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Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 11 marzo 2010 - StrasburgoEdizione GU
 ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE

INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è l’unica responsabile di queste risposte)
ENInterrogazione n. 9 dell’on. Radvilė Morkūnaitė-Mikulėnienė (H-0060/10)
 Oggetto: Prevista costruzione di centrali nucleari in Russia e Bielorussia
 

In Bielorussia e nel distretto di Kaliningrad della Federazione russa è prevista la costruzione di due centrali nucleari. I siti scelti per entrambe le centrali si trovano a meno di 100 km da due Stati membri dell’Unione – Lituania e Polonia. Inoltre, sia la Lituania che la Polonia stanno pianificando la costruzione di proprie centrali nucleari.

Come valuta il Consiglio questa concentrazione nucleare sul confine orientale dell’UE? Alla luce dei piani previsti dal programma della Presidenza spagnola per favorire l’instaurazione di una relazione strategica con la Russia, quali iniziative concrete prevede di adottare il Consiglio per stabilire con la Russia e la Bielorussia una cooperazione per quanto concerne l’impatto ambientale delle previste centrali nucleari sul territorio degli Stati interessati?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il Consiglio ha sempre evidenziato l’importanza di elevati standard per la sicurezza nucleare e di un alto livello di protezione ambientale e sottolineato il proprio sostegno al raggiungimento di un livello elevato di sicurezza nucleare e protezione ambientale in tutta l’Unione europea e in seno ai paesi terzi.

La responsabilità nazionale per la sicurezza nucleare è confermata dalle convenzioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, come la convenzione sulla sicurezza nucleare, cui hanno aderito anche Russia e Bielorussia, nonché l’Euratom e la maggior parte degli Stati membri dell’Unione. La conferenza di revisione organizzata nell’ambito Di tale convenzione fornisce l’opportunità di esercitare una pressione tra pari su altre realtà per quanto attiene alla sicurezza delle loro centrali e al modo in cui attuano le relative disposizioni della convenzione.

Il Consiglio vorrebbe segnalare in particolare che, nell’ambito della convenzione sulla sicurezza nucleare, le parti contraenti in prossimità di una futura centrale nucleare devono essere consultate, in quanto possono subire l’impatto della centrale stessa.

L’accordo Euratom-Russia concernente l’utilizzazione dell’energia nucleare a scopi pacifici – attualmente in fase di negoziazione – dovrebbe inoltre contenere disposizioni in materia di requisiti verificabili per quanto concerne la sicurezza nucleare e la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Il Consiglio ricorda infine che la questione viene affrontata regolarmente nel quadro del dialogo UE-Russia sull’energia, nonché del consiglio di partenariato permanente in materia. Si noti al riguardo quanto riportato nell’ultima (la decima) relazione sull’avanzamento di tale dialogo:

le parti [Russia e Unione europea] segnalano che la diversificazione delle fonti energetiche e dell’infrastruttura di trasporto è uno degli imperativi del momento. In tale contesto, esse sostengono lo sviluppo del commercio di energia elettrica tra l’Unione europea e la Russia, tenendo conto della necessità di garantire il massimo livello di sicurezza nucleare.

Per quanto attiene alla valutazione d’impatto in un contesto internazionale, il Consiglio fa notare che la Bielorussia ha sottoscritto la convenzione di Espoo sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, che contiene clausole vincolanti per la valutazione e la minimizzazione dell’impatto ambientale e dei possibili pericoli per l’ambiente. Il Consiglio sottolinea che la responsabilità per la valutazione ambientale ricade in gran parte sui promotori del progetto.

La Federazione russa non è un contraente a pieno titolo della convenzione di Espoo, tuttavia l’Unione europea invita tale paese ad applicarne le disposizioni su base volontaria. La questione è stata affrontata piuttosto a lungo con la Russia, anche per quanto concerne le centrali nucleari esistenti.

 

Interrogazione n. 10 dell’on. Siekierski (H-0062/10)
 Oggetto: Composizione del Parlamento europeo dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona
 

Conformemente al trattato di Lisbona in vigore dal 1° dicembre 2009, il Parlamento europeo è composto da 750 deputati e dal Presidente, con aumento del numero dei deputati pari a 18 in confronto alla situazione derivante dalle condizioni stabilite nel trattato di Nizza (fino al 1° dicembre 2009).

Nel novembre 2009, il Parlamento europeo ha approvato una relazione concernente lo status dei nuovi deputati in cui si confermava che i nuovi deputati aggiuntivi avrebbero assunto le loro funzioni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona e a seguito della ratifica da parte degli Stati membri del protocollo speciale aggiuntivo che prevede l’aumento del numero dei deputati. Detto protocollo aggiuntivo, tuttavia, non è stato ancora sottoscritto dai capi di Stato dell’UE e risulta difficile prevedere quando lo sarà. I nuovi deputati non potranno assumere le loro funzioni fino a quando non sarà convocata una Conferenza intergovernativa ad hoc.

In considerazione di quanto sopra illustrato, quali azioni intende perseguire il Consiglio per garantire che si adottato, il più rapidamente possibile, un regolamento che consenta ai nuovi deputati di svolgere le loro funzioni in conformità delle disposizioni del trattato di Lisbona? Ci si può attendere che detta situazione sia risolta durante la presidenza spagnola?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Come l’onorevole parlamentare ha correttamente indicato, ai sensi dell’articolo 14 del trattato sull’Unione europea introdotto dal trattato di Lisbona, il numero dei membri del Parlamento europeo non deve superare i 750 deputati, più il Presidente. Poiché le elezioni del Parlamento europeo di giugno 2009 si sono svolte nel rispetto del trattato precedente (portando all’elezione di 736 eurodeputati), il 18 e 19 giugno 2009 il Consiglio europeo ha convenuto di aggiungere 18 seggi ai 736 occupati alle elezioni di giugno, qualora il trattato di Lisbona fosse entrato in vigore(1). L’attuazione di tale accordo del Consiglio europeo richiede, da parte dei 27 Stati membri, l’adozione e la ratifica di un protocollo che modifica l’articolo 2 del protocollo (36) sulle misure transitorie allegate al trattato di Lisbona, nel rispetto della procedura stabilita dall’articolo 48, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea. Il 4 dicembre 2009, il governo spagnolo ha presentato una proposta di emendamento dei trattati a tale scopo.

Il 10 e 11 dicembre 2009(2) il Consiglio europeo ha deciso di consultare il Parlamento europeo e la Commissione al fine di esaminare tale proposta. Ai sensi del secondo comma dell’articolo 48, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea, il Consiglio europeo ha specificato che non intende convocare una convenzione (composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione) prima della conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, in quanto, secondo il Consiglio europeo, l’entità delle modifiche proposte non giustifica tale scelta. I rappresentanti del Consiglio europeo hanno richiesto, pertanto, l’approvazione del Parlamento europeo, come disposto dall’articolo 48, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea.

La data di apertura della conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dipende dalla ricezione della posizione del Parlamento europeo su tali questioni.

 
 

(1) 11225/2/09 REV 2
(2) EUCO 6/09

 

Interrogazione n. 11 dell’on. Zigmantas Balčytis (H-0065/10)
 Oggetto: Seguito istituzionale dei progetti previsti nella strategia per il mar Baltico
 

La strategia per il mar Baltico è un processo che riveste un’importanza strategica e un significato storico per la regione dei paesi baltici. Il successo del suo sviluppo rafforzerà l’unità dell’insieme dell’Unione europea, perché milioni di persone che vivono in regioni geograficamente vicine, ma per motivi storici tradizionali non hanno collaborato tra di loro, agiranno per dare vita a progetti comuni. Quale rappresentante di questa regione, sono preoccupato per il programma di attività del Consiglio che copre 18 mesi elaborato dai paesi del trio di presidenza della UE, che mette l’accento sulla strategia della UE per la regione del Danubio, ma non menziona la strategia per la regione del mar Baltico.

Non ritiene il Consiglio che, poiché la fase iniziale dell’attuazione della strategia del mar Baltico non fa che cominciare, sia troppo presto per considerarla un successo ed accordarle una minore attenzione istituzionale? Non ritiene il Consiglio che la strategia per il mar Baltico debba essere iscritta nel programma del trio della presidenza dei 18 mesi e che occorra prevedere un meccanismo di seguito di un progetto fattibile, che garantisca che i progetti previsti siano attuati entro le scadenze?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il 14 dicembre 2007, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a redigere una strategia comunitaria per la regione del mar Baltico, che a giugno 2009 la Commissione ha presentato al Parlamento, al Consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni.

La strategia per il mar Baltico mira al coordinamento dell’azione di Stati membri, regioni, Unione europea, organizzazioni pan-baltiche, istituzioni finanziarie ed enti non governativi al fine di promuovere uno sviluppo più equilibrato della regione ed è accompagnata da un piano d’azione che ruota attorno a quattro pilastri: ambiente marino, prosperità, trasporto ed energia, sicurezza e protezione.

Il Consiglio europeo di ottobre 2009 ha stabilito che la strategia per il mar Baltico rappresentava un importante contributo per il successo economico di quell’area e per la sua coesione sociale e territoriale, nonché per la competitività dell’Unione e ha invitato i vari attori ad agire con rapidità e garantire una piena attuazione di tale strategia.

La strategia stessa si basa sugli attuali strumenti, fondi, politiche e programmi dell’Unione europea.

In tal senso, come stabilito nelle proprie conclusioni del 26 ottobre 2009, il ruolo del Consiglio è quello di sviluppare politiche sulla base delle relazioni periodiche e delle proposte di raccomandazione della Commissione, mentre la Commissione è responsabile delle azioni concrete di coordinamento, monitoraggio, relazione, facilitazione dell’attuazione e fasi successive.

Il Consiglio ha invitato inoltre la Commissione a presentare una relazione sullo stato di avanzamento dei lavori entro giugno 2011, ovvero oltre il periodo di 18 mesi della programmazione di presidenza.

Fino ad allora, il Consiglio potrà essere coinvolto solo quando e se la Commissione deciderà di modificare la strategia, visto che, in tal caso, le modifiche proposte dovranno ricevere il sostegno del Consiglio.

 

Interrogazione n. 12 dell’on. Figueiredo (H-0066/10)
 Oggetto: Fondi comunitari
 

La gravità della situazione in alcuni paesi dell’Unione europea richiede misure urgenti su più livelli, segnatamente in campo finanziario e monetario, in modo da combattere efficacemente la disoccupazione e la povertà, dare priorità alla soluzione del problema della disoccupazione, sostenere la produzione e la creazione di occupazione con diritti nonché garantire la coesione economica e sociale.

In tali circostanze, può il Consiglio indicare se, tenendo presente la solidarietà tra Stati membri, è disposto ad appoggiare il trasferimento di fondi comunitari cui hanno diritto i paesi afflitti da gravi problemi sociali e finanziari, affinché questi ultimi li possano utilizzare senza necessità di una contropartita nazionale? È esso disposto a studiare con la BCE misure di sostegno finanziario, segnatamente la concessione di prestiti a condizioni vantaggiose?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Da dicembre 2008, per far fronte alla crisi, l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno intrapreso un’ampia gamma di misure straordinarie, tra cui il piano europeo di ripresa economica, basato sulla solidarietà e la giustizia sociale. In seno a tale piano, nel 2009 è stato rivisto il regolamento che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione in modo da permettere al fondo in questione di far fronte ai licenziamenti causati dall’impatto della crisi economica e finanziaria mondiale.

Nel triennio 2010-2013, inoltre, dovrebbe essere operativo un nuovo strumento di microfinanza volto ad aumentare l’accesso ai prestiti e ridurre così la disoccupazione e la povertà derivanti dalla crisi. Il Consiglio ritiene che l’accordo sul nuovo strumento di microfinanza raggiunto in prima lettura con il Parlamento europeo rappresenti un contributo positivo al riguardo.

Nell’ambito dei fondi strutturali, sono necessarie misure supplementari per mitigare l’impatto della crisi economica negli Stati membri più gravemente colpiti, pertanto il Consiglio adotterà misure volte a semplificare il pagamento degli anticipi ai beneficiari degli aiuti di Stato. Il Consiglio prevede un’ulteriore rata di pre-finanziamento per il 2010, in modo da permettere un flusso finanziario regolare e favorire i pagamenti ai beneficiari nella fase di attuazione del programma.

Per quanto attiene all’assistenza finanziaria, le relazioni fra gli Stati membri dovrebbero essere basate sulla responsabilità e sulla solidarietà.

Mentre l’Unione economica e monetaria rappresenta per propria natura un elemento di stabilità e protezione dalle turbolenze del mercato, i membri della zona euro condividono la responsabilità della stabilità all’interno della zona stessa e le loro politiche economiche interessano tutti.

Quando gli Stati membri esterni alla zona euro affrontano difficoltà o vivono gravi difficoltà per quanto attiene ai pagamenti esterni, il Consiglio può fornire aiuti finanziari.

 

Interrogazione n. 13 dell’on. Mitchell (H-0070/10)
 Oggetto: Promuovere la ripresa economica
 

La maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea e la zona euro nel suo insieme sono venute fuori dalla recessione con una crescita incerta. Alla luce di tali segnali incoraggianti provenienti da diverse parti d’Europa e del mondo, quali misure specifiche sta adottando il Consiglio per favorire la ripresa economica e assicurarne la crescita e il consolidamento?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Dopo i primi incoraggianti segnali di calo della crisi, lo scorso autunno, la crescita economica in seno all’Unione ha dato segni di ripresa dell’ultimo trimestre dello scorso anno.

Nel frattempo, per superare la crisi economica, gli Stati membri e l’Unione europea hanno effettuato ingenti interventi fiscali per sostenere il settore finanziario e l’economia reale, soprattutto nel quadro del piano europeo di ripresa economica concordato a dicembre 2008 in risposta alla crisi finanziaria e al rallentamento economico mondiali.

Ciononostante, al momento, 20 Stati membri presentano disavanzi eccessivi, che dovrebbero essere riportati entro i valori di riferimento nei prossimi anni. La mancanza di politiche di bilancio solide e un settore finanziario debole potrebbero compromettere gravemente la ripresa e minare la credibilità delle politiche macroeconomiche dell’Unione europea.

Nondimeno, se da un lato è necessario porre gradualmente fine a misure finanziarie straordinarie non sostenibili per gli Stati membri, dall’altro le tempistiche per una simile operazione devono essere compatibili con una ripresa economica autonoma.

In tale prospettiva, le politiche dell’Unione dovrebbero essere re improntate verso riforme a lungo termine nell’ambito di una rinnovata ed ambiziosa strategia, in modo da migliorare ulteriormente la competitività e aumentare il potenziale di crescita sostenibile dell’Unione europea.

Sulla base della propria comunicazione sulla strategia Europa 2020, del 3 marzo 2010, la Commissione ha proposto che il Consiglio europeo di primavera sottoscrivesse l’impostazione globale della strategia, stabilisse i traguardi quantitativi e definisse la struttura della governance e ha chiesto che il Consiglio europeo di giugno sottoscrivesse gli orientamenti integrati di attuazione della strategia e i traguardi quantitativi nazionali specifici.

 

Interrogazione n. 14 dell’on. Blinkevičiūtė (H-0073/10)
 Oggetto: Chiave di genere
 

Ai sensi del trattato CE, la parità di genere è un principio fondamentale dell’Unione europea, uno degli obiettivi e uno dei compiti della Comunità. L’integrazione della parità tra donne e uomini è presente in tutti i settori politici. Le questioni di parità di genere sono importanti per una crescita sostenibile e la competitività, per affrontare la sfida demografica e per la coesione economica e sociale nell’Unione europea.

In tempi di recessione economica, mantenere le questioni sulla parità di genere in primo piano nell’ordine del giorno è una sfida, e la visibilità di tali questioni è un modo per far fronte ad essa. Le conclusioni del Consiglio adottate il 30 novembre 2009 hanno invitato la Presidenza e la Commissione a includere un capitolo sulle questioni di genere nei messaggi chiave che saranno adottati dal Consiglio “Occupazione, politica sociale, salute e consumatori” e sottoposti al Consiglio europeo di primavera del 2010.

Una chiave di genere sarà adottata dal Consiglio “Occupazione, politica, sociale, salute e consumatori” e sottoposta al prossimo Consiglio europeo di primavera?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Come ha osservato l’onorevole parlamentare, la parità di genere riveste trasversale e fondamentale importanza in seno all’Unione europea. L’eguaglianza di uomini e donne è fortemente ribadita nelle disposizioni dei trattati comunitari. L’articolo 3 del trattato sull’Unione europea stabilisce che l’Unione promuove la parità tra donne e uomini e l’articolo 8 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea specifica che tale obiettivo viene perseguito in tutte le azioni dell’Unione. Nell’adottare il patto europeo per la parità di genere(1), il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2006, ha riconosciuto esplicitamente che politiche volte a promuovere la parità di genere sono vitali per la crescita economica, la prosperità e la competitività.

Il 30 novembre 2009, il Consiglio ha adottato delle conclusioni su tale argomento specifico(2), invitando all’inoltro al Consiglio europeo di messaggi chiave sulle questioni di genere.

In tali conclusioni, il Consiglio ha affermato specificamente diversi punti sollevati anche dall’onorevole parlamentare. In particolare, il Consiglio ha ritenuto che “la parità di genere sia un elemento fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi dell’UE di coesione economica e sociale e di un livello elevato di occupazione, nonché per assicurare una crescita sostenibile e la competitività, e per affrontare la sfida demografica”(3).

La questione di genere è affrontata altresì in seno alla strategia Europa 2020, adottata dalla Commissione il 3 marzo. Il Consiglio ha proceduto ad uno scambio di vedute su tale argomento generico nel corso della propria seduta dell’8 marzo e la presidenza si è impegnata a trasmettere i risultati di tale discussione al Consiglio europeo. Tale procedura fornirà agli Stati membri e alla presidenza l’opportunità di ribadire le preoccupazioni e le prospettive positive che il Consiglio ha espresso nelle proprie conclusioni di novembre.

E’ bene notare altresì che l’attuale presidenza spagnola dell’Unione europea è estremamente attiva nel campo della parità di genere e che, a seguito del vertice europeo delle donne in posizioni di potere del 3 febbraio, il 4 e 5 dello stesso mese ha onorato il forum femminile Beijing+15 riunendo rappresentanti dei governi dell’Unione europea, dello spazio economico europeo, dei paesi candidati, della Commissione e del Parlamento europei e delle principali associazioni femminili europee che operano per la parità di genere.

Per il prossimo 25 e 26 marzo la presidenza spagnola sta organizzando un incontro informale dei ministri per le pari opportunità che sarà incentrato sull’uguaglianza di genere come base per la crescita economica e l’occupazione.

 
 

(1)V. doc. 7775/1/06 REV 1, paragrafo 40 e allegato II.
(2) Doc. 15782/09.
(3) Doc. 15488/09, paragrafo 2, lettera a.

 

Interrogazione n. 15 dell’on. Kelly (H-0075/10)
 Oggetto: Pratiche sleali nella catena di approvvigionamento alimentare
 

Qual è la posizione del Consiglio in merito alle pratiche commerciali sleali nella catena di approvvigionamento alimentare? Come indicato dalla Commissione nella comunicazione COM(2009)0591, la riduzione dei prezzi alimentari per i produttori non si è stata ripercossa in modo significativo sui consumatori, mentre gli stessi prezzi alimentari elevati hanno colpito la domanda di prodotti alimentari europei in misura tale che gli agricoltori stanno vendendo i loro prodotti a prezzi inferiori a quelli di produzione.

Molti lavoratori del settore della vendita al dettaglio hanno riferito di casi in cui le grandi catene hanno chiesto ai fornitori di pagare per il semplice fatto di immagazzinare i loro prodotti.

Ritiene il Consiglio che, vista la situazione illustrata, si renda necessaria un’indagine più estesa, a livello dell’UE, per ragioni di concorrenza? Riconosce l’esistenza di un divario tra il potere negoziale dei venditori al dettaglio e quello dei fornitori/produttori e del pericolo che detto divario venga utilizzato, dato che il numero dei produttori/fornitori di prodotti alimentari supera nettamente quello dei venditori al dettaglio?

In che modo propone di affrontare detto problema? Intende presentare comunicazioni al riguardo nel prossimo futuro?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Come la presidenza spagnola ha sottolineato durante il proprio intervento innanzi al comitato per l’agricoltura, il 27 gennaio, un migliore funzionamento della catena di approvvigionamento alimentare è di primaria importanza, in quanto concorre a formare un’agricoltura e un’industria agroalimentare efficace e competitiva, che rappresenta una delle sue priorità.

In questo momento, in particolare, il Consiglio sta esaminando la comunicazione della Commissione intitolata “Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa” (COM(2009) 591 def.). A tale proposito, a gennaio, il Consiglio ha proceduto a uno scambio di opinioni sull’argomento sulla base di un questionario elaborato dalla presidenza e sta ora elaborando un progetto di conclusioni del Consiglio su tale comunicazione.

Senza con ciò pregiudicare il testo definitivo, nel progetto di conclusioni, vengono sviluppate cinque idee chiave, molte delle quali l’onorevole parlamentare cita nella propria interrogazione:

miglioramento della struttura e consolidamento dell’industria agroalimentare al fine di raggiungere le dimensioni necessarie a ottenere un maggiore potere contrattuale nelle trattative con grandi rivenditori;

aumento della trasparenza lungo la filiera alimentare, perché permette di tenere traccia dei livelli e degli sviluppi dei prezzi, nonché di esercitare maggiori pressioni sui soggetti interessati al fine di velocizzare la trasmissione dei prezzi. Tale misura è la chiave per un’equa distribuzione del valore aggiunto lungo la filiera alimentare;

lotta alle pratiche commerciali inique. La Commissione suggerisce di verificare tali pratiche in seno al mercato interno e propone tutte le misure comunitarie necessarie a fronteggiare simili pratiche;

invito alle iniziative di autoregolamentazione. La Commissione propone di operare assieme ai portatori di interesse della filiera alimentare per la redazione di vari contratti standardizzati e prevede altresì di adottare dei codici di buone pratiche commerciali;

esplorazione della concorrenza in seno alla filiera alimentare. La Commissione propone di lavorare assieme alla rete europea della concorrenza per sviluppare un approccio comune sulle questioni relative alla concorrenza passibili di influenzare il funzionamento della filiera alimentare. Il Consiglio sta riflettendo sull’interazione tra l’attuale concorrenza e le norme della politica agricola comune.

La presidenza auspica che tali conclusioni saranno adottate dal Consiglio durante la seduta di marzo.

Ultimo per ordine, ma non per importanza, il Consiglio sta attualmente lavorando assieme al Parlamento europeo su una proposta della Commissione per la rifusione della direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

 

Interrogazione n. 16 dell’on. Papastamkos (H-0078/10)
 Oggetto: Governance economica europea
 

La profondissima crisi finanziaria sopravvenuta in Grecia al pari dello squilibrio finanziario verificatosi in altri Stati membri della zona euro sollevano questioni di statica, di dinamica e di resistenza della costruzione stessa dell’Unione economica e monetaria. Non c’è dubbio che il risanamento delle finanze pubbliche di uno Stato membro della zona euro grava su di esso, ma ciò non toglie che la crisi finanziaria ha fatto emergere lo scollegamento tra un’integrale e uniforme unione monetaria e un’unione economica imperfetta in seno all’UE.

Intende il Consiglio proporre la concezione e la istituzione di un Fondo monetario europeo dotato delle risorse necessarie e delle capacità di intervento indispensabili per coprire deficit strutturali dell’UEM sì da riflettere una governance economica europea più formale e coordinata?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Mentre l’Unione economica e monetaria rappresenta per propria natura un elemento di stabilità e protezione dalle turbolenze del mercato, i membri della zona euro condividono la responsabilità della stabilità all’interno della zona stessa e le loro politiche economiche interessano tutti. Essi sono tenuti a portare avanti politiche nazionali sane, in linea con il patto di stabilità e crescita e con gli indirizzi di massima per le politiche economiche.

La recente crisi economica e gli attuali sviluppi nei mercati finanziari hanno mostrato l’importanza di uno stretto coordinamento delle politiche economiche. Nel loro incontro informale dell’11 febbraio, i capi di Stato e di governo dell’Unione hanno dichiarato che gli Stati membri della zona euro intraprenderanno, qualora necessario, un’azione definita e coordinata per salvaguardare la stabilità finanziaria dell’intera zona euro. Finora nessuno di questi Stati ha chiesto aiuto.

Il 16 febbraio, il Consiglio, su invito dei capi di Stato e di governo, si è concentrato sulla situazione relativa al disavanzo e al deficit di governo in Grecia, adottando:

un parere su un aggiornamento da parte della Grecia del proprio programma di stabilità, che stabilisce piani per la riduzione del proprio deficit di governo al di sotto del 3% del prodotto interno lordo entro il 2012;

una decisione che intima alla Grecia di correggere la propria situazione di disavanzo eccessivo entro il 2012, stabilendo misure di consolidamento di bilancio in base a uno scadenziario preciso, riportante alche i termini per la presentazione di relazioni sulle misure adottate;

una raccomandazione alla Grecia intesa ad allineare le sue politiche economiche agli indirizzi di massima comunitari.

Per quanto attiene al coordinamento e al controllo economico nella zona euro in generale, nel rispetto delle disposizioni contenute nel trattato di Lisbona, a primavera la Commissione intende sottoporre al Consiglio una proposta ai sensi dell’articolo 136 del trattato. Dopo averla ricevuta, il Consiglio esaminerà la proposta della Commissione. Finora, il Consiglio non ha ricevuto nessuna proposta di questo genere e, soprattutto, non ha ricevuto né discusso nessuna proposta relativa a un fondo monetario europeo.

 

Interrogazione n. 17 dell’on. McGuinness (H-0083/10)
 Oggetto: Piano volto a rafforzare il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche tra i paesi membri dell’eurozona
 

Potrebbe il Consiglio fornire informazioni dettagliate in relazione alle idee secondo le quali i paesi dell’area dell’euro potrebbero avere maggior voce in capitolo circa il modo in cui sono gestite le economie degli altri Stati membri che fanno parte di tale area? La Commissione ha recentemente annunciato che prima di giugno, in base alle competenze previste dal trattato di Lisbona, presenterà un piano volto a rafforzare il coordinamento e la controsorveglianza delle politiche economiche. Approva il Consiglio questa impostazione ai fini di un maggiore coordinamento economico e ritiene che questo nuovo approccio rafforzerebbe l’area dell’euro?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La recente crisi economica e gli attuali sviluppi nei mercati finanziari hanno mostrato l’importanza di uno stretto coordinamento delle politiche economiche, come confermato dai capi di Stato e di governo dell’Unione europea e dal Presidente del Consiglio europeo in occasione del loro incontro informale dell’11 febbraio.

La responsabilità prima delle politiche economiche nazionali spetta agli Stati membri stessi. L’Unione europea li monitora e coordina, soprattutto nel contesto del patto di stabilità e crescita e degli indirizzi di massima per le politiche economiche. Mentre il patto di stabilità e crescita consta essenzialmente nel far rispettare e mantenere la disciplina fiscale, gli indirizzi di massima per le politiche economiche mirano a garantire un controllo multilaterale dei trend economici in seno agli Stati membri. Le politiche strutturali, soprattutto al fine di aumentare la competitività e portare a una maggiore crescita e ad un più alto tasso di occupazione, sono coordinate nel quadro della strategia di Lisbona, che questa primavera verrà rilanciata come strategia Europa 2020.

Tutti questi strumenti sono basati sul partenariato e sulla cooperazione fra gli Stati membri. Il trattato di Lisbona fornisce alla zona euro un ulteriore quadro giuridico per garantire il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria. L’esistenza dell’Eurogruppo è riconosciuta formalmente dall’articolo 137 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e dal protocollo 1 (n. 14) sull’Eurogruppo. L’articolo 136 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, inoltre, permette l’adozione di misure supplementari applicabili esclusivamente alla zona euro, volte a rafforzare il coordinamento e il controllo della disciplina di bilancio degli Stati membri di tale area o a stabilire degli indirizzi per le politiche economiche di detti Stati. Tali misure vengono adottate nel rispetto delle procedure rilevanti fra quelle indicate negli articoli 121 e 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea ad eccezione di quella descritta nell’articolo 126, paragrafo 14, del medesimo trattato.

Nel rispetto delle disposizioni contenute nel trattato di Lisbona, a primavera la Commissione intende sottoporre al Consiglio una proposta per rafforzare il coordinamento e il controllo delle politiche economiche. Dopo averla ricevuta, il Consiglio esaminerà la proposta della Commissione.

 

Interrogazione n. 18 dell’on. Enrique Guerrero Salom (H-0086/10)
 Oggetto: Flussi finanziari illeciti, evasione fiscale e paesi in via di sviluppo
 

Sussistono oggi prove sufficienti circa le ripercussioni negative che i flussi finanziari illeciti esercitano sui paesi in via di sviluppo. Anche se la gran parte dei flussi finanziari illeciti transfrontalieri non è visibile ed è difficile calcolarne l’entità, secondo le stime tali flussi oscillano tra i 1.000 e i 3.000 miliardi di dollari USA l’anno. In base ai dati forniti dalla Banca mondiale, tale ammontare varia da 1.000 a 1.600 miliardi di dollari USA l’anno e si ritiene che la metà di esso, da 500 a 800 miliardi di dollari USA l’anno, provenga dai paesi in via di sviluppo. Tali flussi illeciti provenienti dai paesi in via di sviluppo, stimati tra 500 e 800 miliardi di dollari USA l’anno, costituiscono il fattore economico che ha maggiore incidenza negativa sui poveri, poiché prosciuga fortemente le riserve monetarie, aumenta l’inflazione, riduce il gettito fiscale e provoca molte altre ripercussioni che limitano le possibilità dei paesi in via di sviluppo.

Quali sforzi e iniziative sta intraprendendo o intende intraprendere nei prossimi mesi l’UE per contrastare l’evasione fiscale e la fuga di capitali da e verso i paesi in via di sviluppo? In quale modo è possibile consolidare la capacità di gestione fiscale di tali paesi?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’evasione fiscale, la fuga di capitali e i flussi finanziari illeciti rappresentano sicuramente una seria sfida per lo sviluppo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, e, nella dichiarazione di Doha sul finanziamento per lo sviluppo del 2008, sono state identificate come i principali ostacoli alla mobilitazione delle risorse nazionali per lo sviluppo.

A maggio 2008, il Consiglio ha adottato delle conclusioni(1)che sottolineano quanto una buona governance nel settore fiscale – che comprende i principi di trasparenza, lo scambio di informazioni e una sana concorrenza fiscale – sia un fattore essenziale per la lotta alla frode e all’evasione fiscali transfrontaliere, nonché per rafforzare la lotta al riciclaggio di denaro sporco, alla corruzione e al finanziamento del terrorismo.

L’Unione europea promuove attivamente tali principi in vari ambiti:

la politica europea di vicinato comprende, in seno a diversi piani d’azione per specifici paesi terzi, un riferimento generico alla cooperazione in materia di fisco e ai principi di trasparenza, scambio di informazioni e al codice di condotta in materia di tassazione per le imprese. Tali piani d’azione sono strumenti di cooperazione economica e politica tra l’Unione europea e i paesi partner;

la politica comunitaria di cooperazione allo sviluppo fornisce ulteriore sostegno ai paesi in via di sviluppo disposti a sottostare ai principi di buon governo, anche nel settore fiscale, attraverso il programma europeo di vicinato e partenariato a favore della governance e all’iniziativa per la governance del decimo fondo europeo di sviluppo.

Inoltre, la recente, ampia accettazione degli standard fiscali dell’OSCE, anche da parte di diversi paesi in via di sviluppo, ha sostanzialmente modificato il panorama internazionale verso una maggiore trasparenza in ambito fiscale e ha fatto progredire il dibattito in seno all’Unione europea. Il 28 aprile 2009, la Commissione ha pubblicato una comunicazione sulla promozione della buona governance in materia fiscale(2), nella quale ha presentato una serie di idee su come promuovere la buona governance in materia fiscale nei confronti di paesi terzi.

Nelle proprie conclusioni del 18 maggio 2009, il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare proposte per un’azione comunitaria concreta in materia di dialogo e assistenza verso i paesi in via di sviluppo sulla promozione della buona governance in materia fiscale e di sistemi fiscali nazionali più efficaci in modo da raggiungere gli obiettivi di sviluppo.

L’argomento è stato nuovamente discusso dal Consiglio nel quadro delle proprie conclusioni del 17 novembre 2009 sulla coerenza delle politiche per lo sviluppo (CPS). La questione è stata inclusa nella selezione iniziale di cinque questioni prioritarie da affrontare nel programma di lavoro della CPS che dovrà essere sottoposto al Consiglio quest’anno. Tali conclusioni hanno affermato la necessità di migliorare la trasparenza e contrastare i flussi transfrontalieri illeciti e l’evasione fiscale “riconoscendo che tali fenomeni hanno un grave impatto sulla mobilitazione delle risorse nazionali nei paesi in via di sviluppo”.

Sulla base di tali risultati, la presidenza spagnola del Consiglio ha inserito la questione tra le proprie priorità nell’agenda per lo sviluppo di questo semestre.

Pertanto, in occasione dell’incontro informale del 17 e 18 febbraio 2010 a La Granja (Spagna), cui ha presenziato anche il presidente della commissione parlamentare per lo sviluppo, i ministri competenti dell’Unione europea hanno avuto uno scambio di vedute approfondito in materia di tasse e buona governance per lo sviluppo e di meccanismi innovativi di finanziamento.

Il Consiglio nei prossimi mesi porterà avanti tale discussione e attende al proposito la prossima comunicazione della Commissione sulla promozione della buona governance in materia fiscale nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, che dovrebbe essere presentata al Consiglio nell’ambito del cosiddetto “pacchetto di aprile”.

 
 

(1)V. documentazione relativa alla presente nota sulle conclusioni del Consiglio in materia di questioni fiscali in seno ad accordi con paesi terzi
(2) doc. 9281/09 - COM (2009) 201 def.

 

Interrogazione n. 19 dell’on. Chountis (H-0092/10)
 Oggetto: Patto di stabilità e situazione finanziaria negli Stati membri
 

Durante la riunione del Consiglio europeo dell’11 febbraio e dell’Eurogruppo del 16 febbraio sono state adottate decisioni storiche. Per la prima volta, uno Stato membro, la Grecia, viene posto sotto triplice sorveglianza. Per la prima volta, il Consiglio proibisce espressamente l’adozione di misure relative ai salari, ai sistemi sanitari, al sistema pensionistico, all’amministrazione pubblica, ai mercati, ecc. E’ impressionante constatare che il Consiglio finora non abbia fatto alcun riferimento alla pietosa situazione in cui versano le economie degli altri Stati membri dell’UE, come la Spagna con un deficit dell’11,2% e un tasso di crescita del debito del 20%, la Francia con un deficit dell’8,3% e una crescita del debito del 10%, l’Italia con un deficit del 5,3% e un debito del 114% del PIL, il Portogallo con un deficit dell’8,7% e un ritmo di crescita del debito del 10% e la Gran Bretagna, il cui deficit ammonta al 12% come la Grecia, con un ritmo di crescita del debito del 20%, mentre il debito totale dei Paesi Bassi sfiora il 234% del PIL, quello dell’Irlanda il 222%, quello del Belgio il 219%, quello della Spagna il 207% e quello della Grecia il 179%.

Alla luce di quanto precede, il Patto di stabilità è stato, di fatto, soppresso. Può il Consiglio ammetterlo? Può indicare se i giganteschi deficit nell’UE sono dovuti ai vari pacchetti “illegali” di sostegno alle banche e alle industrie? Le misure contro i lavoratori greci preannunciano “raccomandazioni” analoghe per i lavoratori di tutta la zona euro? La Grecia funge da cavia, come sostiene il Primo Ministro greco?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il patto di stabilità e crescita rimane lo strumento principale per mantenere la stabilità finanziaria in seno all’Unione europea nel suo complesso, nonché all’interno della zona euro. Esso viene applicato in modo omogeneo ed equo per tutti gli Stati membri, ed al momento tale applicazione gode della flessibilità introdotta nella revisione del patto del 2005. Il patto di stabilità e crescita, pertanto, è ben lungi dall’essere soppresso.

Per superare le crisi economica mondiale più grave che si sia verificata dal 1929, negli ultimi due anni Stati membri e Unione europea hanno effettuato ingenti interventi fiscali per sostenere il settore finanziario e l’economia reale, il che, naturalmente, ha portato a un aumento dei disavanzi pubblici. Tali interventi erano necessari ed appropriati ed hanno svolto un ruolo estremamente importante nell’evitare una crisi ancor peggiore, stabilizzare l’economia e prevenire una recessione più drammatica. In questo difficile periodo, il patto di stabilità e crescita ha dimostrato il valore della propria flessibilità.

Quando la ripresa economica viene confermata, le misure straordinarie devono essere ritirate. Il Consiglio ha già raggiunto un accordo sui principi di massima delle strategie di uscita. Sul fronte fiscale, tali principi vengono attuati nel quadro del patto di stabilità e crescita. Nel 2009 e 2010 il Consiglio ha adottato raccomandazioni volte a riportare al di sotto della soglia di riferimento del 3% del PIL 20 Stati membri, tra cui Belgio, Spagna, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito. Le scadenze per correggere il proprio disavanzo variano dall’anno solare 2011 a quello fiscale 2014 / 2015 a seconda della situazione specifica del singolo Stato membro.

Tra gli Stati membri attualmente soggetti a procedure per il recupero di disavanzo eccessivo, la Grecia è il solo che non sia riuscito a portare a buon fine quanto espresso nella raccomandazione del Consiglio di aprile 2009. Come dimostrato dai dati di bilancio aggiornati a ottobre 2009, inoltre, le cifre presentate dalle autorità greche non si sono dimostrate affidabili. Il Consiglio continuerà a monitorare da vicino la situazione in tutti gli Stati membri con un deficit pubblico superiore alla percentuale di riferimento e, qualora uno o più di essi dovessero mancar di rispettare le raccomandazioni adottate, il Consiglio intraprenderà le misure necessarie.

Le raccomandazioni alla Grecia o a qualunque altro Stato membro mirano ad aiutare le autorità a mantenere una sana politica fiscale e non sono adottate “contro” nessuna categoria di cittadini. Alcuni Stati membri hanno permesso un’evoluzione delle proprie finanze che non è sostenibile e devono pertanto adottare delle misure correttive, perché è il solo modo corretto e sostenibile di andare verso una ripresa economica forte. A lungo termine, la mancanza di una disciplina fiscale porterebbe a disavanzi e debiti pubblici insostenibili, il che avrebbe effetti nocivi sull’intera economia comunitaria oltre che su quella degli Stati membri interessati.

 

Interrogazione n. 20 dell’on. Kratsa-Tsagaropoulou (H-0093/10)
 Oggetto: Misure di adeguamento finanziario e di sviluppo in Grecia
 

Nella sua pertinente decisione e raccomandazione del 16 febbraio, il Consiglio ECOFIN di febbraio ha invitato la Grecia ad adottare una serie di misure tanto per la riduzione della spesa quanto per l’aumento delle entrate e, in particolare, per la riduzione dei costi salariali, l’aumento dell’IVA e delle imposte sulle automobili e l’energia. Dato che la maggior parte delle misure che il governo greco ha adottato o intende adottare riguarda già la riduzione dei costi salariali e l’aumento delle entrate mediante l’aumento delle imposte dirette e indirette, può il Consiglio rispondere ai seguenti quesiti:

Non ritiene che tali misure, che tendono a una politica di austerità in materia di riscossione e di entrate, possano da sole ridurre ulteriormente la domanda in termini di investimento e di consumo nell’economia greca, pregiudicando così gli sforzi di ripresa e di risanamento finanziario in Grecia? Intende proporre al governo greco anche misure di sviluppo per recuperare la produttività dell’economia greca e per far fronte all’aumento della disoccupazione?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il deterioramento delle finanze pubbliche in Grecia, unito a più ampi squilibri macroeconomici e alla perdita di competitività dell’economia ellenica negli ultimi anni, ha portato alla difficile situazione economica che lo Stato membro sta vivendo in questo momento. Le autorità greche si sono impegnate a intraprendere le azioni necessarie a far fronte alla situazione e il Consiglio si è impegnato a sostenerne gli sforzi.

Il Consiglio ha ripetutamente denunciato i problemi strutturali a lungo termine dell’economia greca in diversi esercizi di sorveglianza multilaterali. Nell’ambito della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione, in seno alla propria raccomandazione sull’aggiornamento nel 2009 degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri, il Consiglio ha osservato che la Grecia deve “intensificare gli sforzi per ovviare agli squilibri macroeconomici e alle carenze strutturali della [propria] economia”. Esso ha invitato la Grecia a migliorare la concorrenza in materia di servizi professionali, aumentare gli investimenti a favore di ricerca e sviluppo, utilizzare meglio i fondi strutturali, riformare la pubblica amministrazione e adottare un’ampia gamma di misure per il mercato del lavoro in base ad un’impostazione integrata basata sulla flessicurezza.

Il 16 febbraio, il Consiglio, su invito dei capi di Stato e di governo, si è concentrato sulla situazione relativa al disavanzo e al deficit di governo in Grecia, adottando:

un parere su un aggiornamento da parte della Grecia del proprio programma di stabilità, che stabilisce piani per la riduzione del proprio deficit di governo al di sotto del 3% del prodotto interno lordo entro il 2012;

una decisione che intima alla Grecia di correggere la propria situazione di disavanzo eccessivo entro il 2012, stabilendo misure di consolidamento di bilancio in base a uno scadenziario preciso, riportante alche i termini per la presentazione di relazioni sulle misure adottate;

una raccomandazione alla Grecia intesa ad allineare le sue politiche economiche agli indirizzi di massima comunitari.

Nell’ambito delle suddette misure, il Consiglio ha raccomandato alla Grecia di attuare un pacchetto completo di misure per migliorare il funzionamento del mercato dei prodotti e il contesto imprenditoriale, di sostenere la crescita della produttività e dell’occupazione, di rendere più efficace e rapido l’utilizzo dei fondi strutturali dell’UE, nonché di correggere la situazione di disavanzo eccessivo e di occuparsi della sostenibilità a lungo termine delle proprie finanze pubbliche. Per sostenere la crescita della produttività e dell’occupazione, la Grecia dovrebbe provvedere a:

adottare misure immediate per contrastare il lavoro nero;

rivedere la regolamentazione del mercato del lavoro, compresa la normativa in materia di tutela dell’occupazione, per aumentare l’offerta di manodopera;

sostenere la domanda di manodopera moltiplicando le riduzioni mirate del costo del lavoro;

varare riforme del sistema d’istruzione volte a innalzare il livello delle competenze della forza lavoro e aumentare la capacità di rispondere alle richieste del mercato di lavoro.

Di fronte alla sfida di migliorare la produttività, anche mediante strategie di investimenti pubblici per grado di priorità, la Grecia dovrebbe adottare tutte le misure necessarie a rendere più efficace e rapido l’utilizzo dei fondi strutturali dell’UE. Nel far ciò occorre far sì che sia data celere ed efficiente attuazione ai programmi operativi sulla riforma amministrativa e sulla convergenza digitale, in quanto sono alla base di riforme chiave per l’amministrazione pubblica, che è al centro della strategia di riforma tracciata nell’aggiornamento del gennaio 2010 del programma di stabilità.

La Grecia dovrebbe presentare la prima relazione sull’attuazione di tali misure entro il 16 marzo, la seconda a maggio e, in seguito, a scadenze trimestrali. Il Consiglio monitorerà da vicino la situazione continuerà ad intraprendere misure, a seconda delle necessità, per sostenere le autorità elleniche nella promozione della crescita economica e nel mantenimento di una politica fiscale solida.

 

Interrogazione n. 21 dell’on. Czarnecki (H-0096/10)
 Oggetto: Discriminazione della minoranza polacca in Bielorussia
 

Intende reagire il Consiglio alla discriminazione di cui sono vittime le minoranze nazionali, segnatamente la minoranza polacca in Bielorussia? La situazione si è particolarmente aggravata nelle ultime settimane durante le quali sono stati arrestati numerosi dirigenti di organizzazioni polacche e sono stati sequestrati i loro beni, ad esempio gli edifici che ospitavano la sede di varie associazioni e unioni polacche.

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

L’Unione europea è preoccupata per il recente deterioramento della situazione bielorussa e per l’aumento delle violazioni dei diritti umani. Essa inquadra la situazione relativa all’Unione dei polacchi come un elemento di questa tendenza negativa, comprovata da ulteriori e preoccupanti segnali quali la mancanza di libertà di espressione e di assemblea, l’aumento del controllo sui mezzi di comunicazione di massa e della pressione sui giornalisti, la nuova legge che limita l’uso di Internet e le molestie agli attivisti dell’opposizione.

Nella propria dichiarazione del 16 febbraio, la baronessa Ashton ha espresso preoccupazione per la situazione della minoranza polacca in Bielorussia e, in particolare, per l’espulsione forzata di suoi rappresentanti da edifici di proprietà della comunità, per l’arresto di suoi membri e per i tentativi di imporre dall’alto i vertici della comunità stessa. Tali preoccupazioni sono state trasmesse alle autorità bielorusse anche attraverso i canali diplomatici.

Il Consiglio ha avuto un rapido scambio di vedute sulla questione il 22 febbraio, e riprenderà una discussione più approfondita nei prossimi mesi.

In occasione del breve incontro con il ministro degli esteri Martynov, a margine dell’insediamento del presidente ucraino Yanukovich svoltosi a Kiev il 25 febbraio, la baronessa Ashton ha trasmesso le proprie forti preoccupazioni sulle violazioni dei diritti umani e ha segnalato che la situazione relativa all’Unione dei polacchi non rientrava tra gli “affari interni” della Bielorussia.

Il Consiglio intende portare avanti la politica europea di impegno condizionato e tale scelta è sostenuta altresì da preminenti leader bielorussi favorevoli alla democrazia e all’Europa, come Aliaksandr Milinkevich.

Al contempo, è di fondamentale importanza che la Bielorussia rispetti gli impegni presi nell’ambito dell’OSCE e su scala internazionale, anche in termini di protezione e promozione dei diritti delle minoranze.

E’ nell’interesse dell’Unione proseguire nei propri rapporti con la Bielorussia in modo da portare avanti valori e principi condivisi.

L’Unione europea continuerà a monitorare la situazione relativa ai diritti umani in Bielorussia e a mantenere la questione tra le priorità della propria agenda nell’ambito del dialogo politico con questo paese.

 

Interrogazione n. 22 dell’on. Gallagher (H-0097/10)
 Oggetto: Uso abusivo di passaporti europei
 

Passaporti europei contraffatti, tra cui passaporti irlandesi, sono stati utilizzati nell’assassinio del leader di Hamas a Dubai lo scorso gennaio. Il Consiglio può offrire una valutazione aggiornata delle le misure che ha preso per dare risposta alle preoccupazioni dei cittadini UE sull’uso abusivo di passaporti europei?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

In una dichiarazione rilasciata il 22 febbraio, il Consiglio ha sottolineato che l’uccisione di Mahmoud al-Mabhouh, avvenuta a Dubai il 20 gennaio, solleva interrogativi che inquietano profondamente l’Unione europea.

Il Consiglio ha dichiarato che si tratta di un atto che non può contribuire alla pace e alla stabilità in Medio Oriente. L’Unione europea ha condannato fermamente il fatto che le persone coinvolte si siano servite in modo fraudolento di passaporti e carte di credito di Stati membri dell’Unione europea usurpando l’identità di cittadini dell’UE.

L’Unione europea ha accolto con favore l’indagine delle autorità di Dubai e chiede a tutti i paesi di cooperare. I paesi interessati dell’UE stanno dal canto loro svolgendo indagini complete sull’uso fraudolento di passaporti nazionali.

L’Unione europea è impegnata ad assicurare che sia i cittadini dell’Unione che i paesi di tutto il mondo continuino a nutrire fiducia nell’integrità dei passaporti degli Stati membri. A tale riguardo, nel 2004 essa ha adottato norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri. Tale documento è stato aggiornato nel 2009 e mira a rendere i documenti più sicuri e a stabilire un collegamento più affidabile con il loro detentore.

 

Interrogazione n. 23 dell’on. Crowley (H-0099/10)
 Oggetto: Boscimani del Kalahari
 

L’Alta Corte del Botswana ha sentenziato nel 2006 che l’allontanamento forzato dei boscimani del Kalahari dalle loro terre tradizionali è illegittimo e incostituzionale. Ciò nonostante il governo del Botswana continua ad impedire ai boscimani del Kalahari di ritornare nelle loro terre tradizionali interrompendo l’approvvigionamento idrico. Può il Consiglio indagare la situazione nel Botswana per valutare l’entità degli atteggiamenti persecutori che i boscimani del Kalahari del Botswana si trovano ad affrontare?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La politica del governo del Botswana ed il suo programma di allontanamento dei boscimani dalla riserva di caccia del Kalahari centrale ha attirato particolare attenzione e destato preoccupazioni in seno alla comunità internazionale per i diritti umani, compresi il comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e il forum permanente delle Nazioni Unite sulle questioni indigene.

L’Unione europea, dal canto suo, ha regolarmente discusso la questione dei boscimani con il governo del Botswana attraverso i responsabili delle missioni in loco. Tali discussioni si sono svolte nell’ambito del dialogo stabilito ai sensi dell’articolo 8 dell’accordo di Cotonou, che prevede un dialogo sistematico e formale relativamente ai tre elementi formali dell’accordo di Cotonou, ovvero rispetto dei diritti umani, dei principi democratici e dello stato di diritto. In tali incontri il governo del Botswana ha informato l’Unione europea del seguito dato alla sentenza dell’Alta Corte. Stando alle informazioni ricevute, nel mese di dicembre i boscimani hanno nominato i propri rappresentanti, cui è stato affidato il compito di discutere assieme al governo la questione relativa alla riserva di caccia del Kalahari centrale. Sono attualmente in corso i contati fra tali rappresentanti ed il governo del paese al fine di trovare una soluzione alla questione del trasferimento da tale riserva.

Il Consiglio continuerà a seguire da vicino la situazione dei boscimani in Botswana.

 

Interrogazione n. 25 dell’on. Toussas (H-0105/10)
 Oggetto: “Strategia rinnovata” degli USA in Afghanistan
 

La NATO, con l’appoggio attivo dell’UE e della PESC, ha sferrato la maggiore offensiva in Afghanistan dall’inizio dell’intervento militare degli USA e dei loro alleati, l’operazione “Moshtarak” nel quadro della “strategia rinnovata” degli USA stabilita dal Presidente statunitense Barack Obama, che ha ricevuto il Premio Nobel per la pace. A pochi giorni dal suo lancio, tale operazione ha già mietuto vittime avendo provocato la morte di almeno 15 persone tra la popolazione civile nella regione di Marjah. Le forze della NATO sostengono che si tratta di un errore, mentre le autorità afghane riconoscono che l’obiettivo era stato selezionato attribuendo la responsabilità ai talebani. Questi morti vengono ad aggiungersi ai 2.412 civili che, stando all’ONU, soltanto nel 2009, sono stati uccisi dalle forze di occupazione della NATO in Afghanistan.

Condanna il Consiglio questa nuova carneficina contro il popolo afghano? Risponderà alla richiesta delle forze pacifiste chiedendo il ritiro di tutte le truppe straniere dall’Afghanistan?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il quadro per l’impegno dell’Unione europea in Afghanistan è stabilito dal piano d’azione comunitario per Afghanistan e Pakistan, adottato dal Consiglio il 27 ottobre 2009. In base a tale documento, la presenza europea in Afghanistan è strettamente civile. L’Unione europea non è coinvolta nell’operazione Moshtarak, né in nessun altra operazione militare.

Gli sforzi dell’Unione si concentrano sul rafforzamento della capacità dello Stato e delle istituzioni afgani di promuovere il buon governo, i diritti umani e un’efficace amministrazione pubblica, soprattutto a livello sub-nazionale. Anche il sostegno della crescita economica, specialmente attraverso lo sviluppo rurale e il progresso sociale rientra tra le priorità principali.

L’Unione europea, inoltre, sta concentrando i propri sforzi nel rafforzamento dello stato di diritto, contribuendo all’istituzione un corpo di polizia civile per mezzo di EUPOL Afghanistan, la missione di polizia dell’UE in Afghanistan avviata a giugno 2007 a sostegno dell’attuazione del programma di giustizia nazionale.

Tali sforzi sono allineati anche alle priorità strategiche presentate dal governo afgano.

Il Consiglio ha sottolineato che gli aiuti internazionali devono rappresentare una strategia transitoria, volta a permettere al governo afgano di farsi carico delle proprie responsabilità, mentre la comunità internazionale assume via via un ruolo di mero sostegno.

L’Unione europea deplora fortemente tutte le perdite civili verificatesi in Afghanistan.

 

Interrogazione n. 26 dell’on. Angourakis (H-0106/10)
 Oggetto: Attacchi omicidi di Israele contro i palestinesi
 

Gli atti provocatori di Israele contro i palestinesi si moltiplicano nei territori palestinesi. L’esercito israeliano ha fatto irruzione negli uffici del Partito del popolo palestinese causando ingenti danni materiali e arrestando le persone che ivi si trovavano. Tale irruzione ha avuto luogo nel quadro di decine di incursioni israeliane a Ramallah e in Cisgiordania in cui centinaia di persone sono arrestate per “turbamento dell’ordine pubblico”. Simultaneamente, Israele continua ad appoggiare la politica delle “esecuzioni extragiudiziali” e gli omicidi di dirigenti di organizzazioni palestinesi beneficiando dell’appoggio informale degli USA, dell’UE e della NATO.

Condanna il Consiglio la politica attuata da Israele con i suoi attacchi militari omicidi contro il popolo palestinese e la pace nella regione? Condanna altresì il fatto che tale paese rifiuti di riconoscere l’esistenza di uno Stato palestinese indipendente nei territori del 1967 con Gerusalemme Est per capitale?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

La persecuzione di una popolazione civile da parte delle autorità di uno Stato, sia essa diretta verso i propri cittadini oppure no, viola lo stato di diritto e la generalità dei principi democratici. Per estensione, tali atti non sono conciliabili con i valori fondamentali dell’Unione europea, soprattutto il diritto di vivere in sicurezza. E’ fondamentale che tali affermazioni siano sottoposte a indagini accurate.

Per quanto attiene ai vari incidenti tra i servizi di sicurezza israeliani e i palestinesi, nonché alle politiche israeliane sotto il regime di occupazione, il Consiglio ha sempre insistito che entrambe le parti rispettino il diritto internazionale e il diritto umanitario internazionale. Questi sono i principi cui ha fatto riferimento il Consiglio nelle proprie conclusioni sul processo di pace in Medio Oriente, a dicembre 2009.

Desidero assicurare all’onorevole parlamentare che il Consiglio continua ad attribuire grande importanza ai diritti umani degli individui, nel rispetto dei principi citati, e che è pronto a condannarne la violazione, ove appropriato e sulla base di prove solide.

 

Interrogazione n. 27 dell’on. Ţicău (H-0108/10)
 Oggetto: Situazione relativa all’adozione delle decisioni del Consiglio in materia di accordi tra l’UE e il Canada nel settore del trasporto aereo
 

Il rafforzamento del dialogo transatlantico tra l’Unione europea, da un lato, e gli Stati Uniti e il Canada, dall’altro, costituisce una delle priorità della Presidenza spagnola dell’Unione. Tra gli elementi del dialogo con il Canada figurano, in primo luogo, l’adozione di una decisione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dell’Unione relativa alla firma e all’applicazione provvisoria di un accordo sul trasporto aereo e, in secondo luogo, l’adozione di una decisione del Consiglio relativa alla firma di un accordo tra l’UE e il Canada in materia di sicurezza dell’aviazione civile.

In considerazione dell’importanza che riveste la firma di tali accordi per la cooperazione tra l’UE e il Canada, può il Consiglio indicare la fase in cui si trova l’adozione di tali decisioni?

 
  
 

(EN) La presente risposta, elaborata dalla presidenza, che non è di per sé vincolante per il Consiglio o i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata di marzo 2010 del Parlamento europeo svoltasi a Strasburgo.

Il 30 novembre 2009 il Consiglio ha adottato la propria decisione concernente la firma e l’applicazione provvisoria dell’accordo sui trasporti aerei tra la Comunità europea e il Canada, che è stato firmato il 17 e 18 dicembre 2009.

Secondo le disposizioni di tale documento, in attesa della sua entrata in vigore, l’accordo è applicato in via provvisoria dalla Comunità e dagli Stati membri, conformemente all’applicazione del diritto nazionale, a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data nella quale le parti si sono notificate l’avvenuto espletamento delle procedure necessarie a questo fine. A oggi il Consiglio non ha ricevuto nessuna notifica.

Nondimeno, al fine di prepararsi alla conclusione dell’accordo, quando verrà il momento, gli organi preparatori del Consiglio inizieranno a operare gli adattamenti necessari al trattato di Lisbona e, successivamente, adotteranno una decisione al fine di trasmettere il progetto di decisione del Consiglio sulla conclusione dell’accordo nonché il testo dell’accordo stesso al Parlamento europeo per la sua approvazione.

Per quanto attiene all’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra la Comunità europea e il Canada, il Consiglio ha adottato la propria decisione sulla sua firma il 30 marzo 2009 e il documento è stato firmato a Praga il 6 maggio 2009.

Tale accordo non viene applicato provvisoriamente, pertanto necessita di essere concluso prima di poter entrare in vigore. Gli organi preparatori del Consiglio, di conseguenza, hanno iniziato a operare gli adattamenti necessari al trattato di Lisbona al fine di trasmettere il progetto di decisione del Consiglio sulla conclusione dell’accordo nonché il testo dell’accordo stesso al Parlamento europeo per la sua approvazione.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 38 dell’on. Harkin (H-0087/10)
 Oggetto: Libro verde sul volontariato
 

Al fine di sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica circa il valore del volontariato nell’UE, intende la Commissione considerare la possibilità di elaborare, unitamente alle iniziative proposte per celebrare l’Anno europeo del volontariato, un Libro verde esaustivo sul volontariato volto a facilitare, riconoscere e apportare un maggior valore al volontariato?

Oltre all’elaborazione di tale Libro verde, ritiene la Commissione che sia rilevante creare sinergie con altre organizzazioni internazionali, quali l’ILO e l’ONU, in relazione al progetto di misurazione del volontariato avviato dalla John Hopkins University e dall’ILO e al manuale delle Nazioni Unite sugli enti senza scopo di lucro?

 
  
 

(EN) La Commissione europea plaude all’interesse che il Parlamento europeo continua a mostrare per le questioni relative al volontariato.

Il 2011, Anno europeo del volontariato, s’incentrerà sui seguenti quattro obiettivi: anzitutto, creare un ambiente favorevole al volontariato, secondariamente, attribuire maggiori poteri alle organizzazioni che svolgono tali attività, in terza battuta, sensibilizzare il pubblico sul valore e l’importanza del settore e, infine, migliorare il riconoscimento delle attività di volontariato. L’Anno europeo impegnerà quindi tutti i portatori di interessi, e soprattutto le organizzazioni della società civile, a livello europeo, nazionale, regionale e locale. La Commissione auspica altresì che il Parlamento manterrà il proprio impegno in materia durante la preparazione a tale evento.

La Commissione vorrebbe assicurare all’onorevole parlamentare che è sua priorità far sì che l’azione europea in materia di volontariato continui ben oltre la conclusione dell’Anno europeo. L’influenza di tale evento dovrebbe riflettersi nelle iniziative politiche e nel dialogo continuo con i portatori di interesse della società civile, le imprese e le istituzioni europee e internazionali, che negli anni a venire garantiranno risultati tangibili a beneficio del settore volontariato e dell’intera società europea. La Commissione, tuttavia, ritiene che nell’attuale fase di preparazione del 2011 quale Anno europeo del volontariato, sia troppo presto per valutare se un Libro verde sull’argomento sarebbe uno strumento appropriato per facilitare, riconoscere e aggiungere valore a tale settore.

Uno studio della Commissione sul volontariato nell’Unione europea, ultimato all’inizio del 2010(1)fornisce, per la prima volta, una ricerca ed una visione approfondita dell’attuale situazione di questo settore in seno all’Unione europea. Tale studio ha raccolto e utilizzato un’ampia gamma di fonti, in modo da riunire il maggior numero possibile di informazioni sul livello di volontariato nell’UE, tuttavia non è stato ancora possibile fornire un confronto statisticamente accurato delle diverse situazioni nelle varie zone del continente e mancano ancora dati confrontabili tra i diversi Stati membri. La Commissione plaude pertanto a iniziative volte migliorare la comprensione del settore del volontariato e intende esplorare potenziali sinergie con Eurostat e altre organizzazioni internazionali, quali l’Ufficio internazionale del lavoro e le Nazioni Unite, come suggerito dall’onorevole parlamentare.

 
 

(1)http://ec.europa.eu/citizenship/index_en

 

Interrogazione n. 40 dell’on. Tarabella (H-0095/10)
 Oggetto: Misure della Commissione per lottare efficacemente a livello europeo contro la violenza nei confronti delle donne
 

Il Parlamento europeo ha approvato con un’ampia maggioranza una risoluzione sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea nel 2009 (P7_TA(2010)0021). In qualità di relatore della Commissione per i diritti della donna, ho proposto di indire un Anno europeo contro la violenza nei confronti delle donne, proposta approvata con 591 voti favorevoli, 30 contrari e 15 astensioni. Inoltre, la dichiarazione scritta con la quale l’on. Eva-Britt Svensson formulava la stessa proposta aveva raccolto 408 firme nell’aprile scorso.

Può la Commissione indicare in quale misura prevede di dare seguito alla forte e continua mobilitazione del Parlamento europeo su tale questione?

Va segnalato che la mia proposta in cui si invita la Commissione “ad avviare l’elaborazione di una proposta di direttiva globale sulla prevenzione e la lotta contro tutte le forme di violenza nei confronti delle donne, compresa la tratta” è stata approvata con 558 voti favorevoli, 85 contrari e 22 astensioni.

Può la Commissione precisare quale seguito intende dare a tale richiesta?

 
  
 

(EN) La lotta contro la violenza nei confronti delle donne costituisce una priorità politica per la Commissione. Essa plaude all’adozione della risoluzione sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea (P7_TA(2010)0021) da parte del Parlamento europeo e all’adozione della proposta di indire un Anno europeo contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne.

La Commissione è determinata a utilizzare i propri poteri politico, legislativo e finanziario, nonché le proprie risorse, per contribuire a eliminare la violenza nei confronti delle donne in Europa e altrove. La Commissione affronta tale problema attraverso iniziative legislative e politiche, nonché attraverso azioni in settori quali la protezione dei diritti fondamentali, la parità di genere e altre politiche occupazionali e sociali, le politiche sulla tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale, la cooperazione nell’applicazione della legge e nella giustizia penale, le politiche di asilo e immigrazione, la sanità pubblica, sviluppi, ricerche e istruzione.

Recentemente la Commissione ha intrapreso una serie di iniziative nel settore della lotta contro la violenza.

E’ attualmente in preparazione una strategia a medio termine per la parità tra donne e uomini, che verrà adottata a metà del 2010, quale seguito del quadro giuridico esistente. E’ previsto che la violenza nei confronti delle donne rimanga un’area prioritaria specifica su cui la Commissione continuerà a concentrarsi.

Nel campo della giustizia penale, la Commissione sottoporrà a breve una proposta sulla tratta degli esseri umani. Essa sostiene il progetto della presidenza spagnola di creare un ordine di protezione europeo che miri anche a fornire maggiore protezione alle donne vittime di violenza domestica.

Il programma Daphne III, che rappresenta l’azione più mirata e completa nella lotta contro la violenza, ha avviato recentemente uno studio sulle pratiche lesive tradizionali, che sarà ultimato all’inizio di aprile del 2010. Tale programma ha dato inoltre il via all’inchiesta Eurobarometer sulla percezione che i cittadini hanno della violenza nei confronti delle donne, che permetterà di confrontare come la percezione della violenza in seno all’Unione europea sia cambiata nel corso degli ultimi dieci anni. I risultati di tale inchiesta dovrebbero essere disponibili verso metà del 2010.

Il programma Daphne III, inoltre, su iniziativa del Parlamento europeo, ha avviato un’azione preparatoria sulla normalizzazione della legislazione nazionale in materia di violenza di genere e di violenza nei confronti dei bambini. Lo scopo di tale studio è aiutare la Commissione a determinare l’ambito delle proprie azioni future, inclusa la possibilità di proporre delle leggi in materia. Esso valuterà l’opportunità di armonizzare a livello europeo la legislazione sulla violenza di genere che potrebbe contribuire a ridurre il fenomeno in seno all’Unione europea. Tale studio è attualmente in corso e la relazione finale è prevista per la fine di settembre 2010. I risultati dello studio saranno presentati a fine anno nel corso di una conferenza. Ciò fornirà alla Commissione l’opportunità di presentare le proprie azioni volte al rafforzamento di una politica di lotta contro la violenza.

Alla luce di dette iniziative, la Commissione prende nota della richiesta del Parlamento alla Commissione di stabilire una strategia a livello europeo di lotta contro la violenza nei confronti delle donne, di redigere strumenti legalmente vincolanti per eliminare tale forma di violenza e di preparare una campagna di sensibilizzazione europea sulla violenza nei confronti delle donne. La Commissione sta attualmente valutando tali possibilità e riflettendo su come rispondere a tali richieste.

 

Interrogazione n. 41 dell’on. Crowley (H-0100/10)
 Oggetto: Strategia UE per le droghe
 

Il traffico illecito di droghe continua ad avere un impatto devastante sulle persone, le famiglie e le comunità in tutta Europa. La Commissione ha intenzione di migliorare l’efficacia della strategia UE contro le droghe allo scopo di dare risposta adeguata al traffico transfrontaliero e all’offerta di droghe illecite?

 
  
 

(EN) La Strategia UE per le droghe per il periodo 2005-2012 è stata adottata dal Consiglio europeo nel 2004. Si tratta di una strategia – e non di uno strumento giuridico formale – la cui attuazione risiede ampiamente nelle mani degli Stati membri.

Il ruolo della Commissione in questo caso è proporre un piano d’azione quadriennale per l’attuazione della strategia e monitorare quest’ultima. Le relazioni su tale monitoraggio vengono indirizzate al Consiglio e al Parlamento europeo sotto forma di comunicazioni.

 

Interrogazione n. 42 dell’on. Ludford (H-0058/10)
 Oggetto: Commercio di avorio in Tanzania e Zambia
 

Durante la riunione della CITES in programma per marzo, la Tanzania e lo Zambia vorrebbero ottenere l’autorizzazione a vendere le proprie riserve di avorio. A tal fine propongono che le loro popolazioni di elefanti siano cancellate dall’elenco dell’appendice 1 della CITES, che vieta ogni forma di operazione commerciale, e siano incluse nell’appendice 2, che consente un commercio controllato.

Altri paesi africani riuniti nella Coalizione per l’elefante africano sono fermamente contrari alla richiesta e hanno presentato una controproposta da sottoporre alla riunione della CITES, in cui chiedono una rigida moratoria per ogni forma di commercio dell’avorio.

Intendono ora l’UE e i suoi Stati membri appoggiare pienamente la richiesta di moratoria e rifiutare l’autorizzazione a un nuovo ciclo di vendite dell’avorio?

 
  
 

(EN) L’Unione europea deve ancora definire la propria posizione sulle diverse proposte concernenti gli elefanti che saranno discusse nel corso della conferenza delle parti della CITES che inizierà il 13 marzo 2010. Tale posizione verrà stabilità non appena saranno disponibili tutte le informazioni del caso e, in particolare, la relazione del gruppo di esperti nominati dal comitato permanente della CITES per la valutazione delle proposte di Tanzania e Zambia.

E’ alquanto improbabile, tuttavia, che l’Unione europea sostenga qualunque decisione che permetta una ripresa del mercato dell’avorio. La valutazione di qualunque possibile legame fra le precedenti vendite di avorio ed attività illegali è oggetto di uno studio attualmente ancora in corso. Fintantoché quest’ultimo non sarà ultimato, è molto difficile vedere come l’Unione possa concordare su una ripresa delle vendite di avorio, specialmente nell’attuale contesto degli alti livelli di bracconaggio e commercio illegale di avorio.

 

Interrogazione n. 43 dell’on. Bendtsen (H-0059/10)
 Oggetto: Protezione delle proprie imprese da parte della Cina in relazione alla comunicazione 618
 

L’obiettivo del programma nazionale cinese di omologazione dei prodotti innovativi (comunicazione n. 618 del 15 novembre 2009) è quello di proteggere le imprese cinesi nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. Il programma sembra limitare la possibilità per le imprese non cinesi - comprese quelle con filiali nel paese - di produrre e vendere sul mercato cinese i prodotti che esso comprende.

Quali sono le misure adottate dalla Commissione, a partire dal 14 dicembre 2009, data in cui Joerg Wuttke, nella sua veste di presidente della Camera di commercio dell’Unione europea in Cina, ha inviato una lettera alle autorità cinesi in cui esprimeva chiaramente la sua preoccupazione in relazione al programma e chiedeva ulteriori chiarimenti in merito al suo contenuto e alle sue possibili conseguenze?

Nell’ambito dei negoziati sull’adesione della Cina al Government Procurement Act dell’Organizzazione mondiale del commercio, può dire la Commissione qual è la sua posizione alla luce della nuova politica di protezione delle proprie imprese adottata da tale paese?

Come intende inoltre agire la Commissione a fronte dell’attuale situazione?

 
  
 

(EN) Il 17 novembre 2009 le autorità cinesi hanno pubblicato una circolare in cui annunciavano misure volte alla creazione di un regime per alcuni settori “innovativi” che condiziona l’accesso agli appalti pubblici a un sistema di pre-qualificazione (accreditamento). Da allora, la Commissione si è tenuta in stretto contatto con le aziende europee presenti in Cina ed in Europa, nonché con alcuni partner internazionali al fine di valutare l’impatto di tale circolare.

La Commissione ha sollevato ripetutamente la questione con il governo cinese in diversi contatti blaterali a vari livelli esprimendo la propria preoccupazione per tali misure e invitando Pechino a fornire spiegazioni al riguardo. Parallelamente, diversi partner internazionali nonché un significativo numero di organizzazioni commerciali nazionali e internazionali hanno fatto lo stesso.

La Commissione – e molti dei partner internazionali – ritengono che le autorità cinesi non abbiano fornito spiegazioni soddisfacenti per l’introduzione di tali nuove misure. Importanti interrogativi rimangono senza risposta. La Commissione intende perseguire l’argomento con le autorità cinesi a tutti i livelli competenti in modo da chiarire la situazione e assicurare che gli interessi delle imprese europee nel mercato degli appalti cinesi siano tutelati.

La Cina non ha aderito al “Government Procurement Act” dell’Organizzazione mondiale del commercio, quantunque i negoziati siano ancora in corso. Quando la Cina sottoscriverà tale accordo, dovrà sottostare alle discipline, concordate a livello internazionale, strumentali alla soluzione di tale problematica. Nel frattempo, tuttavia, la Commissione sta continuando a discutere in seno all’OMC su come far fronte alle distorsioni del commercio derivanti da sussidi che interessano il commercio di servizi, ai sensi dell’articolo 15 dell’Accordo generale sugli scambi di servizi, cui la Cina è vincolata.

 

Interrogazione n. 44 dell’on. Santiago Fisas Ayxela (H-0061/10)
 Oggetto: Accordo commerciale multilaterale dell’UE con la Colombia
 

Dopo il successo dei negoziati di Lima sull’accordo commerciale multilaterale dell’Unione europea con la Colombia, tale accordo può dirsi praticamente concluso. Tuttavia, taluni deputati stanno esercitano pressione per scongiurarne la firma, adducendo come motivazione l’assassinio di sindacalisti, e ciò a prescindere dagli indiscutibili progressi compiuti dal governo colombiano in materia di rispetto dei diritti dell’uomo, progressi riconosciuti dall’OIL dinanzi alla Commissione per lo sviluppo del Parlamento europeo. Il Presidente Obama ha per altro indicato di recente che gli Stati Uniti intendono rafforzare le relazioni commerciali con la Colombia.

Premesso quanto suesposto, può la Commissione far sapere a che punto sono i negoziati con la Colombia e quando prevede la firma dell’accordo commerciale in oggetto?

 
  
 

(EN) Il 1° marzo 2010, la Commissione ha concluso i negoziati tecnici con il Perù e la Colombia per la stipula di un accordo commerciale multilaterale tra l’Unione europea e i paesi andini. Tale testo dev’essere ora sottoposto a un vaglio giuridico prima di essere siglato e prima dell’invio al Consiglio di una proposta volta ad autorizzare la sottoscrizione ufficiale dell’accordo, a seguito della quale verrà chiesto al Parlamento di dare il proprio assenso. Come promesso dal commissario per il commercio, prima della sigla dell’accordo vi sarà anche una discussione in seno alla commissione per il commercio internazionale del Parlamento europeo. L’intera procedura richiederà diversi mesi e ci si può ragionevolmente aspettare che la firma avrà luogo dopo l’estate.

 

Interrogazione n. 45 dell’on. Kelly (H-0064/10)
 Oggetto: Iniziativa dei cittadini - Renderla accessibile online
 

Il Trattato di Lisbona ha dato status giuridico a un nuovo modello di democrazia partecipativa conosciuto come “iniziativa dei cittadini”. La Commissione sarebbe disposta a esplorare la possibilità di rendere l’iniziativa dei cittadini disponibile in un ambiente online per una raccolta di firme efficiente e accessibile?

Internet è ormai il principale mezzo di comunicazione di massa degli europei ed è uno strumento particolarmente efficace di democrazia partecipativa. Abbiamo visto tutti le campagne MySpace e Facebook per delle iniziative politiche e quanto i cittadini si siano attivati nel tentativo di imporre un cambiamento democratico.

Dato il progresso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dovrebbe essere possibile verificare le firme online e se la Commissione inserisse un elemento online nell’iniziativa dei cittadini aprirebbe la strada alla vera democrazia partecipativa rendendo la raccolta delle firme molto più facile e meno costosa, e rendendo più possibile il dibattito in una sfera pubblica europea.

Può la Commissione far sapere se ritiene che ciò sia una possibilità effettiva pur tenendo anche conto dei diritti di coloro che non utilizzano Internet a partecipare alla iniziativa dei cittadini tramite le firme tradizionali?

 
  
 

(EN) La Commissione ritiene che dovrebbe esser possibile far raccogliere online le firme a sostegno dell’iniziativa dei cittadini e al momento sta analizzando la questione al fine di redigere una proposta legislativa in materia.

 

Interrogazione n. 46 dell’on. Figueiredo (H-0067/10)
 Oggetto: Fondi comunitari
 

La gravità della situazione in alcuni paesi dell’Unione europea richiede misure urgenti su più livelli, segnatamente in campo finanziario e monetario, in modo da combattere efficacemente la disoccupazione, che colpisce oltre 23 milioni di persone, e la situazione di povertà in cui vivono più di 85 milioni di persone.

È essenziale impegnarsi ai fini del progresso sociale, per dare priorità alla soluzione del problema della disoccupazione e della povertà, per sostenere la produzione e la creazione di occupazione con diritti, per garantire la coesione economica e sociale, e per fornire un sostegno finanziario ai paesi dove la situazione è più grave, in particolare anticipando l’erogazione di fondi senza esigere contropartite nazionali.

In tali circostanze, può la Commissione indicare se è disposta a trasferire con la massima urgenza i fondi comunitari cui hanno diritto i paesi afflitti da gravi problemi sociali e finanziari, affinché questi ultimi li possano utilizzare senza necessità di fornire una contropartita nazionale?

 
  
 

(EN) Nelle proprie comunicazioni intitolate “Un piano europeo di ripresa economica”(1)e “Un impegno comune per l’occupazione”(2)la Commissione ha preso un impegno fermo ad adottare misure efficaci per aiutare gli Stati membri a contrastare gli effetti della crisi accelerando l’attuazione dei programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali e dal fondo di coesione.

Nell’ambito del piano europeo di ripresa economica, ad aprile e maggio del 2009 è stato adottato un primo pacchetto di misure, che prevedevano la semplificazione delle norme per l’ammissibilità ed un ulteriore anticipo sui programmi operativi. Al fine di sostenere le operazioni urgenti necessarie a fronteggiare la crisi, sono stati versati agli Stati membri ulteriori 4,5 miliardi di euro provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale e 1,8 miliardi di euro provenienti dal Fondo sociale europeo (il totale degli anticipi versati agli Stati membri nel 2009 ammontava a 11,3 miliardi di euro).

La Commissione ha incoraggiato altresì gli Stati membri a utilizzare la flessibilità insita nei programmi operativi per incanalare il finanziamento dei fondi strutturali verso operazioni volte al superamento della crisi e, ove necessario, a modificare i programmi operativi stessi. Essa ha segnalato inoltre che alcune operazioni potevano essere finanziate coi soli fondi strutturali, in quanto il rispetto del principio di cofinanziamento viene valutato sulla media delle priorità durante il periodo di programmazione. Questo permetteva di finanziare tali operazioni interamente con i fondi strutturali, a patto che venissero controbilanciate da altre operazioni finanziate in toto con fondi nazionali entro il 2015.

La comunicazione “Un impegno comune per l’occupazione” e le misure ad essa correlate erano necessarie a dare impulso alla creazione di nuovi posti di lavoro e contrastare gli effetti della crisi sull’occupazione in un periodo in cui l’economia reale e il mercato del lavoro stavano iniziando a risentire del suo impatto. Essa è stata accompagnata da proposte per la modifica del regolamento sulle modalità di applicazione dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione.

Un emendamento chiave prevedeva una deroga di due anni (per il 2009 e il 2010) per le norme relative al calcolo dei rimborsi degli acconti sui dividendi rispetto ai programmi operativi del Fondo sociale europeo, il che avrebbe fatto sì che uno Stato membro che si fosse avvalso di tale possibilità, avrebbe ottenuto il rimborso del 100 per cento del contributo pubblico per una priorità coperta con acconti sui dividendi fino alla fine del 2010. Ne deriva che, mentre i programmi operativi avrebbero dovuto rispettare la percentuale di cofinanziamento per l’intero periodo, essi avrebbero rispecchiato quanto era possibile ottenere a livello di operazione. Data la natura del Fondo sociale europeo – che è il principale strumento europeo per investire nelle persone (esso sostiene 9 milioni di persone ogni anno) – tale disposizione mirava chiaramente ad accelerare le operazioni in favore delle persone, e soprattutto di quanti ne necessitano maggiormente, ovvero i disoccupati e coloro che sono a rischio di diventarlo, con un flusso di cassa stimato intorno ai 6,6 miliardi di euro.

Il Consiglio è giunto a un accordo di compromesso, che prevedeva il versamento di un ulteriore anticipo di 775 milioni di euro da parte del Fondo sociale europeo e dal Fondo di coesione ai cinque Stati membri più colpiti dalla crisi (Romania, Ungheria, Lituania, Lettonia ed Estonia). Inoltre, è stato proposto di adottare maggiore flessibilità per quanto concerne lo scioglimento automatico dagli impegni assunti nel 2007.

La Commissione si è opposta a tale compromesso, perché a suo avviso non forniva sufficiente sostegno alle persone colpite dalla crisi. La proposta è attualmente all’esame del Parlamento.

La proposta della Commissione per una nuova strategia Europa 2020 contiene diverse proposte che rientrano in seno a iniziative faro volte a rafforzare gli strumenti comunitari disponibili per contrastare direttamente o indirettamente la crescente disoccupazione. L’iniziativa faro “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro” propone di favorire e promuovere la mobilità lavorativa interna all’Unione europea e di far rispondere meglio domanda ed offerta di lavoro con adeguati sostegni finanziari provenienti dai fondi strutturali e in particolar modo dal Fondo sociale europeo. L’iniziativa faro “L’Unione dell’innovazione” propone di rafforzare il ruolo dei fondi strutturali, dei fondi di sviluppo rurale, del programma quadro di ricerca e sviluppo a sostegno dell’innovazione. L’iniziativa faro “Un’agenda europea del digitale” propone di favorire l’uso dei fondi strutturali comunitari per le finalità di tale agenda.

 
 

(1) COM(2008) 800 def.
(2) COM(2009) 257 def.

 

Interrogazione n. 47 dell’on. Catherine Bearder (H-0074/10)
 Oggetto: Biodiversità e subordinazione delle priorità ambientali agli interessi commerciali
 

La nuova emergenza che minaccia l’elefante africano mette in evidenza il pericolo di mercificazione per alcune delle specie più rare e minacciate della terra. La minaccia per questo animale particolare, è sintomatica di un approccio che antepone le esigenze economiche alla necessità di tutelare il nostro ecosistema e la moltitudine di specie animali che ospita.

Un secondo esempio di ciò può essere visto nella forma del documento recentemente emesso dalla Commissione, che rivela la sua intenzione di riclassificare le piantagioni di palma come ‘foreste’, per consentire l’uso dell’olio di palma come biocarburante.

La nuova classificazione delle piantagioni di palma da olio da parte della Commissione dà carta bianca alle industrie dell’olio di palma, del legname e della carta, per disboscare, distruggere e uccidere. Organizzazioni in tutto il mondo lottano per la sopravvivenza delle specie sull’orlo dell’estinzione a causa della proliferazione aggressiva di tali industrie.

In questo Anno delle Nazioni Unite della Biodiversità quali misure supplementari intende adottare la Commissione per tutelare le tante specie vulnerabili esposte allo sfruttamento per scopi commerciali?

 
  
 

(EN) La Commissione condivide la preoccupazione che molte risorse naturali sono sfruttate in modo insostenibile La Commissione sta operando in vari modi per risolvere tale problema e garantire una migliore conservazione della biodiversità sia dentro che fuori dall’Unione europea.

La Commissione, assieme alla Germania e ad altri paesi, sta sostenendo un ampio studio indipendente sull’economia degli ecosistemi e la perdita della biodiversità (TEEB)(1), avviato nel 2007 dai ministri per l’ambiente del G8, che finora ha portato a tre relazioni che sottolineavano l’importanza di stimare il valore economico della biodiversità e le conseguenze economiche della sua continua perdita. Questo lavoro è importante, perché finché il valore della natura non viene quantificato, l’interesse economico a sfruttarlo continuerà a prevalere sugli sforzi di conservarlo. L’idea è di assicurare che le scoperte di tale studio e le raccomandazioni espresse si riflettano in tutte le decisioni e le politiche sull’argomento e si aggiungano ad altre considerazioni di carattere economico (ad esempio integrandone la valutazione in seno a procedure di conteggio convenzionali), non solo in seno all’Unione europea, ma in tutto il mondo. La relazione finale di detto studio sarà presentata nel corso della decima conferenza delle parti della convenzione sulla diversità biologica, che si terrà a Nagoya, in Giappone, a ottobre 2010.

Quest’anno, che è l’anno internazionale delle Nazioni Unite per la biodiversità, si svolgeranno i negoziati per un nuovo quadro politico globale sulla biodiversità nell’ambito della convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica. La decima conferenza delle parti di tale convenzione, che si terrà a Nagoya a ottobre 2010, adotterà una versione rivista ed aggiornata del piano strategico per la convenzione, stabilendo una visione globale a lungo termine per la biodiversità, una missione a medio termine e una serie di obiettivi e sotto-obiettivi per il raggiungimento della missione. La Commissione cercherà di garantire che la salvaguardia delle specie vulnerabili si rispecchi nel quadro globale post-2010, e di migliorare lo stato di conservazione delle specie minacciate di estinzione.

Anche l’Unione europea svolgerà un ruolo primario nella conferenza delle parti contraenti della CITES (convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione), a marzo 2010. Essa proporrà segnatamente l’adozione di misure per la protezione della biodiversità marina, attraverso la regolamentazione del commercio internazionale di specie marine soggette a sfruttamento eccessivo. L’Unione europea si opporrà altresì all’adozione di qualunque misura passibile di far riprendere il commercio dell’avorio alle circostanze attuali e contribuirà ad aiutare gli stati africani a sviluppare un piano d’azione per una migliore conservazione degli elefanti.

La Commissione proseguirà nei propri sforzi di garantire che il consumo di legname e prodotti lignei non contribuisca al disboscamento illegale, che spesso comporta un impatto fortemente negativo sulla biodiversità. Tale problematica viene affrontata attraverso il piano d’azione per l’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale e il proposto regolamento sulla “dovuta diligenza” che stabilisce gli obblighi per gli operatori che piazzano legname e prodotti lignei sul mercato, attualmente soggetto alla procedura di codecisione.

 
 

(1) http://www.teebweb.org/

 

Interrogazione n. 48 dell’on. Czarnecki (H-0076/10)
 Oggetto: Violazione dei principi della concorrenza e del trasferimento di capitale da parte di Unicredit
 

Nel quadro del progetto Chopin del gruppo Unicredit, a cui appartiene la Banca Pekao in Polonia, sono stati violati i principi della concorrenza e del trasferimento di capitale dell’UE. Si tratta nello specifico di un caso di collusione e di abuso di posizione dominante da parte di Unicredit. Nel giugno 2005, quest’ultima e lo sviluppatore Pirelli, agendo di comune accordo, hanno firmato con la Pekao SA il cosiddetto accordo Chopin (senza informarne il mercato e gli organi di controllo finanziario, sebbene sussistesse tale obbligo). Conseguentemente, nell’aprile 2006, Unicredit, azionario dominante, ha esercitato pressioni sulla Pekao affinché questa firmasse con la Pirelli un accordo di partenariato sfavorevole. Occorre tener presente che la Pirelli e Unicredit sono attualmente connesse tramite il loro capitale nella società Olimpia, in cui l’amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, ricopre una carica esecutiva. Parallelamente nella società Olimpia ha avuto luogo una transazione asimmetrica, ossia l’acquisto da parte della Pirelli di opzioni prive di valore sulle azioni Telecom Italia detenute da Unicredit.

Con riferimento alla precedente interrogazione presentata dal deputato (H-0506/09), intende la Commissione intervenire in merito a quanto esposto, trattandosi di soggetti che operano in due Stati membri dell’UE?

 
  
 

(FR) Anzitutto è bene notare che la dimensione comunitaria di un caso non è necessariamente o esclusivamente comprovata dal semplice fatto che le aziende interessate risiedano in due Stati membri. A tale proposito la Corte di giustizia, nel rispetto della giurisprudenza consolidata, ha indicato che la dimensione e l’interesse comunitari di un singolo caso sono determinati dagli effetti dello stesso sugli scambi intracomunitari e dall’influenza che le pratiche denunciate esercitano sulle correnti commerciali fra Stati membri in un senso che possa nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico (V. sentenza della Corte di giustizia sul caso AEPI contro Commissione, causa C-425/07P, paragrafo 42). Dalle informazioni presentate dall’onorevole parlamentare, si deduce che il caso in questione riguarda un accordo commerciale puntuale tra due aziende e che tale accordo non sembra dover essere di interesse comunitario.

La giurisprudenza consolidata, inoltre, stabilisce che il diritto della concorrenza, e segnatamente le norme relative all’abuso di posizione dominante, non si applicano in caso di rapporti tra filiali e società madre (V. sentenza della Corte di giustizia sul caso Viho Europe BV contro Commissione, causa C-73/95). Il diritto della concorrenza, pertanto, non può essere applicato al caso in questione.

Alla luce di quanto esposto, la Commissione non intende intervenire nel caso portato alla sua attenzione dall’onorevole parlamentare.

 

Interrogazione n. 49 dell’on. Papastamkos (H-0079/10)
 Oggetto: Governance economica europea
 

La profondissima crisi finanziaria sopravvenuta in Grecia al pari dello squilibrio finanziario verificatosi in altri Stati membri della zona euro sollevano questioni di statica, di dinamica e di resistenza della costruzione stessa dell’Unione economica e monetaria. Non c’è dubbio che il risanamento delle finanze pubbliche di uno Stato membro della zona euro grava su di esso, ma ciò non toglie che la crisi finanziaria ha fatto emergere lo scollegamento tra un’integrale e uniforme unione monetaria e un’unione economica imperfetta in seno all’UE.

Intende la Commissione proporre la concezione e la istituzione di un Fondo monetario europeo dotato delle risorse necessarie e delle capacità di intervento indispensabili per coprire deficit strutturali dell’UEM sì da riflettere una governance economica europea più formale e coordinata?

 
  
 

(EN) Il quadro politico dell’Unione monetaria europea stabilito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea e il Patto di stabilità e crescita mirano a garantire condizioni economiche e di bilancio sane. In alcuni casi, purtroppo, gli Stati membri della zona euro non sono riusciti a dotarsi per tempo di politiche sane, sviluppando squilibri e vulnerabilità che durante la crisi sono costati cari in termini di crescita e occupazione, nonché di premi al rischio sovrano elevati. Tali paesi affrontano pesanti sfide economiche e fiscali, che richiedono un’azione correttiva rapida e decisiva. La Commissione li sostiene in tale compito con la propria attività di controllo e consulenza politica.

Per quanto attiene al caso specifico della Grecia, il 3 febbraio la Commissione ha adottato un pacchetto completo e ambizioso di raccomandazioni dettagliate, concernenti la politica fiscale e la raccolta delle statistiche (raccomandazione al Consiglio di intimare allo Stato membro di agire ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 9 – procedura per i disavanzi eccessivi), una proposta di parere del Consiglio sul programma di stabilità, e riforme strutturali (raccomandazione del Consiglio ai sensi dell’articolo 121, paragrafo 4 – mancato rispetto degli indirizzi di massima per le politiche economiche e rischio di compromettere il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria). Il Consiglio Ecofin ha adottato tali documenti il 16 febbraio e ha richiesto una prima relazione sulle misure di sostegno a salvaguardia dell’obiettivo sul disavanzo del 2010 entro e non oltre il 16 marzo.

Sia i capi di Stato e di governo che la Commissione hanno invitato Atene a fare quanto necessario – anche adottare ulteriori misure – per raggiungere gli ambiziosi obiettivi stabiliti nel programma di stabilità, ed in particolar modo per ridurre il disavanzo del 4 per cento del PIL entro il 2010. Il 3 marzo, il primo ministro greco ha annunciato nuove misure di consolidamento fiscale pari a circa il 2 per cento del PIL. La Commissione si è rallegrata di tali misure, che dimostrano l’impegno del governo ellenico a intraprendere tutte le misure necessarie a raggiungere gli obiettivi del programma di stabilità e segnatamente a garantire la riduzione del deficit di bilancio del 4 per cento del PIL entro il 2010. Al contempo, la Commissione ha sottolineato l’importanza di una completa e tempestiva attuazione delle misure fiscali, unita a riforme strutturali decisive in linea con la decisione del Consiglio. La Commissione monitora da vicino la situazione e rimane in stretto contatto con le autorità elleniche. Essa redigerà una valutazione dettagliata delle misure adottate in tempo utile per il Consiglio Ecofin di metà marzo, anche sulla base della prevista relazione delle autorità greche.

Come evidenziato dai capi di Stato e di governo, gli Stati membri della zona euro condividono la responsabilità della stabilità della moneta comune. Le nostre politiche economiche sono oggetto di preoccupazione comune. La dura lezione impartita da questa crisi è che necessitiamo urgentemente di un controllo delle politiche economiche più rigido e più diffuso, comprensivo di un sistema di allerta precoce e di gestione dei disavanzi, in modo da proteggere meglio la stabilità macrofinanziaria della zona euro. La Commissione intende presentare a breve proposte volte a rafforzare ulteriormente il coordinamento e il controllo delle politiche economiche nazionali in seno alla zona euro.

 

Interrogazione n. 50 dell’on. Andrikienė (H-0081/10)
 Oggetto: Relazioni commerciali tra UE e Russia
 

Dall’inizio della crisi finanziaria, alla fine del 2008, la Russia ha introdotto una serie di tariffe anticrisi, di natura protezionistica e con valenza “temporanea”, sull’importazione di alcuni prodotti quali carne, prodotti lattiero-casearii, mobili, taluni prodotti siderurgici, autocarri, apparecchi televisivi e altri prodotti ancora. Inoltre il 1° gennaio 2010 è stata istituita l’unione doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan. Le tariffe esterne concordate dai tre paesi sono basate principalmente sulle tariffe russe, per cui il 30% delle linee di prodotti che l’UE esporta in Russia ha subito un aumento delle tariffe.

È ampiamente riconosciuto che il problema principale per l’UE è rappresentato dal fatto che la Russia non è un membro dell’OMC e quindi non è tenuta a rispettare le norme dell’Organizzazione che limitano l’aumento unilaterale delle tariffe d’importazione e l’adozione di altre misure commerciali restrittive.

Come valuta la Commissione gli attuali problemi commerciali dell’UE con la Russia e come intende affrontarli? Ha ideato l’UE una strategia specifica per risolvere la questione dell’adesione della Russia all’OMC?

 
  
 

(EN) A partire dalla fine del 2008, la Russia ha seguito una politica di aumento delle tariffe doganali su un’ampia gamma di prodotti adducendo che si trattava di misure in risposta all’attuale crisi economica. Di fatto la Russia è il paese appartenente al G-20 che ha adottato il maggior numero di misure protezionistiche nel corso dell’ultimo anno. Tali misure colpiscono direttamente gli interessi economici dell’Unione europea in quanto essa è il maggiore partner commerciale di questo paese.

Simili misure protezionistiche sono state introdotte originariamente con valenza temporanea, tuttavia sono divenute permanenti sotto la neonata unione doganale con Bielorussia e Kazakistan. La nuova tariffa esterna comune dell’unione doganale, in vigore dal 1° gennaio 2010, ha consolidato la maggior parte degli aumenti “temporanei” alle tariffe d’importazione russe e li ha estesi altresì agli altri due membri dell’unione doganale.

Negli ultimi mesi, la Commissione ha incentrato i propri sforzi sulla valutazione d’impatto di questo nuovo regime doganale e sul tentativo di mitigarne gli effetti. La Commissione ha invitato la Russia a riportare le tariffe ai livelli inferiori precedenti su numerosi prodotti di particolare interesse per le esportazioni dell’Unione europea. Ha anche chiesto ripetutamente alla Russia di svolgere consultazioni formali come previsto dall’accordo di partenariato e cooperazione.

Finora la Russia continua a mantenere l’aumento delle tariffe. Bisogna dire che ai sensi degli attuali accordi bilaterali tra l’Unione europea e la Russia, quest’ultima non ha nessun obbligo giuridico di rispettare un “blocco dei prezzi” per quanto attiene alle tariffe all’importazione, tuttavia un simile blocco, quantunque non esigibile giuridicamente, è generalmente atteso da parte di qualunque paese intenda entrare a far parte dell’Organizzazione mondiale del commercio.

La Commissione continua a essere impegnata nel processo di adesione della Russia all’OMC. Sono in corso intense consultazioni a livello di alti funzionari per chiarire la nuova situazione. La Commissione mantiene il pieno impegno a portare avanti il processo di adesione e invita la Russia a migliorare e stabilizzare il proprio regime commerciale in modo da rispondere ai requisiti negoziati per il suo accesso.

 

Interrogazione n. 51 dell’on. Nadezhda Neynsky (H-0082/10)
 Oggetto: Direttiva 2001/18/CE in materia di organismi geneticamente modificati
 

La direttiva 2001/18/CE(1)del Parlamento europeo e del Consiglio non garantisce protezione dalla trasmissione orizzontale del materiale genetico dei virus provenienti da organismi geneticamente modificati verso altre coltivazioni, né la creazione di zone agricole esenti da OGM destinate a colture di tipo biologico e convenzionale.

Quali misure intende adottare la Commissione cosicché la direttiva 2001/18/CE consenta a ciascun Stato membro, se lo desidera, di stabilire limitazioni aggiuntive sia per l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati di varia natura nelle coltivazioni di maggiore rilevanza economica per il paese interessato, sia per la designazione di superfici esenti da OGM in modo da garantire coltivazioni biologiche e convenzionali e la tutela della biodiversità?

 
  
 

(EN) Tale direttiva fornisce disposizioni specifiche per la valutazione di tutti i possibili effetti negativi sulla salute e sull’ambiente dovuti all’immissione di organismi geneticamente modificati nell’ambiente. Tale valutazione comprende il potenziale trasferimento di materiale genetico da virus ad altri organismi.

Per quanto attiene alla designazione di superfici esenti da OGM, la Commissione vorrebbe ricordare che a settembre 2009 il presidente della Commissione ha indicato che nel settore degli organismi geneticamente modificati dovrebbe essere possibile combinare un sistema di autorizzazioni a livello europeo basato su dati scientifici, con la libertà per gli Stati membri di decidere se vogliono coltivare o meno OGM sul proprio territorio.

Il 2 marzo 2010, la Commissione ha avviato un’analisi per valutare se, sulla base della legislazione vigente, è possibile lasciare agli Stati membri tale libertà e, in caso negativo, per presentare una proposta di legge prima dell’estate.

 
 

(1) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1.

 

Interrogazione n. 52 dell’on. McGuinness (H-0084/10)
 Oggetto: Aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli
 

L’articolo 11, paragrafo 8 del regolamento (CE) n. 1857/2006(1)della Commissione, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nella produzione di prodotti agricoli, stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2010, la compensazione offerta agli agricoltori per le perdite di raccolto causate dalle avversità atmosferiche dipenderà dalla stipulazione, da parte degli agricoltori stessi, di una polizza assicurativa a copertura di almeno il 50% della loro produzione media annua o del reddito legato alla produzione. In mancanza di una polizza assicurativa, la compensazione sarà ridotta del 50%. Qual è lo status dell’articolo 11, paragrafo 8 negli Stati membri in cui le compagnie assicurative non prevedono un’assicurazione per i raccolti?

Può la Commissione fornire informazioni sugli strumenti di valutazione del rischio attualmente disponibili negli Stati membri e in particolare in quegli Stati membri in cui vengono offerti prodotti assicurativi agli agricoltori? Può indicare il livello di copertura fornito da questi prodotti assicurativi, nonché le modalità di finanziamento degli stessi? Per esempio, sono finanziati dallo Stato, dagli agricoltori o da entrambi?

 
  
 

(EN) Se, in un dato Stato membro, nessuna compagnia di assicurazione propone polizze assicurative che coprano danni causati dagli eventi climatici statisticamente più frequenti, l’articolo 11, paragrafo 8, del regolamento (CE) n. 1857/2006 non verrà applicato, ma il regime di aiuti compensativi per le perdite subite non potrà essere esente dall’obbligo di notifica ai sensi del medesimo regolamento. In tal caso, lo Stato membro potrebbe notificare alla Commissione il regime di aiuti ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e illustrare che, nonostante tutti i ragionevoli sforzi compiuti, all’epoca in cui è verificato il danno, non era possibile reperire nello Stato membro o nella regione interessata un’assicurazione accettabile che coprisse danni causati dagli eventi climatici statisticamente più frequenti. Qualora venga presentata tale prova, no si applicherà la riduzione del 50 per cento.

Al momento gli Stati membri dispongono di diversi strumenti per la gestione del rischio. Per quanto attiene alle assicurazioni, in seno all’Unione sono disponibili essenzialmente i regimi assicurativi classici (assicurazioni singole o combinate contro rischi specifici, ma anche assicurazioni sulla produzione), generalmente di natura privata. In molti Stati membri, operano solo un numero limitato di compagnie assicurative. Il livello di sviluppo delle assicurazioni agricole in ciascun paese è legato essenzialmente a due fattori decisivi:

– le necessità di ciascun paese (livello di rischio);

– il sostegno economico al regime assicurativo fornito da ciascuno Stato membro.

Alcuni governi sovvenzionano le assicurazioni, mentre altri forniscono appositi aiuti ex-post attraverso regimi compensativi o fondi per le calamità naturali, che possono essere parzialmente finanziati dai portatori di interesse del settore agricolo su base volontaria oppure obbligatoria.

La relazione sui regimi assicurativi agricoli(2), finanziata dalla Commissione e aggiornata l’ultima volta nel 2008, presenta i vari strumenti esistenti per la gestione del rischio a disposizione degli agricoltori dell’Unione. Ciò permette di comprendere meglio l’evoluzione dei sistemi assicurativi in Europa, in quanto lo sviluppo di regimi assicurativi è strettamente legato alla presenza di altri strumenti per la gestione del rischio e al ruolo del settore pubblico, segnatamente per quanto attiene alle misure di aiuto ad hoc.

 
 

(1) GU L 358 del 16.12.2006, pag. 3.
(2) http://ec.europa.eu/agriculture/analysis/external/insurance/index_en.htm

 

Interrogazione n. 53 dell’on. Chountis (H-0085/10)
 Oggetto: Imminente fusione Olympic Air - Aegean
 

Attraverso comunicati identici (11 febbraio 2010) le compagnie aeree Olympic Air e Aegean hanno confermato i loro pourparler riguardo a una “cooperazione futura”, mentre la stampa parla di imminente fusione. Tale prospettiva, che comporta la creazione di un monopolio privato e la perdita di 2.500 posti di lavoro, ha suscitato vive reazioni da parte di organizzazioni di difesa dei consumatori.

Considerato che le due compagnie controllano la quasi totalità del traffico interno di passeggeri, che la Grecia per la sua conformazione geografica dispone del maggior numero di aeroporti rispetto agli altri Stati membri e che sono attesi aumenti del traffico interno come pure delle tratte sovvenzionate quanto a numero e importanza, può la Commissione precisare se il fatto che le due compagnie detengano il 97% del traffico interno di passeggeri costituisce ragione sufficiente perché l’Autorità greca per la concorrenza rifiuti di approvate tale fusione? Lo Stato greco ha la possibilità di negare la denominazione e il logo “Olympic” alla nuova società in via di fusione e imporre un massimale per le tariffe dei voli interni, stante che la nuova società monopolizzerà il 97% del traffico interno di passeggeri?

 
  
 

(EN) La Commissione è stata informata di una prossima fusione di Olympic Air ed Aegean Airlines tramite dichiarazioni delle due aziende.

In questa fase iniziale non è possibile determinare se l’operazione richiederà o meno una notifica alla Commissione europea o alle autorità greche competenti in materia di concorrenza.

Ai sensi del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (“Regolamento sulle fusioni”)(1), la Commissione è competente per la verifica della compatibilità con il mercato comune delle concentrazioni di “dimensione comunitaria”, a condizione che vengano rispettati i criteri di turnover finanziario stabiliti dal regolamento sulle fusioni.

Il principale obiettivo della valutazione di una concentrazione da parte della Commissione è il mantenimento di una concorrenza efficace in seno al mercato comune e la prevenzione di effetti negativi sulla competitività e, in ultima battuta, sui consumatori. Nella propria analisi, la Commissione tiene conto, fra le altre cose, della posizione di mercato e del potere delle aziende in questione.

Visto che la prevista concentrazione non è stata ancora notificata formalmente alla Commissione ai sensi del regolamento sulle fusioni, al momento essa non è in posizione di esprimersi più dettagliatamente sulla transazione cui si riferisce l’onorevole parlamentare.

Con il completamento della procedura di privatizzazione di Olympic Airlines, la denominazione e il logo “Olympic” sono beni di proprietà di detta impresa.

 
 

(1)GU L 24 del 29.1.2004

 

Interrogazione n. 54 dell’on. Kratsa-Tsagaropoulou (H-0094/10)
 Oggetto: Misure di adeguamento finanziario e di sviluppo in Grecia
 

Il Consiglio Ecofin di febbraio ha invitato la Grecia ad applicare misure speciali di adeguamento finanziario. Il sig. Juncker ha sottolineato che la Commissione europea proporrà alla Grecia un pacchetto di possibili misure per ridurre le spese e aumentare le entrate, tra le quali ha menzionato, a titolo indicativo, la riduzione dei costi salariali, l’aumento dell’IVA e delle imposte sulle automobili e l’energia. Dato che la maggior parte delle misure che il governo greco ha adottato o intende adottare riguarda già la riduzione dei costi salariali e l’aumento delle entrate mediante aumenti delle imposte, può la Commissione rispondere ai seguenti quesiti:

Non ritiene che tali misure, che tendono a una politica di austerità in materia di riscossione e di entrate, possano da sole ridurre ulteriormente la domanda in termini di investimento e di consumo nell’economia greca, pregiudicando così gli sforzi di ripresa e di risanamento finanziario in Grecia? Proporrà al governo greco misure di sviluppo adattate alla realtà greca per permettere una ripresa della produttività dell’economia?

 
  
 

(EN) Considerate le implicazioni sui mercati finanziari, i tassi di interesse e le condizioni per l’accesso al credito, livelli di debito e disavanzo elevati hanno un notevole impatto negativo sulla capacità di un paese di crescere. Il consolidamento fiscale, pertanto, è un fattore necessario anche per la crescita. Quantunque le condizioni per la crescita nel 2010 saranno sfavorevoli, in Grecia, posticipare il consolidamento fiscale porterebbe sicuramente risultati peggiori in termini di crescita. Nel rispetto delle disposizioni del Patto di stabilità e crescita, a gennaio 2010 la Grecia ha presentato un programma di stabilità aggiornato, che prevede un considerevole sforzo verso il consolidamento fiscale, con un calo del disavanzo pubblico dal 12,7 per cento del PIL, nel 2009, a valori inferiori al 3 per cento entro il 2012. Una prima fase di tale aggiustamento, pari al 4 per cento del PIL, dev’essere conseguita nel corso di quest’anno. La Commissione e il Consiglio hanno sottoscritto il programma di stabilità greco e ritengono appopriati sia gli obiettivi che le misure indicate per raggiungerli.

Considerati i rischi correlati alle soglie di debito e di disavanzo, è necessario effettuare uno sforzo supplementare per rispettare gli obiettivi di bilancio stabiliti. La Commissione plaude all’annuncio del governo ellenico, del 3 marzo 2010, di introdurre una serie di ulteriori misure di consolidamento pari al 2 per cento del PIL. Tale annuncio conferma l’impegno del governo ellenico a intraprendere tutte le misure necessarie a raggiungere gli obiettivi del programma di stabilità e segnatamente a garantire la riduzione del deficit di bilancio del 4 per cento del PIL entro il 2010. Le misure aggiuntive comprendono tagli alle spese e, soprattutto, risparmi nel monte delle retribuzioni pubbliche, fattori essenziali per ottenere effetti permanenti di consolidamento fiscale e riportare la competitività. Anche le previste misure di aumento delle entrate contribuiscono al consolidamento fiscale. Una completa e tempestiva attuazione delle misure fiscali, unita a riforme strutturali decisive in linea con la decisione del Consiglio, sono di fondamentale importanza. Tali misure sono nell’interesse della popolazione greca, che beneficerà di finanze pubbliche più solide, di migliori prospettive di crescita e di maggiori opportunità lavorative, e sono importanti altresì per la stabilità finanziaria generale della zona euro.

 

Interrogazione n. 55 dell’on. Gallagher (H-0098/10)
 Oggetto: Sicurezza su Internet
 

Più del 50% degli adolescenti europei offre informazioni personali, che possono essere viste da chiunque su Internet. La Commissione ha intenzione di presentare nuove misure per migliorare la sicurezza dei minori su Internet, con particolare riferimento ai siti dei network sociali?

 
  
 

(EN) In risposta all’interrogazione dell’onorevole parlamentare, la Commissione ritiene che migliorare la sicurezza dei minori su Internet, con particolare riferimento ai siti dei network sociali sia un’importante responsabilità, condivisa dalle autorità pubbliche, dai genitori, dagli istituti scolastici e dall’industria del settore.

Nel quadro del programma per un uso più sicuro di Internet(1)la Commissione ha favorito la firma, nel 2009, di un accordo di autoregolamentazione, denominato “Safer Social Networking Principles for the EU”(2)sottoscritto da venti aziende: Arto, Bebo, Dailymotion, Facebook, Giovani.it, Google, Hyves, Microsoft Europe, MySpace, Nasza-klaza.pl, Netlog, One.lt, Piczo, Rate.ee, Skyrock, Tuenti, Sulake, VZnet Netzwerk Ltd., Yahoo!Europe e Zap.lu. Dette aziende hanno riconosciuto la propria responsabilità e identificato i potenziali rischi per i minori presenti sui priori siti – tra cui bullismo, adescamento, e comportamenti a rischio come rivelare informazioni personali – mirando a limitarli per mezzo di una serie di misure specifiche.

La Commissione sta monitorando da vicino l’attuazione di tale accordo. Il 9 febbraio 2010, ha pubblicato una relazione valutativa sull’attuazione di tale accordo, sulla basse di un analisi delle politiche di sicurezza di tali aziende e sul test dei rispettivi siti da parte di esperti indipendenti. Tale documento mostra che la maggior parte di queste aziende hanno agito attribuendo maggiori poteri ai minori, rendendo loro più semplice modificare il settaggio di dati personali, bloccare utenti o eliminare commenti e contenuti non desiderati. Molto resta ancora da fare, in quanto solo il 40 per cento delle aziende rende il profilo di utenti minorenni visibile esclusivamente ai propri amici per default, e solo un terzo ha fornito risposte alle richieste di aiuto degli utenti.

La Commissione analizzerà nel dettaglio i risultati di ciascun firmatario e indicherà a ciascuna azienda, singolarmente, in quali aree è necessario adoperare maggiori sforzi per attuare appieno parti specifiche del documento in questione. Come previsto dall’accordo sottoscritto dalle succitate aziende, quest’anno si riunirà nuovamente una task force europea per i network sociali(3) per discutere ulteriori modi di migliorare la sicurezza su Internet dei minori che utilizzano siti per la socializzazione in rete.

La Commissione, inoltre, sta rivedendo le norme vigenti in materia di privacy e di protezione dei dati. A tale scopo ha effettuato una consultazione pubblica sulla revisione della direttiva sulla protezione dei dati(4), che si è conclusa a dicembre 2009. I risultati di tale consultazione mostrano che molti cittadini vogliono criteri di consenso più rigorosi per quanto attiene alla presenza di minori su Internet.

Il tema scelto il 9 febbraio di quest’anno per la Giornata per un Internet più sicuro è stato “pensa prima di postare”, in modo da invitare soprattutto i giovani a prestare attenzione alle informazioni personali che pubblicano su Internet.

 
 

(1) http://ec.europa.eu/information_society/activities/sip/index_en.htm
(2) http://ec.europa.eu/information_society/activities/social_networking/docs/sn_principles.pdf
(3)La task force europea per i network sociali è stata convocata per la prima volta dalla Commissione europea ad aprile 2008 ed è composta da rappresentanti di network sociali, nonché da esperti e da organizzazioni per la protezione dell’infanzia.
(4)Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati – GU L 281 del 23.11.1995

 

Interrogazione n. 56 dell’on. Konrad Szymański (H-0101/10)
 Oggetto: Parità di accesso ai servizi via Internet nel mercato unico
 

L’offerta di prodotti audio e video del negozio via Internet iTunes, gestito dalla società Apple, è rivolta unicamente ai cittadini di alcuni Stati membri (non è indirizzata, ad esempio, agli utenti polacchi). Si tratta di una pratica discriminatoria e, pertanto, non conforme al diritto comunitario che, inoltre, contribuisce alla diffusione del fenomeno della pirateria informatica.

Desta particolare preoccupazione il fatto che, nel quadro delle vendite online, un cittadino, ad esempio, polacco non può comprare un prodotto offerto tramite Internet in un altro paese a causa di limitazioni tecniche introdotte intenzionalmente sull’uso delle carte di credito.

Oltre a esprimere inquietudine in merito, come già avvenuto l’anno scorso, la nuova Commissione ha adottato azioni concrete miranti a eliminare questa pratica discriminatoria?

La discriminazione nei confronti dei consumatori di alcuni Stati membri nelle vendite online sarà oggetto di misure da parte della Commissione volte a instaurare la parità di diritti per i consumatori nel mercato dell’Unione europea?

 
  
 

(EN) Come la Commissione ha indicato nella propria risposta all’interrogazione E-5058/09, le disparità di trattamento sulla base della nazionalità o del luogo di residenza dei propri utenti applicate da fornitori di servizi (quali le restrizioni all’uso delle carte di credito, che impediscono ai consumatori di uno Stato membro di accedere ai servizi forniti da un punto vendita online in un altro Stato membro) sono disciplinate specificamente dalla clausola di non discriminazione dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (la cosiddetta “direttiva servizi”). Pur vietando la discriminazione, tale disposizione specifica altresì che non tutte le disparità di trattamento sono vietate, in quanto è possibile prevedere condizioni d’accesso differenti “allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi”.

L’applicazione della legislazione nazionale con cui tale disposizione è recepita ricade primariamente nella responsabilità delle autorità e delle corti nazionali. La Commissione non è competente per avviare procedimenti di infrazione contro privati ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva servizi. Essa, tuttavia, fornisce assistenza agli Stati membri per assicurare che autorità e corti nazionali attuino ed applichino in modo corretto, a livello nazionale, le disposizioni di recepimento dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva servizi. Segnatamente, la Commissione ha recentemente pubblicato uno studio relativo alle pratiche commerciali suscettibili di rientrare nelle disposizioni di cui all’articolo 20, paragrafo 2 e sulle possibili ragioni soggiacenti alle medesime. I consumatori che hanno subito casi di possibile discriminazione possono cercare giustizia anche contattando gli organi di assistenza del proprio paese, come gli organi aderenti alla rete dei centri europei dei consumatori.

Quando applicano tali disposizioni, le autorità e le corti nazionali devono tener conto dei criteri oggettivi che possono giustificare la disparità di trattamento.

Inoltre, come forse l’onorevole parlamentare saprà, bisogna anche notare che i diritti d’autore ed i diritti ad essi correlati –

come i diritti dei produttori e degli esecutori di brani musicali nei punti vendita online – sono generalmente soggetti a licenze nazionali. La Commissione, nondimeno, non è in possesso di informazioni che lascino intendere che la decisione di non rendere disponibili punti vendita online di iTunes in Polonia spieghi la necessità di ottenere concessioni sui diritti d’autore per offrire servizi in tale paese.

Oltre all’applicazione della suddetta clausola di non discriminazione, di cui all’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva servizi, le decisioni autonome delle aziende in posizione dominante devono essere valutate ai sensi dell’articolo 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che vieta, in quanto incompatibile con il mercato interno, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri.

La Commissione continua ad adoperare sforzi per eliminare gli ostacoli che ancora impediscono lo sviluppo di servizi musicali legali paneuropei e così permettere ai consumatori di effettuare acquisti presso qualunque punto vendita online dell’Unione europea, indipendentemente dal proprio luogo di residenza. La rimozione degli ostacoli identificati e l’effettiva applicazione dell’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva servizi in seno agli Stati membri saranno di fondamentale importanza per il raggiungimento di tali obiettivi.

 

Interrogazione n. 57 dell’on. Messerschmidt (H-0107/10)
 Oggetto: Controlli alle frontiere
 

Secondo informazioni della polizia danese, lo scorso anno sono state arrestare 203 volte persone che avevano contravvenuto a un divieto di ingresso. Secondo la polizia, si tratta probabilmente soltanto della cima dell’iceberg. E, secondo la professoressa danese Marlene Wind del Jean Monnet, le frontiere aperte rendono facile ai criminali espulsi ritornare indietro e commettere nuovi reati.

Che cosa pensa dunque la Commissione in merito alla diffusa criminalità che varca le frontiere transeuropee all’interno dell’UE? E che è poi della mancata lotta alla criminalità in Bulgaria e Romania in relazione ai programmi di apertura delle frontiere l’anno nuovo anche con questi paesi?

 
  
 

(EN) La creazione di una zona senza controlli alle frontiere interne è correlata da misure accompagnatorie quali un’efficace cooperazione di polizia e giudiziaria. Ciò detto, sono stati istituiti servizi europei incaricati di far osservare le leggi, come Europol ed Eurojust, ed è stata adottata una serie di strumenti giuridici volti a permettere agli Stati membri di contrastare efficacemente la criminalità transfrontaliera come, ad esempio, la decisione, a partire dal 2008, di far progredire la cooperazione transfrontaliera soprattutto per quanto attiene alla lotta contro il terrorismo e la criminalità transfrontaliera. Tali disposizioni si riferiscono segnatamente allo scambio automatico di informazioni relativi a eventi di grandi dimensioni e per le finalità della lotta contro il terrorismo, nonché ad altre forme di cooperazione transfrontaliera di polizia.

Per quanto concerne l’efficacia dei divieti di ingresso, invitiamo l’onorevole parlamentare a riferirsi alla direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro dicembre 2010), che prevede un divieto di ingresso armonizzato a livello europeo. Tale divieto di ingresso ha effetti preventivi e sostiene la credibilità di una politica di rimpatrio europea trasmettendo chiaramente il messaggio che a coloro che non hanno il diritto di rimanere e non rispettano le norme per l’immigrazione negli Stati membri dell’Unione non verrà concesso di entrare nuovamente in nessuno Stato membro per un dato periodo di tempo.

Relativamente a Bulgaria e Romania, ai sensi dell’atto di adesione, l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne è preceduta da uno specifico processo di valutazione volto a verificare il rispetto di tutti i prerequisiti per l’applicazione dell’acquis di Schengen.

Tale valutazione copre i settori relativi a frontiere esterne, visti, cooperazione di polizia, sistema d’informazione Schengen e protezione dei dati. Bulgaria e Romania hanno stabilito la scadenza per l’eliminazione dei controlli alle proprie frontiere interne per marzo 2011. Le valutazioni sono partite nel 2009 e continueranno per tutto il 2010.

Spetta interamente agli Stati membri concludere se tutti i prerequisiti sono rispettati (oppure no) e decidere se procedere all’eliminazione dei controlli alle frontiere interne.

Il successo dell’area Schengen dipende dalla fiducia reciproca tra gli Stati membri e dalla loro capacità di attuare completamente le misure accompagnatorie che permettono l’eliminazione dei controlli alle frontiere interne. Una lotta efficace contro la corruzione e il rafforzamento della cooperazione di polizia e giudiziaria sono fattori di importanza cruciale per costruire tale fiducia. La Commissione incoraggia gli sforzi e segue da vicino gli sviluppi registrati in questo settore da Bulgaria e Romania. Nel quadri del meccanismo di cooperazione e verifica, la Commissione valuta la riforma del sistema giudiziario e la lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. La gestione della criminalità transfrontaliera è un importante elemento di valutazione. La Commissione basa la propria valutazione su varie fonti, tra cui le informazioni provenienti dagli Stati membri, e fornisce raccomandazioni su come migliorare la situazione nelle proprie relazioni estive.

 

Interrogazione n. 58 dell’on. Angourakis (H-0110/10)
 Oggetto: Privatizzazione del cantiere navale di Skaramanga
 

La privatizzazione del cantiere navale di Skaramanga imposta da successivi governi greci ha avuto conseguenze dolorose per i lavoratori, dato che centinaia di posti di lavoro sono stati soppressi. La società “Thyssen Krupp”, proprietaria del cantiere navale, lo vende adesso dopo aver incassato 3 miliardi di euro per la costruzione di sottomarini, aver rescisso i contratti con lo Stato greco e non aver consegnato i sottomarini in questione. Il cantiere navale è stato suddiviso ed è stata creata una società separata per il materiale rotabile. Da quasi 10 mesi i 160 lavoratori di questo cantiere navale non ricevono un salario. Alcuni articoli parlano di centinaia di nuovi licenziamenti e di mercanteggiamenti tra le multinazionali per la proprietà del cantiere navale e con il governo affinché “dia in dote” ai nuovi proprietari miliardi di euro presi dai programmi per gli armamenti 2010-2011.

Ritiene la Commissione che la liberalizzazione dei mercati e l’applicazione delle regole della concorrenza all’industria della costruzione navale, decise dall’UE e dai governi nazionali, abbiano portato ad una svalutazione del settore in Grecia, paese marittimo per eccellenza, alla riduzione dell’occupazione e alla violazione dei diritti dei lavoratori per permettere ai gruppi monopolistici di realizzare benefici?

 
  
 

(EN) L’applicazione delle leggi sulla concorrenza mira a garantire una concorrenza equa ed efficace a beneficio dell’Europea e dei suoi cittadini, in quanto essa riduce i prezzi, aumenta la qualità, amplia la scelta dei consumatori, promuove l’innovazione tecnologica e, pertanto, dà nuovo impulso all’economie europea. Le norme per la concorrenza contenute nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea includono un divieto generale di fornire aiuti di Stato, tranne in eccezionali e giustificate circostanze, in modo da garantire che gli interventi dei governi non distorcano la concorrenza ed il commercio in seno all’Unione europea. In alcuni casi la Commissione può autorizzare la concessione di aiuti per la ristrutturazione di un’azienda in difficoltà, anche nel settore dei cantieri navali. Spetta tuttavia alle autorità nazionali vigilare affinché tali aiuti vengano applicati correttamente.

Nel 1997, la Commissione ha concesso alla Grecia la possibilità di sovvenzionare la ristrutturazione delle attività commerciali civili dei cantieri navali ellenici fino a 160 milioni di euro(1). Purtroppo alcuni requisiti fondamentali per l’approvazione non sono stati rispettati e, fino al 2002, la Grecia ha ripetutamente fornito alle attività civili in perdita di tale cantiere aiuti illegittimi ed incompatibili.

La Commissione riveste un ruolo di supervisore per garantire che le norme relative agli aiuti di
Stato vengano applicate correttamente dagli Stati membri. A causa del mancato rispetto dei requisiti e degli aiuti pertanto illegittimi concessi al settore dei cantieri navali, a luglio 2008 la Commissione, dopo un’approfondita analisi in linea con le norme per gli aiuti di Stato del trattato CE, ha chiesto alla Grecia di recuperare più di 230 milioni di euro di sovvenzioni illegittime(2).

La Commissione vorrebbe far notare che, per quanto attiene alla vendita del cantiere o a qualunque altra decisione relativa alla sua riorganizzazione, il solo responsabile è il proprietario del cantiere stesso. I poteri della Commissione si limitano al controllo degli interventi statali sull’economia, ma essa non può interferire con le scelte industriali di un’azienda.

Nell’interesse della protezione dei dipendenti, il quadro giuridico comunitario fornisce diverse direttive che potrebbero essere di particolare interesse nel contesto della ristrutturazione del settore cantieristico navale nell’Unione europea, segnatamente, la direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente i licenziamenti collettivi(3), la direttiva 94/45/CE, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo(4), la direttiva 2002/14/CE, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori nella comunità europea(5), la direttiva 2001/23/CE del Consiglio, concernente il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(6)e la direttiva 2008/94/CE, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro(7).

Essendo tali direttive recepite nella legislazione greca, spetta alle autorità nazionali competenti, e segnatamente alle corti elleniche , assicurare la corretta ed efficace applicazione delle disposizioni di recepimento nazionali alla luce delle circostanze specifiche di ciascun caso, badando che il datore di lavoro adempia a tutti i propri doveri al riguardo.

 
 

(1)V. causa N 401/1997
(2)GU L 225 del 27.8.2009
(3)GU L 225 del 12.8.1998
(4)GU L 254 del 30.9.1994
(5)GU L 80 del 23.3.2002
(6)GU L 82 del 22.03.2001
(7)GU L 283 del 28.10.2008

 
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