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Procedura : 2010/2663(RSP)
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Testi presentati :

RC-B7-0271/2010

Discussioni :

PV 20/05/2010 - 12.1
CRE 20/05/2010 - 12.1

Votazioni :

PV 20/05/2010 - 13.1
CRE 20/05/2010 - 13.1

Testi approvati :

P7_TA(2010)0194

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 20 maggio 2010 - Strasburgo Edizione GU

12.1. Libertà religiosa in Pakistan
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PV
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione di sette proposte di risoluzione sulla libertà religiosa in Pakistan(1).

 
  
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  Charles Tannock, autore.(EN) Signora Presidente, l’incapacità del Pakistan di sviluppare una democrazia forte e duratura ha influenzato – a mio avviso, in modo piuttosto pesante – la libertà religiosa del paese. Al potere si sono succeduti diversi leader che hanno sfruttato l’Islam per giustificare la repressione di minoranze e l’autocrazia, soprattutto di natura militare; bisogna comunque riconoscere i recenti sforzi del governo per rimediare alla situazione.

La costituzione del Pakistan, benché nominalmente difenda la libertà religiosa, prevede ancora l’esistenza di leggi come quelle sulla blasfemia, discriminatorie per chi non è musulmano; allo stesso modo la persecuzione delle minoranze shia e ahmadiyya è ancora all’ordine del giorno. L’enfasi sull’identità religiosa alla base della costituzione e della creazione del Pakistan sembra fomentare un clima di intolleranza, e spesso persino di violenza, verso chi non appartiene alla principale confessione religiosa.

La proliferazione di scuole deobandi, che predicano messaggi di odio contro l’Occidente, ha creato un ambiente fertile per l’estremismo e il fondamentalismo e troppi cittadini europei – provenienti anche dal mio paese, il Regno Unito – sono rimasti chiusi nella loro morsa. La più chiara manifestazione di questo fenomeno sono i talebani pakistani, un movimento terroristico che recentemente ha manifestato esplicitamente le proprie intenzioni con l'attacco dinamitardo, fortunatamente fallito, a Times Square, New York.

Personalmente temo che in Pakistan nulla cambierà fino a quando il paese non svilupperà un sistema d’istruzione e politico che sostengano davvero i principi di libertà religiosa, tolleranza ed eguaglianza.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki, autore.(EN) Signora Presidente, il mio gruppo, ALDE, plaude alle misure adottate dal governo pakistano dal novembre 2008 nell’interesse delle minoranze religiose, e sostiene gli sforzi profusi dal ministro federale delle Minoranze volti a creare una rete di comitati locali per l’armonia interreligiosa, al fine di promuovere il dialogo fra le religioni.

Molto resta ancora da fare per raggiungere una reale libertà religiosa in Pakistan. Relazioni e indagini ad opera di agenzie indipendenti dimostrano che le minoranze in Pakistan sono private delle libertà civili fondamentali e delle pari opportunità sul lavoro, nell’istruzione e nella rappresentanza politica.

Le disposizioni di legge sono pericolosamente vaghe e continuano a dare adito ad abusi che in Pakistan colpisco persone di qualsiasi confessione; in questo paese le donne subiscono abusi domestici, anche di natura fisica e psicologica. Molto, pertanto, resta ancora da fare.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola, autore.(FI) Signora Presidente, la nostra risoluzione sul Pakistan solleva giustamente preoccupazioni legate principalmente alle leggi sulla blasfemia. Al contempo, siamo però pronti a riconoscere gli ottimi progressi realizzati sotto l’egida dell’attuale governo pakistano e invitiamo il paese a perseguire la politica democratica di riforma nel rispetto dei diritti delle minoranze.

Shahbaz Bhatti, il primo ministro delle Minoranze nella storia del paese, è stato ospite la scorsa settimana del gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano). Vorremmo porgergli le nostre sentite congratulazioni per il suo operato e per le riforme che il governo ha compiuto. La lista di miglioramenti è ragguardevole: destinazione di una quota del 5 per cento dei posti di lavoro pubblici alle minoranze, riconoscimento delle festività non musulmane e predisposizione di seggi nel prossimo Senato, per citarne solo alcuni.

Il progetto più interessante sono i comitati di base per l’armonia interreligiosa, con l’auspicio che riescano ad alleviare le tensioni tra i diversi gruppi in seno al paese e prevenire in tal modo il reclutamento di terroristi. Si tratta di un importante segnale di pace, che avrà un impatto molto vasto. Una simile, pacata azione di mantenimento della pace rappresenta la migliore lotta possibile contro il terrorismo, perché va a colpirne le vere radici. Se l’iniziativa avrà successo, sarà meritevole di un premio per la pace. Vorrei segnalare all’onorevole Tannock che questo rappresenta proprio il sistema educativo che egli aveva richiesto.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, autore.(PL) In qualità di rappresentanti di una comunità basata sulla libertà, l’eguaglianza e la tolleranza, siamo tenuti a condannare pratiche discriminatorie anche quando si verificano a grande distanza dalle frontiere dell’Unione europea. La rimozione dei rappresentanti delle minoranze religiose dalle liste elettorali, nel 2007 in Pakistan, rientra certamente fra tali pratiche. Ai sensi dell’articolo 260 della costituzione del Pakistan i cittadini del paese sono divisi in due categorie: musulmani e non-musulmani. Una nuova disposizione di legge, ora, impone di indicare l’appartenenza religiosa sul passaporto. Un gruppo particolarmente discriminato in Pakistan è la comunità ahmadiyya, cui le autorità pakistane non permettono neppure di partecipare ad assemblee pubbliche o di esercitare attività editoriali.

Anche la legge sulla blasfemia e la relativa pena capitale colpiscono soprattutto le minoranze religiose. Il Consiglio dell’Unione europea deve inserire con urgenza questo argomento nell’agenda dei rapporti con Islamabad. In fin dei conti, nell’ambito dell’accordo di cooperazione per il periodo 2007-2013 che Unione europea e Pakistan hanno firmato sei anni fa, quest’ultimo riceve dal bilancio comunitario 200 milioni di euro.

I recenti accadimenti in Pakistan hanno dimostrato che il paese è pronto ad apportare profondi cambiamenti al proprio sistema. Spero che, come nel caso della tanto attesa revisione della costituzione – che alla fine è stata portata a termine – presto sarà possibile modificare anche altre leggi discriminatorie per le minoranze del Pakistan.

 
  
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  Nicole Kiil-Nielsen, autore.(FR) Signora Presidente, in Pakistan la libertà religiosa non è garantita. Nel 2009 si è registrato un aumento degli attacchi violenti, tra cui anche omicidi, ai danni delle minoranze religiose del paese.

Quasi l’80 per cento della popolazione appartenente alle minoranze vive al di sotto della soglia di povertà, ma questo non costituisce il solo caso di violazione dei diritti umani in Pakistan: si registrano anche restrizioni alla libertà di riunione, minacce contro le organizzazioni della società civile, arresti di sindacalisti, rapimenti e uccisioni di giornalisti.

Da quando il Pakistan ha dichiarato il proprio sostegno alla lotta contro il terrorismo condotta dagli Stati Uniti, centinaia, se non migliaia, di persone sospettate di avere legami con gruppi terroristici sono state trattenute arbitrariamente: arresti senza mandato, incarcerazioni prive di basi legali e senza la presenza di un avvocato, luoghi di detenzione non dichiarati, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture.

Nel solo carcere di Lahore, nel 2009 erano detenuti 4 651 prigionieri a fronte di una capacità di accoglimento di 1 050 persone. Anche le violenze ai danni delle donne sono in costante aumento: stupri, istigazione al suicidio, attacchi con gli acidi, donne arse vive. Non mi basterebbero due minuti e neppure due ore, ma due giorni interi per descrivere il calvario subito dalle ragazze e dalle donne in Pakistan.

E’ in questo contesto che il nostro Parlamento, preoccupato per il rispetto della donna, della libertà di coscienza e dei diritti umani, si appresta a usare il suo nuovo potere di veto sulla conclusione fra l’Unione europea e il Pakistan di un accordo di riammissione di cittadini pakistani e afgani che hanno transitato per il Pakistan, esigendo ulteriori garanzie.

 
  
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  Joe Higgins, autore.(EN) Signora Presidente, in qualità di socialista internazionale, difendo strenuamente il diritto di ciascun individuo alla libertà di fede e di credo religioso, a patto di non violare i diritti fondamentali degli altri. Il popolo pakistano, e ancor più le minoranze religiose, sono attualmente intrappolati tra il bigottismo istituzionale dello Stato pakistano e, in alcune aree del paese, le oscure forze ultrareazionarie dei talebani.

Vi è, naturalmente, una profonda contraddizione nei gruppi di estrema destra del Parlamento europeo, che dichiarano di ergersi a difesa della libertà e dei diritti umani in Pakistan; allo stesso tempo però sostengono la guerra in Afganistan, il cui grave impatto negativo sul Pakistan è ben evidente. Il massacro di civili in Afganistan ad opera delle forze NATO e delle armi fornite al Pakistan dall’Occidente, oltre a essere un crimine di per sé, può portare alcuni civili ad aderire ai gruppi reazionari.

Al centro della crisi pakistana si trovano le strutture capitaliste di stampo feudale che al momento fioriscono grazie agli elevati livelli di povertà. Né la corrotta élite del paese, rappresentata dall’attuale governo, né il principale partito dell’opposizione hanno dato risposte alla popolazione. Rivestono quindi un ruolo fondamentale le organizzazioni indipendenti che rappresentano la forza lavoro e le fasce povere della popolazione, tra cui la federazione progressista dei lavoratori; questa organizzazione conta mezzo milione di membri e sta cercando di ricostruire tradizioni sociali solide al fine di unire la popolazione attiva, indipendentemente dalle divisioni nazionali e religiose o dalle disparità di genere. Questa è la direzione che il paese deve seguire per il futuro.

 
  
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  Bernd Posselt, a nome del gruppo PPE.(DE) Signora Presidente, dobbiamo assumere un atteggiamento critico, ma anche estremamente obiettivo e consapevole, nei confronti del Pakistan, un nostro importante alleato. Il Pakistan è un paese islamico e dobbiamo rispettarlo in quanto tale; è stato fondato da musulmani a partire dall’India britannica in ragione della loro affiliazione religiosa, esattamente come l’India era stata fondata dagli indù. Sin dalla loro fondazione entrambi i paesi contengono minoranze e hanno sviluppato una grande tradizione di tolleranza. Il rispetto di tutte le minoranze religiose e, soprattutto, dei cristiani, deve essere rafforzato e questa necessità va sottolineata. Chi sosterrà la causa dei cristiani se non l’Europa, un continente quasi integralmente cristiano?

Ci spetta un compito singolare, ma dobbiamo chiarire che rispettiamo il ruolo dominante e spesso costruttivo che questo paese ha giocato, e continua a giocare, nel mondo islamico.

 
  
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  Marietje Schaake, a nome del gruppo ALDE.(EN) Signora Presidente, come hanno segnalato diversi colleghi, le leggi sulla blasfemia, in Pakistan, sono facilmente prese come giustificazione da parte di estremisti per ricorrere alla violenza contro le minoranze, religiose e di altra natura. Naturalmente la libertà di religione è fondamentale, ma lo è anche la libertà dalla religione stessa.

Simili leggi sulla blasfemia in una società in cui la libertà di espressione viene repressa in nome della religione costituiscono un grande rischio. Mercoledì scorso, un tribunale pakistano ha bandito il sito del social network Facebook e l’autorità per le telecomunicazioni pakistana ha ingiunto a tutti i fornitori di servizi il blocco del sito. Questa misura è stata adottata per impedire ai cittadini di scoprire presunte offese nei confronti dell’Islam o del profeta Maometto. Un fumettista ha invitato le persone a creare disegni del profeta per resistere a pressioni, come quelle che hanno portato a modificare il popolare cartone animato South Park.

Facebook, servizi e piattaforme online rappresentano un importante canale virtuale verso il resto del mondo poiché consentono ai pakistani di accedere a fonti di informazione e di contatto, nonché di partecipare a scambi di idee. Le giovani generazioni del paese, in particolare, possono trarre giovamento da Internet, in quanto il materiale scolastico spesso presenta contenuti discriminatori e di parte. Criminalizzare la libertà di espressione non è un modo efficace di permettere alla società pakistana di affrontare la diversità. Fumettisti, giornalisti e cittadini devono poter esprimere le proprie idee liberamente, anche se così facendo si offende qualcuno.

La libertà di espressione non è una sfida che riguarda solo il Pakistan, ma anche noi, in Europa, ci scontriamo con problemi legati al dibattito libero. Minacce a giornalisti, fumettisti e artisti stanno diventando sempre più comuni e rappresentano una sfida per le nostre società liberali e democratiche. L’autocensura si sta diffondendo e politici, fumettisti e giornalisti hanno ora bisogno di protezione dalle minacce di morte.

Ergiamoci in difesa della libertà di espressione in seno all’Unione europea, ma anche in Pakistan e nel resto del mondo. E’ la miglior cura contro gli estremismi.

 
  
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  Tomasz Piotr Poręba, a nome del gruppo ECR.(PL) Le elezioni del 2008 hanno riportato in Pakistan la democrazia e il governo civile, sebbene la prima non sia ancora del tutto stabile.

Alcune decisioni prese dalle autorità pakistane in materia di libertà religiose sono lodevoli, ma sono ora necessarie ulteriori misure. Permettere ai membri di minoranze religiose di trovare lavoro nel settore pubblico federale, riconoscere le festività non musulmane e istituire una Giornata nazionale delle minoranze rappresentano un passo avanti verso la stabilizzazione del processo di democratizzazione del paese. Bisogna segnalare, tuttavia, che non sono stati ancora stabiliti diritti precisi a protezione delle minoranze, il che può portare a situazioni bizzarre, quali la decisione di comminare una pena di 25 anni di carcere a una coppia cristiana per aver toccato il sacro Corano con mani impure.

Alcune comunità religiose sono ancora oggetto di persecuzioni ed è fonte di preoccupazione constatare che nelle aree rurali del paese, soprattutto nel nord, vengono ancora applicate norme basate sulle leggi Sharia. Dobbiamo continuare a fornire aiuti finanziari ai difensori dei diritti umani in Pakistan e invitare le autorità del paese a garantire ai propri cittadini la piena libertà religiosa.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL.(SV) Signora Presidente, concordo con buona parte di quanto è stato detto relativamente alle violazioni dei diritti umani in Pakistan.

Vorrei in particolar modo sottolineare la situazione dei musulmani ahmadiyya e la persecuzione di cui sono vittime, sotto forma di persecuzioni costanti, assassinii a sangue freddo, discriminazioni e molestie a tutti i livelli della società. verificarsi Questa situazione non cambia, nonostante l’attuale governo e anche il precedente abbiano promesso miglioramenti in merito, miglioramenti che non si sono però verificati.

E’ giunto il momento che l’Unione europea e la comunità internazionale intervengano e agiscano attivamente per porre fine alle violazioni dei diritti umani che continuano a verificarsi in Pakistan.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo EFD.(NL) Quando venne creato lo Stato del Pakistan, nel 1947, il suo fondatore, Mohammad Ali Jinnah, pronunciò queste memorabili parole: “partiamo dal principio fondamentale che siamo tutti cittadini paritari di un unico Stato”. Oggi queste parole suonano vuote, specie per i 15 milioni circa di cristiani che vivono in Pakistan,in un clima di intimidazione e minaccia, sia nelle città che nelle campagne e persino nella capitale, Islamabad.

E’ sconsolante notare che il sistema giuridico nazionale giustifica la precaria posizione dei cittadini cristiani. Questo è il risultato dello storico processo di silenziosa islamizzazione della società pakistana iniziato alla fine degli anni ’70, che ha portato all’allarmante deterioramento dello status legale della comunità cristiana in seno al paese.

Mi riferisco segnatamente alle leggi sulle testimonianze e sulla blasfemia degli anni ‘80, strumenti giuridici che hanno effettivamente reso illegale la cristianità; in tribunale, infatti, la testimonianza di un non musulmano vale solo la metà di quella fornita da un musulmano, sempre che il giudice sia disposto ad accogliere un teste cristiano!

Le leggi sulla blasfemia pongono i cristiani pakistani ancora più in pericolo: prevedono l’ergastolo per la profanazione del Corano e la pena di morte per affermazioni offensive contro l’Islam o il profeta Maometto. Insomma, in questo paese un cristiano può ritrovarsi da un momento all’altro nel braccio della morte se un musulmano qualunque dovesse testimoniare contro di lui!

Signora Presidente, onorevoli colleghi, questa situazione ha creato un clima di paura e incertezza quasi insostenibile. Centinaia di cristiani pakistani vegetano in carcere per anni senza un valido processo. Invito pertanto il Consiglio e la Commissione a vincolare qualsiasi aiuto al governo pakistano all’abolizione in tempi stretti di tale perniciosa discriminazione ai danni delle minoranze religiose del paese.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE).(EN) Signora Presidente, la costituzione del Pakistan opera una distinzione fra musulmani e non musulmani, introducendo in questo modo una discriminazione su base religiosa. In un simile contesto, è importante ricordare che a dicembre 2009, il Presidente Asif Ali Zardari ha ribadito l’impegno del partito popolare pakistano a difendere i diritti delle minoranze al pari trattamento.

Purtroppo, relazioni e indagini a opera di agenzie indipendenti rivelano che le minoranze del paese sono private anche delle libertà civili fondamentali, nonché delle pari opportunità per quanto attiene al lavoro, all’istruzione e alla rappresentanza politica. Il panorama generale della libertà religiosa in Pakistan, pertanto, è controverso e dà adito a preoccupazione anche senza scendere troppo nei dettagli.

Vorrei sottolineare la contraddizione tra l’impegno del governo pakistano di garantire la libertà religiosa e il suo ruolo dominante nell’organizzazione dei paesi islamici nel sostegno della “lotta alla diffamazione della religione” in seno alle Nazioni Unite. Vorrei anche ricordare le conclusioni del Consiglio del 16 novembre 2009 sul rapporto tra il diritto internazionale sui diritti umani, che protegge gli individui e i gruppi di individui, e il concetto di diffamazione delle religioni.

 
  
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  Presidente. – Onorevoli colleghi, vorrei ricordare a voi tutti che abbiamo poco tempo a disposizione questo pomeriggio e che chi supera il proprio tempo di parola lo fa a discapito del numero di interventi di un minuto che saremo in grado di accettare in base alla procedura catch the eye.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (ECR).(PL) Un modo di dire ricorda che neanche i cani muovono la coda per niente e nel nostro caso lo stesso vale per gli aiuti comunitari: non possiamo fornire 200 milioni di euro senza volere qualcosa in cambio. Vediamo di pretendere qualcosa! Dovremmo chiedere, quantomeno, il rispetto di standard simili, ad esempio, a quelli che per noi rappresentano un punto fermo morale, etico e politico. Da diversi anni ormai, in Pakistan, continua l’inaccettabile persecuzione di persone di confessione diversa da quella islamica, per la maggior parte cristiani. Spesso parliamo dei problemi e delle questioni legate alle minoranze, non necessariamente religiose, in Europa e nel mondo. Difendiamo, allora, la minoranza cristiana e le altre minoranze religiose del Pakistan, anche se questo non è naturalmente il solo problema di un paese turbato da gravi conflitti politici e che rischia di essere destabilizzato.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE). (HU) Se esaminiamo la situazione del Pakistan, ci troviamo di fronte a due fatti incontrovertibili. Innanzi tutto, il Pakistan è un attore chiave strategico nella lotta al terrorismo e dobbiamo fare tutto il possibile per accertarci che la sicurezza dei cittadini europei non sia in pericolo; in secondo luogo, questo paese presenta una visione delle minoranze etniche e religiose diversa da quella basata sui valori promossi dall’Europa e dalle democrazie liberali avanzate. L’Europa non può restare in silenzio quando altri Stati violano così apertamente i diritti umani, ma dobbiamo esprimere la nostra preoccupazione anche nei confronti di uno dei nostri partner strategici. L’Unione europea può mantenere la propria credibilità di fronte a paesi terzi solo se affronta in modo soddisfacente i problemi delle minoranze religiose e nazionali sul proprio territorio. Deve essere chiaro a tutti che uno dei valori fondamentali dell’Unione europea è l’elevato livello di tutela dei diritti umani e delle minoranze, valore auspicabilmente vincolante in primis per l’UE. Solo allora potremo chiedere ai nostri partner di compiere passi simili nella stessa direzione.

 
  
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  Zbigniew Ziobro (ECR).(PL) Vediamo con favore l’impegno del Pakistan nella lotta contro il terrorismo internazionale, ma questo non deve oscurare altre realtà estremamente drastiche, che dimostrano le gravi violazioni dei diritti delle minoranze religiose, soprattutto cristiane, perpetrate in questo paese.

Di quando in quando, o meglio spesso, ci giungono notizie di nuovi attacchi, pestaggi, minacce e persino assassinii, cristiani bruciati vivi solo perché tali, donne e bambini inclusi. Simili notizie fanno sorgere una domanda: perché questi eventi si verificano in un paese che svolge un ruolo tanto significativo nelle relazioni internazionali e nella lotta contro il terrorismo? Ebbene, accadono perché, purtroppo, le autorità pakistane sono in larga parte responsabili di aver creato un’atmosfera che incoraggia simili azioni con una legge sulla blasfemia inadeguata e non reagendo di fronte agli abusi dei servizi autorizzati e del sistema giudiziario del paese.

Dobbiamo pretendere cambiamenti radicali in merito, anche da parte dell’Unione europea e delle sue istituzioni.

 
  
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  Martin Kastler (PPE).(DE) Signora Presidente, il 75-80 per cento circa delle vittime di persecuzioni religiose al mondo è cristiano. Noi del Parlamento europeo ci battiamo specificamente per i diritti umani in tutto il mondo e, a mio avviso, la libertà religiosa è un concetto fondamentale nella nostra politica sui diritti umani. Mi rincresce, pertanto, che spesso la sinistra e la sinistra liberare del Parlamento si uniscano nel silenzio per il destino dei cristiani.

Sono però lieto della presentazione di una risoluzione congiunta sulla terribile situazione del Pakistan. Su 156 milioni di cittadini pakistani, il 95 per cento è musulmano, circa il 3 per cento cristiano e quasi il 2 per cento indù. Io sono cristiano e per questo vorrei concentrarmi ancora una volta sulla situazione dei miei confratelli pakistani, vittime di gravi persecuzioni. Chiunque permetta violenti attacchi ai danni dei cristiani deve affrontare una reazione da parte del mondo civilizzato e per questo l’Unione europea deve introdurre, nella propria politica di sviluppo e cooperazione economica, una clausola in merito a questa situazione che permetta, qualora necessario, di comminare sanzioni.

 
  
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  Presidente. – Passiamo ora alla parte della discussione dedicata alla procedura catch the eye. Ho ricevuto molte più richieste di quante possiamo accogliere. Disponiamo soltanto di due minuti. Darò la parola a quattro oratori.

 
  
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  Michael Gahler (PPE).(DE) Signora Presidente, qualsiasi paese considera fondamentali le proprie origini e la possibilità di valutare se lo sviluppo dei diritti umani e delle minoranze nella regione proceda nella giusta direzione. Come presidente della missione di osservazione dell’Unione europea durante le elezioni di due anni fa, ho presentato diverse raccomandazioni e sono lieto di vedere che il paese ha iniziato ad attuarne qualcuna, tra cui: la ratifica della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici –non solo firmata ma ora anche ratificata – e della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. E’ positivo che ora sia in carica un ministro responsabile d’ufficio per le minoranze, che cercherà gradualmente di eliminare la discriminazione.

Tra le altre, è stata sollevata anche la questione relativa agli ahmadi. Una mia raccomandazione proponeva di non accettare la loro lista separata alle prossime elezioni, ma di inserirli nella lista principale. Ritengo che questa soluzione rappresenti una misura specifica che contribuirebbe a porre fine alle discriminazioni verso questa minoranza.

 
  
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  Heidi Hautala (Verts/ALE).(FI) Signora Presidente, vorrei dire che anch’io ho incontrato il ministro delle Minoranze, questa settimana. Ero convinta che volesse creare comprensione reciproca tra i vari gruppi religiosi; tuttavia anch’egli non è stato capace di spiegare perché il Pakistan, nonostante la sua presenza in seno alle Nazioni Unite e al Consiglio dei diritti umani, abbia strenuamente difeso, nell’ambito del ruolo che riveste nell’organizzazione dei paesi islamici, un nuovo codice internazionale volto a combattere la blasfemia e la diffamazione delle religioni. Questo certamente non è il modo migliore per promuovere la comprensione reciproca tra i vari gruppi religiosi.

Mi auguro che l’Unione europea in futuro adotti una linea più ferma in materia, a livello internazionale, in modo da impedire l’entrata in vigore di simili nuove leggi, che compromettono il rispetto dei diritti umani. Gli Stati Uniti d’America sono stati molto più attivi dell’Unione europea al proposito.

 
  
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  Jacek Olgierd Kurski (ECR).(PL) Signora Presidente, la situazione in Pakistan evolve in modo dinamico e riceviamo informazioni contrastanti. Dobbiamo analizzare la situazione con grande attenzione, in modo da non commettere errori. E’ positivo che il governo del Pakistan abbia adottato alcune misure di tutela degli interessi delle minoranze religiose, come l’assegnazione del 5 per cento dei posti di lavoro nel settore pubblico o la promessa di riservare seggi in Senato per le minoranze, anche alle donne che rappresentano gruppi minoritari.

Nondimeno, bisogna fare qualcosa. Sia il governo che le autorità del Pakistan devono intervenire contro le leggi sulla blasfemia, che prevedono anche la pena di morte e vengono spesso abusate per giustificare la censura, la criminalizzazione, la persecuzione e, talvolta, l’omicidio di membri delle minoranze politiche, razziali e religiose. Le autorità nazionali devono intervenire sul codice penale, che prevede la pena di morte per i colpevoli condannati di blasfemia.

In un paese che riceve aiuti dall’Unione europea, nel XXI secolo, non si dovrebbe permettere di uccidere persone in questo modo. Grazie per l’attenzione.

 
  
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  Elena Băsescu (PPE).(RO) Dopo quasi nove anni di dittatura militare, le elezioni che si sono svolte in Pakistan nel 2008 hanno segnato l’inizio di un processo di democratizzazione. Purtroppo, Benazir Bhutto è stata assassinata poche settimane prima delle elezioni, ma il partito popolare pakistano, di cui era leader, ha vinto comunque le elezioni. Benché le minoranze in Pakistan affrontino diversi problemi, sotto l’egida dell’attuale governo sono state avviate diverse iniziative positive, quali la promozione del dialogo interculturale, la quota del 5 per cento di impiegati provenienti dalle minoranze in seno all’amministrazione federale e il riconoscimento di alcune festività pubbliche non musulmane. L’impegno del governo di garantire alle minoranze seggi in Senato è lodevole e vorrei concludere sottolineando l’importante ruolo che il Pakistan ha svolto nella lotta contro il terrorismo e l’estremismo.

 
  
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  Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione.(FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, l’Unione europea segue molto da vicino la situazione relativa alle minoranze religiose in Pakistan, dove la costituzione nazionale riconosce la libertà di religione e prevede che lo Stato tuteli i diritti delle minoranze.

Il Pakistan ha recentemente segnato grandi passi avanti: ha adottato emendamenti alla costituzione volti a rafforzare il ruolo delle assemblee elette in seno al paese e ha compiuto progressi a livello istituzionale in materia di diritti dell’uomo, istituendo, in particolare, un ministero per i Diritti dell’uomo e un ministero delle Minoranze. E’ inoltre in fase di creazione una commissione nazionale per i diritti dell’uomo.

Il Pakistan ha ratificato la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Questo costituisce un passo nella giusta direzione, a patto che tali strumenti siano usati in modo efficace; il Pakistan deve però raddoppiare gli sforzi per garantire una migliore integrazione delle minoranze religiose – inclusa quella cristiana – in seno alle strutture sociali, economiche e politiche del paese. La reputazione internazionale del Pakistan è stata macchiata da eventi come quello che si è verificato a Gojra, quando sette cristiani sono stati bruciati vivi nel corso di un attacco ad una chiesa e ad alcune abitazioni ad opera di estremisti, o come gli attacchi ai musulmani sciiti, o ancora come la discriminazione degli ahmadi.

Per quanto attiene ai diritti delle minoranze religiose, l’Unione europea ha sistematicamente utilizzato il dialogo politico con il Pakistan per sollevare le questioni relative ai diritti dell’uomo e ha compiuto passi avanti in campo diplomatico in diverse occasioni. A ciò si è aggiunto, dal 2007, un dialogo sui diritti umani nell’ambito dell’accordo di cooperazione con il paese, che prevede un dialogo regolare sul governo e sui di diritti dell’uomo.

In occasione di queste discussioni, l’Unione europea ha sempre insistito affinché i diritti individuali e delle minoranze venissero rispettati. Nel quadro del dialogo sui diritti dell’uomo, l’Unione europea ha regolarmente sollevato presso il governo pakistano la questione sull’applicazione della legge sulla blasfemia. In termini assoluti, pare che la maggior parte degli accusati di blasfemia siano di confessione musulmana, ma sono consapevole che questa legge è spesso applicata a discapito delle minoranze religiose e che sono state mosse accuse false per regolare conti personali o per ragioni economiche. L’ultima riunione della commissione mista si è tenuta il 25 marzo 2010, e il giorno precedente si è riunita una sottocommissione per il governo, i diritti umani e la migrazione.

In questa sede, è stata sollevata la situazione delle minoranze in Pakistan e sono state affrontate anche le preoccupazioni pakistane per la situazione relativa alle minoranze religiose da noi, in Europa.

L’Unione europea intende affrontare questi argomenti anche in occasione del prossimo vertice UE-Pakistan del 4 giugno prossimo. Una larga maggioranza della popolazione pakistana non ha accesso all’istruzione e ignora i più basilari comportamenti sociali; grazie al contributo per la cooperazione fornito dalla Commissione europea, è stata attribuita priorità al miglioramento dell’accesso all’istruzione di base, nel quadro della politica e dell’educazione nazionali. Spero che, a medio termine, questo porterà a un atteggiamento più tollerante verso la libertà religiosa.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione avrà luogo a breve.

Dichiarazioni scritte (articolo 149 del regolamento)

 
  
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  Monica Luisa Macovei (PPE), per iscritto.(EN) E’ risaputo che in Pakistan sono in vigore le più severe leggi contro la blasfemia; qui l’esercizio dei diritti collegati alla libertà d’espressione e di religione potrebbe portare all'arresto e persino alla morte. Le sezioni 295B e C del codice penale pakistano condannano commenti sprezzanti nei confronti del Corano o del Profeta, crimini che vengono puniti rispettivamente con la detenzione a vita e con la pena di morte. La sezione 298 sanziona l’offesa deliberata dei sentimenti religiosi, mentre le sezioni 298A, B e C fanno riferimento ai commenti sprezzanti diretti volontariamente a figure e luoghi sacri e dichiarano illegale il gruppo religioso di Ahmadis (i cui membri si dichiarano musulmani). Nella libertà di religione è compresa anche la libertà di credere in qualsiasi fede religiosa o di non seguire alcun credo. Il ministro pakistano per le questioni delle minoranze ha annunciato ieri che è in fase di preparazione una serie di emendamenti per fermare l’abuso delle leggi sulla blasfemia. Ritengo che queste leggi debbano essere abrogate, perché modificarne semplicemente il testo rappresenterebbe comunque un'eredità del passato e quindi la giustificazioni per ulteriori violenze e discriminazioni.

 
  
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  Cristian Dan Preda (PPE), per iscritto.(RO) Negli ultimi anni, il governo pakistano ha adottato una serie di misure che dimostrano chiaramente una certa sensibilità verso le condizioni delle minoranze nazionali. Tra queste misure vi sono anche la nomina di Shahbaz Bhatti a ministro federale per le minoranze, l’obbligo di impiegare il 5 per cento di lavoratori appartenenti alle minoranze nel settore pubblico, nonché l’impegno ad avere una rappresentanza delle minoranze religiose in Senato. Questi sforzi devono essere incoraggiati, ma rimane ancora molto lavoro da fare per migliorare davvero la situazione delle minoranze religiose.

Un elemento che considero fondamentale a questo proposito è la revisione delle disposizioni in materia di offese contro le religioni, meglio note come leggi sulla blasfemia. La possibilità che, a seguito di queste leggi, si verifichino abusi di potere ha creato un clima di intolleranza che ha fomentato la violenza religiosa, la discriminazione, l’intimidazione e la persecuzione delle minoranze religiose. Tralasciando l’aspetto legale, è importante che il governo pakistano adotti misure decise per evitare tali violenze, poiché la promozione della tolleranza rappresenta la chiave per tutelare le minoranze religiose in Pakistan.

 
  
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  Anna Záborská (PPE), per iscritto. (SK) La civiltà europea come la conosciamo noi oggi non sarebbe possibile senza la libertà di religione. La ricerca di qualcosa che va oltre l’individuo deve però muoversi di pari passo con la tolleranza. Il percorso verso Dio – e da Dio – è diverso e unico per ognuno, come abbiamo imparato bene nel corso di duemila anni di cristianità in Europa; è stata un’esperienza lunga e dolorosa, che è costata la vita di milioni di persone innocenti. Noi europei abbiamo il diritto di suggerire al resto del mondo di non seguire questa strada e per questo, sempre e ovunque, condanneremo gli atti di violenza e l’omicidio di persone innocenti, soprattutto ora che questa violenza interessa i nostri alleati e amici.

 
  

(1)Cfr. Processo verbale

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