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Procedura : 2008/0090(COD)
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Testi presentati :

A6-0077/2009

Discussioni :

PV 10/03/2009 - 7
CRE 10/03/2009 - 7

Votazioni :

PV 11/03/2009 - 5.14
CRE 11/03/2009 - 5.14
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto
PV 05/05/2009 - 5.7
CRE 05/05/2009 - 5.7
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0114

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 5 maggio 2009 - Strasburgo Edizione GU

6. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Martínez Martínez (A6-0201/2009)

 
  
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  David Sumberg (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, le sono grato per avermi dato la parola. Ho sostenuto questa relazione, ma, poiché lascerò quest’Assemblea dopo le prossime elezioni, intendo cogliere quest’ultima occasione per mettere in evidenza l’eloquente messaggio che il presidente della Repubblica ceca, presidente in carica del Consiglio, ha trasmesso di recente a questo Parlamento. “Adesso cerchiamo un nuovo mandato popolare”. In realtà il popolo non è effettivamente rappresentato da quest’Assemblea. Come ha dichiarato il presidente in carica, qui non vi è alcuna opposizione al progetto europeo.

Il popolo – gli uomini e le donne dei nostri collegi elettorali, soprattutto nel Regno Unito – non vogliono una costituzione europea, né vogliono un trattato imposto dall’alto; vogliono il diritto di voto e mi auguro che, in un prossimo futuro, riusciranno ad averlo.

 
  
  

- Relazione Papadimoulis (A6-0208/2009)

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . (EN) Signor Presidente, sono favorevole a questa relazione e, così come il mio gruppo, ho votato a favore. Il Parlamento ha così trasmesso un messaggio molto importante, cui noi dobbiamo dare seguito.

 
  
  

- Relazione Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0120/2009)

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signor Presidente, il comportamento antisociale dei datori di lavoro sta costringendo molti lavoratori dipendenti a intraprendere un’attività autonoma, e fra questi ci sono conducenti e persone che offrono servizi di trasporto. I datori di lavoro vogliono risparmiare sui costi della previdenza sociale e ottenere maggiore flessibilità, ma tutto ciò ha generato una situazione in cui la nostra votazione subisce la pressione di questo comportamento antisociale.

Per questo motivo abbiamo ritenuto necessario respingere la relazione, data la gravità di questo comportamento antisociale; un comportamento che minaccia non solo l’igiene del lavoro ma soprattutto la sicurezza del traffico stradale, e che può riguardare la vita di ciascuno di noi e di tutti gli utenti della strada: conducenti, passeggeri e pedoni. Mi sembra un’ottima ragione per affrontare seriamente questo problema e tornare a discuterne, dal momento che la soluzione proposta non avrebbe risolto la questione.

 
  
  

- Relazione Wallis (A6-0118/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE) . –Signor Presidente, onorevoli colleghi, per dichiarare che ho votato in favore del rapporto nonostante il fatto che i nostri due emendamenti non sono stati accettati.

Credo che sarebbe stato molto opportuno prevedere e contribuire affinché gli Inuit potessero avere pace e tranquillità per quanto riguarda il loro modo di vita, il loro modo di vivere, il loro modo di cacciare e anche un rispetto maggiore per quanto riguarda i programmi LEADER della stessa Unione europea per i paesi scandinavi per quanto riguarda la caccia alle foche. E poi vorrei cogliere l'occasione di dire che quello che succede in Canada al di fuori degli Inuit non è una caccia come la intendiamo noi, ma è una macellazione di animali, non una caccia nel vero senso proprio, per cui credo che le due cose devono essere distinte, comunque poi siano le posizioni, e credo che questa tematica poteva essere meglio trattata in un periodo post- e non pre-elettorale come questo.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . (CS) Signor Presidente, anch’io mi compiaccio che il Parlamento europeo, con la messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea, abbia seguito l’esempio degli Stati Uniti e della Russia. In tal modo, ne sono certa, inviamo un chiaro messaggio al governo canadese, che dovrà monitorare diversamente e con maggiore efficienza il rispetto della legge in materia di metodi umani di caccia alle foche. Sono sicura che la nostra proposta consentirà alle popolazioni che praticano la caccia tradizionale, sia in Europa che al di fuori dell’Unione europea, di continuare la caccia alla foca con metodi tradizionali. Ringrazio tutti, in particolare la presidenza ceca, per aver consentito al Parlamento e al Consiglio di raggiungere il compromesso del 24 aprile che oggi siamo riusciti ad approvare.

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . (EN) Signor Presidente, constato con estremo piacere che questa relazione è stata approvata a stragrande maggioranza, e che la messa al bando delle importazioni di prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea sta per diventare realtà.

Purtroppo la nostra relatrice, l’onorevole Wallis, del gruppo ALDE, non era del tutto favorevole a questa linea di condotta. Nella sua veste di relatrice avrebbe dovuto rappresentare le opinioni della commissione parlamentare, in cui si registrava una chiara maggioranza a favore del provvedimento, invece di cercare in vari modi di stravolgere la volontà della gran maggioranza di quest’Assemblea. Mi compiaccio tuttavia della determinazione con cui il nostro Parlamento, a forte maggioranza, ha affrontato la questione seguendo gli orientamenti da noi adottati.

 
  
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  Daniel Hannan (NI) . – (EN) Signor Presidente, questa relazione mi ha posto davanti a una sorta di dilemma. Mi sembra poco razionale decidere che le foche abbiano diritto a un trattamento speciale, dal momento che non sono una specie protetta (lo ammette persino il WWF). Il clamore suscitato dalla caccia alle foche non si riverbera a favore di vespe, onischi, volverine o vermi.

In fondo la democrazia non è del tutto razionale e gli esseri umani non si comportano sempre come calcolatrici. Forse, come sosterrebbero i biologi evoluzionisti, sono i tratti somatici dei cuccioli di foca – gli occhi grandi e così via – così simili a quelli di un bambino, che geneticamente suscitano in noi una profonda simpatia nei loro confronti: non so rispondere. Ma dire che gli elettori hanno torto soltanto perché la loro obiezione alla caccia alla foca è di natura estetica piuttosto che razionale o etica equivale a intraprendere una strada pericolosa; da lì a dire che essi sbagliano a opporsi alla costituzione europea o al trattato di Lisbona o a qualsiasi altra cosa il passo è breve.

Quindi, dopo ponderate riflessioni, sono giunto a questa conclusione in merito alla relazione: essa investe un tema così importante e delicato per molti dei nostri elettori, che le relative decisioni non devono essere adottate a livello di Unione europea, ma piuttosto definite tramite le procedure e i meccanismi nazionali e democratici di ogni Stato membro.

 
  
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  Neena Gill (PSE) . – (EN) Signor Presidente, è per me motivo di orgoglio il fatto che quest’Assemblea abbia votato a favore di questa relazione a stragrande maggioranza. Finalmente prendiamo una posizione decisa e inappellabile sul commercio di prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea.

Molti cittadini del mio collegio elettorale ci hanno contattato, manifestando la propria indignazione per il sanguinario massacro di queste amabili creature, e a tale iniziativa hanno partecipato milioni di persone. Qualcuno, lo so bene, dirà che tale reazione è provocata unicamente dall’innata grazia di questi animali, ma basta guardare un video sui metodi utilizzati nella caccia alle foche per capire che la loro uccisione a fini commerciali, in particolare, è inutile perché esistono molte alternative.

Sono molto lieta dell’ampio sostegno riscosso da questa relazione, che intende porre fine a tale crudele commercio.

 
  
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  Peter Skinner (PSE) . – (EN) Signor Presidente, la decisione di vietare i prodotti derivati dalle foche è un grande progresso e rappresenta una vera vittoria per tutti coloro che si sono battuti per raggiungere tale obiettivo, in particolare nel sud-est dell’Inghilterra – come potete immaginare – e in tutta l’Unione europea; molti di loro hanno scritto ai deputati di quest’Assemblea chiedendo di porre fine a questo crudele commercio.

Il fatto che il presidente laburista di una commissione parlamentare abbia guidato questa campagna, nonostante le pesanti pressioni esercitate dagli autori di questo commercio crudele e osceno, è stato cruciale per il successo dell’iniziativa. Come ha ricordato l’onorevole Corbett, non ci siamo trovati di fronte al debole testo originale: dopo gli importantissimi emendamenti presentati dall’onorevole McCarthy, la messa al bando è stata approvata in seno alla commissione parlamentare e adesso in Parlamento.

Mi ha sconcertato l’intervento dell’onorevole Hannan, conservatore, secondo il quale la questione dovrebbe rientrare tra quelle discusse democraticamente a livello nazionale. Se dovessimo seguire questa strada, soltanto otto paesi aderirebbero al divieto, rispetto ai 27 che l’hanno votato in seno al Parlamento europeo. Ciò dimostra che commercio e benessere degli animali sono compatibili, cosa di cui dovremmo rallegrarci.

 
  
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  Cristiana Muscardini (UEN) . Signor Presidente, onorevoli colleghi, (…) della relazione Wallis costituisce un passo avanti per la difesa generale dei diritti degli animali, limitando notevolmente l'importazione nel territorio dell'Unione dei prodotti derivati dalla foca.

L'Unione ha fatto in questo campo una scelta di civiltà e speriamo che altri paesi la seguano, anche se noi avremmo preferito che il testo della Commissione fosse quello presentato sul mercato interno, che con molta chiarezza limitava le possibili eccezioni alla commercializzazione di tali prodotti solo in dipendenza della necessità di sussistenza delle popolazioni Inuit, mentre nuove eccezioni potranno aprire, se non controllate adeguatamente dalle autorità doganali di frontiera, varchi pericolosi per eludere questo provvedimento che sancisce, al termine di una lunga battaglia, l'inutilità e la crudeltà di certe pratiche dell'uomo che non hanno più il diritto di offendere le nostre coscienze.

Spero che il passo di oggi non resti isolato, che si possa riconsiderare anche con più forza di impedire che vengano da noi importati prodotti che derivano da animali che sono stati uccisi con incredibili sofferenze. E a questo proposito ricordo anche la grande nefandezza di continuare a sostenere che in Europa si possano abbattere gli animali da carne senza nessuno stordimento, lasciandoli morire dissanguati.

 
  
  

- Relazione Parish (A6-0240/2009)

 
  
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  Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, mentre la votazione sulla caccia alle foche si è conclusa con successo – esito che mi riempie di gioia – la votazione sulla relazione Parish è stata particolarmente deludente. Anche in questo settore avrei voluto che l’Assemblea adottasse una posizione chiara sulla protezione degli animali, una posizione progressista che indicasse la strada da seguire e dimostrasse la necessità di individuare alternative agli esperimenti sugli animali, esperimenti che andrebbero relegati nel passato. Ma qui erano evidentemente in ballo i corposi interessi dell’industria – soprattutto dell’industria farmaceutica – e di conseguenza il mio gruppo ed io dobbiamo constatare con estremo rammarico di aver fallito nel tentativo di consegnare al passato le sperimentazioni animali e le barbare condizioni cui sono sottoposti gli animali stessi.

Non siamo purtroppo riusciti a modificare la sostanziale resa della Commissione sulla questione di un chiaro divieto degli esperimenti sulle scimmie antropomorfe. Questo mi riempie di tristezza, poiché una società va sempre giudicata in base al modo in cui essa tratta gli animali, e l’Unione europea non deve essere più sinonimo di inutili esperimenti sugli animali. Avrei quindi auspicato che questa proposta di direttiva desse maggiore importanza alle procedure alternative alla sperimentazione animale, giacché soltanto un deciso sostegno a tali alternative potrà porre fine ai barbari e inutili esperimenti condotti sugli animali nell’Unione europea.

Questo non sarà possibile con mere dichiarazioni d’intento, ma piuttosto sottolineando l’importanza delle alternative alla sperimentazione animale e offrendo i necessari finanziamenti alla ricerca. Non possiamo parlare di alternative alla sperimentazione animale, senza appoggiarne lo sviluppo e il rapido riconoscimento. Non dobbiamo permettere che alle alternative alla sperimentazione animale vengano a mancare i fondi. La valida proposta della Commissione avrebbe avuto bisogno di maggior sostegno in Parlamento.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, sono lieta che sia stato approvato l’emendamento n. 170 alla relazione Parish sulla sperimentazione animale. In questa direttiva, esso proibisce l’impiego di embrioni umani o cellule fetali come alternative agli animali, benché sia per me di scarsa consolazione il fatto che l’emendamento lasci le decisioni di natura etica allo Stato membro, dal momento che il governo e i tribunali irlandesi si sono rifiutati ripetutamente di proteggere gli embrioni, e mi risulta che in Irlanda vengano importate cellule prelevate da feti abortiti per impiegarle nella ricerca.

Siamo riusciti a proteggere le foche, e questo è positivo. Abbiamo adottato alcune misure per limitare e ridurre la sperimentazione animale, ma dobbiamo andare avanti; non dobbiamo mai abdicare al principio per cui non si possono impiegare gli esseri umani come alternativa ad altri tipi di esperimenti. E’ senz’altro necessario ridurre la sperimentazione animale, ma l’essere umano non deve essere considerato un’alternativa.

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . – (EN) Signor Presidente, oggi abbiamo ottenuto risultati positivi in materia di benessere animale per quanto riguarda le foche, ma lo stesso non si può dire del modo in cui abbiamo votato sulla sperimentazione animale.

All’inizio del mese, ho avuto il piacere di visitare un’azienda del mio collegio elettorale, la Simcyp, che ha appena ottenuto dal dottor Hadwen Trust un riconoscimento nazionale per lo sviluppo di metodi alternativi alla ricerca sugli animali. Quest’azienda ha dimostrato che è possibile sviluppare alternative che funzionano ed ha altresì dimostrato che spesso i risultati della ricerca sugli animali, quando si tratta di ricerca medica, non forniscono necessariamente dati affidabili se applicati agli esseri umani.

La Simcyp è pioniera nello sviluppo di alternative in questo settore, ma possiamo spingerci oltre, e quest’oggi avremmo dovuto spingerci oltre: invece abbiamo fatto solo un piccolo passo in avanti. Dobbiamo fare di molto di più.

 
  
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  Neena Gill (PSE) . – (EN) Signor Presidente, mi sono astenuta su questa relazione perché da anni mi batto per i diritti degli animali. Questo è uno di quei temi su cui l’Unione europea deve concentrare la propria azione se vogliamo trovare un punto di equilibrio tra giustizia e mercato interno, dal momento che è necessario attribuire grande importanza all’etica del mercato.

Su questo tema ho ricevuto una serie di lettere, nelle quali gli elettori della mia regione hanno manifestato sgomento, convinti come sono che sia necessario proteggere in maniera più efficace gli animali utilizzati a fini scientifici.

Mi sono astenuta perché intendo porre fine alla cattura di scimmie allo stato selvatico a scopo di allevamento, e quindi sostengo il testo della Commissione. Inoltre, gli emendamenti che rimuovono l’obbligo di un’accurata tenuta dei registri negli stabilimenti utilizzatori non sono stati approvati. A mio avviso, si sarebbero dovuti approvare gli emendamenti che riducono l’impegno al principio delle tre R (“Replacement, Reduction and Refinement”: sostituzione, riduzione e perfezionamento). Ritengo inoltre che le condizioni di ricovero debbano essere adattate all’esperimento e che il ricovero debba rientrare nell’autorizzazione del progetto. Voglio evitare le sofferenze degli animali, e garantire metodi di uccisione più umani o almeno meno dolorosi. Questo è uno dei motivi per cui mi sono astenuta, dal momento che, a mio avviso, la relazione non è abbastanza ambiziosa.

 
  
  

- Relazione Wallis (A6-0118/2009)

 
  
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  Inese Vaidere (UEN) . – (LV) Signor Presidente la ringrazio. In passato ho ricoperto il ruolo di ministro per l’Ambiente in Lettonia e mi occupo quindi da tempo dei problemi di questo settore, dell’indicibile crudeltà di cui sono oggetto gli animali e della scala industriale su cui vengono praticati questi metodi crudeli. Tutto ciò non ha alcun rapporto con la vita tradizionale degli inuit, dal momento che questa non prevede l’uccisione degli animali su scala industriale, per rifornire il mondo intero con prodotti derivati dalla foca. Mi sono astenuta dalla votazione sulla proposta modificata, giacché ritengo che in questo campo non servano compromessi. D’altro canto, ho votato a favore della risoluzione legislativa, e sono lieta che il Parlamento abbia approvato la lodevole decisione dei cittadini europei sulla messa al bando dei prodotti derivati dalla foca. Vi ringrazio.

 
  
  

- Relazione Podimata (A6-0146/2009)

 
  
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  Inese Vaidere (UEN) . (LV) Signor Presidente la ringrazio. Per quanto riguarda la relazione Podimata, vorrei dire che siamo favorevoli sia alle proposte della Commissione sia alla relazione della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, nonché alle proposte del gruppo Verts/ALE e di altri gruppi politici perché, a mio avviso, l’obiettivo principale della relazione sono gli interessi dei consumatori. L’elemento fondamentale sta nel fatto che i consumatori devono sapere, per quanto riguarda gli elettrodomestici, quali sono i più economici e quali i meno dannosi per l’ambiente. Con il mio voto quindi cerco di adottare un approccio equilibrato e, in questo caso, di mettere in evidenza gli interessi dei consumatori europei.

 
  
  

- Relazione Maňka (A6-0275/2009)

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . (EN) Signor Presidente, mentre il nostro dibattito è in corso, la stazione radiofonica britannica 5 Live sta trasmettendo un programma dal vivo sul Parlamento europeo, in onda da questa mattina. Molti ascoltatori telefonano, e una delle domande ricorrenti riguarda i costi del Parlamento europeo. Quanto costa il Parlamento europeo? Questi costi sono giustificati?

Come ho affermato di recente, se si fa una proporzione tra il costo e il numero di cittadini, il Parlamento europeo costa 1,74 sterline all’anno per ogni cittadino, ossia l’equivalente di una pinta di birra. La Camera dei Lord invece costa 1,77 sterline, e la Camera dei Comuni 5,79 sterline all’anno – una cifra assai più alta – per ogni cittadino. Ovviamente il Parlamento europeo, con il suo ampio elettorato, può distribuire i suoi costi. I costi che il Parlamento deve sostenere in relazione agli Stati membri sono legati alle tre sedi di lavoro e alle 23 lingue, costi che nessun parlamento nazionale deve includere nel proprio bilancio. E nonostante ciò, si tratta di denaro ben speso.

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, non intendo discutere le cifre che l’onorevole Corbett ci ha appena letto. Non mi interessa se il costo pro capite di questo Parlamento è inferiore a quello di altri parlamenti, anche se i cittadini dell’Unione europea, mi sembra, sono un po’ più numerosi di quelli del Regno Unito.

Mi dispiace constatare che, con questa relazione, abbiamo mancato una grande occasione poiché mette in evidenza molti degli alti costi che noi tutti abbiamo notato da quando siamo entrati a far parte di questo Parlamento – io sono qui da dieci anni, proprio come lei, signor Presidente. E’ interessante notare, per esempio, che la biblioteca principale del Parlamento europeo si trovi in Lussemburgo, e sia quindi praticamente inaccessibile, dal momento che i deputati fanno la spola tra Bruxelles, Strasburgo e il loro collegio d’appartenenza.

Il Parlamento europeo ha sprecato molte occasioni, e questa relazione è esempio in tal senso. Proprio quando tutti i cittadini dei nostri collegi elettorali devono stringere la cinghia, con questa relazione avremmo dovuto dimostrare la nostra disponibilità a fare altrettanto, ma non lo abbiamo fatto. Un’altra occasione perduta.

 
  
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  Presidente . La ringrazio, onorevole Heaton-Harris; se sarà qui anche nella prossima legislatura, potrà aiutarci a svolgere meglio il nostro compito.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Figueiredo (A6-0223/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.

Secondo il regolamento (CE) n.1234/2007 la carne di pollame può essere venduta sul mercato internazionale anche se ha subito trattamenti di carattere antimicrobico. Nel giugno del 2008 il Parlamento europeo, dopo vari tentativi, riuscì ad approvare una risoluzione che proibiva questo tipo di commercializzazione.

La Commissione però, visto che gli Stati Uniti esportano nell'UE solo carne di pollame trattato attraverso sostanze chimiche o antimicrobiche, non ha tenuto fede alla risoluzione. Questa strategia cozza con quelli che sono stati gli investimenti eseguiti dai professionisti del settore del pollame nel loro campo e realizzati in conformità alla legislazione comunitaria, la quale prevede che, al fine di ridurre i rischi di contaminazione delle carni, si debbano attuare solo metodi di protezione consentiti dall'UE, come il trattamento mediante freddo.

Sosteniamo, dunque, le seguenti proposte di modifica del regolamento (CE) n.1234/2007: 1) ritiro del considerando 5 della Commissione, il quale prevede che “il riferimento esclusivo al trattamento mediante freddo nella definizione di “carni di pollame” è troppo restrittivo rispetto all'evoluzione tecnologica. Occorre pertanto adeguare detta definizione”; 2) sostituzione del considerando 5 con un altro che preveda il monitoraggio di provenienza delle carni al fine di informare e di garantire la trasparenza al consumatore; 3) mantenimento del solo trattamento di protezione mediante il “metodo freddo”.

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che il campo di applicazione vada esteso alle preparazioni e ai prodotti a base di carni di pollame, nonché alle carni di pollame salate o in salamoia, la cui commercializzazione si va diffondendo.

Dobbiamo ricordare che quando la carne di pollame viene venduta allo stato “fresco”, il consumatore si aspetta che non sia stata precedentemente congelata, neanche con trattamento rapido; ciò offre una garanzia di qualità al consumatore stesso. Di conseguenza, si propone di rafforzare il principio secondo cui le carni di pollame vendute allo stato “fresco” non possono essere state precedentemente congelate, e di estenderlo alle preparazioni e ai prodotti a base di carni di pollame.

E’ opportuno ricordare che questa proposta non ha alcun effetto sul bilancio comunitario.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto.(LT) Le norme di commercializzazione per le carni di pollame intendono salvaguardare la stabilità dei prezzi di mercato nel settore, favorire la commercializzazione dei prodotti e garantire la sicurezza dei consumatori e alti standard di qualità per i prodotti alimentari. Le norme di commercializzazione per le carni di pollame devono essere sottoposte a revisione, sulla base dello sviluppo tecnologico, e comprendere i preparati a base di carni di pollame, giacché, dagli anni Novanta, le abitudini dei consumatori sono cambiate. Si propone di rafforzare il principio secondo cui le carni di pollame vendute allo stato “fresco” non possono essere state precedentemente congelate, e di estenderlo alle preparazioni e ai prodotti a base di carni di pollame: personalmente sono d’accordo.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta sulle norme di commercializzazione per le carni di pollame. La proposta intende aggiornare le norme di commercializzazione per le carni di pollame che risalgono al 1990, adattandole alla nuova realtà del mercato, cercando al contempo di salvaguardare la stabilità dei prezzi di mercato in questo settore, favorire la commercializzazione dei prodotti e garantire la sicurezza dei consumatori nonché alti standard di qualità per i prodotti alimentari.

Ritengo inaccettabile il trattamento delle carni di pollame con sostanze decontaminanti e sono favorevole al trattamento mediante freddo.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Abbiamo votato a favore dei progetti di emendamento presentati dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, che sottolineano l’importanza dell’indicazione sull’etichetta dell’origine della carne di pollame. Ci sembra un elemento positivo.

Gli emendamenti presentati dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale tuttavia contengono alcune diciture che, a nostro avviso, dovrebbero essere trattate a livello amministrativo. Poiché la votazione avviene con voto unico, non abbiamo potuto opporci a queste proposte.

Il nostro voto favorevole agli emendamenti concernenti l’indicazione dell’origine sull’etichetta non significa ovviamente che sosteniamo la politica agricola comune.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. (FR) Abbiamo raggiunto un buon compromesso su questa relazione, grazie al quale avremo un regolamento equilibrato che soddisfa i requisiti dell’Unione europea sulla sicurezza alimentare.

Vietando la commercializzazione della carne di pollame congelata con l’etichetta “prodotto fresco”, respingendo l’uso di sostanze tossiche come il cloro per decontaminare le carcasse di pollame, e optando per una chiara indicazione dell’origine e della data di macellazione sull’etichetta, ci siamo schierati a favore del buon senso, e abbiamo deciso di fare degli interessi dei consumatori europei la nostra priorità.

Approvando la risoluzione del giugno 2008, il Parlamento si era già dichiarato decisamente contrario ad autorizzare la commercializzazione del “pollo al cloro” sul mercato europeo, e in questo senso il suo esempio era stato seguito dai ministri dell’Agricoltura al Consiglio dello scorso dicembre.

Con il voto odierno, abbiamo confermato il nostro desiderio di garantire la maggiore sicurezza possibile degli alimenti nell’Unione europea, dal produttore al consumatore.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) La questione sembra ovvia. La proposta in discussione è il secondo tentativo consecutivo di autorizzare, per il consumo umano, la commercializzazione anche di quelle carni di pollame che abbiano subito un trattamento antimicrobico. Questa volta la proposta è stata presentata su suggerimento degli Stati Uniti, che temono il divieto di importare in Europa le carni di loro produzione.

Dal momento che la ricerca ha dimostrato che l’impiego di sostanze antimicrobiche non contribuisce a ridurre il tasso di infezione batterica, e visto che l’Europa si batte per garantire la qualità dei prodotti alimentari, dobbiamo parlare con una sola voce; lo stesso vale per gli OGM. Purtroppo, nel caso degli organismi geneticamente modificati, la questione non è così ovvia per tutti.

 
  
  

- Relazione Böge (A6-0266/2009)

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. (EN) Sono favorevole a questa relazione che riguarda un tema a cui lavoro ormai da tempo. Durante una visita alla fabbrica Michelin di Stoke-on-Trent, dirigenti e rappresentanti sindacali mi hanno illustrato le ragioni per cui sono favorevoli alla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

Successivamente ho scritto al ministro britannico per le Attività produttive Mandelson per chiedergli di considerare l’opportunità di presentare all’Unione europea domanda di mobilitazione del Fondo di adeguamento. Alla pari dei miei interlocutori della Michelin, anch’io ritengo che questo fondo debba essere approvato quanto prima. Esso rientra tra gli obiettivi che l’Unione europea si era posta quando è stata istituita: assistere collettivamente gli Stati membri, e soprattutto i loro lavoratori, nei periodi di crisi.

Questo fondo non comporta una semplice assistenza finanziaria alle imprese in difficoltà, ma un più ampio sostegno a una strategia che condurrà alla crescita sostenibile e all’occupazione. La relazione attribuisce particolare importanza al ruolo delle piccole imprese per la ripresa economica, e all’attenzione che il fondo rivolge a competenze e formazione; tutto ciò sarà fondamentale per garantire a coloro che perdono il posto di lavoro di essere reinseriti nel mercato del lavoro.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Siamo decisamente contrari al principio che sta alla base dell’istituzione di un Fondo di adeguamento alla globalizzazione. Per cominciare, esso si basa sull’idea che la globalizzazione sia di per sé un problema. A nostro avviso invece la globalizzazione è un modo per accrescere la prosperità, soprattutto per i paesi poveri in via di sviluppo, a condizione che i principali soggetti economici, come l’Unione europea e gli Stati Uniti, riformino le proprie politiche commerciali, improntate al protezionismo, in seno all’Organizzazione mondiale per il commercio.

Gli Stati membri dell’Unione europea sono in grado di attuare misure nazionali a sostegno di quei settori che, a loro giudizio, hanno bisogno di assistenza finanziaria. Un fondo speciale dell’Unione europea sarebbe fonte di arbitrio, inefficienza, burocrazia e spese ingiustificate. Come può la Commissione decidere, in modo pertinente, se la globalizzazione abbia avuto un impatto negativo su uno specifico settore? Inoltre gli importi attualmente in discussione dimostrano che questo si potrebbe addirittura considerare un esercizio di pubbliche relazioni da parte dell’Unione europea.

Per i motivi enunciati, abbiamo votato contro la relazione in oggetto.

 
  
  

- Relazione Papadimoulis (A6-0208/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto.(LT) La necessità di garantire aria più pulita viene riconosciuta ormai da vari decenni, e sono state adottate diverse misure sia a livello nazionale che europeo, nonché attraverso convenzioni internazionali.

Il miglioramento della qualità dell’aria ambiente rimane una delle principali sfide da affrontare. Il problema dell’inquinamento dell’aria potrà essere risolto soltanto nel lungo periodo e in un contesto europeo, soprattutto intensificando l’adozione di misure transfrontaliere. La proposta della Commissione è necessaria, considerando l’esigenza di controllare ulteriormente le emissioni di COV al fine di migliorare la qualità dell’aria a livello regionale e locale e il servizio pubblico, la positiva adozione dei sistemi VPR II in tutto il mondo e la capacità della tecnologia di ridurre del 95 per cento le emissioni durante il rifornimento.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Questo provvedimento legislativo è l’ennesimo esempio degli attacchi portati contro l’industria automobilistica dall’Unione europea, che cerca regolarmente di imporre misure legislative sproporzionate per risolvere problemi di lieve entità.

La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha votato a favore della proposta di anticipare la data alla quale le stazioni di servizio dovranno rispettare le nuove misure, che prevedono di limitare la quantità dei vapori di benzina emessi nell’atmosfera durante il rifornimento dei veicoli a motore. La commissione inoltre ha votato a favore della riduzione della soglia delle vendite di benzina, per estendere il campo di applicazione della legge proposta a un maggior numero di stazioni di servizio.

Quest’attacco diretto alle piccole stazioni di servizio indipendenti produrrebbe un effetto domino su altre imprese locali, senza peraltro generare alcun beneficio ambientale, e potrebbe addirittura aumentare le emissioni dei gas di scarico dei veicoli se i conducenti dovranno guidare più a lungo per fare rifornimento, in seguito alla chiusura di una stazione di servizio locale. I costi richiesti dall’ammodernamento delle attrezzature in termini di spese di immobilizzo e perdita di attività in seguito alla chiusura temporanea sarebbero considerevoli.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sul recupero dei vapori di benzina. La benzina contiene composti organici volatili (COV) che evaporano all’interno del serbatoio, riempiendo lo spazio vuoto al di sopra del carburante. Durante il rifornimento del veicolo, questi vapori fuoriescono dalla parte superiore del tubo di riempimento del serbatoio e, se non catturati, si liberano nell’atmosfera.

La proposta della Commissione mira a recuperare i vapori di benzina emessi nell’atmosfera durante il rifornimento delle automobili nelle stazioni di servizio. E’ molto importante installare nelle stazioni di servizio sistemi per il recupero dei vapori di benzina con alta efficacia di cattura, per migliorare la qualità dell’aria.

 
  
  

- Relazione Cashman (A6-0077/2009)

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto.(LT) La trasparenza è un principio fondamentale dell’Unione europea, come si afferma chiaramente nell’articolo 255 del trattato istitutivo della Comunità europea: “Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione […]”.

Il regolamento n. 1049/2001 ha segnato un significativo passo in avanti verso una maggiore apertura. Nei sei anni trascorsi dalla sua attuazione, esso ha favorito un’amministrazione più trasparente nelle istituzioni europee. A mio avviso, l’apertura accresce la legittimità delle istituzioni agli occhi dei cittadini europei, contribuendo altresì ad accrescere la loro fiducia in tali istituzioni.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. (PT) La trasparenza è un principio fondamentale dell’Unione europea. Il processo decisionale dovrà essere il più aperto e il più vicino possibile ai cittadini, accrescendo così la legittimità delle istituzioni agli occhi dei cittadini europei, e al contempo contribuendo a rafforzare la loro fiducia in tali istituzioni.

Il regolamento adottato nel 2001 ha segnato indubbiamente un passo importante in tale direzione, ma adesso è necessario apportare molte modifiche, che renderanno il processo decisionale europeo più comprensibile, aumenteranno il livello di trasparenza e miglioreranno le procedure istituzionali.

Questa iniziativa intende apportare tali miglioramenti, ma le poche proposte positive sono purtroppo ampiamente superate da quelle che il Parlamento europeo considera negative.

In effetti, la maggioranza degli emendamenti richiesti dal Parlamento, nella sua risoluzione dell’aprile 2006, non è stata presa in considerazione, come nel caso delle proposte riguardanti la possibilità che il Parlamento europeo eserciti il proprio diritto democratico di scrutinio mediante l’accesso a documenti sensibili.

Sono perciò favorevole alla proposta del relatore, l’onorevole Cashman, che suggerisce di rinviare l’iniziativa alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Mentre i dibattiti pubblici sul trattato di Lisbona, condotti in tutte le lingue, vengono iscritti a bilancio, non si accetta il rifiuto della Costituzione modificata dell’Unione europea, e si evita il ricorso ai referendum. Mentre il sito web dell’Unione europea proclama l’importanza del plurilinguismo, l’architettura del sito sembra ignorare tale principio; manca infatti un uso coerente delle tre lingue di lavoro – tedesco, inglese e francese – con le quali potremmo raggiungere la maggioranza della popolazione. E apparentemente l’attuale presidenza non crede che ne valga la pena. Adesso l’Unione europea si tormenta sull’accesso ai documenti delle proprie istituzioni, ma al contempo vuole cancellare la pubblicazione delle gare d’appalto dell’UE sui giornali nazionali e quindi in tutte le lingue nazionali.

La relazione tuttavia contiene alcune buone proposte per quanto riguarda il miglioramento dell’accesso ai documenti, e questo è il motivo per cui anch’io ho espresso voto favorevole.

 
  
  

- Relazione Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0120/2009)

 
  
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  Guy Bono (PSE), per iscritto. (FR) Ho votato contro la relazione della collega greca del gruppo PPE-DE, l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto.

Ho votato in tal modo perché questa relazione, mirante a organizzare l’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, avrebbe avuto in realtà l’effetto di escludere gli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione della legislazione europea in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

I miei colleghi socialisti ed io giudichiamo inaccettabile una legislazione sociale a due velocità, ossia una legislazione che protegge alcuni lavoratori ma abbandona ai bordi della strada gli autotrasportatori.

Adottando la proposta della Commissione avremmo introdotto una discriminazione inaccettabile a danno degli autotrasportatori autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti dello stesso settore, che sono protetti dalle normative europee. Il Parlamento ha preso nota delle nostre riserve; toccherà ora al Parlamento che sarà eletto tra poco esprimere il proprio giudizio, nel corso della prossima legislatura.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato contro la proposta della Commissione sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, poiché il fatto che questa proposta escluda gli autotrasportatori autonomi costituisce a mio giudizio un’inaccettabile discriminazione.

Tutti coloro che effettuano operazioni mobili di autotrasporto devono essere protetti dalle norme comunitarie che limitano l’orario di lavoro settimanale. Si tratta quindi di proteggere la salute e la sicurezza di questi lavoratori, e insieme di garantire la sicurezza stradale.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) E’ un fatto assai importante che la maggioranza del Parlamento abbia votato a favore della nostra proposta di respingere questa proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto. La proposta di direttiva rappresentava infatti un passo indietro rispetto alla situazione attuale, sia per quanto riguarda gli autentici lavoratori autonomi e i “falsi” lavoratori autonomi, sia per quanto riguarda l’attuale orario di lavoro, e in particolare il lavoro notturno.

La nostra proposta era già stata presentata alla commissione per l’occupazione e gli affari sociali, dove è stata adottata a maggioranza. La relatrice del gruppo PPE-DE – ha però insistito per portare la relazione in Assemblea plenaria, in un ostinato attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori. Per tale motivo è diventato importantissimo respingere questa relazione in sede di plenaria, così da mantenere in vigore la direttiva attuale, che prevede di applicare anche ai lavoratori autonomi la stessa legislazione in materia di lavoro.

 
  
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  Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto.(DE) Durante il dibattito svoltosi in seno alla commissione per i trasporti e il turismo ho presentato due emendamenti, che riguardano tutti i lavoratori dipendenti del settore dei trasporti. A mio avviso, per armonizzare la politica europea nel campo sociale e in quello dell’occupazione sarebbe opportuno fissare condizioni di lavoro che riguardino in maniera uniforme tutti i lavoratori dipendenti; l’idea di includere i lavoratori autonomi nella direttiva sull’orario di lavoro non è realistica, poiché controllare l’orario di lavoro dei lavoratori autonomi è semplicemente impossibile. Per quanto riguarda la sicurezza, tutti gli autotrasportatori, compresi quelli autonomi, devono rispettare le norme relative ai tempi di guida e di riposo per autocorriere e autocarri di peso superiore alle 3,5 tonnellate. Dal punto di vista della sicurezza, sarebbe più utile ampliare le norme sui periodi di guida e di riposo, in modo da includervi i conducenti di autocarri di peso inferiore a 3,5 tonnellate. La Commissione dovrebbe riesaminare questo punto, ma deve ancora presentare una proposta; mi auguro che il nuovo Parlamento riprenda queste proposte.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Siamo lieti che la proposta della Commissione europea guidata dal presidente Durão Barroso, mirante a escludere i lavoratori autonomi dell’autotrasporto dalla direttiva sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, sia stata respinta in seguito alla proposta che noi avevamo avanzato in tal senso.

A febbraio, in seno alla commissione per i trasporti e il turismo, abbiamo presentato una proposta in cui si chiedeva di respingere quest’inaccettabile iniziativa della Commissione europea.

E’ questa la risposta migliore all’ennesimo tentativo di inasprire la concorrenza e lo sfruttamento dei lavoratori dell’autotrasporto, mettendo a repentaglio sia i loro diritti di lavoratori che la sicurezza stradale.

Il nostro compito è ora quello di difendere e potenziare i diritti e le condizioni di lavoro dei lavoratori dell’autotrasporto, lottando contro l’insicurezza occupazionale, rispettando i periodi di riposo – senza intaccare i salari – e garantendo il rispetto della legislazione del lavoro e degli accordi collettivi esistenti in ogni Stato membro.

Adesso è necessario che le norme concernenti l’orario di lavoro e i periodi di guida e di riposo vengano applicate uniformemente a tutti i conducenti professionisti, compresi quelli autonomi, in modo da garantire la sicurezza stradale e quella dei lavoratori, evitando gli orari di lavoro eccessivamente prolungati, un’organizzazione del lavoro inadeguata o periodi di riposo insufficienti.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. (FR) La relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou raccomanda di respingere la proposta della Commissione recante modifica della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto.

Ho votato a favore di questa relazione, che invita a respingere una proposta della Commissione europea sulla base della quale diventerebbe impossibile correggere le carenze riscontrate nell’applicazione e nel monitoraggio delle norme concernenti i periodi di guida e di riposo direttamente connessi alla sicurezza e ai diritti sociali. Non è chiaro inoltre quale sia il campo d’applicazione della direttiva, né quali siano i possibili metodi di sorveglianza. In ogni caso, gli Stati membri devono assumersi in questo settore una responsabilità esclusiva.

Infine, questa proposta non precisa il concetto di “lavoratori mobili” o “autotrasportatori autonomi”; non è un caso, perché il punto cruciale della direttiva sta proprio qui. Dobbiamo escludere tutti gli autotrasportatori autonomi dalla direttiva? Data la complessità del problema, la questione rimane aperta.

In effetti, tra i conducenti è diffusa la consuetudine di lavorare come “falsi” autotrasportatori autonomi, legandosi in realtà, con un rapporto di lavoro dipendente, ad aziende che, per ragioni di profitto, scavalcano le norme relative ai periodi di guida e di riposo.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La proposta della Commissione, mirante a escludere gli autotrasportatori autonomi da questa direttiva, andava respinta per numerose ragioni.

Votando contro la proposta della Commissione, ho votato a favore della sicurezza stradale, per eliminare le discriminazioni in materia di salute e sicurezza, salario e condizioni di lavoro per i conducenti, e per assicurare equi rapporti tra datori di lavoro e lavoratori dipendenti nel settore dell’autotrasporto.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto.(EL) Ho votato a favore dell’emendamento n. 54 in quanto costituisce un importante messaggio politico per la Commissione e il Consiglio: il Parlamento europeo sostiene i diritti dei conducenti e respinge qualsiasi tipo di concorrenza fra autotrasportatori dipendenti e autonomi. Questa proposta escluderebbe gli autotrasportatori autonomi dal campo di applicazione dell’attuale direttiva; per la prima volta nella legislazione europea, avremmo un tentativo di distinguere tra lavoratori autonomi “veri” e “falsi”. Si tratta però di una distinzione imperfetta, che può aprire le porte all’interpretazione di altre disposizioni del diritto comunitario. E’ una vittoria per la sicurezza stradale e l’Europa sociale.

 
  
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  Bilyana Ilieva Raeva (ALDE), per iscritto. – (BG) La bocciatura della direttiva del Parlamento europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, dovuta ai voti dei gruppi PSE, Verts/ALE e dell’estrema sinistra, renderà meno competitivi i lavoratori mobili autonomi.

Dopo l’irresponsabile bocciatura della proposta della Commissione europea, per i lavoratori autonomi non ha più senso continuare nella loro attività perché non sono più liberi di decidere da sé la durata del proprio orario di lavoro.

Norme analoghe non esistono in alcun altro settore: questa decisione avrà un irreversibile effetto negativo sulla competitività dell’economia europea.

A differenza dei lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi del settore dei trasporti non operano sulla base di un contratto di lavoro, ma scelgono liberamente i propri clienti e le consegne da effettuare. L’entità del loro guadagno non dipende dall’orario di lavoro, bensì dal numero e dal tipo dei carichi; determinare il loro orario di lavoro sulla base della nuova direttiva significa limitare la loro libertà “imprenditoriale”.

A causa del voto di oggi, gli Stati membri si sono visti togliere la possibilità di fissare autonomamente la cornice temporale che determina le ore notturne, e di conseguenza la possibilità di massimizzare il numero di ore di lavoro per il trasporto di merci o passeggeri in base al variare delle ore di luce nei vari Stati membri.

La bocciatura della direttiva mette a repentaglio la competitività. La sorte più dura toccherà ai piccoli imprenditori del settore dei trasporti, che saranno costretti a rispettare le stesse prescrizioni valide per i dipendenti delle grandi ditte di autotrasporti, e ciò finirà inevitabilmente per minare la loro posizione sul mercato.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto.(EL) La bocciatura della proposta di direttiva della Commissione altro non è che una manovra delle forze della “via europea a senso unico”, nell’imminenza delle elezioni europee. Il partito comunista greco si è opposto alla proposta della Commissione sin dall’inizio, votando contro di essa sia nella commissione competente del Parlamento europeo che in Assemblea plenaria, ha informato i lavoratori e ne ha sostenuto le manifestazioni. L’esclusione dei lavoratori autonomi fa unicamente gli interessi delle aziende monopolistiche del settore dei trasporti, e per contro danneggia i lavoratori e gli autotrasportatori autonomi, provocando oltretutto gravissimi pericoli per la sicurezza stradale. Questo provvedimento è destinato a peggiorare ulteriormente le condizioni di lavoro dei conducenti, portando gli orari di guida e di lavoro persino a 84 ore settimanali e inasprendo ancor più lo sfruttamento dei lavoratori dell’autotrasporto.

Le manifestazioni dei lavoratori e il timore di non essere rieletti hanno spinto una consistente schiera di deputati europei, appartenenti ai partiti fautori della “via europea a senso unico”, a votare contro la proposta. I lavoratori, però, devono sapere che i gruppi monopolistici continueranno a imporre la propria volontà, valendosi di partiti politici pronti a servire il capitale e soddisfarne le pretese. Il risultato di oggi esalta la forza e l’importanza delle lotte dei lavoratori, ma ricordiamo che questo successo risulterà effimero se il movimento popolare e dei lavoratori non riuscirà a organizzare il contrattacco, dettando i termini di un cambiamento radicale sul piano del potere e dell’economia.

 
  
  

- Relazione Wallis (A6-0118/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo deciso di votare a favore del compromesso negoziato con il Consiglio, poiché in base alla nostra interpretazione riteniamo che l’impatto negativo, da noi temuto per l’attività di caccia in Svezia, sia scongiurato dalla deroga prevista dall’articolo 3, paragrafo 2. Le immagini della caccia alla foca praticata in Canada hanno destato l’orrore di tutti noi.

Di conseguenza, gran parte dei consumatori rifiuterebbero i prodotti di una caccia alle foche lontana dal rispettare requisiti corrispondenti a quelli cui è sottoposta la caccia svedese, tale da provocare sofferenze evitabili e attuata su vasta scala in condizioni incontrollate.

In linea di principio siamo contrari alle ingerenze dirette o indirette dell’Unione europea nelle questioni relative alla caccia – che è un affare nazionale – soprattutto quando ciò può minacciare normative svedesi che di per sé funzionano in modo egregio. In questo caso abbiamo deciso di formulare un giudizio basato sulla situazione complessiva, e in tali circostanze abbiamo accettato il compromesso, da cui scaturisce un chiaro messaggio: il Parlamento giudica inaccettabile che gli esseri umani trattino gli animali a proprio piacimento.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE), per iscritto.(LT) Sono fermamente convinto che la caccia alle foche si debba vietare, tranne alcune eccezioni a favore delle comunità locali. Non dobbiamo neppure ignorare i numerosi sondaggi d’opinione, effettuati in diversi Stati membri, da cui emerge che la gran maggioranza dei cittadini dell’Unione europea è contraria alla caccia alle foche praticata su vasta scala e ai suoi metodi. Inoltre, una netta maggioranza di cittadini è favorevole a vietare completamente il commercio dei prodotti derivati dalla foca.

 
  
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  Niels Busk, Anne E. Jensen e Karin Riis-Jørgensen (ALDE), per iscritto. (DA) Abbiamo votato contro la proposta di vietare il commercio dei prodotti derivati dalla foca e contro il compromesso stipulato tra Parlamento e Consiglio. Non crediamo che il divieto di commerciare i prodotti derivati dalla foca possa migliorare il benessere degli animali, e giudichiamo deplorevole che la proposta sia stata adottata benché priva di qualsiasi base nel trattato.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. (EN) Su questo tema ho subito forti pressioni da parte di gruppi di animalisti e cittadini del mio collegio elettorale, ma in linea di principio sono assai scettico sull’utilità di siffatti divieti; in ultima analisi saranno i consumatori a decidere se vogliono acquistare prodotti derivati dalla foca. Sono fiero di aver contribuito alla campagna tesa a vietare le importazioni di pellicce di cane e di gatto dalla Cina, ma l’importazione di prodotti derivati dalla foca è una questione assai diversa, legata a culture tradizionali e usanze secolari.

Anche i combattimenti di tori e galli sono spettacoli ripugnanti, ma l’Unione europea ne ammette la continuazione in quelle regioni comunitarie in cui essi sono il portato di una tradizione ininterrotta. Sarebbe perciò un’ipocrisia, da parte dell’Unione, vietare i prodotti derivati dalla foca che ci giungono dal Canada a causa della crudeltà verso gli animali. Esito inoltre ad assumere un atteggiamento ostile verso il Canada, che è un grande alleato dell’Unione europea e condivide i nostri stessi valori.

Aborro la crudeltà verso gli animali, ma ritengo che questo problema sia stato deliberatamente presentato in maniera distorta, allo scopo di suscitare una reazione emotiva nei deputati europei; dovremmo invece affrontare questi temi in maniera più pacata ed equilibrata.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sul commercio dei prodotti derivati dalla foca in quanto si fonda su due presupposti: il divieto del commercio, nell’Unione europea, di determinati prodotti derivati dalla foca, e il rispetto delle tradizioni e delle culture dei popoli indigeni dell’Artico.

La caccia commerciale condotta su vasta scala uccide ogni anno 900 000 foche circa (il dato non comprende gli animali colpiti e dispersi né le uccisioni non dichiarate), il 60 per cento delle quali in Canada, Groenlandia e Namibia; gli altri principali paesi che praticano la caccia commerciale alla foca su vasta scala sono la Norvegia e la Russia. Nella Comunità, la caccia alla foca è praticata su scala ridotta da Svezia, Finlandia e Regno Unito (Scozia), principalmente per motivi legati alla gestione degli stock e al controllo delle specie nocive.

Sono convinta che quest’accordo proteggerà le foche dalla crudeltà e contemporaneamente proteggerà la cultura delle comunità inuit. Ritengo inoltre che questo regolamento riuscirà a bloccare un commercio privo di scrupoli, garantendo il varo di norme armonizzate, tali da trasformare l’intero mercato interno.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. (EN) Venticinque anni fa, quando fui eletto per la prima volta al Parlamento europeo, era stato da poco varato, nel 1983, il “divieto iniziale” del commercio di prodotti derivati dalla foca. Purtroppo, benché la questione sia stata riesaminata in svariate occasioni, il problema è ancora irrisolto.

A un quarto di secolo di distanza, la situazione non si può dire migliorata rispetto al 1983: ancor oggi, in Canada, centinaia di migliaia di foche trovano la morte in un massacro di sanguinaria crudeltà. E’ auspicabile che il voto odierno sia sufficientemente schiacciante da consentirci di cogliere finalmente quel risultato che pensavamo di aver già ottenuto 25 anni fa. Non voglio ritrovarmi qui nel 2034 a discutere dello stesso problema (e di sicuro non lo vogliono neppure le foche).

 
  
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  Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto.(DE) Personalmente mi rammarico che le proposte della commissione parlamentare, che erano chiarissime, non siano state adottate dai gruppi. La conservazione delle specie – soprattutto di fronte ai metodi di uccisione che ben conosciamo – richiede misure nette, aliene da qualsiasi compromesso. I posti di lavoro legati a quest’attività si possono facilmente riqualificare.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La decisione, presa dal Parlamento europeo, di vietare il commercio di prodotti derivati dalla foca nella Comunità europea è un passo in vanti verso l’obiettivo finale di porre fine ai brutali metodi usati da alcuni paesi per uccidere questi animali. La proposta di risoluzione risponde alle preoccupazioni dell’opinione pubblica per i problemi di benessere animale connessi all’uccisione e alla scuoiatura delle foche.

Il testo del regolamento prevede parecchie eccezioni, che in alcuni casi sono necessarie. Ciò comprende, in particolare, un’esenzione dal divieto per i prodotti derivati dalla foca fabbricati dalle comunità inuit grazie a metodi di caccia tradizionali e a fini di sussistenza.

Sono lieta che il Parlamento europeo si sia schierato a forte maggioranza a favore dell’adozione di questo regolamento. In tal modo le istituzioni europee lanciano un chiaro messaggio: i cittadini d’Europa non tollerano che gli animali siano trattati brutalmente e uccisi.

 
  
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  Roger Knapman e Thomas Wise (NI), per iscritto. (EN) Comprendiamo e condividiamo le preoccupazioni relative al commercio di prodotti derivati dalla foca. Non abbiamo nulla in contrario al fatto che i singoli Stati vietino i prodotti derivati dalla foca, ma riteniamo che ciò rientri nelle competenze degli Stati e non della Commissione. Non ci è stato quindi possibile sostenere questa proposta.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) Nell’attuale legislatura il Parlamento europeo ha dedicato un’attenzione relativamente ampia alla protezione degli animali.

L’introduzione del divieto di commerciare taluni prodotti derivati dalla foca nell’Unione europea rafforza indubbiamente tale protezione, ed è anche motivo di soddisfazione per i 425 deputati al Parlamento europeo che hanno firmato la dichiarazione scritta su questo tema. Inoltre bisogna notare che, nella sua risoluzione, il Parlamento ha espresso la volontà di rispettare la cultura e le tradizioni dei popoli indigeni. La futura evoluzione delle misure miranti a proteggere le foche dipenderà da numerosi fattori del contesto internazionale e dall’OMC. Nondimeno, quest’iniziativa dei deputati al Parlamento europeo merita approvazione e sostegno.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Sono felice che oggi il nostro Parlamento abbia vietato il commercio, nell’Unione europea, dei prodotti derivati dalla foca.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. (NL) Nel gennaio 2007, il Belgio è diventato il primo paese europeo a vietare tutti i prodotti derivati dalla foca, e una serie di altri Stati membri ha rapidamente seguito la sua scia. La legge belga prevede una deroga per i tipi di caccia tradizionalmente praticati dalle comunità inuit, e di conseguenza sono lieta che il Parlamento europeo abbia deciso oggi di seguire l’esempio del Belgio. La proposta di permettere l’importazione di prodotti derivati dalla foca qualora venga soddisfatto un requisito di etichettatura non ha riscosso il nostro sostegno. Se i commercianti di pellicce del Canada, della Groenlandia, della Namibia e della Russia non potranno più vendere pelli di foca in uno dei maggiori mercati mondiali, ciò costituirà un immenso progresso per il benessere di questa specie. Inoltre, un divieto rappresenta lo strumento più efficace per stroncare le barbare pratiche di cui sono vittima ogni anno centinaia di migliaia di animali.

A mio avviso, un divieto totale è l’approccio giusto. Per tale motivo sostengo la relazione dell’onorevole Wallis.

 
  
  

- Relazione Parish (A6-0240/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. Il mio voto è favorevole.

Fino ad oggi garante della tutela degli animali utilizzati a fini scientifici è stata la direttiva 86/609/CEE: essa, appena emanata, fu recepita e applicata in maniera diversa dai vari Stati membri. Bisognerebbe però effettuare una proposta di cambiamento di tale direttiva per garantire sia una totale unitarietà di intenti all'interno del territorio europeo, sia una maggiore protezione delle cavie da laboratorio che vengono utilizzate per scopi scientifici concernenti la salute umana e animale.

Molti dovrebbero essere i cambiamenti da effettuare, tra cui i più importanti, che auspichiamo in linea con gli ideali della Commissione, sono: 1) la creazione di una commissione etica per il benessere degli animali; 2) l'estensione del concetto di cavia anche a varie specie di invertebrati e forme fetali nell'ultimo trimestre di sviluppo, oppure a larve e altri animali usati nella ricerca di base e nella formazione; 3) l'utilizzazione di animali unicamente negli esperimenti per i quali sono stati allevati; 4) lo studio di metodi alternativi alla sperimentazione animale, riducendo al minimo il numero degli animali usati; 5) l'assicurazione del fatto che gli Stati membri dovranno avere come scopo principale quello di migliorare i metodi di allevamento, riducendo al minimo le sofferenze degli animali; 5) l' uso dell'anestesia totale o parziale.

 
  
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  Derek Roland Clark e Nigel Farage (IND/DEM), per iscritto. (EN) Benché contenga molti punti che il mio partito (l’UKIP) potrebbe accettare senza difficoltà, questa relazione è inquinata dal fatto di scaturire, in maniera illegittima e antidemocratica, dai meccanismi dell’Unione europea. Di conseguenza non mi è possibile sostenerla.

 
  
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  Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. (FR) Il testo della Commissione europea è privo di senso. E’ privo di senso dal punto di vista scientifico, poiché intralcia e penalizza la ricerca, ed è privo di senso dal punto di vista del progresso della medicina, poiché gli scienziati che ricorrono alla sperimentazione animale lavorano quotidianamente per produrre farmaci e trattamenti che in futuro serviranno a curare nuove pandemie.

Infine, il testo è privo di senso dal punto di vista economico e sociale: mentre ai nostri gruppi farmaceutici sarà vietato di svolgere ricerche, i laboratori situati al di fuori dell’Unione europea potranno continuare ad effettuarle! Fortunatamente la relazione Parish ristabilisce l’equilibrio, perché non intendo sostenere alcun provvedimento che indebolisca la competitività della nostra industria o incoraggi le delocalizzazioni.

 
  
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  Konstantinos Droutsas (GUE/NGL), per iscritto.(EL) La proposta di direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici ha tra i suoi obiettivi principali il completamento del mercato unico interno, la concorrenza e la limitazione dei costi nel settore della ricerca, assai più che la protezione degli animali.

Le multinazionali cercano di spremere dalla ricerca profitti sempre più pingui; gli animali utilizzati in quest’ambito vengono di solito torturati e sacrificati sull’altare del maggior profitto, non al servizio di esigenze scientifiche. Nessuno può attendersi amore per gli animali da parte del grande capitale, che ha lo sfruttamento come ragion d’essere e usa comportarsi con spietata brutalità anche nei confronti degli esseri umani.

Per risolvere i più gravi problemi della salute pubblica e sconfiggere un gran numero di malattie, talvolta incurabili, la ricerca deve effettuare esperimenti; per tale ricerca gli animali sono spesso indispensabili.

Tuttavia, la protezione degli animali, così come la protezione della salute pubblica, ha per presupposto la lotta contro i gruppi monopolistici e contro il potere del capitale, che tutela i farmaci brevettati per ricavare profitti esorbitanti dalla commercializzazione della salute.

Occorre insomma una lotta che liberi la ricerca dalle catene del capitale e ponga i risultati della ricerca scientifica al servizio delle esigenze popolari.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici; tale proposta riguarda la protezione degli animali utilizzati per scopi scientifici concernenti la salute umana, la salute animale o il benessere degli animali. Nell’Unione europea si utilizzano ogni anno a fini scientifici circa 12 milioni di animali, tra cui 12 000 primati non umani.

La nuova direttiva impone l’obbligo di effettuare una valutazione etica e di assoggettare ad autorizzazione gli esperimenti in cui si utilizzano animali. La proposta estende il campo di applicazione a determinate specie di invertebrati e forme fetali nell’ultimo trimestre di sviluppo, nonché a larve e altri animali usati nella ricerca di base, nell’insegnamento e nella formazione.

Ritengo perciò che la proposta miri a migliorare la protezione degli animali utilizzati negli esperimenti e a potenziare le norme relative al benessere animale alla luce degli sviluppi della ricerca scientifica.

 
  
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  Martine Roure (PSE), per iscritto. (FR) Grazie all’iniziativa della Commissione europea, che rende possibile riesaminare la vigente direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, l’Unione europea è in grado di svolgere un ruolo decisivo nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie che non utilizzino animali. Il campo di applicazione di questa direttiva va in ogni caso allargato. Alcuni emendamenti presentati dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, contro la protezione degli animali da laboratorio, contrastavano con tale obiettivo. E’ essenziale che la ricerca europea non sia danneggiata da questo provvedimento, ma ne tragga piuttosto motivo di sviluppo. Tale sviluppo non deve tuttavia attuarsi a spese del benessere animale, né dell’elaborazione e della convalida di metodi completamente alternativi all’utilizzo degli animali. Lo sviluppo dei metodi alternativi necessita però di un bilancio; inoltre, è essenziale eliminare progressivamente dalla ricerca l’utilizzo dei primati non umani, varare un sistema di monitoraggio a tale scopo e incrementare la trasparenza nel settore.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto.(FR) Era ormai tempo che le parti interessate esaminassero il problema del benessere degli animali utilizzati a fini di ricerca, e prendessero in considerazione il divieto di catturare scimmie selvatiche da utilizzare in allevamenti. Quest’ultima pratica comporta infatti violenza, stress al momento della cattura, e in seguito la cattività; e ancora, ne derivano la divisione dei gruppi familiari, la disgregazione dei gruppi sociali, conseguenze per l’ambiente, la rottura dell’equilibrio naturale della popolazione e infine il ritiro delle femmine.

Siamo quindi favorevoli ad ampliare al massimo l’utilizzo degli animali allevati a tale scopo, la cui storia medica e genetica è nota, e che offrono dati più coerenti e più agevolmente confrontabili.

D’altra parte, se gli standard di benessere animale utilizzati a fini di ricerca provocassero l’esportazione della ricerca stessa, l’impatto risulterebbe più evidente nei paesi già dotati di una rigorosa regolamentazione di controllo, come la Svizzera e il Regno Unito; ma in realtà in tali paesi l’industria farmaceutica ha continuato a prosperare, nonostante vent’anni di rigida regolamentazione. Tale regolamentazione non ha quindi intralciato il rigoglio di tale industria, ma i controlli hanno addirittura migliorato gli standard dell’attività scientifica: ciò conferma quindi il timore di dover assistere, sulla scia di questi regolamenti, a un’esportazione della ricerca.

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. (EN) Sono rimasto deluso dalla posizione assunta dal Parlamento sulla revisione delle norme concernenti la sperimentazione animale, applicabili in ambito europeo; ho quindi deciso di astenermi dal voto sulla relazione finale. Sostengo senza riserve le disposizioni sullo sviluppo e la promozione di alternative alla sperimentazione animale e il riesame tematico biennale sull’utilizzo dei primati; entrambi infatti sono elementi cruciali per consentire alla ricerca di rinunciare agli animali, soprattutto ai primati, ma nell’insieme la posizione del Parlamento ha annacquato molte delle importanti disposizioni sul benessere degli animali proposte dalla Commissione.

Nel Parlamento è prevalso il timore che l’imposizione di requisiti eccessivi ai nostri istituti di ricerca spingerebbe questo settore ad abbandonare l’Unione europea. Credo però che alcuni di questi requisiti siano essenziali se vogliamo assicurare in Europa alti livelli di protezione per gli animali, e temo che il risultato odierno sia contrario a tale obiettivo. A mio avviso c’erano due punti cruciali: la decisione di porre fine alla cattura di scimmie allo stato selvatico a scopo di allevamento, e l’assoluta necessità di prevedere un’autorizzazione per tutti gli esperimenti in cui si utilizzano animali, rafforzando il nostro impegno a favore della sostituzione e della riduzione degli animali negli esperimenti. Purtroppo, oggi il Parlamento europeo ha mancato una grande occasione, rinunciando a una linea decisa a favore della protezione degli animali.

 
  
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  Roger Knapman e Thomas Wise (NI), per iscritto. (EN) Comprendiamo la necessità di condurre esperimenti sugli animali, in certi casi, ma riteniamo altresì che l’opportunità di alcuni esperimenti sia discutibile. Siamo favorevoli a promuovere metodi alternativi di ricerca, e vorremmo che gli esperimenti sugli animali vivi venissero ridotti al minimo e condotti secondo orientamenti più umanitari. Crediamo comunque che si tratti di una questione su cui devono decidere i singoli Stati, e quindi, con rammarico, non possiamo votare a favore di questa proposta collocata nel contesto dell’Unione europea.

 
  
  

- Relazione de Grandes Pascual (A6-0080/2009)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta relativa all’inquinamento provocato dalle navi, poiché ritengo essenziale combattere questa prassi consueta nel trasporto marittimo, ossia gli scarichi illeciti di sostanze inquinanti in mare da parte di alcune navi.

Questa proposta modificata, a mio avviso, è essenziale per scongiurare i disastri ambientali e il deterioramento della qualità dell’acqua, mediante sanzioni penali sufficientemente severe da dissuadere i potenziali inquinatori.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Questa relazione raccomanda la modifica dell’attuale direttiva sull’inquinamento provocato dalle navi e consentirà l’applicazione di disposizioni di carattere penale nei casi di inquinamento. Junilistan sostiene le misure volte a scongiurare l’inquinamento provocato dalle navi; riteniamo però che il diritto penale rientri esclusivamente fra le competenze nazionali. Inoltre, il problema degli scarichi delle navi in acque internazionali dovrebbe essere affrontato dalle Nazioni Unite. Abbiamo quindi votato contro la relazione nella votazione finale.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto.(EL) La tanto vantata direttiva che, a detta di varie forze politiche, punirebbe le compagnie di navigazione colpevoli di inquinamento marittimo mediante sanzioni penali e proteggerebbe l’ambiente, in realtà ha ottenuto esattamente l’effetto contrario. Essa infatti protegge le compagnie di navigazione capitalistiche dalle sanzioni. Anche questa inadeguata proposta della Commissione rimane lettera morta, in seguito alla proposta del Parlamento europeo di non punire gli scarichi di minore entità di sostanze inquinanti. I nostri cittadini conoscono bene il significato dell’espressione “scarichi di minore entità”, e sanno bene chi sarà a giudicare e secondo quali criteri. Gli abitanti di Santorini, per esempio, avevano protestato dopo il naufragio della nave da crociera Sea Diamond, che si trova ancora nelle acque dell’isola, e sono ormai stanchi delle risposte date dall’Unione europea e dal governo guidato da Nuova Democrazia, secondo cui i relitti non inquinerebbero! Ma si tratta delle stesse risposte date dal PASOK nel caso del traghetto Express Samina e in altre occasioni.

Grazie alla scappatoia degli scarichi di minore entità di sostanze inquinanti, armatori, operatori, dirigenti, agenti, assicuratori, noleggiatori e proprietari di carichi e di navi, nonché tutti i responsabili di reati commessi in mare e di disastri ambientali, resteranno impuniti. D’altro canto, i marittimi avranno ancora una volta il ruolo di capro espiatorio.

 
  
  

- Relazione Podimata (A6-0146/2009)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Il mio voto è favorevole.

Parlando di politiche relative al consumo energetico, l'UE dovrebbe prendere come modello guida delle sue scelte le dichiarazioni fatte dal noto economista inglese Nicholas Stern: “In periodi di recessione e di elevati prezzi del petrolio, ulteriori incentivi agli investimenti nell'efficienza energetica e spese per l'energia rinnovabile e per altri settori a basse emissioni di carbonio possono contribuire a stimolare l'economia”.

Quello che servirebbe, è cercare di creare una politica energetica capace di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, di mantenere fede agli accordi presi in riferimento al protocollo di Kyoto e di sostenere il ruolo guida dell'UE nella lotta ai cambiamenti climatici. L'attuazione di tale protocollo apporterebbe un contributo molto importante sia al livello occupazionale, sia al livello di competitività in campo economico e sociale.

L'attuale direttiva sull'etichettatura energetica 92/75/CEE, seppur valutata positivamente dal settore industriale e dalle associazioni dei consumatori, non può essere considerata al passo con l'evoluzione tecnologica e con l'innovazione del mercato energetico in quanto, prima di tutto, bisognerebbe eliminare questa situazione di stallo in tutti i territori europei al fine di poter attuare per i fruitori una nuova dimensione di vita.

 
  
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  Călin Cătălin Chiriţă (PPE-DE), per iscritto. − (RO) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse dei prodotti connessi al consumo energetico, mediante l’etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti (rifusione). Ritengo necessario fornire maggiori informazioni sull’efficienza energetica dei prodotti. Qualsiasi pubblicità che promuova le caratteristiche tecniche di frigoriferi, lavatrici o forni per uso domestico deve indicare il consumo di energia del prodotto.

L’etichettatura indicante il consumo d’energia aiuta i consumatori a valutare i propri costi energetici al momento di acquistare elettrodomestici, come frigoriferi, lavatrici, asciugabiancheria o forni. I fabbricanti devono indicare il consumo d’energia dei prodotti, indipendentemente dal fatto che essi siano “più efficienti” (verdi) o “meno efficienti” (rosa) dal punto di vista energetico.

L’etichettatura si applicherà anche a prodotti commerciali e industriali che usano energia, come camere frigorifere o banchi espositori frigo. La pubblicità dovrà indicare il consumo di energia e il risparmio energetico.

Gli Stati membri potranno adottare incentivi, quali crediti d’imposta per prodotti che dimostrino di avere un’altissima efficienza energetica.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della direttiva sull’indicazione del consumo di energia mediante l’etichettatura. Le questioni ambientali e in particolare l’efficienza energetica stanno assumendo nuova importanza e diventano fondamentali per affrontare il cambiamento climatico. La rifusione di questa direttiva vuole consentire l’etichettatura di tutti i prodotti connessi al consumo energetico sia per uso domestico sia per usi commerciali e industriali.

In considerazione dell’urgente necessità di affrontare il cambiamento climatico e dell’obiettivo dell’Unione europea di aumentare l’efficienza energetica del 20 per cento entro il 2020, credo che un’etichettatura semplice, chiara e facilmente riconoscibile possa persuadere i consumatori ad adottare decisioni più sostenibili e contribuire a promuovere prodotti caratterizzati da una maggiore efficienza energetica.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Junilistan ritiene che uno degli obiettivi più importanti per l’Unione europea sia quello di affrontare le questioni ambientali transfrontaliere. Crediamo che gli emendamenti siano più efficaci della proposta della Commissione nell’offrire ai consumatori finali la possibilità di fare scelte più oculate, migliorando le informazioni sul consumo di energia e sull’impatto ambientale dei prodotti.

Non condividiamo tuttavia alcune singole diciture contenute negli emendamenti, che mirano a regolamentare la politica energetica europea più dettagliatamente. Le buone intenzioni degli emendamenti superano però gli aspetti negativi, e abbiamo perciò deciso di sostenere integralmente gli emendamenti.

 
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