Indice 
 Precedente 
 Seguente 
 Testo integrale 
Procedura : 2010/0036(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A7-0243/2010

Discussioni :

Votazioni :

PV 11/05/2011 - 5.12
CRE 11/05/2011 - 5.12
Dichiarazioni di voto
PV 13/10/2011 - 6.8
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P7_TA(2011)0219
P7_TA(2011)0441

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 11 maggio 2011 - Strasburgo Edizione GU

6. Dichiarazioni di voto
Video degli interventi
PV
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura: relazione Manders (A7-0086/2011)

 
  
MPphoto
 

  Francesco De Angelis (S&D). - Signor Presidente, ho votato a favore della relazione sull’etichettatura tessile perché penso che l’Europa possa e debba fare di più per sostenere le imprese del settore. La proposta avanzata dalla Commissione era puramente tecnica e finalizzata a semplificare le attuali disposizioni in materia di etichettatura.

Eppure questo Parlamento ha ottenuto due risultati importanti. Il primo: i prodotti tessili derivanti anche da prodotti di origine animale – pellicceria e pellame – dovranno riportare tali informazioni nelle etichette, in modo che i consumatori possano compiere una scelta consapevole. Il secondo: la Commissione europea dovrà presentare entro il 2013 uno studio d’impatto sull’introduzione di un’etichettatura, che indichi chiaramente quali capi siano stati prodotti in Europa e quali invece hanno origine extraeuropea. È quest’ultimo obiettivo che rappresenta un traguardo decisivo per la competitività del tessile europeo in Europa e nel mondo.

 
  
MPphoto
 

  Morten Løkkegaard (ALDE).(DA) Signor Presidente, congratulazioni all’onorevole Manders per essere riuscito a elaborare questa proposta. Si è rivelato un compito più arduo di quanto non fosse all’inizio. Mi rallegro che siamo riusciti a raggiungere un accordo su questo regolamento relativo all’etichettatura dei prodotti tessili, che rafforzerà la competitività del settore tessile e andrà a vantaggio dei consumatori offrendo una più vasta gamma di prodotti nuovi e innovativi. È un buon compromesso con cui credo anche il Consiglio riuscirà a convivere.

Durante questo processo non ho nascosto di essere scettico sull’introduzione dell’indicazione d’origine. Quindi mi rallegro che si sia concordato un testo che si limita a chiedere alla Commissione di valutare la necessità dell’indicazione d’origine: in questo modo l’accordo non porterà alla sua introduzione obbligatoria. Non potrò votare a favore di un regolamento che prevede l’obbligo per le imprese di utilizzare l’indicazione per il paese d’origine. So che il Consiglio è dello stesso parere. Purtroppo la discussione di ieri ha evidenziato che il Commissario Tajani non condivide questo punto di vista. Se non riusciremo a evitarlo, farò di tutto per oppormi.

 
  
MPphoto
 

  Alfredo Antoniozzi (PPE). - Signor Presidente, la proposta di regolamento sulla quale siamo stati chiamati a esprimere il nostro voto ha sicuramente il merito di riunire in un unico testo tutta la legislazione esistente relativa ai prodotti tessili. Questo regolamento permetterà di semplificare e migliorare il quadro legislativo vigente in materia di sviluppo e utilizzazione di nuove fibre, sostenendo inoltre lo sviluppo di prodotti innovativi, promovendo l’innovazione nel settore tessile e dell’abbigliamento.

Ho apprezzato che il collega Manders abbia preso in considerazione anche altri aspetti, quali la riduzione degli oneri amministrativi per gli Stati membri legati alla trasposizione della normativa nazionale degli adattamenti tecnici richiesti dall’inserimento dei nomi di nuove fibre tessili nella cosiddetta "Lista armonizzata". Pur rilevando che avremmo potuto fare di più introducendo un apposito articolo che disciplinasse l’indicazione di origine dei prodotti tessili, ho dato il mio voto favorevole alla proposta di regolamento.

 
  
MPphoto
 

  Cristiana Muscardini (PPE). - Signor Presidente, questo regolamento è vitale per l’industria tessile europea perché garantisce un mercato libero nel rispetto di regole che impediscono le irregolarità e le illegalità del passato. Sottolineiamo con favore la decisione delle Istituzioni di accogliere la proposta e di approfondire il problema della tracciabilità e dell’origine dei prodotti, per garantire la corretta informazione dei consumatori europei anche se i tempi stabiliti sono troppo lunghi. L’obiettivo è finalmente la difesa del consumatore.

Ricordo che lo scorso ottobre il Parlamento ha votato, a larghissima maggioranza, a favore del regolamento di origine per i manufatti extra UE, tra cui i prodotti tessili, ma a tutt’oggi il Consiglio non ha aperto, neppure in via informale, i negoziati e i confronti con il Parlamento. Ringrazio la Presidenza ungherese per aver posto la questione tra le sue priorità ma chiedo di accelerare il confronto, altrimenti si rischia, ad esempio, che i consumatori europei siano tutelati per quanto concerne i prodotti alimentari ma non sul versante dei prodotti manifatturieri.

 
  
MPphoto
 

  Paolo Bartolozzi (PPE). - Signor Presidente, la relazione sulla denominazione dei prodotti tessili relativa all’etichettatura che quest’oggi abbiamo sostenuto segna un passo importante verso una semplificazione legislativa a favore dei consumatori e di tutti i produttori europei del settore. Con questo regolamento stabiliamo nuove regole relative all’etichettatura del settore tessile, con sempre maggiore attenzione all’innovazione del settore e a un’integrazione accelerata della legislazione dell’Unione, tale da permettere di beneficiare dei prodotti innovativi in tutta sicurezza.

Il testo propone infatti di unificare in un unico regolamento le tre direttive sull’etichettatura di composizione, semplificando il quadro regolamentare vigente e migliorando la trasparenza nei procedimenti. Quindi, non si può che sottolineare il positivo risultato oggi raggiunto a difesa delle produzioni europee. Allo stesso tempo, tuttavia, non si può non accennare alla questione dell’indicazione del paese d’origine. Speriamo infatti che presto possa essere registrato un ulteriore passo in avanti tramite l’approvazione di norme capaci di disciplinare l’indicazione di origine anche per questo settore.

 
  
MPphoto
 

  Peter Jahr (PPE).(DE) Signor Presidente, secondo me questa relazione tenta di risolvere due grandi problemi. Prima di tutto l’obiettivo è promuovere l’innovazione. Questo significa che l’inclusione dei nomi delle nuove fibre nella lista armonizzata deve diventare un processo più trasparente e meno burocratizzato. In secondo luogo occorre migliorare l’indicazione d’origine, e qui si può dire in tutta onestà che il problema non è stato ancora risolto del tutto in maniera soddisfacente. Vorrei chiarire che non è colpa del relatore: è semplicemente dovuto alle opinioni molto divergenti dei membri del Consiglio che la Commissione non ha saputo appianare. Spero che continueremo a lavorare sul tema, perché l’indicazione d’origine sta diventando sempre più importante: è un diritto dei consumatori. Vorrei che prossimamente il Parlamento europeo tenesse un dibattito su questo punto e che la Commissione presentasse una proposta.

 
  
MPphoto
 

  Licia Ronzulli (PPE). - Signor Presidente, qualità, etichettatura e tracciabilità: sono questi gli strumenti a tutela del consumatore che garantiscono prodotti d’eccellenza. Fino ad oggi l’Europa è stato l’unico mercato mondiale privo di una legislazione in questa materia, il che ha comportato svantaggi nei confronti dei principali partner commerciali.

Oggi il Parlamento europeo fa sentire la propria voce, votando un regolamento in grado di tutelare l’eccellenza del tessile europeo. Le nostre produzioni e la nostra manifattura vanno difese, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello che stiamo attraversando. Fino ad oggi siamo riusciti a farci valere grazie alla ricerca e all’innovazione, che hanno garantito la produzione di fibre tessili innovative.

I consumatori non rischieranno più di acquistare prodotti tessili potenzialmente pericolosi per la salute perché magari trattati con agenti chimici. L’adozione di questo regolamento garantisce finalmente la giusta tutela dei diritti di oltre 500 milioni di cittadini europei, che d’ora in poi non potranno più essere ingannati da false indicazioni.

 
  
MPphoto
 

  Emma McClarkin (ECR).(EN) Signor Presidente, oggi abbiamo votato sull’aggiunta di nuovi prodotti tessili e fibre e su questioni di etichettatura. Sin dall’inizio della relazione sul tessile ho pensato che il Parlamento dovesse attenersi al campo d’applicazione della proposta così com’era stata originariamente formulata, e che un suo eventuale ampliamento non fosse compatibile con il processo di semplificazione per introdurre una nuova fibra sul mercato.

Temo l’introduzione di una clausola di revisione che chieda alla Commissione di valutare l’applicazione di una serie di obblighi in materia di etichettatura che hanno scarso valore aggiunto, e che rappresenterebbero un fardello inaccettabile per le imprese, soprattutto per quelle di piccole e medie dimensioni. Essi prevedono l’armonizzazione del sistema di etichettatura, l’etichettatura sociale ed economica e, cosa ancora più preoccupante, un’etichetta di identificazione a radiofrequenza che aumenterebbe i costi per le imprese e i prezzi per i consumatori.

Ciononostante, leggendo la relazione, penso che alcune disposizioni inserite nel regolamento saranno di aiuto, miglioreranno il processo di applicazione per le imprese e aumenteranno la tutela dei consumatori, soprattutto per l’etichettatura dei prodotti di origine animale. Bisogna però stare attenti a legiferare per il mondo reale, e non fare una lista dei desideri per un mondo ideale, e fare in modo che in futuro il Parlamento si attenga ai settori di propria competenza.

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, inizierò dicendo che spero continui a rivolgersi a quest’Assemblea nella sua lingua materna, paragonabile a qualsiasi altra lingua del mondo per importanza, diversità e antichità.

Ci sono momenti in cui leggere la lista di voto la dice più lunga di qualsiasi altra cosa sulla condotta e l’indole di questo Parlamento. Diamo solo un’occhiata ai temi di queste relazioni: diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare; ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura; livello sonoro ammissibile e dispositivo di scappamento dei veicoli a motore; trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta; comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote; frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote; posto di guida, sportelli e finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote; dispositivi di protezione, installati posteriormente; accisa applicata al tabacco lavorato; valori unitari e specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro; denominazione dei prodotti tessili e relativa etichettatura... e potrei continuare.

Non c’è un minimo angolo nascosto della nostra esistenza nazionale così lontana dove Bruxelles non abbia allungato le mani, soffocando la luce naturale e bloccando la crescita spontanea.

Se Bruxelles si limitasse alle questioni transfrontaliere, nessuno avrebbe problemi.

 
  
  

Relazione Hökmark (A7-0151/2011)

 
  
MPphoto
 

  Jens Rohde (ALDE).(DA) Signor Presidente, durante la discussione si è detto molto riguardo alla relazione dell’onorevole Hökmark sul programma relativo alla politica in materia di spettro radio, tema che devo ammettere non suona molto affascinante. In realtà si tratta di vedere se in futuro sarà possibile garantire ai cittadini connessioni a banda larga e trasmissioni dati a basso prezzo. Sarò molto breve: guardando al futuro è incredibile che i negoziatori, e il relatore nello specifico, siano riusciti a ottenere una così ampia maggioranza a favore del documento oggetto della votazione odierna. È stato il risultato di una squisita abilità politica di cui rendo onore al relatore, onorevole Hökmark.

 
  
MPphoto
 
 

  Peter Jahr (PPE).(DE) Signor Presidente, essendo le frequenze radio una risorsa rara e preziosa nella società moderna, è logico coordinarne con efficienza l’utilizzo in tutta Europa. L’ampio accesso allo spettro radio è importante non solo per le imprese, ma anche per i cittadini dell’Unione europea. Per questo motivo occorre impegnarsi a fondo per sviluppare questa politica in base agli interessi economici, sociali e culturali. Nello specifico, non dobbiamo permettere che questo regolamento comprometta le trasmissioni senza fili usate in Germania nei teatri regionali, ai concerti rock e nelle chiese.

Inoltre, chiedo alla Commissione di unirsi agli Stati membri per collaborare in questo settore senza interferire con le competenze loro attribuite.

 
  
  

Relazione Casini (A7-0173/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Morten Løkkegaard (ALDE).(DA) Signor Presidente, dopo la votazione odierna sul registro dei rappresentanti di interesse, credo sia importante affermare che il lobbismo è un’attività sostanzialmente positiva. In realtà si tratta di un elemento indispensabile del processo democratico, senza il quale le conoscenze dei politici, i fatti e le opinioni sui vari aspetti della società sarebbero anche troppo limitati. Pertanto, tutti noi deputati e la stampa abbiamo la responsabilità di fare in modo che, dietro a quello che facciamo, ci sia un’analisi critica ma anche veritiera delle cose.

Inoltre aggiungo che, come sappiamo, il meglio è il peggior nemico del bene. La richiesta di trasparenza pienamente legittima, visibile nella discussione e nella votazione odierna, deve necessariamente essere equilibrata per non distruggere, con le migliori delle intenzioni, un sistema ben funzionante. La richiesta di trasparenza totale, la registrazione obbligatoria di ogni singola cosa alla luce del sole, un comitato di controllo etico e così via sono, nella migliore delle ipotesi, espressioni di ingenuità e, nella peggiore, elementi di un programma politico populista che farà più male che bene. Qui si tratta di fiducia. Se necessari, i controlli devono essere commisurati a quanto concretamente fattibile nel rispetto del processo operativo. Inoltre, contesto il voto sul paragrafo 9. Durante la rapidissima votazione ho avuto l’impressione che non ci sia stato comunicato il giusto risultato.

 
  
  

Relazione Casini (A7-0174/2011)

 
  
MPphoto
 

  Jens Rohde (ALDE).(DA) Signor Presidente, concordo appieno con l’onorevole Løkkegaard; non sono certo che, con la votazione sul paragrafo 9, abbiamo ottenuto il giusto risultato, ma se così fosse quest’Assemblea non darebbe prova di una percezione esattamente corretta della realtà. È indubbio che dovremmo dimostrare la massima trasparenza, ma prescriverci la pubblicazione dei nomi di tutte le persone con cui teniamo un incontro è, ovviamente, del tutto assurdo. Quando un incontro può dirsi tale? È necessaria una definizione. È incontro anche quello che avviene in un corridoio, in autobus o in un qualunque altro posto? Rientrano in questa fattispecie anche le conversazioni telefoniche o tramite Internet? Quando un incontro si classifica come tale? Come ci si comporta con molti degli esponenti di movimenti ribelli dell’Africa settentrionale che incontriamo oggi? Dovranno vedere i loro nomi pubblicati sui giornali? Spero bene di no. A questo proposito, sarebbe logico garantire sempre la possibilità di tenere incontri riservati. Ad ogni modo, non contribuirò mai a violazioni di tale riservatezza.

 
  
MPphoto
 

  Alfredo Antoniozzi (PPE). - Signor Presidente, rendere facilmente verificabili le modalità di adozione delle decisioni per i cittadini così come i processi, gli elementi e le risorse che le hanno influenzate, contribuisce sia a garantire un’ampia trasparenza, sia a colmare quella distanza tra Istituzioni europee e cittadini, di cui spesso si parla in relazione alla legittimità e al cosiddetto deficit democratico dell’Unione europea.

Numerosi progressi sono già stati compiuti in questi anni. Basti pensare al registro dei rappresentanti di interessi, adottato dal Parlamento europeo nel 1996, o alla proposta della Commissione al Parlamento europeo del 2006 di un registro unico per i lobbisti. L’approvazione da parte di quest’Aula della relazione Stubb-Friedrich ha portato alla creazione di un gruppo di lavoro congiunto. Possiamo affermare che i risultati raggiunti da questo gruppo, in relazione agli obiettivi prefissati dal Parlamento possono dirsi più che soddisfacenti.

Condivido appieno la relazione del collega Casini, in quanto la trasparenza delle istituzioni politiche è una condizione imprescindibile della legittimità. Per questo ho dato il mio sostegno alla proposta.

 
  
MPphoto
 

  Salvatore Iacolino (PPE). - Signor Presidente, non v’è dubbio che questo regolamento segna un passo importante nel processo che deve mettere al centro dell’attenzione le Istituzioni europee. Più trasparenza, più pubblicità, più limpidezza nei comportamenti e accessibilità delle informazioni e, finalmente, la formazione di un registro comune sulla trasparenza.

Se pensiamo che negli Stati Uniti d’America la relativa disciplina delle lobby è stata predisposta nel lontano 1948, ci rendiamo conto che certamente esse svolgono un ruolo e, seppur prevalentemente portatrici di interessi prevalentemente egoistici, vanno tenute nel debito conto. Si tratta di un progetto di relazione che guarda al futuro e, pur non costituendo un punto d’approdo, è sicuramente un modo per difendere la correttezza delle attività e delle decisioni delle Istituzioni europee. Per questo ho votato a favore, convinto dell’assoluta essenzialità di questo percorso.

 
  
MPphoto
 

  Jim Higgins (PPE).(EN) Signor Presidente, credo che dovremmo essere grati al Sunday Times per aver portato alla luce lo scandalo degli emendamenti di legge in cambio di tangenti.

A seguito di tali rivelazioni, l’Ufficio di Presidenza ha istituito, come sapete, un gruppo di lavoro incaricato di introdurre codici di condotta vincolanti per tutti i membri del Parlamento europeo. Oggi siamo passati alla seconda fase di questo intervento chiarificatore, con la votazione ad ampia maggioranza della relazione in oggetto.

A mio parere, il Registro dei lobbisti era necessario da tempo. Nondimeno nutro alcune riserve, a cominciare dal fatto che dovrebbe avere carattere obbligatorio. Si tratta però di un passo nella giusta direzione e va detto che in realtà i lobbisti stessi, quelli degni di stima, si confrontano fra loro e sono favorevoli all’obbligo di registrazione.

Mi delude però la mancata adesione del Consiglio. Mi permetto di ricordare che i tre membri del Parlamento europeo coinvolti nel recente scandalo hanno tutti ricoperto incarichi di governo.

La registrazione dei lobbisti è una questione di grande importanza, come pure l’attività che queste persone svolgono. Dobbiamo dunque insistere e considerare le nuove disposizioni un esperimento che, si spera, acquisirà carattere obbligatorio in futuro.

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, il lobbista che si rechi a Bruxelles intuisce immediatamente che questo sistema è stato messo a punto da e per persone come lui. Generalmente si tratta di un uomo, sebbene accada sempre più spesso di vedere il suo equivalente femminile attraversare con passo deciso i nostri corridoi indossando il classico completo maschile.

In questo sistema le decisioni vengono prese (sarei tentato di dire in stanze dense di fumo, ma oggigiorno fumare è proibito) a porte chiuse, estromettendo gli elettori. Ne abbiamo avuto un perfetto esempio con il nuovo corpus di divieti e restrizioni applicabile alla medicina erboristica e alternativa, entrato in vigore alcune settimane fa. Un divieto simile non sarebbe mai stato approvato da un parlamento nazionale per l’esposizione di quest’ultimo alla rabbia degli elettori. I grandi gruppi farmaceutici hanno però compreso di potersi servire della compagine europea, proprio in virtù della sua maggiore invulnerabilità all’opinione pubblica, per ottenere il risultato precluso ai governi nazionali. In sostanza, sono favorevole al Registro, che ho votato e che ha ricevuto il sostegno del mio gruppo; tuttavia, la vera soluzione sta nell’allontanare il potere dalle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo, che non rispondono del proprio operato, per restituirlo agli organismi che rendono davvero conto delle proprie azioni, ossia i parlamenti democratici nazionali.

 
  
  

Relazione Fox (A7-0074/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, il governo di Singapore e le autorità di Hong Kong e Shanghai stanno svuotando Londra e gli altri centri finanziari europei cercando di assumere quanti si sono rifugiati all’estero per gli eccessivi oneri normativi imposti dall’Unione europea. La nostra generazione assiste a un epico spostamento della ricchezza e dell’imprenditoria dall’Europa all’Asia. Siamo condannati a vivere in un’epoca nella quale, da un lato, l’Asia ha scoperto i segreti della decentralizzazione, del potere diffuso, dell’imprenditoria e della responsabilità personale, mentre, dall’altro lato, questa parte del mondo procede nella direzione opposta imitando gli antichi imperi asiatici (i Ming, i Mogul e gli ottomani) e il loro assetto di regolamentazione, uniformazione, normalizzazione e tassazione.

Ovviamente sono il mio paese e la mia capitale, Londra, a subire più di ogni altro le conseguenze delle nuove restrizioni; ma è nell’interesse dell’intera Unione che si impedisca un simile esodo di risorse, posti di lavoro e imprese dall’Europa verso economie più giovani e vitali. Anche in questo caso, la soluzione consiste nel restituire potere alle autorità nazionali, che hanno ricevuto un’autentica dimostrazione di sostegno e fiducia da parte degli elettori.

 
  
  

Proposta di risoluzione B7-0291/2011

 
  
MPphoto
 

  Jens Rohde (ALDE).(DA) Signor Presidente, l’India è la più grande democrazia del mondo, costituisce uno dei mercati in più rapida espansione su scala internazionale e si avvia a diventare un’economia basata sulla conoscenza. Alla luce di tali considerazioni, è indubbiamente opportuno concludere un accordo di libero scambio, che rientra nei nostri stessi interessi. Mi chiedo dunque quali siano i motivi dietro l’opposizione della sinistra. Com’è possibile osteggiare l’affrancamento dalla povertà di milioni di indiani e com’è possibile che la sinistra sia contraria all’impegno a favore di un mercato aperto per le imprese europee? Lo trovo incomprensibile. Non riesco a capire perché sia così difficile imparare dalla storia. Il libero scambio è un bene! Il libero scambio è un bene! Il libero scambio è un bene! Il libero scambio determina crescita, libertà per i cittadini e, di conseguenza, pace.

 
  
MPphoto
 

  Paul Murphy (GUE/NGL).(EN) Signor Presidente, ho espresso voto contrario alla proposta di risoluzione sulle trattative per un accordo di libero scambio con l’India. Sono del parere che la conclusione di un simile accordo, negoziato dalla Commissione europea, avvantaggerebbe soltanto le grandi multinazionali, in India come in Europa.

Al contrario dell’ultimo oratore, non ritengo che i negoziati commerciali siano animati dall’intenzione di affrancare gli indiani dalla povertà e migliorarne il tenore di vita, bensì dalle mire di quelle grande società interessate ad accrescere il proprio accesso ai mercati e i propri profitti.

Mi schiero con gli agricoltori, i sindacalisti e gli operai indiani che, versando in condizioni di indigenza, si oppongono all’accordo di libero scambio perché condurrebbe a un ulteriore peggioramento del tenore di vita e delle condizioni di lavoro per ampi settori della manodopera indiana, e in particolare per quanti operano nel vasto mercato informale.

Inoltre, il contenuto di questo accordo e la sua spinta per l’attuazione dei diritti di proprietà intellettuale e dell’esclusività dei dati compromettono l’accesso a farmaci generici che vengono prodotti in India e venduti a prezzi contenuti. Questi farmaci sono di importanza fondamentale per chi, in tutto il mondo, è affetto da HIV-AIDS o da patologie simili ma non può acquistare medicinali di marca per le speculazioni delle grandi case farmaceutiche private.

 
  
MPphoto
 

  Mitro Repo (S&D).(FI) Signor Presidente, l’accordo di libero scambio che verrà firmato con l’India è il più notevole fra quelli finora negoziati dall’Unione europea. L’UE deve porre l’accento sulla responsabilità sociale; sappiamo infatti molto bene che i principali problemi del paese riguardano lo sfruttamento minorile, la povertà e le diseguaglianze.

Ci apprestiamo a concludere un accordo commerciale del quale beneficeranno l’industria e le grandi imprese dell’Europa. Trarrà vantaggio dai bassi costi di manodopera dell’India, ovviamente, anche il consumatore europeo, che ad esempio dovrà pagare prezzi inferiori per beni e servizi; tuttavia, non si può permettere che ciò accada se le conseguenze ricadranno sui produttori primari indiani.

È ipocrita sostenere che l’Unione europea svolge il ruolo di apripista nel settore della responsabilità sociale. L’UE dovrebbe, da un lato, offrire i vantaggi derivanti dal libero commercio e, dall’altro, insistere per una risoluzione dei problemi vigilando sul processo. Occorre altresì che la Commissione inserisca nell’accordo di libero scambio clausole vincolanti circa i diritti umani, gli standard sociali e ambientali nonché la responsabilità sociale d’impresa, assicurandosi che tali richieste vengano soddisfatte.

 
  
MPphoto
 
 

  Morten Løkkegaard (ALDE).(DA) Signor Presidente, naturalmente è interessante e, a suo modo, affascinante che continuino a esistere membri di questo Parlamento contrari al libero scambio; lo trovo, in un certo senso, fantastico. Vorrei però dichiarare il mio pieno sostegno alla liberalizzazione del commercio, che considero la direzione da intraprendere, anche nel caso dell’India. La ragione per cui il percorso è stato così lungo è da rintracciarsi, ovviamente, nei problemi legati a vari dettagli (dettagli di un certo peso, potremmo dire), ovvero la questione dei farmaci generici che ha citato anche il precedente oratore. Mi rivolgo a entrambe le parti in causa, Unione europea e India, affinché risolvano il problema facendo salva la proprietà intellettuale, un aspetto assolutamente essenziale, e offrendo al contempo strumenti pratici per consentire ai numerosi poveri indiani l’accesso ai farmaci a prezzi contenuti.

Da ultimo, alcuni sostengono che non dovremmo seguire un iter bilaterale nelle trattative e concludere accordi bilaterali, poiché ciò sarebbe in contraddizione con i negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). A mio parere, questa iniziativa è del tutto in linea con l’operato dell’OMC; dovremmo piuttosto evitare che i nostri sforzi si risolvano in un nulla di fatto, come accade nel contesto dell’organizzazione. L’elaborazione di accordi bilaterali di questo tipo è semplicemente indispensabile e incontra tutto il mio favore.

 
  
  

Proposta di risoluzione B7-0287/2011

 
  
MPphoto
 

  Jens Rohde (ALDE).(DA) Signor Presidente, quando si discute di libero scambio in quest’Aula i risultati sono sempre sorprendenti; tornano puntualmente le vecchie frequenze di Radio Tirana, o perlomeno è questa l’impressione che ci lasciano le prese di posizione della sinistra sul tema, a dimostrazione del fatto che non hanno appreso nulla dalla storia.

Parliamo adesso del Giappone. Il paese costituisce una delle principali economie mondiali, al pari dell’Unione europea. Insieme rappresentiamo un quinto dell’interscambio globale, investiamo somme cospicue nelle rispettive economie e coltiviamo interessi comuni a livello internazionale; eppure i negoziati progrediscono con lentezza. Invito dunque a segnalare, dal canto nostro, l’intenzione di eliminare ogni ostacolo. Dobbiamo accettare la necessità di concessioni da ambo le parti, perché assieme le nostre economie possono completarsi a vicenda e generare innovazione, crescita e posti di lavoro.

 
  
MPphoto
 

  Morten Løkkegaard (ALDE).(DA) Signor Presidente, desidero semplicemente unirmi alle osservazioni già formulate. Senza dubbio, una delle difficoltà da parte giapponese sta negli ostacoli tecnici estremamente elevati che caratterizzano e hanno sempre caratterizzato la società del paese. L’Europa dovrebbe rivolgere un fermo appello al Giappone affinché superi questa chiusura e intervenga sugli ostacoli tecnici.

Fa da sfondo a questo processo un evento certamente tragico, ovvero la catastrofe che il Giappone si trova ad affrontare. Nondimeno possiamo intravedervi almeno un risvolto positivo, nella misura in cui il paese ha l’opportunità di riflettere e comprendere l’effettiva urgenza di un aiuto dall’esterno; è infatti indispensabile che le imprese di altre regioni del mondo offrano il proprio sostegno. Le circostanze potrebbero indurre il Giappone a guardare avanti e considerare la situazione con occhi nuovi, eliminando i numerosi ostacoli tecnici.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI).(FR) Signor Presidente, desidero ricordare al collega della sinistra, l’onorevole Murphy, che Marx era favorevole al libero scambio con l’India. Vorrei inoltre rammentare agli onorevoli colleghi liberali, in particolare all’onorevole Rohde, che il suo sostegno era motivato dagli effetti devastanti del libero commercio; secondo Marx, i disonorevoli interessi che muovevano la borghesia britannica avevano scarsa importanza e la società indiana doveva essere distrutta per affrettare l’inizio della rivoluzione globale.

Da parte mia, ritengo che non dovremmo assumere posizioni dogmatiche sul tema. L’applicazione sistematica del libero scambio non arreca necessariamente vantaggi, ma può risultare positiva in un contesto di parità concorrenziale. Nel caso del Giappone, rappresenta una soluzione valida in numerosi settori, ma riconosco ad esempio il diritto del paese a proteggere il proprio mercato del riso, tutelando i produttori, assicurando loro prezzi più elevati dei corsi internazionali e opponendosi a importazioni su vasta scala che annienterebbero il ceto agricolo; allo stesso modo, sostengo il diritto delle nostre economie a proteggere determinati comparti.

Non ho dunque espresso voto favorevole alla risoluzione di maggioranza, preferendo altri testi che, a mio avviso, sembravano più adeguati. È necessario stabilire un contesto di parità concorrenziale, ma soltanto in settori definiti chiaramente.

 
  
  

Relazione Arsenis (A7-0113/2011)

 
  
MPphoto
 

  Jens Rohde (ALDE).(DA) Signor Presidente, in realtà sarei rimasto sorpreso se i colleghi francesi non avessero inneggiato al protezionismo. Ma adesso bando ai dogmatismi. Passiamo a trattare di foreste e, a questo proposito, discutiamo oggi la relazione del Parlamento sul Libro verde della Commissione "La protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE". Le foreste europee, che assolvono numerose funzioni sul piano sociale, economico e ambientale, apportano senza dubbio un contributo significativo al superamento della crisi climatica, offrendo per la verità una soluzione molto efficace, nonché al raggiungimento dell’obiettivo dell’UE per il 2020. Il Venstre, partito liberare danese, accoglie dunque con soddisfazione la votazione odierna, grazie alla quale, da un lato, la tutela del patrimonio boschivo sarà più coesa e orientata a una prospettiva di lungo termine e, dall’altro, si conferma il nostro impegno a favore della competitività globale del settore forestale europeo. Nondimeno, ci stupisce l’approvazione della proposta di istituire un divieto edilizio trentennale per i terreni su cui si è sviluppato un incendio. Di fronte alla criminalità, la tipica soluzione della sinistra è imporre divieti indiscriminati, per giunta con una durata di trent’anni. Ovviamente, siamo contrari al provvedimento.

 
  
MPphoto
 

  Giommaria Uggias (ALDE). - Signor Presidente, come relatore ombra del gruppo ALDE sono pienamente soddisfatto del risultato raggiunto attraverso l’odierna votazione. Il dossier Arsenis sulla protezione delle foreste è una relazione d’indirizzo, una base per attestare come il Parlamento europeo intende affrontare la tutela del nostro patrimonio boschivo e l’adattamento delle foreste al cambiamento climatico. Oggi il Parlamento europeo ha espresso con chiarezza il proprio punto di vista, alla luce del quale aspettiamo le conseguenti proposte della Commissione per poter definire ancora più nel dettaglio le politiche di settore.

Vorrei ringraziare particolarmente Kriton Arsenis per la competenza e la serietà del lavoro svolto, che si è sviluppato attraverso una discussione lunga e non facile perché – come ben sappiamo – la situazione delle foreste non è identica in tutti gli Stati membri. Ciononostante, abbiamo trovato punti d’incontro e raggiunto anche particolari obiettivi, come quello di sottrarre alla speculazione edilizia alcune parti o quello di una maggiore protezione delle foreste di pregio per la biodiversità, quali quelle nordboreali e del Mediterraneo, e un divieto di edificazione sui terreni colpiti da natura dolosa.

Signor Presidente, come ribadito, questo è di grande importanza per molti paesi mediterranei, compresa la sua Grecia.

 
  
MPphoto
 

  Christa Klaß (PPE).(DE) Signor Presidente, le foreste rappresentano il nostro futuro e il nostro paesaggio culturale; vengono curate attentamente affinché offrano una serie di servizi ai cittadini e all’ambiente, fra cui la produzione di ossigeno, lo stoccaggio di carbonio e la creazione di un habitat per la fauna e la flora. I responsabili della gestione del patrimonio boschivo ricevono compensi miseri, se non nulli, per assolvere queste funzioni invisibili e date per scontate da molti cittadini. In questo contesto, diventa ancor più essenziale tener conto della componente economica delle foreste, che comprende l’industria del legname e, in misura crescente, la produzione di biomasse destinate non solo al riscaldamento, ma anche alla generazione di elettricità. In futuro dovremo rafforzare e sfruttare maggiormente il valore economico delle superfici boschive, con un’assunzione di responsabilità a livello nazionale e personale.

Ci attendiamo che la Commissione elabori un Libro bianco che rispetti tale approccio globale e sia, anzi, imperniato su di esso, allo scopo di vigilare sulla sopravvivenza delle foreste e garantire la nostra disponibilità a investire in tal senso. Se pianto un chicco di grano, penso soltanto al presente; se però piano un albero, guardo al futuro.

 
  
MPphoto
 

  Lena Ek (ALDE).(SV) Signor Presidente, le condizioni di gestione delle foreste variano notevolmente da una regione all’altra dell’Europa. Il livello nazionale è pertanto il più appropriato per discutere la legislazione in materia; peraltro, il trattato di Lisbona non dà fondamento a una politica forestale comune europea. L’aspetto più problematico in relazione alle proposte normative sul clima e sul patrimonio boschivo sta nell’importanza fondamentale che tale patrimonio riveste per il raggiungimento degli obiettivi per il clima da parte dell’Unione europea. Le foreste svolgono un ruolo indispensabile nella transizione verso un’economia verde, ad esempio attraverso la produzione di biocombustibili da sottoprodotti forestali.

Il settore forestale non deve, pertanto, essere soggetto a norme superflue e complicate che diminuiscono la competitività dei suoi prodotti rispetto ai combustibili fossili. Appare, ad esempio, molto singolare la proposta di introdurre criteri di sostenibilità vincolanti per una risorsa rinnovabile quale le foreste quando non esistono requisiti simili per i combustibili fossili come il carbone.

Continuerò a oppormi alla conduzione di una politica forestale comune europea anche in futuro, sostenendo piuttosto investimenti nelle attività di ricerca, educazione, informazione e innovazione legate alla prevenzione degli effetti del cambiamento climatico sul nostro patrimonio boschivo. Grazie.

 
  
 

(La seduta è sospesa per alcuni minuti)

 
  
  

Relazione Albertini (A7-0168/2011)

 
  
MPphoto
 

  Paul Murphy (GUE/NGL).(EN) Signor Presidente, ho espresso voto contrario alla relazione sulla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea; mi dissocio completamente dalle opinioni e dalle idee che esprime circa il ruolo, presente e futuro, del nostro continente nel mondo.

In sostanza, la relazione propugna un’Europa militarizzata e imperialista, difendendo una strategia aggressiva di approvvigionamento delle materie prime e criticando, testualmente, “una distinzione troppo rigida tra le operazioni di gestione delle crisi militari e civili”. Questo linguaggio cela l’intenzione di militarizzare ulteriormente la politica estera. Inoltre, il testo esprime compiacimento per l’accordo di scambio con la Colombia, nonostante le centinaia di sindacalisti assassinati negli ultimi anni perché colpevoli di rappresentare i lavoratori.

Con grande ipocrisia la relazione annovera i disordini sociali in una nuova generazione di sfide e rischi per la sicurezza. Quale ipocrisia! Dopo aver seminato povertà e miseria in tutto il mondo, il capitalismo è ora incapace di affrontarne le conseguenze. Ogni popolo ha diritto a difendere i propri interessi legittimi e adoperarsi per un futuro migliore senza alcuna interferenza da parte delle grandi potenze politiche, economiche e militari.

 
  
MPphoto
 

  Antonello Antinoro (PPE). - Signor Presidente, vorrei preliminarmente dire – sperando che non venga sottratto dal tempo a mia disposizione – che, a proposito di ipocrisie, siamo rimasti veramente in pochi a credere in determinate cose. Ciascuno di noi interviene con dichiarazioni di voto dopo le votazioni: saremo circa cinque o sei, ci ascoltiamo reciprocamente e forse siamo ripresi dalla televisione. Ma è tutto davvero abbastanza triste.

Per questo vorrei suggerire – cosa che farò sicuramente in occasione della prossima riunione del gruppo PPE – che le dichiarazioni di voto siano espresse d’ora in avanti precedentemente alla votazione stessa, in modo che forse, parlandoci e ascoltandoci, potremmo anche convincerci a vicenda di come votare, piuttosto che sottostare a una sorta di gioco di squadra predefinito.

Detto ciò, nella mia dichiarazione annunciavo di aver votato favorevolmente. Continuo a credere in quest’Europa, così come continuo a credere all’efficacia della presenza di un Alto Commissario. Continuo tuttavia a pensare che gli Stati membri ci credono molto meno di quanto non ci crediamo noi. Sarebbe dunque forse il caso di constatare – come ribadito stamani alla signora Ashton e altresì in altre occasioni – che se quest’Europa non smette di essere parzialmente economica, divenendo invece più politica, anche la nostra funzione probabilmente non potrà esplicarsi al meglio.

 
  
MPphoto
 

  Adam Bielan (ECR).(PL) Signor Presidente, convengo sulla necessità che la politica estera dell’UE tenga conto della dimensione esterna propria dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. Accolgo dunque con favore qualunque azione concorra alla promozione della pace, della stabilità e dello stato di diritto in paesi e regioni interessati da crisi. Condivido altresì l’impegno per il partenariato transatlantico, uno dei capisaldi della politica estera dell’UE, che mira alla realizzazione di un mercato senza barriere con gli Stati Uniti.

Dal punto di vista della Polonia, riveste particolare importanza la politica verso l’Europa orientale. La relazione giudica necessaria l’integrazione politica ed economica con i vicini dell’UE; invoca altresì un approccio coerente nei negoziati per un nuovo accordo con la Russia esortando a prestare attenzione allo stato di diritto nonché alla protezione dei diritti dell’uomo nel paese. Il testo afferma inoltre la necessità di intensificare i negoziati di adesione della Turchia e attuare un impegno costante nel processo di adesione dei Balcani.

 
  
MPphoto
 

  Pino Arlacchi (S&D).(EN) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione per l’approccio moderato alle più urgenti fra le questioni di politica estera e di sicurezza.

Grazie agli emendamenti proposti dall’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici, si sono adoperate formulazioni più costruttive circa il dialogo su Russia e Iran.

Hanno contribuito a migliorare la struttura della relazione anche gli emendamenti relativi alla strategia dell’UE in Afghanistan

La relazione Albertini segna un passo avanti verso il miglioramento della politica di sicurezza dell’UE. Pur sostenendo gli sforzi e l’impegno del relatore, devo ricordare che l’Unione europea è ancora lontana dall’avere una strategia di lungo termine coerente in questo campo. Il suo contributo alla pace e alla stabilità globali resta modesto e fin troppo dipendente dal concetto statunitense di sicurezza internazionale nonché dall’approccio “dell’ago”in tale ambito.

Adoperiamoci per una strategia estera e di sicurezza più autonoma e incentrata sull’Unione europea; è questo il risultato che i cittadini europei si attendono da noi e che dovremmo assicurare loro.

 
  
MPphoto
 

  Seán Kelly (PPE).(GA) Signor Presidente, mi compiaccio che un buon numero di onorevoli colleghi si sia pronunciato a sostegno della baronessa Ashton e del lavoro che svolge, o abbia proposto di parlare a una voce. Restando compatti, saremo efficaci e ci verrà prestato ascolto; in caso contrario, non otterremo nessuno di questi due risultati.

(EN) Mi sono tornate alla mente le parole di un grande poeta irlandese, William Butler Yeats, che diceva: “la pace scende goccia a goccia”. È accaduto nell’Irlanda del Nord, dove l’Unione europea ha svolto un ruolo cruciale attraverso il sostegno all’International Fund for Ireland; la pace è stata coronata lo scorso fine settimana dalla riuscita delle elezioni.

(GA) Il lavoro svolto dall’Unione europea nell’Irlanda del Nord può essere replicato su scala internazionale nell’interesse della pace e dei poveri, a patto che parliamo a una sola voce e che la baronessa Ashton assolva il proprio compito con diligenza.

 
  
  

Relazione Gualtieri (A7-0166/2011)

 
  
MPphoto
 

  Janusz Władysław Zemke (S&D).(PL) Signor Presidente, ho espresso parere favorevole alla relazione sullo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune dell’UE. Nondimeno desidero precisare che la relazione non si limita a valutare tale politica, ma si concentra sul futuro e sullo sviluppo. A mio avviso, questo esercizio richiede non solo le varie valutazioni, fondate e accurate, e le parole acute che non mancano nel testo; è necessario considerare la politica di sicurezza e di difesa con serietà e da una nuova angolazione.

Credo che si debba procedere in tre direzioni. Innanzi tutto, l’Unione europea dovrebbe definire i propri interessi strategici comuni, ad esempio nel settore della sicurezza energetica e della politica di vicinato; secondariamente, l’UE deve accrescere la propria capacità di pianificazione e coordinamento delle operazioni, civili e militari, nonché della gestione delle crisi; terzo e ultimo punto, il bilancio europeo dovrebbe prevedere risorse comuni per gli interventi concertati.

 
  
MPphoto
 

  Adam Bielan (ECR). (PL) Signor Presidente, l’interdipendenza delle organizzazioni internazionali dinanzi a problemi economici, ambientali ed energetici si fa sempre più significativa, richiedendo continui adattamenti nei rapporti con l’estero di ciascuno Stato. La politica di sicurezza richiede un’attenzione particolare da parte di tutti i paesi e, in un mondo in continua evoluzione, è soggetta a mutamenti costanti. Al centro della relazione vi è l’invito a salvaguardare l’autonomia strategica dell’Unione europea nel settore della sicurezza e della difesa, che però non tiene conto della scarsa esperienza militare dell’UE; allo stesso tempo, il documento esorta a compiere ulteriori sforzi per ampliare le opzioni operative dell’Unione. Per paesi come la Polonia, il caposaldo della politica di difesa resta la NATO. Un rafforzamento del partenariato strategico fra l’Unione europea e la NATO, insieme con la proposta di potenziare il reciproco sostegno in caso di intervento, rischia di rallentare considerevolmente le procedure per l’adozione di decisioni operative. Trovo questa relazione eccessivamente radicale e ho, pertanto, espresso voto contrario.

 
  
MPphoto
 

  Pino Arlacchi (S&D).(EN) Signor Presidente, il documento più significativo sulla strategia di sicurezza dell’UE, adottato dal Consiglio europeo il 12 dicembre 2003, è stato redatto da Xavier Solana con il titolo “Un’Europa sicura in un mondo migliore”.

Da allora sono stati compiuti scarsi progressi nel settore. L’Unione manca ancora di un’efficace strategia di sicurezza esterna e, sulla maggior parte delle questioni che la coinvolgono, continua a calcare le orme degli Stati Uniti. La relazione in esame tenta di introdurre alcuni cambiamenti positivi su aspetti di rilevanza tattica, come la gestione di crisi, la frammentazione della base industriale nel comparto europeo delle tecnologie di difesa e l’inefficacia delle 24 missioni cui l’UE partecipa su scala mondiale.

Ho votato a favore del documento, nell’auspicio che il Parlamento seguiti a contribuire al potenziamento dell’autonomia strategica dell’UE in materia di sicurezza. In particolare, ci occorre una ridefinizione delle principali minacce alla nostra sicurezza dopo il tracollo del terrorismo cosiddetto islamico e l’emergere di nuovi pericoli, quali la crisi finanziaria.

 
  
MPphoto
 

  Mitro Repo (S&D).(FI) Signor Presidente, pur avendo espresso voto favorevole, mi domando se l’Unione europea sia in grado di concorrere alla promozione della pace e della stabilità nei paesi nostri vicini, soprattutto nel caso di Siria, Libia ed Egitto.

Le nostre iniziative in Libia riveleranno l’effettivo stato della politica di sicurezza e di difesa europea. La presenza dell’Unione nel paese è giustificata dall’obiettivo di proteggere la popolazione civile e assistere i libici nella creazione di una società democratica. È ancora fresco il ricordo dei Balcani negli anni ‘90, quando l’Europa dovette affidarsi agli Stati Uniti. Ad ogni modo, la situazione in Libia ha messo in evidenza che l’UE non è una potenza militare, giacché il suo intervento è dipeso dalle iniziative indipendenti degli Stati membri.

Adesso gli avvenimenti dell’Africa settentrionale ci dimostrano che, di fatto, l’Unione continua a necessitare di preparazione e capacità sul piano militare. Il servizio per l’azione esterna è operativo da oltre un anno; possiamo dunque attenderci che raggiunga un qualche risultato.

 
  
MPphoto
 
 

  Julie Girling (ECR).(EN) Signor Presidente, mi vengono in mente due parole, purtroppo non molto gentili, per descrivere lo stato attuale della politica estera e di sicurezza comune: confusione e farsa. Sfortunatamente si tratta di una farsa piuttosto triste.

Negli ultimi quindici mesi la nostra cosiddetta politica comune non ha prodotto alcun impatto positivo, nonostante questo periodo le abbia offerto numerose occasioni per dimostrare la propria credibilità. Non parlo da esperto di affari internazionali, ma da persona che deve render conto ai propri elettori del valore aggiunto che l’Europa crea. Per quei cittadini sono fonte di grande preoccupazione la ripartizione poco attenta dei costi di tale politica e la scarsa supervisione dell’operato svolto.

Devo render conto ai miei elettori del servizio reso da questa politica; eppure, nonostante le interminabili discussioni sui testi in esame, fatico ancora a trovare una risposta.

 
  
  

Relazione Muñiz De Urquiza (A7-0181/2011)

 
  
MPphoto
 

  Anna Záborská (PPE). (SK) Signor Presidente, la relazione presentata evidenzia l’importanza prioritaria che l’Unione europea deve assegnare ai diritti umani in seno alle organizzazioni internazionali, prestando particolare attenzione ai diritti delle donne e dell’infanzia nonché alla libertà di espressione. Al tempo stesso, il documento esorta gli Stati membri a sostenere la posizione dell’UE all’interno di tali organizzazioni.

Tuttavia, i cosiddetti diritti riproduttivi (che celano semplicemente, sotto un altro nome, il diritto all’aborto) costituiscono parte integrante delle finalità europee in materia di diritti umani, sebbene la diplomazia dell’Europa non segua ancora una linea coerente nella promozione della libertà religiosa in ogni suo aspetto, con particolare riguardo al rispetto dei diritti dei cristiani nel mondo. Preferirei dunque che a rappresentare me e i miei elettori fossero i diplomatici slovacchi. Questi ultimi sosterrebbero, a mio avviso, una posizione sostanzialmente diversa da quella dell’UE in questi ambiti, che sono perlopiù di competenza nazionale.

 
  
MPphoto
 

  Pino Arlacchi (S&D).(EN) L’Unione europea continua a svolgere una funzione molto limitata a livello internazionale; il suo ruolo all’interno del sistema delle Nazioni Unite non ne rispecchia il peso democratico, economico e culturale. La presente relazione, riconoscendo tale mancanza, invita a rimuovere alcuni degli ostacoli che impediscono la piena partecipazione dell’UE all’assetto globale. Ho dunque espresso parere favorevole. L’Unione può apportare un contributo sostanziale alla pace e alla prosperità del nostro pianeta; facciamo in modo che la sua carica di civiltà si estenda al resto del mondo.

 
  
MPphoto
 

  Daniel Hannan (ECR).(EN) Signor Presidente, giacché potrei essere l’ultimo a intervenire, colgo l’opportunità per ringraziare i suoi collaboratori e gli interpreti per la pazienza dimostrata. Non crediate che nessuno la noti o la apprezzi.

L’Unione europea procede con voracità nell’arrogarsi tutti gli orpelli e gli attributi di uno Stato nazionale: ha un proprio Parlamento, una propria moneta, un proprio Presidente, un ministro degli esteri, frontiere esterne, una bandiera e un inno; emette il proprio passaporto e la propria patente di guida. È solo questione di tempo perché chieda il riconoscimento formale della sua condizione di Stato presso le Nazioni Unite, una richiesta che, chiaramente, è stata presentata proprio adesso, con il sostegno (tanto infelice quanto, per me, sconcertante) del mio governo.

Si tratta dell’ufficializzazione giuridica di un processo che, in realtà, è riscontrabile da tempo: lo spostamento di poteri che consideriamo caratteristici di uno Stato dal livello nazionale a quello europeo.

Gli altri Stati membri dell’Unione europea, tuttavia, dovrebbero procedere con cautela. Il pieno riconoscimento dell’UE quale Stato fa sì, fra l’altro, che la baronessa Ashton e il Presidente Van Rompuy, rispettivamente ministro degli esteri e capo di Stato della nuova entità, possano istruirli a volontà.

Sono certo che alcuni membri di quest’Assemblea non mancheranno di ricordar loro, in privato, come ogni rosa abbia le sue spine.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

Relazione Karim (A7-0095/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: accade infatti spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Pertanto, considerando l’importanza del commercio di prodotti alimentari, esprimo voto favorevole sulla proposta di direttiva relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. Il sistema contribuirà a fornire informazioni più accurate circa l’identità dei prodotti, concorrendo altresì allo sviluppo dell’interscambio globale.

 
  
MPphoto
 
 

  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) Convengo appieno sulla necessità di tenere conto delle raccomandazioni formulate dal gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Ritengo infatti che la proposta in esame si limiti semplicemente a una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in esame riguarda la mera codificazione della normativa già in vigore circa le diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare, senza operare modificazioni sostanziali che potrebbero richiedere un parere del Parlamento. Nondimeno vorrei ricordare che è sempre più essenziale offrire ai consumatori informazioni concrete e complete, con particolare riguardo alla partita, alla data di produzione e agli altri aspetti che consentano loro di rintracciare i movimenti di un prodotto a partire dal luogo di origine.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE, in virtù del quale la Commissione e il Parlamento hanno introdotto numerose modifiche legislative. Tra le attività che complicano realmente la vita del comune cittadino europeo vi sono la lettura e l’interpretazione delle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. La proliferazione di tali informazioni rende il compito ancora più difficile, oltre a contribuire al deterioramento della qualità di vita. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi. Mi compiaccio di poter finalmente adottare una direttiva che, attraverso il consolidamento della direttiva 89/396/CEE, semplifica la vita dei cittadini snellendo e chiarendo il diritto dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) Il commercio di prodotti alimentari riveste importanza fondamentale nel mercato interno. La dicitura che contrassegna la partita alla quale appartiene una derrata alimentare sopperisce alla necessità di informazioni più accurate sull’identità degli alimenti, offrendo indicazioni utili laddove una derrata sia oggetto di controversie o rappresenti un pericolo per la salute dei consumatori.

In considerazione della varietà di metodi identificativi adoperati, dovrebbe spettare all’operatore individuare la partita e applicarvi la dicitura o la marca corrispondente. A livello internazionale sussiste l’obbligo generale di indicare la partita di produzione o di confezionamento delle derrate alimentari pre-confezionate. L’Unione dovrebbe contribuire allo sviluppo dell’interscambio globale attuando anche queste norme.

 
  
MPphoto
 
 

  Jarosław Kalinowski (PPE), per iscritto.(PL) Nell’interesse della società e dei consumatori del mercato europeo, miriamo a semplificare il maggior numero di regole e norme, affinché risultino chiare e comprensibili per ciascun cittadino. Rientra in questo esercizio anche la politica agricola comune, il cui scopo principale è garantire la sicurezza alimentare in Europa e che, in futuro, dovrebbe fondarsi sul principio della semplificazione. La codificazione della direttiva relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare cerca di seguire tale approccio, agevolando la comprensione della normativa da parte dei consumatori. Allo stesso tempo, nel preservare la formulazione dei testi originari, la codificazione rispetta appieno le procedure previste per l’adozione di atti nell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso parere favorevole alla relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Obiettivo della proposta in esame è la codificazione dei testi legislativi esistenti sulle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. Occorrerebbe tuttavia riconoscere maggiore importanza alla disponibilità di informazioni accurate ed esaustive per i consumatori, con particolare riguardo alla partita, alla data di produzione e ad altri aspetti che consentano loro di ricostruire l’iter di un prodotto a partire dal luogo di origine.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione dell’onorevole Karim contiene una risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (codificazione). Obiettivo della proposta è codificare la direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. Sono del tutto favorevole alla nuova direttiva, che sostituirà i vari atti raccolti al suo interno; la proposta lascia invariato il contenuto dei testi codificati, limitandosi a riunirli con le sole modificazioni formali che l’iter di codificazione prescrive. Ho espresso voto positivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Questa direttiva relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare non può che vederci favorevoli, anche perché troppo spesso la malavita falsifica codici a fini illeciti. Raggruppare e semplificare tutte le normative vigenti relative alle diciture o marche non possono che facilitare i controlli e l’individuazione di eventuali abusi.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0089/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: infatti, accade spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Alla luce di tale impegno, e considerando l’importanza delle unità di misura per la maggior parte delle attività umane, esprimo voto favorevole sulla proposta di direttiva per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura. Il sistema contribuirà ad accrescere l’efficienza negli ambiti della sanità e della sicurezza, nonché nelle operazioni amministrative.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) In considerazione dei pareri formulati dai servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, secondo cui la proposta della Commissione si limita alla mera codificazione dei testi esistenti senza modificazioni sostanziali, accolgo con favore l’approvazione del testo in prima lettura.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura (testo codificato). Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) Le unità di misura svolgono un ruolo essenziale nel funzionamento di tutti gli strumenti di misurazione, esprimendo misure o quantità di qualsiasi genere. Poiché sono utilizzate in quasi tutti i settori dell’attività umana, è necessario assicurare la massima chiarezza nella loro applicazione, disciplinandone l’impiego a fini economici, amministrativi e di sanità o sicurezza pubblica all’interno dell’Unione europea. Gli Stati membri dovrebbero essere in grado di stabilire che gli apparecchi di misurazione adoperati sul loro territorio rechino indicazione della quantità espressa in un’unità comune riconosciuta ai sensi di legge.

La direttiva in esame favorisce il funzionamento ordinato del mercato interno attraverso l’armonizzazione delle unità di misura. È dunque opportuno che la Commissione segua gli sviluppi di mercato legati alla direttiva e alla sua attuazione, prestando particolare attenzione agli eventuali ostacoli per il mercato interno e agli ulteriori interventi di armonizzazione necessari a superarli.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente alle unità di misura, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione contiene una risoluzione legislativa sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura. Obiettivo della proposta è codificare la direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE. Trovo eccellente che la nuova direttiva sostituisca i vari atti raccolti al suo interno; inoltre, la proposta lascia invariato il contenuto dei testi codificati, limitandosi a riunirli con le sole modificazioni formali che l’iter di codificazione prescrive. Ho espresso voto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0093/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 70/157/CEE concernente il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: infatti, accade spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Voto dunque a favore della proposta di direttiva concernente il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore, perché trovo più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in esame riguarda la mera codificazione delle legislazioni esistenti circa il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore. Non sono state apportate modificazioni sostanziali che richiederebbero, in particolare, la formulazione di un parere da parte del Parlamento.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio concernente il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE, in virtù del quale la Commissione e il Parlamento hanno intrapreso numerose modifiche legislative. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa, che, alle volte, sono determinate dalla necessità di un aggiornamento, ma finiscono per ridurre la qualità di vita del singolo. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione nel 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi. Mi compiaccio di poter finalmente adottare un atto recante codificazione della direttiva 70/157/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, che ravvicina la normativa degli Stati membri concernente il livello sonoro ammesso e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La direttiva 70/157/CEE (uno degli atti concernenti il sistema di omologazione CE definito nella direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli) contiene prescrizioni tecniche circa il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore. Tali prescrizioni mirano al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, affinché la procedura di omologazione CE prevista dalla direttiva 2007/46/CE venga applicata a tutti i tipi di veicolo. Di conseguenza, la direttiva in discussione deve conformarsi alle disposizioni sancite dalla direttiva 2007/46/CE riguardo sistemi, componenti ed entità tecniche destinati ai veicoli.

Occorre tener conto dei requisiti tecnici adottati dalla Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) nella normativa in materia, allegata all’accordo della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite relativo all’adozione di prescrizioni tecniche uniformi applicabili ai veicoli a motore, agli accessori e alle parti che possono essere installati e/o utilizzati sui veicoli a motore e alle condizioni di riconoscimento reciproco delle omologazioni rilasciate sulla base di tali prescrizioni.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore contribuirà a raggiungere la finalità principale della proposta, ossia la codificazione della direttiva 70/157/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello sonoro ammissibile e al sistema di scappamento dei veicoli a motore. Condivido l’iniziativa e ho dunque votato in favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento dei veicoli a motore giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) L’essenzialità del settore dei trasporti per l’economia europea si riflette nel numero di occupati, oltre dieci milioni, nonché nel contributo del 5 per cento al prodotto interno lordo (PIL). Lo sviluppo del comparto è dunque fondamentale per la crescita economica dell’Unione, al fine di colmare divari sia fisici sia mentali. Inoltre, come ricorda il Libro bianco intitolato “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti”, è indispensabile raggiungere il traguardo di una riduzione del 60 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2050.

La relazione in esame intende dunque semplificare e chiarire le disposizioni dell’UE, sparse in numerosi atti legislativi che sono stati già modificati più volte, complicandone l’interpretazione. Uno degli obiettivi dell’Unione è la trasparenza dell’acquis communautaire in quanto strumento per avvicinare l’Europa ai cittadini, consentendo loro di godere dei propri diritti specifici.

La codificazione dei testi normativi esistenti deriva dal ravvicinamento della legislazione degli Stati membri per la definizione di norme tecniche sul livello sonoro ammissibile e sul dispositivo di scappamento dei veicoli a motore, norme che promuovono la sostenibilità ambientale su scala europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Artur Zasada (PPE), per iscritto.(PL) Ho espresso parere favorevole sul documento 2010/0261 concernente la codificazione del livello sonoro ammissibile e del dispositivo di scappamento dei veicoli a motore. Il testo in esame rappresenta un altro esempio dell’impegno della Commissione europea per la semplificazione e il riordino dell’acquis communautaire, affinché divenga più trasparente e accessibile per i cittadini dell’Unione. La proposta codifica i testi esistenti creando un atto legislativo di più facile comprensione e accessibilità. Normalizzando le disposizioni tecniche, la direttiva ravvicina inoltre gli Stati membri e istituisce una procedura di omologazione dell’UE ufficiale, che era stata definita dalla direttiva 2007/46/CE in riferimento a ciascun tipo di veicolo.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0098/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 87/402/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: infatti, accade spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Esprimo dunque voto favorevole sulla proposta di direttiva relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa, che, alle volte, sono determinate dalla necessità di un aggiornamento, ma finiscono per ridurre la qualità di vita del singolo. La proliferazione di tale informazioni rende il compito ancora più difficile, oltre a contribuire al deterioramento della qualità di vita. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione nel 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi. Mi compiaccio di poter finalmente adottare un atto recante codificazione della direttiva 87/402/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La direttiva 87/402/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente è stata più volte sottoposta a modifiche sostanziali. È dunque necessario procedere a una codificazione, per esigenze di chiarezza e di razionalità. La direttiva 70/157/CEE (uno degli atti concernenti il sistema di omologazione CE definito nella direttiva 74/150/CEE del Consiglio sostituita dalla direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativa all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli e che abroga la direttiva 74/150/CEE) contiene prescrizioni tecniche circa la progettazione e la costruzione, per i trattori agricoli o forestali, dei dispositivi di protezione contro il capovolgimento montati anteriormente.

Tali prescrizioni mirano al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, affinché la procedura di omologazione CE prevista dalla direttiva 2003/37/CE venga applicata a tutti i tipi di veicolo. Di conseguenza, la direttiva in discussione deve conformarsi alle disposizioni sancite dalla direttiva 2003/37/CE relativamente ai trattori agricoli o forestali, ai loro rimorchi e alle loro macchine intercambiabili trainate, nonché ai sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso parere favorevole alla relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente alle unità di misura, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Giunge al momento opportuno questa risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente. Obiettivo della proposta in esame è la codificazione della direttiva 87/402/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente. Ho sostenuto l’iniziativa con il mio voto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Questa direttiva relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, non può che vederci favorevoli. Raggruppare e semplificare tutte le normative vigenti in materia è un passo importante, che permette di tutelare chi utilizza i mezzi agricoli quotidianamente.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in esame, per cui ho oggi espresso voto favorevole, verte sulla legislazione dell’UE concernente il sistema di omologazione UE per i trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta. Il testo definisce le norme tecniche circa i dispositivi di protezione contro il capovolgimento montati anteriormente.

La codificazione dei testi normativi dell’UE rappresenta un iter indispensabile al fine di semplificarne e agevolarne la comprensione da parte del pubblico europeo, contribuendo così all’effettiva attuazione delle direttive dell’Unione. Nella fattispecie, le norme tecniche prescritte agli Stati membri fanno sì che il sistema di omologazione UE, istituito con la direttiva 2003/37/CE, venga applicato a tutti i modelli di trattore.

La relazione mette in evidenza due aspetti fondamentali: la semplificazione e la trasparenza del diritto dell’UE. Attraversiamo un periodo in cui i cittadini dell’Unione si sentono estromessi dal progetto europeo; ritengo dunque essenziale trovare soluzioni utili a ridurre questo divario, per dimostrare che la finalità principale dell’Unione europea sta nel benessere dei suoi cittadini.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0090/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 86/415/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: infatti, accade spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Esprimo dunque voto favorevole sulla proposta di direttiva relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa, che, alle volte, sono determinate dalla necessità di un aggiornamento, ma finiscono per ridurre la qualità di vita del singolo. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione il 1° aprile 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi. Mi compiaccio di poter finalmente adottare un atto recante codificazione della direttiva 86/415/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La direttiva 86/415/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote è stata più volte sottoposta a modifiche sostanziali. È dunque necessario procedere a una codificazione, per esigenze di chiarezza e di razionalità. La direttiva 86/415/CEE (uno degli atti concernenti il sistema di omologazione CE definito nella direttiva 74/150/CEE del Consiglio sostituita dalla direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativa all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli e che abroga la direttiva 74/150/CEE) contiene prescrizione tecniche circa l’installazione, l’ubicazione, il funzionamento e l’identificazione dei comandi.

Tali prescrizioni mirano al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, affinché la procedura di omologazione CE prevista dalla direttiva 2003/37/CE venga applicata a tutti i tipi di veicolo. Di conseguenza, la direttiva in discussione deve conformarsi alle disposizioni sancite dalla direttiva 2003/37/CE riguardo ai trattori agricoli e forestali, ai loro rimorchi e alle loro macchine intercambiabili trainate, nonché ai sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente ai comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione in esame riguarda la risoluzione del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote. Obiettivo della proposta è codificare la direttiva 86/415/CEE del Consiglio, 24 luglio 1986, relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote (testo codificato). Ho espresso voto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’installazione, all’ubicazione, al funzionamento e all’identificazione dei comandi dei trattori agricoli o forestali a ruote (testo codificato) giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Sono favorevole alla relazione giacché mira a proteggere l’operatore che utilizza la macchina agricola, in quanto i comandi devono essere facilmente accessibili e non presentare un pericolo. Essi devono essere concepiti e disposti, o protetti, in modo da escludere qualsiasi movimento involontario o altra manovra pericolosa per l’operatore.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0092/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 76/432/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: accade infatti spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Esprimo dunque voto favorevole alla proposta di direttiva relativa alla frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La direttiva 76/432/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1976, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote è stata più volte sottoposta a modifiche sostanziali. È dunque necessario procedere a una codificazione, per esigenze di chiarezza e di razionalità. La direttiva 76/432/CEE (uno degli atti concernenti il sistema di omologazione CE definito nella direttiva 74/150/CEE del Consiglio sostituita dalla direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativa all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli e che abroga la direttiva 74/150/CEE) contiene prescrizione tecniche circa la frenatura.

Tali prescrizioni mirano al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, affinché la procedura di omologazione CE prevista dalla direttiva 2003/37/CE venga applicata a tutti i tipi di veicolo. Di conseguenza, la direttiva in discussione deve conformarsi alle disposizioni sancite dalla direttiva 2003/37/CE riguardo ai trattori agricoli e forestali, ai loro rimorchi e alle loro macchine intercambiabili trainate, nonché ai sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole sulla relazione in esame, che appoggia la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente alla frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Sono favorevole alla relazione in quanto mira a regolamentare e semplificare la normativa in materia di frenatura dei trattori agricoli o forestali a ruote. È opportuno, al fine di tutelare e proteggere l’operatore che utilizza i trattori agricoli o forestali, che le macchine siano omologate secondo le disposizioni CE.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0096/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 80/720/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: accade infatti spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Esprimo dunque voto favorevole sulla proposta di direttiva relativa allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote, un testo codificato. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione il 1° aprile 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. La raccomandazione confluì poi nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Edimburgo, svoltosi nel dicembre del 1992. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi. Mi compiaccio dunque di poter finalmente adottare un atto recante codificazione della direttiva 80/720/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1980, che ravvicina la normativa degli Stati membri concernente lo spazio di manovra, i mezzi di accesso al posto di guida, nonché gli sportelli e i finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La direttiva 80/720/CEE del Consiglio per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote è stata più volte sottoposta a modifiche sostanziali. È dunque necessario procedere a una codificazione, per esigenze di chiarezza e di razionalità. La direttiva 80/720/CEE (uno degli atti concernenti il sistema di omologazione CE definito nella direttiva 74/150/CEE del Consiglio sostituita dalla direttiva 2003/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativa all’omologazione dei trattori agricoli o forestali, dei loro rimorchi e delle loro macchine intercambiabili trainate, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli e che abroga la direttiva 74/150/CEE) contiene prescrizioni tecniche circa la progettazione e la realizzazione, per i trattori agricoli o forestali, dello spazio di manovra, dei mezzi di accesso al posto di guida, nonché degli sportelli e dei finestrini.

Tali prescrizioni mirano al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, affinché la procedura di omologazione CE prevista dalla direttiva 2003/37/CE venga applicata a tutti i tipi di veicolo. Di conseguenza, la direttiva in discussione deve conformarsi alle disposizioni sancite dalla direttiva 2003/37/CE relativamente ai trattori agricoli o forestali, ai loro rimorchi e alle loro macchine intercambiabili trainate, nonché ai sistemi, componenti ed entità tecniche di tali veicoli.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione sulla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli e ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − È indispensabile, per garantire la sicurezza, codificare in modo comprensibile e accessibile ai cittadini le norme relative gli spazi di manovra, al posto guida, alle dimensioni di sportelli e finestrini dei trattori agricoli. Esprimo pertanto voto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La presente relazione, al pari di quelle riguardanti la normativa sui trattori, mira a codificare la direttiva 80/720/CEE, del 24 giugno 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative allo spazio di manovra, ai mezzi di accesso al posto di guida, nonché agli sportelli ed ai finestrini dei trattori agricoli o forestali a ruote. Gli emendamenti presentati non ne modificano il contenuto, ma interessano semplicemente la forma che l’iter di codificazione richiede, e che viene presentata nelle 22 lingue ufficiali.

Sottolineo nuovamente l’importanza di tale iter di legge al fine di rendere più chiari e comprensibili i testi giuridici dell’UE, che si rivolgono principalmente al pubblico europeo e agli organismi dell’Unione. La chiarezza e la linearità degli affari europei agli occhi della cittadinanza contribuiscono in misura determinante allo sviluppo del senso di appartenenza, indispensabile per il progetto europeo.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0101/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 86/298/CEE del Consiglio, del 26 maggio 1986, relativa ai dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: accade infatti spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Esprimo dunque voto favorevole sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto.(PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente alle unità di misura, senza modificazioni sostanziali; non vedo dunque ragioni per esprimere voto contrario.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione il 1° aprile 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. La raccomandazione confluì poi nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Edimburgo, svoltosi nel dicembre del 1992. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi. Mi compiaccio dunque di poter finalmente adottare un atto recante codificazione della direttiva 86/298/CEE del Consiglio, del 26 maggio 1986, che ravvicina la normativa degli Stati membri concernente i dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente ai dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) La relazione si prefigge di chiarire e semplificare la direttiva 86/298/CEE del Consiglio, e successive modifiche, concernente i dispositivi di protezione, del tipo a due montanti posteriori, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote a carreggiata stretta.

L’iter di codificazione persegue il chiaro obiettivo di rendere il diritto dell’Unione più accessibile e comprensibile al pubblico europeo. La direttiva in esame e le corrispondenti modifiche hanno definito norme tecniche relative alla progettazione e alla produzione dei trattori agricoli o forestali, nonché ai rispettivi sistemi di omologazione, che richiedono un’armonizzazione a livello di UE affinché si creino le condizioni necessarie alla sicurezza stradale.

Inoltre, l’armonizzazione a livello europeo fa sì che, laddove l’utilizzo dei trattori comporti un rischio per i lavoratori, gli Stati membri possano attuare le misure necessarie e richieste, tenendo conto dell’ottemperanza al trattato e alla normativa tecnica sui dispositivi di protezione elencati nella direttiva

 
  
  

Relazione Karim (A7-0100/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) In considerazione dell’accordo istituzionale del 20 dicembre 1994 su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi, con particolare riguardo al punto 4, esprimo voto favorevole alla proposta emendata della Commissione. Il gruppo consultivo composto dai servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione si è riunito il 23 novembre 2010 per esaminare la proposta di regolamento in oggetto presentata dalla Commissione. In seguito all’esame della proposta di direttiva del Consiglio che codifica la direttiva 92/79/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati, il gruppo consultivo è giunto di comune accordo alla conclusione che la proposta è una mera codificazione dei testi esistenti, senza alcuna modificazione sostanziale.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica la direttiva 92/79/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: accade infatti spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Voto dunque a favore della proposta di direttiva relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) In considerazione dei pareri formulati dai servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, secondo cui la proposta della Commissione si limita a una mera codificazione dei testi esistenti senza modificazioni sostanziali, accolgo con favore l’approvazione del testo.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta emendata di direttiva del Consiglio relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione il 1° aprile 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. La raccomandazione confluì poi nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Edimburgo, svoltosi nel dicembre del 1992. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi, che dovrebbe svolgersi nel pieno rispetto dell’iter legislativo dell’UE. Mi compiaccio dunque di poter finalmente adottare un atto recante codificazione della direttiva 92/79/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) Il trattato si prefigge di mantenere l’Unione economica attraverso una sana concorrenza e caratteristiche simili a quelle riscontrabili nel mercato interno. Nel caso del tabacco lavorato, il raggiungimento di questo obiettivo presuppone che l’applicazione, negli Stati membri, di imposte sul consumo di prodotti del settore non comprometta o intralci la libera circolazione di questi ultimi all’interno dell’Unione europea. Quanto alle accise, l’armonizzazione della struttura deve far sì, in particolar modo, che la concorrenza fra le varie categorie di tabacco lavorato appartenenti a uno stesso gruppo non venga distorta dagli effetti dell’applicazione dell’imposta, consentendo di riflesso l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri. Fra le condizioni di base per la concorrenza si annovera un sistema di prezzi in gradi di determinarsi liberamente per tutti i tipi di tabacco lavorato; l’attuazione di questa politica deve però garantire standard elevati in materia di diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla relazione sulla proposta emendata di direttiva del Consiglio relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione presentata dall’onorevole Karim contiene la risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta emendata di direttiva del Consiglio relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato. Obiettivo dichiarato della proposta è codificare la direttiva 92/79/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati. L’iniziativa riveste grande importanza, oltre a giungere in un momento particolarmente opportuno. Ho dunque espresso parere favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Il gruppo consultivo competente ha esaminato la proposta di direttiva del Consiglio che codifica la direttiva 92/79/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette, la direttiva 92/80/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette e la direttiva 95/59/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati. Secondo le sue conclusioni, il testo costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza alcuna modificazione sostanziale. Ho dunque votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − Anche in questo caso – e ad oggi ne abbiamo in esame diverse – la relazione promuove la semplificazione e la chiara formulazione della normativa comunitaria, anche perché, come nel caso dell’accisa, vi sono innumerevoli disposizioni sparse modificate a più riprese. Unificarle e renderle comprensibili non può che essere utile sia per gli operatori che per gli utenti. Il nostro voto è favorevole.

 
  
  

Relazione Karim (A7-0102/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, che codifica il regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione. La codificazione costituisce uno strumento efficace per consolidare, attraverso un unico atto legislativo, la normativa riguardante una determinata materia. Contribuisce inoltre a una maggiore chiarezza: accade infatti spesso che disposizioni relative a una stessa questione siano sparse in atti giuridici diversi e che, a seguito di modifiche, sia difficile individuare la disposizione applicabile. La codificazione concorre altresì allo sviluppo di un diritto dell’UE più semplice, chiaro e comprensibile per i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per chiarire il diritto dell’UE e renderlo più accessibile per tutti i cittadini. Voto dunque a favore della proposta di regolamento riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione. Trovo inoltre più efficiente la formulazione della proposta di codificazione attraverso un sistema di elaborazione dati.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) In considerazione dei pareri formulati dai servizi giuridici del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, secondo cui la proposta della Commissione si limita alla mera codificazione dei testi esistenti senza modificazioni sostanziali, accolgo con favore l’approvazione del testo.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte sulla proposta di regolamento del Consiglio riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione, un testo codificato. Semplificare la vita dei cittadini europei è uno dei principali obiettivi dell’UE. Uno degli aspetti che complica realmente la vita dei cittadini dell’UE sono le continue modificazioni della normativa. Secondo una raccomandazione formulata dalla Commissione il 1° aprile 1987, tutti gli atti modificati un massimo di dieci volte dovrebbero essere codificati, per agevolare la comprensione della legislazione dell’UE. La raccomandazione confluì poi nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Edimburgo, svoltosi nel dicembre del 1992. Per porre rimedio al problema, esiste dal 1994 un accordo interistituzionale fra Parlamento, Commissione e Consiglio su un metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi, che dovrebbe svolgersi nel pieno rispetto dell’iter legislativo dell’UE. Mi compiaccio dunque di poter finalmente adottare un atto recante codificazione del regolamento (CE) 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) Il sistema di coniatura comune europeo dovrebbe incentivare la fiducia del pubblico, adottando innovazioni tecnologiche che ne garantiscano la sicurezza, l’affidabilità e l’efficacia. La fiducia dei cittadini nel sistema dipende dalle proprietà fisiche delle monete, che dovrebbero offrire la massima facilità d’uso. A seguito di consultazioni con le associazioni dei consumatori, i rappresentanti dell’Unione europea dei non vedenti ed esponenti del settore della distribuzione automatica, è stata condotta una ricerca volta a tener conto delle esigenze specifiche di importanti categorie d’utenza; occorreva rendere le monete facilmente distinguibili, attraverso proprietà tattiche e visive, al fine di assicurare un ordinato passaggio all’euro e di favorire l’accettazione dei nuovi sistemi di coniatura da parte degli utenti.

Era inoltre necessario inserire alcune caratteristiche di sicurezza speciali per limitare la contraffazione. Infine, la combinazione di una faccia europea con una nazionale ha dato espressione all’idea soggiacente l’Unione monetaria degli Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho espresso voto favorevole alla proposta di regolamento del Consiglio riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (testo codificato).

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) La proposta in oggetto si limita a codificare i testi esistenti relativamente ai valori unitari e alle specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione, senza modificazioni sostanziali; voto dunque a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione presentata dall’onorevole Karim contiene la risoluzione legislativa del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione. In vista della probabile adesione di altri membri all’area dell’euro, questa iniziativa rappresenta una nuova opportunità di contrastare la contraffazione. Ho pertanto espresso voto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Sulla base del parere del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la presente relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione giunge alla conclusione che il documento sottoposto costituisce una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali. Ho pertanto votato a favore della proposta del Parlamento, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
  

Relazioni Karim (A7-0089/2011), (A7-0090/2011), (A7-0092/2011), (A7-0093/2011), (A7-0095/2011), (A7-0096/2011), (A7-0098/2011) e (A7-0101/2011), (A7-0102/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in oggetto si limita a una mera codificazione dei testi esistenti, senza alcuna modificazione sostanziale; voto dunque a favore della posizione in prima lettura, che approva la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
  

Relazioni Karim (A7-0089/2011), (A7-0090/2011), (A7-0092/2011), (A7-0093/2011), (A7-0095/2011), (A7-0096/2011), (A7-0098/2011) e (A7-0100/2011), (A7-0101/2011), (A7-0102/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Izaskun Bilbao Barandica (ALDE), per iscritto.(ES) Sostengo la relazione perché la proposta in esame si limita a una mera codificazione dei testi esistenti, senza alcuna modificazione sostanziale.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sulla base del considerando in cui si afferma che, secondo il gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, la proposta in questione si limita a una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali, il Parlamento adotta la posizione in prima lettura, approvando la proposta della Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Ho espresso voto favorevole sulle relazioni presentate dall’onorevole Karim. I dieci documenti sottoposti dalla commissione giuridica vertono esclusivamente sulla codificazione di vari atti, definita di comune accordo dai servizi giuridici. Non ne derivano dunque modificazioni del contenuto.

 
  
  

Relazioni Karim (A7-0090/2011), (A7-0092/2011), (A7-0093/2011), (A7-0095/2011), (A7-0096/2011), (A7-0098/2011), (A7-0101/2011) e (A7-0102/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − La risoluzione adottata oggi accoglie in pieno la posizione espressa dalla Commissione quale adattata alle raccomandazioni del gruppo consultivo dei servizi giuridici del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Secondo tale gruppo consultivo, la proposta in questione si limita ad una mera codificazione dei testi esistenti, senza modificazioni sostanziali.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho espresso parere favorevole in considerazione dell’obiettivo della direttiva, che si prefigge la codificazione di atti legislativi, finora separati, per esigenze di accessibilità e comprensibilità della normativa, senza apportare modificazioni sostanziali.

 
  
  

Raccomandazione per la seconda lettura relazione Manders (A7-0086/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Sono favorevole alla proposta che la Commissione prosegua i lavori su questo importante fascicolo sulla base degli emendamenti approvati dal Parlamento in prima lettura e auspico un approccio costruttivo da parte del Consiglio per la promozione dell’accesso al maggior numero d’informazioni possibile sui prodotti tessili.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa importante risoluzione relativa alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili. Con l’adozione di questa risoluzione, l’Europa ha assunto un impegno unanime per la tutela dei consumatori mediante l’indicazione del paese d’origine e l’adozione di un nuovo meccanismo di tracciabilità dei prodotti tessili. Noi, deputati europei, abbiamo oggi adottato una dichiarazione congiunta volta a tutelare i consumatori europei da indicazioni fraudolente o fuorvianti sull’origine dei prodotti. Credo fermamente che la risoluzione e la dichiarazione daranno nuovo slancio all’istituzione di un meccanismo volto a fornire informazioni accurate ai consumatori, in particolare circa l’esatta origine dei prodotti acquistati. I cittadini europei hanno il diritto di conoscere il luogo di origine e il livello di qualità dei prodotti e dei tessili che acquistano.

 
  
MPphoto
 
 

  Liam Aylward (ALDE), per iscritto. (GA) Ho votato a favore di questa relazione perché è importante che i consumatori siano pienamente informati quando acquistano dei prodotti tessili. Grazie a questa relazione, viene introdotto l’obbligo di indicare con chiarezza in etichetta la presenza di parti non tessili di origine animale, anche nell’interesse dei soggetti allergici. A seguito delle modifiche proposte nella relazione, potranno essere immessi sul mercato in tempi più celeri nuove fibre e prodotti innovativi e i consumatori avranno la possibilità di operare scelte informate. Mi rallegro in particolare per la proposta di procedere allo studio per verificare l’esistenza di un nesso causale fra reazioni allergiche e sostanze chimiche utilizzate nei prodotti tessili e allo studio sulla fattibilità di un progetto di etichettatura per luogo d’origine per garantire la piena tracciabilità dei prodotti tessili. Sono d’accordo con il relatore sul fatto che si debba giungere a un equilibrio fra l’applicazione di un alto livello di tutela dei consumatori e la necessità di semplificare il quadro normativo per i prodotti tessili.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa relazione. Mira a semplificare e migliorare il quadro normativo vigente in materia di etichettatura dei prodotti tessili, a promuovere l’innovazione nel settore tessile e dell’abbigliamento e a sviluppare e utilizzare le nuove fibre. Concordo sul fatto che occorra trovare il giusto equilibrio tra un alto livello di protezione dei consumatori e la semplificazione del quadro normativo per i prodotti tessili. L’estensione dell’obbligo di etichettatura non deve comportare un onere eccessivo sulle imprese senza produrre un reale valore aggiunto per i consumatori i quali potrebbero addirittura essere disorientati da un eccesso d’informazioni sull'etichetta dei prodotti tessili. Ritengo sarebbe utile che la Commissione presentasse una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio su nuovi eventuali obblighi di etichettatura da introdurre a livello europeo, tenendo conto in particolare delle opinioni dei consumatori in merito alla quantità d’informazioni da fornire sull’etichetta del prodotto tessile, e verificare la possibilità di ricorso ad altri mezzi alternativi per fornire informazioni ai consumatori.

 
  
MPphoto
 
 

  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) La proposta di regolamento adottata dalla Commissione il 30 gennaio 2010 è volta a semplificare il quadro normativo vigente riunendo in un solo regolamento le tre direttive esistenti in materia di denominazione e di etichettatura dei prodotti tessili.

In sede di prima lettura, il 18 maggio 2010, il Parlamento ha approvato a larga maggioranza 63 emendamenti. Si è trattato principalmente di emendamenti tecnici volti ad adeguare il testo al trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Ha inoltre approvato una serie di modifiche sostanziali, quali le norme sul marchio d’origine, l’indicazione di materiali di origine animale, l’indicazione di prodotti tessili composti da più fibre e così via. Nella sua posizione, il Consiglio ha respinto tutte le modifiche sostanziali proposte dal Parlamento.

Ho votato a favore di questa relazione, in raccomandazione per la seconda lettura, perché reintroduce la gran parte degli emendamenti approvati dal Parlamento in prima lettura, incluse le norme sul marchio d’origine, sull’indicazione dei materiali di origine animale e dei prodotti tessili composti da più fibre. Queste modifiche contribuiranno alla promozione e all’innovazione dell’industria europea e accresceranno il livello delle informazioni messe a disposizione dei consumatori.

Altrettanto importante sarà lo studio che la Commissione dovrà presentare entro il settembre 2013 per verificare se esista un nesso causale fra le reazioni allergiche e le sostanze chimiche o le mischie usate nei prodotti tessili.

 
  
MPphoto
 
 

  Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − Nel gennaio 2009 la Commissione ha adottato la proposta di un nuovo regolamento relativa alle denominazioni tessili e all'etichettatura dei prodotti tessili. La proposta, volta a semplificare e migliorare il quadro normativo esistente in materia di etichettatura dei prodotti tessili, ha l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e l'utilizzazione di nuove fibre. Sostituendo le tre direttive vigenti con un unico regolamento, essa di fatto semplifica il processo legislativo per adeguare la legislazione al progresso tecnico e consente ai consumatori di fibre di beneficiare più rapidamente di prodotti innovativi sul mercato.

Accolgo con favore questa proposta e, in particolare, ritengo significativo che il nuovo regolamento contenga un richiamo esplicito al "Made in". E' fondamentale, infatti, continuare nella direzione volta a fornire all'Unione europea gli strumenti per competere e confrontarsi sul mercato globalizzato con i suoi principali partner commerciali quali Stati Uniti, Canada, Cina e Giappone.

Desidero inoltre sottolineare in questa sede, l'aspetto a mio avviso più importante dell'accordo raggiunto con il Consiglio ovvero l'impegno della Commissione europea a presentare, entro il 30 settembre 2013, dopo aver effettuato un'idonea valutazione d'impatto, una relazione accompagnata da proposte legislative relative all'etichettatura sull'indicazione di origine, alla tracciabilità ed all'utilizzo di nuove tecnologie.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa relazione che mira a semplificare e migliorare il quadro normativo esistente in materia di etichettatura dei prodotti tessili, con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo e l'utilizzazione di nuove fibre e una maggiore tutela del consumatore. Il testo finale è ancora in fase di negoziato con il Consiglio; la relazione del Parlamento propone di individuare temi quali il marchio d’origine dei prodotti tessili importati dai paesi terzi secondo i quali sarebbe obbligatorio che l’etichetta recasse non solo il produttore del prodotto finale ma anche il paese d’origine dei prodotti tessili importati impiegati per produrlo, come già in uso in Canada, USA, Cina e Giappone. In generale, la relazione propone che le etichette debbano riportare il maggior numero d’informazioni possibile circa la composizione del prodotto e che occorra invitare la Commissione a verificare se i prodotti importati danneggino la salute umana a causa della loro composizione al fine di tutelare i consumatori. La relazione suggerisce di evitare oneri amministrativi per i fabbricanti. Ad esempio, si propone di sostituire le denominazioni sulle etichette con simboli non linguistici onde evitare la traduzione delle denominazioni stesse nelle varie lingue dell’UE. È prevista un'esenzione dagli obblighi in materia di etichettatura per i sarti che operano in qualità di lavoratori autonomi.

 
  
MPphoto
 
 

  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Ho votato a favore di questa risoluzione, che ha il merito di semplificare il sistema vigente in materia di etichettatura dei prodotti tessili, promuovendo lo sviluppo e l’utilizzazione di nuove fibre e riducendo i tempi tra la presentazione di una domanda e l’adozione di una nuova fibra. Con queste nuove norme, i consumatori beneficerebbero più rapidamente di prodotti innovativi. Non solo, il documento che oggi abbiamo approvato incoraggia anche l’adozione del marchio d’origine, che faciliterebbe la scelta da parte dei consumatori e contribuirebbe a ridurre le indicazioni fraudolente o ingannevoli. A tal proposito, condivido l’emendamento che introduce l’obbligo per il produttore di indicare nell’etichettatura la presenza di parti non tessili di origine animale tutelando così gli utilizzatori finali dal rischio di acquistare inavvertitamente prodotti, ad esempio, con pelliccia autentica e salvaguardando maggiormente la salute dei soggetti allergici.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Credo molto nell’impatto positivo di una semplificazione del quadro normativo per i prodotti tessili, per promuovere in particolare lo sviluppo e l’utilizzo di nuove fibre. Alla luce di ciò, voto a favore dell’adozione del regolamento presentato dal Parlamento e dalla Commissione. Considero tuttavia rilevanti gli emendamenti presentati dal relatore.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Per evitare che il consumatore acquisti inavvertitamente prodotti di origine animale (pelle e pelliccia) ho sostenuto questa relazione, che prevede l’etichettatura obbligatoria con la dicitura ‘parti non tessili di origine animale’. L'etichettatura obbligatoria offrirebbe ai consumatori gli strumenti per identificare i prodotti potenzialmente nocivi per la salute dei soggetti allergici.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Questo regolamento è volto ad istituire norme per l’utilizzo di denominazioni tessili e relative etichettatura dei prodotti tessili, nonché per l’analisi quantitativa dei prodotti tessili composti da mischie binarie e terziarie. Questo comporta la trasformazione della direttiva 96/74/CE in regolamento e l’abrogazione delle direttive 96/73/CE e 73/44/CEE.

Lo scopo è di rendere più trasparente il processo di aggiunta di nuove fibre alla lista armonizzata di denominazioni e di adattare la legislazione agli sviluppi tecnici dell’industria tessile. Gli emendamenti reintrodotti dal relatore riguardano le norme sul marchio d'origine, l'indicazione delle parti non tessili di origine animale, l'uso di simboli non linguistici e la clausola di riesame, nonché la richiesta di uno studio sulle sostanze pericolose, l’uso di simboli o codici non linguistici, l’obbligo di allegare il fascicolo tecnico alla richiesta di autorizzazione di una nuova denominazione di fibra tessile, i prodotti tessili composti da più fibre, i sarti che operano in qualità di lavoratori autonomi, i laboratori per il controllo delle mischie tessili, l’indicazione obbligatoria della composizione fibrosa per feltri e cappelli di feltro.

Ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Questa raccomandazione per seconda lettura si riferisce alla posizione del Consiglio sull’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili. Il settore tessile è molto complesso e rappresenta una quota significativa dell’attività economica degli Stati membri. Il relatore è riuscito ad ottenere un accordo su temi controversi come quelli del marchio d’origine, dell’indicazione delle parti non tessili di origine animale, delle sostanze dannose e altri. Inoltre è riuscito ad includere una clausola di riesame per l’eliminazione di potenziali ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno. Malgrado talune difficoltà iniziali, le tre istituzioni europee sono giunte ad un accordo estremamente soddisfacente. Il Consiglio può pertanto approvare rapidamente questa legislazione nell’intento di farla entrare in vigore nel gennaio 2012 a tutto vantaggio dei consumatori. Mi rallegro perciò del consenso raggiunto e voto a favore del regolamento in oggetto che abroga la direttiva 73/44/CEE del Consiglio, la direttiva 96/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2008/121/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La proposta mira a semplificare e migliorare il quadro normativo esistente in materia di etichettatura dei prodotti tessili, con l'obiettivo di incentivare lo sviluppo e l'utilizzazione di nuove fibre. La proposta semplifica il processo legislativo per adeguare la legislazione al progresso tecnico sostituendo le tre direttive vigenti con un unico regolamento. Si eviterebbe così di dover recepire semplici aggiornamenti tecnici e si abbrevierebbero i tempi tra la presentazione di una domanda e l'adozione di una nuova denominazione di fibra. I produttori auspicano da lungo tempo norme chiare in materia di denominazione e etichettatura. La semplificazione del quadro regolamentare esistente offre la possibilità di promuovere l'innovazione nel settore tessile e dell'abbigliamento, consentendo al tempo stesso agli utilizzatori e ai consumatori di fibre di beneficiare più rapidamente di prodotti innovativi.

In sede di prima lettura, nel 2010, il Parlamento aveva approvato una serie di emendamenti alle norme sul marchio d’origine, sull’indicazione delle parti non tessili di origine animale, sul ricorso a simboli non linguistici e sulla clausola di riesame ma il Consiglio non ha accolto tutto. È vitale che ora accolga le diverse proposte, segnatamente quelle sul marchio di origine.

Per questi motivi, appoggiamo le posizioni qui assunte.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La proposta mira essenzialmente a semplificare e migliorare il quadro normativo esistente in materia di etichettatura dei prodotti tessili.

Durante i negoziati con il Consiglio dei ministri dell’UE, il Parlamento ha inserito nuove disposizioni nel regolamento, ad esempio quelle relative all’obbligo di indicare le parti non tessili di origine animale nell'etichettatura e di procedere a uno studio per verificare se esiste un nesso causale tra le reazioni allergiche e i prodotti chimici usati nelle fibre tessili.

La presenza di parti tessili di origine animale dovrebbe essere chiaramente indicata al fine di evitare ai consumatori o agli individui che soffrono di allergie il rischio di acquistare inavvertitamente prodotti con pelliccia autentica, pur non avendone l'intenzione.

Entro il 30 settembre 2013 la Commissione dovrà elaborare uno studio per determinare se vi sia un nesso causale fra le reazioni allergiche e le sostanze chimiche o le mischie usate nei prodotti tessili. Sulla scorta di tale studio, la Commissione dovrebbe, se del caso, presentare pertinenti proposte legislative.

Detto regolamento dovrebbe essere approvato al più presto dal Consiglio ed entrare in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione. É previsto un periodo transitorio di due anni e mezzo per le norme sui requisiti di etichettatura e per l’indicazione di ‘parti non tessili di origine animale’.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) L'attuale assenza di norme armonizzate sul marchio di origine mette l'UE in una situazione di svantaggio e impedisce ai produttori europei di beni di consumo, per i quali l'origine costituisce un criterio rilevante, di usufruire dei vantaggi associati alla produzione all'interno dell'Unione, mentre i consumatori non hanno l'opportunità di accedere alle informazioni sull'origine dei prodotti. Il marchio di origine faciliterebbe la scelta da parte dei consumatori e contribuirebbe a ridurre il numero d’indicazioni di origine fraudolente, imprecise o ingannevoli. L'emendamento introduce l'obbligo di indicare la presenza di parti non tessili di origine animale nei prodotti tessili. Va sottolineato che spesso la pelliccia è utilizzata come guarnizione in capi d'abbigliamento relativamente a buon mercato, importati frequentemente dall'Asia.

Al fine di eliminare i potenziali ostacoli al buon funzionamento del mercato interno causati da disposizioni e pratiche divergenti tra gli Stati membri e di procedere di pari passo con lo sviluppo del commercio elettronico e delle sfide future nel mercato dei prodotti tessili, è necessario considerare la possibilità di armonizzare e standardizzare altri aspetti dell'etichettatura dei prodotti tessili, con l'obiettivo di facilitare la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno e conseguire un livello di protezione del consumatore elevato e uniforme in tutta l'UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Gentile Presidente, onorevoli colleghi, la proposta del collega Manders ha visto un momento fondamentale nel suo passaggio in commissione IMCO visto che in tale sede si è deciso di introdurre necessariamente la composizione del 100% del prodotto e non solo di alcune sue parti. In seguito però, dal nostro gruppo, è emersa la necessità della difesa del tessile e del cosiddetto “made in”, posizioni che non hanno tuttavia trovato risposta nella mediazione con il Consiglio. Ci sono comunque poi elementi condivisibili come la procedura di snellimento nella registrazioni dei materiali. Considerando prioritaria la difesa del “made in”, non potrò votare a favore e per questo dichiaro la mia astensione.

 
  
MPphoto
 
 

  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione Manders sulle disposizioni relative all’etichettatura dei prodotti tessili. Mi compiaccio che il Parlamento, in sede di votazione in seconda lettura, abbia reintrodotto una serie di emendamenti, nonostante l’opposizione del Consiglio. È importante che i consumatori possano operare scelte informate e che non acquistino inavvertitamente pelle o pelliccia, come succede in particolare quando la pelliccia è utilizzata come guarnizione in capi d'abbigliamento a buon mercato. Inoltre, il testo sottolinea la necessità della tracciabilità dei prodotti tessili e di uno studio della Commissione sui potenziali rischi per la salute di prodotti quali le fibre sintetiche o i coloranti.

 
  
MPphoto
 
 

  Małgorzata Handzlik (PPE), per iscritto.(PL) La risoluzione sulle denominazioni delle fibre tessili e relative etichettatura e contrassegno dei prodotti tessili che è stata approvata dal Parlamento europeo è particolarmente importante per il settore tessile dell’Unione Europea. Consentirà una più rapida introduzione sul mercato di nuove fibre e aiuterà specialmente le industrie tessili innovative nell’applicazione pratica dei risultati di ricerca e sviluppo. La risoluzione è stata oggetto di un lungo dibattito fra il Parlamento europeo ed il Consiglio. Il Parlamento ha chiesto di integrare nuovi elementi al regolamento, segnatamente: l’indicazione del paese di origine, l’indicazione delle fibre di origine animale e requisiti più stringenti relativi all’impiego di sostanze dannose nella produzione tessile. Il Parlamento è riuscito a convincere il Consiglio che era essenziale indicare con chiarezza in etichetta la presenza di fibre di origine animale.

Questa disposizione è estremamente utile, in particolare per i consumatori allergici ai prodotti di pelle e per i consumatori che, per motivi ideologici, non intendono acquistare tessili contenenti parti di origine animale. Auspico che in un prossimo futuro si possa a conseguire un’intesa sull’indicazione dell’origine delle merci. Questo tema è rimasto troppo a lungo in sospeso. Credo che le imprese e i consumatori europei avrebbero tutto da guadagnare da principi chiaramente enunciati.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho deciso di appoggiare questo testo perché propone norme sulla presenza di parti non tessili di origine animale in taluni prodotti, nonché l’indicazione precisa dell’origine dei prodotti. Inoltre, questo regolamento dovrebbe garantire l’obbligo di indicare la presenza di parti non tessili di origine animale sull’etichetta o sul marchio dei prodotti tessili, in modo che il consumatore possa operare una scelta sulla base delle informazioni in suo possesso. L’etichettatura ed il marchio non dovrebbero essere fuorvianti e dovrebbero essere forniti in modo che il consumatore possa facilmente capire a che parte specifica del prodotto si riferiscono.

 
  
MPphoto
 
 

  Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. (FI) Sono lieta di constatare che, finalmente, siamo giunti ad una decisione in merito all’etichettatura dei prodotti tessili che recepisce modifiche molto sostanziali che il Consiglio è pronto ad accogliere e attuare. Il lavoro sul regolamento in sede di commissione si è talora fissato obiettivi troppo ambiziosi che, per fortuna, abbiamo deciso di abbandonare. Sembra ovvio che d’ora in poi i prodotti debbano chiaramente indicare l’eventuale presenza di parti di origine animale, per motivi di salute pubblica, dato che ad esempio la pelliccia è un rischio per la salute di molte persone che soffrono di allergie. Sebbene taluni produttori si siano opposti a questa iniziativa, sostenendo che esistono già norme in vigore sull’obbligo di etichettatura delle parti di origine animale, si è ottenuto un miglioramento che illustra con chiarezza il cambiamento della mentalità dei consumatori europei. Tuttavia il marchio d’origine obbligatorio sui prodotti dei paesi terzi risulterebbe inefficace e oneroso di per sé. É difficile elaborare una stima anche approssimativa del valore aggiunto che tale requisito potrebbe portare ai consumatori, soprattutto dato che nel mondo globale i prodotti sono fabbricati o provengono raramente da un solo paese.

Per questo motivo, è importante che la Commissione esamini la questione e che gli aspetti pratici attuativi vengano soppesati attentamente. Al contempo, è ovvio che la riforma e l’armonizzazione dell’etichettatura dei prodotti venga valutata complessivamente, secondo quanto deciso.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Esprimo il mio compiacimento per la proposta della Commissione che semplifica il quadro normativo vigente e offre la possibilità di promuovere l'innovazione nel settore tessile e dell'abbigliamento, consentendo al tempo stesso agli utilizzatori e ai consumatori di fibre di beneficiare più rapidamente di prodotti innovativi.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Le nuove norme sull’etichettatura dei prodotti tessili sono fondamentali per evitare problemi ai consumatori meno informati. La presenza di materiali di origine animale deve essere chiaramente indicata, al fine di evitare ai consumatori o agli individui che soffrono di allergie il rischio di acquistare inavvertitamente prodotti con pelliccia autentica, pur non avendone l'intenzione. La proposta è volta a semplificare e migliorare il quadro normativo esistente in materia di etichettatura dei prodotti tessili. Durante i negoziati con il Consiglio dei ministri dell’UE, il Parlamento ha incluso nuove disposizioni al regolamento, ad esempio quelle relative all’obbligo di indicazione di parti non tessili di origine animale nell'etichettatura e la richiesta di procedere a uno studio per verificare se esiste un nesso causale tra le reazioni allergiche e i prodotti chimici usati nelle fibre tessili.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione Manders si prefigge di aiutare gli acquirenti di prodotti tessili. Vengono proposte nuove norme di etichettatura dei prodotti che aiuteranno i consumatori ad evitare il rischio di acquistare prodotti tessili che contengono pelliccia o pelle. Ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La consapevolezza dei consumatori nei loro acquisti è in costante aumento. Per la maggioranza delle persone, l’origine dei prodotti è fondamentale nella decisione d’acquisto. Nel settore tessile, si avverte la necessità di maggiori informazioni al riguardo in modo che i consumatori sappiano da dove arrivano i maglioni, le giacche e i pantaloni che acquistano e di che materiali sono fatti. Gli attuali obblighi in materia di etichettatura sono ampiamente inadeguati. Occorrono etichette più chiare che indichino l’origine dei prodotti animali usati per un dato capo di abbigliamento, in particolare nel caso della pelliccia e delle guarnizioni in pelliccia. Ho votato a favore della relazione perché invita a fornire informazioni dettagliate molto sentite dai cittadini, che hanno il diritto di sapere da dove provengono i prodotti tessili che comperano e di che materiali sono fatti.

 
  
MPphoto
 
 

  Claudio Morganti (EFD), per iscritto. − Signor Presidente, il testo in esame oggi è, purtroppo, molto diverso da quello che era stato approvato in prima lettura da quest'aula. La differenza sostanziale sta nella mancanza, in questa relazione, di un qualsiasi riferimento al marchio di origine da inserire nelle etichette dei prodotti tessili. Il Consiglio ha fortemente osteggiato questa ipotesi, e non se ne capisce bene la ragione: non è forse giusto che i consumatori sappiano da dove provengono i capi che indossano? Sicuramente la presenza di un marchio di origine sarebbe servita come garanzia di qualità e tutela del prodotto.

Rimango molto perplesso dal fatto che solo due Stati membri, Italia e Lituania, abbiano insistito in sede di Consiglio affinché il marchio di riconoscimento fosse inserito: mi domando che interesse abbiano gli altri Stati europei a non tutelare in questo modo le loro stesse aziende, esposte così maggiormente a fenomeni di concorrenza sleale e contraffazione. Il Parlamento europeo si è purtroppo piegato alla miope volontà del Consiglio nella non tutela di un necessario marchio di origine, e per questo motivo ho ritenuto di dover dare il mio voto negativo alla relazione odierna.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Questa relazione contiene una raccomandazione per seconda lettura della posizione del Consiglio in prima lettura sull’approvazione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura e al contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili. In prima lettura, il Consiglio ha respinto tutte le modifiche sostanziali proposte dal Parlamento, ritenendo che non siano compatibili con la desiderata semplificazione. Le principali modifiche proposte dal Parlamento e reintrodotte in questa relazione, per la quale ho votato a favore, si riferiscono a questioni che ritengo della massima importanza per il mercato europeo. Fra queste, vorrei sottolineare il marchio d’origine e l’inclusione dell’obbligo di indicare il paese d’origine dei prodotti tessili importati da paesi terzi. L'attuale assenza di norme armonizzate sul marchio di origine mette l'UE in una situazione svantaggiosa rispetto ai suoi principali partner commerciali, quali Canada, Cina, Giappone e Stati Uniti che richiedono un marchio di origine per i prodotti importati. Il marchio di origine faciliterebbe la scelta da parte dei consumatori e contribuirebbe a ridurre il numero di indicazioni di origine fraudolente, imprecise o ingannevoli.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) In prima lettura, il Parlamento ha approvato 63 emendamenti alla proposta della Commissione sul regolamento relativo alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura dei prodotti tessili. Alcuni di questi emendamenti erano di natura tecnica mentre altri erano più sostanziali, quali le norme sul marchio d’origine, l’indicazione di materiali di origine animale l’utilizzo di simboli non linguistici e una clausola di revisione. Gli emendamenti tecnici sono stati sostanzialmente accolti dal Consiglio che ha però respinto tutte le modifiche sostanziali proposte dal Parlamento. La maggior parte di queste modifiche sono state reintrodotte, perché riteniamo fondamentale che il Consiglio riconosca la loro opportunità e dia loro la dovuta considerazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Nella sua posizione in prima lettura del 18 maggio 2010, il Parlamento europeo ha approvato 63 emendamenti a larghissima maggioranza. Si è trattato principalmente di emendamenti tecnici volti ad adeguare il testo al trattato sul funzionamento dell'Unione europea e al nuovo quadro legislativo in materia di commercializzazione dei prodotti. Il Parlamento ha approvato anche una serie di modifiche sostanziali, quali le norme sul marchio d'origine, l'indicazione di materiali di origine animale, l'uso di simboli non linguistici e una clausola di revisione.

 
  
MPphoto
 
 

  Olga Sehnalová (S&D), per iscritto. (CS) Ho appoggiato la relazione perché rappresenta un passo avanti per la maggiore tutela dei consumatori e pone l’accento sula qualità dei prodotti tessili. È davvero un peccato, tuttavia, che non si sia riusciti a far passare la richiesta dell’indicazione del paese d’origine, che è uno degli elementi informativi che consente al consumatore di operare una scelta informata e che può limitare il numero di indicazioni inaccurate e fuorvianti relative all’origine. L’assenza di norme armonizzate in materia impedisce ai produttori europei di usufruire dei vantaggi associati alla produzione all'interno dell'Unione. Mi auguro che la Commissione continui ad adoperarsi per trovare una soluzione accettabile in materia.

 
  
MPphoto
 
 

  Laurence J.A.J. Stassen (NI), per iscritto. (NL) Il Partito per la Libertà olandese (PVV) esprime voto contrario a questa raccomandazione del Parlamento europeo. La proposta originale della Commissione prevedeva una semplificazione delle formalità per rendere più agevole la commercializzazione di nuove fibre tessili. Il Parlamento ha introdotto un obbligo secondo il quale, in futuro, le aziende saranno tenute a dichiarare l’origine prodotto con la cosiddetta indicazione del paese d’origine. Non sosteniamo la posizione del Parlamento al riguardo.

Per i consumatori è utile disporre di etichette che contengono informazioni sui materiali potenzialmente nocivi per la salute o che causano reazioni allergiche. Indicare il paese d’origine sull’etichetta è invece un’inutile pignoleria che non ci dice nulla sui procedimenti di produzione o sulla qualità del prodotto né accresce la protezione del consumatore. Non è detto che tutte le fasi del processo produttivo si svolgano nel cosiddetto paese d’origine, sebbene specificato.

L’etichetta ‘made in x’ non fa altro che indurre un falso senso di chiarezza nel consumatore mentre in realtà determina costi aggiuntivi e maggiore burocrazia. Le aziende devono sobbarcarsi ulteriori cavilli amministrativi, controllare se le etichette richiedono ulteriori formalità doganali, con il risultato che diventa più costoso importare i prodotti. Il PVV voterà pertanto contro questa raccomandazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Catherine Stihler (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore dell’etichettatura paese d’origine e dell’’indicazione di parti in pelliccia e plaudo all’adozione di questo regolamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Marc Tarabella (S&D), per iscritto. (FR) Mi rallegro per l’accordo raggiunto fra il Parlamento europeo ed il Consiglio sul tema estremamente complesso delle denominazioni delle fibre tessili e della relative etichettatura dei prodotti tessili. I consumatori devono poter contare su informazioni accurate relative alla presenza di parti non tessili di origine animale, quali la pelliccia, per poter operare una scelta informata.

Vorrei anche ribadire la necessità che la Commissione esamini, con la massima attenzione, la questione dell’etichettatura sociale. Ritengo che i consumatori debbano essere informati in merito alle condizioni sociali nelle quali un prodotto tessile è stato fabbricato per essere maggiormente responsabilizzati circa le condizioni di lavoro dei lavoratori dell’industria tessile.

Naturalmente non dobbiamo sovraccaricare le etichette di informazioni, ma l’etichettatura sociale potrebbe consentire un cambiamento duraturo nelle condizioni di lavoro nell’UE e nel resto del mondo grazie ad un approccio responsabilmente civico da parte dei consumatori all’atto dell’acquisto.

 
  
MPphoto
 
 

  Marianne Thyssen (PPE), per iscritto.(NL) L’accordo che è stato approvato oggi dopo due anni di negoziati intensi semplificherà l’immissione sul mercato di nuove fibre e migliorerà la tutela del consumatore sul mercato interno grazie ad etichette tessili chiare, visibili e leggibili. Inoltre, il Parlamento europeo è riuscito a mettere la sua impronta sul regolamento. I prodotti tessili che comprendano parti non tessili di origine animale, quali i pellami o la pelliccia, dovranno essere chiaramente indicati sull’etichetta. Inoltre si è dato seguito alle esplicite richieste del Parlamento che richiede ulteriori studi sui simboli non linguistici da applicare alle etichette tessili e sul potenziale nesso causale fra le reazioni allergiche e le sostanze chimiche impiegate nelle fibre tessili.

L’impegno che il Parlamento ha richiesto e ottenuto dalla Commissione e dovrebbe portare la Commissione stessa, se del caso e dopo aver condotto un approfondito studio, a presentare proposte legislative nel 2013 in merito alla tracciabilità dei prodotti tessili, costituisce un importante passo avanti. Per questi motivi ho espresso voto favorevole all’accordo raggiunto dal Parlamento con il Consiglio in seconda lettura.

 
  
MPphoto
 
 

  Niki Tzavela (EFD), per iscritto. (EL) In merito alla raccomandazione Manders relativa alle denominazioni delle fibre tessili e all'etichettatura dei prodotti tessili, ho votato a favore della proposta di compromesso dei gruppi politici perché sono favorevole ad un’etichettatura di origine obbligatoria per i prodotti tessili originari di paesi terzi. Ritengo inoltre che ciò possa promuovere un’equa concorrenza a livello comunitario ed internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Il settore tessile e dell’abbigliamento lituano è uno dei più specializzati d’Europa con 1 000 aziende operanti nel settore e 40 000 addetti. Secondo me, e secondo la maggioranza dei lituani, è importante che le nuove norme sull’etichettatura dei prodotti tessili contenute nella relazione aiutino a tutelare la reputazione del nostro settore tessile. Mi auguro che il nuovo regolamento semplifichi le attuali norme in materia di etichettatura. Occorrono inoltre test chimici affidabili che ci permettano di affermare che le fibre tessili create soddisfano i criteri igienici ed ambientali. I consumatori europei hanno il diritto di sapere quello che stanno comprando. L’utilizzo di prodotti di origine animale deve essere chiaramente indicato sull’etichetta del prodotto tessile. Le nuove norme in materia di etichettatura dovrebbero evitare al consumatore l’involontario acquisto di prodotti tessili fatti con pellami o pelliccia autentica. La sorte del settore tessile e dell’abbigliamento lituano è strettamente legata all’UE, dato che l’84 per cento dei tessili lituani vengono esportati nell’Unione europea. Non molti sanno che i produttori tessili lituani confezionano le uniformi di varie forze militari e di polizia europee, comprese quelle dalla NATO. Perciò la Lituania e l’Europa dovrebbe essere interessate ad intensificare gli sforzi per migliorare il controllo di qualità e la trasparenza.

 
  
MPphoto
 
 

  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. (EN) A seguito del voto odierno sull’etichettatura, i consumatori non correranno più il rischio di comprare inavvertitamente prodotti tessili con parti in pelle o pelliccia autentica. Ritengo che i consumatori abbiano il diritto di sapere di che cosa sono fatti i prodotti che acquistano e la relazione prevede che ogni parte non tessile di origine animale venga indicata sull’etichetta del prodotto tessile. È una buona notizia non solo per coloro che non desiderano acquistare prodotti contenenti pelle o pelliccia autentica, ma anche per quanti soffrono di allergie. Mi spiace che non si sia resa obbligatoria l’indicazione d’origine per i prodotti tessili, ma sono certo che in futuro la Commissione predisporrà una relazione di valutazione per affrontare questi temi.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Ho espresso voto favorevole alla relazione sulla denominazione ed etichettatura dei prodotti tessili. La proposta revisione della legislazione comunitaria riguarda essenzialmente questioni tecniche prive di un rilevante impatto politico. Cionondimeno, la risultante semplificazione dei procedimenti aiuterà a promuovere l’innovazione in campo industriale. Il compromesso raggiunto dai vari gruppi del Parlamento europeo tiene altresì conto dei problemi irrisolti relativi alla contraffazione nel settore tessile europeo e chiede norme commerciali trasparenti e coerenti per garantire la tutela dei consumatori.

 
  
MPphoto
 
 

  Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Ho espresso voto favorevole alla relazione del collega Manders. Il testo votato infatti non solo propone di unificare in un unico regolamento europeo direttamente applicabile a tutti gli Stati Membri le tre direttive sull'etichettatura di composizione, ma è volto a semplificare il procedimento per il riconoscimento delle nuove fibre.

Probabilmente l'inserimento di una norma sull'etichettatura di origine obbligatoria per i prodotti originari di paesi terzi avrebbe reso più completa la relazione del collega Manders, ma considerate le difficoltà che si incontrano nel trattare determinati argomenti, credo che alla fine si sia raggiunto nel testo finale votato un buon compromesso.

 
  
  

Relazione Moreira (A7-0243/2010)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Voto a favore di questa proposta che modifica alcuni aspetti del Regolamento (CE) N. 1215/2009 del Consiglio, in modo da prorogarne la validità al 31 dicembre 2015 ed operare taluni adeguamenti risultanti dall’entrata in vigore degli accordi bilaterali con la Bosnia-Erzegovina e la Serbia. Poiché specifici accordi interinali sugli scambi e sulle questioni commerciali/gli accordi di stabilizzazione e di associazione (ASA) conferiscono alla Bosnia-Erzegovina e alla Serbia concessioni commerciali sui prodotti identificati nelle preferenze commerciali autonome, tali concessioni devono essere ritirate dal (CE) N. 1215/2009 del Consiglio. Si tratta dei contingenti tariffari preferenziali per i prodotti di "baby-beef", per lo zucchero e i prodotti dello zucchero, nonché per certi vini e prodotti della pesca. Con la fine delle preferenze commerciali, i beneficiari sarebbero privati di un oggettivo vantaggio economico negli scambi con l'UE. Ciò potrebbe avere conseguenze gravi per i risultati economici complessivi dei Balcani occidentali e comportare ripercussioni negative sui processi di riforma interna e di transizione. Inoltre potrebbe essere gravemente compromessa la ripresa economica di tali paesi.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa relazione. L’Unione europea ha accordato ai paesi dei Balcani occidentali un accesso eccezionale e illimitato al mercato dell’UE in esenzione dai dazi doganali per quasi tutti i prodotti. Scopo principale di queste misure è dare nuovo impulso alle economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato comunitario. Si ritiene che lo sviluppo economico favorirà a sua volta la stabilità politica nell’intera regione. Queste preferenze commerciali sono state concesse per un periodo che scade il 31 dicembre 2010. Convengo sul fatto che la validità delle disposizioni di esenzione dovrebbe essere estesa al 31 dicembre 2015. La sospensione delle preferenze commerciali sottrarrebbe ai beneficiari un vantaggio economico oggettivo negli scambi con l’UE e ciò potrebbe ripercuotersi molto negativamente sui risultati economici complessivi dell’intera regione dei Balcani occidentali, con conseguenti ripercussioni negative sulle riforme interne e sui processi di transizione.

 
  
MPphoto
 
 

  Slavi Binev (NI), per iscritto. (BG) Sono favorevole all’introduzione di misure commerciali eccezionali per i paesi e i territori che beneficiano del processo di stabilizzazione ed associazione. È risaputo che il commercio è un volano per lo sviluppo economico e queste misure commerciali daranno nuovo slancio alle economie dei paesi dei Balcani occidentali. Inoltre la concessione di un accesso privilegiato al mercato dell’Unione europea consentirà di promuovere una più rapida integrazione delle loro economie con quella dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Votiamo oggi la proroga al 2015delle misure commerciali eccezionali, quali le esenzioni tariffarie e le preferenze commerciali, per la Bosnia-Erzegovina, la Serbia ed il Kosovo. Ai sensi del regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio, i contingenti tariffari preferenziali si applicano ai prodotti di ‘baby-beef’, allo zucchero ed ai prodotti dello zucchero, a taluni vini nonché a taluni prodotti della pesca. Tale proroga mira a fronteggiare la crisi economica generalizzata in quanto la sospensione delle preferenze commerciali comprometterebbe la ripresa economica di detti paesi e avrebbe conseguenze negative sull’intero processo di stabilizzazione e transizione dei Balcani occidentali.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La relazione in oggetto verte su una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il Regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio che introduce misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea. I paesi dei Balcani occidentali rientrano in questa fattispecie e i prodotti originari di quei paesi sono ammessi al beneficio dell’esenzione dei dazi doganali e a un accesso eccezionale e illimitato al mercato dell’UE. Queste misure sono volte a mitigare la crisi e a rivitalizzare l’economia dei citati paesi. Dette misure eccezionali giungono a scadenza il 31 dicembre 2010 e una loro mancata proroga determinerebbe gravi conseguenze sulla creazione della ricchezza, mettendo a repentaglio la ripresa economica e le riforme interne e il processo di transizione. Perciò concordo con le modifiche proposte dal relatore, nonché con la proroga delle succitate misure sino al 31 dicembre 2015, fatti salvi i necessari adeguamenti derivanti dai nuovi accordi bilaterali con la Bosnia-Erzegovina e la Serbia.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questa relazione propone la proroga dell’accesso eccezionale e illimitato al mercato dell’UE in esenzione dai dazi doganali per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori che beneficiano del cosiddetto processo di stabilizzazione e di associazione. Il pretesto è dare nuovo impulso alle economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato comunitario, nella speranza che lo sviluppo economico favorisca a sua volta la stabilità politica nell’intera regione.

Dette misure non possono essere tuttavia disgiunte dalla grave crisi economica e sociale che investe oggi i Balcani, in particolare la Bosnia-Erzegovina, la Serbia e il Kosovo. L’attuale crisi nella regione si inquadra ovviamente nella più ampia crisi del capitalismo e ne è da questa aggravata: è anche però profondamente radicata in una lunga storia di interferenze, aggressioni ed occupazioni militari, promosse dall’UE, dalle sue potenze principali e dagli USA, desiderosi di imporre il loro dominio economico e politico sulla regione. La secessione del Kosovo e il ruolo avuto dall’UE in quella vicenda sono emblematici al riguardo, e i processi interno definiti di ‘riforma e transizione’ costituiscono lo stadio attuale del processo di imposizione di un governo imperialistico all’intera regione.

Le proposte avanzate oggi in quest’Aula dovrebbero essere inquadrate, analizzate e comprese in quest’ottica.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questa relazione propone la proroga dell’accesso eccezionale e illimitato al mercato dell’UE in esenzione dai dazi doganali per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori che beneficiano del cosiddetto processo di stabilizzazione e di associazione. Il pretesto è rivitalizzare le economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato comunitario, nella speranza che lo sviluppo economico favorisca a sua volta la stabilità politica nell’intera regione.

Dette misure sono però indissociabili dalla grave crisi economica e sociale che investe oggi i Balcani, in particolare la Bosnia-Erzegovina, la Serbia e il Kosovo.

L’attuale crisi nella regione si inquadra ovviamente nella più ampia crisi del capitalismo e ne è ulteriormente aggravata: è anche però profondamente radicata in una lunga storia di interferenze, aggressioni ed occupazioni militari, promosse dall’UE, dalle sue potenze principali e dagli USA, desiderosi di imporre il loro dominio economico e politico sulla regione. La secessione del Kosovo e il ruolo avuto dall’UE in quella vicenda sono emblematici al riguardo, e i processi interno definiti di ‘riforma e transizione’ costituiscono lo stadio attuale del processo di imposizione di un governo imperialistico all’intera regione.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) Con il regolamento (CE) n. 2007/2000 del Consiglio, l’Unione europea ha accordato un accesso eccezionale e illimitato al mercato comunitario in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori legati al processo di stabilizzazione ed associazione. Scopo principale di dette misure è rivitalizzare le economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato dell’UE. Inoltre lo sviluppo economico promuoverà la stabilità politica nell’intera regione. Tali preferenze commerciali sono state concesse sino al 31 dicembre 2010 e si applicano attualmente alla Bosnia-Erzegovina, alla Serbia e al Kosovo.

L’abolizione delle preferenze commerciali potrebbe, pertanto, ripercuotersi molto negativamente sui risultati economici complessivi dei Balcani occidentali e, di conseguenza, avere un effetto negativo sulle riforme interna e sul processo di trasformazione. Potrebbe inoltre mettere gravemente a repentaglio la ripresa economica. Per non destabilizzare gli scambi commerciali auspicabile una proroga al 31 dicembre 2015dell’applicazione del regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio.

 
  
MPphoto
 
 

  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Gentile Presidente, onorevoli colleghi, lo scopo di queste misure è di aiutare i paesi in via di stabilizzazione come i paesi dell’area dei Balcani occidentali con procedure commerciali privilegiate verso l’UE rispetto ai paesi terzi. Vista la giusta volontà di proroga fino al 2015, con particolare attenzione alla Bosnia e alla Serbia, confermo il mio voto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questo importante documento perché con il regolamento (CE) n. 2007/2000 del Consiglio, l’Unione europea ha accordato un accesso eccezionale e illimitato al mercato comunitario in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori legati al processo di stabilizzazione ed associazione. Scopo principale di dette misure è ridare slancio alle economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato dell’UE. Inoltre lo sviluppo economico promuoverà la stabilità politica nell’intera regione. Tali preferenze commerciali sono state concesse sino al 31 dicembre 2010 e si applicano attualmente alla Bosnia-Erzegovina, alla Serbia e al Kosovo, quale definito dalla UNSCR 1244/99 per tutti i prodotti che ricadono nel regolamento (CE) n. 1215/2009. I prodotti originari dell’Albania, della Croazia e dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia o del Montenegro continuano a beneficiare delle disposizioni del succitato regolamento, laddove ciò sia indicato, o di qualsiasi misura contemplata da quest’ultimo che sia più favorevole rispetto alle concessioni commerciali previste nel quadro degli accordi bilaterali tra l’Unione europea e questi paesi. Questa proposta modifica alcuni aspetti del regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio, per consentire di prorogarne la validità fino al 31 dicembre 2015 e di apportare determinati adeguamenti a seguito dell’entrata in vigore di accordi bilaterali con la Bosnia-Erzegovina e la Serbia.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Appoggio con forza la modifica di alcuni elementi del regolamento (CE) n. 1215/2009 per consentire di prorogarne la validità sino al 31 dicembre 2015 e di apportare determinati adeguamenti a seguito dell’entrata in vigore di accordi bilaterali con la Bosnia-Erzegovina e la Serbia.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Questa relazione avalla le pressioni esercitate dall’Unione europea sui paesi balcanici per servire i propri interessi. Ingiunge addirittura al Parlamento di adottare, di concerto con il Consiglio, ‘misure appropriate’ qualora i governi di detti Stati non dimostrassero sufficiente desiderio di liberalizzare le loro economie. Questo è imperialismo arrogante! Voterò contro.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) con il regolamento (CE) n. 2007/2000 del Consiglio, l’Unione europea ha accordato un accesso eccezionale e illimitato al mercato comunitario in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori legati al processo di stabilizzazione ed associazione. Scopo principale di dette misure è rivitalizzare le economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato dell’UE. Inoltre lo sviluppo economico promuoverà la stabilità politica nell’intera regione. Tali preferenze commerciali sono state concesse sino al 31 dicembre 2010. Alla luce della crisi economica e finanziaria che stiamo attualmente attraversando è necessario prorogare dette condizioni specifiche sino al 31 dicembre 2015 per scongiurare il rischio che la loro sospensione provochi la stagnazione delle economie dei paesi di questa regione tormentata dei Balcani che richiedono invece solide condizioni economiche per il mantenimento della stabilità e della pace.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Con il regolamento (CE) n. 2007/2000 del Consiglio, l’Unione europea ha accordato un accesso eccezionale e illimitato al mercato comunitario in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori legati al processo di stabilizzazione ed associazione. Scopo principale di dette misure è rivitalizzare le economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato dell’UE. Inoltre lo sviluppo economico promuoverà la stabilità politica nell’intera regione. L’abolizione delle preferenze commerciali potrebbe ripercuotersi molto negativamente sui risultati economici complessivi dei Balcani occidentali e, di conseguenza, avere un effetto negativo sulle riforme interne e sul processo di trasformazione. Potrebbe inoltre mettere gravemente a repentaglio la ripresa economica. Di conseguenza, concordo con il relatore che sostiene con forza la modifica di taluni elementi del regolamento (CE) n. 1215/2009 del Consiglio per consentire di prorogarne la validità fino al 31 dicembre 2015 e ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Al fine di stimolare le economie dei paesi dei Balcani occidentali, è stato concesso loro un accesso privilegiato al mercato comunitario. Questo provvedimento si applica a quasi tutti i prodotti originari dei paesi e dei territori che beneficiano del processo di stabilizzazione e di associazione. Le preferenze commerciali sono state concesse sino al 31 dicembre 2010 e si applicano ai seguenti paesi: Bosnia-Erzegovina, Serbia e Kosovo.

Vengono mantenute le preferenze per i prodotti originari dell’Albania, Croazia, Macedonia e Montenegro. Qualora dette preferenze commerciali dovessero ora essere sospese si metterebbe gravemente a repentaglio la futura crescita economica di questi paesi. Non ho votato a favore della relazione perché, come è già stato ribadito, alcuni punti del nuovo regolamento non sono chiaramente enunciati.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Questa relazione è volta a prorogare la validità del regolamento (CE) n. 1215/2009, recante misure commerciali eccezionali applicabili ai paesi e territori che partecipano o sono legati al processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea. l’Unione europea ha accordato un accesso eccezionale e illimitato al mercato comunitario in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori legati al processo di stabilizzazione ed associazione. Scopo principale di dette misure è ridare slancio alle economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato dell’UE. Ribadisco la necessità di uno studio dell’impatto sul mercato interno di tale tipo di accesso eccezionale. Queste preferenze commerciali sono state concesse sino al 31 dicembre 2010. Con la sospensione delle preferenze commerciali, i beneficiari sarebbero privati di un oggettivo vantaggio economico negli scambi con l'UE. Ciò potrebbe avere conseguenze gravi per i risultati economici complessivi dei Balcani occidentali e comportare ripercussioni negative sui processi di riforma interna e di transizione e metterebbe gravemente in pericolo la ripresa economica in quei paesi. Ho pertanto votato a favore della proposta volta a prorogare la validità delle succitate misure sino al 31 dicembre 2015.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ai sensi del regolamento (CE) n. 2007/2000, l’Unione europea ha accordato un accesso eccezionale e illimitato al mercato comunitario in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti originari dei paesi e territori legati al processo di stabilizzazione ed associazione. Scopo principale di dette misure è rivitalizzare le economie dei paesi dei Balcani occidentali grazie all’accesso privilegiato al mercato dell’UE. Tali preferenze commerciali, che si applicano attualmente alla Bosnia-Erzegovina, alla Serbia e al Kosovo, sono state concesse sino al 31 dicembre ma la loro validità dovrebbe ora essere prorogata al 31 dicembre 2015 per non mettere a repentaglio la ripresa economica di quei paesi.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sebbene il voto finale sia stato rinviato, abbiamo votato vari emendamenti. Le ‘misure commerciali eccezionali’ concesse ai partner dei Balcani occidentali, nel quadro del processo di stabilizzazione e di associazione dell’Unione europea, sono di fatto misure tariffarie preferenziali che garantiscono un più facile accesso al mercato comunitario per le esportazioni dei paesi partner. Devono essere notificate all’Organizzazione mondiale del commercio. Il programma si è concluso alla fine del 2010 e quel che ci viene proposto è una semplice proroga. L’iter è stato bloccato a causa di ritardi decisionali comitatologici. All’inizio di gennaio 2011, la commissione per il commercio internazionale ha presentato una proposta al Consiglio per cercare di accelerare la procedura, ma non ha ricevuto risposta. Quindi il Parlamento ha dovuto attendere l’approvazione della relazione Szájer sulla comitatologia in marzo per poter procedere. Un trilogo informale ha risolto il problema permettendo l’adozione in prima lettura. Il ritardo ha provocato difficoltà in alcuni paesi beneficiari, in particolare in Kosovo, e ne è stata ingiustamente addossata la colpa al Parlamento.

 
  
  

Relazione Hökmark (A7-0151/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto.(PT) Voterò a favore di questa proposta in quanto concordo con il principio di fondo che la innerva. L’Unione europea è la più grande economia del mondo. Stati Uniti e Cina non la superano, contrariamente a quanto spesso si dice quando si discute su chi sia e chi sarà al primo posto nell’economia mondiale. La differenza risiede nel fatto che USA e Cina hanno mercati più vasti, che offrono pertanto migliori precondizioni di concorrenza, competitività, nuovi servizi, prodotti e innovazioni. L’Europa necessita di un mercato unico interno per poter assumere un ruolo guida nell’economia internazionale, prestando particolare attenzione al settore dei servizi e all’economia della conoscenza; allo stesso tempo, l’agenda digitale europea e l’economia digitale possono fungere da elemento trainante per rendere il mercato interno una realtà per tutti i settori della nostra economia. Ciò richiede la capacità di assumere un ruolo guida in merito alla banda larga e all’uso di Internet. Aprire l’Europa a nuovi servizi e all’aumento del traffico mobile, significa gettare le basi di nuove opportunità per cultura e contenuti, per emittenti e servizi pubblici nel quadro di una banda larga che assicuri al contempo le stesse opportunità di trasmissione di oggi.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa risoluzione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio. Concordo con il punto di vista del relatore: l’Europa necessita di un mercato unico interno per poter assumere un ruolo guida nell’economia internazionale, prestando particolare attenzione al settore dei servizi e all’economia della conoscenza. L’agenda digitale europea e l’economia digitale possono fungere da elemento trainante per rendere il mercato interno una realtà per tutti i settori della nostra economia. Ciò richiede la capacità di assumere un ruolo guida in merito alla banda larga e all’uso di Internet. Si deve puntare a rendere l’Europa la migliore e fare tutto ciò che è meglio per l’Europa: aprire lo spettro radio a nuovi servizi e all’aumento del traffico mobile, gettare le basi per nuove opportunità per cultura e contenuti, per emittenti e servizi pubblici nel quadro della banda larga. Il primo programma strategico in materia di spettro radio (RSPP) rappresenta un significativo passo avanti nel garantire un uso efficiente e ottimale di questa risorsa finita. L’Europa deve essere in prima linea in tale processo di cambiamento, creando le migliori opportunità per un’economia della conoscenza dell’Unione che sia competitiva, caratterizzata da vitalità, cambiamento e innovazioni. Ciò richiede l’accesso alle competenze migliori e la più alta velocità di Internet e delle applicazioni a banda larga.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore di questa relazione. L’agenda digitale e l’economia digitale rappresentano uno degli obiettivi più importanti della strategia Europa 2020, nella prospettiva di colmare il divario digitale e incrementare la produttività, la coesione e la competitività dell’industria europea, oltre che di garantire un migliore accesso al mercato unico a consumatori e imprese dell’Unione europea. Oggi l’Europa è rimasta indietro rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, che stanno liberalizzando gran parte del loro spettro radio al fine di permettere lo sviluppo rapido di nuovi servizi e l’alta velocità di Internet mobile. È necessario promuovere un uso efficace dello spettro radio nell’Unione europea, tale da soddisfare le crescenti esigenze di frequenze radio; occorre pure incrementare la capacità di banda larga mobile, in modo da garantire migliori opportunità sia al settore commerciale che a quello pubblico. Dobbiamo colmare il divario digitale, affinché entro il 2020 tutti i cittadini dell’Unione europea abbiano accesso ai servizi a banda larga a una velocità di almeno 30 Mbps. La futura politica in materia di spettro dovrà inoltre applicare un sistema di autorizzazione adeguato, semplice e non discriminatorio, in modo da assicurare condizioni di parità in tutta l’Unione e promuovere la concorrenza.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della presente relazione il cui obiettivo è quello di incrementare al massimo, con la liberazione di spettro radio, le opportunità di sfruttare i servizi radiotelevisivi e Internet senza fili per le imprese e i consumatori individuali. I cittadini europei ne trarrebbero un duplice vantaggio: un accesso più agevole ai moderni mezzi di comunicazione e alle reti di telecomunicazioni ridurrebbe il fenomeno dell’esclusione che ancora affligge i cittadini dell’Unione europea soprattutto nelle zone rurali e periferiche, e d’altra parte promuoverebbe più attivamente l’economia dell’Unione, poiché offrirebbe condizioni più robuste per lo sviluppo di un settore dei servizi innovativo e dell’economia della conoscenza. L’Europa si è prefissa il traguardo di garantire entro il 2013, a tutti i cittadini dell’Unione, l’opportunità di utilizzare la banda larga, e la tecnologia senza fili costituisce il metodo più conveniente per raggiungere quest’obiettivo con gli investimenti più ridotti.

 
  
MPphoto
 
 

  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Mi congratulo con il collega Hökmark per l'elaborazione di una direttiva così attuale che riguarda il programma relativo alla politica in materia di spettro radio. Ho espresso voto favorevole dal momento che condivido fermamente tutte le azioni volte a sostenere e a implementare il mercato unico interno. L'Europa ha la necessità di dotarsi di sistemi avanzati e accessibili a tutti, relativamente alla banda larga ed all’uso di Internet, in grado di raggiungere anche zone rurali e periferiche così come stabilito dall'agenda digitale. Al contempo, bisogna garantire sicurezza a privati, produttori, utilizzatori e amministrazioni pubbliche.

Non solo, gli alti costi riguardanti la fibra ottica e la crescente richiesta, da parte degli utenti, di connessioni veloci, impongono di rivedere il quadro tecnologico, sia da un punto di vista normativo che operativo. Per questo, bisogna definire programmi legislativi pluriennali in materia di spettro radio per stabilire una pianificazione strategica e per sopperire alla crescente domanda di accesso alla banda larga tanto più che secondo stime ufficiali il traffico dei dati è destinato a raddoppiare ogni anno fino al 2013.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Březina (PPE), per iscritto. (CS) Gli obiettivi indicati nell’Agenda digitale – copertura della banda larga entro il 2013 per tutti i cittadini dell’Unione e, entro il 2020, copertura ad alta velocità fino a 30 o più Mbps (fino a 100 Mbps per la metà delle famiglie europee) – si devono considerare il minimo da raggiungere, con l’ambizione di dare all’Europa la migliore capacità e la banda larga a più alta velocità del mondo. Tale impostazione si riallaccia all’idea che la banda larga senza fili sia essenziale per assicurare a tutti i cittadini la disponibilità di servizi nuovi e innovativi. Concordo senza riserve con la scadenza proposta dalla Commissione, che intende mettere la banda di 800 MHz a disposizione dei servizi di comunicazione elettronici entro il 1° gennaio 2013. Esoneri o eccezioni si possono concedere solo per ragioni tecniche, ma si deve tener conto di specifiche esigenze di pubblica sicurezza e difesa. Le altre bande dovrebbero essere liberate entro il 1° gennaio 2012, come prevede la proposta della Commissione. A mio parere dobbiamo insistere per l’assegnazione di un maggior numero di frequenze ai servizi mobili, con un obiettivo minimo di 1 200 MHz. È essenziale introdurre norme ragionevoli che rendano possibile liberare in futuro ulteriori bande di frequenze; mi sembra anche opportuno affrontare altre questioni spinose tra cui, soprattutto, il costo della liberazione delle bande.

 
  
MPphoto
 
 

  Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. (RO) Dobbiamo assegnare lo spettro radio in maniera più efficace nell’Unione europea, per evitare di rimanere indietro rispetto ad altri paesi sviluppati che si stanno avviando verso la società digitale; i punti su cui si articola questa relazione sono anche perfettamente coerenti con l’agenda digitale dell’Unione europea. I consumatori e le imprese dell’Unione europea utilizzano sempre più intensamente Internet mobile e a banda larga tramite smartphone o tablet PC, e ciò comporta la disponibilità di connessioni rapide. Occorre quindi liberare al più presto la banda di 800 MHz, da destinare ai servizi di Internet mobile a banda larga, e forse anche la banda inferiore a 790 MHz, se tale misura si rendesse necessaria per affrontare la crescita del traffico dati. Le misure previste nel primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio sono essenziali per ridurre il divario digitale e garantire servizi di telecomunicazioni rapidi e affidabili nelle aree rurali isolate, allo scopo di rivitalizzarle. Ultima ma non meno importante considerazione, queste misure stimolano l’innovazione e l’uso più ampio di nuove tecnologie, che costituisce un’esigenza irrinunciabile per la competitività dell’economia europea, come si sottolinea anche nell’Atto per il mercato unico.

 
  
MPphoto
 
 

  Alain Cadec (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore del progetto di relazione dell’onorevole Hökmark, che invoca la liberazione – da ora al gennaio 2013 – della banda di 800 MHz, da destinare ai servizi mobili, e fissa alcuni obiettivi estremamente ambiziosi, come la liberazione dello spettro fino a 1 200 MHz per il traffico mobile di dati entro il 2015. Il relatore inoltre insiste su aspetti quali l’efficienza dell’uso dello spettro, una promozione più flessibile dell’innovazione e gli investimenti, oltre che sulla necessità di perfezionare l’inventario delle modalità d’uso dello spettro radio presenti e future.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Considerata l’importanza dell’industria europea delle telecomunicazioni, nonché delle tecnologie dell’informazione, per l’incremento della produttività e della competitività del nostro mercato, intendo votare a favore del programma relativo alla politica in materia di spettro radio. Sono convinta che questo programma sia in grado di creare le condizioni necessarie per competere con ottime prospettive di successo con i mercati delle nuove tecnologie in Cina e Stati Uniti, oltre che per conservare l’egemonia europea nell’industria delle telecomunicazioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Françoise Castex (S&D), per iscritto.(FR) Ho votato per questa relazione, che consentirà di soddisfare nel breve periodo la crescita esponenziale della domanda di accesso a Internet mobile, così avida di frequenze, in particolare grazie all’assegnazione, nei nostri paesi, ai servizi di comunicazione elettronica dell’intera banda di 800 MHz, liberata dal passaggio alla televisione digitale. Nel medio e lungo periodo dobbiamo porci l’obiettivo di perfezionare l’utilizzo dello spettro in generale, riconoscendone il valore sociale, culturale ed economico. Contemporaneamente intendiamo promuovere tecnologie innovative (femtocell, tecnologie cognitive), per dare una risposta qualitativa alla domanda di uso delle frequenze. Contribuiremo in tal modo a realizzare gli obiettivi che l’Unione si è data, compreso quello di colmare il divario digitale, per garantire a tutti i cittadini europei l’accesso alla banda larga entro il 2015.

 
  
MPphoto
 
 

  Nessa Childers (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato contro l’emendamento n. 20, seconda parte; e contro l’emendamento n. 69, seconda parte, seguendo l’indicazione dei due esponenti del gruppo S&D in seno alla commissione per la cultura, di cui faccio parte come membro supplente.

 
  
MPphoto
 
 

  Ioan Enciu (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato quest’oggi a favore della relazione sullo spettro radio. In ultima analisi essa produrrà nuova occupazione nel settore, contribuirà alla realizzazione dell’agenda digitale e servirà a raggiungere gli obiettivi di frequenze senza fili entro il 2013. In Romania, disponiamo di un servizio Internet tra i più veloci in Europa; con il miglioramento della banda larga europea, ciò aumenterà la nostra competitività. È opportuno ricordare che, secondo l’Unione internazionale delle telecomunicazioni, occorre liberare ulteriore capacità, preferibilmente armonizzata a livello globale.

Tutti noi impieghiamo lo spettro radio nella vita quotidiana, per ascoltare la radio, usare il telefono cellulare, azionare il telecomando dell’automobile o utilizzare il sistema di navigazione satellitare. Questa relazione mira a coordinare l’approccio a livello di Unione europea per la gestione dello spettro in tutta l’Unione. È importante che gli Stati membri continuino a portare avanti comunicazioni e negoziati bilaterali con paesi terzi per realizzare i propri obiettivi in materia di frequenze a livello di Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore di questa relazione perché contiene una serie di misure che contribuiscono in misura significativa all’accesso universale delle regioni svantaggiate o periferiche, come le zone rurali o le isole.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) L’accesso allo spettro radio è essenziale per garantire a tutti i cittadini europei – residenti in zone urbane o rurali – la possibilità di accedere alle tecnologie digitali e alla banda larga, nel momento in cui il fatturato totale di questo settore equivale a circa 200 miliardi di euro. Considerando perciò il valore dello spettro radio, è essenziale definire le priorità dell’Unione europea per l’assegnazione e l’utilizzo dello spettro stesso.

L’agenda digitale, l’economia digitale e ora il primo programma politico quinquennale mirano perciò a stimolare l’economia e a realizzare completamente il mercato unico in tutti i suoi aspetti. È essenziale che l’industria europea delle telecomunicazioni riconquisti una posizione guida a livello globale e imprima un deciso impulso in termini di aumento della produttività, coesione, competitività e accesso a un mercato unico.

Mi congratulo perciò con il relatore che ha ottenuto un eccellente risultato, sforzandosi di trovare un compromesso fra tutti i gruppi con una relazione ambiziosa e stimolante.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto.(PT) La presente relazione riguarda la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio. L’Unione europea, che costituisce la maggior economia a livello globale, deve monitorare tutti i propri processi di modernizzazione e innovazione tecnologica: altrimenti rischia di farsi superare da economie emergenti come la Cina e la Corea del Sud. Quest’ultimo paese è un esempio di tale sviluppo, basato sulla comunicazione digitale, poiché la velocità del traffico e la copertura della banda larga ne fanno il leader mondiale. Gli obiettivi fissati nell’agenda digitale, tenendo conto del costante downgrading della velocità e del volume del traffico di dati che, si prevede, raddoppierà ogni anno fino al 2014, si devono considerare minimi o da rivalutare se l’Unione europea vuol superare la Corea del Sud in questo campo. Dal momento che Internet costituisce lo strumento principale per migliorare le condizioni di sviluppo e conoscenza dei cittadini dal punto di vista culturale, soprattutto grazie alla trasmissione di contenuti audiovisivi, mi compiaccio per l’adozione di questa relazione e mi auguro che l’Unione europea svolga un ruolo di primo piano per quanto riguarda lo spettro radio e la creazione di software tesi allo sviluppo e all’innovazione.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Comprendiamo bene l’esigenza di pianificare e organizzare lo spettro radio; a tale scopo è necessaria la collaborazione tra gli Stati membri, tenendo conto del fatto che lo spettro è un bene pubblico, importante per delineare e perfezionare una serie di servizi offerti al pubblico, anche nel settore dei servizi pubblici veri e propri.

Non siamo d’accordo con la pianificazione dello spettro sulla base di orientamenti imposti dalla Commissione allo scopo di usare lo spettro come fulcro per “gli obiettivi e le azioni prioritarie delineati nella strategia UE 2020 e nell’agenda digitale”, e non riteniamo neppure che il relativo programma debba rappresentare una delle “cinquanta azioni prioritarie dell’Atto per il mercato unico”. Si tratta di strategie e politiche dell’Unione europea che hanno contributo a provocare la crisi in cui siamo attualmente immersi, e che la aggraveranno inevitabilmente se ci ostiniamo a portarle avanti.

Pur affermando che lo spettro radio è “una risorsa pubblica fondamentale per settori e servizi essenziali”, la relazione ammette “la possibilità di scambio dei diritti dello spettro radio” e invita la Commissione ad adottare misure “per garantire che gli Stati membri autorizzino lo scambio dei diritti di uso delle frequenze nell’Unione”; ancora una volta, non approviamo tali orientamenti e desideriamo prendere le distanze da essi.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Concordiamo con l’esigenza di pianificare e organizzare lo spettro radio sulla base dell’indispensabile cooperazione tra gli Stati membri, in quanto si tratta di un bene pubblico importante per il miglioramento dei servizi, e in particolare dei servizi pubblici.

Non approviamo l’imposizione di orientamenti da parte della Commissione, allo scopo di usare lo spettro come fulcro per “gli obiettivi e le azioni prioritarie delineati nella strategia UE 2020 e nell’agenda digitale e … inclusi tra le cinquanta azioni prioritarie dell’Atto per il mercato unico”. Riteniamo che tali strategie rappresentino politiche dell’Unione europea che hanno contribuito all’attuale crisi sistemica del capitalismo.

Pur affermando che lo spettro radio è “una risorsa pubblica fondamentale per settori e servizi essenziali”, la relazione ammette “la possibilità di scambio dei diritti dello spettro radio” e invita la Commissione ad adottare misure “per garantire che gli Stati membri autorizzino lo scambio dei diritti di uso delle frequenze nell’Unione”; non conosciamo ancora tali proposte, e finora non abbiamo votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. – (EN) L’Unione europea rappresenta la maggior economia mondiale; l’Europa necessita di un mercato unico interno per poter assumere un ruolo guida nell’economia internazionale, prestando particolare attenzione al settore dei servizi e all’economia della conoscenza. L’agenda digitale europea e l’economia digitale possono fungere da elemento trainante per rendere il mercato interno una realtà per tutti i settori della nostra economia. Ciò richiede la capacità di assumere un ruolo guida in merito alla banda larga e all’uso di Internet. È fondamentale che l’industria delle telecomunicazioni dell’Unione europea assuma nuovamente un ruolo guida internazionale e che sia anche in prima linea relativamente agli sviluppi delle tecnologie dell’informazione in quanto tali e all’emergere di nuovi servizi e applicazioni. Ma è ancora più importante e fondamentale per dare slancio a maggiore produttività, coesione, concorrenza, nonché accesso ad un mercato unico per l’industria europea nel suo complesso.

Si deve puntare a rendere l’Europa la migliore e fare tutto ciò che è meglio per l’Europa: aprire a nuovi servizi e all’aumento del traffico mobile, gettare le basi per nuove opportunità per cultura e contenuti, per emittenti e servizi pubblici nel quadro di una banda larga che assicuri al contempo le stesse opportunità di trasmissione di oggi.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Grech (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della presente relazione perché stimo necessario adottare un nuovo approccio economico e sociale per la gestione, l’assegnazione e l’utilizzo dello spettro. Occorre dedicare particolare attenzione alla formulazione di norme che migliorino l’efficienza dello spettro e la pianificazione delle frequenze, fungendo altresì da salvaguardia contro comportamenti anticoncorrenziali e misure antisociali nell’utilizzo dello spettro. Come si sottolinea nell’Atto per il mercato unico, l’istituzione di un programma per lo spettro radio è un elemento essenziale per la promozione della società digitale e lo sviluppo della tecnologia.

A mio avviso la Commissione deve adottare un approccio complessivo di vasto respiro al problema di una gestione adeguatamente coordinata dello spettro in tutta l’Unione europea, in quanto questo bene pubblico costituisce una risorsa finita e limitata, cruciale per il progresso di consumatori, cittadini e imprese nell’ambito del mercato unico.

 
  
MPphoto
 
 

  Mathieu Grosch (PPE), per iscritto. (DE) La moderna società dell’informazione e la scarsezza di bande di frequenze rendono essenziale la pianificazione strategica e l’armonizzazione dell’uso dello spettro. Ciò vale naturalmente per le comunicazioni su banda larga mobile e senza fili, per le trasmissioni radiofoniche e televisive e anche per le comunicazioni radio nei teatri o in concerti. A parte la questione delle frequenze, è in gioco la diversità culturale come pure una valutazione sulla disponibilità e l’accessibilità economica delle varie opzioni tecniche. L’accessibilità economica, per esempio, è un problema per le organizzazioni culturali che, non avendo grandi possibilità economiche, non sempre sono in grado di acquistare nuove apparecchiature. Gli obiettivi di introdurre nell’Unione europea la copertura completa della banda larga entro il 2013 e l’accesso universale a Internet ad alta velocità entro il 2020 sono encomiabili ma forse non del tutto realistici. La proposta inoltre non prende in considerazione i problemi specifici delle aree di confine, ove occorre un coordinamento maggiore.

 
  
MPphoto
 
 

  Roberto Gualtieri (S&D), per iscritto. − Attraverso l'approvazione della relazione Hökmark, il Parlamento europeo fa una scelta di innovazione: il settore della banda larga e della telefonia cellulare non è soltanto di notevole interesse per i cittadini europei, ma consente lo sviluppo di nuove prospettive in materia di ricerca ed innovazione, settori sui quali l'UE può e deve ambire ad un ruolo di leadership.

In questo senso, è importante che il primo programma europeo in materia di spettro radio sia in linea con gli obiettivi già delineati all'interno della strategia UE2020 e dell'"agenda digitale", e faccia parte delle azioni prioritarie dell'Atto per il mercato unico.

E' necessario che l'UE si adoperi per superare il divario digitale che provoca grandi disparità all'interno del territorio europeo, in particolare tra zone urbane e rurali, per garantire a tutti i cittadini un equo accesso ai servizi, soprattutto quelli connessi alle nuove tecnologie. Accolgo quindi con favore la proposta di obiettivi ambiziosi, per fornire l'accesso alla banda larga a tutti i territori europei entro il 2020, insistendo in particolare sulle reti senza fili.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho accolto con soddisfazione questo documento in quanto l’Europa ha bisogno di liberare uno spettro radio maggiore per la banda larga senza fili. Quest’obiettivo si può e si deve raggiungere rispettando le attuali trasmissioni, garantendo alle emittenti le stesse opportunità di oggi, compensando gli eventuali costi di migrazione, laddove necessario. Le trasmissioni e la cultura devono costituire una parte naturale dello sviluppo dei servizi senza fili. Oggi l’Europa arranca in ritardo, mentre gli Stati Uniti e la Cina stanno liberalizzando gran parte del loro spettro radio al fine di permettere lo sviluppo rapido di nuovi servizi e l’alta velocità di Internet mobile. Si deve puntare a ciò che è meglio per l’Europa: aprire lo spettro a nuovi servizi e all’aumento del traffico mobile, gettare le basi per nuove opportunità per cultura e contenuti, per emittenti e servizi pubblici nel quadro di una banda larga che assicuri al contempo le stesse opportunità di trasmissione di oggi. La banda larga senza fili è essenziale per garantire a tutti i cittadini la disponibilità di servizi nuovi e innovativi. Appare evidente che tale obiettivo non si può raggiungere utilizzando la fibra ottica, la cui istallazione richiede notevoli investimenti, bensì attraverso l’uso di tecnologie senza fili miste, in grado di estendere la copertura della banda larga (radio terrestre, sistemi via cavo, fibra o satellite) all’intero territorio dell’Unione, comprese le aree rurali e periferiche, permettendo al mercato di scegliere le tecnologie più efficienti dal punto di vista del costo per gli operatori e i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. (FI) Oggi le telecomunicazioni sono importanti quanto le comunicazioni ordinarie, sia per i cittadini che per le imprese; tale considerazione vale per le zone rurali non meno che per quelle urbane. Internet senza fili è il requisito della ricezione delle connessioni veloci in banda larga per tutti gli europei. Ciò comporta un’assegnazione separata dello spettro radio per assicurare connessioni perfette. È una cosa positiva che nuove sezioni di spettro radio vengano rese disponibili, a mano a mano che gli Stati membri passano dall’analogico alla televisione digitale: è un’occasione da sfruttare.

Per tenere il passo delle potenze economiche in ascesa, come Cina e India, nell’economia moderna, l’Europa ha bisogno della massima capacità di banda larga e della più alta velocità. Adoperiamoci affinché i Google e i Facebook della nuova generazione nascano in Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Krišjānis Kariņš (PPE), per iscritto. (LV) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio. A mio avviso una politica comune per lo spettro di frequenze radio offrirà agli Stati membri dell’Unione europea nuove possibilità per lo sviluppo delle industrie delle tecnologie delle comunicazioni e delle informazioni. Da parte loro, gli imprenditori avranno l’opportunità di offrire nuovi servizi di qualità, che stimoleranno lo sviluppo della comune economia europea. Nondimeno, nel modificare la politica sullo spettro di frequenze dobbiamo tener conto degli accordi internazionali sulla liberazione di diverse frequenze a livello internazionale.

I paesi confinanti con i vicini orientali dell’Unione europea incontreranno difficoltà a liberare frequenze se i loro vicini non faranno altrettanto. È una situazione da non dimenticare, e dobbiamo prevedere che la liberazione delle frequenze sarà possibile solo quando la effettueranno anche paesi come Russia e Bielorussia. Gli Stati membri non vanno spinti all’avanguardia delle ambizioni dell’Unione europea senza tener conto dei fatti concreti.

 
  
MPphoto
 
 

  Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. (FI) Sono stata relatrice per parere sul programma relativo alla politica in materia di spettro radio a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, e sono veramente soddisfatta del testo che è stato votato. Ho propugnato con forza una politica ambiziosa e lungimirante in materia di spettro, che promuova innovazioni e competitività globale. È un aspetto essenziale nella ricerca, da parte nostra, di nuove vie di crescita economica in Europa.

I servizi Internet senza fili, e il settore mobile in particolare, hanno estremo bisogno di maggiore spettro, poiché gli anni più recenti hanno visto una fortissima crescita nella vendita e nell’uso di attrezzature che utilizzano reti senza fili per smartphone e attrezzature analoghe. Non possiamo permettere che la carenza di spettro ostacoli l’innovazione, allorché sviluppiamo tecnologia e servizi nuovi. Lo spettro radio è una risorsa naturale limitata, oltre che un bene pubblico, e quindi dobbiamo utilizzarlo in maniera ben più efficace. Gli obiettivi principali del programma relativo alla politica in materia di spettro radio sono l’accesso alla banda larga per l’intera Unione europea entro il 2013 e connessioni Internet rapide entro il 2020.

A parte le considerazioni sul “dividendo digitale” da dividersi tra i servizi Internet (ossia la banda di 800 MHz), dobbiamo guardare al futuro e vagliare le opportunità offerte dalle prossime potenziali bande radio, come quella di 700 MHz. La capacità più ampia e la velocità più alta offrirebbero la base più adatta per la concorrenza e l’innovazione. Si è già tenuto conto delle crescenti esigenze di Asia e Stati Uniti d’America. È essenziale, quindi, che l’Unione europea comprenda quanto sia importante porsi obiettivi sufficientemente ambiziosi, per mantenersi sufficientemente competitivi in questo settore.

 
  
MPphoto
 
 

  Agnès Le Brun (PPE), per iscritto. (FR) Una delle principali linee d’azione della strategia mira a garantire l’accesso a Internet in tutta Europa entro il 2013 e una copertura della banda larga ad alta velocità di almeno 30 Mbps entro il 2020. Molte aree rurali relativamente isolate e molte aree insulari dipendono da Internet mobile per l’accesso alla banda larga ad alta velocità: per avere connessioni ininterrotte, devono fruire di frequenze radio completamente dedicate. L’assegnazione delle frequenze rientra nella giurisdizione nazionale, ma le norme che regolano la suddivisione dello spettro fra utenti e operatori ricade sotto il controllo dell’Unione europea. L’accesso universale all’alta velocità dipende in gran parte da tale suddivisione delle frequenze. Ho votato a favore della relazione sulla politica in materia di spettro radio, in quanto essa getta le basi di una copertura universale per Internet mobile. Il 1° gennaio 2013 la frequenza di 800 MHz passerà a Internet mobile e garantirà agli utenti senza fili un accesso di elevate qualità, riducendo in tal modo il divario digitale. Questo progetto si spinge ancor più in là, mettendo a disposizione una nuova banda di frequenze tra 1,5 e 2,3 GHz entro il 2015.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione. Negli Stati membri, le frequenze radio rappresentano un bene di interesse pubblico in molti settori. In tale contesto occorre tener conto di una serie di specifiche caratteristiche nazionali e regionali. Non è affatto certo che l’Unione europea possa armonizzare questi problemi di interesse pubblico e tali caratteristiche con altrettanta efficienza degli Stati membri. Per tale motivo (e anche alla luce dell’assegnazione delle competenze prevista dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva quadro), sono contrario all’istituzione di un sistema complessivo di pianificazione e gestione dello spettro a livello europeo.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) In quest’epoca in cui le nuove tecnologie rivestono un ruolo sempre più importante, è essenziale che tutti i cittadini europei possano godere delle medesime condizioni di accesso alle tecnologie digitali e alla banda larga, indipendentemente dal fatto che vivano in aree rurali o urbane. Di conseguenza l’agenda digitale, l’economia digitale e questo programma politico quinquennale appena adottato sono essenziali per lo sviluppo del mercato interno. L’obiettivo è quello di portare l’industria europea delle telecomunicazioni alla riconquista della leadership globale, e poi di incrementare produttività, coesione, competitività e accesso al mercato unico.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Michel (ALDE), per iscritto. (FR) L’Unione europea costituisce la maggior economia del mondo, eppure è rimasta indietro rispetto ad altri attori internazionali nel settore della strategia digitale e dell’economia digitale. L’Europa deve adottare iniziative concernenti l’uso della banda larga e di Internet per porsi alla guida dello sviluppo in questo settore. La banda larga senza fili è essenziale per garantire a tutti i cittadini l’accesso a servizi nuovi e innovativi. Dobbiamo colmare il divario digitale e fornire a tutti i cittadini europei una connessione rapida a banda larga entro il 2020. La banda larga mobile – insieme, tra l’altro, a smartphone, tablet PC e smart key – svolge un ruolo sempre più importante nella fornitura e nell’innovazione dei servizi in altri settori, come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la cultura e la pubblica amministrazione. Dobbiamo anche rendere accessibili nuove tecnologie e attrezzature di consumo. Quanto poi allo spettro radio, la nostra politica deve porsi obiettivi realistici e ambiziosi insieme, affinché le imprese europee riescano a competere nel mercato mondiale su basi più solide.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Il relatore, onorevole Hökmark, ritiene essenziale difendere le date fissate dalla Commissione (per esempio, la banda di 800 MHz deve diventare disponibile per i servizi di comunicazione elettronica entro il 1° gennaio 2013). Eccezioni o deroghe si possono concedere solo per motivi puramente tecnici, mentre bisogna tener conto di specifiche esigenze di sicurezza e difesa. Le bande già indicate dalla Commissione vanno liberate entro il 1° gennaio 2012, secondo la proposta della Commissione stessa. L’Unione deve lavorare per assegnare un maggior numero di frequenze ai servizi mobili, con l’obiettivo di uno spettro minimo corrispondente a 1 200 MHz. È necessario stabilire principi corretti che consentano di liberare in futuro ulteriori sezioni di spettro. Sostengo il relatore e di conseguenza ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. (EL) La ripresa economica si fonda, tra l’altro, sull’utilizzo delle nuove tecnologie e dell’economia digitale. Benché l’Unione europea si sia prefissa traguardi ambiziosi con l’emblematica iniziativa denominata “Agenda digitale” – come per esempio la copertura a banda larga per tutti i cittadini dell’Unione entro il 2013, con velocità pari o superiore a 30 Mbps entro il 2010 – essa è ancora in ritardo rispetto a Stati Uniti e Giappone in termini di competitività. La liberazione di ampie sezioni sello spettro radio, per consentire il rapido sviluppo di nuovi servizi ed elevate velocità di Internet – tramite connessioni mobili capaci di offrire ai cittadini grandi capacità – costituisce perciò un primo passo dal punto di vista pratico. Si tratta di un parametro tecnico, ma necessario per avviare una decisa tendenza in direzione di maggiore produttività, coesione, competitività e accesso al mercato unico per l’industria europea nel suo complesso: ecco le ragioni per cui ho votato a favore di questa relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La presente relazione riguarda la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il primo programma relativo alla politica in materia di spettro radio. Questo programma rappresenta un significativo passo avanti nel garantire un uso efficiente e ottimale di questa risorsa finita. La politica in materia di spettro svolge un ruolo di primo piano nell’Agenda digitale europea ed è fondamentale per la realizzazione degli obiettivi politici della strategia UE 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Il programma mira non solo alla creazione di un settore europeo competitivo e dinamico, con la fornitura di servizi e apparecchiature senza fili a banda larga, ma anche a predisporre un contesto favorevole allo sviluppo di servizi paneuropei. La banda larga mobile ha un ruolo di sempre maggior rilievo nella prestazione e nell’innovazione di servizi in altri settori, quali l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la cultura e la pubblica amministrazione. L’armonizzazione delle frequenze ridurrà i costi per l’installazione delle reti mobili e dei dispositivi mobili per i consumatori, stimolerà la concorrenza e allargherà le possibilità di scelta per il consumatore, riducendo inoltre le interferenze e i disturbi transfrontalieri dannosi. Tutte queste ragioni mi hanno indotto a votare a favore dell’istituzione del programma relativo alla politica in materia di spettro.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Nel contesto dell’economia della conoscenza, le reti di comunicazione possono stimolare lo sviluppo del mercato interno. A tal fine la copertura della banda larga nell’intera Unione europea, comprese le regioni ultraperiferiche, contribuirà decisamente a costituire l’Unione europea come area integrata di condivisione delle informazioni, avvalorandone l’aspirazione di rappresentare un’economia digitale all’avanguardia. Di conseguenza ho votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (FR) Ci viene detto – molto giustamente – che lo spettro radio è una risorsa limitata. Vorrei far notare che è anche una risorsa comune, ossia una risorsa su cui nessuno può vantare proprietà o diritti esclusivi. Se si tratta di una risorsa comune e limitata, occorre allora capire come essa venga utilizzata oggi; in altre parole, dobbiamo svolgere uno studio approfondito di tutte le parti interessate allo spettro, compresi i servizi militari e di sicurezza civile.

Il modo in cui lo spettro viene utilizzato oggi è tutt’altro che ottimale. Dobbiamo incoraggiare l’uso di tecnologie che consentano la coabitazione di servizi differenti. Non dimentichiamo poi che non tutti gli usi sono necessariamente di natura commerciale, e quindi non producono necessariamente profitto: penso per esempio all’uso dello spettro a fini di servizio pubblico o culturale.

 
  
MPphoto
 
 

  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Per la Lituania questo è un tema molto importante. Abbiamo la massima densità di punti di accesso pubblico a Internet: il mio paese ha una popolazione di 3,2 milioni di abitanti, 2,1 milioni dei quali usano Internet; abbiamo anche uno dei tassi più elevati di penetrazione mobile. Senza dubbio si tratta di trasformazioni positive: la connessione con l’Europa è potenzialmente in grado di indurre imprese internazionali ad aprire punti vendita e a investire in Lituania. Tra gli altri vantaggi possibili cito le diagnosi mediche a distanza, le reti energetiche intelligenti e l’incremento della responsabilità politica a livello locale; ma non facciamoci prendere dall’entusiasmo, e manteniamo le priorità corrette. Sulla base di questa relazione, l’obiettivo principale del programma relativo alla politica in materia di spettro radio è la copertura della banda larga entro il 2013 per tutti i cittadini d’Europa e Internet ad alta velocità entro il 2020. Ma che ne sarà dei milioni di europei a rischio di povertà? Il 20 per cento dei lituani vive in condizione di povertà: percentuale eccessiva per la nostra nazione. Nel mio paese, come in tutta Europa, vi sono famiglie che devono lottare per nutrire e mandare a scuola i figli, e non pensano certo ad acquistare un computer, per non parlare della banda larga ad alta velocità. La promozione dello spettro radio dell’Unione europea non deve oscurare le esigenze delle popolazioni più povere d’Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore del programma della Commissione relativo alla politica in materia di spettro (RSPP), perché sono convinto che tutti i cittadini dell’Unione europea debbano fruire di una connessione a banda larga più rapida entro il 2020. Il RSPP ridurrà il divario digitale grazie all’introduzione di misure che consentiranno a tutti i cittadini e alle imprese un più rapido accesso al web. Ciò sarà particolarmente vantaggioso per i residenti in zone rurali o periferiche dell’Unione europea, che attualmente non fruiscono, o quasi, di connessione Internet. Il miglioramento della rete contribuirà pure a rendere più competitiva l’economia digitale europea, nella speranza di sviluppare un ambiente innovativo e creativo che stimoli ulteriori progressi nel campo della tecnologia digitale.

 
  
MPphoto
 
 

  Anna Záborská (PPE), per iscritto. (SK) Le frequenze di trasmissione sono un bene nazionale; la legislazione europea deve perciò rispettare la sovranità degli Stati membri, nel momento in cui cerca di individuare un interesse comune europeo nell’uso di tali frequenze. D’altra parte, gli interessi della Slovacchia sono in armonia con quelli di altri Stati membri. Sia i cittadini che le imprese trarranno vantaggio dall’uso delle bande liberate per una trasmissione di dati rapida e di elevata qualità. In questo campo il coordinamento europeo è importante, perché le tecnologie di Internet non sono limitate dalle frontiere, e i loro vantaggi si accrescono parallelamente al numero degli utenti. Scopo di questa proposta era di avviare a soluzione il più rapidamente possibile il problema della liberazione delle frequenze, per dare all’Europa un vantaggio sulle altre economie più agguerrite. Tutto questo produrrà nuova occupazione, creerà nuovi servizi e attirerà nuovi investimenti in Europa.

 
  
  

Relazione Casini (A7-0173/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati e quest'ultimo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi. Alla luce di tali evoluzioni e di detto contesto costituzionale, e conformemente al loro impegno a favore della trasparenza, il Parlamento europeo e la Commissione hanno convenuto di istituire e tenere un registro comune per la registrazione ed il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea. Tali emendamenti comportano una modifica del regolamento del Parlamento ed è questa infatti la funzione che assolve la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto.(FR) Nelle ultime settimane si è discusso molto circa il ruolo dei rappresentanti di interessi all'interno del Parlamento europeo. Da quanto quattro deputati sono stati accusati di aver ricevuto denaro, da rappresentanti di interessi "fittizi", per presentare degli emendamenti, l'istituzione ha cercato di precisare e di riformare le norme che disciplinano le attività dei rappresentanti di interessi all'interno dell'Assemblea. Da tempo ormai una sorta di sospetto perenne aleggiava sulle relazioni dei deputati europei con i rappresentanti di interessi, quindi nel 1996 è stato creato un primo registro. Oggi si vuole riformare questo strumento, in cui i rappresentanti di interessi sono tenuti ad iscriversi. Il processo di registrazione "volontaria", in realtà, è obbligatorio, poiché solo i rappresentanti registrati possono avere accesso al Parlamento. Esprimo apprezzamento anche per l'adozione della cosiddetta "tracciatura legislativa": l'idea di pubblicare i nominativi delle persone incontrate nel corso della stesura delle relazioni, a mio parere, costituisce una normalissima misura di trasparenza. È deprecabile, però, che il Consiglio, diversamente dalla Commissione, non abbia aderito all'iniziativa.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, poiché è necessario emendare il regolamento del Parlamento a seguito dell'istituzione di un registro comune sulla trasparenza tra Parlamento europeo e Commissione. Tengo a sottolineare che, a seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati e quest'ultimo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi che, peraltro, esercitano una funzione essenziale nel dialogo aperto e pluralista e sono, per i deputati al Parlamento, una fonte importante di informazione nell'ambito dell'esercizio del loro mandato. Alla luce di tali evoluzioni e di detto contesto costituzionale, e conformemente all'impegno che si sono assunti a favore della trasparenza, il Parlamento europeo e la Commissione hanno convenuto di istituire e tenere un registro comune per la registrazione del controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea. Il registro deve essere tenuto nel rispetto del diritto dei deputati di espletare le proprie funzioni parlamentari senza restrizioni e non deve essere usato come pretesto per negare agli elettori l'accesso ai locali del Parlamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. − Ho espresso voto positivo perché ritengo che siano da accogliere con favore tutte quelle azioni volte a favorire e ad ampliare la trasparenza dei lavori parlamentari. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, infatti, i poteri del Parlamento sono stati rafforzati, diventando colegislatore in molti settori che riguardano la procedura legislativa ordinaria. Conseguenza di questo processo è stata l'attrattiva che i lavori parlamentari hanno suscitato verso un numero sempre maggiore di portatori di interessi, fonte essenziale di informazioni per i deputati al Parlamento. Accolgo con favore, quindi, l'istituzione e la compilazione di un registro comune per il controllo delle organizzazioni e delle persone che concorrono all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Zuzana Brzobohatá (S&D), per iscritto. (CS) L'emendamento proposto al regolamento rappresenta la risposta ai casi di corruzione scoperti negli ultimi mesi. Tre deputati, infatti, avrebbero ricevuto denaro da giornalisti impegnati in un'inchiesta. È impensabile che i deputati non siano soggetti ad uno scrutinio pubblico in merito agli interessi che essi difendono nel loro ruolo o che non subiscano pressioni da varie parti. Pertanto esprimo un grande apprezzamento per l'introduzione di un registro comune dei rappresentanti di interessi e delle relative organizzazioni. La Commissione europea ha già introdotto questo registro, quindi il Parlamento intende solamente estenderlo ai deputati, ai funzionari e al suo personale. Il registro recherà le informazioni sui contatti tra questi soggetti ed i rappresentanti di interessi e sarà pubblico. Un sistema analogo è già in atto nel congresso americano, dove l'efficacia come misura anti-corruzione è comprovata dall'esperienza. Credo fermamente che l'estensione del registro fungerà altresì da ispirazione per il parlamento ceco. L'introduzione di un registro nel parlamento ceco segnerebbe uno sviluppo decisivo nell'evoluzione della politica nazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Cristian Silviu Buşoi (ALDE), per iscritto. (RO) L'istituzione di un registro comune per la trasparenza è certamente un importante passo in avanti che i cittadini europei attendevano con ansia. Le istituzioni UE, sia elette o non elette, prendono decisioni che influiscono sulla vita quotidiana della gente. In un sistema democratico, cui l'UE aspira, è del tutto naturale che vi sia un livello elevato di trasparenza nel processo decisionale.

Il registro comune per la trasparenza semplifica le cose anche per i rappresentanti di interessi, in quanto costituisce un mezzo unico di registrazione, invece di due, come avviene attualmente. D'altro canto, il registro non è chiaramente uno strumento adeguato per risolvere il problema della corruzione. Ad ogni modo non credo che l'obiettivo primario del registro sia unicamente quello di contrastare la corruzione dal momento che i casi di questo genere sono stati pochissimi.

 
  
MPphoto
 
 

  Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. (EN) I deputati europei dell'UKIP si sono astenuti in questa votazione, non perché non vogliamo la trasparenza, ma perché le proposte sono inadeguate e votare a favore equivaleva a sostenere disposizioni inadeguate.

 
  
MPphoto
 
 

  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Sostengo questa decisione, in quanto va a rafforzare la trasparenza, approvando la conclusione dell'accordo tra Parlamento e Commissione sull'istituzione di un registro comune per la trasparenza. In una democrazia rappresentativa è importante che le istituzioni UE riescano a stabilire e a mantenere un dialogo trasparente e sistematico con i cittadini, con le loro associazioni e con la società civile. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati ed è quindi divenuto essenziale, per il bene della trasparenza, istituire un registro comune tra Parlamento e Commissione per la registrazione ed il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione della politica dell'Unione europea. È pertanto necessario emendare il regolamento dell'Assemblea al fine di istituire la registrazione obbligatoria di tutti i rappresentanti di interesse che entrano in contatto con i deputati, con le istituzioni europee e con il loro personale. Queste informazioni saranno accessibili a tutti.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione in cui si propone che il registro dei gruppi d'interesse sia esteso a tutte le istituzioni europee. Finora sono state accreditate oltre 1 700 organizzazioni come gruppi d'interesse nel Parlamento europeo e 3 900 alla Commissione. Se si vuole esprimere commenti validi su un argomento di natura tecnica, di solito ci si rivolge ad esperti. È sempre stato così e continuerà ad esserlo anche in futuro. I rappresentanti di interessi adempiono ad un ruolo utile ed essenziale nel lavoro legislativo, purché vi sia trasparenza. A tale scopo la relazione adottata stabilisce nuove norme e crea un "registro per la trasparenza" che è comune per la Commissione e per il Parlamento. I cittadini vi troveranno una raccolta completa di informazioni sui diversi soggetti che sono in contatto con le istituzioni UE. Questo sistema ad accesso unico agevolerà la registrazione dei rappresentanti di interessi, sia le organizzazioni commerciali che le organizzazioni non commerciali. Il Parlamento, in particolare, prevede che tutti gli incontri tra deputati e gruppi di interesse su un particolare tema siano indicati alla fine delle relazioni stilate. Mi dispiace che la registrazione non sia obbligatoria, ma come recita il proverbio: "Chi va piano va sano".

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sugli emendamenti al regolamento del Parlamento a seguito dell'istituzione di un registro comune per la trasparenza, poiché il principio della trasparenza deve applicarsi a tutti coloro che sono coinvolti nel processo decisionale e nell'attuazione della politica UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Il registro comune per la trasparenza, istituito a seguito della conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento e Commissione, richiede che sia emendato il regolamento del Parlamento in modo da integrarvi questa nuova situazione. In tal modo il sistema diventa operativo nell'ambito del principale strumento normativo dell'Assemblea. Ho votato a favore della conclusione dell'accordo e sostengo le modifiche procedurali.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La trasparenza è un diritto dei cittadini e contribuisce a mantenere la credibilità delle istituzioni europee: il Parlamento, la Commissione ed il Consiglio. La relazione, che è stata stilata dall'onorevole Casini, verte sulla necessità di emendare il regolamento dell'Assemblea a seguito dell'istituzione di un registro comune per la trasparenza tra Parlamento e Commissione. Dopo la ratifica del trattato di Lisbona, il Parlamento è colegislatore in quasi tutti i settori. Pertanto, di concerto con la Commissione, ha deciso di istituire un registro comune per registrare e controllare le persone e le organizzazioni che esercitano un'influenza sulla preparazione e/o sull'attuazione della politica dell'Unione europea. Infatti la trasparenza è fondamentale per il funzionamento delle istituzioni europee e spesso è mancata. I cittadini europei chiedono un livello elevato di trasparenza dai suoi rappresentanti, non solo in teoria, ma anche in pratica. L'UE deve dare l'esempio in termini di trasparenza delle sue istituzioni, quindi esprimo apprezzamento per gli emendamenti presentati dal relatore al regolamento del Parlamento europeo in linea con la decisione assunta dalla Conferenza dei presidenti il 18 novembre 2010.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L'emendamento proposto al regolamento del Parlamento è volto a stabilire e a mantenere un registro comune per la registrazione ed il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano in qualche modo all'elaborazione e all'attuazione della politica EU.

Il sistema vigente, su cui si fonda la proposta, è stato creato e varato dal Parlamento nel 1996. All'epoca l'Assemblea fu la prima istituzione UE a mettere in atto una simile iniziativa. La Commissione successivamente ne attuò un'altra con obiettivi analoghi nel 2008. Il sistema sarà modificato anche alla luce dei problemi emersi recentemente che hanno coinvolto il Parlamento in merito a presunti rappresentanti di interessi. Le argomentazioni che sono state presentate stavolta, però, sono diverse, in quanto prendono le mosse dai nuovi poteri che il Parlamento ha acquisito a seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona.

La trasparenza delle istituzioni, il loro funzionamento e le decisioni assunte dai loro rappresentanti devono essere una parte intrinseca della democrazia. Le misure che contribuiscono ad intensificare la trasparenza sono quindi opportune e necessarie. Non è, però, chiaro, se le modifiche proposte conseguiranno tale fine. Pur sostenendo alcune delle misure proposte, ne seguiremo l'attuazione al fine di valutare i risultati che si produrranno in futuro.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Il testo verte sull'istituzione ed il mantenimento di un registro comune per la registrazione ed il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano in qualche modo all'elaborazione e all'attuazione della politica dell'Unione europea.

In base ai i sistemi vigenti, che sono stati creati e varati dal Parlamento nel 1996 e dalla Commissione nel 2008, la proposta mira ad affrontare dei problemi emersi di recente, pur avendo preso le mosse dai nuovi poteri che il Parlamento ha acquisito a seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona.

Alcuni aspetti sono positivi, ma nutriamo gravi dubbi su altri emendamenti. Siamo a favore di una maggiore trasparenza, ma non è sempre chiaro se questo è il fine di tutti gli emendamenti adottati. Ne seguiremo l'attuazione in futuro.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D) , per iscritto. – (EN) A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati e quest'ultimo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi che, peraltro, esercitano una funzione essenziale nel dialogo aperto e pluralista su cui si basa un sistema democratico e sono, per i deputati al Parlamento, una fonte importante di informazione nell'ambito dell'esercizio del loro mandato.

Alla luce di tali evoluzioni e di detto contesto costituzionale, e conformemente al loro impegno a favore della trasparenza, il Parlamento europeo e la Commissione hanno convenuto di istituire e tenere un registro comune per la registrazione del controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea.

Una delle importanti misure correttive che è necessario apportare consiste nel migliorare la contabilizzazione delle spese sostenute nelle attività di promozione da parte dei gruppi d'interesse. La legislazione in atto consente ai rappresentanti di interesse di dichiarare molto meno rispetto a quanto viene effettivamente speso. Parimenti importante è la trasparenza in relazione alle risorse finanziarie di cui beneficiano le società di consulenza e di promozione di interesse.

 
  
MPphoto
 
 

  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. − Gentile Presidente, onorevoli colleghi, vorrei complimentarmi con l’onorevole collega per l’ottimo lavoro svolto. Sosterrò con voto positivo la sua proposta sulla creazione dell’albo dei lobbisti, affinché ci sia più trasparenza nelle istituzioni europee. Si auspica però il giusto riconoscimento alle rappresentanze come per esempio le Regioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Sylvie Guillaume (S&D), per iscritto. (FR) Visto che i gruppi di pressione, sia che rappresentino interessi pubblici o privati, svolgono un ruolo innegabile negli affari europei, deve essere garantita una maggiore trasparenza nelle relazioni che essi intrattengono con le istituzioni dell'Unione europea. A mio parere, l'iscrizione nel registro per la trasparenza deve essere obbligatoria. Sostengo, in particolare, l'idea di una sistema di tracciatura legislativa, che consenta la registrazione dei rappresentanti di interessi che si incontrano con i deputati nel corso del processo legislativo. Infatti dobbiamo assolutamente fare tutto quanto è in nostro potere per ripristinare o rafforzare la fiducia dei cittadini nel funzionamento delle istituzioni europee, ed è proprio questa la direzione in cui giustamente ci porta il registro.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho votato a favore del documento, in quanto il trattato sull'Unione europea e in particolare, l'articolo 11, paragrafi 1 e 2, prevede un quadro e mira a favorire le relazioni tra le istituzioni europee ed i dirigenti politici europei, da un lato, e la società civile, i cittadini UE e le associazioni di rappresentanza, dall'altro: 1. le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione; 2. le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati e quest'ultimo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi che, peraltro, esercitano una funzione essenziale nel dialogo aperto e pluralista su cui si basa un sistema democratico e sono, per i deputati al Parlamento, una fonte importante di informazione nell'ambito dell'esercizio del loro mandato. Alla luce di tali evoluzioni e di detto contesto costituzionale, e conformemente al loro impegno a favore della trasparenza, il Parlamento europeo e la Commissione hanno convenuto di istituire e tenere un registro comune per la registrazione ed il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea. In particolare, il registro deve rispettare il diritto dei deputati di esercitare il proprio mandato parlamentare senza restrizioni e non impedisce ai loro elettori di accedere ai locali del Parlamento. Inoltre, esso non inciderà sulle competenze o le prerogative dei partiti e non influirà sui loro poteri di organizzazione.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Esprimo apprezzamento per la relazione. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati e quest'ultimo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi che, peraltro, esercitano una funzione essenziale nel dialogo aperto e pluralista su cui si basa un sistema democratico e sono, per i deputati al Parlamento, una fonte importante di informazione nell'ambito dell'esercizio del loro mandato. Alla luce di tali evoluzioni e di detto contesto costituzionale, e conformemente al loro impegno a favore della trasparenza, il Parlamento europeo e la Commissione hanno convenuto di istituire e tenere un registro comune per la registrazione del controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il Parlamento e la Commissione stanno dando il buon esempio, istituendo un registro comune per la trasparenza per accreditare i rappresentanti d'interessi e di altri gruppi d'interesse. È altresì importante che il Consiglio aderisca all'iniziativa. Anche l'obbligo che ricade sui deputati di indicare in allegato alle relazioni gli incontri con questi rappresentanti su questioni legislative rappresenta un passo in avanti verso una maggiore trasparenza, che è necessaria in questo tipo di relazioni per evitare le situazioni che si sono create luce in passato.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Michel (ALDE), per iscritto.(FR) Non ho votato a favore della relazione dell'onorevole Casini sull'istituzione di un registro comune per la trasparenza. Reputo siffatta iniziativa una violazione della libertà che tutti i politici dovrebbero avere. Tutti i parlamentari si assumono la responsabilità politica delle loro decisioni e delle loro posizioni. Essi vengono sanzionati dall'elettorato.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) L'ambito del registro riguarda tutte le attività svolte per influenzare direttamente o indirettamente la formulazione politica o l'attuazione dei processi decisionali delle istituzioni europee. Devono registrarsi tutte le organizzazioni che sono impegnate in attività che ricadono nell'ambito del registro a prescindere dal loro status giuridico. Nell'abito della commissione per gli affari costituzionali molte linee trasversali hanno sottolineato quanto sia importate che il Consiglio aderisca al sistema. Il voto della commissione per gli affari costituzionali segna un importante passo in avanti, ma il nostro lavoro sulla trasparenza deve continuare. Sostengo la relazione dell'onorevole Casini e ho votato a favore del testo.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Non solo il Parlamento europeo, ma l'intera Unione europea è afflitta da un enorme problema di credibilità. Benché il Parlamento sia finalmente approdato ad un accordo sul registro per la trasparenza, senz'altro a fronte delle pressioni innescate dal recente scandalo sui rappresentanti di interessi, il registro è destinato a non sortire alcun effetto. Dovranno essere iscritte tutte le attività intraprese per le aziende e per le società internazionali, ma anche tutte le attività di promozione pagate a favore di gruppi d'interesse, come le organizzazioni professionali ed i sindacati.

I cittadini hanno il diritto alla trasparenza, poiché è il loro contributo obbligatorio che mantiene in vita i gruppi d'interesse organizzati. Una trasparenza totale deve vertere sulle retribuzioni pagate, ma anche sulle indennità, sugli inviti a cene, eccetera. Visto che queste misure segnano un passo nella giusta direzione, ho votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Bisogna istituire il registro comune per la trasparenza e bisogna migliorare tutte le norme sulla trasparenza nel Parlamento europeo per incrementare la fiducia nelle attività dell'Assemblea e garantirne la necessaria trasparenza. Ho votato a favore delle relazioni dell'onorevole Casini e attendo delle proposte sostanziali dal gruppo di lavoro del Parlamento sulla trasparenza e sulla disciplina delle attività di promozione di interessi.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) I rapporti tra le istituzioni e i responsabili politici europei, da un lato, e la società civile, i cittadini e le associazioni rappresentative dall’altro, sono inquadrati e incoraggiati dal trattato sull’Unione europea. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo sono stati rafforzati e quest'ultimo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi che, peraltro, esercitano una funzione essenziale nel dialogo aperto e pluralista su cui si basa un sistema democratico e sono, per i deputati al Parlamento, una fonte importante di informazione nell'ambito dell'esercizio del loro mandato. È, però, essenziale istituire dei meccanismi di registrazione e di controllo. Alla luce di tali presupposti ho votato a favore del testo sugli emendamenti al regolamento del Parlamento a seguito dell'istituzione di un registro comune per la registrazione ed il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano in qualsiasi modo all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Phil Prendergast (S&D), per iscritto. (EN) Sostengo la relazione sulla conclusione dell'accordo interistituzionale tra il Parlamento e la Commissione sul registro comune per la trasparenza. Tutti coloro che intendono influenzare il processo decisionale e l'attuazione della politica a livello europea dovranno iscriversi nel registro comune, che agevolerà sia la registrazione che l'accesso alle informazioni. A chi non si iscriverà sarà negato il lasciapassare a lungo termine al Parlamento europeo. Questo è solo il primo passo per stabilire relazioni trasparenti tra le istituzioni europee ed i rappresentanti di interessi. La registrazione dovrebbe essere obbligatoria ed anche il Consiglio dovrebbe aderire all'accordo quanto prima possibile.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo è diventato co-legislatore in pressoché tutti i settori, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi. Alla luce di tali evoluzioni e conformemente al loro impegno a favore della trasparenza, il Parlamento europeo e la Commissione hanno convenuto di istituire e tenere un registro comune per la registrazione del controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea. A tal fine è necessario emendare il regolamento e ho votato a favore del testo.

 
  
MPphoto
 
 

  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. (FR) Dobbiamo batterci per la trasparenza all'interno delle istituzioni europee e, in questo ambito, esprimo apprezzamento per l'accordo con la Commissione che punta ad istituire un registro comune dei rappresentanti di interessi nelle istituzioni UE.

Tengo ad esprimere biasimo per la riluttanza del Consiglio ad aderire al registro comune. Bisogna proprio continuare a guardare verso l'interno e a difendere la mancanza di trasparenza anziché l'apertura? Ad ogni modo, anche i rappresentanti degli Stati membri hanno il dovere di fornire informazioni e di garantire trasparenza nei rapporti con i cittadini europei. Avrei anche un desiderio per il futuro. È essenziale dirigerci gradatamente verso un sistema come quello americano, che è in vigore ormai da 65 anni, e che si basa sulla pubblicazione dei documenti fondamentali da parte dei gruppi di interesse (ad esempio, tutti i contratti che superano i 10 000 dollari).

Tengo ad esprimere un ultimo commento sul sistema di tracciatura legislativa, che è una buona idea, in linea teorica, ma non all'atto pratico. Non perché pregiudicherebbe il principio dell'indipendenza dei parlamentari, ma perché comporterebbe infinite discussioni in seno alle commissioni sui motivi e sui luoghi della scelta e della frequenza delle riunioni con un rappresentante di interessi invece che con un altro. Per concludere, è importante istituire un sistema efficace e robusto. E siamo ben lungi dal conseguirlo.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (FR) È utile ascoltare i punti di vista dei diversi interlocutori quando il legislatore europeo elabora e adotta una normativa. Tuttavia, per quantificare tali influenze, è necessario iscrivere obbligatoriamente tutti i rappresentanti di interessi in un registro comune a tutte le istituzioni.

Il testo che è appena stato approvato segna un interessante primo passo verso l'identificazione dei diversi tipi di rappresentanti di interessi e le somme che essi usano per cercare di influenzare le decisioni che devono essere assunte. Il sistema deve svilupparsi ulteriormente. Anche il Consiglio deve aderire al registro comune, che deve essere obbligatorio e deve fungere da strumento dinamico per garantire trasparenza del processo decisionale. Tutto ciò nell'interesse della democrazia europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − I rapporti tra le istituzioni e gli attori politici europei da un lato, e la società civile, i cittadini e le associazioni rappresentative dall’altro, sono riconosciuti ed incoraggiati dal trattato sull’Unione europea. Le istituzioni offrono ai cittadini e alle associazioni rappresentative la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione. In particolare le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile.

L'adozione del trattato di Lisbona ha rafforzato i poteri del Parlamento europeo, divenuto colegislatore in quasi tutti i settori secondo la procedura legislativa ordinaria. Alla luce di tali evoluzioni il Parlamento europeo e la Commissione hanno deciso di istituire un registro comune per la registrazione del controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano all'elaborazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea. Per tener conto delle modifiche apportate ai diritti e doveri esistenti, nonché della creazione di nuovi diritti e doveri relativi alla procedura per i deputati la risoluzione adottata oggi sostiene la necessità di modificare il regolamento del Parlamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − la relazione che inizialmente non ci vedeva favorevoli in quanto applicava le stesse regole sui "lobbisti" anche agli enti pubblici tra cui le rappresentanze delle Regioni presso l'UE, a seguito delle nostre richieste é stata modificata. Riteniamo corretto prevedere un codice di condotta per coloro che frequentano per conto di associazioni o ditte private il parlamento europeo come riteniamo che sia giusto non applicare le stesse norme alle chiese, ai partiti politici, ai sindacati e agli enti pubblici. Il nostro voto è per tanto favorevole.

 
  
MPphoto
 
 

  Niki Tzavela (EFD), per iscritto. (EL) La relazione dell'onorevole Casini enfatizza l'importanza di emendare il regolamento del Parlamento a seguito dell'istituzione di un registro comune per la trasparenza. Ho votato a favore del testo, che riafferma l'importanza attribuita alla trasparenza dalle istituzioni europee. Infatti l'istituzione di questo registro contribuirà a controllare tutte le organizzazioni e le persone coinvolte nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche europee.

 
  
MPphoto
 
 

  Derek Vaughan (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione che chiede l'istituzione di un registro comune per i rappresentanti di interessi e dei gruppi d'interesse. Questo è il primo passo verso una maggiore trasparenza sia nel Parlamento europeo che nella Commissione. Un "registro per la trasparenza" faciliterà l'accesso dei cittadini che intendono avere informazioni specifiche sulle organizzazioni e sulle persone che sono in contatto sia con i deputati europei che con i funzionari della Commissione. Il Parlamento ha precisato che la registrazione per i rappresentanti di interessi che intendono incontrare i deputati europei d'ora in poi sarà obbligatorio. Ho trovato incoraggiante il segnale lanciato dal Consiglio che intende vagliare dei provvedimenti per istituire siffatto registro e lo esorto ad agire in questo senso quanto prima possibile.

 
  
MPphoto
 
 

  Iva Zanicchi (PPE), per iscritto. − Ho espresso voto favorevole al testo del collega Casini. La trasparenza delle attività che ruotano attorno alle Istituzioni europee, anche di recente finita sotto accusa, è una condizione preliminare di legittimità ed una componente fondamentale per la creazione di un rapporto corretto e aperto con le associazioni rappresentative. Credo quindi che la creazione di un registro comune del Parlamento e della Commissione allo scopo di raggruppare insieme tutte le informazioni relative agli attori che sono in contatto con le istituzioni, oltre a snellire le pratiche burocratiche consentendo un'iscrizione unica, rappresenti un netto miglioramento nella strada di un dialogo sempre più aperto e trasparente con i cosiddetti "lobbisti".

 
  
  

Relazione Casini (A7-0174/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione. È un primo passo un primo importante passo verso una maggiore trasparenza ed è tesa a garantire il rispetto delle norme sulla pubblica amministrazione dell'Unione. Il registro per la trasparenza, come sarà chiamato d'ora in avanti, non è obbligatorio, ma rappresentanti e le organizzazioni di interessi saranno tenuti a registrarsi se vogliono ottenere il permesso di accedere al Parlamento europeo. Gli organismi registrati dovranno inoltre dichiarare le proprie fonti di reddito ed i propri interessi oltre alle proposte legislative presentate. In questo modo, si intensificherà la trasparenza e saranno fornite informazioni più complete sulle persone e sugli organismi che entrano in contatto con i deputati al Parlamento europeo sulle varie questioni o che avanzano delle proposte. Dobbiamo continuare i colloqui con il Consiglio affinché aderisca al registro per la trasparenza e affinché tale registro sia esteso a tutte e tre le istituzioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Regina Bastos (PPE), per iscritto. (PT) Tra il Parlamento e il Consiglio sono all'incirca 4 600 le organizzazioni accreditate come gruppi d'interesse. A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento europeo è diventato colegislatore in pressoché tutti i settori, la qualcosa attrae l’attenzione di un numero ancora maggiore di rappresentanti di interessi.

Questa relazione, per cui ho votato a favore, verte sull'accordo istituzionale sulla creazione di uno spazio comune per registrare ed esercitare un controllo sui rappresentanti di interessi e su altri gruppi di interesse nella Commissione e al Parlamento. Sarà istituito un registro comune tra le varie istituzioni allo scopo di favorire una maggiore trasparenza ed operare una differenziazione tra gruppi di interesse che rappresentano la società civile e le autorità pubbliche.

In nome della trasparenza la creazione di un sistema per la dichiarazione obbligatoria di tutti gli incontri con le organizzazioni registrate ed i deputati responsabili per normative è parimenti importante, queste informazioni dovranno essere riportate nelle rispettive relazioni o raccomandazioni. È importante che il Consiglio aderisca al registro.

 
  
MPphoto
 
 

  Gerard Batten, John Bufton, David Campbell Bannerman e Derek Roland Clark (EFD), per iscritto. (EN) I deputati dell'UKIP si sono astenuti in questa votazione, non perché non vogliamo la trasparenza, ma perché le proposte sono inadeguate e votare a favore equivarrebbe a sostenere disposizioni inadeguate.

 
  
MPphoto
 
 

  Sergio Berlato (PPE), per iscritto. − La creazione di un registro comune da parte del Parlamento e della Commissione europea volto a riunire in un unico punto di accesso tutte le informazioni relative agli attori che sono in contatto con le istituzioni rappresenta un passo avanti verso una maggiore trasparenza. La trasparenza delle istituzioni politiche rappresenta, a mio avviso, la componente fondamentale di un dialogo aperto con la società civile. Infatti, assicurare la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente opinioni e informazioni nei diversi settori d’azione dell’Unione e, al contempo, garantire il controllo delle organizzazioni e delle persone che partecipano attivamente all’elaborazione e all'attuazione delle politiche dell’UE, sono elementi importanti della vita democratica delle istituzioni.

Desidero, tuttavia, esprimere alcune riserve: non condiviso l’esclusione dall’ambito di applicazione del registro di una serie di attori tra cui le parti sociali, gli enti locali, regionali e comunali. L’esclusione è ingiustificata perché questi attori sono portatori di interessi specifici e partecipano attivamente ai processi decisionali nella stessa misura di tante altre associazioni rappresentative. Inoltre, ritengo necessario prevedere una migliore definizione delle informazioni richieste, in modo che non si prestino a interpretazioni differenti come, invece, accade nella situazione attuale.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, poiché la trasparenza delle istituzioni politiche è una condizione preliminare della legittimità. Dovrebbe essere possibile verificare agevolmente le modalità con cui sono adottate le decisioni, quali sono gli elementi che le hanno influenzate e infine come sono stanziate le risorse, vale a dire il denaro dei contribuenti. Pertanto la regolamentazione del lobbismo costituisce, in ultima istanza, una questione di legittimità. Il Parlamento è la stata prima istituzione europea ad affrontare il fenomeno dell'aumento dei gruppi d'interesse a livello europeo e, soprattutto, le conseguenze di tale evoluzione per il processo legislativo. In seguito alle elezioni europee è stato costituito un nuovo gruppo di lavoro Parlamento-Commissione. Nel novembre 2010 il gruppo di lavoro ha infine approvato un progetto di accordo sull'istituzione di un registro per la trasparenza. Sebbene la registrazione non sia obbligatoria, si può ritenere che, di fatto, essa lo sia, dal momento che l'accesso permanente agli edifici del Parlamento è consentito unicamente ai rappresentati di interessi registrati. Il registro comune garantisce la più ampia partecipazione possibile alle varie categorie di operatori nel rispetto delle relative differenze e agevola l'iscrizione per le organizzazioni non commerciali. Il registro comune costituirà un passo avanti ai fini di una maggiore trasparenza all'interno delle istituzioni europee, elemento che a sua volta dovrebbe, nelle aspettative, contribuire ad intensificare la fiducia dei cittadini nel lavoro delle istituzioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Françoise Castex (S&D), per iscritto.(FR) Ho votato a favore della relazione, in quanto è importante apportare delle precisazioni in un momento in cui infuria la polemica e si moltiplicano le congetture tra i cittadini europei sul ruolo dei rappresentanti di interessi. Deprechiamo, però, il fatto che la registrazione delle organizzazioni non sia stata resa obbligatoria, sopratutto visto che la registrazione è un obbligo di fatto se si vuole ricevere il lasciapassare per accedere ai locali del Parlamento. D'altro canto, ci siamo battuti per garantire che la misura non si applichi agli uffici di rappresentanza delle autorità locali, regionali e municipali presso le istituzioni europee, contrariamente a quanto era previsto nel testo iniziale. Tali strutture per noi sono il frutto diretto degli organismi democraticamente eletti. Rappresentano l'interesse generale e quindi vanno distinti dai rappresentanti di interessi, i quali difendono appunto interessi particolari. Ad ogni modo, questo registro segna un importante passo in avanti, in quanto, in molti settori, la mancanza di trasparenza che contorna il ruolo dei gruppi d'interesse può porre un vero e proprio problema di democrazia.

 
  
MPphoto
 
 

  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Questo accordo è un primo passo, senz'altro importante, verso una maggiore trasparenza, in quanto di fatto è prevista la registrazione per tutti i rappresentanti di interessi che intendono avere un accesso permanente al Parlamento e alla Commissione, i quali sono tenuti ad indicare tutte le informazioni che identificano la struttura giuridica e gli interessi finanziari della propria organizzazione.

Di conseguenza, l'istituzione di un registro delle organizzazioni e delle persone implicate nell'elaborazione e nell'attuazione della politica UE rafforza la trasparenza nel dialogo tra questi rappresentanti della società civile e le istituzioni dell'Unione, stabilendo al contempo misure obbligatorie nel caso di violazione del codice di condotta allegato all'accordo.

Spero che presto sarà intrapreso il secondo passo verso la creazione di norme ancora più rigorose e volte a garantire coerenza nell'amministrazione pubblica dell'UE e nel rafforzamento delle sue norme istituzionali.

Mi dispiace che il Consiglio non abbia ancora aderito all'accordo, adottando il registro per la trasparenza, poiché, così facendo, diminuiscono le probabilità di conseguire il livello necessario di trasparenza in tutte le fasi del processo legislativo. Vi ricordo che il livello di trasparenza delle istituzioni politiche è commisurato alla sua legittimità.

 
  
MPphoto
 
 

  Proinsias De Rossa (S&D), per iscritto. (EN) La trasparenza delle istituzioni politiche è una condizione preliminare di legittimità. Dovrebbe essere possibile verificare agevolmente le modalità con cui sono adottate le decisioni, quali sono gli elementi che le hanno influenzate e infine come sono stanziate le risorse, vale a dire il denaro dei contribuenti. Pertanto la regolamentazione del lobbismo costituisce, in ultima istanza, una questione di legittimità. Ho votato a favore della relazione che istituisce un registro comune per i rappresentanti di interessi (registro per la trasparenza) tra il Parlamento europeo e la Commissione. Rientrano nell'ambito di applicazione del registro tutte le attività, svolte allo scopo di influenzare, direttamente o indirettamente, l'elaborazione o l'attuazione delle politiche e i processi decisionali delle istituzioni dell'Unione europea. A prescindere dal proprio status giuridico, ci si aspetta che ogni organizzazione impegnata in attività rientranti nell'ambito di applicazione del registro, proceda alla registrazione. L'accordo con la Commissione europea prevede che la registrazione non sia obbligatoria, anche se solo i rappresentati di interessi registrati possono ottenere il lasciapassare permanente ai locali del Parlamento. Il passo successivo consiste nell'estendere il registro comune a tutte le istituzioni UE e a convincere la Commissione ed il Consiglio a renderlo obbligatorio. Servono norme chiare per impedire che singole persone e organizzazioni possano influenzare il processo decisionale UE in maniera non trasparente.

 
  
MPphoto
 
 

  Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. (FR) Esprimo apprezzamento per l'approvazione della relazione dell'onorevole Casini sull'introduzione di un registro comune per la trasparenza tra Parlamento e Commissione. La creazione di un registro pubblico in cui devono registrarsi i rappresentanti di interessi, se desiderano avere accesso a queste due istituzioni, costituisce un autentico progresso democratico a beneficio dei cittadini. In questo ambito i relatori in futuro saranno tenuti a dichiarare i nominativi dei gruppi d'interesse che hanno incontrato. Tale misura rappresenta un ulteriore passo nella direzione di una piena indipendenza del Parlamento europeo e garantirà una rappresentanza bilanciata degli interessi di tutti i cittadini europei.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione in cui si propone la creazione di un registro comune dei rappresentanti di interessi per tutte le istituzioni europee. Finora sono state accreditate oltre 1 700 organizzazioni come gruppi di interesse al Parlamento europeo e 3 900 alla Commissione. Se si vuole esprimere commenti validi su un argomento di natura tecnica, di solito ci si rivolge ad esperti. È sempre stato così e continuerà ad esserlo anche in futuro. I rappresentanti di interessi adempiono ad un ruolo utile ed essenziale nel lavoro legislativo, purché vi sia trasparenza. A tale scopo la relazione adottata stabilisce nuove norme e crea un "registro per la trasparenza" che è comune per la Commissione e per il Parlamento. I cittadini vi troveranno una raccolta completa di informazioni sui diversi soggetti che sono in contatto con le istituzioni dell'Unione europea. Questo sistema ad accesso unico agevolerà la registrazione dei rappresentanti di interessi, sia di organizzazioni commerciali che di organizzazioni non commerciali. Il Parlamento, in particolare, prevede che tutti gli incontri tra deputati e gruppi di interesse su un particolare tema siano indicati alla fine delle relazioni stilate. Mi dispiace che la registrazione non sia obbligatoria, ma come recita il proverbio: "Chi va piano va sano".

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione sugli emendamenti al regolamento a seguito dell'istituzione di un registro comune per la trasparenza, poiché il principio della trasparenza deve applicarsi a tutti coloro che sono coinvolti nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche dell'Unione europea. Credo, però, che il registro debba essere obbligatorio e che debba essere esteso a tutte le istituzioni europee.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Nel 2006 la Commissione ha pubblicato un'iniziativa europea per la trasparenza in cui proponeva un registro unico per i lobbisti della Commissione e del Parlamento. L'8 maggio 2008 il Parlamento ha accolto con favore l'iniziativa, invocando la conclusione di un accordo interistituzionale sull'istituzione di un registro comune tra Parlamento, Commissione e Consiglio. Inoltre, all'epoca il Parlamento aveva proposto dei negoziati su un codice di condotta comune per i lobbisti e le relative sanzioni da applicare in caso di violazione.

Ai sensi dell'accordo, l'accesso permanente agli edifici del Parlamento è consentito unicamente ai rappresentati di interessi registrati. Ad ogni modo, il registro comune garantisce la più ampia partecipazione possibile alle varie categorie di operatori nel rispetto delle relative differenze e specificità. Dall'ambito di applicazione del registro sono escluse le parti sociali, le chiese, i partiti politici e gli enti locali, regionali e comunali a fronte delle loro particolari caratteristiche.

L'accordo avrebbe una maggiore incisività se vi aderisse anche il Consiglio. Il Parlamento ed i suoi deputati devono dare l'esempio nell'ambito della trasparenza delle attività e della chiarezza dei loro obiettivi.

Ho votato a favore del testo.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La trasparenza è la base della democrazia. L'opinione pubblica ne ha diritto. La trasparenza contribuisce a mantenere la credibilità delle istituzioni europee: Parlamento, Commissione e Consiglio. La relazione, che è stata stilata dall'onorevole Casini, verte sull'istituzione di un registro comune per la trasparenza tra Parlamento e Commissione. Mi preme evidenziare che il Parlamento è stata la prima istituzione ad affrontare il fenomeno dei gruppi di pressione, avendo varato il registro dei rappresentanti di interessi nel 1998. Nel 2006 la Commissione ha proposto la creazione di un registro comune per i lobbisti alla Commissione e al Parlamento mediante l'iniziativa sulla trasparenza europea. Infatti la trasparenza è essenziale per il funzionamento delle istituzioni europee, che spesso sono accusate di non essere affatto trasparenti. L'opinione pubblica europea richiede un livello elevato di trasparenza dai suoi rappresentanti, non solo in linea teorica, ma soprattutto all'atto pratico. Pertanto esprimo apprezzamento per l'approvazione della proposta di accordo sull'istituzione di un "registro per la trasparenza" che senz'altro segnerà un significativo passo in avanti nella trasparenza delle istituzioni europee e contribuirà a consolidare il progetto europeo tra i cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Cominciamo con un assunto, riprendendo la relazione, ovverosia che "la trasparenza delle istituzioni politiche è una condizione preliminare della legittimità. Dovrebbe essere possibile verificare agevolmente le modalità con cui sono adottate le decisioni, quali sono gli elementi che le hanno influenzate e infine come sono stanziate le risorse […]". La trasparenza delle istituzioni e la chiarezza delle azioni dei suoi rappresentanti devono essere un elemento intrinseco di democrazia reale e autentica.

Purtroppo si sa che talvolta c'è un abisso tra le belle parole e la realtà. Il Parlamento è stato la prima istituzione europea ad affrontare l'argomento del crescente numero di gruppi d'interesse a livello europeo, avendo varato il registro dei rappresentanti di interessi nel 1996.

Anche la Commissione ha avviato delle iniziative in questo ambito e nel 2008 è stato istituito un gruppo di lavoro tra Parlamento e Commissione. Nel 2009 il gruppo ha approvato una dichiarazione comune e una proposta sul codice di condotta comune.

Nel 2010 un nuovo gruppo di lavoro ha approvato la proposta di accordo per l'istituzione di un "registro per la trasparenza" che garantisce la più ampia partecipazione possibile di tutte le categorie di operatori nel rispetto delle proprie identità diverse e specificità. È però importante monitorare i risultati pratici che saranno conseguiti.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto.(PT) La relazione afferma che "la trasparenza delle istituzioni politiche è una condizione preliminare della legittimità. Dovrebbe essere possibile verificare agevolmente le modalità con cui sono adottate le decisioni, quali sono gli elementi che le hanno influenzate e infine come sono stanziate le risorse […]".

Purtroppo si sa che talvolta vi è un abisso tra le belle parole e la realtà. Il Parlamento è stato la prima istituzione europea ad affrontare l'argomento del crescente numero di gruppi d'interesse a livello europeo, in particolare le conseguenze che ne discendono per lo sviluppo del processo legislativo. A seguito di varie relazioni e di dibattiti approfonditi, il Parlamento ha varato il registro dei rappresentanti di interessi nel 1996.

Al contempo anche la Commissione ha avviato delle iniziative in questo ambito e nel 2008 è stato istituito un gruppo di lavoro tra Parlamento e Commissione. Nel 2009 il gruppo ha approvato una dichiarazione comune e una proposta sul codice di condotta comune. All'indomani delle elezioni europee è stato istituito un nuovo gruppo di lavoro tra Parlamento e Commissione.

Nel novembre 2010 il gruppo di lavoro ha approvato la proposta di accordo per l'istituzione di un "registro per la trasparenza" che garantisce la più ampia partecipazione possibile di tutte le categorie di operatori nel rispetto delle proprie identità diverse e specificità.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La trasparenza delle istituzioni politiche è una condizione preliminare della legittimità. Dovrebbe essere possibile verificare agevolmente le modalità con cui sono adottate le decisioni, quali sono gli elementi che le hanno influenzate e infine come sono stanziate le risorse, vale a dire il denaro dei contribuenti. Pertanto la regolamentazione del lobbismo costituisce, in ultima istanza, una questione di legittimità.

Il Parlamento è la stata prima istituzione europea ad affrontare il fenomeno dell'aumento dei gruppi d'interesse a livello europeo e, soprattutto, le conseguenze di tale evoluzione per il processo legislativo. Sebbene la registrazione non sia obbligatoria, si può ritenere che, di fatto, essa lo sia, dal momento che l'accesso permanente agli edifici del Parlamento è consentito unicamente ai rappresentati di interessi registrati. Tuttavia, è auspicabile in futuro conseguire un sistema di registrazione che sia obbligatorio per legge.

Il registro comune garantisce la più ampia partecipazione possibile alle varie categorie di operatori nel rispetto delle relative differenze e specificità. La nuova denominazione "registro per la trasparenza" agevola l'iscrizione per le organizzazioni non commerciali. Il registro comune costituirà un passo avanti ai fini di una maggiore trasparenza all'interno delle istituzioni europee, elemento che a sua volta dovrebbe, nelle aspettative, contribuire a legittimare il progetto europeo di fronte ai cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. (FR) Si sa benissimo che ci sono oltre 15 000 lobbisti a Bruxelles che cercano attivamente di influenzare i testi legislativi adottati in questa sede e che essi intervengono in tutte le fasi del processo legislativo. Benché siffatta attività sia vista in maniera molto negativa in Francia, non è del tutto illegittimo che i gruppi d'interesse, sia imprese commerciali, sindacati, eccetera, esprimano le proprie posizioni, mettendo a disposizione le proprie conoscenze tecniche, soprattutto ad uso dei funzionari pubblici e dei rappresentanti eletti che non dispongono di queste competenze. Pertanto è opportuno che questi gruppi d'interesse ed i loro rappresentanti siano iscritti in un registro e che siano indicate anche le loro principali fonti di reddito, sopratutto se provengono dal bilancio europeo.

La registrazione dovrebbe essere obbligatoria non solo per queste organizzazioni, ma anche per tutti i gruppi non strettamente parlamentari, compresi quelli che sono deputati ad adempiere un ruolo ai sensi dei trattati (sindacati, chiese, organizzazioni filosofiche, autorità locali, eccetera) ed i gruppi composti in tutto o in parte dai parlamentari, come gli Amici europei di Israele, poiché, in questo caso, essi agiscono quali gruppi d'interesse e non come parlamentari. In tale ambito l'accordo su cui abbiamo votato oggi non è sufficientemente efficace sul versante della trasparenza.

 
  
MPphoto
 
 

  Estelle Grelier (S&D), per iscritto. – (FR) A seguito dei recenti avvenimenti che hanno messo in luce i potenziali abusi del lobbying, è parso viepiù necessario migliorare la trasparenza del lavoro dei gruppi di interesse presso le istituzioni europee. La fusione degli elenchi dei lobbisti iscritti presso il Parlamento e la Commissione rappresenta un primo passo per compilare un registro esaustivo delle lobby attive a Bruxelles e, successivamente, garantire un maggiore accesso dei cittadini ai controlli e agli equilibri democratici nel processo decisionale. Ho tuttavia combattuto per evitare che gli uffici che rappresentano gli enti locali presso le istituzioni europee siano interessati da tale misura. Ritengo infatti che tali strutture siano il frutto diretto di organi eletti democraticamente (consigli comunali, provinciali, regionali, eccetera) che rappresentano l’interesse generale, per cui dovrebbero essere distinti dai lobbisti che difendono interessi individuali. Spero inoltre che tale registro si sviluppi diventando un giorno obbligatorio e includa tutti i lobbisti operanti presso le istituzioni europee. La nozione di trasparenza è fondamentale per la politica dell’Unione europea e deve essere estesa affinché copra tutti i gruppi di interesse che partecipano al suo funzionamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Roberto Gualtieri (S&D), per iscritto. − L'approvazione del registro comune sulla trasparenza - che fa seguito al voto largamente maggioritario in commissione affari costituzionali - rappresenta un ulteriore passo in avanti verso una maggiore chiarezza nell'attività parlamentare. Attraverso un registro comune tra Parlamento europeo e Commissione, pubblico e reperibile online, sarà più semplice verificare per i cittadini i diversi portatori di interesse con cui i parlamentari interagiscono.

Questo accordo è tuttavia ancora da migliorare, dal momento che l'iscrizione al registro per i portatori di interesse è ancora su base volontaria, anche se necessaria per ottenere accesso alle Istituzioni. Il prossimo obiettivo sarà quindi quello di ottenere un'iscrizione obbligatoria per tutti i rappresentanti di interessi. Ci aspettiamo inoltre che anche il Consiglio, così come le altre Istituzioni europee, segua le indicazioni tracciate da Parlamento e Commissione e aderisca a questo registro.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho accolto con favore l’odierna relazione perché la trasparenza delle istituzioni politiche è un prerequisito della legittimità. Dovrebbe essere facile controllare come sono prese le decisioni, quali influenze vi sono dietro di esse e, infine, come sono stanziate le risorse, ovverosia il denaro dei contribuenti. Pertanto, le norme in materia di lobbying sono, in ultima analisi, una questione di legittimità. Il risultato conseguito corrisponde agli obiettivi stabiliti dal Parlamento nei punti più essenziali. In primo luogo, sebbene l’iscrizione non sia obbligatoria, obiettivo iniziale del Parlamento, può essere ritenuta di fatto tale perché soltanto i rappresentanti dei gruppi di interesse iscritti possono accedere permanentemente ai locali del Parlamento. In secondo luogo, il registro comune garantisce la massima partecipazione di tutte le categorie di operatori, rispettando nel contempo le loro identità diverse o specifiche. Inoltre, il nuovo nome – registro sulla trasparenza – rende più semplice iscriversi al registro per le organizzazioni non commerciali. In terzo luogo, il nuovo meccanismo fornisce ulteriori informazioni come il numero di persone coinvolte in tutte le attività relative al registro e l’entità delle risorse comunitarie ricevute dall’iscritto. Il sistema fornirà altresì precisazioni in merito alle attività ammissibili rientranti nell’ambito del registro e le procedure di gestione delle denunce. Ritengo che fosse essenziale adottare il progetto di accordo concernente l’istituzione di un registro sulla trasparenza. Il registro comune rappresenterà un passo verso una maggiore trasparenza delle istituzioni comunitarie che auspicabilmente conferirà al progetto europeo maggiore legittimità agli occhi dei suoi cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Agnès Le Brun (PPE), per iscritto. – (FR) Più di 1 700 organizzazioni sono state accreditate come gruppi di interesse presso il Parlamento europeo e 3 900 presso la Commissione. Sino a oggi, tali organizzazioni si sono iscritte a due diversi registri, uno per ciascuna istituzione. Nel 2008 il Parlamento aveva chiesto che tali registri fossero fusi in maniera da agevolare le operazioni di censimento. Parlamento e Commissione sono pervenuti a un accordo istituzionale con lo scopo di istituire un registro comune, accordo che era in attesa di convalida ed è stato sottoposto al voto dell’assemblea legislativa europea. Ho votato a favore del testo perché permetterà una maggiore trasparenza rispetto all’operato dei gruppi di interesse. È vero che il testo non prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione al registro, ma il Parlamento imporrà tale iscrizione a qualunque organizzazione che intenda usare i suoi locali. Il testo prevede altresì l’introduzione di un’“impronta” legislativa per il lobbying riportando in allegato a tutti gli atti legislativi i gruppi di interesse che hanno svolto un ruolo nella loro elaborazione. Il registro comune dovrebbe essere disponibile online in giugno.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) La trasparenza delle istituzioni politiche è un prerequisito della legittimità. Dovrebbe essere facile controllare come sono prese le decisioni, quali influenze vi sono dietro di esse e, infine, come sono stanziate le risorse, ovverosia il denaro dei contribuenti. Pertanto, le norme in materia di lobbying sono, in ultima analisi, una questione di legittimità. Il Parlamento è stato la prima istituzione europea ad affrontare il fenomeno di un numero crescente di gruppi di interesse a livello europeo e, soprattutto, le conseguenze di tale evoluzione sul processo legislativo. Dopo diverse relazioni e approfondite discussioni, il Parlamento ha introdotto il proprio registro dei rappresentanti dei gruppi di interesse nel 1996. Il registro comune rappresenterà un passo verso una maggiore trasparenza delle istituzioni europee che auspicabilmente contribuirà a conferire al progetto europeo maggiore legittimità presso i suoi cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. – (FR) Nessun gruppo di pressione che rappresenti interessi commerciali dovrebbe ottenere un pass che gli consenta di accedere permanentemente alle istituzioni europee. L’accesso al Parlamento europeo dovrebbe essere rigorosamente limitato agli incontri concessi da parlamentari e gruppi politici.

Il “registro sulla trasparenza” proposto non è altro che una legittimazione amministrativa. Serve a mantenere l’attuale status quo. Un roseo futuro attende i lobbisti. Voterò contro questa relazione ipocrita che condanno. Sarebbe meglio far dichiarare a queste persone i propri legami personali con i media, così come i propri legami parlamentari e amministrativi con il Parlamento europeo.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) Parlamento e Commissione stanno dando un buon esempio istituendo un registro comune sulla trasparenza per accreditare lobbisti e altri gruppi di interesse. Inoltre, la natura obbligatoria del registro per tutti i lobbisti che vogliono accedere permanentemente al Parlamento e alla Commissione rappresenta un passo importante per migliorare la trasparenza dei rapporti tra tali organizzazioni e le istituzioni europee. Ancora una volta ci rammarichiamo per il fatto che il Consiglio non abbia sottoscritto tali misure.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Un registro volontario è un nonsense assoluto e non porterà a una maggiore trasparenza. Inoltre, il Consiglio dei ministri ancora non vi partecipa, il che significa che non siamo neanche riusciti a coinvolgere tutti i principali organi legislativi. Anche se il Consiglio dovesse aderire all’iniziativa, comunque permarrebbero lacune. Vi sono asseritamente 1 350 gruppi di esperti che lavorano su documenti ufficiali pubblicati dalla Commissione. L’identità dei membri di tali organi consultivi, che si incontrano a porte chiuse, resta però un segreto gelosamente custodito.

Ora la Commissione sta prestando maggiore attenzione alle attività degli ex Commissari nel periodo immediatamente antecedente al momento in cui hanno lasciato Bruxelles. Vengono però eseguiti anche controlli nell’altro senso? Basti pensare all’ultimo passaggio dall’associazione dell’industria della musica alla sezione copyright. Poiché tutte queste misure sono un passo nella giusta direzione, ho votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto. – (PL) Sono pienamente a favore della decisione che oggi abbiamo preso in merito alla conclusione di un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo e Commissione concernente un registro comune sulla trasparenza.

Il Parlamento tiene un registro dei gruppi di interesse dal 1996 e al riguardo dovrebbe essere un esempio per altre istituzioni. La Commissione europea non ha creato un proprio registro fino 2008 e il Consiglio dell’Unione europea ancora non l’ha introdotto. La decisione presa in sede di Parlamento europeo abbinerà i registri dei lobbisti e dei gruppi di interesse, attualmente tenuti in maniera distinta dalle due istituzioni suddette. Il processo porterà a una maggiore trasparenza e, soprattutto, semplificherà l’accesso alle informazioni, che saranno conservate in un unico luogo. La creazione di un registro comune è utile anche per i lobbisti in quanto dovranno iscriversi una sola volta. La decisione esclude peraltro dal registro parti sociali, chiese, partiti politici ed enti locali e regionali. Inoltre, i gruppi di interesse saranno riportati nella motivazione della relazione o della raccomandazione se hanno ottenuto un incontro con un parlamentare in merito a un dossier legislativo. A mio parere, tale decisione è un passo importante per migliorare la trasparenza e attendo con impazienza che il Consiglio dell’Unione europea aderisca all’iniziativa.

 
  
MPphoto
 
 

  Georgios Papanikolaou (PPE), per iscritto. – (EL) Le istituzioni si conquistano credibilità operando in maniera trasparente. Questa specifica relazione, che ho accolto con favore, pone la questione della responsabilità in maniera corretta. Nel processo decisionale, i cittadini devono poter accedere agevolmente e senza ostacoli all’influenza e all’attività dei rappresentanti dei gruppi di interesse. È un dato di fatto che, a livello europeo, il Parlamento è stato la prima istituzione a occuparsi dell’emergere di un gran numero di gruppi di interesse. È anche un dato di fatto che vi è ancora una forte tendenza al rialzo in tale ambito a seguito del continuo ampliamento delle competenze legislative del Parlamento. Di conseguenza, il registro comune è un primo passo importante per il controllo e la salvaguardia della trasparenza delle azioni dei gruppi di interesse.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) La trasparenza delle istituzioni politiche è un prerequisito della legittimità e questo è un imperativo etico. Il Parlamento è stato la prima istituzione dell’Unione ad affrontare il fenomeno del numero crescente di gruppi di interesse a livello europeo e, in particolare, le conseguenze di tale sviluppo sul processo legislativo. Dopo varie relazioni e approfondite discussioni, il Parlamento ha introdotto il proprio registro dei rappresentanti dei gruppi di interesse nel 1996. Nel 2006 la Commissione ha pubblicato un’“iniziativa europea per la trasparenza” in cui ha proposto un registro “one-stop shop” comune per i lobbisti della Commissione e del Parlamento. La risposta del Parlamento a tale iniziativa della Commissione è stata la relazione della commissione per gli affari costituzionali sullo sviluppo del quadro delle attività per i rappresentanti dei gruppi di interesse presso le istituzioni europee. La risoluzione è stata adottata in plenaria l’8 maggio 2008. Successivamente, nel novembre 2010, il gruppo di lavoro è riuscito ad adottare un progetto di accordo concernente la creazione di un registro sulla trasparenza in quanto il Parlamento aveva conseguito i suoi principali obiettivi. Penso che il registro comune sia un passo verso una maggiore trasparenza delle istituzioni europee, per cui ho votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) L’attività dei rappresentanti dei gruppi di interesse in un’ampia serie di ambiti in relazione alle istituzioni dell’Unione, nella fattispecie Parlamento e Commissione, ha vantaggi innegabili in quanto incrementa il numero di informazioni rilevanti per il processo decisionale e consente di conoscere interessi legittimi che meritano di essere presi in considerazione. È tuttavia essenziale salvaguardare la trasparenza delle azioni delle istituzioni comunitarie in modo da garantire, in ultima analisi, la loro legittimità e l’attenta valutazione del loro ambito, senza abusi di potere. Accolgo pertanto con favore la conclusione di tale accordo che, rendendo di fatto obbligatoria l’iscrizione di tutti i lobbisti per poter accedere permanentemente a Parlamento e Commissione, rappresenta un passo decisivo verso il rafforzamento della trasparenza nel dialogo tra le istituzioni comunitarie e i rappresentanti della società civile.

 
  
MPphoto
 
 

  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. − La trasparenza dell'attività delle istituzioni politiche è una condizione preliminare della legittimità. In ogni momento e situazione deve essere possibile verificare agevolmente le modalità con cui è adottata ogni decisioni, quali sono gli elementi che l'hanno influenzata e soprattutto come sono state utilizzate le risorse, ovvero il denaro del contribuente. Il Parlamento è la stata prima istituzione europea a dotarsi di un registro dei rappresentanti d'interessi nel 1996. La risoluzione adottata oggi sottolinea che la creazione di un registro comune garantisce la più ampia partecipazione possibile alle varie categorie di operatori nel rispetto delle relative differenze e specificità. Tale meccanismo fornisce importanti informazioni tra cui il numero di persone fisiche e giuridiche coinvolte nelle varie attività afferenti al registro e l'entità delle risorse dell'UE di cui beneficiano gli iscritti.

 
  
MPphoto
 
 

  Bogusław Sonik (PPE), per iscritto. – (PL) Bruxelles, considerata da alcuni seconda soltanto a Washington come mecca dei lobbisti, ha bisogno di opportuni regolamenti e principi di collaborazione chiaramente definiti tra i decisori politici e i rappresentanti di vari gruppi di interesse. Non va dimenticato che il lobbying, interpretato come voce espressa da vari gruppi sociali, è un elemento imprescindibile dei sistemi democratici contemporanei.

Ancora una volta i parlamentari hanno manifestato sostegno all’introduzione della trasparenza. Un registro comune dei lobbisti migliorerà la trasparenza delle istituzioni europee consentendo anche di operare una distinzione tra rappresentanti dei gruppi di pressione e rappresentanti delle organizzazioni non governative e governative. Non vi è dubbio quanto al fatto che i gruppi di interesse rappresentano una piattaforma per lo scambio di informazioni e sono un canale importante di comunicazione tra cittadini e Unione europea. Per rendere tale collaborazione quanto più efficace possibile in maniera che raggiunga i risultati auspicati, è necessario che sia regolamentata e trasparente.

 
  
MPphoto
 
 

  Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) La decisione in merito al cosiddetto registro sulla trasparenza non è abbastanza ambiziosa. Il registro della Commissione, ora abbinato al registro del Parlamento, è volontario e copre una piccola percentuale dei 15 000 lobbisti che si stima siano presenti a Bruxelles. Il registro non contiene informazioni rilevanti.

A mio parere, la relazione rappresenta un certo progresso, per quanto limitato. Sarebbe stato meglio aspettare di sentire le proposte del gruppo guidato dal Presidente Buzek prima di prendere tale decisione.

Gli scandali venuti alla luce negli ultimi mesi sottolineano il fatto che anche le norme del Parlamento sono inadeguate. Abbiamo bisogno di un codice di condotta che non consenta ai parlamentari europei di essere pagati per sostenere proposte di gruppi di lobbisti. Le uniche persone che gli eurodeputati dovrebbero rappresentare sono i loro elettori; non dovrebbero rappresentare specifici interessi economici o religiosi.

Credo che tutti i lobbisti debbano essere registrati. Concedere deroghe ad alcuni creerà lacune nel sistema di controllo. Durante la campagna elettorale, il mio partito ha chiesto l’iscrizione obbligatoria dei lobbisti a un registro comune a tutte le istituzioni dell’Unione. Abbiamo altresì chiesto che vengano fornite informazioni sugli specifici temi di interesse dei lobbisti. Il registro dovrebbe contenere informazioni finanziarie, tra cui la spesa per le attività di lobbying e i finanziatori di tali attività. Un codice di condotta per le attività di lobbying è indispensabile. I lobbisti che si comportano in maniera non etica devono essere resi pubblicamente noti e deve essere possibile estrometterli dall’attività. Dobbiamo altresì controllare in maniera estremamente rigorosa doni, viaggi e pranzi per funzionari e politici; in altre parole, sia donante sia ricevente devono dichiarare quanto rispettivamente donato e ricevuto. I funzionari dell’Unione non devono poter intraprendere direttamente un’attività di lobbying che abbia legami con il lavoro svolto in precedenza per un periodo di due anni. Inoltre, tutta la corrispondenza in entrata e uscita tra le istituzioni comunitarie e i lobbisti deve essere resa pubblica. I lobbisti non devono poter richiedere la riservatezza.

La relazione dell’onorevole Casini non soddisfa tali requisiti.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La trasparenza è una componente importante della democrazia e un requisito per la partecipazione dei cittadini che la rende uno strumento essenziale per conquistarne la fiducia. Inoltre, l’assunzione di responsabilità che deriva dagli obblighi di trasparenza è uno strumento importante per evitare ogni sorta di abuso. Il presente progetto di accordo riguardante la creazione di un registro sulla trasparenza tiene conto di tutti i requisiti essenziali, per cui ho potuto appoggiarlo nella sua interezza. Il prossimo passo deve consistere nel dare un seguito agli obiettivi del nuovo registro e superare qualsiasi nuova difficoltà che dovesse emergere con tempestività ed efficacia secondo lo spirito dell’accordo originario.

 
  
MPphoto
 
 

  Anna Záborská (PPE), per iscritto. – (SK) Il lobbying è un’attività legittima. È un elemento fondamentale della democrazia. La democrazia rappresentativa può funzionare soltanto se i cittadini comunicano con i loro rappresentanti eletti per la promozione dei loro interessi. In quest’ottica, non è importante se i cittadini si accostano ai politici come singoli, associazioni, imprese commerciali o aziende manifatturiere. Nessun regolamento dovrebbe pertanto limitare uno dei diritti fondamentali dei cittadini. Tuttavia, i motivi per i quali un rappresentante eletto decide di preferire un interesse a un altro devono basarsi sulle sue convinzioni, non sul guadagno personale. La trasparenza dell’operato di un membro del Parlamento a contatto con persone che promuovono i propri interessi è lo strumento che forse meglio consentirà di evitare la corruzione nel processo legislativo. Sono dunque a favore del registro comune proposto che tiene conto della natura variabile dei gruppi di interesse e opera una distinzione tra coloro che esercitano l’attività di lobbying per favorire il proprio tornaconto e coloro che si rivolgono ai rappresentanti eletti per ottenere il bene superiore della società nel suo complesso.

 
  
  

Relazioni: Carlo Casini (A7-0173/2011), (A7-0174/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) A seguito della ratifica del trattato di Lisbona, i poteri del Parlamento sono stati rafforzati e ora il Parlamento è colegislatore in quasi tutti gli ambiti della procedura legislativa ordinaria. Di conseguenza, il Parlamento è al centro dell’attenzione di un numero ancora maggiore di lobbisti che, peraltro, svolgono un ruolo fondamentale nel dialogo aperto e pluralistico su cui si basa un sistema democratico e fungono da fonte importante di informazioni per i parlamentari nel quadro dell’assolvimento dei loro doveri. Alla luce di tali sviluppi, e in tale contesto costituzionale, tenendo fede agli impegni assunti in materia di trasparenza, Parlamento e Commissione hanno convenuto di istituire e aggiornare un registro comune per tenere un elenco dei nomi delle organizzazioni e delle persone che partecipano all’elaborazione e all’attuazione delle politiche comunitarie esercitando il dovuto controllo su di esse. Il registro sarà istituito e aggiornato sulla base delle disposizioni esistenti introdotte dal Parlamento nel 1996 e dalla Commissione nel giugno 2008 secondo quanto sviluppato dal gruppo di lavoro misto Parlamento-Commissione e sulla base dell’esperienza maturata e dei suggerimenti formulati dalle parti interessate. Il lavoro verso la trasparenza deve proseguire.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Le istituzioni politiche sono credibili soltanto nel momento in cui sono trasparenti, il che conferisce loro la legittimità necessaria per preservare la democrazia che le caratterizza. Alla luce di tale considerazione e valutata l’importanza della questione della legittimità e dell’informazione dei cittadini per l’efficacia e il corretto funzionamento delle politiche europee, ho votato a favore del progetto di accordo concernente la creazione di un registro comune sulla trasparenza.

 
  
  

Relazione: Ashley Fox (A7-0074/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Il regolare funzionamento del mercato interno dipende dalla stabilità del sistema finanziario e dalla fiducia riposta nelle operazioni e negli istituti finanziari da cittadini e consumatori europei. A seguito della crisi finanziaria, è diventato evidente che la qualità dei meccanismi di protezione e salvaguardia dei consumatori nel settore dei servizi finanziari richiede un miglioramento significativo e tangibile, specialmente per ciò che riguarda il controllo e la vigilanza. È necessario un sistema di governo efficace e adeguato in termini di gestione del rischio, rispetto dei regolamenti, funzioni di audit interne, strategie, politiche, processi e procedure. Tale sfida, al tempo stesso importante e complessa, può essere raccolta con un pacchetto di misure che abbiano effetti immediati o a medio termine. È necessario definire con chiarezza come è organizzata l’assunzione di responsabilità da parte dei membri dei consigli di amministrazione e tale assunzione di responsabilità deve tradursi concretamente in maniera ragionevole al fine di non mettere a repentaglio la disponibilità degli istituti finanziari a cogliere le opportunità economiche, aspetto auspicabile del loro lavoro, né la qualità delle risorse umane a loro disposizione. La relazione individua soluzioni in tal senso, per cui voto a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione. Il corretto funzionamento del mercato interno dipende dalla stabilità del sistema finanziario e dalla fiducia riposta nelle operazioni e negli istituti finanziari da cittadini e consumatori europei. Durante la recente crisi finanziaria, nel mondo sono falliti molti istituti finanziari e ciò è costato molto caro ai contribuenti. Appoggio l’iniziativa della Commissione di assumere un approccio critico nei confronti della solidità degli istituti finanziari e del sistema finanziario nel suo complesso, come anche nei confronti della regolamentazione e della vigilanza del sistema, per evitare in futuro il ripetersi di analoghe crisi e garantire che il settore risponda alle esigenze dell’economia reale e dia prova del massimo grado possibile di responsabilità sociale.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Băsescu (PPE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Fox. In quanto relatrice ombra per il gruppo PPE, vorrei sottolineare che l’eccellente esito conseguito al voto finale mette nuovamente in luce la stretta collaborazione esistente tra i gruppi politici. Siamo dunque riusciti a evitare che il Parlamento europeo adottasse una posizione troppo rivolta verso regolamenti obbligatori sul governo societario. È della massima importanza che il nostro gruppo promuova un approccio equilibrato alla risoluzione della crisi finanziaria globale. Per questo dobbiamo evitare di introdurre barriere negli istituti finanziari. La relazione definitiva attribuisce maggiore importanza e maggiore potere al ruolo delle autorità di vigilanza europee. Il compromesso più importante consiste nel porre il principio “comply or explain” e i regolamenti obbligatori sullo stesso piano. Penso che i regolamenti debbano essere introdotti soltanto quando i codici di buone prassi falliscono. L’approccio basato sul principio “comply or explain” è proporzionato e può essere applicato a un gran numero di istituti finanziari. Nel contempo, però, è necessario abbinarvi una valutazione esterna sistematica e una vigilanza normativa appropriata.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. – (LT) Ho votato a favore della relazione perché costituisce il contributo del Parlamento alla discussione sugli strumenti per garantire un governo più efficace degli istituti finanziari in Europa, una discussione particolarmente importante per individuare modi per evitare che si ripeta una crisi finanziaria e, infine, economica che nel 2008 ha colpito il mondo intero. Il crollo di una serie istituti finanziari è costato e ancora costerà caro ai contribuenti. È dunque necessario analizzare le cause dei problemi che si manifestano. In risposta al libro verde sul miglioramento del governo degli istituti finanziari pubblicato dalla Commissione, la relazione del Parlamento europeo dedica grande attenzione alla necessità di regolamentare più rigorosamente le procedure per la nomina dei dirigenti, alla definizione delle competenze dei membri del consiglio di amministrazione e dei criteri dei test attitudinali, nonché ai modi per garantirne l’indipendenza. La relazione esorta a creare comitati di rischio obbligatori a livello di consiglio di amministrazione, imporre agli istituti finanziari l’obbligo di rendere noti piani di risanamento e relazioni di vigilanza, elaborare una relazione annuale sull’adeguatezza e l’efficacia dei loro sistemi di controllo interni e inserire valutazioni analoghe nella relazione annuale predisposta dai revisori esterni.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. – (PT) Tenuto conto dell’importanza della fiducia che i cittadini e i consumatori europei ripongono nelle operazioni e negli istituti finanziari per la stabilità del nostro sistema finanziario e, di conseguenza, il regolare funzionamento del mercato interno, accolgo con favore il libro verde della Commissione sull’opportunità di migliorare le strutture di governo societario in tutta l’Unione. Diversi interventi dovranno essere attuati per garantire il funzionamento regolare e sostenibile del mercato finanziario europeo, di cui il più importante, a mio parere, è un approccio mirato in risposta alle esigenze dell’economia reale abbinato alla realizzazione di una politica di maggiore responsabilità sociale e valutazione di rischio da parte dei consigli di amministrazione per evitare, in futuro, ulteriori crisi finanziarie.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della proposta di risoluzione alternativa sul governo societario degli istituti finanziari in quanto formula proposte che garantirebbero miglioramenti delle strutture di governo societario in tutta l’Unione, tenuto conto del fatto che il settore finanziario deve rispondere alle esigenze dell’economia reale, contribuire a una crescita sostenibile e dimostrare maggiore responsabilità sociale.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. – (PT) Il regolare funzionamento del mercato interno dipende dalla stabilità del sistema finanziario e, di conseguenza, dalla fiducia riposta nelle operazioni e negli istituti finanziari da cittadini e consumatori europei. A tal fine, è necessario rivedere e rafforzare l’attuale sistema, che si è dimostrato inadeguato, ponendo particolarmente l’accento sui meccanismi di controllo e vigilanza.

In questo senso, accolgo con favore le conclusioni e le osservazioni del libro verde e l’opportunità di migliorare il governo degli istituti finanziari in tutta l’Unione. Concordo altresì con il relatore quando chiede una valutazione dell’impatto della proposta della Commissione in termini di costi e benefici da condursi prestando particolare attenzione alla necessità di preservare la competitività e contribuire alla crescita economica. È dunque necessario individuare urgentemente meccanismi e soluzioni che consentano di attenuare il rischio e creare un dialogo permanente tra le autorità di vigilanza, i revisori e le istituzioni.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) La crisi finanziaria globale ha provocato il fallimento della banca Lehman Brothers nel 2008 e il “credito subprime” – ovverosia la cartolarizzazione inappropriata del credito ipotecario – ha destato gravissimi dubbi in merito alla solidità degli istituti finanziari. Ciò ha costretto sia i governi degli Stati membri sia il governo degli Stati Uniti a iniettare fondi pubblici, pari circa al 25 per cento del prodotto interno lordo (PIL), nel settore finanziario. Tale situazione ha portato la Commissione a introdurre, con la sua comunicazione del 4 marzo 2009, un vero e proprio programma di riforme dei quadri di regolamentazione e dei regimi di vigilanza dei mercati finanziari. Tenuto conto della crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo, è più che giusto intensificare l’impegno per quel che riguarda il settore finanziario, a iniziare dal governo societario che, nella maggior parte dei casi, non tiene conto dei clienti, siano essi risparmiatori, depositanti o altri. Accolgo dunque con favore il libro verde della Commissione e ne apprezzo le proposte che possono e devono accompagnare e integrare i regolamenti adottati per rafforzare il sistema finanziario nel quadro del nuovo sistema di vigilanza europeo. Voto pertanto a favore della relazione sul governo societario degli istituti finanziari e spero che contribuisca risolutamente al loro rafforzamento.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’odierna relazione riconosce alcuni aspetti e prove importanti come il fatto che il settore finanziario dovrebbe rispondere alle esigenze dell’economia reale, contribuire a una crescita sostenibile e dimostrare maggiore responsabilità sociale, nonché la circostanza che “durante la recente crisi finanziaria, nel mondo sono falliti molti istituti finanziari e […] ciò è costato molto caro ai contribuenti”.

Tuttavia, dopo tali premesse, la relazione non trae ogni debita conseguenza dai fatti esposti formulando semplicemente alcune osservazioni slegate. Secondo il relatore, tutto o quasi tutto è riconducibile ad argomentazioni trite e ritrite riguardanti la creazione di un sistema di governo adeguato ed efficace in termini di gestione del rischio, applicazione delle norme, etica nel comportamento di alcuni soggetti operanti in mercati e istituti finanziari e così via.

Siamo consci del contributo che alcuni di questi orientamenti possono dare in un’ottica di miglioramento temporaneo, seppure apprezzabile, del funzionamento del sistema finanziario. Nondimeno è evidente che non possono incidere sull’aspetto più centrale del sistema: la sua insostenibilità, la sua natura predatoria, l’accento posto sulla speculazione con lo scopo principale di incrementare gli utili.

La relazione omette del tutto di affrontare la questione fondamentale: il recupero da parte dello Stato del proprio ruolo in tale ambito; la riappropriazione del settore finanziario per ricondurlo al suo ruolo sociale con un controllo pubblico e democratico.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Gli unici elementi importanti che emergono dalla relazione consistono nel riconoscimento del fatto che “il settore finanziario deve rispondere alle esigenze dell'economia reale, contribuire a promuovere una crescita sostenibile e dimostrare un grado di responsabilità sociale quanto più possibile elevato” e della circostanza che “durante la recente crisi finanziaria, nel mondo sono falliti molti istituti finanziari e […] ciò è costato molto caro ai contribuenti”. Sostiene persino che alcuni istituti finanziari e alcune autorità non hanno compreso la natura, l’entità e la complessità dei rischi che correvano.

La relazione, tuttavia, non ne trae le dovute conclusioni poiché si limita a interrogarsi sull’etica del comportamento di alcuni soggetti coinvolti in istituti e mercati finanziari proponendo la creazione di un sistema di governo che sia efficace e adeguato in termini di gestione del rischio, rispetto dei regolamenti e così via.

Come è ovvio, tali proposte potrebbero migliorare leggermente nel tempo il funzionamento delle banche, ma non modificano la natura speculativa del sistema né il suo principale obiettivo, ossia incrementare i profitti e i tentativi di speculazione. La relazione non coglie pertanto la questione fondamentale: il controllo pubblico e democratico dell’intero settore finanziario.

Per questo abbiamo votato contro.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. – (EN) Il rischio finanziario è fondamentale per l’esistenza del settore finanziario ed è parimenti essenziale in termini sia di successo economico del settore sia di funzioni di sicurezza per l’economia in generale. È tuttavia nell’interesse pubblico che i rischi vengano limitati per evitare crisi sistemiche. Tale sfida, al tempo stesso importante e complessa, può essere raccolta tramite un pacchetto di misure che abbiano un impatto diretto o indiretto.

Gli istituti finanziari dovrebbero essere obbligati a predisporre relazioni annuali sull’adeguatezza e l’efficacia dei loro sistemi di controllo interni e i consigli di amministrazione dovrebbero fare in modo che tali relazioni siano adottate. Gli istituti finanziari dovrebbero prestare più attenzione all’attuazione di misure per sensibilizzare ai rischi perché una maggiore informazione sul rischio a tutti i livelli della società, anche tra i dipendenti, è spesso cruciale per migliorare la gestione del rischio.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Avendo rilevato, e cito eufemisticamente, “una mancanza di valori e di etica nel comportamento di alcuni attori a livello dei mercati e degli istituti finanziari”, il Parlamento ha intrapreso una patetica crociata per moralizzare il settore. Crociata peraltro è una parola grossa. Sarebbe meglio dire che sono stati espressi pii desideri che, infine, si tengano presenti gli interessi di consumatori e lavoratori, un blabla pietoso sulla diversità sociale, culturale e di “genere” nei consigli di amministrazione (quote per i rom, senza dubbio?), proposte già ampiamente adottate a livello europeo sulle retribuzioni indecenti del settore, ambito nel quale potremmo fare molto meglio, controlli del rischio qua e là. In sintesi, dimenticate il fatto che le imprese giocano secondo le regole che voi stabilite.

Orbene, tali regole, che fondamentalmente vi rifiutate di rimettere in discussione, sono la libera circolazione internazionale dei capitali, la finanziariazzazione dell’economia, un’eccessiva enfasi sul breve termine, la cartolarizzazione, prodotti finanziari complessi che non sono basati sulla creazione di alcuna ricchezza concreta e la costituzione di grandi gruppi multinazionali, più potenti degli Stati, non soggetti ad alcun controllo. Fintantoché non interverrete sulle fondamenta del sistema, nulla cambierà.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Grech (S&D), per iscritto. – (EN) L’impatto peggiore della recente crisi finanziaria è stato subito dai normali consumatori. Vari governi dell’Unione hanno usato il denaro dei contribuenti per salvare alcune banche che avevano gestito i propri affari in maniera irresponsabile. Se non fosse stato per il sostegno dei contribuenti, tali banche sarebbero crollate producendo un effetto disastroso su vari settori dell’economia di diversi Stati membri. Ora che la fase peggiore della crisi finanziaria è superata, le banche continuano a non agire o condurre la propria attività nell’interesse dei consumatori. I casi di vendita impropria di prodotti e servizi finanziari, come l’assenza di un adeguato sostegno da parte delle banche a clienti privati e piccole imprese che si devono confrontare con temporanei problemi di liquidità, dimostrano che i legislatori dovrebbero intraprendere un’azione più tangibile per garantire che gli operatori del settore dei servizi finanziari supportino i propri clienti e offrano in generale una maggiore tutela ai consumatori. Ho dunque votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho accolto con favore l’odierno documento perché il settore finanziario dovrebbe rispondere alle esigenze dell’economia reale, contribuire a promuovere una crescita sostenibile e dimostrare il massimo grado possibile di responsabilità sociale. Si rileva un assenza di valori ed etica nel comportamento di alcuni attori dei mercati e degli istituti finanziari. Mercati e istituti finanziari devono tener conto, nell’ambito della loro responsabilità sociale aziendale, degli interessi delle parti coinvolte, compresi clienti, azionisti e dipendenti. Un governo efficace del rischio è uno dei fattori più importanti per evitare future crisi. Occorre dunque istituire un sistema di governo efficace presso tutti gli istituti finanziari con un’adeguata gestione del rischio, rispetto dei regolamenti, funzioni di audit interne (e, nel caso delle compagnie di assicurazione, funzioni attuariali), strategie, politiche, processi e procedure. Penso che sia necessario istituire comitati di rischio obbligatori o meccanismi equivalenti. Non dovremmo correre rischi spropositati.

 
  
MPphoto
 
 

  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. – (RO) La crisi finanziaria ha messo in luce l’inefficacia degli attuali principi di governo societario. Ora è fondamentale trarre insegnamenti da quanto è accaduto per evitare che in futuro si ripropongano situazioni analoghe. L’ambito del governo societario continua a evolvere ed è il settore finanziario a essere specificamente responsabile di strategie economiche serie e sostenibili. Dobbiamo preservare la solidità, la stabilità e la competitività degli istituti finanziari in maniera che possano contribuire alla crescita economica. Al riguardo penso che un governo societario effettivo debba tener conto parimenti degli interessi di tutti gli interessati e, nel contempo, della stabilità del sistema finanziario. Ciò permetterà al mercato di operare al meglio e i consumatori dimostreranno maggiore fiducia nelle operazioni e negli istituti finanziari.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore l’odierna relazione. Lo scopo del libro verde all’esame del Parlamento è trarre conclusioni dalla crisi finanziaria globale scatenata dal fallimento della banca Lehman Brothers nell’autunno del 2008 a seguito della cartolarizzazione inappropriata di mutui ipotecari subprime americani. Alla luce dello sviluppo di nuovi strumenti finanziari in un mondo globalizzato, il libro verde assume un atteggiamento critico nei confronti della solidità degli istituti finanziari e del sistema finanziario nel suo complesso, come anche nei confronti della regolamentazione e della vigilanza del sistema, al fine di evitare in futuro il ripetersi della crisi. La Commissione reputa fondamentale il rafforzamento del governo societario per il suo programma di riforma dei mercati finanziari e prevenzione delle crisi. In tal senso, la Commissione rileva in particolare che nel settore dei servizi finanziari il governo societario deve tener conto degli interessi di altre parte in causa (depositanti, risparmiatori, titolari di polizze vita, eccetera), oltre che della stabilità del sistema finanziario, vista la natura sistemica di molti attori coinvolti.

 
  
MPphoto
 
 

  Arlene McCarthy (S&D), per iscritto. – (EN) Il governo societario inadeguato degli istituti finanziari, e in particolare la cultura nebulosa in materia di retribuzioni delle banche, è stato un fattore fondamentale nel creare le condizioni per la crisi finanziaria. Gli europarlamentari laburisti hanno sostenuto questa relazione che, grazie agli emendamenti adottati in sede di commissione, chiede alla Commissione di innalzare gli standard di governo societario delle imprese, richieste che prevedono una maggiore vigilanza dei rischi assunti da un’impresa, elevati livelli di indipendenza e diversità per i membri dei consigli di amministrazione delle imprese, tra cui un migliore equilibrio tra i generi, nonché, aspetto fondamentale, trasparenza sulle retribuzioni in modo che gli azionisti e il pubblico possano chiamare le banche a rispondere delle loro responsabilità. Poiché il governo conservatore del Regno Unito ha accantonato le normative in materia di trasparenza introdotte dal precedente governo laburista, accolgo con favore l’inserimento della mia proposta per instaurare tale requisito a livello europeo.

Gli europarlamentari laburisti si sono opposti agli emendamenti del relatore volti a indebolire la relazione della commissione, tra cui un requisito inferiore a livello di rappresentanza femminile, una tempistica più lenta per agire in tema di riforma delle retribuzioni e meno informazioni sulle retribuzioni del personale. Ora la Commissione deve concludere la sua consultazione e formulare celermente proposte ambiziose per garantire che il governo degli istituti finanziari contribuisca a evitare future crisi anziché agevolarle.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. – (PT) La recente crisi finanziaria ha rafforzato per noi la necessità di analizzare gli aspetti morali della gestione degli istituti finanziari in maniera più responsabile. Gli aspetti relativi alle politiche retributive e alla disciplina retributiva di direttori e dirigenti degli istituti finanziari devono essere presieduti da principi morali ed etici che non consentano situazioni come quella verificatasi nel recente passato con la concessione di premi di gestione in società che subito dopo hanno presentato istanza di fallimento o si sono rivelate in gravi difficoltà. L’Unione europea deve avere un modello produttivo, sociale e ambientale con una visione a lungo termine che rispetti gli interessi di tutti: aziende, azionisti e lavoratori.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. – (EN) Lo scopo della risoluzione è rafforzare il governo societario, ritenuto dalla Commissione il principale elemento del programma di riforma dei mercati finanziari e prevenzione delle crisi. Sono in disaccordo perché ciò può portare a un aumento della corruzione e delle violazioni. Ho votato contro.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) L’introduzione del governo societario può rafforzare la fiducia dei cittadini europei nella stabilità del sistema finanziario, ma i mercati stanno reagendo con l’introduzione di propri meccanismi e non va sottovalutato il ruolo svolto dalle agenzie di rating. È del tutto incomprensibile come i cittadini debbano stringere la cinghia per pagare il pacchetto di salvataggio delle banche, mentre i dirigenti di quelle stesse banche che disperatamente chiedevano aiuto ora si stanno concedendo gratifiche per milioni di euro. Si è fatto decisamente troppo poco durante il processo di salvataggio delle banche per rispondere a questo sviluppo prevedibile. Nel contempo, molte piccole e medie imprese, che l’Unione sempre elogia sulla carta come volano dell’economia, hanno subito un colpo fatale perché, sulla base degli accordi di Basilea, le banche hanno preferito trattenere il denaro anziché prestarlo alle aziende. La crisi del settore bancario ha anche messo in luce il crollo del mito del mercato autoregolamentato.

Durante la crisi in Asia è emerso che la regolamentazione è una precauzione intelligente. Resta da vedere in che misura avranno effetto le nuove misure di monitoraggio e vigilanza. Sono stati commessi parecchi errori e si è riscontrata un’incredibile mancanza di etica, morale e decenza, accompagnata da conflitti di interessi. La relazione è un passo nella giusta direzione, ma in alcuni ambiti non è sufficientemente specifica, ragion per cui ho scelto l’astensione.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. – (PT) L’odierna relazione sul governo societario degli istituti finanziari illustra una serie di misure da attuare all’interno delle società che governano gli istituti finanziari. In sintesi, il suo scopo è trarre conclusioni dalla crisi finanziaria globale scatenata dal fallimento della banca Lehman Brothers nell’autunno del 2008 collegato alla cartolarizzazione inappropriata di mutui ipotecari subprime americani. Per evitare che una siffatta situazione si ripeta, il Parlamento propone che il governo societario, specialmente nel settore dei servizi finanziari, tenga conto degli interessi di altre parte in causa (depositanti, risparmiatori, titolari di polizze vita, eccetera), oltre che della stabilità del sistema finanziario, vista la natura sistemica di molti attori coinvolti. La misura più importante proposta è quella riguardante lo sviluppo di requisiti oggettivi in materia di competenze per valutare l’idoneità dei candidati a ricoprire incarichi controllati, tenuto conto della natura, della complessità e delle dimensioni dell’istituto finanziario. Vorrei schierarmi per il pacchetto di misure votando a suo favore con la speranza che le misure presentate dalla Commissione, e ora dal Parlamento, consentano di evitare il ripetersi di situazioni come quella che abbiamo vissuto nell’autunno del 2008, ancora percepibile nella vita quotidiana dei portoghesi.

 
  
MPphoto
 
 

  Miguel Portas (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ho votato contro per i seguenti motivi. La relazione non accetta che la crisi finanziaria del 2007-2008 sia stata di natura sistemica, in altre parole che sia derivata dal modo in cui è organizzato il sistema finanziario. Ciò significherebbe riconoscere che l’organizzazione del sistema incide notevolmente sulle decisioni dei direttori degli istituti finanziari, a prescindere dai livelli di trasparenza imposti loro. Per esempio, la relazione non riconosce che la capacità delle banche commerciali di ottenere denaro da investimenti finanziari speculativi è stata un fattore importantissimo della crisi. La relazione non si sofferma su tale aspetto organizzativo, e né comitati di rischio né requisiti in materia di competenze per i direttori possono evitare le conseguenze pregiudizievoli di una speculazione sui risparmi delle famiglie per il mero profitto. Il “comportamento da branco” dei mercati finanziari è un fenomeno inevitabile che porta a bolle speculative destinate a scoppiare.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. – (PT) Nessun mercato in cui gli istituti finanziari rivestono un ruolo fondamentale può operare senza la fiducia nel corretto operato dei vari attori economici. È dunque indispensabile trovare un equilibrio tra la libertà di tali istituti di svolgere la propria attività in quello che è un ambito essenzialmente privato e l’impatto economico che un’altra crisi del sistema finanziario potrebbe avere sull’economia reale e le vite di tutti in quanto membri di una comunità. Se analizziamo le cause della recente crisi finanziaria, ci accorgiamo che è necessario individuare meccanismi di controllo del rischio di investimento, della composizione dei consigli di amministrazione e delle retribuzioni dei direttori, consentendo in tal modo una maggiore cooperazione tra organismi di vigilanza pubblici e privati, garantendone nel contempo l’indipendenza. Poiché l’odierna risoluzione formula proposte in questi diversi ambiti, ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Alla fine abbiamo dovuto astenerci. La nostra proposta di risoluzione alternativa, cofirmata dal gruppo S&D e volta a conferire alla risoluzione un maggiore contenuto normativo, è stata respinta. Gli emendamenti del relatore volti a indebolire la risoluzione sono stati invece adottati, come lo è stata la relazione, contenente messaggi molto misti. Il protagonista al riguardo nel gruppo PPE (Karas) era dalla nostra parte e, come relatore della direttiva CRD IV (sui requisiti di capitale), avrà il compito di affrontare le norme sul governo societario degli istituti finanziari (prosecuzione di questa INI). Il suo gruppo, in particolare il Vicepresidente Wortman-Kool, lo ha abbandonato (di nuovo). Speriamo che l’attuale normativa (proposta prevista per luglio) sia trattata con maggiore attenzione e determinazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. – (DE) La rivelazione più importante della crisi economica e finanziaria è stata che abbiamo un sistema estremamente avido. Il settore finanziario non soltanto si concentrava sugli utili a breve termine, ma stava anche minando gli sforzi per indurre una crescita sostenibile. La relazione contiene importanti insegnamenti che dobbiamo trarre dalla crisi finanziaria per quanto concerne il rischio, i consigli di amministrazione, gli organi di vigilanza, gli azionisti e le retribuzioni. Ho pertanto votato a favore.

 
  
  

Proposta di risoluzione B7-0291/2011

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Voto a favore di questa proposta di risoluzione, poiché il sistema commerciale bilaterale si riconferma il quadro di gran lunga più efficace per promuovere scambi giusti ed equi a livello internazionale. Pertanto, i negoziatori dell’Unione, nei negoziati dell’Agenda di Doha per lo sviluppo (DDA) dell’Organizzazione mondiale del commercio, devono considerare prioritario il conseguimento di un risultato equilibrato. L’importanza di questo accordo risiede nel fatto che l’India rappresenta la settima economia del mondo in termini di grandezza. Va tuttavia ricordato che, malgrado la crescita economica sostenuta, persistono disuguaglianze ingenti. Mi preme sottolineare la necessità che l’accordo di libero scambio (ALS) non limiti i poteri di cui necessita il governo indiano per risolvere i problemi di povertà e disuguaglianza. La versione finale dell’accordo dovrebbe comprendere un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie tra Stati, disposizioni in materia di mediazione sulle barriere non tariffarie al commercio (BNT), di misure antidumping e di diritti di compensazione, oltre a una clausola generale di salvaguardia basata sugli articoli XX e XXI dell’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT). Pone inoltre l’accento sulla necessità che la Commissione inserisca nell’ALS clausole di salvaguardia solide ed efficaci e che colga l’occasione dei negoziati per insistere sulla ratifica da parte dell’India del Trattato di non proliferazione nucleare (NPT).

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Mi sono espressa a favore di questa importante risoluzione sullo stato di avanzamento dei negoziati dell’accordo di libero scambio UE-India. L’India è un partner commerciale di rilievo per l’UE: nel 2000, l’India occupava il diciassettesimo posto nella classifica dei partner commerciali più importanti dell’Unione europea e l’ottavo nel 2010. Inoltre, l’India è il più grande beneficiario del sistema delle preferenze generalizzate (SPG), e le importazioni dell’Unione europea dall’India a tasso preferenziale o a dazio zero hanno raggiunto un valore di 19,9 miliardi di euro, corrispondente all’83 per cento delle importazioni dell’UE dall’India. Entrambe le parti attendono vantaggi significativi dall’abolizione delle tariffe doganali, dalla liberalizzazione dello scambio di servizi e della costituzione di nuove società; condivido tuttavia la delusione espressa nella risoluzione in merito alla lentezza con cui procedono i negoziati dell’accordo di libero scambio (ALS). Entrambe le parti devono adoperarsi per garantire la conclusione di un ALS completo, ambizioso e coordinato entro il 2011, in quanto tale accordo costituirebbe la base per promuovere l’incremento del commercio e degli investimenti comunitari e indiani, e per sviluppare gli affari; inoltre, l’ALS incrementerebbe le esportazioni e importazioni generali sia dell’Unione europea sia dell’India. Concordo con la posizione espressa nella risoluzione secondo cui una cooperazione economica tra UE ed India ispirata a valori universali comuni potrebbe fungere da modello per la cooperazione con altri paesi.

 
  
MPphoto
 
 

  Antonello Antinoro (PPE), per iscritto. – Abbiamo appoggiato questa risoluzione, oltre che presentato un’interrogazione alla Commissione, perché crediamo che sia fondamentale in questo momento, dove il prezzo del petrolio ha raggiunto il suo apice già da qualche mese. È diventato insostenibile per molti pescherecci, soprattutto per le flotte artigianali, aumentare i propri capitoli di spesa costantemente a causa dell’aumento del greggio, non arrivando spesso a trarre beneficio dalle varie campagne di Pesca. Richiedendo l’aumento del de minimis da 30 a 60 mila euro per i prossimi 3 anni, vogliamo dare un segnale forte al settore che negli ultimi anni, soprattutto a causa dell’entrata in vigore della PCP e delle nuove misure restrittive che hanno ridotto se non annullato alcuni modelli di pesca di media e piccola scala. Va anche ricordato che in altri settori, come quello dell’agricoltura sono già state prese misure per aiutarlo a fronteggiare questo aumento. Cosicché questo aiuto, che ricordiamo essere a livello nazionale e non europeo, pertanto legato alle singole disponibilità economiche degli Stai Membri, per molti potrebbe rappresentare uno squilibrio a livello di concorrenza, ma in realtà porterebbe un poco di respiro ad un settore sempre più in ginocchio.

 
  
MPphoto
 
 

  Kader Arif (S&D), per iscritto.(FR) Mi sono espresso a sfavore della risoluzione presentata dalla destra europea, in quanto promuove una visione ultraliberale dei rapporti commerciali dell’UE con l’India. La destra si è sistematicamente opposta agli emendamenti che ho presentato a nome del gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e democratici al Parlamento europeo per escludere qualsiasi forma di liberalizzazione dei servizi pubblici, condannare fermamente il lavoro minorile, richiedere clausole legalmente vincolanti in materia di responsabilità sociale d’impresa e pretendere il rispetto del principio della parità di retribuzione per un lavoro equivalente per quanto riguarda gli indiani che verranno a lavorare in Europa in futuro. Il compromesso si è rivelato impossibile, le divergenze di opinione palesi e non riconciliabili. Soltanto la risoluzione presentata dal mio gruppo, unita a quelle del gruppo Verde/Alleanza libera europea e del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, offriva una visione progressista delle relazioni commerciali UE-India. Com’era prevedibile, non è riuscita a imporsi sulla maggioranza di destra del Parlamento, e lo deploro.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della risoluzione. Dopo tre anni e oltre di discussioni sull’accordo di libero scambio, l’UE e l’India hanno raggiunto una fase cruciale, il completamento dei negoziati sui settori più importanti. Tuttavia, nei negoziati che seguiranno, è essenziale occuparsi di alcune questioni importanti. Ritengo che occorra dedicare particolare attenzione ai settori europei più sensibili, quali industria, agricoltura e servizi. L’India è una delle economie più grandi del mondo, con un settore terziario in rapida espansione. è molto interessata ad accedere al mercato comunitario dei servizi, pertanto occorre condurre una valutazione completa di come l’accordo di libero scambio possa incidere sui settori comunitari dei servizi (e su altri importanti settori) e sull’occupazione. Dobbiamo inoltre garantire in ogni fase dei negoziati che la politica commerciale futura si inserisca nel contesto degli obiettivi dell’Unione europea, tra cui impegni vincolanti in materia di standard sociali e ambientali.

 
  
MPphoto
 
 

  Slavi Binev (NI), per iscritto. (BG) Mi preme ricordare che l’ottavo obiettivo globale di sviluppo del Millennio sancisce la necessità di istituire un partenariato globale per lo sviluppo che comprenda la creazione di un sistema commerciale e finanziario aperto, regolamentato, prevedibile e non discriminatorio. Il fattore chiave per conseguire tale obiettivo è la volontà dei paesi sviluppati di aprire i loro mercati ai paesi in via di sviluppo, tra cui anche l’India. Ciò consentirà all’UE di offrire un contributo in aree quali lo sviluppo sostenibile, l’eliminazione della povertà e la protezione dei diritti umani. L’adozione della risoluzione sull’accordo di libero scambio tra l’UE e l’India ci consentirà di progredire verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio.

 
  
MPphoto
 
 

  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Deploro la decisione della Commissione europea di non attendere l’adozione da parte del Parlamento della relazione sulla politica futura europea in materia di investimenti internazionali e di procedere al conferimento all’India di un mandato per negoziare un capitolo sugli investimenti. La prassi consueta prevede la consultazione dell’organo legislativo europeo in caso di mandato negoziale internazionale, in una situazione in cui al Parlamento europeo spetta un ruolo cruciale in termini di elaborazione di politiche d’investimento comunitarie. La Commissione deve rispondere quanto prima alla richiesta del Parlamento di definire con chiarezza il periodo di investimento, di modo che le disposizioni in materia di tutela degli investimenti non pregiudichino la capacità delle parti di rilasciare licenze obbligatorie. Inoltre, il meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie tra Stati non fa altro che conferire agli investitori esteri la facoltà di avviare procedimenti legali a livello internazionale contro i governi dell’UE e dell’India, mentre gli investitori nazionali possono solamente adire i tribunali nazionali. Tale situazione potrebbe compromettere le iniziative politiche nazionali sulla legislazione ambientale, sociale o tributaria. L’accordo di libero scambio dovrebbe essere l’accordo più importante di quelli negoziati finora. Per questo, dedicare ad esso una maggiore attenzione non nuocerebbe affatto.

 
  
MPphoto
 
 

  Françoise Castex (S&D), per iscritto.(FR) Mi sono espressa a favore della relazione. Ambiamo a un accordo di libero scambio tra UE ed India che contribuisca a promuovere lo sviluppo sostenibile e che sia accompagnato da clausole chiare in materia di rispetto degli standard OIL, norme ambientali e obblighi in termini di responsabilità sociale d’impresa. Particolarmente deplorevole è il rifiuto della destra di accogliere tali richieste. Lamentiamo inoltre il fatto che la destra al Parlamento abbia respinto l’emendamento concepito per garantire parità di trattamento dei lavoratori europei e indiani. Ciò non nuoce solamente i lavoratori indiani, bensì è anche molto pericoloso per i lavoratori europei. Non dobbiamo accettare la liberalizzazione dei servizi e il dumping sociale mirato ad abbassare le retribuzioni europee. Inoltre, l’Unione europea non deve dimenticare i propri principi fondatori. Il trattato di Lisbona sancisce che la politica commerciale deve contribuire allo sviluppo sostenibile, all’eliminazione della povertà e alla protezione dei diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) Per quanto riguarda l’accordo di libero scambio UE-India, ho deciso di votare a favore della risoluzione proposta dal mio gruppo politico, in quanto la ritengo più equilibrata di quelle presentate da altri gruppi. La risoluzione del gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e democratici al Parlamento europeo ha posto l’accento sull’importanza di un accordo di libero scambio con l’India, facendo al contempo riferimento al persistere delle disuguaglianze in questo paese e alla necessità di inserire nell’accordo alcune clausole in materia di diritti umani, sociali e ambientali.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La più grande democrazia al mondo mostra oggigiorno paradossi e asimmetrie che sono stati apparentemente integrati senza grandi difficoltà nella sua storia millenaria. Benché la povertà più estrema non sia ancora scomparsa, altrettanto vero è che slanci e ondate di prosperità hanno conferito all’India un ruolo internazionale più prominente e hanno rivelato che la sua economia e società stanno attraversando una fase di ricchezza e innovazione rapida ed efficiente.

Un accordo di libero scambio (ALS) tra Unione europea e India potrebbe essere il coronamento ideale del processo di interazione commerciale che ha ultimamente acquisito una maggiore profondità. Mi auguro che, oltre a condividere valori, l’UE e l’India continuino a migliorare la reciproca conoscenza e a beneficiarne, oltre a trarre qualsiasi altro vantaggio che possa scaturire da tali contatti.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) Questa proposta di risoluzione del Parlamento europeo riguarda un accordo di libero scambio (ALS) tra l’Unione europea e l’India. I rapporti commerciali tra UE e India sono significativi, in quanto l’UE rappresenta il partner commerciale più importante dell’India e il suo maggiore investitore estero. Dal canto suo, l’UE è la principale beneficiaria degli investimenti esteri indiani e, come tale, deve continuare a considerare prioritario un sistema commerciale multilaterale che favorisca i paesi in via di sviluppo. Di fatto, l’India è il più grande beneficiario del sistema delle preferenze generalizzate (SPG). Se consideriamo l’importanza dei rapporti strategici tra UE e India, nonché la salvaguardia di questioni relative all’agricoltura, al rispetto dei diritti umani e alla questione del lavoro minorile in particolare, alla protezione ambientale, e al rispetto delle raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro sulle questioni sociali e dei diritti d’autore, sussistono tutte le condizioni per votare a favore di questa proposta di risoluzione.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Questo accordo di libero scambio (ALS) è il più ampio sinora negoziato dall’UE. Al di là dei contenuti specifici, suscita inoltre una discussione più vasta sul libero commercio, il ruolo da esso svolto, i suoi obiettivi e le sue conseguenze.

Il libero commercio è uno dei pilastri del neoliberalismo, emerso negli anni Settanta nell’ambito del cosiddetto Consenso di Washington quale uno degli elementi chiave della risposta del sistema capitalistico alla crisi strutturale che aveva cominciato a farsi sentire allora, proprio come oggi. Rappresentava un espediente per consentire alle potenze mondiali con ambizioni imperialiste di espandere il proprio controllo dei mercati e imporre modalità di sfruttamento dei lavoratori nuove e più intensive, mettendo in competizione tra loro lavoratori provenienti da paesi e regioni diverse. Ciò comportava una revisione al ribasso delle condizioni di lavoro e di vita. Lo scopo era creare nuove condizioni per proseguire il processo di accumulo capitalistico. Le cose non sono cambiate.

Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: oltre alla pressione a carico dei lavoratori e dei loro diritti, la concorrenza tra sistemi produttivi con livelli di sviluppo molto diversi tende ad accentuare le differenze, rafforzando i più forti e indebolendo i più deboli.

Questo accordo non sarà diverso.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La liberalizzazione e deregolamentazione del commercio mondiale ha notevolmente indebolito i settori produttivi delle economie comunitarie più deboli, quali quella portoghese, che sono state gestite in linea con gli interessi delle grandi imprese delle potenze europee.

L’UE, di fronte alle conseguenze disastrose della strada da essa imboccata, invece di tornare sui propri passi, continua a manifestare l’intenzione di seguire ciecamente questo cammino.

è in questo contesto che va analizzato l’accordo, il più ampio mai negoziato finora dall’Unione europea.

Occorre apportare cambiamenti urgenti e profondi alla politica commerciale attuale per tener conto delle peculiarità di ogni Stato membro dell’UE, mentre il commercio internazionale deve tendere alla complementarietà invece che alla concorrenza. è necessario per stabilire rapporti economici giusti ed equi che siano reciprocamente vantaggiosi, siano al servizio dello sviluppo delle popolazioni dei paesi, e non producano benefici solamente per un numero esiguo di istituti finanziari e imprese.

La crisi multiforme che stiamo affrontando esige una nuova logica economica, sociale, energetica ed ambientale, nonché la difesa del diritto di ogni paese di produrre in maniera sostenibile: è evidente che il libero commercio, uno dei pilastri del neoliberalismo, è di ostacolo a tutto ciò.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) Come vi piace spesso ricordare, la politica estera comune deve realizzare gli obiettivi globali dell’Unione europea, definiti in particolare nell’articolo 3 del trattato, e nei quali l’eliminazione della povertà occupa una posizione di rilievo. Ora, in tutti questi anni in cui avete sottoscritto accordi di libero scambio con tutti i paesi del mondo, e specialmente con quelli che praticano sistematicamente il dumping sociale, monetario o ambientale, non avete fatto altro che generare povertà ai danni di tutte le vittime dei trasferimenti e delle chiusure delle aziende direttamente correlate alla concorrenza sleale. Quest’accordo con l’India significa compiere un ulteriore passo in questa direzione. Se ne vadano gli idraulici polacchi, e diamo invece il benvenuto ai programmatori di computer o ai contabili indiani!

Di fatto, intendete aprire il mercato europeo a numerosi servizi del quarto modo di fornitura dell’Accordo generale sul commercio e i servizi, un termine barbarico per definire la versione mondiale della direttiva Bolkestein. Come ha precisato il Premio Nobel francese per l’economia Maurice Allais, il libero commercio è reciprocamente vantaggioso solamente se praticato tra paesi con livelli equiparabili di sviluppo e, aggiungerei, se praticato in aree mirate mantenendo la protezione dei settori strategici di ciascun paese. Altrimenti, non è mai una pratica vantaggiosa per tutti. E da tempo c’è un unico perdente in questo esercizio: l’Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho appoggiato la risoluzione, in quanto l’UE è la maggiore fonte di investimenti esteri diretti dell’India. Entrambe le entrambe le parti si attendono vantaggi significativi dall’abolizione delle tariffe doganali, dalla liberalizzazione dello scambio di servizi e della possibilità di stabilimento e ribadiscono il proprio impegno a favore della riduzione delle tariffe, dell’ulteriore liberalizzazione nell’ambito dello scambio di servizi e della possibilità di stabilimento. L’accesso al mercato è ostacolato da barriere non tariffarie al commercio quali i requisiti in materia di sicurezza e di salute o le barriere tecniche, le restrizioni quantitative, le procedure di conformità, i meccanismi di difesa commerciale, le procedure doganali, le imposizioni interne e la carente adozione di norme e standard internazionali. L’UE e l’India devono assumersi l’impegno di accelerare i negoziati sull’ALS e realizzare progressi concreti ed efficaci verso la rapida conclusione di un accordo sugli scambi e gli investimenti di ampia portata, ambizioso ed equilibrato. Entrambe le parti devono prodigare ogni sforzo per concludere un ALS esaustivo, ambizioso ed equilibrato entro la fine del 2011. L’accordo dovrebbe rispettare le sensibilità legate al commercio agricolo, ma che ciò non dovrebbe impedire l’apertura del mercato in aree di complementarietà. La Commissione deve tenere debitamente conto degli eventuali impatti negativi sull’agricoltura europea, in particolare nei settori dell’apertura dei mercati, OGM, latte, carni bovine, protezione della proprietà intellettuale ed etichettatura d’origine. La Commissione dovrebbe inoltre negoziare sistemi di appalto efficaci e trasparenti, e l’India dovrebbe applicare procedure eque e trasparenti nell’aggiudicazione degli appalti pubblici e consentire l’accesso al sistema degli appalti pubblici alle imprese europee.

 
  
MPphoto
 
 

  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. (DE) Si stanno compiendo notevoli progressi in materia di negoziati di un accordo di libero scambio tra l’UE e l’India. Adottando la proposta di risoluzione, il Parlamento europeo ha oggi chiarito le proprie priorità. Per quanto riguarda l’agricoltura, il Parlamento si è concentrato sulle aree sensibili, ha sottolineato le misure sanitarie e fitosanitarie e ha espresso il proprio sostegno a clausole di salvaguardia efficaci. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare nel settore della proprietà intellettuale.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della risoluzione. Qualsiasi accordo di libero scambio l’UE sottoscriva con l’India, non deve mai limitare la capacità dell’India di produrre medicinali generici. Se lo facesse, danneggerebbe non soltanto l’India, ma anche i poveri dell’Africa e di altri paesi che dipendono dalla fornitura di farmaci a basso costo dall’India.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Un merito del testo è il fatto che tiene conto degli effetti potenzialmente negativi degli OGM. Promuove tuttavia la liberalizzazione del commercio di servizi tra Unione europea e India. Inoltre, lascia agli Stati un solo diritto, quello di “regolamentare” i servizi pubblici, un’azione che una liberalizzazione di questo tipo finisce comunque per condannare. Propone inoltre la liberalizzazione dei servizi legali e contabili, l’apertura del mercato di banche e assicurazioni, e l’ammorbidimento delle norme in materia di investimenti. In Europa, così come in India, prevalgono gli interessi dell’oligarchia. Voto contro la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’UE rappresenta il partner commerciale più importante dell’India, con uno scambio di beni e servizi pari a circa 84 miliardi di euro nel 2009-2010. L’UE rappresenta il 20,15 per cento delle esportazioni complessive dell’India e il 13,32 per cento delle sue importazioni totali. Per contro, l’India rappresenta il 2,6 per cento delle esportazioni complessive dell’UE e il 2,2 per cento delle sue importazioni totali. Alla luce di ciò, non possiamo non considerare il fatto che gli obiettivi della politica commerciale comune devono essere pienamente coordinati agli obiettivi generali dell’Unione europea. Ai sensi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la politica commerciale comune deve essere condotta “nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione” e deve contribuire “inter alia, allo sviluppo sostenibile, all’eliminazione della povertà e alla protezione dei diritti dell’uomo”. Alla luce di ciò, è importante non dimenticare quanto segue in questi negoziati: l’impiego del lavoro minorile, e la mancata conformità agli standard sociali e ambientali internazionali, che costituisce una forma di dumping, deleteria per le aziende e i lavoratori europei. Pertanto, è essenziale che la Commissione chiarisca tali punti prima di concludere accordi commerciali.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Date le dimensioni del mercato indiano (più di 1 miliardo di abitanti) e i suoi strabilianti tassi di crescita (una media di oltre il 7 per cento l’anno dal 2000), uniti a livelli elevati di protezione, l’India è uno dei partner comunitari più logici per la conclusione di uno degli ALS comunitari di nuova generazione avviati come parte della strategia globale per l’Europa nel 2006. Il vertice UE-India del 10 dicembre a Bruxelles ha incoraggiato entrambe le parti ad accelerare il processo negoziale per preparare il terreno alla conclusione di negoziati nel 2011. Occorre tener conto dell’aspetto del dumping che caratterizza il rapporto con l’India; se non ci fossero riferimenti a quest’ultimo, voterei contro.

 
  
MPphoto
 
 

  Claudio Morganti (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, ritengo che questa risoluzione riguardante l’accordo di libero scambio con l’India sia da respingere. In essa non vengono denunciati in alcun modo i problemi che questo accordo recherà al settore tessile in Europa, e nel Nord Italia in particolare; vengono citati altri settori, per i quali si prevedono delle clausole, ma il tessile viene totalmente ignorato.

La risoluzione sottolinea, allo scopo di mostrare la validità dell’accordo, come le due economie, indiana ed europea, siano complementari: la realtà dei fatti non è proprio questa, poiché ci sono diversi settori, tra cui appunto il tessile, in cui non vi è affatto una complementarietà, ma piuttosto una concorrenza, spesso sleale, portata avanti dalla controparte asiatica. Per questi motivi ho deciso di dare il mio voto negativo alla risoluzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato contro la risoluzione sullo stato di avanzamento dei negoziati dell’accordo di libero scambio (ALS) UE-India. I negoziati tra UE e India per la conclusione di un ALS hanno conosciuto uno sviluppo significativo. L’India sta assumendo una nuova posizione nel contesto geopolitico internazionale, passando dallo status di beneficiario di aiuti allo sviluppo a quello di donatore. L’accordo riveste un’importanza particolare; di fatto, se la cooperazione tra UE e India attualmente in fase negoziale si baserà su un sistema di valori universali condivisi, potrebbe servire da modello per la cooperazione con altri paesi. Vorrei sottolineare l’accento posto dai negoziati sulla protezione delle piccole e medie imprese (PMI) indiane, con la proposta che tutti i programmi di cooperazione allo sviluppo tra UE e India siano mirati a rafforzare le PMI mediante misure utili a finanziare progetti locali orientati al mercato. In India, come anche nei paesi UE, le PMI sono determinanti per la crescita economica e, di riflesso, per la creazione di posti di lavoro.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Alla luce dei grandi vantaggi in serbo per ambo le parti, mi auguro che i negoziati tra UE e India possano proseguire, al fine di dare vita quanto prima a un accordo di libero scambio (ALS) ambizioso, equilibrato e completo.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Abbiamo votato a favore. Il PE è notevolmente diviso in merito all’accordo di libero scambio con l’India. Il primo compromesso (dei gruppi PPE, ECR e ALDE) è stato adottato con 390 voti a favore, 276 contrari e 10 astensioni. La speranza di inviare ai negoziatori un messaggio forte per la conclusione dell’ALS con l’India è sfumata. La risoluzione di PPE, ECR e ALDE che raccomandava di procedere a un’apertura completa del mercato indiano a tutti i livelli, senza riferimenti vincolanti in materia di diritti umani e di lavoro, responsabilità sociale delle imprese, dumping ambientale, ecc. non ha ottenuto la maggioranza schiacciante di cui necessitava per diventare una raccomandazione da trasmettere ai negoziatori. La “controrisoluzione” del gruppo Verdi/S&D e GUE, su cui non si è votato, godeva di molto sostegno e verrà sicuramente letta dai negoziatori. Si è evitato il peggio del compromesso di PPE, ECR e ALDE.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – Siamo fortemente contrari agli accordi di libero scambio tra l’UE e l’India in quanto pur considerando che quel Paese sta facendo passi in avanti per la tutela e la salute dei lavoratori e nella lotta alla contraffazione dobbiamo considerare che é ancora un concorrente sleale per le nostre imprese. Ad esempio l’India che come stato ha subito un richiamo dal WTO sui dazi del 500% che applicava ai vini europei ha girato l’ostacolo slealmente facendo imporre gli stessi dazi dai singoli stati membri. Dobbiamo anche considerare l’impatto economico negativo che avrebbe una liberalizzazione ulteriore degli scambi commerciali con l’India in quanto l’UE esporta 1,9% dei suoi servizi verso l’India e viceversa l’India esporta l’11,6%. È evidente che ciò significa agevolare di 10 volte l’India rispetto l’Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Marc Tarabella (S&D), per iscritto. (FR) In linea con i miei colleghi del gruppo socialista al Parlamento europeo, ho votato contro la risoluzione che riguarda i negoziati per un accordo di libero scambio tra l’Unione europea e l’India, in quanto non tiene sufficientemente conto degli standard sociali a cui devono conformarsi tutti gli accordi commerciali.

Secondo Save the Children, l’organizzazione non governativa indiana, si stima che ci siano 60 milioni di bambini che ad oggi continuano a lavorare nei campi, nei ristoranti o nelle fabbriche in India. Deploro il fatto che la maggioranza conservatrice del Parlamento europeo si sia rifiutata di far fronte a tale situazione respingendo un emendamento che poneva l’accento sulla preoccupazione del Parlamento europeo in merito all’impiego di bambini in attività lavorative, bambini che vengono spesso sfruttati in condizioni pericolose e insalubri. Abbiamo anche chiesto alla Commissione di affrontare la questione durante i negoziati dell’accordo di libero scambio e abbiamo invitato il governo indiano a fare il possibile per sradicare le cause profonde di tale fenomeno e per porvi fine.

Respingendo tale posizione, la maggioranza della destra al Parlamento europeo ha anteposto gli interessi commerciali europei e indiani alla tutela dei diritti dell’infanzia, e sono pertanto impossibilitato ad appoggiare questa posizione inaccettabile.

 
  
MPphoto
 
 

  Marie-Christine Vergiat (GUE/NGL), per iscritto. (FR) Ho votato contro la risoluzione del Parlamento europeo sui negoziati dell’accordo di libero scambio tra UE e India. La relazione in oggetto è completamente in linea con le politiche di liberalizzazione rafforzata, soprattutto nel settore dei servizi pubblici, e con standard che esercitano effetti deleteri non solo sulla fornitura di prodotti medicinali, ma anche sullo sviluppo della ricerca.

Si tratta di un altro esempio dell’ultraliberalismo che l’UE sta cercando di imporre a tutti i propri partner. Questo è l’accordo più ampio mai concluso dall’UE nel settore, e si propone più di proteggere gli interessi delle grandi multinazionali che non di istituire un partenariato equilibrato tra le parti e di contribuire allo sviluppo economico e sociale dell’India.

L’accordo in oggetto non è sicuramente vantaggioso per tutti, come vorrebbe farci credere la risoluzione.

 
  
  

Proposta di risoluzione B7-0287/2011

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Voto a favore della proposta di risoluzione, in quanto è essenziale per creare il giusto equilibrio tra accordi multilaterali, bilaterali e plurilaterali. In particolare, il Giappone è la terza economia del mondo in termini di prodotto interno lordo (PIL). Alla luce di ciò, è essenziale sollevare le questioni relative agli investimenti e al commercio di servizi in tutte le discussioni commerciali col Giappone, in modo da garantire che l’apertura del mercato non comprometta le norme europee o giapponesi sulla tutela dei servizi pubblici e della diversità culturale. Riconosco che il sistema commerciale multilaterale, rappresentato dall’Organizzazione mondiale del commercio, rimane il quadro di gran lunga più efficace per promuovere un commercio equo e aperto a livello globale. Mi preme ribadire la mia piena convinzione che l’Unione europea e il Giappone debbano contribuire a una conclusione soddisfacente dei negoziati dell’Agenda di sviluppo di Doha, e temo che i negoziati bilaterali possano frapporsi a tale obiettivo. Infine, mi preme insistere sulla necessità di misure di salvaguardia efficaci per impedire possibili ondate di importazioni scatenate dall’eventuale liberalizzazione del commercio tra l’UE e il Giappone che potrebbe causare, o minacciare di causare, gravi danni all’industria comunitaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Mi sono espressa a favore di quest’importante risoluzione sulle relazioni commerciali UE-Giappone. L’UE e il Giappone sono partner e investitori significativi nelle reciproche economie, con un volume congiunto di investimenti esteri diretti del valore di 200 miiardi di euro nel 2009. Il Giappone è il sesto maggior partner commerciale per l’UE e l’UE il terzo per il Giappone. Concordo con la disposizione secondo cui è giunto il momento di concludere un accordo di libero scambio (ALS) UE-Giappone, ma prima di avviare i negoziati, il Giappone deve impegnarsi seriamente ad abolire le barriere non tariffarie che limitano le possibilità di accesso al mercato delle aziende europee, in altre parole, gli ostacoli agli appalti pubblici, un riconoscimento insufficiente degli standard internazionali rispetto ai dispositivi medicali, e il trattamento preferenziale riservato agli esponenti nazionali nel campo dei servizi commerciali. I volumi commerciali bilaterali tra UE e Giappone non sono all’altezza degli scambi commerciali dell’UE con i suoi altri partner commerciali principali a causa degli effetti negativi delle barriere non tariffarie (BNT) giapponesi. Ho accolto con favore la disposizione della risoluzione secondo cui l’ALS UE-Giappone potrebbe tradursi in una situazione vantaggiosa per tutti e propizia per entrambe le economie.

 
  
MPphoto
 
 

  Kader Arif (S&D), per iscritto.(FR) In previsione del vertice UE-Giappone della fine del mese, il Parlamento ha adottato questa risoluzione che ribadisce la sua posizione in merito ai rapporti commerciali tra i due partner. A differenza della destra europea, che si è espressa fortemente a favore dell’apertura dei negoziati per la conclusione di un accordo di libero scambio, io ho difeso un approccio più cauto. Il Giappone è un partner commerciale che va avvicinato con cautela quando si tratta di liberalizzazione del commercio. Per tale ragione, il mio gruppo di è opposto al testo attuale presentato dalla destra europea e ha sottolineato la necessità di condurre studi d’impatto specifici che valutino le conseguenze di rapporti commerciali più intensi per tutti i settori interessati (in particolare, quello automobilistico) e per l’occupazione in Europa prima di avviare qualsiasi negoziato. Al contempo, abbiamo posto l’accento sul problema delle barriere non tariffarie, che impediscono alle imprese europee di accedere ai contratti pubblici giapponesi. In effetti, non è giusto che l’Unione europea, la regione al mondo più aperta agli investimenti esteri, non possa operare nei mercati dei suoi partner industrializzati a condizioni eque.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Mi sono espresso a favore della relazione, in quanto sono pienamente d’accordo sul fatto che, in seguito alla catastrofe naturale che si è recentemente abbattuta sul Giappone, la più grande della storia del paese, l’UE possa e debba aiutare una ripresa rapida dell’economia del paese. La relazione invita la Commissione a istituire un sistema speciale, in base al quale l’UE, mediante vari aspetti del commercio internazionale, potrà in futuro essere d’aiuto ai paesi che sono stati vittima di disastri naturali. Nel caso specifico del Giappone, la risoluzione del Parlamento europeo propone di sfruttare le opportunità offerte dai mercati dei servizi e degli appalti pubblici internazionali, in particolare in quanto si constata un incremento degli interessi dell’UE e degli Stati membri in tali aree. Sussistono ancora molti ostacoli agli appalti pubblici e ai servizi commerciali, dovuti a normative nazionali legittime, e la relazione si propone di eliminare tali ostacoli tentando di comprendere i metodi alla base dei sistemi di reciproco adeguamento. La relazione richiama tuttavia l’attenzione sul fatto che i problemi degli investimenti e degli scambi di servizi devono essere sollevati in tutte le discussioni commerciali con il Giappone, garantendo che l’apertura del mercato non comprometta né le norme europee né quelle giapponesi in materia di tutela dei servizi pubblici, dell’ambiente e della diversità culturale.

 
  
MPphoto
 
 

  Vito Bonsignore (PPE), per iscritto. – Ho votato positivamente alla proposta di risoluzione congiunta sulle relazioni commerciali UE-Giappone. Nel 2009 l’Unione europea e il Giappone hanno rappresentato circa il 20% dell’economia mondiale e nel 2010 l’importo degli scambi commerciali bilaterali ha raggiunto 120 miliardi di euro. Alla luce di tali numeri, ritengo urgente e necessario avviare i negoziati per gli accordi di libero scambio per incoraggiare una più stretta collaborazione tra i due partner commerciali e offrire la possibilità di affrontare insieme sfide comuni, come la crisi economica mondiale e l’incessante ascesa politica ed economica della Cina.

Il presupposto per l’avvio dei negoziati e per il rafforzamento delle relazioni commerciali rimane l’obbligo, per il Giappone, della rimozione degli ostacoli non tariffari e degli ostacoli relativi all’accesso agli appalti pubblici giapponesi. In questa fase preliminare, sarebbe opportuno che la Commissione si concentrasse, inoltre, sulla rimozione delle barriere che ostacolano le PMI europee.

 
  
MPphoto
 
 

  George Sabin Cutaş (S&D), per iscritto. (RO) Durante la votazione sulle relazioni commerciali UE-Giappone, ho deciso di esprimermi a favore della risoluzione presentata dal gruppo politico a cui appartengo. Tale risoluzione ha posto l’accento sulla necessità di abolire le barriere non tariffarie a cui è soggetto il mercato giapponese e di deregolamentare l’accesso al mercato degli appalti pubblici giapponesi prima di firmare un accordo di libero scambio con questo paese.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Le relazioni commerciali tra i paesi europei e il Giappone risalgono a diversi secoli fa e si sono intensificate a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Il Giappone è stato una delle storie di successo più ragguardevoli della storia mondiale in termini di ripresa economica e sociale, e oggi è un paese rispettato e degno di ammirazione. I tragici eventi che hanno colpito il paese ci impongono di mostrare solidarietà nei confronti dei nostri partner. La tenacia e il coraggio dimostrati da questo popolo nonostante le difficoltà dovrebbero essere fonte d’ispirazione per un’Europa che spesso sembra troppo assorbita da se stessa e non è sempre sufficientemente consapevole di quanto accade al di fuori dei propri confini.

Ritengo che entrambe le parti avrebbero molto da guadagnare da un accordo di libero scambio (ALS) che rafforzerebbe le loro relazioni commerciali ed eliminerebbe le barriere che hanno ostacolato ingiustamente tali relazioni. Deploro che tale obiettivo sembri ancora lontano dal realizzarsi e auspico che Europa e Giappone perseverino negli sforzi per conseguirlo.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) La proposta di risoluzione del Parlamento europeo riguarda un accordo di libero scambio (ALS) tra l’Unione europea e il Giappone, la terza economia del mondo in termini di prodotto interno lordo (PIL). Le relazioni commerciali tra UE e Giappone non sono soltanto importanti per le rispettive economie, sono fondamentali: nel 2009, rappresentavano più di un quarto del PIL globale e oltre il 20 per cento del commercio mondiale. Inoltre, l’UE è il terzo partner commerciale del Giappone. Per queste ragioni, accolgo con favore la relazione. Concordo tuttavia col relatore che l’UE deve pretendere dal Giappone, tra le altre cose, l’abolizione delle barriere tariffarie e degli ostacoli agli appalti pubblici prima di dare inizio ai negoziati. Ritengo inoltre che il Parlamento debba trasmettere un segnale positivo dopo lo tsunami che ha devastato parte della costa giapponese con un’enorme perdita di vite umane e di beni, per non parlare della centrale nucleare di Fukushima.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La posizione a cui si ispira tale proposta di risoluzione viene chiarita in maniera sostanziale già nei considerando. Ritiene che il sistema commerciale multilaterale istituito dall’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) rappresenti il quadro ideale per regolamentare e promuovere un commercio aperto ed equo e, al contempo, per addivenire a una conclusione soddisfacente dell’Agenda di Doha per lo sviluppo.

Si tratta di una concezione del cosiddetto “libero” commercio quale arma di classe al servizio delle grandi istituzioni finanziarie e imprese, che promuove uno sfruttamento ancora maggiore dei lavoratori e dei popoli. Comprende il dumping sociale, la distruzione della forza produttiva, e anche il dumping ambientale, il degrado dell’ambiente.

Questa politica commerciale e gli accordi attraverso cui si esprime concretamente mancano sempre più di legittimità democratica. Vengono quasi sempre negoziati in segreto, alle spalle dell’opinione pubblica, nel tentativo di coprire il loro impatto economico, sociale e ambientale, e al fine di evitare un dibattito chiaro e informato.

Tale approccio, che va a vantaggio delle grandi aziende, è deleterio per le esigenze della popolazione e dei lavoratori, oltre che essere svantaggioso per le industrie dei paesi UE con le economie più deboli. Pertanto, non possiamo che condannarlo e opporci fermamente ad esso.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) I negoziati col Giappone, volti a rafforzare le relazioni commerciali, non possono essere usati quale arma di classe al servizio delle grandi istituzioni finanziarie e imprese, che promuove uno sfruttamento ancora maggiore dei lavoratori e dei popoli, la distruzione della loro forza produttiva e il degrado dell’ambiente.

L’UE assiste a un deterioramento della propria legittimità democratica dovuto al suo progressivo spostamento verso destra, in quanto negozia accordi commerciali in segreto, senza tenere alcun conto della sovranità dei popoli degli Stati membri; inoltre, tenta di occultare gli enormi impatti economici e sociali delle proprie politiche, e omette di informare, chiarire, discutere o tener conto dell’opinione dei cittadini.

Tale approccio, che va a vantaggio delle grandi aziende, è deleterio per le esigenze della popolazione e dei lavoratori, oltre che essere svantaggioso per le industrie dei paesi UE con le economie più deboli. Continua a tradursi in una perdita di diritti, in disoccupazione e povertà, con un impatto sugli agricoltori piccoli e medi, sui pescatori e sulle piccole e medie imprese (PMI), tutti soggetti che finiscono per diventare delle vittime.

Accecato dal profitto, tale approccio limita la democrazia e la sovranità, e acuisce la dipendenza in paesi, quali il Portogallo, che hanno la necessità di creare occupazione, di produrre e di generare ricchezza per alzare il tenore di vita, paesi che non hanno bisogno di maggiore deindustrializzazione, di meno produzione agricola inferiore e di meno pesca.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. – (LT) Ho accolto con favore il documento in oggetto. in quanto nel 2009 l’UE e il Giappone rappresentavano insieme oltre un quarto del PIL mondiale e più del 20 per cento del commercio mondiale, e considerando che gli investimenti reciproci fra le due economie di Giappone e UE sono rilevanti. Il Consiglio e la Commissione hanno entrambi sottolineato che la capacità del Giappone di eliminare gli ostacoli normativi agli scambi è una condizione preliminare per avviare i negoziati per l’accordo di libero scambio (ALS) UE-Giappone, favorendo così una più stretta integrazione economica tra i due partner commerciali strategici. Il sistema commerciale multilaterale rappresentato dall’OMC rimane di gran lunga il quadro più efficace per pervenire in tutto il mondo a un commercio aperto ed equo. Ritengo che l’Unione europea e il Giappone debbano contribuire a un esito positivo dei negoziati dell’Agenda di Doha per lo sviluppo. L’accordo di libero scambio UE-Giappone non solo porterebbe benefici in termini di un aumento degli scambi bilaterali di beni e servizi, ma favorirebbe anche la cooperazione su priorità orizzontali dell’UE, quali la cooperazione nel campo dell’innovazione, la cooperazione in campo normativo, la lotta contro gli abusi di mercato e infine, non meno importante, la cooperazione sul fronte dei grandi problemi ambientali, ecc.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Se il Giappone dimostrerà una volontà autentica di eliminare le barriere non tariffarie, ritengo che l’UE potrà opportunamente avviare i negoziati col Giappone in vista della sottoscrizione di un accordo di libero scambio.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) A pochissime settimane dalla catastrofe naturale e nucleare del Giappone, la destra giapponese ha avuto la brillante idea di minacciare il governo giapponese. Il suo obiettivo è costringere il Giappone ad abolire tutti gli ostacoli che si frappongono all’accesso delle aziende europee ai suoi contratti pubblici. Non è stata pronunciata una sola parola sul disastro nucleare. Non è stata formulata alcuna proposta di cooperazione per aiutare il paese a uscire da questa situazione. Nemmeno una frase di solidarietà dopo l’unica catastrofe nucleare del Giappone. La destra europea si vergogni!

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Nel 2010 l’importo totale degli scambi commerciali bilaterali tra l’UE e il Giappone, terza maggiore economia nazionale al mondo in termini di PIL, è stato pari a 120 miliardi di euro, essendo il Giappone il sesto maggior partner commerciale per l’UE e l’UE il terzo per il Giappone. Sussiste tuttavia un notevole potenziale commerciale non ancora sfruttato. Pertanto, è necessario rafforzare le relazioni commerciali tra UE e Giappone concentrando gli sforzi sulla rimozione degli ostacoli non tariffari agli scambi e agli investimenti, tra cui numerose norme restrittive e misure di regolamentazione che si applicano all’accesso delle imprese dell’UE al mercato giapponese. In tal modo, l’accordo di libero scambio UE-Giappone potrebbe notevolmente beneficiare entrambe le economie.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Poiché l’UE e il Giappone sono partner commerciali molto stretti, rappresentano oltre il 20 per cento del commercio mondiale, ma i volumi commerciali non sono ingenti come si potrebbe pensare. Le esportazioni dell’UE in Giappone, quale rapporto del PIL del Giappone, ammontano a meno del 2 per cento, ben al di sotto del rapporto negli altri mercati principali dell’UE (USA, Cina, Corea e India). Sussiste pertanto un ingente potenziale economico non ancora sfruttato, che potrebbe essere esplorato rafforzando i legami commerciali tra i due blocchi. I negoziati dovrebbero puntare ad accentuare i movimenti bilaterali. Non è accettabile che vi sia uno scambio non paritario di merci tra UE e Giappone. Ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Wojciech Michał Olejniczak (S&D) , per iscritto. – (PL) Oggi il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle relazioni commerciali UE-Giappone. Il documento sottolinea il fatto che Unione europea e Giappone sono partner commerciali reciprocamente molto importanti. La risoluzione prende in esame il sistema dell’OMC e il fatto che nel 2009, ad esempio, l’UE e il Giappone rappresentavano insieme oltre un quarto del PIL mondiale, mentre nel 2010 l’importo totale degli scambi commerciali bilaterali tra le due regioni è stato pari a 120 miliardi di euro.

La risoluzione sottolinea inoltre che l’UE è decisamente a favore della conclusione di un accordo di libero scambio con il Giappone, ma che, affinché ciò avvenga, il Giappone deve abolire le barriere non tariffarie ed eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo della cooperazione. Rileva inoltre – e lo considero un aspetto molto importante della cooperazione UE-Giappone – che andrebbe dedicata particolare attenzione alla protezione ambientale durante il processo negoziale, e che andrebbero promosse misure per contrastare i cambiamenti climatici e mantenere gli standard ambientali e sociali. Viene inoltre richiamata l’attenzione sul recente disastro nucleare, che non è ancora completamente sotto controllo. Di conseguenza, non è ancora possibile valutare appieno la portata della crisi che ha colpito il Giappone, e non è giustificabile accelerare i negoziati di un accordo di libero scambio. Al momento, al Giappone occorrono aiuti concreti.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Il sistema commerciale multilaterale basato su norme istituito dall’OMC rappresenta il quadro più adatto per regolamentare e promuovere un commercio aperto ed equo, e l’UE è favorevole al coinvolgimento dei paesi in via di sviluppo nel sistema commerciale internazionale. Al contempo, gli accordi bilaterali quali quello attualmente esame rappresentano meccanismi specifici che possono essere utili per il conseguimento dei suddetti obiettivi. Ho votato a favore della risoluzione sulle relazioni commerciali tra UE e Giappone, in quanto sono convinta che l’accordo di libero scambio (ALS) UE-Giappone possa rivelarsi vantaggioso per entrambe le economie. Di fatto, il commercio aperto ed equo è un potente strumento per creare più crescita e benessere sociale, sfruttando i vantaggi comparativi di ciascuna delle due economie e le potenziali sinergie derivanti da una maggiore integrazione economica e nuovi input per un’economia basata sulla conoscenza. Ciò significa dare impulso al mercato UE-Giappone che, nel suo complesso, rappresenta già più di un quarto del prodotto interno lordo (PIL) e oltre il 20 per cento del commercio mondiale.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE) , per iscritto. – (EN) Il nostro gruppo non ha sottoscritto né appoggiato la risoluzione, e ne ha presentata una propria in cui, tra le altre cose, rileva quanto segue: “1. esprime piena solidarietà per il coraggio e la determinazione con cui il popolo giapponese sta affrontando le catastrofi avvenute l’11 marzo e le relative terribili conseguenze e invita la Commissione e gli Stati membri a intervenire in aiuto del Giappone, con tutti i mezzi possibili, per la ricostruzione della vita sociale ed economica del paese; 2. ritiene che la continuità e il consolidamento delle attuali relazioni commerciali tra l’UE e il Giappone possano svolgere, a tale riguardo, un ruolo importante e invita la Commissione a concentrare tutti i suoi sforzi per garantire che ciò avvenga; 3. ritiene che il sistema commerciale multilaterale rappresentato dall’OMC costituisca il quadro di gran lunga più efficace per il conseguimento di regole commerciali giuste ed eque a livello mondiale”.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – Il testo sulle relazioni commerciali tra UE-Giappone ci vede favorevoli in quanto pur essendo un paese terzo, il Giappone garantisce tutela e rispetto dei lavoratori e dell’economia globale. Ridurre e semplificare le regole, rendendo più semplici scambi commerciali aperti ed equi, non può che migliorare i rapporti con l’Europa. Gli investimenti reciproci fra le due economie sono pari a 200 miliardi di euro l’anno: l’UE é il terzo partner commerciale per il Giappone e il Giappone é a sua volta il sesto partner per l’UE. Nella relazione si chiede anche di valutare l’eventuale impatto negativo che tali scelte potrebbero comportare, ma sicuramente si considera che la rimozione degli ostacoli agli scambi e agli investimenti non possa che essere positiva. Il nostro voto é quindi favorevole al testo di relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Niki Tzavela (EFD), per iscritto. (EL) Ho votato a favore dell’interrogazione orale sulle relazioni commerciali tra UE e Giappone, poiché il Giappone è uno dei maggiori investitori nell’Unione europea. Inoltre, il Giappone è il settimo destinatario più importante delle esportazioni europee. Proseguire il nostro dialogo col Giappone costituisce una mossa interamente condivisibile. Se riusciremo ad appianare le nostre divergenze, offriremo un contributo notevole a entrambe le economie. Dobbiamo inoltre concentrarci sulla riduzione delle tariffe e sulle misure normative che le accompagnano.

 
  
MPphoto
 
 

  Jarosław Leszek Wałęsa (PPE), per iscritto.(PL) Condivido pienamente lo sviluppo della cooperazione commerciale tra Unione europea e Giappone, che dovrebbe tradursi nella conclusione di un accordo bilaterale di libero scambio. Il fatto che nel 2010 l’importo totale degli scambi commerciali bilaterali tra l’UE e il Giappone sia stato pari a 120 miliardi di euro dimostra che si tratta di due partner vicendevolmente molto importanti. Il Giappone è il sesto maggior partner commerciale per l’UE e l’UE il terzo per il Giappone. Gli investimenti reciproci fra le due economie di Giappone e UE sono pertanto rilevanti, con un volume complessivo di investimenti diretti esteri pari a 200 miliardi di euro nel 2009. Altrettanto importante è rilevare che la crescita economica rapida dei paesi in via di sviluppo (BRIC), il rallentamento economico causato dalla crisi finanziaria globale e l’esigenza impellente di avere accesso a materie prime e fonti di energia rinnovabili sono sfide assolutamente imprescindibili che accomunano entrambe le parti e rendono i negoziati ancor più necessari.

Nella documentazione relativa al tema della risoluzione, sia il Consiglio sia la Commissione hanno dichiarato che una condizione preliminare per avviare i negoziati è che il Giappone abolisca le barriere normative al commercio, in particolare le barriere non tariffarie, che limitano significativamente l’accesso al mercato giapponese degli imprenditori europei. Credo che dovremmo accelerare il processo ai livelli decisionali più elevati, in modo da intensificare le relazioni commerciali tra questi due partner strategici.

 
  
MPphoto
 
 

  Artur Zasada (PPE), per iscritto.(PL) La volontà del Giappone di avviare negoziati bilaterali su un’area di libero commercio con l’Unione europea ci offre l’occasione di intensificare i rapporti politici e di incrementare i vantaggi economici, sia per l’UE sia per il Giappone. Poiché il Giappone occupa soltanto il sesto posto tra i partner commerciali più importanti dell’Unione europea, il potenziale di cooperazione tra questo paese e l’UE nel campo del commercio e degli investimenti non è ancora stato sfruttato appieno. L’ostacolo principale che impedisce sempre più spesso alle aziende europee di accedere al mercato giapponese sono le barriere non tariffarie. In veste di membro della commissione per i trasporti e il turismo, sono certo che il settore dell’aviazione rappresenta uno dei comparti in cui una cooperazione commerciale e per la ricerca e sviluppo potrebbe sortire effetti benefici reciproci per le economie sia europea sia giapponese. Reputo che il settore dell’aeronautica possa diventare uno dei modelli di cooperazione tra UE e Giappone.

 
  
  

Relazione Arsenis (A7-0113/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Voto a favore della proposta. Considerando la portata delle minacce e la superficie forestale complessiva dell’UE, il finanziamento a favore delle foreste della PAC a titolo del secondo pilastro dovrebbe essere incrementato, in funzione dell’esistenza di piani forestali nazionali e di piani di gestione operativa che comprendano la strategia per la biodiversità dell’UE e le lunghe tempistiche dei progetti forestali della gestione sostenibile delle foreste. L’ammissibilità dovrebbe essere estesa agli attori pubblici e ai gruppi di produttori, passando a una remunerazione zonale e comprendendo interventi di conservazione in-situ ed ex-situ. Una gestione sostenibile delle foreste attiva dovrebbe avere un ruolo di primo piano e prioritario nella ricerca e nella pratica, e dovrebbe inoltre tenere in considerazione la proprietà pubblica del 40 per cento delle foreste dell’UE. La conservazione delle specie e le pratiche di vivaio dovrebbero essere estese per comprendere le specie microbiche e fungine associate. Dovrebbe essere attivamente incoraggiata la ricerca in situ sulle simbiosi micorriziche. I pagamenti per i servizi ecosistemici dovrebbero essere formalizzati in previsione delle prossime prospettive finanziarie, basandosi sul successo dei progetti per le foreste e l’acqua. L’adattamento e la resilienza delle foreste dovrebbe ricevere un’attenzione particolare nella creazione di un fondo per l’adeguamento dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (LT) Mi sono espressa a favore di questa risoluzione sul Libro verde della Commissione “La protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE: preparare le foreste ai cambiamenti climatici”. Il Parlamento europeo ha approvato le disposizioni illustrate nel Libro verde, ma la strategia forestale dell’UE dovrebbe essere rafforzata, con l’obiettivo di migliorare la gestione e la conservazione delle foreste. Tale strategia dovrebbe essere mirata sia alla protezione delle foreste sia allo sfruttamento sostenibile delle risorse di legname, in quanto le foreste offrono delle soluzioni per il problema dei cambiamenti climatici. Va sottolineato che, conformemente al principio di sussidiarietà, la strategia forestale dovrebbe continuare a essere in primo luogo di competenza degli Stati membri, ma l’Unione europea dovrebbe agire sostenendo, coordinando e completando gli interventi di politica forestale degli Stati membri, tenendo conto delle diverse condizioni a livello regionale. L’obiettivo di tale politica è di assicurare lo sviluppo sostenibile delle foreste, contribuendo nel contempo a migliorare la qualità della vita dei cittadini europei nonché a promuovere lo sviluppo delle zone rurali.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Le foreste rappresentano la principale riserva di carbonio e svolgono quindi un ruolo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. Le foreste e i terreni boschivi coprono oltre il 42 per cento della superficie dell’UE. Le foreste costituiscono biosfere che immagazzinano il carbonio e sono particolarmente importanti per la conservazione dell’ambiente e la protezione dalle catastrofi naturali, tutti elementi che rivestono una grande importanza non solo per la qualità della vita dei cittadini europei, ma anche per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Mi preme sottolineare che la gestione sostenibile delle foreste è d’importanza fondamentale per consentire all’Unione europea di realizzare i propri obiettivi climatici e per catturare l’anidride carbonica nell’atmosfera.

Inoltre, le imprese del settore forestale forniscono circa 2 milioni di posti di lavoro, contribuendo alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro. Ho votato a favore della relazione, in quanto ritengo che l’Unione europea debba rafforzare la propria strategia per il miglioramento della gestione sostenibile e della conservazione delle foreste.

 
  
MPphoto
 
 

  Liam Aylward (ALDE), per iscritto. (GA) Il settore forestale dà lavoro a milioni di persone nell’UE, tra cui imprenditori, agricoltori e 16 milioni di proprietari silvicoli. Al momento, si contano 2 milioni di persone impiegate nel settore forestale nell’UE, soprattutto in piccole e medie imprese, e il settore produce utili per €300 miliardi l’anno. Si stima che il settore industriale irlandese da solo dia lavoro a 16 000 persone. Le industrie forestali contribuiscono alla crescita economica, creano opportunità di crescita e occupazione nelle aree rurali, e incoraggiano lo svoluppo rurale mediante le industrie locali e le opportunità nel settore del turismo. Le foreste rappresentano una risorsa preziosa per il settore agricolo, l’ambiente e la biodiversità, soprattutto per gli ecosistemi che contengono, la fertilità del suolo e la protezione dall’erosione dello stesso. Sussistono importanti opportunità di sviluppo associate al settore forestale europeo in termini di cattura del carbonio e di pozzi di assorbimento del carbonio. Accolgo con favore le affermazioni della relazione riguardo il riconoscimento dell’importanza del settore forestale in termini socioeconomici e ambientali e la richiesta alla Commissione di adottare un approccio coerente per aiutare il settore a realizzare il suo pieno potenziale.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto.(LT) Ho votato a favore della relazione. Le foreste e i terreni boschivi coprono oltre il 42 per cento della superficie dell’UE. Le imprese del settore forestale, con un fatturato superiore ai 300 miliardi di euro, forniscono circa 2 milioni di posti di lavoro, soprattutto nelle comunità rurali, contribuendo alla crescita economica, alla creazione di posti di lavoro e alla prosperità mediante la fornitura del legname e le opportunità nel settore del turismo. Le foreste dell’UE sono esposte a minacce ingenti riconducibili ai cambiamenti climatici, alle infestazioni di nuovi parassiti, al rischio crescente di incendi (soprattutto nella regione del Mediterraneo), e all’attività umana (domanda crescente di biomassa legnosa da parte del settore energetico), che sta provocando la deforestazione. Concordo sul fatto che la Commissione e gli Stati membri debbano intensificare gli sforzi volti a conseguire gli obiettivi ambientali e di qualità della vita del piano d’azione UE per le foreste, la cui attuazione è al momento in ritardo. Inoltre, la strategia forestale dell’UE e il piano d’azione per le foreste devono essere aggiornati per includere la dimensione dei cambiamenti climatici e aspetti più ampi della protezione delle foreste.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto.(FR) La sfida che consiste nel conciliare con successo le politiche forestali dell’Europa meridionale e settentrionale in modo da avere un approccio coerente a livello di UE è tutt’altro che semplice. Tuttavia, adottando la presente relazione, abbiamo sottolineato l’esigenza di un impegno più forte nei confronti della protezione ambientale nella politica forestale. Abbiamo anche posto l’accento sulla sfida per le nostre foreste rappresentata dai cambiamenti climatici. Pur non essendo certo della necessità di un’iniziativa legislativa che ponga un vincolo di inedificabilità sui terreni devastati da incendi, sono a favore della discussione di soluzioni solide e a lungo termine che contribuiscano ad arginare questo fenomeno terribile degli incendi di natura dolosa appiccati per liberare terreni e renderli edificabili.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, in quanto illustra la reazione del Parlamento al Libro verde pubblicato dalla Commissione e teso ad avviare una consultazione pubblica sulla protezione delle foreste e a preparare queste ultime ai cambiamenti climatici in tutta l’Unione europea. Nella relazione, il Parlamento accoglie con favore il Libro verde della Commissione e chiede un aggiornamento della strategia dell’UE per le foreste, che tenga contemporaneamente conto dell’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e includa la dimensione dei cambiamenti climatici e aspetti più ampi della protezione delle foreste. Il Parlamento ribadisce inoltre la propria posizione sulla necessità di incrementare i livelli di finanziamento a favore delle misure di protezione delle foreste mediante il pilastro sullo sviluppo rurale della politica agricola comune, in particolare alla luce delle nuove sfide correlate ai cambiamenti climatici. Tra le altre possibili fonti di finanziamento, la relazione propone inoltre di valutare l’eventualità di pagare le aziende per i servizi ecosistemici mediante i quali le stesse contribuiscono alla conservazione della biodiversità e alla protezione delle foreste. Tra le molte altre misure, tra cui il rafforzamento del coordinamento a livello comunitario e lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, la Commissione viene inoltre esortata a valutare l’opportunità di presentare una proposta legislativa che ponga un vincolo di inedificabilità sui terreni devastati da incendi di cui sia stata accertata la natura dolosa.

 
  
MPphoto
 
 

  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) Il piano d’azione per le foreste adottato nel 2006 stabiliva quattro obiettivi importanti. Tuttavia, non tutti hanno ricevuto pari attenzione, come indicato nella valutazione intermedia dell’attuazione del piano. Le principali carenze riguardano il miglioramento della protezione e della conservazione della biodiversità e indicano che il 66 per cento degli habitat forestali si trova in uno stato non adeguato. In pratica, nelle conclusioni si legge che mentre l’attenzione si è concentrata soprattutto sul miglioramento della competitività a lungo termine, gli obiettivi della protezione dell’ambiente, del miglioramento della qualità della vita e della promozione del coordinamento e della comunicazione non hanno ravvisato progressi sufficienti. Le foreste forniscono sostentamento a milioni di lavoratori, imprenditori e a 16 milioni di proprietari di foreste. Le industrie della filiera silvicola dell’UE forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, principalmente in PMI, e hanno un fatturato di 300 miliardi di euro. Inoltre, nella gestione delle foreste sono impiegate più di 350 000 persone.

Da questo punto di vista, è importante perseguire gli obiettivi illustrati nelle strategie per le foreste. Questo fatto, unito ai cambiamenti climatici, fornisce una giustificazione sufficiente per mobilitare tutti gli Stati membri dell’UE e intraprendere sforzi analoghi e coerenti per gestire le foreste dell’Unione. Tale azione dev’essere accompagnata da adeguamenti delle politiche per l’energia, l’industria, il commercio, la ricerca e la coesione, compresa la politica regionale e il Fondo di solidarietà.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Le ampie aree boschive d’Europa creano notevoli opportunità commerciali e occupazionali nell’UE. Tenuto conto di ciò e dell’importanza di queste aree verdi per l’ambiente, considero essenziale l’adozione di misure che combattano gli effetti negativi dei cambiamenti climatici registrati negli ultimi anni a livello globale. è cruciale per salvaguardare le foreste europee, con tutti i vantaggi che ciò potrebbe comportare. Accolgo pertanto con favore l’iniziativa della Commissione sotto forma di un Libro verde sulla protezione delle foreste. Per intervenire efficacemente, è necessario comprendere adeguatamente i danni subiti ultimamente dalle nostre foreste a causa della nuova situazione climatica a livello globale, soprattutto in termini di tempeste, livelli più elevati di rischio di incendi, infestazioni di parassiti e malattie fungine.

 
  
MPphoto
 
 

  Carlos Coelho (PPE), per iscritto. (PT) Le foreste e i terreni boschivi coprono oltre il 42 per cento della superficie dell’UE. Benché ogni anno circa 500 000 ettari di foresta nell’UE spariscano a causa degli incendi boschivi e del disboscamento illegale, la tendenza a lungo termine ad un aumento della copertura forestale nell’Unione europea è stabile.

Sebbene la politica forestale sia in primo luogo di competenza degli Stati membri, spetta tuttavia all’UE coordinare e completare le iniziative e i programmi forestali degli Stati membri, conferendo loro valore aggiunto e definendo una strategia europea comune e un piano d’azione. L’intensificazione della tutela delle foresta dovrebbe far parte delle strategie comunitarie e degli Stati membri, soprattutto alla luce di fenomeni climatici estremi quali incendi e inondazioni, frane e desertificazione.

Sostengo pertanto la creazione di nuovi strumenti e l’incremento dei finanziamenti a favore di misure volte a proteggere il patrimonio boschivo dell’UE, soprattutto per affrontare le nuove sfide che scaturiscono dai cambiamenti climatici. Altrettanto indispensabili sono le informazioni sulle risorse boschive, sullo stato delle foreste e l’impatto dei cambiamenti climatici, al fine di garantire che ogni decisione presa in questo campo produca i maggiori vantaggi socioeconomici e ambientali possibili.

 
  
MPphoto
 
 

  Vasilica Viorica Dăncilă (S&D), per iscritto. (RO) La rilevanza economica, sociale e ambientale delle foreste a livello internazionale, europeo, regionale e nazionale è generalmente nota e legittimata, in una certa misura, dagli accordi internazionali e dai relativi programmi di cooperazione e finanziamento. I cambiamenti climatici esercitano un impatto ingente sulle foreste di ogni regione europea, ma con intensità diversa. Qualsiasi riforma che interessi l’approccio delle politiche comunitarie alle foreste non deve limitarsi alle sfide rappresentate dai cambiamenti climatici, bensì tener conto di tutti gli aspetti relativi al contributo delle foreste allo sviluppo sostenibile a livello regionale, europeo e globale. Un altro aspetto riguarda gli strumenti e i programmi comunitari a sostegno del settore forestale, che sono molto sottodimensionati rispetto a quelli applicati in altri settori di attività e alla luce del contributo attuale e futuro offerto dalle foreste al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Tuttavia, qualsiasi riforma che interessi l’approccio delle politiche comunitarie alle foreste non deve limitarsi alle sfide rappresentate dai cambiamenti climatici, bensì tener conto di tutti gli aspetti relativi al contributo delle foreste allo sviluppo sostenibile dell’ambiente, dell’economia rurale, eccetera a livello regionale, europeo e globale.

 
  
MPphoto
 
 

  Christine De Veyrac (PPE), per iscritto. (FR) La relazione Arsenis testimonia l’interesse del Parlamento europeo nei confronti della politica forestale. Il suo contenuto sottolinea la necessità di pianificare risorse finanziarie future sufficienti e ambiziose per l’industria forestale e silvicola. Appoggio pertanto l’adozione di questo testo e, al contempo, rinnovo il mio sostegno a favore dell’approvazione di uno strumento finanziario specifico per la protezione delle foreste dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Delvaux (PPE), per iscritto. (FR) Le foreste coprono oltre il 42 per cento della superficie dell’UE. Le industrie della filiera silvicola forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, principalmente in PMI, e hanno un fatturato di 300 miliardi di euro. Nella gestione delle foreste sono impiegate 350 000 persone. Nell’UE il rapporto tra abbattimento e incremento è stabile al 60 per cento circa, ma si prevede che il rapporto aumenterà in molti paesi fino a oltre il 100 per cento, causando un calo delle risorse forestali in crescita dopo il 2010.

Sono convinta che la gestione sostenibile delle foreste sia essenziale per mantenere la capacità delle foreste dell’Unione di adempiere alle loro funzioni economiche, ecologiche e sociali. Per questo ho invitato la Commissione a presentare proposte a integrazione del regolamento UE n. 995/2010 concernente il legname per garantire che il legname e i prodotti da esso derivati collocati sul mercato europeo provengano tutti da foreste gestite in modo sostenibile. La Commissione e gli Stati membri devono rendere obbligatoria la gestione sostenibile delle foreste nell’Unione europea

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Mi sono espressa a favore della relazione “preparare le foreste ai cambiamenti climatici”. Alla luce del potenziale delle foreste in termini di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, nonché del loro valore economico, sociale e ambientale, occorre rafforzare la politica comunitaria nel settore dello sviluppo sostenibile e della conservazione delle foreste, in particolare la legislazione in materia di prevenzione e gestione del rischio di incendi boschivi.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) Le foreste e gli altri terreni boschivi coprono oltre il 42 per cento della superficie dell’UE. Le foreste forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, principalmente in piccole e medie imprese (PMI), e hanno un fatturato di 300 miliardi di euro. Tali dati rispecchiano l’esigenza fondamentale di una politica europea efficace in materia di foreste, il loro utilizzo e la loro sostenibilità, non solo in termini ambientali, ma anche come risorsa economica chiave.

Parlando di protezione delle foreste quale risorsa economica e ambientale, non posso non ricordare, da portoghese, che la lotta agli incendi boschivi – che hanno ripetutamente devastato il mio paese – deve essere una priorità assoluta per qualsivoglia politica europea nel settore.

Per quanto riguarda i programmi forestali nazionali, pur appoggiando appieno la loro creazione, mi preme richiamare l’attenzione sulle loro carenze. I programmi forestali nazionali devono diventare una realtà e raggiungere davvero le foreste, per essere veramente efficaci come desideriamo che siano.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. – (PT) la relazione riguarda il Libro verde della Commissione concernente la protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE: preparare le foreste ai cambiamenti climatici. Le foreste e i terreni boschivi coprono oltre il 42 per cento della superficie dell’UE e costituiscono un’importante fonte di reddito, con un fatturato superiore ai 300 miliardi di euro e la fornitura di circa 2 milioni di posti di lavoro. Inoltre, le foreste sono essenziali per tutti noi e fanno parte della nostra identità. Di recente abbiamo alla minaccia rappresentata da catastrofi e intemperie per le foreste. Se non ci fossero le foreste, le conseguenze dei cambiamenti climatici sarebbero ancor più gravi. Eppure, malgrado la loro importanza, non hanno ricevuto gli investimenti finanziari che meritano.

Accolgo con favore l’adozione di questa relazione, che pone l’accento sulla negligenza di cui è stato vittima questo settore, e chiede il riconoscimento e la valorizzazione della diversità delle specie esistenti nell’UE, nonché della necessità di attuare una politica forestale moderna e attiva che sappia sfruttare il settore della biomassa e dei crediti del carbonio, nonché quello delle attività tradizionali.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE e forniscono sostentamento a milioni di lavoratori. La conservazione del patrimonio boschivo rappresenta un contributo importante al benessere delle popolazioni, oltre a creare posti di lavoro nelle aree rurali. Va di pari passo con la prevenzione degli incendi boschivi, disastri che decimano ogni anno superfici boschive estese dell’Europa meridionale, in particolare in Portogallo. è indispensabile dare seguito alle raccomandazioni sulla prevenzione delle catastrofi naturali adottate di recente in questa sede.

La relazione adotta un approccio di ampio respiro alla questione delle foreste, e si concentra su determinati aspetti da noi ritenuti importanti. Occorre tuttavia passare dalla teoria alla pratica, soprattutto quando si tratta di mobilizzare risorse finanziarie sufficienti attraverso i programmi e le misure europee di sostegno al fine di monitorare lo stato ecologico e fitosanitario delle foreste e, laddove necessario, la loro riclassificazione, compreso il rimboschimento.

Bisogna inoltre dotare Natura 2000 dei mezzi finanziari necessari alla sua gestione e al perseguimento efficace dei suoi obiettivi, ricordando che copre molte superfici boschive. Inoltre, è essenziale riconoscere la diversità degli ecosistemi forestali europei e la multifunzionalità di molti di essi, quali ad esempio i pascoli agroforestali del montado mediterraneo.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La relazione adotta un approccio di ampio respiro alla questione delle foreste, e si concentra su determinati aspetti da noi ritenuti importanti. Occorre tuttavia passare dalla teoria alla pratica, soprattutto quando si tratta di mobilizzare risorse finanziarie sufficienti attraverso i programmi e le misure europee di sostegno al fine di monitorare lo stato ecologico e fitosanitario delle foreste e, laddove necessario, la loro riclassificazione, compreso il rimboschimento. Bisogna inoltre dotare Natura 2000 dei mezzi finanziari necessari alla sua gestione e al perseguimento efficace dei suoi obiettivi.

Le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE e forniscono sostentamento a milioni di lavoratori. La conservazione del patrimonio boschivo rappresenta un contributo importante al benessere delle popolazioni, oltre a creare posti di lavoro nelle aree rurali. Va di pari passo con la prevenzione degli incendi boschivi, disastri che decimano ogni anno superfici boschive estese dell’Europa meridionale, in particolare in Portogallo. è indispensabile dare seguito alle raccomandazioni sulla prevenzione delle catastrofi naturali adottate di recente in questa sede.

Inoltre, è essenziale riconoscere la diversità degli ecosistemi forestali europei e la multifunzionalità di molti di essi, quali ad esempio i pascoli agroforestali del montado mediterraneo.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) Le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE, e forniscono sostentamento a milioni di lavoratori, imprenditori e a 16 milioni di proprietari di foreste. Le industrie della filiera silvicola forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, mentre nella gestione delle foreste sono impiegate 350 000 persone. Tra le politiche comuni che esercitano un impatto sulla protezione forestale si annoverano la politica ambientale, la politica energetica, industriale e commerciale, nonché la coerenza tra le politiche, compresa la politica regionale e il Fondo di solidarietà. Considerando la portata delle minacce e la superficie forestale complessiva dell’UE, il finanziamento dovrebbe essere incrementato, l’ammissibilità dovrebbe essere estesa agli attori pubblici e ai gruppi di produttori, passando a una remunerazione zonale e comprendendo interventi di conservazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Pat the Cope Gallagher (ALDE), per iscritto. (GA) La scorsa settimana in Irlanda gli incendi boschivi – che non raggiungevano da tempo tale portata – hanno provocato dissesti ingenti nelle regioni di Donegal, Sligo ed altre aree del paese.

Spetta alle autorità locali, con l’ausilio del governo nazionale, assumersi la responsabilità di tali eventi. è una questione di sussidiarietà. Per quanto riguarda gli incendi scoppiati di recente in Irlanda, il governo irlandese deve valutare approfonditamente i danni causati al fine di fornire assistenza alle vittime. Occorre mettere a punto un piano di emergenza per gli incendi boschivi analogo a quello già esistente per gli incidenti stradali e le inondazioni allo scopo di garantire una risposta migliore a situazioni del genere in futuro.

In conclusione, occorre stanziare maggiori finanziamenti a favore del consiglio regionale del Donegal per sostenere i costi eccezionali che ne deriveranno.

 
  
MPphoto
 
 

  Elisabetta Gardini (PPE), per iscritto. – Egregio Presidente, onorevoli colleghi, il 42% dell’intera superficie dell’Unione Europea è coperta da foreste e terreni boschivi. Le industrie della filiera silvicola, con un fatturato superiore ai 300 miliardi di euro, offrono lavoro a circa 2 milioni di persone. Questi sono i dati che dobbiamo tenere presente per capire l’importanza di una strategia europea per una gestione forestale sostenibile e una protezione più efficace di questo considerevole patrimonio europeo. Dobbiamo ricordare sia l’importante ruolo delle foreste nella fornitura di servizi socio-economici sia il loro fondamentale contributo nella lotta contro i cambiamenti climatici. Diventa quindi urgente migliorare la nostra capacità di prevenzione degli incendi boschivi che continuano a distruggere più di 400000 ettari di foreste ogni anno. A tal fine sarebbe opportuno migliorare la raccolta delle informazioni sulle foreste, aumentare la ricerca e soprattutto incoraggiare lo scambio di conoscenze e esperienze fra gli Stati membri, iniziando dall’ambito transfrontaliero. Mi preme a questo proposito sottolineare il valore del compito svolto dal sistema europeo d’informazione sugli incendi forestali (EFFIS) e soprattutto l’importanza del programma GMES che consente la necessaria sorveglianza e mappatura delle zone boschive.

 
  
MPphoto
 
 

  Françoise Grossetête (PPE), per iscritto. (FR) Il Parlamento europeo ha trasmesso un messaggio politico forte per sottolineare l’importanza di una gestione sostenibile delle foreste. Sussiste l’esigenza impellente di introdurre le raccomandazioni relative alla prevenzione delle catastrofi. Di fatto, gli incendi boschivi rappresentano una delle maggiori minacce per le foreste europee e i loro ecosistemi.

La protezione delle foreste dal clima è inoltre utile per sostenere il settore forestale e la sua competitività. Con un fatturato superiore ai 300 miliardi di euro, l’industria silvicola fornisce più di 2 milioni di posti di lavoro e costituisce una riserva di crescita importante.

Infine, è essenziale che le discussioni sul futuro della politica agricola comune dopo il 2013 tengano conto del ruolo svolto dalle foreste. I produttori rurali e gli enti pubblici devono essere resi ammissibili alle misure silvicole nell’ambito del secondo pilastro della PAC: l’UE deve continuare a fornire aiuti per l’afforestamento nell’ambito dei programmi nazionali di sviluppo rurale.

 
  
MPphoto
 
 

  Roberto Gualtieri (S&D), per iscritto. – La determinazione di una strategia europea per la protezione delle foreste rientra nell’impegno generale dell’UE nella lotta ai cambiamenti climatici. Particolarmente positivi, nella realzione approvata, sono la proposta di una regolamentazione specifica sul divieto di costruire su terreni distrutti da incendi dolosi, e la richiesta di un adeguato finanziamento per le strategie forestali, che al momento resta esiguo. Infine, è rilevante la richiesta di opportuni criteri di sostenibilità nella produzione di biomassa a fini energetici. Incitiamo dunque la Commissione europea a proseguire su questa strada, attraverso la presentazione di un Libro Bianco sulla protezione delle foreste che affronti questi temi.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho dato il mio avallo al documento, in quanto le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE. Le foreste forniscono sostentamento a milioni di lavoratori, imprenditori e a 16 milioni di proprietari di foreste. Le industrie della filiera silvicola forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, principalmente in PMI. Nella gestione delle foreste sono impiegate 350 000 persone. Nell’UE il rapporto tra abbattimento e incremento è stabile al 60 per cento circa. Si prevede che il rapporto aumenterà in molti paesi fino a oltre il 100 per cento, causando un calo delle risorse forestali in crescita dopo il 2020. Le foreste e il settore silvicolo europeo sono regolati da una varietà di modelli regionali e nazionali, raggruppati in base al loro orientamento produttivo e protettivo. Le foreste assicurano sia risorse che funzioni ecosistemiche. Esistono delle proposte per la formulazione di programmi obbligatori. Occorre inoltre fornire assistenza in maniera mirata, vale a dire in relazione ai cambiamenti climatici. Tra le proposte figurano migliorare la competitività a lungo termine, migliorare/proteggere l’ambiente, contribuire alla qualità della vita, e favorire il coordinamento e la comunicazione. Dobbiamo adoperarci il più possibile per assicurarci di salvaguardare e utilizzare tale risorse in maniera sostenibile, per permettere anche alle nostre generazioni future di sfruttarla; dobbiamo inoltre contribuire a ridurre l’inquinamento ambientale.

 
  
MPphoto
 
 

  Peter Jahr (PPE), per iscritto. (DE) Le foreste e il settore forestale offrono già un contributo significativo alla produzione di materie prime locali. Le foreste rappresentano inoltre uno spazio ricreativo per molti cittadini europei e svolgono un ruolo importante per la prevenzione dei cambiamenti climatici. Poche altre aree svolgono funzioni ambientali, economiche e sociali così strettamente interconnesse. Tuttavia, le nostre foreste sono soggette ad alcune sfide di enorme portata. Una delle più importanti è rappresentata dai cambiamenti climatici. Spetta agli Stati membri, con l’ausilio della Commissione europea, proteggere e sviluppare le nostre foreste per le generazioni future, per permettere loro di continuare a offrire un contributo in futuro ai nostri habitat nazionali, alla nostra società e alla nostra economia. A tal fine, bisogna garantire che le foreste svolgano un ruolo permanente e crescente nella lotta ai cambiamenti climatici e salvaguardare la base economica delle industrie forestali e silvicole, per poter disporre di una riserva futura adeguata di legname.

 
  
MPphoto
 
 

  Eija-Riitta Korhola (PPE), per iscritto. (EN) Oggi non è stato difficile votare a favore della relazione sulla protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE: preparare le foreste ai cambiamenti climatici. Le foreste dell’UE sono oggi soggette a pressioni senza precedenti, non necessariamente a causa dei cambiamenti climatici, bensì di alcune delle decisioni prese a livello di UE per contrastarli. Il fatto che ora, nell’ambito di questa relazione, abbiamo richiesto dei criteri di sostenibilità legalmente vincolanti sulla generazione di energia da biomassa rappresenta un’iniziativa importante. La legislazione comunitaria in materia di biocarburanti, così come quella per le rinnovabili, ha promosso un uso insostenibile delle foreste. Se consideriamo le foreste unicamente alla stregua di fonti di energia rinnovabile, non raggiungeremo l’obiettivo di unire la sostenibilità dell’industria alla tutela dell’ambiente. Le foreste sono una fonte importante di sostentamento e benessere all’interno dei nostri confini. Pertanto, questa risorsa naturale preziosa dovrebbe essere utilizzata per la produzione invece che per l’obiettivo miope dell’energia. Non va inoltre dimenticato che i prodotti stessi del legname catturano il carbonio per tutta la durata del loro ciclo vitale. Dovremmo pertanto evitare scorciatoie per il raggiungimento dei nostri obiettivi nel campo del rinnovabile.

 
  
MPphoto
 
 

  Elisabeth Köstinger (PPE), per iscritto. (DE) L’industria forestale europea è indubbiamente uno dei settori economici più sostenibili. I proprietari delle foreste europee si uniformano da anni a una legislazione severissima in materia di foreste e conservazione della natura. Tuttavia, la relazione presentata dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare relativa al Libro verde concernente la protezione e l’informazione sulle foreste introduce una regolamentazione sfrenata che non riconosce l’importanza delle foreste come creatrici di occupazione e motore economico. La relazione chiede che alla gestione forestale in seno all’UE vengano applicati criteri di sostenibilità eccessivi, senza tener conto dei fattori regionali e dei poteri spettanti ai singoli paesi. I punti principali che trascurano la competenza della politica forestale nazionale e indeboliscono le foreste in termini economici sono le disposizioni in materia di forniture di legname in seno all’Europa. Inoltre, non è ancora stato definito il concetto di “sostenibilità”. Un altro aspetto che non condivido è l’ipotesi secondo cui la biomassa legnosa non sarebbe sostenibile. Ritengo che si debba sottolineare la varietà di funzioni protettive e utili svolte dalle foreste ed evitare di adottare un approccio univoco. L’UE dovrebbe adoperarsi maggiormente per l’attuazione della gestione sostenibile delle foreste in Europa e per fungere da esempio per gli altri paesi.

 
  
MPphoto
 
 

  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. (RO) Alla luce del contributo significativo offerto dalle foreste alla lotta contro la crisi climatica, la gestione sostenibile delle foreste è d’importanza capitale per garantire che l’UE consegua i propri obiettivi climatici. L’UE deve rafforzare la propria strategia per combattere i fattori che causano il deterioramento delle foreste, tra cui la deforestazione incontrollata, gli incendi e l’inquinamento atmosferico. Al contempo, la conservazione della biodiversità, la protezione dalle catastrofi naturali e la cattura della CO2 dall’atmosfera sono essenziali per migliorare la qualità della vita dei nostri cittadini e proteggere l’ambiente. Ritengo pertanto che la protezione delle foreste nell’UE debba puntare a garantire che le foreste possano svolgere anche in futuro le loro funzioni produttive, socioeconomiche ed ecologiche.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Mi sono espresso a favore di questa relazione importante. Le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE. Le foreste forniscono sostentamento a milioni di lavoratori, imprenditori e a 16 milioni di proprietari di foreste. Le industrie della filiera silvicola forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, principalmente in PMI, e hanno un fatturato di 300 miliardi di euro. Nella gestione delle foreste sono impiegate 350 000 persone. Inoltre, il 40 per cento delle foreste dell’UE sono di proprietà dello Stato. Nell’UE il rapporto tra abbattimento e incremento è stabile al 60 per cento circa. Si prevede che il rapporto aumenterà in molti paesi fino a oltre il 100 per cento, causando un calo delle risorse forestali in crescita dopo il 2020. Le misure per proteggere le foreste sono vitali. Le foreste europee possono essere raggruppate in cinque zone bioclimatiche: boreale, temperata oceanica, temperata continentale, mediterranea e montana (5) compatibili con la tipologia di foreste dell’AEA, elaborata per orientare le decisioni politiche (6).

 
  
MPphoto
 
 

  Véronique Mathieu (PPE), per iscritto. (FR) Ho votato a favore della relazione sul Libro verde della Commissione “La protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE: preparare le foreste ai cambiamenti climatici”. Le foreste dovrebbero essere considerate fondamentali per la lotta ai cambiamenti climatici. è essenziale che l’Unione europea rafforzi la propria strategia per combattere i fenomeni che danneggiano le foreste, quali gli incendi boschivi e l’inquinamento atmosferico. La capacità della foresta di sopravvivere a tali minacce e riprendere il proprio normale sviluppo nonostante l’impatto dei cambiamenti climatici dipende dalla biodiversità, non soltanto degli alberi, ma anche di tutti gli altri organismi che vivono nella foresta, in particolare gli animali selvatici. Di conseguenza, le specie selvatiche che si insediano negli habitat speciali creati dalle foreste meritano un’attenzione particolare da parte dei proprietari delle foreste, in quanto contribuiscono a preservare la biodiversità.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto. (FR) La preservazione delle foreste è cruciale nell’interesse di tutta l’umanità. In verità, è un peccato che serva ancora una volta quale pretesto per promuovere il mercato del carbonio. Il capitalismo verde europeo è a un vicolo cieco. Capitalismo ed ecologia sono reciprocamente incompatibili.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE e sono un settore che fornisce lavoro a oltre 2 milioni di persone, con un fatturato annuale di 300 miliardi di euro. Tali dati testimoniano l’esigenza di una politica forestale europea che renda tali superfici sostenibili, in termini sia ambientali sia economici. Solo così si potrà proteggerle dai pericoli che incombono su di esse, segnatamente gli incendi, la causa principale della loro distruzione. Ciò vale soprattutto per i paesi dell’Europa meridionale e, in particolare, per il mio paese, il Portogallo, in cui scompaiono ogni anno migliaia di ettari di foreste a causa degli incendi.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Michel (ALDE), per iscritto. (FR) I cambiamenti climatici e le foreste sono uniti indissolubilmente tra loro. Nella lotta contro i cambiamenti climatici, è essenziale proteggere le foreste. Durante questa lotta si possono sfruttare meglio le foreste, non soltanto impedendone l’abbattimento, ma anche promuovendo programmi di imboschimento e rimboschimento.

I cambiamenti climatici significano che ogni tipo di foresta e settore forestale nel suo complesso sono esposti a minacce specifiche e imprevedibili quali tempeste, siccità e incendi boschivi. Pertanto, è essenziale che l’Unione europea rafforzi la propria strategia per combattere tali fenomeni. La gestione sostenibile delle foreste deve mirare a conciliare gli aspetti relativi alla produzione con quelli della protezione delle foreste. Dobbiamo gestire le foreste in modo sostenibile se vogliamo preservare la loro capacità di adempiere a funzioni economiche, ecologiche e sociali.

Fondamentale è dedicare una maggiore attenzione al mantenimento, all’equilibrio e al potenziamento dei servizi offerti dalla foresta. La conservazione della biodiversità dev’essere una priorità per la nostra azione politica.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Come è noto, la relazione pone l’accento sul fatto che le foreste dovrebbero essere viste alla stregua di elementi importanti per contribuire alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, rendendo necessario il rafforzamento della strategia comunitaria per la lotta ai fattori che ne causano il deterioramento, ad esempio parassiti, incendi boschivi, eccetera. Inoltre, il documento si sofferma sulla creazione di un contesto generale concernente la protezione delle foreste, segnatamente la sussidiarietà, la diversità delle minacce a seconda delle tipologie di foreste, il ruolo cruciale della gestione sostenibile delle foreste e l’importanza di queste ultime per la competitività e l’occupazione. Ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) La decimazione delle foreste in tutta Europa rappresenta un problema sia ambientale, in termini di habitat naturali e cambiamenti climatici, sia economico. I 5 milioni di persone che lavorano nelle foreste e i 16 milioni di proprietari di foreste producono un fatturato annuale di 300 miliardi di euro. Le condizioni ambientali attuali sono responsabili di notevoli cambiamenti a livello di foreste europee. Nel lungo periodo, il faggio è destinato a scomparire nella zona mediterranea, mentre le foreste di conifere subiranno un declino in termini di superficie in tutta l’Europa continentale. Tra gli altri fattori figurano nuove forme di infestazioni da parte di parassiti il cui impatto non può essere ancora valutato e un aumento ingente del rischio di incendi boschivi.

L’ICP Forests e l’UE gestiscono una delle reti di biomonitoraggio più grandi del mondo che si occupa di quantificare tali cambiamenti e di comprenderne i rapporti di causa ed effetto. Mi sono astenuto, in quanto ritengo che le misure proposte nella relazione in merito alla misura in cui i singoli Stati membri verranno ritenuti responsabili e verranno coinvolti non siano sufficientemente ambiziose.

 
  
MPphoto
 
 

  Rareş-Lucian Niculescu (PPE), per iscritto. (RO) Mi sono espresso a sfavore di una parte del paragrafo n. 36, in quanto la disposizione che contiene è per lo meno poco realistica. Non credo si debba imporre un divieto edilizio sui i terreni su cui si è sviluppato un incendio, in quanto è praticamente impossibile utilizzare questa superficie per altri scopi. Non ritengo che si debbano presentare i casi di abuso come regola generale e ledere i diritti di proprietà dei proprietari di foreste che hanno già dovuto subire un incendio. Tuttavia, reputo inaccettabile il concetto espresso al paragrafo n. 37, che propone di porre un vincolo di inedificabilità sui terreni devastati da incendi di cui sia stata accertata la natura dolosa. Tuttavia, in una situazione del genere, credo che correremmo il rischio di dover affrontare le conseguenze avverse che ne deriverebbero: il colpevole non è necessariamente il titolare della proprietà e non capisco perché dovrebbe essere punito quest’ultimo.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La relazione sul Libro verde della Commissione intitolato “La protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE: preparare le foreste ai cambiamenti climatici” presenta le preoccupazioni del Parlamento europeo su tale questione.

Le foreste e gli altri terreni boschivi dell’UE coprono più del 42 per cento della superficie dell’UE e vi sono più di 16 milioni di proprietari di foreste. Le foreste forniscono lavoro a oltre 2 milioni di persone, principalmente in PMI, e hanno un fatturato di 300 miliardi di euro. In aggiunta a ciò, svolgono un ruolo essenziale nella lotta ai cambiamenti climatici, grazie alla loro proprietà di assorbimento del biossido di carbonio e di rilascio dell’ossigeno.

Tali cifre rivelano l’importanza delle foreste per tutti gli Stati membri dell’UE, ma in particolare per il Portogallo, che possiede foreste con caratteristiche molto specifiche e che svolge un ruolo importante nella pianificazione regionale e nella lotta agli incendi boschivi.

Mi sono espressa a favore della relazione, in quanto propone misure che ritengo possano contribuire a combattere la distruzione delle foreste, soprattutto a causa di incendi, parassiti, frammentazione delle foreste, cambiamenti in termini di composizione delle specie e domanda crescente di biomassa legnosa.

 
  
MPphoto
 
 

  Phil Prendergast (S&D), per iscritto. (EN) Accolgo con favore il Libro verde della Commissione concernente la protezione e l’informazione sulle foreste nell’UE. Poiché le foreste sono estremamente importanti per l’assorbimento del carbonio, una loro gestione sostenibile è essenziale per conseguire gli obiettivi dell’UE in materia di cambiamenti climatici. Dobbiamo conciliare protezione e produzione nella gestione delle nostre foreste, al fine di garantire lo svolgimento delle loro funzioni ambientali, sociali ed economiche. All’UE spetta il ruolo di promuovere le migliori pratiche di gestione tagliate sulle esigenze dei soggetti e delle comunità locali, e di incentivare gli sforzi di rimboschimento compatibili con le condizioni locali e le specie autoctone.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione, in quanto la considero assolutamente essenziale per rafforzare le politiche europee in materia di conservazione e gestione sostenibile delle foreste, il cui valore economico, sociale e ambientale inestimabile deve essere preservato.

 
  
MPphoto
 
 

  Britta Reimers (ALDE), per iscritto. (DE) Mi sono espressa a sfavore del paragrafo n. 36 (votazione per parti separate 2) e del paragrafo n. 37, in quanto le questioni di pianificazione ambientale sono di competenza dell’autorità regionale o nazionale, il che significa che le decisioni in questi campi vanno prese dai parlamenti regionali o nazionali. A mio avviso, un’eventuale azione a livello comunitario significherebbe intervenire sulla sussidiarietà e spingersi pertanto troppo oltre.

 
  
MPphoto
 
 

  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto.(FR) è superfluo precisare che la protezione delle foreste rappresenta una questione ambientale chiave. Le foreste, se ben preservate, sono importanti serbatoi di carbonio e svolgono un ruolo essenziale nella lotta ai cambiamenti climatici. In caso contrario, se le foreste sono soggette a deforestazione intensiva, producono il 25 per cento di tutte le emissioni di CO2, un gas a effetto serra causato dall’attività umana. In altre parole, l’Unione europea, comprese Svezia e Finlandia, che insieme rappresentano il 33 per cento della superficie boschiva europea, e anche i paesi mediterranei, hanno tutto l’interesse a rafforzare la loro strategia per combattere le minacce per le foreste, quali l’inquinamento atmosferico e gli incendi boschivi.

A tale proposito, mi fa piacere che, come parte della votazione sul Libro verde intitolato “Preparare le foreste ai cambiamenti climatici”, sia stato adottato il paragrafo n. 38, che “esorta la Commissione a presentare una proposta legislativa per la prevenzione degli incendi boschivi” e prende in considerazione anche la possibilità, in particolare, “che i terreni su cui si è sviluppato un incendio siano soggetti a un divieto edilizio per almeno 30 anni”. Si tratta di una soluzione valida per contrastare la pratica diffusa di utilizzare gli incendi boschivi per promuovere gli interessi dei costruttori.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Si tratta di una relazione valida che contiene proposte condivisibili, tra cui il riconoscimento della tendenza generalmente positiva in termini di immagazzinamento del carbonio nelle foreste d’Europa, ma anche il fatto che tale immagazzinamento rimane comunque molto inferiore rispetto alla capacità naturale e che il settore forestale potrebbe diventare addirittura una fonte di emissioni di carbonio, a causa delle pressioni a cui è soggetto; tra le altre proposte vi è l’invito alla Commissione a presentare proposte che integrino il regolamento sul legno, così da garantire che tutto il legno e tutti i prodotti da esso derivanti immessi sul mercato dell’UE provengano da foreste gestite in maniera sostenibile; l’esortazione alla Commissione a esaminare le alternative di pagamento per i servizi ecosistemici, e a presentare una proposta legislativa per la prevenzione degli incendi boschivi che prenda in considerazione anche la possibilità che i terreni su cui si è sviluppato un incendio siano soggetti a un divieto edilizio per almeno 30 anni.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – Sono favorevole alla relazione in quanto le foreste, che coprono più del 42% della superficie dell’Unione europea, forniscono un sostentamento a molti di lavoratori e di imprese del settore silvicolo. È opportuno creare un quadro di orientamenti della Commissione, introdurre criteri di sostenibilità vincolanti, compresa l’obbligatorietà dei programmi forestali nazionali, formalizzare i pagamenti dei servizi ecosistemici, rafforzare le politiche di protezione delle foreste reintroducendo il regolamento sulla prevenzione degli incendi. Di particolare valore e d’impatto è stata l’approvazione dell’emendamento che impedisce la speculazione edilizia su terreni risultanti da incendi boschivi dolosi. In Italia esiste già tale norma che prevede il divieto di costruire distrutto da incendio doloso.

 
  
MPphoto
 
 

  Daciana Octavia Sârbu (S&D), per iscritto. (EN) Le foreste ci forniscono molti ecoservizi essenziali, che vanno dalla regolazione del ciclo idrico alla prevenzione dell’erosione del suolo e alla cattura del carbonio. I benefici ambientali ed economici offerti dalle foreste impongono una loro tutela urgente, continua e a lungo termine, un aspetto particolarmente importante nel contesto dei cambiamenti climatici, in termini sia di mitigazione, sia di adattamento. La relazione si occupa di un ampio spettro di questioni ed è il risultato di una mole ingente di lavoro e di trattative proficue con tutti i principali gruppi politici. Auspico sinceramente che la Commissione e gli Stati membri seguano le raccomandazioni costruttive da essa formulate.

 
  
MPphoto
 
 

  Dominique Vlasto (PPE), per iscritto. (FR) Accolgo con favore l’adozione di questa relazione sul Libro verde in materia di foreste presentato dalla Commissione. Le foreste fanno parte del nostro paesaggio e del nostro patrimonio e sono essenziali per il nostro benessere. In un periodo in cui le minacce si fanno sempre più gravi, per noi è indispensabile tutelare meglio queste risorse naturali eccezionali. Siamo di fatto tutti consapevoli delle conseguenze dei cambiamenti climatici sulle foreste, ma la nostra inerzia nell’individuare soluzioni appropriate mette seriamente a rischio la loro conservazione. è nostro dovere preservare questi ecosistemi fragili, questa biodiversità inestimabile e questo settore economico strategico. Mi rallegro pertanto del forte messaggio politico trasmesso in proposito dal Parlamento con la proclamazione dell’Anno internazionale delle foreste. Non possiamo adottare un approccio di attesa degli eventi nei confronti delle misure che devono essere adottate per adattarci ai cambiamenti climatici. Dobbiamo inoltre rafforzare la riserva tattica antincendio dell’UE, poiché in quest’area prevenire è importante tanto quanto reagire. Se vogliamo preservare le nostre foreste così come le conosciamo e le amiamo, dobbiamo essere in prima linea nella lotta per assicurare una gestione sostenibile delle aree boschive e proteggerle dalle minacce che incombono su di esse.

 
  
  

Relazione Albertini (A7-0168/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Voto a favore della proposta, poiché la relazione ha adottato un approccio equilibrato tra le questioni più importanti per l’organizzazione e le attività del servizio europeo per l’azione esterna e le aree chiave della politica di sicurezza e difesa. Tale equilibrio è stato raggiunto mediante la cooperazione militare e civile sulla risoluzione delle interazioni UE-NATO. Ritengo che gli emendamenti proposti, presentati dal gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e democratici al Parlamento europeo e adottati in sede di commissione contribuiscano a una definizione più completa, che comprende la libertà di religione e un ampliamento dell’elenco delle minoranze bisognose di tutela internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della risoluzione sulla relazione annuale del PE in materia di PESC. Presenta una panoramica del ruolo strategico che l’UE dovrebbe ricoprire al di fuori dei propri confini, in particolare per quanto riguarda il contributo allo sviluppo della democrazia e al rispetto dei diritti umani. Nell’ambito di tale risoluzione, il Parlamento europeo ribadisce le proprie prerogative: soggetto chiave e detentore della funzione di controllo di gestione e di bilancio delle missioni civili e militari europee. Noi, deputati del Parlamento europeo, abbiamo nuovamente sottolineato il nostro obiettivo precipuo di un Parlamento forte e risoluto in politica estera, soprattutto alla luce delle disposizioni del trattato di Lisbona. Altrettanto importante è la questione europea del multilateralismo e l’esigenza di essere sempre ben rappresentati nei diversi contesti strategici, sfruttando in particolar modo il nuovo SEAE, il corpo diplomatico europeo che è finalmente diventato realtà.

 
  
MPphoto
 
 

  Charalampos Angourakis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Le relazioni sulla PESC dell’UE e sul suo ruolo sul palcoscenico mondiale, appoggiate dalla coalizione più importante dei rappresentanti politici del capitale al Parlamento europeo, vale a dire i conservatori, i socialdemocratici e i liberali, illustrano il suo carattere acutamente reazionario e il suo ruolo antipopolare. Non dobbiamo inoltre dimenticare che il Parlamento europeo ha avallato una risoluzione che lo pone in prima linea nel tentativo di legalizzare il conflitto armato promosso contro la Libia dall’UE, dagli USA e dalla NATO, al fine di saccheggiare le risorse proficue di quel paese e controllarne l’evoluzione degli eventi nell’intera regione, nel bel mezzo di gravi lotte intestine di matrice imperialista. I rappresentanti politici della classe borghese del Parlamento europeo esigono il rafforzamento del carattere imperialista dell’UE, una sua ulteriore militarizzazione e lo sviluppo delle sue capacità militari e di quelle dell’esercito europeo, soprattutto i battlegroup (gruppi tattici armati) “flessibili” e le forze di reazione rapida, quali quelle che si stanno preparando alle operazioni di terra in Libia nell’ambito di EUFOR Libya, nelle quali la Grecia è pesantemente coinvolta quale leader del gruppo tattico dei Balcani. Promuovono l’alleanza strategica tra l’UE e la NATO ed elaborano piani di interventi e guerre imperialiste dell’UE in tutti gli angoli del pianeta col pretesto della “gestione delle crisi”, degli “aiuti umanitari” e della “lotta al terrorismo”, in cui la priorità viene data alla conquista di posizioni nelle lotte intestine tra gli imperialisti che infiammano il Nordafrica e il Medio Oriente in generale.

 
  
MPphoto
 
 

  Liam Aylward (ALDE), per iscritto. (EN) Ho votato contro le misure proposte nella relazione concernenti l’accordo di libero scambio con il blocco del Mercosur. Tale accordo rischia di compromettere seriamente l’agricoltura europea e il lavoro svolto dagli agricoltori europei per fornire al pubblico prodotti e alimenti sicuri e di alta qualità. Soddisfare anche solo una parte delle pretese avanzate da Mercosur significherebbe pregiudicare totalmente la produzione irlandese di carni bovine. Si stima che un accordo UE/Mercosur potrebbe abbassare i prezzi della carne bovina irlandese del 30 per cento che, considerando soltanto l’Irlanda, si tradurrebbe in perdite dell’ordine dei 500 milioni di euro. Il settore agroalimentare irlandese rappresenta il 60 per cento delle esportazioni delle società detenute da irlandesi, con un valore di 8 miliardi di euro l’anno e l’impiego di 250 000 lavoratori. Tale accordo si tradurrebbe nella cancellazione di innumerevoli posti di lavoro in agricoltura e nell’industria, in tutte le aree rurali dell’Irlanda e dell’UE nel suo complesso.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione. Il trattato di Lisbona ha conferito all’UE poteri importanti, con i quali la stessa dovrebbe portare avanti i propri obiettivi di politica estera e difendere i propri interessi a livello mondiale, allo scopo generale di contribuire alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà, alla prevenzione dei conflitti, alla promozione della democrazia, alla protezione dei diritti umani, al rispetto del diritto internazionale, eccetera. L’UE deve inoltre agire in maniera più strategica per far sentire la propria voce a livello internazionale. La capacità dell’UE di influenzare l’assetto internazionale dipende non solo dalla coerenza tra le sue politiche, i suoi organi e le sue istituzioni, ma anche da un concetto strategico di politica estera comunitaria che deve riunire tutti gli Stati membri in difesa del medesimo insieme di principi e obiettivi, di modo che possano parlare a una voce e farsi sentire sul palcoscenico internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Slavi Binev (NI), per iscritto. (BG) Oltre a voler esprimere il mio sostegno alla relazione annuale del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), una delle politiche chiave dell’Unione europea, desidero anche manifestare il mio appoggio alla politica condotta attualmente dall’Unione europea a livello globale. La nostra adozione di questa relazione annuale testimonia la posizione e il ruolo forte dell’Unione europea nel campo delle relazioni internazionali.

 
  
MPphoto
 
 

  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – La relazione Albertini contiene spunti condivisibili, ma c’è un problema di fondo. L’impostazione di base è quella per cui progressivamente l’UE dovrebbe ottenere una posizione preminente, nel campo della politica estera e di difesa, rispetto ai singoli governi nazionali. Questo significa che gli Stati Membri dovrebbero cedere ulteriori rilevanti quote di sovranità nella politica estera a favore degli organi comunitari, incaricati di pervenire ad una posizione comune da rappresentare nel consesso internazionale e in tutti i fori multilaterali. Non posso essere d’accordo con questa prospettiva: gli Stati Membri non potrebbero più definire una loro politica estera in base a interessi nazionali ritenuti prioritari.

Siamo d’accordo che l’UE deve sforzarsi, in determinati ambiti, di parlare con una sola voce per avere più forza, sul piano globale, e rappresentare le istanze comuni a tutti gli Stati Membri; ma questo non può avvenire a scapito dell’autonomia degli Stati nella formulazione della loro politica estera. Inoltre, la relazione invita l’UE a riprendere con decisione la strada dell’adesione della Turchia all’Europa, punto su cui tradizionalmente non mi trovo affatto d’accordo. La Turchia deve restare fuori dalla nostra organizzazione, non è e non sarà mai Europa. Il mio voto alla relazione è contrario.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, in quanto la relazione annuale del Consiglio fornisce una panoramica coerente dell’orientamento e delle azioni della politica estera e di sicurezza comune (PESC). è molto importante che il Consiglio continui a concentrarsi soprattutto sui conflitti regionali e a reagire agli stessi con tempestività. Tuttavia, la relazione del Consiglio non contiene alcun approccio di sorta per la soluzione di tali conflitti e questioni. Il Consiglio dovrebbe adoperarsi affinché la relazione sia qualcosa in più di un semplice catalogo di eventi e sviluppi paese per paese. Pertanto, il documento dovrebbe anche affrontare la questione dell’attuazione e salvaguardia della politica estera e degli strumenti comunitari. Inoltre, il Consiglio dovrebbe anche inserire nella relazione valutazioni sul coordinamento e la coerenza tra la PESC e altre politiche esterne dell’Unione, nonché raccomandazioni strategiche e organizzative per il futuro sulla base della valutazione delle azioni promosse dalla PESC. Mi preme richiamare l’attenzione sul fatto che la relazione annuale sulla PESC dovrebbe rappresentare uno strumento di dialogo interistituzionale rafforzato al fine di valutare l’efficacia e delineare l’orientamento futuro di questa politica.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore la relazione annuale del Consiglio e gli sforzi compiuti per sviluppare una politica estera europea. Considero estremamente importante adottare una posizione in sintonia con le politiche estere degli Stati membri, poiché tale coesione porterà alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà e alla prevenzione dei conflitti a livello internazionale. Inoltre, contribuirà allo sviluppo sostenibile e rafforzerà la capacità dell’UE di influire sull’assetto internazionale. Esorto pertanto a proseguire il lavoro già in corso per formare un fronte unito che migliorerà i rapporti tra l’Europa e altre potenze mondiali, promuoverà una risposta più efficace in situazioni di crisi internazionale, e consoliderà la posizione dell’Europa sulla scena internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Christine De Veyrac (PPE), per iscritto.(FR) Mi sono espressa a sfavore del paragrafo 85 della relazione Albertini, che plaude alla ripresa dei negoziati su un accordo di associazione con Mercosur. Tale accordo, teso a promuovere il libero commercio, dovrebbe essere stipulato con grande cautela, in modo da non destabilizzare ulteriormente l’agricoltura comunitaria. I prodotti Mercosur non sono soggetti alle medesime norme ambientali e sociali in vigore per le loro controparti europee – condizioni che presuppongono un rischio effettivo di concorrenza sleale. Dobbiamo accertarci di evitare tale situazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto.(PT) Ho votato a favore della relazione, in quanto la relazione annuale delle politiche e azioni della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’UE e contribuisce a rafforzare il dialogo interistituzionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La relazione di quest’anno presenta una struttura simile a quella relativa alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) del 2009. Vi è una sezione speciale dedicata all’attuazione del trattato di Lisbona. Come accadeva già in precedenza, viene richiesto un dialogo più approfondito col Consiglio sugli obiettivi primari della PESC.

Mi associo all’enfasi posta dal relatore sulla necessità di passare da una semplice descrizione delle attività della PESC a un dialogo con un approccio strategico. Il relatore esorta inoltre il Consiglio a tener conto delle posizioni del Parlamento al momento di prendere delle decisioni.

Ritengo che sia necessario soffermarsi ulteriormente sul quadro strategico della politica estera comunitaria, così come approfondire la conoscenza dell’ambito di applicazione della PESC e dei meccanismi della sua costituzione, che dovrebbero essere a disposizione dei vari soggetti politici. Il numero elevato di emendamenti presentati denota l’interesse crescente degli europarlamentari per tali questioni.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE) , per iscritto. – (PT) La relazione riguarda la relazione annuale 2009 del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), presentata al Parlamento europeo in applicazione della parte II, sezione G, punto 43, dell’Accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 [2010/2124(INI)]. Si tratta di una relazione che si basa sul nuovo quadro interistituzionale istituito dal trattato di Lisbona e, in funzione della sua ristrutturazione, presenta con maggiore trasparenza la PESC comunitaria. Esamina la situazione in varie parti del mondo le cui regioni e paesi sono in crisi, come i Balcani occidentali, i paesi che confinano con l’Europa orientale, l’Asia centrale, la Russia, la Turchia, il Medio Oriente, la regione mediterranea, l’Asia, l’Africa e l’America Latina. Pur riconoscendo che il testo potrebbe essere migliorato, in particolare illustrando gli eventi paese per paese, descrivendo i mezzi necessari per conseguire gli obiettivi di politica estera comunitaria e fornendo una valutazione più qualitativa di tale politica, comprese raccomandazioni strategiche e organizzative per il futuro, accolgo con favore l’elaborazione di tale relazione e auspico che l’UE continui a sviluppare un multilateralismo efficace, uno dei punti salienti degli interessi geostrategici dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo davanti l’ennesima relazione a sostegno dello sviluppo della politica estera, di sicurezza e di difesa comune dell’Unione europea. Le argomentazioni vengono qui ripetute in maniera fastidiosa. Pertanto, ribadiamo la nostra opposizione a tale documento per le seguenti ragioni: stiamo parlando della difesa, con vari mezzi che vanno dal dispiegamento di forze militari ai canali diplomatici, degli interessi economici e geostrategici delle potenze europee, in collaborazione con gli Stati Uniti e con l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO). Non dobbiamo dimenticare i precedenti di tali istituzioni e le loro tragiche conseguenze: Iraq, Afghanistan, i Balcani e la Libia, e altri paesi anch’essi presenti nell’elenco.

La cooperazione per lo sviluppo e la politica degli aiuti, che, nell’attuale contesto internazionale, dovrebbero costituire uno dei pilastri primari, se non il principale in assoluto, di una politica estera e di sicurezza, vengono relegati a un ruolo estremamente secondario.

Si riscontra inoltre la classica, fastidiosa posizione ipocrita a difesa degli interessi economici dei produttori di armi europei, che hanno realizzato profitti milionari vendendo armi a dittatori che le hanno poi utilizzate per massacrare sia il loro popolo sia quello degli Stati vicini. Queste e altre questioni non stanno ancora ricevendo la risposta che meritano, vale a dire la necessaria correzione delle politiche a loro sostegno.

Altri fattori che vorremmo denunciare sono il sostegno offerto alla politica israeliana di aggressione e occupazione e a quella di non conformità alle risoluzioni delle Nazioni Unite perpetrata da Israele e da altri paesi quali il Marocco.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Abbiamo davanti agli occhi l’ennesima relazione che non fa altro che riaffermare il proprio sostegno a favore dello sviluppo della politica estera, di sicurezza e di difesa comune dell’Unione europea. Si tratta essenzialmente di politiche a difesa degli interessi economici e geostrategici delle potenze europee, sempre più allineate agli Stati Uniti e all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), e nelle quali la cooperazione per lo sviluppo e gli aiuti passano in secondo piano. I risultati di ciò sono decisamente catastrofici, come testimoniato dai casi dell’Afghanistan, della Palestina, dell’Iraq, della Libia e di altri paesi.

Riscontriamo inoltre la prevalenza di una politica dei due pesi e delle due misure, a tutela degli interessi economici dei produttori di armi europei, che hanno realizzato profitti milionari vendendo armi a dittatori che le hanno poi utilizzate per massacrare sia il loro popolo sia quello degli Stati vicini.

Pertanto, alcune delle questioni primarie che emergono dalla discussione rimangono senza risposta: i traffici di armi, le politiche espansioniste e guerrafondaie di Israele e l’inadempimento sistematico delle risoluzioni delle Nazioni Unite in merito al Sahara occidentale e alla Palestina.

Per questo abbiamo votato contro.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La relazione è stata adottata dalla commissione per gli affari esteri con una maggioranza schiacciante. Ha adottato un approccio equilibrato tra le questioni più impellenti riguardanti l’organizzazione e le attività del servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), e le aree chiave della politica estera e di sicurezza comune (PESC), quali la promozione dei valori della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto, la promozione della parità di genere e della sicurezza energetica, la situazione in Iraq e Afghanistan, la risposta comunitaria ai cambiamenti democratici nella regione del Mediterraneo meridionale, e le relazioni con paesi di rilievo quali Russia, Cina, Giappone e India. La relazione crea un equilibrio tra la cooperazione civile/militare nella risoluzione delle crisi e le interazioni UE-NATO: da una parte, evita di relegare l’UE alle mere questioni di carattere commerciale, di sviluppo e umanitario, la rotta seguita dal gruppo ECR e, dall’altra, respinge l’insistenza con cui il gruppo GUE/NGL persegue l’esclusione di qualsiasi componente militare dalla PESC.

 
  
MPphoto
 
 

  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – Gentile Presidente, onorevoli colleghi, la proposta del collega Albertini non può trovare il mio voto favorevole perché ci sono troppi punti, sui quali non possiamo essere d’accordo. Uno di questi è quello che prevede la coerenza di politica estera dell’Unione Europea. Concetto impeccabile ma che, vista la crisi del nord-Africa di quest’anno e la crisi libica in atto dimostra come questo non sia possibile. Troppi i distinguo fatti da Paesi diversi dell’UE. Un altro punto sul quale poi non possiamo essere d’accordo è l’invito ad aumentare gli sforzi per l’entrata in Europa della Turchia. Per questo il mio voto sarà contrario.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto.(FR) Nel 2009, la decisione veramente cruciale presa nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) è stata la nomina dell’Alto rappresentante. Va detto che non si è rivelata la migliore delle decisioni. è emerso con chiarezza che Lady Ashton è più adatta a rilasciare comunicati stampa moraleggianti e a fare la parte della dama caritatevole che non a gestire le questioni diplomatiche di cui vorreste che si occupasse per conto dei 27 Stati membri. Grazie alla baronessa, l’Unione europea è stata assente, è intervenuta fuori tempo o si è mossa controcorrente, in tutti gli eventi chiave. Tuttavia, come solitamente accade in momenti di crisi, un gruppo ristretto di Stati ha preso l’iniziativa – nel bene e nel male – si è organizzato ed è intervenuto. Gli altri si sono accodati o si sono lamentati quando sono stati costretti a esprimere un parere.

In realtà, la politica estera dell’Unione consiste sostanzialmente nella distribuzione di fondi e nel la pratica del commercio, secondo modalità spesso in contraddizione con i principi politici da essa professati. E tutto ciò è logico: la diplomazia è una questione di sovranità nazionale. è il prodotto della storia, delle risorse e degli interessi economici o geopolitici di ogni singolo Stato. Gli interessi dell’Unione non sono né una sintesi, né un ampliamento di quelli degli Stati membri. Sono propri dell’Unione stessa e sono spesso in conflitto con gli interessi nazionali. è del tutto irragionevole che tali interessi siano prioritari rispetto a quelli nazionali.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho appoggiato tale documento in quanto è volto ad assicurare la coerenza tra i sistemi di difesa nazionale e quelli comunitari, nonché a coordinare le strategie con i soggetti globali più importanti, quali Stati Uniti, Russia, Cina, Turchia e paesi arabi. Sottolinea l’esigenza e la volontà di promuovere una moratoria sulle esecuzioni. Inoltre, precisa orientamenti e obiettivi in cooperazione con altri paesi. L’interesse strategico precipuo dell’Unione dovrebbe essere un multilateralismo efficace e, in tale contesto, l’Unione dovrebbe ricoprire un ruolo primario nella cooperazione internazionale, sostenere le istituzioni internazionali, agevolare il consenso internazionale e promuovere interventi globali. Vi è l’esigenza impellente di occuparsi di questioni globali che suscitano l’interesse di tutti i cittadini comunitari, quali la lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, alle pandemie e ai cambiamenti climatici, la cibersicurezza, assicurare il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio e l’eliminazione della povertà, garantire la sicurezza energetica, la non proliferazione di armi di distruzione di massa, la risoluzione pacifica dei conflitti e il disarmo, la gestione dei flussi migratori e la promozione dei diritti umani e delle libertà civili; inoltre, si richiama l’attenzione sulla necessità di migliorare il controllo dei fondi comunitari in linea con la relazione speciale della Corte dei conti n. 15/2009. La relazione esprime il parere che l’UE debba cogliere l’occasione di adottare il nuovo concetto strategico della NATO al fine di rafforzare sostanzialmente il proprio partenariato con la medesima e, al contempo, sviluppare le politiche estera, di sicurezza e di difesa comunitarie. Ritengo che vada instaurato un rapporto organizzazione per organizzazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Krzysztof Lisek (PPE), per iscritto.(PL) Mi sono espresso a favore dell’adozione della relazione annuale sugli aspetti principali della politica estera e di sicurezza comune (PESC) nel 2009. Si tratta di un documento ben scritto e dall’importanza cruciale, che esamina nel dettaglio gli aspetti della politica estera e di sicurezza comune. Mi rallegra soprattutto constatare che la relazione comprende l’emendamento da me presentato sulla Georgia. Il mio obiettivo era sottolineare l’importanza dell’esercitare pressioni politiche costanti e coerenti sulla Russia affinché vengano attuate tutte le disposizioni dell’accordo del 2008, in particolare l’autorizzazione della missione di controllo dell’Unione europea (UEMM) a entrare nei territori occupati. Mi auguro che la baronessa Ashton, l’Alto rappresentante, tenga conto delle nostre raccomandazioni.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione e sono del parere che, per essere coerente con i valori stessi dell’UE, la politica estera e l’azione esterna dell’UE debbano dare priorità alla promozione della democrazia e dello Stato di diritto, della buona governance e di società eque, dal momento che una società democratica basata sulle regole costituisce la base per il rispetto dei diritti umani e per rafforzare la stabilità. Insistendo sul fatto che i diritti umani devono essere rigorosamente inseriti nella politica estera dell’UE, sono del parere che la nuova struttura istituzionale dell’UE, con particolare riferimento al SEAE e al suo dipartimento specifico, offra l’opportunità di rafforzare la coerenza e l’efficacia dell’Unione in questo ambito; invito il VP/AR a promuovere attivamente, attraverso le relazioni bilaterali con i paesi terzi e una partecipazione attiva nelle sedi internazionali, l’impegno dei paesi terzi in materia di rispetto dei diritti umani, a condannare gli abusi dei diritti umani e a non astenersi dall’adottare provvedimenti adeguati in caso di violazione di tali diritti; considerate le crescenti gravi violazioni della libertà di opinione, invito la Commissione a effettuare un’approfondita valutazione e ad integrare tale libertà nella politica UE in materia di diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  Mario Mauro (PPE), per iscritto. – La relazione Albertini, sulla relazione annuale 2009 del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), rappresenta un crocevia importante per il futuro della politica estera dell’Unione. Serve davvero che il Parlamento si esprima unanime chiedendo al Consiglio di non limitare l’ambito della relazione annuale sulla PESC ad una mera descrizione delle attività della stessa ma, come è giustamente riportato nella relazione, “a farne uno strumento politico orientato all’elaborazione di soluzioni”. Dobbiamo inoltre sottolineare che “la relazione dovrebbe fornire più di un semplice elenco di eventi e sviluppi in base al paese e dovrebbe altresì affrontare la questione dell’efficacia della politica estera UE e dei mezzi necessari per perseguire gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione”.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’UE dovrebbe sviluppare ulteriormente i suoi obiettivi di politica estera e promuovere i suoi valori e interessi su scala mondiale con il fine generale di contribuire alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà, alla prevenzione dei conflitti, alla promozione della democrazia, alla tutela dei diritti umani, alla parità di genere, al rispetto del diritto internazionale, al sostegno alle istituzioni internazionali, ad un efficace multilateralismo, al rispetto reciproco tra le nazioni, allo sviluppo sostenibile, al commercio libero ed equo e all’eradicazione della povertà. Tali obiettivi si tradurranno in realtà solamente in presenza di una politica estera e di sicurezza comune (PESC) efficace e condivisa da tutti gli Stati membri dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Michel (ALDE), per iscritto.(FR) Come sapete, sono un acceso sostenitore dell’adesione della Turchia all’UE. Sono altresì convinto che l’Europa beneficerebbe di tale adesione almeno tanto quanto la Turchia. La Turchia ha la fortuna di essere ubicata all’incrocio tra due mondi, a cavallo tra l’occidente europeo e l’Asia. Jacques Chirac ha dichiarato che l’Unione europea e la Turchia hanno un “destino condiviso”. L’adesione della Turchia dimostrerebbe che tra oriente e occidente è possibile instaurare un dialogo costruttivo, conciliatore, innovativo e creativo. Dopo tutto, l’Europa ospita già tra i 15 e i 20 milioni di musulmani. La Turchia è membro fondatore del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), è membro dell’Organizzazione del Trattato del Nord atlantico (NATO) e dell’Unione europea occidentale (UEO). è appena stata eletta membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Infine, il fatto che faccia parte del G20 testimonia l’importanza del paese e il ruolo geostrategico che potrebbe ricoprire nell’alleanza delle nazioni. Dobbiamo ripristinare la fiducia tra i nostri governi e realizzare le speranze espresse dalla popolazione e dai giovani. Negli anni a venire, dobbiamo adoperarci per accogliere la Turchia nella famiglia europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) La relazione è stata adottata dalla commissione per gli affari esteri con una maggioranza schiacciante, e anch’io ho votato a favore. Ha adottato un approccio equilibrato tra le questioni più impellenti riguardanti l’organizzazione e le attività del servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), e le aree chiave della politica estera e di sicurezza comune (PESC), quali la promozione dei valori della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto, la promozione della parità di genere e della sicurezza energetica, la situazione in Iraq e Afghanistan, la risposta comunitaria ai cambiamenti democratici nella regione del Mediterraneo meridionale, e le relazioni con paesi di rilievo quali Russia, Cina, Giappone e India.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. (DE) Sono un sostenitore della politica estera e di sicurezza comune europea, ove il termine “europea” riveste un’importanza fondamentale. L’Europa deve sganciarsi dagli USA per quanto riguarda non solo la sua economia, ma anche la politica estera. Deve diventare più autonoma, per essere considerata in tutto il mondo un soggetto forte e indipendente. Tuttavia, non abbiamo ancora visto alcun segnale che punti in questa direzione. Al contrario, questa relazione sostiene e salvaguarda i legami con gli USA, in particolare tramite la NATO. Alcuni ritengono addirittura che tali legami andrebbero rafforzati, il che avrebbe un impatto estremamente controproducente sul futuro dell’UE e renderebbe difficile l’accordo su un approccio o atteggiamento europeo comune nei confronti di questioni importanti, come dimostrato dalla crisi in Libia. Per tale ragione, ho votato contro la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) La politica estera comunitaria ha conosciuto uno sviluppo importante in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona. L’UE ha bisogno di una strategia coerente per la politica estera, basata sugli obiettivi e principi sanciti dall’articolo 21 del Trattato che istituisce l’Unione europea (TUE). L’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: “democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale”.

Ho votato a favore della relazione sulla relazione annuale 2009 del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC), in quanto condivido la maggior parte della osservazioni espresse dal Parlamento. Mi preme sottolineare il fatto che la relazione non propone eventuali approcci per risolvere i conflitti e le questioni da essa presentate in maniera così trasparente. Alla luce di ciò, mi associo alla richiesta del relatore che il Consiglio non riduca la relazione a una semplice descrizione delle attività di tale politica, ma la trasformi invece in uno strumento incentrato sulle soluzioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della risoluzione per il fatto che la relazione annuale 2009 del Consiglio sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) – di cui elogio la trasparenza – sottolinea l’importanza del fatto che l’Unione europea sviluppi ulteriormente i suoi obiettivi di politica estera e promuovere i suoi valori e interessi su scala mondiale con il fine generale di contribuire alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà, alla prevenzione dei conflitti, alla promozione della democrazia, alla tutela dei diritti umani, alla parità di genere, al rispetto del diritto internazionale, al sostegno alle istituzioni internazionali, ad un efficace multilateralismo e al rispetto reciproco tra le nazioni, allo sviluppo sostenibile, al commercio libero ed equo e all’eradicazione della povertà.

 
  
MPphoto
 
 

  Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto. (ES) Abbiamo sul tavolo la relazione annuale sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC), relativa stavolta al 2009. Il mio voto a favore si basa sulla saggezza di tale relazione, che non solo tiene conto delle innovazioni introdotte dal trattato di Lisbona in materia di politica estera e sicurezza, ma chiede un coordinamento maggiore tra il servizio europeo per l’azione esterna, di recente istituzione, gli Stati membri e la Commissione. L’UE deve affermarsi quale soggetto forte e credibile sulla scena internazionale e, a tal fine, dobbiamo trasmettere un messaggio inequivocabile in difesa dei nostri valori, quali democrazia e diritti umani, nelle nostre relazioni estere, ma anche nel perseguimento dei nostri interessi, quali quelli connessi alla sicurezza energetica.

I termini valori e interessi devono essere compatibili e non escludersi a vicenda nella nostra azione esterna. Da un punto di vista socialista, le raccomandazioni tematiche e geografiche della relazione soddisfano le nostre principali richieste. Ritengo che abbia espresso un concetto di relazioni transatlantiche corretto, in particolare tra UE e NATO, e abbia sottolineato giustamente la necessità di una cooperazione civile e militare nella gestione delle crisi.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sono stati adottati tre dei nostri sei emendamenti: quello che postulava linee di bilancio separate per le missioni di politica di sicurezza e di difesa comune, quello che esortava il Consiglio e la Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a ripristinare l’equilibrio tra le capacità di pianificazione civili e militari, e quello sull’urgenza di trattare le questioni relative alla gestione delle acque in Asia centrale. Per quel che riguarda la Siria, è stato adottato l’emendamento del gruppo S&D, e di conseguenza è venuto meno il nostro emendamento che chiedeva le dimissioni di Assad. Alla fine, la relazione è stata adottata con una maggioranza schiacciante.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. – La relazione pone l’accento sul ruolo guida dell’Unione europea quale attore globale efficace sulla scena internazionale. Per farlo sono necessarie un’azione esterna più strategica e una politica estera unica che unisca tutti gli Stati. Mi sembra un’utopia all’alba dei continui fatti in Medio Oriente e nei Paesi del Mediterraneo. Ho espresso voto contrario in quanto la relazione vuole limitare il potere nazionale, creando nuove agenzie e affrontando nuove operazioni militari, il che implicherebbe un incremento della spesa, e intende inoltre dare un maggiore impulso ai negoziati di adesione della Turchia.

 
  
MPphoto
 
 

  Viktor Uspaskich (ALDE), per iscritto. (LT) Questo mese la Lituania festeggia il settimo anniversario dell’adesione all’UE. Quando abbiamo aderito all’Unione, la maggioranza dei lituani sognava la democrazia e quello che avrebbe loro potuto offrire l’Europa. Purtroppo, a distanza di sette anni, sono state soddisfatte ben poche di queste aspettative, sia in Lituania sia a livello europeo. Una di queste è la politica estera. Recentemente alcuni leader europei hanno festeggiato troppo affrettatamente il trionfo della democrazia e la caduta dei dittatori nel mondo arabo – una vittoria dei valori europei. Purtroppo, siamo ben lontani dalla realtà. Gli sforzi dell’UE per consolidare la politica estera non sono stati propriamente coronati dal successo.

Il trattato di Lisbona avrebbe dovuto aiutare l’Europa a esprimersi a una sola voce in materia di politica estera, ma la scorsa settimana abbiamo avuto un’ulteriore dimostrazione dell’assenza di coesione nella politica estera comunitaria: dopo l’uccisione di Osama bin Laden avvenuta lo scorso lunedì, i capi di Stato dell’UE hanno rilasciato ben cinque dichiarazioni diverse nell’arco di 24 ore. Se l’Europa vuole continuare a essere considerata un attore serio sulla scena mondiale, dobbiamo parlare a una voce. L’UE deve inoltre scegliere con cura le proprie priorità in tema di politica estera: concentrarsi sulla situazione meridionale trascurando le frontiere orientali non è una politica sostenibile.

 
  
MPphoto
 
 

  Dominique Vlasto (PPE), per iscritto.(FR) L’UE deve definire la filosofia di fondo della sua politica estera e di sicurezza comune (PESC) alla luce dell’instabilità globale crescente. Mi rallegro che la relazione abbia posto l’accento sull’esigenza di coinvolgere il Parlamento nel processo. In veste di rappresentanti degli interessi dei cittadini europei, dobbiamo contribuire a definire una politica europea di difesa. Gli obiettivi fondamentali dell’Unione europea comprendono la difesa della pace, dei diritti dell’uomo e della democrazia. La promozione dei nostri valori deve basarsi su un’azione esterna ambiziosa e sulla strategia diplomatica. Il trattato di Lisbona ha dato una voce all’Unione attraverso l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione. La nostra PESC non può tollerare divisioni. Questa votazione rappresenta pertanto un appello a favore di un maggiore coordinamento tra tutte le istituzioni: il servizio europeo per l’azione esterna, la Commissione europea, gli Stati membri e, naturalmente, il Parlamento europeo. In un mondo che cambia, la nostra Unione dev’essere qualcosa di più di una semplice unione economica. Abbiamo il dovere storico di convertirla in un’unione politica. La PESC dovrebbe essere uno dei mezzi per il conseguimento di tale fine. è questo il messaggio che il Parlamento voleva trasmettere, e io condivido tale posizione.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Ho votato per la relazione. Per rafforzare l’influenza dell’UE a livello globale e pertanto, indirettamente, l’influenza dei singoli Stati membri, ci occorrono la lucidità e la determinazione di garantire una maggiore cooperazione e coordinamento tra i diversi livelli. Non dobbiamo creare ostacoli non necessari al servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e dobbiamo invece consentirgli di perseguire i propri principi fondatori. Ho anche votato a favore dell’emendamento che chiede contemporaneamente alla baronessa Ashton di sfruttare appieno tutti i suoi poteri. Ci occorre l’impegno di entrambe le parti per garantire la buona riuscita del SEAE. In qualità di membro della commissione per i bilanci e di sostenitrice della maggior trasparenza possibile, ho ovviamente votato a favore anche dell’emendamento che propone linee di bilancio separate per ciascuna missione.

 
  
  

Relazione Gualtieri (A7-0166/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. – (PT) Appoggio la proposta e raccomando l’adozione di misure per ovviare alle difficoltà di reperimento di professionisti per le missioni civili, che rappresentano la tipologia d’intervento più impiegata. Nel quadro del "gender mainstreaming", in linea con la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) 1325 e per una maggiore efficacia delle missioni civili e militari, raccomando di coinvolgere adeguatamente il personale femminile a tutti i livelli della gestione delle crisi; sottolineo la necessità di includere le donne nelle posizioni decisionali più ad alto livello, di organizzare consultazioni periodiche con la società civile, nonché di rafforzare la capacità di operare sulle questioni di genere nell’ambito delle missioni. Esorto ad istituire adeguate procedure di denuncia nel contesto delle missioni PSDC, e sollecito Lady Ashton a includere una relazione dettagliata sulle donne, la pace e la sicurezza nella relazione di valutazione semestrale delle missioni PSDC. Reputo che ciò permetterebbe di valorizzare il ritorno di esperienza dal punto di vista politico-strategico e tecnico, giuridico ed operativo e, nel lungo periodo, di fornire una base per migliorare gli interventi in corso e avere criteri da applicare alle crisi emergenti bilanciando al meglio interessi strategici e risorse disponibili.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (EN) Mi sono espressa a favore della risoluzione sullo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. è importante sottolineare che la nuova PSDC introdotta dal trattato di Lisbona prevede una ferma dichiarazione politica dell’intenzione dell’Unione di agire in quanto forza stabilizzatrice a livello mondiale. Sono del parere che l’austerità economica attuale e le disposizioni del trattato di Lisbona possano aiutare gli Stati membri a spendere in modo più intelligente per la difesa, e a mettere in comune e condividere una parte più ampia delle loro capacità, dei loro bilanci e delle loro necessità in materia di difesa, garantendo nel contempo più sicurezza ai loro cittadini, benché la realtà dei fatti sia che la crisi economica e finanziaria intacca i bilanci nazionali per la difesa comunitaria, i programmi e l’organizzazione delle forze e pertanto, più di un anno dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, non si intravedono ancora segnali chiari di un approccio comunitario olistico post-Lisbona che consenta di superare le barriere procedurali e istituzionali tradizionali. Pertanto, è importante che gli Stati membri individuino i mezzi adeguati per attuare la PSDC, in quanto il trattato di Lisbona fornisce un quadro per rafforzare la cooperazione in materia di difesa e, al contempo, conseguire economie di scala, mantener una rilevanza strategica e garantire la sicurezza ai cittadini dell’Unione.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) In un’epoca di crisi economica e finanziaria, l’Unione europea è chiamata a rafforzare la sua autonomia strategica per sostenere i suoi valori, perseguire i suoi interessi e proteggere i suoi cittadini attraverso lo sviluppo di una visione condivisa delle principali sfide e minacce e l’allineamento delle sue capacità allo scopo di farvi fronte in modo adeguato. Ritengo che le nuove disposizioni in materia di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) introdotte dal trattato di Lisbona prevedano una ferma dichiarazione politica dell’intenzione dell’Unione di agire in quanto forza stabilizzatrice a livello mondiale. Forniscono un quadro giuridico chiaro per il rafforzamento delle sue capacità di mettere in atto la sua politica estera e di sicurezza attraverso un approccio globale che include il ricorso a tutti gli strumenti di cui l’Unione e i suoi Stati membri dispongono, per prevenire e gestire crisi e conflitti, e per instaurare una pace duratura. Ho votato a favore della relazione.

Credo che l’Unione europea necessiti di una politica di sicurezza e di difesa forte ed efficace, per prevenire i conflitti, proteggere la sicurezza dei suoi cittadini e riaffermare i propri valori di base, offrendo il proprio contributo al sostegno del diritto internazionale, la promozione del rispetto dei diritti umani e dei valori democratici in tutto il mondo.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D) , per iscritto. – (LT) Il sistema internazionale sta subendo cambiamenti rapidi e profondi, determinati dal trasferimento di poteri ad attori internazionali emergenti e da una crescente interdipendenza dinanzi a sfide che riguardano i problemi economici e finanziari, il deterioramento ambientale e il cambiamento climatico, l’energia e la scarsità delle risorse, e la sicurezza integrata. Ho espresso il mio plauso a quest’importante relazione. In un contesto globale turbolento e in un’epoca di crisi economica e finanziaria, l’Unione europea è chiamata a rafforzare la sua autonomia strategica per sostenere i suoi valori, perseguire i suoi interessi e proteggere i suoi cittadini attraverso lo sviluppo di una visione condivisa delle principali sfide e minacce e l’allineamento delle sue capacità allo scopo di farvi fronte in modo adeguato, contribuendo in tal modo a preservare la pace su scala internazionale e la sicurezza globale.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Băsescu (PPE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione, in quanto compie un passo importante verso l’attuazione del trattato di Lisbona. Gli emendamenti proposti nel documento miglioreranno la flessibilità delle capacità militari europee. Mi preme precisare in questa sede che la diversificazione delle minacce a livello globale presuppone un adeguamento della politica di sicurezza e di difesa comune. I ciberattacchi, i flussi migratori clandestini e il terrorismo sono solo qualche esempio di tali minacce. Di fatto, l’Unione è diventata un bersaglio favorito della criminalità internazionale. Vorrei inoltre sottolineare l’entità delle risorse finanziarie a sostegno di tale politica. Ritengo che la revisione del meccanismo ATHENA da parte della Presidenza polacca risolverà il problema di bilancio. In tal modo, verrà istituito un contributo più semplice degli Stati membri ai costi comuni delle operazioni militari europee. Lo scioglimento dell’Unione europea occidentale e l’introduzione nel trattato di una clausola di difesa reciproca rappresenta un passo verso una politica di difesa comune.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto.(FR) Quando parliamo di un’Europa politica, di una linea telefonica diretta per l’Europa o addirittura di un’Europa che parla a una voce, ci dimentichiamo spesso di specificare che ciò potrà accadere soltanto se disporremo di una politica europea di difesa. Gli eventi libici recenti hanno dimostrato quanta strada rimane ancora da fare su questo fronte. Alla luce delle attuali difficoltà economiche, unire le risorse non è soltanto politicamente auspicabile, bensì è essenziale.

 
  
MPphoto
 
 

  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – La politica di difesa è uno tra gli ambiti più gelosamente custoditi dagli Stati Membri. L’impressione che si ha analizzando questa relazione, come del resto altre sullo stesso argomento o comunque in materia di politica estera, è che si intenda spingere l’UE a fare in modo che questa prenda via via il sopravvento sugli Stati nell’elaborazione della politica estera e di difesa. Oltre alle obiezioni di principio che si possono formulare a questa impostazione, non si capisce come si possa pensare che l’UE riesca a parlare ad una voce su argomenti così delicati, in cui gli interessi dei singoli Stati spessissimo sono differenti, quando non addirittura apertamente contrastanti. Basti osservare quanto successo nel caso della Libia e dell’intervento umanitario.

È pressoché impossibile che gli Stati trovino un accordo e una posizione unica e concordata su eventi di questa portata, e se anche succedesse, questo andrebbe per forza di cose a scapito dell’autonomia decisionale dei governi e degli interessi ritenuti prioritari dalle diplomazie nazionali. Il mio voto alla relazione è contrario.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, in quanto l’Unione europea è chiamata a rafforzare continuamente la sua strategia per la sicurezza, a sostenere i suoi valori, a perseguire i suoi interessi e a proteggere i suoi cittadini, contribuendo in tal modo a preservare la pace su scala internazionale e la sicurezza globale. Le nuove disposizioni in materia di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) introdotte dal trattato di Lisbona prevedono un quadro giuridico chiaro per rafforzare l’attuazione della politica estera e di sicurezza attraverso il ricorso a tutti gli strumenti di cui l’Unione e i suoi Stati membri dispongono, per prevenire e gestire crisi e conflitti, e per instaurare una pace duratura. Nel porre in atto la PESC, l’Unione deve garantire la coerenza e la coesione tra i diversi settori della sua azione esterna e tra le politiche esterne ed interne. Mi preme sottolineare che una politica estera di sicurezza credibile richiede una più stretta cooperazione tra gli Stati membri, fiducia reciproca e solidarietà.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Březina (PPE) , per iscritto. – (CS) Esprimo preoccupazione per il fatto che, più di un anno dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, non vi siano ancora segni chiari di un approccio globale dell’UE alla politica estera e di sicurezza, nel quadro della quale sarebbe possibile superare le tradizionali barriere procedurali e istituzionali che limitano la capacità di intervento dell’UE. Deploro la riluttanza degli Stati membri dell’Unione europea a definire una posizione comune sulla crisi in Libia, sulla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’ONU e sulle sue modalità di attuazione. L’idea di considerare la coalizione ad hoc di paesi come validi sostituti delle PESD è pericolosa, a mio avviso, visto che nessun Stato europeo ha la capacità di essere un attore significativo della sicurezza e della difesa nel mondo del 21° secolo. In tale contesto, ricordo che il trattato di Lisbona prevede la possibilità di affidare la realizzazione di un’operazione di gestione delle crisi ad un gruppo di Stati membri, ma solo nel quadro di una decisione del Consiglio che definisca gli obiettivi, il campo di applicazione e le condizioni della loro attuazione. è fondamentale dare una risposta comune agli sviluppi in Libia per formulare un nuovo approccio credibile nei confronti della nostra politica di vicinato meridionale. Altrettanto necessario è sottolineare lo sviluppo e l’approfondimento dal partenariato orientale, nel quadro del quale ha recentemente iniziato ad operare un’assemblea parlamentare costituita da eurodeputati e da deputati dei parlamenti degli Stati partecipanti. In tale contesto, dovremmo insistere sull’adozione di una posizione risoluta e motivata nei confronti del regime del Presidente Lukashenko in Bielorussia.

 
  
MPphoto
 
 

  Reinhard Bütikofer (Verts/ALE), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore della relazione Gualtieri per tuta una serie di ragioni. Il relatore ha collaborato in maniera eccellente con il mio gruppo. Molti dei nostri emendamenti sono stati convertiti in testi di compromesso. Dei 29 emendamenti presentati dal gruppo Verde/Alleanza libera europea, ne sono stati inseriti 21 nella relazione. Infine, molte delle posizioni da noi sostenute e perorate hanno trovato posto nella relazione stessa. Sono molto sfavorevole alla richiesta di integrare le ricerca sulle armi nel quadro strategico comune per la ricerca e l’innovazione. La proposta di ricorrere ai cosiddetti battlegroup” (gruppi tattici armati) nell’eventualità di catastrofi naturali è altrettanto inappropriata. I riferimenti continui al Dipartimento statunitense di sicurezza nazionale quale esempio di politica antiterrorismo adeguata sono a dir poco fastidiosi.

Ho un’opinione molto positiva della valutazione estremamente aperta e realistica delle singole missioni di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), delle dichiarazioni sulle donne e la sicurezza, suo disarmo e sulla clausola dei diritti umani nelle misure antiterrorismo. Approvo altresì il riferimento chiaro alla decisione di non mescolare operazioni civili e militari. Infine, il relatore ha anche trattato una questione fondamentale: l’opposizione a un’autonomia strategica assoluta quale esito finale della PSDC.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Reputo estremamente importante addivenire a una posizione che sia in linea con le politiche estere degli Stati membri, in quanto tale coesione porterà alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà e alla prevenzione dei conflitti a livello internazionale. Inoltre, contribuirà allo sviluppo sostenibile e rafforzerà la capacità dell’UE di influire sull’assetto internazionale. Esorto pertanto a proseguire il lavoro già in corso per formare un fronte unito che migliorerà i rapporti tra l’Europa e altre potenze mondiali, promuoverà una risposta più efficace in situazioni di crisi internazionale, e consoliderà la posizione dell’Europa sulla scena internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Giovanni Collino (PPE), per iscritto. – Il Trattato di Lisbona dovrebbe rappresentare un nuovo modello politico in Europa, sia per quanto riguarda la necessità di mettere in comune le risorse degli Stati per ottenere il massimo dei risultati, sia per lavorare a strategie e operazioni comuni che facciano dell’Europa quell’Unione anche politica che già i suoi padri fondatori sognavano. Stiamo festeggiando questa settimana la Festa dell’Europa, in cui si ricorda la dichiarazione Schuman, che parla di un’Europa che "sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto". Al momento però è proprio questa solidarietà a mancare, soprattutto nell’espressione di una forte volontà politica comune a tutti gli Stati che servirebbe non soltanto a proteggere meglio i nostri confini ma anche a rendere più credibile la nostra economia. La relazione Gualtieri sottolinea chiaramente quanto le forze armate europee siano inadeguate sia all’edificazione di una difesa comune europea che al raggiungimento degli obbiettivi contenuti nel Trattato di Lisbona e che riguardano la sicurezza interna ed esterna dell’Unione. Senza una capacità militare credibile la politica di sicurezza e di difesa comune europea rimarrà soltanto sulla carta e nelle parole di chi non ha gli strumenti necessari ad una sua effettiva implementazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) Il trattato di Lisbona è stato un passo in avanti per l’UE. Ha determinato un più forte coinvolgimento politico e istituzionali nei rapporti tra gli Stati membri, avvicinando maggiormente le loro posizioni su politiche e strategia estere e interne di importanza capitale.

Ho votato a favore della relazione, in quanto reputo che l’analisi in essa contenuta sia estremamente rilevante per lo sviluppo di una politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). Il documento in oggetto massimizza il ruolo dell’UE, rafforzando le sinergie tra gli Stati membri, e tra loro e le istituzioni comunitarie. Lo sviluppo della PSDC è ancor più rilevante alla luce dell’attuale crisi economica e finanziaria, che rende opportuna la condivisione delle risorse tra gli Stati membri per assicurare un’azione efficace in termini di sicurezza pubblica, gestione delle crisi e dei conflitti, e instaurazione di una pace duratura. Il suo valore aumenta ulteriormente alla luce dell’osservazione della struttura giuridica presentata, che si propone di chiarire le barriere istituzionali emerse nel periodo successivo al trattato di Lisbona e cerca di individuare soluzioni legislative specifiche per i problemi emersi: “Lisbona” ha bisogno di una PSDC. Sento che i cittadini europei la desiderano. La nuova realtà sarà più razionale, più sinergica e più europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto.(PT) L’idea che sottende alla risoluzione è che la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, preveda la ferma intenzione politica dell’Unione di agire in quanto forza stabilizzatrice a livello mondiale, con un quadro giuridico chiaro per consentirle di perseguire meglio i propri obiettivi.

Ciononostante, non vi sono ancora segni chiari di un approccio globale dell’UE post Lisbona che consenta di superare le tradizionali barriere procedurali e istituzionali e garantisca la sicurezza e la difeaa dei cittadini e dei paesi europei. Auspico che l’austerità economica attuale incoraggi gli Stati a spendere in maniera più intelligente le loro risorse e a cooperare in modo più incisivo.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto. (PT) la relazione attuale esamina l’andamento della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. La relazione prende le mosse dal nuovo quadro istituzionale creato dal trattato di Lisbona, ai sensi del quale l’Unione europea deve parlare a una voce e, sulla scorta della sua ristrutturazione, presentare la politica estera e di sicurezza comune in maniera più trasparente. Tuttavia, è necessario riconoscere che l’UE non ha ancora messo a punto un approccio globale post Lisbona che consenta di superare le tradizionali barriere procedurali e gli ostacoli istituzionali. Pertanto, una valutazione realistica della politica estera diventa essenziale, così come un intervento più risoluto delle forze comunitarie, invece che lasciare l’intervento militare esclusivamente nelle mani della Francia e del Regno Unito. Pur ammettendo la necessità di un dibattito pubblico sulla politica estera e difesa per stabilire le politiche future del Parlamento in materia, accolgo con favore l’elaborazione di tale relazione e auspico che l’UE continui a sviluppare un multilateralismo efficace, uno dei punti salienti degli interessi geostrategici dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Parte del contenuto di questa relazione è, da un certo punto di vista, preoccupante. In sostanza, conferma molti degli avvertimenti e allarmi da noi sollevati all’atto della discussione e successiva entrata in vigore del trattato di Lisbona: è in corso un processo ineludibile di militarizzazione dell’UE, che viene ora accelerato e intensificato. La militarizzazione dell’UE non è a servizio della pace, né degli interessi dei cittadini. La trasformazione dell’UE in un polo europeo dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), come perorato dal trattato di Lisbona, comporta il coinvolgimento in zone di conflitto a livello internazionale, il tutto nel quadro di una collaborazione con gli Stati Uniti, che sono leader nel processo di affermazione di un’egemonia imperiale e del controllo dei mercati e delle risorse, alcune delle quali si stanno progressivamente esaurendo.

Come affermato negli emendamenti proposti dal gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, gli interventi militari, apparentemente promossi per stabilizzare determinati paesi o regioni, vanno nella direzione sbagliata. Invece di stabilizzare tali paesi e regioni, li destabilizzano. Al posto di risolvere i problemi, li acuiscono. La situazione in Libia ne è un altro esempio, che va ad aggiungersi a quelli di Afghanistan e Iraq. Lo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) è al servizio degli interessi dell’apparato industriale-militare dell’Unione, non degli interessi della popolazione o della pace.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Come avevamo preannunciato, con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona verrà accelerato ulteriormente il processo di militarizzazione dell’Unione europea. Questa relazione conferma tale timore.

Come precisato dagli emendamenti presentati dal nostro gruppo, l’intervento armato o qualsiasi genere di approccio militare alla risoluzione dei conflitti, allo scopo apparente di stabilizzare determinate regioni o paesi, va nella direzione sbagliata. Al posto di risolvere i problemi, li acuisce, come dimostrato dai casi di Libia, Afghanistan e Iraq.

La militarizzazione dell’UE non è a servizio degli interessi dei cittadini. La trasformazione dell’UE in un polo europeo dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), già in corso, fa parte di un processi che si propone di ripartire la sfera internazionale in sfere di influenza sotto il comando degli Stati Uniti. Lo scopo di ciò è aumentare lo sfruttamento della manodopera e il controllo di risorse naturali sempre più scarse, in particolare gli idrocarburi, nonché il controllo dei mercati.

Lo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune è una minaccia per la pace. Intensifica l’intervento politico, contribuisce alla corsa agli armamenti, e anche alle armi nucleari, e promuove profitti ingenti per l’apparato industriale-militare comunitario.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) La relazione, suddivisa in cinque parti – intitolate rispettivamente Politica estera e di sicurezza, Sicurezza e difesa, Sicurezza esterna e interna, Sicurezza attraverso le operazioni e Sicurezza nel partenariato – fornisce una panoramica chiara di come l’UE dovrebbe perseguire la propria politica di sicurezza e di difesa comune per diventare un soggetto strategico autonomo e agire in quanto forza di sicurezza e stabilità in Europa e nel mondo.

 
  
MPphoto
 
 

  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – La crisi libica ha messo in luce quelli che sono stati i limiti dell’azione esterna dell’UE, sia dal punto di vista diplomatico, sia per quanto riguarda il profilo militare. Al momento, l’unità d’intenti di cui tanto si parla sembra sia vanificata da quelle che sono le giuste aspirazioni degli Stati membri di mantenere le proprie prerogative in materia di politica di sicurezza. Non mi ritengo d’accordo con il fatto che venga invocato un bilancio più adeguato per questa politica, senza che vi sia una reale condivisione da parte dei governi nazionali circa l’utilizzo di questi fondi. Ritenendo che questo tipo di politiche debbano rientrare nel novero delle competenze nazionali, ritengo di esprimere voto negativo nei confronti di questa relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD) , per iscritto. – (LT) Ho votato per la relazione, in quanto il sistema internazionale sta subendo cambiamenti rapidi e profondi, determinati dal trasferimento di poteri ad attori internazionali emergenti e da una crescente interdipendenza dinanzi a sfide che riguardano i problemi economici e finanziari, il deterioramento ambientale e il cambiamento climatico, l’energia e la scarsità delle risorse, e la sicurezza integrata. In un contesto globale turbolento e in un’epoca di crisi economica e finanziaria, l’Unione europea è chiamata a rafforzare la sua autonomia strategica per sostenere i suoi valori, perseguire i suoi interessi e proteggere i suoi cittadini attraverso lo sviluppo di una visione condivisa delle principali sfide e minacce e l’allineamento delle sue capacità allo scopo di farvi fronte in modo adeguato, contribuendo in tal modo a preservare la pace su scala internazionale e la sicurezza globale, anche attuando un multilateralismo efficace. Il rafforzamento dell’autonomia strategica nelle questioni di sicurezza comporta, per l’Unione europea, la capacità di concordare obiettivi politici e orientamenti strategici comuni, istituire partenariati strategici con le organizzazioni internazionali, compresa la NATO, e gli Stati pertinenti, raccogliere informazioni adeguate e produrre analisi e valutazioni congiunte, sfruttare e, se necessario, mettere in comune risorse finanziarie, civili e militari, e pianificare e condurre efficaci operazioni di gestione delle crisi attraverso l’estesa gamma delle missioni di tipo Petersberg, nonché definire e mettere in atto una politica di difesa comune avviando concretamente il percorso verso l’edificazione di una difesa comune. Occorre ricorrere a tutti gli strumenti di cui l’Unione e i suoi Stati membri dispongono, per prevenire e gestire crisi e conflitti, e per instaurare una pace duratura.

 
  
MPphoto
 
 

  Krišjānis Kariņš (PPE), per iscritto. (LV) Ho dato il mio appoggio alla relazione sullo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. Ritengo tuttavia che ci sia ancora molta strada da fare prima di pervenire a una politica di sicurezza e di difesa comune completa. Non è ammissibile che i singoli Stati membri partecipino a operazioni che mettono in pericolo la sicurezza di un altro paese membro. La Francia ha concluso un accordo sulle navi da guerra con la Russia, un paese che, in un passato ancora recente, ha occupato la Georgia nel corso di un conflitto armato. Allo stesso modo, la Russia ha condotto manovre militari provocatorie in prossimità degli Stati baltici, che hanno espresso la loro preoccupazione per l’accordo da me testé menzionato. Benché i paesi baltici abbiano ripetutamente espresso i loro timori, i funzionari e le istituzioni europei non hanno reagito in alcun modo per prevenire il coinvolgimento della Francia in un accordo militare con la Russia.

L’interesse dei politici francesi per l’economia e i posti di lavoro nei cantieri navali è comprensibile. Tuttavia, in seno all’Unione europea, la crescita dell’economia di un paese non deve andare a discapito della sicurezza di un’altra nazione. Questo genere di azioni è contrario al principio di solidarietà in vigore nell’Unione europea. Tale principio non dovrebbe tollerare eccezioni e si applica ai paesi sia grandi sia piccoli. Soltanto quando gli Stati membri daranno prova di una solidarietà autentica ci sarà una politica di sicurezza e di difesa comune veramente completa.

 
  
MPphoto
 
 

  Tunne Kelam (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Gualtieri. Ribadisco tuttavia la necessità di una cooperazione rafforzata tra l’UE e la NATO. Il mio emendamento originario al paragrafo 87 era teso a confermare, invece che semplicemente a riconoscere, il ruolo della NATO quale fondamento della difesa collettiva – un ruolo che non si limita soltanto a “proseguire”, ma che dovrebbe essere visto come l’unica alternativa per il prossimo futuro. Inoltre, il ruolo della NATO non può riguardare solamente gli Stati membri che ne fanno parte, come si legge nella relazione Gualtieri: crea sicurezza anche per i paesi dell’UE che non sono membri della NATO.

La NATO è stata, e continuerà a essere, il fondamento della difesa collettiva, e ciò va ribadito con un linguaggio forte e affermativo. Stamani la Vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, baronessa Ashton, ha dichiarato che l’UE e la NATO stanno condividendo per la prima volta informazioni e dati sulla Libia. Si tratta di un esempio incoraggiante per ulteriori cooperazioni analoghe. Trasmette un segnale chiaro che, se di base c’è la volontà, si può sempre trovare un modo per instaurare una cooperazione significativa.

 
  
MPphoto
 
 

  Jacek Olgierd Kurski (ECR), per iscritto.(PL) Gli eventi recenti verificatisi in Nord Africa e in Asia dimostrano che l’Unione europea deve rafforzare la sua politica estera e le alleanze di cui fa parte. La minaccia di attacchi terroristici, ancora molto realistica, segnala l’esigenza di inasprire gli standard di sicurezza europei. Tuttavia, alcune delle proposte contenute nella relazione Gualtieri sono inaccettabili. Sono contrarie alla strategia perseguita fino ad ora, volta a stringere alleanze internazionali basate soprattutto sul presupposto che l’Alleanza nordatlantica assuma il ruolo guida. La proposta di rafforzare l’Agenzia europea per la difesa non si tradurrebbe in un aumento reale del livello di sicurezza nell’UE, bensì semplicemente nella creazione di un altro mostro burocratico, incapace di portare a termine i compiti assegnatigli. Chi prenderebbe la decisione di mobilitare le forze armate europee? Nell’interesse di chi agirebbero tali unità? Che voce in capitolo avrebbero i nuovi Stati membri? Il quartier generale dell’Agenzia verrebbe trasferito? Sono stati inoltre espressi timori in merito a questioni istituzionali, ad esempio se la crescita dell’Agenzia europea per la difesa non rischi di comportare il ridimensionamento degli eserciti di determinati Stati membri e se non vi sia conflitto con il mandato e gli obiettivi del servizio europeo per l’azione esterna. Come dimostrato da precedenti relazioni, malgrado investimenti finanziari ingenti e un’eccellente gestione e logistica, le forze europee non sono state in grado di affrontare missioni di semplice mantenimento dell’ordine in Kosovo e Bosnia. Dovremmo forse riflettere su come migliorare la loro operatività prima di incoraggiarle ad ampliare le loro competenze e a mettere in atto azioni militari.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione e accolgo con particolare favore la richiesta di maggiori controlli sulle compagnie di sicurezza private mediante la loro regolamentazione, autorizzazione e monitoraggio.

 
  
MPphoto
 
 

  Mario Mauro (PPE), per iscritto. – Il mio voto concernente la relazione “sullo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona” è favorevole. Il nostro ruolo nel Mediterraneo, in Medio oriente e quindi in tutto il globo acquisterà sempre più importanza. Gli sconvolgimenti in atto, che aumenteranno dopo la morte di Osama Bin Laden, devono essere affrontati adempiendo pienamente alle indicazioni del Trattato di Lisbona. La chiave per il futuro sarà il rafforzamento della nostra capacità politica di definire strategie ed obiettivi comuni in maniera sempre più coordinata e tempestiva.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Traendo ispirazione dal trattato di Lisbona, il testo in esame sostiene che l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) dovrebbe costituire il fondamento della difesa collettiva degli Stati membri dell’UE. Accoglie favorevolmente il desiderio di entrambe le organizzazioni di rafforzare ulteriormente il loro partenariato. Si propone di ampliare il ruolo della Commissione europea e della baronessa Ashton, atlantista convinta, nel campo della difesa. Non contento di piegare il capo di fronte alla leadership degli Stati Uniti, sollecita un’attuazione tempestiva di misure per la liberalizzazione dell’industria delle armi. Ho votato contro la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) Il trattato di Lisbona conferisce maggiori responsabilità al Parlamento in materia di politica estera e di sicurezza. Dobbiamo ciononostante adoperarci per assicurare che tali politiche promuovano i valori e interessi dell’UE su scala mondiale con il fine generale di contribuire alla pace, alla sicurezza, alla solidarietà, alla prevenzione dei conflitti, alla promozione della democrazia, alla tutela dei diritti umani, alla parità di genere, al rispetto del diritto internazionale, al sostegno alle istituzioni internazionali, ad un efficace multilateralismo, al rispetto reciproco tra le nazioni, allo sviluppo sostenibile, al commercio libero ed equo e all’eradicazione della povertà. è l’unico modo per realizzare gli obiettivi che proponiamo.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Michel (ALDE), per iscritto.(FR) La situazione geopolitica della regione del Mediterraneo meridionale è attualmente interessata da un cambiamento epocale. Se ignoriamo queste aspirazioni eccellenti ed encomiabili, corriamo il rischio che le rivoluzioni, che dovrebbero migliorare le cose, vengano strumentalizzate per i fini malvagi di pochi. Dobbiamo dimostrare ai popoli di questi paesi che l’UE appoggia il loro desiderio di cambiamento. Dall’avvio del conflitto in Libia, ho suggerito alla comunità internazionale di profondere tutte le sue energie nell’appoggiare la caduta del regime di Gheddafi. Il dovere di proteggere le persone ovunque vivano e chiunque siano è un diritto e dovere universale sacro. A che serve l’autodeterminazione se si basa su azioni dittatoriali o se serve a giustificare l’innominabile? Né l’autodeterminazione, né una maggioranza assoluta danno a un governo il diritto di calpestare i valori universali. I ritardi, i tentennamenti e le arguzie semantiche sulla scala dell’intervento hanno consentito al regime di indebolire la rivolta dei cittadini. L’UE deve concordare urgentemente un approccio credibile per l’elemento mediterraneo della politica europea di vicinato.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Mirsky (S&D), per iscritto. (EN) Ho esaminato con molta attenzione la relazione. Il documento è suddiviso in cinque parti: Politica estera e di sicurezza, Sicurezza e difesa, Sicurezza esterna e interna, Sicurezza attraverso le operazioni e Sicurezza nel partenariato. La relazione fornisce una panoramica chiara di come l’UE dovrebbe perseguire la propria politica di sicurezza generale e di difesa per diventare il soggetto strategico autonomo più forte, allo scopo di garantire sicurezza e stabilità in Europa e nel mondo. Ho votato a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Claudio Morganti (EFD), per iscritto. – Signor Presidente, la relazione in esame oggi contiene al suo interno aspetti apprezzabili ed altri meno, rappresentando al meglio (o al peggio) le contraddizioni tipiche che l’Unione europea dimostra nelle suo agire esterno. Si auspica ad esempio una maggiore integrazione ed una comune gestione nelle situazioni di crisi: nella recente vicenda della Libia si è dimostrato come l’Europa agisca in ordine sparso, con alcuni Stati membri direttamente impegnati, altri che si sono tirati fuori e praticamente solo un Paese, l’Italia, a gestire le conseguenze dirette della crisi libica e nordafricana in genere, ovvero un massiccio flusso migratorio. Bisogna quindi decidere come l’Europa si debba comportare: o sempre "uniti", con le conseguenze del caso, oppure si deve lasciare sempre libertà agli Stati, ed in questo caso però l’Unione europea si deve poi adeguare.

Mi lascia perplesso l’enfasi posta sulla necessità di aumentare il potere e le risorse delle azioni comuni e dell’Agenzia europea per la difesa: non vorrei che, considerando le premesse, diventasse anche questa un inutile carrozzone fine a se stesso, e le azioni totalmente inefficaci. Per questi motivi ho deciso per un’astensione di voto, in attesa di capire cosa voglia fare veramente "da grande" l’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Mariya Nedelcheva (PPE), per iscritto. (BG) Voto a favore della relazione Gualtieri, che contribuisce a consolidare l’UE quale soggetto capace di promuovere la stabilità globale e che rappresenta un passo necessario per elaborare un approccio veramente paneuropeo alla politica estera e di difesa. Ritengo che una migliore armonizzazione degli strumenti esistenti e il raggiungimento del consenso sulle finalità strategiche della politica di sicurezza e di difesa comune nello spirito del trattato di Lisbona siano cruciali. Affidandosi alle risorse finanziarie, civili e militari esistenti, l’Europa può intervenire con risolutezza ancora maggiore in caso di catastrofi naturali o causate dall’uomo, ed essere ancor più coinvolta nell’arginare e gestire crisi e conflitti, nonché nell’instaurare una pace durevole in paesi terzi. Inoltre, la politica di sicurezza e di difesa comune europea e la politica europea di cooperazione allo sviluppo sono due facce della stessa medaglia. Appoggio con convinzione la relazione, che si propone un loro coordinamento più incisivo. Essenziale in tal senso è l’organizzazione di riunioni regolari di un organo di gestione delle crisi, che coopererà col SEAE. Le proposte formulate dalla relazione di un utilizzo più intelligente e armonizzato delle risorse stanziate per i programmi comunitari di difesa e della condivisione delle capacità militari dell’UE saranno utili per conseguire gli obiettivi di tale politica.

 
  
MPphoto
 
 

  Justas Vincas Paleckis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione, in quanto ci offre la prospettiva di un’UE che potrebbe diventare una forza strategica e indipendente per la difesa della sicurezza e della stabilità in Europa e in tutto il mondo. Il trattato di Lisbona ha conferito maggiori opportunità alla politica di sicurezza e di difesa europea, che è divenuta più integrata nella politica estera. Il servizio europeo per l’azione esterna sta offrendo un contributo significativo alla garanzia della sicurezza comunitaria.

Al momento di stilare la relazione, il nostro gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti e democratici ha goduto del sostegno della maggior parte degli altri gruppi, perché l’UE deve diventare un soggetto indipendente nella promozione della sicurezza, ed è inoltre necessario rivedere il concetto e la struttura dei gruppi tattici armati nelle missioni comunitarie miste civili/militari. Anche la richiesta del nostro gruppo di migliorare urgentemente il processo di pianificazione di missioni di aiuto umanitario ha riscosso il consenso generale.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Mi sono espressa a favore della relazione sullo sviluppo della politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona. La politica di sicurezza e di difesa comune è parte integrante della politica estera e di sicurezza comune (PESC). Entrambe le dimensioni sono state inserite nel quadro istituzionale legalmente vincolante dei principi comunitari, vale a dire democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, compresa la responsabilità della protezione. In aggiunta a ciò, i loro obiettivi sono stati fatti confluire negli obiettivi generali dell’azione europea esterna.

Su tale questione, appoggio la proposta del relatore di rafforzare la cooperazione coi parlamenti nazionali dell’UE nell’esercizio del controllo democratico sulla PESC e la PSDC, allo scopo di incrementarne la rispettiva influenza sulle scelte politiche operate dalle altre istituzioni europee e dagli Stati membri, pur rispettando appieno le prerogative dei parlamenti nazionali in materia di politica di difesa. Nel quadro dei valori e principi comunitari, è essenziale che la PSDC sia guidata da un processo trasparente e democratico.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) L’affermazione dell’Unione europea nel contesto internazionale può essere conseguita solamente mediante un’azione concertata degli Stati membri e degli organi comunitari. In tale contesto, una politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) capace di rispondere alle sfide che ci attendono rimane una priorità ineludibile. Di fatto, soltanto mediante strumenti di difesa propri e sufficienti sarà possibile garantire una voce attiva dell’Unione sul piano internazionale. Ho pertanto votato a favore della relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Teresa Riera Madurell (S&D), per iscritto.(ES) Il trattato di Lisbona getta le basi per consentire all’Unione europea di affermarsi come soggetto credibile e influente sulla scena internazionale. Di qui il mio sostegno per una relazione che si rivela necessaria per valutare i progressi compiuti nella politica di sicurezza e di difesa comune a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e per capire se vi sia margine di miglioramento. In veste di membro della sottocommissione per la sicurezza e la difesa, ho seguito da vicino la relazione. Personalmente, ho posto l’accento sull’esigenza di cooperazione tra gli Stati membri nel campo della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione in materia di difesa. Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi economica e, di conseguenza, dobbiamo unire le forze per ridurre i costi e incrementare l’interoperabilità delle capacità militari dei nostri Stati membri.

Tutto ciò si tradurrà non soltanto in un ridimensionamento della spesa per la difesa, ma anche in un rafforzamento dell’autonomia dell’Unione europea sul palcoscenico mondiale. Ritengo che questo punto di vista sia stato colto puntualmente dalla relazione, che costituisce un passo nella giusta direzione in termini di promozione di una politica di sicurezza e di difesa comune più efficace, coordinata e coerente col resto delle politiche dell’Unione europea e dei suoi Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho deciso di astenermi dalla votazione finale, in quanto non sono passati l’emendamento n. 1 riferito alla NATO, l’emendamento n. 3 contro una dimensione nucleare nella politica di sicurezza e di difesa comune, l’emendamento n. 4 contro un impiego flessibile dei gruppi tattici armati, l’emendamento n. 5 contro il ricorso ai gruppi tattici armati per le operazioni miste civili/militari, l’emendamento n. 6 che eliminava una disposizione in materia di ricerca sulla difesa, l’emendamento n. 7 che eliminava una disposizione in materia di ricerca sulla difesa, l’emendamento n. 8 che eliminava il riferimento al Dipartimento di sicurezza nazionale americano, l’emendamento n. 9 che eliminava il riferimento alla cooperazione della PSDC con Frontex nel Mediterraneo, e malgrado sia stato approvato il nostro emendamento n. 2 sul servizio europeo per l’azione esterna/strutture operative permanenti della Commissione e l’emendamento n. 1 che respingeva l’ipotesi dello sviluppo di capacità civili da parte della NATO.

 
  
MPphoto
 
 

  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – La relazione delinea la necessità che l’Unione europea si inserisca nel contesto mondiale come forza stabilizzatrice, adoperandosi per il mantenimento della pace, il rafforzamento della sicurezza internazionale e la gestione delle situazioni di crisi. Ho votato a favore di questa relazione per unirmi al coro di disappunto del Parlamento verso la mancanza, da parte dell’Unione europea, di un vero e proprio approccio globale e uniforme post Lisbona in materia di politica di sicurezza comune. Sistemi e competenze militari credibili e affidabili sono una condizione imprescindibile per lo sviluppo di una politica di sicurezza e di difesa autonoma. Ritengo tuttavia che per rafforzare la capacità dell’Unione europea di rispondere alle crisi, assicurandone al contempo l’autonomia strategica, sia necessario adottare una volontà politica comune di lungo periodo.

 
  
MPphoto
 
 

  Oreste Rossi (EFD), per iscritto. − La relazione in oggetto indica gli sviluppi della politica di difesa europea dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Ho espresso voto contrario in quanto a seguito degli ultimi avvenimenti in Libia, é palese che l’Unione Europea non abbia agito in modo compatto e condiviso. È mancata la solidarietà nella gestione della crisi migratoria, rendendo evidente che quando sono in gioco gli interessi nazionali, l’UE dimentica i concetti nobili disinteressandone.

 
  
MPphoto
 
 

  Traian Ungureanu (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della nostra relazione sulla politica estera e di sicurezza comune nella speranza che tale politica prenda finalmente forma. Finora, la nostra politica estera e di sicurezza comune è stata un susseguirsi di dissensi e iniziative malgestite. La recente disputa europea sull’intervento in Libia e il successivo dissociarsi della Germania ha dimostrato al resto del mondo che l’UE non è ancora pronta a mettere in campo una vera politica estera e di sicurezza comune. Inoltre, l’iniziativa francese volta a consolidare il finanziamento del vicinato meridionale a spese del vicinato orientale ha trasmesso un messaggio catastrofico ai nostri partner orientali, una questione ancor più delicata in un periodo in cui altri progetti europei per eccellenza sono in dubbio, se non in crisi. L’euro è soggetto a pressioni costanti e il problema deriva in parte dalla medesima assenza di ambizione e coerenza a livello europeo. L’area Schengen si ritrae sempre più con ogni giorno che passa e riemergono le barriere nazionali, in quanto gli Stati membri ignorano o violano costantemente lo spirito e la legislazione europei. Una politica estera e di sicurezza comune inesistente assistita da un servizio per l’azione esterna di enormi dimensioni pregiudicherebbe seriamente la credibilità europea nel mondo.

 
  
  

Relazione Muñiz De Urquiza (A7-0181/2011)

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Paulo Alves (S&D), per iscritto. (PT) Ho deciso di votare a favore della proposta, in quanto suggerisce di rafforzare il ruolo dell’UE nel sistema multilaterale. è indubbiamente giusto che l’UE goda di una rappresentanza più incisiva nelle organizzazioni internazionali e che tale rappresentanza venga valorizzata, nella misura in cui l’UE è l’organizzazione che contribuisce maggiormente agli aiuti per lo sviluppo. I principi e valori dell’Unione, che promuovono un’azione multilaterale più efficace e preventiva, la rendono un attore internazionale di rilievo nell’assetto mondiale interpolare emergente. In particolare, l’UE deve intervenire per non ricoprire più il ruolo di semplice osservatore nei programmi e conferenze delle Nazioni Unite. Deve inoltre rafforzare la propria posizione in seno agli organi internazionali nel settore dell’economia e della stabilità monetaria, in linea con il suo ruolo di potenza economica tra le maggiori a livello internazionale. Condivido inoltre le indicazioni della relazione tese a rafforzare il ruolo dell’UE nelle organizzazioni multilaterali di sicurezza, tra cui G8 e G20.

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Muñiz De Urquiza sull’UE quale attore globale: il suo ruolo nell’ambito delle organizzazioni multilaterali. Mi preme ribadire nuovamente l’esigenza di coordinare meglio le azioni degli Stati membri comunitari in seno all’ONU e, in particolare, nel Consiglio dell’ONU per i diritti umani. Riteniamo che il nuovo assetto istituzionale dell’UE e l’istituzione della Direzione per i diritti umani e la democrazia in seno al SEAE e del gruppo di lavoro COHOM con sede a Bruxelles offrano delle opportunità valide per accrescere la coerenza, la visibilità e la credibilità delle azioni dell’UE in seno all’UNHRC. Infine, in sede di PE, abbiamo accolto con favore la raccomandazione dell’UNHRC e la successiva decisione dell’Assemblea generale dell’ONU di sospendere l’adesione della Libia all’UNHRC. A seguito di iniziative e azioni intraprese da alcuni Stati membri in seno all’HRC, oggi la Siria ha dichiarato che ritira a propria candidatura a membro dell’UNHRC. Alla luce di tali esempi e della nostra esperienza comune passata con la Commissione per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e, dal 2006, con il Consiglio per i diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, suggeriamo l’introduzione nell’UNHRC di criteri di adesione chiari, e l’UE dovrebbe sostenere con fermezza tale iniziativa.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Oana Antonescu (PPE), per iscritto. (RO) Il trattato di Lisbona accresce la capacità dell’Unione europea di aderire a varie organizzazioni internazionali, attribuendole un più ampio ventaglio di competenze in materia di politica esterna e offrendole l’opportunità di avere una voce più chiara e più forte nel mondo. Il trattato incoraggia inoltre tutti i tipi di cooperazione mutuamente vantaggiosi con le organizzazioni internazionali e regionali e i gruppi di Stati pertinenti, e consente all’UE di organizzarsi in modo da poter diventare un attore globale efficace

L’impegno dell’UE per un multilateralismo efficace è il principio ispiratore dell’azione esterna europea. Credo che, attingendo alla sua esperienza interna di cooperazione tra le nazioni e le istituzioni, l’Unione europea detiene una responsabilità mondiale che dovrebbe continuare a difendere. Per questo ho votato per la relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Zigmantas Balčytis (S&D), per iscritto. (LT) Ho votato a favore della relazione. I processi di globalizzazione implicano un ampio ventaglio di opportunità, sfide e minacce per la governance mondiale. Le sfide globali, ad esempio i mercati finanziari, la sicurezza energetica, la lotta contro la povertà, i cambiamenti climatici e la violazione dei diritti umani presuppongono un’azione congiunta e coordinata. Il trattato di Lisbona, introducendo la personalità giuridica dell’Unione, accresce la capacità dell’Unione europea di aderire a varie organizzazioni internazionali e le offre l’opportunità di ricoprire un ruolo più forte e influente a livello globale. Finora, la rappresentanza dell’Unione europea e dei suoi Stati membri presso le organizzazioni internazionali è stata frammentata, e ciò ha impedito all’UE di parlare a una voce sulla scena internazionale. L’UE deve diventare un attore globale autorevole ed essere in grado di difendere la propria posizione. A tal fine, occorre rafforzare il coordinamento in seno all’UE, il che presuppone una forte volontà politica a una certa dose di flessibilità da parte degli Stati membri per quanto riguarda la loro rappresentanza.

 
  
MPphoto
 
 

  Elena Băsescu (PPE), per iscritto.(RO) Ho votato a favore della relazione Muñiz De Urquiza, in quanto la presenza dell’Unione europea in seno alle organizzazioni multilaterali è uno dei principi guida della sua politica estera. L’UE è ora dotata di una personalità giuridica, che le conferisce un profilo globale più elevato. Inoltre, in virtù del trattato, l’Unione partecipa a pieno titolo alla politica internazionale. Il trattato di Lisbona ha rafforzato gli strumenti di politica estera, specialmente in seno all’ONU. A tale riguardo, vorrei richiamare l’attenzione sul punto 12 della relazione – il primo passo verso un’azione coordinata ed efficace degli Stati membri in seno al Consiglio di Sicurezza. Mi preme sottolineare che attualmente è in corso la riforma delle strutture dell’ONU, che presuppone anche la revisione della rappresentanza dell’UE in tale organo.

 
  
MPphoto
 
 

  Dominique Baudis (PPE), per iscritto.(FR) Ho appoggiato la risoluzione nella convinzione che il desiderio dell’Unione europea di rafforzare la propria presenza in seno alle organizzazioni internazionali sia del tutto legittimo. I cittadini europei, tramite i nostri governi, hanno conferito all’Unione una personalità giuridica e poteri specifici. L’integrazione europea ha preso le mosse da un insieme di valori fondamentali che vengono costantemente ampliati. Abbiamo il dovere di coordinare le nostre attività e promuovere l’unità della nostra Unione, come abbiamo già fatto per l’Organizzazione mondiale del commercio. Il lavoro in tal senso non si è ancora concluso.

Si ravvisano tuttavia alcuni segnali incoraggianti. L’Unione sta cercando di dotarsi di strumenti di politica estera adeguati (nomina di un Alto rappresentante, creazione del servizio europeo per l’azione esterna). Grazie al suo nuovo status, l’Unione potrà ora esprimere il proprio parere in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Bennahmias (ALDE), per iscritto.(FR) Viviamo in un mondo che ha registrato un aumento sensibile del numero e della frequenza delle nuove crisi. Di fronte a questa nuova realtà, i responsabili politici delle decisioni sono incaricati sia di adottare azioni preventive, sia di reagire efficacemente ai nuovi sviluppi. Ora, a questo livello, non è una questione di magia. Se l’UE non è in grado di unire le forze, di concordare procedure e di parlare a una voce, spesso non viene considerata. In seno alle Nazioni Unite, e in particolare nell’ambito del Fondo monetario internazionale, l’UE deve promuovere i propri interessi. L’Unione europea potrebbe difendere gli interessi europei e, di conseguenza, gli interessi degli Stati membri. Significa che dobbiamo organizzarci, e subito. Di qui lo scopo e la finalità di questa relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Slavi Binev (NI), per iscritto. (BG) Reputo estremamente importante che l’Unione europea ricopra un ruolo chiave in seno alle organizzazioni internazionali. Ritengo che le decisioni prese in materia di politica internazionale non debbano violare la sovranità degli Stati membri. Mi oppongo inoltre all’esautorazione del ruolo svolto individualmente da ciascun paese dell’Unione europea in seno alle organizzazioni internazionali. In passato sono emerse svariate divergenze tra le politiche estere degli Stati membri. Se l’Unione europea si assicurasse un posto in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU, tali conflitti potrebbero influire molto negativamente sull’immagine dell’Unione europea. Per questo ho votato sia contro il punto 20 sia contro l’intera relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Mara Bizzotto (EFD), per iscritto. – Questa relazione è completamente sbilanciata su posizioni favorevoli ad una prospettiva in cui, in futuro, nell’ambito delle organizzazioni multilaterali globali e regionali, l’UE si trovi in posizione quantomeno equivalente a quella degli Stati Membri. Questo significherebbe la fine, in sostanza, dell’autonomia nell’azione diplomatica da parte degli Stati Membri -considerando che gli Stati membri dovrebbero adeguare le proprie posizioni in modo da non risultare in evidente contrasto con quelle di un’eventuale rappresentanza comunitaria-, e l’incapacità conseguente per i governi nazionali di far valere i proprio interessi in maniera adeguata nei fori internazionali.

Se si può essere d’accordo che in determinate materie, come la politica monetaria, la posizione prevalente venga rappresentata dall’UE nei competenti organismi multilaterali, è d’altra parte difficile da accettare l’idea che il servizio di azione esterna si faccia carico di rappresentare nel mondo una posizione condivisa da parte degli Stati membri, quando molto spesso gli interessi dei Paesi europei sono differenti al punto da rendere impossibile il raggiungimento di una posizione comune. Con il mio voto contrario intendo quindi manifestare la mia opposizione ad una relazione che propone uno scenario futuro in cui la diplomazia nazionale verrebbe sostanzialmente superata da quella comunitaria, con danno dell’autonomia diplomatica degli Stati Membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Vilija Blinkevičiūtė (S&D) , per iscritto. – (LT) Ho votato favorevolmente, in quanto il mondo ha assistito a un drastico aumento delle crisi politiche e umanitarie, che richiedono un’azione multilaterale dell’UE più incisiva e preventiva. L’UE dovrebbe utilizzare meglio i propri strumenti di politica estera, in modo da sfruttare maggiormente la propria influenza in seno alle organizzazioni multilaterali e assumere un ruolo di guida nell’affrontare più efficacemente le crisi internazionali presenti e future. Occorre coinvolgere ulteriormente gli attori non statali nella definizione delle politiche a livello multilaterale, promuovere e facilitare una migliore consultazione delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nelle future strutture di governance delle organizzazioni internazionali. L’Unione europea dovrebbe assumere un attivo ruolo di guida nella riforma della governance globale, potenziando la cooperazione, migliorando le istituzioni e coinvolgendo tutti i soggetti interessati. Ciò renderebbe le istituzioni e organizzazioni internazionali più legittime, efficaci e più aperte alla condivisione delle responsabilità. Tenuto conto della posizione dell’UE di prima potenza economica mondiale, occorre rivedere le modalità per la rappresentanza dell’UE presso gli organismi internazionali nel settore della stabilità economica, monetaria e finanziaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Sebastian Valentin Bodu (PPE), per iscritto. (RO) i I meccanismi dell’Unione europea per la costruzione del consenso e l’adozione di misure concertate fanno dell’UE un modello esemplare per un ordine internazionale basato sulle regole. Per questo è necessario che l’UE cooperi con i principali poteri regionali e partecipi attivamente alla costruzione e al miglioramento di un contesto internazionale che consenta all’UE di promuovere i propri valori e interessi. I tempi sono particolarmente adatti, visto il brusco aumento di crisi politiche e umanitarie nel mondo, che evidenzia quindi l’esigenza che l’UE sfrutti al meglio i propri strumenti di politica estera, in modo da garantire un migliore uso della sua capacità di leva in seno alle organizzazioni multilaterali e la sua capacità di assumere la guida nell’affrontare in modo più efficace le crisi internazionali attuali e future.

D’altro canto, i processi di globalizzazione implicano un ampio ventaglio di opportunità, sfide e minacce per la governance mondiale e rivelano nel contempo lacune e carenze sociali, ad esempio nei mercati finanziari, nella sicurezza energetica, nella lotta contro la povertà, nelle politiche attinenti ai cambiamenti climatici e nella violazione dei diritti umani. L’UE deve effettivamente rafforzare il proprio ruolo di attore globale e partecipare alle decisioni globali.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Da Graça Carvalho (PPE), per iscritto. (PT) Accolgo con favore gli sforzi compiuti per migliorare l’azione multilaterale europea, e mi preme sottolineare l’importanza che l’UE ricopra un ruolo attivo di leadership nella riforma della governance globale. è un’occasione imperdibile per l’UE, che potrà sfruttare al meglio i propri strumenti di politica estera e assumere la guida nell’affrontare in modo più efficace le crisi internazionali attuali e future. Plaudo pertanto all’attenzione che è stata dedicata alla posizione occupata dall’UE in seno al sistema delle Nazioni Unite, nelle istituzioni finanziarie internazionali e in altre istituzioni multilaterali, e concordo con le proposte di riforma che rafforzano svariate posizioni da noi adottate.

 
  
MPphoto
 
 

  Mário David (PPE), per iscritto. (PT) “Un gigante economico ma un nano politico”, un’espressione frequentemente utilizzata, assume un nuovo significato quando analizziamo la presenza dell’UE in seno alle organizzazioni internazionali e in altre organizzazioni regionali di cui fa parte. Occorre cambiare con urgenza le cose. Ritengo pertanto che questa relazione di iniziativa sia quanto mai puntuale, e meritevole in generale del mio sostegno. La relazione esamina il ruolo dell’UE quale attore globale nell’ambito degli organi internazionali. A tale proposito, convengo col relatore che ci sia ancora molta strada da fare per dare vita a un’azione europea esterna credibile, coerente e visibile, in quanto manca una strategia europea per ogni organizzazione di cui fanno parte gli Stati membri o l’UE. La complessità crescente che caratterizza l’assetto internazionale rende necessario un coordinamento obiettivo dei rapporti tra gli Stati membri, e tra gli Stati membri e l’UE nei vari contesti in cui interagiamo. Per questo abbiamo adottato il trattato di Lisbona. Inoltre, abbiamo già un esempio di buona pratica: la nostra presenza nell’OMC. Sussiste pertanto l’esigenza impellente che l’UE parli a una voce nei vari organi internazionali. Ritengo che redigere un Libro bianco sul tema, come proposto dalla relazione, potrebbe essere un buon “inizio della fine” di questa situazione bizzarra.

 
  
MPphoto
 
 

  Philippe de Villiers (EFD), per iscritto.(FR) Con le sue relazioni sulla politica estera comunitaria, il Parlamento ha dimostrato ancora una volta di avere una visione molto poco lungimirante.

Bruxelles sta cercando di imporre le politiche di sicurezza e di difesa e una diplomazia europea, ma sta fallendo nel suo intento: non per carenza di fondi, bensì perché la logica e le ipotesi che sottendono a tale approccio sono ancora sbagliate.

Tanto per iniziare, la voce dell’UE sulla scena internazionale fatica a farsi sentire. Soltanto pochi sostenitori di un’Europa federale vorrebbero sentirla parlare a una voce, eppure la diversità e la cooperazione diplomatica costituiscono il vero valore dell’Europa, che sia in seno alle Nazioni Unite o altrove.

In secondo luogo, nessuno presta attenzione ai borbottii impercettibili e incomprensibili dei leader europei, che non dispongono di alcun mandato e, soprattutto, di alcuna legittimità.

Quando l’Europa poi parla a una voce, non ha nulla da dire.

 
  
MPphoto
 
 

  Anne Delvaux (PPE), per iscritto.(FR) Accolgo con favore l’adozione di questa relazione, che chiede un ruolo più incisivo dell’Unione europea nelle strutture delle organizzazioni multilaterali (Nazioni Unite, istituzioni finanziarie internazionali, Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, Organizzazione mondiale del commercio, e così via).

All’inizio di maggio 2011, all’UE è stato conferito lo status di “superosservatore” dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il che significa che adesso l’UE potrà prendere la parola ed esercitare un diritto di replica in seno all’Assemblea analogamente agli altri Stati membri dell’ONU. è solo il primo passo: dovremmo insistere per ottenere di più.

Un altro elemento importante è la riforma del Consiglio di Sicurezza, volta a migliorarne la legittimità rivedendone la rappresentanza regionale. La relazione invita l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione a fare una cosa da me ritenuta importante, vale a dire cercare di addivenire a posizioni UE comuni sui temi oggetto di decisione in seno al Consiglio di Sicurezza, al fine di attuare tali posizioni attraverso votazioni congiunte e per evitare il ripresentarsi dei dissensi passati.

 
  
MPphoto
 
 

  Edite Estrela (S&D), per iscritto. (PT) Ho votato a favore della relazione, in quanto sostiene un rafforzamento del ruolo dell’UE nella pace, sicurezza e assetto normativo a livello globale. Affinché l’Unione possa affermarsi con risolutezza nella politica estera e alla luce degli obiettivi previsti nel trattato di Lisbona, occorre continuare ad adoperarsi perché l’UE ottenga un giorno un seggio permanente in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

 
  
MPphoto
 
 

  Diogo Feio (PPE), per iscritto. (PT) La risoluzione del Parlamento europeo riguarda il ruolo dell’UE nel sistema delle Nazioni Unite (ONU), nelle istituzioni finanziarie internazionali, nelle organizzazioni multilaterali di sicurezza, nella “diplomazia dei vertici” e in altre organizzazioni multilaterali, e chiede il rafforzamento del suo ruolo a livello multilaterale.

Emerge la necessità evidente di coordinare meglio l’azione dell’Unione, in quanto tale, con quella degli Stati membri. Credo che l’Unione debba svolgere un ruolo attivo e di guida nella riforma della governance globale, in modo da rendere le istituzioni e organizzazioni internazionali più legittime, efficaci e più aperte alla condivisione delle responsabilità.

Sono consapevole dei numerosi problemi che comporterebbe una revisione radicale del sistema attuale di rappresentanza istituzionale dell’Unione negli organi internazionali multilaterali, in particolare per quanto riguarda il rafforzamento potenziale della posizione dell’UE nell’ONU. L’insistenza di quest’Assemblea sull’esigenza di una revisione approfondita del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e sulla necessità di renderla maggiormente legittima, rappresentativa delle regioni ed efficace assegnando all’Unione un seggio permanente rimane pertanto un obiettivo difficile da raggiungere nel breve termine.

 
  
MPphoto
 
 

  José Manuel Fernandes (PPE), per iscritto.(PT) La relazione Muñiz De Urquiza riguarda l’impegno dell’UE quale attore globale e il suo ruolo nelle organizzazioni multilaterali. Il mondo è attualmente interessato da un processo importante di crescita in termini di globalizzazione, in particolare alla luce delle rivoluzioni e del passaggio alla democrazia di paesi tradizionalmente chiusi e governati da regimi totalitari, il che offre tutto un insieme di opportunità che l’UE non dovrebbe trascurare. Come indicato nella strategia europea per la sicurezza adottata nel 2003, l’impegno dell’Unione europea per un multilateralismo efficace è il principio guida della politica estera europea. La personalità giuridica attribuita all’UE dal trattato di Lisbona, ai sensi del quale l’Unione europea dovrebbe parlare a una voce, rafforza la sua capacità di partecipare e di essere autorizzata a esprimere un parere nelle varie organizzazioni internazionali dove si dibattono temi di politica estera di sicurezza e di difesa. Benché chieda un rafforzamento della cooperazione e degli aiuti allo sviluppo, concordo con le proposte della relatrice e ho votato a favore della sua relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  João Ferreira (GUE/NGL), per iscritto. (PT) L’UE non ha la legittimità che sta cercando di attribuirsi: ce l’hanno solamente gli Stati membri e le loro popolazioni.

La relazione cerca di legittimare e consolidare un percorso che è stato gradualmente delineato alle spalle dei cittadini, un affronto alla loro sovranità: alla sovranità nazionale e alla sua legittimità. Lo scopo consiste nell’assicurare una rappresentanza dell’UE in seno alle organizzazioni multilaterali – l’Organizzazione per il Trattato del Nord Atlantico (NATO), il Fondo monetario internazionale (FMI), l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e la Banca Mondiale – come se fosse un (super)stato. Sta tentando di sostituirsi agli Stati membri, intaccando pertanto lo spirito di organi quali l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in cui ogni paese e il suo popolo esercitano la medesima influenza, indipendentemente dalle dimensioni.

La relazione propone inoltre di incrementare, soprattutto attraverso il servizio europeo per l’azione esterna, le risorse a disposizione di un’agenda politica e diplomatica tra i cui obiettivi figurano l’aumento del peso e dell’influenza dell’UE in vari organi e organizzazioni, al fine di sfruttarle. Si tratta di un tentativo di sovvertire l’ordine internazionale attuale e di sostituirlo con uno nuovo, meno democratico, che garantisce condizioni migliori alle grandi aziende e alla finanza per perseguire le loro ambizioni nella conquista irrefrenabile di mercati e risorse.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) la maggioranza in Parlamento sta cercando di consolidare un percorso e una politica che mettono in secondo piano gli organi di sovranità nazionale e la sovranità dei popoli, presentando l’UE come detentrice di una legittimità che in realtà possiedono soltanto gli Stati membri e i loro popoli, per quanto loro costi.

Sta tentando di legittimare l’UE in seno alle organizzazioni multilaterali – l’Organizzazione per il Trattato del Nord Atlantico (NATO), il Fondo monetario internazionale (FMI), l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e la Banca Mondiale – e di sostituire gli Stati membri con organizzazioni di integrazione regionale, ad esempio in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in cui ogni paese e il suo popolo esercitano la medesima influenza, indipendentemente dalle dimensioni.

La relazione propone di incrementare, soprattutto attraverso il servizio europeo per l’azione esterna, le risorse per attuare un’agenda politica e diplomatica il cui obiettivo primario è l’aumento del peso e dell’influenza dell’UE in seno a queste organizzazioni, al fine di sfruttarle. Le finalità sono chiare: istituire un ordine internazionale nuovo, meno democratico, che garantisca condizioni migliori alle grandi aziende e alla finanza per competere nella conquista irrefrenabile dei mercati e nell’egemonia delle risorse naturali mondiali; a tal fine, è necessaria una maggiore militarizzazione dell’UE e una cooperazione integrata e permanente con la NATO, sotto la guida degli Stati Uniti e delle grandi potenze dell’UE.

Per questo abbiamo espresso voto contrario.

 
  
MPphoto
 
 

  Monika Flašíková Beňová (S&D), per iscritto. (EN) L’UE è il contribuente maggiore di aiuti per lo sviluppo e il blocco commerciale più importante, ma la rappresentanza dell’Unione in quanto tale nelle organizzazioni multilaterali è ancora frammentata. D’altro canto, gli Stati membri dell’UE sono eccessivamente rappresentati in tutte le organizzazioni multilaterali, ad eccezione dell’Organizzazione mondiale del commercio. Questa sovrarappresentanza – soprattutto nelle istituzioni di Bretton Woods – dà spesso luogo a dissonanze tra le voci europee e viene percepita come estremamente problematica dalle potenze emergenti, che considerano la situazione attuale ingiusta. Sarebbe opportuno che, nelle aree di competenza esclusiva, l’UE avesse un ruolo da protagonista e uno status di membro a pieno titolo, mentre gli Stati membri potrebbero anch’essi – ma non necessariamente – essere presenti in qualità di membri, pur non svolgendo un ruolo indipendente nella maggior parte delle istanze.

 
  
MPphoto
 
 

  Lorenzo Fontana (EFD), per iscritto. – Gli effetti del Trattato di Lisbona implicano necessariamente una revisione del ruolo svolto dall’UE in seno alle organizzazioni internazionali. Tuttavia, come troppo spesso ultimamente abbiamo constatato, la cosiddetta voce unica con la quale l’Europa dovrebbe approcciarsi alle questioni multilaterali risulta sovente lesiva di quelle che sono le prerogative e le autonomie decisionali degli Stati membri. Perciò, ritengo di presentare un voto di astensione, in quanto la relazione presenta degli aspetti positivi, i quali sono però vanificati dalle considerazioni espresse poc’anzi.

 
  
MPphoto
 
 

  Juozas Imbrasas (EFD), per iscritto. (LT) Ho avallato la relazione, in quanto il valore aggiunto dell’adesione dell’UE alle organizzazioni multilaterali è da ricercarsi nei settori in cui detiene competenze esclusive o condivise: questioni economiche e commerciali, politica ambientale, aiuti allo sviluppo, e politica di sicurezza e di difesa. Il trattato di Lisbona, introducendo la personalità giuridica dell’Unione, accresce la capacità dell’Unione europea di aderire a varie organizzazioni internazionali, attribuisce all’Unione un più ampio ventaglio di competenze in materia di politica esterna, le offre l’opportunità, in particolare con la creazione della carica di vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) e del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), di avere una voce più chiara e più forte nel mondo e incoraggia tutti i tipi di cooperazione mutuamente vantaggiosi con le organizzazioni internazionali e regionali e i gruppi di Stati pertinenti, e che consente all’UE di organizzarsi in modo da poter diventare un attore globale efficace. Ritengo che finora la rappresentanza dell’Unione europea e dei suoi Stati membri presso le organizzazioni multilaterali, i vertici informali e i regimi internazionali sia stata frammentata, spesso inefficace e molto diversificata. Sono inoltre dell’avviso che gli Stati membri dell’Unione europea dovrebbero sempre più considerare e contare sull’Unione come un moltiplicatore di potenza per conseguire gli obiettivi che non possono raggiungere in modo indipendente, e che il fatto di parlare in modo univoco non solo aumenta le probabilità di successo, ma migliora anche la legittimità e la credibilità dell’Unione europea quale importante attore internazionale nell’emergente mondo interpolare, senza ovviamente perdere la propria identità.

 
  
MPphoto
 
 

  Giovanni La Via (PPE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore di questa relazione perché il ruolo dell’UE nell’ambito del multilateralismo venga ancora più rafforzato negli anni futuri. Ciò anche in ossequio al Trattato di Lisbona che, conferendo personalità giuridica all’Unione, ne potenzia le capacità di aderire non solo alle varie organizzazioni internazionali ma anche a quelle regionali e ai Gruppi di Stati pertinenti. Tali rapporti potranno risolvere questioni di ordine economico e commerciale ma anche di tipo ambientale. Il contributo dell’Unione europea deve costituire un valore aggiunto anche in quelle organizzazioni multilaterali o nei vertici in cui non tutti i suoi membri sono rappresentati. Purtroppo recenti ma anche attuali crisi politiche e umanitarie nel mondo hanno richiesto una pronta e decisa azione da parte dell’UE. Spesso non è facile ma i paesi colpiti da tali crisi guardano ad un rapido intervento dell’UE non solo attraverso strumenti di politica estera ma anche di primo aiuto nelle emergenze.

 
  
MPphoto
 
 

  Petru Constantin Luhan (PPE), per iscritto. (RO) L’impegno dell’Unione europea nei confronti di un multilateralismo efficace è particolarmente importante. L’Unione deve tener conto della sua rappresentanza consolidata e di quella degli Stati membri presso le organizzazioni multilaterali. L’attuale, rapido moltiplicarsi di crisi politiche e umanitarie è preoccupante ed è un’indicazione della necessità di attuare tale stratega per l’UE. Al momento, l’Unione non sta adempiendo adeguatamente al proprio ruolo di attore globale. Credo che l’ampliamento e l’importanza del suo ruolo presso le organizzazioni multilaterali simboleggi un passo avanti autentico in termini di consolidamento della sua rilevanza globale.

 
  
MPphoto
 
 

  David Martin (S&D), per iscritto. (EN) Ho votato contro il paragrafo n. 20, in quanto non credo che i tempi siano maturi per assegnare all’UE un seggio permanente in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

 
  
MPphoto
 
 

  Barbara Matera (PPE), per iscritto. – Occorre rafforzare la dimensione esterna dell’UE poiché l’articolo 21 del Trattato UE promuove un sistema internazionale basato su una cooperazione multilaterale rafforzata in cui gli Stati membri assicurino che l’Unione possa affermare i suoi interessi e i suoi valori sulla scena internazionale. Con il Trattato di Lisbona sono state create nuove strutture permanenti per la rappresentanza esterna dell’UE ma tale nuova dimensione non permette ancora all’Unione di partecipare in modo unitario e a pieno titolo ai lavori in seno a numerosi organismi internazionali. In tal modo si rischia di compromettere l’impegno dell’Unione verso un multilateralismo efficace, limitando la sua capacità di decisione e indebolendo la sua credibilità.

Proprio a causa dell’aumento delle crisi politiche e umanitarie nel mondo l’UE dovrebbe sfruttare al meglio i propri strumenti di politica estera, in modo da garantire un migliore uso della sua capacità di leva in seno alle organizzazioni multilaterali e la sua capacità di assumere la guida nell’affrontare le crisi internazionali attuali e future. La promozione della democrazia e dei diritti umani, in particolar modo i diritti delle donne e dei bambini, la libertà di espressione e lo Stato di diritto dovrebbero essere al centro di tutte le azioni esterne dell’UE.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Luc Mélenchon (GUE/NGL), per iscritto.(FR) Ogni Stato membro ha il diritto di esprimere la propria opinione in seno agli organi internazionali. I governi vengono eletti, a differenza della baronessa Ashton, della Commissione europea e della Banca centrale europea, eppure questo testo cerca di imporcele come nostre uniche rappresentanti. Ho votato contro il tentativo di dire addio alla sovranità degli Stati sulla scena internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Melo (PPE), per iscritto. (PT) L’UE non può dimenticare il proprio ruolo di protagonista della scena globale sotto qualsiasi punto di vista. Come tale, deve rafforzare il proprio ruolo in tutte le organizzazioni multilaterali, in particolare nelle Nazioni Unite (ONU), in cui tale ruolo deve essere sempre più attivo ora che il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) è operativo.

 
  
MPphoto
 
 

  Louis Michel (ALDE), per iscritto.(FR) Di fronte alla grandi sfide della nostra epoca, le nazioni sono impossibilitate ad agire da sole. L’azione multilaterale è l’unico modo per permettere agli Stati di controllare le sfide attualmente presenti nel mondo. Le crisi economiche, finanziarie e alimentari, i cambiamenti climatici e i conflitti ci hanno insegnato che dobbiamo creare con urgenza una forma di governance globale, o quello che Jacques Attali definisce uno “Stato mondiale”. Naturalmente, all’Europa spetta un ruolo importante in questa nuova arena politica globale, in quanto potenza mondiale “morbida” che si basa su regole e norme e che guida tramite l’esempio. Ai sensi del trattato di Lisbona, l’Europa ha le basi che le servono per affermarsi sia politicamente sia economicamente.

 
  
MPphoto
 
 

  Wojciech Michał Olejniczak (S&D), per iscritto.(PL) Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul ruolo che dovrebbe ricoprire l’Unione europea presso le organizzazioni multilaterali. In linea di principio, è stato approvato il rafforzamento del ruolo dell’UE nelle sedi multilaterali. Grazie all’accordo raggiunto e alle misure congiunte intraprese, l’Unione europea sta diventando un modello per il funzionamento di un assetto mondiale basato sul diritto internazionale.

Per questo è stato posto l’accento sulla necessità che l’UE cooperi con le regioni più in vista, e che partecipi attivamente alla creazione di una comunità internazionale. Tra gli altri requisiti figurano la cooperazione tra gli Stati membri e il raggiungimento di una posizione comune, inter alia, sulla questione del risparmio e dei tagli di bilancio. L’UE e gli Stati membri devono intraprendere iniziative per accrescere il ruolo dell’UE e rafforzarne la posizione in seno all’ONU (occorre in particolare apportare cambiamenti in termini di sostegno all’ONU in materia di politiche umanitarie e aiuti e sulla questione della risoluzione dei conflitti).

Nel quadro della cooperazione con le istituzioni finanziarie internazionali, l’’UE deve individuare una soluzione al problema della rappresentanza economica e finanziaria esterna, che limita l’influenza dell’UE. Per quanto riguarda il ruolo dell’UE nelle organizzazioni multilaterali di sicurezza, si è detto che andrebbero snellite le norme che permettono all’Unione europea di beneficiare dei finanziamenti della NATO. Bisognerebbe riflettere se conferire all’UE una maggiore responsabilità e affidarle un ruolo più efficace nel conseguimento di obiettivi congiunti (partecipare al dialogo congiunto, decidere e coordinare misure congiunte, ecc.) ai sensi dell’accordo tra UE e OSCE.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria do Céu Patrão Neves (PPE), per iscritto. (PT) Questa relazione intitolata “L’UE quale attore globale: il suo ruolo nell’ambito delle organizzazioni multilaterali” presenta una panoramica del ruolo dell’UE. Mi sono espressa a favore del documento, in quanto concordo con la sua visione e ambizione di un’UE con una forte presenza sulla scena internazionale. A parte il valore di ogni Stato membro preso singolarmente, l’UE, come organizzazione, può offrire la sua esperienza organizzativa alla comunità internazionale. In verità, i meccanismi dell’Unione europea per la costruzione del consenso e l’adozione di misure concertate fanno dell’UE un modello esemplare per un ordine internazionale basato sulle regole. Alla luce di ciò, vi è la necessità che l’UE cooperi con i principali poteri regionali e partecipi attivamente alla costruzione e al miglioramento di un contesto internazionale che consenta all’UE di promuovere i propri valori e interessi, come richiesto dal trattato. Per quanto riguarda l’aspirazione dell’Unione europea di essere un attore globale, è pertanto essenziale rafforzare il coordinamento interno per parlare con una sola voce. è l’unico modo per conseguire la cooperazione multilaterale affrontare problemi internazionali, in particolare quelli derivanti dalla responsabilità di proteggere e dalla necessità di incrementare la sicurezza dell’uomo, quali strumenti per conseguire la sicurezza globale.

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Rangel (PPE), per iscritto. (PT) Nel contesto attuale, è molto importante che l’UE riesca ad affermarsi quale attore globale, capace di reagire efficacemente alle sfide impegnative presenti a livello globale. Come tale, dovrà impegnarsi a favore di un coordinamento interno maggiore, per poter parlare a una voce, moltiplicando così non soltanto le probabilità di successo delle sue azioni, ma anche la sua legittimità e credibilità a livello internazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Tra gli altri aspetti, la relazione riporta l’osservazione del Parlamento secondo cui i meccanismi dell’Unione europea per la costruzione del consenso e l’adozione di misure concertate fanno dell’UE un modello esemplare per un ordine internazionale basato sulle regole. Sottolinea pertanto la necessità che l’UE cooperi con i principali poteri regionali e partecipi attivamente alla costruzione e al miglioramento di un contesto internazionale che consenta all’UE di promuovere i propri valori e interessi, come richiesto dal trattato. In particolare negli ambiti in cui dispone di competenze esclusive o condivise, ritiene essenziali, per quanto riguarda l’aspirazione e l’esigenza dell’Unione europea di essere un efficace attore globale e di salvaguardare la propria posizione, il rafforzamento del coordinamento interno necessario per parlare con una sola voce, la capacità di plasmare la cooperazione multilaterale e guidare l’azione collettiva quando si affrontino problemi internazionali, in particolare quelli derivanti dalla responsabilità di proteggere e dalla necessità di incrementare la sicurezza dell’uomo, quali strumenti per conseguire la sicurezza globale.

 
  
MPphoto
 
 

  Licia Ronzulli (PPE), per iscritto. – Il testo finale di questa relazione rafforza il ruolo strategico dell’Ue nell’ambito delle organizzazioni internazionali. Per fare questo bisogna innanzi tutto promuovere una partecipazione che sia attiva e concreta, e che permetta un rafforzamento sia della cooperazione interna che di quella esterna. Questa deve essere la via maestra per rafforzare la legittimazione delle decisioni prese, garantendo altresì una piena condivisione delle responsabilità. Gli Stati Membri devono infine coordinarsi in seno al Consiglio dei diritti dell’uomo, in modo da stabilire criteri d’accesso chiari e rigorosi, specialmente per i Paesi in cui le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno.

 
  
MPphoto
 
 

  Catherine Stihler (S&D), per iscritto. (EN) Sono a favore del mantenimento del seggio del Regno Unito in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

 
  
MPphoto
 
 

  Nuno Teixeira (PPE), per iscritto. (PT) Oggi l’Unione europea è una vera protagonista sul palcoscenico mondiale. Il suo ruolo in seno alle organizzazioni multilaterali internazionali è visibilmente in aumento e si è dimostrato sempre più rilevante. L’Unione europea dovrebbe assumere un attivo ruolo di guida nella riforma della governance globale. Mi riferisco in particolare alla necessità di riformare il sistema delle Nazioni Unite (ONU) al fine di assegnare un seggio all’Unione e, in particolare, alla sua rappresentanza in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Ciò implica un livello impegnativo di coordinamento delle posizioni degli Stati membri, ma il risultato sarebbe una maggiore coerenza, visibilità e credibilità delle azioni comunitarie a livello internazionale. L’UE dovrebbe trarre ispirazione dal modello seguito nel caso dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Ai fini di una cooperazione più coerente e meglio integrata, dovrebbe ottenere lo status di osservatore in seno all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), essere più strettamente coordinata al Consiglio d’Europa e partecipare pienamente alle attività del G7/G8 e del G20.

 
  
MPphoto
 
 

  Niki Tzavela (EFD), per iscritto. (EL) Questa risoluzione specifica rafforza il ruolo ricoperto dall’UE nel sistema multilaterale. Nello specifico, chiarisce il ruolo svolto dall’UE negli istituti di credito internazionali, nel sistema dell’ONU, nelle organizzazioni multilaterali di sicurezza e in altre organizzazioni multilaterali in generale, quali l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica. Viene infine chiarito il ruolo dell’UE nella diplomazia dei vertici. Considerando che la cooperazione europea è una necessità, e non una scelta, ho votato a favore della proposta di risoluzione del Parlamento europeo sull’UE quale attore globale.

 
  
MPphoto
 
 

  Dominique Vlasto (PPE), per iscritto.(FR) In seguito all’adozione del trattato di Lisbona, le attività diplomatiche dell’Unione europea si sono intensificate al fine di migliorare la visibilità dell’Europa sulla scena internazionale. Accolgo con favore l’adozione della relazione, che chiede una maggiore rappresentanza delle istituzioni comunitarie in seno alle organizzazioni internazionali. L’Europa a 27 ora è più forte. I nuovi Stati membri hanno aumentato la forza economica e demografica dell’Unione. Tuttavia, con l’allargamento l’equilibrio e il coordinamento tra gli Stati membri sono venuti meno. Il messaggio europeo è cambiato: è diventato più ricco e complesso. A mio parere, se vogliamo migliorare la rappresentanza dell’Unione europea nelle organizzazioni multilaterali, dobbiamo prima raggiungere un consenso. Mi rallegra constatare il sostegno dell’Unione alla strategia delle Nazioni Unite, specialmente nel caso della politica umanitaria e della risoluzione dei conflitti. L’Europa e l’ONU hanno innumerevoli obiettivi e interessi in comune che, a mio parere, giustificano una cooperazione ancora più stretta e le sinergie delle risorse. Vorrei pertanto che all’Europa venisse concessa una posizione più rilevante in seno all’ONU, in particolare nell’Assemblea generale.

 
  
MPphoto
 
 

  Angelika Werthmann (NI), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della relazione. L’UE deve accrescere la sua indipendenza e sviluppare il proprio dialogo con i paesi terzi. Deve far sentire di più la propria voce e fare fronte comune, e deve reagire più tempestivamente per poter essere un partner affidabile e degno di fiducia.

 
  
MPphoto
 
 

  Zbigniew Ziobro (ECR), per iscritto.(PL) Ultimamente la situazione internazionale ha subito cambiamenti ancor più repentini. L’importanza economica crescente dell’Asia, i movimenti rivoluzionari in Africa, l’aumento della minaccia terroristica, l’esigenza di elaborare strategie europee congiunte e sostenibili nel campo delle materie prime e le violazioni sempre più frequenti dei diritti umani sono soltanto alcuni dei problemi a cui deve oggi far fronte la diplomazia dell’UE. L’esperienza ci ha insegnato che spesso la diplomazia è impotente. La politica estera dell’Unione europea sembra il frutto di decisioni affrettate e poco coordinate. Inoltre, in svariate occasioni il concetto di politiche europee congiunte e sostenibili è stato messo in secondo piano dagli interessi dei paesi più grandi della “vecchia” UE. Un esempio illuminante in tal senso è l’assenza di una norma che garantisca l’equilibrio geografico all’atto di assegnare le cariche in seno al servizio europeo per l’azione esterna. Questo sistema va cambiato, ed è per questa ragione che non ho sostenuto la relazione Muñiz De Urquiza. Ritengo che identifichi le condizioni chiave a cui dovrebbero conformarsi l’UE e gli Stati membri per poter adempiere meglio ai compiti sanciti dal trattato di Lisbona. Tuttavia, non dovremmo riproporci di sostituire la NATO con un nuovo esercito europeo, e dovremmo invece concentrarci su una divisione adeguata dei compiti nel corso delle crisi internazionali. Il ruolo dell’UE potrebbe consistere nella fornitura di aiuti umanitari, mentre l’Alleanza Nordatlantica coordinerebbe gli interventi militari. Tale ripartizione dei compiti potrebbe anche consentire di rafforzare la cooperazione con il partner commerciale e militare più importante dell’UE, vale a dire gli Stati Uniti.

 
Note legali - Informativa sulla privacy