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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 11 febbraio 2010 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 6 dell’on. Mitchell (H-0016/10)
 Oggetto: Strategia climatica dopo Copenaghen
 

Alla luce dell’insuccesso quasi totale dei negoziati sul clima di Copenaghen, che non hanno espresso alcun obbligo chiaro e vincolante, qual è la strategia concreta che il Consiglio intende attuare per garantire che Messico 2010 non sarà un’opportunità mancata come Copenaghen 2009? In quale modo può l’Unione europea esercitare la sua influenza per mostrare quella capacità di leadership di cui la Cina e gli Stati Uniti sono privi?

 
 

Interrogazione n. 7 dell’on. Van Brempt (H-0035/10)
 Oggetto: Riduzione del 30% delle emissioni di gas ad effetto serra
 

La Commissione chiede all’Unione europea di approvare valori obiettivo per la riduzione delle emissioni di CO2. Essa chiede che i paesi industrializzati riducano del 30% entro il 2020 le emissioni di gas ad effetto serra rispetto al livello del 1990. Il presidente della Commissione per l’energia del Parlamento europeo afferma che l’Europa crede di raggiungere tale valore obiettivo e confida in un accordo globale su tale punto. Tuttavia, si apprende ora che il Consiglio non è unanime circa l’opportunità di fissare un siffatto obiettivo. Può il Consiglio far sapere se il valore obiettivo del 30% forma oggetto di discussione? Quali misure intende esso adottare per affermare malgrado tutto tale cruciale ambizione?

 
 

Interrogazione n. 8 dell’on. Pat the Cope Gallagher (H-0039/10)
 Oggetto: Cambiamento climatico - Dopo Copenaghen
 

Può il Consiglio indicare, all’indomani della Conferenza sul cambiamento climatico (COP 15) di Copenaghen, quali iniziative specifiche intraprenderà assieme ai nostri partner internazionali, quali Stati Uniti, India, Cina, Brasile e Russia, per garantire che non si perda lo slancio nella ricerca di un ambizioso accordo mondiale sul cambiamento climatico?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati autonomamente a ridurre del 20 per cento entro il 2020 le proprie emissioni totali di gas ad effetto serra rispetto al livello del 1990. Il Consiglio europeo di dicembre 2009, riaffermando l’impegno dell’Unione in seno a un processo di negoziazione volto a raggiungere un accordo internazionale vincolante per il dopo-2012, ha sottolineato che tale obiettivo potrebbe essere portato 30 per cento a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino a livelli di riduzione similari e che anche i paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente in base alle proprie responsabilità e rispettive capacità.

Al momento, tenendo conto anche del risultato della conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico svoltasi a Copenaghen a dicembre 2009, il cosiddetto “accordo di Copenaghen”, le condizioni stabilite dall’Unione europea per passare a un impegno di riduzione pari al 30 per cento non sono state ancora rispettate.

In tale contesto, come chiarito altresì nella propria lettera del 28 gennaio 2010 al segretario esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in cui esprimeva la propria volontà di associarsi all’accordo di Copenaghen, l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno ribadito il proprio impegno a ridurre del 20 per cento entro il 2020 le proprie emissioni di gas ad effetto serra rispetto al livello del 1990 e reiterato la propria offerta di passare a una riduzione del 30 per cento entro lo stesso anno, a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino a livelli di riduzione similari e che anche i paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente in base alle proprie responsabilità e rispettive capacità.

L’Unione europea continua a impegnarsi ad assumere un ruolo prominente nei negoziati internazionali sulla politica climatica post-2012.

Il Consiglio sta valutando ulteriormente i risultati di Copenaghen. Tutti noi necessitiamo di riesaminare e valutare i recenti negoziati e individuare come superare gli ostacoli emersi tra gli attori principali. A tale proposito un’analisi da parte della Commissione rappresenterebbe un importante contributo alla nostra riflessione.

Un prosieguo del dialogo con i nostri partner internazionali a tutti i livelli svolgerà un ruolo cruciale nel mantenere lo slancio in seno ai negoziati internazionali sul clima.

Manterremo informato il Parlamento europeo in tutte le fasi del processo.

 

Interrogazione n. 9 dell’on. Paleckis (H-0018/10)
 Oggetto: Base giuridica delle relazioni tra l’Unione europea e il Belarus
 

Durante la sessione del Consiglio di novembre u.s. non è stata presa alcuna decisione in merito all’eventuale rilancio - e, se del caso, all’eventuale calendario - del processo di ratifica dell’accordo di partenariato e di cooperazione tra l’Unione europea e il Belarus, i cui negoziati risalgono al 1995 e che era stato “congelato” nel 1997. Taluni Stati ritengono che non sia opportuno rilanciare un accordo obsoleto. Altri affermano che la ratifica dell’accordo conferirebbe una base giuridica alla cooperazione tra l’Unione europea e il Belarus e imprimerebbe un nuovo slancio al rafforzamento delle relazioni tra l’Unione europea e il Belarus.

Ritiene il governo spagnolo, che detiene la presidenza del Consiglio, che sia opportuno rilanciare il processo di ratifica dell’accordo? In caso affermativo, in quale momento? In caso negativo, quali misure adotterà la presidenza del Consiglio per creare la base giuridica necessaria al rafforzamento delle relazioni tra l’Unione europea e il Belarus?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

A novembre 2009, il Consiglio ha riesaminato la situazione in Bielorussia. A causa della mancanza di un progresso tangibile nei settori identificati nelle conclusioni del Consiglio di ottobre 2008, il Consiglio non ha potuto sollevare le misure restrittive vigenti verso alcuni funzionari della Bielorussia. Ha deciso pertanto di estendere le misure restrittive previste dalla posizione comune 2006/276 PESC fino a ottobre 2010, come indicato nella posizione comune 2009/314/ PESC.

Tuttavia, al fine di favorire il progresso nei settori identificati dall’Unione, il Consiglio ha deciso altresì di estendere la sospensione dell’applicazione delle restrizioni di viaggio imposte a taluni funzionari bielorussi.

L’Unione europea ha ribadito la propria disponibilità ad approfondire le proprie relazioni con la Bielorussia – a fronte di ulteriori progressi verso la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto – e ad assistere il paese nel conseguimento di detti obiettivi. A condizione che la Bielorussia compia progressi in tali settori, il Consiglio è pronto a procedere verso il rafforzamento delle relazioni contrattuali con la Bielorussia. Nel frattempo, il Consiglio ha invitato la Commissione a formulare proposte in merito a un programma provvisorio comune inteso a definire priorità per le riforme, sulla falsariga dei piani d’azione elaborati nel quadro della politica europea di vicinato, da attuare con la Bielorussia.

 

Interrogazione n. 10 dell’on. McGuinness (H-0021/10)
 Oggetto: Diritti di proprietà all’estero
 

Fatta salva la competenza degli Stati membri quanto alla normativa che disciplina il regime di proprietà, è il Consiglio a conoscenza del significativo numero di problemi riscontrati da molti cittadini dell’UE in materia di diritti di proprietà in uno Stato membro diverso dal proprio?

In particolare, quali misure ha adottato il Consiglio per dare seguito alla risoluzione del Parlamento (P6_TA(2009)0192) sull’impatto dell’urbanizzazione estensiva in Spagna sui diritti individuali dei cittadini europei, sull’ambiente e sull’applicazione del diritto comunitario?

E’ il Consiglio determinato ad invitare gli Stati membri a procedere ad un esame approfondito della questione e a rivedere tutte le disposizioni legislative riguardanti i diritti dei proprietari di beni immobili, allo scopo di porre fine alle violazioni dei diritti e degli obblighi sanciti dal trattato CE, dalla Carta dei diritti fondamentali, dalla CEDU e dalle pertinenti direttive comunitarie, nonché dalle altre convenzioni di cui l’UE è parte contraente?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Ricordiamo all’onorevole parlamentare che il Consiglio dell’Unione europea non è competente, di massima, in materia di diritti di proprietà, sviluppo urbano o utilizzazione del territorio. Ai sensi dell’articolo 345 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, infatti, i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri.

Spetta ora pertanto alle autorità spagnole competenti intraprendere le misure appropriate al fine di porre rimedio alla situazione denunciata dall’onorevole parlamentare.

 

Interrogazione n. 11 dell’on. Blinkevičiūtė (H-0023/10)
 Oggetto: Accesso al lavoro e protezione del posto di lavoro delle persone disabili
 

Attualmente l’Europa conta oltre 65 milioni di persone disabili, di cui il 78% sono escluse dal mercato del lavoro e non hanno alcuna possibilità di ottenere un posto di lavoro. La maggioranza di loro dipende dalle prestazioni sociali e i loro redditi sono nettamente inferiori a quelli delle persone in buona salute. In questo periodo di crisi economica e finanziaria, i disabili sono tre volte più esposti al rischio di perdere il loro posto di lavoro. La presidenza spagnola si è impegnata nel suo programma a difendere i diritti dei disabili, senza però prevedere alcuna misura o iniziativa concreta in merito all’accesso dei disabili al mercato del lavoro e alla protezione dei loro posti di lavoro.

In che modo intende il Consiglio garantire le possibilità di trovare e conservare un posto di lavoro ai disabili, in particolare tenendo conto del fatto che il 2010 è stato proclamato “Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale”? Infatti, se si accordasse loro un aiuto, sia pure limitato, milioni di disabili europei potrebbero accedere al mercato del lavoro e divenire cittadini indipendenti, non più vittime della discriminazione.

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La politica occupazionale è un settore in cui sono fondamentali misure a lungo termine. Adottando misure in linea con le competenze stabilite dai trattati, il Consiglio cerca di svolgere un ruolo attivo nel garantire che i disabili possano prendere parte al mercato del lavoro alla pari degli altri.

Il Consiglio, in particolare, ha sottolineato con insistenza l’importanza di promuovere l’accesso all’occupazione da parte dei disabili nell’ambito della strategia di Lisbona e degli attuali orientamenti per l’occupazione.

In una risoluzione di marzo 2008 il Consiglio ha invitato gli Stati membri e la Commissione a garantire l’accessibilità per le persone con disabilità, anche potenziando la partecipazione al mercato del lavoro.

Più recentemente, nelle proprie conclusioni del 30 novembre 2009 intitolate “Promuovere l’inclusione nel mercato del lavoro” il Consiglio ha ribadito il proprio impegno verso l’integrazione nel mercato del lavoro dei gruppi svantaggiati, nel contesto della crisi economica e della futura strategia “UE 2020”.

Nell’estate del 2008, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno deciso congiuntamente di proclamare il 2010 anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Tra le priorità di questo anno europeo l’eradicazione degli svantaggi nell’istruzione e nella formazione – inclusa l’alfabetizzazione digitale, la promozione della parità di accesso per tutti alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, con particolare enfasi alle necessità dei disabili – e far fronte alle necessità delle persone con disabilità e delle loro famiglie, nonché degli altri gruppi o delle altre persone vulnerabili.

All’apertura della conferenza, che si è tenuta lo scorso gennaio a Madrid, la presidenza spagnola ha espresso il proprio impegno a incentrarsi sui gruppi a maggiore rischio di esclusione, incluse le persone con disabilità.

Sebbene la non discriminazione sia stata inclusa dal trattato di Lisbona negli obiettivi dell’Unione, già dieci anni fa il Consiglio aveva svolto un ruolo attivo assicurando che i disabili potessero prender parte al mercato del lavoro in una situazione di parità con gli altri adottando la direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Tale documento vietava vari tipi di discriminazione, tra cui quella fondata sulla disabilità, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

 

Interrogazione n. 12 dell’on. Papanikolaou (H-0026/10)
 Oggetto: Sicurezza su Internet
 

Gli ultimi annunci del Centro francese per la risposta agli attacchi informatici (CERTA) e dell’Ufficio federale tedesco per la sicurezza delle tecnologie dell’informazione (BSI) sull’opportunità di evitare l’utilizzazione di Internet Explorer di Microsoft, a causa di lacune nella sicurezza dei dati che circolano nel web, hanno suscitato grande preoccupazione fra gli utenti greci e più in generale fra gli utenti europei. Parallelamente a ciò, sono comparsi articoli secondo i quali dietro all’azione d’intercettazione di dati personali vi sarebbe in primo luogo la Cina, che agirebbe allo scopo di colpire suoi cittadini impegnati nella battaglia per i diritti umani. Inoltre l’impostazione seguita dalle grandi società del web è quella di censurare il contenuto delle informazioni in circolazione applicando i termini e le condizioni fissati dal governo cinese.

Si domanda al Consiglio: intende prendere iniziative affinché i cittadini europei siano preavvertiti tempestivamente in merito ai problemi di sicurezza delle informazioni che circolano su Internet?

Come provvederà a garantire la riservatezza e la sicurezza dei dati di carattere personale che circolano su Internet, ma anche un controllo più efficace per quanto riguarda la sicurezza dei programmi di software, come Internet Explorer?

Qual è la posizione del Consiglio riguardo all’atteggiamento delle autorità cinesi, che censurano per motivi politici i contenuti che circolano su Internet costringendo le società attive nel loro paese ad attuare pratiche siffatte?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La protezione dei consumatori dalla violazione di dati personali e dallo spam è una priorità chiave nelle nuove norme in materia di telecomunicazioni che il Parlamento europeo e il Consiglio hanno concordato alla fine dello scorso anno. Allo scopo di esortare gli operatori ad agire in modo responsabile nella gestione e nella conservazione di dati personali dei propri utenti, queste nuove nome introducono notifiche obbligatorie per le violazioni di dati personali, il che significa che i fornitori di servizi di comunicazione sono tenuti a informare le autorità ed i propri clienti in merito a violazioni di sicurezza che riguardino i loro dati personali.

L’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea include il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali. Il quadro giuridico europeo in materia consiste soprattutto nella direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati, del 24 ottobre 1995, che, trattando della gestione dei dati personali in generale, fornisce disposizioni sostanziali che impongono obblighi ai responsabili dei dati e riconoscono i diritti degli interessati. La direttiva 2002/58/CE sulla e-privacy, del 12 luglio 2002, modificata dalla direttiva 2009/136/CE, stabilisce le norme e le garanzie da osservare nella gestione dei dati personali e di altre informazioni sensibili nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica. Tale direttiva, inoltre, contiene disposizioni sulla propria attuazione ed esecuzione in modo da garantire il rispetto di tali norme. Essa prescrive altresì sanzioni e misure correttive in caso di violazioni e stabilisce dei meccanismi per garantire un’esecuzione efficace.

Garantire la sicurezza dei programmi di software, come Internet Explorer, è anzitutto responsabilità del fornitore commerciale di tali programmi. Nell’ambito delle nuove norme in materia di telecomunicazioni, gli Stati membri sono invitati a incentivare la trasmissione di informazioni sulle precauzioni disponibili agli utenti finali e a incoraggiare questi ultimi a compiere i passi necessari a proteggere il proprio terminale da virus e software spia.

Nelle proprie conclusioni del 7 dicembre 2009, il Consiglio ha indicato come prioritario il rafforzamento dell’azione comunitaria nel rapporto fra la libertà di espressione e le nuove tecnologie. Nel quadro degli orientamenti per la protezione dei diritti umani, il Consiglio ha prestato maggiore attenzione a promuovere il lavoro in materia di diritti umani nei paesi che impongono indebite restrizioni a Internet e alle altre nuove tecnologie.

 

Interrogazione n. 13 dell’on. Kelly (H-0027/10)
 Oggetto: Diritti dei pazienti nell’ambito della proposta di assistenza sanitaria transfrontaliera
 

Può il Consiglio aggiornare il Parlamento sugli eventuali progressi nell’ambito dei negoziati in corso in seno al Consiglio per quanto riguarda la proposta sull’applicazione dei diritti dei pazienti nell’assistenza sanitaria transfrontaliera?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Nonostante siano stati compiti sostanziali progressi, il Consiglio non è riuscito a raggiungere l’accordo politico su tale argomento a dicembre 2009. La discussione in seno al Consiglio si è incentrata soprattutto sul rimborso delle spese relative a prestatori di servizi sanitari non contrattuali e pensionati residenti all’estero. Nello sforzo di trovare di un compromesso, l’intento era di rispettare appieno la giurisprudenza della Corte europea di giustizia, pur rispettando i diritti degli Stati membri di organizzare i propri sistemi nazionali per i servizi sanitari.

Il programma delle presidenze spagnola, belga e ungherese per i tre rispettivi semestri stabilisce che i lavori relativi ai servizi sanitari transfrontalieri in seno al Consiglio proseguiranno. Il 26 gennaio 2010, inoltre, la presidenza spagnola ha già confermato al Parlamento europeo che intende mantenere il proprio impegno ad adoperarsi in tutti i modi al fine di raggiungere un accordo in seno al Consiglio.

L’obiettivo della presidenza è fondare la direttiva relativa ai servizi sanitari transfrontalieri sui valori e i principi comuni che il Consiglio ha indicato, a giugno 2006, come fondamentali per il sistema sanitario comunitario. Su tale base, i pazienti che si recano all’estero per usufruire di prestazioni sanitarie dovrebbero ottenere tutte le garanzie sulla qualità e la sicurezza dei servizi che riceveranno, indipendentemente dallo Stato membro in cui viene fornito il trattamento o dalla tipologia di prestatore del servizio stesso.

Come le presidenze precedenti, anche quella spagnola mira a trovare soluzioni di equilibrio tra i diritti dei pazienti che si avvalgono di servizi sanitari transfrontalieri e la responsabilità degli Stati membri per l’organizzazione e la prestazione di servizi sanitari e cure mediche. Tale documento, inoltre, dovrebbe rafforzare i diritti di cui i pazienti godono già a livello comunitario ai sensi della legislazione relativa al coordinamento dei regimi di sicurezza sociale.

Al fine di raggiungere tale obiettivo, il Consiglio conta sul sostegno della nuova Commissione per raggiungere un accordo nella propria seduta dell’8 giugno 2010. Ciò dovrebbe portare a una seconda lettura in seno al Parlamento europeo, al fine di adottare tale direttiva nel minor tempo possibile.

 

Interrogazione n. 14 dell’on. Catherine Bearder (H-0033/10)
 Oggetto: Tratta e adozione in Europa di bambini provenienti da Haiti
 

Il recente terremoto in Haiti ha già distrutto centinaia di migliaia di vite, ma per gli innumerevoli bambini rimasti orfani o dispersi, è possibile che gli orrori peggiori debbano ancora venire. L’UNICEF ha emesso numerose segnalazioni di bambini portati via da Haiti senza la debita procedura o la documentazione corretta.

Quali azioni ha intrapreso il Consiglio per garantire che nessuno di questi bambini sia vittima della tratta nel territorio europeo o attraverso le frontiere europee e che i bambini adottati in Europa siano stati sottoposti alle normali procedure di tutela? Quali azioni hanno intrapreso i servizi europei operanti a Haiti al fine di aiutare il governo haitiano a intensificare la vigilanza nei punti di uscita dal paese per impedire che i bambini siano portati via da Haiti illegalmente? Diversi Stati membri dell’UE hanno già accelerato l’ingresso legale nei loro territori degli orfani ammissibili provenienti da Haiti. Quali sforzi ha compiuto il Consiglio per stabilire una posizione comune dell’Unione in materia di adozioni rapide da Haiti e per impedire che i bambini che non sono ancora stati adeguatamente valutati siano portati in Europa?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La situazione ad Haiti e, soprattutto, l’estrema vulnerabilità dei bambini a seguito del terremoto del 12 gennaio 2010 sono motivo di grave preoccupazione per il Consiglio.

La sfida è notevole. Anche prima del sisma, si stimava vi fossero circa 380 000 bambini orfani o non accompagnati a Haiti. A seguito del devastante terremoto, il numero di bambini rimasti soli, con un unico genitore ancora in vita o completamente orfani è salito a circa un milione.

La situazione relativa agli orfani e ad altri bambini vulnerabili ad Haiti è stata sollevata nel corso dell’ultimo Consiglio “Affari esteri”, il 25 gennaio 2010. E’ stata prestata particolare attenzione alla necessità di garantire la fornitura di assistenza appropriata ai bambini, particolarmente a quelli divenuti orfani a seguito del disastro.

E’ bene notare che, con un’unica eccezione, tutti gli Stati membri hanno sottoscritto la Convenzione dell’Aia del 29 maggio 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale. Lo scopo di tale documento è stabilire delle norme minime in tale materia. Pur attribuendo ai diritti e agli interessi dei minori massima importanza, il testo rispetta e protegge altresì i diritti delle famiglie di origine, nonché di quelle adottive. Spetta agli Stati membri garantire la corretta attuazione di tale convenzione nel caso dei bambini haitiani.

La questione dell’adozione di minori riguarda anzitutto i singoli Stati membri, tuttavia, gli sforzi combinati dell’Unione europea nella lotta contro la tratta di esseri umani hanno compiuto recentemente nuovi passi in avanti. Il 30 novembre 2009, il Consiglio ha raggiunto un accordo relativo a un “documento mirato all’azione sul rafforzamento della dimensione esterna dell’UE nell’azione contro la tratta degli esseri umani. Verso un’azione dell’UE a livello mondiale contro la tratta degli esseri umani”(1), il quale affronta la dimensione esterna della tratta rafforzando il partenariato con regioni e paesi terzi e organizzazioni internazionali. Questo documento mirato all’azione fornisce un quadro consolidato per l’Unione e i suoi Stati membri in materia di lotta contro la tratta di esseri umani, incluso un compendio integrato di azioni esterne, nonché di misure di cooperazione volte ad affrontare le cause profonde della tratta di esseri umani in seno ai pesi di origine. Per tale ragione, detto documento può riferirsi anche alla situazione di Haiti.

Il Consiglio continuerà a seguire da vicino la situazione di questo paese, in coordinamento con le Nazioni Unite, gli Stati membri e i servizi della Commissione attivi sul territorio.

 
 

(1) 11450/5/09 CRIMORG 103 JAIEX 49 RELEX 618 JAI 432

 

Interrogazione n. 15 dell’on. Toussas (H-0036/10)
 Oggetto: Colpo di Stato in Honduras
 

Mercoledì 27 gennaio è in programma il “giuramento” di Porfirio Lobo Sosa, candidato della giunta e vincitore presunto della parodia di elezioni svoltesi in Honduras il 29 novembre 2009 e contraddistinte da repressioni, violenze, frodi e, soprattutto, dall’astensione di massa invocata dal Fronte nazionale di resistenza popolare dell’Honduras (FNRP) (astensione che ufficialmente è stata del 50% e secondo i dati forniti dall’FNRP tra il 65 e 70%) che di fatto invalida il risultato elettorale. Contro questo simulacro di elezioni organizzate dai golpisti sono state indette sin da giovedì scorso manifestazioni di protesta per iniziativa dell’FNRP. Obiettivo dei manifestanti è quello di condannare il persistere della “dittatura dell’oligarchia” personificata da Porfirio Lobo. Il movimento popolare dichiara che continuerà la sua lotta malgrado la sanguinosa repressione che ha raggiunto il culmine negli ultimi due mesi.

Riconosce il Consiglio il risultato di questa parvenza di elezioni organizzate dalla giunta golpista in Honduras? Avalla il golpista Porfirio Lobo Sosa e il governo espresso dalla giunta? Stigmatizza la repressione omicida posta in essere dalla giunta contro il movimento popolare? Qual è la sua posizione di fronte alla lotta del popolo honduregno contro la dittatura e per il ristabilimento delle libertà civili?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio si rammarica che l’accordo Tegucigalpa/San José non sia stato pienamente attuato prima delle elezioni del 29 novembre 2009 e ha espresso chiaramente tale posizione il 3 dicembre 2009 in una dichiarazione della presidenza a nome dell’Unione europea. D’altro canto, il Consiglio ritiene che le elezioni rappresentino un significativo passo in avanti verso la soluzione della crisi e che l’Honduras dovrebbe essere incoraggiato a proseguire su questa strada.

Dalle elezioni di novembre, l’Unione europea ha invitato al dialogo tutte le parti, incluso il presidente eletto Lobo, in modo da raggiungere una conciliazione nazionale e ristabilire l’ordine costituzionale e democratico nel paese, aspettandosi da parte loro una piena assunzione delle rispettive responsabilità in materia.

La firma da parte di Porfirio Lobo Sosa e degli altri candidati alla presidenza, il 20 gennaio 2010, dell’accordo di riconciliazione nazionale e rafforzamento della democrazia – che comprende gli elementi fondamentali dell’accordo Tegucigalpa/San José e prevede la soluzione adeguata e onorevole per lo status del presidente Zelaya che era stata chiesta dall’Unione e che lo stesso Zelaya ha accettato – rappresenta un importante progresso. E’ per tale ragione che il 27 gennaio, dopo l’insediamento del presidente Lobo, l’alto rappresentante ha rilasciato una dichiarazione a nome dell’Unione europea con cui lo invitava a mettere prontamente in atto le iniziative indicate nell’accordo, in particolar modo per quanto attiene alla commissione per la verità. L’Unione auspica che tali condizioni verranno attuate in tempi rapidi in modo da permettere una veloce normalizzazione dei rapporti con l’Honduras.

Nel corso di tale processo, l’Unione ha espresso la propria profonda preoccupazione per le notizie ricevute in merito a violazioni dei diritti umani in seno al paese (incluse minacce nei confronti dei difensori di tali diritti, incarcerazioni arbitrarie e repressione di protestanti pacifici) e ha ricordato al governo di fatto gli obblighi che gli derivano dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, dalla carta dell’Organizzazione degli stati americani e dalla Convenzione americana dei diritti dell’uomo. L’Unione continua a chiedere che tutte le parti promuovano e rispettino lo stato di diritto, il buon governo e i diritti umani.

 

Interrogazione n. 16 dell’on. Angourakis (H-0038/10)
 Oggetto: No all’intervento imperialista a Haiti
 

Il popolo haitiano vive una tragedia senza precedenti a seguito del terremoto a Haiti. Più di 75.000 morti sono stati seppelliti in fosse comuni, un milione e mezzo di persone si trovano senza un tetto, 3 milioni sono i feriti, mentre il numero delle vittime è stimato in più di 200.000. Non c’è elettricità né acqua. I generi alimentari essenziali vengono venduti al mercato nero a prezzi astronomici. Il governo statunitense sfrutta questa tragedia per imporre di fatto l’occupazione militare del paese, come denunciano vari capi di Stato, alti funzionari dell’ONU e organizzazioni umanitarie. I soldati americani presenti a Haiti ammontano a 16.000 col pretesto dell’“aiuto umanitario”, creando gravi problemi alla distribuzione di materiale medico-farmaceutico, prodotti alimentari, ecc. L’Unione europea invia forze di polizia e aiuti “non umanitari” dell’ordine di centinaia di milioni di euro.

Può il Consiglio far sapere se l’Unione europea intende applicare la stessa politica degli USA a Haiti? Condanna esso lo sfruttamento dell’“aiuto umanitario” come pretesto per imporre una sovranità politica e militare a paesi terzi e ai loro popoli?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio condivide l’opinione dell’onorevole parlamentare che Haiti vive una tragedia senza precedenti. Il terremoto del 12 gennaio ha causato ingenti perdite e devastazione, aggravando ulteriormente la già fragile situazione del paese.

L’Unione europea e i suoi Stati membri hanno valutato l’entità del disastro e hanno risposto in modo rapido ed efficiente fin dai primi giorni successivi al sisma. L’Alto rappresentante Ashton ha indetto una seduta straordinaria del Consiglio “Affari esteri” il 18 gennaio, nella quale è stata concordata una sostanziosa risposta iniziale da parte dell’Unione europea, anche in termini di assistenza finanziaria(1).

Il 25 gennaio, il Consiglio “Affari esteri” ha convenuto di rispondere positivamente alla specifica richiesta dell’ONU di fornire ulteriore sostegno per il trasporto e la consegna di aiuti umanitari, nonché per l’azione della missione delle Nazioni Unite per la stabilizzazione di Haiti, in modo da garantire adeguati livelli di sicurezza sul territorio. Ciò ha incluso la fornitura di consulenza ingegneristica e macchinari per l’apertura di strade che facilitassero l’arrivo degli aiuti, competenze logistiche marittime per operare in assenza di strutture portuali e un contributo collettivo da parte dell’Unione per integrare le forze di polizia della missione, anche grazie al contributo degli Stati membri che fanno parte della Forza di gendarmeria europea.

Il Consiglio, tuttavia, non è a conoscenza di nessun tentativo di sfruttare l’aiuto umanitario come descritto dall’onorevole parlamentare. L’Unione si è rallegrata da subito della dimensione mondiale della risposta a questa crisi e ha fortemente sostenuto il ruolo centrale e di coordinamento dell’ONU nelle operazioni di soccorso internazionali. L’Unione ha sottolineato altresì che gli aiuti e gli ulteriori sforzi di ricostruzione dovrebbero essere basati su necessità reali e gestiti dalle autorità haitiane.

I partecipanti dell’incontro “Friends of Haiti” del 25 gennaio a Montreal, tra cui l’Unione europea e gli Stati Uniti, hanno riconosciuto l’ininterrotta direzione e sovranità del governo haitiano e hanno ribadito il proprio impegno per un approccio coordinato, armonico e comprensivo in modo da fronteggiare le necessità immediate e a lungo termine del paese. Per quanto attiene al Consiglio, tali principi continueranno indubbiamente a guidare la politica dell’Unione europea.

 
 

(1) Al 1 febbraio, gli aiuti umanitari dell’Unione in risposta al terremoto di Haiti, inclusi gli impegni già pianificati, ammontano, per 18 stati membri e la Commissione, a un totale di 212 milioni di euro. Verrà fornito un dato aggiornato prima della seduta plenaria, per il tempo delle interrogazioni.

 

Interrogazione n. 17 dell’on. Crowley (H-0041/10)
 Oggetto: Relazioni tra UE e Stati Uniti
 

Può il Consiglio illustrare le azioni specifiche che intraprenderà nell’arco dei prossimi sei mesi al fine di costruire legami economici più stretti tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, tenendo in considerazione i problemi economici mondiali che collettivamente ci troviamo ad affrontare?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’Unione europea e gli Stati Uniti sono l’una il principale partner economico degli altri e intrattengono il più importante rapporto commerciale bilaterale del mondo, che comporta circa 14 milioni di posti di lavoro. Poiché entrambi cercano di ritornare ad una crescita sostenibile, è fondamentale che stiano in guardia contro la nascita di forme di protezionismo e resistano alla tentazione di sollevare ostacoli al commercio e agli investimenti, elementi particolarmente importanti nell’attuale situazione economica. Nell’ambito di tale approccio, il Consiglio si è impegnato ad attuare gi accordi raggiunti nell’ultimo vertice USA-UE, il 3 novembre 2009.

Per contribuire a rilanciare la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro nel mercato transatlantico, il Consiglio aiuterà a fornire un orientamento strategico al Consiglio economico transatlantico UE-USA, soprattutto sviluppando approcci alla regolamentazione compatibili in settori chiave come l’etichettatura, l’efficienza energetica e le nanotecnologie, valutando approcci alla cooperazione normativa – inclusi accordi di mutuo riconoscimento – analizzando l’utilizzo di standard volontari a sostegno delle normative, cooperando per un commercio sicuro ed il rispetto dei diritti di proprietà internazionali e stabilendo un nuovo dialogo USA-UE sull’innovazione.

Il Consiglio continuerà altresì a sostenere la cooperazione transatlantica in materia di normative finanziarie, soprattutto attraverso il dialogo sulla regolamentazione dei mercati finanziari, che si occupa di riforme alle rispettive normative che siano sostanzialmente compatibili. Cercherà inoltre di preservare l’integrità del sistema finanziario, di promuovere la libera e sana competizione, di assicurare una solida protezione di consumatori e investitori e di ridurre o eliminare le opportunità di arbitraggio regolamentare. Il Consiglio agirà sia in seno alle discussioni bilaterali con gli Stati Uniti che nei forum internazionali, tra cui soprattutto il G20.

Il Consiglio, inoltre, continuerà ad adoperarsi per concludere entro il 2010 il secondo accordo UE-USA in materia di aviazione che, da solo, porterà alla creazione di quasi ottantamila posti di lavoro.

 

Interrogazione n. 18 dell’on. Aylward (H-0043/10)
 Oggetto: Fondo di solidarietà europeo - riduzione della soglia e servizio di fondi anticipati
 

Considerate le condizioni atmosferiche sempre peggiori che hanno colpito l’Europa negli ultimi mesi e i danni che sono stati arrecati alle abitazioni, alle attività economiche e all’agricoltura, il Fondo di solidarietà europeo è stato oggetto di molta attenzione e di molte interrogazioni.

La Commissione e il Parlamento hanno presentato al Consiglio una proposta per il nuovo regolamento sul Fondo di solidarietà. Un aspetto importante di tale proposta è la riduzione della soglia per le cosiddette catastrofi gravi allo 0,5% del RNL o a un miliardo di euro ai prezzi del 2007, a seconda di quale sia più basso (secondo il Fondo attuale 0,6% del RNL e tre miliardi di euro ai prezzi del 2002).

Un altro aspetto importante della proposta prevede la possibilità di erogare pagamenti di aiuto anticipati, su richiesta del paese colpito dal disastro, un servizio che sarebbe sicuramente gradito alle aree colpite nel momento immediatamente successivo al disastro.

Può il Consiglio indicare quando intende esaminare la proposta, in particolare alla luce della crescente importanza di tale fondo? Può dire se il servizio di erogazione di pagamenti anticipati verrà preso in considerazione?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio non può fornire indicazioni su quando intende anticipare l’esame di tale proposta per due ragioni:

A) la proposta cui si riferisce l’onorevole parlamentare ha sollevato diverse preoccupazioni presso gli Stati membri. Infatti, fin dall’inizio delle discussioni, un ampio numero di delegati si sono opposti a ogni elemento significativo della proposta in questione: l’estensione dell’ambito, la riduzione della soglia e i criteri politici. E’ difficile pensare che sia possibile effettuare dei progressi sulla base della proposta della Commissione;

B) il 22 luglio 2008 il Consiglio ha adottato delle conclusioni sulla base della relazione speciale della Corte dei Conti n. 3/2008, che analizzava quanto fosse stata rapido, efficace e flessibile il Fondo di solidarietà dell’Unione europea tra il 2002 e il 2006. In tali conclusioni, il Consiglio ha sottolineato che non ravvisava, al momento, la necessità di una revisione del relativo regolamento.

Ciò detto, la presidenza spagnola intende garantire una rapida adozione della decisione indicante le disposizioni per l’attuazione della clausola di solidarietà di cui all’articolo 222 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, non appena avrà ricevuto una proposta congiunta della Commissione e dell’alto rappresentante dell’Unione ai sensi del medesimo articolo.

 

Interrogazione n. 19 dell’on. Andrikienė (H-0045/10)
 Oggetto: Prospettive di concludere un accordo di associazione con i paesi dell’America centrale
 

Il colpo di Stato del 2009 in Honduras e la successiva crisi costituzionale hanno costituito l’ostacolo principale per concludere l’accordo di associazione tra l’UE e sei paesi dell’America centrale (Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama). Come valuta la Presidenza la situazione politica e costituzionale in Honduras dopo le elezioni presidenziali del novembre 2009? Hanno esse prefigurato le premesse per il pieno riconoscimento della legittimità del governo honduregno e hanno spianato la via verso la conclusione dell’accordo di associazione, comprendente l’accordo di libero scambio, con i paesi dell’America centrale?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Come indicato nella dichiarazione rilasciata dalla presidenza il 3 dicembre 2009, a nome dell’Unione europea, quest’ultima si rammarica che l’accordo Tegucigalpa/San José non sia stato pienamente attuato prima delle elezioni del 29 novembre 2009, nondimeno ritiene che le elezioni rappresentino un significativo passo in avanti verso la soluzione della crisi.

La firma da parte di Porfirio Lobo Sosa e degli altri candidati alla presidenza, il 20 gennaio 2010, dell’accordo di riconciliazione nazionale e rafforzamento della democrazia rappresenta un importante progresso. Tale documento comprende gli elementi fondamentali dell’accordo Tegucigalpa/San José e prevede la soluzione adeguata e onorevole per lo status del presidente Zelaya che era stata chiesta dall’Unione e che lo stesso Zelaya ha accettato. Il 27 gennaio, dopo l’insediamento del presidente Lobo, l’alto rappresentante ha rilasciato una dichiarazione a nome dell’Unione europea con cui lo invitava a mettere prontamente in atto le iniziative indicate nell’accordo, in particolar modo per quanto attiene alla commissione per la verità. L’Unione auspica che tali condizioni verranno attuate in tempi rapidi in modo da permettere una veloce normalizzazione dei rapporti con l’Honduras, facilitando la ripresa dei negoziati per un accordo di associazione tra l’Unione europea e i paesi dell’America centrale.

L’Unione mantiene inalterato il proprio impegno a fornire sostegno al fine di ristabilire l’ordine costituzionale e democratico, nonché al processo di riconciliazione nazionale in Honduras.

 

Interrogazione n. 20 dell’on. Czarnecki (H-0047/10)
 Oggetto: Armonizzazione della politica finanziaria e della politica fiscale negli Stati membri dell’Unione
 

I suggerimenti formulati dal sig. Zapatero riguardo all’armonizzazione della politica finanziaria e della politica fiscale rappresentano la posizione dell’insieme del Consiglio o sono il parere personale del Primo ministro spagnolo? La domanda si pone nel contesto delle inquietudini che suscitano queste idee in Polonia e in altri Stati membri “nuovi” dell’Unione.

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Per quanto attiene alla politica in materia di servizi finanziari, il Consiglio europeo, nel corso della seduta di dicembre 2009, ha concluso che vi era la necessità di strategie di uscita con base più ampia, che si avvalgano di un approccio coordinato. Esso ha accolto altresì con favore l’intenzione della Commissione di controllare con attenzione l’attuazione di principi retributivi rigorosi e ha invitato il settore finanziario a seguire immediatamente prassi rigorose in materia di compensi.

Sono attualmente in fase di negoziazione diverse importanti proposte legislative volte a migliorare la regolamentazione e la gestione del settore dei servizi finanziari, tra cui una nuova struttura per la supervisione finanziaria in Europa, una modifica della direttiva sui requisiti patrimoniali ed una proposta di direttiva sui gestori di fondi di investimento alternativi, che dovrebbe affrontare anche la questione di appropriate politiche retributive. Plaudiamo all’intenzione della Commissione di presentare nuove proposte legislative nel 2010 per migliorare la stabilità e la trasparenza dei mercati derivativi.

Per quanto attiene alla politica contributiva, è bene notare che i livelli di armonizzazione sono estremamente variabili. Risultano estremamente elevati nel caso delle imposte indirette – grazie alla direttiva IVA –, delle imposte di consumo (su alcolici, tabacco e oli minerali) e della tassazione dell’energia, mentre sono più ridotti nel caso di imposte mirate specificatamente a eliminare la doppia tassazione di dividendi all’interno di uno stesso gruppo (direttiva sul regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie), di interessi e royalties (direttiva omonima) e di facilitazione di funzioni transfrontalieri (direttiva fusioni).

Inoltre, la legislazione comunitaria ha cercato di migliorare l’assistenza e la cooperazione reciproche tra le amministrazioni che si occupano di imposte attraverso direttive sulla tassazione del risparmio e sull’accertamento e il recupero dei crediti d’imposta per imposte dirette, IVA e imposte di consumo. Si sta prestando particolare attenzione alla cooperazione tra gli Stati membri in materia di lotta alla frode fiscale.

Per quanto attiene alla tassazione diretta, continua il lavoro sul buon governo in materia di imposte e soprattutto:

per quanto attiene agli affari interni all’Unione europea, cercando di raggiungere un accordo sugli emendamenti alla direttiva sulla tassazione del risparmio e alla direttiva sulla cooperazione amministrativa nel settore dell’accertamento delle imposte;

nelle relazioni esterne, invece, negoziando un accordo antifrode con il Liechtenstein e dando mandato alla Commissione di negoziare accordi similari con altri paesi terzi (Andorra, Monaco, San Marino, e Svizzera).

Nell’ambito della tassazione indiretta e per quanto attiene alla lotta contro le frodi sull’IVA, l’EUROFISC – una rete decentralizzata che dovrebbe occuparsi dello scambio di informazioni sulle frodi IVA tra Stati membri – acquisirà un ruolo di importanza crescente. Nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto, il Consiglio sta già lavorando su una proposta di direttiva relativa alle norme per la fatturazione elettronica, un importante elemento di semplificazione amministrativa e riduzione dei costi per le aziende.

Concludendo, è importante compiere progressi nella modifica di un quadro fiscale per i prodotti energetici che tenga conto di criteri ambientali e il Consiglio è pronto a lavorare su future proposte della Commissione in materia.

Spetta, naturalmente, alla Commissione presentare qualunque proposta al Consiglio e al Parlamento europeo in materia di politiche finanziarie o fiscali a livello comunitario, che devono essere trattate nel rispetto delle procedure stabilite dal Trattato.

 

Interrogazione n. 21 dell’on. Harkin (H-0048/10)
 Oggetto: Integratori alimentari
 

Questa settimana la Presidenza spagnola ha indetto una riunione con gli alti funzionari e gli esperti del forum consultivo dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e con gli organi competenti per la salute alimentare (11-12 febbraio). Può la Presidenza illustrare quali risultati intende ottenere con tale riunione? Ritiene importante prendere in considerazione altri pareri scientifici sulla valutazione dei rischi, oltre agli studi scientifici elaborati da EFSA che stabiliscono i livelli di assunzione superiori tollerabili dei nutrienti elencati nell’Allegato I della direttiva 2002/46/CE(1)?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’incontro cui si riferisce l’onorevole parlamentare è il foro consultivo dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Si tratta di una piattaforma che connette l’EFSA alle autorità nazionali per la sicurezza alimentare di tutti e 27 gli Stati membri, ove ciascuno Stato membro è rappresentato dall’ente nazionale incaricato della valutazione dei rischi. Il foro consultivo dell’EFSA si riunisce regolarmente (4-5 volte l’anno), ogni volta in uno Stato membro diverso. Il prossimo incontro, il XXXV, si svolgerà a Siviglia, dall’11 al 12 febbraio.

Si noti che l’ordine del giorno dell’incontro del foro consultivo è stilato dalla stessa EFSA e non dalla presidenza. Per quanto ci è dato sapere, gli integratori alimentari non sono all’ordine del giorno dell’incontro di Siviglia dell’11 e 12 febbraio 2010. Data la natura dell’incontro, la presidenza non può, al momento, esprimersi sui risultati dello stesso.

Per quanto attiene agli studi scientifici elaborati dall’EFSA per stabilire i livelli di assunzione di vitamine e minerali elencati nell’Allegato I della direttiva 2002/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari, il Parlamento e il Consiglio hanno stabilito, all’articolo 5 di detto documento, che tali livelli sono definiti, a seguito di una valutazione scientifica del rischio, secondo la procedura di comitato con controllo.

La Commissione ha condotto ampie consultazioni pubbliche, nel 2006, per redigere una bozza di proposta. I pareri degli Stati membri e delle parti interessate che la Commissione ha ricevuto sul proprio documento di riflessione possono essere consultati sul sito web della Commissione(2).

Al Consiglio risulta che attualmente la Commissione stia lavorando sulla valutazione di impatto per ultimare la propria bozza di proposta, che sarà presentata al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali e, successivamente, al Parlamento europeo e al Consiglio per il controllo, ai sensi dell’articolo 5, lettera a, della decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.

 
 

(1) GU L 183 del 12.7.2002, pag.51.
(2) http://ec.europa.eu/food/food/labellingnutrition/supplements/

 

Interrogazione n. 22 dell’on. Martin (H-0049/10)
 Oggetto: Riduzione del rischio sui mercati finanziari
 

Il Presidente degli USA auspica imposte speciali per le banche che si sono avvalse del salvataggio, regole più severe per la concessione di gratifiche, nuove norme per limitare i margini di autonomia operativa e soprattutto la separazione delle attività bancarie – da un lato quelle per il pubblico normale, dall’altro quelle particolarmente aleatorie nel settore dei beni di investimento. Simili misure sono destinate evitare che le imprese d’investimento diventino di nuovo “troppo grandi per crollare”.

Come valuta il Consiglio queste nuove iniziative del governo statunitense per la regolamentazione del settore bancario? Quali proposte intende presentare la Presidenza spagnola del Consiglio nel vertice speciale previsto l’11 febbraio 2010?

In quali ambiti considera il Consiglio attuale l’esigenza di un governo economico dell’UE in vista dell’elaborazione e dell’applicazione di norme a livello UE per il settore bancario?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di febbraio 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’onorevole parlamentare ha sollevato una questione particolarmente importante.

Il presidente Obama ha chiesto l’introduzione, negli Stati Uniti, di una tassa per la responsabilità finanziaria, che mira a recuperare le spese sostenute dal governo statunitense a causa degli aiuti versati durante la crisi tramite operazioni di salvataggio e a rafforzare le finanze pubbliche. Il 21 gennaio 2010, inoltre, il presidente Obama ha annunciato iniziative volte a limitare l’ambito delle azioni che possono intraprendere gli istituti finanziari e a impedire alle banche di svolgere attività che vengono considerate essenzialmente affari rischiosi.

Si tratta di una manovra politica di più ampio respiro rispetto a quanto attualmente discusso in seno al G20 e al Consiglio di stabilità finanziaria, dove si parla di un recupero basato su misure normative e di controllo.

Il dibattito relativo alle iniziative statunitensi non è ancora cominciato in seno al Consiglio, non da ultimo perché devono essere ancora rimpolpate dall’amministrazione nordamericana, in particolar modo dal Tesoro, né in seno al Congresso.

Detto questo, sarebbe fuori luogo esprimere anzitempo il parere del Consiglio su tale argomento o speculare sulle possibili conclusioni del Consiglio europeo straordinario dell’11 febbraio. Nondimeno, il Consiglio considera le recenti iniziative statunitensi, ancora in una fase precoce di sviluppo, un segno di maggiore impegno, da parte dell’amministrazione americana, di far fronte all’accumulo di rischi in seno al sistema finanziario e di occuparsi dei rischi morali. E’ bene notare, tuttavia, che tali iniziative si aggiungono a un più ampio insieme di strumenti normativi attualmente oggetto di riesame da parte di enti internazionali come il Comitato di Basilea per la supervisione bancaria, il Consiglio di stabilità finanziaria o il Fondo monetario internazionale. L’Unione europea sta contribuendo attivamente a tale discussione internazionale volta a fronteggiare problematiche globali su un piano comune e in modo coordinato. In tale ottica, ci stiamo adoperando per trovare soluzioni che garantiscano, anzitutto, di evitare preventivamente politiche rischiose, in modo da risolvere, fra l’altro, il problema delle istituzioni “troppo grandi per essere lasciate fallire” o l’accumulo di rischi sistemici da parte di alcuni mercati o agenti finanziari. Lo sviluppo di requisiti patrimoniali più rigorosi o di una regolamentazione sulla liquidità sono alcune delle soluzioni che godono del pieno appoggio dell’Unione europea. D’altro canto, l’Unione è impegnata altresì nella promozione di soluzioni volte a garantire che il settore finanziario si accolli parte dei costi degli aiuti finanziari prestati in caso di crisi, ad esempio attraverso meccanismi di assicurazione o fondi per la gestione delle crisi del settore privato.

Inoltre, come l’onorevole parlamentare ben sa, l’approccio del Consiglio sulla limitazione dei rischi nei mercati finanziari s’incentra altresì sul rafforzamento del quadro di vigilanza finanziaria. Il 20 marzo 2009, a seguito della relazione del “gruppo ad alto livello sulla vigilanza dei sistemi finanziari nell’UE” del 25 febbraio 2009 (la cosiddetta relazione Larosière), il Consiglio europeo ha convenuto sulla necessità di migliorare la regolamentazione e il controllo delle istituzioni finanziarie in seno all’Unione e ha concluso che la relazione del gruppo ad alto livello sulla vigilanza dei sistemi finanziari presieduta da Jacques de Larosière rappresentava la base su cui agire.

La Commissione ha successivamente presentato cinque proposte per la creazione di un nuovo meccanismo di vigilanza finanziaria in seno all’Unione, soprattutto attraverso una vigilanza sia macro che micro-prudenziale, sulle quali stanno lavorando sia il Consiglio che il Parlamento europeo. Il Consiglio attende con ansia l’adozione, all’inizio di quest’anno, del pacchetto di riforme sulla vigilanza finanziaria, attualmente in fase di negoziazione tra le nostre due istituzioni per il raggiungimento di un accordo in prima lettura.

La nuova legislazione dovrebbe permettere al neo-istituito Comitato europeo per il rischio sistemico e alle autorità europee di vigilanza di incentivare il controllo dei rischi e una loro rapida mitigazione grazie ad un’azione di vigilanza informata e coordinata.

Sono stati affrontati anche altri aspetti della tabella di marcia definita nella relazione Larosière, tra cui la questione remunerativa nella proposta di modifica della direttiva sui requisiti patrimoniali presentata dalla Commissione il 13 luglio 2009. Lo scopo di questa direttiva è, fra l’altro, quello di sottoporre gli accordi remunerativi di banche e imprese di investimento alla vigilanza prudenziale al fine di obbligare gli istituti di credito e le imprese di investimento ad adottare politiche di remunerazione coerenti con un’efficace gestione del rischio. A dicembre il Consiglio ha definito i termini di un orientamento generale in seno a una direttiva, e ora intende fare del proprio meglio per raggiungere un accordo con il Parlamento europeo in modo che tale documento venga adottato quanto prima.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 23 dell’on. Ţicău (H-0010/10)
 Oggetto: Misure volte a disciplinare le procedure e le condizioni per la presentazione di iniziative legislative da parte di cittadini europei
 

Il trattato di Lisbona prevede che, su iniziativa di non meno di un milione di cittadini dell’Unione che siano cittadini di un numero significativo di Stati membri, si possa chiedere alla Commissione, nel quadro delle sue competenze, di presentare proposte appropriate su materie in cui tali cittadini ritengono sia necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati. Il Parlamento europeo e il Consiglio adottano, mediante regolamenti e secondo la procedura legislativa ordinaria, le necessarie procedure e condizioni per la presentazione di iniziative dei cittadini, incluso il numero minimo di Stati membri da cui i cittadini che presentano tali iniziative devono venire.

Quali misure e quali tempi, sta contemplando la Commissione per la regolamentazione delle procedure e condizioni per la presentazione di questo tipo di iniziative legislative?

 
  
 

(EN) La Commissione plaude all’introduzione dell’Iniziativa dei cittadini europei, che darà maggior voce ai cittadini dell’Unione, aggiungerà una nuova dimensione alla democrazia europea e arricchirà l’insieme di diritti legati alla cittadinanza dell’UE.

Considerate le questioni di ordine giuridico, amministrativo e pratico sollevate dall’Iniziativa dei cittadini europei – introdotta dall’articolo 11 del trattato sull’Unione europea – e l’importanza che essa riveste per cittadini, attori vari e pubbliche autorità in seno agli Stati membri, l’11 novembre 2009 la Commissione ha pubblicato un libro verde in modo da raccogliere le opinioni di tutte le parti interessate sulle questioni fondamentali che daranno forma al futuro regolamento. La scadenza per rispondere alla consultazione pubblica era il 31 gennaio 2010. Le risposte al libro verde, nonché la risoluzione del Parlamento sull’Iniziativa dei cittadini adottata a maggio 2009, fungeranno da base per la stesura della proposta di regolamento della Commissione.

La Commissione è convinta che i cittadini europei dovrebbero beneficiare dell’Iniziativa il prima possibile. Per tale ragione presenterà a breve una proposta di risoluzione, ai sensi dell’articolo 24 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La Commissione auspica di riuscire a far adottare il regolamento prima della conclusione dell’anno successivo all’entrata in vigore del trattato e confida che il Parlamento europeo e il Consiglio condividano tale obiettivo.

 

Interrogazione n. 24 dell’on. De Angelis (H-0013/10)
 Oggetto: Discriminazione di genere in relazione ai regimi previdenziali negli Stati membri
 

Tenuto conto dell’articolo 153, Titolo X, della Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; della sentenza del 13 novembre 2008 con la quale la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha sanzionato l’Italia; degli accordi che in questi mesi e anni si stanno stipulando tra rappresentanze sociali e soggetti privati negli Stati membri in relazione ai criteri di assunzione a tempo indeterminato.

Quale azione intende la Commissione Europea intraprendere per evitare il rischio che in determinati Stati membri la difformità dei requisiti pensionistici tra uomini e donne si traduca di fatto in una discriminazione di genere sul luogo di lavoro?

 
  
 

(EN) La sentenza della Corte europea cui si riferisce l’onorevole parlamentare(1)– unitamente all’articolo 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per quanto attiene a qualunque discriminazione di genere si possa verificare a causa della difformità dei requisiti pensionistici tra uomini e donne – riguarda il sistema pensionistico gestito dall’Istituto nazionale della previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP) e si riferisce alle pensioni di anzianità dei diversi dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Secondo le disposizioni controverse, il pensionamento era fissato a 60 anni per le donne e a 65 per gli uomini. Nella propria sentenza, la Corte ha confermato che una pensione corrisposta da un datore di lavoro – Stato incluso – ad un ex dipendente per il “rapporto di lavoro” tra loro intercorso costituisce una retribuzione ai sensi dell’articolo 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La Corte ha pertanto confermato che in tale contesto i funzionari pubblici devono essere considerati come “lavoratori”. Pertanto, il sistema pensionistico dell’INPDAP, e in particolare le norme relative all’età pensionabile, devono rispettare il principio di parità di trattamento. Tale giurisprudenza è stata recentemente confermata dalla Corte in una causa relativa alla differenza nell’età pensionabile per alcuni funzionari greci(2).

Nella sentenza emessa nella causa C-46/07, tuttavia, la Corte non ha dato indicazioni su come sia possibile rimediare alle differenze esistenti nei diritti alla pensione dovuti all’applicazione di diverse età pensionabili in passato.

Nelle cause C-408/92 e C-28/93(3), la Corte ha stabilito che, una volta che una discriminazione in materia di retribuzione sia stata accertata, “fintantoché non siano state adottate dal regime misure che ripristinano le parità di trattamento, l’osservanza dell’articolo [141 CE] può essere garantita solo concedendo alle persone della categoria sfavorita gli stessi vantaggi di cui fruiscono le persone della categoria privilegiata”.

Continua inoltre affermando che “l’applicazione di questo principio […] significa che, per il periodo che va dal 17 maggio 1990, data della sentenza Barber, al 1 luglio 1991, data in cui il regime di cui trattasi ha adottato misure per ripristinare la parità di trattamento, le spettanze di pensione dei lavoratori di sesso maschile vanno calcolate in funzione della stessa età pensionabile dei lavoratori di sesso femminile”. La giurisprudenza consolidata conferma la posizione della Corte su tale punto.

La Commissione, pertanto, sta seguendo da vicino gli sviluppi apportati in seno alla legislazione italiana nel rispetto della sentenza della Corte e interverrà in caso di violazioni della stessa da parte dell’Italia, o di qualunque altro Stato membro con problemi similari.

Per quanto attiene a qualunque accordo discriminatorio concluso da alcune organizzazioni e sigle sindacali in seno agli Stati membri, come riportato dall’onorevole parlamentare, spetta, di massima, alle corti nazionali determinare se tali accordi rispettano o meno il diritto comunitario. Ai sensi dell’articolo 288 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la responsabilità ultima per la corretta trasposizione ed attuazione della legislazione comunitaria rimane dello Stato membro.

 
 

(1) Causa C-46/07 Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana [2008] ECR I-151.
(2)Sentenza del 26 marzo 2009 nella causa C-559/07 Commissione delle Comunità europee contro Repubblica ellenica.
(3) Cause C-408/92 Smith [1994 ] ECR I-4435, punti 17 e segg., e C-28/93 van den Akker [1994] ECR I-4527, punti 16 e segg.

 

Interrogazione n. 25 dell’on. Paksas (H-0014/10)
 Oggetto: Diritti umani
 

Un’inchiesta parlamentare realizzata da alcuni deputati al Parlamento lituano è giunta alla conclusione che, su iniziativa dei servizi speciali di uno Stato estero, in Lituania sono stati attrezzati locali per la detenzione di prigionieri e che aerei della CIA, l’Agenzia di informazioni degli Stati Uniti, citati anche nell’inchiesta del Parlamento europeo sulle prigioni segrete della CIA in Europa, sono decollati e atterrati a più riprese in aeroporti lituani. L’inchiesta della Commissione del Parlamento lituano ha inoltre fatto menzione di un maggior numero di atterraggi in Lituania di aerei della CIA rispetto a quella del Parlamento europeo.

Alla luce dei nuovi fatti, ritiene la Commissione europea che esista ormai una base giuridica sufficiente per avviare un’inchiesta speciale in merito ad un’eventuale violazione dei pertinenti articoli della Convenzione di Ginevra, della Carta internazionale dei diritti dell’uomo, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché all’ingerenza dei servizi speciali di uno Stato estero negli affari della Lituania, Stato sovrano e membro dell’Unione europea?

 
  
 

(EN) Come la Commissione ha sottolineato in diverse occasioni, essa reputa che le pratiche note come “consegne” e la detenzione segreta violino i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per i diritti umani.

La Commissione ha altresì sempre sottolineato che spetta agli Stati membri interessati avviare o portare avanti inchieste approfondite, indipendenti e imparziali per stabilire la verità. Solo gli strumenti e i mezzi di inchiesta e a disposizione degli Stati membri possono portare alla luce i fatti. La Commissione non ha né la competenza, né i mezzi per portare a termine il compito di stabilire la verità al posto degli Stati membri.

La Commissione, pertanto, plaude all’inchiesta svolta dalla commissione del parlamento lituano cui si riferisce l’onorevole parlamentare.

A ottobre 2009, il Commissario per la Giustizia, libertà e sicurezza ha scritto una lettera al ministro lituano della Giustizia esprimendo la preoccupazione della Commissione su tali accuse e rallegrandosi dell’annuncio relativo all’avvio dell’inchiesta da parte della presidente Grybauskaité in occasione della propria visita al presidente della Commissione.

La Commissione segnala soprattutto che la commissione d’inchiesta lituana ha proposto una serie di raccomandazioni volte a garantire un maggiore controllo delle attività dei propri servizi segreti e ha prospettato il lancio di un’inchiesta giudiziaria per chiarire le circostanze e, se possibile, stabilire le responsabilità penali. La Commissione plaude agli sforzi della commissione d’inchiesta di formulare raccomandazioni concrete mirate a prevenire il possibile ripetersi di simili eventi in futuro.

 

Interrogazione n. 26 dell’on. Vanhecke (H-0017/10)
 Oggetto: Sostegno europeo al Centro studi per l’energia nucleare e al progetto Myrrha
 

Qual è l’opinione della Commissione sul Centro studi per l’energia nucleare di Mol (Belgio) e sul famoso progetto Myrrha da esso avviato? La Commissione intende sostenere finanziariamente il Centro e/o il progetto Myrrha? In caso negativo, perché no? In caso affermativo, quando e per quale importo?

 
  
 

(EN) Il progetto MYRRHA (“Multi-purpose hybrid research reactor for high-tech applications”) è attualmente oggetto di una richiesta di finanziamento al governo belga da parte del SCK/CEN (Studiecentrum voor Kernenergie – Centre d’Etude de l’Energie nucléaire).

Conseguentemente, non si prevede di sostenere la costruzione di tale progetto attraverso l’attuale programma quadro Euratom di ricerca e insegnamento nel settore nucleare (PQ7 Euratom, 2007-2011), quantunque venga fornito un sostegno limitato alla progettazione attraverso un progetto attualmente in corso, selezionato tramite un invito selettivo a presentare proposte e valutato da esperti indipendenti. MYRRHA sarebbe un’infrastruttura di sostegno in seno all’ESNII (“European Sustainable Nuclear Industrial Initiative”) del piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (SET piano SET). MYRRHA è attualmente anche oggetto di esame da parte del Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca (ESFRI) e potrebbe essere inserito della nuova tabella di marcia ESFRI per il 2010.

 

Interrogazione n. 27 dell’on. Blinkevičiūtė (H-0019/10)
 Oggetto: Garantire norme sociali minime nell’UE per lottare contro l’esclusione sociale
 

Conformemente alla decisione n. 1098/2008/CE(1), del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008 è stato deciso di dichiarare il 2010 “Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale” onde sostenere la lotta dell’Unione europea all’esclusione sociale. Sulla base di tale decisione, la Commissione europea ha elaborato il 1° dicembre 2008 un documento strategico col quale s’impegna a condurre a buon fine le grandi priorità dell’Unione europea nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

Circa 80 milioni di europei vivono attualmente al di sotto della soglia di povertà e tentano di sopravvivere alla crisi economica e sociale. Di conseguenza, quali misure intende la Commissione adottare per garantire norme sociali minime in tutta l’Unione europea quale principale misura di politica sociale europea che garantisca ad ogni cittadino dell’UE prestazioni sociali minime? Le norme sociali minime dovrebbero, infatti, essere uniformi in tutta l’Unione europea, contribuendo così a migliorare il livello di protezione sociale.

 
  
 

(EN) L’articolo 153 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea fornisce il fondamento giuridico per proporre standard sociali minimi in una serie di settori, ma non per permettere alla legislazione di raggiungere l’obiettivo specifico della lotta all’esclusione sociale.

A tale proposito l’onorevole parlamentare è invitato a riferirsi alla raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro(2), che è stata approvata dal Consiglio il 17 dicembre 2008 e dal Parlamento nella propria risoluzione del 6 maggio 2009. La raccomandazione stabilisce i principi comuni e gli orientamenti pratici per combinare sostegni al reddito adeguati, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità. Lo scopo è di raggiungere un approccio olistico efficace nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale.

La Commissione si sta adoperando molto per sviluppare un quadro di monitoraggio per la strategia dell’inclusione attiva. Ciò comporta attività congiunte ai rappresentanti degli Stati membri in seno al Comitato per la protezione sociale, in modo da identificare una serie adeguata di indicatori per il monitoraggio dell’attuazione della strategia. Sono state raccolte informazioni anche su come le reti di sicurezza sociale operino nei vari Stati membri. La relazione congiunta per il 2010 sulla protezione e sull’inclusione sociale(3)ed il relativo documento allegato(4)comprendono una sezione sui sistemi di reddito minimo per indigenti in età lavorativa, individuando le criticità in seno alla progettazione delle reti di sicurezza sociale, soprattutto in termini di copertura della popolazione abbiente e mancato sfruttamento delle prestazioni di assistenza sociale da parte di coloro che ne hanno diritto. L’apprendimento reciproco e lo scambio di migliori pratiche che prevedono progetti e valutazioni inter pares legati all’inclusione attiva continueranno nell’ambito del metodo di coordinamento aperto per la protezione e l’inclusione sociale.

La Commissione prevede che l’anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale, nel 2010, aumenterà la consapevolezza e darà la spinta necessari al rafforzamento dell’azione di lotta contro la povertà in seno all’Unione europea.

 
 

(1) GU L 298 del 7.11.2008, pag. 20.
(2)GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11
(3) COM(2010) 25 del 5.02.2010
(4) SEC(2010) 98 del 5.02.2010

 

Interrogazione n. 28 dell’on. Cristian Dan Preda (H-0020/10)
 Oggetto: Rapporto tra la legge Icesave e gli obblighi dell’Islanda in quanto membro dello Spazio economico europeo
 

La Commissione europea ha reagito alla decisione del Presidente islandese dichiarando in un comunicato stampa che “il caso Icesave” sarà esaminato nell’ambito del parere che la Commissione deve esprimere in merito ai criteri economici definiti dal Consiglio europeo di Copenaghen (1993). In qual modo la decisione di indire un referendum sulla legge Icesave può influenzare la valutazione della capacità dell’Islanda di soddisfare i criteri economici stabiliti dal Consiglio di Copenaghen?

 
  
 

(EN) L’annuncio del presidente islandese di un referendum sul disegno di legge Icesave dimostra la natura sensibile che l’argomento riveste per il paese. E’ una decisione che spetta agli islandesi. La Commissione sta seguendo la questione da vicino, ma non desidera intervenire in questo dibattito nazionale.

La Commissione ritiene che l’accordo Icesave – ossia i contratti di prestito tra il Regno Unito, i Paesi Bassi e l’Islanda, nonché i termini e le condizioni per il rimborso di tali prestiti – siano una questione bilaterale fra tali paesi e che pertanto non siano collegati al mandato della Commissione di redigere un parere in merito alla domanda di adesione dell’Islanda, né dovrebbero avere connessione diretta al processo di adesione del paese.

La Commissione sta redigendo il proprio parere sulla richiesta di adesione dell’Islanda, come richiesto dal Consiglio e sta cercando di garantire che tale documento sia equilibrato, oggettivo e completo.

Tale parere attesta il livello di adempimento ai i criteri di accesso di Copenaghen. Ciò detto, questioni come Icesave e i controlli dei movimenti di capitali verranno affrontate nell’ottica della capacità islandese di attuare l’acquis. A seconda del risultato, verrà indicato se l’Islanda adempie o meno alle norme previste dallo Spazio economico europeo, secondo le valutazioni dell’autorità di vigilanza dell’EFTA. In caso di mancato rispetto delle stesse, le lacune individuate dovranno essere colmate in modo da permettere all’Islanda di rispettare pienamente l’acquis entro la data di adesione.

La Commissione vorrebbe sottolineare in questo contesto che il suo parere fornirà solo una prima idea del livello di attuazione dell’acquis da parte dell’Islanda. La Commissione fornirà una valutazione più dettagliata in una fase più avanzata del processo di adesione, ad esempio attraverso il cosiddetto “vaglio” dell’acquis comunitario, dopo che il Consiglio avrà deciso di aprire i negoziati per l’adesione.

 

Interrogazione n. 29 dell’on. McGuinness (H-0022/10)
 Oggetto: Sicurezza negli aeroporti dell’UE
 

A seguito del recente tentativo di attentato contro il volo della Northwest Airlines diretto a Detroit in provenienza da Amsterdam-Schiphol e della sconvolgente scoperta che un passeggero aveva, a sua insaputa, trasportato esplosivi, non rilevati dai test di sicurezza effettuati in un aeroporto slovacco, a bordo di un volo per Dublino, può la Commissione garantire al Parlamento che il tema della sicurezza negli aeroporti figura ai primi posti della sua agenda?

Può, inoltre, confermare che sta collaborando con gli Stati membri per rivedere le misure di sicurezza in vigore?

Può altresì illustrare quali sono gli orientamenti europei per i cosiddetti “bomb sniffing tests” (impiego di cani addestrati per individuare esplosivi) ed indicare se li considera sufficienti? Non ritiene che siano indispensabili norme UE per tutto ciò che attiene alla sicurezza negli aeroporti?

Qual è il parere della Commissione quanto alla necessità di adottare misure di sicurezza più severe per i passeggeri?

Qual è il parere della Commissione circa l’utilizzazione della tecnologia di scansione, altrimenti nota come “body scanner”, come metodo supplementare per l’ispezione dei passeggeri?

 
  
 

(EN) La Commissione mantiene un dialogo permanente con gli Stati membri, i partner e le organizzazioni internazionali per lo scambio e lo sviluppo di misure di sicurezza aerea. Presiede un comitato di regolamentazione permanente, stabilito dalla legislazione comunitaria in materia di sicurezza aerea, che si incontra regolarmente, più volte l’anno(1)e, in caso di necessità, in incontri indetti appositamente per discutere di argomenti specifici. La Commissione, inoltre, procede a regolari scambi di opinione con le parti interessate. La legislazione vigente viene comunemente aggiornata in risposta a nuovi sviluppi, come successo più volte nel corso degli ultimi anni.

Gli aeroporti dell’Unione europea possono avvalersi solo di apparecchiature di scansione elencate e descritte nella legislazione comunitaria in materia di sicurezza aerea. In linea di principio, tali strumenti, ad esempio quelli impiegati per individuare tracce di esplosivi (“bomb sniffing”), devono seguire principi operativi e di resa dettagliati, quando esistenti. Per poter raggiungere un livello di sicurezza unico in seno all’Unione europea, gli aeroporti devono attuare norme di sicurezza aerea fondamentali comuni.

Il tentato attacco terroristico sul volo NW 253 per Detroit il 25 dicembre ha ulteriormente confermato la concretezza della minaccia all’aviazione civile. La Commissione sta partecipando alla valutazione e alla possibile verifica di tale incidente a diversi livelli.

Alcuni Stati membri hanno adottato unilateralmente misure più severe, nel rispetto del diritto comunitario. La Commissione ritiene, tuttavia, che sia necessario un progresso più sostenibile, con norme comuni a livello europeo. Aggiungere alla lista di apparecchiature consentite nuove tecnologie di individuazione, come le tecnologie di scansione avanzate, può essere un modo, a condizione che le questioni legate alla salute, alla privacy e alla protezione dei dati siano affrontate in modo soddisfacente. Tuttavia sono necessarie anche altre misure, come una cooperazione più approfondita tra i servizi incaricati dell’applicazione della legge e uno scambio più efficace dei dati disponibili.

Per maggiori dettagli sulla possibilità di introdurre body scanner alla lista di tecnologie di scansione consentite, la Commissione invita alla lettura della propria risposta all’interrogazione orale H-0001/10(2).

 
 

(1)Comitato di regolamentazione della sicurezza aerea, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento (CE) n. 300/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008 , che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile e che abroga il regolamento (CE) n. 2320/2002.
(2)Disponibile su http://www.europarl.europa.eu/QP-WEB

 

Interrogazione n. 30 dell’on. Anneli Jäätteenmäki (H-0024/10)
 Oggetto: Rinunciare a Strasburgo: riesame alla luce del trattato di Lisbona
 

Ai sensi del trattato di Lisbona (articolo 8 B), la Commissione può presentare una cosiddetta iniziativa dei cittadini. Se è corredata di almeno un milione di firme di cittadini dell’UE “di un numero significativo di Stati membri”, la Commissione è tenuta ad agire.

La Presidenza spagnola ha esaminato tale tema insieme agli altri paesi dell’UE a La Granja, il 13 gennaio 2010, ed è stato convenuto che per “un numero significativo di Stati membri” si debba intendere un terzo degli Stati membri dell’UE (ossia, attualmente, nove Stati membri).

La cosiddetta iniziativa “Oneseat”, una petizione affinché il Parlamento europeo abbia sede unicamente a Bruxelles, soddisfa chiaramente i succitati criteri (almeno un milione di firme di almeno 9 Stati membri). Essa ha già raccolto oltre 1,2 milioni di firme di europei. È assurdo che i contribuenti paghino 200 milioni di euro all’anno per un rally di mezzi pesanti fra Bruxelles e Strasburgo.

L’iniziativa “Oneseat” è ancora in sospeso alla Commissione per le petizioni del Parlamento europeo. La petizione è già stata inviata una volta alle istituzioni dell’UE. Allora il trattato di Lisbona non era ancora in vigore e le istituzioni dell’UE non prestarono alcuna attenzione. La settimana in cui l’iniziativa gli è pervenuta, il Parlamento europeo, non senza il senso dell’umorismo, ha acquistato dalla Città di Strasburgo gli edifici in cui ha sede.

Intende la Commissione prendere in esame l’iniziativa “Oneseat” alla luce dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona?

Come intende reagire a tale iniziativa?

 
  
 

(EN) La Commissione plaude all’introduzione dell’Iniziativa dei cittadini europei, che darà maggior voce ai cittadini dell’Unione, aggiungerà una nuova dimensione alla democrazia europea e arricchirà l’insieme di diritti legati alla cittadinanza dell’UE.

La Commissione è convinta che i cittadini europei dovrebbero beneficiare dell’Iniziativa il prima possibile. Per tale ragione presenterà a breve una proposta di risoluzione, ai sensi dell’articolo 24 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tale proposta terrà conto del risultato della consultazione pubblica che la Commissione ha lanciato a novembre 2009 al fine di raccogliere le opinioni di cittadini, attori vari e pubbliche autorità in seno agli Stati membri. La Commissione auspica di riuscire a far adottare il regolamento prima della conclusione dell’anno successivo all’entrata in vigore del trattato e confida che il Parlamento europeo e il Consiglio condividano tale obiettivo.

Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 4, del trattato trattato sull’Unione europea, l’Iniziativa dei cittadini europei può invitare la Commissione europea a presentare una proposta appropriata esclusivamente nell’ambito delle sue attribuzioni su materie in merito alle quali tali è necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei trattati.

La sede delle istituzioni dell’Unione è determinata di comune accordo con i governi degli Stati membri, come stabilito dall’articolo 341 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La sede del Parlamento europeo è indicata nel protocollo n. 6 allegato al nuovo trattato.

La Commissione, pertanto, non ha la competenza per attuare l’articolo 341 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

Interrogazione n. 31 dell’on. Zigmantas Balčytis (H-0025/10)
 Oggetto: Compimento dei lavori previsti per il progetto “Rail Baltica”
 

“Rail Baltica” è un progetto prioritario dell’Unione europea la cui attuazione offrirebbe agli abitanti dei paesi baltici maggiori possibilità di viaggiare e di partecipare al mercato comune del trasporto ferroviario di merci dell’UE. Inoltre, ridurrebbe l’isolamento della regione baltica, separata dal resto dell’Europa. A causa della crisi finanziaria ed economica che colpisce duramente i paesi baltici, i lavori del progetto “Rail Baltica” potrebbero essere rallentati, se non sospesi, per mancanza di finanziamenti. In relazione a questi lavori, la Lituania ha già rivisto le sue previsioni verso il basso, con l’approvazione della Commissione. Tenuto conto della difficile situazione finanziaria di questi paesi, prevede la Commissione la possibilità di aumentare la quota delle risorse finanziarie che l’Unione europea accorda al finanziamento del progetto facendo ricorso ai risparmi conseguiti?

 
  
 

(EN) L’onorevole parlamentare ha ragione a dire che l’attuale crisi finanziaria ed economica ha influito sul progetto “Rail Baltica”, come su diversi grandi progetti relativi a infrastrutture in tutti gli Stati membri dell’Unione. Gli Stati della regione baltica sono tenuti a rispettare le condizioni dei relativi fondi per i progetti finanziati nell’ambito della rete transeuropea di trasporto (TEN-T), cosa non facile in un periodo di ristrettezza di bilancio nazionale. Per attuare il progetto, la Commissione ha suggerito alla Lituania un sistema alternativo che, oltre a essere più economico e a permettere un’attuazione più rapida e semplice, non minerebbe i benefici che deriverebbero ai paesi partner da un “Rail Baltica” completo. La modifica proposta è stata accettata dalle autorità lituane a dicembre 2009.

Per quanto attiene all’aumento dei fondi già allocati per il progetto nel quadro della prospettiva finanziaria 2007-2013, nel 2010 la Commissione condurrà un riesame globale di tutti i progetti prioritari finanziati nell’ambito della rete transeuropea di trasporto per verificarne lo stato di avanzamento ed esaminarne le problematiche. Quella sarà l’occasione per verificare se sarà opportuno aggiustare gli attuali parametri di spesa, inclusi quelli per il “Rail Baltica”.

 

Interrogazione n. 32 dell’on. Kelly (H-0028/10)
 Oggetto: Turismo - Mercato dell’autonoleggio nell’UE
 

Il mercato dell’autonoleggio nell’UE è attualmente frammentato: le prescrizioni normative e le strutture dei prezzi sono diverse nei 27 Stati membri. Questo può determinare restrizioni alla libertà di circolazione dei turisti nel redditizio mercato del turismo transfrontaliero e, di conseguenza, minori guadagni per l’industria del turismo in generale.

Vi è una serie di problemi legati all’attuale frammentazione del mercato:

Tariffe di importo eccessivo per la restituzione del veicolo in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato noleggiato.

Enormi differenze nelle tariffe applicate alla stessa classe di veicoli in Stati membri confinanti, indipendentemente dal diverso costo della vita.

Polizze di assicurazione restrittive e termini e condizioni differenti nel contratto di noleggio.

Può la Commissione esprimere i propri commenti su eventuali progetti volti a favorire una maggiore integrazione del mercato in questo settore, affrontando, in parte o in toto, le questioni di cui sopra?

 
  
 

(EN) La Commissione è a conoscenza dei vari problemi per il consumatore denunciati dall’onorevole parlamentare in materia di autonoleggio.

La Commissione sta analizzando il problema della segmentazione geografica del mercato per quanto attiene alla vendita di beni e servizi in modo da determinarne la dimensione pratica. La recente relazione della Commissione sul commercio elettronico transfrontaliero nell’UE(1)e la comunicazione della Commissione sul medesimo argomento di ottobre 2009(2), forniscono una prima analisi di tali problemi e delle azioni che la Commissione intende intraprendere per farvi fronte. La Commissione ritiene che norme armoniche per la protezione dei consumatori in tutta l’Unione europea permetteranno ai commercianti, aziende di autonoleggio incluse, di stipulare contratti con clienti provenienti da diversi Stati membri utilizzando termini e condizioni contrattuali identici. I consumatori trarranno a propria volta beneficio da un’offerta transfrontaliera più competitiva. Nel mercato dell’autonoleggio, una maggiore armonizzazione dei diritti del consumatore potrebbe portare a un rapido calo delle spese.

Per dette ragioni, la Commissione ha pianificato una proposta di direttiva sui diritti del consumatore, attualmente in discussione in seno al Consiglio e al Parlamento. Tale proposta rivede i principali elementi della legislazione europea in materia di protezione dei consumatori e si basa sul principio della piena armonizzazione, che farà confluire l’attuale mosaico di varie leggi sui consumatori in un unico, semplice pacchetto normativo.

Al contempo sono già in vigore leggi comunitarie che affrontano alcuni dei problemi dei consumatori citati dall’onorevole parlamentare. Egli indica che vi sono diverse pratiche che rischiano di portare a una diversità di trattamento da parte del medesimo servizio di autonoleggio sulla base del luogo di residenza dei consumatori.

Tali differenze sono regolamentate specificatamente dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva servizi(3), che recita “gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario”. Tale disposizione di legge specifica altresì che non tutte le disparità di trattamento sono vietate, in quanto è possibile prevedere condizioni d’accesso differenti “allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi”. Come indicato nel considerando 95 della direttiva servizi, fattori di giustificazione oggettivi potrebbero essere, ad esempio, i costi supplementari derivanti dalla distanza, le caratteristiche tecniche della prestazione o i rischi aggiuntivi in relazione a normative diverse da Stato a Stato.

La direttiva servizi doveva essere attuata dagli Stati membri entro e non oltre il 28 dicembre 2009. Successivamente a tale data, i comportamenti da parte di fornitori di servizi di autonoleggio che dovessero comportare una disparità di trattamento sulla base della nazionalità o del luogo di residenza dei consumatori saranno analizzati alla luce delle disposizioni nazionali di attuazione dell’articolo 20, paragrafo 2 della direttiva servizi. Le disparità di trattamento saranno legali solo se gli operatori dimostreranno che tali differenze sono “direttamente giustificate da criteri oggettivi”.

Inoltre, anche la direttiva sulle clausole contrattuali abusive(4)può essere applicata ad alcune delle situazioni descritte dall’onorevole parlamentare. La direttiva sulle clausole contrattuali abusive si riferisce ai termini e alle condizioni che normalmente vengono applicati nei contratti stipulati tra l’azienda di autonoleggio e il consumatore. Ai sensi della direttiva, quando un termine contrattuale provoca squilibri significativi tra i diritti e i doveri del consumatore da un lato e quelli del rivenditore e del fornitore dall’altro, esso dev’essere considerato abusivo. Si potrebbe obiettare che i termini contrattuali restrittivi delle polizze assicurative rientrano in questo caso. Le clausole contrattuali abusive non sono vincolanti per il consumatore.

Questa direttiva, oltretutto, obbliga il commerciante a stilare una proposta e presentare i propri termini e condizioni di base – come quelli relativi alla polizza assicurativa – in un linguaggio semplice e intellegibile. I termini contrattuali che non rispondono a tali criteri possono essere considerati abusivi e, quindi, non vincolanti per il consumatore.

 
 

(1) COM (2009) 283
http://ec.europa.eu/enterprise/newsroom/cf/document.cfm?action=display&doc_id=2277&userservice_id=1&request.id=0
(2)comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni sul commercio elettronico transfrontaliero tra imprese e consumatori nell’UE, COM 2009 557 (def.) del 22.10.2009
(3)Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, GU L 376 del 27.12.2006
(4)Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, GU L 95 del 21.4.1993.

 

Interrogazione n. 33 dell’on. Angourakis (H-0029/10)
 Oggetto: Rischi di mercificazione della salute
 

Il modo in cui è stato affrontato il problema del virus della nuova influenza ha messo in evidenza i pericoli delle politiche che tendono a fare della salute e della previdenza sociale una merce. Si sono osservati fenomeni di presentazione selettiva dei dati e problemi negli studi epidemiologici, che creano confusione circa l’uso del nuovo vaccino e dubbi sulla necessità di dichiarare lo stato di pandemia. È emersa più chiaramente la mancanza di personale e infrastrutture nei servizi sanitari pubblici, e in particolare l’insufficienza dell’assistenza sanitaria pubblica di base.

Come giudica la Commissione i comportamenti delle industrie farmaceutiche multinazionali, che avendo come criterio il profitto mettono in pericolo la salute pubblica?

 
  
 

(EN) La Commissione desidera ringraziare l’onorevole parlamentare per questa interrogazione che solleva la questione della pressione esercitata sui sistemi sanitari e dell’influenza delle aziende farmaceutiche sulle politiche di pubblica sanità, soprattutto nell’ambito dell’influenza pandemica H1N1.

Garantire la continuità in tutti i settori della sanità, ma anche procurare contromisure mediche come vaccini e antivirali, sono parte integrante dei piani di preparazione a una pandemia. La necessità di essere pronti a una simile eventualità e poi di sapersi adattare alle necessità del caso specifico è stato un esercizio difficile sia per gli Stati membri che per l’Unione europea. E’ chiaramente necessario mostrare una certa flessibilità e prepararsi a un caso ragionevolmente più grave. Nel proprio ruolo guida nella preparazione a una pandemia, la Commissione e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) hanno sottolineato la necessità di predisporre servizi di assistenza primari e secondari – siano essi pubblici o provati – per far fronte alle ondate di pazienti.

I dati riportati dai vari paesi attraverso la rete europea di sorveglianza sull’influenza dimostrano che le pressioni a livello nazionale sui centri di assistenza primaria – causate da malesseri o infezioni respiratorie acute legate all’influenza – durante la pandemia non sono state così pesanti come, ad esempio, quelle dell’ultima influenza stagionale quantunque questa si sia verificata in anticipo, come da preavviso trasmesso agli Stati membri. In parte, ciò è dovuto alla buona preparazione degli Stati membri. Tuttavia, come sottolineato nella valutazione del rischio ad opera del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, non ci si aspettava che si verificassero pressioni così selettive sui servizi di assistenza intensiva (anzitutto per problemi legati alla respirazione).

Recentemente, sono state mosse critiche alle somme investite in vaccini per l’influenza pandemica e sulla presupposta influenza dell’industria farmaceutica sulla stesura delle politiche di pubblica sanità. Le decisioni degli Stati membri se acquistare o meno i vaccini per l’influenza pandemica e in quali quantità sono di competenza di ciascuno Stato membro. La Commissione non è stata coinvolta in tali decisioni, né è a conoscenza degli accordi contrattuali stipulati tra gli Stati membri e i produttori dei vaccini per l’influenza pandemica. La dichiarazione di pandemia da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha attivato l’esecuzione dei contratti esistenti fra le industrie farmaceutiche e gli Stati membri per la fornitura di tali vaccini. L’OMS ha confermato a più riprese che la dichiarazione di pandemia non era legata a nessuna possibilità di profitto. Allo stesso modo, la Commissione non è in possesso di nessun elemento che lasci intendere che le decisioni degli Stati membri siano state influenzate da ragioni di quel tipo. Anzi, diversi Stati membri hanno invitato la Commissione a stabilire un meccanismo volto a permettere appalti congiunti per la fornitura di vaccini in modo da abbattere i costi. La Commissione e le due agenzie europee indipendenti – il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e l’agenzia europea per i medicinali – hanno assistito gli Stati membri fornendo consulenza normativa e scientifica.

Gli Stati membri hanno dovuto svolgere un compito davvero difficile quando si sono trovati a decidere quante dosi di vaccino acquistare senza sapere quale sarebbe stata esattamente la dimensione finale della pandemia. Quando gli Stati membri hanno preso tali decisioni, la loro considerazione primaria è stata proteggere al meglio i cittadini da una pandemia potenzialmente pericolosa. La Commissione, quindi, ritiene che, in tale contesto, sia ingiusto opinare a posteriori la saggezza di simili decisioni. Concludendo, bisognerebbe considerare che, a causa dell’influenza H1N1, sono morti circa 2 500 cittadini europei e molti altri sono stati gravemente ammalati.

 

Interrogazione n. 34 dell’on. El Khadraoui (H-0030/10)
 Oggetto: Recupero di un importo da Belgocontrol da parte dello Stato belga
 

Il 3 novembre 2009 ho presentato una interrogazione scritta (E-5405/09) alla Commissione sulla compatibilità con l’acquis comunitario del recupero, da parte dello Stato belga, di un importo di 31,8 milioni da Belgocontrol, un’azienda pubblica autonoma. Nella sua risposta del 9 dicembre 2009 la Commissione fa sapere di avere spedito alla fine di ottobre 2009 una lettera alle autorità belghe per chiedere maggiori informazioni al fine di poter giudicare la legittimità del provvedimento in questione. Ha ricevuto la Commissione nel frattempo una risposta soddisfacente da parte del Belgio? In caso affermativo, può la Commissione giudicare circa la legittimità del suddetto recupero? In caso negativo, quali altre iniziative adotterà la Commissione al fine di ottenere una rapida risposta?

 
  
 

(FR) A oggi, la Commissione non ha ricevuto da parte delle autorità belghe una risposta alla propria lettera del 27 ottobre 2009. Al momento, pertanto, è impossibile adottare una decisione in merito al contesto e alla legittimità del recupero, da parte dello Stato belga, di un importo di 31,8 milioni di euro dal bilancio di Belgocontrol.

La Commissione sta seguendo il caso molto attentamente. In assenza di una risposta in tempi rapidi, la Commissione prenderà l’iniziativa di svolgere un’indagine ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, de regolamento (CE) n. 550/2004 sulla fornitura di servizi. Tale documento stabilisce la possibilità di ascoltare le autorità belghe e di consultare il comitato per il cielo unico – ove siedono rappresentanti degli Stati membri – prima di adottare una decisione(1)che si applichi allo Stato membro in questione.

 
 

(1)GU L 96 del 31.3.2004

 

Interrogazione n. 35 dell’on. Van Brempt (H-0031/10)
 Oggetto: Ristrutturazione di Opel e chiusura dello stabilimento di Anversa
 

Il 21 gennaio 2010 la direzione di Opel ha comunicato che lo stabilimento di Anversa chiuderà completamente nel quadro del piano di ristrutturazione di Opel in Europa. Dismissioni sono previste anche in altri paesi, tuttavia nessuna fabbrica sarà chiusa altrove. È lodevole che nell’autunno nel 2009 la Commissione abbia sempre insistito sul fatto che gli aiuti offerti dagli Stati membri debbano ottemperare in ogni caso alle regole relative agli aiuti di Stato e che questi debbano chiaramente essere fondati su criteri economici. Ciò vuol dire, tra l’altro, che siffatti aiuti non possono essere subordinati alla non-chiusura di determinati stabilimenti e che la ristrutturazione debba essere conforme al piano economico presentato da GM. Un siffatto piano economico è stato già presentato da GM alla Commissione? Su quali leve intende agire la Commissione per sollecitare un siffatto piano? Quando chiederà la Commissione di prendere visione del piano? In che modo valuterà la Commissione la legittimità di eventuali aiuti alle ristrutturazioni da parte degli Stati membri?

 
  
 

(EN) GM ha presentato alla Commissione un piano economico per la ristrutturazione di Opel/Vauxhall alla fine di novembre 2009. Sulla base delle informazioni finora disponibili, nulla sembra indicare che il piano di GM sia fondato su criteri non economici.

La Commissione non ha ancora ricevuto nessuna informazione dagli Stati membri in merito ai loro piani per fornire aiuti di Stato al piano di ristrutturazione di GM per Opel/Vauxhall, tuttavia essa rimarrà in allerta, in modo da garantire che, qualora vengano concessi degli aiuti di Stato, la ristrutturazione di Opel/Vauxhall continui a essere fondata su criteri economici e non sia influenzata da fattori non commerciali legati alle sovvenzioni statali e, soprattutto, che la distribuzione geografica di tale ristrutturazione non venga alterata da criteri politici.

 

Interrogazione n. 36 dell’on. Schmidt (H-0032/10)
 Oggetto: Violazione della libertà di espressione e giornalisti arrestati in Eritrea
 

Vi è un numero maggiore di giornalisti imprigionati in Eritrea che in Cina, nonostante il fatto che, a confronto, con i suoi 5,6 milioni di abitanti, tale paese sia decisamente più piccolo. Uno di questi prigionieri è il giornalista svedese, e quindi cittadino europeo, Dawit Isaak, che dal 2001 è stato incarcerato senza processo per il solo fatto di aver esercitato la sua libertà di espressione.

La situazione in Eritrea e la possibilità di avvalersi del canale degli aiuti europei per influenzarla sono state messe in evidenza nell’audizione, tenutasi all’inizio di gennaio presso il Parlamento europeo, della baronessa Catherine Ashton, la quale, nella sua risposta, ha sottolineato che gli aiuti europei debbono essere utilizzati per salvaguardare il rispetto dei diritti umani.

Ciò premesso, in che modo intende la Commissione utilizzare, in concreto, gli aiuti europei ai fini della tutela del rispetto dei diritti umani in Eritrea?

Dawit Isaak è in prigione per aver esercitato la sua libertà di espressione, che è un diritto fondamentale di tutti i cittadini dell’UE.

Quali misure intende la Commissione adottare in questo caso concreto ai fini della liberazione del cittadino europeo Dawit Isaak?

 
  
 

(EN) La Commissione condivide la sua preoccupazione circa la sorte di Dawit Isaak e di altri prigionieri di coscienza in Eritrea e, pertanto, ha regolarmente sollevato la questione, attraverso vari canali, con le autorità eritree. Lo scorso settembre la presidenza ha anche rilasciato una dichiarazione pubblica a nome dell’Unione europea sul tema dei prigionieri politici, giornalisti inclusi.

Nella propria risposta all’interrogazione sull’Eritrea durante le sedute del Parlamento europeo, il vicepresidente incaricato delle relazioni esterne ha dichiarato che è importante unire diversi strumenti al fine di promuovere gli obiettivi e gli interessi dell’Unione. Per tale ragione, oltre al dialogo e alle garanzie messe in atto nell’ambito dei programmi di sviluppo, la Commissione sta esplorando e sfruttando tutte le opportunità di sollevare la questione dei diritti umani attraverso i programmi di sviluppo che essa sviluppa Eritrea. La responsabilità prima in tema di protezione dei diritti umani spetta allo Stato eritreo e, di fatto, la Commissione sta collaborando con le autorità del paese in settori dove al momento è possibile effettuare progressi, come i diritti dei lavoratori e il miglioramento del sistema giuridico, ma anche, in linea più generale, nella promozione e diffusione delle informazioni sui diritti dell’uomo e sulle libertà fondamentali presso l’intera popolazione eritrea. Nel contesto eritreo tali attività possono portare a risultati solo se vengono intraprese in modo modulare e progressivo.

La Commissione si impegna a continuare a esplorare qualunque mezzo per sollevare le questioni relative al governo e ai diritti umani in Eritrea. Per poterlo fare, è importante che essa sia in grado di mantenere un dialogo su tali importanti questioni.

 

Interrogazione n. 37 dell’on. Catherine Bearder (H-0034/10)
 Oggetto: Tratta e adozione in Europa di bambini provenienti da Haiti
 

Il recente terremoto a Haiti ha già distrutto centinaia di migliaia di vite, ma per gli innumerevoli bambini rimasti orfani o dispersi, è possibile che gli orrori peggiori debbano ancora venire. L’UNICEF ha emesso numerose segnalazioni di bambini portati via da Haiti senza la debita procedura o la documentazione corretta.

Quali azioni intraprende la Commissione per garantire che nessuno di questi bambini sia vittima della tratta nel territorio europeo o attraverso le frontiere europee e che i bambini adottati in Europa siano stati sottoposti alle normali procedure di tutela?

Quali azioni intraprendono i servizi europei operanti a Haiti al fine di aiutare il governo haitiano a intensificare la vigilanza nei punti di uscita dal paese per impedire che i bambini siano portati via da Haiti illegalmente?

Diversi Stati membri dell’UE hanno già accelerato l’ingresso legale nei loro territori degli orfani con i requisiti necessari per l’adozione provenienti da Haiti. Quali sforzi ha compiuto la Commissione per stabilire una posizione comune dell’UE in materia di adozioni rapide da Haiti e per impedire che i bambini la cui situazione non è ancora stata adeguatamente valutata siano portati in Europa?

 
  
 

(EN) La Commissione è preoccupata per la situazione dei bambini che sono stati separati dai genitori o che si trovavano in orfanatrofio prima del terremoto. La prevenzione della vendita e della tratta dei bambini dev’essere una priorità chiave negli sforzi adoperati in risposta al sisma.

E’ effettivamente vero, come ha ricordato l’UNICEF, che la questione dell’adozione internazionale è particolarmente delicata nel caso di bambini separati dai propri genitori e dalla propria comunità. In caso di disastri, gli sforzi di riunire un bambino sfollato con i propri genitori o familiari devono avere la priorità. Tentativi prematuri e sregolati di organizzare adozioni internazionali di tali bambini sono da evitare.

Oltretutto il trasferimento di bambini senza le adeguate procedure rischia di permettere le peggiori forme di tratta dei minori, a scopi sessuali o di sfruttamento lavorativo, e deve pertanto essere assolutamente vietato.

La Commissione non è competente per decidere singoli casi di adozioni interne, tuttavia le consta che i bambini cui è stato consentito accesso in Europa tramite adozioni internazionali nel periodo immediatamente successivo al disastro erano già stati tutti adottati da una famiglia europea con apposita sentenza di un tribunale haitiano.

Ciò sembra essere in linea con il parere dell’UNICEF, il cui direttore esecutivo, signora Veneman, ha affermato che, qualora il vaglio per l’adozione internazionale di alcuni bambini haitiani sia stato ultimato prima del terremoto, vi sono evidenti vantaggi a velocizzarne il trasferimento nelle loro nuove case.

Ventisei Stati membri su 27 hanno aderito alla convenzione dell’Aia del 29 maggio 1993 protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale (tutti a eccezione dell’Irlanda). Tale documento stabilisce delle garanzie per i bambini e prevede un sistema di cooperazione tra le parti contraenti al fine di prevenire adozioni illegali e la tratta di minori.

Haiti non è tra i firmatari della convenzione dell’Aia del 1993, tuttavia, nel 2000, la conferenza dell’Aia ha adottato una raccomandazione in base alla quale gli Stati aderenti dovrebbero applicare, nei limiti del possibile, le norme e le garanzie della convenzione agli accordi di adozione internazionali che essi stringono con Stati che non hanno ancora aderito alla convenzione. Più di 80 Stati, tra cui la quasi totalità di paesi di accoglienza, hanno sottoscritto tale convenzione, pertanto, anche se Haiti non rientra fra i paesi aderenti alla convenzione dell’Aia del 1993, tutti i paesi di accoglienza dovrebbero attuarne norme e garanzie (inclusi tutti gli Stati membri a eccezione dell’Irlanda).

Nell’ambito di questa risposta umanitaria di emergenza, la Direzione generale per gli aiuti umanitari della Commissione ha individuato alcune tematiche relative alla protezione quale obiettivo per la propria strategia di finanziamento e sta cercando di fornire aiuti finanziari a organizzazioni non governative, ad agenzie e organizzazioni internazionali e alla lega delle Società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa che operano per la protezione dei bambini ad Haiti. Quantunque non le sia possibile aiutare direttamente il governo, tutte le azioni finanziate dalla Commissione saranno interamente coordinate attraverso il meccanismo dei cluster – al cui vertice vi è l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari – a sostegno del governo.

 

Interrogazione n. 38 dell’on. Toussas (H-0037/10)
 Oggetto: Rimozione della nave da crociera “Sea Diamond”
 

La nave da crociera “Sea Diamond” giace da circa tre anni (esattamente dal 13 aprile 2007) nelle profondità della caldera di Santorino inquinando l’ambiente marino con gravi conseguenze per l’equilibrio ecologico, la salute degli abitanti dell’isola e l’area circostante. Si tratta di una vera e propria “bomba tossica” in quanto, stando a ricerche scientifiche, per via del naufragio nei paraggi si osserva un esteso inquinamento causato da microscopiche fibre di materiale plastico e da elevate concentrazioni di sostanze tossiche con forte predisposizione alla bioaccumulazione. Gli abitanti di Santorino rivendicano l’immediato allontanamento di questa “bomba tossica” dalle acque della loro isola, scontrandosi però di fatto con il diniego dei vari governi sia di quello attuale del Pasok che del precedente di ND. Le promesse governative di rimuovere lo scafo si sono rivelate fallaci e al momento non sono state neppure contestate responsabilità alla società proprietaria, la Hellenic Louis Cruises, che è stata addirittura indennizzata con 55 milioni di dollari!

Ha la Commissione ricevuto informazioni in merito agli sviluppi e all’evolversi della vicenda della rimozione della “Sea Diamond”? Qual è la sua posizione di fronte alle rivendicazioni e alle giuste richieste degli abitanti di Santorino?

 
  
 

(FR) La Commissione invita a riferisi alle risposte fornite in precedenza alle interrogazioni n. H-748/08, E-1944/08 e E-6685/08(1)e conferma di aver seguito da vicino la situazione del relitto della “Sea Diamond” a largo di Santorino per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Dopo aver esaminato le disposizioni pertinenti della legislazione applicabile (ossia la direttiva 2004/35/CE(2)sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, la direttiva 2000/60/CE(3)che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque e la direttiva 2006/12/CE(4)relativa ai rifiuti) la Commissione ha concluso che, in ragione delle circostanze specifiche, non era possibile determinare una violazione delle disposizioni in causa.

Per quanto concerne la direttiva 2004/35/CE, essa non si applica al caso in questione, in quanto esso si è verificato prima dell’attuazione della direttiva.

Per quanto concerne una possibile violazione dell’articolo 4 della direttiva 2006/12/CE, bisogna ricordare che tale disposizione obbliga gli Stati membri ad assicurare che i rifiuti siano smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo o pregiudizio all’ambiente; gli Stati membri, inoltre, adottano le misure necessarie per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti.

L’articolo 4 lascia un margine di discrezionalità agli Stati membri per quanto attiene alle misure da adottare. Secondo la giurisprudenza della Corte(5), la persistenza di una tale situazione di fatto, in particolare quando comporta un degrado rilevante dell’ambiente per un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti, può rivelare che gli Stati membri hanno oltrepassato il potere discrezionale che questa disposizione conferisce loro.

Non è stato possibile stabilire tale degrado rilevante dell’ambiente per un periodo prolungato senza intervento delle autorità competenti. Da un lato, le autorità elleniche hanno adottato le misure necessarie per evitare l’inquinamento (valutazione d’impatto dell’inquinamento e continuo monitoraggio dell’area interessata), dall’altro la valutazione del Centro ellenico di studi marini aveva concluso che gli effetti provocati dal delitto sono, al momento, trascurabili.

Pertanto, non è possibile stabilire una violazione della legislazione comunitaria in materia di ambiente. Qualora, tuttavia, l’onorevole parlamentare disponga di nuove elementi che permettano di stabilire una violazione (a esempio studi recenti e affidabili che dimostrino il verificarsi di un inquinamento), è invitato a comunicarli alla Commissione.

Inoltre, per il futuro, la direttiva 2009/20/CE(6)sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi, che è entrata in vigore il 29 maggio 2009 e dev’essere recepita nelle legislazioni degli Stati membri entro il 1° gennaio 2012, prescrive agli armatori delle imbarcazioni battenti bandiera di uno Stato membro o che entrano nel porto di uno Stato membro, di sottoscrivere un’assicurazione che copra i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi adottata dall’Organizzazione marittima internazionale così come modificata dal protocollo del 1996; tra tali crediti figurano quelli relativi al recupero dei relitti.

La Commissione continuerà a monitorare lo stato del relitto della Sea Diamond.

 
 

(1)Disponibile su http://www.europarl.europa.eu/QP-WEB.
(2)Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e e riparazione del danno ambientale, GU L 143 del 30.4.2004.
(3)Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, GU L 327 del 22.12.2000.
(4)Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti, GU L 114 del 27.4.2006.
(5)Vedasi a tale proposito la sentenza del 9 novembre 1999, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana, C-365/97, Racc. pag.7773, punti 66-68 e la sentenza del 4 luglio 2000, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica ellenica, C-387/97, Racc. pag.5047, punti 55-57.
(6)Direttiva 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 , sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi, GU L 131 del 28.5.2009.

 

Interrogazione n. 39 dell’on. Pat the Cope Gallagher (H-0040/10)
 Oggetto: Aiuti alimentari - Prodotti ittici in conserva
 

I prodotti ittici in conserva hanno un elevato contenuto di proteine e una lunga conservazione. Essi possono essere forniti in tempi brevi e sono stati utilizzati in precedenza per alleviare in modo efficace la scarsità di cibo in situazioni di emergenza simili a quella del terremoto di Haiti.

Include la Commissione i prodotti ittici in conserva fra gli aiuti alimentari per situazioni di emergenza? In caso di risposta negativa, potrebbe la Commissione considerare la possibilità di includere i prodotti ittici in conserva fra gli aiuti di emergenza dell’Unione europea per la popolazione di Haiti?

 
  
 

(EN) In qualunque crisi umanitaria che richieda aiuti alimentari, l’Unione europea fornisce denaro a partner di attuazione specializzati, tra cui il programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite. Questo significa che lasciamo decidere agli esperti quali alimenti siano più appropriati per un caso specifico.

Tale decisione necessita altresì di essere concordata fra agenzie in modo da coordinare le operazioni del settore alimentare.

L’Unione, ad ogni modo, ritiene che tali decisioni si basino su considerazioni riguardanti, fra l’altro: valori nutritivi, conformità alle preferenze alimentari locali, facilità di trasporto, immagazzinamento, manipolazione e preparazione, costo, disponibilità di stock adeguati e prossimità degli stessi alla zona di crisi.

E’ vero che i prodotti ittici in conserva possono rappresentare un elemento prezioso e altamente nutriente in un pacchetto di aiuti alimentari.

In alcune operazioni finanziate dall’Unione, i prodotti ittici sono stati inclusi dai partner di attuazione nelle razioni alimentari che distribuivano, dopo aver fatto le considerazioni di cui sopra.

Vale la pena di notare, tuttavia, che in contesti in cui non esiste una produzione locale o regionale di prodotti ittici, il costo e lo sforzo di trasporto di tali prodotti li rendono spesso meno favorevoli rispetto ad altri alimenti nutrienti come, ad esempio, fagioli e legumi.

Nel caso della risposta al terremoto di Haiti, l’Unione europea sta finanziando il programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite per la risposta immediata e per l’operazione che prevedono di portare avanti nei prossimi cinque mesi.

Tale risposta comprende la distribuzione di razioni alimentari pronte per il consumo fornite in natura da diversi donatori, alcune delle quali comprendono prodotti ittici.

Per la prossima fase dell’operazione, quando i beneficiari saranno maggiormente in grado di prepararsi autonomamente il proprio cibo e sarà possibile organizzare la distribuzione massiccia di alimenti crudi da cuocere, la composizione delle razioni dovrebbe passare a prodotti locali più economici (fagioli, riso e miscele ricostituenti) che comunque rispettino appieno i criteri energetici e micronutrienti della popolazione.

 

Interrogazione n. 40 dell’on. Crowley (H-0042/10)
 Oggetto: La strategia dell’Unione europea per il 2020
 

Come intende la Commissione attuare la strategia dell’Unione europea per il 2020 come strumento politico volto a combattere i crescenti livelli di disoccupazione in tutta l’Europa, in particolare fra i giovani?

 
  
 

(EN) La futura strategia “Europa 2020” stabilirà una visione per un’economia competitiva, innovativa, sostenibile ed inclusiva entro il 2020 e sarà accompagnata da proposte su come riuscire a raggiungere tale visione ed aumentare il livello di occupazione.

La strategia fronteggerà la problematica degli elevati e crescenti livelli di disoccupazione, in particolare fra i giovani, stabilendo al contempo i fondamenti per sfruttare nuove fonti di crescita e permettendo all’Unione europea di far fronte a sfide a lungo termine come il cambiamento demografico, la pressione sulle risorse naturali ed energetiche e la minaccia del cambiamento climatico. La Commissione concorda con l’onorevole parlamentare che la nuova strategia deve incentrarsi soprattutto nella lotta ai crescenti livelli di disoccupazione in tutta l’Europa, in particolare fra i giovani.

 

Interrogazione n. 41 dell’on. Aylward (H-0044/10)
 Oggetto: Restrizioni per il trasporto di liquidi sugli aerei
 

Le restrizioni imposte ai passeggeri che viaggiano con contenitori di 100 ml o meno riempiti di liquidi, gelatine, paste, lozioni e cosmetici continuano e rendere i viaggi estremamente complicati e a causare problemi tanto ai passeggeri che ai gestori di aeroporti.

In molti casi simili restrizioni comportano lunghe code, la perdita dei beni e talvolta delle merci acquistate. Sovente i passeggeri sono obbligati a pagare prezzi elevati per l’acqua e altre bevande dopo aver passato i varchi di controllo.

Senza dubbio sono necessarie misure efficaci di sicurezza e contemporaneamente la sicurezza dei passeggeri e dell’aviazione resta prioritaria, tuttavia è altrettanto necessario un riesame delle attuali restrizioni in materia di liquidi dato che le restrizioni sono applicate da diversi anni.

Ha la Commissione progetti intesi a riesaminare dette regolamentazioni ed è stato proposto un calendario per attenuare le restrizioni? Può la Commissione fornire ulteriori informazioni sugli sviluppi tecnologici, specialmente in materia di controlli riguardanti i liquidi?

 
  
 

(EN) Da agosto 2006, l’Unione europea ha attuato un divieto su liquidi, gel e aerosol a bordo degli aeromobili(1), al fine di prevenire l’imbarco di liquidi esplosivi. Tale divieto è stato confermato a livello mondiale dalle raccomandazioni dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO) ed è applicato dalle maggiori compagnie aeree dell’Unione.

Il recente incidente sul volo NW 253 da Amsterdam a Detroit ha confermato che il livello di minaccia all’aviazione civile rimane elevato. Non è pertanto possibile eliminare il divieto sui liquidi senza adottare una misura sostitutiva. La Commissione, pertanto, ha presentato una proposta che prevede la possibilità di imbarcare liquidi sugli aeromobili a condizione che siano stati sottoposti a un controllo. Tale proposta, attualmente al vaglio del Parlamento, mira a trovare una soluzione al trasporto di liquidi a bordo degli aeromobili grazie alla disponibilità di adeguate tecnologie per l’analisi dei liquidi.

La proposta prevede, infatti, che, entro il 29 aprile 2011, siano autorizzati i liquidi trasportati dai passeggeri provenienti da paesi esterni all’Unione europea e facenti scalo negli aeroporti comunitari, previo superamento di un controllo. Inoltre, entro e non oltre il 29 aprile 2013, prevede l’autorizzazione di tutti i liquidi trasportati dai passeggeri in partenza da aeroporti dell’Unione europea, sempre previo superamento di un controllo. Nel frattempo i livelli di prestazione delle apparecchiature per il rilevamento di esplosivi dovranno aumentare in modo da garantire il continuo rispetto della legislazione comunitaria.

 
 

(1)Regolamento (CE) n. 820/2008, dell’8 agosto 2008, GU L221 del 19.8.2008 che abroga il regolamento (CE) n. 622/2003 del 4 aprile 2003, GU L 89 del 5.4.2003.

 

Interrogazione n. 42 dell’on. Andrikienė (H-0046/10)
 Oggetto: Conseguenze dell’“accordo sulle banane” per i produttori di banane dell’UE
 

L’Unione europea ha recentemente raggiunto un accordo storico con i paesi dell’America latina, in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, sulla riduzione delle tariffe per le importazioni di banane provenienti da detta regione. Tuttavia, tale accordo storico avrà un impatto negativo sui produttori di banane dell’UE, poiché dovranno affrontare una concorrenza più aggressiva da parte dei produttori di banane dell’America latina. Intende la Commissione elaborare meccanismi strategici al fine di tutelare i produttori europei di banane di regioni come le Isole Canarie e Madera?

 
  
 

(EN) La Commissione è ben consapevole dell’importante ruolo sociale ed economico che la produzione di banane riveste nelle Isole Canarie, Guadalupe, Martinica e Madera, che il trattato include fra le regioni ultraperiferiche e a cui riconosce particolari svantaggi. Per tale ragione, la Commissione continua a sostenere tale produzione e ad aiutare i produttori a essere competitivi.

Nel 2006, l’Unione europea ha riformato l’organizzazione comune del mercato interno delle banane. Essa ha allocato altresì una cospicua voce di bilancio per gli aiuti ai produttori di banane nelle regioni ultraperiferiche, che il 1° gennaio 2007 ha trasferito ai programmi POSEI.

Tale riforma ha introdotto un elevato livello di flessibilità nella gestione degli aiuti alla produzione di banane. Gli Stati membri se ne sono assunti la responsabilità, come previsto dai programmi POSEI. La riforma permette agli Stati membri di definire un importo annuale fisso destinato agli aiuti, invece del precedente aiuto compensatorio. Ciò implica che ora i produttori possono avere la certezza di quale importo riceveranno.

Dall’attuazione della riforma, l’Unione europea ha allocato 280 milioni di euro l’anno per sostenere i produttori di banane delle Canarie, delle Antille francesi e di Madera e, in misura minore, delle Azzorre. Questo comporta un aumento del 47% rispetto al bilancio annuale precedente, che tra il 2002 e il 2006 ammontava, in media, a 190 milioni di euro.

La riforma delle banane ha tenuto conto dell’impatto che avrebbero potuto avere sui produttori europei:

- gli accordi di partenariato economico conclusi dall’Unione europea con alcuni paesi di Africa, Caraibi e Pacifico, che dovevano essere ancora attuati, in quanto sono entrati in vigore solo nel 2008 e prevedevano un contingente in franchigia doganale o un accesso fuori quota per le banane;

- la riduzione del dazio all’importazione di banane provenienti da pesi terzi (paesi andini e dell’America latina) stabilita attraverso l’accordo di Ginevra sul commercio delle banane del 15 dicembre 2009. Quantunque si tratti di un risultato preliminare del Doha Round, la riduzione tariffaria è definitiva: non vi saranno ulteriori ribassi.

La riforma delle banane ha pertanto tenuto conto del possibile impatto di tali accordi internazionali sui produttori europei ed è stata conclusa con il suddetto aumento di bilancio destinato ai produttori di banane delle regioni ultraperiferiche.

Per tale ragione, la Commissione ritiene che il sostegno che i produttori di banane delle regioni ultraperiferiche ricevono al momento sia sufficiente a proteggerli dall’aumento di competitività da parte dei paesi terzi che esportano banane nell’Unione europea e beneficeranno di graduali riduzioni dei dazi all’importazione di tale alimento nei prossimi 7-9 anni.

 

Interrogazione n. 43 dell’on. Martin (H-0050/10)
 Oggetto: World Economic Forum a Davos
 

Dal 26 al 31.1.2010 si svolgerà a Davos l’annuale “World Economic Forum”. Numerosi banchieri hanno già annunciato che faranno lobby contro i nuovi piani del governo americano intesi a regolamentare il settore bancario.

Quale sarà la posizione dei rappresentanti della Commissione al “World Economic Forum”?

Quanti rappresentanti e da quali direzioni generali saranno inviati dalla Commissione a tale vertice economico e a quali manifestazioni parteciperanno essi?

A quanto ammontano i costi di partecipazione a tale evento per la Commissione?

 
  
 

(EN) (1) La Commissione condivide gli obiettivi di fondo delle idee lanciate dal presidente Obama, in particolar modo per quanto attiene al fronteggiare i rischi generati da istituti finanziari sistematicamente importanti. Per affrontare tale questione, la Commissione sta valutando un pacchetto di misure relative all’interconnessione degli istituti e a un quadro migliore per la gestione della crisi, che prevede altresì l’introduzione di interventi rapidi e di strumenti risolutivi per i supervisori, nonché la creazione di mercati derivativi più resilienti. Tale pacchetto si basa su misure – adottate e in fase di discussione – volte a migliorare la qualità dei requisiti patrimoniali bancari soprattutto per quanto attiene a operazioni relative al portafoglio di negoziazione e a prodotti di cartolarizzazione rischiosi. Il nuovo sistema di supervisione che la Commissione ha proposto e che il Parlamento ora sta analizzando stabilisce lo standard per identificare rischi macroeconomici e garantire che siano sottoposti a una supervisione quotidiana efficace e congiunta da parte delle banche che operano in Europa.

La Commissione al momento sta attendendo ulteriori dettagli sulle proposte del presidente Obama. Il prossimo incontro ECOFIN dovrebbe prevedere una discussione sulla questione degli istituti finanziari sistematicamente importanti. Anche la Commissione discuterà le proposte del presidente Obama assieme ad altri partner internazionali in seno al G20, al Consiglio di stabilità finanziaria e al Comitato di Basilea. La Commissione mantiene il proprio impegno verso un processo di riforma che coinvolga partner internazionali e porti a un risultato coerente in quelli che sono i mercati finanziari mondiali.

(2) Al “World Economic Forum” la Commissione è stata rappresentata da tre commissari, un commissario designato e otto funzionari provenienti dai vari servizi interessati. Il costo totale di queste missioni ammonta a 20 590,22 euro.

 

Interrogazione n. 44 dell’on. Czarnecki (H-0051/10)
 Oggetto: Violazione dei diritti della minoranza polacca in Bielorussia
 

Intende la Commissione reagire di fronte alla violazione dei diritti della minoranza polacca in Bielorussia, a seguito del tentativo di imporre nuovi dirigenti all’Associazione dei polacchi in Bielorussia e di impadronirsi dei beni appartenenti a tale organizzazione?

 
  
 

(EN) Grazie della sua interrogazione orale sulla violazione dei diritti della minoranza polacca in Bielorussia.

La Commissione europea è preoccupata per le continue restrizioni alla libertà di associazione in Bielorussia in generale e per quella relativa all’organizzazione democratica dell’Associazione dei polacchi in Bielorussia in particolare.

La qualità della democrazia in un paese si misura, fra l’altro, tramite il modo in cui le autorità trattano le minoranze.

Le azioni delle autorità bielorusse, che cercano di imporre nuovi dirigenti all’Associazione dei polacchi in Bielorussia e di impadronirsi dei beni appartenenti a tale organizzazione, sono in contrasto con la dichiarazione del vertice del partenariato orientale, che la Bielorussia ha firmato il 7 maggio 2009 a Praga.

Invitiamo la Bielorussia ad astenersi da simili azioni. Ricordiamo altresì la nostra offerta di procedere al rafforzamento delle nostre relazioni contrattuali con questo paese, a condizione che si registrino progressi in cinque settori chiave:

garantire che non vi siano casi di detenzione motivata da ragioni politiche;

riformare la legislazione elettorale nel rispetto delle raccomandazioni dell’Organizzazione sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE)/Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo (ODIHR);

liberalizzare le comunicazioni e garantire la libertà di riunione e di associazione;

migliorare le condizioni di lavoro, nonché il quadro giuridico e normativo relativi alle organizzazioni non governative e agli attivisti per i diritti umani;

decretare una moratoria ed abolire la pena di morte.

 
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