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Procedura : 2008/2169(INL)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0043/2009

Discussioni :

PV 06/05/2009 - 15
CRE 06/05/2009 - 15

Votazioni :

PV 07/05/2009 - 9.18
CRE 07/05/2009 - 9.18
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2009)0389

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 7 maggio 2009 - Strasburgo Edizione GU

10. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
PV
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Relazione Leinen (A6-0145/2009)

 
  
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  Michl Ebner (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, il nuovo ruolo del Parlamento dopo il trattato di Lisbona sarà importantissimo e spero che il Parlamento sfrutti al meglio le opportunità offertegli. Membro di una minoranza etnica tradizionalmente presente nell’Unione europea, mi rallegro particolarmente per il fatto che nell’articolo 2, per la prima volta, i diritti delle minoranze etniche siano citati come diritti individuali. Spero che seguano quanto prima i diritti collettivi.

Mi dimetto volontariamente, per mia scelta, ma non senza provare nostalgia dopo cinque anni di attività parlamentare a livello comunitario e quindici di attività parlamentare a Roma. Cittadino italiano di madrelingua tedesca con ascendenza austro-slovena e indole tirolese, un vero europeo dunque, sono particolarmente lieto per il fatto che siamo tutti riuniti in questa Camera come minoranze e alle minoranze si siano offerte opportunità. Molti non si sono ancora resi conto di appartenere a una minoranza, ma spero che ne prendano sempre più coscienza, Stati compresi. Sono grato a questa Assemblea per la comprensione che ha dimostrato alle minoranze.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(LT) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Leinen e della risoluzione per i seguenti motivi. E’ nostra abitudine ripetere che il Parlamento europeo è l’unica istituzione eletta direttamente dal popolo. Tuttavia, visto che si tratta di un’istituzione eletta dal popolo, a mio parere i poteri di cui il Parlamento è stato sinora investito non sono sufficienti.

Penso pertanto che ciò che oggi abbiamo adottato, vale a dire nuovi poteri del Parlamento nell’applicazione della procedura di codecisione, nuovi poteri di gestione del bilancio, nuova procedura di approvazione e nuovi poteri di vigilanza, sia molto importante. Sono infine persuasa che il trattato di Lisbona rafforzerà la legittimazione democratica dell’Unione, specialmente nella misura in cui vengono rafforzati i poteri del Parlamento di applicare la procedura di codecisione.

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, capisco ora la tattica: si tratta semplicemente di ignorare il voto e attuare il trattato di Lisbona come se gli elettorati di Francia, Paesi Bassi e Irlanda avessero di fatto espresso un “sì”.

Uno alla volta si stanno introducendo i suoi articoli e le sue disposizioni più controversi: il ministro degli esteri e la politica estera, la carta dei diritti fondamentali e l’armonizzazione della giustizia e degli affari interni. Dopodiché i colleghi si rivolgeranno all’elettorato irlandese dicendo: “adesso è troppo tardi per votare “no”, perché è tutto già attuato; risultereste soltanto tediosi e vi isolereste visto che, in realtà, il grosso del trattato di Lisbona è già in vigore de facto, se non de jure”.

Non so se funzionerà. Dipenderà dall’elettorato, ma sarei alquanto deluso se dovesse cedere alle pressioni. Spetta agli irlandesi, ovviamente, prendere la loro decisione, ma dopo tutto sono persone i cui padri hanno saputo contrastare la potenza dell’Impero britannico. Se ora dovessero arrendersi al Parlamento europeo, penso che ne risulterebbero sminuiti come popolo.

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, vorrei anch’io unirmi al coro sempre più numeroso di colleghi che già le hanno reso omaggio. Grazie infinite per la sua presidenza e la sua pazienza ogni qual volta abbiamo chiesto di intervenire.

Penso che sia estremamente importante riconoscere, per quanto concerne il trattato di Lisbona, che non è stato ancora ratificato e non dovremmo comportarci come se lo fosse stato. Non possiamo ignorare la volontà degli elettori che non lo hanno ancora ratificato né dei paesi che non lo hanno ancora ratificato.

Ricordiamo le regole iniziali del gioco e non cerchiamo di cambiare a metà strada. All’inizio del processo costituzionale le regole erano che tutti i paesi avrebbero dovuto ratificare la costituzione, altrimenti sarebbe decaduta. Francia e Paesi Bassi non la hanno ratificata, per cui la costituzione è stata bocciata. Anche nel caso del trattato di Lisbona all’inizio le regole erano che tutti i paesi avrebbero dovuto ratificarlo, altrimenti sarebbe decaduto. Eppure quando gli irlandesi hanno votato “no”, abbiamo deciso di andare avanti e farli votare nuovamente.

Se vogliamo realmente sondare la volontà della gente, suggerisco al governo britannico di rispettare il suo impegno programmatico e indire un referendum sul trattato di Lisbona.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, gli irlandesi sarebbero indubbiamente sciocchi se seguissero l’ala scettica del partito conservatore britannico. Posso garantire al collega Hannan che gli irlandesi non la seguiranno e non la hanno mai seguita.

La sua agenda non guarda neanche agli interessi della Gran Bretagna, guarda soltanto a quelli del partito conservatore. E’ un peccato che un paese che ci ha dato Winston Churchill abbia mandato in Parlamento persone che antepongono i propri piccoli interessi a quelli del popolo britannico e dell’Europa.

E’ strano vedere conservatori britannici fare comunella con il partito Sinn Fein astensionista. Nessuno di loro era in questa Camera oggi o ieri. In Aula non si presentano e non partecipano alle commissioni parlamentari. Non so come possano ottenere stipendi e rimborsi, ma hanno detto alla Camera che approvare questa e altre relazioni sarebbe stata la peggiore sciagura di questo mandato parlamentare, eppure non sono neanche venuti a votare. Che vergogna!

 
  
  

- Relazione Masip Hidalgo (A6-0285/2009)

 
  
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  Robert Evans (PSE).(EN) Signor Presidente, dopo 15 anni questo sarà il mio ultimo intervento dinanzi al Parlamento europeo e penso che vi siano pochi argomenti più importanti dell’intera questione dell’asilo e del modo in cui i paesi europei raccolgono la sfida.

Al problema non esiste una risposta semplice. Se esistesse, alcuni paesi l’avrebbero ormai trovata. In realtà, mi permetto di suggerire che l’unico modo per ridurre il numero di disperati alla ricerca di rifugio o asilo in un paese che non è il proprio consiste nell’affrontare le cause che li costringono a lasciare le loro case e i loro paesi di origine. Per questo è importantissimo per noi, nell’Unione europea e in tutti i paesi democratici sviluppati, offrire consulenza, assistenza e sostegno, anche economico, ai paesi colpiti da guerre, violenze interne, violazioni dei diritti umani e discriminazioni.

Parimenti dobbiamo affrontare la povertà nel mondo che concorre ad aumentare le pressioni migratorie. Non dobbiamo mai condannare coloro che sono costretti a chiedere asilo o lo stato di rifugiato. Dobbiamo invece offrire solidarietà e sostegno. Questa è oggi la nostra sfida.

 
  
  

- Relazione Lambert (A6-0279/2009)

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, il diritto di controllare le proprie frontiere è un attributo distintivo della statualità e la concessione di diritti di residenza o nazionalità è una caratteristica tipica della nazionalità. Se li trasferiamo a livello europeo, trattiamo l’Unione come giurisdizione unica con proprie frontiere esterne e altre prerogative della nazionalità. Non è stato conferito alcun mandato in merito: nessuno ha votato per la creazione di un ufficio europeo di sostegno per l’asilo. Ovviamente ciò che stiamo facendo è creare altra burocrazia che avrà il preciso interesse di proseguire negli anni l’armonizzazione della politica a livello europeo con o senza sostegno popolare.

Mi corre poi l’obbligo di rispondere, su un tema diverso, alle parole dette dall’onorevole Mitchell, rappresentante di Dublino, un attimo fa al mio indirizzo. Mi ha buttato in faccia Winston Churchill sottolineando quanto vergognoso sia che il partito Churchill abbia mandato a Strasburgo persone come me.

Concluderò dunque il mio intervento citando sul tema proprio Churchill, il quale una volta ha detto che abbiamo il nostro sogno e il nostro compito. Siamo con l’Europa, ma non parte di essa. Siamo legati, ma non congiunti. Siamo interessati e coinvolti, ma non assorbiti. E se gli uomini di Stato si dovessero rivolgere a noi usando l’antica formula “Intercedo per te presso il Re o il Capitano dell’esercito?”, con la donna sunamita risponderemmo “No, signore, perché dimoriamo tra le nostra gente””.

 
  
  

- Relazione Hieronymi (A6-0260/2009)

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE).(FI) Signor Presidente, vorrei segnalare molto brevemente che ho votato a favore della relazione Hieronymi. Vorrei inoltre ringraziare l’onorevole Hieronymi per aver svolto un lavoro eccellente nella commissione per la cultura e l’istruzione per quanto concerne il settore audiovisivo. So che lascerà l’attività parlamentare e questa è la sua ultima relazione per noi in Parlamento, perlomeno per un po’.

E’ molto importante che la componente audiovisiva del programma MEDIA Mundus venga ampliata in maniera da renderla accessibile anche ai paesi terzi, compresi gli Stati africani. Questo è un modo per estendere la collaborazione, ma è anche una forma eccellente di cooperazione allo sviluppo e una maniera per incoraggiare tali paesi ad avanzare verso una vita migliore e un migliore sviluppo, oltre che uno strumento con il quale assumerci una responsabilità etica, come è giusto, nei confronti delle nazioni africane. Più di tutto, però, questo mio intervento vuole essere un ringraziamento all’onorevole Hieronymi per il suo splendido lavoro.

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0274/2009)

 
  
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  Neena Gill (PSE).(EN) Signor Presidente, intervengo a sostegno della relazione Costa. Sono però preoccupata e volevo richiamare l’attenzione della Camera sul modo in cui si sfruttano disposizioni come questa per soffocare la concorrenza anziché proteggere le compagnie aeree, scopo di questa legislazione.

Non è raro che le compagnie aeree si accaparrino bande orarie negli aeroporti. Consentitemi di citare un esempio, quello dell’aeroporto di Birmingham nella mia circoscrizione. Ebbene Air India ha sospeso i voli diretti per Amritsar, un servizio molto utilizzato e redditizio cancellato lo scorso ottobre, obbligando i clienti a effettuare inutili spostamenti con i fastidi che ne derivano per recarsi in altri europeo. Motivo? Air India non voleva perdere le sue preziosissime bande orarie a Heathrow. Lascia veramente amareggiati il fatto che vi siano tante altre compagnie aeree disposte a occupare quelle bande orarie, non in grado di farlo perché Air India le tiene ben strette.

A seguito di tutto questo spero che si riesca a garantire che le compagnie aeree non occupino inutilmente alcune bande orarie. La Commissione deve essere vigile e la presente legislazione non va utilizzata in modo improprio. Non è questione di essere sospettosi: è infatti probabile che il consumatore si ritroverà con poche alternative preziose.

 
  
  

- Proposta di risoluzione B6-0261/2009 (Moldova)

 
  
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  Daniel Petru Funeriu (PPE-DE).(RO) Signor Presidente, ora la situazione della Repubblica moldova è chiara. Abbiamo un partito comunista che si sta comportando esattamente nella stessa maniera dei partiti comunisti di stampo sovietico che hanno schiavizzato metà Europa nel XX secolo. Abbiamo un’opposizione ispirata alla democrazia che lotta per una Repubblica moldova attaccata a valori europei.

La risoluzione sulla quale oggi abbiamo votato trasmette un segnale politico potente a Chişinău, ma tale segnale deve essere chiaramente sostenuto da azioni specifiche da parte della Commissione e del Consiglio. Mi rivolgo dunque alla Commissione europea affinché collabori attivamente con l’opposizione democratica di Chişinău al fine di trovare modi efficaci per rafforzare la consapevolezza democratica nella Repubblica moldova. La maniera più efficace per farlo, a mio parere, consiste nell’abolire i requisiti di visto per i cittadini provenienti dalla Repubblica moldova che giungono nella Comunità.

Vorrei dire con chiarezza al Consiglio che non dobbiamo farci illusioni. La chiave per la democratizzazione della Moldova e ancora in mani moscovite. L’Unione europea deve agire per ridurre tale influenza. E, di fatto, la storia dimostra che tali azioni devono essere energiche. I cittadini della Repubblica moldova si aspettano dall’Unione europea esattamente ciò che si aspettavano dall’Occidente i cittadini dell’Europa orientale prima del 1989.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(LT) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione sulla situazione nella Repubblica moldova perché il 5 aprile sono stata una degli osservatori internazionali che hanno monitorato le elezioni parlamentari nel paese. Noi tutti abbiamo assistito ai sollevamenti verificatisi dopo le elezioni nel paese, ma a un mese di distanza penso che sia particolarmente importante sottolineare nuovamente che le relazioni tra Unione europea e Repubblica moldova devono continuare a svilupparsi perché questo è ciò che vogliamo in quanto ricerchiamo una maggiore stabilità in Europa, una maggiore sicurezza e un maggior benessere combattendo contro nuove linee di separazione.

Tuttavia, la cooperazione tra Unione europea e Repubblica moldova deve procedere di pari passo con un impegno chiaro e autentico da parte delle istituzioni che governano il paese a lottare per la democrazia e rispettare i diritti umani.

 
  
  

- Relazione Obiols i Germà (A6-0264/2009)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(LT) Signor Presidente, sono veramente lieta per l’esito della votazione in merito alla risoluzione concernente la relazione sulla situazione globale dei diritti umani nel 2008, così come mi compiaccio particolarmente per la posizione dimostrata dal Parlamento all’atto del voto sul secondo emendamento riguardante Papa Benedetto XVI.

Ritengo che la lingua, le proposte e la terminologia contenute in detto emendamento siano assolutamente inaccettabili e mi risulterebbe difficile immaginare una situazione in cui questo Parlamento concluda la propria legislatura adottando una dichiarazione che condanna Papa Benedetto XVI per le sue dichiarazioni e gli insegnamenti della chiesa.

Mi complimento quindi con il Parlamento per aver adottato il documento, testo importante sulla situazione globale dei diritti umani nel 2008 che sottolinea i problemi principali: pena capitale, tortura, comportamento disumano e brutale, situazione dei difensori dei diritti umani, situazione dei diritti delle donne e dei minori, nonché molti altri aspetti.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, sono molto grato alla Camera per aver respinto lo scandaloso attacco sferrato al Papa dai liberali. Tale dichiarazione, anche se formulata con le parole indubbiamente più ponderate dell’onorevole Graf Lambsdorff, sarebbe stata comunque scandalosa. Devo dire con chiarezza che in quest’Aula si stanno compiendo tentativi per porre la massima autorità morale del XXI secolo, che va ben oltre i miliardi di cattolici sostenendo l’Europa e il mondo intero, sullo stesso piano di torturatori, dittatori e violatori di diritti umani. Si tratta di tentativi inauditi che perseguiteranno il gruppo liberale e l’intero FDP tedesco.

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, ogni qual volta discutiamo di diritti dell’uomo sembra che parliamo di un’Unione europea virtuale, un’Unione che esiste soltanto nelle risoluzioni parlamentari, nei comunicati stampa della Commissione, nei comunicati del Consiglio. E’ quella meravigliosa, pacifica Unione dove i diritti dell’uomo sono rispettati, che diffonde i nostri valori non attraverso bombe a frammentazione, bensì attraverso intese commerciali e accordi di partenariato.

Credo che sia nostro dovere tuttavia fare un passo indietro e chiederci dove sia questa Unione europea nel mondo reale. Nel mondo reale, Bruxelles cerca di vendere armi al regime comunista di Pechino isolando Taiwan, fa comunella con gli ayatollah di Teheran, si rifiuta di fare affari con i dissidenti anti-Castro a Cuba e cerca di incanalare soldi verso Hamas, gestisce protettorati – o satrapie come venivano chiamate ai tempi ottomani – in Bosnia e Kosovo e all’interno delle sue frontiere ignora la volontà espressa dai cittadini ai referendum.

Forse quando nell’Unione europea rispetteremo il diritto fondamentale di poter cambiare il governo alle urne e modificare la politica pubblica con il voto, conquisteremo quell’autorità morale necessaria per dare lezioni ad altri.

 
  
  

- Relazione Pagano (A6-0262/2009)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, uno dei problemi che preoccupa molti miei elettori a Londra è la grave erosione delle libertà civili alla quale abbiamo assistito in Gran Bretagna con il governo laburista dal 1997. Ma ciò che li preoccupa maggiormente è la grave erosione delle libertà civili che si sta manifestando a livello comunitario. Molti trattati, come quello di Prüm, hanno destato notevole inquietudine. Fortunatamente, una recente sentenza della Corte di giustizia europea ha obbligato il governo britannico a riconsegnare dati e profili di persone risultate innocenti, mentre il governo voleva trattenerli.

La decisione del governo britannico di eliminare i profili delle persone innocenti soltanto una volta trascorsi almeno sei anni dimostra però il suo scarso riguardo per le nostre libertà mettendo in luce che in Gran Bretagna l’“innocenza fino a prova contraria” viene trattata come uno slogan facilmente accantonabile anziché un precetto fondamentale della nostra società. Come se non bastasse il fatto che a questa enorme quantità di dati e informazioni personali hanno accesso le forze di polizia britanniche, vi avranno accesso anche altri governi europei.

Il trattato di Prüm è stato forzosamente introdotto nel diritto comunitario senza un idoneo scrutinio democratico. Si è pensato che più 3,5 milioni di persone ora avrebbero potuto sparpagliare le proprie informazioni personali in tutta l’Unione. Questo infonderà fiducia in ben pochi.

 
  
  

- Relazioni Dehaene (A6-0142/2009) e Brok (A6-0133/2009)

 
  
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  Christopher Heaton-Harris (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, so che quest’Aula non ha molto l’idea di ciò che effettivamente vogliono gli europei preferendo piuttosto dire loro quello che riteniamo che dovrebbero volere. Non sono gentile, lo so; penso che gli eurodeputati sappiano in realtà cosa vogliono i nostri elettori e come percepiscono l’Europa. Tuttavia, a molti di noi semplicemente non importa.

Non importa ascoltare le minoranze che ritengono che l’Unione europea si stia dirigendo nella direzione sbagliata, sicuramente non importa di tener conto dei voti espressi contro di noi in tutta l’Unione europea nei referendum. Non importa se otteniamo quello che vogliamo attraverso i governi – come quello del Regno Unito – mentendo all’elettorato, ottenendo un falso mandato, promettendo un referendum su tali argomenti e poi rinnegando la promessa fatta. Quello che qui importa è il tempo. Come mai? Come mai questa grande corsa alla ratifica del trattato di Lisbona nei 27 Stati membri? La risposta è semplicissima: per negare ai britannici la possibilità di esprimersi in merito.

Lascio oggi questa Camera, per tornare auspicabilmente al mio parlamento nazionale, la Camera dei comuni, in rappresentanza dei cittadini di Woodford Halse, Daventry, Long Buckby, Guilsborough, Brixworth, Earls Barton e altri luoghi della circoscrizione nota come Daventry. Esistono persone che ne hanno abbastanza di essere state ignorate dall’attuale governo britannico, da questo Parlamento e dalla Commissione europea. Se dovessi sedere nella Camera dei comuni, non mi darò pace finché i miei elettori non avranno potuto esprimere il proprio pensiero su questo trattato. Fortunatamente sono portato a pensare che nel Regno Unito si voterà relativamente presto. Pertanto, affrettatevi quanto vi pare qui, i britannici avranno la loro da dire.

 
  
  

- Relazione Brok (A6-0133/2009)

 
  
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  Glyn Ford (PSE).(EN) Signor Presidente, vorrei spiegare il mio voto in merito alla relazione Brok: in primo luogo si tratta di un omaggio reso al lavoro svolto dall’onorevole Brok presso la nostra istituzione, in secondo luogo dimostra il mio sostegno alla ratifica del trattato di Lisbona, ma, aspetto più importante, esorta il mio governo, nel momento in cui il trattato di Lisbona sarà ratificato e disporremo di un seggio in più per il Regno Unito, ad assegnare quel seggio al popolo di Gibilterra.

Sono fiero di aver rappresentato Gibilterra negli ultimi cinque anni in questo Parlamento e lieto di proseguire in tale impresa. Onestamente, però, devo dire che è difficile per i sette membri eletti a rappresentare Gibilterra rendere pienamente giustizia a tutti i problemi che vengono sottoposti alla nostra attenzione: diritti dell’uomo, denunce di irregolarità, pensioni, inquinamento transfrontaliero e, come è ovvio, relazioni bilaterali con la Spagna.

Alcuni asseriscono che i numeri non contano. Sarebbe troppo concedere un seggio a Gibilterra. Ebbene per molti anni in questo Parlamento la Danimarca ha concesso un seggio alla Groenlandia. La Groenlandia ha grossomodo il doppio della popolazione di Gibilterra. La Danimarca ha concesso l’8 per cento dei suoi seggi a 50 000 persone. Chiedo al governo britannico di concedere meno dell’1,5 per cento dei suoi ai 26 000 gibilterriani.

 
  
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  Daniel Hannan (NI).(EN) Signor Presidente, in 10 anni di vita parlamentare ho sentito ogni forma di ipocrisia, ma penso di non aver mai udito tante sciocchezze allo stato puro come quelle pronunciate ieri nella discussione su questa relazione da paleofederalisti come gli onorevoli Brok e Corbett, false parole ripetute all’esasperazione in merito alla sovranità dei parlamenti nazionali come se realmente se ne preoccupassero.

La sovranità di un parlamento è la sintesi della sovranità di un popolo. Non è lì a garantire i privilegi dei parlamentari nazionali. Quando eleggiamo un parlamento, gli affidiamo la salvaguardia delle nostre libertà per un periodo temporaneo e contingente. I parlamentari nazionali non hanno il diritto di imporre deroghe permanenti a tali libertà senza tornare dal popolo a domandargli un esplicito mandato.

Sono 646 i membri del parlamento nel Regno Unito. Ebbene 638 di loro sono stati eletti sulla base della promessa esplicita che avrebbero indetto un referendum sulla costituzione europea prima di ratificarla. Quando sentiamo dire che la costituzione europea ora è legale perché tutti questi parlamentari la hanno avvallata, non è certo il principio del referendum a esserne invalidato, bensì il principio della democrazia rappresentativa in quanto tale.

Se vogliamo ridare onore, significato e scopo ai nostri attuali sistemi di governo rappresentativo, dovremmo avere fiducia nei cittadini e concedere loro il referendum promesso. Pactio Olisipiensis censenda est!

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Rouček (A6-0225/2009)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione sull’integrazione della dimensione del genere nelle relazioni esterne dell’Unione europea. Per le donne l’integrazione del genere nella politica, specialmente nelle relazioni esterne e nella diplomazia, è fondamentale per un’attuazione riuscita delle politiche esterno dell’Unione, anche in materia di assistenza, sviluppo, allargamento, politica di vicinato, risoluzione dei conflitti, sicurezza, costruzione della pace e commercio internazionale.

Nonostante un certo numero di documenti politici adottati a livello comunitario sulla parità di genere e i diritti delle donne, l’impegno pratico al riguardo è ancora debole e le risorse di bilancio stanziate specificamente per le questioni di genere sono insufficienti. E’ importante sottolineare che l’integrazione della dimensione del genere richiede non soltanto dichiarazioni politiche di alto livello, ma anche la volontà politica della leadership dell’Unione e degli Stati membri.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici al Parlamento europeo appoggiano pienamente una politica di pari opportunità e non discriminazione nei confronti delle donne in tutti gli ambiti della vita pubblica e commerciale. Tale documento, tuttavia, è eccessivamente prescrittivo nel suo approccio e cerca di gestire capillarmente tutti gli ambiti dell’azione esterna, per esempio creando un istituto comunitario per la parità di genere senza riconoscere i passi compiuti da tutte le istituzioni comunitarie per mettere a disposizione ogni opportunità al loro personale di sesso femminile. La relazione parla di suggestivi criteri di riferimento e obiettivi di quote per tutto fuorché il nome propugnando un dispiegamento di donne nelle missioni della PESD senza chiarirne lo stato di combattenti. I conservatori britannici si sono pertanto astenuti.

 
  
  

- Relazione: Leinen (A6-0145/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Oggi il Parlamento ha votato su una relazione concernente il suo nuovo ruolo e le sue nuove responsabilità nell’attuazione del trattato di Lisbona. La relazione riunisce i pareri di varie commissioni in merito i cambiamenti che deriveranno da tale trattato accogliendo con favore il fatto che il Parlamento avrà più influenza sul lavoro legislativo dell’Unione.

Abbiamo deciso di votare a favore della relazione perché il Parlamento europeo deve prepararsi a essere in grado di dare concreta applicazione ai cambiamenti che si verificheranno nel suo lavoro se il trattato di Lisbona dovesse entrare in vigore. I nostri voti, però, non vanno visti in alcun modo come un’anticipazione arbitraria sui processi di ratifica dei singoli Stati membri. Rispettiamo infatti pienamente il diritto di ciascuno Stato membro di decidere per sé se ratificare o meno il trattato.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Il parlamento europeo non ha alcun ruolo né alcuna responsabilità in termini di attuazione del trattato di Lisbona. Perché no? Perché il trattato non è entrato in vigore: in realtà, è stato completamente respinto dall’elettorato irlandese lo scorso anno. Pertanto, parlare di nuovi ruoli e nuove responsabilità del Parlamento europeo nell’attuazione del trattato di Lisbona è estremamente arrogante e sintomatico dell’impenetrabilità istituzionale all’opinione democratica che caratterizza l’Unione europea.

Spero che quando gli irlandesi andranno alle urne più avanti nel corso dell’anno respingano nuovamente il trattato. Il leader del mio partito, il partito conservatore, David Cameron, si è impegnato a indire un referendum nazionale sul trattato di Lisbona qualora non dovesse già essere entrato in vigore. Spero dunque che i britannici possano avere l’opportunità di conficcare l’ultimo chiodo nella bara di questo infelice trattato. I conservatori britannici credono in una visione molto diversa dell’Unione rispetto a quella rappresentata dal trattato di Lisbona e stiamo appunto creando un nuovo gruppo politico presso il Parlamento che si faccia portavoce del nostro pensiero.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Leinen. La relazione espone un’analisi dettagliata dei nuovi poteri del Parlamento europeo alla luce del trattato di Lisbona, specialmente i nuovi poteri di codecisione, i nuovi poteri di bilancio, la nuova procedura di approvazione, i nuovi poteri di scrutinio, i nuovi diritti di informazione e i nuovi diritti dei cittadini.

Il risultato finale è che il Parlamento europeo rafforzerà i propri poteri, soprattutto in materia di codecisione, e accrescerà la propria capacità di influire sul processo decisionale migliorando dunque la legittimazione democratica dell’Unione europea.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente risoluzione fa parte di un pacchetto di cinque risoluzioni oggi adottate dal Parlamento che dimostra il massimo sprezzo per la volontà sovranamente e democraticamente espressa da francesi, olandesi e irlandesi, i quali hanno rifiutato la costituzione europea e il cosiddetto trattato di Lisbona. Essa fa dunque parte anche del processo antidemocratico e della campagna condotta per imporre questo inaccettabile progetto di trattato.

Con totale sprezzo per la volontà democratica espressa da questi popoli e per le disposizioni contenute negli stessi trattati, che destra e socialdemocratici uniti hanno adottato, si stanno obbligando gli irlandesi a votare a un nuovo referendum (impedendo nel contempo ad altri di essere consultati nella stessa maniera). Aumentano inoltre le pressioni e le interferenze per costringere ad accettare il trattato, che rafforzerà il federalismo, il neoliberalismo e il militarismo dell’Unione.

Così è fatta la nostra democrazia europea ipocrita e cinica. Le stesse persone che, ignorando quanto è stato detto (come il partito socialista portoghese e il partito socialdemocratico portoghese), hanno negato al proprio popolo un dibattito e una consultazione popolare attraverso un referendum sul trattato di Lisbona proposto e che rispettano unicamente la volontà popolare quando è in linea con le loro idee, ora chiedono ai cittadini di tutti gli Stati membri dell’Unione di riporre fiducia in loro e votarli alle imminenti elezioni europee…

Che impudenza…

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il trattato di Lisbona, identico al 96 per cento al progetto di trattato costituzionale, è stato respinto al referendum in Irlanda. Prima di ciò, il progetto di trattato costituzionale era stato rifiutato ai referendum indetti in Francia e nei Paesi Bassi.

La maggioranza di questo Parlamento si rifiuta di riconoscere le proprie sconfitte politiche. E’ un crimine oltraggioso contro i principi democratici e un esempio parimenti oltraggioso di arroganza del potere che caratterizza la cooperazione nell’Unione europea.

La relazione Leinen sui nuovi ruoli del Parlamento europeo prevede passi verso gli Stati Uniti d’Europa, come implicitamente vorrebbe il trattato di Lisbona, e propone anche che l’Unione agisca anche nel campo dell’istruzione, dello sport, eccetera.

Sarebbe stato meglio se la relazione avesse invece affrontato il problema della mancanza di legittimazione democratica di questo Parlamento. Ancora una volta andiamo alle elezioni con un’affluenza alle urne preannunciata molto bassa. L’elettorato negli Stati membri si sente ancora poco coinvolto nel Parlamento supercentralista. Fintantoché i dibattiti politici della democrazia rappresentativa saranno incentrati sulle elezioni ai parlamenti nazionali, saranno i parlamenti nazionali a dover svolgere il ruolo di massimo organo decisionale nell’Unione, non il Parlamento europeo.

Ho votato contro il progetto di relazione.

 
  
  

- Relazione Guy-Quint (A6-0183/2009)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Perché stiamo parlando del trattato di Lisbona visto che deve ancora entrare in vigore? Perché stiamo di fatto ignorando la volontà democratica degli irlandesi che hanno votato contro il trattato un anno fa? La ragione, ovviamente, è che l’Unione si preoccupa assai poco dell’opinione democratica ed è determinata a procedere rapidamente verso un’unione ancora più compatta nonostante l’assenza di una legittimazione popolare. Gli elettori irlandesi saranno nuovamente chiamati a votare sul trattato soltanto perché l’Unione non accetta una risposta negativa.

Il chiasmo tra l’Unione e i suoi cittadini si accentua costantemente. Fare riferimento al trattato di Lisbona come se fosse un fatto della vita non fa altro che rafforzare il deficit democratico. Per questo motivo e molti altri sono lieto che i conservatori britannici faranno parte di un nuovo raggruppamento politico per il prossimo mandato parlamentare dedicato alla riforma dell’Unione sfidando l’ortodossia prevalente di un’unione ancora più compatta che si è dimostrata molto impopolare e ha arrecato notevole danno nella mia regione del nord-est dell’Inghilterra.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sugli aspetti finanziari del trattato di Lisbona che descrive la forma che assumerà la procedura di bilancio se il trattato entrerà in vigore.

Non appoggiamo i passaggi della relazione in cui si afferma che l’Unione debba avere risorse proprie attraverso un potere di imposizione fiscale. Parimenti siamo contrari alla creazione di meccanismi di flessibilità.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il trattato di Lisbona, identico al 96 per cento al progetto di trattato costituzionale, è stato respinto al referendum in Irlanda. Prima di ciò, il progetto di trattato costituzionale era stato rifiutato ai referendum indetti in Francia e nei Paesi Bassi.

La maggioranza di questo Parlamento si rifiuta di riconoscere le proprie sconfitte politiche. E’ un crimine oltraggioso contro i principi democratici e un esempio parimenti oltraggioso di arroganza del potere che caratterizza la cooperazione nell’Unione europea.

Non ritengo che il Parlamento europeo debba esercitare una maggiore influenza sul bilancio dell’Unione. Durante il mio mandato parlamentare, ho riscontrato di volta in volta come la maggioranza federalista intenda elargire liberamente sovvenzioni per ogni genere di cosa da progetti culturali a sostegno strutturale e maggiore burocrazia comunitaria. Secondo la maggioranza del Parlamento europeo, tutti i diversi gruppi di interesse nell’ambito della politica regionale, del settore della pesca e dell’agricoltura devono avere una fetta della torta comunitaria. In alcuni casi la spesa è soltanto uno sfoggio di pubbliche relazioni. Questa politica di spesa liberale viene condotta dall’Unione in un momento di crisi finanziaria in cui gli Stati membri devono tagliare la propria nel campo della sanità, dell’istruzione e del welfare.

Aspetto ancora più importante, è una fortuna che il Parlamento europeo sinora non abbia avuto un’influenza troppo grande sulla politica agricola dell’Unione. Se cosi fosse stato, l’Unione avrebbe finito per impantanarsi in una politica di protezionismo e pesanti sovvenzionamenti ai vari gruppi del settore agricolo.

Ho votato contro la relazione.

 
  
  

- Relazione Dührkop Dührkop (A6-0280/2009)

 
  
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  Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici hanno votato contro il pacchetto sull’asilo perché in questo campo crediamo nella cooperazione e non crediamo in un approccio comunitarizzato alla politica di asilo e immigrazione. Siamo convinti che per noi la protezione delle frontiere nazionali resti un elemento fondamentale della politica pubblica a livello nazionale.

 
  
  

- Relazione Masip Hidalgo (A6-0285/2009)

 
  
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  Carl Lang e Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) Una quindicina di giorni fa il Parlamento europeo ha adottato una relazione su una politica di immigrazione comune per l’Europa aprendo in tal modo la via a quanto la Commissione europea aveva già programmato: l’immigrazione di massa. Oggi è il turno dei richiedenti asilo; l’idea è creare un’“Europa dell’asilo”.

In realtà l’obiettivo manifestamente dichiarato è garantire standard superiori di trattamento ai richiedenti asilo per quanto concerne le loro condizioni di accoglienza. Ciò significa non soltanto standardizzare le condizioni minime di accoglienza tra tutti gli Stati membri, ma anche fornire sostegno ai richiedenti asilo affinché si stabiliscano in massa.

A tal fine, l’ambito di applicazione della futura direttiva sarà esteso a tutti coloro che legalmente o illegalmente entrano nel territorio dell’Unione europea. Le restrizioni amministrative esistenti negli Stati membri per quel che riguarda l’accesso al mercato del lavoro dovranno essere completamente abolite. Lo Stato membro ospitante dovrà offrire assistenza sociale, medica, psicologica, nella ricerca degli alloggi, oltre che beninteso assistenza legale. Il diniego di tale assistenza potrebbe essere oggetto di indagini, ricorsi… cosa che spesso non accade neanche per i cittadini dello Stato in questione…

Adottando questa seconda fase del “pacchetto asilo”, Bruxelles sta agevolando e incoraggiando l’immigrazione globale in Europa.

Ci opporremo sempre a questa visione internazionalista il cui solo scopo puro e semplice è distruggere i popoli e le nazioni d’Europa.

 
  
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  Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) Per l’ultima votazione di questo mandato parlamentare ci viene chiesto di esprimere il nostro verdetto sul pacchetto asilo. Ciò segna la fine di un processo condotto per tutta la legislatura. Sebbene si siano compiuti progressi, le differenze tra gli Stati membri per quanto concerne il riconoscimento dello stato di rifugiato purtroppo permangono. Lo dimostrano i limiti che emergono dalla direttiva sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo. Sono nuovamente gli Stati membri a essere in prima fila a discapito dell’unità europea necessaria in tale ambito. Spero che durante la prossima legislatura, in seconda lettura, saremo capaci di rovesciare questo stato di cose per creare un vero diritto europeo in materia di asilo che garantisca una reale protezione a uomini e donne particolarmente vulnerabili.

 
  
  

- Relazione Hennis-Plasschaert (A6-0284/2009)

 
  
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  Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Noi conservatori oggi abbiamo votato a favore della relazione Hennis-Plasschaert A6-0284/2009 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

Siamo consapevoli del fatto che il notevole afflusso di persone via mare attraverso il Mediterraneo pone in una situazione difficile alcuni paesi più piccoli lungo la costa meridionale dell’Unione, comprendiamo tali difficoltà e ci rendiamo conto che occorre intervenire per risolvere la situazione.

E’ importante che il cosiddetto meccanismo di sospensione non sia formulato in maniera da creare il rischio di disincentivare gli Stati membri dal migliorare lo standard del processo di accoglienza e asilo, cosa che sarebbe contraria all’idea fondamentale che ispira il regolamento comune.

 
  
  

- Relazioni Masip Hidalgo (A6-0285/2009) e Hennis-Plasschaert (A6-0284/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Noi socialdemocratici accogliamo favorevolmente qualunque iniziativa che migliori la situazione dei richiedenti asilo e di chi è privo di documenti. Sosteniamo una politica di asilo e immigrazione comune generosa, incentrata sulle esigenze delle persone, nel rispetto degli impegni assunti dagli Stati membri con la convenzione di Ginevra. Sebbene il “pacchetto asilo” comporti l’attuazione di alcuni elementi positivi, abbiamo però deciso di votare contro le relazioni degli onorevoli Hennis-Plasschaert e Masip Hidalgo.

I socialdemocratici sono contrari a una politica per l’asilo e l’immigrazione condotta da una maggioranza del Parlamento tendente a destra. Prendiamo in particolare le distanze dalla questione dell’informazione verbale da non darsi in una lingua che comprendono, una detenzione che non deve avvenire nell’ambito della convenzione di Ginevra e una visita medica per accertare l’età, oltre che beninteso dalla questione dell’assistenza legale gratuita. Riteniamo altresì deplorevole che la destra non intenda garantire ai richiedenti asilo il diritto di accedere al mercato del lavoro entro sei mesi.

 
  
  

- Relazione Lambert (A6-0279/2009)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La creazione di questo ufficio è un ennesimo passo verso una politica comunitaria comune in materia di asilo che respingo totalmente. Personalmente credo che spetti ai parlamentari eletti e ai ministri responsabili britannici decidere chi possa entrare nel Regno Unito, non all’Unione europea.

Affidare all’Unione il controllo della politica di asilo e immigrazione sarebbe profondamente controproducente per il nostro interesse nazionale e ci esporrebbe potenzialmente a rischi maggiori in termini di terrorismo e criminalità organizzata.

I progressi compiuti verso una politica comune in materia di asilo e immigrazione sono un altro segnale della volontà dell’Unione di creare un’unica entità politica con regole uniformi per tutti. Questa non è la visione che i conservatori britannici hanno dell’Unione e promuoveremo una visione molto diversa della Comunità quando costituiremo un nuovo raggruppamento politico per la prossima legislatura.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Tutte le relazioni concernenti l’asilo oggi votate offrono un’interpretazione lassista e ampia del diritto di asilo che è in ultima analisi pregiudizievole per coloro che realmente hanno bisogno di protezione internazionale per salvare la propria vita, la propria incolumità fisica e la propria libertà.

I nuovi diritti sociali, economici, familiari e di altra natura che si vorrebbe che gli Stati membri concedessero ai richiedenti asilo fungeranno da calamita per tutti i presunti immigranti economici, sovraccaricheranno ulteriormente i servizi responsabili di questi problemi e rallenteranno ancor più l’esame delle pratiche. Tutto questo perché ci si è ripetutamente rifiutati di tener conto degli abusi e delle violazioni procedurali e perché si persiste nel confondere diritti e stato che si potrebbero concedere ai rifugiati con quelli che si intendono concedere ai normali richiedenti asilo.

Più inaccettabile di tutte, però, è la relazione Lambert, la quale crea un ufficio di “sostegno” europeo che avrà facoltà di distribuire i richiedenti asilo tra gli Stati membri come più gli aggrada.

Non siamo contrari alla cooperazione intergovernativa in tali ambiti, sempre che si dimostri rispetto per il diritto sovrano degli Stati membri di decidere chi può entrare nel proprio territorio e a quali condizioni, ma siamo contrari alle vostre politiche.

 
  
  

- Relazione Zwiefka (A6-0270/2009)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Zwiefka in quanto reputo molto importante istituire una procedura che consenta agli Stati membri di negoziare accordi internazionali su aspetti che sono di esclusiva competenza comunitaria nel caso in cui la Comunità abbia deciso di non esercitare la propria competenza.

In altre parole, al momento il Portogallo non può stipulare accordi internazionali per accelerare la cooperazione giudiziaria, anche su temi che riguardano divorzio e annullamento di matrimoni, perché si ritiene che la Comunità abbia parzialmente acquisito una competenza esclusiva su tali ambiti. L’odierna proposta consente alla Commissione di autorizzare la stipula di siffatti accordi, sempre che la Comunità non intenda stipulare o non abbia stipulato essa stessa un accordo sullo stesso argomento con un paese terzo. Credo che sia molto importante negoziare questo regolamento quanto prima perché è nell’interesse non soltanto dei cittadini portoghesi, ma di tutti i cittadini del resto d’Europa.

 
  
  

- Relazione Hieronymi (A6-0260/2009)

 
  
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  Marie-Hélène Descamps (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Le relazioni che si sono sviluppate tra le industrie audiovisive degli Stati membri dell’Unione e quelle dei paesi terzi devono proseguire e consolidarsi nell’interesse non soltanto dei professionisti, bensì anche dei consumatori. Il programma di cooperazione nel campo dell’audiovisivo MEDIA Mundus, oggi adottato dal Parlamento europeo, che personalmente appoggio, rientra in questo obiettivo.

Esso, infatti, crea un quadro appropriato entro il quale migliorare la competitività e la distribuzione transnazionale di opere audiovisive nel mondo. Avviato dal Parlamento europeo, il programma dovrebbe inoltre contribuire a promuovere la diversità culturale creando un reale valore aggiunto per le azioni già attuate in tale ambito dall’Unione e dagli Stati membri.

Grazie all’impegno profuso dalla nostra relatrice per pervenire a un accordo in prima lettura, presto dovrebbero profilarsi nuove opportunità commerciali offrendo ai professionisti dell’audiovisivo la prospettiva di rapporti di lavoro a lungo termine con i loro omologhi dei paesi terzi.

 
  
  

- Relazione Costa (A6-0274/2009)

 
  
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  Jim Higgins (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Ho votato contro la relazione Costa sulle bande orarie negli aeroporti per mettere in luce la totale assenza di consultazione con le autorità aeroportuali, la mancanza di ogni forma di dibattito con gli eurodeputati e la fretta con la quale si è proceduto all’elaborazione di tale legislazione. Questa misura non farebbe che esacerbare i problemi nel settore dell’aviazione.

 
  
  

- Relazione Deprez (A6-0265/2009)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Deprez. Questo regolamento istituisce una procedura per negoziare e concludere accordi bilaterali tra Stati membri e paesi terzi. Ritengo che sia molto importante introdurre una procedura che consenta agli Stati membri di negoziare accordi internazionali nei casi in cui la Comunità ha deciso di non esercitare la propria competenza.

A titolo esemplificativo, al momento il Portogallo non può stipulare accordi internazionali per accelerare la cooperazione giudiziaria, anche su temi che riguardano responsabilità parentale, obblighi di mantenimento e divorzio, perché si ritiene che la Comunità abbia parzialmente acquisito una competenza esclusiva su tali ambiti. Tale proposta consente alla Commissione di autorizzare la stipula di siffatti accordi.

Visti gli stretti legami tra il Portogallo e alcuni paesi, specialmente la comunità di Stati di lingua portoghese, e l’elevato numero di migranti portoghesi in vari paesi, è estremamente improntante, a livello di diritto di famiglia, che il Portogallo possa accelerare il riconoscimento dei diritti dei cittadini portoghesi in tali paesi sottoscrivendo o rivedendo accordi bilaterali. Benché abbia citato l’esempio del Portogallo, credo che sia parimenti importante per tutti i cittadini dell’Unione che questo regolamento sia negoziato quanto prima.

 
  
  

- Relazioni Zwiefka (A6-0270/2009) e Deprez (A6-0265/2009)

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Corte di giustizia europea ha stabilito che la Comunità ha il potere esclusivo di stipulare accordi internazionali con paesi terzi in alcuni ambiti. Secondo le stesse disposizioni, i singoli Stati membri che precedentemente hanno sottoscritto accordi bilaterali con un paese terzo o intendono sottoscriverli in futuro non possono farlo perché non ciò non è ritenuto compatibile con il trattato CE. In casi eccezionali, però, l’Unione può autorizzare lo Stato membro in questione a concludere accordi bilaterali, ammesso che la Comunità non abbia interesse a stipulare tali accordi con il paese terzo, lo Stato membro abbia un particolare interesse per l’accordo in questione ed esso non incida negativamente sul diritto comunitario.

Junilistan è a favore della realizzazione del mercato interno e sostiene il lavoro di ricerca di soluzioni a livello comunitario per le sfide ambientali con le quali l’Unione è chiamata a confrontarsi. In tali ambiti accettiamo un certo grado di sovranazionalismo. Siamo tuttavia contrari alle misure legislative sovranazionali descritte poc’anzi. E’ ovvio che i singoli Stati membri debbono poter stipulare accordi giuridici bilaterali con paesi terzi se giudicano tali accordi migliori per loro di quelli esistenti a livello comunitario! Sebbene sia indubbiamente positivo che si proponga una qualche forma di autodeterminazione con l’introduzione di una procedura negoziale, è nondimeno poca cosa, che nulla toglie all’obiettivo chiaro, benché non esplicitamente manifestato, di creare uno Stato comunitario.

Ho pertanto votato contro la relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione B6-0261/2009 (Moldova)

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Per quel che riguarda le recenti proteste contro i risultati delle elezioni nella Repubblica moldova, il mio gruppo ha presentato una risoluzione distinta che diverge dal compromesso raggiunto dai quattro gruppi. Non vi è alcuna differenza tra le due risoluzioni rispetto al nostro invito a tenere elezioni libere e regolari, vi sono invece differenze per quanto concerne le valutazioni del governo e del partito di maggioranza del paese.

Il mio gruppo ha seguito il ragionamento che le proposte sono state organizzate da forze non democratiche che tentano di contestare il voto ripetuto per il partito comunista espresso da metà dell’elettorato. Inoltre, si è ipotizzato che le proteste siano state organizzate dal vicino della Moldova, la Romania, che vuole la sua annessione. Alla luce di ciò, la maggioranza del mio gruppo voterà contro la risoluzione comune. Personalmente, invece, voterò a suo favore.

Molti moldovi hanno chiesto la nazionalità rumena. I nostri contatti politici con il partito attualmente in carica in Moldova non ci impediscono di rispettare il desiderio di un’ampia parte della popolazione moldova di procedere con l’annessione alla Romania, desiderio alimentato dal fatto che l’opinione pubblica in molti Stati membri non appoggia ulteriori allargamenti. L’annessione alla Romania resterebbe in tal caso l’unico modo per i moldovi di accedere all’Unione.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) La Moldova sta vivendo un periodo di grandi difficoltà politiche ed economiche. Le vicende drammatiche del 5, 7 e 8 aprile nelle strade di Chişinău dopo le elezioni dimostrano che la società, soprattutto i giovani, vogliono il cambiamento e la rapida unificazione con l’Unione europea. I comunisti stanno osteggiando riforme essenziali e stanno negoziando con la Russia, sebbene ufficialmente sostengano l’avvicinamento alle strutture europee.

Dovremmo aiutare la Moldova a percorrere questa via. Un maggiore impegno dell’Unione darà al governo e al popolo del paese una maggiore certezza che l’Unione e la possibilità di aderirvi sono reali.

Il governo deve introdurre riforme fondamentali per consentire uno sviluppo politico ed economico normale, riforme che porteranno all’economia di mercato, alla democratizzazione della vita civile e al rispetto dei diritti dei cittadini.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione della Repubblica moldova. Penso infatti che sia estremamente importante che tutti i gruppi politici rivolgano attenzione e prestino adeguatamente sostegno alla questione.

In quanto membro del gruppo socialista al Parlamento europeo, sono favorevole a che l’Unione europea continui a prestare alla Repubblica moldova tutto l’appoggio di cui ha bisogno per poter realizzare il suo destino europeo in linea con le aspirazioni del suo popolo. E’ importante che la Repubblica moldova si sviluppi economicamente e offra ai suoi cittadini le condizioni di vita migliori possibili e la possibilità di concretizzare le proprie potenzialità. Credo che la Romania, membro dell’Unione europea confinante con la Repubblica moldova, debba contribuire, nel rispetto delle condizioni e sulla base di un accordo che promuova cooperazione, buoni rapporti di vicinato e rispetto reciproco, allo sviluppo economico e sociale del paese.

 
  
  

- Relazione Obiols i Germà (A6-0264/2009)

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Uno degli aspetti positivi dell’Unione europea è il modo in cui essa cerca di diffondere valori di democrazia, diritti umani e buon governo in tutto il mondo attraverso i suoi rapporti con i paesi terzi. E’ tuttavia molto ironico il fatto che l’Unione ponga un tale accento sulla democrazia altrove ignorando la democrazia al suo interno, come si evince dalla reazione al rifiuto irlandese del trattato di Lisbona.

Desidero richiamare l’attenzione su due aree del mondo. In primo luogo, l’Asia centrale. Pur riconoscendo l’importanza strategica di questa regione per l’Unione, credo che a un continuo impegno da parte sua debbano corrispondere progressi nel campo dei diritti umani e della democratizzazione in Asia centrale.

In secondo luogo, mi preme contrapporre la situazione dei diritti umani sotto l’autoritaria dittatura comunista cinese alla democrazia libera e vigorosa di Taiwan. Taiwan beneficia di uno standard eccezionalmente alto di rispetto dei diritti umani in Asia orientale e può fungere da esempio per la Cina di ciò che le società possono conseguire quando decidono con coraggio di diventare veramente libere.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La presente relazione concernente la relazione annuale sui diritti umani nel 2008 valuta lo stato delle azioni condotte nel campo dei diritti umani nel mondo ed esorta a realizzare miglioramenti in alcuni ambiti fondamentali.

In merito all’emendamento n. 2, sebbene dissenta con la citata posizione di Papa Benedetto XVI circa l’uso profilattico dei preservativi per prevenire la diffusione dell’HIV/AIDS, non posso appoggiare l’emendamento a causa della sua formulazione gratuita e imprecisa.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2008. La relazione si prefigge essenzialmente due obiettivi. In primo luogo, intende fornire una base di riferimento documentaria che renda possibilità una presa di coscienza, una discussione e una valutazione degli interventi condotti nel corso dell’anno per migliorarsi, correggersi e ampliare la propria azione in vista di futuri interventi. In secondo luogo, intende informare il pubblico più vasto possibile in merito alle iniziative intraprese dall’Unione per promuovere i diritti umani nel mondo.

Credo che sia molto importante tenere un dibattito per fissare priorità, individuare gli aspetti che necessitano di intervento a livello comunitario e aggiornare, tramite una valutazione periodica, un elenco di situazioni che richiedono particolare vigilanza.

La relazione affronta altresì il tema dei diritti delle donne dimostrando come vi sia un divario da colmare nello sviluppo di azioni e politiche specifiche a livello comunitario a favore dei diritti umani delle donne.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) E’ sufficiente dare un’occhiata al contenuto della risoluzione sulla situazione in Palestina per capire in che misura sia un esercizio inaccettabile di ipocrisia e cinismo da parte della maggioranza del Parlamento per quanto concerne i diritti umani (nel mondo).

La risoluzione non contiene una sola parola di condanna per la crudele aggressione di Israele nei confronti del popolo palestinese, che nulla può giustificare, cancellando inoltre la ferocia inflitta al popolo palestinese nella Striscia di Gaza, che la risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell’ONU ha denunciato e condannato, né contiene una sola parola di solidarietà al popolo palestinese, vittima delle più brutali violazioni dei diritti umani perpetrate dall’esercito israeliano e dal terrorismo dello Stato israeliano.

Gli aspetti della risoluzione con i quali concordiamo non possono prevalere sul fatto che fondamentalmente questa iniziativa annuale del Parlamento europeo è soltanto un perfido esercizio di manipolazione dei diritti umani usati in modo inaccettabile come arma di interferenza da parte delle principali potenze dell’Unione (e dei loro grandi gruppi economici e finanziari) contro popoli che affermano la propria sovranità e i propri diritti.

Lo ribadiamo: potete contare su di noi per la difesa dei diritti umani, ma non contate su di noi per esercizi di ipocrisia.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Ho votato per l’adozione della relazione Obiols i Germà sui diritti umani nel mondo nel 2008 e la politica comunitaria in tale ambito. Ho votato a favore perché lo scandaloso emendamento in cui si attaccava Papa Benedetto XVI è stato respinto. Se consideriamo il Papa una minaccia per i diritti umani, allora il mondo è sottosopra. Non capisco gli autori di quell’emendamento.

Vi sono purtroppo molti casi di violazione dei diritti umani nel mondo, casi che esigono il nostro impegno, la nostra condanna e il nostro intervento. La chiesa cattolica e molte altre confessioni sono nostre alleate nella lotta per garantire il rispetto della dignità umana. Attaccare il Papa è soltanto una dimostrazione di cinismo pre-elettorale e pericoloso radicalismo. E’ un peccato che alla fine di questo mandato parlamentare alcuni colleghi sia rimasti invischiati in questa circostanza imbarazzante.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Una politica estera indipendente è fondamentale per mantenere la sovranità nazionale. Le relazioni estere di ogni Stato membro devono essere sottoposte al controllo democratico. L’Unione non deve condurre una politica estera comune perché un siffatto sviluppo rischia di allontanare i cittadini dalla possibilità di ritenere i loro politici eletti responsabili delle loro azioni nei loro rapporti con i paesi stranieri.

L’odierna relazione contiene una serie di importanti dichiarazioni a sostegno di specifici aspetti dei diritti umani. In merito a questi ovviamente mi sono espresso a favore. Tuttavia, la relazione nel suo complesso è uno strumento per promuovere la posizione dell’Unione nel campo della politica estera.

Pertanto, alla votazione finale, ho scelto il “no”.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. − (DA) Riconosco l’importanza dello scopo della risoluzione, vale a dire migliorare la situazione dei diritti umani in molti paesi vulnerabili. Condivido il suo desiderio di abolire l’uso della pena capitale e migliorare la situazione di lavoro dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni non governative. Nel contempo, sono anch’io dell’idea che si debbano imporre requisiti a livello di diritti umani nei paesi con i quali l’Unione coopera.

Nondimeno, non ho potuto votare a favore della risoluzione perché sono decisamente contrario al riferimento a una tardiva ratifica del trattato di Lisbona, che è un insulto al rifiuto del trattato da parte degli irlandesi. Sono altresì contrario all’obiettivo di creare strutture comuni dotate di personale comune per l’istituzione di vere e proprie ambasciate dell’Unione. Penso infatti che l’Unione non abbia competenze in tale ambito né debba averne.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Intervengo in merito all’emendamento n. 2, che criticava la chiesa cattolica romana e il suo leader, Papa Benedetto XVI, per le posizioni espresse in merito all’uso dei preservativi, saggiamente respinto dalla Camera. Vi sono prove scarse del fatto che promuovere l’uso del preservativo realmente eviti la trasmissione dell’AIDS.

Il Papa ha però il diritto di avere una propria visione, prescindendo dal fatto che altri concordino o meno con le sue posizioni. Mi domando se questa relazione avrebbe osato criticare un leader un un’altra religione importante a livello mondiale con gli stessi toni ostili. Compito della chiesa cattolica romana è guidare i fedeli, non farsi guidare. Dovremmo più rispetto a una chiesa e una religione su cui si basano i valori della nostra Unione.

I deputati conservatori britannici sostengono standard elevati di diritti umani nel mondo, ma all’atto della votazione finale sulla relazione abbiamo in generale scelto l’astensione perché affrontava temi come i “diritti in materia di riproduzione”, che di fatto significa aborto, e la pena capitale, temi che sono questioni personali di coscienza, oltre a sostenere ambiti politici come il tribunale penale internazionale e il trattato di Lisbona in merito ai quali la posizione del nostro partito è contraria.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sono il più veemente sostenitore di diritti umani autentici e, pertanto, non ho alcuna difficoltà ad accettare molti aspetti della relazione. Sono stato personalmente responsabile dell’introduzione di un paragrafo nel quale si chiede al Consiglio e agli Stati membri di intraprendere azioni più efficaci in merito alla catastrofe in termini di diritti umani causata dal regime di Mugabe in Zimbabwe.

La relazione, però, fa riferimento continuamente e irresponsabilmente all’Unione europea come se fosse uno Stato sovrano, riferimenti che io e altri membri abbiamo tentato invano di far eliminare in sede di commissione. L’idea che singoli Stati membri debbano rinunciare alla propria prerogativa nazionale in tema di diritti umani a favore dell’Unione europea, nell’ambito delle Nazioni Unite o altrove, è assolutamente inaccettabile. Contesto anche i riferimenti gratuiti e inutili al trattato di Lisbona, al quale i conservatori e molti altri si sono coerentemente opposti. Alla votazione finale sulla relazione ho scelto pertanto l’astensione.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Gli articoli 84 e 96 della relazione affrontano la situazione dei diritti umani a Cuba. Va detto che, malgrado le pressioni internazionali, anche nel 2008 intimidazioni sistematiche, interrogatori e forme sofisticate di violenza contro le donne in bianco sono proseguite indisturbate. Diverse settimane fa il regime ha tentato in tutti i modi di impedire loro di organizzare una protesta silenziosa per il sesto anniversario dell’incarcerazione dei loro mariti. Quale segno di solidarietà, il 28 aprile 2009 è stata organizzata a Bratislava una marcia per le donne in bianco e i loro consorti. Dei 75 attivisti incarcerati sei anni fa, la cui causa è stata sostenuta da tante organizzazioni tra cui l’Unione, 54 sono ancora detenuti. Soltanto se ne monitoriamo la situazione riusciremo a farli rilasciare prima che diventino relitti umani. Non dimentichiamo che presto celebreremo il 20° anniversario della caduta del comunismo nei paesi dell’Europa centrale e orientale. Ciò che ora possiamo fare per i detenuti cubani e le loro mogli è lasciare i paragrafi sulle violazioni dei diritti umani a Cuba nel testo della relazione.

Vorrei inoltre dire qualche parola in merito all’emendamento n. 2, che critica aspramente Papa Benedetto XVI. L’emendamento diffama il capo della chiesa cattolica ponendo inoltre le sue dichiarazioni sullo stesso piano dei crimini commessi in paesi in cui si abusa della pena di morte, le persone sono torturate e uccise per aver espresso le proprie opinioni e non vi è rispetto per i diritti umani più basilari. Rifiutiamolo!

 
  
  

- Relazione Pagano (A6-0262/2009)

 
  
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  Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici credono che, sebbene la cooperazione transfrontaliera nel campo della giustizia penale sia importante, la relazione cerchi di creare uno spazio comune di giustizia a livello comunitario che comprometterebbe notevolmente le tradizioni dei paesi che basano il proprio ordinamento giuridico sul diritto consuetudinario. Non possiamo pertanto appoggiare la proposta.

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La giustizia penale è indubbiamente appannaggio degli Stati membri. Posso accettare il fatto che gli Stati membri abbiano bisogno di collaborare su questioni transfrontaliere in materia penale, ma non accetto lo sviluppo di uno spazio di giustizia penale comunitario. Estendere la cosiddetta “competenza” dell’Unione alla giustizia penale sarebbe un’ingerenza ingiustificata e inaccettabile nella sovranità britannica. La gente della mia regione, il nord-est dell’Inghilterra, vuole che il diritto penale sia formulato da parlamentari britannici responsabili e applicato da giudici britannici.

Il fatto che l’Unione cerchi di estendere i propri poteri in ambiti sinora riservati esclusivamente agli Stati membri dimostra il suo vero scopo: creare un superStato federale. Gli abitanti della mia regione non vogliono che questo accada. Respingono l’idea convenzionale di un’unione ancora più compatta e vogliono un sistema più flessibile e libero di cooperazione intergovernativa. Spero che il nuovo gruppo nel quale i conservatori britannici convergeranno per la prossima legislatura sia in grado di offrire alla maggior parte dei britannici ciò che desiderano dall’Europa.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Con il pretesto di combattere le organizzazioni mafiose e la criminalità organizzata in generale, gli eurocrati di Bruxelles intendono imporre ulteriormente le loro idee federaliste, che distruggono nazioni, popoli e identità.

Difatti, sebbene tutti sappiamo che ogni Stato membro dell’Unione ha le sue leggi, le sue tradizioni giuridiche, i suoi codici, abbiamo qui un ennesimo assalto da parte di questi fanatici eurofederalisti, espresso sotto forma di desiderio di creare una “cultura giudiziaria europea”.

Per instaurare questa cultura, si dovrebbe creare quanto segue: una scuola giudiziaria europea, un’accademia del diritto europeo per giudici, procuratori, difensori e tutti coloro che sono coinvolti nell’amministrazione della giustizia.

Che ne sarà delle scuole giudiziarie nazionali? Che ne sarà delle inestricabili differenze tra legislazioni derivanti dal diritto consuetudinario e dal diritto scritto?

Ovviamente, nessuna risposta.

In pratica, scompariranno gli interi sistemi penali e giudiziari degli Stati membri per far posto a questa armonizzazione forzata, un’armonizzazione ovviamente per difetto.

Gli apprendisti stregoni dell’Europa non hanno ancora capito una cosa; soltanto gli Stati nazione, componente principale dell’Europa, potranno arricchirla e restituirle nel mondo il posto che legittimamente le spetta.

L’Europa non deve essere costruita a spese delle sue nazioni e dei suoi popoli.

 
  
  

- Relazione Dehaene (A6-0142/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Oggi il Parlamento ha votato su una relazione concernente l’impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell’equilibrio istituzionale dell’Unione europea. La relazione propone che gli ulteriori membri ai quali Svezia e altri Stati avrebbero diritto se il trattato di Lisbona dovesse entrare in vigore siano scelti già alle prossime elezioni europee conferendo poi loro uno stato di osservatori in Parlamento. La relazione propone altresì che la nomina di un nuovo presidente della Commissione avvenga secondo il trattato di Lisbona. Ciò significa che la scelta del presidente dovrebbe rispecchiare la maggioranza politica del Parlamento europeo e la selezione del candidato dovrebbe essere preceduta da discussioni tra il Consiglio e i gruppi politici presenti in Parlamento.

Abbiamo deciso di votare a favore della relazione perché il Parlamento europeo deve prepararsi a essere in grado di dare concreta applicazione ai cambiamenti che si verificheranno nel suo lavoro se il trattato di Lisbona dovesse entrare in vigore. I nostri voti, però, non vanno visti in alcun modo come un’anticipazione arbitraria sui processi di ratifica dei singoli Stati membri. Rispettiamo infatti pienamente il diritto di ciascuno Stato membro di decidere per sé se ratificare o meno il trattato.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione concernente l’impatto del trattato di Lisbona sullo sviluppo dell’equilibrio istituzionale dell’Unione europea, relazione che appunto analizza gli effetti del trattato di Lisbona sull’equilibrio istituzionale dell’Unione sottolineando l’importanza di attuare le nuove disposizioni e procedere alle prime nomine.

La possibile entrata in vigore del trattato di Lisbona entro la fine del 2009 richiede un accordo politico tra Consiglio e Parlamento europeo per garantire che la procedura di scelta del prossimo presidente della Commissione e nomina della futura Commissione avvenga, in ogni caso, nel rispetto della sostanza dei nuovi poteri che il trattato di Lisbona conferisce al riguardo al Parlamento.

Di conseguenza, la relazione formula una serie di raccomandazioni volte a sviluppare un equilibrio istituzionale e sottolinea che il trattato di Lisbona rafforza ciascuna delle istituzioni europee nel proprio ambito di competenza.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente risoluzione fa parte di un pacchetto di cinque risoluzioni oggi adottate dalla maggioranza del Parlamento che dimostra il massimo sprezzo per la volontà sovranamente e democraticamente espressa da francesi, olandesi e irlandesi, i quali hanno rifiutato con il voto referendario la costituzione europea e il suo gemello, il cosiddetto trattato di Lisbona, ed è anche una delle tante iniziative tese a imporre questo inaccettabile progetto di trattato.

Anziché seppellire il trattato di Lisbona una volta per tutte, il Parlamento europeo adotta una nuova risoluzione che glorifica l’equilibrio istituzionale antidemocratico dell’Unione europea proposto nella risoluzione, nascondendo il fatto che, tra l’altro:

- si trasferiscono poteri sovrani del popolo portoghese alle istituzioni sovranazionali dell’Unione dominate dalle principali potenze, di cui un esempio è la gestione delle risorse biologiche marine nella nostra zona economica esclusiva;

- si estende dell’applicazione della regola della maggioranza nel processo decisionale, che rafforzerà il predominio delle principali potenze e precluderà al Portogallo la possibilità di porre un veto a decisioni contrarie all’interesse nazionale;

- si accresce il trasferimento di autorità dalle istituzioni democratiche nazionali (uniche che derivano direttamente dalla volontà democratica del popolo), di cui un esempio è il trasferimento di poteri dai parlamenti nazionali, che stanno perdendo il potere di prendere decisioni in ambiti fondamentali per trasformarsi in una sorta di organo consultivo senza diritto di veto sulle decisioni comunitarie contrarie agli interessi nazionali.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il trattato di Lisbona, identico al 96 per cento al progetto di trattato costituzionale, è stato respinto al referendum in Irlanda. Prima di ciò, il progetto di trattato costituzionale era stato rifiutato ai referendum indetti in Francia e nei Paesi Bassi.

La maggioranza di questo Parlamento si rifiuta di riconoscere le proprie sconfitte politiche. E’ un crimine oltraggioso contro i principi democratici e un esempio parimenti oltraggioso di arroganza del potere che caratterizza la cooperazione nell’Unione europea.

Vale la pena di notare che nel paragrafo 4 della relazione Dehaene si afferma (e cito): “si compiace del fatto che il trattato di Lisbona preveda che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo, fermo restando che non vi sia alcuna opposizione da parte di un parlamento nazionale, possa estendere il processo decisionale a maggioranza qualificata e la procedura legislativa ordinaria a settori in cui non si applicano ancora;”.

Nonostante il fatto che gli elettori di molti Stati membri siano evidentemente scettici in merito a un’Unione sempre più sovranazionale, la maggioranza federalista del Parlamento europea indica la possibilità di rendere l’Unione ancora più sovranazionale con il trattato di Lisbona trasferendole ancora più potere senza dover concordare un nuovo trattato.

Ho votato contro la relazione.

 
  
  

- Relazione Brok (A6-0133/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Oggi il Parlamento ha votato su una relazione concernente lo sviluppo delle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel quadro del trattato di Lisbona. La relazione accoglie con favore i nuovi poteri che saranno conferiti ai parlamenti nazionali dal trattato esplorando altresì le possibilità di futuro sviluppo delle relazioni tra Parlamento europeo e parlamenti nazionali.

Abbiamo deciso di votare a favore della relazione perché il Parlamento europeo deve prepararsi a essere in grado di dare concreta applicazione ai cambiamenti che si verificheranno nel suo lavoro se il trattato di Lisbona dovesse entrare in vigore. I nostri voti, però, non vanno visti in alcun modo come un’anticipazione arbitraria sui processi di ratifica dei singoli Stati membri. Rispettiamo infatti pienamente il diritto di ciascuno Stato membro di decidere per sé se ratificare o meno il trattato.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Brok. La relazione accoglie con favore i nuovi poteri conferiti ai parlamenti nazionali dal trattato di Lisbona e analizza le possibilità di futura collaborazione tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo.

L’adozione del trattato di Lisbona nella Repubblica ceca rappresenta un passo importante verso la sua rapida entrata in vigore. La presente relazione dimostra l’importanza di questo nuovo trattato dell’Unione europea.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Abbiamo votato contro la relazione innanzi tutto perché le manca uno scopo: il trattato di Lisbona non esiste; è stato rifiutato da tre referendum.

In secondo luogo, abbiamo votato contro perché raccomanda di subordinare i parlamenti nazionali al Parlamento europeo: quest’ultimo, forte della sua superiorità e, senza dubbio, della sua insopportabile arroganza, fornirebbe il proprio sostegno ai parlamenti nazionali, costituiti ai suoi occhi – ne sono certo – da beoti e ignoranti, nell’esame dei testi europei. Sostegno o pressione? Si autoinviterebbe alle plenarie dei parlamenti nazionali; svolgerebbe un ruolo di consulenza; influirebbe sul modo in cui i parlamenti recepiscono i testi per incoraggiare, l’uniformità; si imporrebbe per discutere i bilanci della difesa… forse indicherebbe anche il modo in cui dovrebbero controllare i governi e le loro attività in sede di Consiglio?

Da ultimo, abbiamo votato contro perché la relazione si basa su una duplice ipocrisia: i parlamenti nazionali hanno ottenuto soltanto un diritto, molto difficile da attuare e dunque inefficace, di vigilare sul rispetto del principio della sussidiarietà; tale principio è un’illusione perché molte competenze suppostamente esclusive dell’Unione sono santuarizzate e la definizione di sussidiarietà contenuta nei trattati di fatto promuove i poteri di Bruxelles.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente risoluzione fa parte di un pacchetto di cinque risoluzioni oggi adottate dalla maggioranza del Parlamento che dimostra il massimo sprezzo per la volontà sovranamente e democraticamente espressa da francesi, olandesi e irlandesi, i quali hanno rifiutato con il voto referendario la costituzione europea e il suo gemello, il cosiddetto trattato di Lisbona. ed è anche una delle tante iniziative tese a imporre questo inaccettabile progetto di trattato.

La risoluzione sullo “sviluppo delle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel quadro del trattato di Lisbona” è un esempio eloquente di mistificazione.

Il Parlamento europeo “si compiace che il trattato di Lisbona … preveda per i parlamenti nazionali diritti e doveri che rafforzano il loro ruolo nell'ambito dei processi politici dell'Unione europea”. Se la questione non fosse così seria, mi verrebbe da ridere. Il Parlamento europeo nasconde il fatto che, per quanto concerne il supposto rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali nel processo decisionale, in realtà con il trattato di Lisbona sta accadendo che questi parlamenti perdono molto di più di quanto (falsamente) guadagnano, se pensiamo al notevole trasferimento di poteri alle istituzioni dell’Unione europea. Anche la (pseudo-)vigilanza del rispetto del principio della sussidiarietà (a fronte dell’esercizio da parte delle istituzioni comunitarie dei poteri trasferiti nel frattempo all’Unione dai parlamenti nazionali) non conferisce loro alcun diritto di veto.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il trattato di Lisbona, identico al 96 per cento al progetto di trattato costituzionale, è stato respinto al referendum in Irlanda. Prima di ciò, il progetto di trattato costituzionale era stato rifiutato ai referendum indetti in Francia e nei Paesi Bassi.

La maggioranza di questo Parlamento si rifiuta di riconoscere le proprie sconfitte politiche. E’ un crimine oltraggioso contro i principi democratici e un esempio parimenti oltraggioso di arroganza del potere che caratterizza la cooperazione nell’Unione europea.

La relazione Brok elogia la convenzione che ha prodotto un progetto di trattato costituzionale, convenzione pesantemente criticata per essere stata totalmente priva di spirito democratico e controllata dall’alto dal suo presidente Giscard d’Estaing.

A mio parere, la relazione Brok avrebbero dovuto giungere alla conclusione che fintantoché i dibattiti politici della democrazia rappresentativa saranno incentrati sulle elezioni ai parlamenti nazionali, saranno i parlamenti nazionali a dover svolgere il ruolo di massimo organo decisionale nell’Unione, non il Parlamento europeo.

Ho votato contro la relazione.

 
  
  

- Relazione Kaufmann (A6-0043/2009)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Oggi il Parlamento ha votato su una relazione in cui si chiede alla Commissione di presentare una proposta di regolamento sull’iniziativa dei cittadini non appena il trattato di Lisbona verrà ratificato. Per iniziativa dei cittadini si intende che un milione di cittadini provenienti da un numero notevole di Stati membri potrà assumere l’iniziativa di chiedere alla Commissione di presentare una proposta legislativa. Ciò conferirebbe ai cittadini lo stesso diritto che ha il Consiglio di chiedere alla Commissione di formulare proposte legislative.

Abbiamo deciso di votare a favore della relazione perché il Parlamento europeo deve prepararsi a essere in grado di dare concreta applicazione ai cambiamenti che si verificheranno nel suo lavoro se il trattato di Lisbona dovesse entrare in vigore. I nostri voti, però, non vanno visti in alcun modo come un’anticipazione arbitraria sui processi di ratifica dei singoli Stati membri. Rispettiamo infatti pienamente il diritto di ciascuno Stato membro di decidere per sé se ratificare o meno il trattato.

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. − (EN) Insieme ai colleghi della delegazione laburista sostengo l’introduzione dell’iniziativa dei cittadini in caso di avvenuta ratifica del trattato di Lisbona poiché ciò rafforzerebbe i diritti di partecipazione dei cittadini al processo politico europeo e si sommerebbe al prezioso diritto già conferito loro di presentare petizioni al Parlamento.

Mi preoccupa tuttavia il fatto che le proposte dell’onorevole Kaufman possano affossare od ostacolare il processo di iniziativa dei cittadini a causa di onerosi requisiti burocratici (per esempio, il controllo di ogni firma da parte degli Stati membri la precertificazione di legalità da parte della Commissione). Per incoraggiare una maggiore partecipazione, dovremmo seguire lo spirito dell’iniziativa dei cittadini, ossia dovrebbe essere quanto più possibile accessibile e semplice da utilizzare. Pertanto, abbiamo dovuto necessariamente astenerci.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore dell’attuazione dell’iniziativa dei cittadini. Il trattato di Lisbona introduce l’iniziativa dei cittadini o, in altre parole, il diritto dei cittadini di prendere parte al processo legislativo europeo, uno strumento completamente nuovo che rafforza la democrazia e i diritti dei cittadini.

Questo è indubbiamente un modo per avvicinare gli europei alle istituzioni comunitarie, sensibilizzarli ulteriormente e promuovere la loro partecipazione al processo decisionale.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione Kaufmann intende orientare il modo in cui verrebbe attuata un’iniziativa dei cittadini, secondo la definizione datane nell’articolo 11 dell’abortivo trattato sull’Unione europea: “cittadini dell'Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l'iniziativa di invitare la Commissione europea, nell'ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali i cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell'Unione ai fini dell'attuazione dei trattati”.

La relazione enuncia dunque precise condizioni di ammissibilità e procedure concrete che rendono il processo per realizzare una siffatta iniziativa estremamente difficile.

Vorrei mettere in guardia i cittadini. Questo nuovo “diritto” è un’illusione. Esso prevede soltanto una cosa: la possibilità di chiedere alla Commissione di promulgare nuove leggi europee, ma non di abrogare o modificare quelle esistenti né di intervenire sulle politiche. Inoltre, la Commissione non è in alcun caso tenuta a darvi ascolto.

Se gli eurocrati sono veramente così desiderosi di conferire diritti ai cittadini europei, dovrebbero iniziare rispettando il loro voto, cioè prendendo finalmente atto che “no” significa “no” in francese, olandese, inglese, gaelico e qualunque altra lingua.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente risoluzione fa parte di un pacchetto di cinque risoluzioni oggi adottate dalla maggioranza del Parlamento che dimostra il massimo sprezzo per la volontà sovranamente e democraticamente espressa da francesi, olandesi e irlandesi. ed è anche una delle tante iniziative tese a imporre l’inaccettabile progetto di trattato di Lisbona.

La risoluzione si caratterizza per la sua assurdità e ipocrisia.

Il Parlamento europeo può benissimo magnificare retoricamente l’“esercizio agevole, trasparente ed efficace del diritto di partecipazione dei cittadini dell'Unione” e la cosiddetta “iniziativa dei cittadini” introdotta con il progetto di trattato, ora noto come trattato di Lisbona. La verità è che le forze che stanno guidando e promuovendo questa integrazione europea e questo trattato di Lisbona hanno fatto e stanno facendo tutto quanto in loro potere per impedire che i cittadini dibattano e comprendano il contenuto del progetto di trattato e siano consultati con lo strumento referendario.

Per di più, dopo il rifiuto irlandese di questo progetto di trattato federalista, neoliberale e militarista, stanno facendo tutto quanto in loro potere per obbligare il paese a indire un altro referendum (e ciò accadrà per tutte le volte necessarie affinché gli irlandesi dicano “sì”).

In altre parole, si preclude ai cittadini la possibilità di esprimere la propria volontà democratica e sovrana attraverso un referendum e poi, con toni sdolcinati, si crea una cortina di fumo celebrando una presunta “iniziativa dei cittadini”, che però sin dall’inizio sarà subordinata a molte condizioni.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il trattato di Lisbona, identico al 96 per cento al progetto di trattato costituzionale, è stato respinto al referendum in Irlanda. Prima di ciò, il progetto di trattato costituzionale era stato rifiutato ai referendum indetti in Francia e nei Paesi Bassi.

La maggioranza di questo Parlamento si rifiuta di riconoscere le proprie sconfitte politiche. E’ un crimine oltraggioso contro i principi democratici e un esempio parimenti oltraggioso di arroganza del potere che caratterizza la cooperazione nell’Unione europea.

La relazione Kaufmann vende la pelle dell’orso prima di averlo preso dando prova di una straordinaria arroganza nei confronti della democrazia e, soprattutto, degli irlandesi, costretti nuovamente a un referendum perché, a giudizio dell’establishment politico, l’ultima volta hanno dato la risposta “sbagliata”. Vista la situazione, non ha alcun senso discutere la relazione in sede parlamentare. La proposta iniziativa dei cittadini è in sé una proposta estremamente ambigua per quanto riguarda l’influenza dei cittadini sui politici eletti, considerato che questi ultimi possono a loro piacimento decidere di ignorare qualunque iniziativa.

Ho votato contro la relazione.

 
  
  

- Proposta di risoluzione B6-0258/2009 (sostanze chimiche)

 
  
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  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Sebbene si tratti di una risoluzione valida, ho votato contro perché nel testo il Parlamento ha accettato che la Commissione esoneri alcuni impianti di elettrolisi dal divieto imposto all’amianto. Ritengo che se si afferma l’esistenza di un divieto assoluto all’amianto in Europa bisogna essere coerenti e non concedere deroghe. Ancora vi sono persone gravemente malate a causa dell’esposizione all’amianto e trovo incomprensibile che la Commissione non ne abbia tenuto conto. Ho pertanto votato contro la risoluzione per solidarietà con le vittime dell’amianto.

 
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