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Procedura : 2008/0142(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A7-0307/2010

Discussioni :

PV 18/01/2011 - 13
CRE 18/01/2011 - 13

Votazioni :

PV 19/01/2011 - 6.1
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2011)0007

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 19 gennaio 2011 - Strasburgo Edizione GU

7. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
PV
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  Presidente. – Passiamo adesso alle dichiarazioni di voto.

 
  
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura: relazione Grossetête (A7-0307/2010)

 
  
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  Jens Rohde (ALDE).(DA) Signora Presidente, abbiamo raggiunto oggi un compromesso epocale con questa direttiva sui diritti dei pazienti. Da quando siedo in Parlamento, questo è l’accordo più rilevante che abbiamo concluso. È stato siglato un compromesso storico tra due parti che, per troppo tempo, sono state estremamente distanti: il Parlamento, da una parte, e il Consiglio, dall’altra. Grazie al nostro alacre lavoro, siamo riusciti a sancire un accordo che va a beneficio dei pazienti, che li preserva da tempi d’attesa irragionevolmente lunghi e, al tempo stesso, abbiamo trovato un equilibrio in grado di garantire il controllo della situazione da parte degli Stati membri, sia da un punto di vista medico, che da un punto di vista finanziario.

L’esito raggiunto oggi è ottimo e recherà beneficio ai pazienti e agli Stati membri. Credo di potermi congratulare innanzi tutto con i negoziatori e poi, aspetto ancor più saliente, di potermi felicitare, naturalmente, con i cittadini europei per il testo approvato oggi.

 
  
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  Clemente Mastella (PPE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, sino ad oggi troppe sono state le incertezze o le questioni relative all’accessibilità delle cure e dei rimborsi in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera. La direttiva da noi oggi approvata permetterà finalmente a tutti i pazienti di poter beneficiare, sull'intero territorio europeo, di un certo numero di diritti e di prestazioni sanitarie.

Non si tratta affatto di incoraggiare le cure transfrontaliere in quanto tali, ma di renderle possibili, sicure e di elevata qualità nei casi in cui esse si rivelino utili o necessarie. Abbiamo infatti bisogno di migliori informazioni e di maggiore chiarezza sul contenuto delle disposizioni applicabili alle cure prestate in uno Stato membro diverso da quello di affiliazione.

La situazione attuale non è soddisfacente: questa direttiva sarà una preziosa opportunità per tutti i pazienti europei, un’opportunità basata sulla necessità e non sulle possibilità economiche, sulla scelta informata e non sull’obbligo.

 
  
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  Andres Perello Rodriguez (S&D).(ES) Signora Presidente, la delegazione spagnola del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento europeo ha votato a favore del testo, come il resto del gruppo, ma non vorrei abbandonare l’Aula prima di aver esplicitato la mia preoccupazione relativa all’introduzione, nella direttiva, del tema del trapianto di organi. Questo argomento è stato inserito, contro il parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, in seguito all’ostinata determinazione del Consiglio, che ha voluto includere i trapianti in questa direttiva.

Spero che questa integrazione non comprometta l’efficacia della solida legislazione adottata da quest’Aula, ovvero la direttiva sui trapianti o il piano d’azione adottato recentemente e quasi all’unanimità. Vorrei precisare che vigileremo per garantire che l’inclusione del tema dei trapianti non pregiudichi l’eccellente opera condotta da organismi di successo, come l’organizzazione nazionale dei trapianti spagnola, e naturalmente non mini l’aspirazione a salvare 20 000 vite, oggetto sia della direttiva sui trapianti sia del piano d’azione che, ripeto, abbiamo adottato in questa sede.

Vorrei pertanto precisare questo punto e ribadire che continueremo a garantire che si ottemperi alla direttiva in materia.

 
  
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  Morten Messerschmidt (EFD).(DA) Signora Presidente, siamo di nuovo qui, oggi, a discutere di un tema sottoposto alla nostra approvazione da istituzioni non elette, ovvero la Corte europea di giustizia che, con una serie di sentenze, ha esercitato pressioni sulle istituzioni elette, affinché formulassero la direttiva oggetto della votazione odierna.

Migliorare le opportunità di ricevere cure mediche adeguate è allettante per i cittadini europei, ma i problemi che questa direttiva genererà evidentemente superano i benefici in essa contenuti. Come ci comporteremo ad esempio se il sistema sanitario di un determinato paese sarà così sotto pressione da non riuscire a gestire le proprie liste d’attesa? Come agiremo se i medici inizieranno a inviare i pazienti in massa verso un particolare paese, certamente previa autorizzazione, ma comunque, come ci comporteremo? Potrebbe essere la Danimarca, il mio paese di provenienza, la Germania, i Paesi Bassi o un altro Stato dell’Unione europea con un sistema sanitario notoriamente di alto livello. dire Questo significa che i cittadini del paese in questione si troveranno in fondo alla lista, mentre non devono essere sfavoriti, avendo contribuito con le loro tasse alla creazione di un sistema sanitario di tutto rispetto.

Vorrei pertanto ribadire che gli inconvenienti e i potenziali effetti nefasti che può causare questa direttiva nei sistemi sanitari nazionali superano palesemente i benefici menzionati dagli onorevoli colleghi.

 
  
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  Jim Higgins (PPE).(EN) Signora Presidente, l’onorevole Messerschmidt ha ragione: la Corte di giustizia ha rimandato la questione al Parlamento, ma ne sono lieto e voglio congratularmi con l’onorevole Grossetête per l’eccellente relazione presentata, poiché questa direttiva permetterà ai pazienti di ricevere informazioni complete e trasparenti quando si rivolgono all’estero per fruire di cure sanitarie. Questo aspetto emerge molto chiaramente.

I pazienti con una malattia rara potranno beneficiare delle diagnosi e delle competenze presenti in altri paesi, nel caso in cui un trattamento non sia disponibile nel loro Stato membro. La direttiva si propone di offrire ai malati la possibilità di scegliere secondo le proprie necessità e non in virtù dei propri mezzi, affinché tale scelta si compia dopo aver ottenuto le dovute informazioni e senza alcuna costrizione. La direttiva è estremamente proficua, oltre che foriera di forme di cooperazione tra Stati membri.

Sono lieta che venga così bandito completamente il turismo sanitario, di cui si potrebbe fare un uso errato. A mio avviso, si tratta di un altro progresso nella giusta direzione, verso il rafforzamento della cooperazione tra Stati membri che genererà una maggiore coesione nell’Unione. Penso che oggi sia una bella giornata per i pazienti d’Europa.

 
  
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  Constance Le Grip (PPE).(FR) Signora Presidente, voterò a favore della relazione della mia collega, onorevole Grossetête, sulla direttiva in materia di accesso all’assistenza sanitaria transfrontaliera.

In effetti, sono lieta del passo in avanti rappresentato da questo testo per la mobilità dei malati in Europa. Dopo molti anni di incertezze, segnatamente di incertezze giuridiche, e un lavoro considerevole da parte del Parlamento europeo, questo testo costituisce una semplificazione, un chiarimento e una regolamentazione delle condizioni per godere dell’assistenza sanitaria in uno Stato europeo diverso dal proprio paese di residenza per i cittadini europei, sia in termini di accesso alle cure, sia in termini di rimborsi. Penso, in particolare, a tutti i pazienti che soffrono di una malattia rara e che potranno avere finalmente accesso a trattamenti specifici adeguati, adatti alle loro necessità.

Questa direttiva è un provvedimento europeo concreto nella direzione dell’Europa dei cittadini, in grado di garantire nuovi diritti al cittadino europeo e, in tal senso, si tratta di una misura cruciale per la mobilità degli individui all’interno dell’Unione.

 
  
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  Adam Bielan (ECR).(PL) Signora Presidente, ho votato a favore della direttiva presentata dall’onorevole Grossetête, affinché il principio di assistenza sanitaria transfrontaliera nell’Unione europea sia finalmente messo in pratica dopo tanti anni di negoziati. La formulazione attuale della direttiva è un buon compromesso, basato principalmente sulla tutela dei diritti dei pazienti, ma anche della spesa sanitaria degli Stati membri.

Per i cittadini di paesi quali la Polonia, l’opportunità di ricevere assistenza sanitaria all’estero significa godere di pari opportunità in materia di accesso a cure sanitarie moderne. I pazienti sono spesso privati dell’accesso a cure mediche rapide e appropriate a causa del sovraffollamento degli ospedali e delle lunghe liste d’attesa per alcune procedure sanitarie fondamentali, ma in alcuni casi tempo è un fattore decisivo. La direttiva permetterà ai cittadini di decidere da soli se aspettare mesi per ottenere un determinato trattamento nel proprio paese o se scegliere di riceverlo altrove. Sarà più agevole decidere quale cura scegliere, con la consapevolezza del fatto che, se si sceglie un altro paese dell’Unione europea, i costi della procedura saranno rimborsati in parte o in toto.

La semplificazione delle norme che regolamentano i trattamenti all’estero può anche essere considerata, ovviamente, come uno stimolo del mercato, in termini di accesso generale ai servizi sanitari. Queste soluzioni contribuiranno ad aumentare la competitività dei servizi sanitari e, di conseguenza, avranno un impatto significativo su un rapido miglioramento di tali servizi.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE).(EN) Signora Presidente, mi compiaccio di questa direttiva sull’assistenza sanitaria, ma sono prudente, poiché il diavolo sta nei dettagli.

È molto importante che i nostri cittadini sappiano che questa direttiva non entrerà in vigore prima di 30 mesi. Nel frattempo, i cittadini possono comunque attraversare la frontiera per fruire dell’assistenza sanitaria in un altro Stato membro e ottenere un rimborso delle spese relative alle cure ricevute. È fuor di dubbio, quindi, che già oggi, i cittadini stanno attraversando i confini per curarsi: è un aspetto di fondamentale importanza.

A quanti desiderano conoscere i dettagli di questa complessa direttiva, comunico che ho stilato una pagina di domande e risposte, disponibile sul mio sito web. Esorto i cittadini interessati a leggerla, navigando in Internet o cercandola altrove: se non ho posto le domande opportune, li invito a suggerirmene altre, perché dobbiamo diffondere informazioni circa questo provvedimento tanto efficace verso un’assistenza sanitaria transfrontaliera per tutti.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE).(PL) Signora Presidente, la società europea sta diventando sempre più mobile. Studiamo, lavoriamo, ci divertiamo e viaggiamo oltre i confini del nostro paese. I cittadini che vivono nell’Unione europea devono godere del diritto di beneficiare di cure sanitarie d’urgenza gratuite in qualsiasi luogo dell’Unione europea. È ovvio che si deve mettere in atto una serie misure per prevenire il cosiddetto turismo sanitario e, al tempo stesso, agevolare i pazienti che hanno maggiormente bisogno, affinché possano beneficiare di queste nuove opportunità. Penso principalmente alla cura di malattie rare e poco diffuse presso centri specializzati, spesso situati oltre i confini del paese di residenza del paziente. Non possiamo però interferire con le politiche sanitarie degli Stati membri: si tratta di una competenza nazionale e gli Stati membri sono liberi di decidere in materia. Questa direttiva muove un primo passo in questa direzione e, naturalmente, ho espresso voto favorevole.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE).(FI) Signora Presidente, è giunto il momento di stabilire regole comuni europee per proteggere i nostri cittadini e i nostri pazienti. La redazione di una direttiva distinta sull’argomento, senza inserire questo tema nella direttiva Servizi, è un’eccellente iniziativa: durante l’elaborazione della direttiva sull’assistenza sanitaria, ci siamo accorti di quanti aspetti fossero stati completamente trascurati o non definiti al momento dell’adozione della direttiva Servizi.

Il diritto dei pazienti a ricevere assistenza sanitaria transfrontaliera obbligherà gli Stati membri dell’Unione europea a garantire che non ci siano liste d’attesa nel proprio paese.

È necessario un sistema di autorizzazione preventiva senza il quale molti Stati membri potrebbero incontrare difficoltà nel controllo della spesa sanitaria, nella pianificazione e nella stima dei dati futuri, con il rischio che il fattore decisivo diventi la ricchezza, anziché bisogno effettivo.

Non sono comunque tantissimi i cittadini europei coinvolti da questa direttiva; la maggior parte desidera ricevere assistenza sanitaria vicino casa e nella propria lingua. Abbiamo comunque bisogno di un sistema organizzato in questo modo: se c’è una lista d’attesa, sarà possibile farsi curare in un altro paese.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signora Presidente, anche io sono molto contenta dell’accordo raggiunto oggi che, penso, garantirà ai pazienti un accesso equo e adeguato a cure mediche transfrontaliere.

Come è già stato affermato da molti oratori, l’attuale proposta è stata presentata proprio perché una cittadina del vostro stesso paese, del sud dell’Inghilterra, ha sfidato il sistema e la Corte di giustizia le ha dato ragione.

Quanto cerchiamo di fare oggi e che abbiamo fatto insieme al Consiglio, è garantire il rispetto dei diritti delle persone, contemplandoli nella normativa assieme alle necessità dei cittadini: è sicuramente questo l’aspetto che sta a cuore a questo Parlamento.

Vi sono ancora alcune questioni da dirimere. Ritengo fondamentale il riconoscimento reciproco, tra Stati membri, delle prescrizioni, poiché non si tratta soltanto di prestare cure sanitarie, ma anche di regolamentare il periodo successivo al trattamento del paziente; abbiamo comunque ancora del tempo per definire questo dettaglio.

Vorrei concludere affermando che, con l’attuale crisi finanziaria, molti cittadini si chiedono: l’Europa funziona? Opera a vantaggio dei cittadini? È una domanda aperta, ma ritengo che oggi possiamo affermare con ragionevole certezza che l’Europa sta funzionando.

 
  
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  Gerard Batten (EFD).(EN) Signora Presidente, ho votato contro questo provvedimento sui diritti dei pazienti all’assistenza sanitaria transfrontaliera, poiché non farebbe altro che gravare i contribuenti britannici e il servizio sanitario nazionale di un altro imponente fardello.

Il sistema sanitario nazionale viene già sfruttato come fosse internazionale ed è soggetto a un uso smodato e diffuso da parte di cittadini non britannici, con un costo di centinaia di milioni, se non miliardi, di sterline ogni anno. Il fardello grava principalmente sui miei elettori di Londra. Questo provvedimento porterà al servizio sanitario nazionale un ulteriore carico di lavoro per prestare cure a cittadini europei che non hanno mai pagato le tasse nel Regno Unito e si riveleranno inapplicabili le supposte modalità di recupero retroattivo dei costi dallo Stato membro del paziente.

È giusto che, nel Regno Unito, un cittadino straniero riceva cure urgenti, se necessarie, ma i cittadini stranieri non dovrebbero essere accettati nel Regno Unito, se sprovvisti di un’adeguata assicurazione sanitaria e di viaggio. Una simile politica è corretta e giustificata, ma è inapplicabile, finché il Regno Unito sarà membro dell’Unione europea. È questa un’ulteriore motivazione, se ancora ce ne fosse bisogno, per uscire dall’Unione europea.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE).(FI) Signora Presidente, questo compromesso storico tra il Parlamento e il Consiglio è un eccellente risultato. Questa normativa sull’assistenza sanitaria transfrontaliera potrebbe eliminare le liste d’attesa che si sono create in molti Stati membri ed essere un’opportunità per lo scambio delle buone prassi. A tal proposito, è importante garantire la definizione degli interessi o i diritti dei pazienti. È altrettanto cruciale ricordare la centralità della sicurezza dei pazienti quando ci occupiamo di cooperazione transfrontaliera, e la necessità di assicurare, al tempo stesso, adeguati standard di assistenza e cure sanitarie ovunque.

Accolgo con entusiasmo la relazione dell’onorevole Grossetête: spero che promuova la sanità pubblica in Europa e che, di conseguenza, si possano salvare molte vite, accelerando la guarigione dei malati.

 
  
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  Paul Rübig (PPE).(DE) Signora Presidente, credo sia importante non approfittare dei sistemi fiscali nazionali per remare contro il mercato interno. Questo aspetto è particolarmente saliente nel caso dei servizi transfrontalieri, laddove è necessario un equo trattamento. Attualmente, l’Ungheria offre un esempio negativo in materia, poiché si applicano limiti di prezzo con effetto retroattivo come forma di tassazione contro la crisi. Questa misura non è accettabile e avrà un gravi ripercussioni sui settori finanziario, assicurativo, imprenditoriale ed energetico. Spero che, nell’ambito dei servizi sanitari, non si verifichi un fenomeno simile in futuro.

Vorrei chiedere all’onorevole Orbán di riesaminare queste norme, perché sono in netta contrapposizione con l’idea di mercato interno.

 
  
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  Syed Kamall (ECR).(EN) Signora Presidente, buon anno nuovo. È un piacere averla alla Presidenza di quest’Aula.

Uno degli aspetti su cui concordiamo in generale, in questo Parlamento – benché ci siano eccezioni degne di nota – è la nostra fede in un mercato unico che funzioni.

Quando i miei elettori mi scrivono: “ Non viene erogato un servizio di qualità nella mia circoscrizione e vorrei andare in un altro Stato membro dell’Unione europea per ottenere un servizio sanitario migliore”, non hanno certezze sul loro status giuridico. Per questo motivo io e tanti altri colleghi siamo lieti della votazione odierna sul diritto dei pazienti all’assistenza sanitaria transfrontaliera. Spero che i pazienti di quei territori con un servizio sanitario è di scarsa qualità, in virtù dei propri diritti e grazie a questa direttiva, lascino il loro paese e vadano in un altro Stato membro, esercitando così pressioni sui sistemi sanitari affinché migliorino i servizi erogati, rispondendo alle necessità dei pazienti.

Dobbiamo tuttavia garantire che venga semplificata la procedura mediante la quale gli Stati membri possono recuperare la spesa relativa alla fruizione di servizi all’estero da parte di cittadini comunitari. Una volta risolti questi problemi, questa dovrebbe essere una direttiva di cui potremo andare fieri.

 
  
  

Raccomandazioni Jadot (A7-0371/2010) e (A7-0370/2010)

 
  
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  Joe Higgins (GUE/NGL).(GA) Signora Presidente, mi sono espresso a favore della risoluzione relativa alla conclusione di un accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e rispettivamente la Repubblica del Camerun e Repubblica del Congo sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell’Unione europea. Per mantenere l’equilibrio dei nostri ecosistemi è fondamentale proteggere le foreste tropicali e tutelare le popolazioni indigene, che attualmente soffrono a causa dello sfruttamento industriale dell’ambiente da parte delle grandi multinazionali, nonché dell’abbattimento delle foreste dalle quali dipende il loro sostentamento.

Per questo motivo propongo un emendamento che stabilisca che le foreste e l’industria forestale divengano patrimonio pubblico e siano gestite democraticamente dalla forza lavoro dell’industria e dalle popolazioni indigene che abitano le foreste.

 
  
  

Raccomandazione Martin (A7-0365/2010)

 
  
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  Morten Messerschmidt (EFD).(DA) Signora Presidente, il libero scambio è davvero l’unico modo per ottenere la prosperità. Lo ha dimostrato il mercato unico di cui fanno parte gli Stati membri dell’Unione europea e questo vale indubbiamente anche per i paesi in via di sviluppo. Si tratta dell’unica iniziativa di sviluppo che possiamo e dobbiamo diffondere nel mondo.

Uno sguardo a come le altre grandi regioni agiscono, concludendo accordi ed instaurando partenariati strategici, è sufficiente per capire che si stanno muovendo sempre più rapidamente. Disponiamo di ampi spazi di libero scambio, tra America settentrionale ed America meridionale, tra i paesi ASEAN, l’Asia e il Mercosur, solo per citarne alcuni. L’Unione europea, in questo senso, è l’unica ad essere rimasta indietro e a trovarsi quasi paralizzata di fronte alle sfide della globalizzazione.

Sebbene sia favorevole alla relazione oggetto della votazione odierna, desidero precisare che un accordo di partenariato economico interinale con le Isole Figi e la Papua Nuova Guinea è un risultato tutt’altro che eccezionale, considerando le aspettative createsi a seguito dei lunghi negoziati che l’hanno preceduto. Che ne è della Cina? O degli Stati Uniti, o dell’India, o di quanti ci stanno attualmente portando via il lavoro? Siamo forse di fronte ad una nuova sconfitta dell’Unione europea che si ripercuoterà sui suoi lavoratori?

 
  
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  Syed Kamall (ECR).(EN) Affermare che le società più prospere sono le più libere e le società più libere sono le più prospere è un’ovvietà che ci obbliga a riconoscere l’importanza del libero scambio. Sfortunatamente il dibattito multilaterale ed internazionale sul libero scambio si è arenato a Doha, spingendo l’Unione europea a seguire l’esempio degli Stati Uniti e di altri paesi che concludono sempre più accordi bilaterali.

È possibile estendere i vantaggi del libero scambio a molti cittadini dei paesi più poveri, senza per questo ignorare i problemi che si troveranno ad affrontare durante la transizione, in particolare nell’adattarsi alla maggiore concorrenza. In ultima analisi che dovremmo concentrarci sul consumatore e non sugli interessi del produttore. Molti consumatori nei paesi in via di sviluppo mi chiedono perché, rispetto all’Occidente, non godono dello stesso accesso a beni e servizi. Un modo per aiutarli è indubbiamente il libero scambio, che emancipa il consumatore, offrendogli una maggiore possibilità di scelta. Mi auguro che si continui su questa strada.

 
  
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  Nirj Deva (ECR).(EN) Signora Presidente, a lungo il Pacifico è stato la Cenerentola delle iniziative per lo sviluppo dell’Unione europea oltreoceano. Accolgo dunque con favore le iniziative intraprese dalle Isole Figi e dalla Papua Nuova Guinea per la creazione di un accordo di partenariato economico, che non soltanto permetterà all’Unione di commerciare più liberamente con questi Stati, ma promuoverà anche la conclusione di accordi commerciali intra-regionali tra questi paesi.

Uno dei benefici del presente accordo deriva dalle norme di origine per il settore della pesca, che creano le condizioni necessarie affinché i cittadini dell’area del Pacifico possano finalmente produrre un reale valore aggiunto nell’ambito dell’industria ittica nazionale. Attualmente, infatti, alcuni di questi paesi importano prodotti ittici pur disponendo di acque ricche di pesce; grazie al risultato conseguito potranno invece trasformare il proprio pescato, aggiungervi valore ed esportarlo nell’Unione europea. È questa la strada che porta allo sviluppo e alla riduzione della povertà.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0029/2011)

 
  
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  Barbara Matera (PPE). - Signora Presidente, oggi ho espresso il mio voto a favore dell'interrogazione orale sull'adozione internazionale nell'Unione europea.

L'adozione internazionale risulta essere la procedura più consona ad offrire l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei bambini per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine. La cooperazione fra le autorità competenti negli Stati membri in materia di adozioni internazionali risulta importante per garantire che l'adozione si svolga nell'interesse del minore, nel rispetto dei suoi diritti fondamentali e che siano evitate la vendita e la tratta dei minori.

Occorre inoltre provvedere alla semplificazione della procedura di adozione internazionale, troppo spesso vi è un eccesso di burocrazia che disincentiva le famiglie a ricorrere all'adozione. Suscita preoccupazione, infine, il caso della Romania, unico paese dell'Unione europea ad aver impedito per legge le adozioni internazionali. Ad oggi vi sono circa 70 000 orfani nel paese, di cui 40 000 in orfanotrofio e 30 000 ospiti di assistenti maternali.

La Commissione europea dovrebbe far luce sul caso della Romania, in modo tale che questi bambini abbandonati possano essere accolti in nuclei familiari tramite l'adozione internazionale.

 
  
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  Andrea Češková (ECR). (CS) Signora Presidente, dovendo assolvere i miei impegni genitoriali, non mi è stato possibile prendere parte alla discussione tenutasi lunedì, evidentemente molto interessante. Desidero pertanto dichiarare all’Assemblea il mio appoggio, che riflette il mio voto. Mi auguro che in seguito alla presente risoluzione si arrivi alla riduzione delle procedure burocratiche relative all’adozione internazionale. È auspicabile che la presente risoluzione si traduca anche in un monitoraggio più efficace del percorso di adozione, nonché in un contributo alla lotta alla tratta dei minori.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE).(EN) Signora Presidente, è possibile che molti tra i deputati non siano al corrente del conflitto verbale, tanto dannoso quanto indesiderato, attualmente in corso in ambito di adozione. Se davvero la nostra priorità sono i diritti del minore, come peraltro è stato dichiarato in quest’Aula e nella risoluzione, allora stiamo facendo la cosa giusta per tutti i bambini, a prescindere dallo Stato membro di provenienza.

È fondamentale non accanirsi contro uno Stato in particolare, riconoscendo invece che in ogni paese vi sono bambini abbandonati o trascurati dal tradizionale nucleo familiare di appartenenza e che necessitano quindi di altre forme di cura. Sì, vi sono molte famiglie pronte ad accogliere i bambini con amore, ma, pur riconoscendo la necessità di snellire le procedure burocratiche, non si può per questo ridurre anche i controlli.

Desidero concludere sottolineando che spesso i genitori che vengono considerati idonei per l’adozione sono sottoposti a controlli di gran lunga più rigorosi rispetto alle coppie che danno alla luce un figlio naturale.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE). – Signora Presidente, il mio pensiero in questo momento va alle migliaia di coppie che in tutto il mondo quotidianamente affrontano le difficoltà necessarie ad ottenere l'affidamento di un bambino.

L'adozione è un valore, è una vera e propria manifestazione d'amore che apre le porte ad una nuova famiglia per un bambino che, purtroppo, non può più contare sull'affetto dei suoi cari. Chi porta dentro di sé la ferita dell'abbandono ha diritto a crescere in un ambiente felice, insieme a persone in grado di offrirgli una nuova vita.

È quindi nostro dovere aiutare gli orfani, affinché un futuro sereno non sia più un'utopia. Oggi, con l'adozione di questa risoluzione comune, deve partire un segnale forte e immediato. È necessario promuovere politiche comunitarie volte a superare le situazioni di difficoltà familiare. La lentezza burocratica e le lungaggini legislative non possono e non devono fermare il sogno e il desiderio di un bambino di avere una famiglia e un futuro felice.

 
  
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  Diane Dodds (NI).(EN) Signora Presidente, accolgo con favore la proposta di risoluzione relativa all’adozione internazionale oggetto della votazione odierna. Nella mia circoscrizione elettorale molti hanno affrontato o stanno affrontando il processo di adozione, ed è sempre un piacere vedere la gioia dipinta sui volti di genitori e bambini alla conclusione di tale percorso, che tuttavia è spesso molto lungo e può durare anche anni. Come si osserva nella proposta, si tratta di un processo caratterizzato da un’eccessiva burocrazia ed è giusto che il Parlamento si attivi per consentire lo snellimento delle procedure.

È fondamentale porre sempre l’accento sulla sicurezza e sulle necessità dei minori, spesso in condizioni di grave difficoltà. Bisogna senza dubbio adottare ogni misura necessaria affinché il minore non si trovi in una situazione di vulnerabilità, ma spesso le difficoltà che i genitori adottivi, pronti ad accogliere amorevolmente il bambino, devono affrontare sono davvero eccessive e li spingono persino ad abbandonare il processo di adozione, a discapito proprio e del minore.

 
  
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  Cristiana Muscardini (PPE). – Signora Presidente, in Europa, da molti anni affrontiamo il problema dell'adozione internazionale, e finalmente la risoluzione odierna viene a cercare di dare uno spiraglio in una situazione sempre più complessa e difficile.

L'arrivo di nuovi paesi, invece di incentivare l'adozione internazionale, ha reso sempre più difficile da parte di molte coppie il poter accedere ad avere presso di sé bambini a cui ridare una famiglia dopo tante sofferenze e privazioni nel loro paese.

E mentre da un lato sempre più burocrazia impedisce l'adozione di bambini, dall'altro aumentano i traffici di organi e la prostituzione minorile. Per questo noi siamo favorevoli a questa proposta di risoluzione e crediamo che sia necessario dare un'accelerazione alle pratiche di adozione internazionale e fare sì che ci sia, finalmente, una adozione europea per dare futuro a tanti bambini bisognosi.

 
  
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  Julie Girling (ECR).(EN) Signora Presidente, desidero esprimerle tutta l’approvazione e la gratitudine di questa parte dell’Aula, per aver presieduto la seduta odierna in modo tanto efficiente.

Ci troviamo di fronte ad una questione di grande rilevanza. Naturalmente l’adozione internazionale è molto importante ed è fondamentale affrontare la questione nel modo corretto. Accolgo con favore la presente risoluzione, formulata in modo intelligente e chiaro, come molte altre risoluzioni oggetto delle nostre votazioni in Parlamento. Desidero tuttavia sottolineare che, in base alla mia esperienza di contatto e assistenza agli elettori – tutt’ora in corso – non è sufficiente esprimere tutto questo in una risoluzione.

Il Parlamento europeo non si può certo definire una punta di eccellenza quando si tratta di semplificare le cose o di garantire un corretto funzionamento delle organizzazioni con cui interagiscono i cittadini. Mi appello affinché le parole della presente risoluzione si traducano in azioni concrete, volte ad una reale semplificazione, ad uno snellimento delle procedure e ad un effettivo miglioramento. In caso contrario si tratterebbe di uno sforzo inutile, che potrebbe perfino sortire l’effetto contrario.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE).(FI) Signora Presidente, desidero unirmi agli onorevoli colleghi nell’esprimere la mia soddisfazione circa la presente risoluzione. Ho avuto occasione di seguire personalmente da vicino alcuni casi di adozione internazionale ed ho notato che le procedure burocratiche sono effettivamente eccessive; è pertanto giusto snellirle, rendendo così l’intero processo più rapido e trasparente.

È nell’interesse di tutti che l’adozione escluda qualsiasi pratica contraria all’etica o legata alla tratta di minori e di esseri umani in generale. È fondamentale garantire che il minore non diventi un mezzo per perseguire scopi illeciti e che l’adozione sia invece il modo per trovare una famiglia amorevole e una casa, dove sarà trattato come un individuo unico e prezioso. Ogni bambino ha diritto ad un padre ed una madre e per questo qualsiasi decisione in ambito di adozione deve considerare la situazione della famiglia nella sua totalità.

Si tratta di questioni estremamente delicate. Alcuni studi hanno dimostrato che il genotipo culturale di ciascuno di noi si trova nel nostro DNA, ma è necessario garantire al bambino una famiglia amorevole ed un ambiente culturale in cui possa crescere e diventare una persona equilibrata ed un buon cittadino.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0021/2011)

 
  
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  Morten Messerschmidt (EFD).(DA) Signora Presidente, la Serbia è forse il paese europeo che più volte è stato occupato nel millennio appena trascorso, prima dalla Turchia, poi dalla Germania e infine dalla Russia. Abbiamo ora l’opportunità di trasformare quei giorni bui del passato, remoto e recente, in un radioso futuro.

Indubbiamente, visti da Belgrado, né la NATO con il massacro compiuto nella capitale, né l’Unione europea che ha appoggiato la lacerazione del paese con la conseguente separazione di una sua regione chiave, il Kosovo, rappresentano una prospettiva di alleanza allettante. Cionondimeno sono alleati e amici e tutti ne sono perfettamente consapevoli. È quindi fondamentale instaurare una relazione basata sulla razionalità, così da lasciare il passato alle spalle e guardare al futuro. Per questo motivo il mio partito è favorevole alla prosecuzione del dialogo.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). (SK) Signora Presidente, l’accordo di stabilizzazione e associazione tra le Comunità europee e la Serbia pone le fondamenta per una relazione salda e duratura, basata sulla reciprocità e gli interessi comuni. Contribuisce altresì alla stabilizzazione politica, economica ed istituzionale della Serbia e dei Balcani in generale.

L’accordo rappresenta una nuova opportunità di trasformazione per la Serbia, che potrà così prosperare attraverso l’intero processo di ristrutturazione e modernizzazione economica. Ritengo tuttavia che la Serbia debba continuare a rafforzare democrazia e stato di diritto, moltiplicando gli sforzi per riformare l’amministrazione pubblica e i tribunali, applicando i principi di giustizia ed operando al contempo un consolidamento strutturale a livello giuridico e amministrativo.

Requisito fondamentale per la piena integrazione della Serbia nell’Unione europea è, a mio avviso, la risoluzione dei gravi casi di violazione dei diritti umani, nonché la questione della collaborazione con il tribunale penale internazionale per la ex - Jugoslavia.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signora Presidente, desidero ringraziare il suo staff e gli interpreti per la pazienza dimostrata durante questa sessione insolitamente lunga.

Di fronte alla scelta tra democrazia e sovranazionalismo, l’Unione europea opta sempre per quest’ultimo E la politica adottata per i Balcani occidentali ne è un esempio lampante. Stiamo mantenendo protettorati a tutti gli effetti in Bosnia, Kosovo e perfino in Macedonia, all’unico scopo di prevenire la formazione di confini etnografici là dove la popolazione locale li riterrebbe opportuni.

Se gli elementi che accomunano la popolazione locale non sono sufficienti perché al suo interno si accettino scelte di governo di un gruppo etnico o di un altro, difficilmente si raggiungerà una democrazia effettiva. Affinché si realizzi un governo per il popolo e del popolo, è necessario che il popolo sia un’entità in cui tutti si riconoscono, in termini di identità e di alleanza.

In altre parole, la democrazia richiede la presenza di un “demos”, un’unità con cui identificarsi quando si usa il termine “noi”. Certo, non è facile. La lealtà può essere molteplice e le popolazioni possono essere frammentate, ma di fronte ad una sostanziale equità dovremmo sempre propendere per l’autodeterminazione nazionale. Senza “demos” la democrazia si riduce a “kratos”, il potere di un sistema che, per legge, deve attenersi a ciò che non osa chiedere in nome del patriottismo civico.

 
  
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  Nirj Deva (ECR).(EN) Signora Presidente, questa è davvero una bella notizia. Se si pensa a quanto la Serbia sia stata lontana dallo stato di diritto e dalle norme internazionali, o a cosa fosse il paese vent’anni fa, ritengo doveroso riconoscere e apprezzare gli sforzi dell’amministrazione serba e i progressi compiuti nel renderla un paese soggetto allo stato di diritto, che ora sembra essere alla base perfino dei rapporti con il Kosovo e con la Corte penale internazionale.

Le riforme della giustizia si basano sui precedenti e sulle migliori pratiche a livello internazionale. Il servizio civile indipendente che si sta costituendo è di ottima qualità e ci si aspetta lo stesso livello di efficienza anche dal suo futuro operato. Vige inoltre il totale rispetto dei criteri di Copenhagen. Per tutti questi aspetti, un paese che ha attraversato un conflitto così terribile sta ora emergendo come una nazione perfettamente idonea a divenire un partner affidabile per gli altri Stati membri dell’Unione europea. Desidero quindi estendere le mie congratulazioni alla Serbia.

 
  
  

Raccomandazione Kacin (A7-0362/2010)

 
  
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  Adam Bielan (ECR).(PL) Signora Presidente, desidero aggiungere una cosa circa la questione della Serbia. L’accordo dell’Unione europea con questo paese oggetto della votazione odierna è una pietra miliare sulla via che conduce all’adesione paese della Serbia all’Unione. Dodici Stati membri hanno già ratificato il trattato che mira a spalancare le porte dell’Unione alla Serbia; approvo pienamente l’accordo e mi appello ai restanti Stati membri, affinché lo ratifichino al più presto. Naturalmente l’integrazione della Serbia nelle strutture europee richiede la sua piena collaborazione con il tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia e segnatamente per quanto riguarda le responsabilità dei crimini di guerra. È necessario mantenere un dialogo continuo con il Kosovo e adottare ogni misura possibile al fine di prevenire qualsiasi forma di discriminazione nei confronti dei rom. Desidero in ultima istanza esprimere la mia soddisfazione ed il mio appoggio per tutte le misure che mirano a rafforzare democrazia e protezione dei diritti dell’uomo in Serbia, in altre parole, le misure volte a portare stabilità nel paese a livello politico, economico e sociale.

 
  
  

Relazione Matias (A7-0366/2010)

 
  
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  Clemente Mastella (PPE). – Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione perché ritengo che la comunicazione alla Commissione relativa a un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza rappresenti – e lo dico per esperienza, perché mio papà era malato di Alzheimer e mia nonna anche, spero di terminare il filone genetico – un passo in avanti in vista di una necessaria integrazione tra le diverse politiche sanitarie esistenti in Europa al fine di contrastare le citate malattie.

Intendiamo rinnovare, quindi, tutto il nostro impegno a combattere la frammentazione degli interventi, le divergenze tra le risposte esistenti nello spazio europeo e la disparità imperante nelle condizioni di accesso e di trattamento. Intendiamo invece promuovere la diagnosi precoce e la qualità della vita, migliorare la conoscenza epidemiologica della patologia e coordinare le ricerche in corso, favorendo la solidarietà tra Stati membri attraverso la condivisione di buone prassi.

Con la presente relazione chiediamo infine un miglior coordinamento tra gli Stati membri ed una risposta più efficace e solidale in vista della prevenzione e del trattamento delle varie forme di demenza, in particolare l'Alzheimer, a tutto vantaggio dei pazienti e di coloro che li circondano, siano essi professionisti del settore sanitario, fornitori di servizi o familiari.

Un'eventuale strategia europea in tal senso potrà funzionare soltanto a condizione – e termino – che i singoli paesi attribuiscano carattere prioritario alla definizione di piani d'azione nazionali.

 
  
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  Seán Kelly (PPE).(GA) Signora Presidente, mi sono espresso a favore della presente relazione e sono lieto che sia stata approvata quasi all’unanimità. Ammetto di non avere avuto la possibilità di intervenire al riguardo, pur avendo seguito l’intera discussione in Parlamento. Desidero pertanto utilizzare il minuto a mia disposizione per sollevare alcune questioni.

La più importante è la pressante necessità di scoprire la causa di questa malattia attraverso la ricerca scientifica. Quanto vi contribuiscono le abitudini alimentari, lo stress quotidiano, il patrimonio genetico? E per quale motivo la popolazione femminile è doppiamente più colpita dal morbo di Alzheimer rispetto a quella maschile?

Sono interrogativi importanti, che non possono trovare risposta senza l’apporto della ricerca. Mi appello alla Commissione affinché affidi ad un centro medico illustre il compito di condurre tale ricerca e trovare le risposte che cerchiamo.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE).(PL) Signora Presidente, il morbo di Alzheimer è una malattia per cui il genere umano non ha ancora trovato una cura. La ricerca ha registrato un preoccupante aumento del numero di casi di Alzheimer ed il progressivo invecchiamento della popolazione europea si ripercuoterà drasticamente su questi dati nel prossimo futuro. La demenza diventa un pesante fardello non soltanto per chi è affetto dal morbo, ma anche per i familiari e gli amici del malato, spesso costretti a dedicare la propria vita esclusivamente alla cura dei propri cari. Abbiamo un forte bisogno di relazioni come questa, che sottolineano il problema e avanzano proposte di iniziative volte al miglioramento della qualità della nostra salute e della nostra vita. È evidente che un’azione congiunta da parte degli Stati membri, nonché la creazione di programmi di prevenzione e l’assistenza alle famiglie colpite siano progetti che meritano il nostro pieno sostegno. Abbiamo il dovere di fare tutto il possibile per aiutare quanti soffrono e, guardando al futuro, ridurre al minimo il numero degli individui che contraggono la malattia.

 
  
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  Jim Higgins (PPE).(EN) Signora Presidente, apprezzo particolarmente l’ampia prospettiva con cui la relazione affronta la problematica in questione. La molteplicità di aspetti è senz’altro la principale caratteristica del morbo di Alzheimer.; si è parlato infatti di prevenzione, diagnosi, terapia e cura. La realtà è che, tra le malattie, le più temute sono cancro e Alzheimer. Abbiamo compiuto enormi passi avanti in termini di diagnosi delle cause, prevenzione e gestione delle cure per il cancro e i risultati conseguiti sono innegabili.

Sebbene il morbo di Alzheimer sia stato scoperto nel 1906, si è verificata una circostanza particolare in tutte le forme di demenza: non ne conosciamo ancora la causa, né sappiamo curarla. La presente relazione è comunque apprezzabile. Siamo di fronte ad una serie di sfide, prima fra tutte la ricerca delle cause scatenanti di tali patologie per individuare un metodo di prevenzione, nonché l’introduzione di una cura definitiva.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0023/2011)

 
  
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  Syed Kamall (ECR).(EN) Signora Presidente, quanti tra noi hanno visitato Haiti o hanno assistito alla terribile devastazione che si è abbattuta sull’isola non potranno che convenire sull’opportunità della decisione delle ONG e della comunità internazionale di intervenire congiuntamente e affrontare il disastro in loco, con ricoveri, derrate alimentari, coperte e così via.

Vi invito ora a considerare la situazione attuale ad un anno dalla catastrofe. La relazione enumera alcuni problemi, tra cui il fatto che per evacuare tonnellate di macerie gli Haitiani dispongono unicamente di pale, picconi e carriole, strumenti chiaramente inadeguati rispetto alla portata del disastro. La risoluzione denuncia inoltre la grave crisi di alloggi ad Haiti e sottolinea la mancanza di un sistema fondiario, facendo appello alla Commissione, affinché si compia uno sforzo significativo per risolvere il problema, nello spirito del consenso europeo sull'aiuto umanitario e in collaborazione con le autorità haitiane.

Il grande assente tra gli argomenti trattati è il ruolo del settore privato. Se riusciremo a risolvere alcuni dei problemi esistenti nel lungo termine, accanto all’azione immediata di ONG e organizzazioni umanitarie, è necessario ripensare ad un ruolo delle imprese, perché possano attivarsi, appunto, nel lungo termine.

 
  
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  Nirj Deva (ECR).(EN) Signora Presidente, ad un anno dal terremoto che ha colpito Haiti solo il 5 per cento delle macerie è stato rimosso, si contano un milione di senzatetto, 230 000 morti, 300 000 feriti e soltanto il 15 per cento delle ricollocazioni in aree potenzialmente abitabili è stato portato a termine.

Perché? Perché soltanto il 5 per cento delle macerie è stato rimosso? Durante un terremoto crollano intere muri. Chi sarebbe in grado di sollevarli? Le ONG con i loro badili, forse? I Commissari europei armati di secchi? Certo che no! Soltanto con macchinari e attrezzature adeguate è possibile farlo e questi macchinari possono essere messi a disposizione solo da aeronautica, marina ed esercito. Ma quando questi corpi hanno offerto il loro aiuto, le sinistre di questo Parlamento e del mondo intero hanno intimato loro di andarsene. E l’hanno fatto! E così nell’arco di un anno nulla è cambiato.

È politicamente sconvolgente che ci si rifiuti di assumersi la responsabilità della situazione attuale, ma io punto fermamente il dito contro la sinistra di questo Parlamento e della comunità internazionale.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE).(FI) Signora Presidente, desidero intervenire brevemente sulla situazione di Haiti. È importante riconoscere che il grado di coordinamento è stato insufficiente, anche in base ai rilievi di aggiornamento tuttora in atto. È necessario migliorare quest’aspetto, come dimostra l’estrema lentezza dei progressi.

È vero che la situazione si è gradualmente politicizzata, come ha sottolineato l’onorevole Deva e questo non va a beneficio di nessuno. Oggi più che un anno fa Haiti ha bisogno di aiuto e di assistenza primaria. Gli aiuti devono assolutamente arrivare alla giusta destinazione.

Se si guarda allo specifico, le organizzazioni umanitarie hanno sicuramente svolto un buon lavoro. Dal punto di vista del contributo europeo, molte organizzazioni umanitarie cristiane hanno fatto moltissimo per quanto riguarda i bisogni essenziali, aiutando la popolazione di Haiti a sopravvivere. Dobbiamo riconoscere questi sforzi e sostenerli per ciò che sono, ma la crisi ad Haiti richiede un intervento di più ampia portata e un maggiore coordinamento, da parte dell’Europa e naturalmente da parte delle Nazioni Unite.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0031/2011)

 
  
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  Peter van Dalen (ECR).(NL) Signora Presidente, la Lituania è uno Stato sovrano. Il parlamento nazionale ha discusso nuove proposte circa le espressioni di sessualità nei media o in pubblico. La democrazia lituana è in fermento: il capo dello Stato ha già posto il veto a iniziative simili in altre due occasioni, mentre è iniziato un dibattito politico la cui conclusione, allo stato attuale, non può essere prevista.

Eppure la maggioranza del Parlamento europeo non ha esitato a entrare nel merito. A quanto sembra, i membri di quest’Assemblea sono, per la maggior parte, dotati di un senso illuminato della moralità, che conferisce loro una facoltà superiore di distinguere tra accettabile e inaccettabile. Risulta chiaro fin d’ora se la legge verrà approvata e quale configurazione assumerà: l’onniveggenza degli alti sacerdoti di questo Parlamento è interamente concentrata sulla Lituania. Non posso sostenere nella maniera più assoluta una simile arroganza.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE). (SK) Signora Presidente, il diritto di legiferare spetta al legislatore di ciascun paese e, essendo proprio di uno Stato sovrano, non può essere sottoposto a interferenze esterne, un principio applicabile anche alla Lituania.

Per quanto riguarda l’Unione europea, va anche precisato che la definizione di matrimonio e di famiglia afferisce al diritto familiare dei singoli Stati membri, che non può essere oggetto di intromissioni da parte dell’UE. Pertanto, la tutela di un’istituzione come la famiglia, deputata a crescere le nuove generazioni e prepararle alla vita, non può essere condannata o considerata discriminante.

Quanto alla protezione dei minori dagli effetti nocivi dell’informazione pubblica, lo stesso Parlamento europeo ha stabilito di recente che i vari tipi di pubblicità diffusisi attraverso i nuovi mezzi di comunicazione negli ultimi anni sono diventati un fenomeno sociale; tra i suoi effetti si annoverano la trasmissione di informazioni deliberatamente ingannevoli e fuorvianti nonché il rischio di un abuso di potere, per cui lo Stato deve trovare una risposta adeguata.

Gli studi condotti dimostrano che i minori necessitano di una particolare tutela da certe informazioni, che possono incidere profondamente sullo sviluppo dell’individuo. Lo dico in quanto medico.

 
  
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  Vytautas Landsbergis (PPE).(EN) Signora Presidente, ecco le mie considerazioni sulla risoluzione di condanna della Lituania: non è accaduto nulla e nel testo approvato manca il punto di vista più importante. Avevo proposto, senza risultati, il seguente emendamento orale al preambolo: “considerando che l’intervento del Parlamento europeo su iter dei parlamenti nazionali al primo stadio dei lavori, in merito a una qualunque proposta di legge, è contrario ai principi fondamentali di sovranità e sussidiarietà degli Stati membri e, pertanto, rivela il legame sempre più stretto del Parlamento europeo con pratiche di epoca sovietica”.

A fornire il pretesto per questa risoluzione è stata soltanto una bozza di emendamento, sottoposta da un deputato del parlamento nazionale; sottolineo una bozza di emendamento. Ciononostante, il testo appena approvato usa insistentemente e irragionevolmente il plurale, riferendosi per ben sei volte alla presunta inclusione di diversi emendamenti deprecabili.

Anche il titolo della risoluzione contiene un’assurdità: l’espressione “sulla violazione”. Non vi è stata nessuna violazione, ma soltanto la proposta di un deputato; il parlamento non ha assunto nessuna decisione tacciabile di violazione. Affermazioni di questo genere rispecchiano un pessimo lavoro di stesura dei testi, per non parlare dell’irresponsabilità dei colleghi che hanno redatto e sottoposto all’Assemblea questo documento, per cui sarebbe stata necessaria almeno una formulazione più intelligente, se non l’archiviazione tout court. Ho dunque votato contro l’intera proposta.

 
  
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  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signora Presidente, gli Stati membri dell’Unione europea hanno intrapreso, ormai da decenni, un percorso ampio e positivo verso l’affermazione dei principi di parità di fronte alla legge, privacy e libertà individuale. Spero dunque che nessuno degli Stati membri si abbandoni a tendenze retrograde sul tema dell’uguaglianza indipendentemente dall’orientamento sessuale. Non credo che ciò accadrà. Come ci hanno ricordato l’onorevole Landsbergis e, prima ancora, l’onorevole van Dalen, questa discussione ha perso di vista un punto: parliamo di una proposta, non di una risoluzione legislativa.

Come ricorderete, l’argomento è stato oggetto di discussioni nel Regno Unito. Abbiamo avuto i nostri scontri sulla “Section 28” e, all’epoca, ero tra i pochi del mio partito a essere contrario. Osteggiavo la proposta fin dalla sua prima versione, quando era nota come “Section 27”, perché mi sembrava del tutto infelice trasformare la legge in un mezzo per esprimere approvazione o contrarietà. Con questa iniziativa abbiamo dotato lo Stato di uno strumento straordinariamente potente, che è stato poi utilizzato per vietare l’uso delle armi, la caccia eccetera.

Ad ogni modo, il punto è che non faccio parte degli organi legislativi lituani. I membri di quest’Assemblea possono nutrire le opinioni più contrastanti sulla legge in materia di aborto in Polonia o sulle disposizioni relative all’eutanasia nei Paesi Bassi. Si tratta di questioni delicate per i nostri elettori, che dovrebbero essere disciplinate adeguatamente attraverso i meccanismi nazionali di ciascuno Stato membro. Dovremmo avere l’umiltà di riconoscere il diritto alla democrazia e alla sovranità parlamentare di tutti i 27 Stati membri.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura: relazione Grossetête (A7-0307/2010)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del testo, che rafforza i diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. Va ricordato che vi sono oggigiorno troppe incertezze su questioni quali l’accessibilità delle cure, i rimborsi nonché la responsabilità per l’osservazione clinica post-trattamento nel settore delle cure transfrontaliere. La direttiva in esame dovrà permettere a tutti i pazienti, e non soltanto ai più informati o ai più fortunati, di beneficiare di un certo numero di diritti già riconosciuti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di assistenza sanitaria. Occorre inoltre sottolineare che non si tratta affatto di incoraggiare le cure transfrontaliere in quanto tali, ma di renderle possibili, sicure e di elevata qualità nei casi in cui si rivelino utili o necessarie. I cittadini dell’Unione europea devono godere di migliori informazioni e maggiore chiarezza sul contenuto delle disposizioni applicabili alle cure prestate in uno Stato membro diverso da quello di affiliazione. Inoltre, pur convenendo sulla necessità di contrastare il “turismo sanitario”, credo che la tutela dei diritti dei pazienti presupponga la creazione di un sistema di autorizzazione preventiva, che risulti flessibile dal punto di vista dei pazienti ma che, al contempo, dal lato dei responsabili della gestione sanitaria, preveda un meccanismo di preavviso per i costi derivanti dai trasferimenti verso istituzioni sanitarie di altri Stati membri.

 
  
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  Antonello Antinoro (PPE), per iscritto. − Questa raccomandazione al Consiglio era fondamentale per assicurare ai pazienti un livello di certezza giuridica il più elevato possibile per esercitare i diritti in termini concreti, come indicato dalla Corte di giustizia europea.

Questo orientamento, comunque, non interferisce con le competenze esclusive degli Stati membri nella gestione dei sistemi sanitari interni e nelle scelte di politica sanitaria nazionale come disposto dal trattato. I punti principali, infatti, sono stati: le malattie rare; gli standard qualitativi e le norme di sicurezza; le procedure di rimborso e di autorizzazione preventiva e i pagamenti anticipati; il ruolo dei punti di contatto come "sportello unico"; l'esclusiva competenza degli Stati Membri in materia di "paniere dei servizi sanitari" e di scelte di natura etica in campo sanitario; e-health e cooperazione tra Stati membri.

Inoltre si sono chiariti i diritti dei pazienti enunciati dalla Corte di giustizia europea ed il miglioramento della certezza giuridica globale in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera, agevolare l’accesso all’assistenza sanitaria transfrontaliera e il suo rimborso, secondo criteri sicuri e di qualità, promuovere la cooperazione in materia di assistenza sanitaria tra gli Stati membri.

 
  
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  Liam Aylward (ALDE), per iscritto. (GA) Ho espresso voto favorevole perché concordo sul fatto che oggigiorno vi siano troppe incertezze su questioni quali l’accessibilità delle cure, i rimborsi nonché la responsabilità per l’osservazione clinica post-trattamento nel settore delle cure transfrontaliere.

Sebbene sia fondamentale non accrescere la pressione sui sistemi sanitari nazionali o non aggravare le disuguaglianze al loro interno, i pazienti devono avere la facoltà e la libertà di ricorrere a cure mediche transfrontaliere, ricevendo tutte le informazioni circa i relativi diritti. Occorre eliminare l’incertezza giuridica che circonda l’ammissibilità all’assistenza sanitaria e i rimborsi, fornendo ai pazienti indicazioni chiare e precise sui tempi e sulle condizioni di copertura delle cure ricevute in un altro Stato membro.

Accolgo con favore la proposta, avanzata nella relazione, di istituire punti di contatto nazionali in tutti gli Stati membri, affinché i pazienti siano informati dei trattamenti disponibili nonché delle modalità di presentazione di una richiesta di cure transfrontaliere, di un reclamo o di un ricorso.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questo importante documento. I cittadini dell’Unione europea si attendono che gli Stati membri garantiscano servizi sanitari sicuri, qualitativamente elevati ed efficienti. Poiché la competenza in materia di assistenza sanitaria spetta agli Stati stessi, i livelli di accessibilità e qualità potrebbero variare leggermente. Non sempre i pazienti possono ottenere cure adeguate nel proprio paese, in chiara violazione delle libertà sancite dal trattato sull’Unione europea. Resta inoltre irrisolto il problema del riconoscimento delle prescrizioni all’interno dell’UE europea, che pone gravi difficoltà ai viaggiatori. Non credo che la libera circolazione dei pazienti e il diritto di essere curati in un altro Stato membro favoriscano il turismo sanitario. Ritengo anzi che tali disposizioni possano inviare un segnale positivo agli Stati membri affinché predispongano riforme appropriate nel settore della sanità, assicurando che i servizi offerti siano quanto più diversificati e validi possibile e che, pertanto, i pazienti possano essere curati in un altro Stato membro se necessario.

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) La direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera rappresenta un progresso fondamentale verso la mobilità dei pazienti all’interno dell’Unione europea. Il documento si prefigge di semplificare e sostenere l’accesso a servizi sanitari transfrontalieri di elevata qualità, nonché il diritto dei pazienti a essere rimborsati dallo Stato membro di appartenenza, promuovendo così anche la cooperazione tra paesi. Vengono altresì introdotti chiari vantaggi per i pazienti (soprattutto nel caso di patologie rare e complesse), che avranno la possibilità di ricevere diagnosi e cure nello Stato membro più adatto alle rispettive esigenze. Tale mobilità consentirà inoltre ai pazienti di evitare le liste di attesa nazionali nel rispetto della legge, ricorrendo ai servizi sanitari offerti in altri paesi dell’UE. La direttiva in esame permetterà a tutti i pazienti di beneficiare di un certo numero di diritti già riconosciuti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di assistenza sanitaria. Si tratta indubbiamente di un passo avanti nel processo di integrazione europea e nel consolidamento della solidarietà, nel contesto di un’Europa incentrata sui cittadini. Per tutti questi motivi, ho espresso voto favorevole.

 
  
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  George Becali (NI), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione, e desidero ringraziare la relatrice per il lavoro svolto e le proposte avanzate. Condivido l’idea che i pazienti debbano compiere una scelta basata sulla necessità e non sulle possibilità economiche, sulla scelta informata e non sull’obbligo. La facoltà di ricorrere alla mobilità dei pazienti, aggirando le liste di attesa nazionali, è una questione della massima urgenza per i cittadini europei, con particolare riguardo a quelli provenienti dai nuovi Stati membri, fra cui la Romania. Sono altresì favorevole alla proposta di istituire un sistema di autorizzazione preventiva che risulti flessibile dal punto di vista dei pazienti.

 
  
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  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto.(FR) Sebbene un numero sempre più elevato di cittadini europei ricorra all’assistenza sanitaria prestata in uno Stato membro diverso dal proprio, spesso manca loro la consapevolezza dei diritti riconosciuti in questo settore. I pazienti devono seguire un iter lungo e macchinoso per ottenere il rimborso delle cure ricevute all’estero, oltre a incontrare difficoltà nel reperire le informazioni necessarie.

In questa prima tornata del 2011 abbiamo adottato una direttiva intesa a chiarire i diritti dei pazienti europei che ricorrono a servizi sanitari esteri. Il testo, approvato ad ampia maggioranza, stabilisce che i cittadini saranno rimborsati per le cure ricevute in un altro Stato membro. Si tratta di una notizia positiva per i pazienti che si trovano in lunga lista di attesa e faticano a ottenere i trattamenti necessari nel proprio paese.

Favorire la mobilità al fine di migliorare i servizi sanitari per i pazienti europei: è questo il nostro obiettivo! Verrà inoltre inaugurata una stretta collaborazione sulle patologie rare, allo scopo di migliorare le cure per i pazienti bisognosi di assistenza sanitaria specializzata.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione perché la proposta di direttiva in esame intende conferire a tutti i pazienti il diritto e l’opportunità di ottenere, con la massima rapidità, cure mediche essenziali in un altro Stato membro. Inoltre, il documento enuncia chiaramente i casi in cui il ricorso a tale assistenza è ammesso, mentre allo stato attuale le regole concernenti il rimborso delle cure non sono sempre chiare e comprensibili. Desidero sottolineare che la direttiva deve riguardare tutti i pazienti, non soltanto i più informati o i più fortunati, e garantirne la sicurezza. Il Parlamento aveva espresso parere positivo già in prima lettura, ma purtroppo il Consiglio non ha tenuto conto di tutti gli emendamenti proposti dall’Assemblea, tralasciando ad esempio la questione fondamentale del trattamento di patologie rare. Malgrado il suo atteggiamento, i 25 milioni di europei che soffrono di malattie rare dovrebbero avere la possibilità di ricevere cure mediche in un altro Stato membro. Condivido peraltro la seguente proposta del Parlamento: onde evitare discriminazioni contro i cittadini con un reddito modesto, il ricovero nello Stato membro in cui l’assistenza è fornita dovrebbe essere a carico dello Stato membro di origine, eliminando l’obbligo preliminare di apertura di un conto, oppure tutti i costi sostenuti dal paziente dovrebbero, perlomeno, essere rimborsati immediatamente. È altresì essenziale che ciascuno Stato membro istituisca punti di contatto nazionali per fornire ai pazienti tutte le informazioni necessarie circa la disponibilità dell’assistenza sanitaria, le procedure e la documentazione richiesta.

 
  
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  Jan Březina (PPE), per iscritto. (CS) Ho votato a favore della relazione Grossetête perché elimina l’incertezza, che persiste da molti anni, circa il rimborso dei costi e il relativo problema dell’accessibilità dell’assistenza sanitaria transfrontaliera. Mentre finora i vantaggi delle cure mediche transfrontaliere erano una prerogativa dei pazienti meglio informati o più motivati, adesso questa possibilità è aperta a tutti. Convengo sulla necessità di subordinare il rimborso dei costi al rilascio di un’autorizzazione preventiva nei casi precisamente descritti e giustificati, qualora le cure richiedano un ricovero di almeno una notte o apparecchiature altamente specializzate e dispendiose, oppure quando sussista un rischio particolare per i pazienti o la popolazione. Ritengo che, nei suddetti casi, l’autorizzazione preventiva contribuisca a prevenire un turismo sanitario eccessivo.

L’espansione di tale fenomeno si ripercuote negativamente su diversi sistemi sanitari europei. Tuttavia, se un paziente si trova ad attendere tempi irragionevolmente lunghi nel proprio paese, non sorprende che voglia recarsi in uno Stato dove potrebbe ricevere cure più tempestive e, forse, valide; d’altro canto, nei paesi che maggiormente accolgono cittadini stranieri bisognosi di cure mediche o interventi, esiste il rischio che questi ultimi scavalchino i pazienti nazionali.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) La direttiva in esame definisce norme volte ad agevolare l’accesso a un’assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità, promuovendo una migliore cooperazione in ambito sanitario tra Stati membri, nel pieno rispetto delle giurisdizioni nazionali. Il testo contempla valori comuni fondamentali come l’universalità, l’accessibilità di servizi sanitari di buon livello, la parità e la solidarietà. Ne derivano chiari vantaggi per i pazienti, soprattutto quelli che soffrono di patologie croniche e rare, poiché potranno rivolgersi a centri di eccellenza nel settore che li riguarda. Questa direttiva costituisce un altro esempio dei modi in cui l’Unione può mettersi al servizio dei cittadini, consentendo loro di scegliere l’istituzione sanitaria più adatta indipendentemente dallo Stato membro in cui ha sede.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Gli Stati membri hanno il dovere di offrire ai propri cittadini i servizi sanitari sicuri, qualitativamente elevati ed efficienti di cui hanno bisogno. La direttiva in esame non può, pertanto, minare la libertà dello Stato membro di scegliere la forma di assistenza sanitaria che reputa più adeguata. Viviamo in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, all’interno del quale i cittadini europei possono circolare liberamente. È dunque essenziale definire norme chiare nel settore dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, con particolare riguardo ai costi delle cure ricevute in un altro Stato membro. In conformità alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la direttiva garantisce maggiore sicurezza ai cittadini dell’UE, consentendo loro di sottoporsi ai trattamenti necessari in un altro Stato membro e di essere rimborsati entro il massimale previsto dai rispettivi sistemi sanitari. È altresì indispensabile creare un sistema di autorizzazione preventiva per l’assistenza ospedaliera che sia flessibile e permetta ai pazienti di accedere a cure sicure e di qualità. L’atto rappresenta un primo, fondamentale passo verso la mobilità dei pazienti nell’UE: la presenza di norme minime comuni è, difatti, preferibile alle singole pronunce in sede giudiziale.

 
  
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  Lara Comi (PPE), per iscritto. − Valuto positivamente l'adozione della Direttiva volta a introdurre nuove regole in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera. Con la nuova normativa, l'Europa compie un passo importante, non solo nel senso di un'agevolazione dell'assistenza sanitaria, specie nelle regioni di confine, e di un ampliamento delle opportunità di cura per i cittadini dell'UE, ma anche di un generale avanzamento nel settore sanitario, grazie agli incentivi alla ricerca provenienti dalla cooperazione tra gli Stati. In particolare, approvo l'introduzione di norme volte a rafforzare la cooperazione in materia di patologie rare, così da consentire a coloro che ne soffrono di poter beneficiare dei vantaggi derivanti da una più stretta collaborazione sanitaria tra gli Stati membri. Inoltre, la norma che vincola il rimborso alla condizione che il trattamento e i costi siano coperti dai rispettivi sistemi sanitari, nonché la previsione di un'autorizzazione preventiva per i trattamenti che comportano un ricovero, rappresentano clausole di salvaguardia, volte ad assicurare la stabilità dei sistemi sanitari nazionali. La Direttiva consente pertanto di procedere in maniera significativa lungo la via del miglioramento dei servizi sanitari, realizzando il giusto compromesso tra le esigenze degli Stati che dell'erogazione di tali servizi sono responsabili e quelle dei cittadini che ne sono i principali beneficiari.

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto. (RO) Il progetto di risoluzione legislativa sulla posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera rappresenta un documento importante, e la sua approvazione costituirà un progresso significativo sul piano sociale. La possibilità di ricevere cure mediche in qualunque Stato membro dell’UE costringerà i paesi in cui il sistema sanitario versa in condizioni precarie a rivedere le rispettive priorità e dedicare a questo settore l’attenzione che merita.

Allo stesso modo, si presenta l’opportunità di innescare una concorrenza diretta tra i vari sistemi, spingendoli ad evolversi e a prestare la dovuta attenzione alle aspettative ed esigenze dei pazienti.

Nel contempo, la direttiva incoraggerà la creazione di centri di eccellenza medica a livello transfrontaliero, che diventeranno anche luoghi di istruzione e formazione specializzata per studenti e medici.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Ritengo utile che la direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera introduca l’obbligo di redigere un elenco di condizioni e criteri specifici in base al quale un’autorità nazionale dovrà giustificare l’eventuale rifiuto di autorizzare il trattamento di un paziente in una struttura estera. Tali condizioni devono altresì tener conto del potenziale rischio per il paziente stesso o il pubblico, qualora vengano presentate diverse richieste dello stesso tipo. Mi auguro che la direttiva ottenga anche l’approvazione del Consiglio ed entri in vigore quanto prima, nell’interesse dei pazienti.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) Sono favorevole a questa proposta circa l’assistenza sanitaria transfrontaliera. Le cure mediche non dovrebbero mai essere considerate alla stregua di un servizio commerciale. Questa iniziativa mira ad assicurare che non vi siano ostacoli superflui all’ottenimento di cure mediche in uno Stato membro diverso dal proprio; intende altresì attuare gli orientamenti che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha espresso nelle proprie sentenze, proponendosi di fare maggiore chiarezza sul diritto del paziente a essere rimborsato dallo Stato di origine. È importare non solo garantire servizi sanitari transfrontalieri sicuri, qualitativamente elevati, accessibili ed efficienti, ma anche assicurare il giusto equilibrio tra il diritto dei pazienti dell’UE a rivolgersi a istituzioni sanitarie estere, da un lato, e le capacità dei sistemi sanitari nazionali nonché le relative priorità, dall’altro. La direttiva farà luce sul rimborso dei costi per le cure ricevute in un altro Stato membro, garantendo il buon funzionamento e l’equilibrio finanziario dei sistemi sanitari di ciascun paese. È essenziale che gli Stati membri dispongano l’istituzione di un sistema di autorizzazione preventiva ben definito per la copertura dei costi derivanti da trattamenti ospedalieri o specializzati.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto.(FR) Proponendo un sistema che assegna priorità alle esigenze dei pazienti, inviamo un segnale forte ai nostri concittadini. Il Parlamento europeo ha mantenuto una posizione compatta e ferma su questo atto di riconoscimento dei bisogni dei pazienti europei, che rappresenta un primo passo verso il rafforzamento del diritto ad accedere a un’assistenza sanitaria di qualità nel nostro continente. Secondo le nuove norme, i cittadini europei potranno essere rimborsati per le cure ricevute in un altro Stato membro a condizione che lo stesso trattamento sia normalmente rimborsabile, per tipologia e per costi, nel paese di origine del paziente. Le autorità potranno invitare i pazienti a richiedere un’autorizzazione preventiva qualora il trattamento preveda un ricovero di almeno una notte o cure specializzate; qualunque rifiuto dovrà essere motivato con chiarezza. Il ricorso all’assistenza sanitaria transfrontaliera potrebbe giovare, in particolar modo, ai pazienti costretti ad affrontare lunghe liste di attesa o impossibilitati a ottenere cure specializzate. Adesso occorre garantire che l’attuazione della direttiva venga seguita adeguatamente e produca risultati concreti sull’assistenza sanitaria, nell’interesse dei pazienti europei.

 
  
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  Anne Delvaux (PPE), per iscritto.(FR) Il tema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera è da tempo al centro di negoziati. La questione ha scatenato un’ondata di proteste quando, in una precedente versione del testo, si profilò il rischio di un’assistenza sanitaria a due velocità, intesa a promuovere il turismo sanitario per i pazienti con maggiori possibilità economiche e a danneggiare gli Stati membri che non avrebbero potuto pianificare i propri servizi sanitari sulla base di una domanda correlata alla qualità offerta. Il testo adottato lo scorso mercoledì è più consensuale e consente ai pazienti europei di ricevere cure che non sono disponibili nei rispettivi paesi o per cui le liste di attesa sono molto lunghe. I costi derivanti dalle cure in un altro Stato membro saranno rimborsati nel paese in cui il paziente risiede, ma non potranno superare l’importo richiesto per un trattamento analogo. I pazienti dovranno inoltre richiedere un’autorizzazione preventiva per talune cure specializzate o per ricoveri di almeno una notte; ogni rifiuto dovrà essere motivato. Si tratta di un ulteriore progresso verso la realizzazione di un’Europa della sanità, e non possiamo che esserne soddisfatti.

 
  
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  Robert Dušek (S&D), per iscritto.(CS) Il tema dell’accessibilità all’assistenza sanitaria transfrontaliera è caratterizzato da una disinformazione generalizzata e da un atteggiamento di rifiuto a priori. Nel quadro delle libertà fondamentali sancite dall’UE, ogni cittadino dovrebbe avere la possibilità, in via di principio, di ricorrere ai servizi di sanitari di un altro Stato membro qualora la terapia o le cure siano di qualità più elevata o più rapide e laddove il cittadino stesso si faccia carico dei relativi costi. Consentire ai pazienti di accedere ai servizi sanitari di un altro Stato membro è pertanto una priorità. Questa discussione si protrae da anni senza compiere progressi significativi: è ammesso ricevere cure mediche in un altro paese dell’UE solo in casi di emergenza, il che rende impossibile la pianificazione dei trattamenti.

Permane l’obbligo di iscrizione al regime nazionale di assicurazione malattia, che può essere richiesta, ovviamente, soltanto dai cittadini dell’Unione europea con residenza permanente nello Stato in questione. Questa disposizione è semplicemente assurda, visto che i cittadini possono avere soltanto un recapito permanente, che sarà nel paese in cui risiedono, e non possono pertanto aderire al regime di due o più paesi dell’UE. Con questo provvedimento di legge impediamo dunque ai cittadini dell’UE di investire ancor più nella propria salute e nelle cure necessarie, qualora lo desiderino. Tuttavia, la raccomandazione costituisce perlomeno un piccolo passo nella giusta direzione; ho dunque espresso voto favorevole.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in esame chiarisce e semplifica l’accesso all’assistenza sanitaria transfrontaliera nonché l’esercizio del diritto di rimborso nei confronti dello Stato membro di affiliazione, consentendo così a tutti i pazienti dell’UE di beneficiare dei servizi sanitari offerti in un altro Stato membro. In realtà, tali diritti sono già riconosciuti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea; questo atto rappresenta un passo avanti nel processo di integrazione europea e verso il consolidamento della solidarietà, nella misura in cui si riducono le liste di attesa, migliora la qualità dell’assistenza sanitaria e si impartisce uno slancio alla ricerca scientifica. Le patologie rare sono una priorità, e adesso è possibile effettuare la diagnosi e ricevere le cure necessarie nello Stato membro più adatto allo scopo. Questa direttiva si rivolge a tutti i cittadini europei che necessitano di assistenza sanitaria. Sbaglia dunque il Ministro della sanità portoghese quando afferma che queste disposizioni giovano soltanto ai cittadini con un grado di istruzione più elevato o con maggiori possibilità economiche: questa è la situazione che si crea attualmente, in assenza della direttiva. Il Portogallo, dotato di un eccellente sistema sanitario, non può restare ai margini di un progetto tanto importante; il paese deve cogliere l’opportunità offerta dalla direttiva per attuare altri interventi di modernizzazione e fornire un’assistenza sanitaria competitiva ai cittadini europei interessati.

 
  
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  Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. − Accolgo con favore la nuova normativa che regola il diritto dei pazienti alle cure mediche in un altro paese dell'UE. Il lavoro del PPE, in stretta collaborazione con gli altri gruppi politici, è stato ancora una volta fondamentale: l'approvazione della relazione della collega francese Grossetête arriva dopo lunghi negoziati con il Consiglio e consente di compiere un passo in avanti significativo in un settore in cui le normative vigenti non erano sufficienti. Le nuove norme, che riguardano solo coloro i quali scelgono di farsi curare all'estero, stabiliscono che i cittadini dell'UE possono essere rimborsati per l'assistenza medica che ricevono in un altro Stato membro, a condizione che fosse prevista nel loro paese di appartenenza la copertura del trattamento e dei relativi costi. Tutto ciò assume particolare valenza se si pensa al fatto che la ricerca di cure sanitarie all'estero potrebbe avvantaggiare soprattutto i pazienti inseriti in lunghe liste d'attesa, o quelli che non sono in grado di trovare cure specialistiche.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato contro la direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, malgrado gli emendamenti al testo iniziale. La versione finale, frutto di un compromesso con la maggioranza del Consiglio, prevede un periodo di trenta mesi per il recepimento da parte degli Stati membri.

Il nostro voto contrario è dovuto all’applicazione del principio della libera circolazione ai servizi sanitari, che non tiene conto delle loro specificità né della necessità di garantire un servizio sanitario pubblico teso a rispondere innanzi tutto alle esigenze dei cittadini del paese.

Dovremmo tener presente che questa proposta della Commissione è stata presentata in seguito ai fatti del 2007. All’epoca il Parlamento europeo si oppose all’inclusione dei servizi sanitari nella sfera di applicazione della direttiva sui servizi nel mercato interno in seguito all’opposizione dei lavoratori e del pubblico, che consentì di stralciare il provvedimento da quella infelice versione della direttiva Bolkestein.

Ciononostante, la decisione finale del Parlamento, che abbiamo sempre osteggiato, comprende una serie di concessioni che permettono agli Stati membri di utilizzare, se lo desiderano, determinati meccanismi per proteggere i propri servizi pubblici.

Pertanto, anche se questo potrebbe complicare l’accesso ai servizi sanitari, in particolare per i cittadini che non possono ricorrere alla sanità privata o sostenere i costi di un soggiorno all’estero, le conseguenze pratiche della sua attuazione continueranno a dipendere dalle disposizioni del parlamento e del governo portoghesi.

 
  
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  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Il diritto all'assistenza sanitaria per i cittadini che si trovano all'estero deve necessariamente compiere dei progressi rispetto alla situazione attuale. Auspico che non si materializzi il timore di una eccessiva ingerenza della legislazione comunitaria rispetto a quella degli Stati membri, tuttavia ritengo positivo che i cittadini possano acquisire il diritto alle cure mediche in uno Stato membro ed essere rimborsati fino al massimale previsto dal regime nazionale. Per queste ragioni, ritengo di appoggiare la raccomandazione della collega.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) Sostengo il diritto dei pazienti a ricorrere, ove necessario, ai servizi sanitari di un paese dell’UE diverso da quello di provenienza. Ogni cittadino irlandese, anzi ogni cittadino europeo, ha il diritto di recarsi in un altro Stato dell’Unione per ricevere le cure mediche necessarie. Non sono favorevole al “turismo sanitario”, bensì a un sistema che aiuti i pensionati residenti all’estero e i cittadini affetti da patologie rare.

 
  
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  Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. − Durante le discussioni precedenti, in sede di commissione parlamentare, più volte è stato ribadito che la presente direttiva non vuole incoraggiare il "turismo sanitario", ma solo stabilire regole chiare sull’assistenza sanitaria transfrontaliera.

È importante che il ricorso a cure mediche in un altro Stato membro diverso da quello di appartenenza sia vincolato a una necessità comprovata e oggettiva in modo tale da evitare che i sistemi sanitari nazionali siano sovraccaricati di oneri finanziari eccessivi che ne comprometterebbero necessariamente l’efficienza. Un passo in avanti è stato fatto per quanto riguarda le malattie rare: i pazienti avranno un accesso più agevole a cure altamente specializzate e la possibilità di richiedere una consultazione specialistica in un altro Stato membro.

Ritengo in tal senso rilevante che vengano istituiti dei punti di contatto nazionali per garantire ai pazienti informazioni esaustive sui trattamenti disponibili in altri Paesi e sulle modalità di accesso e rimborso delle cure transfrontaliere. Mi preme infine sottolineare che in nessun caso deve essere messa in discussione l’esclusiva competenza degli Stati in materia di "paniere delle cure" e di scelte etiche in campo sanitario.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (S&D), per iscritto.(PL) La direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera costituisce un nuovo, indispensabile strumento normativo, che può migliorare in misura significativa la situazione dei pazienti nell’Unione europea. Oggigiorno i pazienti che desiderino ricorrere ai servizi medici di un paese diverso dal proprio incontrano numerosi ostacoli amministrativi e finanziari, al punto che soltanto i più abbienti possono permettersi il lusso di essere curati all’estero. In risposta a questi problemi, la proposta di direttiva consente di snellire al massimo le procedure amministrative, ad esempio limitando l’obbligo di autorizzazione preventiva del trattamento da parte dell’istituzione sanitaria nazionale e assicurando un migliore scambio di informazioni sui servizi medici offerti in altri paesi attraverso l’istituzione di punti di contatto nazionali. Ciò non equivale a promuovere il “turismo sanitario”, come affermano alcuni, bensì a garantire il diritto a un’assistenza affidabile e di qualità ove necessario. Credo inoltre che, nel lungo periodo, la direttiva possa contribuire a ravvicinare il livello dei servizi medici offerti nei singoli Stati membri.

Il bene dei pazienti dovrebbe essere il primo dei nostri pensieri nell’esaminare questo progetto di direttiva. Al legislatore spetta il compito di ridurre al minimo le formalità collegate all’accesso ai servizi sanitari e offrire ai cittadini che lo richiedano un’ampia scelta di cure mediche. Appoggio dunque caldamente la proposta di direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera; auspico inoltre che i negoziati, in corso da ormai sette anni, conducano a un’intesa con il Consiglio.

 
  
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  Robert Goebbels (S&D), per iscritto.(FR) Ho infine deciso di votare per la direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera. Il compromesso tra il Parlamento e il Consiglio è accettabile, soprattutto perché riconosce il diritto degli Stati ad adottare misure volte a preservare l’equilibrio finanziario dei propri sistemi previdenziali, anche grazie al sistema di autorizzazione preventiva per il rimborso delle cure ospedaliere ricevute in un altro Stato membro. Si eviterà così ogni forma di turismo sanitario.

La precedente Commissione sbagliava a considerare l’assistenza sanitaria alla stregua di un qualunque servizio commerciale, così come alcuni membri di quest’Assemblea commettono un errore quando annunciano la creazione di un’Europa della sanità. Le cure migliori non saranno mai accessibili al cittadino comune, ma dipenderanno dai contatti e, in particolare, da un portafoglio rigonfio: purtroppo la realtà dei fatti è questa, e la direttiva non può eluderla.

 
  
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  Louis Grech (S&D), per iscritto. (EN) Accolgo con favore la relazione dell’onorevole Grossetête sull’adozione della direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. La votazione odierna rappresenta un altro passo verso la codificazione dei diritti dei pazienti nella legislazione dell’UE. È indispensabile che, dopo l’entrata in vigore della direttiva, i pazienti non siano lasciati da soli a sostenere gli oneri economici di cure mediche transfrontaliere e che i rimborsi vengano effettuati tempestivamente e senza intoppi. Qualità, parità, solidarietà e universalità dell’assistenza sanitaria devono restare i principi guida durante le fasi di recepimento e attuazione negli Stati membri; i governi dovrebbero altresì stabilire scadenze pubbliche ed elaborare piani di azione per seguire e garantire l’attuazione.

Infine, per conferire piena efficacia alla direttiva, la Commissione deve osservare e controllare il coordinamento tra lo Stato membro di affiliazione e quello dove si effettua il trattamento, assicurando che si eviti qualunque disuguaglianza e disparità nell’accesso dei pazienti ai servizi sanitari transfrontalieri.

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto.(FR) Il fatto che io provenga dalla sola regione francese confinante con tre Stati membri dell’UE e che rappresenti dunque una circoscrizione elettorale particolarmente interessata dalle questioni transfrontaliere mi rende molto sensibile a tali problematiche. In effetti, i confini rappresentano fin troppo spesso un ostacolo nella vita quotidiana dei cittadini. L’Europa si fonda sul principio della libera circolazione delle persone, che deve applicarsi anche ai pazienti; il tema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera assume, in questa prospettiva, un’importanza fondamentale. Ho dunque votato a favore della relazione sui diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, un testo che consentirà ai cittadini di ricorrere più agevolmente ai servizi sanitari di un altro Stato membro. Esso chiarisce soprattutto le norme applicabili; inoltre, i pazienti potranno beneficeranno di una maggiore informazione (in particolare attraverso i punti di contatto) circa i loro diritti e il rimborso delle cure. Si tratta pertanto di un passo determinante e molto concreto, che conferirà un effettivo valore aggiunto alla costruzione di un’Europa sociale e di una vera Europa della sanità.

 
  
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  Mathieu Grosch (PPE), per iscritto. (DE) Accolgo con favore la direttiva concernente i diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. L’offerta di servizi sanitari caratterizzati dalla massima tempestività e da un chiaro orientamento al paziente, che siano accessibili anche ai cittadini di altri Stati membri, costituisce un presupposto fondamentale per ravvicinare ancor più l’Europa. L’assistenza sanitaria transfrontaliera è all’ordine del giorno in zone di confine come quella da cui provengo; guardo dunque con soddisfazione alla maggiore accessibilità di servizi sanitari affidabili e qualitativamente elevati nonché alla semplificazione del rimborso dei costi. In particolare, condivido l’idea di creare un valore aggiunto per i pazienti in lista di attesa. Le nuove disposizioni consentiranno loro di essere curati più rapidamente in un altro Stato membro, anziché attendere tempi molto lunghi nel proprio. Da un lato, è vero che l’introduzione di norme sul rifiuto dell’autorizzazione preventiva è una scelta ragionevole e contribuisce a una maggiore chiarezza. Dall’altro, alcuni problemi legati alla sanità transfrontaliera restano irrisolti; mi riferisco in particolare ai pendolari abituali tra paesi, che dopo il pensionamento si vedranno negato o limitato l’accesso a servizi per loro importanti nel paese in cui lavoravano.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto.(FR) Ho espresso parere favorevole al testo, grazie al quale si evita che l’assistenza sanitaria diventi l’ennesimo bene commerciale. Desidero inoltre ringraziare la Presidenza spagnola per questa iniziativa e per il sostegno offerto alla reistituzione del sistema di autorizzazione preventiva per le cure specializzate a livello transfrontaliero.

Se è vero che l’Unione europea promuove la mobilità dei cittadini e ha il dovere di legiferare sui servizi sanitari, occorre comunque assicurare che la sanità resti un bene pubblico, accessibile a tutti in condizioni ottimali, evitando che si trasformi in una fonte di reddito e un ambito di concorrenza tra i sistemi sanitari e previdenziali nazionali.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE), per iscritto.(PL) La direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera rappresenta un passo indispensabile verso l’abolizione delle barriere che i pazienti hanno finora incontrato negli Stati membri dell’Unione europea. Il suo obiettivo principale è semplificare l’accesso dei pazienti al sistema sanitario di altri paesi dell’UE e, in particolare, ai servizi che non sono rapidamente disponibili nei rispettivi Stati. È una novità positiva soprattutto per i cittadini che abitano in zone di confine e, ancora di più, per quanti soffrono di patologie rare e necessitano di cure specializzate non disponibili nel proprio paese. Guardo altresì con favore alle disposizioni che conferiscono determinati vantaggi ai pazienti, come il reciproco riconoscimento delle prescrizioni, l’abolizione dell’obbligo di iscrizione al regime di assicurazione malattia estero e l’accesso alle cartelle cliniche. Ugualmente essenziale è la proposta di istituire punti di contatto nazionali, che avranno il compito di informare i pazienti in merito ai loro diritti.

I pazienti dovrebbero ricevere informazioni esaustive sulle procedure per l’accesso ai servizi sanitari esteri, nonché sull’iter per ottenere il rimborso delle relative spese, che varierà a seconda dei costi nel paese in cui il paziente stesso è assicurato. Credo che le soluzioni proposte agevoleranno l’accesso a servizi sanitari sicuri e qualitativamente elevati in tutta l’Unione europea.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Alcuni anni fa votai per l’esclusione dell’assistenza sanitaria dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi; inoltre, mi sono pronunciato a sfavore della direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera in prima lettura. All’epoca esisteva l’evidente tendenza, in seno alla Commissione, a trattare i servizi sanitari come un bene commerciale. Questo approccio non rispecchia la mia idea di sanità, perché i pazienti non possono essere considerati alla stregua di consumatori paganti. Il Consiglio ha tuttavia apportato profondi miglioramenti al progetto di direttiva, conferendogli una base giuridica diversa dalla mera disciplina del mercato interno. Ho dunque votato a favore della relazione, nell’auspicio che rafforzi i diritti dei pazienti in tutta Europa.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho espresso voto favorevole alla relazione, che intende rafforzare i diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. È deprecabile che vi siano oggigiorno troppe incertezze su questioni quali l’accessibilità delle cure, i rimborsi nonché la responsabilità per l’osservazione clinica post-trattamento nel settore delle cure transfrontaliere. La direttiva in esame dovrà permettere a tutti i pazienti, e non soltanto ai più informati o ai più fortunati, di beneficiare di un certo numero di diritti già riconosciuti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di assistenza sanitaria. Non si tratta affatto di incoraggiare le cure transfrontaliere in quanto tali ma di renderle possibili, sicure e di elevata qualità nei casi in cui si rivelino utili o necessarie. La direttiva deve essere un’opportunità per i pazienti, un’opportunità basata sulla necessità e non sulle possibilità economiche, sulla scelta informata e non sull’obbligo. Condivido peraltro la seguente proposta del Parlamento: onde evitare discriminazioni contro i cittadini con un reddito più modesto, il ricovero nello Stato membro in cui l’assistenza è fornita dovrebbe essere a carico dello Stato membro di origine, eliminando l’obbligo preliminare di apertura di un conto da parte del cittadino, oppure tutti i costi sostenuti dal paziente dovrebbero, perlomeno, essere rimborsati immediatamente. È altresì essenziale che ciascuno Stato membro istituisca punti di contatto nazionali per fornire ai pazienti tutte le informazioni necessarie circa la disponibilità dell’assistenza sanitaria, le procedure e la documentazione richiesta.

 
  
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  Filip Kaczmarek (PPE), per iscritto.(PL) Ho espresso parere favorevole all’adozione della relazione Grossetête per una serie di ragioni fondamentali. La direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria contiene molti elementi positivi: elimina gli ostacoli alla prestazione di cure mediche, assicura pari accesso a tutti i servizi sanitari all’interno dell’UE, pone fine alle discriminazioni contro i pazienti e introduce il reciproco riconoscimento delle prescrizioni, oltre a ridurre i tempi di attesa per una visita medica e ad abolire l’obbligo di iscrizione all’assicurazione malattia estera. Altri pregi di questo documento sono l’accesso a un’ampia scelta di servizi sanitari per i cittadini affetti da patologie rare nonché l’aumento della percentuale rimborsabile per i disabili.

La direttiva contribuisce inoltre a prevenire il turismo sanitario, stabilendo che i costi del trattamento saranno rimborsati entro il livello garantito nel paese che offre la copertura assicurativa; qualora le spese sostenute siano inferiori a tale cifra, verrà rimborsato l’intero importo.

La questione dell’autorizzazione ha dato luogo a un intenso dibattito; il consenso preventivo dell’assicurazione malattia nazionale sarà necessario soltanto in caso di cure ospedaliere o procedure mediche particolarmente dispendiose, e non per un qualunque trattamento, posto che quest’ultimo rientri nel novero dei servizi garantiti. Se uno Stato membro non ha autorizzato l’effettuazione di cure specializzate su un paziente a livello nazionale, la direttiva non sancisce il diritto del paziente a ricevere tale trattamento all’estero oppure a ottenerne il rimborso; un’importante eccezione è rappresentata dai cittadini affetti da patologie rare.

 
  
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  Sandra Kalniete (PPE) , per iscritto. (LV) La direttiva concernente il diritto dei cittadini dell’Unione europea a ricevere cure mediche in uno dei 27 Stati membri rappresenta un significativo miglioramento dell’assistenza sanitaria nell’UE. La sua adozione giunge in un momento particolarmente opportuno, considerando la notevole mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione. Quando la direttiva entrerà in vigore, i pazienti potranno ottenere informazioni esaustive sulle nuove norme, imparando così a conoscere le opportunità loro offerte e a sfruttarle appieno. I cittadini potranno ricevere le prime cure in un qualunque Stato membro, mentre ai medici non è consentito rifiutarsi di intervenire. Il testo stabilisce inoltre che, in futuro, i pazienti potranno scegliere lo Stato membro in cui desiderano essere sottoposti a trattamenti pianificati.

I pazienti dovranno però ottenere un’autorizzazione preventiva da parte del proprio Stato di origine, poiché il rimborso verrà determinato secondo i costi correnti nel paese di residenza. Ad ogni modo, si tratta di un passo nella giusta direzione, che promuoverà la disponibilità di servizi sanitari. Va ricordato che i cittadini hanno diritto a ricevere cure mediche in uno Stato membro qualora tali cure non siano offerte nel rispettivo paese di residenza, una possibilità che assume particolare importanza nel caso delle patologie rare. Io e il mio gruppo siamo dunque favorevoli alla direttiva, che costituisce un’iniziativa essenziale del Parlamento e avrà effetti positivi sulla vita dei cittadini europei.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, ho sostenuto la raccomandazione della collega Grossetête perché si tratta di una proposta di direttiva a favore dei cittadini europei. La nuova regolamentazione in tema di cure mediche stabilisce, infatti, che i cittadini possono essere rimborsati per l'assistenza medica ricevuta in un altro Stato membro, a condizione che il trattamento e i costi sarebbero stati normalmente coperti nel loro paese. Si tratta di un risultato raggiunto a vantaggio dei pazienti e che accorcerà notevolmente i tempi di attesa, talvolta eccessivamente lunghi. La nostra società è sempre più mobile, e credo sia giusto favorire, più di ieri, la mobilità dei cittadini nell'Unione Europea, anche in un settore di vitale importanza, quale quello dell'assistenza sanitaria. Ritengo, inoltre, importante sottolineare le nuove norme in tema di lotta alle malattie rare, che puntano ad un rafforzamento delle misure di cooperazione tra i vari Stati membri, al fine di garantire pienamente ai pazienti europei il loro diritto ad essere curati.

 
  
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  Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto.(PL) Considero un successo la direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, e ho dunque espresso parere favorevole. Poiché la salute è uno dei beni più preziosi a noi concessi, vorrei che gli europei godessero di servizi sanitari di massimo livello. La direttiva offre opportunità e speranze ai pazienti, spingendo altresì i sistemi sanitari nazionali ad attuare nuove riforme e aprendo gli ospedali e le cliniche d’Europa anche ai pazienti polacchi. Il testo corrobora l’idea che l’Europa sia davvero un progetto in fase di realizzazione e che la nostra priorità stia nel migliorare e promuovere la cooperazione degli Stati membri nel settore della tutela sanitaria.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione perché è stato precisato che, all’estero, i pazienti britannici potranno ricevere soltanto le cure mediche pubbliche alle quali avrebbero diritto in patria. Mi compiaccio che siano stati respinti gli emendamenti con cui si cercava di rendere idonei al rimborso anche tutti i metodi di trattamento sufficientemente testati dalla medicina internazionale o ugualmente efficaci. Un uso incontrollato dell’assistenza sanitaria transfrontaliera avrebbe imposto oneri enormi al sistema britannico.

 
  
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  Jiří Maštálka (GUE/NGL), per iscritto. (CS) Il documento in esame si ricollega a una discussione che impegnò il Parlamento europeo nella precedente legislatura. La proposta originaria della Commissione conteneva pecche e rischi che avrebbero potuto ripercuotersi negativamente sulla tutela dei consumatori, e dunque dei cittadini. Accolgo con favore il compromesso introdotto dall’emendamento n. 107, principalmente perché rafforza le garanzie per i pazienti nel settore dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, sottolineando altresì la tendenza virtuosa verso una maggiore informazione del paziente. Il mio ultimo apprezzamento (ma non per questo meno importante) riguarda la responsabilità degli Stati membri nell’offerta di servizi sanitari sicuri, qualitativamente elevati, efficienti ed accessibili sul proprio territorio, responsabilità che viene rimarcata nell’emendamento. Ritengo inoltre essenziale che si definiscano le condizioni alle quali uno Stato membro può rifiutare l’autorizzazione preventiva. L’emendamento compie inoltre progressi soddisfacenti sul tema dell’interoperabilità, sostenendo la cooperazione nei settori della prevenzione e della diagnostica.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE), per iscritto.(FR) Come possiamo garantire il diritto fondamentale di tutti i cittadini europei a circolare liberamente nell’Unione senza offrire loro l’opportunità di essere curati agevolmente in uno Stato membro diverso dal proprio? L’adozione di questo progetto di direttiva consentirà finalmente l’inclusione in un testo di legge della mobilità dei pazienti, uno degli aspetti intrinseci nella mobilità dei cittadini. Desidero congratularmi con la nostra relatrice per aver raggiunto un accordo con il Consiglio su un testo così importante, la cui adozione è stata rimandata troppo a lungo. Mi auguro che, nel lungo periodo, il recepimento nelle legislazioni nazionali permetterà ai cittadini europei di accedere realmente a servizi sanitari di qualità a livello transfrontaliero.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Oggigiorno questioni come l’accessibilità dell’assistenza sanitaria, i rimborsi nonché la responsabilità per l’osservazione clinica post-trattamento in relazione alle cure transfrontaliere sono oggetto di incertezza per la maggior parte dei cittadini europei. L’obiettivo della direttiva in esame è permettere a tutti i pazienti, e non soltanto ai più informati o ai più fortunati, di beneficiare di un certo numero di diritti già riconosciuti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di assistenza sanitaria. Il testo non sottrae però competenze di sanità agli Stati membri né interviene sulla libera circolazione dei prestatori di servizi, concentrandosi solo sui pazienti e sulla loro mobilità all’interno dell’Unione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Se le liste di attesa per un intervento chirurgico sono sature nel paese del paziente, questi sarà enormemente sollevato dalla prospettiva che i costi di un eventuale trattamento all’estero siano rimborsati dall’assicurazione malattia nazionale. Le nuove norme consentiranno ai cittadini affetti da patologie croniche di muoversi all’interno dell’Unione europea, ma saranno utili soltanto se riusciranno anche a prevenire il turismo sanitario; tale fenomeno eserciterebbe infatti una pressione ancora maggiore sui regimi di assicurazione malattia, che versano già in condizioni difficili. Oltre al rischio di sovraccarico per alcuni settori medici nei paesi con elevati standard sanitari, potrebbero insorgere costi spropositati per gli Stati membri dell’UE più poveri, che hanno investito risorse inferiori nella sanità. Non va dunque dimenticato che il meccanismo per cui i sistemi previdenziali dei paesi dell’UE dovrebbero rimborsarsi fra loro non funziona e che negli anni si sono accumulati debiti per milioni di euro. In teoria, gli Stati membri possono escludere determinati trattamenti se esiste il timore che l’afflusso di pazienti stranieri comprometta il funzionamento del sistema sanitario nazionale; in realtà, questa ipotesi è di difficile realizzazione. Non siamo neppure riusciti a risolvere i problemi esistenti riguardo ai rimborsi, mentre è poco probabile che le misure di prevenzione del turismo sanitario si rivelino efficaci. Ho votato contro la proposta di risoluzione per evitare un’impennata dei costi connessi alla previdenza sociale.

 
  
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  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Ho espresso parere favorevole alla relazione presentata dall’onorevole Grossetête; permettere l’accesso all’assistenza sanitaria transfrontaliera è infatti un chiaro progresso per tutti i cittadini europei. Molti non dispongono di cure adeguate alla propria patologia nello Stato membro di residenza: occorre dunque offrire loro l’opportunità di ricevere tali cure in un qualunque paese dell’Unione europea, ottenendo il rimborso dei relativi costi.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Il 19 gennaio 2011 il Parlamento europeo ha adottato la direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, che intende snellire le norme sulle cure ricevute all’estero. Sono lieto di constatare il ruolo essenziale svolto dal Parlamento, nella sua qualità di colegislatore, affinché le disposizioni fossero chiare e agevolassero i pazienti, fra le altre cose, nel rimborso dei costi sostenuti per i servizi sanitari di un altro paese. La normativa sull’assistenza sanitaria transfrontaliera riveste un’importanza ancora più fondamentale per il suo impatto su ogni singolo cittadino dell’Unione europea. La direttiva garantisce il reciproco riconoscimento delle prescrizioni e un accesso più agevole alle informazioni sulle cure offerte all’estero; essa accresce inoltre le opportunità di trattamento per i cittadini affetti da patologie rare, potenziando il diritto delle persone con disabilità a ottenere rimborsi più consistenti per i costi sostenuti. Il Parlamento europeo ha altresì contribuito all’istituzione di punti di contatto nazionali in ciascuno Stato membro, che forniranno informazioni su tutti gli aspetti dei servizi sanitari esteri e agiranno in stretta collaborazione fra loro. Vorrei infine ricordare l’urgenza di questa direttiva: la legislazione in vigore in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera è confusa ed eccessivamente complessa, e necessita dunque di uno snellimento nell’interesse di tutti gli Stati membri dell’UE.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore della raccomandazione in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento e del Consiglio sull'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera perché ritengo indispensabile dover garantire in tutta l'Unione un'assistenza sanitaria adeguata ad alti criteri di qualità e sicurezza della salute dei cittadini. Con l'approvazione della direttiva il paziente dovrà richiedere un'autorizzazione preventiva per beneficiare dell'assistenza sanitaria di un altro Stato membro, questo per garantire la qualità e la sicurezza delle cure e dei servizi sanitari, potrà richiedere un rimborso delle cure sulla base della spesa prevista per la stessa cura nel suo paese d'origine e sarà inoltre tutelato, assistito e rimborsato per tutti i casi inerenti malattie rare, le cui cure verranno favorite dalla cooperazione nella ricerca tra gli Stati.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ogni Stato membro ha il compito di garantire ai propri cittadini l’assistenza sanitaria. La presente direttiva stabilisce norme volte ad agevolare l’accesso a un’assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità e promuove la cooperazione tra gli Stati membri in materia di assistenza sanitaria, nel pieno rispetto delle giurisdizioni nazionali.

L’assistenza sanitaria altamente specializzata si è evoluta in modo asimmetrico, nella misura in cui sono sorti centri di eccellenza per patologie rare o croniche in paesi in determinati paesi non perché tali patologie vi siano comuni, ma perché richiedono un elevato grado di specializzazione. La correzione di tale squilibrio è indubbiamente uno dei presupposti per promuovere la libera circolazione nel settore.

La direttiva in esame è un altro esempio di come l’Europa possa mettersi al servizio dei suoi cittadini: promuove infatti la solidarietà fra popoli e crea vantaggi per i pazienti, in particolare quanti soffrono di patologie rare o croniche e trarrebbero beneficio dall’essere curati presso centri specializzati.

Per tutte le suddette ragioni ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − La direttiva consentirà a tutti i pazienti di beneficiare di diritti già riconosciuti dalla Corte di giustizia europea, lasciando i regimi previdenziali nella piena competenza degli Stati membri (riguarda i pazienti e la loro mobilità all'interno dell'UE e non la libera circolazione di chi presta servizio).

Sono favorevole al superamento dell'attuale quadro poco soddisfacente in materia sanitaria, determinato dalla divisione fra giurisprudenza e regimi nazionali. Voglio ricordare che il Parlamento europeo, in prima e in seconda lettura, si è espresso in questo senso, codificando la giurisprudenza della Corte pro cure transfrontaliere (un cittadino europeo ha diritto ad essere curato in un altro paese come se fosse nel proprio) e condividendo con il Consiglio la volontà di lottare contro il "turismo sanitario".

La proposta prevede un'apposita clausola di salvaguardia e un sistema di autorizzazione preventiva che risulti flessibile dal punto di vista dei pazienti ma che, al contempo, preveda la segnalazione di eventuali costi eccezionali. Intende poi rafforzare i diritti del paziente attraverso l'informazione e la cooperazione fra gli Stati membri.

Lo Stato membro di affiliazione deve fare in modo che i propri cittadini abbiano accesso alle informazioni. La proposta di seconda lettura va oltre, anticipando fin d’ora le possibilità della sanità elettronica.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) Ho espresso voto favorevole alla relazione, che offre sostegno ai cittadini europei definendo norme chiare sui diritti dei pazienti relativi all’assistenza transfrontaliera e assicurando loro l’opportunità di prendere decisioni basate sulla necessita e non sulle possibilità economiche, sulla scelta informata e non sull’obbligo. La direttiva enuncia i seguenti principi: i cittadini potranno ricevere in un altro Stato membro, senza preventiva autorizzazione, tutte le cure non ospedaliere cui hanno diritto nel proprio Stato membro, ed essere rimborsati fino al massimale di rimborso previsto dal proprio regime. Anche l’informazione rappresenta un elemento chiave e ogni Stato membro sarà tenuto a istituire centri informativi (punti di contatto nazionali) presso cui il paziente potrà prendere conoscenza delle cure disponibili, degli adempimenti da assolvere e delle procedure di reclamo e di ricorso.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Facendo seguito ai pronunciamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea, la direttiva in esame intende chiarire e rafforzare il diritto dei pazienti a servizi sanitari transfrontalieri sicuri e qualitativamente elevati, promuovendo la mobilità dei pazienti all’interno dell’Unione e potenziando la collaborazione e la solidarietà fra Stati membri in questo settore. Il testo rappresenta dunque un significativo passo in avanti nel processo di integrazione europea, e ho pertanto espresso voto favorevole.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Le norme oggi adottate rappresentano un importante progresso nel campo dei diritti dei pazienti nell’UE. I verdi ritengono che il compromesso finale approvato in questa sede raggiunga il giusto equilibrio tra la garanzia dei diritti relativi all’assistenza transfrontaliera e la qualità dei servizi sanitari offerti a livello nazionale. I pazienti potranno ricevere cure ospedaliere in un altro Stato membro ottenendo un rimborso pari a quello che spetterebbe loro nel rispettivo Stato di provenienza. Tale diritto non deve tuttavia compromettere il corretto funzionamento dei sistemi sanitari nazionali. I verdi credono che il compromesso finale consenta agli Stati membri di creare un sistema di autorizzazione preventiva ragionevole per il rimborso dei costi derivanti dalle cure; questo Parlamento è inoltre riuscito a limitare l’elenco dei casi in cui è ammesso il rifiuto della richiesta di assistenza sanitaria transfrontaliera. Va rilevato che gli Stati membri non potranno più negare il rimborso dei corsi se è stata concessa un’autorizzazione preventiva, un aspetto che ci stava molto a cuore.

 
  
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  Marie-Thérèse Sanchez-Schmid (PPE), per iscritto.(FR) La direttiva concernente l’assistenza sanitaria transfrontaliera su cui voteremo domani rappresenta una rivoluzione, che accolgo con grande favore. La competenza dell’Unione europea in materia di sanità è una questione molto delicata. È senz’altro giusto che ciascuno Stato membro definisca il proprio sistema previdenziale e sanitario secondo le rispettive peculiarità culturali. Tuttavia, perché dovremmo promuovere l’integrazione europea e garantire la libera circolazione se non vi aggiungiamo l’opportunità di accedere ai servizi sanitari ovunque nell’UE? Il Parlamento lotta da ormai tre anni per creare certezza giuridica sul tema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera e chiarire le condizioni di rimborso. Stiamo per compiere un passo fondamentale, e ringrazio la collega, onorevole Grossetête, per il lavoro svolto. Questo è un momento storico: stiamo costruendo l’Europa della sanità, un’Europa in cui l’assistenza sanitaria transfrontaliera non sarà più un rischio ma un’opportunità. Facciamo in modo che tali obiettivi diventino una realtà, affinché tutti i cittadini europei possano usufruire di servizi sanitari qualitativamente elevati. È questo il prezzo da pagare per la sanità.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. (EN) Oggi ho votato a favore della chiarezza giuridica e della mobilità dei pazienti laddove sia necessario ricorrere ai servizi sanitari di un altro paese. Nella migliore delle ipotesi, nessun paziente dovrebbe trovarsi costretto a lasciare il proprio paese per essere curato; se necessario, occorre però informare gli interessati dei servizi e dei rimborsi a cui hanno diritto. È altresì fondamentale che i servizi sanitari degli Stati membri conoscano i propri obblighi, riservandosi il diritto di operare scelte e gestire la propria offerta come ritengono più appropriato.

La relazione affronta questi due punti fondamentali, insieme con una serie di altre questioni essenziali, fra cui il trattamento di patologie rare e le reti di riferimento europee per lo scambio delle migliori prassi. Il tema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera si è talvolta rivelato spinoso, e porgo i miei ringraziamenti alla relatrice e ai relatori ombra per l’impegno profuso su questo fronte.

 
  
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  Peter Skinner (S&D), per iscritto. (EN) Sono favorevole alla relazione, che affronta alcuni dei problemi ignorati dai governi. La direttiva in esame non prescrive le modalità di gestione del sistema sanitario da parte degli Stati membri, come sostengono alcuni. La relazione ha il sostegno del Regno Unito, principalmente perché pone rimedio a molti dei problemi connessi a documenti precedenti. La direttiva concernete i diritti dei pazienti consentirà di rafforzare prerogative che sono già state riconosciute; in particolare, i pazienti impossibilitati a ricevere cure adeguate nel Regno Unito potranno adesso recarsi in un altro paese dell’UE, conformemente a disposizioni che già esistono. Il fatto che, con ogni probabilità, continueranno a essere in pochi a esercitare tale diritto dipende dal tipo di assistenza, perlopiù familiare, prestata ai malati; la vicinanza svolge dunque un ruolo essenziale.

Il Regno Unito dovrebbe sostenere i costi laddove sussistano motivazioni fondate per il ricorso a servizi sanitari esteri. Non si spicca dunque un assegno in bianco per il turismo sanitario, ma si affermano diritti già esistenti nel Regno Unito nell’interesse dei cittadini.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) La direttiva concernente l’assistenza sanitaria transfrontaliera conferisce al paziente un inequivocabile diritto a ricevere cure mediche all’estero, ottenendo un rimborso corrispondente ai costi nel rispettivo paese di provenienza. Si crea così maggiore certezza giuridica per i cittadini che abitano nelle zone di confine, per i viaggiatori in visita in un altro paese, per i pazienti affetti da patologie rare o costretti ad affrontare lunghe liste di attesa. Al fine di preservare la qualità dei servizi e garantire un equo accesso all’assistenza sanitaria, gli Stati membri possono tuttavia esigere che i pazienti ottengano un’autorizzazione preventiva per la cura richiesta; tale autorizzazione sarà un presupposto necessario in caso di ricoveri e trattamenti molto dispendiosi o rischiosi.

Sarà inoltre possibile rifiutare il rimborso dei costi in un numero preciso e molto limitato di circostanze, ad esempio qualora una cura equivalente sia disponibile anche nel paese di provenienza del paziente; gli Stati membri potranno inoltre intervenire laddove si riscontri un ricorso eccessivo a tale possibilità. La direttiva mantiene dunque il giusto equilibrio tra il diritto dei pazienti a un’assistenza sanitaria di qualità, da un lato, e la prerogativa degli Stati membri di finanziare il proprio sistema previdenziale e gestire la propria sanità. Spero inoltre che il desiderio dei pazienti di ricevere cure mediche all’estero non accresca inutilmente la pressione sui servizi di un determinato Stato che, per la qualità offerta, sono già la scelta preferita dalla maggioranza dei cittadini del paese.

 
  
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  Michèle Striffler (PPE), per iscritto.(FR) Anche i pazienti hanno il diritto di beneficiare della libera circolazione: proprio per questo motivo ho votato a favore della relazione concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria. In Alsazia, come in altre regioni di confine, il tema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera riveste un’importanza fondamentale laddove, ad esempio, i servizi offerti all’estero siano più vicini all’abitazione del paziente di quelli garantiti nello Stato membro di residenza.

La presente relazione consentirà a tutti i cittadini europei di ottenere informazioni sull’assistenza sanitaria transfrontaliera nonché sui loro diritti in materia, attraverso i punti di contatto nazionali che saranno istituiti in ogni Stato membro. L’adozione di questo testo rappresenta il punto di partenza verso un’autentica Europa della sanità, nell'interesse di 500 milioni di cittadini.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Per raggiungere l’obiettivo di un mercato interno basato sulla libera circolazione tra gli Stati membri è necessario adottare determinate misure. La libera circolazione di persone e servizi fa emergere la questione delle cure mediche che il cittadino di uno Stato membro può ricevere in un altro. La Corte di giustizia ha riconosciuto i diritti dei pazienti, soprattutto in relazione all’accessibilità dell’assistenza sanitaria, stabilendo che tale assistenza deve essere sicura e di qualità e che i cittadini dovrebbero essere rimborsati. La necessità di una maggiore certezza giuridica in questo settore richiede anche l’impegno degli Stati membri a collaborare fra loro, in particolare riconoscendo le prescrizioni mediche rilasciate in un altro Stato membro e garantendo un servizio di qualità sul proprio territorio. Desidero sottolineare che la Commissione è tenuta ad adottare tutte le misure necessarie affinché le prescrizioni e i foglietti informativi dei medicinali risultino di più immediata comprensione, con una chiara indicazione del principio attivo e del dosaggio; i pazienti ne trarranno evidenti benefici. Data la specificità della materia, occorre una direttiva distinta da quella sui servizi. Ho espresso voto favorevole alla relazione dell’onorevole Grossetête, mia collega in seno al gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), perché giudico essenziale il diritto all’assistenza sanitaria transfrontaliera.

 
  
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  Róża Gräfin von Thun und Hohenstein (PPE), per iscritto.(PL) La direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza transfrontaliera costituisce un documento fondamentale per i cittadini dell’UE; ho dunque seguito con grande attenzione il lavoro svolto in proposito. Noto con piacere che la direttiva riconosce ai pazienti il diritto di scegliere il luogo in cui ricevere le cure necessarie. In questo modo si rafforza il mercato comune, il tema di cui più mi occupo in seno al Parlamento europeo, e si introducono aggiustamenti che tengono conto della libertà di viaggiare e lavorare in qualunque Stato membro. Il testo in esame, che potrebbe definirsi lo Schengen della sanità, disciplina aspetti quale il reciproco riconoscimento delle prescrizioni, il superamento della discriminazione dei pazienti sulla base del paese d’origine e l’eliminazione dell’obbligo di aderire al regime di assicurazione malattia estero.

I farmaci e i prodotti medicinali contraffatti pongono un altro problema essenziale sul fronte del mercato comune. La direttiva mette in risalto la gravità del fenomeno, soprattutto in relazione all’assistenza sanitaria transfrontaliera, e lo stesso può dirsi del turismo sanitario. Il testo affronta il problema disponendo che i costi delle cure vengano rimborsati entro il massimale garantito nel paese di origine oppure, laddove i costi del trattamento o della procedura siano inferiori, che vengano rimborsati le spese effettivamente sostenute. Le soluzioni introdotte contribuiranno a migliorare la situazione dei pazienti nell’Unione europea e rafforzeranno il mercato unico; ho pertanto votato a favore della direttiva.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. (DE) È con grande soddisfazione che esprimo voto favorevole alla relazione. A seguito dell’accordo in seconda lettura con il Consiglio, questo documento potenzierà in misura significativa la libera circolazione dei pazienti all’interno dell’Unione. Attualmente le cure ambulatoriali non pongono problemi ai cittadini dell’UE, mentre è diventato molto più semplice ottenere un ricovero ospedaliero. È proprio in ambiti come questo che l’Europa può generare un consistente valore aggiunto, favorendo la graduale trasformazione del settore sanitario da un insieme di servizi isolati in un’unica entità.

 
  
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  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) È indispensabile che i nostri cittadini possano beneficiare di servizi sanitari qualitativamente elevati sia nel rispettivo paese di origine sia all’estero. Noto con piacere che la relazione fa riferimento anche alla mobilità dei pazienti nell’Unione europea. I cittadini lituani che vivono e lavorano in un altro paese devono avere la possibilità di ricorrere ai servizi sanitari locali, ove necessario, senza pagare somme stratosferiche o restare per mesi in una situazione di incertezza. L’informazione svolge un ruolo fondamentale. Condivido la proposta della relatrice secondo cui tutti gli Stati membri dovrebbero istituire punti di contatto nazionali allo scopo di fornire indicazioni sulla disponibilità delle cure e sulle procedure amministrative. Può tuttavia accadere che un paese non offra l’assistenza richiesta per una certa patologia; in quel caso il paziente deve dunque ricorrere alle cure offerte in un altro Stato. Occorre vigilare affinché i servi sanitari transfrontalieri o il cosiddetto “turismo sanitario” (come osserva la relatrice in questo caso) non indeboliscano i sistemi sanitari nazionali, ma si raggiunga un perfetto equilibrio. Grazie ai costi contenuti e alla buona raggiungibilità, la Lituania sta diventando una meta particolarmente interessante per i cittadini di altri paesi dell’UE che desiderino ricevere cure mediche o sottoporsi a interventi chirurgici per cifre più contenute. Se non verrà controllato rigorosamente, il “turismo sanitario” potrebbe provocare un esubero di servizi o costi logistici superflui, soprattutto nei nuovi Stati membri come la Lituania.

 
  
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  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. (EN) L’impostazione dei servizi sanitari differisce profondamente da uno Stato membro dell’UE all’altro; appoggio dunque la direttiva in esame, che delinea un approccio coerente al finanziamento dell’assistenza sanitaria transfrontaliera.

Sebbene tale tipo di assistenza riguardi solo una percentuale trascurabile dei cittadini dell’Unione, chiarendo i diritti riconosciuti ai pazienti in questo ambito attraverso un solo atto legislativo si assicura un’adeguata tutela finanziaria a quanti desiderino ricorrere ai servizi sanitari di un altro Stato membro. È indispensabile che le persone provenienti da una regione di confine o i cittadini di uno Stato membro più piccolo affetti da patologie rare godano di un sostegno finanziario qualora debbano rivolgersi ai servizi sanitari di un altro paese dell’UE.

Le disposizioni in esame consentiranno ai pazienti di essere rimborsati per le cure che ricevono entro il massimale previsto dal rispettivo sistema sanitario nazionale per un trattamento analogo. La direttiva concernente l’assistenza sanitaria transfrontaliera dispone inoltre l’istituzione di punti di contatto nazionali, allo scopo di fornire informazioni sufficienti ai cittadini che vogliano recarsi all’estero per essere curati.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Il 19 gennaio il Parlamento europeo ha adottato la direttiva concernente i diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera.

Non posso che sostenere l’accessibilità dei servizi sanitari per tutti i cittadini dell’Unione, indipendentemente dallo Stato di residenza. Tuttavia, non è questo il principale obiettivo della relazione, che si prefigge anzitutto il consolidamento del mercato interno, prima ancora dell’accessibilità universale dell’assistenza sanitaria.

Il testo afferma che il ricorso ai servizi sanitari di un altro paese potrebbe giovare, in particolar modo, ai pazienti costretti ad affrontare lunghe liste di attesa o impossibilitati a ottenere cure specializzate.

Il primo diritto del paziente è quello di essere curato in maniera tempestiva e appropriata, senza alcun ostacolo, nel suo luogo di residenza. È ignobile che venga presentata come un diritto la necessità di intraprendere un viaggio all’estero, affrontandone i costi, per ricevere un trattamento adeguato.

Anziché sostenere i sistemi sanitari pubblici per garantire pari accesso a un’assistenza sanitaria di qualità, si invitano i pazienti a scegliere il trattamento che preferiscono su scala europea, come si fa con una qualunque merce soggetta alla libera circolazione nell’UE.

Non posso condividere una simile idea di sanità.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0028/2011)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Sono favorevole alla risoluzione relativa ai progetti di accordo volontario di partenariato con la Repubblica del Camerun e la Repubblica del Congo sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell'Unione europea. Va sottolineato che questi accordi volontari sul commercio di legname non possono indebolire l’obiettivo generale dell’Unione europea in materia di lotta contro i cambiamenti climatici e devono assicurare un uso sostenibile delle foreste. Mi auguro che le partnership in oggetto possano agevolare, piuttosto che ostacolare, l’idea di arrestare congiuntamente il commercio di legname tagliato illegalmente e possano contribuire a fermare la deforestazione e il degrado delle foreste, le relative emissioni di carbonio e la perdita di biodiversità a livello globale.

Sostengo quindi l’idea di invitare la Commissione a verificare che la politica europea sia coerente, a prestare la massima attenzione per garantire che gli accordi volontari di partenariato non favoriscano l’espansione delle attività industriali di disboscamento in ambienti forestali intatti e a collaborare, in futuro, con tutti i governi firmatari degli accordi per monitorare la situazione ed intervenire al fine di eliminare le ripercussioni negative sulla flora e sulla fauna, sia dirette che indirette, del disboscamento effettuato a fini commerciali.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli accordi volontari di partenariato per ciò che essi rappresentano in termini di lotta contro il commercio illegale di legname nell’Unione europea. Desidero sottolineare la loro importanza nel combattere la deforestazione e il degrado delle foreste, le relative emissioni di carbonio e la perdita di biodiversità a livello globale. Le relazioni in oggetto promuovono contemporaneamente la crescita economica, lo sviluppo umano e le fonti alimentari sostenibili. Invito la Commissione ad assicurarsi che la politica europea sia coerente e possa quindi dare un contributo efficace agli impegni internazionali che si sono assunte tutte le parti firmatarie degli accordi.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto.(FR) Secondo le Nazioni Unite dal 20 al 40 per cento della produzione mondiale di legname proviene da disboscamenti illegali. Inoltre la deforestazione aumenta al ritmo di 13 milioni di ettari all’anno ed è responsabile del 20 per cento circa delle emissioni globali di CO2. Gli accordi volontari di partenariato che il Parlamento ha appena adottato contribuiranno a combattere il commercio di legname tagliato illegalmente migliorando la tracciabilità del prodotto proveniente dalla Repubblica del Congo e dal Camerun grazie all’introduzione di procedure di revisione contabile indipendenti e di buone politiche di governance nel settore forestale. Più in generale questi accordi ricordano quali sono le responsabilità che gravano sull’Unione europea nella negoziazione di convenzioni commerciali. La Commissione europea deve portare avanti una politica commerciale coerente e garantire che gli accordi commerciali non conducano alla deforestazione su vasta scala e soddisfino nel contempo le richieste in materia di libero commercio di legname e di produzione di biocarburanti. Per questo motivo il Parlamento insiste sulla necessità che la Commissione europea presenti una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni degli accordi.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione relativa agli accordi volontari di partenariato sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname dato che la negoziazione di queste partnership ci consentirà di definire buone prassi per i negoziati futuri con i paesi fornitori di legno perseguendo l’obiettivo di porre fine al disboscamento illegale e assicurando al contempo la tutela e l’uso sostenibile delle risorse forestali a livello mondiale.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il disboscamento illegale non è altro che il saccheggio delle risorse naturali dei paesi fornitori di legno, di solito paesi in via di sviluppo, e rappresenta un chiaro attacco alla biodiversità, alla qualità della vita e alle prospettive future della popolazione. Se gli accordi come quelli raggiunti con la Repubblica del Congo e la Repubblica del Camerun si riveleranno efficaci nella lotta contro questo flagello essi potrebbero rappresentare una buona base per altre partnership analoghe in futuro. Sono lieto che l’Europa si preoccupi di tutelare le risorse naturali di altri paesi ma desidero sottolineare che, a prescindere dal quadro normativo previsto dagli accordi, qualsiasi passo avanti nella lotta contro il commercio illegale di legname dipende in larga misura dai governi e dalle istituzioni dei paesi produttori di legname senza il cui coinvolgimento e impegno reale qualsiasi strumento con essi concordato sarà inutile. Questo modello comporta quindi anche un invito alle controparti comunitarie di tali paesi ad assumersi le proprie responsabilità e a comprendere che è necessario tutelare gli interessi delle loro generazioni future e agire nell’interesse di tutti, evitando di inseguire guadagni immediati.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea sta cercando di combattere il disboscamento illegale e, al contempo, di preservare le risorse forestali promuovendone l’uso sostenibile a livello globale.

Accolgo quindi favorevolmente la firma delle partnership con il Camerun e la Repubblica del Congo volte a migliorare la governance delle foreste e a riformare, se necessario, le normative esistenti per garantire che le attività del settore forestale siano trasparenti e i diritti della popolazione locale vengano rispettati senza ripercussioni negative sull’ambiente.

Gli accordi in oggetto sono essenziali per eliminare il fenomeno del disboscamento illegale ponendo fine alla deforestazione e al degrado delle foreste, alle relative emissioni di carbonio e alla perdita di biodiversità a livello globale. A tal fine vorrei sottolineare l’importanza della richiesta alla Commissione di elaborare e presentare regolarmente al Parlamento europeo una relazione sullo stato di attuazione delle varie disposizioni di tutti gli accordi attuali e futuri.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La risoluzione sottolinea giustamente che lo sfruttamento industriale su vasta scala delle foreste tropicali è insostenibile in quanto provoca il degrado e la distruzione di ecosistemi molto importanti sia dal punto di vista funzionale che in termini dei beni naturali da tutelare. Crediamo inoltre che sia giusto e opportuno che la risoluzione sottolinei i limiti e le contraddizioni degli accordi volontari di partenariato sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname anche se ciò non sarà sufficiente ad affrontare le cause del problema del disboscamento illegale e non sostenibile. In particolare è importante ricordare che il problema è riconducibile anche all’estrema debolezza delle economie di questi paesi e all’elevato livello di povertà delle popolazioni e che a volte questa attività costituisce l’unica fonte di reddito per molte famiglie. Tutto ciò porta inevitabilmente alla conclusione riportata nell’emendamento da noi proposto e purtroppo respinto in base alla quale si potrebbe porre fine al fenomeno del disboscamento illegale e non sostenibile solamente affrontando la terribile situazione sociale ed economica di questi paesi ed invertendo il modello economico attuale basato sulla forte dipendenza dallo sfruttamento e dall’esportazione di un numero limitato di materie prime verso i paesi industrializzati. Questo modello favorisce rapporti di dipendenza neocoloniale e promuove il saccheggio delle risorse dai paesi in via di sviluppo e la loro sottomissione.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto.(PL) Desidero intervenire ancora una volta al cospetto del Parlamento europeo per ricordare a tutti l’importanza delle foreste per il clima, per la gestione delle risorse idriche, per l’agricoltura e per la cultura del paese o della regione in questione, specialmente nelle aree rurali. Il valore di mercato dei prodotti di legno è notevole e dobbiamo pertanto essere assolutamente certi che il legname proveniente dal Camerun, dalla Repubblica del Congo o da qualsiasi altro paese terzo sia stato abbattuto, trasportato e immesso sul mercato legalmente, nel rispetto delle esigenze delle comunità locali e delle normative in materia di gestione forestale. Avviare una collaborazione con questi paesi si tradurrà in una migliore gestione delle foreste e in una maggiore credibilità e competitività per i paesi che esportano a livello internazionale.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Accolgo con favore questa risoluzione che accompagna le procedure di autorizzazione degli accordi volontari di partenariato con il Camerun e il Congo in materia di diritto forestale e di commercio di legname. La risoluzione sottolinea giustamente l’importanza vitale di assicurare finanziamenti sufficienti, un adeguato monitoraggio e il coinvolgimento delle organizzazioni non governative e della società civile affinché gli accordi volontari di partenariato possano raggiungere i loro obiettivi.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Nella lotta contro il saccheggio della biodiversità la questione della distruzione delle foreste ha un posto di tutto rilievo dato che il fenomeno deriva essenzialmente dalla logica produttivistica della globalizzazione odierna ed è quindi ancora perfettamente legale. L’applicazione di accordi volontari di partenariato bilaterale per combattere lo sfruttamento illegale delle foreste è un passo avanti molto limitato verso l’istituzione del meccanismo necessario a penalizzare tutti i reati ecologici. Questi accordi, ancora molto rudimentali, meritano tuttavia di essere incoraggiati e soprattutto migliorati.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il disboscamento dei paesi africani, spesso illegale, ha un forte impatto sulla tutela delle risorse naturali dei paesi produttori e rappresenta un attacco alla biodiversità, alla qualità di vita e alle prospettive future della popolazione.

La firma di questo tipo di accordo con la Repubblica del Congo e con il Camerun potrebbe contribuire a invertire questa tendenza se gli accordi saranno efficaci e riusciranno a porre fine al disboscamento illegale nei paesi africani in oggetto. È lodevole che l’Unione europea utilizzi questo tipo di convenzione per tutelare le risorse naturali di altri paesi; tuttavia, affinché tali iniziative abbiano successo, è molto importante che anche i governi e le istituzioni degli Stati produttori contribuiscano a questa battaglia.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Non possiamo aspettarci che gli accordi di partenariato per l’utilizzo sostenibile a livello mondiale delle risorse forestali facciano miracoli. Sarà possibile opporsi efficacemente al disboscamento illegale solamente rendendo i sistemi locali più resistenti alla corruzione, chiudendo le porte di servizio attualmente utilizzate per aggirare i regolamenti esistenti ed infine imponendo sanzioni elevate per il mancato rispetto dei regolamenti. Quanto ai danni ambientali causati dalle attività svolte nel settore forestale è importante non dimenticare quelli causati dal trasporto. Anche se non ci si può attendere miracoli dall’accordo, esso rappresenta un passo nella direzione giusta, motivo per cui ho votato a favore della relazione in oggetto.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione relativa agli accordi volontari di partenariato sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell’Unione europea e l’ho fatto poiché ritengo che la negoziazione di queste partnership ci consentirà di ottenere le linee guida sulle migliori prassi che potrebbero costituire un precedente per i negoziati in corso di altri accordi di partenariato con i paesi produttori di legname.

In questo contesto sono lieta che l’Unione europea abbia ammesso la propria parte di responsabilità nell’eliminazione del fenomeno del disboscamento illegale e del relativo commercio e abbia intensificato gli sforzi volti alla tutela e all’uso sostenibile delle risorse forestali a livello mondiale. Mi rallegro del fatto che gli impegni assunti dalle parti in causa, volti a migliorare la governance delle foreste, siano trasparenti e rispettino i diritti delle popolazioni locali tenendo conto, al contempo, della necessità di salvaguardare la biodiversità delle foreste, il clima e lo sviluppo umano sostenibile.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione sugli accordi volontari di partenariato con il Camerun e la Repubblica del Congo. Mi preme sottolineare che, nel negoziare accordi futuri di questo tipo, occorrerà prevedere misure che salvaguardino gli obiettivi di eliminare il fenomeno del disboscamento illegale, di assicurare la tutela e l’uso sostenibile delle risorse forestali e di rispettare i diritti delle popolazioni locali.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) A seguito di un esame approfondito effettuato assieme a diverse organizzazioni non governative abbiamo deciso di sostenere la firma dei due accordi volontari di partenariato. In commissione le raccomandazioni dei Verdi sono state adottate all’unanimità ma ciononostante nella motivazione abbiamo chiesto alla Commissione di fornire qualche spiegazione più approfondita su taluni aspetti. Per dar voce alle nostre ulteriori preoccupazioni abbiamo quindi presentato un’interrogazione orale con discussione sostenuta da tutti i gruppi politici. Tale interrogazione sottolinea la necessità che la Commissione si accerti che vengano rispettati alcuni criteri non soltanto durante la fase di firma ma anche durante quella – più importante – di attuazione degli accordi. Chiediamo, per esempio, alla Commissione di presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore di ogni accordo volontario di partenariato, una relazione sulle misure adottate per garantire che il dialogo tra le parti interessate e la società civile, comprese le popolazioni locali e indigene, continui e si protragga durante la fase di esecuzione. Il testo sottolinea anche il rischio di uno sfruttamento su vasta scala delle foreste e l’impatto diretto e indiretto del taglio di legname a fini commerciali sulla fauna e sulla flora, sulla biodiversità, sulla deforestazione, sul degrado delle foreste e sulle popolazioni locali e indigene. Abbiamo anche cercato di evidenziare che sarà fondamentale garantire la libertà di espressione e il rispetto dei diritti umani in modo da consentire ai paesi firmatari degli accordi volontari di partenariato di essere ascoltati qualora presentino reclami.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Gli accordi volontari di partenariato FLEGT rappresentano il modello europeo, in fase di assestamento, volto a combattere l’illegalità nel commercio internazionale di legname.

Nelle partnership approvate con la Repubblica del Camerun e del Congo sono presenti orientamenti per buone prassi, che possono rappresentare un importante precedente per altri negoziati in corso con i paesi produttori di legname. Alla base del testo approvato rimane centrale l’idea di arrestare congiuntamente il commercio del legname tagliato illegalmente e dei prodotti da esso derivati, contribuendo attivamente a bloccare la deforestazione e il degrado delle foreste, le relative emissioni di carbonio e la perdita di biodiversità a livello globale. Questo, al contempo, promuoverebbe una crescita economica ed uno sviluppo umano sostenibile, nel pieno rispetto delle popolazioni indigene e locali.

Per quanto gli Stati godano della sovranità sulle foreste che si trovano nel loro territorio, l’ambiente è un patrimonio comune dell’umanità e deve essere protetto, salvaguardato e, ove possibile, ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità globale e le funzioni dell’ecosistema, proteggendo il sistema climatico mondiale dai cambiamenti in atto.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) Nell’ambito del progetto sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname, i paesi esportatori di legno tropicale hanno cominciato a stringere accordi volontari di partenariato con l’Unione europea al fine di garantire la tracciabilità e la legalità del legname. Gli accordi prevedono procedure di verifica indipendenti che consentiranno ai paesi di definire lo standard per la gestione e lo sfruttamento delle foreste. Non posso che rallegrarmi del fatto che la Commissione abbia stretto una convenzione con il Camerun e con la Repubblica del Congo in quanto ciò costituisce una buona base per avviare eventuali partenariati volontari in futuro, per esempio con alcuni paesi asiatici e con la Repubblica democratica del Congo.

Un altro aspetto importante per il gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea è l’impegno assunto dalla Commissione di presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore di ogni partnership, una relazione sulle misure adottate per attivare e mantenere un dialogo costante tra le parti interessate e le comunità civili, comprese le popolazioni locali e indigene. Lo sfruttamento eccessivo delle foreste minaccia non soltanto la popolazione locale ma anche la fauna, la flora e la biodiversità; gli accordi ridurranno il fenomeno della deforestazione su vasta scala che comporta ad un aumento del riscaldamento globale.

 
  
  

Raccomandazione Jadot (A7–0371/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto.(PT) Condivido l’obiettivo di fornire un quadro legislativo per individuare e assicurare la tracciabilità dei prodotti del legno stabilendo procedure di verifica governativa indipendenti che certifichino che tutti i prodotti del legno esportati dalla Repubblica del Camerun ai mercati europei sono stati ottenuti, raccolti, trasportati ed esportati legalmente, in modo da porre le basi di una gestione e un utilizzo legale di questo prodotto da parte dell’industria del settore in Camerun e da rafforzare l’applicazione delle normative e della governance nel settore forestale. Credo inoltre che questo accordo sia della massima importanza in quanto il paese è il principale esportatore africano di legname in Europa ed ha gravi problemi a diversi livelli di governance quali il degrado ambientale e la corruzione. Bisognerà inoltre assicurarsi che gli impegni internazionali assunti dall’Unione europea e dal Camerun siano rispettati in termini di ambiente, di adozione di un sistema di vigilanza da parte della società civile e di un maggior coinvolgimento delle comunità locali ed indigene tale da consentire a queste ultime di godere dei diritti fondamentali.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa raccomandazione. Il Camerun, un paese dove il 40 per cento del territorio è coperto da boschi, è il maggior esportatore africano di legno duro in Europa e vende all’Unione europea l’80 per cento del legname tagliato. Il settore presenta tuttavia gravi problemi di governance che causano degrado ambientale, disuguaglianze, povertà e corruzione. Alcune indagini condotte da organizzazioni non governative hanno dimostrato che, ad oggi, il 20 per cento del legname congolese importato sul mercato europeo è di origine illegale sia per quanto concerne la produzione che la vendita, la trasformazione e l’esportazione. Il presente accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e il Camerun è un buon esempio di come l’acquisto responsabile di legname possa influire positivamente sulla qualità dell’ambiente di paesi terzi e del mondo in generale, contenendo l’inquinamento e combattendo i cambiamenti climatici, la povertà e la corruzione. Credo che il principio di acquisto responsabile possa contribuire a ridurre sostanzialmente il volume del commercio scorretto e illegale e a tutelare le foreste e la biodiversità.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli impegni assunti dall’Unione europea e dalla Repubblica del Camerun volti a migliorare la governance delle foreste e ad avviare, se necessario, una riforma della normativa esistente in modo da garantire che le attività del settore forestale siano trasparenti, rispettino i diritti delle popolazioni locali e non abbiano ripercussioni negative sull’ambiente.

Le foreste costituiscono un patrimonio comune dell’umanità mondiale e devono essere protette, salvaguardate e, ove possibile, ripristinate al fine ultimo di mantenere la biodiversità globale e le funzioni dell’ecosistema proteggendo il sistema climatico. È inoltre essenziale che i governi partner africani e quelli dei paesi terzi elaborino piani per la gestione delle risorse e per l’uso del territorio individuando al contempo gli aiuti da richiedere ai partner esteri e alle organizzazioni internazionali per il poter perseguire questi obiettivi.

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della stipula di un accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun sull’applicazione delle normative nel settore forestale in quanto ritengo che la convenzione in oggetto possa fornire un quadro giuridico per una gestione legale dello sfruttamento del legname in Camerun e della sua esportazione nell’Unione europea. L’accordo è finalizzato ad eliminare la corruzione generata dal commercio illegale di questo prodotto e a sviluppare un insieme di pratiche di buona governance nel settore.

Il coinvolgimento della società civile nella conclusione dell’accordo rappresenta un aspetto positivo da salvaguardare per garantire un controllo esterno sui progressi del processo di eliminazione delle frodi e di sviluppo di un commercio sostenibile.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della raccomandazione sull’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun poiché esso introduce politiche e riforme legislative che consentiranno al settore del legno in Camerun di incoraggiare pratiche di buona governance e trasparenza al fine di combattere le frodi e il commercio illegale di legname.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La stipula di un accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun sull’applicazione delle normative nel settore forestale sulla governance e sul commercio relativa ai prodotti del legno importati nell’Unione europea (FLEGT) è di fondamentale importanza date le ripercussioni negative per l’ambiente che necessariamente accompagnano il commercio illegale di questo prodotto. La convenzione dovrebbe consentire di individuare la provenienza del legname e incoraggiare l’introduzione di procedure di verifica indipendenti che possano dimostrarla. Mi auguro che l’impegno assunto del Camerun nei confronti del FLEGT possa ridurre realmente le risorse del traffico illegale portando quindi all’istituzione di un sistema efficace e trasparente di verifica della legalità del legname.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea sta cercando di combattere il disboscamento illegale e al contempo di preservare le risorse forestali promuovendone l’uso sostenibile a livello globale.

Accolgo quindi favorevolmente la firma degli accordi volontari di partenariato con il Camerun e con la Repubblica del Congo volti a migliorare la governance delle foreste e a riformare, se necessario, le normative esistenti per garantire che le attività del settore forestale siano trasparenti e i diritti della popolazione locale vengano rispettati senza ripercussioni negative sull’ambiente.

Gli accordi in oggetto sono essenziali per sradicare il fenomeno del disboscamento illegale e porre fine alla deforestazione, al degrado delle foreste, alle emissioni di carbonio e alla perdita di biodiversità a livello globale. A tal fine vorrei sottolineare l’importanza della richiesta alla Commissione di elaborare e presentare regolarmente al Parlamento europeo una relazione sullo stato di attuazione delle varie disposizioni per tutti gli accordi attuali e futuri.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Anche se gli obiettivi fissati nel presente accordo, finalizzato alla tracciabilità e alla certificazione dei prodotti del legno provenienti dalla Repubblica del Camerun, sono apparentemente lodevoli, la misura non fornisce a nostro avviso una risposta adeguata al problema della distruzione delle foreste e alla minaccia all’integrità di risorse di immenso valore sotto il profilo ecologico e quello della tutela ambientale che sono vitali per l’esistenza e lo stile di vita delle comunità locali e delle popolazioni indigene. Il relatore stesso si è reso conto della debolezza dell’accordo e ha formulato una lunga lista di aspetti che lo preoccupano e che l’accordo non affronta in modo esplicito. Più in particolare la convenzione non esclude la possibilità che il disboscamento industriale su vasta scala aumenti il degrado delle foreste e la deforestazione, anche in relazione alla foresta vergine che ancora presenta alti livelli di biodiversità. Il relatore riconosce che l’accordo agevolerà l’importazione del legname proveniente dal Camerun nell’Unione europea e che tale aspetto potrebbe entrare in conflitto con l’obiettivo dell’Unione in materia di lotta contro i cambiamenti climatici. È un dato di fatto che le comunità locali e le popolazioni indigene non siano state coinvolte direttamente nella discussione sull’accordo e anche che manchino i finanziamenti mirati, il supporto tecnico e le risorse umane necessarie all’attuazione dell’accordo. Questi sono alcuni dei motivi per i quali ci siamo astenuti.

 
  
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  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli Colleghi, il fatto che il Camerun rappresenti il maggiore esportatore africano di legname duro destinato all’Europa implica la necessità di regolamentare il flusso delle merci attraverso l’accordo di partenariato che votiamo in data odierna. La corruzione e l’illegalità che attanagliano il commercio del paese africano devono essere per forza fronteggiate attraverso l’elaborazione di un sistema di accertamento della legalità e verifiche indipendenti del sistema intero. Sebbene permangano le perplessità circa l’effettiva efficacia di questo accordo, ritengo sia giusto appoggiare la raccomandazione del collega Jadot.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho accordato il mio sostegno al documento perché l’obiettivo dell’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e il Camerun è quello di fornire un quadro normativo entro il quale individuare e garantire la tracciabilità del legname e di introdurre procedure di verifica governative e indipendenti per certificare che tutto il legname esportato dal Camerun e diretto ai mercati europei sia stato ottenuto, abbattuto, trasportato ed esportato legalmente in modo da fornire una base giuridica per la gestione e lo sfruttamento delle foreste camerunesi e rafforzare l’applicazione delle norme forestali e di governance. A mio parere, dobbiamo porre fine al commercio illegale di legname e alla corruzione istituendo un sistema efficace e trasparente di vigilanza sulla legalità di questo prodotto e dei suoi derivati. L’accordo volontario di partenariato tra il Camerun e l’Unione europea, stipulato in base alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio, prevede una serie di riforme politiche e di regolamentazione che garantiranno all’industria del legno di quel paese una buona governance e una maggiore trasparenza. La convenzione introduce una procedura innovativa per combattere le frodi e le pratiche illegali nel commercio del legno e fornisce una definizione di commercio legale di tale prodotto, un meccanismo di controllo della legalità e verifiche indipendenti del sistema nel suo complesso finalizzate ad assicurare un commercio più sostenibile del legname. Va sottolineato che questi accordi volontari in materia di commercio di questo prodotto non devono ostacolare l’obiettivo generale dell’Unione europea in termini di lotta ai cambiamenti climatici ma garantire un utilizzo sostenibile delle risorse forestali, porre fine alla deforestazione, al degrado forestale, alle relative emissioni di carbonio e alla perdita di biodiversità a livello globale.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, il progetto di risoluzione in questione prevede l’importante accordo di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun. Scopo precipuo di questa collaborazione è quello di definire un quadro giuridico finalizzato ad assicurare la tracciabilità del legname, ad istituire procedure che certifichino le quantità di legname esportato dal Camerun nei Paesi europei e a controllare che tali passaggi avvengano nel rispetto delle norme giuridiche e, soprattutto, nel rispetto dell’ambiente. Il Camerun è il maggiore esportatore africano di legname destinato al mercato europeo, difatti quest’ultimo acquista dal Camerun l’80% della sua produzione. Tale circostanza deve farci riflettere sulla necessità di adottare in questo settore di mercato sistemi e procedure di controllo, onde evitare che le attività dello stesso vengano svolte secondo il ricorso a procedure illegali. Ho deciso di sostenere questa raccomandazione poiché sono convinto della necessità di sviluppare accordi con paesi terzi all’Europa, sottolineando però che tali cooperazioni devono essere rispettose delle normative poste a tutelare dell’ambiente ed essere sottoposte a stringenti controlli, al fine di permettere a tali attività di divenire vero motivo di sviluppo e crescita.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Nella lotta contro il saccheggio della biodiversità la questione della distruzione delle foreste ha un posto di tutto rilievo dato che il fenomeno deriva essenzialmente dalla logica produttivistica della globalizzazione odierna ed è quindi ancora perfettamente legale. L’applicazione dell’accordo volontario di partenariato bilaterale tra l’UE e il Camerun volto a combattere lo sfruttamento illegale delle foreste è un passo avanti molto limitato verso l’istituzione del meccanismo necessario a penalizzare tutti i reati ecologici.

L’indipendenza delle decisioni relative alla concessione e alla verifica delle licenze di esportazione dovrebbe essere garantita da servizi pubblici e la promozione del commercio del legno, nonché dello sviluppo delle industrie forestali, dovrebbe essere limitata a ciò che è ecologicamente sostenibile. L’assenza di tali misure è particolarmente deplorevole. Andrebbero inoltre espresse forti riserve sull’affidabilità del sistema di controllo in quanto le autorità del Camerun non ottemperano ai propri doveri.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il disboscamento dei paesi africani, spesso illegale, ha un forte impatto sulla tutela delle risorse naturali dei paesi produttori e rappresenta un attacco alla biodiversità, alla qualità di vita e alle prospettive future della popolazione.

Mi auguro che l’accordo negoziato con il Camerun serva a combattere realmente tale fenomeno illegale nel paese, contribuendo così a migliorare le condizioni della popolazione, il cui sostentamento si basa su questo settore economico oltre a migliorare la situazione della biodiversità e a proteggere le risorse naturali del Camerun.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Anche se l’accordo di partenariato con il Camerun nel settore forestale è lodevole e che, essendo stato introdotto durante l’Anno internazionale delle foreste, costituisce anche un modo molto conveniente per l’Unione europea di migliorare la propria immagine, dubito che esso valga la carta su cui è scritto. La corruzione è una realtà di fatto in Camerun: nella classifica mondiale di Transparency International il paese, nel 2010, copriva la centoquarantaseiesima posizione. Le organizzazioni ambientaliste sostengono che il governo del Camerun è a conoscenza delle violazioni ambientali commesse dall’industria forestale ma la corruzione impedisce il monitoraggio e l’incriminazione delle società responsabili. Sembra che società straniere controllino più del 60 per cento delle attività di estrazione e lavorazione del legno e tre quarti delle esportazioni di legname. Anche se non ci si può attendere miracoli dall’accordo, esso rappresenta un passo nella direzione giusta, motivo per cui ho votato a favore della relazione in oggetto.

 
  
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  Franz Obermayr (NI), per iscritto. (DE) Il quaranta per cento della superficie del Camerun è coperta da boschi, almeno per il momento dato che il Camerun è il maggiore esportatore africano di legno tropicale e in nessun altro paese è in atto un disboscamento così esteso. Secondo le stime degli esperti se il disboscamento dovesse continuare ai ritmi attuali puntando al massimo rendimento, tra 10 o 15 anni le specie arboree più importanti dal punto di vista ecologico scomparirebbero dal bacino del Congo mettendo a repentaglio, in ultima analisi, il polmone verde dell’Africa, di vitale importanza per il clima mondiale, oltre alla flora e alla fauna del Camerun. Al fine di salvaguardare le foreste tropicali del paese è essenziale combattere la corruzione e le tangenti (a livello di funzionari e anche delle comunità che affittano le foreste demaniali), introdurre efficaci azioni penali, avere una silvicoltura sostenibile che preveda la corrispondenza tra quantitativo abbattuto e ricrescita e introdurre migliori corsi di formazione al fine di evitare che il terreno venga danneggiato durante il taglio. Ma soprattutto occorre che le imprese europee si assumano le proprie responsabilità, dato che circa l’80 per cento del legname tagliato è destinato all’Europa e che l’Unione europea intervenga in questo senso, adottando misure dirette e decisive. Ho pertanto votato a favore di questa relazione che si sta muovendo nella direzione giusta.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Voto a favore della firma dell’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun volto a rafforzare la governance delle foreste, la promozione dei prodotti del legno del Camerun e l’aumento della competitività del paese sul mercato internazionale.

Queste finalità devono rispettare gli obiettivi e gli impegni dell’accordo sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname rafforzando i diritti di proprietà fondiaria e accesso comuni, garantendo la partecipazione effettiva della società civile, e in particolare delle popolazioni indigene, nel processo decisionale in materia di gestione forestale, aumentando la trasparenza e riducendo la corruzione. Tali obiettivi non verranno raggiunti senza il coinvolgimento reale ed efficace delle autorità della Repubblica del Camerun.

Sono d’accordo con il relatore quando sottolinea che il Parlamento europeo, in virtù delle nuove competenze conferitegli dal trattato di Lisbona, dovrà monitorare le varie fasi di negoziazione e di attuazione dei partenariati volontari e quindi chiede alla Commissione di fornire al Parlamento, tra gli altri documenti, anche un’indagine sull’impatto sociale, economico e ambientale degli accordi in modo da consentirgli di valutarne l’attuazione.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − L’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun (“AVP Camerun–UE” concluso il 6 maggio 2010) ha l’obiettivo di definire un quadro legislativo mirato a stabilire e assicurare la tracciabilità del legname, istituire procedure di verifica governative e indipendenti atte a certificare che tutte le quantità di legname esportato dal Camerun ai mercati europei abbiano seguito un iter legale, nonché rafforzare l’applicazione delle normative forestali e della governance.

Nella maggior parte dei casi, i criteri derivanti dalle definizioni degli AVP sono stati osservati. Il Camerun è, per il 40 per cento, coperto di foreste, è il maggiore esportatore africano di legname duro destinato all’Europa (80 per cento del legname segato all’UE). Tuttavia accusa seri problemi di governance (corruzione), con conseguente degrado dell’ambiente.

Risulta pertanto urgente istituire procedure per combattere il commercio fraudolento del legname onde poter analizzare e monitorare meglio i flussi commerciali. L’accordo volontario di partenariato UE–Camerun prevede una serie di riforme politiche e regolamentari e sarà effettivo non appena saranno attuate le modifiche legislative promesse e sarà istituito il sistema di verifica della legalità.

Per tutti questi motivi mi esprimo a favore della proposta consentendo al Parlamento di seguire la posizione del Consiglio.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) L’accordo volontario di partenariato tra il Camerun e l’Unione europea prevede una serie di riforme politiche e legislative che consentiranno al settore del legname in Camerun di avviare prassi di buona governance e di assicurare una maggiore trasparenza. È importante garantire che il legname e i suoi derivati provenienti da questo paese vengano immessi sui mercati nella più completa legalità e che le riforme attuate assicurino il rispetto dei diritti delle comunità locali e indigene e abbiano un reale impatto a livello di lotta contro la corruzione e di rafforzamento del ruolo della società civile locale. Ho pertanto votato a favore della firma della convenzione in oggetto e mi auguro che gli impegni e gli obiettivi dell’accordo sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname vengano pienamente rispettati nel corso della sua attuazione.

 
  
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  Csanád Szegedi (NI), per iscritto. (HU) Ho ritenuto che la relazione relativa alla stipula di un accordo volontario di partenariato tra il Camerun e l’Unione europea dovesse essere sostenuta nella votazione. Credo infatti che sia molto importante che il Camerun, il più grande esportatore africano di legno in Europa, applichi norme rigorose sulle attività di questo settore. Non dobbiamo permettere che proseguano gli abusi e la distruzione dell’ambiente: occorre invece mettere in atto un sistema di controllo efficace e trasparente. Sono convinto che i politici europei siano tenuti a prestare particolare attenzione alla tutela ambientale e a sostenere tutti gli sforzi volti ad assistere e a tutelare il benessere del nostro ambiente; ritengo inoltre che debbano farlo non solo in Europa ma su scala globale.

 
  
  

Raccomandazione Jadot (A7–0370/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Concordo con l’obiettivo di definire un quadro legislativo volto a stabilire e ad assicurare la tracciabilità del legname, ad istituire procedure di verifica governative indipendenti atte a certificare che tutte le quantità di legname esportato dal Camerun nei mercati europei siano state ottenute, abbattute, trasportate ed esportate legalmente onde garantire uno sfruttamento legale delle foreste del paese nonché a rafforzare l’applicazione delle normative forestali e della governance Questo accordo è fondamentale dato che il paese esporta legname e prodotti derivati per un ​​valore di oltre 250 milioni di euro l’anno e più di metà di tale legname è destinato all’Unione europea. Mi trovo d’accordo anche sulla necessità di garantire che gli impegni internazionali che la Repubblica del Congo si è assunta in termini di diritti umani e ambientali siano rispettati.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Mi rallegro degli impegni assunti dall’Unione europea e dalla Repubblica del Congo con l’accordo volontario di partenariato volto a migliorare la governance delle foreste e a riformare la normativa esistente in materia. È necessario garantire che le attività del settore forestale siano trasparenti, rispettino i diritti della popolazione e non si ripercuotano negativamente sull’ambiente. Desidero sottolineare il ruolo delle organizzazioni indipendenti nazionali della società civile e degli osservatori indipendenti esterni nel monitoraggio della corretta applicazione delle partnership da parte di tutte le parti in causa.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della raccomandazione sull’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Congo poiché esso introduce politiche e riforme legislative che consentiranno al settore del legno congolese di incoraggiare pratiche di buona governance e trasparenza al fine di combattere la frode e il commercio illegale di legname.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il commercio illegale di legname è un problema che si ripercuote gravemente sui paesi produttori, compresa la Repubblica del Congo, e mette in pericolo gli ecosistemi, lo stile di vita e le stesse economie dei paesi in via di sviluppo. Purtroppo l’Unione europea continua a importare legame illegale e quindi le misure volte a ostacolare il suo ingresso nell’UE vanno accolte favorevolmente. In questo senso un accordo di collaborazione volto a individuare la provenienza e la legalità del legname che raggiungere i paesi dell’Unione è chiaramente una misura positiva. Come avviene per altri beni, il consumatore dovrebbe poter risalire alla provenienza del legname e assicurarsi che il prodotto soddisfi i requisiti di legge ad esso applicabili.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea sta lottando contro il disboscamento illegale e cercando nel contempo di preservare le risorse forestali promuovendone l’uso sostenibile a livello globale.

Accolgo quindi favorevolmente la firma dell’accordo volontario di partenariato con la Repubblica del Congo volto a migliorare la governance delle foreste e a rivedere, se necessario, le normative esistenti per garantire che le attività del settore forestale siano trasparenti e i diritti della popolazione locale vengano rispettati senza ripercussioni negative sull’ambiente.

Tali accordi sono essenziali per sradicare il fenomeno del disboscamento illegale ponendo fine alla deforestazione, al degrado delle foreste, alle relative emissioni di carbonio e alla perdita di biodiversità a livello globale. A tal fine vorrei sottolineare l’importanza della richiesta posta alla Commissione di elaborare e presentare regolarmente al Parlamento europeo una relazione sullo stato di attuazione delle varie disposizioni di tutti gli accordi attuali e futuri.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L’accordo in oggetto mira a garantire la tracciabilità e la certificazione dei prodotti del legno provenienti dalla Repubblica del Congo, obiettivi apparentemente lodevoli ma che non rappresentano a nostro avviso una risposta adeguata al problema della distruzione delle foreste e alla minaccia all’integrità di risorse di immenso valore sotto il profilo ecologico e quello della tutela ambientale che sono vitali per l’esistenza e lo stile di vita delle comunità locali e delle popolazioni indigene. Le preoccupazioni espresse dal relatore stesso servono a dimostrare la debolezza della convenzione e giustificano la nostra astensione. In particolare, l’accordo non è di per sé sufficiente a garantire che la deforestazione e il degrado su vasta scala di foreste intatte saranno combattuti, anzi potrebbe addirittura favorirli in assenza di misure supplementari o complementari in quanto volto a incoraggiare l’importazione di prodotti del legno dalla Repubblica del Congo all’Unione europea. La misura potrebbe entrare in chiaro conflitto con gli obiettivi dichiarati dall’UE in materia di lotta ai cambiamenti climatici e di tutela della biodiversità. Va inoltre sottolineata, come ha fatto il relatore, la mancanza di finanziamenti mirati, del supporto tecnico e delle risorse umane necessarie per attuare l’accordo.

 
  
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  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli Colleghi, analogamente a quanto stabilito per il Camerun, e con il rammarico che il Trattato di Lisbona non conferisca al Parlamento Europeo il potere di modifica, ma ne richieda soltanto il consenso, ritengo di appoggiare la raccomandazione del collega Jadot. Il Congo esporta oltre 250 milioni annuali di legnami e derivati, la metà finiscono nel mercato comunitario. Sebbene, come nella situazione del Camerun, permangano dubbi sull’effettiva applicazione dell’accordo che votiamo, ritengo di appoggiarla, in quanto rappresenta un primo passo verso la lotta alla frode e all’illegalità nel commercio del legno.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho appoggiato questo documento poiché l’obiettivo dell’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e il Congo è quello di fornire un quadro normativo entro il quale individuare e garantire la tracciabilità del legname e di mettere a punto procedure di verifica governative e indipendenti per certificare che tutto il legame esportato dal Congo ai mercati europei sia stato ottenuto, abbattuto, trasportato ed esportato legalmente. Ritengo si debba porre fine al commercio illegale di legname e alla corruzione e istituire un sistema efficace e trasparente per il monitoraggio della legalità di questo prodotto e dei suoi derivati. Il Congo esporta più di 250 milioni di euro di legname e prodotti derivati, metà dei quali diretti all’Unione europea. Attualmente il 20 per cento del legname congolese importato sul mercato europeo è di origine illegale, sia a livello di produzione che di vendita, trasformazione ed esportazione. Le guerre che si sono succedute tra il 1993 e il 1999 non hanno migliorato la situazione e hanno aperto le porte alla piaga della corruzione. Vi era quindi l’urgente necessità di stabilire procedure per combattere il commercio illegale di legname analizzandone e sorvegliandone in modo più efficace i modelli commerciali spesso complessi. Va sottolineato che questi accordi volontari sul commercio di legname non devono essere in contrasto con l’obiettivo generale dell’Unione europea in termini di lotta ai cambiamenti climatici ma garantire un utilizzo sostenibile delle risorse forestali, porre fine alla deforestazione, al degrado forestale, alle relative emissioni di carbonio e alla perdita di biodiversità a livello globale.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, come ben sappiamo gran parte del legname utilizzato dall'Unione europea proviene dalla Repubblica del Congo. In questo Paese, secondo quanto si apprende dagli studi effettuati dalle ONG che lavorano sul territorio, almeno il 20% del legname è di origine illegale. La missione di questa raccomandazione sul progetto di decisione relativo all’applicazione delle normative nel settore forestale, è quella di far sì che anche nel Congo, così come già richiesto per il Camerun, l'Unione europea possa agire in modo da evitare che il mercato del legname subisca ingerenze illegali e, in quanto tali, inaccettabili. Ciò può avvenire, così come proposto dalla stessa raccomandazione, attraverso l'adozione di misure che consentano all'UE di assicurarsi che le riforme politiche, avviate attraverso gli accordi di partenariato, contribuiscano effettivamente ad una economia pulita, sia dal punto di vista giuridico che ambientale, al fine di salvaguardare il Paese dalla criminalità e dal cattivo uso delle risorse di cui beneficia.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione in oggetto. Il Congo esporta più di 250 milioni di euro di legname e prodotti derivati, metà dei quali diretti all’Unione europea; alcune indagini condotte da organizzazioni non governative hanno dimostrato che, ad oggi, il 20 per cento del legname congolese importato sul mercato europeo è di origine illegale, sia a livello di produzione che di vendita, trasformazione ed esportazione. Le guerre che si sono succedute tra 1993 e il 1999 non hanno migliorato la situazione e hanno aperto le porte alla piaga della corruzione. Vi era quindi l’urgente necessità di stabilire procedure per combattere il commercio illegale di legname analizzandone e sorvegliandone in modo più efficace i modelli commerciali spesso complessi. Il presente accordo volontario di partenariato dovrebbe contribuire a fronteggiare la corruzione e a ridurre significativamente il commercio illegale di legname.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Nella lotta contro il saccheggio della biodiversità la questione della distruzione delle foreste ha un posto di tutto rilievo dato che il fenomeno deriva essenzialmente dalla logica produttivistica della globalizzazione odierna ed è quindi ancora perfettamente legale. L’applicazione dell’accordo volontario di partenariato bilaterale tra l’UE e il Congo per combattere lo sfruttamento illegale delle foreste è un passo avanti molto limitato verso l’istituzione del meccanismo necessario a penalizzare tutti i reati ecologici. L’indipendenza delle decisioni relative alla concessione e alla verifica delle licenze di esportazione dovrebbe essere garantita da servizi pubblici e bisognerebbe fornire aiuti per combattere lo sfruttamento legalizzato improprio delle foreste. L’assenza di tali misure è particolarmente deplorevole.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il disboscamento dei paesi africani, spesso illegale, ha un forte impatto sulla tutela delle risorse naturali dei paesi produttori e rappresenta un attacco alla biodiversità, alla qualità di vita e alle prospettive future della popolazione. Mi auguro che l’accordo negoziato con la Repubblica del Congo serva a combattere realmente tale fenomeno illegale nel paese, contribuendo così a migliorare le condizioni delle popolazioni il cui sostentamento si basa su questo settore economico oltre a migliorare la situazione della biodiversità e a proteggere le risorse naturali congolesi.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Questo tipo di accordo avrà significato solo quando potremo essere certi che le società straniere non sfrutteranno più quelle locali, prive di competenze in materia forestale e ambientale, e quando la Repubblica del Congo porrà un freno alla corruzione. L’obiettivo deve essere quello di istituire un settore forestale che agisca responsabilmente e pianifichi per le generazioni future. Finché la popolazione locale continuerà a non essere consapevole di questi problemi qualsiasi misura continuerà ad essere fittizia.

Fino a quando il mancato rispetto delle norme sul taglio non verrà sanzionato concretamente l’accordo dell’Unione europea rimarrà del tutto inefficace. Anche in caso di “abbattimento selettivo” è importante ricordare quanti alberi verranno persi durante il processo di trasporto, per esempio, per la costruzione strade di uscita dalle foreste. Anche se non ci si può attendere miracoli dall’accordo, esso rappresenta un passo nella direzione giusta, motivo per cui ho votato a favore della relazione in oggetto.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato favorevolmente anche sull’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Congo relativo all’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati importati nell’Unione europea. Accolgo con favore l’obiettivo di creare un quadro legislativo che renda possibile, tra l’altro, identificare i prodotti del legno, garantirne la tracciabilità, stabilire procedure di verifica governativa indipendenti attestanti che tutti i prodotti del legno esportati dalla Repubblica del Congo ai mercati europei siano stati ottenuti, abbattuti, trasportati ed esportati legalmente in modo da gettare le basi di una gestione e uno sfruttamento legale nel settore del legname congolese, e rafforzare l’applicazione della normativa forestale e della governance.

In relazione all’accordo volontario di partenariato tra l’UE e il Congo stipulato il 9 maggio 2009 desidero sottolineare l’osservanza dei criteri derivanti dalle definizioni di tale partnership, compresi quelli applicabili al processo di negoziato che ha portato a un accordo innovativo volto a combattere efficacemente le pratiche di cattiva governance all’origine del commercio illegale di legname e della corruzione e a ad istituire un sistema efficace e trasparente di vigilanza sulla legalità di questo prodotto e dei suoi derivati.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. − L’accordo volontario di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Congo (“AVP Congo-UE”) ha l’obiettivo di definire un quadro legislativo mirato ad assicurare la tracciabilità del legname, istituire procedure di verifica governative e indipendenti atte a certificare che tutte le quantità di legname esportato dal Congo ai mercati europei sono state commercializzate in modo legale, onde rafforzare l’applicazione delle normative forestali e della governance.

Le inchieste delle ONG hanno evidenziato che il 20 per cento del legname congolese importato sul mercato europeo è di origine illegale, nelle diverse fasi. Cari colleghi, è per questi motivi che risulta urgente istituire procedure atte a combattere il commercio fraudolento del legname.

L’accordo volontario di partenariato tra UE–Congo prevede una serie di riforme politiche e regolamentari che consentiranno al settore forestale del Congo di attuare una governance corretta e maggiore trasparenza. Occorre provvedere a che le riforme politiche e legislative avviate contribuiscano a ridurre la povertà e a migliorare in modo tangibile le condizioni di vita delle popolazioni.

L’accordo sarà effettivo non appena saranno attuate le modifiche legislative promesse e sarà istituito il sistema di verifica della legalità. Per tutti gli aspetti esposti mi attengo alla proposta del relatore di seguire la posizione del Consiglio.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) L’accordo volontario di partenariato tra l’UE e il Congo prevede una serie di riforme politiche e legislative che consentiranno al settore del legname della Repubblica del Congo di istituire pratiche di buona governance e una maggiore trasparenza. È importante assicurare che tutto il legname e i suoi derivati ​​provenienti dalla Repubblica del Congo entrino nei mercati europei nella completa legalità e che tutte le riforme applicate garantiscano il rispetto dei diritti delle comunità indigene e locali, contribuiscano a migliorare le condizioni di vita della popolazione e a tutelare l’ambiente e siano efficaci a livello di lotta contro la corruzione e di rafforzamento delle capacità della società civile locale.

Ho pertanto votato a favore della firma di questo accordo e mi auguro che gli impegni e gli obiettivi della convenzione sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio del legname e dei suoi derivati vengano rispettati completamente nel corso della sua applicazione.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Mi schiero a favore di questa risoluzione perché ritengo sia necessario cercare di risolvere il grave problema della deforestazione e del degrado, rimanendo una priorità il mantenimento dell’integrità delle foreste.

La Commissione e il Consiglio devono impegnarsi per aumentare gli sforzi a favore del rispetto dei diritti umani nella Repubblica Democratica del Congo. Un altro fenomeno su cui bisogna intervenire preventivamente è quello della corruzione, che deve essere ridotto in maniera rilevante. Infatti, per garantire un contenimento di quest’ultima, bisogna sostenere le misure volte a garantire l’indipendenza del sistema giudiziario locale e la creazione di nuove procedure giuridiche.

È vitale poi aggiornare i testi di legge allo scopo di migliorare la giustizia sociale e il rispetto dei diritti delle comunità locali e autoctone. Vorrei terminare affermando che bisogna sostenere l’istituzione di un sistema di verifica sulla legalità del legname attraverso risorse tecniche e finanziarie.

 
  
  

Raccomandazioni Jadot (A7–0371/2010) e (A7–0370/2010)

 
  
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  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto.(DE) Il consenso del Parlamento europeo sugli accordi volontari di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun e quella del Congo rappresenta un passo importante nella lotta contro il disboscamento e il commercio illegale di legname. Un sistema di certificazione che assicuri una chiara tracciabilità porterà beneficio non solo all’economia e, in particolare, all’industria del legno europea ma anche all’economia e all’industria del settore in Camerun e in Congo. Sono quindi decisamente favorevole a questi due accordi.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Nel contesto della convenzione sull’applicazione delle normative nel settore forestale, sulla governance e sul commercio (FLEGT) i paesi esportatori di legno duro tropicale hanno iniziato a firmare accordi volontari di partenariato con l’Unione europea finalizzati a garantire la tracciabilità e la legittimità del legname e delle procedure di verifica. L’obiettivo dei due accordi volontari di partenariato FLEGT con la Repubblica del Congo e il Camerun è quello di fornire un quadro legislativo volto a individuare e a garantire la tracciabilità del legname, a mettere in atto procedure di verifica indipendente per la certificazione di tutte le esportazioni di questo prodotto dal paese partner al mercato europeo in modo da fornire le basi per la gestione e lo sfruttamento legale delle foreste congolesi e camerunesi e a rafforzare l’applicazione delle norme forestali e della governance. Un accordo analogo era già stato firmato tra l’UE e il Ghana nel 2009. A seguito dell’introduzione del trattato di Lisbona il Parlamento europeo ha assunto potere di codecisione e deve quindi accordare il proprio consenso formale ai due accordi volontari con il Camerun e la Repubblica del Congo. Nell’immediato futuro è prevista la stipula di altri accordi con alcuni paesi asiatici e anche con la Repubblica democratica del Congo.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di queste risoluzioni perché ritengo sia importante preservare le foreste naturali, il cui sfruttamento ne favorisce il degrado e la deforestazione, nonché la distruzione dell’ambiente su scala mondiale.

È quindi necessaria una riforma del quadro forestale per ottenere un accordo volontario di partenariato, conforme agli obiettivi del piano d’azione FLEGT ed assicurandosi che i criteri sociali ed ambientali vengano applicati. Bisogna aggiornare i testi giuridici per migliorare la giustizia sociale, al fine di rispettare i diritti delle comunità locali e autoctone, assicurando così alla comunità i principi di partecipazione diretta all’elaborazione dei nuovi testi regolamentari e alla fase di applicazione dell’accordo di trasparenza.

La Commissione deve interessarsi al rispetto dei diritti delle comunità locali, le quali sono le prime vittime delle alterazioni climatiche e ambientali.

 
  
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  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Il Parlamento europeo ha votato a favore di diversi accordi per combattere il commercio illegale di legname tra Unione europea e Congo e Unione europea e Camerun.

Tali accordi internazionali sono volti a garantire la tracciabilità del legname esportato nell’UE al fine di lottare contro la deforestazione e preservare la biodiversità salvaguardando al contempo i diritti delle popolazioni indigene.

Il relatore, l’onorevole Jadot del gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea, ha incluso una serie di emendamenti presentati dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica.

Queste relazioni devono ancora essere applicate e occorrerà accertarsi che la Commissione tenga realmente conto del punto di vista del Parlamento europeo.

Esse tuttavia potranno fornire sostegno a tutti coloro che cercano di avere un rapporto di tipo diverso con i paesi del sud e specialmente con quelli dell’Africa subsahariana.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della firma degli accordi volontari di partenariato tra l’Unione europea e la Repubblica del Camerun e quella del Congo. Quest’anno, il 2011, è l’Anno internazionale delle foreste e avere foreste sane è essenziale per mantenere la biodiversità locale in quanto esse contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi climatici che ci siamo prefissati poiché fungono da fonti naturali di CO2. La vegetazione e i boschi vengono distrutti in tutto il mondo, anche nell’Africa centrale: alcune immagini satellitari dimostrano che negli ultimi 30 anni sono andati persi circa 25 000 km² di foreste e di vegetazione africane. Questi nuovi accordi di partenariato promuoveranno la gestione responsabile del settore forestale in questi due paesi della quale l’Unione europea è indirettamente responsabile in virtù del legname che importa. L’UE ora si assume questa responsabilità e l’introduzione di sistemi di tracciabilità e di verifica della legalità per i prodotti del legno servirà anche a garantire la necessaria trasparenza.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7–0022/2011)

 
  
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  John Attard-Montalto (S&D), per iscritto. (EN) La risoluzione in oggetto riguarda i visti di lavoro anche se è molto improbabile che i cittadini degli Stati del Pacifico scelgano Malta, invece del resto dell’Unione europea, per cercarvi un impiego. Per questo motivo ho votato a favore del testo originale proposto.

 
  
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  Alain Cadec (PPE), per iscritto.(FR) La risoluzione illustra le perplessità del Parlamento circa l’accordo di partenariato economico interinale mettendo in risalto gli obiettivi della convenzione (sviluppo, rafforzamento dei legami commerciali tra l’UE e il Pacifico) e sottolineando i problemi sollevati dalla deroga alle norme d’origine per i prodotti della pesca trasformati. Ciononostante, in linea con il mio rifiuto ad accettare l’accordo, ho votato contro la risoluzione che non mi sembra evidenzi a sufficienza i problemi sollevati dalla deroga alle norme d’origine per i prodotti della pesca trasformati, con particolare riferimento al tonno.

Attendo con ansia che la Commissione europea ci fornisca la valutazione d’impatto prevista per l’accordo con un’analisi delle conseguenze del medesimo sull’occupazione dell’Unione europea e del Pacifico, nonché sul settore europeo della pesca e della trasformazione dei prodotti ittici. È impossibile verificare la provenienza del tonno trasformato immesso sul mercato europeo. Seguirò i negoziati sull’accordo definitivo di partenariato tra l’UE e gli Stati del Pacifico e mi assicurerò che non contenga alcuna deroga alle norme d’origine per i prodotti della pesca trasformati che provengono dalla Papua Nuova Guinea.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo favorevolmente gli sforzi compiuti per approfondire le relazioni commerciali tra il Pacifico e l’Unione europea aventi l’obiettivo di sostenere l’integrazione regionale e promuovere il progressivo inserimento delle economie dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) nell’economia mondiale.

L’Unione ha un ruolo importante nel promuovere lo sviluppo sostenibile, sociale ed economico dei paesi ACP e nel cercare di perseguire l’obiettivo generale di eliminare la povertà in tali paesi. Le relazioni commerciali tra questa regione e l’Unione europea deve, pertanto, incoraggiare e incrementare gli scambi, lo sviluppo sostenibile e l’integrazione regionale, contribuendo al contempo a diversificare l’economia e a ridurre la povertà.

La politica commerciale sta divenendo più importante che mai per i paesi in via di sviluppo nel contesto dell’attuale crisi economica e finanziaria; chiedo quindi che si avviino prima possibile i negoziati con tutti e 14 i paesi ACP del Pacifico per un ampio accordo di partenariato economico.

 
  
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  Ole Christensen, Dan Jørgensen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (S&D), per iscritto. (DA) In riferimento all’emendamento n. 6, paragrafo 23, comma 3, riteniamo che spetti sempre al singolo Stato membro decidere se rilasciare un visto a un cittadino proveniente da un paese terzo. Nel caso di un visto di lavoro, l’attività lavorativa dovrebbe essere svolta alle medesime condizioni previste per un cittadino comunitario dello Stato membro in questione. Vorremmo anche una definizione più precisa dei termini “badanti o professioni analoghe”.

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto. (RO) L’attuale crisi economica e finanziaria evidenzia che la politica commerciale è più importante che mai per i paesi in via di sviluppo. È la specificità della regione, legata alla pesca e alle industrie del settore, a fornire un buon potenziale per la futura crescita delle esportazioni, sempre che le attività di pesca siano condotte in modo ecologicamente sostenibile.

Quanto all’Aiuto al commercio, l’obiettivo è quello di migliorare la capacità di capitalizzazione delle nuove opportunità commerciali da parte dei paesi in via di sviluppo.

 
  
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  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione sull’accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea e gli Stati del Pacifico in considerazione del fatto che essa rappresenta un passo avanti verso la negoziazione di una nuova e più ampia partnership.

La Commissione europea deve tuttavia tenere presente che l’accordo futuro dovrà essere negoziato con un numero maggiore di Stati per evitare di diventare una fonte di divisione all’interno della regione. La convenzione, inoltre, non dovrebbe consentire alle imprese di paesi terzi di godere dei benefici di un’esenzione dai dazi doganali dell’UE a discapito delle industrie, dei lavoratori e dei redditi locali.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della risoluzione perché credo che l’accordo di partenariato sosterrà l’integrazione regionale e promuoverà il progressivo inserimento delle economie dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico nell’economia globale rafforzando nel contempo la sostenibilità sociale e lo sviluppo economico di questi paesi e contribuendo in tal modo all’eliminazione della povertà.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Credo che l’accordo di partenariato economico interinale con l’Unione europea, sebbene sia stato firmato solamente dalla Papua Nuova Guinea e dalla Repubblica di Figi, meriti il 舃​nostro sostegno perché permette l’apertura dei mercati europei ai prodotti locali e la contemporanea apertura dei mercati di quei paesi ai prodotti europei. Mi auguro che le relazioni commerciali tra gli Stati del Pacifico e l’Unione europea cresca e si rafforzi pur nel rispetto delle specificità delle diverse aree e tenendo conto delle particolari esigenze dei meno abbienti. Questo meccanismo commerciale dovrebbe quindi essere utilizzato tenendo conto delle esigenze di sviluppo dei paesi che hanno firmato l’accordo e andrebbe utilizzato come uno strumento atto a promuovere tali esigenze. L’eventuale accordo generale non dovrebbe trascurare le questioni chiave elencate nella risoluzione: mi riferisco ai negoziati sui diritti di proprietà intellettuale, alla trasparenza degli appalti pubblici e alla concessione di visti di lavoro.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) La mia risoluzione, che accompagna il consenso all’accordo di partenariato interinale tra l’Unione europea e gli Stati del Pacifico, sottolinea che il Parlamento, pur accogliendo favorevolmente la convenzione che riguarda solo le isole Figi e la Papua Nuova Guinea, è convinto che qualsiasi iniziativa volta a concludere un accordo globale dovrà essere allargata a tutti e 14 gli Stati insulari del Pacifico poiché ciò sarebbe importante per la solidarietà, la coesione e l’integrazione della regione.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’obiettivo degli accordi di partenariato economico tra l’UE e gli Stati del Pacifico deve essere quello di incrementare il commercio, lo sviluppo sostenibile e l’integrazione regionale, promuovendo nel contempo la diversificazione economica e riducendo la povertà. L’accordo, anche se attualmente firmato solo dalla Papua Nuova Guinea e dalla Repubblica di Figi, costituisce un passo importante per lo sviluppo economico futuro di questa regione, formata da 14 paesi, ed è fondamentale per l’espansione del commercio internazionale.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La convinzione diffusa che la promozione delle relazioni commerciali tra questa regione e l’UE dovrebbe incoraggiare e incrementare gli scambi, lo sviluppo sostenibile e l’integrazione regionale promuovendo contemporaneamente la diversificazione economica e la riduzione della povertà è un elemento particolarmente importante di questa risoluzione del Parlamento europeo sul partenariato interinale tra l’Unione e gli Stati del Pacifico. Gli obiettivi di sviluppo del Millennio saranno raggiunti tramite l’accordo in oggetto.

Questo aspetto, assieme alla creazione di un vero mercato regionale, sarà alla base del successo di questa partnership economica così come di qualsiasi altro accordo più ampio in futuro. L’integrazione regionale e la cooperazione sono essenziali per lo sviluppo sociale ed economico degli Stati del Pacifico.

Ho votato a favore poiché ritengo che l’accordo in oggetto possa contribuire allo sviluppo economico di queste regioni e condivido la convinzione espressa nella risoluzione che tale sviluppo dovrebbe essere accompagnato da politiche in materia di sostenibilità ambientale e di inclusione. Spetta al Parlamento europeo monitorare l’applicazione del presente accordo nell’ambito delle competenze che gli ha attribuito il trattato di Lisbona.

 
  
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  Maurice Ponga (PPE), per iscritto.(FR) Accolgo con favore la decisione del Parlamento europeo di approvare l’accordo interinale tra l’Unione europea e gli Stati del Pacifico. Tale accordo riflette l’impegno assunto dall’Unione europea in questa parte del mondo e manda un forte segnale politico agli Stati della regione cosa di cui sono lieto. La risoluzione politica che accompagna la decisione di approvare la convenzione fornisce l’opportunità di sottolineare le nostre richieste. Vogliamo stabilire un rapporto equilibrato e leale con gli Stati del Pacifico, un rapporto che permetta lo sviluppo di questi paesi insulari pur tutelando gli interessi dei nostri cittadini. Anche se l’accordo interinale contiene disposizioni specifiche in materia di norme d’origine per i prodotti della pesca è stato importante gestire la deroga. Di fatto, al fine di assicurare che tale deroga, che dovrebbe consentire di creare posti di lavoro e ricchezza, comporti un beneficio reale per le popolazioni locali e non danneggi le industrie europee per la trasformazione e l’inscatolamento dei prodotti della pesca si è dovuta condurre rapidamente una valutazione del suo impatto e prevederne la sospensione, se necessario. Ora abbiamo la garanzia che l’accordo sarà equo e che sarà possibile adottare eventuali misure a tutela dei nostri interessi.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della risoluzione sul partenariato interinale tra l’Unione europea gli Stati del Pacifico nella speranza che questo accordo – attualmente limitato a due paesi, la Papua Nuova Guinea e la Repubblica di Figi – possa preparare il terreno per una partnership più ampia contribuendo a promuovere lo sviluppo sociale ed economico sostenibile della regione del Pacifico, a ridurre la povertà e a rafforzare l’integrazione regionale e la cooperazione, in linea con gli obiettivi di sviluppo del Millennio.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − L’accordo di partenariato interinale fra Papua Nuova Guinea, Isole Fiji e la Comunità europea è stato siglato il 14 dicembre 2007.

Questi sono stati gli unici paesi della regione del Pacifico a siglare l’accordo, in quanto i più attivi nell’intrattenere rapporti commerciali con l’UE, ma soprattutto interessati a proteggere le proprie produzioni di zucchero e della pesca del tonno. L’accordo inoltre dovrebbe garantire guadagni supplementari a questi paesi grazie ad una nuova regolamentazione della franchigia e dei dazi doganali.

Da un migliore accesso al mercato europeo questi paesi godranno inoltre di nuove opportunità d’investimenti, con ricadute positive anche nell’occupazione. L’accordo di partenariato economico prevede in un secondo momento l’istituzione di una commissione ad hoc per monitorare la sua attuazione e verificare ad intervalli regolari i suoi effetti sulla società e sull’economia locali.

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE), per iscritto.(FR) La risoluzione illustra i dubbi del Parlamento circa l’accordo di partenariato economico interinale mettendo in risalto gli obiettivi della convenzione (sviluppo, rafforzamento dei legami commerciali tra l’UE e il Pacifico) e sottolineando i problemi sollevati dalla deroga alle norme d’origine per i prodotti della pesca trasformati. Ecco perché ho ​​votato a favore di questa risoluzione e ho ​​sostenuto gli emendamenti presentati dai Verdi, del tutto in linea con le nostre preoccupazioni. Attendo con ansia che la Commissione europea ci fornisca la valutazione d’impatto prevista per l’accordo e seguirò da vicino i negoziati per il partenariato definitivo.

 
  
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  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. (EN) Ho sostenuto l’accordo di partenariato economico con la Papua Nuova Guinea e le Figi poiché ritengo importante sviluppare forti legami con i paesi esportatori della regione del Pacifico. Nonostante le preoccupazioni espresse da alcuni deputati credo sia necessario avviare una cooperazione più stretta con questi paesi in quanto ciò consentirebbe all’Unione europea di monitorare le catture di tonno e di altri pesci inscatolati in Papua Nuova Guinea. Questa industria ha creato centinaia di posti di lavoro per la popolazione locale di questo paese povero.

 
  
  

Raccomandazione Martin (A7-0365/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Ho espresso voto favorevole alla presente risoluzione poiché ritengo che aiuti a stabilire con la Repubblica delle Isole Figi e con la Papua Nuova Guinea nuovi accordi commerciali che siano compatibili con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. Gli accordi di partenariato economico interinali (APE) sono accordi sul commercio di beni volti a prevenire la sospensione dell’attività commerciale tra gli Stati ACP e l’Europa. Sebbene gli accordi interinali si possano considerare come un primo passo del processo, in termini giuridici, rappresentano accordi internazionali totalmente indipendenti che non implicano necessariamente la stesura di APE completi. Accolgo con favore le raccomandazioni in merito alla firma di accordi definitivi, alla creazione di fondi europei non derivanti dal Fondo europeo di sviluppo per il finanziamento di tali accordi, alla necessità di stabilire una commissione parlamentare che controlli l’applicazione dell’accordo e una clausola di revisione che preveda una valutazione d’impatto globale dopo tre o cinque anni.

 
  
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  Bastiaan Belder (EFD), per iscritto. (NL) Gli accordi di partenariato economico devono promuovere l’attività commerciale tra l’Unione europea e la Papua Nuova Guinea e le Figi, nonché contribuire al commercio, allo sviluppo, alla crescita sostenibile e alla riduzione della povertà. L’integrazione regionale è fondamentale per lo sviluppo di questi paesi; la Commissione dovrebbe pertanto spiegare come tali accordi interinali vi contribuiscano. È importante firmare un accordo finale con i paesi della regione. L’allentamento delle norme di origine offre alla Papua Nuova Guinea notevoli opportunità per promuovere l’economia locale.

È importante, tuttavia, assicurarsi che i paesi più poveri non siano utilizzati come paesi di transito per prodotti provenienti da paesi non qualificati al regime di accesso speciale. Gli interessi dell’economia locale sono fondamentali. La Commissione deve controllare l’attuazione degli accordi e prendere i dovuti provvedimenti qualora gli studi di settore rivelassero gravi alterazioni nel mercato.

 
  
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  Alain Cadec (PPE), per iscritto.(FR) Il presente accordo offre condizioni preferenziali di accesso al mercato europeo ai beni provenienti dalla regione del Pacifico. Sono favorevole allo sviluppo della regione, ma ritengo inaccettabile la deroga alle norme di origine per i prodotti della pesca trasformati, che genera una concorrenza sleale per l’industria conserviera europea e che in realtà non porta benefici alle popolazioni locali.

Le importazioni di tonno dalla Papua Nuova Guinea sono raddoppiate negli ultimi due anni e temiamo che questa tendenza aumenterà in futuro. In qualità di vicepresidente della commissione per la pesca, ho deciso di votare contro l’accordo poiché non tiene in considerazione il parere adottato da questa commissione per abolire la deroga alle norme di origine per i prodotti della pesca trasformati, alla fine dei negoziati sull’accordo di partenariato interinale.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Sebbene solo un numero limitato di paesi abbia accettato l’accordo di partenariato economico interinale (APE), questo accordo dimostra l’impegno dell’Europa a sostenere lo sviluppo dei paesi del Pacifico attraverso un meccanismo che va oltre i procedimenti relativi agli aiuti, nel tentativo di mobilizzare le economie locali e nella speranza di creare nuove attività e posti di lavoro e incentivare la circolazione di persone e beni. In linea di principio concordo con questo strumento, ma non posso ignorare i miei dubbi sull’impatto che l’APE potrebbe avere sull’industria della pesca. Vorrei che la Commissione trattasse con particolare attenzione questo tema e ritengo giustificata, come richiesto dal relatore, la presentazione al Parlamento da parte della Commissione di una relazione sulla pesca nel Pacifico e sulla gestione degli stock ittici.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Concordo con la proposta di decisione del Consiglio sulla conclusione di un accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e due Stati del Pacifico (la Papua Nuova Guinea e la Repubblica delle Isole Figi) per i seguenti motivi: 1. i due paesi rappresentano le maggiori economie della regione e in passato hanno firmato accordi di partenariato economico con l’Unione europea; 2. nonostante i benefici potenziali che l’espansione del partenariato ad altri paesi della regione comporterebbe, sinora non è stato possibile farlo; 3. se intendiamo convertire l’accordo interinale in questione in un accordo completo, l’Assemblea deve rivalutarlo; 4. le Isole Figi si sono impegnate nei confronti dell’Unione europea in materia di diritti dell’uomo, principi democratici e stato di diritto; 5. nonostante le critiche pronunciate da alcuni membri della società civile e da alcuni politici nella regione, il partenariato può comunque contribuire allo sviluppo strategico dei due paesi.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo a lungo criticato la sottoscrizione degli accordi di partenariato con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Indipendentemente dall’obiettivo e dal modo in cui sono stati presentati, gli accordi mirano al raggiungimento del libero mercato, con tutte le conseguenze negative che questo comporta. Recentemente, durante l’ultima Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE che ha avuto luogo nel dicembre del 2010, il Consiglio dei paesi ACP ha espresso preoccupazioni sul mancato rispetto da parte della Commissione europea delle obiezioni relative alla tutela delle economie di questi paesi. È sorta anche una contraddizione tra la tanto celebrata flessibilità della Commissione e la posizione inflessibile mantenuta nel corso dei negoziati tecnici. Durante l’accordo di partenariato economico interinale con le Isole Figi e la Papua Nuova Guinea, l’Unione europea è stata oggetto di forti critiche da parte dei membri della società civile e dei politici della regione del Pacifico a causa delle pressioni esercitate su questi due paesi per spingerli a firmare l’accordo, sotto la minaccia di perdere il l’accesso preferenziale ai mercati europei. I critici sostengono inoltre che la solidarietà tra gli Stati del Pacifico è notevolmente diminuita dalla firma dell’accordo, che ha condotto alla disgregazione dei singoli gruppi regionali a causa delle pressioni esercitate per spingerli a firmare gli accordi interinali.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) Niente è più importante della salute dei bambini e della tutela dei loro diritti e del loro benessere. I bambini devono avere il diritto a una vita in famiglia e dobbiamo assicurarci che non debbano passare periodi troppo lunghi negli orfanotrofi.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) L’accordo tra Unione europea e Stati del Pacifico garantisce alla Papua Nuova Guinea una deroga generale alle norme di origine per i prodotti della pesca, in particolare per il tonno. Questa clausola implica che i beni provenienti dal paese siano considerati papuani e, di conseguenza, esenti da qualsiasi dazio o quota doganale, anche se il pescatore, le zone di pesca e le fabbriche di trasformazione del pesce non sono papuane.

Ora, chi trae profitto da una situazione del genere sono i cinesi, gli australiani, i tailandesi e qualsiasi flotta di pescherecci che scarica il proprio pescato nei porti della Papua Nuova Guinea. Si tratta delle imprese conserviere originarie dei paesi sopraccitati e che si sono stabilite in Papua Nuova Guinea, ma che offrono impiego a cittadini stranieri a condizioni discutibili. È chiaramente il settore europeo dell’industria e in particolare quello francese, a sentire il peso di tale concorrenza sleale e illecita.

All’interno dell’Unione europea, le importazioni di tonno dalla Papua Nuova Guinea sono aumentate del 76 per cento tra il 2008 e il 2009; nello stesso periodo solo in Francia, sono aumentate del 1 500 per cento. I perversi effetti economici e sociali della deroga sono ben noti e i timori per gli stock ittici della regione sono fondati. Per questo ho espresso voto contrario all’accordo.

 
  
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  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto.(PL) Gli Stati del Pacifico formano una zona unica, costituita principalmente da isole che sono, in prevalenza, etnicamente diverse, con una cultura che differisce notevolmente da quella europea e con diverse priorità politiche ed economiche. Concludere un accordo con questi Stati manifesta la nostra intenzione di facilitare la libera circolazione di beni e servizi che dovrebbero apportare vantaggi commerciali per entrambe le parti. Nella lotta per la liberalizzazione del mercato, dobbiamo comunque assicurarci di non venire considerati come intrusi che puntano solo all’accesso alle risorse, indebolendo la solidarietà regionale, come vogliono farci credere i critici. Concludiamo accordi, apriamo i mercati e promuoviamo la competitività, ma dobbiamo fare in modo che le nostre azioni siano sempre guidate dal buon senso e dai benefici reciproci, in particolare, quando corriamo in aiuto di regioni quali gli Stati del Pacifico, spesso colpite da catastrofi naturali.

 
  
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  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto.(DE) L’accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea e due paesi ACP, ovvero la Papua Nuova Guinea e le Figi, deve essere visto come un passo verso un accordo completo. L’accordo di partenariato interinale riguarda tutti i temi importanti di un accordo commerciale, ma dovrebbe anche affrontare i diritti di proprietà intellettuale e gli sviluppi nel settore degli appalti pubblici. Sostengo l’accordo, ma al contempo sono consapevole del suo possibile impatto sul settore della pesca. A questo proposito, mi aspetto che la Commissione svolga un’inchiesta, come richiesto nel paragrafo 15 della risoluzione adottata dal Parlamento.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. − Egregio Presidente, cari colleghi, l’iniziativa oggi approvata da questo Parlamento ha creato un accordo che alimenterà sicuramente il commercio tra l’Unione Europea e alcuni Stati della regione del Pacifico. Nello specifico, l’accordo di partenariato interinale è stato concluso con la Papua Nuova Guinea e la Repubblica delle Isole Figi, che cercano di raggiungere l’obiettivo di proteggere le loro industrie dello zucchero e del tonno. Si tratta, a mio avviso, di un passo in avanti in tema di sviluppo e di prosperità, capace di fornire un vero valore aggiunto - grazie anche alle norme di origine - all’attività di pesca e alle esportazioni di queste regioni. Mi preme sottolineare, inoltre, che l’accordo potrebbe avere importanti ripercussioni sulle relazioni con altri Stati della regione del Pacifico, tra cui l’Australia e la Nuova Zelanda.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Sono lieto che il Parlamento abbia espresso il suo pieno sostegno alla raccomandazione da me presentata per la conclusione dell’APE interinale UE-Pacifico. L’accordo interinale fra la Papua Nuova Guinea, la Repubblica delle Isole Figi e la Comunità europea è stato siglato il 14 dicembre 2007. Questi due paesi sono stati gli unici membri della regione del Pacifico a siglare l’accordo, poiché gli altri membri del gruppo regionale del Pacifico, avendo volumi più scarsi di scambi commerciali con l'UE, hanno scelto di non siglare un accordo.. Le Isole Figi e la Papua Nuova Guinea hanno concluso l’accordo soprattutto nella speranza di proteggere le loro industrie dello zucchero e del tonno, che nell’ambito del sistema di preferenze generalizzate sarebbero state seriamente compromesse. L'accordo interinale riguarda le norme d'origine e i problemi di accesso al mercato. In merito alle norme di origine, l'accordo riguarda le norme di origine nel settore della pesca, del tessile e dell'agricoltura, determinando opportunità in materia di investimenti e occupazione. Per quanto riguarda l'accesso al mercato, verrebbe garantito un accesso in franchigia di dazi doganali e di contingenti che offrirebbe opportunità di investimento e di occupazione. Le questioni relative al commercio e allo sviluppo devono essere trattate in un più ampio quadro regionale.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) L’accordo di partenariato interinale firmato da Unione europea, Papua Nuova Guinea e Isole Figi è il risultato di una vergognosa pressione. Tale accordo prevede, per la Papua Nuova Guinea e le Isole Figi, la graduale abolizione dei dazi doganali a livelli insostenibili per i due Stati, il divieto di qualsiasi restrizione quantitativa all’esportazione e all’importazione e l’abolizione di tutti i sussidi per l’esportazione di prodotti agricoli verso gli Stati del Pacifico. Contiene una clausola di revisione a tempo per concludere positivamente i negoziati attualmente in corso per un accordo di partenariato economico completo (APE). Tali accordi sono un’ulteriore riprova del neocolonialismo dell’Unione europea. Ho per questo espresso voto contrario.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Gli obiettivi degli accordi di partenariato economico tra l’Unione europea e gli Stati del Pacifico devono essere l’aumento del commercio, lo sviluppo sostenibile, l’integrazione regionale, la promozione della diversificazione economica e la riduzione della povertà. Sebbene attualmente solo la Papua Nuova Guinea e la Repubblica delle Isole Figi lo abbiano firmato, l’accordo costituisce comunque un passo avanti significativo verso il futuro sviluppo economico della regione, composta da 14 Stati, ed è fondamentale per lo sviluppo del commercio internazionale. Rappresenta il primo passo verso l’estensione dell’accordo ad altri paesi della regione, che darebbe una spinta significativa alle loro economie e al benessere delle loro popolazioni.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore dell’accordo di partenariato interinale tra UE e Stati del Pacifico perché ritengo importante che l’Europa abbia accordi di partenariato commerciale con i paesi terzi in grado di esportare prodotti di difficile accesso per i paesi europei. Lo sviluppo del commercio internazionale è seguito logicamente da accordi che facilitino gli scambi e rendano la rete commerciale sempre più accessibile. I negoziati per i nuovi accordi di partenariato economico (APE) sono stati avviati nel 2002 con l’intento di istituire e rafforzare i processi di integrazione regionale nell’ambito degli Stati ACP. L’accordo in questione riguarda le norme d’origine nel settore della pesca, del tessile e dell’agricoltura, determinando opportunità in materia di investimenti e occupazione, e riguarda l’accesso al mercato, con una franchigia di dazi doganali che offrirebbero opportunità di investimento e di occupazione. L’accordo interinale ha inoltre determinato una riduzione del margine di manovra politica dei governi in termini di competenze normative.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della raccomandazione sulla conclusione dell’accordo di partenariato interinale tra la comunità europea e gli Stati del Pacifico per i seguenti motivi. Le Isole Figi e la Papua Nuova Guinea hanno concluso l’accordo soprattutto nella speranza di proteggere le loro industrie dello zucchero e del tonno. L’accordo interinale riguarda le norme di origine nel settore della pesca, del tessile e dell’agricoltura, stabilendo deroghe che potrebbero minacciare la competitività di alcune industrie dell’Unione europea. In merito al settore delle conserve di tonno, la deroga accordata ha fatto sì che questo paese divenisse un autentico "centro di distribuzione" per la trasformazione di enormi quantità di tonno di qualsiasi origine (Filippine, Thailandia, Cina, Stati Uniti, Australia ecc.) sbarcato nei suoi porti per esservi trasformato in stabilimenti installati in tutta fretta da operatori dei paesi interessati, al solo fine di beneficiare dell'esenzione totale dai dazi doganali accordata dall'UE ai sensi del predetto accordo provvisorio. Questa pratica ha arrecoto danno al settore delle conserve di tonno europeo che si lamenta ora della concorrenza sleale.

Mi unisco quindi al relatore nella sua richiesta di presentare al Parlamento una relazione sugli aspetti specifici del settore della pesca negli Stati del Pacifico per valutare l’impatto reale che queste misure potrebbero avere sul mercato dell’Unione europea.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – Nel 2002 sono stati avviati negoziati per nuovi accordi di partenariato economico (APE) tra Stati ACP ed UE in sostituzione del precedente regime unilaterale di preferenze commerciali in favore degli ACP.

Considerato che le questioni di interesse specifico sono state oggetto di singola negoziazione nazionale e appurata l’impossibilità di concludere nell’immediato accordi di partenariato, si è stabilito di concludere entro la fine del 2007 accordi interinali che si concentrassero sullo scambio di merci (mirano ad evitare l’interruzione degli scambi commerciali e possono anche non rappresentare necessariamente il preludio a un APE completo).

Nell’ambito del Pacifico tali accordi sono stati siglati solo dalle Isole Figi e Papua Nuova Guinea. L’accordo riguarda le norme d’origine nel settore della pesca, nel settore tessile e dell’agricoltura, determinando opportunità in materia di investimento e occupazione. La Commissione europea spera di concludere un accordo di partenariato economico globale con il gruppo regionale del Pacifico, tant’è che le trattative sono in corso.

Ho ritenuto opportuno attenermi alla posizione del Consiglio in favore dell’accordo di partenariato interinale, perché ritengo prioritario garantirsi l’approvvigionamento di risorse, vista soprattutto la loro scarsità ed il deperimento ambientale. È inoltre essenziale tenere ancora in vita, anche se sotto altra forma, i decennali accordi con i paesi ACP.

 
  
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  Maurice Ponga (PPE), per iscritto.(FR) Accolgo con favore la decisione del Parlamento europeo di approvare l’accordo interinale tra la Comunità europea e gli Stati del Pacifico, che rispecchia l’impegno dell’Unione europea nei confronti di questa regione del mondo e lancia un forte segnale politico agli Stati che vi appartengono. Ne sono lieto. La risoluzione politica che accompagna la decisione di approvare l’accordo ci offre l’opportunità di esporre le nostre richieste. Vogliamo stabilire una relazione equilibrata e giusta con gli Stati del Pacifico, che permetta lo sviluppo degli Stati insulari, ma che al contempo tuteli gli interessi dei nostri cittadini. Se l’accordo interinale prevede disposizioni specifiche sulle norme di origine dei prodotti della pesca, è importante amministrare la deroga.

Per assicurarci che la deroga, che dovrebbe creare occupazione e ricchezza, porti benefici alle popolazioni locali senza danneggiare le industrie europee di trasformazione e conservazione dei prodotti della pesca, è fondamentale fornire quanto prima una valutazione del suo impatto e prevedere, qualora necessario, una sua sospensione. Le garanzie esistono per assicurare che l’accordo sia equo e che, se necessarie, saranno prese le adeguate misure per proteggere i nostri interessi.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho espresso voto favorevole alla relazione poiché ritengo che la promozione di relazioni commerciali tra gli Stati del Pacifico e l’Unione europea può promuovere lo sviluppo sociale ed economico della regione, ridurre la povertà e rafforzare l’integrazione e la cooperazione regionali, in conformità con gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Condivido, comunque, le preoccupazioni espresse dal relatore sulle deroghe alle norme di origine e sul loro impatto negativo, che deve essere propriamente valutato dalla Commissione, sulle industrie europee di trasformazione e conservazione del pesce.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) I verdi sono sempre stati e continuano a essere contrari agli accordi di partenariato economico (APE) con qualsiasi paese ACP. Non leggiamo quindi il valore aggiunto dell’accordo di partenariato economico interinale con questi due Stati del Pacifico.

In questo caso specifico, noi verdi temiamo un’ulteriore dis-integrazione di questa ampia regione, di per sé già ampiamente distribuita su tutto l’Oceano Pacifico, come conseguenza dei regimi commerciali preferenziali con l’Unione europea stabiliti nell’APE interinale. Inoltre, il prevedibile e illimitato aumento delle esportazioni tradizionali, ovvero di materie prime come rame, zucchero, copra, pesce e olio di palma (biocarburanti), è totalmente in conflitto con lo sviluppo sostenibile. Noi verdi abbiamo quindi sostenuto la richiesta (vana) dei ministri per il Commercio nel Pacifico di riesaminare i punti critici dell’APE interinale, ovvero, la definizione di “praticamente tutti gli scambi”, il divieto di applicare dazi sull’esportazione e fragili salvaguardie per l’industria nascente e la clausola della nazione più favorita (NPF).

Per quanto riguarda l’approvvigionamento su scala mondiale, una soluzione alternativa poteva essere quella di limitare la disposizione al pescato entro le 200 miglia della zona economica esclusiva (ZEE), anziché in tutte le acque. Da ultimo, ma non per importanza, le Figi non possiedono un regime democratico. A questo proposito, il nostro relatore ombra, l’onorevole Bové, ha presentato 11 emendamenti.

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE), per iscritto.(FR) L’accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e gli Stati del Pacifico fornisce ai beni provenienti dalla regione del Pacifico condizioni preferenziali di accesso al mercato europeo. Sono favorevole allo sviluppo della regione, ma ritengo inaccettabile la deroga alle norme di origine per i prodotti trasformati della pesca, in quanto permette che i prodotti lavorati in stabilimenti situati nel territorio di detto Stato a partire da materie prime non originarie siano esenti da dazi doganali. Tale deroga si sta rivelando un incentivo per la pesca nell’area tropicale senza alcun riguardo per la gestione degli stock ittici. Le preferenze commerciali non riguardano solo le zone di pesca della Papua Nuova Guinea ed è quindi difficile controllare l’origine del pescato, in netto contrasto con l’impegno assunto dall’Unione europea di fermare la pesca illegale, non dichiarata e irregolare. Mi preoccupa anche la tracciabilità dei prodotti da importare in Europa dalla zona in questione. Con il mio voto contrario, ho voluto manifestare la mia disapprovazione per questa clausola che, a mio parere, non dovrebbe più figurare in nessun futuro accordo commerciale.

 
  
  

Proposta di risoluzione (RC-B7-0029/2010)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione sull’adozione internazionale nell’Unione europea, che si impegna per il benessere di tutti i bambini e riconosce il diritto dei minori orfani o abbandonati di avere una famiglia e di ricevere protezione. Appoggio gli inviti a esaminare la possibilità di coordinare una strategia con misure relative all’adozione internazionale, conformemente alle convenzioni internazionali, pur sottolineando che, tenendo a mente gli interessi del bambino e ove possibile, occorre dare priorità all’adozione di un minore nel suo paese di origine.

È molto importante sviluppare un quadro per garantire la trasparenza e coordinare le azioni, in modo da prevenire la tratta dei minori a fini di adozione illegale. Al contempo, dobbiamo migliorare, semplificare e agevolare le adozioni internazionali ed eliminare gli inutili intralci burocratici, pur salvaguardando i diritti dei minori provenienti da paesi terzi.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) La protezione dei diritti dei minori sancita nel trattato di Lisbona è uno degli obiettivi dell’Unione europea cui si dovrà dedicare maggiore attenzione dopo l’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La politica dell’Unione deve essere finalizzata a garantire e dare attuazione ai diritti dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Ho espresso voto favorevole a questa risoluzione nella convinzione che esista la necessità di migliorare la politica di protezione dei diritti dei minori. Il numero di bambini abbandonati e in istituto, molto elevato in alcuni Stati membri, è fonte di preoccupazione; inoltre, le violazioni dei diritti dei bambini, le violenze, la tratta dei minori, l’induzione alla prostituzione, il lavoro illegale e altre attività illecite restano un grande problema nell’Unione europea. Concordo sulla necessità di esaminare il funzionamento dei sistemi nazionali a livello europeo, in modo da chiarire le questioni riguardanti la tutela dei diritti dei minori e, se necessario, adottare misure volte a garantire una maggiore efficacia nella protezione dei bambini abbandonati dando loro la possibilità di avere una famiglia e di essere al sicuro.

 
  
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  George Becali (NI), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa risoluzione perché il problema dei minori abbandonati si è costantemente aggravato nell’Unione europea. È importante tutelare il diritto alle adozioni internazionali per evitare che i bambini siano costretti a vivere in orfanotrofio. La Commissione ha il dovere di informarci circa le misure di recente o prossima attuazione a livello europeo per tutelare i minori adottati da cittadini europei. Le adozioni devono essere conformi alla legislazione nazionale e alle convenzioni internazionali. Invito la Commissione a spiegarci in che modo tali procedure garantiranno la tutela costante degli interessi dei minori.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – Ho sostenuto con un voto favorevole la risoluzione comune sulle adozioni internazionali, perché credo fermamente che un coordinamento europeo delle strategie e degli strumenti in tema di adozione permetterebbe non solo il miglioramento della procedura in sé ma garantirebbe una maggiore tutela dei bambini orfani e abbandonati e del loro diritto di avere una famiglia. Dalla sinergia tra organismi internazionali, istituzioni comunitarie e Stati membri discenderebbe una circolo virtuso in cui alla centralità dei bisogni del bambino, si affiancherebbe la garanzia dei servizi di informazione, preparazione e sostegno delle famiglie adottanti. Ritengo infine che un maggior coordinamento possa garantire all´adottato un maggior certezza in tema di correttezza delle procedure di acquisizione e mutuo riconoscimento dei documenti, prevenendo il fenomeno della tratta dei minori.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della risoluzione sull’adozione internazionale nell’Unione europea. La protezione dei diritti dei minori è uno degli obiettivi più importanti dell’Unione europea: è nostro dovere tutelare il benessere e gli interessi di tutti i bambini. Attualmente sono in vigore numerose convenzioni sulla tutela dei minori e sulle responsabilità dei genitori, quali la convenzione europea del 1967 sull’adozione dei minori che intende armonizzare la legislazione degli Stati membri sull’adozione. Tutti gli Stati membri sono inoltre firmatari della convenzione del 1993 sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale (la convenzione dell’Aia). Nonostante la materia sia di competenza degli Stati membri, ritengo esista la necessità di esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, una strategia con misure relative all’adozione internazionale. È essenziale tenere in debita considerazione le convenzioni internazionali al momento di elaborare tale strategia. Dobbiamo puntare a migliorare i servizi di informazione, la preparazione per l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di candidatura all’adozione internazionale e i servizi post-adozione, tenendo presente che tutte le convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti del bambino riconoscono il diritto dei minori orfani o abbandonati di avere una famiglia e di ricevere protezione. Le istituzioni e gli Stati membri dell’Unione devono impegnarsi attivamente nella lotta alla tratta dei minori a scopo di adozione.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) La Romania è forse lo Stato europeo che ha permesso i peggiori abusi rispetto alle adozioni internazionali negli anni Novanta, subito dopo la caduta del comunismo. Questo è stato di certo dovuto dalla mancanza di esperienza di un paese che emergeva da buio periodo durato quasi cinquanta anni, ma anche dalle azioni di quanti erano pronti a sfruttarne le debolezze. Si sono quindi perse le tracce di circa un migliaio di minori coinvolti nelle adozioni internazionali. Con l’appoggio dell’Unione europea, durante la fase di adesione il paese ha adottato emendamenti di vasta portata rispetto alla legislazione in materia di adozioni, nonostante la forte pressione internazionale a non ricorrere a una misura drastica come l’abbandono dell’adozione internazionale. Date le circostanze e alla luce della triste esperienza romena rispetto alle adozioni internazionali, la riluttanza ad accettare l’istituzione di un ente come l’Agenzia europea per le adozioni, che determinerebbe la creazione di un vero e proprio mercato europeo delle adozioni, appare senz’altro comprensibile.

Qualsiasi risoluzione sulle adozioni internazionali deve avere come unico obiettivo la sicurezza dei minori, a prescindere dagli interessi degli Stati o degli adottanti. Inoltre, le adozioni nazionali devono avere la precedenza in tutti i sistemi legali presenti e futuri, indipendentemente da qualsiasi risoluzione o decisione.

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulle adozioni internazionali nell’Unione europea sulla scorta dell’esperienza romena in questo ambito. È necessario condurre un’analisi di tutti i sistemi nazionali di adozione per individuarne i punti di forza e le debolezza e raccomandare le migliori pratiche per l’adozione applicate dagli Stati membri. Si compierebbero grandi progressi se si riuscissero a coordinare a livello europeo le politiche e le strategie relative allo strumento di adozione internazionale, al fine di migliorare l’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione per l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di candidatura all’adozione internazionale e i servizi post-adozione. Il diritto dei minori orfani o abbandonati di avere una famiglia e di ricevere protezione deve diventare realtà.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della risoluzione sulle adozioni internazionali nell’Unione europea. Nonostante la materia sia di competenza degli Stati membri, ritengo che la tutela dei diritti dei minori debba essere uno degli obiettivi dell’Unione. In tale contesto, desidero ribadire la necessità di esaminare un possibile coordinamento, a livello europeo, delle strategie relative allo strumento di adozione internazionale e i servizi post-adozione, tenendo presente che tutte le convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti del bambino riconoscono il diritto dei minori orfani o abbandonati di avere una famiglia e di ricevere protezione.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’adozione di minori è una questione particolarmente delicata. La dignità umana e, in questo caso, l’attenzione particolare da dedicare agli interessi del minore, impongono l’osservanza e il rispetto delle convenzioni internazionali in materia nonché un esame delle migliori pratiche e uno scambio di esperienze tra gli Stati membri. L’Unione europea potrà monitorare questi tentativi e contribuire ad affrontare la piaga della tratta dei minori, che interessa prevalentemente i paesi più poveri e le fasce più deboli della società.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea si è sempre battuta per la protezione dei diritti dei minori e la difesa dei loro interessi. Questa risoluzione invita ad esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, le strategie relative allo strumento di adozione internazionale, conformemente alle convenzioni internazionali, al fine di migliorare l’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione per l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di candidatura all’adozione internazionale e i servizi post-adozione, tenendo presente che tutte le convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti del bambino riconoscono il diritto dei minori orfani o abbandonati di avere una famiglia e ricevere protezione. Ho espresso voto favorevole perché ritengo che, nonostante la materia rientri nelle competenze degli Stati membri, esista la necessità di un livello minimo di convergenza europea, a condizione che gli interessi dei minori siano sempre rispettati.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Siamo tutti concordi sulla necessità di difendere il benessere dei minori e tutelarne i diritti, come sottolineato in questa risoluzione del Parlamento europeo. Le dichiarazioni di carattere generale sono però insufficienti: è necessario individuare le cause che determinano lo sfruttamento dei minori in caso di adozione internazionale.

Le cause principali dell’abbandono dei minori sono la povertà, sistemi inadeguati di assistenza sociale, la mancanza di reti di infrastrutture sociali sufficienti e di servizi pubblici adeguati nonché i conflitti e le operazioni militari.

 
  
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  Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) Per affrontare il sempre più grave problema dell’abbandono di minori, le istituzioni europee e gli Stati membri devono rivestire un ruolo più attivo nel miglioramento degli strumenti di adozione internazionale, agevolando e coordinando le procedure a livello europeo, senza mettere a rischio la sicurezza dei diritti dei minori e rispettando tutte le convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti del bambino. L’Unione europea e gli Stati membri devono garantire un esame più attento dei casi di adozione internazionale al fine di prevenire lo sfruttamento, gli abusi, il rapimento e la tratta dei minori; gli Stati membri devono dal canto loro cercare un equilibrio tra gli elevati standard e le garanzie internazionali al fine di salvaguardare i diritti del bambino, la riduzione della burocrazia e l’agevolazione delle procedure di adozione. Gli Stati membri dovrebbero inoltre approntare normative più trasparenti sulle procedure di adozione internazionale e intrattenere un costante scambio di informazioni sulle condizioni e l’ambiente in cui si trovano i bambini adottati. In conclusione, l’obiettivo primario delle procedure di adozione internazionale deve essere sempre l’interesse del minore, con particolare attenzione ai bambini con necessità specifiche, al fine di tutelare i diritti dei minori e delle famiglie.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto.(FR) Ho votato a favore di questa risoluzione comune che ci consente di tutelare il diritto dei genitori di adottare un bambino proveniente da un altro Stato membro e di proteggere i minori durante e dopo l’adozione. Si rende necessario sviluppare un quadro di normative specifiche sull’adozione internazionale, al fine di evitare abusi quali per esempio la tratta dei minori.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) I nostri ordinamenti giuridici nazionali disciplinano ciascuno in maniera diversa l’adozione e altre materie legate all’infanzia. Problemi come la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei minori hanno una dimensione internazionale e per questo si rende necessario intervenire a livello europeo. Non dobbiamo mai dimenticare che gli interessi del bambino hanno la massima importanza e, in virtù di tale considerazione, ho espresso voto favorevole a questa risoluzione.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa importante risoluzione sull’adozione internazionale nell’Unione europea perché la tutela dei diritti dei minori è uno degli obiettivi dell’Unione. Attualmente sono in vigore numerose convenzioni in materia di tutela dei minori e di responsabilità dei genitori. Ritengo necessario esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, le questioni relative all’adozione internazionale, al fine di migliorare l’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione per l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di candidatura all’adozione internazionale e i servizi post-adozione. È molto importante istituire un sistema che garantisca la trasparenza e ponga fine alla tratta dei minori a fini di adozione. Desidero sottolineare che, ove possibile e a tutela degli interessi del bambino, occorre incoraggiare principalmente l’adozione di un minore nel suo paese di origine.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Accolgo con favore questa risoluzione che invita ad esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, le strategie relative allo strumento di adozione internazionale, conformemente alle convenzioni internazionali, al fine di migliorare l’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione per l’adozione internazionale, il trattamento delle procedure di candidatura all’adozione internazionale e i servizi post-adozione, tenendo presente che tutte le convezioni internazionali in materia di protezione dei diritti del bambino riconoscono il diritto dei minori orfani o abbandonati di avere una famiglia e di ricevere protezione.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE), per iscritto.(FR) Il numero di bambini abbandonati negli ultimi anni è in costante aumento, come si può osservare in tutti gli Stati membri. Questi bambini, oltre ad essere vittime di conflitti ed esclusione sociale, sfruttati da reti criminali e in tutti i tipi di traffici, sono vittime di un sistema di adozione internazionale carente. In gran parte dei casi, le vittime sono bambine, facile preda per giri di prostituzione e altre forme di schiavitù moderna. Una delle misure che possiamo adottare rispetto a questa desolante situazione è agevolare le procedure di adozione internazionale, che andrebbero disciplinate mediante una normativa apposita, per garantire a tutti i bambini il diritto di essere adottati.

Nonostante la responsabilità in materia spetti ancora agli Stati membri, va ricordato che la tutela degli interessi del bambino è un principio fondamentale dell’Unione europea ed è sancita dalla Carta dei diritti fondamentali. In mancanza di una normativa europea in materia, l’Unione deve fare quanto in suo potere per agevolare queste adozioni, in particolare permettendo nei mesi a venire il mutuo riconoscimento dei documenti di stato civile e delle decisioni di adozione.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’adozione di minori è una questione che è sempre stata a cuore all’Unione europea e deve essere gestita con la massima cautela. I bambini rappresentano il futuro della società e devono essere trattati con la massima dignità. Si deve tenere conto dei loro interessi e questo richiede il rispetto delle convenzioni internazionali in materia. L’Unione europea è quindi chiamata a compiere tutti gli sforzi per affrontare la piaga della tratta di minori, che colpisce principalmente i bambini dei paesi più poveri e delle fasce sociali più deboli.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) I bambini sono l’anello più debole della società: tutelarne i diritti e garantirne il rispetto devono essere una priorità dell’Unione europea. Ciononostante, i bambini sono ancora vittima della tratta di esseri umani e dello sfruttamento all’interno dell’Unione europea, spesso per via della mancanza di normative in materia di adozione. Nonostante l’adozione sia un mezzo efficace per garantire che i bambini non crescano in orfanotrofio, è essenziale attuare severi controlli, soprattutto delle organizzazioni internazionali, al fine di prevenire abusi. Ho deciso di astenermi perché questa risoluzione non prevede misure sufficienti a garantire la tutela dei bambini dallo sfruttamento in conseguenza dell’adozione.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Il tema delle adozioni è sempre molto delicato e merita un'attenzione particolare, in quanto sono i bambini e il loro futuro di cui si decide. L'adozione si rivela spesso uno strumento utile per sottrarre i bambini abbandonati oppure orfani ad un'infanzia infelice, trascorsa negli orfanotrofi, senza affetto e cure di cui ogni bambino dovrebbe godere. Non dare la possibilità ad un bambino innocente di essere amato e guidato nel suo percorso da genitori amorevoli e presenti sarebbe un gesto crudele e privo di giustizia, ragion per cui ho votato a favore della risoluzione, credendo fermamente nel potere delle adozioni come mezzo per regalare una vita migliore a bambini che diventeranno il futuro del mondo. A livello Europeo, è necessario creare una strategia coordinata, sorretta da procedure trasparenti ed efficaci, di sostegno post-adozione e un meccanismo di controllo che supervisioni le attività di ogni Stato membro. Adottare un bambino significa garantirgli un futuro migliore, protetto e pieno di speranza, ritengo pertanto fondamentale attuare un'azione pratica di legislazione in materia per fronteggiare le differenze internazionali.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. (EL) Ho votato a favore della risoluzione comune sull’adozione internazionale nell’Unione europea, finalizzata a migliorare il sistema di adozione tra Stati membri e a istituire garanzie affinché l’adozione avvenga negli interessi del minore e nel rispetto assoluto dei suoi diritti fondamentali. Desideriamo sottolineare la necessità di inserire nella risoluzione i punti seguenti: creare una strategia europea per le adozioni che stabilisca le normative per tutti i paesi, dai più poveri ai più sviluppati, e che consenta il monitoraggio della crescita dei bambini che hanno trovato una famiglia mediante adozione internazionale attraverso relazioni periodiche curate dalle autorità nazionali competenti con il paese di origine; semplificare le procedure di adozione ed eliminare gli intralci burocratici; ridurre il periodo di tempo che i bambini trascorrono in istituti e orfanotrofi; dare priorità alle adozioni nazionali; fermare i gruppi criminali coinvolti nello sfruttamento e nella tratta di minori a fini di adozione.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sull’adozione internazionale nell’Unione europea, un’iniziativa che realizza l’obiettivo dell’Unione sancito nell’articolo 3 del trattato di Lisbona per “la tutela dei diritti del minore”.

Lo sviluppo economico degli Stati membri dell’Unione non impedisce che vi siano ancora gravi carenze sul piano dei diritti dei minori, nello specifico il problema della precarietà dell’infanzia (in particolare dei bambini abbandonati e in istituto) e delle violenze contro i minori. Altre carenze sono relative alla tratta dei minori ai fini di adozione, alla prostituzione, al lavoro illegale, al matrimonio forzato e all’accattonaggio per strada o per qualsiasi altro scopo illegale, ancora di grande gravità nell’Unione europea.

Questo quadro definisce l’importanza dell’iniziativa, nell’ambito della quale si invita la Commissione a esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, le strategie relative allo strumento di adozione internazionale. Si rende necessaria una strategia conforme alle convenzioni internazionali per migliorare l’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione e il trattamento delle procedure di candidatura e i servizi post-adozione. Si deve assegnare importanza alla tutela dei diritti dei minori e riconoscere il diritto dei bambini orfani o abbandonati di avere una famiglia e di ricevere protezione.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) L’interruzione delle adozioni internazionali era un prerequisito per l’ingresso della Romania nell’Unione europea. Nel 2001, la Romania ha deciso di attuare una moratoria sulle adozioni internazionali dopo che l’onorevole Nicholson, relatrice del Parlamento europeo per la Romania, condannò le attività di tratta di minori accusando lo Stato romeno di trascurare i propri bambini. Ritengo necessario dare priorità, nella maggior misura possibile e a tutela degli interessi del bambino, all’adozione del minore nel paese di origine o, in alternativa, a soluzioni di affido in famiglia o in strutture di accoglienza, oppure trovando una famiglia attraverso l’adozione internazionale, conformemente alla legislazione nazionale e alle convenzioni internazionali pertinenti. La collocazione in un istituto deve essere utilizzata soltanto come soluzione temporanea. Nel contempo è importante sviluppare un quadro metodologico a livello europeo per valutare lo sviluppo di un minore adottato nella nuova famiglia mediante periodiche relazioni post-adozione redatte dai servizi sociali del paese dove vive il minore e inviate alle autorità competenti del paese di origine. Tale meccanismo deve essere attuato mediante l’azione coordinata degli Stati membri e della Commissione europea, in cooperazione con la Conferenza dell’Aia, il Consiglio d’Europa e le organizzazioni per i minori che si impegnano a prevenire la tratta dei minori a fini di adozione.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) L’adozione è una questione particolarmente delicata che merita la completa attenzione degli Stati membri dell’Unione europea. Nonostante si siano compiuti considerevoli progressi a seguito della convenzione dell’Aia sulla protezione dei minori e grazie alla cooperazione in materia di adozione internazionale, la precarietà dell’infanzia, le violazioni dei diritti dei bambini, la violenza e la tratta dei minori a fini di adozione, la prostituzione, il lavoro illegale, il matrimonio forzato e l’accattonaggio per strada o per qualsiasi altro scopo illegale, restano un problema nell’Unione europea.

Si deve compiere ogni sforzo possibile per tutelare il diritto dei minori a una vita famigliare. Per raggiungere questo obiettivo, è importante esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, le strategie relative allo strumento di adozione internazionale, conformemente alle convenzioni internazionali, al fine di migliorare l’assistenza nei servizi di informazione, la preparazione e il trattamento delle procedure di candidatura e i servizi post-adozione.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Noi del gruppo Verts/ALE abbiamo deciso di astenerci dalla votazione. Nella proposta di risoluzione comune, a seguito dei negoziati tra gruppi politici, sono stati modificati gli aspetti negativi della risoluzione del PPE. La risoluzione è stata tuttavia avviata dagli italiani in risposta a una necessità nazionale molto specifica e in relazione a una materia che non rientra nelle competenze europee. Siamo riusciti a rendere la risoluzione un semplice invito a “esaminare la possibilità di coordinare, a livello europeo, le strategie relative allo strumento di adozione internazionale”, senza alcun riferimento a specifici problemi nazionali. Ci stiamo già occupando della questione all’interno della commissione giuridica e della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e questa risoluzione non era quindi necessaria.

 
  
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  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Il diritto di un minore di vivere in un ambiente famigliare sano e positivo per il suo sviluppo armonioso è il concetto fondamentale alla base di questa risoluzione. Il crescente numero di bambini che vive in orfanotrofi e le violazioni dei loro diritti, in particolare la tratta di esseri umani, l’adozione e il lavoro illegali e la prostituzione, sono una realtà nell’Unione europea e questo ha determinato una presa di posizione netta per cercare di modificare la situazione. Al contempo, occorre sottolineare il crescente numero di adozioni internazionali illegali che coinvolgono paesi terzi non rispettosi delle condizioni stabilite dalla convenzione dell’Aia. L’istituzionalizzazione dei diritti dei minori nell’Unione di cui all’articolo 3 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, come uno degli obiettivi dell’Unione, e all’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali, spiana la strada al coordinamento delle politiche e delle strategie tra Stati membri, in conformità con gli strumenti internazionali già in vigore. È urgente la creazione di un meccanismo a livello europeo che illustri il funzionamento dei diversi sistemi nazionali in materia. Un meccanismo trasparente ed efficace per il monitoraggio delle adozioni, nella fase preparatoria e in quella successiva, e il coinvolgimento delle organizzazioni internazionali non solo promuovono i diritti dei minori, ma consentono la crescita armoniosa dei bambini.

 
  
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  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – Con le nuove migrazioni il problema dei bambini abbandonati che andava via via risolvendosi diventa sempre più grave e importante.

È indispensabile che si trovi un quadro normativo che tenga conto della protezione dei minori, della responsabilità parentale e della sburocratizzazione delle pratiche, che armonizzi le leggi degli stati membri rispettando la Convenzione del 1993 sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale ed il trattato di Lisbona.

Voglio citare come caso da considerare negativo la gestione che viene fatta dalla Germania nelle pratiche di adozione e in particolare nell'affidamento di minori quando siano in gioco coppie con un partner tedesco e l'altro di un differente paese dell'Unione. È evidente che il fine ultimo del legislatore deve essere quello di garantire ai bambini il diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere cercando di evitare che siano costretti a vivere in orfanotrofi.

 
  
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  Artur Zasada (PPE), per iscritto.(PL) L’adozione internazionale deve essere consentita per il bene del minore, ma esclusivamente in caso non vi siano altre opportunità di adozione nello Stato membro di provenienza. Di norma, un bambino deve crescere nel paese del quale è cittadino.

Anche in Polonia si registrano adozioni estere, che normalmente interessano bambini con poche speranze di essere adottati in patria per via di numerose malattie. Nel 2006, per esempio, 202 famiglie straniere hanno deciso di prendersi cura di 311 nostri bambini: 214 bambini polacchi sono stati adottati in Italia, 25 in Francia, 22 negli Stati Uniti 20 nei Paesi Bassi, 15 in Svezia, 7 in Germania, 6 in Svizzera e 2 sono stati adottati rispettivamente da una famiglia belga e da una famiglia canadese. Il problema dei bambini orfani è praticamente inesistente nell’Europa occidentale: da qui l’elevato interesse per la possibilità di adottare minori provenienti dai paesi dell’Europa centrale e orientale.

Ritengo che la Commissione europea debba: 1) informare il Parlamento in merito alle misure già attuate o di futura attuazione a livello europeo finalizzate ad evitare che l’adozione internazionale si trasformi in un fronte per la tratta di minori; 2) rispondere alla domanda su come si intende evitare che i bambini vengano adottati solo per seguire una moda. Gli europei mostrano un crescente interesse per l’adozione di bambini africani, seguendo l’esempio di attori famosi, ma questa non sembra una base né seria né adeguata per una scelta di adozione.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0021/2010)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Concordo con questa risoluzione sul processo d’integrazione europea della Serbia, nella quale si riafferma che il futuro del paese è nell’Unione europea e lo si incoraggia a proseguire nel suo impegno per il raggiungimento di questo traguardo. La Serbia ha compiuto progressi nel processo di riforma, ma sono necessarie ulteriori riforme per conformarsi ai criteri di Copenaghen. La questione del Kosovo è di primaria importanza e sostengo pertanto l’invito rivolto al governo serbo a smantellare le strutture parallele serbe in Kosovo che minano il processo di decentramento e impediscono la piena integrazione della comunità serba nelle istituzioni kosovare.

L’Unione europea deve far comprende con chiarezza al governo serbo che ci aspettiamo un atteggiamento costruttivo da parte del paese nei confronti delle imminenti elezioni politiche in Kosovo. Concordo con l’opinione espressa nella risoluzione, secondo la quale la partecipazione dei serbi kosovari al processo elettorale è un elemento indispensabile per evitare l’emarginazione della comunità serba in Kosovo.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione. Il processo di allargamento dell’Unione europea si basa sul rispetto degli standard e delle norme comunitarie sul piano politico, giuridico e tecnico. Già nel 2003, si promise ai paesi dei Balcani occidentali che avrebbero potuto aderire all’Unione quando avessero soddisfatto i criteri stabiliti. L’obiettivo dell’Unione è assicurare la stabilità a lungo termine e lo sviluppo sostenibile della regione. Poiché la rapidità dell’integrazione dei paesi appartenenti alla regione è eterogenea, ogni Stato deve profondere il massimo impegno, realizzare le riforme necessarie e adottare le misure atte a garantire la sicurezza e la stabilità nazionali e della regione nel suo insieme. La Serbia sta compiendo significativi progressi in molti ambiti e vi è stata una cooperazione positiva e costruttiva con l’Unione europea. L’abolizione dell’obbligo di visto disposta nel 2009 dimostra ai cittadini serbi che l’Unione europea giudica positivamente le riforme intraprese nel paese. Concordo con le osservazioni espresse nella risoluzione, secondo le quali si deve proseguire nel cammino delle riforme riguardanti la protezione dei diritti dei cittadini e delle minoranze, il pluralismo dei media, l’indipendenza della magistratura, il sistema penitenziario e numerosi altri ambiti. Gli sforzi per rispettare lo stato di diritto, che assicurerebbero il democratico funzionamento delle istituzioni statali e la protezione efficace dei diritti umani e delle libertà, devono restare una priorità fondamentale delle autorità serbe.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Il voto sull’accordo di stabilizzazione e di associazione ha rappresentato un incoraggiamento per la Serbia. Mi auguro che il processo di ratificazione venga accelerato dal voto di approvazione espresso oggi dal Parlamento europeo. Desidero sottolineare che una questione messa in luce nella relazione sull’accordo di stabilizzazione e associazione è relativa al mancato riconoscimento da parte della Serbia delle autorità del Kosovo e al mantenimento di strutture parallele. Dal canto suo, la Romania non ha riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, dichiarata unilateralmente e in violazione del diritto internazionale. La Serbia è un ottimo vicino per la Romania, come confermano i nostri legami storici centenari, e il mio paese comprende e appoggia i paesi amici. Ovviamente il futuro della Serbia è nell’Unione europea e la cooperazione del paese con il Tribunale penale internazione per l’ex Jugoslavia è una dimostrazione dell’impegno di Belgrado verso i valori europei, la democrazia e i diritti umani.

È chiaro che la Serbia dovrà seguire lo stesso percorso intrapreso da tutti gli Stati membri per aderire all’Unione europea, ma deve ricevere pari trattamento. Recenti sviluppi hanno dimostrato che la Serbia ha compreso le aspettative della Comunità europea. Sono stati compiuti notevoli progressi, ma l’Unione europea deve gestire con attenzione alcuni aspetti della storia recente di Belgrado che pesano notevolmente sul popolo serbo.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) L’Unione europea è fondata su principi quali la riconciliazione e la coesistenza pacifica e persegue queste finalità per migliorare le relazioni tra i popoli della regione. Considerato questo, ritengo che il futuro della Serbia sia nell’Unione europea e che il paese debba intensificare gli sforzi per conseguire questo obiettivo.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione perché riconosco che la Serbia si trova nella posizione adatta per svolgere un ruolo importante per garantire la sicurezza e la stabilità nella regione dei Balcani. Il futuro della Serbia è inevitabilmente nell’Unione europea e ritengo che il paese debba proseguire nel cammino per raggiungere questo traguardo. I progressi già compiuti nel processo di riforma sono degni di lode.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Chiunque si soffermi a osservare una cartina dell’Unione europea comprende immediatamente che i Balcani occidentali sono destinati a farne parte. Ritengo che l’adesione di questi paesi diventerà realtà. Il cammino della Serbia verso questo traguardo è stato particolarmente difficile dopo lo scioglimento dell'ex Jugoslavia a seguito del crollo del potere sovietico. Il coinvolgimento come aggressore in guerre fratricide e il terribile impatto di queste ultime sui paesi vicini e sulla comunità internazionale nel suo insieme hanno determinato gravi conseguenze per il paese e per il popolo serbo. La secessione del Kosovo, questione estremamente controversa, ha riacceso le tensioni nella regione e continua a rappresentare un importante fattore di potenziale instabilità. Mi auguro che la Serbia perseveri nella sua scelta di unirsi all’Unione europea e mi congratulo con il popolo serbo e i suoi leader per i progressi registrati.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Il futuro della Serbia è nell’Unione europea. Accolgo con favore la richiesta di adesione della Serbia all’Unione europea, presentata il 22 dicembre 2009, e la decisione del Consiglio del 25 ottobre 2010 di invitare la Commissione a esaminarla.

Desidero congratularmi con il paese per i progressi compiuti nel processo di riforma e vorrei sottolineare che lo sviluppo della cooperazione regionale rimane una priorità essenziale per l’Unione europea ed è visto come un catalizzatore per la riconciliazione, il buon vicinato e i contatti tra i cittadini nel Balcani occidentali. Invito pertanto la Serbia a seguire un approccio costruttivo per una cooperazione regionale più inclusiva.

Vorrei puntualizzare che la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY) costituisce una condizione fondamentale affinché la Serbia possa proseguire lungo il cammino verso l’adesione all’Unione europea. Va sottolineato che la Serbia continua a reagire adeguatamente alle richieste di aiuto dell’ICTY. Invito il governo serbo a continuare a operare in stretta collaborazione con il Tribunale, trasmettendo rapidamente tutti i documenti richiesti e ultimando tempestivamente le cause deferite dall’ICTY.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo votato contro questa risoluzione principalmente per le richieste rivolte alla Serbia e per l’inaccettabile posizione dell’Unione europea in merito al Kosovo. Il Parlamento sollecita per esempio il governo serbo a smantellare le strutture parallele in Kosovo perché “minano il processo di decentramento e impediscono la piena integrazione della comunità serba nelle istituzioni kosovare”, oltre a chiedere che il paese continui a cooperare con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia. Una pressione del genere sulla Serbia è inaccettabile ed è ulteriormente aggravate dalla mancanza di misure in relazione al Kosovo, nonostante le denunce pubbliche sul traffico di organi in cui sarebbero coinvolti gli attuali leader kosovari.

È inaccettabile che il Parlamento eserciti pressioni sulla Serbia al fine di “avviare un dialogo con il Kosovo astenendosi da ulteriori riferimenti a nuovi negoziati sullo status di quest’ultimo”.

Il “processo d’integrazione europea della Serbia” mette in luce un aspetto che noi segnaliamo da tempo. Oggi è chiaro che la guerra guidata dalla NATO e dalle maggiori potenze europee, la Germania in testa, era finalizzata a smantellare la Jugoslavia e a dividerne il territorio in paesi che potessero tutelare gli interessi dei grandi gruppi economici dell’Unione europea.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) Non ho votato a favore di questa risoluzione sul processo di integrazione europea della Serbia, non perché sia contrario al processo in sé, ma per via delle ambiguità del testo sulla questione del Kosovo.

Si cita la risoluzione congiunta UE-Serbia adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ma non si precisa che questa non può essere considerata un riconoscimento ufficiale dell’indipendenza del Kosovo da parte della Serbia o degli Stati membri dell’Unione che non l’hanno ancora riconosciuta.

Non si fa alcuna menzione neppure dell’agghiacciante relazione del Consiglio d’Europa sul traffico di organi prelevati ai prigionieri serbi ad opera dall’esercito di liberazione del Kosovo (UCK), che coinvolge l’attuale Primo ministro kosovaro, mentre la resa degli ultimi due latitanti serbi al Tribunale penale internazionale è considerata una condizione essenziale per l’accesso della Serbia all’Unione europea.

Come è accaduto durante i vari conflitti che hanno segnato lo scioglimento dell’ex Jugoslavia, si attribuisce il male e si chiede pentimento esclusivamente a una delle parti coinvolte. Sul lungo periodo, la situazione si farà sempre più difficile, anche se il governo serbo, accecato dall’allettante prospettiva dell’adesione all’Unione europea, sembra disposto ad accettarla.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) I progressi della Serbia lungo il percorso verso l’adesione all’Unione europea, che si spera possano rafforzare la pace e la prosperità nella regione, vanno accolti favorevolmente. La risoluzione del Parlamento europeo invita al pieno rispetto per la cultura e le lingue minoritarie, questioni cui il gruppo dell’Alleanza libera europea dedica grandissima attenzione.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, il 1° febbraio 2010 è entrato in vigore l'accordo di stabilizzazione e associazione tra l'Unione Europea e la Repubblica di Serbia. Pur essendo trascorsi 11 mesi, non tutti gli Stati membri dell'UE hanno ancora ratificato tale accordo. Con questa proposta di risoluzione, il Parlamento europeo ha voluto, da un lato, ribadire l'importanza del ruolo della Serbia all'interno dell'Unione e, dall'altro, approvare le migliorie a livello politico e sociale che il governo serbo ha portato avanti negli ultimi anni e ricordare quali passi debba ancora fare tale Paese al fine di poter soddisfare le richieste di democratizzazione, libertà, adozione di politiche sostenibili e pulite richieste dall'Unione europea. Ritenendo che l'entrata della Serbia nell'UE sia un notevole passo in avanti tanto per l'Unione quanto per la Repubblica di Serbia ho votato a favore della proposta di risoluzione credendo che, al più presto, questo Paese riuscirà a superare tutti quei limiti che per tanto tempo hanno reso ampio il divario tra le due realtà.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione, che rileva i progressi compiuti dalla Serbia nel processo di riforma e il recente invito rivolto alla Commissione dal Consiglio a elaborare il parere sulla richiesta di adesione della Serbia all’Unione europea. Ciononostante, la risoluzione ricorda giustamente che “una piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY)”, comprendente la consegna degli ultimi due latitanti all’Aia, “costituisce una condizione fondamentale perché la Serbia effettui progressi nel cammino verso l’adesione all’Unione europea”.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Ho espresso voto contrario a questa risoluzione per solidarietà al popolo serbo. Aggiungere l’obbligo di conformarsi ai criteri economici di Copenaghen ai tagli selvaggi derivanti dai programmi di austerità imposti dal Fondo monetario internazionale (FMI) a partire dal gennaio 2009 è un crimine sociale che mi rifiuto di avallare, senza menzionare le molteplici violazioni del diritto sovrano del governo serbo di rifiutarsi di trattare con i rappresentanti della provincia separatista del Kosovo contenute nel testo.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Siamo tutti concordi nel sostenere che i paesi della regione dei Balcani occidentali siano destinati a diventare parte dell’Unione europea e che questo diventerà realtà nel prossimo futuro.

La Serbia fa parte di questa regione ed è un paese che ha percorso un difficile cammino dopo lo scioglimento dell’ex Jugoslavia a seguito del crollo dell’impero sovietico. Inoltre, le guerre fratricide cui la Serbia ha partecipato e il terribile impatto che esse hanno causato sui paesi vicini e sull’intera comunità internazionale hanno determinato conseguenze negative per il paese e la popolazione. La cosiddetta “guerra del Kosovo”, ancora irrisolta ed estremamente controversa in tutta la comunità internazionale, è stata uno dei fattori che hanno contribuito alla mancata pacificazione della regione.

È auspicabile che la Serbia prosegua nel suo cammino verso l’Europa. Desidero cogliere questa occasione per congratularmi con i leader e la popolazione serbi per l’impegno profuso e i progressi sinora compiuti.

 
  
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  Rolandas Paksas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa proposta di risoluzione sul processo di integrazione europea della Serbia perché lo sviluppo della cooperazione regionale rimane una priorità essenziale per l’Unione europea ed è visto come un catalizzatore per l’attuazione delle politiche di riconciliazione e di buon vicinato nei Balcani occidentali. La Serbia intende svolgere un ruolo importante per la garanzia della sicurezza e della stabilità nella regione e per questo il suo futuro è strettamente legato all’Unione europea e il paese deve profondere il massimo impegno per diventare uno Stato membro dell’Unione. Per diventare un paese candidato e avviare i negoziati, la Serbia deve intraprendere un dialogo con il Kosovo, assumere un atteggiamento costruttivo nei confronti delle imminenti elezioni politiche e impegnarsi per evitare l’emarginazione della comunità serba del Kosovo. Appoggio la proposta secondo la quale lo status di paese candidato può essere concesso alla Serbia solo all’avvio di una piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY).

La Serbia deve inoltre proseguire nel processo di riforma avviato e portare avanti nuove riforme. Le autorità serbe devono compiere tutti gli sforzi necessari per garantire l’adeguata attuazione dei principi dello stato di diritto e della democrazia, vigilare affinché vi sia una diminuzione costante del livello di corruzione nel paese e punire severamente qualsiasi abuso di potere da parte di quanti detengono cariche pubbliche.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Questa proposta di risoluzione sul processo di integrazione europea della Serbia merita il mio appoggio per le seguenti ragioni.

In occasione del Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, è stato assunto l’impegno, nei confronti di tutti gli Stati dei Balcani occidentali, della loro adesione all'Unione europea una volta soddisfatti i criteri prestabiliti. Il ritmo dell’integrazione dei paesi dei Balcani occidentali è individuale e dipende dal merito di ciascuno di essi, in particolare per quanto riguarda la determinazione a soddisfare tutti i requisiti, adempiere tutti gli obblighi, realizzare le riforme e adottare le necessarie misure che l’adesione all’Unione europea comporta.

La Serbia riveste un ruolo importante quale garante della sicurezza e della stabilità nella regione. Per questo motivo, la risoluzione ribadisce che il futuro del paese è nell’Unione europea e lo incoraggia a proseguire nel suo impegno per raggiungere questo traguardo. La risoluzione elogia il paese per i progressi compiuti nel processo di riforma e accoglie con favore la decisione di avviare la procedura di ratifica dell’accordo di stabilizzazione e di associazione con la Serbia adottata dal Consiglio il 14 giugno 2010 nonché l’avvenuta ratifica dell’accordo da parte di 10 Stati membri.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa risoluzione, nella quale si ribadisce che il futuro della Serbia è nell’Unione europea, sottolineando i progressi compiuti sul piano delle riforme attuate e sollecitando il paese a impegnarsi per soddisfare i requisiti e i criteri che l’adesione all’Unione europea comporta.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Il nostro gruppo ha espresso voto favorevole perché 16 dei 17 emendamenti presentati sono stati approvati o inclusi negli emendamenti di compromesso preparati dal relatore, come la richiesta che la candidatura all’adesione sia subordinata a una più stretta cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY). Gli altri emendamenti vertono sul Kosovo, la parità di genere, i diritti delle minoranze, la società civile, il trasporto pubblico, l’ambiente e le relazioni con la Bosnia.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Questa relazione riduce le barriere al commercio fra Unione europea e Serbia e rappresenta un passo avanti verso una prospettiva di adesione del Paese balcanico.

Questo accordo di stabilizzazione e associazione è stato firmato già nel 2008, ma da allora è stato ratificato solo da 12 Stati membri, fra i quali figura anche l'Italia. L'importante obiettivo raggiunto oggi deve comunque essere un nuovo punto di partenza per la Serbia, che ha presentato la sua candidatura nel dicembre del 2009. Dovrà infatti continuare la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Yugoslavia, da sempre precondizione essenziale all'adesione.

 
  
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  Csanád Szegedi (NI), per iscritto. (HU) La Serbia mostra gravi carenze nell’ambito del rispetto dei diritti dell’uomo. I residenti di nazionalità ungherese sono considerati cittadini di seconda categoria e di frequente si verificano episodi di violenza da parte della polizia. Non si è ancora indagato sul caso dei ragazzi di Temerin. Fino a quando non si compieranno progressi considerevoli negli ambiti menzionati, non potrò appoggiare il processo di integrazione europea della Serbia. Ritengo essenziale che si conceda la piena autonomia territoriale alla popolazione autoctona ungherese della Vojvodina.

 
  
  

Raccomandazione Kacin (A7-0362/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Visti la decisione provvisoria del Consiglio e della Commissione (15191/2007) e l’accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Serbia, sono favorevole alla conclusione dell’accordo.

 
  
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  George Becali (NI), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa relazione e, come è già accaduto, nell’esporre le mie motivazioni non esito a citare quelle personali. I Balcani occidentali e la Serbia non rappresentano semplicemente una regione di interesse strategico per l’Unione europea e non sono solo i cittadini della regione ad avere bisogno di noi: anche noi abbiamo bisogno di loro. L’Unione europea è il principale partner commerciale della Serbia, un dato di per sé molto significativo. La Serbia presenta una situazione unica in Europa, essendo il paese con il maggior numero di rifugiati e sfollati. Credo fermamente che un’accelerazione del processo di integrazione della Serbia porterà benefici all’intera regione dei Balcani occidentali.

 
  
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  Corina Creţu (S&D), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della risoluzione sull’integrazione della Serbia. Il ruolo importante che questo paese può svolgere per garantire la sicurezza e la stabilità nella regione è una motivazione significativa del mio voto. Al contempo, strategie costruttive in materia di cooperazione regionale e di buone relazioni di vicinato sono essenziali nel processo di stabilizzazione e associazione. Tutti questi aspetti sono basilari nel processo di trasformazione dei Balcani occidentali in una regione di stabilità a lungo termine e di sviluppo sostenibile.

Il processo di integrazione della Serbia nell’Unione europea è favorito dai progressi compiuti nel processo di riforma. Gli sforzi sinora profusi dalla Serbia nell’ambito della protezione delle minoranze sono lodevoli, sebbene siano necessari ulteriori miglioramenti nell’ambito dell’accesso all’informazione e all’istruzione nelle lingue minoritarie, specie nel caso della minoranza romena, che nel corso dell’ultimo secolo ha subito gravi discriminazioni.

Grandi progressi sono stati realizzati anche nell’ambito della promozione della parità di genere, in particolare con l’adozione della legge sulla parità di genere e con il piano d’azione nazionale volto a migliorare la posizione delle donne e a promuovere la parità di genere.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il ruolo cruciale della Serbia nei Balcani occidentali è indubbio: difficilmente la regione potrà conseguire la stabilità se la Serbia non sarà stabile. Le riforme attuate nel paese sono lodevoli perché sono finalizzate a rafforzare la democrazia, la trasparenza e i meccanismi dello stato di diritto. Inoltre, si sono profusi sforzi per ristabilire le relazioni con i paesi vicini, antichi nemici, un passo che ammiro perché difficoltoso sul piano umano. Gli accordi siglati dalla Serbia con l’Unione europea e la recente reciproca apertura delle frontiere indicano che non si è trascurata la politica volta a creare solidarietà de facto. MI auguro che l’Unione europea consideri la richiesta di adesione della Serbia con il dovuto rigore, tenendo presente l’importante messaggio che l’ingresso del paese nell’Unione – parallelamente a quello della Croazia, in una fase più avanzata – invierà al popolo serbo, all’intera regione e alla stessa Unione europea.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Il futuro della Serbia è nell’Unione europea. Accolgo con favore la richiesta di adesione all’Unione europea presentata dalla Serbia il 22 dicembre 2009 e la decisione del Consiglio del 25 ottobre 2010 di chiedere alla Commissione di esaminare la domanda serba.

Desidero congratularmi con il paese per i progressi compiuti nel processo di riforma e sottolineare che lo sviluppo della cooperazione regionale rimane una priorità per l’Unione europea ed è visto come un catalizzatore per la riconciliazione, il buon vicinato e i contatti tra i cittadini nei Balcani occidentali.

Invito la Serbia a seguire un approccio costruttivo per una cooperazione regionale più inclusiva. Concordo con il progetto di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell’accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall’altra.

 
  
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  Carlo Fidanza (PPE), per iscritto. – Accolgo con favore l'accordo di stabilizzazione tra UE e Serbia: l'accordo di stabilizzazione e associazione (ASS) riduce le barriere al commercio fra UE e Serbia e rappresenta un passo avanti verso un possibile ingresso del paese balcanico nell'Unione. È stato firmato nel 2008, ma da allora solo 12 Stati membri, fra i quali l'Italia, l'hanno ratificato: col voto di oggi si esprime il consenso del Parlamento all'accordo, dando così un segnale ai restanti 15 Stati membri, affinché anche essi procedano con la ratifica. Nonostante la Serbia sia stata messa a dura prova dalle vicende che ne hanno caratterizzato il recente passato, è riuscita lentamente a riprendersi, consolidando la sua struttura democratica. Il paese, per la sua posizione geografica e per il suo ruolo strategico, è senza dubbio al centro del processo di integrazione dei Balcani nell'UE; inoltre la Serbia è un partner commerciale importante, fondamentale in settori quali ferro e acciaio. Il voto di oggi fa seguito ad un altro importante passo, avvenuto nel dicembre 2009: l'abolizione dei visti in tutta l'area Schengen che ha permesso ai cittadini serbi di sentirsi più europei.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Oggi è stato approvato un nuovo accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Serbia che prevede l’istituzione di una zona di libero scambio e prospetta l’adesione del paese all’Unione europea. Viste le nostre opinioni sull’allargamento, ci siamo astenuti dal voto su questa relazione.

Non concordiamo in merito a numerosi aspetti del testo, in particolare con le condizioni imposte dall’Unione europea e con la richiesta di piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (ICTY), che continua a essere un prerequisito per il futuro ingresso della Serbia nell’Unione europea. Dobbiamo ricordare che l’entrata in vigore dell’accordo è subordinata alla ratifica da parte dei 27 Stati membri.

L’accordo di stabilizzazione e di associazione, siglato nel 2008, prevede l’istituzione di una zona di libero scambio tra l’Unione europea e la Serbia e prospetta l’adesione del paese all’Unione europea. La Serbia ha presentato richiesta di adesione all’Unione europea nel dicembre 2009; nell’ottobre dello scorso anno, il Consiglio ha invitato la Commissione a elaborare un parere sulla domanda di adesione del paese, che dovrà essere presentato il prossimo autunno.

 
  
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  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'ambito del processo di allargamento, la situazione dei Balcani Occidentali necessita di un'attenzione particolare. Un paese come la Serbia presenta certamente delle problematiche, tuttavia la situazione di Belgrado pare decisamente migliore rispetto ad altri paesi della stessa area. Motivo per cui, auspicando che vi sia una decisa accelerazione nel processo di collaborazione con la Corte per i crimini nella ex Jugoslavia, ritengo di appoggiare il testo, con l'auspicio che venga interpretato come uno stimolo dal popolo e dalle autorità serbe.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole sull’accordo di stabilizzazione e di associazione con la Serbia, sebbene sinora solo 11 Stati membri abbiano ratificato l’accordo; invito quindi i restanti 16 Stati a farlo il prima possibile.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) L’accordo di stabilizzazione e di associazione UE-Serbia, come tutti gli accordi simili, condanna i cittadini a una povertà estrema sull’altare di una rapida transizione all’economia di mercato e dell’istituzione di una zona di libero scambio nel corso dei prossimi cinque anni. L’Unione europea non è degna né dei propri cittadini né dei cittadini dei paesi che aspirano a farne parte. Esprimo voto contrario a questa relazione per solidarietà con il popolo della Repubblica di Serbia.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Siamo tutti concordi nel sostenere che i paesi della regione dei Balcani occidentali siano destinati a diventare parte dell’Unione europea e che questo diventerà realtà nel prossimo futuro.

La Serbia fa parte di questa regione ed è un paese che ha percorso un difficile cammino dopo lo scioglimento dell’ex Jugoslavia a seguito del crollo dell’impero sovietico. Le guerre fratricide cui la Serbia ha partecipato e il loro terribile impatto sui paesi vicini e sull’intera comunità internazionale hanno determinato conseguenze negative per il paese e la popolazione. La cosiddetta “guerra del Kosovo”, ancora irrisolta ed estremamente controversa per tutta la comunità internazionale, è stata uno dei fattori che hanno contribuito alla mancata pacificazione della regione.

È dunque auspicabile che la Serbia prosegua nel suo cammino verso l’Europa. Desidero cogliere questa occasione per congratularmi con i leader serbi e la popolazione per l’impegno profuso e i progressi sinora compiuti. Desidero sottolineare l’importante ruolo svolto dalla Serbia per la stabilità di tutta la regione dei Balcani occidentali e, in particolare, per la stabilità e la coesione della Bosnia-Erzegovina.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione perché giudico positivamente i progressi compiuti dalla Serbia nell’attuazione delle riforme in materia di pubblica amministrazione, quadro giuridico e lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Concordo con l’invito rivolto a tutti gli Stati membri dell’Unione dal relatore ad avviare il processo di ratifica dell’accordo di stabilizzazione e di associazione con la Serbia. La condizione fondamentale ribadita nella relazione è la piena cooperazione con il Tribunale dell’Aia affinché la Serbia possa proseguire nel cammino verso l’adesione all’Unione europea. Desidero invitare il paese a impegnarsi con maggiore decisione rispetto alle politiche di occupazione e di coesione sociale.

Invito la Serbia a creare un ambiente favorevole allo sviluppo della democrazia, dello stato di diritto, dell’economia di mercato e del rispetto dei diritti dell’uomo. Nonostante i progressi compiuti in campo ambientale, la Serbia deve intensificare gli sforzi nei settori delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, considerando che i principali elementi dell’acquis in materia di energie rinnovabili non sono stati ancora recepiti. È necessario che il paese adotti un quadro normativo in materia di efficienza energetica.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – Ho votato a favore della risoluzione sul processo di integrazione europea della Serbia e sull'accordo di stabilizzazione e associazione con l'UE perché ritengo che approcci costruttivi nei confronti della cooperazione regionale e delle relazioni di buon vicinato siano elementi essenziali del processo di stabilizzazione e associazione, che svolgono un ruolo decisivo nel processo di trasformazione dei Balcani occidentali in una zona di stabilità a lungo termine e di sviluppo sostenibile. Inoltre, la Serbia svolge un ruolo importante per la sicurezza, la stabilità e la riconciliazione dei popoli della regione. l'UE condanna tutti i crimini di guerra che distrussero l'ex Jugoslavia, e sostiene il lavoro dell'ICTY (il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia) ribadendo che il futuro della Serbia è nell'Unione europea e incoraggia il paese a proseguire nel suo impegno per il raggiungimento di questo traguardo.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Non sussistono ostacoli all’approvazione da parte del Parlamento europeo del progetto di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell’accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall’altra.

Nel quadro delle attuali competenze del Parlamento europeo in materia di accordi internazionali, il Consiglio ha presentato una richiesta di approvazione dell’accordo e la commissione per gli affari esteri ha formulato una raccomandazione secondo la quale l’accordo dovrebbe essere approvato.

Ho espresso voto favorevole perché ritengo che l’accordo rappresenti un contributo molto importante ad una politica di vicinato solida ed efficace, nella quale la Serbia svolge un ruolo per l’equilibrio geopolitico nei Balcani.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – In forza del progetto di decisione del Consiglio e della Commissione, dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra la Comunità europea e la Serbia, della richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma degli articoli 217 e 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, degli articoli 81 e 90 del regolamento del PE nonché della raccomandazione della commissione per gli affari esteri, ritengo estremamente logico e necessario attenermi alla linea del Parlamento.

Pertanto approvo il progetto di decisione di Consiglio e Commissione in oggetto al fine di favorire in primis una cooperazione sempre più stretta con la Serbia e più in generale un'attività di stabilizzazione e cooperazione in seno alla Comunità europea.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Le riforme intraprese dalla Serbia consentiranno al paese di compiere significativi progressi lungo il cammino verso la futura adesione all’Unione europea. Ritengo dunque si debba sostenere la conclusione di questo accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Serbia, dall’altra..

 
  
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  Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. (ES) Il consenso del Parlamento all’accordo di stabilizzazione e di associazione UE-Serbia, seguito alla decisione del Consiglio di avviare il processo di ratifica, è un passo importante lungo il cammino di integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione europea. Ho espresso voto favorevole perché ritengo che l’Unione europea svolga un ruolo cruciale e abbia l’obbligo di favorire la piena stabilizzazione dei Balcani occidentali. La credibilità internazionale dell’Unione europea è strettamente relazionata alla capacità di azione rispetto ai paesi limitrofi. Nel caso dei Balcani occidentali e della Serbia, sembra che l’unica via possibile sia l’adesione all’Unione europea, che è tuttavia vincolata a una serie di condizioni. La Serbia sta comunque dimostrando una notevole predisposizione a proseguire verso l’ingresso nell’Unione europea.

Nonostante il consenso odierno del Parlamento, è stata adottata una risoluzione che, sebbene tra le più positive adottate da questa Assemblea rispetto alla Serbia, sottolinea che la cooperazione di Belgrado con il Tribunale penale internazionale e un fermo impegno in favore della democrazia e dello stato di diritto continuano a rappresentare requisiti irrinunciabili nel cammino del paese verso l’Unione europea.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Abbiamo manifestato il nostro sostegno a questo testo perché quasi tutti gli emendamenti da noi proposti sono stati approvati. Gli emendamenti vertevano sul Kosovo, la parità di genere, i diritti delle minoranze, la società civile, il trasporto pubblico, l’ambiente e le relazioni con la Bosnia. L’unico emendamento respinto con voto di parità (27 a 27) verrà riproposto: si tratta di un emendamento importante perché invita la Serbia ad avviare un dialogo con il Kosovo astenendosi da ulteriori riferimenti a nuovi negoziati sullo status di quest’ultimo.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della conclusione di un accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Repubblica di Serbia. La Serbia riveste un ruolo significativo per la stabilità dell’intera regione dei Balcani ed è dunque importante dialogare con il paese a livello istituzionale. Negli ultimi anni, la Serbia ha compiuto notevoli progressi nel suo cammino verso l’Europa. A seguito della delibera della Corte internazionale di giustizia in merito alla conformità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo al diritto internazionale, l’Europa deve svolgere un ruolo attivo per il consolidamento della pace. È nostro dovere sostenere in tutti i modi la Serbia nell’impegno a cooperare con il Tribunale penale internazionale.

 
  
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  Artur Zasada (PPE), per iscritto.(PL) Sono molto lieto dei risultati del voto odierno sul progetto di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell’accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri e la Repubblica di Serbia. Dal 2007, la Serbia ha compiuto notevoli progressi sul piano della cooperazione con l’Unione europea e questo ha reso possibile la ripresa dei negoziati con l’Unione. Questi ultimi si sono conclusi il 10 settembre 2007 e, dopo le consultazioni con gli Stati membri dell’Unione, il 7 novembre 2007 a Bruxelles è stato siglato l’accordo di stabilizzazione e di associazione. Dobbiamo però ricordare che un prerequisito per la piena cooperazione è il rispetto da parte della Serbia delle condizioni politiche stabilite dal Consiglio al momento dell’approvazione delle direttive di negoziato, ovvero la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia.

 
  
  

Relazione Matias (A7-0366/2010)

 
  
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  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa relazione volta a sviluppare ulteriormente una serie di misure, tra cui: promuovere la diagnosi precoce e la qualità della vita, migliorare la conoscenza epidemiologica della patologia e coordinare le ricerche in corso, favorire la condivisione delle migliori prassi tra Stati membri e rispettare le persone affette da malattie neurodegenerative. Oggigiorno, circa 14 milioni di europei all’anno sviluppano alcune forme di demenza e nella metà dei casi si tratta del morbo di Alzheimer.

È necessario riunire le diverse politiche attualmente in atto per affrontare la situazione in modo coordinato, obiettivo e più efficace, offrendo sostegno al personale medico e alle famiglie in ambiti quali il rafforzamento dei diversi sistemi sanitari, la formazione e la consulenza. Credo sia importante fare in modo che la strategia europea in materia di demenza si concentri maggiormente sugli aspetti sociali della vita di quanti convivono con questa malattia, rivolgendo maggiore attenzione alla ricerca, alla prevenzione e alla diagnosi precoce.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione per un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza, che basa la sua strategia su un miglior coordinamento tra gli Stati membri e una risposta più efficace e solidale in vista della prevenzione e del trattamento delle varie forme di demenza, in particolare dell'Alzheimer, a tutto vantaggio dei pazienti e di quanti li circondano, siano essi professionisti del settore sanitario, fornitori di servizi o familiari. La comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio per un’iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza è un passo fondamentale verso proposte specifiche in grado di collegare le diverse politiche esistenti e le modalità per affrontare questo tipo di patologia. L'azione frammentata, le disparità nelle capacità di risposta rilevate in Europa e il prevalere di condizioni inique in termini di accesso e trattamento della malattia giustificano pienamente questa iniziativa.

È quindi fondamentale concentrarsi sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione e avviare iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle implicazioni della convivenza con forme di demenza. Una strategia europea deve anche salvaguardare i servizi in grado di garantire la massima copertura possibile e la parità in termini di accesso e di trattamento dei pazienti, indipendentemente dall'età, dal sesso, dalle possibilità economiche o dal luogo di residenza.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore di questo importante documento. Ogni 24 ore viene diagnosticato un nuovo caso di malattia neurodegenerativa (disfunzioni del sistema nervoso), che rappresentano oggigiorno una delle principali cause di inabilità nelle fasce più anziane della popolazione; in oltre la metà dei casi si tratta del morbo di Alzheimer. Si prevede un aumento rilevante del numero dei malati e questa stima desta preoccupazione, considerando l'aumento dell'aspettativa media di vita e la contrazione del rapporto tra popolazione attiva e in pensione. Sono favorevole alla proposta della Commissione europea di elaborare una strategia europea, una risposta solidale in vista della prevenzione e del trattamento delle varie forme di demenza (graduale deterioramento delle facoltà mentali), a favore dei pazienti e di quanti li circondano. Una strategia europea deve inoltre salvaguardare l’esistenza di servizi quanto più possibile generalizzati e pari condizioni in termini di accesso e trattamento dei pazienti, indipendentemente dall'età, dal sesso, dalle possibilità economiche o dal luogo di residenza.

 
  
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  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) La demenza è una malattia caratterizzata dalla lenta e graduale perdita di memoria, di concentrazione e della capacità di apprendimento, che solitamente si verifica in persone ultrasessantacinquenni. Con il termine demenza si indica un gruppo di malattie neurodegenerative che non dovrebbero essere percepite come un normale problema affrontato nell'ambito del processo di invecchiamento. Secondo le stime, gli europei di età compresa tra i 30 e i 99 anni colpiti da malattie neurodegenerative sarebbero più di sette milioni, pari a 12,5 casi ogni mille persone, e le donne sono colpite più degli uomini. Secondo gli studiosi questa cifra potrebbe raddoppiare nei prossimi vent'anni. In Europa la forma più comune di demenza è il morbo di Alzheimer, che rappresenta circa il 50-70 per cento dei casi. Ho votato a favore di questa relazione volta a migliorare la qualità della vita e il benessere dei pazienti, a promuovere la ricerca e la prevenzione e a migliorare la comunicazione tra gli Stati membri per fornire una risposta più efficace ed esauriente, rivolgendo l’attenzione alla prevenzione, al trattamento delle persone affette da una forma di demenza, in particolare dal morbo di Alzheimer, e a quanti assistono i malati. Anche la proposta di istituire un Anno europeo della salute mentale è apprezzabile.

 
  
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  George Becali (NI), per iscritto. (RO) Sostengo la relatrice e ho votato a favore della sua proposta. Il morbo di Alzheimer è sempre più diffuso e colpisce un numero crescente di persone, soprattutto considerando la continua riduzione del rapporto tra la popolazione attiva e in pensione. I cambiamenti del comportamento e della personalità dei malati li rendono dipendenti da quanti li circondano. Nella sua proposta, la relatrice ci invita a migliorare il coordinamento tra gli Stati membri, nonché la solidarietà e il sostegno rivolti sia ai malati sia alle persone coinvolte in diversi modi.

 
  
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  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – Il morbo di Alzheimer colpisce in Europa e nel mondo sempre più persone, con una tendenza che si registra negli ultimi decenni ad un arretramento dell’età media dei malati. Una malattia quindi che, se già in precedenza costituiva un problema sanitario e sociale, oggi è diventata un’urgenza nell’agenda delle politiche sanitarie nazionali. Positivo quindi l’impegno che l’UE intende assumere nei prossimi anni in vista del coordinamento delle politiche a livello comunitario, per quanto riguarda la ricerca e lo scambio di buone pratiche per quanto riguarda la malattia di Alzheimer, la diagnosi precoce e l’aiuto alle famiglie dei malati, che ad oggi in molti Stati membri sono gravate psicologicamente ed economicamente dalla cura di persone che necessitano di attenzioni e terapie continue. Voto favorevolmente alla relazione della collega Matias, nell’auspicio che si faccia molto, e di più di quanto fatto finora, per una malattia sempre più diffusa ma non altrettanto conosciuta nelle sue pesanti implicazioni sociali.

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Condivido l'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza, perché il numero delle persone che sviluppano forme di demenza aumenta ogni anno. Considerando l'invecchiamento della popolazione europea e le relative conseguenze sociali ed economiche, che stanno avendo pesanti effetti sui sistemi sanitari degli Stati membri, è necessario adottare urgentemente azioni e iniziative specifiche per contrastare questa grave malattia. Recenti studi europei indicano che il morbo di Alzheimer continua ad essere diagnosticato in modo insufficiente e che sussistono numerose divergenze tra gli Stati membri quanto a prevenzione, accesso alle cure ed erogazione di servizi adeguati. È necessario concentrare l'attenzione sulla diagnosi precoce e sulla prevenzione del morbo di Alzheimer. La dieta può costituire un importante fattore scatenante dello sviluppo del morbo di Alzheimer; la prevenzione della demenza mediante interventi modificabili deve quindi rappresentare una priorità e occorre prestare particolare attenzione a fattori di prevenzione quali una dieta sana, la promozione dell'attività fisica e cognitiva e il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare quali diabete, elevati livelli di colesterolo, ipertensione e fumo. È fondamentale promuovere la dignità dei pazienti durante tutte le fasi della malattia e ridurre le disparità; in altre parole salvaguardare l'esistenza di servizi generalizzati e parità in termini di accesso e di trattamento dei pazienti, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalle possibilità economiche o dal luogo di residenza.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Il morbo di Alzheimer colpisce ovunque, indistintamente. Considerando che i progressi della scienza non hanno permesso di diagnosticarlo prima del suo inizio o di trovarvi una cura adeguata, per il Parlamento europeo diventa urgente trovare soluzioni per migliorare la vita delle persone colpite. Oltre di 8 milioni di europei sono affetti da malattie neurodegenerative e le previsioni non sono affatto rosee, considerando che il numero dei pazienti raddoppierà in trent'anni. È necessario migliorare il coordinamento tra gli Stati membri, adottare una risposta più efficace e solidale orientata alla prevenzione, al trattamento delle persone affette dalle varie forme di demenza, in particolare l'Alzheimer, e al sostegno di quanti circondano i malati. Un'eventuale strategia europea in quest’ambito potrà funzionare soltanto a condizione che i singoli paesi diano la priorità alla definizione di piani d'azione nazionali. Dobbiamo poi focalizzare l'attenzione sulla diagnosi precoce, sulla prevenzione e sulla raccolta e l'elaborazione dei dati epidemiologici sulla malattia.

Una volta adottate queste misure fondamentali, è necessario avviare un'azione integrata che includa i diversi aspetti, dalla ricerca alla prestazione dei servizi sanitari. Occorre colmare le lacune ancora esistenti a livello, ad esempio di formazione di professionisti del settore e di sostegno alle famiglie, e avviare azioni per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle questioni inerenti la convivenza con la demenza.

 
  
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  Nikolaos Chountis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Ho votato a favore della relazione su un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer, affinché la Commissione europea e i governi degli Stati membri si impegnino ad introdurre piani d'azione nazionali ed europei volti a: promuovere a livello europeo la ricerca delle cause della malattia e la prevenzione il trattamento del morbo di Alzheimer; aumentare gli stanziamenti destinati a tali attività; migliorare la prevenzione e la diagnosi precoce; organizzare campagne di informazione pubblica per migliorare la capacità di riconoscere i sintomi della malattia; riconoscere l’onere gravoso che si assumono quanti si occupano di persone affette da forme di demenza e fornire supporto psicologico sia ai malati sia alle loro famiglie. L'azione più importante è comunque la tutela e la promozione di una strategia pubblica inerente la malattia in generale. Le attività di ricerca finanziate con fondi pubblici, la prevenzione, il trattamento e il sostegno ai malati, alle loro famiglie e ai parenti sono importanti e non solo in linea di principio.

L’approccio pubblico è necessario per evitare speculazioni da parte di società farmaceutiche e altri interessi privati. Gli Stati membri devono fornire i servizi e le infrastrutture necessarie tramite finanziamenti governativi e creare le condizioni per affrontare le problematiche inerenti la salute e le conseguenze sociali riguardanti i malati e l'ambiente in cui vivono.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Secondo le stime, 7,3 milioni di europei soffrono di diverse forme di demenza e nella maggior parte dei casi si tratta del morbo di Alzheimer. È un problema sanitario di vasta portata; non dobbiamo infatti dimenticare che le varie forme di demenza non colpiscono solo quanti ne soffrono, ma anche chi presta assistenza ai malati. Un’eventuale strategia europea consentirebbe un approccio più integrato e una risposta più efficace in termini di trattamento e consapevolezza sulle malattie mentali, sensibilizzando i cittadini europei alle patologie cerebrali associate all'invecchiamento.

Innanzi tutto, credo sia importante migliorare il coordinamento tra Stati membri, sviluppando strategie e piani nazionali di lotta al morbo di Alzheimer. In secondo luogo, ritengo rilevante garantire ai malati e alle loro famiglie maggiore supporto e servizi adeguati. Infine, è fondamentale stimolare la ricerca su questo tipo di malattia, il trattamento e la prevenzione della stessa. Vorrei congratularmi con l'onorevole Matias per la sua relazione e sono favorevole alle raccomandazioni rivolte alla Commissione europea, al Consiglio e agli Stati membri.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Secondo le stime, in Europa 9,9 milioni di persone sono affette da varie forme di demenza e nella maggior parte dei casi, oltre 7 milioni, si tratta del morbo di Alzheimer. Alcuni studi scientifici suggeriscono che questa cifra potrebbe raddoppiare ogni vent'anni. La situazione richiede quindi un nuovo atteggiamento da parte dell'Unione europea e degli Stati membri in termini di prevenzione e trattamento della malattia.

Sono favorevole alla relazione oggetto del voto odierno, che propone di migliorare il coordinamento tra i servizi sanitari e sociali degli Stati membri e quanti si occupano delle persone affette dal morbo di Alzheimer, dai professionisti del settore sanitario, ai parenti, agli enti privati no-profit. Nella relazione si attribuisce grande importanza alla diagnosi precoce e all'esistenza di centri di riferimento interconnessi, a un approccio multidisciplinare per affrontare la malattia, alla formazione specialistica dei professionisti su questo tipo di malattie e alla rete di sostegno alle famiglie. Un altro elemento importante è il sostegno proposto per avviare campagne informative sulle malattie neurodegenerative rivolte al grande pubblico. Condivido l'idea espressa nella relazione che una strategia europea su tali malattie debba salvaguardare quei servizi che consentono un accesso universale e geograficamente diffuso al sistema.

 
  
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  Marielle De Sarnez (ALDE), per iscritto. (FR) Quasi dieci milioni di europei sono affetti da malattie mentali, in particolare dal morbo di Alzheimer. La risposta dell’Unione europea è ancora debole e sul territorio europeo si registrano forti squilibri riguardo alla situazione dei pazienti, delle loro famiglie e degli operatori addetti all'assistenza. Per questo motivo il Parlamento europeo invita caldamente gli Stati membri a elaborare strategie e programmi nazionali specifici per contrastare questa malattia ed i suoi effetti. Tali strategie devono affrontare le conseguenze sanitarie e sociali della malattia e tenere conto dei servizi e del sostegno necessari ai malati e alle loro famiglie. È necessario che gli sforzi per promuovere la diagnosi precoce e i servizi sanitari incentrati sulla prevenzione e la ricerca diventino una priorità sanitaria anche a livello europeo. Bisogna promuovere un programma pubblico-privato per le attività di ricerca, sviluppo e investimento, anche a livello europeo. La rapidità con cui sapremo arrestare lo sviluppo del morbo di Alzheimer, forse fino alla sua scomparsa, modificherà in modo significativo il numero delle persone dipendenti e aiuterà gli anziani a vivere al meglio e il più a lungo possibile.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione per un'iniziativa europea relativa la malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza, poiché propone misure volte a garantire la dignità delle persone che soffrono di demenza, riduce le disparità, previene l'esclusione sociale e promuove la diagnosi precoce e la ricerca per la prevenzione di tali malattie.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Secondo le stime, in Europa circa 9,9 milioni di persone sono affette da varie forme di demenza: questo significa che l'Europa è al secondo posto in termini di diffusione di questo tipo di malattie. Solo in Portogallo, i malati affetti da demenza sono circa 153 000, di cui oltre 90 000 hanno contratto il morbo di Alzheimer, e si prevede che queste cifre raddoppino entro il 2020. A fronte dell'invecchiamento della popolazione, la risposta della società e dei governi a questo tipo di malattia, fortemente correlata all'età, rappresenta una delle principali sfide dell'inizio di questo millennio. Per questo posso solo fornire il mio massimo sostegno a un'iniziativa che propone di fare della demenza una priorità sanitaria dell'Unione europea e invita gli Stati membri a sviluppare strategie e piani nazionali specifici per affrontare il morbo di Alzheimer. Il CDS/PP ha difeso questo approccio in Portogallo e si pone in prima linea e in sintonia con le politiche e le priorità sanitarie dell'Unione europea chiedendo al governo un piano nazionale sulle malattie neurodegenerative volto a offrire sostegno e cure dignitose, umane e qualificate alle persone affetta dal morbo di Alzheimer e da altre forme di demenza.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Ogni anno 1,4 milioni di cittadini residenti nell'Unione europea sviluppano un tipo di demenza; questo corrisponde a diagnosticare un nuovo caso ogni 24 secondi. In Portogallo le stime parlano di 153 000 persone affette da malattie neurodegenerative, di cui 90 000 colpite dal morbo di Alzheimer. Tenendo conto dell'invecchiamento della popolazione europea, gli specialisti prevedono un raddoppiamento delle cifre entro il 2040.

Considerando che la popolazione europea sta invecchiando e il rapporto tra popolazione attiva e in pensione si sta riducendo, in futuro la demenza potrebbe rappresentare una delle principali sfide per la sostenibilità dei sistemi sanitari e sociali nazionali. È quindi fondamentale che i governi sviluppino strategie e piani nazionali specifici per il morbo di Alzheimer per affrontare le conseguenze sanitarie e sociali della demenza, senza limitarsi a garantire l'erogazione dei servizi, ma offrendo piuttosto sostegno ai malati e alle loro famiglie.

Accolgo con favore la proposta di istituire un Anno europeo della salute mentale per sensibilizzare il pubblico sulle malattie cerebrali associate all'invecchiamento e sulle modalità per rilevare ed identificare i sintomi precoci di tali patologie, con campagne di informazione pubbliche sulla prevenzione e il trattamento delle stesse.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il morbo di Alzheimer e le altre forme di demenza destano giustamente attenzione e preoccupazione. Secondo il rapporto mondiale del 2010 pubblicato dall'Alzheimer's Disease International, in Europa si stimano 9,9 milioni di persone affette da demenza e se ne prevede un drastico aumento entro il 2020. La carenza di operatori sanitari professionisti per curare i malati di Alzheimer è fonte di grande preoccupazione poiché, in assenza di misure adeguate, in futuro la situazione tenderà a peggiorare. Bisogna prevedere la formazione di un numero sufficiente di professionisti dei servizi sociali e sanitari e garantire l’erogazione di servizi sanitari adeguati attraverso la sanità pubblica, rispettando il desiderio dei pazienti di rimanere nel proprio ambiente familiare, qualora possibile, e promuovendo i principi fondamentali della dignità e dell'inclusione sociale, nonché l'indipendenza e l'autodeterminazione dei pazienti. Simili patologie implicano costi sanitari molti elevati, impossibili da sostenere per la maggior parte dei pazienti; è per questo auspicabile aumentare gli stanziamenti per i farmaci necessari. È fondamentale promuovere e sviluppare la ricerca, orientata soprattutto alla prevenzione, alla diagnosi e al trattamento, facendo valere il principio fondamentale secondo cui il settore pubblico deve assumersi tali responsabilità senza restrizioni in termini di benefici o accesso alle cure per alcun paziente.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) Sostengo pienamente questo progetto sul morbo di Alzheimer e le altre forme di demenza. Il morbo di Alzheimer è la principale causa di demenza e affligge oltre 44 000 persone in Irlanda e circa dieci milioni di persone in Europa.

L'Alzheimer è una malattia degenerativa, ovvero i danni al cervello aumentano con il trascorrere del tempo e nel frattempo i sintomi della malattia diventano più acuti. Purtroppo, a fronte dell'invecchiamento della popolazione europea, è molto probabile un aumento nel numero dei malati. È necessario un migliore coordinamento tra gli Stati membri in termini di ricerca sulle origini delle malattie neurodegenerative e sulle migliori cure.

Spesso l'onere dell'assistenza ricade sui familiari: in Irlanda 50 000 persone si occupano quotidianamente di persone affette da demenza. Vorrei rendere omaggio specialmente a queste persone e all'Alzheimer Society of Ireland, che fornisce un ottimo servizio di assistenza alle persone affette dal morbo di Alzheimer.

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. (FR) Secondo le stime, quasi dieci milioni di persone in Europa sono affette da malattie neurodegenerative e in particolare dal morbo di Alzheimer; è probabile che di fatto questa cifra raddoppi ogni vent'anni. Nel 2020 un ultrasessantenne su quattro potrebbe soffrire di una forma di demenza; in Francia ogni anno si registrano 160 000 nuovi casi. Possiamo quindi affermare che tutti gli europei si troveranno prima o poi a dover affrontare in modo diretto e indiretto problemi correlati al morbo di Alzheimer o ad altre forme di demenza. Ho quindi rivolto il mio pieno sostegno a questa relazione che invita la Commissione europea a fare della lotta contro il morbo di Alzheimer una delle priorità sanitarie dell'Unione europea. È fondamentale garantire che quanti soffrono di Alzheimer abbiano accesso ad un’adeguata assistenza sanitaria, ma soprattutto serve maggiore cooperazione europea in termini di ricerca (nel contesto del prossimo programma quadro di ricerca), prevenzione, diagnosi (con criteri comuni, protocolli comuni eccetera) e trattamento. Chiediamo anche che sia creato un Anno europeo della salute mentale, da affiancare alla Giornata mondiale contro l'Alzheimer, che spero offra l'occasione per sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica sul tema.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE), per iscritto.(FR) Come presidente dell'Alleanza europea per l’Alzheimer non posso che rallegrarmi dei provvedimenti raccomandati da questa iniziativa europea, che cerca di migliorare le conoscenze epidemiologiche sulla malattia e di coordinare le ricerche attualmente in atto. Con il supporto europeo sono stati creati programmi congiunti di ricerca, che mi auguro si dimostrino fruttuosi. Nel frattempo, è fondamentale fare della prevenzione l'elemento centrale di qualsiasi strategia e rivolgere i nostri sforzi verso diagnosi il più precoci possibile, come evidenziato nella relazione. Tutti gli Stati membri dovrebbero avviare azioni immediate, anche attraverso campagne di prevenzione basate sull'ambizioso piano europeo di lotta a questa patologia. I cambiamenti del comportamento e della personalità causati dalla malattia portano le persone affette a dipendere sempre più dagli altri. I pazienti non sono gli unici ad essere colpiti dalla malattia: lo sono anche le loro famiglie e quanti si prendono cura di loro. Inoltre, vorrei rendere omaggio all'associazione Alzheimer Europe che, insieme alle associazioni nazionali di lotta contro questo morbo, svolge un ruolo fondamentale nell'aiutare i malati e le loro famiglie.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto.(FR) Ho sostenuto appieno questa relazione, che mira ad incoraggiare la Commissione europea nel rendere il morbo di Alzheimer la sua massima priorità in termini di azione sanitaria. Dobbiamo sicuramente promuovere metodi di diagnosi precoce, sviluppare gli strumenti per individuare quanto prima i sintomi e concentrarci sulle attività di ricerca riguardanti le malattie neurodegenerative; dobbiamo anche e soprattutto cercare di migliorare la vita quotidiana dei malati e delle loro famiglie: un aspetto oggi troppo spesso trascurato nell’elaborazione delle politiche pubbliche. Infine, dovremmo prestare particolare attenzione alle donne, che rispetto agli uomini sono doppiamente colpite da questa difficile malattia.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) La relazione dell'onorevole Matias tratta un argomento sempre più importante per la senescente società europea. Nel mio paese il governo scozzese ha fatto delle malattie neurodegenerative una priorità nazionale, cosicché le competenze scozzesi vengono oggi utilizzate in attività di ricerca di portata internazionale. Quest’iniziativa europea deve essere accolta con favore, come uno strumento per coordinare meglio l'attività dell'Unione europea contro le forme di demenza.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione riguardante un'iniziativa europea sul morbo di Alzheimer e le altre forme di demenza, perché l'approccio di base è un miglior coordinamento tra gli Stati membri e una risposta più efficace e solidale orientata alla prevenzione e al trattamento delle persone affette da forme di demenza, e in particolare dal morbo di Alzheimer, prestando al contempo attenzione a quanti circondano i malati, siano essi professionisti del settore sanitario, fornitori di servizi o familiari. È importante ed essenziale promuovere la diagnosi precoce e una buona qualità della vita, sostenere la cooperazione tra gli Stati membri attraverso la condivisione delle migliori prassi e degli studi clinici in questo settore e rispettare i diritti e le aspettative delle persone affette da questa difficile patologia. Si tratta di un progresso fondamentale verso proposte specifiche volte a collegare le politiche esistenti e i modi di affrontare questo tipo di malattia e garantire la massima copertura possibile e condizioni di parità in termini di accesso ai servizi sanitari e trattamento dei malati, indipendentemente dalle loro disponibilità economiche.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, con il voto odierno sulla relazione Matias il Parlamento Europeo ha voluto sottolineare che la lotta all'Alzheimer rappresenta una priorità sanitaria dell'Unione. Stando al rapporto mondiale Alzheimer del 2009, circa il 28% dei cittadini europei soffre di tale tipo di demenza e il dato è destinato a crescere se si considera che la popolazione europea tende ad invecchiare. Ritengo pertanto doveroso da parte delle istituzioni non sottovalutare questa patologia e porre in essere delle azioni concrete a sostegno dei pazienti e delle loro famiglie. In tale ottica, il compito del Parlamento europeo deve essere quello di promuovere una politica di sensibilizzazione dell'opinione pubblica su questo tema e invitare Consiglio e Commissione a tenere nella dovuta considerazione tale malattia in sede di preparazione delle future azioni nel settore della politica sanitaria preventiva. Tra di esse, così come suggerito dal testo della relazione, vorrei segnalare l'elaborazione di linee guida per attuare dei servizi di diagnosi precoce e l'individuazione di strumenti atti a consentire un accesso più agevole ai finanziamenti.

 
  
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  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. (RO) L'approvazione di questa relazione riguardante un'iniziativa europea sul morbo di Alzheimer segna una tappa importante nella lotta contro questa malattia, considerando che in Europa si contano oggi 9,9 milioni di persone affette da forme di demenza e che nella maggior parte dei casi si tratta del morbo di Alzheimer. L'approvazione di questa relazione consentirà agli Stati membri di adottare provvedimenti coordinati per contrastare la diffusione di questa malattia sul territorio dell'Unione europea. Credo che una possibile soluzione consista nel mobilitare le risorse per l'iniziativa faro "L'Unione dell'innovazione" nella strategia Europa 2020 e il previsto partenariato pilota sull'invecchiamento attivo e sano, che sarà avviato nella prossima primavera.

Considerando il notevole aumento del numero di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer previsto entro il 2020, in futuro sarà necessario sviluppare partenariati tra enti pubblici e tra istituzioni pubbliche e private nel processo di attuazione di progetti di ricerca, in modo da sfruttare le strutture, le risorse e le esperienze dei settori pubblico e privato per contrastare gli effetti del morbo di Alzheimer e di altre forme di demenza.

 
  
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  Elżbieta Katarzyna Łukacijewska (PPE), per iscritto.(PL) Uno dei modi migliori per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'incidenza delle forme di demenza in persone di età avanzata è mettere in risalto il problema e condurre un’attiva campagna di informazione. Dovremmo prestare particolare attenzione al morbo di Alzheimer, giacché si sta dimostrando un problema sempre più grave, non solo all'interno dell'Unione europea ma anche su scala internazionale, e a fronte del costante aumento del numero dei malati indicato dagli esperti. La società europea sta invecchiando e dobbiamo parlare di questo problema con franchezza e ricercare soluzioni adeguate. Dobbiamo soprattutto evidenziare l'importanza della prevenzione e per questo motivo ho votato a favore della relazione dell’onorevole Matias che si riferisce a un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa iniziativa con cui il Parlamento europeo risponde alla comunicazione della Commissione relativa a un’iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza.

Gli obiettivi principali sono promuovere la diagnosi precoce e la qualità della vita, migliorare la conoscenza epidemiologica della malattia e coordinare le ricerche in corso, sostenere la solidarietà tra Stati membri attraverso la condivisione delle migliori prassi e rispettare i diritti delle persone che convivono con forme di demenza.

Queste proposte sono tutte positive e credo che una strategia europea sulle forme di demenza dovrebbe dare maggiore risalto alla dimensione sociale in cui vivono le persone affette da forme di demenza e quanti si occupano di loro, sostenendo in maggior misura la ricerca orientata alla prevenzione e alla diagnosi precoce.

 
  
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  Barbara Matera (PPE), per iscritto. – Quanto emerge dal rapporto 2009 sull'Alzheimer rappresenta un dato allarmante: circa 35,6 milioni di persone nel mondo sono affette da demenza in tutte le sue forme. Questa stima è in costante crescita sopratutto in Europa dove l'età media della popolazione aumenta rapidamente.

Risulta dunque importante attivare tra gli Stati membri una rete di condivisione di dati statistici e una piattaforma per il coordinamento delle attività di ricerca sulle cause, sulla prevenzione e sulla cura del morbo di Alzheimer. Considerando che una diagnosi precoce può contribuire a contenere i costi sanitari in tutta Europa, risulta inoltre basilare condividere il livello degli investimenti finanziari e prevedere delle politiche, a livello europeo, tali da incoraggiare una prevenzione mirata.

Mi preme inoltre sottolineare che occorre tenere conto delle esigenze specifiche delle donne, che rappresentano il doppio dei malati e costituiscono una percentuale sproporzionata del personale badante, nelle aree di ricerca medica, sanità e politiche sociali. Il morbo di Alzheimer rappresenta una sfida importante per le società europee, solo tramite uno sforzo comune possiamo affrontare le conseguenze sociali e sanitarie della demenza e fornire servizi e sostegno alle persone afflitte da malattie neurodegenerative così come alle loro famiglie.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il mio partito in Portogallo, il CDS/PP, ha sempre sostenuto fortemente un piano nazionale per le malattie neurodegenerative che consenta alle persone affette da demenza di essere monitorate da personale qualificato, in modo dignitoso e umano. Non posso quindi esimermi dal sostenere questa iniziativa europea volta a rendere la lotta alla demenza una delle priorità dell'Unione europea. Il numero degli europei colpiti dal morbo di Alzheimer e da altre forme di demenza è talmente elevato da rendere necessaria la definizione di questa priorità. È molto importante agire in modo appropriato nella fase iniziale della malattia per ottenere risultati positivi nel suo trattamento e offrire ai malati la migliore qualità di vita possibile.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Il morbo di Alzheimer è una malattia insidiosa per la quale non esiste un farmaco efficace, malgrado le numerose ricerche. È difficile che nel prossimo futuro si arrivi ad individuare una cura per questa malattia e le sue conseguenze, come la progressiva perdita di memoria e di altre importanti funzioni cerebrali che portano a uno stato di completa dipendenza dagli altri. Per questo è così importante avviare il trattamento in una fase iniziale. Un provvedimento di rilievo riguarda l'educazione dell'opinione pubblica sul tema della prevenzione, della diagnosi precoce e dei modi per ritardare l’inizio della malattia. Spesso i medici generici tardano ad avviare il trattamento con farmaci antidemenza, per non superare il tetto di spesa a propria disposizione e questo è controproducente. Secondo gli esperti, un trattamento con farmaci adeguati può differire anche di un anno la necessità di trasferire la persona affetta dalla malattia in un costoso centro di assistenza.

In questa situazione è fondamentale non dimenticare le pesanti ricadute in termini di stress fisico o mentale cui sono soggetti i familiari che si occupano dei malati. A causa di tali forme di stress si registrano depressione, esaurimento e altri disturbi simili in un terzo delle persone che prestano assistenza. Stiamo cercando di alleviare la sofferenza delle persone affette dal morbo di Alzheimer a livello europeo. Ecco perché ho votato a favore della relazione dell'onorevole Matias.

 
  
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  Cristiana Muscardini (PPE), per iscritto. – Sono favorevole alla relazione dell'on. Matias in quanto in Europa vi è necessità di garantire una stretta collaborazione e un coordinamento tra gli Stati membri capaci di fornire una risposta efficace, orientata alla prevenzione e al trattamento della malattia dell'Alzheimer che oggi colpisce 6 milioni di cittadini europei.

Senza un sostegno europeo agli sforzi nazionali non solo nell'ambito della prevenzione e del trattamento, ma anche del coordinamento su fondi a sostegno della ricerca, diffusione di migliori pratiche e finanziamenti appropriati all'industria farmaceutica che lavora alla scoperta di farmaci efficaci, non potremo dare autonomia e dignità alle persone affette da malattie gravemente invalidanti anche dal punto di vista delle relazioni affettive e sociali.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – La mia decisione di votare a favore della relazione sull'Alzheimer deriva dall'obiettivo di migliorare l'attuale strategia europea per la lotta contro tale malattia. Il progressivo invecchiamento della popolazione europea è accompagnato da un notevole aumento delle persone affette da patologie neurodegenerative che, nel 50% dei casi, risultano essere Alzheimer. Pertanto tale relazione rappresenta un passo avanti nella lotta contro questa grave patologia. Credo che a riguardo la prevenzione sia fondamentale, sia nella diagnosi precoce che nella raccolta di dati epidemiologici. Sarebbe inoltre necessario colmare alcune lacune sia a livello di formazione dei professionisti del settore che a livello di sostegno alle famiglie, attraverso la sensibilizzazione dell'opinione pubblica nei confronti della convivenza con la demenza.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. (EL) Ho votato a favore della relazione per un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer poiché contribuirà a migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari, riducendo le disparità tra gli Stati membri dell'Unione europea in termini di prevenzione, accesso al trattamento ed erogazione di servizi adeguati a pazienti affetti da forme di demenza. Secondo le stime, in Europa 1,4 milioni di cittadini sono affetti da una forma di demenza e oltre 8 milioni di persone di età compresa tra i 30 e i 99 anni soffrono di malattie neurodegenerative; la metà di loro contraggono il morbo di Alzheimer e secondo le previsioni il numero dei malati raddoppierà ogni vent'anni. Lo scopo di questa relazione è migliorare la situazione attuale: essa si prefigge come obiettivi fondamentali la promozione della diagnosi precoce e della prevenzione, il miglioramento della qualità della vita dei pazienti, una risposta uniforme e solidale tra i vari Stati europei, dalla ricerca al trattamento medico e la salvaguardia della dignità dei pazienti nel corso del trattamento.

 
  
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  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo per un'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. Condivido determinati aspetti preoccupanti illustrati nella relazione dell'onorevole Matias e sostengo l’appello al Consiglio affinché la demenza sia dichiarata una priorità sanitaria europea.

È importante agire a livello globale. Nell’Unione europea il grado di coordinamento transnazionale è, infatti, relativamente basso e questo comporta frammentazione e limita la condivisione delle conoscenze e delle migliori prassi tra gli Stati membri; inoltre la ricerca europea sul morbo di Alzheimer è in ritardo rispetto a quella condotta su altre gravi malattie.

Considerando questi aspetti, ben illustrati nel documento, oltre alle strategie e ai piani nazionali ad hoc per il morbo di Alzheimer, sicuramente fondamentali, è necessario sviluppare uno strumento europeo per promuovere un efficace coordinamento della ricerca europea in questo ambito. Credo che in questo modo si possa garantire l'erogazione contemporanea di prestazioni sanitarie secondo le migliori prassi in tutti i paesi dell'Unione europea. Saremo così in grado di evitare risposte non uniformi e il prevalere di condizioni inique in termini di accesso ai servizi sanitari e trattamento della malattia.

 
  
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  Aldo Patriciello (PPE), per iscritto. – La malattia di Alzheimer e altre forme di demenza presentano dati molto preoccupanti, come il fatto che ogni anno 1,4 milioni di cittadini residenti nell'UE ne risultano affetti ed ogni 24 secondi viene diagnosticato un nuovo caso.

Dopo i 65 anni una persona su 20 ne è colpita, mentre gli europei colpiti da malattie di questo genere sarebbero più di 8 milioni. Premesso ciò, in ambito europeo risulta necessario un coordinamento fra le varie politiche nazionali. La frammentazione degli interventi, le divergenze tra le risposte esistenti in Europa e la disparità imperante nelle condizioni di accesso e di trattamento relative alla malattia costituiscono ragioni più che sufficienti per giustificare l'iniziativa sulla base di quattro obiettivi principali: promuovere la diagnosi precoce; migliorare la conoscenza epidemiologica della patologia; favorire la solidarietà tra Stati membri e rispettare i diritti delle persone che convivono con le diverse forme di demenza.

Al momento non esiste una cura per la malattia di Alzheimer, per cui è fondamentale potenziare i trattamenti extra-farmacologici promuovendo quelli che contribuiscono a migliorare il benessere delle persone coinvolte. Alla luce di quanto esposto sono assolutamente propenso ad un miglior coordinamento tra gli Stati membri e ad una risposta più efficace in vista della prevenzione della demenza.

 
  
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  Rovana Plumb (S&D), per iscritto. (RO) Questa relazione è una pietra miliare nell'elaborazione della strategia europea sul tema e si basa su quattro obiettivi fondamentali: promuovere la diagnosi precoce e la qualità della vita; migliorare le conoscenze epidemiologiche della malattia e coordinare la ricerca in corso; promuovere la solidarietà tra Stati membri attraverso la condivisione delle migliori prassi; rispettare i diritti delle persone che convivono con forme di demenza e di quanti si occupano di loro. Ogni anno, 1,4 milioni i cittadini europei sviluppano forme di demenza. Ogni 24 secondi viene diagnosticato un nuovo caso; dopo i 65 anni circa una persona su venti è colpita da demenza, mentre tra gli ultraottantenni l'incidenza è di una persona su cinque. Secondo le stime, gli europei di età compresa tra i 30 e i 99 anni colpiti da malattie neurodegenerative sarebbero più di 8 milioni (la metà dei quali affetta dal morbo di Alzheimer), cifra che secondo gli studiosi potrebbe raddoppiare ogni 20 anni. Poiché si registrano disparità in termini di accesso alla diagnosi e al trattamento della malattia, non solo tra Stati diversi ma anche all'interno di uno stesso paese, è necessario elaborare piani di azione nazionali che forniscano una risposta solidale orientata alla prevenzione e al trattamento delle persone che convivono con forme di demenza, in particolare con il morbo di Alzheimer, e di sostegno a quanti circondano i malati (professionisti, addetti ai servizi o parenti).

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Si stima che il numero di persone affette da demenza in Europa sia di 9,9 milioni, con un'ampia maggioranza di casi di morbo di Alzheimer. Le malattie neurodegenerative rappresentano una delle principali cause di disabilità e dipendenza delle persone anziane e si prevede che il numero delle persone affette da queste patologie raddoppi entro il 2020.

In tale contesto è necessario sottolineare l'importanza di questa relazione, poiché attira l'attenzione sull'esigenza che gli Stati membri e l'Unione europea rafforzino in modo significativo la cooperazione e il coordinamento delle attività di ricerca clinica innovativa e multidisciplinare sulle cause, la prevenzione e il trattamento del morbo di Alzheimer, oltre alla condivisione delle informazioni e a migliorare le risorse finanziarie destinate a questo settore. Vorrei ricordare l'importanza della diagnosi precoce, della formazione dei professionisti, del sostegno alle famiglie e delle campagne d’informazione pubblica: tutti questi elementi possono garantire ai malati servizi sanitari organizzati secondo le migliori prassi.

 
  
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  Robert Rochefort (ALDE), per iscritto. (FR) Nell’Unione europea, ogni 24 secondi viene diagnosticato un nuovo caso di malattia neurodegenerativa; dopo i 65 anni, circa una persona su venti è colpita da demenza, mentre tra gli ultraottantenni l'incidenza è di una persona su cinque. Nella metà dei casi si tratta del morbo di Alzheimer. Secondo le stime, complessivamente oltre 8 milioni di europei di età compresa tra i 30 e i 99 anni sono colpiti da queste patologie e secondo gli studiosi le cifre potrebbero raddoppiare ogni 20 anni. L’Unione europea deve avviare iniziative per essere in grado di gestire l'aumento del numero delle persone affette da tali malattie nei prossimi decenni. Ho dato il mio sostegno alla risoluzione del Parlamento europeo che si rivolge in particolare agli Stati membri, affinché adottino misure tese a rallentare il progredire della malattia nelle persone colpite, promuovendo stili di vita salutari e garantendo la disponibilità di farmaci per tutti i malati, oltre ad istituire centri specialistici, fornire attrezzature mediche soddisfacenti a livello nazionale ed elaborare piani d'azione strategici per la ricerca in questo settore.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Abbiamo sostenuto questa proposta perché, tra le sue iniziative, invita il Consiglio a dichiarare la demenza una delle priorità sanitarie europee e lancia un forte appello agli Stati membri affinché elaborino strategie e piani nazionali specifici sul morbo di Alzheimer, al fine di gestire le conseguenze sanitarie e sociali della demenza e fornire servizi e sostegno alle persone affette da questa malattia e ai loro familiari. In numerosi Stati membri un piano dedicato al morbo di Alzheimer e altre patologie similari avviato nel 2008 ha reso possibile il coordinamento dei servizi medici e sociali e della ricerca clinica e di base sulle malattie neurodegenerative a livello nazionale.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – L'età media della popolazione europea è in continuo aumento e questo fenomeno rende sempre più rilevanti le problematiche legate all'invecchiamento, in particolar modo, le demenze.

Si stima che nel mondo oltre 35 milioni di persone siano affette da demenza e che questo numero sia destinato a raddoppiare ogni 20 anni. In Europa il numero di persone affette da demenza è pari a 9,9 milioni, con un gran numero di persone colpite dal morbo di Alzheimer.

Uno studio dell'Alzheimer's Disease International evidenzia che i costi annui dei paesi UE per ogni malato di Alzheimer sono pari a 24 mila euro, con un totale complessivo che si aggira attorno ai 161 miliardi. Nei prossimi decenni la demenza dovrebbe rappresentare una delle sfide principali per la sostenibilità dei nostri sistemi sanitari nazionali.

Dai dati emersi riguardanti il numero di persone coinvolte, è necessario fornire servizi e sostegno alle persone afflitte da demenza, in particolar modo alle loro famiglie, principali fonti di supporto per l'assistenza, come il piano Alzheimer e patologie correlate, già attuato in vari Stati membri. L'obiettivo comune deve essere quello di promuovere una maggiore sensibilizzazione del pubblico sulle malattie dell'invecchiamento e affiancare alla Giornata mondiale contro l'Alzheimer, celebrata il 21 settembre, campagne d'informazione sulla prevenzione di tali malattie e sul trattamento degli incidenti vascolari cerebrali.

 
  
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  Joanna Senyszyn (S&D), per iscritto.(PL) Ho votato a favore della relazione relativa a un'iniziativa sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. Il Parlamento europeo ha recentemente tenuto un dibattito su questioni riguardanti la condizione degli anziani nel contesto della crisi economica, le richieste del mercato del lavoro e l'innalzamento dei livelli occupazionali. Le statistiche sul numero di persone cui è stata diagnosticata una forma di demenza rivelano l'enormità del problema: ogni anno, 1,4 milioni di cittadini residenti nell'Unione europea sviluppano un tipo di demenza e si stimano dieci milioni di malati. In Polonia, oltre 200 000 persone sono affette dal morbo di Alzheimer. Le malattie neurodegenerative sono una delle principali cause di inabilità tra gli anziani e il problema si sta aggravando, a fronte dell'aumento dell’aspettativa media di vita.

Il morbo di Alzheimer rappresenta un’importante sfida economica per la società. Il World Alzheimer Report pubblicato nel 2010 indica che i costi annuali sostenuti a livello mondiale per fare fronte al morbo di Alzheimer e ad altre forme di demenza raggiungono i 600 miliardi di dollari americani. Per contrastare la demenza serve una strategia europea comune. Dobbiamo sviluppare e promuovere misure preventive contro il morbo di Alzheimer o, in altre parole, a favore di uno stile di vita salutare, che implica il mantenimento di attività fisica e mentale, il coinvolgimento nella comunità e una dieta salutare. Si dovrebbe inoltre garantire supporto finanziario e psicologico a quanti si prendono cura dei malati. Una strategia europea per la lotta contro il morbo di Alzheimer dovrebbe prestare particolare attenzione alle esigenze delle donne, che hanno il doppio delle probabilità di sviluppare forme di demenza e che rappresentano la maggioranza tra quanti si occupano di persone affette da questa malattia.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. (NL) Ho chiaramente votato a favore di questa relazione sul morbo di Alzheimer che illustra egregiamente i provvedimenti da adottare in questo campo. Il fatto che non siano stati presentati emendamenti al testo adottato dalla commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare dimostra che le raccomandazioni formulate godono di ampio favore. Vorrei richiedere che si presti particolare attenzione al crescente numero di consultori di supporto a persone affette da demenza che si stanno diffondendo in paesi quali Germania, Belgio e Scozia. Dobbiamo considerare l'impatto delle aspettative sull'evoluzione della malattia. Previsioni oltremodo negative possono spesso avere un effetto nocivo sulla malattia, come nel caso delle conclusioni di una conferenza organizzata dalla Presidenza belga alla fine dell'anno scorso. Anche questi commenti vanno inseriti nella politica.

 
  
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  Csanád Szegedi (NI), per iscritto. (HU) Concordo sull'importanza di collegare i diversi metodi di trattamento della malattia, come affermato nella relazione. Ogni anno in Europa 1,4 milioni di persone sono colpite da una forma di demenza e la diagnosi precoce e la prevenzione sono quindi particolarmente importanti. così come lo è un miglior coordinamento tra gli Stati. Condivido l’idea di impegnarci per ottimizzare la copertura per quanto riguarda l'accesso al trattamento e l’uguaglianza tra i malati, indipendentemente dall’età, dal sesso, dalle possibilità economiche o dal luogo di residenza.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della relazione che include una straordinaria quanto dettagliata descrizione delle problematiche, degli auspici e delle preoccupazioni dei malati di Alzheimer e delle persone che si occupano di loro. Il testo rivolge alle istituzioni europee l'appello per un’azione congiunta. In questo momento, solo un cittadino europeo ultrasessantacinquenne su quindici è affetto da una forma di demenza, ma questa cifra aumenterà in modo significativo nei prossimi decenni. Ci troveremo quindi a dover affrontare una sfida di grande portata.

 
  
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  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. (EN) Sostengo pienamente questa nuova iniziativa sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. Secondo le previsioni questa patologia rappresenterà una delle principali sfide sanitarie dei prossimi anni e diventa fondamentale creare condizioni di cooperazione tra Stati membri per migliorarne la prevenzione, la diagnosi e il trattamento. La relazione invita a una maggiore consapevolezza dell'opinione pubblica sull'argomento e ricorda l'esigenza di riconoscere quanto prima i sintomi del morbo di Alzheimer, per favorire la diagnosi precoce e contribuire a migliorare l'accesso al trattamento. Oltre a proteggere il benessere delle persone affette da demenza, è importante sensibilizzare quanti se ne occupano, che spesso devono affrontare difficoltà emotive ed economiche; l’elaborazione di piani di azione per migliorare la situazione quotidiana di quanti si prendono cura dei malati è un altro passo avanti per migliorare la vita dei malati di Alzheimer e altre forme di demenza.

 
  
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  Jarosław Leszek Wałęsa (PPE), per iscritto.(PL) Durante questa sessione plenaria abbiamo votato la risoluzione del Parlamento europeo riguardante l'iniziativa europea sulla malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza. Ho votato a favore di questa risoluzione, che rappresenta un importante passo avanti per la definizione di proposte dettagliate volte a riunire le strategie politiche già in essere e i metodi di gestione di patologie di questo tipo. Oggigiorno le malattie neurodegenerative sono una delle principali cause di inabilità tra gli anziani e molto probabilmente in futuro il numero delle persone colpite da tali malattie aumenterà in modo significativo. Questo aspetto è tanto più rilevante se consideriamo l'aumento dell'aspettativa media di vita e la riduzione del rapporto tra popolazione attiva e pensionati. Considerando questi aspetti, è fondamentale porre la prevenzione al centro di tutte le strategie e impegnarsi per garantire diagnosi il più precoci possibile. Come rappresentante dei cittadini mi sento coinvolto nel processo per garantire che l'Unione europea utilizzi i suoi poteri per affrontare il problema.

 
  
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  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Considerando il rapido aumento del numero delle persone affette dal morbo di Alzheimer e da altre forme di demenza, è necessario un rapido intervento dell'Unione europea teso a prestare maggiore attenzione alla diagnosi precoce e alla prevenzione. Questo significa, ad esempio, sottoporre quanto prima le persone a rischio ad esami specifici e condurre campagne educative mirate ad aiutare i familiari degli anziani a distinguere tra i normali segni dell'invecchiamento e i primi sintomi di demenza. Gli Stati membri devono condividere le proprie conoscenze e coinvolgere nel processo sia gli scienziati sia i professionisti del settore sanitario. Il preoccupante numero di persone affette da questa patologia e i costi che ne derivano a carico dei singoli Stati membri rendono urgente una politica di prevenzione, che dovrà realizzarsi attraverso una dieta salutare e misure volte a ritardare l’inizio della malattia. La relazione fa anche riferimento a servizi di sostegno pratico e psicologico ai familiari dei malati. È stato dimostrato che un malato assistito in casa ha bisogno dell’assistenza di tre persone, che normalmente devono rinunciare alla propria attività professionale. Infine, la relazione ricorda l'importanza di rispettare la dignità delle persone affette dal morbo di Alzheimer; tale obiettivo può essere conseguito attraverso un programma educativo, che dovrebbe essere avviato nelle scuole.

 
  
  

Proposta di risoluzione (B7-0026/2010)

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione relativa alla petizione sul mancato intervento della Commissione con riferimento a un caso di concorrenza e sull’impatto negativo di tale comportamento per la società interessata. Desidero sottolineare che, nella risposta alla commissione per le petizioni, la Commissione europea non ha risposto adeguatamente alle questioni sollevate dal firmatario e dai membri della commissione per le petizioni né alle preoccupazioni espresse nel parere della commissione giuridica. È necessario dunque esortare la Commissione ad adottare immediatamente le misure necessarie per concludere la procedura, tuttora pendente, avviata nel 1997 a titolo della clausola di salvaguardia dell’articolo 8 della direttiva 93/42/CEE. Si invita inoltre la Commissione a rispondere con urgenza alle legittime preoccupazioni del firmatario, il quale da 13 anni si trova in questa situazione intollerabile e ha di conseguenza subito notevoli perdite di guadagno, e ad intraprendere le azioni necessarie per consentire al firmatario di far valere i propri diritti.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il caso oggetto della discussione odierna, pendente da oltre dieci anni, ha causato considerevoli perdite finanziarie alla società, che non ha ancora ricevuto una risposta definitiva da parte della Commissione relativamente al malinteso con le autorità tedesche. È fondamentale che tutti i dispositivi medici venduti nell’Unione siano conformi alle leggi europee e che, per la difesa e la tutela dei consumatori, soddisfino i requisiti di sicurezza. Spetta tuttavia alla Commissione adottare le misure necessarie a concludere tale causa, poiché i contenziosi devono essere risolti in un tempo ragionevole.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Il caso oggetto della discussione odierna riguarda un inalatore per l’asma sul mercato dal 1996. Le autorità tedesche avevano espresso preoccupazioni sulla sicurezza del dispositivo in questione e avevano informato in merito la Commissione ai fini di una procedura di salvaguardia, ma la Commissione non ha consultato il fabbricante e non ha mai emesso una decisione; di conseguenza, una decisione in materia è ancora pendente e il firmatario non ha a disposizione alcun mezzo di ricorso legale. Nel 2003 il fabbricante ha immesso in commercio il dispositivo con un nuovo nome e nel 2005 il governo dell’Alta Baviera ne ha ordinato il ritiro dal mercato, ai sensi della legge tedesca sui dispositivi medici, senza informarne la Commissione. Il fabbricante ha informato la Commissione del secondo divieto di vendita ai fini dell'avvio di una procedura d'infrazione contro la Germania, ma la Commissione afferma che non vi erano prove sufficienti che l’inalatore soddisfacesse i requisiti essenziali stabiliti nella direttiva, e ha concluso che non era necessaria una nuova valutazione della sicurezza del prodotto.

Ho votato a favore della presente risoluzione perché la Commissione deve rispondere con urgenza alle legittime preoccupazioni della parte lesa, affinché questa possa far valere propri i diritti.

 
  
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  Peter Jahr (PPE), per iscritto . (DE) Sono lieto che il Parlamento abbia adottato oggi una risoluzione in merito alla petizione del signor Klein. La commissione per le petizioni ha lavorato su questo caso per molto tempo. Negli anni Novanta il signor Klein inventò un inalatore per l’asma su cui è stato imposto, per ben due volte, un divieto di vendita (contestato). Senza scendere nei dettagli, credo che il divieto iniziale del 1996 non fosse del tutto legale; è necessario valutare in modo critico le circostanze che hanno portato a tale divieto. È stato chiesto alla Commissione di concludere la procedura della clausola di salvaguardia per consentire alla parte interessata di ricorrere in appello. Il processo non è ancora stato completato. La base giuridica e la legittimità del secondo divieto sono certamente oggetto di contenzioso, ma sembra vi sia stata anche una violazione del diritto europeo. In tal caso il signor Klein sarebbe stato vittima di un flagrante diniego di giustizia cui si deve porre rimedio. È importante che la Commissione trovi rapidamente una soluzione definitiva a questo problema.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, alla base del mio voto a favore della proposta di risoluzione vi è il bisogno di affermare che l'Europa e, specificamente il Parlamento Europeo in quanto organo democraticamente eletto, sono sempre dalla parte dei loro cittadini. La risoluzione oggi approvata si basa sulla petizione 0473/2008, presentata da Christoph Klein, cittadino tedesco, sul mancato intervento della Commissione in materia di concorrenza con riferimento al ritiro dal commercio di un dispositivo per l'asma. In casi simili, ciò di cui dobbiamo assicurarci in qualità di cittadini europei prima, e di Deputati al Parlamento europeo dopo, è la possibilità concreta di poter attivare dei meccanismi di tutela nel caso di mancato rispetto delle norme dei Trattati da parte di una delle istituzioni europee. Questa, in sintesi, la ragione che sta alla base del mio voto, cui aggiungo la speranza che la Commissione rettifichi il proprio comportamento o, quantomeno, fornisca delle risposte puntuali al problema del ritiro del dispositivo per l'asma, in grado di chiarire l'accaduto.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (PT) La presente relazione, che dimostra l’importanza del lavoro della commissione parlamentare per le petizioni, risponde alla denuncia legittima di un cittadino tedesco relativamente agli inalatori per l’asma. La risoluzione invita la Commissione a rispondere con urgenza alle legittime preoccupazioni del firmatario, il quale da 13 anni si trova in questa situazione intollerabile e ha di conseguenza subito notevoli perdite di guadagno, e ad intraprendere le azioni necessarie per consentire al firmatario di far valere i propri diritti.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il presente contenzioso danneggia tutte le parti interessate: la società in questione, a causa dei costi che deve sostenere, e le istituzioni europee, per l’immagine negativa che ne emerge a causa del ritardo nella conclusione della procedura. Dieci anni costituiscono un periodo troppo lungo per la risoluzione di una controversia ed è responsabilità della Commissione trovare una soluzione rapidamente, nell’interesse di tutte le parti coinvolte. È importante però ribadire che tutti i dispositivi medici immessi sul mercato comunitario devono soddisfare gli standard di sicurezza sanciti dall’Unione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La direttiva del Consiglio 93/42/CEE concernente i dispositivi medici spiega con precisione i requisiti che un dispositivo deve soddisfare per ottenere l’autorizzazione e per rimanere sul mercato. Se un prodotto reca la marcatura CE soddisfa questi requisiti; è responsabilità degli Stati membri attuare controlli per prevenire un utilizzo non autorizzato del marchio CE e, se necessario, ritirare i prodotti dal mercato. L’autorità competente deve informare immediatamente la Commissione di qualsiasi misura presa in tal senso. Mi sono astenuto dal voto perché ritengo che l’intervento della Commissione in questo caso non sia necessario.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della presente risoluzione che, in seguito a una petizione presentata da un cittadino tedesco per l’introduzione sul mercato di inalatori per l’asma, invita la Commissione ad adottare le misure necessarie per concludere una procedura protrattasi 13 anni, con conseguenti significative perdite economiche per la società in questione.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Con l’adozione della presente risoluzione, il PE:

1. ritiene che, nella risposta alla commissione per le petizioni, la Commissione europea non abbia risposto adeguatamente alle questioni sollevate dal firmatario e dai membri della commissione per le petizioni né alle preoccupazioni espresse nel parere della commissione giuridica;

2. invita la Commissione ad adottare immediatamente le misure necessarie per concludere la procedura, tuttora pendente, avviata nel 1997 a titolo della clausola di salvaguardia dell’articolo 8 della direttiva 93/42/CEE; e

3. invita la Commissione a rispondere con urgenza alle legittime preoccupazioni del firmatario, il quale da 13 anni si trova in questa situazione intollerabile e ha di conseguenza subito notevoli perdite di guadagno, e ad intraprendere le azioni necessarie per consentire al firmatario di far valere i propri diritti.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Le crisi asmatiche causano improvvise difficoltà respiratorie che possono durare anche per ore.

In Germania, prima nel 1997 e poi nel 2005, sono stati introdotti dei divieti di vendita di particolari inalatori per l'asma. La Commissione europea, chiamata a rispondere della legittimità dei divieti introdotti, non si é mai pronunciata a riguardo, violando l'"obbligo di salvaguardia" sancito dalla direttiva 93/42/CEE che invece avrebbe dovuto obbligarla a farlo.

La gravità di questa condotta è resa ancora più delicata dal fatto che, secondo stime attendibili, gli inalatori ritirati dal mercato avrebbero potuto migliorare la qualità di vita di circa 30 milioni di persone affette da asma.

L'interrogazione presentata dalla collega onorevole Mazzoni invita la Commissione europea a rispondere circa la mancata conformità alla "clausola di salvaguardia" di cui all'articolo 8 della direttiva 93/42/CEE. Secondo questo articolo infatti la Commissione, chiamata a giudicare di un provvedimento legislativo nazionale in materia sanitaria, deve consultarsi il prima possibile con le parti interessate ed informarle circa la legittimità - o meno - dell'ordinanza nazionale. A questo punto della vicenda, come sentenziato anche dalla Corte di giustizia, è necessario istituire una commissione d'inchiesta che accerti le reali responsabilità della Commissione.

 
  
  

Proposta di risoluzione RC (B7-0023/2010)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della presente risoluzione sulla situazione ad Haiti un anno dopo il terremoto, in cui il Parlamento europeo ribadisce la sua solidarietà agli abitanti di Haiti vittime del sisma e della conseguente epidemia di colera. Concordo sulla necessità di un impegno deciso e a lungo termine della comunità internazionale, compresa l'UE, affinché siano mantenute tutte le promesse avanzate durante la Conferenza internazionale dei donatori di New York. È importante agire immediatamente e coordinare gli aiuti umanitari forniti al popolo di Haiti, dove oltre un milione di persone vive tuttora nei campi di fortuna che dovevano essere temporanei. Le associazioni di difesa dei diritti umani denunciano le spaventose condizioni di vita nei campi e in particolare le violenze e gli abusi sessuali nei confronti delle donne.

Nel lungo termine, tuttavia, è divenuto chiaro che gli attori umanitari non devono e non possono continuare a ovviare alle debolezze dello Stato haitiano o a sostituirsi a quest'ultimo; è emersa inoltre l’urgenza di agire finalmente a favore di uno sviluppo a lungo termine, soprattutto per l'accesso alle cure sanitarie, all'acqua potabile e alla nettezza urbana. A livello politico è essenziale ripristinare immediatamente le capacità dello Stato haitiano di far funzionare la democrazia e il buon governo del paese, indispensabili alla ricostruzione, e favorire il coinvolgimento della società civile e della popolazione haitiane.

 
  
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  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della presente risoluzione sulla situazione ad Haiti un anno dopo il terremoto. La situazione nel paese rimane molto complessa e caotica, la ricostruzione fa fatica a partire, milioni di persone muoiono di fame e il terremoto ha colpito in pieno più di 800.000 bambini che sono stati esposti ai pericoli della violenza, degli abusi sessuali, della tratta di esseri umani e dello sfruttamento. La situazione nel paese è peggiorata ulteriormente a causa di una crisi politica conseguente ai risultati del voto presidenziale e legislativo. Sebbene la comunità internazionale abbia reagito in modo in modo efficace alla tragedia di Haiti, allocando fondi e inviando aiuti umanitari, solo una piccola parte dei 10 miliardi di dollari promessi è stata effettivamente elargita. L’epidemia di colera scoppiata nel paese ha messo in luce l’incapacità dello Stato haitiano di reagire in modo appropriato alla situazione e i limiti del sistema degli aiuti internazionali. I continui disordini politici ostacolano gli sforzi di ricostruzione e gli aiuti alle vittime, aggravando ulteriormente la situazione. L’Unione europea, in quanto principale erogatore di fondi, deve svolgere un ruolo di leadership politica coordinando l’impegno per la ricostruzione ad Haiti e garantendo che gli aiuti giungano a quanti ne hanno più bisogno.

 
  
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  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) La situazione ad Haiti è diventata estremamente grave; l’impegno della comunità internazionale non ha migliorato la situazione in questo Stato distrutto dalla guerra civile, dai disastri naturali e, infine, da un’epidemia di colera. Il devastante terremoto dello scorso anno ha portato l’attenzione pubblica mondiale su Haiti. Nonostante gli sforzi congiunti intrapresi sull’onda di un forte coinvolgimento emotivo, la situazione non sta migliorando. Per questo motivo, l’aspetto più importante della risoluzione del Parlamento europeo è probabilmente l’invito all'ONU a rivedere il mandato della Minustah, in relazione agli ultimi avvenimenti in corso, ovvero l'epidemia di colera e le tensioni causate dalle recenti elezioni nazionali, aspramente combattute, la cui integrità è stata messa seriamente in discussione dalla comunità internazionale. La popolazione povera di questo piccolo Stato è quella che più di tutti ne sta pagando le spese.

È fondamentale che le Nazioni Unite siano e rimangano responsabili del coordinamento di tutte le operazioni civili e militari per quanto riguarda il ripristino della sicurezza e l'aiuto umanitario, nonché la ricostruzione e lo sviluppo. La comunità internazionale e l’Unione europea devono accordare la massima priorità alla ricostruzione di Haiti, prima che sia troppo tardi per la popolazione.

 
  
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  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore l’imponente risposta della comunità internazionale al devastante terremoto di Haiti e l’autentica volontà politica di sostenere la ricostruzione del paese. Mi compiaccio in modo particolare dell'impegno assunto collettivamente dalla Commissione e dagli Stati membri per un importo pari a 1,2 miliardi euro, di cui 460 milioni di aiuto non-umanitario da parte della Commissione.

L'entità della catastrofe che si è abbattuta su Haiti è deplorevole e le sue conseguenze sono ancora ben visibili a un anno dal sisma. Sicurezza, salute, sanità pubblica e alloggi sono altrettanto deplorevoli ed è essenziale ripristinare immediatamente le capacità dello Stato haitiano di far funzionare la democrazia e il buon governo del paese, indispensabili alla ricostruzione dello stesso, e favorire il coinvolgimento della società civile e della popolazione haitiana. Rimane di fondamentale importanza aiutare questo paese a riprendersi dal terremoto, ma è altresì importante che la comunità internazionale sfrutti quest’opportunità per eliminare le disparità economiche, sociali e politiche nel paese.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Dopo un anno, gli effetti del disastro ad Haiti sono angoscianti e la situazione è caotica a livello umano, economico e sociale. Mi rammarica constatare che la ricostruzione è praticamente inesistente; sono state rimosse pochissime macerie, i livelli di povertà sono estremi, la violenza imperversa, l’epidemia di colera si sta propagando e le donne nei campi profughi sono vittime di continue violenze.

Questo stato di cose deve cambiare! La comunità internazionale, congiuntamente al governo haitiano, deve impegnarsi in modo deciso e a lungo termine, deve mantenere le promesse fatte e impegnarsi per proteggere il popolo di Haiti. Faccio appello alla Commissione europea, affinché tuteli gli oltre 800 000 bambini esposti ai pericoli della violenza, degli abusi sessuali, del lavoro minorile e della tratta di esseri umani.

Ritengo inoltre essenziale integrare negli sforzi di ricostruzione ad Haiti la produzione alimentare locale e la sicurezza alimentare mediante lo sviluppo delle infrastrutture rurali e l'aiuto ai piccoli agricoltori. Accolgo con favore gli sforzi profusi e il lavoro svolto in loco dalle organizzazioni umanitarie, ma deploro l’incapacità dimostrata dalla commissione temporanea per la ricostruzione di Haiti (CTRH) nel coordinamento delle migliaia di agenzie umanitarie e dei donatori per il lavoro di ricostruzione.

 
  
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  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) è importante che gli abitanti di Haiti ricevano la solidarietà dell’Unione europea in seguito al disastro che li ha colpiti, causando gravi perdite umane e materiali. Accolgo dunque con favore la decisione di fornire un’assistenza finanziaria pari a circa 1,2 miliardi di euro per il processo di ricostruzione nel paese e la proposta dell’Alto rappresentante per gli affari esteri, baronessa Ashton, di adottare un piano economico per i prossimi 10 anni, con particolare attenzione allo sviluppo e alla crescita della regione, contestualmente alla ricostruzione. È una decisione importante soprattutto perché l’Unione europea è uno principali donatori per questo paese caraibico. I fondi europei dovrebbero essere però distribuiti secondo criteri simili a quelli applicati negli Stati membri o conformemente a programmi specifici, non solo per la ricostruzione di case, scuole, strade e altre infrastrutture, ma anche per garantire micro-crediti a sostegno dello sviluppo e l’attuazione di micro-progetti per la ripresa economica, sulla base dell’attuale modello utilizzato nell’Unione per le micro-imprese. Dopo la Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti avviarono il piano Marshall, un contributo fondamentale per la ricostruzione dell’Europa occidentale; oggi l’Europa può ricambiare il favore attuando un programma simile per Haiti.

 
  
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  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Il terribile disastro che ha colpito Haiti un anno fa ha sconvolto tutti, attivando la buona volontà internazionale tramite la messa a disposizione di risorse logistiche, umane, finanziarie e umanitarie immediate e su ampia scala.

A distanza di un anno, era opportuno rivedere la situazione in loco, anche perché i media non parlano più di Haiti. La presente risoluzione presenta questa valutazione e avanza suggerimenti e soluzioni gli enormi e gravi problemi che la popolazione si trova ad affrontare ogni giorno. Il lavoro è positivo, manca solo un maggiore coinvolgimento delle comunità e delle associazioni locali nella distribuzione e nella ricerca di soluzioni per il futuro.

Desidero sottolineare l’attenzione riservata a un impegno a lungo termine, alla ricerca di soluzioni che affrontino definitivamente le cause profonde della povertà ad Haiti” e all’appello degli Stati membri dell’Unione a “integrare la produzione alimentare locale e la sicurezza alimentare negli sforzi di ricostruzione ad Haiti mediante lo sviluppo delle infrastrutture rurali e l'aiuto ai piccoli agricoltori”.

Spero si giunga a una soluzione definitiva sui campi profughi di fortuna dove quasi un milione di persone vive in condizioni disumane.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Poco più di un anno fa, il mondo rimase senza parole di fronte alle conseguenze del terremoto che ha devastato Haiti, uccidendo oltre 200 000 persone e lasciando dietro di sé un’atroce scia di distruzione. La comunità internazionale si era mobilitata per aiutare le vittime e le istituzioni internazionali, l’opinione pubblica mondiale e i media avevano fatto eco a questo impegno. Purtroppo sembra che l’attenzione internazionale si sia ora spostata altrove: è dovere del Parlamento europeo ricordare quanto accaduto e rendere nota la situazione attuale. A distanza di un anno non si sono verificati cambiamenti significativi; il paese, che già si trovava in serie difficoltà ed è collassato a causa della catastrofe naturale, non è ancora riuscito a riprendersi. Dopo aver analizzato tutti i dati disponibili, si evince una totale assenza di progressi rapidi, dell’efficienza necessaria e delle competenze adeguate. I senzatetto sono più di un milione; la comunità internazionale non può abbandonare il paese e permettere che vada a inserirsi nella lista degli Stati falliti.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) A un anno dal terremoto la situazione ad Haiti rimane caotica; il paese si trova ancora in stato di emergenza e la ricostruzione è a malapena cominciata. Accolgo con favore il lavoro delle organizzazioni umanitarie in loco, che assistono i feriti, forniscono acqua potabile e distribuiscono alimenti. Desidero però sottolineare che la ricostruzione coinvolge in primo luogo il governo haitiano, poiché sarà soprattutto la stabilità politica ad aiutare il paese in questo processo. Il governo dovrebbe proseguire e attuare gli impegni previsti dal piano nazionale di ricostruzione per rafforzare l'autorità dello Stato, rendendo il governo locale più efficace, potenziando le capacità delle istituzioni locali e nazionali.

 
  
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  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La realtà in loco mostra quello che la risoluzione sembra voler nascondere: la principale preoccupazione degli Stati Uniti, condivisa dall'Unione europea, era di garantire e perpetuare la propria interferenza politica per affermare il proprio dominio su Haiti a livello economico e geostrategico, ignorando il dramma umano che gli haitiani vivono da decenni. Dopo aver imposto al paese politiche di adeguamento strutturale mediante il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, che ne hanno distrutto l'economia e hanno portato a una situazione sociale catastrofica, gli Stati Uniti, lo scorso anno, hanno risposto al terremoto con un'invasione militare. La situazione si è aggravata a causa di un'epidemia di colera, portata nel paese dai soldati della missione ONU Minustha (la Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti), sebbene venga negata ogni responsabilità. La maggioranza in Parlamento non ha menzionato questi fatti e non si è spesa nemmeno una parola su chi ha mostrato solidarietà autentica ad Haiti: Cuba e l’Alleanza boliviana per le Americhe (ALBA). Cuba ha inviato personale specializzato e medici che, fino ad ora, hanno curato oltre 50 000 persone dal colera e, grazie all'aiuto delle autorità haitiane, è stato possibile raggiungere le comunità più isolate, affinché nessun cittadino venisse abbandonato di fronte all’epidemia, permettendo così di salvare migliaia di vite.

 
  
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  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) Il terremoto e la successiva epidemia di colera sono stati un autentico disastro per la popolazione di Haiti. Esorto la comunità internazionale, inclusa l’Unione europea, a tenere fede agli impegni presi durante la Conferenza internazionale dei donatori di New York lo scorso anno e ad allocare al popolo haitiano e alle ONG coinvolte i fondi promessi senza indugi.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto.(FR) La situazione ad Haiti continua a destare grandi preoccupazioni. Gli sforzi profusi dai molti addetti umanitari, che vanno lodati per l’impegno e il coraggio dimostrati, si scontrano con l'incapacità del regime al potere di eliminare il rischio della guerra civile che minaccia l'isola. Dobbiamo chiedere la piena attuazione del consenso europeo sull'aiuto umanitario (affinché un'azione concertata e coordinata migliori la risposta collettiva alle crisi umanitarie) e ricordare che gli impegni assunti durante la Conferenza internazionale dei donatori del 31 marzo per la ricostruzione di Haiti devono diventare realtà e non rimanere solo sul piano teorico.

 
  
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  Elie Hoarau (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Mi sono astenuto dal voto sulla risoluzione di compromesso su Haiti tra i gruppi politici al Parlamento europeo perché il documento (che pur dispone di solide basi) non offre soluzioni lungimiranti per far uscire il paese dalla crisi in via definitiva, né pone molte domande sull’effettiva allocazione dei fondi promessi dall’Unione europea.

Il popolo haitiano ha bisogno di aiuti allo sviluppo reali, che devono essere garantiti mediante lo schieramento di squadre internazionali per la ricostruzione di opere pubbliche e mediante l’invio di attrezzature adeguate, che consentano una partecipazione attiva alla ricostruzione degli edifici pubblici e privati, iniziando dai quartieri, dalle città e dai villaggi più poveri. Al popolo di Haiti serve un sostegno medico reale, innanzi tutto per contenere l’epidemia di colera il più rapidamente possibile e, poi, per debellarla. Medici, farmaci e servizi di sostegno sanitario devono essere messi a disposizione con urgenza e in gran quantità.

 
  
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  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della risoluzione sulla situazione ad Haiti perché il Parlamento europeo ribadisce la sua solidarietà ai cittadini vittime del sisma e del colera. Concordo sulla necessità di un impegno deciso e a lungo termine della comunità internazionale, compresa l'Unione europea, affinché siano mantenute tutte le promesse fatte, perché oltre un milione di sfollati si trova tuttora nei campi di fortuna, che dovevano essere temporanei, e di cui le associazioni di difesa dei diritti umani denunciano le spaventose condizioni di vita e in particolare le violenze e molestie sessuali nei confronti delle donne. I cittadini si trovano in condizioni di insicurezza alimentare, in un paese dove l’80 per cento della popolazione vive in condizioni di povertà assoluta. È fondamentale fornire accesso alle cure sanitarie, all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. È necessario agire per garantire uno sviluppo a lungo termine ad Haiti. L'Unione europea e gli Stati membri devono accordare la massima priorità alla ricostruzione e alla ripresa dell’isola; è giunto il momento di aiutare Haiti a diventare un paese economicamente e politicamente forte e autonomo. La comunità internazionale è chiamata a cogliere questa opportunità per affrontare definitivamente le cause profonde della povertà ad Haiti.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, il 12 gennaio 2010 il terremoto che ha colpito Haiti ha causato circa 222.750 morti e quasi 2 milioni di sfollati. A dieci mesi da questa tragedia la stessa isola è stata colpita da un'epidemia di colera che ha, ad oggi, provocato la morte di 3.333 persone. La situazione, come si può ben capire da queste tragiche cifre, non è delle più semplici. A ciò si aggiunge che, nonostante lo svolgimento delle elezioni politiche in novembre, in forte odore di brogli, il Paese si ritrova ancora senza governo. Attraverso il voto odierno abbiamo chiesto all'Unione europea di collaborare con le istituzioni di Haiti al fine di consentire la produzione di regole e norme in grado di aiutare il Paese a meglio sfruttare tutti gli aiuti finanziari di cui ha goduto in quest'ultimo anno e, sopratutto, di farlo sulla base dei principi di democrazia e di legalità. Sottolineare l'importanza del rapporto tra aiuti di emergenza, riabilitazione e sviluppo e della promozione di una politica di stretta collaborazione con il governo locale sono, in sintesi, i risultati che si spera di raggiungere a partire da questa risoluzione.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione, che accoglie con favore l’impegno e il lavoro realizzato dalle organizzazioni umanitarie (Croce Rossa, ONG, Nazioni Unite) e dagli Stati membri e insiste sulla necessità di comunicare le conseguenze non visibili degli interventi umanitari; ribadisce inoltre che la situazione è stata riportata sotto controllo soprattutto facendosi carico dei feriti, dell'approvvigionamento di acqua potabile e derrate alimentari, nonché dei ricoveri provvisori.

La risoluzione però rileva anche che l'epidemia di colera ha messo in luce l'incapacità quasi totale dello Stato haitiano di far fronte a una malattia facile da prevenire e guarire, nonché i limiti del sistema dell'aiuto internazionale in un paese che beneficia di un apparato umanitario massiccio (12 000 ONG); sottolinea che gli attori umanitari non devono e non possono continuare a ovviare alle debolezze dello Stato haitiano sostituendoglisi e che è urgente agire finalmente per uno sviluppo a lungo termine, soprattutto attraverso l'accesso alle cure sanitarie, all'acqua potabile e alla nettezza urbana.

Si compiace dell'impegno assunto collettivamente dalla Commissione e dagli Stati membri per un importo pari a 1,2 miliardi euro, di cui 460 milioni di aiuto non-umanitario da parte della Commissione, in sede di Conferenza internazionale dei donatori per la ricostruzione di Haiti.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) È passato esattamente un anno dalla tragedia di Haiti, che è costata la vita a oltre 200 000 persone e ha colpito più di 3 milioni di haitiani. Le associazioni per i diritti umani sostengono che, tuttora, oltre un milione di sfollati vive in condizioni disumane in campi profughi temporanei. Un anno fa, la comunità internazionale (inclusa l’UE) aveva fatto un grande sforzo per aiutare Haiti e per evitare che questo disastro naturale generasse gli effetti cui assistiamo oggi. È tempo di ricordare di nuovo queste persone: stanno soffrendo molto, soprattutto i più vulnerabili, come donne e bambini. È tempo di unire le nostre forze per far tornare alla normalità questo paese sopraffatto dai fenomeni naturali.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) A un anno dal devastante terremoto di Haiti, la situazione del paese non è migliorata in alcun modo. L’epidemia di colera ha peggiorato notevolmente le cose, nonostante tutti gli aiuti umanitari ed economici forniti al paese. La capitale, Port-au-Prince, è ancora sepolta da tonnellate di macerie e la popolazione locale dispone solo di pale e carriole per rimuoverle. Mentre migliaia di persone non hanno ancora un tetto e la tratta di bambini procede a gonfie vele, il paese, governato da un dittatore, rimane in una condizione di caos politico dopo le elezioni. Ho votato a favore della proposta di risoluzione perché il popolo di Haiti ha bisogno del nostro aiuto e il mondo occidentale deve far fronte alle proprie responsabilità.

 
  
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  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto.(PL) Il 12 gennaio abbiamo ricordato il primo anniversario dal terremoto di Haiti, che ha avuto conseguenze estremamente tragiche: 222 750 vittime e 1,7 milioni di sfollati. In relazione a questi tragici eventi, il 19 gennaio il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla situazione dell’isola a un anno dal disastro. Nonostante gli sforzi di molte organizzazioni internazionali e gli aiuti per la ricostruzione, la situazione ad Haiti rimane turbolenta e critica. Nell’isola è scoppiata un’epidemia di colera 10 mesi dopo il terremoto e gli osservatori internazionali hanno messo in discussione la validità delle elezioni presidenziali e parlamentari. Considerata l’attuale situazione del paese, il Parlamento europeo fa appello all’Unione e a tutta la comunità internazionale affinché dimostrino solidarietà all’isola e cooperino più strettamente con le autorità haitiane, fermo restando che tutte le misure per ricostruire il paese dovranno essere adottate solo dopo aver consultato gli abitanti. È importante che il Parlamento concentri l’attenzione anche sul modo per fornire gli aiuti ad Haiti: si tratta di sovvenzioni, non di prestiti che generano un debito. Desidero infine esprimere la mia solidarietà ad Haiti e spero che il lavoro per la ricostruzione del paese venga ottimizzato.

 
  
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  Alfredo Pallone (PPE), per iscritto. – A un anno dal terribile terremoto di Haiti, una delle catastrofi naturali più devastanti dell'umanità, i segni del disastro sono ancora profondi. Incredibilmente, alcuni mesi dopo il tragico sisma, l'arrivo di un uragano ha portato epidemie di colera, aggravando ancor più la già complicata crisi politica. La mia decisione di votare a favore della risoluzione riguarda in primo luogo la necessità di mobilitare interventi e azioni volti a garantire un'assistenza completa che possa riportare il Paese ad una situazione quanto meno vivibile. Le attuali tensioni civili e politiche non fanno che aumentare la preoccupazione, in quanto creano impedimenti nel far pervenire aiuti umanitari dall'UE, rallentando così il ritmo di ricostruzione. Credo, pertanto, che la completa disponibilità da parte delle Istituzioni europee sia doverosa e imprescindibile, almeno per garantire a quelle popolazioni private di tutto, abitazioni, assistenza medica, derrate alimentari ed erogazione di servizi sociali di base. Solo attraverso il nostro aiuto, quel popolo potrà lentamente tornare ad una vita normale.

 
  
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  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. (EL) Ho votato a favore della risoluzione congiunta sulla situazione ad Haiti un anno dopo il terremoto: aiuto umanitario e ricostruzione. La risoluzione sottolinea temi quali la protezione dei diritti umani e la dignità; ci ricorda che attualmente ad Haiti, a prescindere dalle condizioni di povertà e dalla sensazione di insicurezza che prevalgono tra i cittadini (il 60 per cento della popolazione vive in zone rurali e l’80 per cento in condizioni di povertà assoluta), ci si preoccupa in particolare per i più vulnerabili, che devono subire violenze, abusi sessuali, tratta umana, sfruttamento e abbandono. Nella presente risoluzione il Parlamento europeo esorta la Commissione a fare un passo indietro, a prendere atto di questi casi e a contribuire concretamente alla creazione di un sistema di protezione sociale ad Haiti.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) A un anno dal terremoto, la situazione ad Haiti rimane caotica; il paese si trova ancora in uno stato di emergenza e la maggioranza della popolazione vive in condizioni estremamente precarie. La comunità internazionale, inclusa l’Unione europea, deve impegnarsi nel lungo termine a mantenere tutte le promesse fatte sull’assistenza per la ricostruzione di Haiti e per il miglioramento delle condizioni di vita degli haitiani.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Haiti è tornata a essere una questione urgente. Con la presente risoluzione ribadiamo la nostra solidarietà al popolo haitiano, colpito dal terremoto e dall’epidemia di colera, e sottolineiamo che la ricostruzione deve avvenire consultando e coinvolgendo la popolazione e la società civile haitiane. Insistiamo anche sulla necessità di un impegno deciso e a lungo termine della comunità internazionale, compresa l'UE, affinché siano mantenute tutte le promesse fatte durante la Conferenza internazionale dei donatori di New York e affinché i fondi siano consegnati senza indugio; sottolineiamo altresì che tutta l'assistenza umanitaria e per la ricostruzione da parte europea devono essere fornite sotto forma di sovvenzioni, non di prestiti che generano debito.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Di tutte le catastrofi che si sono abbattute sul nostro pianeta nel 2010, il terremoto di Haiti ha lasciato la ferita più difficile da rimarginare.

Oggi, un anno dopo il secondo sisma più devastante della storia dell'umanità, i segni del disastro sono ancora dolorosamente evidenti. Più di 1 milione di persone, di cui la metà bambini, vivono ancora in baraccopoli e tendopoli ed un'epidemia di colera ha provocato lo scorso ottobre oltre 4000 morti. Sono ancora insufficienti il cibo, l'accesso all'acqua potabile, i servizi sanitari e scolastici. Dei 500 miliardi di dollari promessi da governi e privati è arrivato ben poco, solo 6 miliardi, il resto non si è mai materializzato!

L'adozione oggi di questa risoluzione comune è un passo importante per affrontare uniti le sfide future. Se la natura distrugge, l'uomo ricostruisce. Queste parole devono essere lo stimolo per aumentare sempre più il nostro impegno.

 
  
  

Proposta di risoluzione RC (B7-0031/2010)

 
  
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  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della presente risoluzione del Parlamento europeo perché spero che il parlamento della Repubblica di Lituania mostri la volontà politica necessaria per respingere la legge proposta, che violerebbe i diritti umani e le libertà. Spero si ponga fine a ogni genere di discriminazione, inclusa quella basata sull’orientamento sessuale. Questa proposta di legge non è ancora stata adottata dal parlamento lituano; con la presente risoluzione, il Parlamento europeo vuole quindi sottolineare che l’Unione si preoccupa delle proposte legislative che violano i diritti umani e discriminano i cittadini. I progetti di emendamento al codice dei reati amministrativi sono contrari all'articolo 25 della Costituzione della Repubblica di Lituania che stipula che “non si può impedire alla persona di cercare, ricevere e divulgare informazioni e idee” e all'articolo 29 il quale afferma che “tutti sono uguali dinanzi alla legge, ai tribunali e alle altre istituzioni e ai funzionari dello Stato”. Il governo lituano ha presentato un’opinione negativa sulla proposta discussa in parlamento, perché contravviene alla legislazione internazionale, europea e nazionale. La commissione parlamentare lituana sui diritti umani, inoltre, deve presentare le proprie conclusioni sugli emendamenti proposti. Spero dunque che il parlamento lituano prenda in considerazione le critiche a livello internazionale ed europeo, la presente risoluzione del Parlamento e il parere negativo del governo lituano.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Considerati gli obblighi internazionali ed europei relativamente ai diritti umani cui l’UE è soggetta, in particolare il rispetto dei diritti di tutte le minoranze e la lotta contro ogni forma di discriminazione, è inaccettabile che uno degli Stati membri approvi leggi che mettono chiaramente in discussione i valori e i principi su cui si basa l’Unione. Rispetto il diritto di ogni Stato di discutere, emendare e approvare leggi nazionali senza alcuna forma di interferenza esterna, posto che si operi nel totale rispetto dei diritti umani e senza violare principi fondamentali (in questo caso il principio di non discriminazione), che questi principi siano o meno sanciti dai trattati o dalla Carta dei diritti fondamentali. Spero che la Lituania o qualsiasi altro Stato membro nella stessa situazione, non approvi o riveda e modifichi con diligenza e rapidità qualsiasi legge nazionale che violi norme, principi o valori sanciti dalla legislazione europea.

 
  
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  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. – Accolgo con favore la presente risoluzione, che fa appello al parlamento lituano affinché respinga il progetto di legge volto a punire la “pubblica promozione delle relazioni omosessuali” con una multa. La presente risoluzione risponde a una serie di avvenimenti preoccupanti quali l'adozione della legge sulla tutela dei minori contro gli effetti dannosi della pubblica informazione, il tentativo da parte di autorità locali di proibire lo svolgimento di manifestazioni per la parità e l'orgoglio omosessuale nonché le dichiarazioni dai toni aggressivi e i discorsi improntati all'odio pronunciati da politici e parlamentari di primo piano. Una recente relazione dell'Agenzia dei diritti fondamentali conclude che “gli emendamenti potrebbero potenzialmente criminalizzare qualsiasi espressione pubblica, rappresentazione o informazione sull'omosessualità”. I presenti progetti di emendamento sembrano certamente contravvenire agli obblighi della Lituania emanati dalla sua Costituzione, dalla Carte europea dei diritti fondamentali, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dal patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Desidero sottolineare la ferma posizione assunta in più occasioni dalla Presidente della Repubblica di Lituania, Dalia Grybauskaitė, la quale ha denunciato i progetti di legge di stampo omofobo come dannosi per i cittadini lituani e per l'immagine del paese e chiedo al Presidente di porre il veto sugli emendamenti al codice dei reati amministrativi qualora vengano approvati.

 
  
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  Harlem Désir (S&D), per iscritto.(FR) Nei mesi scorsi il parlamento lituano ha approvato una serie di leggi che vietano o puniscono qualsiasi riferimento pubblico all’omosessualità o alla bisessualità. Un progetto di legge attualmente discusso in parlamento ha come obiettivo la modifica del codice dei reati amministrativi al fine di punire la "pubblica promozione delle relazioni omosessuali" con multe fino a 2 900 euro.

Tale legge viola gravemente la Carta dei diritti fondamentali e i trattati dell’Unione europea, che la vincolano assieme agli Stati membri a tutelare la libertà di espressione e le libertà fondamentali e a fornire gli strumenti necessari per combattere la discriminazione e le violazioni dei diritti umani.

Adottando la presente risoluzione chiediamo di bocciare i progetti di emendamento, inserire l'orientamento sessuale nell'elenco dei motivi che giustificano una tutela nella legge sull'istruzione, consentire ai minori di avere libero accesso alle informazioni sull'orientamento sessuale e chiarire il significato del divieto previsto dalla legge sulla pubblicità.

Questa non è la prima volta che uno Stato membro ostacola i diritti e le libertà dei cittadini relativamente all’orientamento sessuale, con il pretesto di non interferenza, incoraggiando la discriminazione. Si deve porre fine a questo isterismo omofobico.

 
  
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  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della presente risoluzione poiché afferma che le istituzioni e gli Stati membri dell'UE hanno il dovere di garantire che i diritti umani siano rispettati, tutelati e promossi nell'Unione europea, come sancito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali e dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, senza distinzioni sulla base dell'orientamento sessuale.

 
  
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  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il 12 novembre 2010 il Parlamento lituano ha deciso di apportare un emendamento al codice amministrativo lituano, secondo il quale la pubblica promozione delle relazioni omosessuali deve essere passibile di una pena pecuniaria. Le autorità lituane stanno esaminando queste modifiche: si tratta di un fatto pertinente alle nostre delibere poiché non è ancora stata approvata alcuna legge che violi le norme comunitarie. Direi dunque di aspettare a valutare atti politici, legislativi e giurisdizionali che rientrino esclusivamente nella competenza delle autorità legislative, esecutive e giudiziarie lituane. Chiedo tuttavia a queste ultime di continuare a rispettare la libertà e i principi di eguaglianza e non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.

 
  
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  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) L’Unione europea e le sue istituzioni hanno il dovere e la responsabilità di promuovere il rispetto dei diritti umani, inclusi quelli delle minoranze. È nostro dovere respingere e combattere ogni forma di discriminazione, soprattutto per quanto riguarda l’orientamento sessuale.

In tal senso, accolgo con favore la risoluzione del Parlamento, come iniziativa volta a riaffermare i valori e i principi su cui si fonda l’identità europea, senza mettere a rischio il principio fondamentale di sussidiarietà. Desidero comunque sottolineare il riconoscimento e il rispetto del diritto di uno Stato membro, come la Lituania, di discutere e confrontare liberamente concetti e idee durante il processo di emendamento e approvazione delle leggi nazionali. Desidero anche sottolineare la determinazione delle autorità lituane a rispettare il quadro giuridico europeo e a non violarlo, nonché a promuovere il rispetto per i diritti umani.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) La Lituania vuole controllare la diffusione di alcuni orientamenti sessuali minoritari, cercando invece di promuovere (giustamente) la famiglia costituita da un padre, una madre e i figli: l’unità fondamentale di qualsiasi società. Secondo alcuni si tratta di un attacco inaccettabile ai diritti umani e di un’aperta discriminazione. Tuttavia, come sottolinea giustamente la risoluzione presentata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratico cristiano), il processo legislativo lituano ha ancora una lunga strada davanti a sé e viene ora esaminato dagli organi competenti, in considerazione degli obblighi costituzionali e internazionali del paese.

La relazione ribadisce anche “il diritto di ogni democrazia […] di discutere, modificare e adottare leggi e disposizioni nazionali, senza interferire nei dibattiti dei parlamenti nazionali”. Il fatto però che stiamo discutendo della questione e stiamo presentando alcuni testi in merito costituisce un’interferenza e viola i diritti della Lituania e dei suoi cittadini; è inaccettabile. Poiché i temi sono connessi, desidero anche cogliere quest’occasione, in qualità di cittadino francese, per esprimere la mia seria preoccupazione circa la causa portata di fronte alla corte costituzionale francese in nome della non discriminazione, sfidando gli articoli del codice civile che naturalmente sanciscono che il matrimonio si basa sull’unione tra un uomo e una donna.

 
  
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  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto.(FR) Accolgo con favore decisione del Palamento di prendere posizione invitando la Lituania a rifiutare una legge volta a introdurre multe per “la pubblica promozione delle relazioni omosessuali”. Ricordiamoci che non c’è posto per l’omofobia in Europea e che l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali vieta chiaramente ogni sorta di discriminazione in molti ambiti, tra cui anche l’orientamento sessuale. Il Consiglio continua a bloccare l’introduzione di una direttiva trasversale volta a garantire una protezione equa contro ogni forma di discriminazione. È giunto però il momento di agire, per evitare che leggi come questa, lontane dai valori da noi sostenuti, si diffondano in tutta Europa.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Uno dei primi compiti del parlamento scozzese, appena ristabilito, è stata l’abrogazione di una legge statutaria che proibiva la “promozione” dell’omosessualità nelle scuole scozzesi. Tale legge era entrata in vigore con il governo unionista di destra di Margaret Thatcher, un governo illegittimo per gli scozzesi. Il parlamento scozzese aveva un altro punto di vista e decise di emendare la legge per adeguarla al ventunesimo secolo. La nostra speranza è che il popolo lituano decida di comportarsi allo stesso modo.

 
  
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  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, cari colleghi, il motto del Parlamento europeo: "unita nella diversità" è il principio ispiratore che deve guidare tutte le nostre attività all'interno ed all'esterno dell'Unione europea. Ed è nel rispetto di tale principio che ho votato in favore di questa proposta di risoluzione, poiché ritengo che, pur non volendo ingerire negli affari interni di un altro Stato, il Parlamento europeo debba poter sempre esprimere il proprio pensiero, facendo da cassa di risonanza per l'affermazione di istanze comuni a tutti i cittadini europei. Quella approvata oggi é una risoluzione che serve a evidenziare la posizione comune del nostro Parlamento nei confronti dell'assemblea legislativa lituana, consistente nella richiesta di emendare il progetto di legge che modificherebbe il codice dei reati amministrativi per punire la "pubblica promozione delle relazioni omosessuali", con il rischio concreto, come bene evidenziato nel testo, di criminalizzare qualsiasi espressione pubblica, rappresentazione o informazione sull'omosessualità. Credo, pertanto, che sia nostro dovere oggi, come deputati, ma ancor prima come cittadini, chiedere al Parlamento lituano di respingere la nuova normativa, in nome del principio imprescindibile della tutela dei diritti fondamentali della persona.

 
  
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  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Nell’Unione europea non possiamo tollerare la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale (e su altro). Accolgo dunque con favore la presente risoluzione, che assume una linea dura contro i segnali di intolleranza mostrati in Lituania e chiarisce che le istituzioni dell’Unione europea non assisteranno inerti all’approvazione di leggi che discriminano una parte della società.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE), per iscritto.(FR) Desidero sottolineare in primo luogo che la lotta contro ogni forma di discriminazione, e in particolare quella fondata sull'orientamento sessuale, è uno dei valori costitutivi dell’Unione. Ora disponiamo di un ricco corpus legislativo in materia e tale principio può pertanto essere pienamente attuato in tutti gli Stati membri. Dovremmo intraprendere la lotta contro l’omofobia in questa Camera e nei nostri parlamenti nazionali. È importante sottolineare che il testo oggetto della discussione odierna è solo un progetto di legge, presentato da pochi membri del parlamento lituano.

Gli emendamenti proposti per rendere la pubblica promozione delle relazioni omosessuali un reato, inoltre, sono stati apertamente criticati dal Presidente e dal governo lituani. Cerchiamo quindi di non condannare in modo affrettato un paese o un governo. Vorrei invece fare un appello agli onorevoli colleghi lituani, affinché si attengano alla legislazione comunitaria e, in particolare, all’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che vieta ogni forma di discriminazione.

 
  
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  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) L’uguaglianza tra i cittadini è un valore che l’Europa compromette troppo spesso; desidereremmo vedere una reazione ogni qualvolta tale principio viene messo a rischio. La risoluzione respinge l’istituzionalizzazione di una legge che violerebbe il principio di uguaglianza tra i lituani, sulla base del loro orientamento sessuale, e che li punirebbe per tale motivo. Sostengo la relazione votando a favore.

 
  
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  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Le istituzioni e gli Stati membri dell'UE hanno il dovere di garantire che i diritti umani siano rispettati, tutelati e promossi nell'Unione europea, come sancito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali e dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, senza distinzioni sulla base dell'orientamento sessuale. Questa proposta di risoluzione è in linea proprio con tale principio: lo Stato lituano sta danneggiando la libertà e i principi di uguaglianza e non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) sancisce che le persone con un orientamento sessuale differente non devono essere vittime di discriminazione. Firmando il trattato di Lisbona, la Lituana è diventata anche Stato firmatario della CEDU. Il Parlamento europeo ritiene che l’adozione della legge sulla tutela dei minori contro gli effetti dannosi della pubblica informazione da parte del parlamento lituano rappresenti una chiara violazione del trattato. Il governo lituano è inoltre chiamato ad astenersi da qualsiasi altro emendamento legislativo in materia e a includere l’orientamento sessuale nella lista degli ambiti protetti. Mi sono astenuto dalla votazione perché ritengo che non sia chiaro fino a che punto l’Unione europea stia interferendo negli affari nazionali.

 
  
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  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Le istituzioni e gli Stati membri dell'UE hanno il dovere di garantire che i diritti umani siano rispettati, tutelati e promossi nell'Unione europea, come sancito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali e dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, senza distinzioni sulla base dell'orientamento sessuale. È dunque importante esortare le autorità lituane a non approvare alcuna legislazione che violi i principi di uguaglianza e di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ancora una volta abbiamo chiesto al Seimas di bocciare i progetti di emendamento al codice dei reati amministrativi, inserire l'orientamento sessuale nell'elenco dei motivi che giustificano una tutela nella legge sull'istruzione, consentire ai minori di avere libero accesso alle informazioni sull'orientamento sessuale e chiarire il significato del divieto previsto dalla legge sulla pubblicità, sebbene, allo stesso tempo, prendiamo atto della ferma posizione assunta in più occasioni dal Presidente della Repubblica di Lituania, Dalia Grybauskaitė, la quale ha denunciato i progetti di legge di stampo omofobo come dannosi per i cittadini lituani e per l'immagine della Lituania; chiediamo al Presidente di porre il veto sugli emendamenti al codice dei reati amministrativi qualora vengano approvati.

 
  
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  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Nel 2010 il Parlamento lituano ha votato una modifica del Codice amministrativo in attuazione della Legge sulla protezione dei minori contro gli effetti nocivi della pubblica informazione, approvata nel 2009.

Questa modifica ostacolerebbe i mass media nel promuovere relazioni sessuali o altri comportamenti omosessuali, non già previsti dalla Costituzione o dal Codice civile, anche in considerazione dell'influenza che i mass media hanno sui processi formativi ed educativi dei minori.

L'art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sancisce che ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. L’esercizio di questa libertà comporta, però, dei doveri e delle responsabilità e può essere sottoposto a delle sanzioni previste dalla legge, come misure necessarie per meglio proteggere la morale pubblica.

Troppo spesso i mass media, mossi da dinamiche di mercato, non sembrano interessarsi ai minori, in quanto individui particolarmente influenzabili dal punto emozionale. L'obiettivo comune deve essere quello di sviluppare una maggiore attenzione ai temi dell’infanzia e dell'adolescenza e per questo occorre collaborare con tutte le professionalità coinvolte del mondo dell'informazione, per maturare una solida responsabilità collettiva.

 
  
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  Michèle Striffler (PPE), per iscritto.(FR) Ho votato a favore della risoluzione sulla violazione della libertà di espressione e sulle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale in Lituania. Il dialogo interparlamentare (tra il Parlamento europeo e quelli nazionali) è diventato una caratteristica peculiare dell’Unione europea sin dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona. L’UE è fondata su valori inalienabili, che includono la lotta contro ogni forma di discriminazione, e mi impegnerò a difenderli durante il mio mandato.

 
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