri.

Per questo motivo sono favorevole alla proposta della Commissione e agli emendamenti proposti dalla relatrice poiché essi rappresentano una nuova fase nella creazione di un quadro normativo semplice, flessibile e conforme ai principi dell’Unione europea. L’impatto di queste norme sull’agricoltura europea sarà quello di assicurare una maggior capacità di risposta ai potenziali problemi del mercato, quali la sovrapproduzione, che potrebbero comportare una caduta dei prezzi.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Ho votato a favore della relazione sia perché la proposta della Commissione mira a semplificare l’attuale legislazione, sia perché le statistiche sull’agricoltura sono comunque necessarie alla politica agricola comune nelle attuali circostanze.

Desidero sottolineare che il mio voto favorevole alla relazione non rappresenta un’espressione di sostegno alla politica agricola comune.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi compiaccio per il lavoro svolto dalla collega Jeggle ed esprimo il mio voto favorevole alla sua relazione riguardante la necessità di raccogliere statistiche sui prodotti vegetali.

Condivido il parere della relatrice, peraltro espresso anche dalla Commissione, sulla fondamentale importanza che rivestono le statistiche sui prodotti vegetali ai fini della valutazione della politica agricola comune e della gestione dei mercati di tali prodotti all’interno dell’Unione europea.

Approvo inoltre l’evidenziazione, da parte della relatrice, che gli oneri e i costi aggiuntivi debbano essere contenuti entro limiti ragionevoli, affinché i vantaggi in termini di semplificazione delle procedure burocratiche e di facilitazione e miglioramento qualitativo della legiferazione non siano compensati negativamente dai costi troppo elevati delle operazioni proposte.

Credo che la relazione si inquadri perfettamente nel programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi all’interno dell’Unione europea previsto dalla comunicazione del 24 gennaio 2007 e ribadisco, pertanto, il mio supporto alla stessa.

 
  
  

- Relazione Szájer (A6-0216/2008)

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Come ho già dichiarato esprimendo il mio sostegno alla relazione sulla promozione dei prodotti agricoli sul mercato comunitario e in paesi terzi, il vino è uno dei prodotti comunitari che godono di una posizione dominante nel mercato globale e deve avere un ruolo chiave nella strategia commerciale europea.

Al fine di fornire migliori meccanismi di sostegno ai diversi tipi di vino, non solo a quelli tradizionali ma anche a quelli menzionati nella relazione, occorre avere norme semplici, flessibili e conformi ai principi europei di incentivazione qualitativa. Ed è anche necessario che via sia maggior cooperazione tra gli Stati membri, le istituzioni europee, i produttori e le organizzazioni di produttori e distributori.

Sono favorevole alla proposta della Commissione europea e alla relazione presentata dal collega, l’onorevole Szájer, dal momento che ci consentiranno di avere regole generali segnatamente alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli. Tramite l’adozione di tali nuove norme e il sostegno a produttori e distributori otterremo una posizione migliore sul mercato per questi prodotti, conosciuti in tutto il mondo.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli Colleghi, esprimo il mio voto favorevole alla relazione presentata dal collega Szájer in merito ai vini aromatizzati, bevande aromatizzate a base di vino e cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli.

Ritengo che il settore vitivinicolo sia molto importante per l’economia dell’Unione Europea, considerando che alcuni paesi, come Italia, Francia, Spagna sono tra i primi produttori mondiali di vino ed esportano i loro apprezzati prodotti in tutto il mondo. Accolgo quindi con favore la proposta di stabilire regole certe per la definizione delle menzionate categorie di prodotti a base di vino, in modo da rendere sempre riconoscibile ed identificabile l’alta qualità della produzione europea.

 
  
  

- Relazione van den Burg (A6-0047/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici del Parlamento europeo abbiamo deciso di votare a favore della proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto. Desideriamo tuttavia sottolineare che non consideriamo le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto una soluzione al problema dell’economia sommersa.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto (EN) Oggi abbiamo votato a favore della relazione sulle aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto. Gli emendamenti sottolineano che le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto avrebbero un impatto positivo nel rimodellare molti settori dei servizi dal momento che ridurrebbero l’entità del lavoro non dichiarato.

Per quanto concerne il settore dell’edilizia abitativa è possibile applicare aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto per lavori di ristrutturazione e riparazione finalizzati ad aumentare il risparmio e l’efficienza energetica.

La proposta risale all’estate del 2008 e prevede l’aggiunta di alcuni servizi forniti a livello locale tra cui quelli di ristorazione.

Oltre all’edilizia abitativa e ai servizi di ristorazione e catering rimarranno sempre inclusi nell’elenco dei servizi ammissibili a usufruire di aliquote ridotte anche i servizi ad alto impatto di manodopera. La categoria è stata estesa ad altri servizi di natura analoga forniti a livello locale come le riparazioni secondarie di beni mobili materiali quali le biciclette, le calzature, gli abiti, i computer, gli orologi, i servizi di pulizia e di manutenzione, i servizi di assistenza domestica incluse le cure personali del tipo fornito nei saloni di parrucchiere e negli istituti di bellezza, i servizi di giardinaggio, di manutenzione e pulizia dei luoghi di culto, di elementi del patrimonio culturale e di monumenti storici.

La categoria dei prodotti farmaceutici, inoltre, è stata estesa al fine di includere tutti gli articoli di protezione dell’igiene femminile, i pannolini per bambini e le attrezzature mediche per i disabili.

In base alle norme attuali anche i libri a stampa e gli audiolibri possono essere soggetti ad aliquote ridotte.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’incentivazione delle piccole e medie imprese, che rappresentano il 99 per cento delle società europee, che sono responsabili di più di cento milioni di posti di lavoro e che, solo negli ultimi otto anni, hanno creato 8 milioni di posti di lavoro, è un aspetto centrale dello Small Business Act.

La proposta attuale esemplifica le misure adottate, consente ad alcune società di usufruire di aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto cercando al contempo di contrastare il lavoro sommerso e richiede la creazione di società legali.

La volontà di agevolare il funzionamento delle piccole e medie imprese non deve consentirci di mettere a repentaglio i principi fondamentali dell’Unione europea. In questo caso il mercato unico è tutelato in quanto le norme contenute nel documento andranno applicate alle società operanti unicamente a livello locale, e ciò eviterà distorsioni del mercato.

Questi sono i motivi per cui ho votato a favore della relazione che considero un ottimo esempio delle politiche che il Parlamento europeo dovrebbe adottare in campo economico.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) E’ la prima volta che sono lieto di votare a favore di una direttiva europea sulla tassazione. Per un po’ di tempo, finché non verrà avviata una revisione generale che rimetterà tutto in discussione, le aberrazioni più evidenti della direttiva svaniranno. Potranno usufruire di aliquote ridotte i servizi forniti a livello locale come quelli di ristorazione, che in ogni caso non hanno nulla a che vedere con i problemi del mercato interno e con la distorsione della concorrenza, e i servizi ad alta densità di manodopera.

Ora la palla passerà ai governi e prima ancora al Consiglio che non ha ancora preso una decisione; poi, a livello nazionale, sorveglieremo con attenzione i modi e la rapidità con cui coloro che sono al potere manterranno le loro promesse elettorali.

Temo, tuttavia, che questa buona notizia possa aver avuto origine dalla crisi, dalla forte riduzione del potere d’acquisto degli europei e dall’imminenza delle elezioni europee. La soluzione giusta sarebbe stata porre fine una volta per sempre a tutte le armonizzazioni fiscali per cui non c’è ancora una giustificazione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione che consentirà al Regno Unito di ridurre le aliquote dell’imposta sul valore aggiunto per un’altra categoria di beni e servizi, compresi i servizi di ristorazione ed altri servizi locali. Sono favorevole alla relazione in quanto essa fornisce alle imprese più piccole la possibilità di adottare prassi migliori. La relazione rappresenta un’azione positiva nel combattere la recessione rendendo le imprese locali più piccole più interessanti agli occhi della clientela.

 
  
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  John Purvis (PPE-DE), per iscritto. (EN) I conservatori hanno sempre sostenuto che la tassazione è un aspetto fondamentale della sovranità nazionale per cui ritengono che vada valutato positivamente qualsiasi tentativo di trasferire poteri in questo settore dall’Unione europea agli Stati membri. Questa misura, che consente agli Stati membri di applicare aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto ad un certo numero di servizi forniti a livello locale e ad alta densità di manodopera, è un buon esempio di applicazione del principio di sussidiarietà e noi incoraggiamo la Commissione a fare ulteriori passi in questa direzione. In particolare ci sarebbe piaciuto che le aliquote ridotte fossero state estese ai produttori locali di birra e sidro poiché tale estensione avrebbe agevolato la sopravvivenza dei pub in un momento in cui essi sono penalizzati da dazi molto alti.

Sottolineamo che spetta agli Stati membri decidere quando è il caso di applicare queste misure. La recente riduzione delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto nel Regno Unito è stata una misura costosa che ha portato scarsi risultati, mentre altre misure quali le riduzioni molto più consistenti ma finalizzate dell’imposta sul valore aggiunto consentite da questa proposta, o l’aumento delle detrazioni fiscali sul reddito, avrebbero comportato maggiori benefici sia a livello individuale che, complessivamente, a livello economico.

 
  
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  Poul Nyrup Rasmussen (PSE), per iscritto. − (DA) I deputati europei del partito socialdemocratico danese, gli onorevoli Rasmussen, Thomsen, Schaldemose, Jørgensen e Christensen, si sono astenuti dal voto sulla relazione presentata dall’onorevole van den Burg sulle aliquote ridotte dell’imposta del valore aggiunto. La nostra delegazione ritiene che una riduzione dell’imposta sul valore aggiunto in Danimarca avrebbe un effetto estremamente modesto sull’occupazione e comporterebbe una problematica perdita di entrate per lo Stato. Data l’attuale crisi economica, tuttavia, altri Stati membri dell’Unione europea potrebbero avere la necessità di utilizzare lo strumento dell’imposta sul valore aggiunto nei loro pacchetti nazionali di risposta alla crisi per rafforzare l’occupazione in settori gravemente colpiti. In Danimarca esistono già aliquote diverse per l’imposta sul valore aggiunto e quindi non vogliamo impedire agli Stati membri dell’Unione europea di adottare questa misura che potrebbe peraltro avere ripercussioni positive sulla domanda dell’economia danese.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo ha votato a favore della relazione in quanto ritiene che la riduzione dell’imposta sul valore aggiunto possa contribuire a tutelare alcuni posti di lavoro e a consentire la creazione di altri. Tutti i paesi hanno presentato esperienze che fanno pensare che forse situazioni locali necessitano di risposte locali, con particolare riguardo ad imposte come quella sul valore aggiunto.

Nel Regno Unito la riduzione generalizzata dell’imposta sul valore aggiunto ha portato ad un calo dell’inflazione di un punto percentuale e all’immissione nell’economia di 12 miliardi di sterline.

 
  
  

- Proposta di risoluzione (B6-0097/2009) sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Dall’11 settembre 2001 l’America ha condotto una guerra globale contro il terrorismo e purtroppo la cultura assolutista dei diritti umani dell’Unione europea e la codardia politica di molti dei suoi politici più importanti hanno obbligato gli Stati Uniti ad assumersi una responsabilità decisamente sproporzionata nell’affrontare un pericolo che non conosce frontiere.

Gli estremisti della jihad islamica rappresentano una minaccia al nostro modo di vivere e i politici hanno la responsabilità di proteggere i cittadini contro un pericolo esistenziale senza precedenti. Mi rallegro del fatto che alcuni paesi dell’Unione europea abbiano ritenuto di dover cooperare con la CIA, con i nostri alleati americani, e non comprendo invece perché altri paesi privilegino i diritti umani dei terroristi alla tutela dei propri cittadini, rifiutandosi di cooperare con la CIA. Ancora una volta il sentimento antiamericano così presente nell’Unione europea mette a repentaglio la sicurezza dei cittadini.

Tutto ciò dimostra quanto sia importante che ciascuno Stato membro si riservi il diritto di agire indipendentemente dagli altri in questioni di politica estera e di intelligence.

Ho votato quindi contro la relazione.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nel 2007, a seguito di un’indagine condotta dalla commissione che ha presieduto i lavori, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione contenente decine di raccomandazioni finalizzate a impedire che tali attività illegali potessero ripetersi.

In questo momento il Parlamento è impegnato in un procedimento di valutazione dell’applicazione di tali raccomandazioni ed utilizza il metodo da me proposto. Recentemente il presidente del Parlamento europeo ha inviato una richiesta ufficiale di cooperazione ai presidenti dei parlamenti nazionali e tra breve si terrà un’udienza.

Approvare una nuova risoluzione prima di aver completato questo procedimento sarebbe imprudente e condurrebbe ad una serie di errori: parlare troppo presto quando ancora non c’è niente di nuovo da dire, abbandonarsi al desiderio di approvare una risoluzione per influenzare i cittadini o per determinare politiche interne, e cominciare a criticare il presidente Obama mentre dovremmo invece lavorare per promuovere la cooperazione transatlantica approfittando del passaggio, negli Stati Uniti, alla nuova amministrazione.

Non posso quindi votare a favore della proposta di risoluzione, ma non posso nemmeno votare contro un testo che ribadisce i valori essenziali del rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e della ricerca della verità. Per questo motivo mi asterrò dal voto.

 
  
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  Jas Gawronski (PPE-DE), per iscritto. Signor Presidente, la mia decisione di votare contro la risoluzione è data dal fatto che vengono ripetuti gli stessi concetti contro cui come gruppo ci esprimemmo già nel voto finale della commissione temporanea TDIP. Esprimo questo giudizio in quanto coordinatore del gruppo PPE per la passata commissione temporanea TDIP e per il gruppo di lavoro che ha fatto seguito in commissione LIBE.

In seno alla suddetta commissione si decise di inviare un questionario a ogni Stato membro per chiarire quali sviluppi ci fossero stati in seguito all’inchiesta del Parlamento europeo. Ma ad oggi, come lei ne è ben a conoscenza, nessuna risposta è giunta in merito a quelle domande; nemmeno a seguito del suo sollecito scritto.

Non ritengo, dunque, giudizioso votare un nuovo testo che pretende apportare nuove conclusioni, quando in realtà non abbiamo alcuna novità da rendere pubblica. La mia impressione è che sia ancora un richiamo elettorale delle sinistre, più che un tentativo inteso a far giustizia.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore del mantenimento del riferimento al Portogallo e di quello alle responsabilità del governo Barroso nonostante ritenga che il testo di quel paragrafo potrebbe essere più preciso e far riferimento a “nuove informazioni sui fatti” e non solo a “informazioni pubblicate”.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Senza voler minimizzare gli importanti aspetti sui quali siamo in chiaro disaccordo, e per non parlare delle palesi omissioni e contraddizioni, desideriamo sottolineare che la risoluzione:

- “denuncia l’inerzia dimostrata finora [...] quanto al far luce sul programma di consegne straordinarie”;

- “invita gli Stati membri, la Commissione e il Consiglio [...] a contribuire all'accertamento della verità avviando indagini o collaborando con gli organi competenti, [...] e garantendo un efficace controllo parlamentare sull'operato dei servizi segreti”;

- “esorta l’Unione europea, gli Stati membri e le autorità statunitensi a svolgere indagini e a fare piena luce sugli abusi e le violazioni commessi nel contesto della “guerra al terrorismo” e concernenti il diritto umanitario internazionale e nazionale, le libertà fondamentali, la proibizione della tortura e dei maltrattamenti, le sparizioni forzate e il diritto a un processo equo, al fine di individuare le responsabilità [...] e di garantire che tali violazioni non si ripetano in futuro”.

La risoluzione, tuttavia, non demistifica né denuncia l’aspetto fondamentale, vale a dire la cosiddetta “guerra al terrorismo” e non condanna ciò che chiama “parziale mantenimento dei programmi di consegna e dei centri di detenzione segreti” da parte degli Stati Uniti.

Occorre esprimere una condanna chiara e avviare una ricerca della verità come risulta dalla proposta del partito comunista nel parlamento portoghese, respinta dai partiti socialista, socialdemocratico e popolare del Portogallo.

 
  
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  Jens Holm ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Anche se la risoluzione sulla CIA contiene elementi controversi, come la valutazione positiva degli accordi tra Unione europea e Stati Uniti sull’estradizione e sull’assistenza giudiziaria reciproca, ho votato a favore della risoluzione a sostegno dei diritti umani e del tentativo di far luce sul programma di consegne straordinarie.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) La risoluzione approvata in Aula riconferma che, in base all’articolo 14 della Convenzione della Nazioni Unite contro la tortura, qualunque vittima di un atto di tortura ha il diritto, giuridicamente invocabile, a una riparazione e a un risarcimento equo ed adeguato. I deputati conservatori britannici del Parlamento europeo hanno votato contro la risoluzione e i deputati del partito laburista britannico si sono astenuti. Il governo laburista, moralmente fallimentare, ha trascinato il Regno Unito in una guerra illegale consentendo che i propri aeroporti venissero utilizzati per voli di consegne straordinarie. Anche il voto degli eurodeputati del gruppo Unione per l’Europa delle Nazioni è una vergogna.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Anche se la risoluzione sulla CIA contiene elementi controversi, come la valutazione positiva degli accordi tra Unione europea e Stati Uniti sull’estradizione e l’assistenza giudiziaria reciproca che disapprovo, ho votato a favore della risoluzione a sostegno dei diritti dell’uomo e del tentativo di far luce sul programma di consegne straordinarie.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Ho già espresso in precedenti occasioni la mia forte condanna in relazione alle notizie emerse sul trattamento di persone sospettate di un crimine, ma non riconosciute colpevoli, e di persone estradate e in taluni casi rapite dalle autorità dei vari paesi. Si tratta di misure completamente inaccettabili e contrarie ai principi di una democrazia moderna. La questione deve ancora essere chiarita e quindi è un bene che si faccia luce su questi fatti.

La risoluzione del Parlamento contiene molti elementi positivi ma ritengo che l’inclusione di enunciazioni non pertinenti la rendano troppo ambiziosa in materia di politica estera e purtroppo allontanino l’attenzione dalla questione centrale, ovvero le sospette violazioni dei diritti dell’uomo. Ho quindi votato contro la proposta di risoluzione.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato contro la proposta di risoluzione sulle presunte attività della CIA nel trasporto e la detenzione illegali di prigionieri in alcuni paesi europei dal momento che il proposito della risoluzione è senza fondamento.

Innanzi tutto vorrei sottolineare che, da un punto di vista procedurale, i gruppi politici che hanno firmato la risoluzione avrebbero dovuto aspettare le risposte dei parlamenti nazionali alla lettera del presidente Pöttering del 9 febbraio 2009, lettera che richiedeva dettagli sulle misure adottate dagli Stati membri a seguito della risoluzione in materia del febbraio 2007.

In secondo luogo è completamente inutile impantanarci nuovamente nei sospetti e nelle accuse ad alcuni Stati membri derivanti dall’ordine esecutivo approvato dal presidente Obama nel gennaio del 2009 che chiedeva la chiusura del centro di detenzione di Guantanamo per un anno.

In riferimento alla Romania, il commissario Barrot, nel discorso tenuto durante l’ultima tornata, ha detto che avrebbe monitorato attentamente le misure adottate dalle autorità rumene nel corso di questa l’indagine. Credo che la Romania abbia chiaramente dimostrato la volontà di cooperare fornendo alla Commissione e al Parlamento europeo tutte le informazioni necessarie e tutti gli esiti delle indagini condotte in materia.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Anche questa volta, come in occasione della tornata di Strasburgo tenutasi dal 2 al 5 febbraio, desidero ribadire la mia opposizione alla risoluzione sulle presunte attività della CIA nel trasporto e la detenzione illegali di presunti terroristi sul territorio di alcuni paesi europei.

Le accuse sollevate contro la Romania, in base alle quali il mio paese sarebbe rimasto coinvolto nel programma di trasferimento di terroristi sospetti, sono infondate. E’ quindi inaccettabile per la Romania che il nome del paese venga ripetuto con insistenza nella discussione sulle presunte carceri della CIA.

Finora ci sono state rivolte solo accuse senza alcuna prova credibile a sostegno: la relazione Martin costituisce il miglior esempio di tale atteggiamento nei nostri confronti dal momento che le accuse che muove alla Romania sono discutibili e infondate.

Credo che il motivo alla base di alcune di queste gravi accuse vada ricercato nell’impegno assunto dai governi europei di rispettare e promuovere le libertà fondamentali, i diritti e i valori dell’Unione europea per conto dei quali è stata avviata la bozza di risoluzione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intendo sostenere tramite il mio voto favorevole la risoluzione sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di persone. Credo sia estremamente importante dare piena attuazione alle raccomandazioni fatte da questo Parlamento nella relazione della commissione temporanea sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA poiché la presenza di centri di detenzioni segreti, le sparizioni forzate e la tortura di detenuti non sono solo in palese violazione del diritto internazionale in materia di diritti umani, della Convenzione ONU sulla tortura, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali ma non possono essere tollerati in un sistema internazionale in cui vigano la democrazia e lo stato di diritto.

Per questo accolgo con favore l’esortazione mossa attraverso la suddetta risoluzione a tutti gli Stati Membri affinché venga fatta luce sugli abusi commessi in tale ambito in nome della guerra al terrorismo, perché una vera ed efficace lotta al terrorismo non può essa stessa macchiarsi di violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali, contro le quali é appunto condotta.

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. (EN) I deputati del partito laburista al Parlamento europeo ritengono che la risoluzione abbia vari aspetti positivi: abbiamo sempre sostenuto la stesura della risoluzione e abbiamo anche approvato la risoluzione comune presentata a nome di quattro gruppi del Parlamento europeo.

Non possiamo, tuttavia, votare a favore della risoluzione dal momento che essa include accuse non dimostrate che devono ancora essere giudicate dalle autorità competenti. Purtroppo la risoluzione, con le modifiche, non è più basata su fatti provati e i laburisti al Parlamento europeo si vedono costretti a malincuore ad astenersi.

 
  
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  Marek Siwiec (PSE), per iscritto. – (PL) Mi sono astenuto dalla votazione in quanto non conosco in dettaglio gli emendamenti della proposta di risoluzione.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. − (EN) Anche se la risoluzione sulla CIA contiene elementi controversi, come la valutazione positiva degli accordi tra Unione europea e Stati Uniti sull’estradizione e l’assistenza giudiziaria reciproca, ho votato a favore della risoluzione a sostegno dei diritti umani e del tentativo di far luce sul programma di consegne straordinarie.

 
  
  

- Relazione Saryusz-Wolski (A6-0019/2009)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, ho sostenuto la relazione dell’onorevole Saryusz-Wolski e mi fa piacere che essa si concentri principalmente sugli avvenimenti del 2008 che hanno messo alla prova l’efficacia della politica estera dell’Unione europea. Ancora una volta abbiamo constatato che la forza dell’Unione sta in azioni concertate e lo stesso vale per le istituzioni europee che devono lavorare assieme, come fanno gli Stati membri, in modo che l’Europa parli all’unisono sulla scena internazionale.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sono favorevole alla mantenimento della possibilità di veto a livello nazionale in questioni di affari esteri e mi preoccupa in misura crescente il ruolo sempre più importante assunto dall’Unione europea sulla scena mondiale nonostante il fatto che il trattato di Lisbona non sia stato ratificato.

Ciononostante ammetto che vi sono temi sui quali l’Unione può agire unita per esprimere la propria volontà, e uno di questi è Taiwan. Il Consiglio ha recentemente dichiarato di essere favorevole ad una partecipazione costruttiva di Taiwan nelle organizzazioni internazionali e personalmente sono favorevole a questa politica poiché ritengo che sia inaccettabile negare la parola sulla scena internazionale ai 23 milioni di cittadini di Taiwan.

Taiwan è una democrazia prospera con un sistema sanitario di ottimo livello qualitativo. Ritengo sarebbe immorale escludere Taiwan dai benefici che sicuramente deriverebbero al paese dall’assumere il ruolo di osservatore all’Assemblea mondiale della sanità. Spero inoltre che le istituzioni comunitarie possano, insieme, fare progressi sulle questioni che verranno discusse alla prossima Assemblea mondiale della sanità, in maggio.

Accolgo inoltre favorevolmente le valutazioni positive della relazione in materia di miglioramento delle relazioni nella zona dello stretto di Taiwan.

Mi sono quindi astenuto dal voto sulla relazione.

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Desidero congratularmi con il presidente della commissione per gli affari esteri, l’onorevole Saryusz-Wolski, per l’eccellente relazione che ha presentato. Credo che occorra porre particolare attenzione al partenariato orientale che, a mio parere, dovrebbe avere un chiaro assetto istituzionale, una dimensione parlamentare ed intergovernativa e anche organismi tecnici e finanziari adeguati.

Per quanto concerne la dimensione intergovernativa, credo che occorra stabilire un chiaro calendario di incontri a livello ministeriale che coinvolga i 27 Stati membri e le loro controparti, i paesi del partenariato orientale. Ovviamente, nel caso della Bielorussia, bisognerà sostenere la decisione del Consiglio europeo di riprendere i negoziati sia con il governo di Minsk che con tutte le forze democratiche del paese. Il regime autoritario della Bielorussia deve capire che per l’Unione europea qualsiasi tipo di cooperazione si baserà sulla condizione imprescindibile del rispetto dei principi democratici e dei diritti umani.

Ritengo che la dimensione parlamentare del partenariato orientale sia importante in quanto garantisce la legittimità democratica del progetto. Gli incontri della futura assemblea parlamentare dovranno contribuire all’approvazione del progetto sia da parte dei partiti al potere che delle forze all’opposizione che potrebbero costituire un governo alternativo basato su logiche democratiche.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il gruppo del partito comunista greco al Parlamento europeo ha votato contro la relazione annuale sull’applicazione della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea per il 2007.

Reputiamo offensiva la richiesta della relazione di rafforzare la presenza politica e militare dell’Unione europea a livello internazionale o, in altre parole, i propri interventi imperialisti in tutto il mondo. La relazione utilizza i problemi originati dallo sviluppo capitalistico, come i cambiamenti climatici e le questioni energetiche, come nuovi pretesti per imporre il proprio interventismo imperialista e per migliorare la propria posizione tra i concorrenti imperialisti della terra.

La relazione mira inoltre ad intensificare e ad approfondire la cooperazione con gli Stati Uniti allo scopo di adottare un approccio comune nei confronti delle reazioni popolari e della resistenza al proprio dominio imperialista.

La relazione difende l’operato imperialista dell’Unione europea in molte aree del mondo come i Balcani occidentali – dove in Kosovo è già presente la forza giudiziaria e di polizia EULEX – tutto il Medio Oriente, la Georgia, l’Africa e altri paesi dove l’Unione sta cercando di rafforzarsi sempre più.

Anno dopo anno l’Unione europea sta diventando sempre più aggressiva e pericolosa per i popoli, che devono avviare con maggior decisione e coordinazione una lotta di opposizione a tale politica, alla politica degli Stati Uniti e della NATO e all’approccio imperialista nel suo complesso.

 
  
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  Jas Gawronski (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La relazione critica la situazione dei diritti umani in Cina ma avrebbe potuto anche citare la situazione esemplare dei diritti umani a Taiwan. La fiorente democrazia di Taiwan, rafforzata da tutele costituzionali e dallo stato di diritto, è in netto contrasto con la dittatura comunista totalitaria della Cina.

Mi rifaccio a quanto dice la relazione sul miglioramento delle relazioni nello stretto di Taiwan e mi congratulo con il presidente Ma Ying-jeou per aver permesso tutto questo.

La politica estera e di sicurezza comune ha necessariamente una portata limitata dal momento che è soggetta al veto nazionale; ciononostante accolgo favorevolmente il fatto che il Consiglio abbia recentemente dichiarato di essere favorevole ad una partecipazione costruttiva di Taiwan nelle organizzazioni internazionali e mi auguro che il Consiglio e le altre istituzioni appoggino l’ambizione di Taiwan di essere ammessa come osservatore all’Assemblea mondiale della sanità. E’ moralmente sbagliato escludere Taiwan da una discussione mondiale sulla sanità solo a causa delle pressioni della Cina.

Ho quindi votato a favore della relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come le altre due relazioni discusse ed approvate nel corso della seduta odierna anche questa è molto ambiziosa.

Retorica a parte, la relazione sostiene che “i mesi a venire offriranno all’UE un’opportunità unica per definire con la nuova Amministrazione statunitense una nuova agenda transatlantica che copra questioni strategiche di interesse comune, quali una nuova governance mondiale” in vista, in particolare, del prossimo vertice NATO e del G20, entrambi previsti per aprile.

In realtà la relazione e la risoluzione definiscono a grandi linee gli obiettivi, le priorità e gli interessi delle forze più importanti dell’Unione europea nei Balcani (Kosovo, Bosnia-Erzegovina), nell’Europa dell’est (Caucaso, Mar Nero, Bielorussia, Georgia, Russia), nel Medio Oriente (Striscia di Gaza, Iraq), nel Mediterraneo, nell’Asia centrale (Afghanistan, Iran), in Africa (Ciad, Sudan, Somalia, Repubblica democratica del Congo), in Asia (Cina) e nell’America Latina.

La relazione cita le più evidenti violazioni della legge internazionale, e le interferenze e l’interventismo verso malcelate ambizioni di controllo politico ed economico da parte delle principali forze dell’Unione europea.

Ecco qual è il vero contenuto della relazione, il “ruolo dell’Unione nel mondo” o, in altre parole, l’ambizione di condividere con gli Stati Uniti e il Giappone il controllo di settori importanti, mercati e risorse finanziarie.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. – (PL) Ho dato il mio sostegno inequivocabile alla relazione dell’onorevole Sarysz-Wolski sulle principali caratteristiche della politica estera e di sicurezza comune. La relazione del Consiglio per il 2007 fornisce una descrizione appropriata di tali questioni e sarebbe difficile non ammettere che le risorse finanziarie destinate all’applicazione della politica estera e di sicurezza comune non sono affatto sufficienti, particolarmente in caso di attacchi terroristici. Il diritto a vivere in pace e con un senso di sicurezza è una priorità dell’Unione europea e tale sicurezza ha una dimensione molteplice: è politica, militare, energetica, alimentare e così via. La cooperazione con altri paesi ha un ruolo essenziale in questo settore e si dovrebbe riconoscere la particolare importanza delle relazioni transatlantiche con gli Stati Uniti e il Canada, così come di una più stretta cooperazione tra l’Unione europea e la NATO; anche il partenariato orientale è molto promettente. A questo riguardo vanno tenute in considerazione le relazioni con Russia, Ucraina, Georgia e Bielorussia. L’Unione europea può influire positivamente anche nella situazione del Medio Oriente: il recente conflitto nella Striscia di Gaza ha evidenziato le situazioni drammatiche in cui vivono le popolazioni di quella regione, sia i palestinesi sia gli ebrei.

Nel campo della sicurezza le iniziative dell’Unione europea saranno efficaci solo se essa agirà a parlerà come un tutt’uno. Concentrarsi su interessi individuali può solo apportare benefici temporanei, senza contare che la solidarietà universale richiede, in particolare, il rispetto dei valori fondamentali e dei diritti umani, oltre che della dignità e della libertà cui ha diritto ogni uomo. Il ruolo che gli sforzi diplomatici, compresi i cosiddetti interventi di diplomazia preventiva, possono avere in questo campo è sicuramente secondario.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Come risulta dal dibattito e dalla relazione sulla politica estera e di sicurezza comune, l’Unione europea ha enormi ambizioni nel settore della politica estera ma i fatti dimostrano chiaramente che il peso dell’Unione nel mondo non corrisponde a tali ambizioni. Tuttavia l’Unione ha un ruolo sempre più importante e nella stragrande maggioranza dei casi gli Stati membri sono d’accordo tra loro e agiscono in collaborazione. La condivisione di valori, principi e priorità tra i 27 Stati membri dell’Unione europea è molto più diffusa di quanto potrebbero indicare i momenti di mancanza di accordo, esattamente come ci si deve aspettare.

Ecco il motivo per cui sono favorevole al rafforzamento dell’accordo su cui basare le nostre priorità e i nostri criteri di intervento.

Riconoscere, tuttavia, che vi sono discordanze che essenzialmente derivano dall’esistenza di interessi e priorità diversi non mi porta a concludere che l’Unione europea non sia importante per il mondo o che sia necessario imporre a tutti gli Stati membri una certa politica estera contro il loro interesse e persino contro la loro storia. Si sta costruendo una comunità e questo processo, anche se lento, ha maggiori probabilità di successo rispetto al desiderio di imporre un singolo approccio, non essenziale.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della mozione di risoluzione del Parlamento europeo sulla relazione annuale 2007 del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), presentata al Parlamento europeo in applicazione della sezione G, punto 43, dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 a sostegno della pace, della dignità umana, dei diritti dell’uomo, della democrazia, del multilateralismo e dello stato di diritto.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La relazione Saryusz-Wolski contiene alcuni positivi riferimenti a Taiwan e sottolinea in particolare il recente disgelo delle relazioni nello stretto di Taiwan. Mi congratulo con il presidente di Taiwan Ma per la sua iniziativa coraggiosa volta a migliorare le relazioni con la Repubblica popolare cinese.

Temo, tuttavia, che nell’Unione europea non ci si renda ben conto dell’importanza di sostenere la democrazia di Taiwan e di dar voce sulla scena internazionale ai suoi 23 milioni di cittadini.

Il Consiglio è favorevole ad una significativa partecipazione di Taiwan nelle organizzazioni internazionali ed è tempo che il Parlamento ribadisca il suo sostegno, con particolare riferimento all’ambizione di Taiwan di divenire un osservatore all’Assemblea mondiale della sanità.

L’esclusione di Taiwan da tale associazione per ordine della Cina è un fatto riprovevole e come medico disapprovo l’interferenza della politica in materia di sanità pubblica. Già teniamo testa alla Cina sul Tibet e anche sui diritti umani: è arrivato il momento di tenere testa alla Cina anche su Taiwan.

Mi sono astenuto dal voto sulla relazione.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Io e i miei colleghi conservatori britannici concordiamo sulla necessità di cooperare in modo efficace a livello intergovernativo con la politica estera e di sicurezza comune a condizione che il governo del Regno Unito conservi la possibilità di veto e quella di operare autonomamente nell’interesse nazionale, se necessario. La relazione contiene spunti positivi sulla necessità di avviare una più stretta cooperazione a livello internazionale tra i 27 Stati membri dell’Unione europea in settori quali le relazioni transatlantiche, la Georgia, il partenariato orientale e il Medio Oriente allargato.

Ci opponiamo tuttavia ai riferimenti secondari al trattato di Lisbona. Da molto tempo esprimiamo la nostra opposizione al trattato e non crediamo che sarebbe nell’interesse del Regno Unito e dell’Unione europea fornire nuovi strumenti di politica estera nel trattato e per questi motivi ci siamo astenuti.

 
  
  

- Relazione von Wogau (A6-0032/2009)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione von Wogau e approvo decisamente il consolidamento della PESD. Come si sottolinea nella relazione, l’ampliamento della cooperazione tra le forze armate europee rappresenta una misura essenziale per istituire una politica estera e di difesa comune. Condivido altresì il principio che l’Unione europea debba garantire non soltanto la propria sicurezza ma anche quella dei suoi vicini, dal momento che i conflitti apparentemente bilaterali dei nostri vicini esercitano in realtà un’influenza diretta sull’Unione europea.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione sulla nuova strategia europea in materia di sicurezza sostiene apertamente una militarizzazione ancora più spinta dell’Unione europea per rafforzarne la capacità militare e favorire quindi gli interventi imperialistici.

Essa approva l’obiettivo del Consiglio di costituire una forza militare permanente nell’Unione europea, composta da 60 000 effettivi; il contingente franco-tedesco Eurocorps, già esistente, dovrebbe essere il nucleo di tale forza, che sarebbe equipaggiata con sistemi di armi comuni e dovrebbe essere pronta a combattere in azioni di risposta rapida, simultaneamente in diverse zone del mondo. Aumentano i pretesti con cui si giustificano gli interventi dell’Unione europea, le cosiddette minacce alla sua sicurezza le quali, oltre al terrorismo, abbracciano settori come il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, il ciberspazio, i conflitti regionali, il trasporto marittimo e perfino lo spazio. L’Unione europea si riserva il diritto di intervenire militarmente dove e quando ritenga necessario per soddisfare i propri interessi imperialistici e, cosa ancora più importante, non soltanto contro le popolazioni dei paesi terzi ma anche contro quelle dei propri Stati membri, per tutelare il potere dei gruppi monopolistici ogni qualvolta lo giudichi utile.

Per questo motivo il partito comunista greco ha votato contro la relazione. Solo la disobbedienza popolare e l’abbandono della politica imperialistica e antipopolare dell’Unione europea, nella sua impostazione complessiva, potranno aprire la strada a un avvenire di pace e prosperità popolare per l’Europa.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Mi congratulo con l’onorevole von Wogau per l’opera svolta in questa sede e più in generale per il suo ruolo di presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa. Sono favorevole all’idea di istituire un quartiere generale operativo dell’Unione europea. Naturalmente la NATO deve essere ed è il nostro primo riferimento quando la nostra sicurezza è a rischio. Eppure, durante i dibattiti tra Bush e Gore tenuti più di dieci anni fa, George Bush dichiarò che, se fosse stato presidente, non sarebbe intervenuto in Kosovo.

Nonostante la mia avversione per la politica estera dell’amministrazione Bush, ritengo che questa fosse una posizione del tutto ragionevole dal punto di vista di Bush, e della tutela degli interessi statunitensi. Ma non è una posizione che l’Europa avrebbe potuto né dovuto seguire. Al di là delle considerazioni di carattere etico, per cui avevamo la responsabilità di proteggere coloro che rischiavano il genocidio per mano dei serbi, abbiamo anche dovuto assistere all’esodo di decine o centinaia di migliaia di rifugiati. Nel nostro e nel loro interesse dobbiamo avere la capacità di agire in maniera autonoma rispetto agli americani. Per farlo, dobbiamo pagare un prezzo di ben modesta entità: disporre di un quartiere generale operativo dell’Unione europea permanente e pronto per una simile eventualità.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come la relazione sul ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza dell’UE, anche questa relazione, con la relativa risoluzione, intende affermare e consolidare l’Unione europea come blocco politico e militare di natura spiccatamente aggressiva, in associazione con gli Stati Uniti e nell’ambito della NATO.

Fra altri aspetti importanti e illuminanti, questa relazione, con la relativa risoluzione, riafferma la concezione offensiva e globale della NATO, e “rileva la necessità della coerenza fra la nuova SES [strategia di sicurezza europea] e la futura dottrina strategica della NATO e ritiene che tale esigenza debba trovare riscontro nella Dichiarazione che sarà adottata in occasione del vertice NATO di Strasburgo/Kehl ad aprile 2009”. Si spinge addirittura oltre; infatti “chiede l'allestimento di un quartiere generale operativo europeo”.

Per concludere, questa relazione, con la relativa risoluzione, rappresenta un’effettiva denuncia, benché non fosse questa la sua intenzione, della militarizzazione dell’Unione europea e del cosiddetto trattato di Lisbona che istituzionalizza tale militarizzazione.

A ragione, una parte dell’opinione pubblica irlandese ha denunciato e quindi respinto, la natura militaristica di questo trattato, la cui ratifica avrebbe comportato l’ulteriore militarizzazione delle relazioni internazionali, il proseguimento della corsa agli armamenti, ulteriori interferenze e conflitti.

A ragione, una parte dell’opinione pubblica portoghese, tra cui il partito comunista, ha chiesto di tenere un referendum e un ampio dibattito nazionale sulle sue gravissime conseguenze per il Portogallo, l’Europa, il mondo e la pace.

 
  
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  Richard Howitt (PSE), per iscritto. (EN) Noi, deputati del partito laburista britannico al Parlamento europeo, ci siamo uniti al gruppo socialista per votare a favore di questa relazione. Abbiamo votato contro la sezione del testo concernente l’allestimento di un quartiere generale operativo europeo permanente. Infatti abbiamo sempre messo in dubbio la necessità di questo nuovo tipo di struttura istituzionale. Riteniamo che l’Europa debba essere certa di poter disporre della giusta capacità da dispiegare al momento più opportuno, e debba altresì accertarsi che le istituzioni esistenti funzionino prima di crearne altre, che a nostro avviso sarebbero un superfluo e costoso orpello.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Questa relazione chiede l’allestimento di un quartiere generale operativo europeo permanente in grado di effettuare pianificazioni strategiche e condurre operazioni e missioni PESD. La relazione raccomanda, giustamente, la riforma delle Nazioni Unite, per consentire a quest’organizzazione di far fronte alle proprie responsabilità e di agire efficacemente affrontando le sfide globali e rispondendo alle minacce più gravi.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Sostengo la relazione sulla SES e sulla PESD che contiene alcuni punti utili e significativi per definire le future politiche dell’Unione europea quale attore globale.

Vorrei ricordare a questo punto la necessità di coordinare la dimensione di sicurezza dell’Unione europea con quella della NATO per scongiurare qualsiasi duplicato in termini di sforzi e sprechi di risorse. In tale contesto, accolgo con favore l’iniziativa del Consiglio di istituire un gruppo informale ad alto livello UE-NATO.

Inoltre, alla luce degli avvenimenti verificatisi di recente in quest’area, le relazioni con la Russia dovranno essere rivalutate. Per favorire la stabilità fra i suoi vicini a est e per ridurre al minimo l’impatto sugli Stati membri, l’Unione europea dovrà adottare una politica più severa nei confronti della Russia, da definire in stretta collaborazione con i partner transatlantici, cui dovrebbero partecipare anche le maggiori organizzazioni multilaterali, nonché l’OSCE. Questo obiettivo, che peraltro è strettamente legato anche all’assoluta necessità di garantire l’approvvigionamento energetico in Europa, potrà essere raggiunto soltanto se uniremo le nostre forze mediante progetti specifici che comportino la diversificazione delle risorse energetiche.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. - (PT) Chi volga lo sguardo all’Europa comprende che, per quanto riguarda la sicurezza, l’Unione europea ha e deve avere le proprie priorità e preoccupazioni strategiche, dettate dalla sua situazione geografica e geopolitica. Quest’affermazione non vuole proporre un’idea di sicurezza o di difesa concepita come alternativa alle nostre alleanze, e tanto meno alla nostra alleanza con gli Stati Uniti, ma piuttosto un’idea di responsabilità europea. Se vogliamo sicurezza, dobbiamo essere pronti a pagare i costi materiali e umani che essa comporta. Si impone inoltre un accordo sulla parte di tali costi che può essere comune o condivisa in questa ricerca di sicurezza. C’è un prezzo da pagare per la sicurezza, e la domanda di maggiore multilateralismo da parte dei nostri alleati ci impone un costo supplementare. Ci aspetta un futuro assai arduo, da questo punto di vista; se gli europei vogliono maggiore sicurezza, dovranno pagarla.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulla strategia europea in materia di sicurezza e la PESD poiché ritengo che l’Unione europea debba sviluppare un’autonomia strategica per mezzo di una politica di sicurezza e di difesa efficace e potente. Credo altresì che l’Unione europea debba essere in grado di garantire la propria sicurezza e quella dei paesi confinanti.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La delegazione dei conservatori si oppone con decisione al coinvolgimento dell’Unione europea nel settore della difesa, che questa relazione intende ampliare in modo significativo.

La PESD è un progetto politico che non apporta alcuna capacità militare supplementare e al contempo duplica e mina gli sforzi della NATO. La relazione prevede l’inaccettabile trasferimento delle competenze nazionali, nei settori della difesa e della sicurezza, all’Unione europea; essa propone inoltre di istituire, oltre a una Forza armata europea integrata, SAFE, per garantire un maggiore sincronismo operativo tra gli eserciti nazionali: una sorta di esercito europeo in nuce. La relazione inoltre è densa di riferimenti positivi al trattato di Lisbona, a cui ci siamo strenuamente opposti. Per questo motivo abbiamo votato contro la relazione.

 
  
  

- Relazione Vatanen (A6-0033/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Abbiamo deciso di votare contro l’intera relazione di iniziativa, giacché ci sembra superflua. Alcune parti sono assai scadenti e non contribuiscono in alcun modo al dibattito sulla politica in materia di sicurezza europea.

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la relazione presentata dal deputato democratico-cristiano francese, onorevole Vatanen.

Il testo di questa relazione riguarda il ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza dell’Unione europea. E’ una questione importante che merita effettivamente di essere presa in considerazione; a mio avviso, tuttavia, le risposte contenute in questa relazione non sono efficaci, giacché non affrontano il problema alla radice ma lo lasciano irrisolto.

Con il mio voto, non intendo certamente negare il ruolo che l’Europa deve svolgere sulla scena internazionale. Quale potenza economica e demografica, essa deve agire secondo i suoi valori, e deve farlo per il mantenimento della pace e del dialogo interculturale. Il rafforzamento della credibilità militare dell’Unione europea è comunque indispensabile. Per questo motivo vorrei ribadire il mio impegno per la costruzione di una politica europea di sicurezza e di difesa provvista di un’effettiva autonomia.

A mio parere, la relazione Vatanen non va in questo senso. Rimangono ancora alcuni ostacoli, soprattutto per quanto riguarda la denuclearizzazione e le relazioni con la Russia. Lo dimostra il numero degli emendamenti presentati (265): il testo della relazione non ha certo riscosso un’approvazione unanime. Essa non soddisfa infatti l’esigenza principale, ossia quella di garantire all’Europa una solida difesa e la possibilità di cooperare con la NATO senza esserle sottomessa.

 
  
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  Alin Lucian Antochi (PSE), per iscritto. – (RO) Per quanto riguarda la sicurezza e la difesa, le azioni svolte dall’Unione europea come attore globale si sono configurate come interventi volti a scongiurare i conflitti, conferendo così all’Unione lo status di principale promotore di pace nel mondo. Se alla fine della guerra fredda si metteva in discussione il ruolo della NATO, le nuove minacce alla sicurezza e al progresso percepite dagli europei nel settore della difesa, nonché il dispiegamento di operazioni civili e militari in diverse parti del mondo, sottolineano la necessità di un nuovo accordo di cooperazione UE-NATO.

Nel contesto attuale, la mancanza di qualsiasi politica estera europea comune e le sperequazioni esistenti fra i diversi Stati membri in materia di finanziamenti e di capacità tecnologica militare fanno della NATO un partner vitale per la gestione delle crisi militari.

Il ricorso alla divisione del lavoro, grazie alla quale la PESD sostiene le operazioni civili e la NATO assicura il dispiegamento rapido di ingenti forze militari, deve garantire che entrambe le organizzazioni si integrino reciprocamente senza entrare in competizione. Di conseguenza la proposta del relatore di istituire un quartiere generale operativo potrebbe servire proprio a questo scopo, integrando le attuali strutture di comando della NATO nel campo delle operazioni militari e civili congiunte.

Inoltre, nelle future relazioni UE-NATO, dovremo tener conto della situazione degli Stati dell’Europa orientale. E’ importante promuovere una politica di apertura e sostenere un dialogo costruttivo con la Russia per garantire la sicurezza collettiva in quella parte d’Europa.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Una delle affermazioni più false con cui l’Unione europea tende a giustificare la propria esistenza è quella per cui essa avrebbe mantenuto la pace in Europa a partire dal 1945. In realtà, dopo la seconda guerra mondiale, la pace in Europa è stata mantenuta soprattutto grazie alla NATO.

Nel Parlamento europeo c’è un’agguerrita e potente lobby antiamericana; deprecabile, perché il generoso contributo dell’America alla salvezza dell’Europa negli anni ‘40 e al mantenimento della pace in Europa fino ai giorni nostri viene spesso oscurato dalla propaganda antiamericana. Il contributo degli Stati Uniti alla nostra sicurezza collettiva è e rimarrà di vitale importanza.

Ovviamente ci sono alcune sovrapposizioni nell’attività della NATO e dell’Unione europea, ma esse rimangono due organizzazioni fondamentalmente diverse. Dobbiamo perciò opporci a qualsiasi tentativo da parte dell’Unione europea di usurpare l’egemonia e la responsabilità della NATO per la sicurezza transatlantica.

Ho scelto quindi di astenermi dal voto.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione offre un quadro distorto della realtà, e celebra il cosiddetto ruolo pacifico e democratico della NATO e dell’Unione europea, che pure si sono macchiate di tanti crimini contro l’umanità, presentandole come paladini della pace e dei diritti umani in Europa. Essa si spinge addirittura ad affermare, con offensiva spudoratezza, che gli eserciti della NATO si limiterebbero a eseguire le decisioni dei cittadini. Invita quindi l’Unione europea a pretendere un ruolo più attivo nella cooperazione transatlantica con gli Stati Uniti e la NATO, per favorire gli interessi particolari del capitale europeo.

Nella stessa direzione, invita a una maggiore cooperazione per la gestione di crisi quali quelle dell’Afghanistan e del Kosovo, a un migliore scambio di informazioni tra le due organizzazioni imperialistiche, e così via.

La relazione inoltre esprime vivo compiacimento per l’iniziativa della Francia di reintegrarsi ufficialmente nelle strutture militari della NATO, auspicando al contempo l’ampliamento della NATO e dell’Unione europea, e avanza una richiesta inaccettabile: che Cipro aderisca al partenariato per la pace della NATO.

Il partito comunista greco ha votato contro la relazione. Esso condanna la natura criminale e imperialistica della NATO e dell’Unione europea, e ribadisce la necessità di intensificare la lotta di classe, per far sì che il nostro paese abbandoni le organizzazioni imperialistiche, spezzando il loro giogo e sovvertendo il barbaro ordine imperialistico delle cose.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE), per iscritto. (EN) Dichiaro di aver votato a favore nella votazione finale sulla relazione Vatanen concernente il ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza dell’UE.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione del Parlamento europeo che ci è stata presentata, con la relativa risoluzione, costituisce una lettura che definirei obbligatoria nonostante alcuni elementi mistificatori.

Si tratta di un testo che illustra chiaramente – qualora esistessero dubbi – uno degli obiettivi e dei temi centrali dell’Unione europea e del proposto trattato di Lisbona: la militarizzazione dell’Unione europea e il suo consolidamento come blocco politico e militare, all’interno della NATO; ossia in partenariato (che equivale a dire coordinamento e al contempo rivalità) con gli Stati Uniti.

Poiché è impossibile, con questa breve dichiarazione di voto, commentare l’intero contenuto della relazione e della relativa risoluzione, vorrei sottolineare che queste ritengono che sia giunto il momento, per le principali potenze capitalistiche dell’Unione europea, di affermarsi. Di conseguenza, attendono “con interesse il vertice per il 60° anniversario della NATO che si terrà a Strasburgo e Kehl, il quale rappresenterà un’opportunità per dare nuova linfa all’Alleanza e per rafforzarne i rapporti con l’Unione europea”, e del quale la recente conferenza sulla sicurezza tenuta a Monaco è stata il prologo.

In tale contesto, esprimono vivo compiacimento per “l’iniziativa della Francia di reintegrarsi ufficialmente nelle strutture militari della NATO e per gli sforzi compiuti dalla Presidenza francese in seno al Consiglio dell’Unione europea per avvicinare ulteriormente l’UE e la NATO in risposta alle nuove sfide in termini di sicurezza”.

Abbiamo dunque una relazione e una risoluzione perfettamente in linea con le ambizioni imperialistiche delle maggiori potenze dell’Unione europea.

 
  
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  Richard Howitt (PSE), per iscritto. (EN).I deputati laburisti britannici al Parlamento europeo sono favorevoli alla costruttiva cooperazione instaurata tra la NATO e l’Unione europea e ritengono che la condivisione delle esperienze comuni rappresenti un metodo importante per consolidare le capacità di base, migliorare l’interoperatività e coordinare la pianificazione, l’equipaggiamento e l’addestramento. Abbiamo votato a favore del testo originale del paragrafo 22 poiché siamo favorevoli alla partecipazione francese al fine di consolidare la cooperazione UE-NATO.

Nella votazione finale, i deputati laburisti britannici al Parlamento europeo si sono uniti al gruppo socialista e hanno votato contro questa relazione, in particolare a causa dell’inclusione di un’intera sezione dedicata alla creazione di un quartiere generale operativo permanente dell’Unione europea. I deputati laburisti al Parlamento europeo hanno sempre messo in dubbio la necessità di questo nuovo tipo di struttura istituzionale. Riteniamo che l’Europa debba essere certa di poter disporre della giusta capacità da dispiegare al momento più opportuno, e debba altresì accertarsi che le istituzioni esistenti funzionino prima di crearne altre, che a nostro avviso sarebbero un superfluo e costoso orpello.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN). Non ho potuto votare a favore della relazione Vatanen sul ruolo della NATO nella sicurezza dell’UE. Secondo la relazione, la NATO costituisce il nucleo della sicurezza europea. Io sono dell’avviso contrario. Ritengo infatti che la sicurezza europea sia rafforzata dalla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea. La NATO, tuttavia, rimane un’alleanza basata sulle armi nucleari. Io sono assolutamente contrario agli armamenti nucleari e il mio partito si è impegnato a rimuovere le armi nucleari dal suolo scozzese quando otterremo l’indipendenza. La Scozia indipendente non resterà nella NATO finché questa sarà un’alleanza nucleare.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. (NL) La NATO ha svolto un ruolo di estrema importanza tra il 1949 e il 1989, durante la guerra fredda. Il suo compito ufficiale era quello di difendere il territorio comune degli Stati membri dalle invasioni straniere, senza agire all’esterno di quel territorio; tutto ciò si giustificava con la difesa di una democrazia multiforme dalle dittature, ma in pratica si trattava di proteggere un’economia capitalistica da un’economia socialista. Alle dittature di destra in Portogallo e in Grecia fu consentito di aderire, ci furono accordi bilaterali con l’analoga dittatura spagnola, e la colonia francese di Algeria fu costretta a far parte del territorio della NATO fino al 1962. Quando l’Unione Sovietica e il Patto di Varsavia sono crollati, la NATO ha perso la sua ragion d’essere. La sua sopravvivenza rappresenta un problema per l’Unione europea, perché sei Stati membri hanno optato per la neutralità militare. La NATO attuale è più una coalizione dei volenterosi capeggiata dagli Stati Uniti, che un’estensione dell’Unione europea. Quest’anno, proprio mentre la NATO sta per celebrare i suoi 60 anni, essa dovrà esprimersi con chiarezza in merito al suo ruolo futuro. Se vuol essere quello di polizia del mondo, che esegue i propri progetti in maniera autonoma rispetto alle Nazioni Unite per recare beneficio agli Stati economicamente più potenti, questa organizzazione si dimostrerà dannosa e superflua. Per questo motivo voterò “no”.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Sostengo la relazione Vatanen, poiché essa offre una valutazione realistica della sicurezza europea. Vorremmo elaborare una politica di sicurezza europea in grado di soddisfare le esigenze di sicurezza di tutti gli Stati membri dell’Unione, ma dobbiamo accettare che esiste già una struttura di sicurezza che agisce come centro di gravità per la difesa di gran parte degli Stati membri dell’UE. Parlo della NATO.

Vorrei sottolineare l’importanza di sfruttare i vantaggi comparativi offerti dalle due organizzazioni per elaborare una solida politica di intervento umanitario. Indipendentemente dai termini usati per formulare la strategia europea in materia di sicurezza, il mosaico dell’Unione europea ci consentirà di intervenire in aree complesse dove solo la diplomazia o l’intervento limitato sono possibili, grazie all’incomparabile abilità dell’Unione europea. Per lo stesso motivo, abbiamo una solida alleanza con la NATO, fondata su meccanismi sperimentati, a cui noi europei non dobbiamo smettere di ricorrere per ridurre le sofferenze che alcune forze in conflitto stanno provocando impunemente. Un primo passo verso questo consolidamento potrebbe essere un quartier generale operativo per l’Unione europea.

Indipendentemente dalle specifiche politiche che orienteranno le nostre azioni esterne, siamo favorevoli a una stretta cooperazione transatlantica che, oltre ad apparire la soluzione più pratica per questi problemi, dà concretezza alla nostra comunità di valori.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La collocazione dell’Europa detta le sue priorità e preoccupazioni in materia di sicurezza. Tuttavia, l’integrazione dell’Europa e dei 27 Stati membri dell’UE in un sistema di valori e in un modello di società che noi, in senso più ampio, chiamiamo il mondo occidentale, definisce anche le minacce e il nostro contesto di sicurezza. Per questo motivo, l’alleanza che gran parte degli Stati membri dell’Unione europea condivide tra l’altro con gli Stati Uniti, è e deve continuare a essere un elemento centrale della nostra sicurezza.

Nell’anno in cui ci apprestiamo a celebrare il sessantesimo anniversario dell’Alleanza atlantica, è giunto il momento di ripensare la sua concezione strategica e di riadattarla alla nuova realtà. Finita la guerra fredda, dobbiamo superare la fine della fine della guerra fredda e adeguare tali concetti alla nuova realtà che sta prendendo forma: l’emergere dei paesi del Pacifico, la crescente importanza dell’Asia, il ruolo che la Russia sta cercando di ritagliarsi, e le minacce poste, tra l’altro, dagli Stati falliti e dai gruppi terroristici globali.

Stiamo quindi cercando di svolgere un ruolo attivo in questa ridefinizione strategica, come partner a pieno titolo dell’Alleanza atlantica.

 
  
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  Flaviu Călin Rus (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sul ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza dell’UE poiché ritengo che una relazione transatlantica forte e dinamica garantisca stabilità e sicurezza in Europa. A mio avviso, forti legami tra Unione europea e NATO potranno contribuire in maniera significativa alla ragion d’essere dell’Unione europea, che consiste nel garantire la pace nel suo territorio e oltre i suoi confini.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Vatanen sul ruolo della NATO nell’architettura di sicurezza dell’UE. Il relatore ha messo in evidenza le maggiori carenze dell’attuale architettura di sicurezza dell’Unione europea, e ha offerto soluzioni chiare ed efficaci per migliorare la sicurezza dell’UE.

Come il relatore ritengo che sia cruciale per la sicurezza europea, e per il mondo in generale, mantenere e approfondire la cooperazione tra la NATO e l’Unione europea. Benché vi siano stati notevoli miglioramenti, grazie ai quali le relazioni NATO-UE sono divenute più efficaci, sotto molti punti di vista la situazione può ancora migliorare.

Per sviluppare una cooperazione più efficiente, tutti gli Stati membri devono essere presenti alle riunioni congiunte UE-NATO. Le questioni irrisolte tra Cipro e la Turchia degli anni passati hanno dimostrato chiaramente che le attuali riunioni UE-NATO non sono così fruttuose e produttive come potrebbero essere. Gli Stati Uniti e la NATO devono essere considerati partner e non rivali. L’Unione europea e la NATO si perfezionano a vicenda, ed è possibile raggiungere i nostri obiettivi comuni con rapidità ed efficacia.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato contro questa relazione. La forza e la sicurezza dell’Europa, ormai da tempo, dipendono dalla volontà degli alleati di svolgere un ruolo attivo nella nostra difesa.

Ai confini dell’Europa e in tutto il mondo oggi è ormai evidente che la NATO continua a costituire quel legame di cooperazione che garantisce la sicurezza nostra e altrui.

Ovviamente, col passare del tempo, i nuovi interessi strategici comportano adattamenti delle priorità e degli orientamenti. E’ essenziale che la NATO mantenga una continua vigilanza e sia sostenuta in questa attività, soprattutto in Afghanistan. Per questo motivo le altre nazioni europee devono rispondere alla richiesta di intensificare il sostegno logistico e l’impegno in termini di truppe. Mi compiaccio inoltre dell’impegno francese che è stato annunciato di recente.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. (EN) La delegazione dei conservatori accoglie favorevolmente alcuni aspetti di questa relazione, tra cui il riconoscimento della NATO quale nucleo della sicurezza europea, e la richiesta agli Stati membri di investire maggiormente nella difesa. La relazione però è un vero inno alla PESD, che noi contestiamo in linea di principio e anche sostanzialmente ormai da più di dieci anni. La relazione inoltre fa riferimento al trattato di Lisbona, a cui ci opponiamo strenuamente, e sostiene l’allestimento di un quartiere generale operativo permanente dell’Unione europea, nonché l’elaborazione di un Libro bianco sulla difesa europea, lodando incondizionatamente l’Agenzia europea per la difesa. Per tutti questi motivi ci siamo astenuti al momento di votare sulla relazione.

 
  
  

- Relazione Napoletano (A6-0502/2008)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) Il processo di Barcellona è stato adottato dai capi di Stato e di governo al vertice per il Mediterraneo, tenuto a Parigi il 13 luglio 2008. Esso contribuisce alla pace e alla prosperità, e favorirà l’integrazione economica e regionale nonché la cooperazione in campo ambientale e climatico tra i paesi del Mediterraneo. Dal momento che il mio è un paese mediterraneo, i miei concittadini guardano a tale processo con estrema attenzione. Credo anch’io che aprire tale processo a paesi che non rientrano nel partenariato aumenti la probabilità di istituire relazioni paritarie tra l’Unione europea e i paesi partner del Mediterraneo e di affrontare i problemi della regione in maniera esaustiva. Giacché provengo dall’arcipelago mediterraneo di Malta e Gozo, sono perfettamente consapevole dell’importanza di tale processo.

E’ essenziale riaffermare il valore strategico delle relazioni euromediterranee e dell’acquis del processo mediante programmi regionali e subregionali, nonché orientamenti comuni per la cooperazione bilaterale. Tutto questo ha assunto un’importanza ancora maggiore in relazione ai recenti fatti di Gaza e alle dichiarazioni di Cipro.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, l’obiettivo del processo di Barcellona è di sostenere i paesi del Mediterraneo meridionale nel loro sviluppo e nella conquista dell’indipendenza. E’ importante, nell’ambito dei vari programmi, che questi paesi possano scambiare le proprie esperienze con quegli Stati membri dell’Unione europea che a loro volta hanno subito, di recente, trasformazioni politiche ed economiche. A tal fine, è necessario istituire ambiti di cooperazione adeguati.

Ho anche sostenuto la relazione, giacché il sostegno dell’Unione europea alla regione del Mediterraneo non ha alcun effetto negativo su altre iniziative di cooperazione regionale, come il partenariato orientale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Benché si esprima con estrema cautela, la relazione pecca per ciò che, oggettivamente e coscientemente, omette o cerca di nascondere: per esempio essa non denuncia né condanna la sistematica e brutale violazione del diritto internazionale e dei diritti umani da parte di Israele, i suoi insediamenti nei territori occupati della Palestina e la repressione contro la popolazione palestinese; né condanna il Marocco e i suoi insediamenti nel Sahara occidentale e la repressione del popolo Sahrawi.

La relazione nasconde l’intollerabile politica dell’Unione europea in materia di immigrazione e il suo carattere disumano, che esalta la sicurezza, criminalizza gli immigrati e mira a sfruttarli. Da questo punto di vista, essa accoglie le disposizioni degli accordi firmati dall’Unione europea e i paesi mediterranei per il finanziamento dei centri per immigrati.

D’altra parte, la relazione non nasconde che il modello propugnato per la cosiddetta Unione per il Mediterraneo alla fin fine è uguale a quello dell’UE, ispirato alla liberalizzazione dei mercati, compreso quello dell’energia, e alla concorrenza capitalistica; si cerca così di garantire alle maggiori potenze il controllo politico ed economico. La relazione si pone quindi come obiettivo la “realizzazione di una zona euromediterranea di libero scambio” e non un “partenariato euromediterraneo […] basato sulla parità di trattamento, sulla solidarietà, sul dialogo e sul rispetto delle specifiche asimmetrie e sulle caratteristiche di ogni paese”, come abbiamo proposto in un nostro emendamento.

Per questo motivo abbiamo votato contro.

 
  
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  Jens Holm ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (SV) Siamo favorevoli a una maggiore cooperazione con i paesi della regione mediterranea, ma ci opponiamo ad accrescere il potere dell’Unione europea nell’ambito della politica di integrazione, come si afferma nel paragrafo 29. Ci rammarichiamo inoltre del fatto che la relazione non imponga alcuna condizione a potenze occupanti quali Israele e il Marocco. In una relazione che parla di consolidare i diritti umani nella regione mediterranea, questo dovrebbe essere una condizione minima. Abbiamo quindi votato contro la relazione.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. (NL) Il Mediterraneo si trova sul confine meridionale dell’Unione europea. Ormai da molti anni, l’UE ha intessuto una stretta cooperazione con gli Stati costieri che non appartengono all’Unione, e che in qualche caso non potranno mai aderirvi; una cooperazione che si ritiene importante nel sud d’Europa, ma assai meno nel resto del continente. Nonostante questo non esistono significative differenze d’opinione in materia, poiché nessuno si oppone ai buoni rapporti alle frontiere esterne dell’Unione europea. Soprattutto per iniziativa francese, questa cooperazione di recente è stata ulteriormente intensificata. A questo proposito, sono state allestite strutture permanenti e distinte. Si tratta di capire quale sia lo scopo di tali strutture. E’ forse un tentativo di avvicinarsi alle dittature siriana e libica, che violano costantemente i diritti umani? O si cerca piuttosto di trovare un’alternativa all’adesione a pieno titolo all’Unione europea che è stata promessa, nel lungo periodo, agli Stati costieri della Croazia, del Montenegro, dell’Albania e della Turchia? E’ forse un mezzo per consolidare ulteriormente i rapporti con Israele benché, in seguito alle elezioni del 10 febbraio, non si possa prevedere, nei prossimi quattro anni, alcuna cooperazione da parte israeliana per la creazione di uno Stato palestinese con pari diritti? Per il momento non posso quindi approvare questa proposta.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) I progetti proposti dall’Unione per il Mediterraneo, organismo di recente istituzione, apparentemente sono eccellenti: il piano solare, la collaborazione nel campo della protezione civile, le iniziative congiunte per il disinquinamento del Mediterraneo e i progetti per i nuovi porti e le nuove autostrade. Tuttavia, come sappiamo, la carta si lascia scrivere. Resta da vedere quello che poi si farà in realtà. Dopo tutto, il predecessore di questa organizzazione, Euromed, non ha realizzato niente. Inoltre, finché gli Stati membri non vedranno alcuna possibilità effettiva che questi progetti si materializzino, essi non sacrificheranno certo le fruttuose relazioni bilaterali esistenti per un vago progetto.

Poiché non credo che la nuova Unione per il Mediterraneo avrà più successo del suo predecessore, ho votato contro questa relazione.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole. Ritengo, infatti, che l'idea di un partenariato euromediterraneo, nata con la dichiarazione di Barcellona del 1995, sia pronta ad essere portata avanti in maniera più concreta ed efficace di quanto finora fatto. Mi compiaccio del fatto che la relatrice sostenga la decisione di rafforzare la legittimità democratica dell'Unione per il Mediterraneo tramite l'evidenziazione del ruolo dell'Assemblea Parlamentare Euromediterranea perché credo fermamente che l'istituzione di un serio e duraturo partenariato debba andare oltre l'ambito della mera cooperazione economica e del sostegno finanziario, indubbiamente importanti, per permettere il raggiungimento di obiettivi di pace e stabilità istituzionale oltre che di prosperità e sviluppo economico.

Condivido con la relatrice gli auspici che il rafforzamento delle relazioni euromediterranee possa dare un impulso allo sviluppo di uno spazio di sicurezza collettiva e individuale che vada al di là della zona interessata dall'accordo e che l'Unione Europea possa contribuire alla promozione dello stato di diritto, del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, della comprensione reciproca tra popoli e culture diverse i quali, purtroppo, sono ancora spesso gravemente violati anche nei paesi con cui l'Unione intrattiene abitualmente relazioni economiche. In questo senso, mi auguro che gli strumenti che verranno messi a disposizione siano all'altezza degli ambiziosi obiettivi che tale partenariato si propone.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) per iscritto. – (PL) A mio avviso è particolarmente significativo il fatto che l’accordo, nel quadro del processo di Barcellona, agevoli la regolamentazione di numerose questioni strategiche di carattere regionale, come la sicurezza energetica, la protezione ambientale e la gestione idrica.

Attiro inoltre la vostra attenzione sui notevoli progressi effettuati sulla via dell’istituzione di una zona euromediterranea di libero scambio, il cui definitivo completamento è atteso per il 2010. Allo stesso tempo, sottolineo la necessità di ampliare decisamente la cooperazione nei seguenti settori: i servizi (sanità e istruzione), l’agricoltura (che è la base dell’economia regionale) e, in connessione a quest’ultima, il monitoraggio della sicurezza alimentare.

Vorrei infine soffermarmi sul tema del sostegno al cambiamento democratico nella regione mediterranea. A mio avviso, questo tema si intreccia all’esigenza di promuovere l’integrazione sociale e di sostenere le attività degli abitanti nei paesi di quella regione. Il dialogo e la promozione della tolleranza multiculturale e religiosa, insieme ai progetti nel campo dell’istruzione, possono aprire la strada a una soluzione pacifica dei conflitti che oggi travagliano quei paesi.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. (EN) I miei colleghi conservatori britannici e io siamo favorevoli al rafforzamento delle relazioni euromediterranee, sulle linee tracciate dal processo di Barcellona e dall’iniziativa che gli ha fatto seguito, l’Unione per il Mediterraneo. Ne scaturirà una più intensa cooperazione economica e politica, sia con il miglioramento delle strutture nel campo degli aiuti e del commercio, sia in materia di sicurezza; in cambio, sarà possibile promuovere valori comuni nella sfera della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto.

Conformemente alla nostra tradizionale linea politica, desideriamo ribadire con forza la nostra opposizione al trattato di Lisbona; di conseguenza, non possiamo accettare i riferimenti al trattato che compaiono nel paragrafo 10 del testo. Nel complesso siamo però favorevoli alla relazione e quindi abbiamo votato a favore.

 
  
  

- Relazione Szymanski (A6-0037/2009)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) Abbiamo votato sulla relazione concernente lo strumento della politica europea di vicinato e partenariato, stabilendo i punti seguenti:

- la componente mediterranea dello strumento della politica europea di vicinato e partenariato deve integrare il processo di Barcellona; inoltre, è necessario definire con maggior precisione gli obiettivi della politica europea di vicinato, per rafforzare il processo di Barcellona favorendo un approccio regionale multilaterale;

- occorre intensificare il coinvolgimento dell’Unione europea nella regione del Mar Nero, e varare un ambizioso partenariato orientale. E’ pure necessario accelerare l’istituzione di una zona di libero scambio che riguardi in particolare l’Armenia, l’Azerbaigian, la Georgia, l’Ucraina e la Moldova, non appena i paesi partner saranno pronti;

- occorre istituire, con la partecipazione del Parlamento europeo e seguendo la stessa linea delle assemblee Euromed ed Eurolat, un’assemblea di vicinato orientale (Euroest) con lo scopo di dare attuazione allo strumento della politica europea di vicinato e partenariato nei paesi dell’Europa orientale, in particolare l’Armenia, l’Azerbaigian, la Georgia, la Moldova, l’Ucraina e la Bielorussia.

A mio avviso dobbiamo procedere con cautela, tenendo conto della sensibilità della Russia nei riguardi dei suoi immediati vicini, dal momento che scorgiamo un nuovo approccio tra Stati Uniti e Russia.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Signor Presidente, io voto favorevolmente. In un momento così delicato ritengo che sia necessaria una rafforzata cooperazione nei rapporti di vicinato e partenariato per creare un ambiente favorevole nelle immediate vicinanze dell'Unione europea come definisce l'obiettivo principale della PEV.

Auspicando a una maggiore integrazione e a un conseguente avvicinamento nell'ambito economico e politico tra l'Unione europea e i paesi vicini, sono pienamente d'accordo con la relazione del collega Konrad Szymański, il quale invita la Commissione, in collaborazione con i governi partner, a sviluppare ulteriormente i meccanismi di consultazione della società civile e delle autorità locali per coinvolgerle maggiormente nella progettazione e nel monitoraggio dell'attuazione dell'ENPI. Così come esorta la Commissione e le autorità nazionali, regionali e locali a promuovere i programmi di gemellaggio fra città e regioni e altresì esorta a perseguire più ambiziosamente i programmi d'azione annuali in materia di democrazia, Stato di diritto e diritti dell'uomo, in conformità agli obiettivi stabiliti nei piani d'azione della PEV, chiedendo maggiori sforzi per ottenere l'impegno dei governi partner ad agire in tali ambiti.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (UEN), per iscritto. – (PL) Oggi ho votato a favore della relazione sullo strumento della politica europea di vicinato e partenariato. A mio avviso, i paesi situati al di là dei confini orientali dell’Unione europea sono nostri partner strategici. Anche se non siamo in grado di offrire loro la prospettiva dell’adesione nell’immediato futuro, dobbiamo sviluppare la cooperazione economica e politica per il bene comune di tutta Europa.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. – (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Szymanowski sullo strumento della politica europea di vicinato e partenariato. Quest’iniziativa dell’Unione europea, che incoraggia la cooperazione tra l’Unione e i paesi partner, merita senz’altro il nostro sostegno. Nella cooperazione prevista rientrano, fra l’altro, gli sforzi per promuovere il dialogo e le riforme, la protezione ambientale e le iniziative nel campo della sicurezza energetica; ancora, essa include azioni tese a ridurre la povertà, promuovere la parità fra uomini e donne, promuovere l’occupazione e la protezione sociale, incoraggiare la cooperazione transfrontaliera, promuovere la salute, l’istruzione e i diritti umani, combattere il terrorismo e la criminalità organizzata; mira infine a promuovere la cooperazione nelle sfere della scienza, dell’istruzione, dell’innovazione e della cultura. E’ quindi essenziale riesaminare, sia dal punto di vista finanziario che nei contenuti, tutti i programmi operativi dello strumento della politica europea di vicinato e partenariato, tenendo conto delle regioni e dei paesi interessati nonché dei problemi in gioco. Tali attività devono ampliare l’area di libero scambio.

E’ importante notare che il partenariato orientale non deve impedire, ai paesi vicini che lo desiderino, di chiedere l’adesione all’Unione europea. Merita sostegno anche la sezione che ricorda i 500 miliardi di euro erogati alla Georgia tra il 2008 e il 2010 per l’opera di ricostruzione e gli aiuti ai rifugiati dopo le distruzioni della guerra. Considero pure opportuno rivedere la nostra cooperazione con la Bielorussia, nonché il livello dei finanziamenti erogati a quel paese, per verificare la possibilità di proseguire nella politica di rinnovato impegno nei confronti della Bielorussia, varata nel settembre 2008. Infine, anch’io ritengo necessario assicurarci che qualsiasi assistenza finanziaria concessa alla Russia contribuisca al rafforzamento degli standard democratici in quel paese.

 
  
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  Alexandru Nazare (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La politica europea di vicinato è uno strumento essenziale per il mantenimento della stabilità nella area situata a oriente dell’Unione europea. In effetti, gli sviluppi più recenti cui abbiamo assistito in quella regione – come la crisi georgiana e la crisi del gas – hanno dimostrato per l’ennesima volta che l’Unione europea ha bisogno di dotarsi di una strategia che le consenta di svolgere un ruolo attivo in quell’area.

Sostengo questa relazione poiché essa pone in risalto l’importanza di iniziative quali la sinergia del Mar Nero e il partenariato orientale. Si tratta di strumenti particolarmente preziosi per irrobustire la cooperazione con i paesi di quella regione, in particolare l’Ucraina e la Repubblica di Moldova, ma anche gli Stati del Caucaso e della zona del Mar Caspio.

Faccio anche osservare che non è possibile attuare in maniera efficace la politica europea di vicinato senza incrementare il livello di sostegno finanziario erogato ai programmi tramite lo strumento della politica europea di vicinato e partenariato, e inoltre senza rendere più trasparente la distribuzione dei fondi.

Ancora, la distribuzione di queste risorse deve coinvolgere la società civile dei paesi partner in progetti comuni, e deve sostenere la mobilità dei cittadini di quei paesi. Lo strumento della politica europea di vicinato e partenariato può acquistare maggiore efficacia favorendo contatti più ravvicinati con i cittadini dei paesi partner e incoraggiando a ogni livello il processo di europeizzazione. Sono perciò favorevole a eliminare gli ostacoli che impediscono la libera circolazione delle persone provenienti da questi paesi, in particolar modo rendendo meno severi i requisiti in materia di visti vigenti per quei paesi.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. (SK) La cooperazione transfrontaliera costituisce un importante stimolo per lo sviluppo sostenibile delle regioni confinanti vicine tra loro. L’intensificarsi dei contatti fra le popolazioni e l’esperienza diretta e personale della democrazia e dello Stato di diritto sono importanti precondizioni di una realizzazione ottimale dei progetti previsti dalla politica europea di vicinato; proprio per tale motivo, abbiamo deciso di creare strumenti specifici che garantiscano un monitoraggio adeguato delle modalità di gestione e applicazione dei programmi operativi comuni, da entrambe le parti dei confini dell’Unione europea.

Noto con soddisfazione che, nella sua relazione sulla revisione dello strumento della politica europea di vicinato e partenariato (ENPI), il relatore, onorevole Szymański, ha inserito la cooperazione transfrontaliera nell’ambito di competenza dell’ENPI. Ho votato a favore della relazione, che agevolerà il processo negoziale per i paesi candidati all’adesione all’Unione europea. Valendosi della politica europea di vicinato, paesi come l’Ucraina, la Georgia e la Moldova potranno ridurre la distanza che li separa dall’Unione europea.

La mia opinione si fonda in qualche misura sull’esperienza che ho accumulato nel corso dell’attuazione dell’iniziativa comunitaria INTERREG IIIA, per un progetto di bonifica congiunto slovacco-polacco riguardante la comunità di Chmeľnica sul versante slovacco, e la città di Piwniczna sul versante polacco del nostro confine comune.

Sono fermamente convinta che sia nostro dovere sostenere ogni iniziativa mirante a impartire una formazione specialistica, che comprenda l’apprendimento delle lingue dei paesi vicini e le iniziative di partenariato per i dipendenti pubblici. Ritengo che un’adeguata analisi dei miglioramenti attuati in termini di capacità e di consolidamento istituzionale su entrambi i lati delle frontiere comunitarie, quale quella proposta dal relatore, contribuirà a una migliore attuazione di questo strumento.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto contrario alla relazione dell'Onorevole Szymanski sulla revisione dello strumento della politica europea di vicinato. Credo sia doveroso ammettere che in alcuni tra i paesi interessati da tale strumento non si sia registrato alcun progresso verso gli iniziali obiettivi di promozione della democrazia, di stabilità e di buon governo, di integrazione e convergenza economica con le politiche dell'Unione Europea. Se da un lato, l'assistenza e la vicinanza dell'Unione possono fungere da stimolo alla diffusione e applicazione di buone pratiche, é pur vero che la condizionalità di tale assistenza e degli aiuti finanziari che l'Unione concede deve essere obbligatoriamente rispettata.

A tal proposito, concordo con il collega nel ritenere che il sostegno di bilancio settoriale e generale previsto nell'ambito dell'ENPI debba essere concesso soltanto ai governi che sono in grado di impiegarlo in modo trasparente, efficace e responsabile e dove costituisce un reale incentivo; proprio per questo, tuttavia, non posso convenire sulla revisione dell'ENPI così come prevista dalla sua relazione. Molti sforzi devono ancora essere compiuti prima di poter parlare dello sviluppo di una vera area di libero scambio, pena il peggioramento delle già deboli condizioni socio-istituzionali dei paesi interessati e la dispersione di ingenti risorse da parte dell'Unione Europea.

 
  
  

- Relazione Berman (A6-0036/2009)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi esprimo favorevolmente in merito alla relazione dell'on. Berman concernente il finanziamento di azioni non comprese nell'assistenza ufficiale allo sviluppo in paesi rientranti nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 1905/2006.

Concordo con il relatore nel ritenere che la proposta legislativa avanzata dal Parlamento sia necessaria a far sì che anche paesi che non soddisfino i requisiti per la classificazione come aiuto pubblico allo sviluppo, ma che siano aperti alla promozione di valori politico-economici e di governance simili a quelli della Comunità e con i quali la Comunità intrattenga relazioni strategiche, vengano sostenuti in progetti meritevoli di attenzione come l'istituzione di partenariati tra attori economici, accademici e scientifici, soprattutto in settori di grande rilevanza quali la ricerca scientifica e tecnologica, i trasporti, l'energia e l'ambiente.

Credo che ciò non possa che favorire non solo i paesi interessati e l'Unione europea ma anche l'intera comunità internazionale, fermi restando la corretta valutazione dell'ammissibilità al finanziamento e della validità del progetto di volta in volta in questione.

 
  
  

- Relazione Dahl (A6-0426/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Signor Presidente, sono a favore della relazione dell'on. Hanne Dahl e sostengo, citando l'articolo 1 dell'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea, che il suddetto è "un organismo interistituzionale che deve provvedere, nelle migliori condizioni possibili, all'edizione delle pubblicazioni delle istituzioni della Comunità europea e dell'Unione europea". Sono d'accordo nella richiesta d'invito da parte della collega alle istituzioni europee a modificare le basi giuridiche degli organismi interistituzionali, in modo da poter consentire una chiara attribuzione della responsabilità amministrativa e politica poiché al momento è difficile da identificare.

Sostengo che la fruizione delle informazioni costituisce il mezzo principale per avvicinare l'Unione europea ai propri cittadini e, a tale proposito, il multilinguismo deve essere lo strumento essenziale per concretizzare gli obiettivi dell'Ufficio delle pubblicazioni attraverso la pubblicazione simultanea della Gazzetta ufficiale in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, in modo da consentirne la chiara comprensione a tutti, estendendo tale principio alla totalità delle attività svolte dall'Ufficio delle pubblicazioni.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della presenta proposta di decisione, in quanto essa tiene conto delle richieste del Parlamento europeo e attribuisce in maniera chiara le rispettive responsabilità amministrative e politiche all’Ufficio e alla Commissione, a differenza della decisione precedente, che risaliva al 2000.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) A tanti anni dalla sua istituzione, l’Unione europea non è ancora veramente vicina ai suoi cittadini. Si limita a dare per scontato che tutti i cittadini utilizzino Internet e possano destreggiarsi senza difficoltà nel sito web dell’UE. Purtroppo non è così: spesso le pagine del sito sono comprensibili solo per gli addetti ai lavori, e non sono sempre chiare in tutte le lingue. Molti Stati, inoltre, vantano una radicata tradizione di mezzi di comunicazione stampati, che costituiscono un importante strumento per fornire ai cittadini informazioni obiettive.

L’Unione europea insiste regolarmente sull’importanza della politica dell’informazione, ma in questo caso essa consente il crearsi di un vuoto di informazione. In primo luogo i giornali più autorevoli subiranno gravi perdite se verrà abolita la pubblicazione obbligatoria di estratti della Gazzetta Ufficiale, e in secondo luogo tutti coloro che non hanno familiarità con la tecnologia moderna si troveranno a malpartito. Per questa ragione ho votato contro la relazione Dahl.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. –Signor Presidente, onorevoli colleghi, dichiaro il mio voto favorevole in merito alla relazione dell'onorevole Dahl sull'organizzazione e il funzionamento dell'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.

Concordo, infatti, nel ritenere che la precedente decisione, datata 20 luglio 2000, debba essere sostituita, in particolare affinché si tenga debito conto dell'osservazione formulata dal Parlamento europeo nel corso della procedura di discarico per l'esercizio 2001. Ritengo che la relazione sia inoltre utile al chiarimento dell'attribuzione delle responsabilità politiche e amministrative all'interno dell'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea e che tale chiarimento sia necessario per far sì che il suddetto Ufficio espleti i suoi compiti in maniera corretta, fluida ed efficiente.

 
  
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  Presidente . Con questo si concludono le dichiarazioni di voto.

 
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