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Procedura : 2010/2560(RSP)
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Testi presentati :

O-0015/2010 (B7-0011/2010)

Discussioni :

PV 11/03/2010 - 2
CRE 11/03/2010 - 2

Votazioni :

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 11 marzo 2010 - Strasburgo Edizione GU

2. Investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio (discussione)
Video degli interventi
PV
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale (O-0015/2010 – B7-0011/2010), presentata dall’onorevole Reul al Consiglio e alla Commissione, sull’investimento in tecnologie a basse emissioni di carbonio.

 
  
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  Herbert Reul, autore. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, questa interrogazione riguarda il fatto che nel 2007 la Commissione ha presentato un piano con lo scopo di promuovere le tecnologie nel campo dell’energia a basse emissioni di carbonio in maniera che potessero essere introdotte e utilizzate rapidamente. Si sono formulate proposte per misure molto specifiche: iniziative industriali europee, specialmente nel campo dell’energia eolica, dell’energia solare, della bioenergia, della cattura e dello stoccaggio del carbonio, delle reti elettriche e della fissione nucleare; creazione di un’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia; conversione sostenibile delle reti infrastrutturali energetiche europee; sistemi tecnologici energetici europei costantemente aggiornati; istituzione di un gruppo direttivo sulle tecnologie energetiche strategiche.

All’epoca si è lasciato senza risposta un interrogativo fondamentale, ossia come si sarebbe provveduto al finanziamento. Il settimo programma quadro per la ricerca mette a disposizione 886 milioni di euro all’anno per la ricerca nel campo dell’energia. E’ chiaro a tutti però che non bastano. Nel 2009 la Commissione ha reso nota la sua comunicazione sul finanziamento delle tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio in cui si descrive la necessità di triplicare i fondi per la ricerca nel campo dell’energia nel prossimo decennio, il che comporterebbe un investimento di 50 miliardi di euro. Nella comunicazione si è illustrato come il denaro per le tecnologie a basse emissioni di carbonio dovrebbe essere stanziato in maniera che l’Europa possa affrancarsi dalla notevole dipendenza dai combustibili fossili per ridurre maggiormente le emissioni di CO2. Il piano finale stima 6 miliardi di euro per la ricerca nel campo dell’energia eolica, che secondo la Commissione potrebbe rappresentare un quinto dell’approvvigionamento energetico dell’Unione entro 2020; 16 miliardi di euro per la ricerca nel campo l’energia solare al fine di sviluppare nuovi concetti fotovoltaici e un’importante concentrazione industriale di impianti a energia solare; 9 miliardi di euro per la ricerca nel campo della bioenergia allo scopo di coprire il 14 per cento del fabbisogno energetico della Comunità. Per integrare le fonti di energia rinnovabili nel mercato dell’energia, le reti elettriche riceverebbero 2 miliardi di euro in modo che metà della rete possa operare in maniera “intelligente”. Oltre alle fonti di energia rinnovabili, ulteriori 13 miliardi di euro sono altresì previsti per non più di 12 progetti da realizzarsi nel campo della cattura e dello stoccaggio del carbonio, mentre la ricerca nel campo del nucleare riceverebbe 7 miliardi di euro. La proposta di finanziamento ha infine stanziato altri 11 miliardi di euro per il programma “città intelligenti” in modo che si possano trovare risposte adeguate anche in tale ambito.

Secondo la Commissione al momento i partenariati pubblico-privato costituirebbero la maniera più credibile per finanziare la ricerca nel campo dell’energia, ma non è stata in grado di chiarire come l’impegno di finanziamento derivante da tali accordi sarebbe ripartito tra le due dimensioni. Attualmente la ripartizione per quanto concerne la ricerca nel campo dell’energia prevede un 70 per cento per il privato e un 30 per cento per il pubblico, eccezion fatta per la ricerca nel campo del nucleare. L’Unione obietta che è necessario un aumento significativo del finanziamento pubblico. Nei progetti in cui i rischi sono superiori, a parere della Commissione il finanziamento pubblico dovrebbe svolgere un ruolo preponderante. Per ottimizzare il livello di intervento, la Commissione ha chiesto l’istituzione di programmi comunitari specialmente nelle aree in cui vi è un chiaro valore aggiunto a livello europeo, come nel caso in cui i programmi risultino troppo costosi per poter essere realizzati singolarmente dagli Stati membri. Al momento l’80 per cento dell’investimento pubblico in ricerca nel campo dell’energia non nucleare è finanziato a livello nazionale. Anche la comunicazione, in ultima analisi, lascia dunque aperta la questione del reperimento dei fondi. La Commissione calcola che siano necessari altri 75-80 miliardi di euro.

Per questo motivo in sede di commissione ci siamo concentrati sulla necessità di ottenere un po’ più di chiarezza su alcuni aspetti legati al finanziamento. Vorrei soltanto citarvi alcuni tra gli interrogativi più pressanti. In primo luogo, come la Commissione intende definire le sue priorità nella roadmap 2010-2020 per finanziare le tecnologie a basse emissioni di carbonio e quando si introdurranno iniziative politiche industriali in tal senso? In secondo luogo, come la Commissione intende rendere disponibili ulteriori risorse del bilancio comunitario e come è specificamente impegnata a garantire che i fondi inizino a essere erogati prima che siano disponibili le risorse dell’ottavo programma quadro? La Commissione farà in modo che i bilanci individuati per le varie iniziative industriali siano rispettati? Da ultimo, ma non meno importante, come la Commissione – e ovviamente questo vale anche per il Consiglio – renderà disponibili ulteriori fondi attinti dal bilancio comunitario per il finanziamento delle alternative tecnologie che non sono quelle specificate nella comunicazione, tra cui tecnologie di stoccaggio, energie oceaniche e così via? E’ inutile proseguire pedissequamente nella lettura di tutti i quesiti, visto che sono esposti compiutamente. Chiediamo dunque al Consiglio e alla Commissione di darvi risposta.

 
  
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  Pedro Luis Marín Uribe , presidente in carica del Consiglio. − (ES) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, vorrei iniziare il mio intervento sottolineando l’importanza del piano strategico per l’energia e del necessario apporto che offrirà all’accelerazione dello sviluppo e dell’applicazione delle tecnologie per un’energia efficiente, sostenibile e pulita.

Senza questo piano, non sarà possibile conseguire gli obiettivi che si siamo prefissi per il 2020 né effettuare la transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio nella misura che vorremmo per il 2050.

Sono lieto di vedere che vi è un ampio consenso tra Parlamento e Consiglio in merito all’importanza e alla necessità di ambedue gli obiettivi del piano e le risorse che vanno rese disponibili.

Il Consiglio “trasporti, telecomunicazioni ed energia” intende adottare conclusioni sul piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET) nella riunione prevista per il prossimo venerdì 12 marzo, conclusioni che rappresenteranno un punto di riferimento importante per la riunione primaverile del Consiglio europeo che si terrà il 25 marzo perché all’ordine del giorno vi sarà il cambiamento climatico.

Il progetto di conclusioni da discutere in occasione della riunione del Consiglio includerà il tema del finanziamento, sebbene l’argomento sarà affrontato con la dovuta cautela. Non vogliamo anticipare l’esito dei negoziati che dovranno svolgersi in merito nel contesto del prossimo quadro finanziario.

Ora enumererò i principali elementi del progetto di conclusioni. In primo luogo, è giunto il momento di passare dalle roadmap tecnologiche all’attuazione operativa delle iniziative industriali europee. Dovremmo farlo gradualmente, ma il più rapidamente possibile.

In secondo luogo, il nostro approccio alla futura cooperazione in tema di ricerca nel campo dell’energia a livello europeo dovrebbe concentrarsi sull’utilizzo efficace delle risorse pubbliche e sulla costruzione di partenariati pubblico-privato flessibili con il comparto. Invitiamo pertanto la Commissione a creare una piattaforma che includa tutte le organizzazioni finanziarie interessate in maniera che possano condividere informazioni e migliori prassi e, nel contempo, coordinare le proprie azioni nella misura ritenuta necessaria.

In terzo luogo, vista l’entità del finanziamento pubblico-privato a medio termine necessario per sostenere in particolare i principali progetti dimostrativi, potrebbe essere indispensabile aumentare la percentuale dell’investimento pubblico a livello comunitario. Dovremo pertanto tenerlo presente sia quando rivedremo il bilancio sia quando negozieremo per il prossimo quadro finanziario.

In quarto luogo, dovremmo appoggiare i governi degli Stati membri e incoraggiarli a dare incentivi adeguati e segnali coerenti affinché tale politica sia attuata. Ove del caso, dovrebbero anche aumentare notevolmente il finanziamento pubblico per lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio.

In quinto luogo, la Commissione europea e la Banca europea per gli investimenti stanno già collaborando per migliorare il coordinamento e la continuità del finanziamento dei progetti dimostrativi nel settore dell’energia che comportano un rischio tecnologico elevato, così come stanno collaborando per mobilitare e rendere disponibili altre fonti di finanziamento, sia pubbliche sia private.

Infine, la Commissione e la Banca europea per gli investimenti stanno vagliando i pacchetti finanziari ottimali per i principali progetti dimostrativi, ragion per cui invitiamo anche la Commissione ad analizzare nuovi modi per abbinare risorse provenienti da diverse fonti e sviluppare uno strumento ad hoc per finanziare il lancio commerciale delle tecnologie a basse emissioni di carbonio.

Onorevoli parlamentari, tutti questi elementi costituiscono un chiaro messaggio sul futuro investimento per lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio. Nonostante i notevoli vincoli di bilancio con i quali dobbiamo attualmente confrontarci, il messaggio che il Consiglio trasmetterà alla sua riunione di venerdì sarà un messaggio di impegno espresso in termini positivi per ribadire la valenza di tale aspetto a livello comunitario e l’importanza vitale per ogni Stato membro di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio.

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, benché oggi sostituisca il collega Oettinger, è un vero piacere poter discutere con voi in merito al futuro delle tecnologie a basse emissioni di carbonio.

Personalmente sono stato molto coinvolto nello sviluppo del piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET) nell’ambito dell’ultima Commissione e sono fermamente convinto che lo sviluppo di tali tecnologie costituisca una delle pietre miliari della politica energetica che dobbiamo sviluppare insieme negli anni a venire.

La relazione del Parlamento sul piano SET del giugno 2008 è stata molto chiara nel proporre un livello di ambizione appropriato. Non dovremmo venir meno a tale ambizione. Oggi sono stati posti tre interrogativi chiari e a ciascuno di essi risponderò.

In primo luogo, per quanto concerne le nostre priorità per il decennio 2010-2020 e il lancio delle iniziative industriali europee, le sei iniziative rispondono concretamente alle nostre priorità: energia eolica, energia solare, bioenergia, fissione sostenibile, reti intelligenti, nonché cattura e stoccaggio del carbonio sono priorità avallate senza riserve da Parlamento e Consiglio.

Su vostra richiesta, abbiamo anche fissato come priorità l’efficienza energetica sviluppando una nuova iniziativa dedicata, denominata “città intelligenti”, per sbloccare il potenziale di mercato delle tecnologie di efficienza energetica nelle città e nelle regioni. Per stabilire la priorità delle diverse attività nell’ambito di tale iniziativa, la Commissione, unitamente alle parti interessate, ha sviluppato roadmap tecnologiche per il decennio 2010-2020 in cui si fissano obiettivi concreti e le attività da realizzare per conseguirli. Le iniziative sono mature per il lancio quest’anno, il 2010. L’iniziativa “città intelligenti” dovrebbe invece prendere il via il prossimo anno.

La seconda domanda riguardava la necessità di definire bilanci prevedibili, stabili e adeguati per il piano SET nell’attuale periodo di programmazione finanziaria e dopo il 2014. La nostra stima dell’investimento pubblico e privato necessario per lo sviluppo di tecnologie e basse emissioni di carbonio nell’ambito del piano SET è pari a 8 miliardi di euro all’anno. Oggi circa 3 miliardi di euro sono investiti ogni anno nell’Unione europea, il che significa che occorrono altri 50 miliardi di euro per il decennio 2010-2020. Colmare questo divario dovrebbe essere il tema di una delle principali discussioni istituzionali dei prossimi anni. L’impegno va concentrato laddove l’intervento è più efficiente, evitando duplicazioni e promuovendo il massimo impatto potenziale sul mercato.

E’ chiaro che gli investimenti a livello comunitario, provenienti dal settimo programma quadro o dal programma energetico europeo per la ripresa, non saranno sufficienti, come non lo saranno i potenziali fondi provenienti dai 300 milioni di quote di scambio di emissioni accantonati per la dimostrazione della cattura e dello stoccaggio del carbonio e di tecnologie rinnovabili innovative. Ai prezzi attuali, si tratta di circa 4 miliardi di euro. Occorrono dunque notevoli sforzi, da parte sia del settore privato sia di quello pubblico, laddove per pubblico si intende sia l’Unione europea sia, ovviamente, gli Stati membri. Per essere chiari, la maggior parte dei fondi dovrà provenire dalle fonti che ne sono le principali detentrici.

In terzo luogo, è stato chiesto se la Commissione intenda finanziare ulteriori alternative tecnologiche e proporre nuove iniziative industriali. Altre tecnologie che meritino l’intervento europeo sicuramente nel tempo emergeranno, per cui il piano SET resterà flessibile, come abbiamo già dimostrato con la nuova iniziativa sull’efficienza energetica – città intelligenti – che, come ho detto, dovrebbe essere avviata nel 2011. Seguiremo da vicino le tecnologie più promettenti attraverso il sistema di informazione del piano SET. SETIS, come viene denominato, sta già lavorando sulle tecnologie oceaniche e di stoccaggio per valutarne il potenziale e identificare le migliori opportunità di intervento europeo. Abbiamo inoltre incoraggiato la creazione di una nuova piattaforma tecnologica sulle fonti rinnovabili, il riscaldamento e il raffreddamento, che dovrebbero aiutare i settori interessati a definire meglio il loro trasferimento tecnologico.

Sono molto lieto che l’argomento stia raccogliendo il consenso che merita. Si tratta di un tema fondamentale per conseguire gli obiettivi della nostra politica energetica, tema vitale per l’Europa e il suo futuro.

 
  
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  Jean-Pierre Audy, a nome del gruppo PPE. – (FR) Signora Presidente, signor presidente in carica del Consiglio, signor Commissione, sono lieto di rivederla qui, signor Commissario, nel suo ruolo di commissario per l’ambiente, in luogo del nostro commissario per l’industria. La ringrazio per la sua disponibilità e il suo intervento.

Apprezzo l’interrogativo sollevato dal collega Reul, il quale ha ragione, signor Commissario, nel chiederle come la Commissione vede questo tema critico delle energie che non emettono carbonio e il finanziamento delle nuove tecnologie. La popolazione del mondo è in aumento. Nel 2030 avremo bisogno del 40 per cento in più di energia e aggiungerei che l’80 per cento di tale domanda di consumo proverrà dai paesi al di fuori dell’OCSE.

Di fronte a queste sfide importanti, la soluzione non consiste nell’adottare l’ideologia di ridurre il nostro uso dell’energia né rifugiarsi in pensieri del passato. L’Unione europea ha dunque il dovere di intervenire, e vorrei aggiungere qualche parola in merito a una questione che può dividerci all’interno dei nostri gruppi politici: il nucleare.

Quando si parla di nucleare, alcuni Stati membri hanno maturato una tradizione consolidata in tale ambito. Ciò non rende l’Unione europea privilegiata, ma significa che abbiamo il dovere di contribuire alla discussione e al finanziamento. L’energia nucleare, come sappiamo, è un’energia che non emette carbonio e abbiamo bisogno di fondi, signor Commissario, specialmente quelli ottenibili dai crediti di carbonio, per investire in ricerca, sviluppo e formazione in tutti questi ambiti.

Vi stiamo proponendo alcuni emendamenti proprio allo scopo di migliorare le risoluzioni che sono state presentate. Concluderei facendo brevemente cenno alle scorie nucleari, fonte di grande preoccupazione per i nostri concittadini. Vi sono due possibilità al mondo: stoccaggio a lungo termine, alternativa scelta dagli Stati Uniti e recupero mediante riciclaggio, approccio differente, peraltro adottato da Russia, Giappone e Francia, per il quale noi, Unione europea, dovremmo optare.

E’ in tale contesto che noi, responsabili della sicurezza, affrontando tali argomenti, dobbiamo riporre la nostra fiducia nella scienza e nella conoscenza.

 
  
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  Teresa Riera Madurell, a nome del gruppo S&D. – (ES) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, siamo tutti consapevoli del fatto che vi è già un ampio consenso in merito all’idea che quanto più rapidamente si istituirà un’economia verde, tanto più rapidamente riemergeremo dalla crisi economica.

Diversi studi hanno calcolato che se conseguiamo l’obiettivo di una quota del 20 per cento di fonti di energia rinnovabili, ciò significherà che 2,8 milioni di lavoratori europei saranno impiegati nel settore entro il 2020. Si stima inoltre che due terzi dei nuovi posti di lavoro saranno creati nelle piccole e medie imprese. La chiave di tutto questo, onorevoli colleghi, sta nello sviluppo di tecnologie verdi.

Affinché ciò divenga una realtà, il mio gruppo è favorevole a tre obiettivi principali. In primo luogo, ci occorre un reale impegno per stanziare risorse da destinare al piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET). Non basta semplicemente raggruppare e rinominare i programmi di sostegno già esistenti. Tutti concordiamo con la necessità di trasformare il nostro obiettivo in un aumento reale delle risorse destinate alla ricerca nell’energia rinnovabile e nell’efficienza energetica. Dovremmo farlo immediatamente, nella prossima revisione delle prospettive finanziarie e, ovviamente, nei negoziati per le nuove prospettive finanziarie.

In secondo luogo, se vogliamo creare i posti di lavoro di cui la nostra economia ha bisogno per riemergere dalla crisi, è fondamentale promuovere la fase dimostrativa delle tecnologie innovative e agevolare la loro introduzione sul mercato.

Infine, la potenziale creazione di occupazione verde non può essere orientata nella giusta direzione se non disponiamo di una forza lavoro altamente qualificata. Dobbiamo investire in istruzione e sensibilizzazione per rafforzare i legami tra mondo imprenditoriale e accademico, e dobbiamo promuovere qualifiche di eccellenza nella ricerca e sviluppo e nell’innovazione in maniera da poter colmare eventuali lacune presenti sui mercati del lavoro del settore delle energie rinnovabili.

 
  
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  Fiona Hall, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, possiamo fissare tutti gli obiettivi che vogliamo per affrontare il cambiamento climatico, ma non li conseguiremo, specialmente gli obiettivi a più lungo termine per il 2050, a meno che non investiamo in maniera consistente e sistematica nello sviluppo e nel miglioramento di tecnologie sostenibili a basse emissioni di carbonio.

Gli Stati Uniti sono giustamente criticati per non essere riusciti a sottoscrivere gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra, ma l’Unione è ben lungi dall’essere al livello di investimento raggiunto attualmente dall’America. Senza investimenti adeguati, il programma di investimento in tecnologie sostenibili a basse emissioni di carbonio dell’Unione si ritroverà in una situazione di stallo, il che significa che, in assenza di investimenti, centinaia di migliaia di posti di lavoro che avrebbero potuto essere creati qui, nell’Unione europea, e in regioni come la mia, il nord-est dell’Inghilterra, che hanno già intrapreso la transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio, finiranno altrove, in Cina o negli Stati Uniti.

Sono delusa dal fatto che la Commissione retroceda rispetto a un precedente progetto del piano SET in cui erano chiaramente indicate le fonti dell’investimento necessario identificato. La Commissione sarà ora più esplicita, specialmente in merito alla mancanza di 1 miliardo di euro all’anno a cui ha fatto poc’anzi riferimento?

Infine, è ovviamente importante conseguire miglioramenti nella tecnologia nucleare, soprattutto per quel che riguarda la sicurezza del funzionamento e la gestione delle scorie, ma il mio gruppo è del parere che l’espressione “fissione nucleare sostenibile” sia una contraddizione in termini. La Commissione rinominerà la sesta iniziativa industriale europea semplicemente “iniziativa per l’energia nucleare”?

 
  
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  Claude Turmes, a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, penso che il piano SET sia fondamentalmente una scatola vuota perché non è supportato da alcun finanziamento. Dobbiamo pensare concretamente a quale potrebbe essere la fonte del denaro. Ciò che è peggio è che gli strumenti a disposizione della Commissione, ossia NER300, il piano di ripresa e alcuni fondi oggi reperibili presso la Banca europea per gli investimenti, sono prevalentemente destinati alle cosiddette tecnologie a basse emissioni di carbonio che sono meno efficienti e presentano il massimo rischio.

Nel 2008 e nel 2009, più del 70 per cento di tutti gli investimenti sul mercato in Europa già erano destinati alle fonti rinnovabili: energia eolica, energia solare, biomassa. Pertanto, come può essere che stiamo elaborando un piano SET e stanziando denaro a livello europeo che fondamentalmente conferisce una quota inferiore alle energie rinnovabili di quanto il mercato già oggi sta assorbendo, distogliendo fondi per il sequestro del carbonio e la fusione nucleare, non citati nel documento, ma che ricevono di gran lunga la percentuale maggiore del denaro comunitario?

Il nostro problema è che, a causa di alcune lobby, non abbiamo il coraggio di fissare le priorità corrette e penso che anche l’agenzia internazionale dell’energia (AIE), che non è certo un’organizzazione ecologista della base, sia estremamente chiara in merito alle priorità. Il 5 per cento di tutte le riduzioni di CO2 proverrà dall’efficienza energetica. Perché non abbiamo stanziato alcunché per l’efficienza energetica nel pacchetto di ripresa comunitario? Il 30-35 per cento delle riduzioni di gas a effetto serra e CO2 proverrà dalle energie rinnovabili, mentre nel migliore dei casi soltanto il 10 per cento sarà garantito dal sequestro del carbonio e altrettanto dal nucleare. Questo secondo l’AIE, che, come dicevo, non è sicuramente un’organizzazione ecologista della base. Pertanto, anche in Europa, a livello di stanziamenti, siamo indietro rispetto alle indicazioni fornite dall’agenzia ai governi.

L’unica via consiste nel fissare priorità chiare. Primo, efficienza energetica; secondo, energie rinnovabili perché riducono il carbonio senza creare rischi; infine, le altre tecnologie.

 
  
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  Giles Chichester, a nome del gruppo ECR. – (EN) Signora Presidente, non posso non esprimere un certo rammarico per l’ossessione della sinistra del Parlamento rispetto all’energia nucleare, per cui abbiamo due risoluzioni oggi dinanzi alla Camera che condividono la maggior parte del contenuto, se si eccettua la questione del nucleare, specialmente tenuto presente il fatto che è l’unica tecnologia in grado di fornire, come è stato dimostrato, grandi volumi di elettricità a ultrabasse emissioni di carbonio in Europa.

Se dobbiamo affrancarci dai combustibili fossili, soprattutto petrolio e carbonio, avremo bisogno di tutte le tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio che è possibile sviluppare. Molte di esse possono ancora ritenersi potenziali più che produttive, e ci corre l’obbligo di essere realisti in merito al successo che abbiamo ottenuto nel raggiungere livelli target di energia da fonti rinnovabili. L’Unione ha sempre fissato obiettivo molto ambiziosi e nel 100 per cento dei casi non li ha conseguiti. Dobbiamo migliorarci.

Nel frattempo, non dobbiamo aspettare ad aumentare la percentuale di elettricità europea assicurata dal nucleare, che già produce la quantità più elevata di elettricità, ma passando a tecnologie nuove alternative e sviluppandole avremo bisogno di elettricità di base per mantenere le luci accese e, per esempio, alimentare i veicoli elettrici.

Le nuove tecnologie verdi come l’energia termica solare del Sahara e i parchi eolici del mare del Nord presentano notevoli potenzialità, per non parlare della cattura e dello stoccaggio del carbonio e dei miglioramenti fondamentali dell’efficienza energetica, in merito ai quali, perlomeno su un aspetto, concordo con il collega Green dell’ala opposta. Tutto questo però richiede massicci investimenti, e questo è l’elemento essenziale che va oggi sottolineato affrontando tali argomenti.

 
  
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  Marisa Matias, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, siamo qui per discutere la reinvenzione di un sistema energetico europeo attraverso investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio.

Ritengo che sia una delle sfide più importanti, come si afferma nella comunicazione, una delle sfide sulle quali dobbiamo concentrarci. Non viene tuttavia fornito alcun chiarimento, per cui è fondamentale porre tali interrogativi e domandare precisazioni. Pare infatti che non solo non vi siano precisazioni di ordine finanziario, ma neanche precisazioni di carattere politico.

Si parla di efficienza energetica, cattura del carbonio, energia nucleare, biocarburanti, energia solare, e si cita l’efficienza energetica come se, compendio di tutto, fosse il modo più economico per ridurre le emissioni. Mi colpisce il fatto che vi sono altri modi più economici per ridurre le emissioni di carbonio che non sono neanche citati nella comunicazione come, per esempio, la riduzione del consumo energetico, la microgenerazione, la distribuzione e le diverse sue forme, vari progetti, che non devono necessariamente passare per le grandi strutture, nonché l’accesso all’energia. Penso che in tale ambito sicuramente contribuiremmo a una migliore chiarificazione finanziaria per selezionare il piano più economico.

Pertanto, nell’ambito di tale chiarificazione politica e finanziaria, dobbiamo discutere ciò che a mio parere è fondamentalmente importante, ossia il fatto che l’accento viene sempre posto sui partenariati pubblico-privato come se fossero la soluzione a ogni problema.

Quando ci interroghiamo in merito alla provenienza del denaro, la Commissione ci risponde che sarà reperito dove disponibile. Confesso che non mi illumina molto tale risposta se, come corollario, non ci viene detto esattamente dove è di fatto reperibile.

Parlando dunque di contare sui partenariati pubblico-privato, che è ciò che sistematicamente accade quando si tratta di tecnologie e basse emissioni di carbonio, senza dubbio abbiamo una certezza: non conoscendo la provenienza del denaro e sapendo invece che vi sono partenariati pubblico-privato, sappiamo sin dall’inizio chi pagherà. Pagheranno in primo luogo i contribuenti, vale a dire i consumatori, che in ultima analisi sono anche i contribuenti. Sappiamo inoltre che coloro che pagheranno meno saranno istituzioni e organizzazioni private, ossia i soggetti che effettuano gli investimenti, sono pagati per farlo ma, alla fine, si tengono per sé i profitti.

Senza tale chiarificazione, mi pare che ancora una volta stiamo lasciando alle future generazioni l’onere del conto da pagare per cambiare il modello energetico europeo.

 
  
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  Christian Ehler (PPE).(DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in linea di principio tutti concordiamo con l’idea che il piano SET vada accolto favorevolmente. Concordiamo infatti in merito a gran parte del contenuto, ma abbiamo due difficoltà. Da un lato non saremo in grado, e mi rivolgo al riguardo soprattutto all’onorevole Turmes, di esercitare pressioni insieme sugli Stati membri e la Commissione se continuiamo ad alimentare un dibattito ideologico il cui tema fondamentale è sempre il nucleare, elemento di discordia nelle odierne votazioni. Abbiamo raggiunto un compromesso sul piano SET e tale compromesso consiste nell’aver specificato i criteri secondo i quali vogliamo supportarlo, criteri che sono chiaramente definiti, vale a dire sostenibilità, competitività e sicurezza dell’approvvigionamento. Abbiamo detto che vogliamo lavorare senza imporre limitazioni a specifiche tecnologie e di nuovo si ripropone un dibattito ideologico in merito al nucleare, discussione che sicuramente può aver luogo, ma che in ultima analisi non ha senso nel contesto del piano SET.

Posso trovarmi d’accordo con voi nel momento in cui vi interrogate su ciò che il piano SET può effettivamente conseguire. La questione della misura in cui gli Stati membri sono disposti a trovare un approccio coerente alla politica energetica è stata effettivamente risolta? Oggi il Consiglio ha formulato una serie di considerazioni ovvie. La reale difficoltà non consiste tanto in ciò che prevediamo nel piano SET, quanto nei relativi fondi per la ricerca, l’innovazione e nel denaro del piano SET, nella questione delle strutture dimostrative, nel problema del recepimento delle direttive europee a livello nazionale, nel modo in cui tutto questo interagisce. Ora siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo dire veramente con chiarezza che siamo in grado di produrre un altro piano SET e adottarlo, ma ci occorrono misure concrete. Ciò premesso, non dovremmo sempre cavillare sui dettagli. Dovremmo invece intensificare le pressioni esercitate su Commissione e Stati membri affinché accada qualcosa a livello di attuazione.

 
  
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  Marita Ulvskog (S&D).(SV) Signora Presidente, i pii desideri non bastano per passare a fonti di energia rinnovabili e sostenibili, a una società rispettosa del clima. Occorrono anche investimenti consistenti. Il settore privato deve in larga misura condividere la responsabilità del finanziamento della ricerca di base e anche gli Stati membri devono dare prova di maggiore impegno. Inoltre, maggiori fondi devono essere messi a disposizione dal bilancio comunitario.

Il bilancio deve essere semplicemente adeguato per conformarsi alle priorità politiche adottate in relazione all’energia solare ed eolica, all’efficienza energetica e così via. E’ necessario ridefinire le priorità e ridistribuire i fondi nell’ambito del bilancio dell’Unione. Questo è l’unico modo in cui il piano SET e i membri di questa Camera possono preservare la loro credibilità.

 
  
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  Chris Davies (ALDE). – (EN) Signora Presidente, sono passati tre anni dal momento in cui il Consiglio si è prefisso l’obiettivo di realizzare fino a 12 progetti dimostrativi nel campo della cattura e dello stoccaggio del carbonio operanti entro il 2015. A oggi abbiamo ben poco da mostrare.

Indubbiamente abbiamo identificato una fonte di finanziamento e ora abbiamo un progetto di decisione della Commissione in attesa di conferma da parte del Parlamento in merito all’uso di tale finanziamento, ma dovremo aspettare la fine del prossimo anno per poter essere in grado di identificare un progetto che possa usufruirne. I tempi sono dunque molto stretti e rispettare la scadenza del 2015 diventa sempre più difficile. A ogni passo incespichiamo.

Chiederei dunque alla Commissione di prendere in esame i seguenti elementi. In primo luogo, il calendario va rivisto. Si possono perdere così giorni, settimane? E, in particolare, possiamo esercitare tutte le pressioni possibili sulla Banca europea per gli investimenti affinché tenga fede allo stanziamento concesso nel progetto di decisione?

In secondo luogo, una volta conclusa la procedura di comitatologia del Parlamento, la Commissione dovrebbe formulare e pubblicare un annuncio in merito alla tempistica. Ciò contribuirebbe a garantire il minor numero di intoppi possibile perché tutti lavorerebbero per rispettare una serie di scadenze prestabilite.

Infine, ricordiamo che il più grande fattore singolo di ritardo sarà probabilmente la domanda che gli sviluppatori del progetto dovranno presentare per ottenere il permesso di pianificazione in merito a condotti e affini per l’eliminazione del CO2. La procedura potrebbe essere estremamente lenta facendo saltare completamente la tempistica.

Chiederei dunque alla Commissione una dichiarazione, insistendo sul fatto che gli sviluppatori che intendono ottenere un finanziamento europeo inizino a richiedere adesso il permesso di pianificazione. Sosteniamo i progetti in cui crediamo, anche finanziariamente.

 
  
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  Konrad Szymański (ECR).(PL) Signora Presidente, la risoluzione presentataci illustra in maniera esemplare il predominio nell’Unione europea della politica per il clima sulla sicurezza energetica, mettendo anche in luce chiaramente il pregiudizio antinucleare di parte di questa Camera. Sebbene l’energia nucleare sia l’unica fonte di energia a basse emissioni di carbonio commercialmente collaudata, nella risoluzione viene severamente criticata. Le risorse finanziarie limitate dell’Unione europea vanno investite in fonti energetiche selezionate se sostenibili: questo rappresenta un intervento di mercato forte. Tale politica sicuramente limiterà la spesa per la realizzazione di grandi progetti infrastrutturali strategici, già indispensabili oggi, e il sostegno agli interconnettori. Non vi sarà semplicemente abbastanza denaro per la sicurezza energetica. Per questo oggi non possiamo avallare la risoluzione sottoposta alla nostra attenzione.

 
  
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  Arturs Krišjānis Kariņš (PPE).(LV) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, noi tutti sappiamo perfettamente che i tossicodipendenti sono estremamente pericolosi perché nulla li ferma dinanzi al bisogno di procurarsi un’altra dose. Sappiamo di fatto che qualsiasi forma di dipendenza è un fenomeno deprecabile da sradicare. Nell’Unione europea, la nostra economia è dipendente, e tale dipendenza è alimentata da petrolio e gas importati. Questa è la situazione che dobbiamo cambiare. Dobbiamo incrementare gli investimenti in tecnologie che aumentino direttamente l’uso e lo sfruttamento dell’energia solare, dell’energia eolica, dell’energia idrica e della biomassa nell’Unione europea. Per di più, vi sono diverse argomentazioni convincenti a favore di queste specifiche tecnologie. In primo luogo, se non investiamo in tali tecnologie, la nostra dipendenza da petrolio e gas non potrà che aumentare e la situazione peggiorare perché queste risorse diventeranno sempre più scarse nel mondo e i prezzi continueranno a salire. In secondo luogo, con questi investimenti potremo anche incoraggiare in particolare le piccole e medie imprese, offrendo loro determinati vantaggi nel richiedere fondi e risorse finanziarie. In terzo luogo, investendo nelle nuove tecnologie supereremo direttamente gli ostacoli che attualmente si frappongono al bilanciamento delle reti elettriche con le quantità variabili di elettricità generate da sole e vento. Onorevoli colleghi, è tempo di agire. Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza da petrolio e gas e sostenere gli investimenti proprio nelle tecnologiche in grado di incrementare e promuovere un maggiore uso delle risorse offerte da energia solare, eolica, idrica e biomassa.

Grazie per l’attenzione.

 
  
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  Britta Thomsen (S&D). – (DA) Signora Presidente, abbiamo motivo di rallegrarci per il piano SET. Senza i 59 miliardi di euro ora investiti in solidi progetti energetici, non raggiungeremmo il nostro obiettivo del 20 per cento entro il 2020 per le fonti di energia rinnovabili. L’investimento in energia vera e sostenibile rappresenta due terzi dei fonti del piano SET. Ciò vale, per esempio, per gli impianti fotovoltaici, le turbine eoliche e la biomassa. Tuttavia, il piano SET non è solo importante e giusto perché ci garantisce un’energia più pulita. Lo è anche per i nostri tentativi di lasciarci alle spalle la crisi sociale ed economica. Con questi massicci investimenti in tecnologie energetiche moderne saremo in grado di creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro verdi, così come riusciremo a trasformare l’Unione in un centro di conoscenze per quanto concerne le tecnologie ecologiche e sostenibili. Non dimentichiamo però che tali investimenti comportano una responsabilità: la responsabilità di garantire che molti di coloro che sono attualmente occupati nel settore dell’energia abbiano l’opportunità di riconvertirsi e migliorare le proprie competenze. Per questo l’investimento nelle tecnologie deve andare di pari passo con l’investimento nell’individuo.

 
  
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  Liam Aylward (ALDE). – (EN) Signora Presidente, volevo formulare due brevi considerazioni. La prima riguarda l’importanza dell’investimento in tecnologie a basse emissioni di carbonio. La seconda la cattura del carbonio in agricoltura.

In primo luogo, parlando in termini realistici, è fondamentale che l’Unione concentri la propria attenzione e il proprio bilancio sul piano strategico europeo per le tecnologie energetiche. Affinché l’Unione possa raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020, non vi è dubbio che sono indispensabili maggiori investimenti mirati in tecnologie a basse emissioni di carbonio.

In secondo luogo, è necessario potenziare la ricerca e l’investimento nella cattura e nello stoccaggio del carbonio come modo pratico per combattere il cambiamento climatico. In tale ambito l’agricoltura può svolgere un ruolo fondamentale per il sequestro del carbonio e contribuire in tal modo agli obiettivi fissati per il 2020.

Le biomasse del suolo e l’infossamento naturale del carbonio – carbonio presente nel suolo – potrebbero comportare un ulteriore beneficio per gli agricoltori riducendo l’erosione e l’introduzione di fertilizzanti. Ulteriore ricerca e investimento occorrono inoltre per sfruttare appieno l’agricoltura e i terreni agricoli al fine di catturare il carbonio e contribuire al conseguimento degli obiettivi stabiliti per il 2020.

Per ottenere risultati misurabili, l’innovazione e la ricerca nel campo delle tecnologie a basse emissioni di carbonio devono essere adeguatamente ed efficacemente sostenute.

 
  
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  Vicky Ford (ECR). – (EN) Signora Presidente, accolgo con favore l’iniziativa di discutere l’investimento in tecnologie a basse emissioni di carbonio, ma più specificamente il risparmio energetico e la maggiore diversificazione e sicurezza degli approvvigionamenti energetici. Vorrei analizzare in particolare l’impiego dei fondi comunitari.

La regione che rappresento dispone già di un fondo comunitario di oltre 250 milioni di euro per la crescita economica a basse emissioni di carbonio. Sebbene tali ambizioni siano lodevoli, l’utilizzo di tale fondo per effettuare investimenti realmente significativi è stato nettamente inferiore alle aspettative.

L’est dell’Inghilterra, con l’università di Cambridge, ospita anche importanti strutture di ricerca e più di 250 contratti sono stati sottoscritti nella mia regione per sovvenzioni nell’ambito del settimo programma quadro. Sono state svolte alcune eccellenti ricerche, ma permangono interrogativi per quanto concerne la complessità, specialmente per le piccole e medie imprese, la burocrazia e l’inflessibilità nell’adeguamento agli sviluppi e alla scienza. In alcuni casi girano voci di deplorevoli ritardi nei pagamenti anche da parte della stessa Unione.

Esaminando come dovrà essere investito in futuro il denaro dei contribuenti, dovremmo soffermarci sulle lezioni che è possibile trarre da quanto è già accaduto e sincerarci che in futuro il denaro sia speso meglio.

 
  
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  Marian-Jean Marinescu (PPE).(RO) Signora Presidente, conseguire gli obiettivi climatici fissati dall’Unione europea dipende dall’elaborazione di una strategia che sostenga una graduale transizione a un’industria a basse emissioni di carbonio e all’uso di energia sostenibile.

L’impiego di nuove tecnologie può ridurre il consumo energetico negli edifici ben del 17 per cento e le emissioni di carbonio imputabili ai trasporti fino al 27 per cento, mentre l’introduzione di contatori intelligenti potrebbe contenere il consumo energetico fino al 10 per cento. Occorre una metodologia standard per misurare il consumo energetico e le emissioni di carbonio per giungere al consumo energetico pubblico e privato ottimale. In tale ottica, servono specifiche funzionali minime comuni e reti intelligenti interoperabili a livello europeo.

La Commissione deve cofinanziare tutti i progetti su larga scala possibili per agevolare l’uso dei contatori e delle reti intelligenti, anche negli Stati membri che ancora non dispongono di tali tecnologie.

Vorrei chiedere se la Commissione al momento intende mettere a disposizione ulteriori risorse del bilancio comunitario per incoraggiare le piccole e medie imprese a sviluppare tecnologie per produrre energia sostenibile a basse emissioni di carbonio.

Grazie.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (S&D).(RO) Signora Presidente, abbiamo bisogno di una politica industriale ambiziosa e intelligente che consenta all’Unione europea di preservare la sua competitività globale, nonché i posti di lavoro e la produzione a livello comunitario. Gli investimenti nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio aiuteranno l’Unione europea a superare la crisi economica e potranno creare grossomodo 2,7 milioni di posti di lavoro entro il 2020.

L’Unione europea deve investire in iniziative europee che promuovano fonti di energia rinnovabili e la loro introduzione nella rete elettrica europea, nonché nei biocarburanti e nei trasporti verdi. E’ possibile ottenere rapidamente risultati investendo nelle città intelligenti e nell’efficienza energetica degli edifici, specialmente a uso abitativo.

Esorto dunque Commissione e Stati membri a incrementare i bilanci stanziati per l’efficienza energetica residenziale e, all’atto della revisione di medio periodo dell’uso dei fondi strutturali, adottare le misure richieste per garantire un migliore assorbimento del 4 per cento del FESR per l’efficienza energetica residenziale, il che permetterà di aumentare tale percentuale nel periodo 2014-2020.

Grazie.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) Signora Presidente, la discussione sull’investimento in tecnologie a basse emissioni di carbonio è una discussione sui metodi per adeguare le economie degli Stati membri ai requisiti per la limitazione delle emissioni di gas a effetto serra. A prescindere dal fatto che le condizioni climatiche e meteorologiche che negli ultimi mesi hanno caratterizzato il nostro continente abbiano forse fornito argomentazioni agli esperti che mettono in discussione l’influenza dell’uomo sul cambiamento climatico attraverso le emissioni di CO2, nondimeno, quando parliamo di tecnologie a basse emissioni di carbonio in tale contesto, dovremmo porci il seguente interrogativo: come è possibile garantire i mezzi necessari per lo sviluppo di tecnologie pulite al fine di conseguire i massimi effetti nel più breve tempo possibile?

Penso che il sistema creato a supporto della ricerca e dello sviluppo dovrebbe essere quanto più flessibile possibile per consentire di gestire le risorse in maniera appropriata alla dinamica della ricerca scientifica. Ci chiediamo se e in quale maniera sia previsto di creare meccanismi di sostegno idonei per investire in tecnologie e basse emissioni di carbonio.

Vorrei infine aggiungere che, indipendentemente dalle argomentazioni più o meno convincenti che si possono addurre a favore dell’investimento nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, ciò non deve andare a discapito della politica di coesione.

 
  
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  Bogdan Kazimierz Marcinkiewicz (PPE).(PL) Signora Presidente, nella comunicazione della Commissione del 23 gennaio 2008 dal titolo “Promuovere la dimostrazione in tempi brevi della produzione sostenibile di energia da combustibili fossili”, parte del pacchetto sull’energia e il clima, si affermava che l’Unione europea avrebbe sostenuto la costruzione di 10-12 impianti dimostrativi per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica. Alla fine del 2008 anche il Parlamento europeo aveva affrontato l’argomento in una risoluzione. Il punto 11 di tale documento asseriva che le misure indicate dalla Commissione non erano sufficienti a fornire gli incentivi auspicati per la costruzione di almeno 12 impianti dimostrativi entro il 2015, mentre nel punto 18 si giudicava imperativo che almeno i 12 impianti dimostrativi individuati per l’assistenza coprissero tutte le combinazioni possibili delle tre tecnologie esistenti per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica.

I mezzi finanziari dovrebbero tuttavia giungere dalla vendita di 300 milioni di quote di scambi di emissioni di CO2 della riserva per i nuovi entranti, nota come NER300. Di conseguenza, la somma destinata al sostegno della costruzione degli impianti dimostrativi dipenderebbe dal prezzo di mercato delle quote, prezzo che secondo le stime varierebbe tra 7 e 12 miliardi di euro. Dalle decisioni formulate dalla Commissione nella proposta si può evincere che il supporto nell’ambito di NER300 coprirà sei progetti di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica nel campo della generazione di energia e due in ambito industriale.

Il Consiglio, in collaborazione con la Commissione, intende sostenere la costruzione di altri 2-4 impianti? In caso affermativo, come?

 
  
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  Roger Helmer (ECR). – (EN) Signora Presidente, oggi abbiamo sentito pronunciare molte parole senza senso in merito alla creazione di posti di lavoro “verdi”. Il fatto è che la nostra ossessione per le fonti rinnovabili sta già facendo aumentare il costo dell’elettricità costringendo i cittadini europei alla povertà energetica. Prezzi dell’energia superiori significa che le aziende con forti consumi di energia in Europa dovranno semplicemente desistere e abbandonare il campo scegliendo giurisdizioni a loro più favorevoli. Prezzi dell’energia superiori comportano minore crescita e maggiore disoccupazione. Costano posti di lavoro. Ho visto soltanto uno studio formale sulla questione dei posti di lavoro verdi condotto in Spagna, che ha dimostrato come per ogni posto di lavoro creato nel settore verde si perdessero 2,2 posti di lavoro altrove.

Se siamo realmente seri in merito all’elettricità a basse emissioni di carbonio, vi è una soluzione soltanto: il nucleare. In Europa stiamo iniziando a parlare di nuova capacità nucleare ed è un bene. Se vogliamo tenere accese le luci, ci occorre un rinascimento nucleare, e ne abbiamo bisogno rapidamente.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE). – (PT) Signora Presidente, ricerca e tecnologia svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo di una società a basse emissioni di carbonio. E’ decisivo investire in un cambiamento sociale radicale basato sulla sostenibilità delle città, la produzione decentrata di energia e la competitività dell’industria. Questa politica è essenziale per una società prospera e sostenibile, preparata a raccogliere le sfide del cambiamento climatico, della sicurezza energetica e della globalizzazione, che sia leader mondiale nel campo delle tecnologie pulite.

Il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche intende contribuire proprio al conseguimento di tale obiettivo. Accolgo con favore i principali orientamenti esposti nella comunicazione in merito all’organizzazione della logica di intervento tra pubblico e privato, tra finanziario comunitario, nazionale e regionale.

E’ nondimeno determinante incrementare il finanziamento pubblico per la ricerca scientifica nel campo delle tecnologie pulite. L’Europa deve inoltre creare condizioni che promuovano un maggiore investimento privato in tale ambito. Dobbiamo urgentemente passare dalle parole ai fatti.

Le priorità delle future prospettive finanziarie dell’Unione e dell’ottavo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico dovranno essere la sicurezza energetica, la lotta al cambiamento climatico e l’ambiente. Soltanto così saremo in grado di preservare la competitività della nostra industria, promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro.

 
  
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  Patrizia Toia (S&D). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito non è rituale ma vuole essere molto concreto e porre domande chiare e precise – quante risorse e dove prenderle – e io spero e il Parlamento spera che altrettanto chiare e precise siano le risposte, oggi e nei prossimi Consigli del 12 e 25 marzo.

Vogliamo dire fermamente alla Commissione e al Consiglio che l’Unione europea, che ha innalzato davanti al mondo la bandiera della lotta alle emissioni in atmosfera e della sfida climatica, ha oggi il dovere della coerenza se non vuole perdere credibilità. Deve fare tutto il possibile perché questi obiettivi siano raggiunti. Dobbiamo sapere molto bene che parlare di un’economia a basse emissioni significa una specie di rivoluzione copernicana per il sistema produttivo; significa cambiare molte cose, avere priorità chiare, volontà politica ma soprattutto risorse e strumenti adeguati.

Sappiamo anche che questa rivoluzione copernicana è essenziale perché il nostro sistema produttivo, l’industria europea, sia ancora competitiva. Voglio dire che in molti paesi, in molti centri di ricerca, in molte università le intelligenze sono pronte, le capacità ci sono, la volontà c’è: si tratta ora di accendere questo motore. Lo devono fare tutti – hanno detto il Commissario e il Consiglio: lo devono fare gli Stati membri, gli imprenditori, le forze private. Ma io credo che il compito imprescindibile di mettere insieme questo partenariato complesso sia dell’Unione europea.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE). – (EN) Signora Presidente, siamo tutti concordi nell’affermare che una maggiore efficienza energetica rappresenta il primo anello della catena, ma nel mio intervento volevo richiamare l’attenzione sull’ansia e la confusione politica che circondano la bioenergia.

Ritengo che questa Camera in particolare e la Commissione, come l’Europa in generale, abbiano abbandonato alcune forme di bioenergia quando vi sono stati i bruschi aumenti di prezzo dei prodotti alimentari nel 2007 e nel 2008. Pochi di noi parlano della realtà attuale della maggior parte degli agricoltori europei, caratterizzata da una crisi di fiducia perché i prezzi sono crollati. Eppure non viene trasmesso loro alcun messaggio politico coerente in merito all’uso della terra e alla possibilità che sia impiegata per colture energetiche.

In Irlanda in particolare, il governo rifugge da tale possibilità. Ebbene, l’industria ha bisogno di certezza politica. I politici non riescono a dare tale certezza e ne stiamo pagando le conseguenze.

Se parliamo di investimento in ricerca e poi non utilizziamo i suoi risultati perché non prendiamo le decisioni politiche giuste, stiamo sprecando tempo.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (S&D). (HU) Signora Presidente, signor Commissario, finanziare il passaggio a tecnologie verdi a basse emissioni di carbonio sarà particolarmente difficile per i nuovi Stati membri. Una fonte potenziale estremamente importante per gli Stati del Baltico e dell’Europa centrale sarebbe rappresentata dall’uso dei crediti di emissioni accumulati nel quadro del sistema di scambio di emissioni previsto dal protocollo di Kyoto, traendo in tal modo vantaggio dalle risorse climatiche di questi paesi. Condizione indispensabile per farlo sarebbe ovviamente la creazione di un sistema post-Kyoto o il sostegno del Consiglio europeo e della Commissione all’impegno da noi profuso per ottenere il giusto valore dalle nostre risorse climatiche rimaste. Essendo stato relatore per il biogas, sono perfettamente consapevole del costo delle nuove tecnologie, per cui tale sviluppo tecnologico sarebbe estremamente importante. E’ essenziale perseguire tale obiettivo entro il quadro della politica agricola comune, per esempio modificando la composizione del mangime per il bestiame, introducendo metodi di aratura che non siano l’aratro da scasso e iniziando a impiegare nuove tecnologie innovative.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE).(PL) Signora Presidente, una delle massime priorità della strategia a lungo termine dell’Unione europea dovrebbe consistere nel creare un’economia innovativa, per esempio trasformando l’attuale sistema energetico sulla base di un modello a basse emissioni di carbonio, in particolare che si fondi sulle tecnologie pulite del carbonio. Circa l’80 per cento dell’energia primaria utilizzata nell’Unione europea proviene da combustibili fossili. Negli ultimi decenni, reti e catene di fornitura sono state perfezionate per quanto concerne l’approvvigionamento della società con energia proveniente proprio da tali fonti. La crescita e la prosperità economica si sono fondate su petrolio, carbone e gas, ed è difficile modificare radicalmente la situazione da un giorno all’altro.

Il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, pilastro della politica comunitaria in materia di energia e clima, è un passo positivo verso la transizione dell’Unione europea a un’economia innovativa, ovviamente a condizione che tenga conto del finanziamento delle tecnologie pulite del carbonio. Se l’Europa intende conseguire ambiziosi obiettivi di riduzione in maniera economica, è fondamentale che incrementi la spesa per la ricerca nel campo delle tecnologie energetiche pulite, sostenibili ed efficienti e rafforzi il coordinamento della sinergia di forze, potenziali e risorse tra pubblico e privato.

Le rivoluzioni industriali del passato ci hanno dimostrato che la tecnologia può modificare permanentemente il nostro stile di vita. Ora ci viene offerta un’opportunità irripetibile e concreta di cambiare il nostro modello di produzione di energia. Tuttavia, l’investimento nello sviluppo e nella promozione di fonti di energia pulita e rinnovabile può essere realizzato soltanto fintantoché la Comunità garantisce un livello sufficiente di fondi e inserisce tali investimenti nell’elenco degli obiettivi strategici dell’Unione.

 
  
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  Fiorello Provera, a nome del gruppo EFD. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, nel dibattito sulle scelte energetiche dell’Unione europea esiste una certezza: la fonte energetica più importante, più a buon mercato e più sostenibile a nostra disposizione è l’energia risparmiata. Per motivi naturali, storici, culturali ed economici, le regioni di montagna sono un modello per la riduzione del consumo energetico, compatibilmente con le esigenze della vita moderna, e si prestano a sperimentare su larga scala l’uso di fonti energetiche rinnovabili a basse emissioni di carbonio.

Le regioni di montagna producono la quasi totalità dell’energia idroelettrica europea. Per fare un esempio, la provincia da cui provengo in Italia produce, da sola, il 12% dell’energia idroelettrica dell’intero paese. Inoltre, nelle zone di montagna c’è un’esperienza storica nelle tecniche di costruzione degli immobili più efficienti da un punto di vista del risparmio energetico. Si è arrivati a costruire abitazioni totalmente autosufficienti sia per l’elettricità, sia per il riscaldamento e che forniscono addirittura più energia di quanta ne utilizzano, con l’uso ovviamente di tecnologie avanzate. Le montagne sono spesso dei territori pilota, quindi il contesto ideale per sperimentare un migliore uso delle biomasse, del solare, del geotermico, delle pompe di calore e per rinnovare soprattutto i sistemi di distribuzione dell’energia.

Signor Commissario, la montagna è piena di energia, di energia pulita: basta solo prenderla. Per questo motivo chiediamo alla Commissione di coinvolgere le regioni di montagna nella sua strategia, di studiare l’esperienza di queste e riconoscere il diritto di ottenere eque compensazioni per tutta l’energia rinnovabile già fornita da queste regioni. L’art. 174 del trattato di Lisbona riconosce il ruolo delle montagne: per questo attendiamo con urgenza dalla Commissione un’iniziativa per l’attuazione di quest’articolo e per una politica europea delle montagne anche in campo energetico.

Invito quindi la Commissione a seguire le raccomandazioni del rapporto Durnwalder, presso il Comitato delle regioni, e a integrare nella valutazione dei territori europei le problematiche energetiche e la capacità produttiva delle regioni di montagna in termini di energie rinnovabili e di costruzione passiva.

Le montagne, che rappresentano il 40% del territorio dell’Europa e 90 milioni di abitanti, sono state viste sino ad ora come aree svantaggiate: attuando delle politiche energetiche innovative e coerenti, queste regioni possono recuperare questo handicap e fornire uno stimolo fondamentale per raggiungere gli obiettivi fissati nella strategia 20-20-20, dimostrando che l’autosufficienza energetica è possibile, a costi accettabili, se c’è una ferma volontà politica.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE).(RO) Signora Presidente, l’agricoltura europea viene spesso accusata di essere una fonte importante di riscaldamento globale, percezione che ovviamente non è del tutto corretta. D’altro canto, non possiamo ignorare l’apporto che l’agricoltura può offrire alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

L’argomento è stato indubbiamente già sollevato in altri interventi. Stoccaggio del carbonio, biomassa e investimenti nella riduzione delle quantità di fertilizzanti impiegati sono soltanto alcuni esempi del modo in cui l’agricoltura è coinvolta nel problema. Per questo, nel quadro delle discussioni sugli investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio ritengo che l’agricoltura debba essere anch’essa prioritaria e non completamente trascurata, come è accaduto per esempio in un’altra strategia europea, e mi riferisco alla strategia UE 2020.

Grazie.

 
  
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  Karin Kadenbach (S&D).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, intervengo a nome personale per ribattere al mio opposto quanto segue: a mio parere, la tecnologia nucleare non rappresenta una soluzione e, per quel che mi riguarda, non è neanche una fonte di energia rinnovabile.

Il nostro compito qui è istituire misure che a lungo termine vadano a beneficio dei nostri figli e del nostro futuro. E’ dunque importantissimo per noi ridurre le emissioni di CO2, sebbene tale riduzione non debba andare a discapito dell’ambiente. In altre parole, dobbiamo prestare molta attenzione alle misure che vengono finanziate e nelle quali investiamo. Non dobbiamo ridurre le emissioni di CO2 degradando nel contempo l’ambiente.

Il 2010 è l’anno della biodiversità ed è estremamente importante verbalizzare anche nei nostri documenti che tutti gli investimenti, tutte le misure, vanno anche visti alla luce della preservazione dell’ambiente per i nostri figli, il nostro futuro e la biodiversità.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL). – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, la discussione sulla transizione a un’economia a basse emissioni di carbonio non deve farci dimenticare un elemento fondamentale. Difficilmente la transizione sarà un processo agevole. Tra qualche anno dovremo confrontarci con gli effetti della carenza e del progressivo esaurimento della fonte primaria di energia dalla quale dipendiamo: i combustibili fossili, combustibili che peraltro fungono da materia prima per molti comparti industriali estremamente importanti, come quello chimico e farmaceutico.

E’ assolutamente necessario per l’umanità che le riserve mondiali di petrolio rimaste siano gestite con molta saggezza, il che significa in primo luogo con grande parsimonia.

In tale contesto, l’adozione del piano denominato “protocollo sull’esaurimento del petrolio”, presentato a Uppsala nel 2002 e Lisbona nel 2005 da parte di un gruppo di ricercatori e specialisti di vari paesi facenti parte dell’ASPO, Association for the Study of Peak Oil and Gas, sarebbe decisiva per l’introduzione di un piano che attribuisca la priorità a una gestione equa e corretta di tali risorse, l’attenuazione della loro carenza e una transizione controllata ad altre fonti primarie di energia.

 
  
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  Alajos Mészáros (PPE).(HU) Signora Presidente, a mio parere all’energia nucleare non è stato attribuito il posto che merita nella relazione. Le soluzioni volte a sviluppare energia alternativa, bioenergia, energia eolica ed energia solare sono tutte farraginose e non è certo che alla fine paghino. D’altro canto, dobbiamo muoverci rapidamente nella nostra strategia energetica se ricordiamo gli effetti della crisi del gas dello scorso anno e la minaccia dei cambiamenti climatici. L’energia nucleare è la principale fonte energetica senza carbonio nell’Unione europea e attualmente copre un terzo del nostro fabbisogno di elettricità. Un suo ulteriore sviluppo sicuro è dunque inevitabile. Sarebbe utile se tutti noi ce ne rendessimo conto.

 
  
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  Seán Kelly (PPE). (GA) Signora Presidente, ho ascoltato la discussione, che ho trovato estremamente interessante. Ho letto tutto ciò che ho potuto sull’argomento.

Volevo soltanto formulare due osservazioni. Primo, come già emerso poc’anzi, da dove verranno attinti i fondi? Secondo, come verranno coordinati ricerca e sviluppo?

Sono del parere che nella circostanza esperti delle tre istituzioni dell’Unione europea, ossia Parlamento, Consiglio e Commissione, potrebbero costituire un gruppo direttivo allo scopo, in primo luogo, di reperire i fondi necessari nel quadro di partenariati pubblico-privato con eventuali obiettivi per paese, e, in secondo luogo, di sovrintendere e coordinare la ricerca. Si dovrebbe trattare di R&D&D – ricerca, dimostrazione e disponibilità – subordinando sicuramente una parte dei fondi al conseguimento di un esito positivo, altrimenti qualunque professore in Europa inizierebbe a fare ricerca e, alla fine, verrebbe a mancare il coordinamento.

 
  
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  Zoltán Balczó (NI). (HU) Signora Presidente, abbiamo sentito le belle parole del rappresentante del Consiglio e della Commissione in merito alle tecnologie a basse emissioni di carbonio, ma non abbiamo affrontato la questione fondamentale: dove verranno reperiti i fondi? Un certo gruppo di Stati membri già dispone di una fonte: gli ex paesi socialisti hanno superato di gran lunga gli impegni di Kyoto. Per questo l’Unione europea potrebbe andare a testa alta alla conferenza di Copenaghen. Questi paesi hanno il diritto di monetizzare le loro quote di anidride carbonica. Eppure la Commissione e i 15 Stati membri iniziali intendono impedire loro di farlo. Nel caso dell’Ungheria, l’importo ammonta a diverse centinaia di miliardi di forint. A Copenaghen, Ungheria e Polonia hanno convenuto di utilizzare tali somme per infrastrutture verdi. Sono dunque queste le fonti. Sinora a tale proposta non è stato dato alcun ascolto, il che dimostra che è vero, dopo tutto, che i nuovi Stati aderenti sono effettivamente membri di seconda categoria dell’Unione europea.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE).(RO) Signora Presidente, uno degli obiettivi principali dell’Unione europea è sviluppare un’economia a basse emissioni di carbonio. Secondo le intenzioni, entro il 2020 il 20 per cento del quantitativo totale di energia prodotto si baserà su fonti rinnovabili.

La Romania si è prefissa l’obiettivo più ambizioso del 24 per cento. Secondo alcuni studi, la regione di Dobrogea nel sud-est della Romania è la seconda area in Europa in termini di potenziale di energia eolica, dopo la Germania settentrionale. Al momento nella regione si sta sviluppando il più grande parco eolico europeo sulla terraferma, che avrà 240 turbine eoliche e genererà 600 MW di energia rinnovabile. La prima fase del progetto sarà portata a termine nel corso dell’anno con la messa in esercizio di 139 impianti. L’intero progetto sarà concluso nel 2011 nelle aree di Fântânele e Cogealac della contea di Constanţa.

La realizzazione del progetto è importante per la sicurezza energetica della Romania poiché contribuirà a ridurre le importazioni di risorse energetiche.

Grazie.

 
  
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  Antonio Cancian (PPE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, credo che su due punti siamo perfettamente d’accordo, da quello che ho sentito stamattina: efficienza, risparmio, rinnovabili e nuove tecnologie. Non è però sufficiente, cari colleghi, se non affrontiamo concretamente altri due argomenti.

Il primo è il nucleare: ci fa paura solo la parola, solo affrontare l’argomento. Ricerchiamo e cerchiamo di essere responsabili su questa ricerca. Il secondo, i finanziamenti: ci fa paura parlare di PPP – ho sentito stamattina – sembra quasi un qualcosa di strano, di corruttivo, di qualcosa di sospetto al solo pensiero che il privato possa partecipare a qualche iniziativa con il pubblico.

È ineludibile, cari colleghi, con le risorse finanziarie a cui noi dobbiamo fare riferimento. Inoltre, è una cosa seria che il pubblico interagisca con il privato, perché il pubblico deve imparare ad agire in maniera aziendale e in una politica sostenibile. Signora Presidente, onorevoli colleghi, credo che su due punti siamo perfettamente d’accordo, da quello che ho sentito stamattina: efficienza, risparmio, rinnovabili e nuove tecnologie. Non è però sufficiente, cari colleghi, se non affrontiamo concretamente altri due argomenti.

Il primo è il nucleare: ci fa paura solo la parola, solo affrontare l’argomento. Ricerchiamo e cerchiamo di essere responsabili su questa ricerca. Il secondo, i finanziamenti: ci fa paura parlare di PPP – ho sentito stamattina – sembra quasi un qualcosa di strano, di corruttivo, di qualcosa di sospetto al solo pensiero che il privato possa partecipare a qualche iniziativa con il pubblico.

È ineludibile, cari colleghi, con le risorse finanziarie a cui noi dobbiamo fare riferimento. Inoltre, è una cosa seria che il pubblico interagisca con il privato, perché il pubblico deve imparare ad agire in maniera aziendale e in una politica sostenibile.

 
  
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  Christian Ehler (PPE).(DE) Signora Presidente, intendo porre una breve domanda. All’interno dei gruppi, in relazione alle tecnologie, hanno avuto luogo discussioni trite e ritrite, eppure giustificate, in merito agli aspetti ideologici. Per una volta, però, formuliamo una domanda insieme alla quale Consiglio e Commissione sono chiamati a rispondere. Da tempo discutiamo del piano SET. Quali sono gli strumenti per attuarlo? Qual è la tempistica? Quali impegni hanno assunto gli Stati membri?

 
  
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  Claude Turmes (Verts/ALE).(DE) Signora Presidente, non intendo soffermarmi adesso sugli aspetti ideologici. Possiamo farlo in altra sede. Penso però che gli ideologi siano schierati, di fatto, dall’altra parte della Camera.

La Commissione potrà contare su due strumenti tangibili nelle prossime settimane. Il primo è lo strumento di finanziamento per la condivisione del rischio, che ancora dispone di denaro. Ora tale denaro potrebbe essere utilizzato a favore di una rinnovata spinta per le energie rinnovabili e l’efficienza energetica. Mi è stato detto che la direzione generale per la ricerca della Commissione sta bloccando il denaro perché non intende spenderlo per l’energia in quanto preferirebbe destinarlo alla tecnologia della comunicazione e dell’informazione e ad altri ambiti. Forse la Commissione ha qualche commento da formulare in merito?

Il secondo strumento è rappresentato dal 15 per cento almeno dei fondi verosimilmente rimasti del piano per la ripresa economica e noi, in quanto Parlamento, abbiamo deciso che tale denaro venga speso per l’efficienza energetica, soprattutto le città intelligenti. Può esprimersi anche al riguardo, signor Commissario?

 
  
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  Iosif Matula (PPE).(RO) Signora Presidente, il fatto che oggi si tenga una discussione in Parlamento in merito agli investimenti in tecnologie a basse emissioni di carbonio mette in luce il fatto che l’Unione europea intende confermare il suo ruolo di guida non soltanto nel ridurre il consumo di energia e migliorare l’efficienza energetica, ma anche nel garantire un ambiente sano. Ritengo che ora la nostra funzione consista nel promuovere ambiti quali ricerca e innovazione per identificare soluzioni che forniscano le basi per un sistema energetico europeo sostenibile. Dobbiamo pertanto definire i requisiti di finanziamento in tale campo con lo scopo di aumentare globalmente la competitività dell’Unione europea.

Credo che si fondamentale per noi concentrare l’attenzione sullo specifico potenziale dell’energia verde a livello regionale e locale. La regione dalla quale provengo in Romania offre potenzialità notevoli a livello di energia geotermica, che al momento non è sufficientemente sfruttata. Vi sono varie ragioni per questo, ma penso che dobbiamo affidare alle autorità locali un ruolo importante al riguardo per incoraggiarle a sviluppare partenariati pubblico-privato.

Grazie.

 
  
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  Pedro Luis Marín Uribe, presidente in carica del Consiglio. − (ES) Signora Presidente, ho preso debitamente atto della discussione di questa mattina e sono lieto di confermare che molte preoccupazioni espresse dal Parlamento sono condivise dal Consiglio. Confido nel fatto che le conclusioni che adotteremo domani ci consentano di creare una solida base che risponda alle perplessità manifestate e ci permetta di compiere progressi immediati nel lancio delle iniziative industriali.

Penso che vi sia un chiaro consenso quanto al fatto che tali iniziative sono fondamentali se vogliamo ridurre la nostra dipendenza energetica, migliorare la nostra efficienza, continuare a compiere progressi tecnologici – promuovendo dunque ulteriormente la tecnologia europea – e, ovviamente, raccogliendo le sfide del cambiamento climatico.

Tali iniziative sono altresì necessarie per preservare la competitività europea e creare occupazione. Credo di poter rassicurare l’onorevole Helmer: esistono altri studi oltre a quello da lui letto, molti dei quali condotti dalla stessa Commissione, che dimostrano l’impatto positivo sull’occupazione, un effetto che addirittura aumenterà a lungo termine.

Proponiamo pertanto che si applichi una serie di principi e prassi comuni, imprimendo una direzione alle iniziative industriali esistenti. Ciò, naturalmente, ci imporrà tra l’altro di definire strumenti finanziari e criteri di intervento pubblico, che sono necessari per sostenere lo sviluppo di tali tecnologie.

Molta enfasi è stata posta sugli aspetti finanziari e anche questa è una preoccupazione condivisa dal Consiglio. Il Consiglio, tuttavia, non può impegnarsi a riassegnare fondi senza rispettare il diritto di iniziativa della Commissione e i poteri condivisi dal Parlamento in tale ambito. Pertanto, nel frattempo, si dovranno applicare gli attuali accordi di finanziamento.

Occorre nondimeno insistere sull’importanza di aumentare i nostri bilanci per sviluppare queste nuove tecnologie e sul fatto che attribuire la priorità a tali aumenti deve costituire un elemento fondamentale delle future discussioni all’interno delle istituzioni europee, specialmente il Parlamento.

Posso anche assicurare che il Consiglio ha fatto e continuerà a fare tutto quanto in suo potere per garantire che il piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (SET) sia adeguatamente supportato da fondi, nell’ambito sia dell’attuale quadro finanziario sia dei futuri.

Come ha già rammentato il Commissario, anch’io vorrei ribadire che, in termini generali, le iniziative private, ossia le fonti di finanziamento private, sono anch’esse chiamate a svolgere un ruolo importante; questo è un ambito nel quale dobbiamo lavorare mano nella mano per massimizzare l’impatto delle risorse finanziarie pubbliche. E’ necessario dare vita a un effetto moltiplicatore su larga scala che ci consenta di attuare con successo tali iniziative, che sono decisive per il futuro dell’Europa.

 
  
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  Janez Potočnik, membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, in primo luogo vorrei ringraziare tutti per questa discussione che ho seguito con estremo interesse e dalla quale si evincono parecchi elementi che sicuramente terremo presenti nello sviluppo del nostro futuro lavoro.

Inizierei con un breve excursus. Dopo la crisi petrolifera degli anni Settanta, l’entusiasmo per l’innovazione ha costituito un vantaggio competitivo senza precedenti, pur nel rispetto dell’ambiente. Ha tuttavia avuto vita breve. Dopo che i prezzi del petrolio sono scesi costantemente per un periodo abbastanza lungo, si è abbandonato l’investimento nell’attività di ricerca, sviluppo e realizzazione, così come è venuta meno la necessità di mercato di introdurre nuove tecnologie, modificando i modelli di consumo, e ci siamo ritrovati proiettati in un periodo di ingannevole comfort, dipendenti dall’energia a basso costo proveniente dall’estero, un periodo di sostenibilità illusoria.

Per inciso, subito dopo la crisi petrolifera, l’investimento in ricerca e sviluppo era il quadruplo rispetto all’importo investito attualmente o qualche anno fa.

Dove siamo ora, dopo tale periodo di riluttante e irresponsabile sviluppo senza approccio proattivo? Stiamo reagendo alle minacce poste dal cambiamento climatico e cercando di ovviare alla dipendenza per quanto concerne la sicurezza energetica. Ritengo dunque che una visione proattiva costituisca un approccio realistico e necessario, non una fantasticheria.

In tale contesto si situano le iniziative richiamate nel documento, da noi adottate qualche giorno fa. Mi riferisco alla strategia UE 2020. Non vediamo alternative alla crescita verde. Abbiamo bisogno di industrie più pulite, non di più industrie depuranti. Ci servono incentivi, prezzi, costi e i segnali giusti. Dobbiamo concentrarci sull’efficienza energetica; dobbiamo concentrarci, se volete, sull’efficienza delle risorse, che è uno dei principali aspetti della strategia UE 2020.

Passerei ora al secondo tema, ossia il piano SET di cui stiamo discutendo. Tutte le stime presentate nel piano SET per il finanziamento necessario si basano su roadmap tecnologiche. Tale lavoro è stato svolto con grande serietà. Se analizzate le proposte, ossia ciò che prevediamo e come stimiamo il finanziamento necessario per il futuro, individuerete i seguenti dati: energia eolica: 6; energia solare: 16; bioenergia: 19; cattura e stoccaggio del carbonio: 13; energia nucleare: 7; reti intelligenti: 2; pile a combustibile e idrogeno: 5; città intelligenti: 11; alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia: 5, e ricerca di base: 1. La somma di tali numeri è 75.

Vi ricordo che si è previsto 7 per l’energia nucleare. Devo essere onesto. La fusione non è compresa, e la fusione è, lo ribadisco, un dato importante da tener presente. Nondimeno, se analizziamo tale quadro, penso che il messaggio trasmesso dalla Commissione sulla destinazione del grosso del nostro investimento sia decisamente chiaro.

Il prossimo argomento riguarda le fonti di finanziamento e le roadmap. Le principali fonti, come ho detto nel mio intervento introduttivo, dovranno essere quelle che detengono la maggior parte dei fondi, ossia l’industria e gli Stati membri. Ciò significa che a tal riguardo vanno considerati il bilancio dell’Unione europea, le prospettive finanziarie attuali e future, il programma energetico europeo per la ripresa, il regime di scambio di emissioni dell’Unione e, ovviamente, l’uso di altri strumenti esistenti, tra cui soprattutto la Banca europea per gli investimenti.

La struttura dell’investimento per le varie iniziative proposte costituisce una questione seria. Penso sia evidente che la struttura interna dell’investimento pubblico e privato non possa essere la stessa in ragione della prossimità del mercato, come anche delle carenze del mercato rispetto a vari tipi di tecnologie, che dovrebbero essere affrontate. Credo nondimeno che l’argomento in discussione sia estremamente serio, specialmente quando si inizia a parlare della prossima prospettiva finanziaria, per cui dobbiamo ripensare alle nostre priorità e alle modalità dei nostri futuri investimenti.

Proseguirei rammentandovi che nel 2010 avvieremo tutte le iniziative tranne una, quella dedicata alle città intelligenti, in cui si tratta principalmente di efficienza delle risorse, che sarà intrapresa successivamente su indicazione del Parlamento, ma non credo che non si siano già compiuti passi per la realizzazione delle misure che oggi stiamo passando in rassegna. Penso invece che passi si siano compiuti, specialmente nel campo della ricerca. L’alleanza per la ricerca lavora in tale ambito ormai da alcuni anni.

L’ultimo aspetto sul quale vorrei soffermarmi è il seguente: con il piano SET stiamo di fatto intraprendendo una via molto specifica a livello europeo. Sapete quanto, durante il precedente mandato, io abbia combattuto con grande accanimento per uno spazio di ricerca europeo. A livello comunitario gestiamo circa il 5 per cento del denaro per la ricerca, per cui a meno che non uniamo le forze a livello di Unione – e intendo a livello di Europa – evitando di duplicare gli sforzi, non potremo contare su un reale successo. Non guardiamo soltanto al bilancio europeo. Dovremmo mettere insieme il denaro per incrementare la nostra capacità di ricerca.

Il piano SET è il migliore esempio attualmente disponibile di programmazione comune a livello di Unione. Altre attività verranno giustamente intraprese, ma ritengo che non dovremmo sottovalutare ciò che sta accadendo in tale ambito. Stiamo infatti parlando di partenariati pubblico-privato, che sono estremamente necessari e uno degli aspetti sui quali, per il futuro, vorrei richiamare la vostra attenzione. Vi è inoltre il regolamento finanziario, nel cui ambito ne discuterete, perché dovrà consentire l’assunzione di rischi se vogliamo veramente che tali questioni siano affrontate.

Penso dunque che quando parliamo del piano SET e della programmazione comune sottostante siamo di fronte a uno dei principali nuovi sviluppi in Europa. Possiamo contare sull’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia, la migliore organizzazione di ricerca aperta verso l’esterno, che oggi sta già collaborando su tutti questi temi fondamentali.

Concluderei dunque con il messaggio che, a mio avviso, il nostro principale dovere è supportare questo programma con il nostro peso politico.

 
  
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  Presidente. – Comunico di aver ricevuto due proposte di risoluzione(1) per chiudere la discussione ai sensi dell’articolo 115, paragrafo 5, del regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, 11 marzo 2010, alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Sebbene riconosca che la presente comunicazione della commissione intende accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie con maggiori potenzialità in termini di basse emissioni di carbonio attraverso una maggiore efficienza energetica e l’uso di energia rinnovabile, mi rammarico per il fatto che le regioni europee non svolgano ancora una funzione più definita nell’ambito di tale strategia.

E’ necessario garantire alle autorità regionali il corretto finanziamento, per esempio assicurando fondi durante la fase di test dei progetti pilota o investimenti durante la fase di ricerca e sperimentazione dei progetti riguardanti l’energia rinnovabile.

Credo che sia importante includere, per esempio, l’energia geotermica, fonte di energia rinnovabile con grandi potenzialità di espansione nelle regioni vulcanica, elemento particolarmente importante per le regioni insulari e ultraperiferiche dell’Unione, per la quale non è stato però fissato alcun obiettivo.

In tale contesto, è necessario incrementare l’investimento pubblico e privato sviluppato tecnologie energetiche in maniera da conseguire l’obiettivo auspicato di un’economia a basse emissioni di carbonio contribuendo nel contempo a superare le carenze del mercato di cui al pacchetto sull’energia e il clima.

 
  
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  András Gyürk (PPE), per iscritto. – (HU) Ritengo significativo che la Commissione europea, quando ha predisposto il suo piano strategico europeo per le tecnologie energetiche, abbia preso in considerazione il sostegno necessario per la ricerca e lo sviluppo di tecnologie verdi. Ciò è tanto più vero in quanto, allo stadio attuale, l’energia solare, la bioenergia e la tecnologia dell’idrogeno nella maggior parte dei casi non sono ancora redditizie da un punto di vista commerciale. Come ha sottolineato Steven Chu, segretario per l’energia degli Stati Uniti, occorrono progressi nella ricerca del tenore di un premio Nobel per poter rendere le tecnologie verdi competitive con le tradizionali tecnologie basate sui combustibili fossili. Tuttavia, il difetto vero del piano per le tecnologie verde consiste nel fatto che non abbiamo alcuna idea dei fondi comunitari che saranno utilizzati per realizzarlo. Pensando ai 16 miliardi di euro ritenuti necessari per la ricerca nel campo dell’energia solare o ai 5 miliardi di euro stimati per la tecnologia basata sull’idrogeno, la questione è tutt’altro che secondaria. A questo punto, non vi sono indicazioni del fatto che il prossimo quadro finanziario settennale possa prevedere le maggiori risorse necessarie per la ricerca nel campo delle tecnologie verdi. Siamo perfettamente consapevoli del fatto che il sostegno offerto dai fondi pubblici non può in alcun caso sostituirsi agli sforzi degli investitori privati. Nondimeno, l’Unione europea e gli Stati membri devono incrementare i fondi destinati alla ricerca nel campo delle tecnologie verdi. Gli eventuali introiti derivanti da un sistema di scambio di emissioni potrebbero fungere da base valida in tal senso. Le poste in gioco non sono trascurabili. Non possiamo permettere che i piani per la politica energetica e la protezione del clima subiscano lo stesso destino della strategia di Lisbona con i suoi esiti contraddittori.

 
  
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  Jim Higgins (PPE), per iscritto. – (EN) Per rendere la tecnologia del carbonio una realtà pratica, dobbiamo affrontare la carenza di tecnici e altro personale altamente qualificato che progetti e produca tecnologie avanzate e possiamo farlo istituendo o potenziando programmi di formazione o borse di studio per garantire che le competenze dei lavoratori siano migliorate in tempo per la ripresa economica. Dobbiamo garantire un’offerta di lavoratori altamente qualificati e istruiti con la giusta combinazione di competenze teoriche e pratiche, così come dobbiamo affrontare le persistenti barriere che si frappongono alla mobilità all’interno dell’Unione europea, specialmente per ricercatori e personale altamente qualificato, occupandoci anche del riconoscimento delle qualifiche dei tecnici a livello comunitario. Istituzioni e mercati finanziari tendono a essere cauti in merito agli investimenti, soprattutto per quel che riguarda le piccole e medie imprese. Esistono vari programmi comunitari che sostengono l’innovazione. Tali programmi, tuttavia, devono essere meglio sincronizzati e coordinati dal punto di vista della domanda e dell’offerta. Parimenti dobbiamo agevolare la cooperazione tra piccole e medie imprese e istituti di ricerca, promuovendo i diritti di proprietà intellettuale e il trasferimento tecnologico. Le stesse imprese dell’industria elettrotecnica devono diventare più proattive nel sostegno alle iniziative di raggruppamento e nell’adesione ai raggruppamenti. Dobbiamo infine anche stimolare la ricerca e l’innovazione attraverso incentivi fiscali e sussidi all’innovazione, nonché migliorando le condizioni per l’investimento con capitale di rischio, per esempio business angel o capitale di rischio transfrontaliero.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Il riscaldamento globale causato dall’attività umana è un dato di fatto. La lotta contro tale fenomeno e i suoi effetti negativi è la necessità del momento. Un modo per affrontare questi problemi consiste nell’avvalersi di fonti energetiche pulite e rinnovabili. Tuttavia, affinché tali fonti energetiche svolgano una funzione significativa all’interno del sistema energetico europeo, è necessario che vengano soddisfatte due condizioni. In primo luogo, occorre che vengano incrementati i fondi disponibili per la ricerca nel loro sviluppo. In secondo luogo, è necessario aumentare i fondi per investimenti che introducano le ultime tecnologie a basse emissioni di carbonio. L’investimento nello sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio descritto nel piano strategico europeo per le tecnologie energetiche è importante per tutta l’Unione. In particolare, però, è importante per i paesi la cui industria energetica, per motivi storici, genera grandi quantità di CO2. Uno di questi paesi è la Polonia. Migliorare e sviluppare tecnologie per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica riveste un’importanza fondamentale per l’economia polacca nel suo complesso.

 
  

(1) Cfr. processo verbale.

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