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Procedura : 2009/0062(NLE)
Ciclo di vita in Aula
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Testi presentati :

A7-0074/2009

Discussioni :

Votazioni :

PV 26/11/2009 - 6.2
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2009)0095

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 26 novembre 2009 - Strasburgo Edizione GU

9. vote Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

- Proposta di risoluzione sul documento 2009 di strategia per l’allargamento 2009 concernente i paesi dei Balcani occidentali, l’Islanda e la Turchia (B7-0185/2009)

 
  
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  Cristian Dan Preda (PPE).(RO) Desidero mettere in evidenza, più di tutto, la qualità degli sforzi compiuti dall’onorevole Albertini, che ha redatto questa proposta, e volevo dire anche che ho votato a favore perché l’allargamento è un importante gesto politico da parte dell’Unione europea. Vorrei altresì far presente che ho votato in modo diverso dal mio gruppo politico su varie questioni, principalmente quelle riguardanti il Kosovo, perché in merito ho una posizione differente rispetto alla maggioranza dei paesi europei. Ho pertanto votato in modo difforme dal mio gruppo sull’emendamento n. 17 al paragrafo 19, sugli emendamenti nn. 22 e 24 e anche dopo la citazione 4 nel paragrafo 10.

Ritengo tuttora che l’allargamento sia molto importante, ma credo anche che si debba tener conto delle posizioni differenti espresse da cinque Stati membri.

 
  
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  María Muñiz De Urquiza (S&D).(ES) Signora Presidente, nella votazione sulla questione del Kosovo la delegazione socialista spagnola ha espresso il proprio sostegno al non riconoscimento a livello internazionale della dichiarazione unilaterale del Kosovo in quanto Stato indipendente.

 
  
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  Dimitar Stoyanov (NI).(BG) Ho votato contro la risoluzione sulla strategia di allargamento perché essa contiene molte parole lusinghiere sui progressi che la Turchia starebbe facendo riguardo ai criteri di Copenaghen. Personalmente non vedo traccia di simili progressi. Onorevoli colleghi, vi prego di rendervi conto una volta per tutte del fatto che la Turchia è un paese che meno di cento anni fa ha commesso un genocidio contro i popoli che vivevano entro i suoi confini e contro i popoli che si erano appena liberati dal dominio turco. Oggi la Turchia continua a commettere genocidi, di cui la sua popolazione e la sua classe politica vanno fiere. Vent’anni fa la Turchia finanziava organizzazioni terroriste ed esportava il terrorismo; ancora oggi continua a intrattenere stretti legami con organizzazioni terroriste. Se vogliamo avere nell’Unione europea un paese che è tuttora orgoglioso dei genocidi che ha compiuto e che finanzia il terrorismo, allora benissimo, accoglietelo. Io, però, sono assolutamente contrario.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. WIELAND
Vicepresidente

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE).(FI) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione, però desidero sollevare una questione importante ad essa collegata.

A mio parere, il Parlamento europeo e l’Unione europea devono garantire che tutti i paesi che desiderano aderire all’Unione europea dimostrino di soddisfare i criteri di Copenaghen. E’ molto importante accertare che i diritti umani, la democrazia, la libertà di opinione e lo stato di diritto possono essere praticati.

Oggi abbiamo votato anche sui diritti della donna e sul diritto delle donne a non subire violenze nel corso della loro vita. Reputo sia molto importante assicurare, a tale proposito, che i diritti della donna e del bambino vengano rispettati in tutti i paesi che vogliono aderire all’Unione europea.

Parlando di tutti questi punti, mi riferisco principalmente alla Turchia. Questo paese deve attuare rapidamente riforme e cambiamenti se vuole essere pronto per l’adesione all’Unione europea, anche se non credo, che ciò possa avvenire entro tempi prevedibili. Nondimeno è della massima importanza che l’Unione europea in quanto tale si attenga alle regole concordate, ossia ai criteri di Copenaghen.

 
  
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  Martin Kastler (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io ho votato contro la risoluzione perché penso che potremo esprimere una valutazione così positiva soltanto dopo che la Turchia avrà soddisfatto tutti i criteri. Vorrei ricordare in special modo la disputa sulle frontiere tra Cipro e Turchia, tuttora irrisolta, e l’occupazione illegale di Cipro, ancora in corso. Non voglio, però, votare contro gli altri Stati candidati all’adesione e in merito desidero fare un’eccezione particolare per i paesi balcanici, che sarei lieto di poter accogliere in quest’Aula il prima possibile.

 
  
  

- Proposta di risoluzione sull’eliminazione della violenza contro le donne (B7-0139/2009)

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE).(PL) Signor Presidente, mi sono astenuto dal voto sulla risoluzione sebbene essa riguardi un tema importante, anzi, molto importante. Non comprendo, tuttavia, perché la questione della lotta alle violenze contro le donne debba essere messa in relazione con la questione delle scelte riproduttive. Durante la discussione di ieri su questo punto alcuni oratori hanno detto sciocchezze. L’onorevole Senyszyn ha accusato la chiesa cattolica di opprimere le donne.

Sarebbe difficile dire assurdità più grandi. In Polonia non ci sono omicidi d’onore, la circoncisione delle ragazze non è una pratica comune, non ci sono aborti selettivi né matrimoni temporanei e la gente non viene lapidata per aver commesso adulterio, reale o presunto che sia. Le donne non subiscono in alcun modo discriminazioni per legge e tutti i casi di violenza contro le donne sono universalmente condannati, sia dai cittadini che dalla chiesa cattolica. Per fortuna, affermazioni estreme come queste non sono state accolte nella risoluzione e pertanto mi sono limitato ad astenermi dal voto.

 
  
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  Tiziano Motti (PPE). – Signor Presidente, ho votato a favore della proposta di risoluzione sull'eliminazione della violenza contro le donne, dedicando il mio voto ai quasi sette milioni di donne italiane che subiscono annualmente violenza da parte di uomini. Ovviamente, lo dedico anche a tutte le donne europee che si trovano nella stessa condizione.

Noi a volte siamo tentati di pensare che questo sia un fenomeno ai confini della nostra cultura, mentre in realtà la violenza contro le donne viene perpetrata soprattutto entro le mura domestiche. Per questo è un fenomeno che ci riguarda da vicino.

Le donne anziane hanno un maggiore grado di difficoltà nella propria protezione. Quindi non dobbiamo dimenticarci di loro perché la violenza non è solo fisica ma è anche culturale, e può essere rappresentata anche dalla privazione della libertà di movimento.

Inoltre, le donne, prima di giungere alla maturità, sono state bambine e la violenza contro una bambina la priverà per sempre della gioia di vivere.

Auspico pertanto che il nostro Parlamento possa intraprendere d'ora in poi azioni concrete perché tutto ciò non rimanga solamente una buona intenzione.

 
  
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  Lena Ek (ALDE).(SV) Signor Presidente, la violenza contro le donne è un problema diffuso in tutta Europa e, invero, in tutto il mondo. Nella sola Svezia, che ha nove milioni di abitanti, ogni giorno 380 donne subiscono abusi. Un quinto della popolazione femminile è vittima di violenze e il 45 per cento di tutte le donne di età compresa tra 16 e 64 anni hanno subito violenze in qualche momento della loro vita. Ciò è assolutamente spaventoso. Subire violenze tra le mura domestiche è un’orribile violazione dell’integrità personale. Uomini e donne dovrebbero avere la stessa possibilità di salvaguardare la loro integrità fisica.

La violenza che viene tuttora perpetrata in tutto il nostro continente dimostra che resta ancora molto lavoro da fare per promuovere la causa della parità in Europa. L’Unione europea non può continuare a ignorare questa realtà. Accolgo pertanto con favore la risoluzione sull’eliminazione della violenza contro le donne e invito la nuova Commissione e il Consiglio ad assumersi anch’essi la loro parte di responsabilità al riguardo. Intendo adoperarmi per indurre la Commissione a presentare una proposta per risolvere il problema della violenza contro le donne.

 
  
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  Anna Maria Corazza Bildt (PPE).(EN) Signor Presidente, ho votato a favore della risoluzione con grande piacere perché credo che tutti i gruppi politici debbano unire le forze per conseguire insieme un obiettivo comune, cioè denunciare, combattere e fare opera di sensibilizzazione su tutte le forme di violenza contro le donne.

Sono particolarmente sensibile al problema delle donne in guerra, avendo condiviso, vissuto direttamente e fornito aiuti durante tutti i conflitti in Bosnia ed Erzegovina e, in parte anche con la Croce Rossa, in Darfur. Penso che il programma di Stoccolma rappresenti un ottimo strumento che ci permetterà di passare dalle parole ai fatti. Desidero ringraziare la presidenza svedese per aver inserito nel programma di Stoccolma anche l’emancipazione femminile e la lotta alla violenza contro le donne. Mi impegnerò senz’altro affinché, nell’attuazione del programma di Stoccolma, la lotta alla violenza contro le donne diventi un obiettivo prioritario.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) Signor Presidente, voglio sottolineare che il tema della violenza contro le donne è della massima importanza e sono molto lieto che il Parlamento europeo lo abbia affrontato. Un’attenzione particolare la merita il problema dei crimini a sfondo sessuale compiuti contro le donne, i quali, pur essendo estremamente violenti e brutali, in alcuni paesi europei non sempre vengono affrontati in maniera adeguata da parte del sistema giudiziario. Spesso le sentenze pronunciate dai tribunali in casi del genere sono alquanto miti, motivo per cui le donne, talvolta, si sentono scoraggiate dal denunciare alle autorità di polizia i gravi episodi di cui sono state vittima. La conseguenza è che mancano statistiche reali al riguardo. Ecco perché, nel caso di questi crimini così estremi e gravi contro le donne, di questi atti di violenza a sfondo sessuale, dobbiamo impegnarci maggiormente in un’opera di standardizzazione delle sentenze per dare un senso di sicurezza, oltre che per rendere giustizia e soddisfazione morale alle donne che hanno patito in maniera così crudele.

Voglio precisare che non ho potuto votare a favore del testo finale della risoluzione a causa della sua impostazione ideologica e radicale sulla questione dell’aborto, un’impostazione in contrasto con i valori cristiani.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (ECR).(PL) Signor Presidente, desidero esprimere, se possibile, una dichiarazione di voto sulla questione della lotta contro il tabagismo. Una dichiarazione brevissima.

 
  
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  Presidente. – Onorevole Wojciechowski, il regolamento stabilisce che si esamini un argomento alla volta. Abbiamo appena discusso dell’eliminazione della violenza contro le donne e ora ci occuperemo della soluzione politica per il problema della pirateria al largo delle coste somale. Una cosa alla volta!

 
  
  

- Proposta di risoluzione su una soluzione politica al problema della pirateria al largo della Somalia (RC-B7-0158/2009)

 
  
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  Louis Bontes (NI).(NL) Il partito olandese della libertà (PVV) ha votato contro la proposta di risoluzione sulla Somalia e vorrei spigare perché.

Il PVV ritiene che il monitoraggio delle imbarcazioni al largo delle coste somale non rientri nelle responsabilità dell’Unione europea, bensì sia senza dubbio di competenza della NATO. L’Europa non ha un esercito né interessi in quell’area. Questo è al cento per cento un compito che spetta alla NATO.

Il PVV reputa altresì che sui mercantili dovrebbero essere imbarcati soldati della marina per contrastare attacchi diretti da parte dei pirati. Ribadisco che la pirateria al largo delle coste somale va indubbiamente combattuta, ma non in questo modo.

 
  
  

- Proposta di risoluzione sugli ambienti senza fumo (B7-0164/2009)

 
  
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  Anna Záborská (PPE).(SK) Le raccomandazioni del Consiglio concernenti gli ambienti senza tabacco hanno lo scopo di aiutare gli Stati membri nei loro sforzi volti a proteggere più efficacemente le persone dal fumo di tabacco, in conformità degli obblighi internazionali previsti dalla convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità sul controllo del tabacco.

Sono favorevole alla raccomandazione. Il fumo è tuttora la principale causa di malattie che portano a morte prematura. Tali malattie sono, fra l’altro, le patologie cardiovascolari, i tumori, le affezioni croniche delle vie respiratorie e, in misura minore, la riduzione di fertilità nelle donne e negli uomini in giovane età.

In tempi di crisi demografica e di sviluppo di nuove tecniche riproduttive finanziariamente onerose, dovremmo concentrare i nostri sforzi su un’opera di sensibilizzazione che va iniziata in famiglia per proteggere i nostri figli dagli effetti negativi del fumo.

Concludo formulando una richiesta importante, cioè che si esegua un monitoraggio continuo e si adottino provvedimenti per contrastare le attività dell’industria del tabacco mirate a sabotare le misure antifumo.

 
  
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  Axel Voss (PPE).(DE) Signor Presidente, desidero parlare di due aspetti connessi con gli ambienti senza tabacco. Primo, ho votato per la concessione agli Stati membri della competenza in questo campo, da un lato per dare applicazione al principio di sussidiarietà e, dall’altro, perché noi non abbiamo alcuna autorità in materia. Pur essendo senz’altro favorevole a un ambiente senza tabacco, credo tuttavia che in questo caso dovremmo agire nel rispetto delle regole.

In secondo luogo, mi indispone il fatto che l’Unione europea conceda sussidi per la coltivazione del tabacco. Tali sussidi andranno gradualmente a esaurirsi, e io ho votato in tal senso perché li giudico inconciliabili con l’obiettivo di bandire completamente il fumo. Dobbiamo quindi essere coerenti: se vogliamo combattere il tabagismo, non possiamo finanziare la coltivazione del tabacco.

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i conservatori tedeschi (CSU) auspicano l’introduzione in tutta l’Europa di norme chiare e applicabili a tutela dei non fumatori. A mio parere, però, il concetto di “in tutta l’Europa” non significa necessariamente “dall’interno dell’Europa”. In molti Stati membri vigono già disposizioni che proteggono i non fumatori, mentre altri paesi ne stanno introducendo di analoghe.

Insieme con la maggioranza dei colleghi del Parlamento europeo – e sono molto lieta che sia così – non credo che a Bruxelles dovremmo imporre norme a tutela dei non fumatori, né che potremmo farlo in modo efficace. L’Unione europea, infatti, non ha competenze in materia; è responsabile soltanto della salute e della sicurezza nei posti di lavoro. Ed è proprio qui che sta il problema, perché secondo me la cosa più importante da fare è proteggere i bambini e i giovani, ma questo gruppo di persone, che ha bisogno di una tutela specifica, non sarebbe garantito da disposizioni riguardanti soltanto la salute e la sicurezza sul posto di lavoro.

In questo campo spetta quindi agli Stati membri passare all’azione. Ho votato a favore e mi fa piacere che l’emendamento sia stato accolto.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signor Presidente, il mio paese ha introdotto il divieto di fumo nei luoghi di lavoro. All’epoca ero deputata al parlamento irlandese e ho sostenuto con convinzione l’approvazione di quel divieto.

Come Parlamento europeo, tuttavia, ci troviamo in una posizione leggermente diversa perché dobbiamo tenere conto del principio di sussidiarietà. Se in effetti è vero che occorre proteggere la salute dei lavoratori – e ci sono già norme in materia, come quelle sull’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche – non possiamo d’altronde chiedere, come abbiamo fatto nel paragrafo 7, che gli Stati membri nei quali vige già il divieto di fumo rispettino il principio di uguaglianza tra i diversi tipi di struttura ricettiva nel settore dell’ospitalità. Ieri abbiamo votato sul ruolo dei parlamenti nazionali e sui loro poteri riguardo alle proposte di legislazione comunitaria nell’area della sussidiarietà ai sensi del nuovo trattato di Lisbona, e dobbiamo perciò stare molto attenti ed essere coerenti nel modo in cui votiamo.

Quando è iniziata la seduta stavo parlando con un collega e non ho partecipato al voto sull’Anno europeo del volontariato. Voglio dichiarare che appoggio pienamente la proposta del Parlamento, dato che nella legislatura precedente ho guidato la campagna mirata appunto a proclamare il 2011 l’Anno europeo del volontariato.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, provo un po’ di emozione nel fare questa dichiarazione di voto perché mia madre è nata nella fabbrica di tabacco di questa città, Strasburgo, dove mio nonno lavorava. La fabbrica è stata chiusa poco tempo fa.

Quando in Francia la manifattura di tabacchi e fiammiferi fu trasformata da azienda pubblica in impresa privata, ai dipendenti venne detto che i loro posti di lavoro non sarebbero stati toccati. Oggi possiamo comprendere i timori di altri settori pubblici che si trovano ad affrontare gli stessi problemi.

Invero, possiamo capire molto bene e giustificare la campagna antifumo, visti gli effetti nocivi del fumo sulla salute delle persone. Purtroppo, però, in Francia la produzione di tabacco non esiste più. La fabbrica di tabacco di Strasburgo ha chiuso, ma la gente non ha smesso di fumare, semplicemente continua a farlo usando il tabacco importato dall’estero.

Ecco perché sono favorevole a sostenere i prezzi fissati per i coltivatori di tabacco europei, perlomeno finché gli europei continueranno a fumare. Preferisco che il tabacco sia coltivato qui, invece che venga importato da altre parti.

 
  
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  Janusz Wojciechowski (ECR).(PL) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. Sono favorevole all’azione che l’Unione europea sta adottando per ridurre il consumo di tabacco, però non penso che essa debba fondarsi su una riduzione degli aiuti per i produttori di tabacco, e questo perché la produzione di tabacco non è legata al suo consumo. Se limitiamo o eliminiamo la produzione, o se cancelliamo gli aiuti per le aziende agricole che coltivano tabacco, il consumo non cambierà – semplicemente i fumatori useranno tabacco importato. Non è ostacolando i produttori di tabacco che potremo contrastare il tabagismo. Sarebbe come cercare di limitare il consumo di birra tra i giovani partendo da una campagna contro i produttori di luppolo. Per questo motivo ho sostenuto con il mio voto la posizione secondo cui la produzione di tabacco non ne influenza il consumo.

 
  
  

- Proposta di risoluzione sul vertice della FAO e la sicurezza alimentare (RC-B7-0168/2009)

 
  
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  Anna Záborská (PPE). (SK) La crisi alimentare non è soltanto un problema economico e umanitario ma anche una questione che riguarda la pace e la sicurezza nel mondo.

Ho votato con molto piacere a favore della risoluzione adottata, sebbene nutra alcune riserve sulla soluzione del problema della fame nel mondo. Il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare non ha preso la direzione auspicata dai suoi organizzatori. Anche se la lotta alla fame è un problema che ha dimensioni socioeconomiche, finanziarie e culturali, le discussioni al vertice si sono limitate al piano tecnico. Persino il direttore generale della FAO Jacques Diouf ha espresso la propria delusione per l’esito della riunione e per la mancata partecipazione di rappresentanti dei paesi occidentali. I rappresentanti del mondo sviluppato non hanno assunto alcun impegno concreto.

Non posso fare a meno di pensare che l’eliminazione della fame e della povertà nel mondo è considerata un argomento di valenza mediatica, piuttosto che un problema concreto che necessita di una soluzione urgente. Il fondamento della solidarietà è la volontà di assumersi responsabilità reali nei confronti delle persone in stato di bisogno.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

- Relazione Scurria (A7-0077/2009)

 
  
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  John Stuart Agnew, Marta Andreasen, Gerard Batten, John Bufton, Derek Roland Clark, Trevor Colman, Nigel Farage, Mike Nattrass e Nicole Sinclaire (EFD), per iscritto. (EN) Il Partito indipendentista del Regno Unito (UKIP) prova ammirazione per il fenomeno del volontariato e apprezza il contributo che esso fornisce alla società. Questa relazione, però, chiede la pura e semplice politicizzazione del volontariato a fini comunitari e l’uso dei soldi dei contribuenti britannici per realizzare tale politicizzazione. Pertanto non abbiamo potuto appoggiare la risoluzione.

 
  
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  David Casa (PPE), per iscritto. (EN) Il concetto di volontariato è essenziale nelle società dei giorni nostri. E’ qualcosa che nasce spontaneamente dalla volontà del singolo e che può avere effetti altamente positivi sulla vita di molte persone. L’Anno europeo del volontariato è dunque un’iniziativa importante. Concordo con il relatore. Per tali motivi ho deciso di votare a favore della relazione.

 
  
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  Diane Dodds (NI), per iscritto. (EN) Ho votato per questa proposta come segno di apprezzamento dei molti volontari che svolgono un’opera di valore inestimabile senza ricevere il riconoscimento che meritano. Senza il loro contributo alla società, per il quale non ottengono alcuna ricompensa in danaro, il Regno Unito sarebbe un luogo meno vivibile. Pur essendo contraria all’idea generale della cittadinanza europea, riconosco l’importanza del servizio fornito dai volontari e per questo motivo ho appoggiato la proposta.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione Scurria sull’Anno europeo del volontariato (2011), in cui si chiede alle istituzioni comunitarie maggiore sostegno per questo settore. Milioni di cittadini europei sono attivi nel volontariato, che svolge un ruolo essenziale per la promozione della solidarietà e dell’inclusione sociale. Credo che sia necessario aumentare sia i finanziamenti sia il coordinamento a livello comunitario, per consolidare le iniziative nel quadro dell’Anno europeo del volontariato, quali campagne di sensibilizzazione e scambi transnazionali di idee e buone pratiche.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La definizione più semplice di “volontariato” è “la buona volontà messa in pratica”. Significa dare un servizio gratuito, offerto con generosità, in libertà e senza condizioni. Il volontariato è anche un pilastro fondamentale di qualsiasi società perché il lavoro di migliaia di volontari giovani e anziani che, investiti di un ruolo formale o informale, operano nei settori della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione, dell’ambiente o della cultura fa la differenza per migliaia di persone ogni giorno.

Stando così le cose, dobbiamo plaudere all’iniziativa dell’Anno europeo del volontariato perché essa darà il giusto rilievo ai volti sconosciuti dei volontari e ci renderà in tal modo consapevoli del grandissimo lavoro che essi svolgono. L’iniziativa permetterà inoltre di creare condizioni più favorevoli per l’attività dei volontari.

Questa proposta è in armonia con le idee del Centro democratico e sociale – Partito popolare, che è il primo e unico partito politico portoghese che si occupa della questione del volontariato e avanza proposte concrete per aiutare i volontari, dando loro la dignità e il riconoscimento che meritano.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato a favore della relazione nonostante alcune contraddizioni e alcuni brevi passaggi che non condividiamo.

E’ indubbio che il volontariato svolge un ruolo importante nella società promuovendo il valore della solidarietà e dell’aiuto reciproco, contribuendo all’integrazione sociale e aiutando a superare atteggiamenti discriminatori, tra le altre cose.

La relazione affronta gli aspetti fondamentali del volontariato, come l’appoggio sociale per il volontario, e si incentra su questioni quali la salute, la sicurezza e la formazione, nonché la distinzione tra lavoro retribuito e attività volontarie.

Tuttavia riteniamo necessario garantire che il volontariato non diventi un surrogato dell’azione degli Stati membri e non sia usato come un modo per soddisfare bisogni di competenza dei servizi sociali. Sosteniamo l’esigenza di promuovere le attività delle organizzazioni senza scopo di lucro attraverso aiuti efficaci e adeguati. Tali organizzazioni comprendono cooperative, imprese collettive e società locali, associazioni locali di residenti, circoli sportivi, ricreativi e culturali e organizzazioni rivolte ai giovani e ai bambini.

Va altresì sottolineato che l’attività di volontariato dipende anche dalla disponibilità di tempo libero da parte dei lavoratori, il che è incompatibile con lo sfruttamento, orari di lavoro irregolari o eccessivamente lunghi, salari bassi e posti di lavoro non garantiti.

 
  
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  Seán Kelly (PPE), per iscritto. (EN) E’ stato con vero piacere che ho votato per proclamare il 2011 l’Anno europeo del volontariato. Si tratta di un grande regalo per le numerose organizzazioni di volontari che operano in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Voglio sottolineare che le associazioni sportive svolgono nel settore del volontariato un ruolo centrale, che va riconosciuto, sebbene il testo legislativo non lo preveda esplicitamente. La più grande associazione irlandese nel campo del volontariato è la Gaelic Athletic Association. L’impegno di tutti coloro che collaborano a questa grande istituzione merita di essere debitamente riconosciuto e apprezzato.

 
  
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  Barbara Matera (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, il volontariato rappresenta l'espressione dei valori sociali europei, quali la solidarietà e la non discriminazione. Se da un lato contribuisce allo sviluppo personale dei volontari, dall'altro crea coesione sociale. Esso necessita, quindi, del giusto riconoscimento e del sostegno da parte delle istituzioni europee, degli Stati membri, delle autorità locali e regionali, nonché delle varie componenti della società civile, ciascuno secondo le proprie competenze.

L'Anno europeo del volontariato nel 2011 consentirà alle attività organizzate in questo campo di acquisire una dimensione europea e, di conseguenza, l'auspicio è quello che si possa produrre un maggiore impatto sulla società civile.

La previsione di 3 milioni di euro per l'attività preparatoria nel 2010, l'aumento degli stanziamenti da parte del Parlamento europeo a 8 milioni di euro per il 2011 e un'alta percentuale di cofinanziamento dei progetti, precisamente l'80 per cento, consentiranno davvero di ottenere, lavorando in collaborazione tra i vari livelli, gli obiettivi prefissati.

Vale la pena, infine, ricordare il ruolo che può giocare il volontariato, se ben sostenuto, per i lavoratori che sono in pensione, tenuto conto del crescente invecchiamento della società civile.

 
  
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  Iosif Matula (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della proposta di relazione sull’Anno europeo del volontariato per una serie di motivi. E’ noto che le attività di volontariato comportano un duplice vantaggio: per il singolo e per la società. Da un canto, il volontariato offre ai cittadini l’opportunità di imparare e acquisire nuove competenze e di crescere autonomamente. Dall’altro canto, il volontariato assolve anche una funzione sociale laddove contribuisce a diffondere un senso di solidarietà e appartenenza. Alla luce della crescente interdipendenza tra le comunità locali in un mondo globalizzato e, nel contempo, degli effetti negativi di un diffuso atteggiamento individualistico, diventa essenziale incoraggiare la partecipazione sociale dei cittadini. In proposito, mi riferisco ad attività che coinvolgono allo stesso modo giovani e anziani. Penso inoltre che lo scambio di esperienze di prima mano tra organizzazioni di volontari dei più diversi angoli dell’Unione europea abbia un impatto rilevante, dato che i valori che li animano sono gli stessi. Anche lo scopo è il medesimo: elevare il livello delle condizioni di vita e migliorare la qualità della vita, garantire un alto grado di occupazione, aumentare la coesione sociale e combattere l’emarginazione. In altri termini, questi sono esattamente i valori sui quali si fonda l’Unione europea.

 
  
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  Emma McClarkin (ECR), per iscritto. (EN) Nonostante la richiesta di un aumento dei finanziamenti, alla quale mi sono opposta e contro cui ho votato in sede di commissione, appoggio pienamente la relazione sull’Anno europeo del volontariato nel suo complesso. Spesso i volontari sono eroi misconosciuti. La loro opera ha un valore inestimabile per le comunità e la vita delle persone. Il volontariato diventa ancora più importante in tempi di crisi economica come quelli attuali, ed è per tale motivo che io e gli altri colleghi che hanno presentato la relazione vogliamo non solo sensibilizzare sui vantaggi del volontariato, ma anche indire un Anno europeo durante il quale organizzare iniziative adeguatamente finanziate che offrano alle organizzazioni di volontariato la possibilità di incoraggiare nuovi volontari a farsi avanti.

Dobbiamo non soltanto adoperarci affinché l’Anno europeo del volontariato funga da piattaforma per il riconoscimento del contributo che i volontari danno alle nostre comunità, ma anche cogliere questa occasione per comprendere meglio sia gli ostacoli che il volontariato incontra sia quello che possiamo fare per eliminarli e far crescere tale fenomeno. Questo è un esempio di ciò che l’Unione europea dovrebbe fare, ossia favorire lo scambio di buone pratiche in settori come il volontariato, invece di produrre sempre maggiore e sempre più inutile burocrazia.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione sull’Anno europeo del volontariato, nel 2011, che mira a promuovere il dialogo e lo scambio di buone pratiche in questo campo tra le autorità e i soggetti interessati degli Stati membri. La crescente diffusione, negli ultimi anni dell’individualismo, la ricerca di nuove modalità di espressione individuale e persino le nuove tendenze demografiche hanno modificato profondamente la partecipazione dei cittadini.

Il volontariato deve pertanto adeguarsi, per consentire a un maggior numero di persone di partecipare alle sue attività in modi diversi e in momenti diversi della loro vita. A tal fine si può sfruttare il potenziale rappresentato dalle persone anziane e si possono trovare nuove forme di coinvolgimento più flessibili in termini di durata e modalità di partecipazione.

L’Europa, che vanta una lunga tradizione nel campo del volontariato, deve contribuire a sfruttare questo potenziale. Il volontariato offre a chi vi partecipa opportunità di apprendimento (è ovvio che il coinvolgimento in attività di volontariato fornisce ai cittadini nuove competenze, contribuisce al loro sviluppo personale e rafforza il loro senso di appartenenza alla società). Il volontariato, inoltre, incarna valori europei, quali la solidarietà, la partecipazione dei cittadini e la non discriminazione in ambiti molti diversi tra loro come l’istruzione, la cultura, l’ambiente, l’assistenza sociale e la sanità.

 
  
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  Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto. (PL) Ho votato a favore della relazione sull’Anno europeo del volontariato (2011). Negli Stati membri dell’Unione europea dobbiamo attribuire maggiore importanza alla questione del volontariato e dovremmo pianificare un’azione politica a supporto dell’attività dei volontari. Gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo modificano in maniera significativa in molti punti la proposta della Commissione e dovrebbero essere accolti dal Consiglio. I fondi di bilancio stanziati per il conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo del volontariato (2011), pari a 6 milioni di euro, sono insufficienti (a titolo di confronto, lo stanziamento per l’Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale è quasi triplo).

Il volontariato è un’attività gratuita e non retribuita, ma ciò non significa che non comporti spese. Il volontariato ha bisogno del sostegno finanziario e politico di tutte le parti interessate: organizzazioni non governative, governi, organi amministrativi dei governi sia locali sia nazionali, imprese. L’impegno politico dovrebbe consistere in una politica che agevoli e appoggi lo sviluppo e le infrastrutture del volontariato. Questa tematica è particolarmente importante per la Polonia, che assumerà la presidenza dell’Unione europea nel 2011. Chiedo al governo polacco di seguire l’esempio del Parlamento europeo e di attivarsi per aumentare i finanziamenti dell’Anno europeo del volontariato. Condivido appieno la proposta di stanziare fondi per la creazione di una banca dati interattiva dei volontari e delle organizzazioni del volontariato, accessibile a tutte le parti interessate e operativa anche dopo il 2011.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE), per iscritto. (PL) Il 2011 sarà l’Anno europeo del volontariato e avrà lo scopo di rendere onore e omaggio ai volontari e al loro contributo alla società. E’ una proposta splendida. Il volontariato si esplica in molte forme diverse in tutta l’Europa, ma ovunque, a prescindere dal luogo, si caratterizza per la volontà di aiutare gli altri senza essere ricompensati, di partecipare ad attività di tutela ambientale o di impegnarsi per far sì che tutti i cittadini possano vivere dignitosamente.

Vale la pena sottolineare che il volontariato ha indubbiamente un’influenza positiva sull’identità europea, ancora in divenire, la quale è radicata in questi valori e costituisce una solida base per diffondere la comprensione tra cittadini di gruppi sociali e paesi diversi nell’intera società europea. Inoltre, il volontariato è importante per l’integrazione, la politica sociale e l’istruzione. Non vanno poi dimenticati la sua grande rilevanza per il dialogo interculturale e quello intergenerazionale e il contributo che dà allo sviluppo della responsabilità sociale.

Ma occorre tener presente anche che il volontariato ha un valore economico. Si tratta, è ben vero, di un’attività non retribuita e gratuita; questo però non vuol dire che non comporti oneri finanziari. Per tale motivo è importante che le attività di volontariato ricevano aiuti dalla Comunità europea. Il volontariato ha bisogno di una politica fondata su relazioni amichevoli, che ne supporti lo sviluppo e le infrastrutture. Credo che promuovere l’apprezzamento e il riconoscimento delle attività di volontariato attraverso determinati strumenti finanziari costituirà una motivazione per le persone, le imprese e le organizzazioni.

 
  
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  Oldřich Vlasák (ECR), per iscritto. (CS) Desidero fare una dichiarazione di voto riguardo alla relazione dell’onorevole Scurria sulla proposta di decisione del Consiglio concernente l’Anno europeo del volontariato. Personalmente ritengo che le attività di volontariato non retribuite siano una parte importante della nostra società. Nel mio paese, la Repubblica ceca, le organizzazioni di volontariato più numerose e di più lunga tradizione sono quelle dei vigili del fuoco. Possono vantare una lunga storia, risalente a un’epoca in cui la necessità di evitare catastrofi e disastri naturali, come gli incendi, induceva decine di persone a collaborare volontariamente per proteggere le loro proprietà e quelle dei vicini e di altre persone con cui vivevano. Tra le organizzazioni di volontariato più diffuse e più antiche ci sono anche la Croce Rossa slovacca, il Circolo slovacco del turismo, l’associazione di ginnastica Sokol, l’organizzazione giovanile Junák e il servizio di soccorso alpino volontario. Tutte queste persone che prestano la loro opera in scuole, ospedali, circoli sportivi e in montagna o che vanno a portare aiuto all’estero meritano apprezzamento. A tale riguardo, proclamare il 2011 Anno europeo del volontariato avrà effetti assolutamente positivi ed è per tale motivo che ho votato a favore della relazione.

 
  
  

- Relazione Reul (A7-0074/2009)

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. (CS) In linea di massima, si può essere favorevoli a qualsiasi accordo che migliori la cooperazione con gli Stati confinanti con l’Unione europea. Facendo un confronto tra i paesi posti ai confini dell’UE, possiamo vedere che – dopo la Russia – il nostro partner più importante è l’Ucraina. Lo scambio di informazioni nei campi della scienza e della tecnologia, l’attuazione congiunta di programmi, gli scambi di lavoratori e la condivisione di conoscenze sulla gestione di istituzioni scientifiche e di ricerca sono finalità che non possono che essere appoggiate.

Desidero, però, avanzare una riserva specifica sul metodo di valutazione dell’accordo. Se gli autori adottano come indicatori di efficienza il “numero di missioni e riunioni” e persino il “numero dei diversi campi delle attività di cooperazione”, non posso non nutrire gravi dubbi quanto alla conoscenza da parte del relatore della materia trattata. Il capitolo 7, “Misure antifrode”, suscita un senso di disperazione, mentre quanto riportato al punto 8.2.2 mi fa dubitare della mia salute mentale. Nell’era delle comunicazioni elettroniche, non riesco a capire perché mai, per stendere una “relazione” su un accordo, gli esperti e i funzionari dell’Unione europea e dell’Ucraina dovrebbero compiere viaggi di lavoro e partecipare a riunioni. In conclusione, esprimo con piacere il mio sostegno a questo accordo quadro perché so che i progressi nel campo della scienza e della ricerca erano già stati integrati attivamente e con risultati decisamente positivi nel sesto programma quadro. Nonostante le riserve su formulate, il gruppo GUE/NGL appoggia la decisione del Consiglio.

 
  
  

- Relazione Reul (A7-0075/2009)

 
  
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  John Stuart Agnew, Marta Andreasen, Gerard Batten, John Bufton, Derek Roland Clark, Trevor Colman, Nigel Farage, Mike Nattrass e Nicole Sinclaire (EFD), per iscritto. – Il Partito indipendentista del Regno Unito (UKIP) non è contrario alla collaborazione nel campo dell’efficienza energetica, chiede però con decisione che tale collaborazione sia condotta da governi democraticamente eletti e non dai loro procuratori non responsabili presso un’organizzazione sovranazionale e antidemocratica qual è l’Unione europea.

 
  
  

- Proposta di risoluzione sul documento 2009 di strategia per l’allargamento concernente i paesi dei Balcani occidentali, l’Islanda e la Turchia (B7-0185/2009)

 
  
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  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Vista la valanga di domande di adesione all’Unione europea, il voto su questa relazione non avrebbe potuto essere più tempestivo. L’Unione europea rappresenta una fortezza solida e sicura per tutto il continente. Non può continuare a essere un circolo esclusivo inaccessibile ad altri paesi europei, ma non può nemmeno aprire le proprie porte indefinitamente. Più di tutto, l’Unione europea deve trasformare in un successo gli allargamenti precedenti, che hanno visto l’adesione dei nuovi Stati membri. Per quanto riguarda gli altri paesi che stanno bussando alle sue porte, il prerequisito per l’avvio di qualsiasi negoziato di adesione rimane la stretta osservanza dei criteri di Copenaghen (democrazia, stato di diritto, diritti umani, parità di genere, economia di mercato, eccetera), unita all’incondizionato adempimento del diritto internazionale. I negoziati di adesione con i paesi candidati devono fondarsi su criteri valutabili oggettivamente, come il rispetto dei diritti e dei criteri economici, evitando ogni riferimento soggettivo a valori, alla religione o alla cultura. A mio parere, quindi, quello che dobbiamo fare è confermare l’idoneità dei Balcani all’adesione all’Unione europea, ribadire che l’allargamento e il consolidamento sono indissolubilmente legati l’uno all’altro, insistere, nel caso della Turchia, sul soddisfacimento dei criteri di adesione e, in caso di fallimento dei negoziati, proporre uno speciale accordo di associazione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Nonostante tutte le critiche che si possono avanzare, è stato dimostrato in maniera inequivocabile che molti paesi nutrono un fortissimo desiderio di aderire all’Unione europea. Il passato brutale e turbolento di molti di essi, soprattutto nei Balcani, li ha rafforzati nel convincimento che, se potessero rifugiarsi sotto l’ala protettrice dell’Unione europea, sarebbero al riparo sia dalle tendenze espansionistiche dei loro vicini sia dall’influenza della Russia.

Scorrendo l’elenco di questi paesi, è relativamente facile individuare le differenze che esistono tra loro in termini di entusiasmo e soddisfacimento delle condizioni di adesione all’UE. Mi pare che in questo gruppo di paesi si distingua l’Islanda, la quale, grazie alla sua tradizione democratica, all’elevato standard di vita dei suoi cittadini e al rispetto dell’acquis comunitario, si colloca al primo posto tra i candidati all’adesione.

Consapevole dell’esigenza che i criteri stabiliti a Copenaghen siano pienamente soddisfatti e che gli impegni conseguenti siano assolti, l’Unione europea non dovrebbe cedere a un’ostinazione cieca e rifiutarsi di accogliere coloro che dimostrano di essere pronti a fare lo stesso.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questa risoluzione riguardante l’allargamento e la comunicazione della Commissione europea dal titolo “Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2009-2010” rappresenta l’ennesimo tentativo della maggioranza del Parlamento europeo di riconoscere il Kosovo, arrivando persino ad appoggiare la volontà della Commissione “di rafforzare le relazioni con il Kosovo, studiando tra l’altro la possibilità di far partecipare il Kosovo ai programmi comunitari”.

Tale atteggiamento incoraggia la futura adesione di un territorio che ha proclamato la propria indipendenza in palese violazione del diritto internazionale, ignorando il fatto che si tratta di un presunto Stato che è il risultato di una guerra illegittima, un presunto Stato che agisce sulla base di uno statuto illegale non riconosciuto dalle Nazioni Unite.

Né è affrontata in modo adeguato la questione della Turchia, che continua a occupare militarmente uno Stato membro dell’Unione – la parte settentrionale di Cipro – e non rispetta come dovrebbe i diritti del popolo curdo.

Ciò considerato, pur ritenendo che la questione dell’allargamento dell’Unione europea sia in primo luogo una decisione che spetta ai cittadini dei singoli paesi che vogliono aderire, abbiamo votato contro la relazione così com’è a causa degli aspetti negativi della strategia che intende perseguire, anche se non ha valore giuridico.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato per l’emendamento n. 4. Reputo veramente necessario sottolineare che, con il termine “non musulmani”, ci riferiamo prima di tutto e soprattutto ai cristiani; pertanto, bisogna inserire un esplicito riferimento ai cristiani accanto alle altre comunità religiose. A tutt’oggi in Turchia i cristiani vengono perseguitati – un fatto che rimane una delle nostre maggiori preoccupazioni. I cristiani e le loro comunità non hanno ancora la possibilità di praticare la loro fede liberamente, come dovrebbe essere in un paese democratico. Sono convinto che la Turchia sarà pronta ad aderire all’Unione europea quando sarà altrettanto facile costruire una chiesa cristiana in Turchia che erigere una moschea a Bruxelles.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il processo di allargamento dell’Unione andrebbe sempre valutato con cura e qualsiasi nuova adesione dovrebbe rispettare sempre i punti di riferimento comuni ai paesi che formano l’Unione europea.

A quanto mi risulta, sull’adesione della Turchia si reputa necessario condurre una discussione preliminare – a dimostrazione del fatto che in proposito permangono dubbi tali da giustificare quanto meno una simile discussione. Essa dovrebbe analizzare, tra l’altro, le questioni seguenti: se la Turchia possa essere considerata, dal punto di vista geografico, parte dell’Europa; se la sua laicità sia dovuta esclusivamente all’esercito, che la tiene sotto controllo; se sia consigliabile avere un’Unione europea con confini che si estendono fino al Kurdistan iracheno; se, considerata l’enorme massa demografica della Turchia, la sua adesione possa squilibrare l’Unione.

Inoltre, esiste l’obbligo non negoziabile di rispettare i criteri di Copenaghen, il primo dei quali riguarda i diritti umani.

 
  
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  Francisco José Millán Mon e José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE), per iscritto. (ES) Riguardo alla relazione concernente il documento della Commissione sulla strategia di allargamento per il 2009, vogliamo precisare, a nome della delegazione spagnola del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano), che l’appoggio che abbiamo dato alla relazione nel suo complesso non significa in alcun modo che siamo favorevoli al riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente. Noi riteniamo che il Kosovo sia un caso eccezionale e vogliamo sottolineare che esso non è stato riconosciuto né dalla Spagna né da altri quattro paesi membri.

Di conseguenza, sia nella commissione per gli affari esteri sia oggi in plenaria abbiamo votato per gli emendamenti che erano conformi alla nostra posizione.

Il nostro voto a favore della risoluzione è motivato dal fatto che non vogliamo che la nostra posizione sul Kosovo sia interpretata come contrarietà al processo di allargamento che interessa attualmente i paesi dei Balcani occidentali, la Turchia e l’Islanda.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) Sono fermamente contrario alla strategia di allargamento della Commissione nei confronti della Turchia. La netta maggioranza dei cittadini dell’Unione europea è contraria all’adesione di quel paese, eppure deve contribuire a versargli miliardi di euro per il suo ruolo di paese ufficialmente candidato. La Turchia non è un paese europeo né geograficamente né culturalmente e neppure sotto il profilo della tutela dei diritti umani, della democrazia e dello stato di diritto. La strategia di allargamento non tiene conto quasi per nulla dei timori dei cittadini europei; riflette invece gli interessi geostrategici degli Stati Uniti. Inoltre, in caso di adesione i conflitti irrisolti ai confini della Turchia diventeranno un problema dell’Unione europea. Deploro che l’intera strategia di allargamento, che, oltre alla Turchia, comprende l’Islanda e i paesi dei Balcani occidentali, sia stata discussa in termini complessivi, impedendo così un dibattito adeguato, selettivo e differenziato. L’arroganza con cui viene gestita la questione dell’adesione della Turchia è stata confermata da questo modo di procedere. Le voci sgradite dei contrari all’adesione della Turchia, che rappresentano la maggioranza della popolazione, vengono per la gran parte ignorate.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo concernente il documento della Commissione sulla strategia di allargamento per il 2009 relativamente ai paesi dei Balcani occidentali, all’Islanda e alla Turchia, perché 6-15 anni fa la Lituania, insieme con gli Stati baltici e altri paesi dell’Europa centrale e orientale, si trovava in una situazione simile a quella dei paesi candidati. L’adesione all’Unione europea ha offerto al mio paese e agli altri nuovi Stati membri, nonché ai loro cittadini, molte opportunità nuove e li ha aiutati a stimolare l’economia e rafforzare la democrazia e i diritti umani. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, l’Unione europea avrà un motore nuovo e più potente che farà avanzare la nostra nave, le permetterà di conseguire maggiori successi e la guiderà attraverso le acque agitate della crisi finanziaria ed economica, traghettandoci infine a una nuova fase dell’allargamento dell’Unione. Dopo che saranno entrati nell’Unione europea, i paesi balcanici, la scellerata “polveriera d’Europa” dove sono scoppiate le guerre mondiali, potranno rimuovere gli ostacoli alla cooperazione tra cittadini, strutture imprenditoriali ed esperti culturali e scientifici dei diversi Stati sorti in quella regione solo pochi anni fa. E’ importante non chiudere la porta alla Turchia, che può essere considerata come il tratto d’unione tra l’Europa e il mondo musulmano. Il processo di avvicinamento della Turchia all’UE sta cambiando il paese in senso migliorativo e ci sono prove di molti passi positivi verso il potenziamento della democrazia e dei diritti umani. Anche se l’adesione dell’Ucraina, della Moldova e dei paesi del Caucaso meridionale non è ancora oggetto di discussioni concrete, si tratta pur sempre di una prospettiva futura che può contribuire a rafforzare la stabilità e l’economia, ridurre la corruzione e consolidare lo stato di diritto in quei paesi.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) Il processo di allargamento dell’Unione europea sta avvenendo in un momento caratterizzato da una recessione grave e di vasta portata che ha colpito tanto l’Unione quanto i paesi interessati dall’allargamento. Mi compiaccio che la Turchia abbia compiuto progressi riguardo ai criteri di adesione all’UE e soprattutto che abbia sottoscritto l’accordo intergovernativo sul gasdotto Nabucco.

L’attuazione di tale accordo rimane una delle principali priorità della sicurezza energetica dell’Unione europea. Condivido gli inviti rivolti al governo turco affinché porti avanti la riforma delle sue politiche sociali, migliori il dialogo sociale in materia di mercato del lavoro e intensifichi gli sforzi nel campo dei diritti delle donne e della parità di genere, soprattutto per combattere la violenza di genere.

 
  
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  Nikolaos Salavrakos (EFD), per iscritto. (EN) Abbiamo votato contro la proposta di risoluzione dell’onorevole Albertini riguardante il documento della Commissione sulla strategia di allargamento 2009 per i paesi dei Balcani occidentali, l’Islanda e la Turchia, perché siamo del parere che né la Turchia né l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia abbiano compiuto progressi in merito all’adempimento dei criteri di Copenaghen, né abbiano dato prova di comportamenti politici tali da metterli in condizione di aderire all’Unione europea. Speriamo che intensifichino i loro sforzi per soddisfare i criteri di adesione, cosa che sarà valutata in futuro. Ad ogni modo, non intendiamo votare a favore di una proposta di risoluzione che alimenterà vane speranze e sarà usata esclusivamente a uso e consumo interno.

 
  
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  Renate Sommer (PPE), per iscritto. (DE) La proposta di risoluzione sull’attuale strategia di allargamento della Commissione europea è molto equilibrata: premia i progressi compiuti dai candidati all’adesione ma nel contempo individua chiaramente i problemi. La Turchia, in particolare, ha fatto un notevole passo indietro. Per tale motivo approvo le critiche esplicite contro le gravi minacce e le concrete limitazioni alla libertà di espressione e di stampa. La sanzione fiscale assolutamente sproporzionata imposta al gruppo mediatico Dogan, dell’opposizione, è un attacco mirato contro chi critica il governo. Sono state giustamente condannate le discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose e il rifiuto della Turchia di attuare il protocollo di Ankara. E’ altresì importante seguire con attenzione la politica estera di quel paese. L’apertura dimostrata finora verso l’Armenia e i curdi non è stata nulla più che un gesto formale, e ciononostante ha provocato reazioni sia nel parlamento turco sia in ampie frange della popolazione. Inoltre, le dichiarazioni del primo ministro turco sollevano dubbi sull’auspicato ruolo della Turchia come mediatore tra Oriente e Occidente. Le blandizie turche nei confronti del presidente iraniano, l’invito a partecipare a una conferenza rivolto al presidente sudanese, ricercato per genocidio, e le relazioni con Israele sembrano indicare che la Turchia si sta allontanando dall’Occidente. In tale contesto, la nostra richiesta al governo turco affinché coordini la propria politica estera con quella dell’Unione europea e rinunci alle obiezioni contro la cooperazione tra la NATO e l’UE è perfettamente coerente.

 
  
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  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Sono favorevole al fatto che l’Unione europea accolga i paesi che soddisfano i criteri di adesione. Temo che questa risoluzione presenti l’allargamento come un obbligo ineludibile sia per i paesi candidati sia per l’Unione europea. La risoluzione non contempla la possibilità che per quei paesi possa risultare più conveniente restare al di fuori dell’Unione europea, per tutta una serie di ragioni sociali, economiche o d’altro tipo. L’adesione all’UE è un grande passo per i paesi interessati e merita di essere discussa nella maniera più ampia possibile, con la consultazione dei cittadini di quei paesi. Per tale motivo mi sono astenuta dal voto.

 
  
  

- Proposta di risoluzione sull’eliminazione della violenza contro le donne (B7-0139/2009)

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) Con la Giornata internazionale dell’eliminazione della violenza contro le donne, le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa intendono stimolare il dibattito sulle vittime delle violenze domestiche e di altri maltrattamenti e dare maggiore visibilità alle persone che li subiscono.

In Portogallo la situazione è preoccupante. Il numero dei casi di violenze domestiche registrato dall’Associazione portoghese per il sostegno alle vittime (APAV) è cresciuto del 9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008. Secondo l’APAV, gli abusi fisici e psicologici, le minacce e le aggressioni sessuali sono aumentati in gran misura rispetto ai dati relativi al 2008. Quest’anno in Portogallo sono già morte ventisei donne a causa di violenze domestiche. Eppure, la grande maggioranza di questi crimini non vengono denunciati, per paura e vergogna.

L’Unione europea deve intensificare gli sforzi volti a contrastare tale fenomeno. Penso anch’io che sia necessario incoraggiare gli Stati membri a preparare piani d’azione nazionali per la lotta alla violenza contro le donne. Appoggiamo qualsiasi iniziativa suscettibile di contribuire a modificare i comportamenti, in contemporanea con l’organizzazione di un Anno europeo di lotta alla violenza contro le donne, per denunciare il problema e attirare l’attenzione sia dell’opinione pubblica sia delle autorità su questa preoccupante situazione.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione sull’eliminazione della violenza contro le donne perché ritengo che la Commissione e il Consiglio debbano consolidare l’azione comunitaria in tale ambito. L’Unione europea ha urgente bisogno di una politica più ampia per la lotta alla violenza contro le donne; nello specifico, la Commissione dovrebbe redigere una proposta di direttiva volta ad assicurare una chiara base giuridica per la lotta a tutte le forme di violenza contro le donne, compresa la tratta. Va riconosciuto e apprezzato il fatto che la presidenza spagnola abbia iscritto tale questione tra le priorità del suo programma.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) In una settimana in cui le cifre allarmanti dei casi di violenze domestiche hanno fatto notizia in Portogallo, credo che la violenza contro le donne e i bambini sia un argomento che merita considerazione e un intervento serio da parte dei governi.

Condanno tutti i tipi di violenza, ma in special modo quella contro le persone più vulnerabili – sotto il profilo sociale, economico o emotivo -, com’è spesso il caso delle donne e dei bambini. Gli Stati membri dovrebbero dunque cercare di eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e i bambini, in particolare la tratta a fini di sfruttamento sessuale, le aggressioni a sfondo sessuale e le violenze domestiche.

Il rispetto della vita umana e della dignità non si concilia con i crimini le cui vittime sono molte donne e molti bambini europei; è dunque necessario adottare energiche politiche di prevenzione della violenza e punire gli autori dei crimini.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Nella Giornata internazionale dell’eliminazione della violenza contro le donne vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto a questo grave problema sociale, economico e politico che mina i diritti delle donne in molti ambiti diversi, compresi il lavoro, la famiglia e la società nel suo complesso. La violenza contro le donne costituisce una violazione dei diritti umani e un impedimento alla loro partecipazione alla vita sociale e politica, nonché un ostacolo nella loro vita pubblica e professionale che non permette loro di agire come cittadini a pieno titolo.

Per quanto le molte forme di violenza siano diverse a seconda delle culture e delle tradizioni, le crisi economiche e sociali del capitalismo rendono le donne ancora più vulnerabili, in termini sia collettivi che individuali, perché aumentano lo sfruttamento di cui sono vittima e le spingono verso la povertà e l’emarginazione, che a loro volta alimentano la tratta delle donne e la prostituzione.

E’ quindi cruciale potenziare le misure finanziarie e politiche che mirano effettivamente a rafforzare il ruolo delle donne nella società promuovendo la parità di diritti a livello sia comunitario sia nazionale, attuando piani concreti di lotta a tutti i tipi di violenza contro le donne, eliminando forme residue di discriminazione e tutelando e aiutando le vittime.

 
  
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  Marine Le Pen (NI), per iscritto. (FR) Mentre festeggiamo il decimo anniversario della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, occorre ricordare che le misure preventive attuate a tal fine non hanno prodotto i risultati sperati. Come si spiega tutto ciò? A giudicare dalle discussioni svoltesi in quest’Aula possiamo rispondere così: disparità di genere.

Se la disparità di genere è stata la causa principale di questo fenomeno, i paesi dell’Europa settentrionale, famosi per le loro culture e abitudini molto progressiste, dovrebbero poter vantare i risultati migliori. Invece non è così; semmai è vero il contrario. Secondo il quotidiano norvegese Aftenposten, ogni anno il 6 per cento delle donne svedesi di età compresa tra 15 e 25 anni subisce uno stupro.

Ci vuole coraggio per dire che l’aumento delle violenze contro le donne è coinciso con l’arrivo in massa di immigrati extraeuropei la cui cultura e le cui tradizioni sono esattamente all’opposto delle nostre. Il burka, i matrimoni forzati, la poligamia, le mutilazioni genitali femminili, i delitti d’onore e altri comportamenti appartenenti a epoche passate sono inaccettabili.

Pertanto è del tutto assurdo continuare a incoraggiare questa immigrazione se nel contempo si vuole combattere la violenza contro le donne.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE), per iscritto. (FR) E’ perfettamente logico che la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ci ricordi, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che siamo tuttora ben lontani da una situazione di tolleranza zero verso la violenza contro le donne, a dispetto del gran numero di strumenti giuridici e dichiarazioni delle Nazioni Unite, per non parlare delle tante risoluzioni adottate dal Parlamento europeo nel corso di vari decenni. E’ innegabile che le violenze perpetrate dagli uomini sulle donne costituiscono violazioni dei diritti umani e come tali vanno punite.

Il Parlamento europeo deve dunque ricordare agli Stati membri il loro dovere di inasprire le rispettive legislazioni e politiche per poter contrastare efficacemente tutte le forme di violenza contro le donne.

Purtroppo, nella risoluzione in esame abbiamo, ancora una volta, esagerato i toni e, in particolare, abbiamo ignorato il principio di sussidiarietà.

Chiedere al Consiglio e alla Commissione di creare una base giuridica per la lotta a tutte le forme di violenza contro le donne rivela il grado di ignoranza dei trattati. Una base giuridica non può essere creata: o c’è o non c’è.

Chiedere che si organizzi un’altra conferenza di alto livello porterà soltanto a un nuovo esborso di fondi che potrebbero essere impiegati meglio per attuare misure specifiche.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. (FR) Accolgo con favore il voto del Parlamento europeo sulla risoluzione concernente l’eliminazione della violenza contro le donne in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La proclamazione di questa Giornata da parte delle Nazioni Unite nel 1999 e l’adozione oggi della risoluzione del Parlamento sono strumenti preziosi per ricordare ai governi nazionali gli impegni che hanno assunto firmando i trattati internazionali sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Per tale motivo appoggio la risoluzione, che chiede direttamente agli Stati membri di potenziare le rispettive norme e politiche nazionali volte a contrastare tutte le forme di violenza contro le donne. A livello europeo è essenziale, in particolare, fornire assistenza e sostegno a tutte le vittime di violenze, specialmente a quelle della tratta di esseri umani, a prescindere dalla loro nazionalità, nonché garantire tutela alle vittime di violenze domestiche il cui status giuridico dipende dal partner.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Quando parliamo di violenza contro le donne parliamo di qualcosa che è chiaramente una realtà in tutti gli Stati membri, dato che una donna su quattro subisce violenze.

In un’Unione europea che si considera il campione dei diritti e delle libertà di tutti i suoi cittadini, dobbiamo compiere ogni sforzo per porre fine a questo flagello. L’adozione della proposta di risoluzione in esame rappresenta un importante passo avanti verso l’individuazione di soluzioni nuove, e pertanto ho votato a favore.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato per la risoluzione perché la violenza contro le donne resta un problema troppo diffuso in Romania e in tutto il mondo, tale da rendere necessaria l’adozione di misure urgenti per contrastare questa piaga. Le norme non sono più un problema; lo è, piuttosto, la loro applicazione in una situazione in cui molte donne sono riluttanti a denunciare alle autorità le violenze che subiscono, preferendo patire e sopportare in silenzio.

Credo che ci sia bisogno di una potente campagna capace di coinvolgere l’intera società, da attuare mediante attività continue e a lungo termine, mirate a influenzare il modo di pensare delle persone affinché tutti prendano coscienza del fatto che la violenza contro le donne non è né permessa né giustificata. Ritengo anch’io che occorra anche una contemporanea azione coordinata da parte delle autorità e della società civile per fornire sostegno alle vittime delle violenze domestiche.

 
  
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  Peter Skinner (S&D), per iscritto. (EN) Accolgo con piacere l’impegno del Parlamento a favore di questa causa. E’ essenziale che degli aiuti previsti possano beneficiare specialmente le donne più vulnerabili, come le vittime della tratta delle donne.

Sono sbigottito che il gruppo ECR, cui aderiscono i conservatori britannici, abbia presentato un emendamento per limitare l’ambito di applicazione della proposta in parola. Voglio sottolineare che molte delle vittime vivono in condizioni di povertà o sono immigrate oppure appartengono a minoranze presenti tra la nostra popolazione. Escludere proprio loro dagli aiuti destinati alle persone più vulnerabili è tanto insensato quanto disumano.

Sono altrettanto sbigottito per il fatto che i verdi non condividano la proposta e chiedano la cancellazione di un passo in cui saggiamente si parla della tolleranza della prostituzione, e si sa che proprio nel mondo della prostituzione c’è tanta violenza contro le donne.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Le donne cadono facilmente preda di qualsiasi forma di violenza a causa della loro posizione di disuguaglianza in tutte le classi della società, dove sono esposte all’oppressione di classe e di genere.

Maltrattamenti fisici, stupri, tratta sono solo alcune delle forme della violenza contro le donne e rivelano la dimensione di genere dell’aspetto di classe della disparità femminile.

Ma la violenza è un fenomeno sociale con specifiche cause economiche, politiche e sociali, che sono radicate nei rapporti capitalistici di produzione e non potranno essere eliminate fintantoché esisteranno questi rapporti. I movimenti di base devono chiedere l’adozione di misure volte a prevenire tale fenomeno e ad aiutare le vittime, donne e bambini, adoperandosi per cambiamenti radicali a livello sociale e politico a favore delle persone.

Siamo decisamente contrari alla creazione, da parte di organizzazioni non governative e privati cittadini, di centri di consulenza e agenzie per aiutare le donne maltrattate. Questi compiti sono di esclusiva competenza dello Stato.

Le misure proposte nella risoluzione non soltanto non saranno in grado di risolvere il problema, perché non ne intaccano le cause, ma anzi, cercando di gestirlo, non faranno altro che perpetuarlo.

 
  
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  Marina Yannakoudakis (a nome del gruppo ECR) , per iscritto. (EN) Il gruppo ECR appoggia pienamente e sottolinea l’assoluta necessità di una maggiore sensibilizzazione e un maggior impegno per combattere la violenza contro le donne. Non condividiamo però le richieste di creare una base giuridica comunitaria e di adottare altre direttive (vedasi i paragrafi 10, 11 e 27) per affrontare il problema.

Pur riconoscendo che c’è del lavoro da fare in questo ambito, crediamo che la competenza a deliberare in materia sia degli Stati nazionali. Il gruppo ECR ritiene altresì che le questioni delle scelte sessuali e riproduttive e del diritto alla salute riguardino la coscienza individuale di ciascun deputato e di ciascuno Stato membro. Per tali motivi il gruppo ECR ha deciso di astenersi dal voto.

 
  
  

- Proposta di risoluzione su una soluzione politica al problema della pirateria al largo della Somalia (RC-B7-0158/2009)

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La Somalia è uno dei casi più eclatanti di fallimento totale del potere centrale e di ritorno a un modo di vivere tribale e fondato sulla guerra, essendo l’epicentro di violenze e instabilità che si propagano ben al di fuori dei suoi confini. Le coste somale sono state sotto la costante minaccia di gruppi armati che non soltanto lottano per conquistare il controllo delle zone costiere, ma compiono anche intollerabili atti di pirateria contro altre imbarcazioni, soprattutto mercantili, navi da carico, pescherecci, convogli di aiuti umanitari e natanti da diporto.

La gravità e la frequenza di questi episodi rende necessaria una risposta netta da parte dell’intera comunità internazionale, Unione europea compresa. L’UE deve impegnarsi a lottare contro la pirateria e a fare tutto quanto in suo potere non solamente per studiarne le cause e le conseguenze ma anche per mobilitare tutte le forze somale e internazionali che hanno la volontà e le capacità di affrontare il problema.

Voglio inoltre spendere parole di lode per l’equipaggio della fregata portoghese Corte-Real, nella persona del suo comandante, che si è distinto nella lotta contro questo flagello e di recente ha ricevuto l’apprezzamento dell’Organizzazione marittima internazionale.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Quando parliamo della Somalia non dobbiamo dimenticare che non esiste una soluzione militare alla crisi che la affligge e che occorre tener conto della mancanza di risorse finanziarie in quel paese, che è stata causata dalla crisi debitoria internazionale e ha creato un vuoto di cui si sono profittati i pescatori che operano illegalmente nelle acque territoriali somale. Questo fatto è stato uno dei motivi principali per cui i pescatori somali non hanno più mezzi di sostentamento, dato che il governo del paese è stato costretto a sospendere le attività di controllo della guardia costiera nazionale per mancanza di fondi.

Una delle questioni essenziali è pertanto garantire assistenza tecnica e finanziaria e fornire aiuti a un processo di conciliazione e mediazione tra le parti coinvolte nella guerra civile.

La Commissione e il Consiglio dovrebbero dunque rivedere la loro strategia politica per la Somalia, inclusa l’operazione Eunavfor Atalanta, e concentrarsi sull’attuale situazione generale del paese, in modo particolare sulla necessità di risolvere i problemi umanitari contribuendo a eliminare le cause sottostanti di quella catastrofe, che è motivo di sofferenza per milioni di somali.

Vogliamo infine sottolineare che le risorse stanziate per gli aiuti e lo sviluppo o il Fondo di sviluppo europeo non devono in alcun modo essere utilizzate a fini militari.

 
  
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  Richard Howitt (S&D), per iscritto. (EN) Sono molto orgoglioso del fatto che il Regno Unito sia alla guida della prima missione navale organizzata nel quadro della politica europea di sicurezza e di difesa, ossia l’operazione Atalanta, con un comandante in capo britannico e il quartier generale nel Regno Unito. L’operazione Atalanta svolge un compito d’importanza vitale nel proteggere le navi che portano aiuti alimentari ai rifugiati in Somalia e le imbarcazioni vulnerabili che transitano al largo delle coste somale.

I deputati laburisti al Parlamento europeo hanno lanciato un appello per chiedere il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi, compresi i due cittadini britannici – Paul e Rachel Chandler del Kent – prigionieri dei pirati somali. Siamo solidali con la loro famiglia e apprezziamo l’impegno profuso dal ministero degli Esteri britannico, che sta sfruttando ogni possibile aggancio nell’Africa orientale per negoziare la rapida liberazione della coppia.

Infine, per quanto riguarda il campo d’azione della missione Atalanta, abbiamo notato che nella risoluzione si chiede di valutare la possibilità di espanderlo. Voglio sia messo a verbale che, secondo noi, tale ipotesi non è praticabile in questo momento; dobbiamo invece darci da fare per garantire un successo duraturo alla missione così com’è strutturata adesso.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’attuale situazione al largo delle coste somale è sbagliata sotto ogni punto di vista e ha ripercussioni su tutti i paesi.

Ritengo pertanto che, in attesa di trovare una soluzione politica al problema della Somalia e visto il persistere nella regione di un clima di instabilità, dobbiamo perseguire una strategia di sicurezza rafforzata per l’operazione Atalanta, anche potenziando i mezzi di azione a disposizione delle forze dispiegate nell’operazione stessa.

 
  
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  Willy Meyer (GUE/NGL), per iscritto. (ES) Ho votato contro la risoluzione RC-B7-0158/2009 perché la pirateria non è un problema militare bensì un problema di sviluppo. Credo perciò che esso vada affrontato alla radice e che la soluzione non possa essere di tipo militare, né per via terrestre né per via marittima. L’ufficiale responsabile dell’operazione Atalanta ha affermato che una soluzione marittima non è possibile e che occorre stabilizzare la situazione nell’area. Penso che dobbiamo affrontare le questioni della governance, della stabilità delle istituzioni e dello sviluppo economico nella regione. Ma per quanto possiamo cercare di tappare le falle, il problema persisterà. Votando contro la risoluzione voglio anche esprimere la mia condanna per la privatizzazione delle azioni che sono di competenza delle forze armate, come avviene in Spagna, dove a società di sicurezza private è permesso salire sulle navi con armi da guerra. Ritengo inoltre che dobbiamo porre fine, oltre che alla pirateria in Somalia, anche alla pirateria straniera che sta depredando le acque somale.

 
  
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  Charles Tannock (ECR), per iscritto. (EN) Il relativo successo dell’operazione Atalanta, adesso prorogata di un anno, dimostra che, sebbene la politica europea di sicurezza e di difesa sia potenzialmente in grado di conseguire risultati significativi per gli Stati membri, non è ancora chiaro perché la NATO da sola non sia stata capace di risolvere il problema, evitando così che si creassero doppioni. Ma la pirateria rimane un pericolo evidente e presente nei mari circostanti il Corno d’Africa. Dobbiamo raddoppiare gli sforzi per contrastare questa minaccia, non solo al fine di proteggere le nostre navi ma anche di lanciare agli agenti di Al-Qaeda, che in Somalia possono contare su rifugi sicuri, un chiaro segnale della nostra determinazione.

La sicurezza nazionale non finisce ai confini nazionali. Lasciare che il flagello della pirateria cresca in maniera incontrollata non farà che moltiplicare i timori per la sicurezza dell’Unione europea a lungo termine. Sollecito altresì la Commissione a riconsiderare la possibilità di dare maggiore sostegno politico alla regione scissionista del Somaliland – ex territorio britannico e regione relativamente stabile, prospera e democratica – per aiutare a gestire la minaccia della pirateria in quell’area.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo su una soluzione politica al problema della pirateria al largo delle coste somale perché la pirateria marittima è un problema reale che continuerà ad affliggere le acque al largo della Somalia. L’Unione europea deve proteggere le imbarcazioni che transitano nella zona per mezzo di negoziati internazionali e misure di protezione. Una parte della soluzione consiste in aiuti internazionali volti a ridare stabilità alla Somalia. L’altra parte della soluzione è rappresentata dall’operazione Atalanta, avviata recentemente dall’UE per mettere fine alla pirateria al largo delle coste somale. All’operazione parteciperanno sei fregate, tre aerei di pattuglia marittima e 1 200 soldati britannici, francesi e greci, mentre altri paesi contribuiranno in futuro. Nell’ambito dell’operazione Atalanta è stato possibile proteggere navi da carico ad alto rischio garantendo loro una scorta; sono state intercettate 36 imbarcazioni dei pirati e sono stati sventati 14 attacchi diretti. Ma per poter ottenere la scorta, i competenti organi nazionali e le imbarcazioni interessate devono informare i responsabili dell’operazione e fare richiesta di protezione. E’ essenziale che le navi evitino di correre rischi inutili e chiedano protezione, per vie ufficiali e in tempo utile, nell’ambito dell’operazione Atalanta.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (ECR), per iscritto. (EN) Siamo favorevoli a una decisa azione internazionale per affrontare il problema della pirateria e non abbiamo alcun dubbio sul fatto che la marina britannica e le marine alleate degli Stati Uniti e di altri paesi europei faranno un buon lavoro. Non vediamo, tuttavia, alcun motivo perché l’Unione europea debba issare la propria bandiera su un’operazione navale. Siamo contrari all’ingerenza dell’UE in quanto istituzione in questioni inerenti alla difesa, perché in tal modo non si apporta alcuna capacità militare aggiuntiva ma semplicemente si creano doppioni o si complicano gli accordi ben sperimentati in ambito NATO. L’operazione Atalanta è stata concepita come un’occasione politica per aggiungere una dimensione marittima alla politica europea di sicurezza e di difesa durante la presidenza francese. Nonostante la presenza nelle acque al largo del Corno d’Africa della forza d’intervento combinata 151, sotto il comando degli Stati Uniti, e di un’unità marittima della NATO, è stato deciso di mettere frettolosamente insieme un’altra flotta e un’altra catena di comando. Siamo inoltre molto preoccupati per le proposte di inviare in Somalia una missione di addestramento nel quadro della PESD in un momento in cui la missione EUPOL in Afghanistan si è rivelata un fallimento e molti paesi europei non hanno voluto mettere a disposizione truppe e forze di polizia per urgenti missioni di addestramento in Afghanistan. Per inciso, noi non approviamo l’uso di termini quali “pescherecci dell’Unione europea”.

 
  
  

- Proposta di risoluzione su ambienti senza tabacco (B7-0164/2009)

 
  
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  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Sono favorevole a questa risoluzione che mette il Parlamento europeo in grado di appoggiare la politica antifumo della Commissione, fondata in gran parte su misure volontarie. L’esposizione al fumo di sigaretta è la principale causa di morte e di malattia in Europa; inoltre, il fumo comporta oneri notevoli a carico dei servizi sanitari. Mi auguro che le misure proposte dalla Commissione siano portate avanti e che negli anni a venire potremo godere di ambienti salubri in tutti i luoghi chiusi e sul posto di lavoro. Non posso fare a meno di ricordare che in Europa c’è tuttora una politica ipocrita: vogliamo avere meno problemi di salute causati dal fumo, però appoggiamo il mantenimento di sussidi a favore dei produttori di sigarette, anche se i sussidi vengono gradualmente ridotti. Credo che si dovrebbe impostare la politica agricola comune in modo tale da premiare i prodotti che contribuiscono a mantenere e migliorare la salute delle persone, non quelli che la mettono a rischio. Spero che nella sua riunione di dicembre il Consiglio discuta della tutela dei bambini, soprattutto quando sono esposti al fumo di sigaretta in automobile o altri luoghi chiusi. Credo che gli adulti abbiano una responsabilità al riguardo e che, laddove può intervenire, il legislatore sia tenuto a farlo.

 
  
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  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Credo che dobbiamo proteggere i non fumatori dal fumo passivo, ma dobbiamo anche sensibilizzare i fumatori sull’impatto che la loro dipendenza ha su loro stessi e sugli altri. Occorre farglielo capire con la massima chiarezza. In Belgio siamo avvantaggiati nel campo della lotta antifumo perché il nostro paese ha già chiesto l’imposizione di un divieto totale di fumo nei locali pubblici e in tutti i luoghi di lavoro entro il 2012.

Detto ciò, devo tuttavia esprimere due preoccupazioni. Primo: stiamo andando verso una società che impone divieti generalizzati? Che ne è della responsabilità individuale? Provo un senso di disagio di fronte a una società che assomiglia a quella descritta da George Orwell nel suo romanzo “1984”. Secondo: se si devono indurre i fumatori a smettere questa nociva abitudine, per il bene loro e degli altri, occorre farlo con il massimo rispetto. Il tabacco è una droga. Vietarlo del tutto sarebbe come negare il fatto che la maggior parte dei fumatori ne sono dipendenti. Un divieto totale può essere considerato come un atto di esclusione, che potrebbe rivelarsi controproducente. Perché, allora, non abbiamo previsto la possibilità di riservare ai fumatori aree specifiche?

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Pur avendo votato in linea con il resto del gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano), devo manifestare alcune perplessità su questa proposta di risoluzione.

In primo luogo, credo che le politiche antifumo dovrebbero essere decise dagli Stati membri e che il ruolo delle istituzioni europee, nel rispetto del principio di sussidiarietà, debba limitarsi alla formulazione di raccomandazioni non vincolanti. Dall’altro canto, credo anche che gli Stati membri debbano, sì, promuovere politiche antifumo, ma senza imporre restrizioni alla libertà di scelta degli operatori, soprattutto nel settore alberghiero, nel quale i singoli gestori devono avere la possibilità di decidere se vietare o meno il fumo. In tale contesto, il testo di legge che è stato approvato di recente in Portogallo è molto equilibrato.

La mia seconda perplessità riguarda la proposta di cancellare i sussidi diretti per la produzione di tabacco. Essendo il Portogallo uno dei paesi in cui si coltiva il tabacco, penso che una politica del genere vada analizzata con la massima attenzione perché potrebbe danneggiare gravemente gli agricoltori, che sarebbero costretti a sospendere la produzione ma non avrebbero alcuna alternativa sostenibile. Questa è la mia posizione sul paragrafo 9 della risoluzione.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La tutela della salute umana e della qualità della vita dei lavoratori sul posto di lavoro e della popolazione in generale costituisce la base di questa risoluzione ed è per tale motivo che abbiamo votato a favore.

E’ necessario migliorare la protezione dei non fumatori prevenendo il fumo passivo, ma anche creare le condizioni necessarie per monitorare e incoraggiare i fumatori a smettere. La politica proibizionista dovrebbe essere attuata solo nelle situazioni in cui se ne sia dimostrata la necessità.

Per quanto riguarda i sussidi legati alla produzione, chiediamo l’introduzione di incentivi per la conversione degli impianti di produzione del tabacco. Crediamo però che dovremmo evitare di creare una situazione nella quale finiremmo per favorire l’importazione di tabacco da paesi extracomunitari, a tutto vantaggio dei grandi profitti delle multinazionali del tabacco.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato per la cancellazione del paragrafo 13 dal testo originale, che così recita: “invita la Commissione a presentare una proposta legislativa al Parlamento e al Consiglio concernente l’introduzione, entro il 2011, di un divieto di fumo in tutti i luoghi di lavoro chiusi, compresi tutti gli edifici e i mezzi di trasporto pubblici chiusi dell’UE, nel campo della protezione della salute dei lavoratori”. La cancellazione è stata approvata in conformità del principio di sussidiarietà.

Credo che tutti gli Stati membri abbiano ancora molto da fare per creare ambienti senza tabacco, organizzare efficaci campagne di sensibilizzazione e applicare le migliori pratiche per dare esecuzione all’articolo 14 (le misure di riduzione della domanda variano a seconda dei livelli di dipendenza e di chi smette di fumare).

Penso, tuttavia, che tali azioni andrebbero attuate in prima istanza dai singoli Stati membri. Il testo originale della risoluzione metteva confusamente in un unico calderone la produzione di tabacco e il suo consumo. Sono perciò favorevole all’adozione dell’emendamento presentato dal gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratico Cristiano) che depenna dal testo originale una parte del paragrafo 9, togliendo così i riferimenti alla produzione di tabacco. Queste due modifiche hanno migliorato la risoluzione finale. Ritenendo accettabili gli altri punti, ho espresso un voto favorevole.

 
  
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  Robert Goebbels (S&D), per iscritto. (FR) Mi sono astenuto dal voto sulla risoluzione concernente il fumo. In vita mia non ho mai fumato, ma ritengo che queste continue vessazioni dei fumatori siano assolutamente antilibertarie. I divieti già esistenti bastano e avanzano.

Prendo le distanze da queste vessazioni continue e controproducenti. La volontà di eliminare la coltivazione del tabacco in Europa si tradurrà in un aumento delle importazioni da paesi terzi.

 
  
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  Elisabeth Jeggle (PPE), per iscritto. (DE) La politica sanitaria e, di conseguenza, la protezione dei non fumatori rientrano in tutta evidenza tra le competenze degli Stati membri e non dovrebbero essere regolamentate a livello centrale. Gli Stati membri devono essere liberi di stabilire in quale misura vogliono tutelare i non fumatori. Occorre mettere bene in chiaro che l’Unione europea non ha alcuna competenza in questo campo. Per tale motivo ho votato a favore della risoluzione del Parlamento per il vertice dei ministri della Salute dell’UE che si terrà la settimana prossima.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. (FI) Ho votato a favore della risoluzione anche se avrei preferito che fosse più severa. Il fumo è la maggiore causa singola di morte prematura in Europa. Il fumo di tabacco è un inquinante ambientale che contiene oltre un centinaio di componenti nocivi per la salute. Ciò nonpertanto, in alcune parti d’Europa è permesso non soltanto ai fumatori ma anche a chi sta loro vicino di essere esposti al fumo. Il fumo passivo è un problema morale perché chi lo subisce non ha scelta. E’ necessario proteggere in particolare i bambini.

Dagli studi risulta che nel caso dei figli di fumatori è come se essi “fumassero” una sigaretta ogni quattro di quelle fumate effettivamente dai loro genitori. Ogni anno il fumo causa la morte prematura di quasi 100 000 cittadini europei. Molti Stati membri hanno già messo in pratica misure eccellenti. Quando la Finlandia ha finalmente bandito il fumo da ristoranti e bar ci sono state grandi proteste. Ora, a due anni di distanza, la gente è contenta. Ciò riflette la natura della politica sanitaria pubblica: si possono ottenere risultati duraturi attraverso la prevenzione e la sensibilizzazione, ma ci vuole la fermezza del legislatore per superare le resistenze. Non sono d’accordo con i colleghi che pensano che la Comunità non abbia bisogno di norme vincolanti in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro. Occorre riconoscere che le raccomandazioni non sono state sufficienti dappertutto. Sono favorevole al paragrafo 13 della risoluzione, che invita la Commissione a presentare una proposta legislativa per vietare il fumo nei posti di lavoro al chiuso e anche nei mezzi pubblici di trasporto.

Il fumo ha un costo per la società, il quale, oltre a tutto, è pagato da quel 70 per cento di europei che non fumano. Condivido pertanto il parere espresso dal Parlamento nel 2007 sulla necessità di inasprire le disposizioni della direttiva sui prodotti del tabacco e di considerare i produttori responsabili delle spese dell’assistenza sanitaria connessa con il consumo di tabacco. L’Unione deve prima di tutto rimediare alle proprie contraddizioni. E’ ora che cominciamo a ridurre gradualmente i sussidi per la coltivazione del tabacco, fino ad arrivare alla loro completa abolizione.

 
  
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  Elisabeth Morin-Chartier (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della risoluzione sugli ambienti senza tabacco perché credo che essa sia fondamentale per monitorare i progressi in atto verso l’introduzione su vasta scala di tali ambienti nell’Unione europea e per facilitare sia lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri sia il coordinamento della politica di protezione dei cittadini dai rischi del fumo. Ho votato a favore anche del mantenimento del paragrafo 9 riguardante la cancellazione entro il 2010 dei sussidi direttamente legati alla produzione di tabacco, a causa delle implicazioni per la salute. Sono inoltre d’accordo con i colleghi della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, i quali ci hanno ricordato che il fumo resta la prima causa individuata di morte e malattia nell’Unione europea.

 
  
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  Mariya Nedelcheva (PPE), per iscritto. (BG) Ho votato a favore della richiesta di depennare dal paragrafo 9 della proposta di risoluzione il riferimento esplicito all’anno 2010. Nel mio paese, la coltivazione del tabacco è un’attività economica d’importanza vitale, cruciale per gran parte della popolazione in aree nelle quali rappresenta l’unica fonte di sostentamento. Tra esse vi è la mia regione di provenienza, Blagoevgrad.

Il mio paese è stato tra gli otto principali coltivatori di tabacco in Europa che un anno fa hanno chiesto la proroga fino al 2013 degli attuali sussidi, nonostante l’accordo volto ad abolire entro il 2010 la correlazione tra importo delle risorse stanziate e volume della produzione. Ogni volta che parliamo con i coltivatori di tabacco, una delle domande che ci vengono rivolte più spesso è: che ne sarà di noi?

Non posso promettere loro miracoli, ma stiamo collaborando con il nostro governo per individuare misure atte a impedire che queste persone finiscano allo sbaraglio per aver perduto i loro principali mezzi di sostentamento. Posso comprendere le argomentazioni dei colleghi che stanno sostenendo la campagna antifumo; li invito tuttavia a non confondere la lotta contro il fumo con lo smantellamento della coltivazione del tabacco in Europa, nonché, vista la crisi economica, ad adoperarsi per garantire da parte nostra un atteggiamento prudente e saggio.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Sono favorevole a tutte le misure ragionevoli che mirano a contrastare l’abitudine al fumo e a proteggere i non fumatori. Nutro però dubbi quanto agli effetti di qualsiasi tipo di misura diretta contro i coltivatori di tabacco. Attualmente in Romania circa 1 600 ettari di terreno sono coltivati a tabacco, con una produzione intorno alle 3 000 tonnellate, che è in ogni caso una quantità molto piccola se raffrontata con quella lavorata dalle manifatture tabacchi romene, stimata grosso modo in 30 000 tonnellate.

La differenza tra le due quantità – all’incirca 27 000 tonnellate – è coperta da importazioni, perlopiù dall’Africa e dall’Asia. Se scoraggiamo la produzione di tabacco negli Stati membri, non faremo altro che incoraggiare ulteriori importazioni da paesi terzi, a tutto scapito dei produttori europei.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. (FR) Questa è una risoluzione fattiva e ambiziosa. Trovo tuttavia sconcertante il comportamento della maggioranza dei colleghi, in particolare del gruppo cristiano-democratico, che hanno votato contro il paragrafo 13 sulla spinta dell’intensa attività di lobbying svolta da potenti gruppi di pressione e dalle parti interessate.

Essi credono quindi che l’Europa non debba far sentire la propria voce in questo dibattito e non rappresenti un valore aggiunto per quanto riguarda la creazione per i cittadini europei di aree salubri in tutti i luoghi pubblici, sui posti di lavoro e nei mezzi pubblici di trasporto. In altri termini, non si preoccupano degli effetti discriminatori sui lavoratori europei. Tanto per citare un esempio: in Irlanda la popolazione sarà tutelata molto bene da una legge nazionale, mentre è ancora tutto da vedere se i cittadini greci o cechi potranno un giorno godere di questa possibilità – o, meglio, di questo diritto.

A ulteriore prova del “lavaggio del cervello” che hanno subito ad opera dei gruppi di pressione, hanno votato contro anche il paragrafo 9, che semplicemente cita una delle modifiche già apportate alla politica agricola comune e prevede l’abolizione entro il 2010 dei sussidi direttamente collegati alla coltivazione di tabacco.

 
  
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  Vilja Savisaar (ALDE), per iscritto. (ET) La proposta di risoluzione sugli ambienti senza tabacco mira a realizzare un grande cambiamento con l’imposizione del divieto di fumo nelle istituzioni pubbliche e nei luoghi pubblici in tutta l’Europa. L’intento della risoluzione è quello di affidare alla Commissione il compito di redigere il necessario documento legislativo, che dovrebbe entrare in vigore nel 2011. Sebbene molti deputati, me compresa, abbiano votato a favore del divieto di fumo in luoghi pubblici (specialmente nei posti di lavoro), il Partito popolare si è purtroppo opposto a tale proposta. La maggioranza del Parlamento non ha dimostrato alcuna considerazione per la tutela della salute dei cittadini europei in generale né, in particolare, di coloro che, pur non fumando, sono costretti a respirare il fumo di tabacco nei luoghi pubblici, con conseguenti danni per la loro salute. Mi auguro che questo aspetto della questione non finisca nel dimenticatoio ma sia iscritto nuovamente in bella evidenza nell’attuale agenda europea, dato che molti Stati membri non hanno ancora imposto un divieto di fumo nei luoghi pubblici, pur avendo avuto l’opportunità di farlo.

 
  
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  Marc Tarabella (S&D), per iscritto. (FR) Condivido l’intenzione, espressa nella risoluzione, di compiere progressi nella lotta contro il fumo passivo imposto ai non fumatori. Taluni, però, profittano di questa situazione per inserire nella risoluzione una norma contro i sussidi versati ai coltivatori di tabacco. Personalmente sono a favore della concessione di tali aiuti a chi pratica un’arte che sta scomparendo. Dobbiamo tener presente che il tabacco rappresenta meno del 10 per cento di ciò che finisce in una sigaretta; ci poniamo altrettanti interrogativi anche sugli additivi che costituiscono oltre il 90 per cento del contenuto delle sigarette e sulla loro nocività?

 
  
  

- Proposta di risoluzione sul vertice della FAO e la sicurezza alimentare (RC-B7-0168/2009)

 
  
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  Liam Aylward (ALDE), per iscritto. (EN) Dato che ogni anno oltre 40 milioni di persone muoiono di fame e di miseria, compresi i bambini, che muoiono al ritmo di uno ogni sei secondi, e considerato che la crisi alimentare globale è una delle minacce più gravi per la pace e la sicurezza nel mondo, ho votato a favore di questa risoluzione, che arriva al momento giusto. La risoluzione invita la Commissione a eseguire una valutazione dell’impatto complessivo delle politiche e dei programmi comunitari nei settori dell’agricoltura, dello sviluppo e del commercio per garantire un approccio politico coerente e sostenibile alla sicurezza alimentare mondiale. Posto che, come la risoluzione giustamente rileva, tutti hanno diritto a cibi sani e nutrienti, l’Unione europea deve agire affinché queste politiche possano garantire una sicurezza alimentare sostenibile.

 
  
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  Ole Christensen, Dan Jørgensen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (S&D), per iscritto. (DA) I socialdemocratici danesi appoggiano la graduale eliminazione degli aiuti agricoli comunitari. Oggi abbiamo votato a favore della risoluzione sul vertice mondiale della FAO e la sicurezza alimentare, che è incentrata sulle principali sfide che stiamo affrontando per eliminare alla radice il problema della fame e garantire in futuro migliori opportunità ai paesi in via di sviluppo. Tuttavia deploriamo vivamente le lodi sperticate che la risoluzione rivolge alla politica agricola e degli aiuti, tra l’altro nei paragrafi 3, 9 e 14.

 
  
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  Corazza Bildt, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE), per iscritto. (SV) Oggi i conservatori svedesi hanno votato contro la risoluzione (B7-0168/2009) sul vertice mondiale della FAO e la sicurezza alimentare. Siamo preoccupati per la fame nel mondo e crediamo che sia importante concentrarsi sulla sicurezza alimentare. Tuttavia, noi conservatori svedesi crediamo, a differenza di quanto affermato nella risoluzione, che la politica agricola comune (PAC) sia una parte del problema, piuttosto che della soluzione, e che debba essere riformata.

 
  
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  Lena Ek, Marit Paulsen, Olle Schmidt e Cecilia Wikström (ALDE), per iscritto. (SV) Nel mondo c’è oggi una situazione paradossale: un miliardo di persone soffrono di obesità e contemporaneamente un miliardo di persone muoiono di fame. Questa situazione è disastrosa e rende necessaria l’adozione di misure immediate, soprattutto da parte della ricca Unione europea. Non crediamo, però, che la politica agricola comune, così com’è oggi, rappresenti la soluzione. La nostra politica agricola ha conseguito buoni risultati in passato ma non ha più senso in una prospettiva futura. Poiché la risoluzione è contraria alla revisione dell’attuale sistema degli aiuti agricoli comunitari (di cui potrebbero beneficiare il clima, i poveri in tutto il mondo e gli agricoltori europei), non abbiamo potuto fare altro che astenerci dal voto.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione comune sul vertice mondiale della FAO e la sicurezza alimentare perché credo che siano necessarie misure urgenti per porre fine a questo flagello, che colpisce un sesto della popolazione mondiale. Considerato l’impatto del cambiamento climatico sull’agricoltura, soprattutto in termini di riduzione della produttività a causa della scarsità di risorse idriche, che colpisce specialmente paesi che già devono lottare contro questo problema, dobbiamo elaborare politiche agricole coerenti e compatibili con la tutela del clima e la lotta contro la fame.

 
  
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  Göran Färm (S&D), per iscritto. (SV) Oggi i socialdemocratici svedesi hanno deciso di votare a favore della proposta di risoluzione comune sul vertice mondiale della FAO e la sicurezza alimentare. Attualmente più di un miliardo di persone soffrono la fame. Le fortissime oscillazioni dei prezzi e il drammatico aumento dei prezzi dei generi alimentari sul mercato mondiale sono all’origine di una crisi alimentare globale che ha ulteriormente peggiorato le possibilità per i poveri del mondo di avere accesso al cibo.

Vogliamo tuttavia sottolineare che non condividiamo la posizione del Parlamento secondo cui non dovremmo ridurre le misure di sostegno del mercato e gli aiuti concessi agli agricoltori nel quadro della politica agricola comune dell’Unione europea. Noi non crediamo che le misure di sostegno e gli aiuti possano contribuire, sul lungo periodo, a una maggiore sicurezza dell’approvvigionamento alimentare dei paesi in via di sviluppo – anzi, produrranno l’effetto opposto. Generi alimentari europei sovvenzionati e a buon mercato vengono esportati nei paesi in via di sviluppo e, a causa dei loro prezzi competitivi, spesso mettono fuori mercato la produzione alimentare interna di quei paesi, privandoli così della possibilità di conseguire l’autosufficienza alimentare a più lungo termine.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Non si può restare indifferenti di fronte a questo problema globale sapendo che 40 milioni di persone muoiono ogni anno di fame e che ogni sei secondi un bambino muore di malnutrizione.

L’Unione europea è il principale donatore di aiuti umanitari e allo sviluppo, ma solo una piccola parte di essi sono indirizzati verso l’agricoltura, che potrebbe soddisfare le esigenze alimentari di migliaia di persone che continuano a soffrire di malnutrizione. L’Unione europea dovrebbe pertanto rivedere urgentemente le sue politiche di aiuto e di sviluppo, privilegiando gli aiuti all’agricoltura nei paesi in via di sviluppo – un settore che rappresenta la fonte di sostentamento per oltre il 70 per cento della forza lavoro.

La politica agricola comune deve adattarsi anche internamente alla crisi in atto, che comporta un aumento dei costi di produzione per gli agricoltori europei, evitando di smantellare le misure di sostegno al mercato e/o di ridurre i sussidi agricoli, nonché potenziando gli aiuti per le aziende agricole piccole e medie e migliorando il loro accesso al credito, affinché possano conservare i livelli di produzione nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Anche se non condividiamo tutti i punti della risoluzione, abbiamo deciso di appoggiarla perché essa mette in luce l’importanza di principi che reputiamo fondamentali ai fini di una vera lotta contro la fame nel mondo, che sono, in particolare:

– evidenziare che “la lotta contro la fame deve fondarsi sul riconoscimento del diritto alla sovranità alimentare”,

– riconoscere “il diritto della popolazione locale di ciascun paese di controllare le terre coltivabili e altre risorse naturali di rilevanza vitale per la sua sicurezza alimentare”.

La risoluzione richiama inoltre l’attenzione sul ruolo dell’agricoltura ai fini della lotta contro la fame e sottolinea quanto sia importante garantire i redditi degli agricoltori. Resta da vedere se in futuro il Parlamento sarà coerente con le sue deliberazioni odierne o se, come spesso accade, dopo aver fatto belle dichiarazioni, quando si tratterà di tradurle effettivamente in pratica si rimangerà le sue stesse parole e approverà norme che violano questi principi.

Non dobbiamo dimenticare che le varie riforme della politica agricola comune che si sono succedute dopo la liberalizzazione dei mercati agricoli attuata dall’Organizzazione mondiale del commercio, e che riflettono soltanto gli interessi delle grandi imprese agroalimentari, hanno contribuito all’impoverimento del settore agricolo mondiale. La produzione agricola dovrebbe servire anzitutto a sfamare le persone, non ad arricchire i monopoli delle esportazioni.

 
  
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  Anne E. Jensen e Jens Rohde (ALDE), per iscritto. (DA) Noi deputati europei del Partito liberale danese abbiamo votato a favore della risoluzione sulla sicurezza alimentare perché vogliamo sottolineare quanto sia importante che l’Unione europea assuma una responsabilità globale nella lotta contro la fame e la povertà. Siamo però contrari al paragrafo 9 della risoluzione, che mette in dubbio la continua liberalizzazione della politica agricola dell’Unione europea. Il Partito liberale danese sostiene l’abolizione graduale degli aiuti agricoli e la definizione di norme comuni atte a garantire che gli agricoltori europei possano competere in condizioni di parità.

 
  
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  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. (DE) La sicurezza alimentare a lungo termine è una delle sfide centrali della politica agricola comune. Soprattutto in considerazione delle carenze alimentari, dobbiamo sottolineare l’importanza di una PAC forte, in grado di svolgere in futuro un ruolo chiave nel superare le sfide globali. Si rende perciò necessario garantire adeguati finanziamenti a lungo termine per la PAC, che sarà un elemento rilevante della politica comunitaria nel campo della sicurezza alimentare dopo il 2013 e svolgerà un ruolo significativo nella politica dello sviluppo e nella politica esterna di sicurezza alimentare.

Le maggiori priorità sono pertanto ecosistemi perfettamente funzionanti, terreni fertili, risorse idriche stabili e un’ulteriore diversificazione dell’economia rurale. La cooperazione e la solidarietà internazionali, insieme con accordi commerciali equilibrati che favoriscono (e non mettono a rischio) la sicurezza alimentare, rappresentano fattori essenziali della sicurezza alimentare globale, ed è qui che la PAC può fornire un contributo importante. I paesi importatori netti di generi alimentari sono quelli più pesantemente colpiti dall’aumento dei prezzi alimentari, ma molti di essi sono anche tra i paesi meno sviluppati a livello mondiale. L’Unione europea deve adottare misure per contrastare questa situazione.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La fame è un flagello che colpisce un numero crescente di persone. L’Unione europea, essendo fondata sulla solidarietà, deve essere in prima fila nella lotta contro questo problema sempre più diffuso. La crisi alimentare mondiale è una delle minacce più gravi per la pace e la sicurezza mondiali; pertanto è necessario rafforzare tutte le politiche europee e mondiali nel campo della sicurezza alimentare.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Gli autori della risoluzione, pur dovendo affrontare il problema della fame e le questioni più generali in discussione al vertice alimentare e agricolo, sono nondimeno riusciti a occultare la causa principale del problema, cioè il sistema capitalista di sfruttamento e la strategia che anche l’Unione europea persegue lealmente affinché il capitale possa prosperare. La produzione alimentare e le multinazionali della distribuzione stanno scacciando gli agricoltori dalle loro terre per concentrare la proprietà di queste ultime, dando così un grave colpo ai contadini poveri e medi. Per le classi lavoratrici e più basse diventa sempre più difficile, anche nei paesi capitalisti sviluppati, tutelare la salubrità e la sicurezza degli alimenti, mentre le multinazionali alimentari stanno rastrellando profitti enormi e acquistando vaste distese di terreni, soprattutto in Africa, prevedendo che la produzione alimentare dovrà raddoppiare entro il 2050. L’Unione europea è alla testa del processo di liberalizzazione e privatizzazione di tutti i fattori della produzione alimentare – acqua, energia, trasporti e tecnologia – e sta costringendo i paesi terzi a fare lo stesso attraverso l’Organizzazione mondiale del commercio e accordi bilaterali.

La PAC è il fondamento della politica tesa a sradicare le imprese agricole piccole e medie e a sostenere i monopoli e i loro profitti. I contadini e i lavoratori stanno lottando contro questa politica, stanno combattendo per rovesciare questo sistema di sfruttamento e garantire cibo sano e sicuro per tutti.

 
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