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Procedura : 2009/2560(RSP)
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Testi presentati :

RC-B6-0152/2009

Discussioni :

PV 24/03/2009 - 11
CRE 24/03/2009 - 11

Votazioni :

PV 25/03/2009 - 3.20
CRE 25/03/2009 - 3.20
Dichiarazioni di voto
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Testi approvati :

P6_TA(2009)0186

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 24 marzo 2009 - Strasburgo Edizione GU

11. Avvenire dell’industria automobilistica (discussione)
Video degli interventi
Processo verbale
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  Presidente. L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sull’avvenire dell’industria automobilistica.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, è la seconda volta in pochi mesi che ci riuniamo in plenaria per esaminare la situazione dell’industria automobilistica in Europa. Devo constatare con rammarico che la situazione è peggiorata dal nostro ultimo dibattito.

Nell’ultimo trimestre del 2008, le vendite di vetture nuove sono diminuite del 20 per cento e la produzione automobilistica del 29 per cento. Tale tendenza negativa è destinata a proseguire nel 2009. Nel gennaio e febbraio di quest’anno, i dati relativi al fatturato hanno registrato un calo rispettivamente del 29 per cento e del 18 per cento. La flessione sarebbe stata maggiore se alcuni paesi membri non avessero avviato iniziative efficaci per stimolare la domanda. La crisi non è limitata al mercato europeo. Le esportazioni verso i paesi terzi hanno evidenziato una rapida flessione, e di conseguenza ci possiamo attendere un impatto negativo sulla bilancia commerciale europea. L’industria automobilistica è sotto pressione in tutto il mondo.

Non vi sono prospettive di miglioramento di qui a fine anno. La produzione complessiva di auto e veicoli commerciali in Europa è probabilmente destinata a scendere di una percentuale compresa tra il 20 e il 30 per cento, vale a dire che nel 2009 in Europa verranno prodotti circa 5 milioni di veicoli in meno rispetto al 2007. Le previsioni negative riguardano soprattutto i veicoli commerciali, dove si prevede un calo della produzione del 35 per cento.

Come sapete, la Commissione ha reagito tempestivamente a tale situazione. Nell’ottobre 2008 abbiamo formulato le prime raccomandazioni nel gruppo CARS 21 per superare la crisi, compreso il coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti e gli incentivi alla rottamazione. All’inizio di gennaio io e i ministri europei delle Finanze ci siamo riuniti per concordare un approccio comune alla crisi. Il 25 febbraio la Commissione ha presentato un concetto che è stato approvato pochi giorni dopo dal Consiglio europeo e dal Consiglio “Competitività”.

Le nostre risposte puntano dritte sulle cause più importanti di questa crisi molto grave, tra cui si annoverano domanda in rapida diminuzione, difficoltà di accesso al capitale, problemi di liquidità e sovraccapacità strutturale. In quest’ultimo caso, si tratta di un fenomeno su scala globale. Il nostro obiettivo è mantenere l’integrità del mercato unico europeo, evitare il protezionismo e salvaguardare la solidarietà degli Stati membri per salvare posti di lavoro nel settore automobilistico.

A questo punto vorrei ribadire con chiarezza che deve essere l’industria a fare i primi passi. Nel quadro di CARS 21 abbiamo stabilito le condizioni di base per un’industria automobilistica orientata al futuro, e le stiamo sottoponendo a miglioramenti continui. Vorrei che fosse chiaro che l’industria automobilistica europea deve ora impegnarsi su un ampio fronte per immettere sul mercato i tipi di vetture adatti alle esigenze del XXI secolo, in altre parole, automobili efficienti dal punto di vista energetico e a basso consumo, per un uso oculato delle risorse.

Sul fronte politico, la Commissione ha chiarito la propria posizione. A nostro avviso, il compito principale che ci spetta è permettere al sistema finanziario di ricominciare a funzionare efficacemente, per poter erogare i livelli elevati di investimenti necessari all’industria automobilistica europea. Tali investimenti cospicui sono indispensabili all’industria per sviluppare e immettere sul mercato l’auto europea del futuro.

Abbiamo adottato il quadro comunitario temporaneo per gli aiuti statali, che conferisce ai paesi membri maggiore spazio di manovra per risolvere i problemi di liquidità. Tale misura era necessaria per garantire che società altrimenti redditizie non cadessero vittima degli effetti acuti della crisi.

Volevamo inoltre assicurarci che le aziende continuassero a investire nella ricerca e nella modernizzazione, in particolare durante la crisi. Abbiamo compiuto progressi soddisfacenti grazie ai provvedimenti presi. Quest’anno la Banca europea per gli investimenti ha già approvato progetti per l’industria automobilistica per un valore di oltre 3 miliardi di euro. Per il 2009 sono in via di pianificazione ulteriori progetti per un valore complessivo di diversi miliardi di euro. Tali iniziative non coinvolgono soltanto le case automobilistiche, ma anche i fornitori dell’industria dell’auto.

Anche la Banca europea per gli investimenti, che vorrei ringraziare sentitamente della collaborazione, sta elaborando un programma speciale per le medie imprese nel settore delle forniture automobilistiche che sono state particolarmente colpite dalla crisi. Metteremo a disposizione 1 miliardo di euro per partenariati con l’industria nel campo della ricerca, al fine di accelerare il passaggio a un’economia a basso consumo di carbonio e ad alta efficienza energetica. Lo scopo di ciò è garantire all’industria europea una posizione adeguata per il periodo successivo alla crisi, per consentirle di trarre vantaggi concreti dagli sviluppi positivi che ci attendiamo in quel frangente.

Possiamo anche intervenire sul fronte della domanda. Numerosi paesi membri hanno introdotto incentivi alla rottamazione per stimolare la domanda. La Commissione ha stabilito le linee guida a cui gli Stati membri devono attenersi per l’introduzione di programmi di incentivi di questo tipo. Lo scopo è assicurarsi che le misure nazionali non sortiscano un effetto discriminatorio né interferiscano col mercato interno. Sono lieto di potervi comunicare che l’obiettivo è stato raggiunto.

Occorre naturalmente anche tutelarsi dagli effetti dei cambiamenti strutturali, mantenere al minimo i costi sociali e convincere i lavoratori qualificati a non abbandonare il settore automobilistico. Se l’industria automobilistica europea vuole mantenersi competitiva sul lungo periodo, alcuni cambiamenti strutturali saranno inevitabili. Il processo sarà doloroso, ma è ineludibile. Abbiamo bisogno di un settore forte e competitivo, con un potenziale occupazionale significativo, e non di aziende che dipendono costantemente dalle sovvenzioni. La Commissione europea ha messo a disposizione risorse del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione per sostenere i lavoratori più duramente colpiti dagli effetti temporanei della necessaria ristrutturazione dell’industria.

In aprile terremo la nostra prima tavola rotonda con i rappresentanti dell’industria, delle maestranze e degli Stati membri, al fine di discutere la dimensione sociale della crisi e la nostra risposta alla stessa. Mi preme tuttavia raccomandare alle imprese di organizzare adesso la formazione professionale dei propri dipendenti, per migliorare le loro probabilità di trovare un impiego nel settore automobilistico o in altri ambiti dell’economia.

Vorrei ora pronunciarmi sulla situazione di un produttore specifico, la General Motors europea, costituita da Opel, Vauxhall e Saab. Ci tengo a ribadire che non è nell’interesse dell’Europa permettere a quest’azienda di soccombere. Sul piatto della bilancia vi sono più di 200 000 posti di lavoro in tutta Europa. Non sono dell’avviso che la dismissione dei siti produttivi della General Motors in Europa contribuirebbe a risolvere il problema delle capacità dell’industria automobilistica europea e che vada pertanto accolta con favore. I lavoratori coinvolti non sono responsabili della crisi della loro azienda. La crisi proviene essenzialmente dall’America.

Non esiste una soluzione nazionale al problema. Non esiste nemmeno una soluzione europea. Può esserci solamente una soluzione transatlantica che coinvolga la casa madre. Pertanto, per noi è importante sapere cosa accadrà negli Stati Uniti. Al momento non lo sappiamo. Non lo sa nemmeno il governo americano. Sono lieto che tutti i governi europei che ospitano nel loro territorio uno stabilimento della General Motors abbiano deciso di non muoversi da soli, bensì di cooperare per la parte europea della soluzione. Tale soluzione non potrà che produrre una società che succeda alla precedente e sia competitiva e in grado di sopravvivere sul mercato. Dovrà inoltre essere possibile fornire una giustificazione economica nonché politica alla soluzione. I posti di lavoro presso la General Motors in Europa sono troppo importanti per permettere che vengano trascinati in controversie elettorali o politiche di interesse nazionale. Per questa ragione la Commissione continuerà a compiere ogni sforzo possibile per individuare una soluzione politica di tal genere.

Infine, la Commissione, come parte del suo programma legislativo, farà in modo di non imporre oneri finanziari aggiuntivi evitabili a carico dell’industria automobilistica, vista la difficoltà della congiuntura.

Il tempo per parlare della gravità della crisi si è esaurito. Disponiamo di un piano europeo con misure coordinate a livello sia comunitario sia di Stato membro. E’ arrivato il momento di agire e di attuare tali piani in ogni loro dettaglio. Grazie dell’attenzione.

 
  
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  Werner Langen, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, vorrei ringraziare sentitamente il commissario Verheugen per aver sollevato l’argomento e complimentarmi con lui per il successo riscosso nel coordinare le misure europee e nell’impedire che i singoli paesi membri, nel corso della riunione dei ministri del 13 marzo, scegliessero di imboccare la via della soluzione individuale .

Abbiamo richiesto una discussione sulla base della sua relazione scritta, in quanto riteniamo che la crisi sia così grave da meritare un dibattito in sede di Parlamento europeo. Abbiamo redatto una risoluzione congiunta che copre i punti salienti.

Vorrei ribadire alcuni dei concetti da lei citati. Il salvataggio di un’azienda può naturalmente andare a buon fine se si chiariscono le responsabilità proprie della società stessa – e le circostanze particolari del caso General Motors – nonché i diritti di proprietà intellettuale e tanti altri fattori. Nel complesso, si tratta di un settore molto ampio. Con un totale di 12 milioni di posti di lavoro dipendenti dall’industria automobilistica, investimenti annuali pari a 20 miliardi di euro, e un fatturato annuale di 780 miliardi di euro con 140 miliardi di euro di valore aggiunto, si tratta di un comparto molto importante, che si è trovato in difficoltà in parte per colpa propria – sto pensando all’eccesso di capacità e alle politiche modello di alcune case automobilistiche – ma, in generale, soprattutto per gli effetti della crisi internazionale dei mercati finanziari.

Accogliamo pertanto con favore tutte le misure collettive in via di adozione. Dovrebbero contribuire a garantire una maggiore sostenibilità del settore automobilistico, stimolare la domanda per consentire all’industria di riemergere dalla crisi, e agevolare l’erogazione di investimenti e finanziamenti per gli acquirenti e per il settore. In aggiunta a ciò, tali misure, come ha precisato alla fine del suo intervento, non dovrebbero causare nuovi problemi legislativi che a loro volta aumenterebbero la pressione sulla competitività dell’industria automobilistica europea.

Su tali basi possiamo adottare la risoluzione congiunta. Il mio gruppo voterà a favore dell’emendamento al paragrafo 5 del gruppo socialista al Parlamento europeo, che fa riferimento specifico al caso particolare della General Motors; forti di un’ampia maggioranza, potremo pertanto incoraggiare la Commissione a offrire ai lavoratori la sicurezza del posto di lavoro e ad aprire nuove prospettive per il settore dell’auto.

 
  
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  Robert Goebbels, a nome del gruppo PSE.(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, per il prossimo futuro l’umanità non riuscirà a fare a meno di auto o camion. Tali mezzi di trasporto devono diventare meno inquinanti e più efficienti dal punto di vista energetico. Tuttavia, nemmeno l’organizzazione di trasporti pubblici migliore e più rispondente alle nostre esigenze potrà competere con la flessibilità dei mezzi di trasporto individuali.

Il settore automobilistico europeo è l’industria leader mondiale in termini tecnologici. Tale settore all’avanguardia deve essere protetto. E’ strategico per tutto il tessuto industriale europeo. Milioni di posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente dallo stesso. Il gruppo socialista al Parlamento europeo vuole tutelare l’occupazione. Chiede che ogni potenziale operazione di ristrutturazione sia preceduta da discussioni con i lavoratori e i loro sindacati.

Sulla scia delle misure adottate per le banche, la Cina ha finanziato la modernizzazione e l’adeguamento tecnologico del settore. In tal senso, concordo pienamente con le osservazioni del commissario Verheugen. L’Europa deve assumersi le sue responsabilità. Laddove necessario, la Banca europea per gli investimenti deve essere ricapitalizzata per essere messa nelle condizioni di aiutare la ristrutturazione del settore e le sue migliaia di subappaltatori, che sono essenzialmente PMI.

Ci attendiamo che la Commissione continui a promuovere un dialogo costruttivo tra tutti i paesi europei che ospitano stabilimenti di proprietà di produttori americani e di tali società. Ci complimentiamo inoltre col commissario Verheugen per l’iniziativa che ha preso al riguardo.

Tuttavia, dobbiamo ancora organizzare la protezione della proprietà intellettuale europea e riportare in Europa i brevetti delle invenzioni create in Europa ma attualmente bloccate negli Stati Uniti. Si tratta di una fattispecie simile al furto aggravato o per lo meno all’esproprio senza indennizzo. E’ impensabile che in futuro i siti produttivi europei debbano pagare le royalty per il know-how sviluppato da ingegneri e lavoratori in Europa.

Per quel che concerne la situazione della General Motors, signor Presidente, il gruppo socialista concorda con quanto dichiarato dal commissario Verheugen a quest’Assemblea.

 
  
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  Jorgo Chatzimarkakis, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario Verheugen, ci siamo riuniti un’altra volta per dibattere la questione delle automobili, e a ragione. La crisi ha colpito duramente una delle nostre industrie chiave: 12 milioni di posti di lavoro complessivi, il 6 per cento della forza lavoro, il maggiore investitore nella ricerca e sviluppo – pertanto, vale decisamente la pena dibattere la questione e individuare soluzioni. Tuttavia, sappiamo ora con certezza che l’Unione non dispone degli strumenti adatti a gestire tale crisi. Gli Stati membri vanno avanti ognuno per la loro strada, il quadro per la concorrenza è stato talvolta messo a rischio e la Banca europea per gli investimenti, la panacea universale, è sotto pressione in termini sia di finanze sia di personale. Occorre pertanto individuare nuovi approcci.

Sono grato al commissario Verheugen per aver adottato tempestivamente la direttiva quadro, che ci permetterà di capire come procedere in materia di diritto della concorrenza. La BEI deve tuttavia disporre di mezzi più adeguati. La Banca centrale europea deve garantirle condizioni speciali per permettere di accedere a capitale fresco, il che non è attualmente consentito dalla legge. Inoltre, è importante correlare più strettamente gli aiuti statali al cambiamento epocale che porta verso le nuove tecnologie e all’abbandono graduale del motore a scoppio. Inoltre, fondi quali i Fondi strutturali e i fondi per l’agricoltura dovrebbero essere incentrati sullo sviluppo di infrastrutture più solide per le nuove tecnologie.

Vorrei ora esaminare più da vicino la questione della General Motors. Convengo col signor commissario e con gli oratori che mi hanno preceduto che tale problema presenta una dimensione europea, in quanto la società possiede siti produttivi dislocati in molti paesi membri. Una cosa è comunque certa: lo Stato, compresa l’Unione, non dovrebbe intervenire nell’economia. La crisi non ha inficiato la validità di tale principio. Benché l’industria automobilistica sia un settore strategico, non è sistemico come ad esempio il settore bancario. Dovremmo pertanto evitare di immischiarci nella questione delle partecipazioni. Ritengo tuttavia che le garanzie rappresentino l’approccio corretto, sempre vi sia un investitore privato che se le assuma tramite la BEI. Ciò presuppone però abbracciare il cambiamento paradigmatico e privilegiare le nuove tecnologie. La Daimler e l’autorità per gli investimenti di Abu Dhabi hanno recentemente adottato questo tipo di soluzione, per cui dovremmo poterlo fare anche noi.

Vorrei ringraziare il signor commissario per le misure attive da lui intraprese. Mi preme inoltre rivolgere un ringraziamento ai miei onorevoli colleghi per aver appoggiato l’iniziativa correlata alla risoluzione.

 
  
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  Antonio Mussa, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi dell'auto è tra le più gravi dell'industria manifatturiera mondiale perché, oltre a comportare gravi ripercussioni economiche e occupazionali nelle fabbriche e nell'indotto europei, colpisce i paesi extracomunitari ove negli ultimi decenni è stata sempre più dislocata la produzione.

L'Unione, peraltro, per riportare il settore almeno alla redditività del 2007 non può sopportare il costo sociale del taglio di circa 350.000 posti di lavoro. Allora ben vengano gli aiuti almeno armonizzati al settore, purché unitamente alla salvaguardia dell'occupazione. Le parole d'ordine per le imprese europee devono essere ricerca e tecnologia d'avanguardia. È ovvio che nell'evoluzione del mercato il ricorso alle fusioni o ad accordi strategici è un'ulteriore strada percorribile, questo però non a scapito della tradizione europea dell'auto, fiore all'occhiello dell'industria manifatturiera comunitaria.

 
  
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  Rebecca Harms, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, l’aspetto che ci sta maggiormente a cuore in questa discussione sono i lavoratori del settore automobilistico. Le cifre sono così elevate che è difficile farsi un’idea precisa dell’entità del problema. Nel suo contributo, signor Commissario, lei ha puntualizzato molto chiaramente una delle questioni più scottanti, vale a dire che, a fronte di tali cifre, vi sono anche i dati relativi ai livelli esorbitanti di sovrapproduzione e all’evidente carenza di innovazione nelle aree dell’efficienza e della tutela del clima. Se ora decideremo di offrire all’industria automobilistica gli aiuti di Stato, tale misura dovrà necessariamente implicare l’utilizzo di tali finanziamenti per il mantenimento dei posti di lavoro e la creazione di occupazione sostenibile. Inoltre, potranno essere erogati solo a condizione che tali imprese si concentrino effettivamente sull’innovazione.

Un aspetto che suscita in me qualche perplessità, signor Commissario, è l’influenza considerevole che esercitano il gruppo CARS 21 e l’industria su un processo che prende le mosse da qui. Conosco piuttosto bene alcune case automobilistiche tedesche, e so che tendono a mettere mano ai freni quando si tratta di protezione ambientale ed efficienza.

Ho inoltre rilevato con molto interesse che due settimane fa è stata richiesta una nuova esenzione per la sospensione dei requisiti ambientali. Non deve succedere. Gli aiuti devono dipendere da condizioni quali la creazione di posti di lavoro, l’innovazione autentica, la formazione e lo sviluppo delle competenze dei dipendenti; ciò vale sia per i fornitori, vale a dire le molte PMI che dipendono dalle organizzazioni più grandi, sia per i lavoratori del settore automobilistico. Il mio gruppo si riterrebbe soddisfatto di tale provvedimento. Tuttavia, in assenza di condizioni rigorose, non contribuiremo alla creazione di impieghi sostenibili.

 
  
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  Roberto Musacchio, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa discussione sull'auto è purtroppo tardiva nei tempi e anche inadeguata nei contenuti. Discutiamo infatti quando si sono già determinate scelte da parte dei governi nazionali fuori da un vero contesto europeo, mentre le conseguenze sociali sono già drammatiche in termini di disoccupazione e cassa integrazione.

Nel merito poi non ci sono nel testo di risoluzione proposto elementi fondamentali perché i provvedimenti che si vanno a prendere siano efficaci e giusti. Vorrei far notare che sul clima, pochi mesi fa, l'Europa si era mossa assai diversamente, come vero soggetto politico. Sulla crisi economica ciò non sta accadendo. Si è lasciato fare ai governi che hanno agito in modo sconnesso e, vorrei dirlo, anche con una qualche logica elettoralistica.

Naturalmente ciò è dovuto alla debolezza politica della Commissione Barroso, ma anche alle difficoltà di affrontare situazioni che chiedono una nuova capacità d'intervento con scelte che riguardano le politiche industriali, quelle sociali e occupazionali.

Si può assistere a provvedimenti nazionalistici? Si può subire un'ondata di licenziamenti in presenza di aiuti alle imprese? Si possono continuare ad avere delocalizzazioni nel settore auto e nel suo indotto, come nel caso italiano della ITONO e ora con il caso Indesit, che riguarda un altro settore fondamentale? Si può allargare l'uso dei fondi europei senza aumentarli? Per questo non basta dire che c'è il problema auto e che si sono fatti tanti incontri.

Occorre dare linee guida di intervento, ovvero che non si licenzia quando si prendono aiuti, che gli aiuti vanno legati all'innovazione come quella prevista dal pacchetto clima e dal regolamento Sacconi, che vanno fermate le delocalizzazioni e le competizioni tra Stati membri dell'Unione europea. Su tutto ciò il mio gruppo ha presentato emendamenti. Occorre cioè una politica nuova, quella che quest'Europa non dimostra di avere e che noi dobbiamo realizzare prima che il disagio sociale divenga così drammatico da non costruire risposte certe per i nostri lavoratori.

 
  
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  Sergej Kozlík (NI). – (SK) Il calo precipitoso della domanda globale di automobili ha colpito anche l’Europa. Nell’ultimo trimestre del 2008, le vendite di autovetture europee hanno evidenziato una flessione annuale di oltre il 19 per cento e stanno ancora scendendo. Molti degli Stati membri chiave dell’Unione europea hanno deciso di offrire il loro sostegno al settore della produzione automobilistica. Stanno tuttavia emergendo dubbi sugli approcci selezionati ed attuati, su cui si allunga l’ombra del protezionismo. Mi associo pertanto alla posizione della Commissione europea, che mette in guardia dalle misure protezioniste a sostegno dei produttori nazionali. L’invito della Commissione a risolvere i problemi strutturali come priorità è appropriato, soprattutto relativamente alla sovrapproduzione eccessiva e agli investimenti nelle tecnologie innovative.

Il sostegno offerto dal settore pubblico deve essere trasparente e conformarsi alle norme comunitarie in materia di concorrenza e aiuti statali. Dobbiamo prevenire le rivalità per le sovvenzioni che si scatenano tra i vari operatori del mercato europeo. La situazione è resa più complessa dal fatto che tali norme non tengono debito conto della concorrenza globale, in particolare dagli Stati Uniti. Si prevede che le sovvenzioni statunitensi per risolvere i problemi dei produttori automobilistici verranno estese anche ai fornitori di pezzi di ricambio. Se la situazione peggiorasse ulteriormente, l’Europa potrebbe dover far fronte non solo alla questione della produzione e delle vendite in Europa, ma anche a quella dell’importazione di autovetture che sono state fabbricate con il ricorso ad aiuti statali eccessivi. In circostanze del genere, l’Europa potrebbe anche minacciare l’applicazione di misure nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Molti paesi europei hanno introdotto programmi di incentivi sulla rottamazione, e anche nel Regno Unito sono state appena avviate iniziative in tal senso. Tali programmi possono tuttavia risolvere la crisi soltanto nel breve periodo, in quanto provocano rapide distorsioni dei mercati, assorbono fondi dalle casse pubbliche e causano il rinvio di soluzioni necessarie incentrate sugli investimenti nelle tecnologie innovative.

 
  
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  Amalia Sartori, (PPE-DE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho voluto intervenire su questo argomento anche perché nei mesi scorsi ho seguito con grande attenzione i lavori che si sono portati avanti nel Parlamento europeo, nelle nostre commissioni e poi in Aula, relativi proprio alle richieste di impegni precisi che noi abbiamo rivolto ai produttori di auto del nostro continente.

Abbiamo posto obiettivi importanti soprattutto parlando di CO2, quando abbiamo chiesto loro di compartecipare ai grandi obiettivi che l'Europa si pone di riduzione di CO2 nei prossimi anni, obiettivi ambiziosi a cui tutti i paesi del mondo guardano con grande interesse. Noi abbiamo chiesto al settore automobilistico che entro il 2012 abbiano una riduzione di 120 mg mediamente ed entro il 2020 di altri 25 mg. Sono obiettivi rilevanti che richiedono investimenti rilevanti.

Abbiamo posto obiettivi importanti soprattutto parlando di CO2, quando abbiamo chiesto loro di compartecipare ai grandi obiettivi che l'Europa si pone di riduzione di CO2 nei prossimi anni, obiettivi ambiziosi a cui tutti i paesi del mondo guardano con grande interesse. Noi abbiamo chiesto al settore automobilistico che entro il 2012 abbiano una riduzione di 120 mg mediamente ed entro il 2020 di altri 25 mg. Sono obiettivi rilevanti che richiedono investimenti rilevanti.

Diversi Stati membri stanno varando piani per incentivare le vendite, il che va nella linea di mantenere i livelli di rinnovamento del parco auto. Tuttavia, queste politiche devono far parte di un'unica strategia comunitaria per evitare pericolose distorsioni del mercato.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE). (DE) Signor Presidente, vorrei ribadire con chiarezza che mi associo pienamente a tutte le osservazioni del signor commissario. Nel mio paese, l’Austria, parecchie migliaia di lavoratori sono direttamente o indirettamente colpiti dalla crisi. Vale anche per il nostro vicino, la Slovacchia, e per molti altri paesi.

La questione mi preoccupa in maniera particolare perché è evidente che l’industria automobilistica è un settore chiave. Non andrebbe considerata alla stregua di un’industria obsoleta, in quanto l’esistenza del settore automobilistico in Europa è sotto molti aspetti sinonimo di ricerca e sviluppo. Inoltre, da quest’industria dipendono numerose piccole e medie imprese. Tendiamo a non manifestare molta solidarietà nei confronti delle grandi imprese. Tuttavia, se pensiamo a tutti i fornitori, le piccole e medie aziende, vediamo le cose con altri occhi.

Vorrei in particolare sottolineare quanto da lei dichiarato, signor Commissario, a proposito della General Motors. Abbiamo uno stabilimento produttivo della General Motors molto ampio a Vienna. Conosciamo bene i timori dei lavoratori che sono in attesa di scoprire le decisioni che verranno prese in America. Mi auguro che questo possa diventare un esempio illuminante di cooperazione transatlantica in cui l’America – e non parlo del governo americano bensì dell’America nel suo complesso – che continua a pretendere dall’Europa misure più incisive per combattere la crisi, possa dare il buon esempio e permettere così all’Europa di uscire dal tunnel con tutte le sue imprese.

In conclusione, un paio di parole sulle misure protezionistiche. Possiamo accettare soltanto una soluzione europea comune. Dobbiamo porci questo obiettivo.

 
  
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  Gianluca Susta (ALDE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è il terzo dibattito che noi facciamo in pochi mesi sulla questione dell'auto. Le nostre sollecitazioni non hanno ancora trovato risposte adeguate dalla Commissione e dal Consiglio, né dal punto di vista del sostegno alla domanda né sul versante della concorrenza esterna con un adeguato sostegno all'export.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, è il terzo dibattito che noi facciamo in pochi mesi sulla questione dell'auto. Le nostre sollecitazioni non hanno ancora trovato risposte adeguate dalla Commissione e dal Consiglio, né dal punto di vista del sostegno alla domanda né sul versante della concorrenza esterna con un adeguato sostegno all'export.

Il settore auto è un settore fondamentale della nostra industria, sottoposto a necessità nuove, a riorganizzazione dei fattori produttivi e a forti esigenze innovative di processo e di prodotto. Incentivi alla rottamazione coordinati a livello europeo contro ogni protezionismo, rifinanziamento delle linee di credito anche dalla Banca europea per gli investimenti finalizzati a questo settore, incentivi solo alle auto ecocompatibili e a motori ibridi, più fondi per la ricerca per i motori puliti e un'azione forte all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio per creare condizioni di vera reciprocità nel mercato mondiale dell'auto sono le richieste più significative di chi non vuole favorire la deindustrializzazione dell'Europa in uno dei suoi settori cruciali ad alto valore aggiunto e occupazione.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Commissario Verheugen ha sottolineato la necessità di stare molto attenti a che non vengano proposte o sostenute misure di protezionismo. Io vorrei ricordargli che al di là dell'Atlantico queste misure vengono prese e favoriscono ovviamente i concorrenti dei produttori europei.

Io ho l'impressione che la strategia perseguita finora dall'Unione europea non sia sufficientemente mirata, come dovrebbe essere in una situazione critica come quella attuale, a sostenere esclusivamente o principalmente l'auto "europea", progettata e costruita qui in Europa. Ho sentito da esponenti del mondo sindacale lacrime di coccodrillo sulla deindustrializzazione, sulla delocalizzazione, ecc. Quando qualcuno, come il sottoscritto, all'assemblea addirittura di una grande società produttrice italiana di automobili sosteneva queste tesi, anni fa, veniva preso non molto sul serio. Oggi purtroppo i fatti ci danno ragione.

Se l'Europa si limita a misure rivolte solo a incentivare la domanda, che ovviamente si può indirizzare anche a produttori extraeuropei, non ottiene risultati che sono necessari, per ottenere i quali invece è urgente incentivare la produzione di auto europee. I produttori europei vanno incoraggiati a investire nella ricerca per assicurare il futuro di un comparto industriale di eccellenza qual è anche quello dell'indotto auto, che oggi patisce anche per una politica di ristrettezze finanziarie degli organismi bancari europei.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Non dovremmo dimenticare che in quest’Aula si è svolto un dibattito praticamente identico lo scorso novembre, quando ormai era evidente che ci trovavamo di fronte a una crisi del sistema capitalista, che presupponeva cambiamenti radicali per rafforzare il potere d’acquisto della maggioranza della popolazione. Allora insistemmo pertanto sull’aumento degli stipendi e delle pensioni per garantire una distribuzione più equa del reddito. Questa continua a essere la misura fondamentale per stimolare la domanda e garantire pertanto che l’industria automobilistica e i suoi fornitori continuino a disporre di un mercato sicuro.

Constato con rammarico che la situazione sociale si sta complicando sempre di più, poiché i politici non stanno adottando le misure necessarie, mentre la disoccupazione e il lavoro precario e malpagato continuano ad aumentare. Insistiamo pertanto su nuove politiche che attribuiscano la priorità ai posti di lavoro corredati di diritti, che sostengano la produzione industriale nei paesi comunitari e che contrastino la strategia delle multinazionali, che stanno usando la crisi come pretesto per tagliare posti di lavoro, aumentare lo sfruttamento dei lavoratori e far lievitare i profitti. E’ essenziale fornire debito sostegno alle industrie comunitarie, al fine di mantenere e creare più posti di lavoro associati a diritti. Occorre tuttavia prestare particolare attenzione ai paesi con economie più fragili, quali il Portogallo, e incrementare il sostegno finanziario per prevenire la disoccupazione e per aiutare le microimprese e le piccole e medie aziende del settore automobilistico, delle industrie dell’indotto, del comparto dei pezzi di ricambio, nonché le piccole officine.

 
  
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  Carl Lang (NI).(FR) Signor Presidente, la globalizzazione impazzita e i suoi folli esponenti stanno costringendo i lavoratori europei del comparto automobilistico a pagare un prezzo elevato per le conseguenze del loro regime fondamentalista votato al mercato aperto e al libero commercio.

Il virus finanziario della crisi statunitense dei crediti ipotecari ha potuto pertanto contaminare liberamente l’assetto finanziario e il sistema bancario mondiale, e ha portato per metastasi al contagio del nostro sistema economico e alla distruzione delle nostre imprese e dei nostri posti di lavoro.

In qualità di parlamentare che, insieme al mio collega onorevole Le Rachinel, rappresenta le regioni francesi della Piccardia, del Nord-Pas de Calais e della Normandia, in cui sono a rischio migliaia di posti di lavoro, mi preme ricordarvi che le politiche commerciali europee hanno un costo umano e sociale insostenibile, ingiustificabile e inaccettabile. Tuttavia, i fanatici del mercato libero insistono e sottoscrivono. Proprio oggi, il primo ministro Brown e il presidente Barroso hanno ribadito il loro rifiuto a proteggere l’Europa, le nostre industrie e i nostri posti di lavoro nel nome dell’importantissimo libero mercato e della globalizzazione. I socioglobalisti di sinistra, i globalisti liberali della destra e gli alterglobalisti di estrema sinistra, ciechi e sordi di fronte a tutto, stanno tradendo e abbandonando i lavoratori europei.

Globalisti di tutto il mondo, unitevi! Lavoratori dei nostri paesi, sparite! E’ questo il manifesto del partito globalista.

Inoltre, gli attacchi continui agli automobilisti e alle autovetture ad opera degli ecocittadini, dei governi e di certi consiglieri locali mal si conciliano con la difesa e la promozione delle nostre industrie automobilistiche.

Infine, i demagoghi dell’estrema sinistra, che vedono la crisi attuale alla stregua di una manna per la rivoluzione, sono totalmente incapaci di soddisfare le esigenze dei lavoratori francesi ed europei. Soltanto con il patriottismo economico e sociale, la preferenza per i prodotti nazionali ed europei e la protezione nazionale ed europea riusciremo a infondere nuova vita nei nostri settori industriali.

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE-DE) . – (SV) Signor Presidente, i problemi che affliggono l’industria automobilistica europea sono in larga parte conseguenza della crisi economica e finanziaria. In tal senso, speriamo che passino in fretta. Tuttavia, da un altro punto di vista molto importante, tali problemi sono anche correlati ad un eccesso di capacità. Di conseguenza, per salvaguardare il futuro dell’industria automobilistica europea, è essenziale assicurarci che si ispiri a piani aziendali ragionevoli e realistici, e che venga gestita da amministratori responsabili.

Analogamente, se vogliamo mantenere fiorente l’industria automobilistica europea, con tutte le opportunità che offre in termini di sviluppo tecnico, occupazione sana e il ruolo che l’industria automobilistica ricopre nell’economia europea, gli aiuti di Stato che vengono attualmente concessi dai paesi membri devono essere usati per garantire la sopravvivenza del settore malgrado la recessione e la crisi finanziaria, senza però distorcere la concorrenza tra Stati membri o tra case automobilistiche.

Gli aiuti statali che provocano distorsioni alla concorrenza e fomentano la sfiducia tra gli Stati membri di fatto pregiudicano la capacità dell’industria automobilistica europea di sopravvivere, ed è in questo contesto che vorrei sollevare l’interrogativo su quello che è ora accaduto in Slovenia e Francia e sugli aiuti di Stato concessi a quest’ultima. Uno dei compiti più importanti della Commissione è vigilare affinché non vi siano violazioni delle norme in vigore, monitorare quanto succede e ispirare un regime di fiducia totale nel fatto che non vengano concessi aiuti di Stato ai danni di altri paesi membri o di altre industrie dell’automobile. Gli aiuti che provocano distorsioni della concorrenza compromettono l’avvenire dell’industria automobilistica europea e sortiranno effetti avversi sia sull’occupazione sia sullo sviluppo tecnico.

 
  
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  Monica Giuntini (PSE). Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto esprimere il mio apprezzamento per l'impegno tempestivo della Commissione e del Consiglio a sostegno del settore auto e delle imprese dell'indotto e della componentistica, che tuttavia non è ancora sufficiente.

Dopo i primi interventi messi in atto dai paesi membri, si può parlare di una leggera ripresa del settore: il dato italiano parla di un -18 per cento a febbraio nelle vendite, mentre a gennaio la diminuzione era stata del 22 per cento. Ovviamente, visti anche i dati che richiamava lo stesso Commissario Verheugen, occorre che l'Europa vada avanti garantendo ulteriori finanziamenti da parte della BEI e un coordinamento sempre maggiore delle misure nazionali per evitare concorrenze scorrette e discriminanti.

Occorre poi ricercare a livello europeo uno stretto coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori e delle associazioni di categoria nella creazione di piani di ristrutturazione, per elaborare una strategia europea di rilancio del settore a partire dagli investimenti nella ricerca e nelle nuove tecnologie.

Occorre poi ricercare a livello europeo uno stretto coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori e delle associazioni di categoria nella creazione di piani di ristrutturazione, per elaborare una strategia europea di rilancio del settore a partire dagli investimenti nella ricerca e nelle nuove tecnologie.

 
  
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  Lena Ek (ALDE) . – (SV) Signor Presidente, al momento ci troviamo nel bel mezzo di una crisi sia finanziaria sia climatica. Constatiamo che vi sono alcune case automobilistiche che reagiscono meglio di altre alla doppia crisi. Alcune marche e modelli di autovetture stanno gestendo meglio queste recessioni, segnatamente le case che hanno investito nello sviluppo tecnico sostenibile. E poi ci sono le aziende come la General Motors, che pretendono 350 milioni di dollari dagli Stati in cui si sono insediate.

Non dobbiamo sprecare altri soldi. Bisogna sostenere i cittadini impiegati nel settore automobilistico. Dovremmo aiutare le regioni in difficoltà e le piccole imprese della filiera, ma dobbiamo avere la certezza di farlo con prodotti adeguati al mercato del futuro.

La Commissione può fare di più aprendo i Fondi strutturali, il Fondo sociale, i fondi regionali e il fondo per l’agricoltura ai biocombustibili, alle misure sociali e alle regioni.

Ritengo inoltre che l’attività del Parlamento europeo a Strasburgo andrebbe sospesa.

 
  
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  Roberta Angelilli (UEN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'auto è uno dei settori chiave dell'economia europea ed è un settore che rischia molto con la crisi in atto. Non è perciò questo il momento di ribadire che dobbiamo essere contro il protezionismo e la concorrenza sleale. Tutto ciò è terribilmente scontato. Questo è il momento di dare anche certezze strategiche, chiare e coraggiose ai produttori e ai lavoratori europei con un piano di sostegno, ci tengo a sottolinearlo, che dia a tutti gli Stati membri le stesse opportunità.

Tra gli obiettivi sicuramente assicurare un migliore utilizzo dei fondi europei, compreso il Fondo per la globalizzazione, ma soprattutto semplificare ed incrementare il supporto finanziario al settore attraverso la BEI e la BCE per poter accedere a prestiti a basso interesse, semplificando anche le procedure amministrative.

Concludo dicendo che più in generale l'obiettivo è quello di mantenere la competitività del settore e far sì che tutte le iniziative a livello europeo, oltre ad affrontare l'emergenza in atto, possano contribuire ad aprire una fase positiva di ristrutturazione e trasformazione dell'industria automobilistica.

 
  
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  Ivo Belet (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, il primo ministro britannico Brown ha colto perfettamente la questione stamattina, quando ha affermato che dobbiamo smetterla di borbottare, che è tempo di agire. In effetti è ora di mettere in pratica azioni solide e sostenibili. Noi, l’Europa, dobbiamo assumere il controllo e guidare il passaggio verso un settore automobilistico sostenibile, e ciò sarà realizzabile soltanto se accompagneremo l’industria fuori da questa recessione grave e densa di minacce.

Di qui il mio appello, signor Commissario Verheugen, rivolto a lei e alla Commissione. Vogliamo veramente che l’Europa e noi tutti ci impegniamo di più per il futuro delle nostre case automobilistiche. In qualità di Unione europea, abbiamo un’occasione irripetibile di dimostrare che stiamo dalla parte dei lavoratori – dei 200 000 operai della Opel in Germania, Polonia, Austria, Spagna e Belgio, solo per citarne alcuni.

Per tale ragione, in termini concreti, la Banca europea per gli investimenti deve sbloccare i crediti e sfruttare al massimo l’influenza e il potenziale di cui dispone. Due settimane fa abbiamo organizzato una consultazione con i vertici del settore qui in Parlamento, ed è emerso un problema enorme: il settore soffre di una carenza acuta di capitale. Per questo i prestiti a basso costo e le garanzie statali sono assolutamente necessarie, non solo per la sopravvivenza, ma soprattutto per un passaggio senza intoppi verso l’auto del futuro, che deve essere elettrica, ibrida, e soprattutto ecologica, e che è pronta a entrare in produzione.

Le parti sociali e i rappresentanti dei lavoratori devono essere strettamente coinvolti in questo piano di salvataggio europeo, poiché la questione è un banco di prova anche per il dialogo sociale a livello europeo.

Signor Commissario Verheugen, non è troppo tardi per agire. La prego, non lasciamo che la situazione degeneri.

 
  
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  Matthias Groote (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare il commissario per l’intervento, ma anche per le azioni coraggiose intraprese nelle ultime settimane e mesi nel campo dell’industria automobilistica. Lo ringrazio altresì per aver ribadito con chiarezza che occorre trovare una soluzione per General Motors, perché la società ci serve, in particolare in relazione alla strategia sui nuovi sistemi di guida. Gli esprimo i miei più sinceri ringraziamenti.

Vorrei anche riallacciarmi a quanto dichiarato dall’onorevole Langen circa il fatto che il http://www.epp-ed.eu appoggia l’emendamento del nostro gruppo, in quanto ritengo che sia importante e che sia anche la cosa giusta da fare. Vi ringrazio inoltre del fatto che noi, come Parlamento, ci siamo espressi sulla questione della General Motors. Per molto tempo ho avuto l’impressione che non sarebbe successo, ma meglio tardi che mai. Vi ringrazio molto.

Nella nostra risoluzione ci siamo soffermati sulle misure a breve termine. Dovremmo tuttavia occuparci anche dei provvedimenti a medio termine, come hanno fatto gli esperti del gruppo CARS 21, nonché dell’armonizzazione delle aliquote d’imposta sulle automobili. So bene che si tratta di un arduo compito, ma si tratta di un piano europeo per la ripresa economica dell’industria automobilistica. Siamo nel bel mezzo di una crisi e dovremmo attuare subito queste misure. I 27 ministri delle Finanze dovrebbero compiere uno sforzo congiunto.

 
  
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  Mia De Vits (PSE).(NL) Signor Presidente, signor Commissario, lei stesso ha affermato che un dibattito sul settore automobilistico è impensabile senza includere nella discussione odierna anche la General Motors.

Plaudiamo alla sua iniziativa di riunire i ministri europei dell’Economia per individuare un approccio europeo. So che corrisponde anche ai suoi desideri – un approccio europeo invece che nazionale – eppure tale obiettivo potrà essere conseguito solamente se nel dibattito verrà coinvolto il comitato aziendale europeo, e se a esso verranno fornite tutte le informazioni che dovrebbe ricevere ai sensi di legge. Le chiedo pertanto esplicitamente se lei è pronto ad avviare un’iniziativa di tale natura e a trasmettere al comitato aziendale europeo le informazioni in possesso di ogni singolo Stato membro fornite dalla General Motors.

In secondo luogo, lei ha fatto riferimento ai fondi europei necessari per alleviare l’impatto sociale sui lavoratori. Sono convinta che tali risorse debbano essere utilizzate anche in maniera preventiva. Dobbiamo evitare il taglio dei posti di lavoro invece che limitarci a usare tali fondi europei quando gli impieghi sono andati già perduti.

 
  
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  Richard Howitt (PSE) . – (EN) Signor Presidente, a nome dei 350 operai della Ford licenziati dallo stabilimento di Warley e Dunton in Essex e dei 1 400 lavoratori della General Motors della IBC furgoni di Luton – una cifra che raddoppia se si contano i fornitori – accolgo con favore le dichiarazioni rese stasera, secondo cui questi produttori automobilistici non verranno abbandonati al loro destino.

Tuttavia, quando il commissario Verheugen afferma che la General Motors non deve adottare una politica all’insegna del “ridurre sul lastrico il prossimo”, vorrei chiedergli di associarsi a me nell’avanzare all’impresa quattro richieste: in primo luogo, rendere effettivamente pubblici i piani di ristrutturazione, presentandoli non solo al governo tedesco, ma anche a quello britannico e degli altri paesi membri; redigere una dichiarazione completa di impatto ambientale concernente gli effetti in termini di carbonio del pacchetto di 3,3 miliardi di euro da essa proposto; fare luce sul futuro della joint venture con la società francese Renault, in particolare per la produzione di furgoni a Luton; infine, precisare e a lei e a noi su quali basi una sovvenzione a breve termine possa garantire produzione e occupazione sicure e autenticamente sostenibili.

La scorsa settimana ho incontrato gli operai di Luton, e uno di loro mi ha confidato che le probabilità di sopravvivenza della IBC sono appena del 50/50, in una città in cui la produzione automobilistica si è insediata 80 anni fa e dove il 50 per cento dei posti di lavoro è ancora garantito dal settore manifatturiero. Io lotterò per il futuro di questi posti di lavoro.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS
Vicepresidente

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo (PSE).(ES) Signora Presidente, l’Europa deve sostenere con decisione il settore automobilistico, in quanto è cruciale per sviluppare un’economia tecnologicamente avanzata, in grado di assumere la guida della lotta contro il cambiamento climatico e garantire standard elevati di efficienza, sicurezza e qualità nel trasporto merci e passeggeri.

L’Unione è il primo produttore mondiale di autovetture e il secondo di autocarri, con 19 milioni di veicoli, il 20 per cento dei quali viene esportato. Il settore rappresenta il 3 per cento del PIL, il 6 per cento dell’occupazione, l’8 per cento del reddito nazionale e un sesto della spesa delle famiglie.

Le sfide strutturali e strategiche dell’industria automobilistica si sono moltiplicate in concomitanza con la crisi attuale. Esse vanno affrontate con un approccio europeo, settoriale e lungimirante, e avvalendoci della consultazione sociale. Solo così potremo rendere prioritarie l’occupazione e la formazione, impedire le discriminazioni e la concorrenza sleale e difendere gli interessi europei a livello mondiale. Nel breve periodo, occorre concedere incentivi temporanei e sostegno finanziario – per il tramite della Banca europea per gli investimenti o con altri mezzi – per garantire la sopravvivenza e la ripresa del comparto.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE).(RO) In Romania le vendite di automobili si sono dimezzate nel corso del 2008. Il fatturato dell’industria automobilistica rumena ha registrato una flessione del 7 per cento nel 2008 rispetto al livello stimato prima dell’inizio della crisi.

Alla luce della recessione economica che ha contagiato l’Europa intera, ritengo che i governi nazionali e la Commissione europea debbano unire le forze per sostenere il comparto automobilistico. Dobbiamo prendere atto del fatto che un rallentamento della produzione automobilistica innescherebbe una crisi verticale del settore: in altre parole, una recessione che colpirebbe le industrie manifatturiere dipendenti da tale settore, vale a dire i produttori di cavi, motori, apparecchiature elettriche e così via. Concretamente, si tradurrebbe nel licenziamento di migliaia di lavoratori.

A titolo di esempio, per sostenere l’industria automobilistica locale il governo rumeno ha adottato il programma “Rabla”. In base a tale iniziativa, i consumatori che rottamano auto più vecchie di 10 anni ricevono in cambio un importo che va a costituire l’anticipo sull’acquisto di una vettura nuova.

Invito pertanto i responsabili delle decisioni a riflettere su questo esempio e a proporre una strategia realizzabile per sostenere l’industria automobilistica europea durante la crisi economica mondiale in corso.

 
  
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  Inés Ayala Sender (PSE).(ES) Signora Presidente, ringrazio il signor Commissario per la disponibilità ed efficienza di cui ha dato prova nell’invitare tutte le parti interessate a prevenire e risolvere i problemi di Opel Europa, e anche l’industria automobilistica, un settore indubbiamente competitivo, che si trova a dover affrontare i problemi globali di General Motors negli Stati Uniti.

Inoltre, lo esorto a fare di questo salvataggio – che sta conferendo nuovo impeto alla ripresa di Opel Europa – un caso esemplare di come l’Unione europea sia in grado di affrontare le angustie causate dalla globalizzazione, con la risposta necessaria che abbiamo imparato anche dalla globalizzazione, con un approccio europeo.

Di conseguenza, mi piacerebbe innanzi tutto riuscire a riportare in patria i diritti di proprietà sull’innovazione europea. Occorre inoltre un sistema di garanzie adeguate per conferire a Opel Europa l’autonomia che le serve per continuare a offrirci automobili sempre più sicure, innovative, ad alto risparmio di energia e sostenibili.

Dobbiamo anche intensificare il dialogo sociale, conferendo poteri ai sindacati di Opel e al comitato aziendale europeo, che stanno dando prova di una notevole corresponsabilità.

Infine, signor Commissario, sono convinta che, per difendere l’approccio europeo, dobbiamo applicarlo per primi. In altre parole, affinché l’Europa riscuota credibilità e successo, non possiamo aspettare i governi come il mio, ad Aragona, che ha già offerto una garanzia di 200 milioni di euro. Sembra che l’Europa ci stia ancora riflettendo sopra.

A nome degli oltre 7 000 operai dello stabilimento Opel di Figueruelas, vi chiedo di fare di più.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, se l’Europa mette a disposizione risorse e, in particolare, se gli Stati membri erogano molti fondi per aiutare l’industria automobilistica a uscire dalla crisi, non può essere soltanto una questione di mantenimento dello status quo e di prevenzione dei fallimenti, in quanto sono coinvolte numerose altre imprese, la maggior parte delle quali sono già state citate.

Lo scopo è garantire che i cittadini che stanno cercando lavoro e che hanno bisogno di un impiego possano trovarlo nel lungo periodo. Rispetto al passato, dobbiamo pertanto fornire maggiore sostegno alle nuove tecnologie, all’innovazione e, aspetto ancor più importante, a sistemi di trasporto sostenibili.

Per tale ragione, tutte le nostre misure dovrebbero ispirarsi a tali obiettivi, per evitare di rimproverarci tra qualche anno il fatto che, se ci avessimo pensato anni prima, non ci saremmo trovati in una nuova situazione di crisi.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, la crisi è un banco di prova per la coesione comunitaria. Purtroppo, i governi stanno adottando misure a breve termine su base individuale, come i programmi di rottamazione, provvedimenti privi di coordinamento, anche se hanno prodotto risultati positivi immediati per la lotta contro la crisi. Se vogliamo criticare le misure statunitensi in quanto contrarie alla concorrenza leale e protezioniste, dovremmo concentrarci con attenzione ancora maggiore su una strategia congiunta a livello comunitario. Gli incentivi alla rottamazione contribuiscono a ridurre le emissioni, aumentano la sicurezza stradale e prevengono la disoccupazione nel settore automobilistico, in cui sono impiegati 12 milioni di dipendenti e migliaia di aziende in altri settori. Poiché con CARS 21 abbiamo imposto all’industria automobilistica requisiti ambientali e di sicurezza rigorosi, i programmi di rottamazione rappresentano una buona occasione per adottare un approccio congiunto a livello di governi europei, specialmente in un periodo di crisi, e tali programmi andrebbero finanziati con le risorse comuni. Chiedo alla presidenza ceca di avviare i negoziati sulla questione.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE) . – (SL) Signor Commissario, concordo pienamente con lei quando afferma che l’industria automobilistica è strutturalmente surriscaldata e che occorrono auto più ecologiche ed efficienti dal punto di vista dell’energia.

Commetteremmo un errore se tentassimo di avvalerci di misure di aiuto per proseguire lungo la direzione seguita finora, vale a dire lo sviluppo quantitativo. Favoriremmo invece la dimensione sociale e daremmo prova di grande solidarietà se appoggiassimo l’ecologia e una ristrutturazione orientata all’energia.

La crisi attuale ha inoltre mostrato forti interconnessioni in seno all’industria automobilistica europea. Tale settore si rifiuta di accettare il protezionismo a livello nazionale. Mi aspetto che le politiche comunitarie ne tengano conto.

 
  
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  Günter Verheugen, vicepresidente della Commissione. (DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi innanzi tutto per la coesione di quest’Assemblea, e poi per l’ampio sostegno da voi dimostrato nei confronti della politica della Commissione. Ritengo che sia molto importante e che trasmetta inoltre un segnale significativo ai lavoratori dell’industria automobilistica, che sono al centro di questo dibattito. Ed è giusto che sia così.

Alcuni deputati, tra cui gli onorevoli Harms, Hökmark e altri, hanno esaminato la questione del nesso che sussiste tra innovazione e competitività. Vorrei ribadire ancora una volta con chiarezza che senza questo legame con l’innovazione l’industria automobilistica europea non si manterrà competitiva nel lungo termine. L’obiettivo della nostra politica è garantire che l’auto europea del futuro sia la più innovativa del mondo, vale a dire la più pulita, la più efficiente in termini energetici, e la più sicura. Confido nella capacità dei nostri produttori, dei nostri specialisti tecnici e dei nostri ingegneri di conseguire tale traguardo. Abbiamo il potenziale per riuscirci.

Vorrei ora passare a un altro argomento, vale a dire il finanziamento della crisi. Le banche hanno smesso di concedere crediti. Le società non riescono a ottenere i prestiti di cui hanno bisogno. La Banca europea per gli investimenti è ora diventata il nostro organo tuttofare. Voglio ribadire con estrema chiarezza che tale istituto ha già raggiunto i limiti delle sue capacità. L’industria automobilistica non è l’unico settore per il quale chiediamo aiuto alla BEI. E i finanziamenti alle piccole e medie imprese? E le risorse per i nostri obiettivi, altamente ambiziosi, nel campo della tutela dell’ambiente? Sono tutti finanziamenti erogati dalla BEI. So già che riceveremo delle richieste dal settore a cui la BEI non sarà semplicemente in grado di far fronte, poiché vogliamo che tale organo operi su una base solida e non crei bolle, come hanno fatto gli altri. Nella seconda metà dell’anno è perciò probabile che i problemi si intensifichino, e dobbiamo prepararci a tali sviluppi.

Convengo inoltre con tutti coloro che hanno dichiarato che servono incentivi intelligenti per garantire che tutte le auto che vogliamo che vengano immesse sul mercato vengano poi anche acquistate. Condivido appieno l’opinione dell’onorevole Groote circa l’imposta sui veicoli basata sulla CO2. La Commissione ha formulato una proposta in tal senso molto tempo fa, e mi rammarico che alcuni paesi membri non l’abbiano seguita allora.

L’onorevole De Vits si è soffermata sul ruolo dei sindacati e dei comitati aziendali. Ho il piacere di informarvi che l’ultima discussione dettagliata a cui ho partecipato prima di presenziare a questa tornata è stata con il presidente del comitato aziendale di General Motors in Europa. Ci teniamo regolarmente in contatto e ci scambiamo tutte le informazioni in nostro possesso. Devo ammettere che fino ad ora ho beneficiato più io di lui di questo scambio. Ricevo più informazioni io di quante lui non ne ottenga da me. Mi auguro tuttavia di riuscire a ricambiare il favore in futuro. Tra pochi giorni ci sarà una riunione con i sindacati europei del settore metallurgico e automobilistico, e le associazioni dei lavoratori rappresentano naturalmente le parti principali coinvolte nelle tavole rotonde, che ho già citato. Credo perciò che abbiamo soddisfatto tutti i requisiti.

Nella procedura catch the eye sono stati fatti diversi riferimenti agli incentivi alla rottamazione. Dobbiamo necessariamente porci l’interrogativo se tali misure possano rivelarsi effettivamente utili nel lungo periodo. Forse stiamo creando una domanda artificiale che porterà a un altro tracollo. Ciononostante, tutti i produttori si sono detti entusiasti dell’idea, in quanto li aiuterà a uscire dalla fase molto difficile che stanno attualmente attraversando. E’ una specie di boccata di ossigeno, che finora è stata molto utile per evitare i licenziamenti di massa presso le principali case automobilistiche europee, che sono riuscite a non rinunciare alla propria forza lavoro. In tal senso, ha conseguito lo scopo.

L’incentivo alla rottamazione è un’iniziativa europea standard, nel senso che in materia vigono norme chiare che sono state rispettate da tutti. E’ evidente che non possiamo finanziare l’incentivo con il bilancio comunitario. Quest’ultimo non ha infatti questo fine, e tale misura sarebbe impossibile in termini sia politici sia giuridici. Gli incentivi hanno anche esercitato un impatto transfrontaliero positivo. Onorevole Roithová, il suo paese in particolare ha tratto molti vantaggi dai programmi generosi di incentivazione istituiti in altri paesi membri. Si intravede qui un certo grado di solidarietà europea che non andrebbe sottovalutato.

Considero il dibattito che si è svolto alla stregua di un invito a continuare ad intervenire sulla questione e a non mollare la presa. Vi prometto che lo faremo. Per quel che concerne l’industria automobilistica, abbiamo dato vita a una cooperazione eccellente tra le diverse parti coinvolte. Auspico che non emerga più la necessità di dibattere nuovamente la questione dell’industria automobilistica europea durante la legislatura di questo Parlamento, ma se dovesse rivelarsi necessario, la Commissione non esiterà a farlo in qualsiasi momento. Grazie mille.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì 25 marzo 2009.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del regolamento)

 
  
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  Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) Le caratteristiche distintive della produzione e della commercializzazione fanno sì che ogni episodio di recessione dell’industria automobilistica europea sortisca effetti sugli altri settori in tutti gli Stati membri.

Oltre al declino della domanda causato dalla crisi economica e ai problemi di liquidità dovuti alla crisi finanziaria, l’industria automobilistica si trova a dover affrontare anche difficoltà strutturali a lungo termine: i costi fissi elevati, l’offerta eccessiva e la concorrenza sui prezzi avevano indotto molte case automobilistiche a iniziare già a tagliare i costi e ad aumentare l’efficienza interna.

Non si prevede un miglioramento della situazione nell’immediato futuro, tuttavia nel lungo periodo al comparto automobilistico sono associate prospettive globali promettenti, e per tale ragione è particolarmente importante che l’industria automobilistica europea riesca a superare tale battuta d’arresto e sia pronta a sfruttare le opportunità quando la domanda ricomincerà ad aumentare.

A tal fine, è essenziale soddisfare le aspettative dei consumatori e progettare veicoli più ecologici, sicuri e intelligenti.

La responsabilità primaria di gestire la crisi spetta comunque all’industria stessa. L’Unione e gli Stati membri possono offrire un contributo creando condizioni appropriate e presupposti adeguati per la concorrenza. Gli aiuti di Stato mirati e temporanei a livello comunitario e nazionale possono integrare gli sforzi compiuti dal settore per sopravvivere alla crisi, e possono mitigare gli effetti negativi della ristrutturazione che incombe sull’occupazione. Quest’ultima dev’essere oggetto di particolare attenzione a livello sia nazionale sia comunitario.

 
  
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  Krzysztof Hołowczyc (PPE-DE), per iscritto. – (PL) E’ lodevole che il secondo dibattito sulla crisi nel settore automobilistico prenda atto delle proposte del Parlamento europeo presentate nel corso della discussione di febbraio.

Garantire la competitività del mercato unico è di estrema importanza per noi. Rileviamo nostro malgrado che alcuni Stati membri hanno tentato di attuare provvedimenti che potrebbero costituire una violazione dei principi della concorrenza. Accogliamo pertanto con favore le decisioni che mirano a istituire quadri d’azione paneuropei. A tale proposito, dobbiamo anche continuare a valutare l’influenza esercitata sul mercato europeo dalla situazione in cui versa il comparto negli Stati Uniti e in Asia, nonché le possibili reazioni della Comunità.

Siamo lieti di constatare che è stata sottolineata l’importanza di stimolare la domanda del mercato. Trovare un equilibrio tra misure diverse, quali mettere a disposizione prestiti a tassi d’interesse bassi, semplificare le procedure amministrative per ottenere le risorse finanziarie, e d’altro canto creare incentivi per stimolare i consumatori ad acquistare autovetture nuove, può essere utile per stimolare il mercato.

La proposta di sfruttare la crisi per effettuare una sorta di “pulizia generale” del settore automobilistico resta invariata. Intravediamo la possibilità di sviluppare prodotti con un nuovo livello di qualità, basati su tecnologie nuove, ecologiche e sicure, che rappresentano la risposta alle sfide delle nuove tendenze dell’Europa del XXI secolo.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto.(RO) L’industria della produzione automobilistica è un settore che conta circa 2,3 milioni di lavoratori e dal quale dipendono indirettamente altri 10 milioni di posti di lavoro. La crisi finanziaria ha colpito numerose PMI, subappaltatori e fornitori.

L’Europa sociale attribuisce lo stesso livello di importanza allo sviluppo economico e sociale. Per preservare i posti di lavoro e garantire una vita decorosa ai dipendenti dell’industria automobilistica europea è importante che le società abbiano accesso alle risorse finanziarie.

Esorto la Commissione ad accertarsi che i fondi europei, segnatamente il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo per l’adeguamento alla globalizzazione, vengano utilizzati per garantire ai dipendenti del comparto automobilistico formazione e sostegno nel momento in cui le aziende del settore registrano un calo di attività che li coinvolge direttamente.

La legislazione adottata dall’UE in materia di promozione dei veicoli ecologici sta generando investimenti nella progettazione e fabbricazione di veicoli con tassi più bassi di emissioni di biossido di carbonio. Servono tuttavia tempo, innovazione e soprattutto investimenti ingenti nelle risorse umane, nonché in nuove capacità produttive. Le procedure che garantiscono agli operatori economici l’accesso ai fondi per la ricerca e l’innovazione devono essere semplificate a livello nazionale ed europeo, mentre i programmi di ricerca devono orientarsi su aree specifiche dell’industria della produzione automobilistica, tra cui la ricerca applicata.

 
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