RELAZIONE sul trattato di Lisbona

29.1.2008 - (2007/2286(INI))

Commissione per gli affari costituzionali
Relatori: Richard Corbett e Íñigo Méndez de Vigo

Procedura : 2007/2286(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento :  
A6-0013/2008

PROPOSTA DI RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO

sul trattato di Lisbona

(2007/2286(INI))

Il Parlamento europeo,

–   visto il trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato il 13 dicembre 2007,

–   visti il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, modificati dall'Atto unico europeo e dai trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza,

–   vista la Carta dei diritti fondamentali del 12 dicembre 2007[1],

–   vista la dichiarazione di Laeken, del 15 dicembre 2001, sul futuro dell'Unione[2],

–   visto il trattato che istituisce la Costituzione per l'Europa, firmato il 29 ottobre 2004, a Roma,

–   viste le sue risoluzioni del 7 giugno 2007 sul tracciato per il processo costituzionale dell'Unione europea[3] e dell'11 luglio 2007 sulla convocazione della Conferenza intergovernativa[4],

–   visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–   visti la relazione della commissione per gli affari costituzionali e i pareri della commissione per lo sviluppo regionale, della commissione per gli affari esteri, della commissione per lo sviluppo, della commissione per il commercio internazionale, della commissione per i bilanci, della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia e della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (A6-0013/2008),

CONSIDERANDO:

A. che negli ultimi 50 anni lo sviluppo dell'Unione europea è stato fondamentale per creare uno spazio di pace e di stabilità in un continente che era stato sconvolto dalla guerra, per consolidare la democrazia, la libertà e i diritti dei cittadini, per rafforzare la prosperità, la solidarietà e il benessere tramite la creazione del mercato unico più vasto del mondo, con regole comuni sulle norme sociali, una protezione dei consumatori e dell'ambiente e una concorrenza leale e un'unione economica e monetaria, per consentire agli Stati membri di cooperare, affrontando questioni che oltrepassano i confini nazionali, e per accrescere il peso dell'Europa nel mondo,

B.  l'effettiva necessità di riformare e rafforzare le strutture dell'Unione per poter consolidare questi risultati e per accrescere la capacità di un'Unione di 27, e potenzialmente più, Stati membri di funzionare in modo efficace, di far fronte a nuove sfide comuni e di essere soggetta a un maggior controllo democratico;

C. che questa necessità è all'origine delle riforme successive che, fin dal trattato di Maastricht, che ha rappresentato un passo verso l'integrazione europea, con la creazione di un'unità economica e monetaria e il passaggio da una comunità essenzialmente economica a un'Unione politica, hanno puntato a stabilire la struttura istituzionale dell'Unione e condotto alla dichiarazione di Laeken, che ha indicato la via verso un processo di riforma basato sul metodo della Convenzione e non più unicamente sulle Conferenze intergovernative,

D. che il trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa è stato elaborato da una Convenzione, composta da due rappresentanti di ciascun parlamento nazionale, da 16 deputati al PE, da due rappresentanti della Commissione europea e da un rappresentante di ciascun governo nazionale, che ha elaborato un progetto di deliberazione pubblica, generando un consenso che la Conferenza intergovernativa del 2004 ha lasciato essenzialmente immutato, mentre il successivo trattato di Lisbona, che ha eliminato talune caratteristiche della Costituzione, è il risultato di metodi più tradizionali, pur essendo stato messo a punto con la piena partecipazione di tre rappresentanti del Parlamento europeo,

E.  che il precedente tentativo inteso a riformare l'Unione sostituendo i trattati con una Costituzione è stato accolto favorevolmente dalla maggioranza dei rappresentanti dei cittadini europei eletti al Parlamento europeo[5] ed è stato ratificato dai due terzi degli Stati membri, ma respinto da due di essi (Francia e Paesi Bassi); che dopo un periodo di riflessione è stato chiaro che la necessaria approvazione di tutti gli Stati membri non sarebbe stata raggiunta e tale approccio è stato pertanto abbandonato a favore della modifica dei trattati in vigore,

F.  che tale cambiamento di metodo e di procedura, pur conservando in una nuova forma molti miglioramenti operativi per la struttura istituzionale dell'Unione che esso prevedeva, ha comportato una riduzione delle ambizioni e l'abbandono di diverse caratteristiche della Costituzione, il differimento dell'entrata in vigore di taluni suoi nuovi meccanismi e l'incorporazione nei trattati di misure particolari, specifiche a diversi Stati membri,

G. che, ciononostante, l'accordo di ogni singolo governo nazionale dell’Unione sul trattato di Lisbona dimostra che i governi eletti di tutti gli Stati membri ritengono che tale compromesso costituisca il fondamento su cui auspicano cooperare nel futuro e che esso richiederà a ciascuno di loro di dar prova del massimo impegno politico assicurando la ratifica del trattato prima del 1° gennaio 2009,

H. che è auspicabile che il trattato di Lisbona venga ratificato da tutti gli Stati membri entro la fine del 2008, onde consentire ai cittadini di effettuare, in occasione delle elezioni del 2009, le proprie scelte politiche con piena conoscenza del nuovo quadro istituzionale dell'Unione,

Un passo positivo per il futuro dell'Unione

1.  conclude che il trattato di Lisbona rappresenta nel complesso un miglioramento sostanziale rispetto ai trattati vigenti e che esso aumenterà la responsabilità democratica e la capacità decisionale dell'Unione (mediante un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo e di quello dei parlamenti nazionali), rafforzerà i diritti dei cittadini europei nei confronti dell'Unione e migliorerà l’efficacia del funzionamento delle sue istituzioni;

Maggiore responsabilità democratica

2.  si compiace del fatto che il controllo democratico e la capacità decisionale saranno rafforzati, per cui i cittadini saranno in grado di controllare meglio l'operato dell'Unione europea, il che deriva in particolare dai seguenti miglioramenti:

a)  l'adozione di tutta la legislazione dell'Unione europea sarà soggetta a un livello di controllo parlamentare che non esiste in nessun'altra struttura sovranazionale o internazionale:

     –    tutta la legislazione europea sarà soggetta, con poche eccezioni, alla duplice approvazione, in termini uguali, del Consiglio (composto di ministri nazionali, responsabili dinanzi ai propri parlamenti) e del Parlamento europeo (composto di membri direttamente eletti);

     –    la verifica preliminare dei parlamenti nazionali di tutta la legislazione dell’Unione sarà rafforzata, dal momento che riceveranno tutte le proposte dell'Unione europea in tempo utile per discuterle con i loro ministri, prima che il Consiglio adotti una posizione, e avranno anche il diritto di pretendere un nuovo esame di una proposta se ritengono che non rispetti il principio di sussidiarietà;

b)  il Presidente della Commissione verrà eletto dal Parlamento europeo, su proposta del Consiglio europeo tenendo conto dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo;

c)  l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza sarà nominato sia dal Consiglio europeo che dal Presidente della Commissione e, in qualità di membro della Commissione, deve essere sottoposto alla stessa procedura di investitura di ogni altro Commissario;

d)  verrà istituita una nuova procedura di bilancio più semplice e più democratica, con un'unica lettura: la distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie sarà abolita assicurando così la completa parità tra Parlamento e Consiglio per quanto concerne l'approvazione dell’intero bilancio annuale, mentre al Parlamento sarà garantito altresì il diritto di approvazione per quanto concerne il quadro finanziario pluriennale giuridicamente vincolante;

e)  il controllo democratico in relazione alle competenze legislative delegate alla Commissione sarà rafforzato mediante un nuovo sistema di supervisione in base al quale il Parlamento europeo o il Consiglio può revocare le decisioni della Commissione ovvero ritirare la delega di tali competenze;

f)   sarà necessario il parere conforme del Parlamento europeo per l’approvazione di un’ampia serie di accordi internazionali firmati dall’Unione, compresi quelli relativi agli ambiti soggetti alla procedura legislativa ordinaria nella sfera interna dell’Unione;

g)  il Consiglio si riunirà in seduta pubblica al momento di deliberare o votare su progetti di atti legislativi, consentendo così ai cittadini di seguire l'azione dei loro governi in seno al Consiglio;

h)  le agenzie, in particolare Europol e Eurojust, saranno soggette a un maggior controllo parlamentare;

i)   il Comitato delle regioni acquista la possibilità di rivolgersi alla Corte di giustizia delle Comunità europee, il mandato dei suoi membri viene portato a cinque anni e le sue relazioni con il Parlamento europeo vengono definite con maggiore chiarezza;

j)   la procedura di revisione dei trattati sarà, in futuro, più aperta e democratica, dato che il Parlamento europeo acquisirà la facoltà di presentare proposte a tal fine; l'esame di qualsiasi proposta di revisione dovrà essere effettuato da una Convenzione che comprende rappresentanti dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, a meno che quest'ultimo non decida che ciò non è necessario, mentre vengono introdotte nuove procedure semplificate di revisione per modificare, all'unanimità, alcune disposizioni del trattato con l'approvazione dei parlamenti nazionali;

Affermazione dei valori, rafforzamento dei diritti dei cittadini, miglioramento della chiarezza

3.  si compiace del fatto che i diritti dei cittadini saranno rafforzati grazie ai seguenti miglioramenti:

a)  la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che definisce un elenco completo e aggiornato dei diritti, civili, politici, economici e sociali, diventa giuridicamente vincolante; fornisce certezza giuridica ai cittadini dell'Unione garantendo che tutte le disposizioni del diritto dell’UE e tutte le misure prese dalle istituzioni dell'Unione europea o basate su detto diritto si conformino a tali norme, nel rispetto del principio di sussidiarietà;

b)  l'Unione deve chiedere di aderire alla Convenzione europea dei diritti umani, sottoponendosi in tal modo allo stesso controllo esterno cui sono soggetti i suoi Stati membri per quanto attiene all’obbligo di rispettare i diritti dei cittadini;

c)  nuove disposizioni agevoleranno la partecipazione dei cittadini e delle associazioni rappresentative della società civile alle deliberazioni dell'Unione; sarà incoraggiato il dialogo con le parti sociali e il dialogo con le chiese, le comunità religiose e le organizzazioni non confessionali;

d)  l'introduzione di un'iniziativa dei cittadini europei consentirà a questi ultimi di formulare proposte su questioni per le quali ritengono che un atto giuridico a livello dell’Unione sia necessario ai fini dell'attuazione dei trattati;

e)  sarà rafforzata la tutela giudiziaria dei cittadini, per via del fatto che la Corte di giustizia dell’Unione europea estenderà la propria giurisdizione ai settori libertà, sicurezza e giustizia, così come agli atti del Consiglio europeo, della Banca centrale europea e di organismi dell'Unione, mentre, parallelamente, si prevedono per le persone fisiche e giuridiche maggiori possibilità di avere accesso ai procedimenti della Corte;

4.  si compiace del fatto che il trattato stabilisca in modo più chiaro e più visibile i valori, comuni a tutti gli Stati membri, sui quali l'Unione si fonda, nonché gli obiettivi dell'Unione e i principi che ne governano l'azione e le relazioni con gli Stati membri:

a)  il trattato fornisce una chiara definizione delle competenze dell'Unione nei confronti degli Stati membri, in conformità del principio secondo cui qualsiasi competenza non attribuita all'Unione dai trattati appartiene agli Stati membri;

b)  viene posto maggiormente l'accento su politiche a palese beneficio dei cittadini: nuove disposizioni di applicazione generale riguardano la promozione di un elevato livello occupazionale, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro l'emarginazione sociale, un livello elevato di istruzione, formazione e salute, l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione e la promozione della parità fra donne e uomini; nuove disposizioni rafforzano la promozione di uno sviluppo sostenibile e la tutela dell'ambiente, compresa la lotta contro il cambiamento climatico, e la tutela di servizi d'interesse generale; la coesione economica, sociale e territoriale è ribadita come uno degli obiettivi dell'Unione;

c)  la confusione tra "Comunità europea" e "Unione europea" finirà perché l'Unione europea diventerà un'unica struttura ed entità giuridica;

d)  una clausola di solidarietà fra Stati membri fa sì che i cittadini possano aspettarsi di ricevere sostegno da tutte le parti dell'Unione in caso di attacco terroristico, di calamità naturale o di disastro causato dall'uomo;

e)  il trattato ribadisce la specificità dell'organizzazione istituzionale dell'Unione, alla quale gli Stati membri affidano talune competenze che ritengono possano essere esercitate meglio mediante meccanismi comuni, fornendo al contempo, a scapito di qualsiasi dubbio, garanzie sufficienti che l'Unione non diventerà un "superstato" onnipotente e centralizzato:

     –    l'obbligo di rispettare l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali, nonché le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza interna;

           –    i principi delle competenze conferite (in base ai quali l'Unione dispone solo delle competenze che le sono conferite dagli Stati membri), della sussidiarietà e della proporzionalità;

           –    la partecipazione degli Stati membri al sistema decisionale dell'Unione e alle decisioni in merito a eventuali sue modifiche;

           –    il riconoscimento a ciascuno Stato membro del diritto di uscire dall'Unione, qualora lo auspichi;

Una maggiore efficacia

5.  plaude al fatto che il nuovo trattato rafforzerà la capacità delle istituzioni dell'Unione di svolgere i propri compiti in modo più efficace, dato che:

a)  gli ambiti in cui i governi in seno al Consiglio decidono mediante votazione a maggioranza qualificata, anziché all'unanimità, aumenteranno notevolmente, consentendo all'Unione di 27 Stati membri di funzionare senza essere bloccata da veti;

b)  un nuovo sistema di doppia maggioranza faciliterà il processo decisionale in seno al Consiglio;

c)  il Consiglio europeo diverrà un'istituzione dell'Unione europea a tutti gli effetti e la sua Presidenza di turno semestrale sarà sostituita da un Presidente eletto dai suoi membri per un periodo di due anni e mezzo, consentendo una maggiore coerenza nella preparazione e nella continuità dei suoi lavori;

d)  dal 2014, il numero dei membri della Commissione sarà ridotto a 2/3 del numero di Stati membri, il che migliorerà la capacità d'azione della Commissione e indicherà ancora più chiaramente che i Commissari rappresentano gli interessi europei e non quelli dei loro paesi d'origine, mentre un sistema di rotazione continuerà a garantire pari opportunità di partecipazione a tutti gli Stati membri;

e)  la visibilità e la capacità dell'Unione in qualità di attore globale saranno notevolmente rafforzate:

           –    l'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione europea e il Commissario per le relazioni esterne – due cariche che comportano duplicazioni e confusioni – verranno fusi in un Vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che presiederà il Consiglio dei ministri degli esteri e sarà in grado di parlare per l'Unione sui temi in merito ai quali quest'ultima ha una posizione comune, assicurando in tal modo maggiore coerenza nell’azione esterna dell’Unione;

           –    vi sarà un unico servizio di azione esterna composto da funzionari della Commissione, del Consiglio e dei servizi diplomatici nazionali, che potrà essere istituito dal Consiglio solamente con l'approvazione della Commissione e previa consultazione del Parlamento; tale servizio esterno sarà diretto dal Vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante e permetterà di conferire una maggiore coerenza all'elaborazione e all'attuazione della politica estera dell'Unione;

           –    la capacità dell'Unione di mettere a punto strutture comuni nel settore della politica di sicurezza e di difesa sarà rafforzata, tra l’altro mediante l’introduzione di una clausola che prevede aiuto e assistenza reciproci in caso di aggressione armata, rafforzando così il senso di sicurezza dei cittadini, pur garantendo la necessaria flessibilità per tenere conto dei vari approcci degli Stati membri a tali questioni;

f)  la distinzione fra strumenti legislativi ed esecutivi sarà chiarita e una nuova definizione di atti delegati consentirà di semplificare e di razionalizzare la legislazione dell'Unione;

g) la struttura a pilastri viene abbandonata, consentendo unità d'azione nei vari campi di attività dell'Unione, con meccanismi e strumenti semplificati, sebbene la natura specifica della politica estera e di sicurezza richieda procedure specifiche in tali ambiti;

h) l'azione nel settore della libertà, sicurezza e giustizia avrà obiettivi più ambiziosi e procedure più efficaci, senza più ricorrere a procedure e strumenti intergovernativi separati, e sarà soggetta a controllo giudiziario, garantendo progressi tangibili per quanto riguarda questioni di giustizia, sicurezza e immigrazione;

i)  vengono definiti con maggiore chiarezza gli obiettivi e le competenze dell'Unione in materia di cambiamento climatico, diritti dei minori, politica europea di vicinato, aiuti umanitari, energia (compreso un riferimento nel trattato alla solidarietà tra Stati membri in tale ambito), spazio, ricerca, turismo, sport, salute pubblica e protezione civile; la politica commerciale comune è riconosciuta di competenza esclusiva dell’Unione;

j)  per una serie di altre questioni sarà possibile applicare metodi decisionali più efficaci, non appena vi sarà la volontà politica in tal senso;

k) vi è più spazio per accordi flessibili quando non tutti gli Stati membri sono disposti o in grado di portare avanti alcune politiche allo stesso tempo;

Preoccupazioni

6.   è consapevole del diffuso rammarico imputabile al fatto che, a seguito dei risultati negativi dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi e per garantire un nuovo accordo fra i 27 Stati membri, è stato necessario:

      –    abbandonare l'approccio costituzionale e talune sue caratteristiche, come la nozione di un'Unione fondata sulla volontà dei suoi cittadini e degli Stati membri, un testo unico e strutturato, una terminologia più chiara per designare gli strumenti legislativi, l'inclusione nel trattato della bandiera e dell'inno europeo, nonché l’uso del titolo "Ministro degli affari esteri" invece di “Alto Rappresentante";

      –    posporre l'applicazione di importanti elementi del nuovo trattato, come l'entrata in vigore di un nuovo sistema di votazione in seno al Consiglio (corredato di disposizioni speciali per deferire le votazioni, noto come il "compromesso di Ioannina") e aggiungere meccanismi restrittivi, come i "freni d'emergenza", alla procedura legislativa ordinaria, in taluni settori di competenza;

      –    introdurre nel trattato varie misure specifiche per determinati Stati membri, come l'estensione delle disposizioni "opt-in" relativamente alla cooperazione in materia di polizia e penale per due Stati membri, il protocollo che limita gli effetti della Carta sul diritto interno di due Stati membri e il seggio parlamentare supplementare attribuito a uno Stato membro, in deroga al principio della proporzionalità degressiva;

      –    modificare la formulazione di vari passaggi del trattato, o quella dei protocolli e delle dichiarazioni ad esso allegati, comportando un passaggio ingiustificato a un tono negativo, che trasmette un'impressione di sfiducia nei confronti dell'Unione e delle sue istituzioni e, in tal modo, invia un segnale errato al pubblico;

Conclusioni

7.   approva il trattato e sottolinea la necessità che tutti gli Stati membri dell'Unione giungano a ratificarlo in tempo utile affinché esso possa entrare in vigore il 1° gennaio 2009;

8.   ritiene che il trattato di Lisbona fornirà una struttura stabile che permetterà ulteriori sviluppi dell'Unione in futuro;

9.   è consapevole del fatto che un trattato modificativo è inevitabilmente meno chiaro e leggibile di un trattato codificato; chiede pertanto la rapida pubblicazione dei trattati consolidati riveduti dal trattato di Lisbona, che fornirebbe ai cittadini un testo comunitario di base più chiaro;

10. ribadisce la richiesta che siano effettuati tutti gli sforzi possibili, da parte delle istituzioni dell'UE e delle autorità nazionali, conformemente al principio di una cooperazione leale, per informare i cittadini europei in modo chiaro e obiettivo sul contenuto del trattato;

11. incarica la propria commissione responsabile di elaborare le necessarie modifiche al suo regolamento e di valutare la necessità di ulteriori misure di esecuzione;

12. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione e la relazione della commissione per gli affari costituzionali ai parlamenti nazionali degli Stati membri, al Consiglio, alla Commissione e agli ex membri della Convenzione sul futuro dell'Europa, nonché di assicurare che i servizi del Parlamento, compresi i suoi Uffici esterni, forniscano ampie informazioni sulla posizione del Parlamento relativamente al trattato.

(Traduzione esterna)

  • [1]     Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, del 7 dicembre 2000, proclamata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.
  • [2]     Consiglio europeo di Laeken, dichiarazione di Laeken sul futuro dell'Unione, SN 273/01, 15.12.2001.
  • [3]     Testi approvati, P6_TA(2007)0234.
  • [4]     Testi approvati, P6_TA(2007)0328.
  • [5]     Con 500 voti favorevoli, 137 contrari e 40 astensioni (risoluzione del Parlamento europeo, del 12 gennaio 2005, sul trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa – relazione Corbett/Méndez de Vigo, GU C 247 E del 6.10.2005, pag. 88).

MOTIVAZIONE

C’è una marea nelle cose degli uomini

che, colta al flusso, mena alla fortuna;

negletta, tutto il viaggio della vita

s’incaglia su fondali di miserie.

Noi ci troviamo appunto a bordeggiare

in questo mare aperto;

sta a noi saper seguire la corrente

in un momento che ci è favorevole,

o rassegnarci a perder la partita.

William Shakespeare, Giulio Cesare. (Traduz. di Goffredo Raponi)

I.    Contesto

1.   Il processo di integrazione europea naviga in acque tutt'altro che calme. Nel 2004 a noi corelatori è stato concesso il privilegio di realizzare la relazione del Parlamento sul trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa e oggi, a tre anni di distanza, vediamo affidarci la stessa responsabilità per il trattato di Lisbona che lo ha sostituito.

Ci troviamo così nella singolare posizione di doverci porre l'antico interrogativo se sia o meno possibile discendere due volte nello stesso fiume e la risposta deve essere "sì", dato che è il solo modo che ci consente di guidare il Parlamento e, con le parole di William Shakespeare, fargli "seguire la corrente in un momento che ci è favorevole" per non "rassegnarci a perder la partita".

Il compito affidato ai corelatori è per sua natura necessariamente didattico e, come nel 2004, ci proponiamo di porre a confronto i trattati attualmente in vigore con il trattato sottoscritto a Lisbona il 13 dicembre 2007 e al momento in fase di ratifica nei 27 Stati membri.

Per sapere dove siamo diretti, sembra opportuno chiederci da dove veniamo. Oltre mezzo secolo fa, la dichiarazione di Schuman ha segnato il punto di partenza di un ambizioso progetto: unire gli europei, lacerati per secoli da lotte fratricide, attorno ad un progetto comune.

Dalla fondazione della prima Comunità europea (del carbone e dell'acciaio: trattato di Parigi del 18 aprile 1951[1]), che riuniva sei paesi dell'Europa occidentale[2], la costruzione comunitaria si è estesa a ventisette Stati europei[3]e ha visto il proprio campo d'azione estendersi a nuovi settori attraverso la Comunità economica e quella dell'energia atomica (Euratom) (trattati di Roma del 25 marzo 1957[4]), e, in seguito, dell'Unione europea (trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992).

2.   Il Parlamento europeo, dalla sua elezione a suffragio universale a partire dal 1979, ha costantemente cercato di democratizzare e rendere più efficace e trasparente il funzionamento di quella che sarebbe divenuta l'Unione europea. Approvando il 14 febbraio 1984 il primo progetto di trattato che istituisce l'Unione europea (il cosiddetto "progetto Spinelli", dal nome del relatore), il Parlamento ha avviato un movimento di riforme che si sarebbero succedute nel corso del ventennio seguente, e che hanno dato vita a: atto unico europeo[5], trattato di Maastricht[6], trattato di Amsterdam[7], trattato di Nizza[8], trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa[9] e, oggi, il trattato di Lisbona[10].

In ciascuna di queste tappe, grazie all'impulso della sua commissione per gli affari istituzionali – divenuta nel 1999 commissione per gli affari costituzionali – il Parlamento europeo ha partecipato attivamente alla riflessione preparatoria e proceduto alla valutazione dei risultati delle diverse conferenze intergovernative (CIG)[11].

Sin dall'inizio di questo processo esso ha difeso il principio di chiarire e migliorare la base costituzionale dell'Unione europea, un'esigenza che è andata imponendosi sempre più sotto la pressione dei successivi allargamenti, suscettibili di mettere a repentaglio la dimensione politica dell'integrazione.

A questo scopo, il Parlamento europeo ha perseguito tre obiettivi distinti, ma interconnessi.

In primo luogo ha cercato di chiarire e, ove necessario, rafforzare le competenze e le responsabilità dell'Unione europea stessa. Il Parlamento ha sempre sostenuto che i poteri debbano essere attribuiti all'Unione, e da essa esercitati, sulla base del "principio di sussidiarietà", vale a dire che l'Unione dovrebbe esercitare le responsabilità – e solo quelle responsabilità – che possano essere coperte più efficacemente da politiche comuni che non dall'azione separata dei singoli Stati membri.

In secondo luogo, esso ha sostenuto che le responsabilità esercitate a livello europeo devono essere attuate in modo più efficace. Il Parlamento è stato, in particolare, critico della prassi dell'unanimità in sede di Consiglio argomentando che, quando si concorda di attuare una politica comune, non ha senso conferire un diritto di veto a ciascuno degli Stati che compongono l'Unione. Esso ha anche chiesto che la Commissione rivesta un ruolo più importante nell'attuazione delle politiche una volta che queste siano state adottate, fermo restando che essa deve essere soggetta a scrutinio e controlli adeguati.

In terzo luogo, esso ha chiesto un maggiore controllo democratico e una più marcata responsabilizzazione a livello europeo. Le responsabilità che i parlamenti nazionali, ratificando i trattati, hanno trasferito all'Unione, non devono essere esercitate dal solo Consiglio, cioè da ministri nazionali. La perdita di poteri parlamentari a livello nazionale deve essere compensata da un rafforzamento del potere parlamentare a livello europeo.

Dinanzi ai risultati limitati e palesemente insufficienti dei trattati di Amsterdam e di Nizza per quanto riguarda la sfida del raddoppio del numero di Stati membri, ma anche la continuazione dell'approfondimento dell'Unione, è apparso sempre più evidente che il metodo di revisione dei trattati utilizzato non era più in grado di fornire risposte concrete all'evoluzione dell'Europa.

Il Parlamento aveva fatto questa constatazione in modo assai chiaro sin dal 1997, nella sua risoluzione del 19 novembre (sulla relazione Iñigo Méndez de Vigo/Dimitri Tsatsos, cfr. supra, nota a pie' di pagina n. 8), che ha effettivamente lanciato la riflessione politica che avrebbe portato nel 1999, per iniziativa della presidenza tedesca del Consiglio, all'elaborazione del modello della Convenzione, applicato inizialmente alla redazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

I firmatari del trattato di Nizza, consapevoli delle sue imperfezioni, vi hanno allegato inoltre una dichiarazione n. 23 "relativa al futuro dell'Unione"[12] che ha aperto la via a una nuova riforma dei trattati, originariamente programmata per il 2004. Tale riforma doveva essere preparata da "un ampio dibattito con tutte le parti interessate: i rappresentanti dei parlamenti nazionali e i portavoce dell'opinione pubblica (...) esponenti della società civile, ecc.", che avrebbe dovuto svolgersi nel 2001 in vista dell'adozione di una dichiarazione "contenente iniziative appropriate per il proseguimento di questo processo" in occasione del Consiglio europeo di Laeken.

3.   Dal canto suo, il Parlamento europeo, dopo aver cercato di lavorare in partenariato con i parlamenti nazionali nella fase preparatoria delle CIG[13], è stato il primo a proporre, basandosi sui precedenti creati durante l'elaborazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea[14], la convocazione di una Convenzione composta da rappresentanti dei capi di Stato o di governo degli Stati membri, dai Parlamenti nazionali e dal Parlamento europeo e dalla Commissione, cui sono stati anche associati, in qualità di membri a pieno titolo, i rappresentanti dei governi e dei parlamenti degli Stati candidati all'adesione.

La Convenzione sulla Carta dei diritti fondamentali aveva in effetti dimostrato che tale organismo era in grado di elaborare un progetto atto a raccogliere l'approvazione dei Capi di Stato e di governo. Il suo carattere aperto e trasparente e la qualità dei suoi dibattiti avevano inoltre facilitato il conseguimento di un consenso originante innanzitutto dalla possibilità per ciascuno di esprimere le proprie opinioni e quindi di comprendere quelle altrui.

Il Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001, adottando la "Dichiarazione di Laeken sul futuro dell'Unione europea"[15] ha dato seguito a questa iniziativa definendo le modalità organizzative e di lavoro della Convenzione e, soprattutto, assegnandole i termini del mandato e le questioni che sarebbe stata condotta a discutere. Fu così che la Convenzione sul futuro dell'Europa fu incaricata, sotto la presidenza di Valéry Giscard d'Estaing e la vicepresidenza di Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene, di redigere un progetto preliminare di Costituzione che doveva servire da base ai lavori della CIG che ne sarebbe seguita.

Il risultato cui è pervenuta la Convenzione ha confermato la fondatezza della scelta di questo metodo in quanto essa ha potuto presentare, trascorsi sedici mesi, un testo consensuale frutto di intensi dibattiti, alimentati anche da uno stretto dialogo con la società civile.

Da parte sua il Parlamento europeo, grazie ai lavori della sua commissione per gli affari costituzionali, ha ampiamente influito sul contenuto del progetto di trattato costituzionale[16], che la CIG modificherà solo su un numero molto limitato di punti. In occasione di questa CIG inoltre, per la prima volta, il Parlamento è stato pienamente associato ai lavori, nella persona del suo Presidente Pat Cox e dei suoi due rappresentanti, Iñigo Méndez de Vigo (sostituito successivamente da Elmar Brok) e Klaus Hänsch.

4.   Purtroppo, la procedura di ratifica non ha avuto l'esito atteso e gli esiti negativi dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi hanno forzato a un ripensamento. Il Consiglio europeo di giugno 2005 ha annunciato un periodo di riflessione (che sarebbe durato almeno un anno) che sarebbe servito ad aprire in tutti gli Stati membri un ampio dibattito che coinvolgesse "i cittadini, la società civile, le parti sociali, i parlamenti nazionali e i partiti politici". Le istituzioni europee sono state anch'esse invitate ad apportare il loro contributo. Le ratifiche nel frattempo sono continuate, anche per via referendaria.

5.   Da parte sua il Parlamento ha pienamente assolto le sue responsabilità in tale ambito. Fin dall'inizio, ha sostenuto il lancio di un dibattito pubblico approfondito a livello europeo sui punti qualificanti dell'integrazione europea e respinto ogni tentativo di attuazione à la carte del trattato costituzionale. Il Parlamento ha dato al dibattito pubblico un suo specifico contributo lanciando l'idea dei "forum interparlamentari" per discutere le questioni chiave per l'avvenire dell'Europa. Sono stati complessivamente tre i forum organizzati prima del Consiglio europeo del giugno 2007 che ha deciso di convocare nuovamente la CIG[17]. Tali forum hanno contribuito a rafforzare fra i rappresentanti eletti dei cittadini dell'intera Unione il convincimento che i problemi cui il trattato voleva dare una risposta non erano scomparsi con il fallimento delle ratifiche e che, pur sotto diversa forma, le innovazioni istituzionali che apportava andavano in generale ritenute essenziali per permettere all'Unione di fronteggiare le sfide che la attendevano in un mondo sempre più globalizzato.

È con la presidenza tedesca che il dossier istituzionale è tornato al centro dell'agenda dell'Unione. La procedura seguita non poteva naturalmente lasciare soddisfatti coloro che avevano vissuto l'atmosfera di dialogo e di trasparenza della Convenzione, che aveva d'altronde avuto un effetto di "contagio" sulla CIG 2004. Infatti, per dar loro serie opportunità di successo, le discussioni per la rimessa in marcia della riforma dei trattati si sono svolte in un primo tempo a livello bilaterale tra la presidenza e i singoli Stati membri. Si noti che il Parlamento europeo ha partecipato sin dal primo momento alle consultazioni a livello degli "sherpa"[18] dando così il suo contributo all'elaborazione del mandato che la presidenza tedesca ha sottoposto al Consiglio europeo del giugno 2007. Essendo tale rappresentanza stata costituita a livello di segretariato previa nomina diretta da parte del Presidente del Parlamento, si è creata una procedura di consultazione ad hoc fra il Presidente, il presidente della commissione affari costituzionali e i coordinatori dei gruppi politici in questa commissione.

6.   Questi lavori preparatori hanno consentito al Consiglio europeo di giugno 2007 di convocare una nuova CIG per riprendere la riforma dei trattati e altresì di definire un mandato chiaro, preciso e dettagliato che ha consentito alla presidenza portoghese di portare avanti i lavori della CIG in maniera rapida ed efficace.

Avviata il 23 luglio in occasione della riunione del Consiglio Affari generali, la CIG ha operato fondamentalmente su due livelli: il livello ministeriale, nel quale il Parlamento era rappresentato da tre membri, Elmar Brok, Enrique Barón Crespo e Andrew Duff e il livello del gruppo di esperti giuristi, il cui lavoro è stato preparato dal servizio giuridico del Consiglio e all'interno del quale il Parlamento e la Commissione erano comunque rappresentati.

L'operato di questo gruppo di esperti giuristi è stato determinante ai fini del raggiungimento di un accordo da parte della CIG in un tempo così ristretto. A livello politico, la CIG si è effettivamente riunita soltanto tre volte prima del Consiglio europeo di Lisbona. Ciononostante, è riuscita a risolvere o eliminare numerose questioni sensibili (la presidenza portoghese aveva infatti imposto con successo il principio di non riaprire il mandato se non per questioni sollevate unanimemente da tutti gli Stati membri), portando sul tavolo delle negoziazioni dei capi di stato e di governo a Lisbona solo due questioni fondamentali, di cui soltanto una derivante dal trattato stesso: la definizione del nuovo sistema di voto a maggioranza qualificata al Consiglio, vista la continua insoddisfazione della Polonia di fronte non solo all'accordo ottenuto nel 2004 ma anche al compromesso laboriosamente raggiunto durante il Consiglio europeo del giugno 2007 a Bruxelles. L'altra questione chiave irrisolta riguardava la composizione del Parlamento europeo a partire dalla legislatura del 2009, questione che, nonostante non derivasse direttamente dal trattato, rischiava di essere una delle principali minacce al raggiungimento di un accordo, vista la ferma opposizione dell'Italia alla proposta di decisione elaborata dal Parlamento europeo su richiesta del Consiglio europeo.

Le altre questioni ancora oggetto di dibattito (gli opt-out/opt-in britannici e irlandesi relativi all'ex III pilastro, la tutela del ruolo del Parlamento europeo in materia di nomina del vicepresidente / Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ecc.) erano state in pratica risolte negli ultimi giorni precedenti il Consiglio europeo, in particolare in occasione della riunione della CIG a livello ministeriale durante il Consiglio degli Affari generali tenutosi a Lussemburgo il 15 ottobre.

In questo modo, a Lisbona i capi di stato e di governo avevano raggiunto rapidamente un accordo: un'ora dopo la mezzanotte di venerdì 19 ottobre 2007, la CIG era conclusa.

Sono le implicazioni e i meriti (o demeriti) del trattato di Lisbona, firmato durante la cerimonia del 13 dicembre 2007 a Lisbona, che ci proponiamo di analizzare nella seconda parte della motivazione.

II.  Cosa introduce il nuovo trattato rispetto ai trattati in vigore

Il trattato di Lisbona comporta un elevato numero di riforme e di miglioramenti significativi rispetto ai trattati vigenti. Si tratta naturalmente di un compromesso, che per il Parlamento significa l'abbandono doloroso di taluni importanti elementi presenti nella Costituzione e il rinvio dell'entrata in vigore di altre misure nonché l'introduzione di misure specifiche finalizzate a soddisfare le richieste di taluni Stati membri. Era comunque il prezzo politico da pagare per uscire dalla crisi in cui i "no" dei referendum francese e olandese avevano fatto precipitare l'Unione.

1.   Il ritorno al metodo tradizionale della revisione dei trattati e l'abbandono dell'idea della Costituzione

1.1. Il ritorno al metodo tradizionale della revisione dei trattati, attraverso l'adozione di un nuovo testo che introduce delle modifiche ai trattati in vigore, implica l'abbandono della Costituzione come trattato "unico" in sostituzione dei trattati vigenti. Non ha dunque più senso la questione, che tante polemiche ha sollevato, di stabilire se si tratti di una vera costituzione o di un semplice trattato. Si evita in tal modo un dibattito sterile su quella che è una falsa questione: si trattava comunque sul piano formale di un trattato, che avrebbe dovuto essere adottato e ratificato secondo le norme in vigore. E non poteva essere altrimenti. Ma è pur vero che, per natura e contenuto, il trattato costituzionale introduceva una "costituzione" maggiormente visibile. Con il ritorno al metodo tradizionale si abbandona la stessa denominazione di costituzione, e con ciò la polemica viene risolta sul piano politico:

Tale approccio implica anche che l'unità del testo viene ad essere frammentata e si rifiuta il concetto stesso di un testo unico di tipo costituzionale, da alcuni giudicato come troppo vicino a una realtà statuale per poter essere applicato all'Unione.

1.2. Ciononostante, il nuovo trattato dà una chiara definizione dei valori, dei principi e delle finalità che guidano l'azione dell'Unione europea (UE); descrive le competenze dell'Unione; definisce le sue istituzioni; illustra le procedure decisionali; precisa gli atti; definisce i diritti dei cittadini rispetto all'UE; prevede le norme relative alla sua revisione, ecc. In tal senso si potrà affermare che i trattati sui quali si fonda l'Unione ne configurano in qualche modo la "costituzione", prendendo tale termine nel suo significato materiale. Compito di una costituzione è dopotutto proprio quello di definire le condizioni e i limiti dell'esercizio del potere nel quadro di un'entità politica e di garantire i diritti dei cittadini, e il nuovo trattato assolve appunto tale funzione. Tuttavia, proprio l'aver respinto il tentativo di formalizzare questa nozione materiale significa che non si è voluto dotare solennemente l'Unione di una "Costituzione" nel suo senso politico più corrente. Si tratta di una differenza rispetto al trattato costituzionale.

1.3. Con gli attuali trattati l'Unione possiede già di fatto una sua Costituzione, che si può derivare dai trattati che hanno dato vita all'UE e che è assimilabile a quella di ogni altra entità politica. Semplificando questi trattati, dando loro una struttura più comprensibile, si fa un passo importante per chiarire il sistema, per renderlo più trasparente e comprensibile agli occhi dei cittadini. Ma il metodo prescelto – un trattato contenente emendamenti a due trattati in vigore – rende il testo illeggibile per la gente. Si impone pertanto l'elaborazione di un "testo unico".

1.4. E' chiaro che gli Stati membri hanno voluto esorcizzare il timore, pur infondato, che dotare l'Unione di una Costituzione significherebbe lanciarsi sulla via della creazione di un "super-Stato" centralizzato che marcherebbe l'inevitabile fine degli Stati nazionali e cambierebbe la natura dell'Unione europea. Il Parlamento, che si è da sempre battuto per l'avvio del processo di "costituzionalizzazione" dell'Unione, è cosciente che tali timori non tengono in realtà conto della natura della costituzione in quanto legge fondamentale che disciplina l'esercizio del potere in ogni entità politica (salvo a negare la natura "politica" dell'Unione). Non mancano esempi di organizzazioni internazionali il cui patto fondatore è chiamato, a giusto titolo, Costituzione: è il caso dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) o dell'Unione postale universale (UPU). Così concepita, la nozione di "costituzione" rappresenterebbe persino una garanzia formale, per gli Stati membri e i cittadini, contro eventuali "deviazioni" dell'azione comunitaria. Così, sebbene riconosca che stante la situazione politica degli Stati membri l'uscita dall'impasse istituzionale non lascia altra scelta, il Parlamento europeo non può che deplorare l'abbandono dell'approccio costituzionale.

1.5. I corelatori non possono che rammaricarsi del fatto che i simboli dell'Unione, la bandiera, l'inno, il motto, l'euro e la giornata dell'Europa, non siano stati ripresi nel nuovo trattato come invece figuravano nel trattato costituzionale. Sebbene questo non significhi che tali simboli non esistono più (esistevano già da molto prima senza aver mai figurato come tali all'interno dei trattati e continueranno allo stesso modo a esistere), sarebbe assolutamente logico che i testi che definiscono lo statuto giuridico-politico dell'Unione li citassero. Questa rinuncia è stata imposta da alcuni Stati membri con il pretesto che il riconoscimento di tali simboli da parte dei trattati avrebbe consentito confluenze sulla supposta natura "statuale" dell'Unione. La dichiarazione sui simboli dell'Unione allegata da 16 Stati membri al trattato (dichiarazione n. 52 relativa ai simboli dell'Unione europea) sembra chiarire che tale punto di vista non era unanimemente condiviso. Nella dichiarazione gli Stati affermano che i simboli in questione "continueranno ad essere i simboli della comune appartenenza dei cittadini all'Unione europea e del loro legame con la stessa". I corelatori accolgono quindi con entusiasmo l'iniziativa della commissione per gli affari costituzionali, la quale sta giustamente preparando una relazione sull'utilizzo dei simboli dell'Unione per proporre delle modifiche al regolamento del Parlamento europeo al fine di rafforzare l'utilizzo di tali simboli da parte del Parlamento europeo[19].

2.   Una sola entità: l’Unione europea

2.1. Nonostante il mantenimento di due trattati distinti, un progresso estremamente importante in termini di trasparenza e comprensione della realtà europea da parte dei cittadini è rappresentato dal passaggio da una pluralità di entità fra loro intersecantesi (l'Unione europea, la Comunità europea) ad una sola entità, l'Unione europea [20], dotata di una personalità giuridica. Questo accrescerà anche l'efficacia e la visibilità della sua azione in campo internazionale, mettendo fine alla situazione confusa in virtù della quale l'Unione europea è universalmente riconosciuta come l'entità comune quando è invece la Comunità europea, che copre solo una parte delle funzioni dell'Unione, che è dotata di personalità giuridica[21].

2.2. Ciò significa anche che il trattato sulla Comunità europea diviene ora il trattato sul funzionamento dell'Unione europea. I due trattati vertono ora dunque sulla stessa entità politica: l’Unione europea. Il primo si concentra sui principi, i valori e gli aspetti organizzativi fondamentali dell'Unione.   Il secondo tratta in dettaglio dell'organizzazione e del funzionamento dell'Unione nonché dei principi e degli obiettivi che guidano l'azione dell'Unione nelle sue varie politiche settoriali, definendo nei particolari l'ambito e i limiti delle competenze dell'Unione in ciascuna delle sue aree di intervento. L'eccezione, che rompe sostanzialmente con la logica della separazione fra i due trattati, risiede nel fatto che il TUE contiene al suo interno un titolo sull'azione esterna dell'Unione in cui tratta in dettaglio di tutto ciò che riguarda la Politica estera e di sicurezza comune.

2.3. Questa fusione in un'unica entità si accompagna alla soppressione della struttura a tre pilastri [politica estera e della sicurezza comune (PESC), Giustizia e affari interni (GAI) e Comunità europea], riuniti nel corpus unico dell'Unione con un solo quadro istituzionale e la generalizzazione del metodo comunitario; fa eccezione il settore della politica estera e della sicurezza comune (inclusa la difesa) dove, come lo esige la natura specifica di questo settore, continuano ad essere previste speciali procedure decisionali.

3.   Una definizione chiara dei valori, dei principi e degli obiettivi dell'Unione

Secondo il nuovo trattato il TUE si apre con gli articoli che definiscono la natura, i valori e i principi su cui l'Unione si fonda, e gli obiettivi che essa persegue con la sua azione.

3.1. Il primo articolo del TUE modificato stabilisce le basi su cui si fonda la costruzione europea: definisce l'UE come un'Unione istituita dagli Stati membri alla quale essi "attribuiscono competenze per conseguire i loro obiettivi comuni". Tale definizione si discosta pertanto da quella della Costituzione, la quale sanciva la duplice legittimità dell’Unione, basata sulla volontà dei cittadini e degli Stati. Tuttavia, anche se questo riconoscimento formale della doppia legittimità dell'Unione scompare, le sue espressioni materiali affiorano in varie parti del testo dei trattati in quanto manifestazione di un processo avviato almeno sin dall'elezione a suffragio universale del Parlamento europeo.

3.2. Questa Unione europea deve essere solidamente ancorata ai valori che la fondano e che devono guidare ogni azione delle sue istituzioni.

Secondo l’articolo 2 del TUE modificato questi valori, sui quali si articola l’intera costruzione europea, sono la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone che appartengono a minoranze. Questi valori costituiscono peraltro il criterio di riferimento per future adesioni all'Unione e possono servire da base per l’applicazione di sanzioni a Stati membri che li violino in modo grave e persistente.

Questo stesso articolo definisce inoltre i principi che guidano l'azione dell'Unione: il pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà e l’uguaglianza tra donne e uomini.

Occorre sottolineare che, al riguardo, il trattato di Lisbona ha seguito da presso il trattato costituzionale, stante il sostanziale consenso che esiste fra gli Stati membri sulla base comune di valori dell'Unione, mai veramente contestata durante l'intero dibattito sull'avvenire dell'Europa.

3.3. Per quanto riguarda gli obiettivi dell'Unione, che si ritrovano attualmente distribuiti fra l'articolo 2 TUE e l'articolo 3 TCE, il nuovo trattato li concentra nel TUE subito dopo l'enunciazione dei valori. La definizione delle finalità dell'Unione ha subito qualche modifica rispetto alla Costituzione. Così, secondo il nuovo articolo 3 del TUE, l'Unione persegue obiettivi politici, che giustificano la sua esistenza. In sintesi, questi obiettivi sono la pace, la promozione dei suoi valori e il benessere dei suoi popoli. Essi si concretizzano nell’articolo 3 del TUE attraverso obiettivi politici, economici e sociali sia a livello interno dell'Unione che sul piano delle relazioni esterne.

Così, sul piano interno, l'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui è assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima. L'Unione istituisce un Mercato interno[22]. Essa si adopera per uno sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi; per un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale; per un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente. L'Unione promuove il progresso scientifico e tecnologico; combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Promuove la coesione economica, sociale e territoriale, nonché la solidarietà tra gli Stati membri. Rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica e vigila sulla salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio culturale europeo. Infine, istituisce un'unione economica e monetaria (che ha l'euro come moneta).

Sul piano internazionale, dove promuove i suoi valori e interessi, l’Unione contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile del pianeta, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli. Contribuisce al commercio libero ed equo, all’eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti dei minori, nonché all'osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare della Carta delle Nazioni Unite.

Questi obiettivi costituiscono quindi il programma politico di base che è all’origine della creazione dell’Unione. A essa spetta perseguirli con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che i trattati le attribuiscono.

3.4. I principi che regolano i rapporti fra l'Unione e gli Stati membri sono anch'essi enunciati nei primi articoli del TUE modificato: l’Unione si impegna a rispettare l’identità nazionale degli Stati membri, vale a dire gli elementi fondamentali della loro struttura politica e costituzionale; rispetta le decisioni che ciascuno Stato membro può prendere per quanto riguarda la distribuzione territoriale del potere – dalla fissazione delle frontiere sino all’autonomia regionale o locale – il mantenimento dell’ordine pubblico e la tutela della sicurezza nazionale. D'altronde l'accordo raggiunto a Lisbona sottolinea che "la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro"[23]. Infine, il TUE modificato sancisce in questo stesso articolo il principio di leale cooperazione tra l'Unione e gli Stati membri per l'assolvimento dei loro compiti comuni.

Il TUE modificato sancisce nelle sue disposizioni introduttive anche il principio di attribuzione delle competenze (l’Unione dispone solo delle competenze conferitele dagli Stati membri nei trattati), i principi di sussidiarietà e proporzionalità e i principi che disciplinano l'esercizio delle competenze dell'Unione, mentre il capitolo relativo alla definizione delle competenze dell'Unione si ritrova in realtà nel TFUE.

Per "accontentare" taluni Stati membri preoccupati soprattutto di dimostrare che il trattato modificativo non è una "Costituzione bis", il principio del primato del diritto dell'Unione sul diritto nazionale non figura purtroppo nel testo dei trattati ma forma oggetto di una dichiarazione (dichiarazione n. 17), la quale rammenta la giurisprudenza costante della Corte di giustizia sulla questione del primato del diritto dell'Unione e fa proprio un parere del Servizio giuridico del Consiglio che lo considera un principio fondamentale del diritto UE e ritiene che il fatto che non sia inscritto nel futuro trattato "non altera in alcun modo l'esistenza del principio stesso e la giurisprudenza esistente della Corte".

3.5. I valori e i principi costituiscono quindi le fondamenta etiche dell’Unione, che si concretizzano in particolare nella Carta dei diritti fondamentali, la quale non è integrata nei trattati come avveniva nel caso della Costituzione, ma forma oggetto di una norma che le conferisce forza giuridica vincolante e le riconosce lo stesso valore dei trattati.

I compiti che le sono conferiti giustificano l’esistenza dell’Unione e governano ogni sua azione e sono la ragione per la quale gli Stati membri hanno deciso di costituirla. Anche se i valori, i principi e gli obiettivi definiti in questi articoli non sono completamente nuovi, alcuni di essi non erano mai stati formulati in forma esplicita o sistematizzati. Trattasi di un passo importante per dare ai cittadini una prospettiva chiara ed altamente simbolica di ciò che significa l’Unione.

4.   I cittadini al cuore della costruzione europea: la cittadinanza europea e il nuovo status della Carta dei diritti fondamentali

Il TUE riconosce anche nelle sue prime disposizioni la cittadinanza europea, che si aggiunge e non sostituisce la cittadinanza dei vari Stati membri (la cittadinanza nazionale costituisce anzi la base per il riconoscimento della cittadinanza europea). Ciononostante, gli articoli che danno contenuto concreto ai diritti dei cittadini europei sono rinviati al TFUE[24]. Questa deplorevole separazione redazionale nulla però toglie al fatto che i trattati pongono ogni volta l’accento sull’individuo, vale a dire sugli uomini e le donne titolari di diritti e di obblighi, che sono cittadini dell’Unione in quanto cittadini di uno Stato membro e che, grazie a ciò, dispongono del ventaglio supplementare di diritti conferiti dalla cittadinanza europea.

4.1. La Costituzione aveva incorporato la Carta dei diritti fondamentali nella sua parte II. Tale integrazione, vivamente auspicata dal Parlamento europeo, significava il pieno riconoscimento del fatto che le persone sono al centro della costruzione europea. Nella CIG 2007, a causa dell'opposizione di taluni Stati membri, tale approccio ha dovuto essere abbandonato. Ciononostante, la gran maggioranza degli Stati membri ha sostenuto il Parlamento quando si è opposto a tale concessione se non fosse stata accompagnata dal riconoscimento da parte dei trattati del carattere vincolante della Carta. E' così che l'articolo 6 del nuovo TUE indica ora che "l'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati." Attraverso questo riconoscimento formale, la Carta acquisisce forza giuridica vincolante, pari a quella dei trattati (peraltro il solo modo perché potesse fungere da parametro per giudicare la validità degli atti dell'Unione) e si impone da una parte nei confronti delle istituzioni europee operanti nel quadro delle loro rispettive competenze e dall’altra agli Stati membri, ma solo nella misura in cui essi agiscono in quanto esecutori del diritto comunitario. Si tratta quindi di una garanzia supplementare di protezione dei diritti fondamentali che l'Unione offre ai cittadini.

4.2. Ciò non significa assolutamente rimettere in questione la protezione dei diritti fondamentali garantiti dal diritto nazionale ai propri cittadini, né un’attribuzione surrettizia di nuove competenze all’Unione la quale, secondo alcuni, potrebbe imporre in tal modo orientamenti in materia di politica economica e sociale agli Stati membri. L’affermazione nel testo stesso della Carta che essa non estende il campo di applicazione del diritto comunitario al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti ad essa attribuiti dalla Costituzione (articolo 52.2 della Carta) è particolarmente chiara in proposito.

4.3. Il fatto che la Carta non formi più parte integrante del trattato ha indotto la CIG 2007, per accontentare gli Stati membri più recalcitranti, a ribadire tale garanzia nell'articolo stesso del TUE che riconosce la Carta.

Ciò però non è bastato per convincere alcuni Stati membri. Così, per insistenza del Regno Unito, cui si è poi associata la Polonia, la CIG ha aggiunto un Protocollo (n. 9) relativo all'applicazione della Carta dei diritti fondamentali alla Polonia e al Regno Unito in cui si precisa che la Carta non estende la facoltà della Corte di giustizia o di qualunque altro organo giurisdizionale della Polonia o del Regno Unito di "ritenere che le leggi, i regolamenti o le disposizioni, le pratiche o le azioni amministrative della Polonia o del Regno Unito non siano conformi ai diritti, alle libertà e ai principi fondamentali che essa riafferma". In particolare, per quanto riguarda i diritti sociali (titolo IV della Carta) il Protocollo specifica che la Carta non crea diritti azionabili dinanzi agli organi giudiziari della Polonia o del Regno Unito, salvo nella misura in cui la legislazione di questi due Stati lo preveda (il che consiste peraltro nella regola generale per quanto riguarda questo titolo della Carta).

Queste disposizioni non fanno sostanzialmente che ripetere i principi già sanciti dalla Carta. Tuttavia, il Parlamento europeo non può che rammaricarsi del fatto che, nel caso in cui dovesse andare in questo modo, i cittadini dei due Stati membri in questione si vedranno alla fine privati del diritto di fruire della protezione dei diritti fondamentali riconosciuta dalla Carta, la quale – lo sottolineiamo – si rivolge in primo luogo alle istituzioni dell'Unione e vincola gli Stati membri solo nella misura in cui essi agiscono per attuare il diritto UE.

4.4. Occorre ricordare che i diritti definiti nella Carta corrispondono in generale allo "zoccolo comune" di diritti fondamentali che l’Unione riconosceva già e che traggono origine dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri o dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. Il TUE modificato prevede un passo in più sulla via della protezione dei diritti fondamentali a livello dell’Unione: l’Unione dovrà aderire alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (della quale tutti gli Stati membri sono parti), come il Parlamento europeo proponeva già da tempo. Ciò sarà fatto attraverso un accordo con il Consiglio d'Europa. La decisione di stipulare tale accordo dovrà essere adottata dal Consiglio all'unanimità (mentre la Costituzione prevedeva la maggioranza qualificata), previa consenso del Parlamento europeo.

4.5. Si potrebbero citare altri aspetti del nuovo trattato che rafforzano il diritto di partecipazione dei cittadini al processo politico europeo (ad esempio l’iniziativa legislativa popolare, o iniziativa dei cittadini: articolo 11, §4 del TUE modificato) o che contribuiscono a migliorare la protezione giuridica dei loro diritti facilitando l’accesso alla Corte di giustizia. Il Parlamento europeo non può che rallegrarsi di tali progressi.

5.   Una delimitazione chiara e comprensibile delle competenze dell’Unione

5.1. Una delle questioni più importanti poste dopo l'inizio del processo di riforma sfociato nel trattato di Lisbona era quella di definire "chi fa cosa" in Europa. Questo chiarimento, indispensabile per permettere ai cittadini di ben individuare le responsabilità politiche a livello europeo, conferirà maggiore efficacia all'azione dell'Unione. Fornirà inoltre una garanzia supplementare a quanti temono un eccesso di intervento dell’UE.

5.2. Il trattato modificativo mantiene a grandi linee le disposizioni della Costituzione relative alla delimitazione delle competenze dell'Unione, anch'essa fondata sui trattati esistenti. Tuttavia, causa il mantenimento dei due vigenti trattati (modificati) l'unità concettuale che caratterizzava il capitolo sulle competenze dell'Unione della Parte I della Costituzione viene a spezzarsi. Infatti, mentre i principi che regolano l'esercizio delle competenze dell'Unione sono iscritti fra le disposizioni generali del TUE, l'enunciazione dei vari tipi di competenze è affidata al TFUE, e precisamente al titolo I concernente le "Categorie e settori di competenza dell'Unione". Sebbene i due trattati abbiano lo stesso valore giuridico, tale approccio nuoce evidentemente a un obiettivo: la chiarezza per il cittadino.

Il nuovo trattato procede ad una definizione delle competenze dell’Unione, che vengono distribuite in tre diverse categorie, differenziate per status giuridico e per grado di intervento dell'Unione: le competenze esclusive dell'Unione; le competenze condivise con gli Stati membri e le azioni di sostegno o complementari all’azione degli Stati membri. Per la loro natura specifica, la politica estera e di sicurezza comune e il coordinamento delle politiche economiche e dell’occupazione sono oggetto di disposizioni particolari, che si sottraggono a questa classificazione tripartita (cfr. allegato 1).

Questa definizione delle competenze dell’Unione obbedisce al principio di base dell’attribuzione delle competenze, secondo cui l’Unione dispone solo delle competenze conferitele dagli Stati membri nei trattati al fine di conseguire gli obiettivi fissati negli stessi. Questo principio impedisce, di per sé, l’emergere di un cosiddetto super-Stato centralizzato, in quanto implica che tutte le competenze spettano agli Stati, salvo quelle che essi trasferiscono all’Unione.

5.3. Il trattato di Lisbona non accresce le competenze dell’Unione: le "nuove" competenze in esso precisate corrispondono soprattutto ai settori nei quali l’Unione interveniva già attraverso l’articolo 308 del trattato CE, cui però il nuovo testo offre ora una precisa base giuridica. Le modifiche introdotte nel TFUE rispondono infatti in generale al bisogno di adeguare le sue disposizioni alle nuove procedure decisionali e ai nuovi strumenti giuridici (cfr. infra, punto 7).

5.4. Inoltre, il trattato di Lisbona rafforza l’obbligo dell’Unione di rispettare i principi di sussidiarietà e di proporzionalità nell’esercizio delle sue competenze, obbligo di cui sono peraltro già garanti i governi al livello di Consiglio e il Parlamento. Se la definizione di questi principi iscritta nel nuovo trattato corrisponde a quella già esistente nei trattati in vigore, il protocollo sui principi di sussidiarietà e di proporzionalità prevede nuovi meccanismi per garantire il rispetto di tali principi, in particolare il sensibile rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali.

5.5. Questi ultimi acquisiscono soprattutto il diritto di essere informati tempestivamente su tutte le proposte legislative della Commissione, che devono essere motivate dal punto di vista della sussidiarietà e della proporzionalità. Ciò li mette in condizioni di meglio esercitare i diritti che sono loro propri a livello nazionale, e rafforza in particolare la loro capacità di influenzare l’azione dei loro governi a livello di Consiglio dei ministri. Inoltre, secondo un protocollo allegato al trattato[25], per quanto riguarda in particolare la sussidiarietà, i parlamenti nazionali possono, entro un termine di otto settimane a decorrere dalla trasmissione della proposta, inviare direttamente alle istituzioni dell’Unione, che devono tenerne conto, un parere motivato che esponga le ragioni per le quali essi ritengono che una proposta non sia conforme al principio di sussidiarietà. Un meccanismo detto di "allerta precoce" obbliga persino la Commissione a riesaminare la sua proposta qualora un terzo dei parlamenti nazionali ritenga che la proposta non rispetti il principio di sussidiarietà.

A tale meccanismo, già presente nella Costituzione, la CIG 2007 ha aggiunto un dispositivo in base al quale, nel quadro della procedura legislativa ordinaria, se il numero di pareri motivati rappresenta almeno la metà dei parlamenti nazionali e la Commissione a seguito del suo riesame decide di mantenere la sua proposta, essa deve anch'essa giustificarlo con un parere motivato. Tutti questi pareri saranno allora trasmessi ai due rami dell'autorità legislativa, il Parlamento europeo e il Consiglio, i quali dovranno esaminare la questione della sussidiarietà anteriormente alla prima lettura. Se il Parlamento europeo,a maggioranza dei membri che lo compongono, o il Consiglio, alla maggioranza del 55% degli Stati membri decidono di sostenere l'obiezione dei parlamenti nazionali, la procedura legislativa non va avanti.

Infine, questo stesso protocollo prevede anche la possibilità per gli Stati membri di presentare, a nome del loro parlamento nazionale o di una delle sue camere (se l'ordinamento giuridico nazionale lo consente), un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia contro un atto legislativo per violazione del principio di sussidiarietà. Il Comitato delle regioni acquisisce anch'esso il diritto di presentare tali ricorsi contro atti legislativi per l'adozione dei quali i trattati prevedono la sua consultazione.

Questi meccanismi costituiscono importanti garanzie supplementari contro un potenziale esercizio sconsiderato delle competenze dell'Unione e contribuiscono ampiamente ad approfondire il controllo democratico della legislazione comunitaria. In particolare, essi rappresentano anche un notevole rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali.

5.6. Se è vero che, per avere una visione completa dei modi specifici di attuazione di queste competenze, occorre coniugare questa definizione con le disposizioni specifiche delle parti III e IV del TFUE, è anche vero che già attraverso la semplice lettura di tali disposizioni il cittadino europeo può formarsi un'idea piuttosto chiara di chi fa cosa in Europa, il che rappresenta un considerevole miglioramento in termini di trasparenza. Tuttavia questo miglioramento avrebbe potuto spingersi oltre se l'insieme delle disposizioni in materia di competenze dell'Unione fossero state riunite in un unico titolo del TUE, come lo erano nella parte I della Costituzione.

5.7. Si può ancora sottolineare fra gli elementi positivi che il nuovo trattato garantisce, la opportuna flessibilità del sistema attraverso una clausola simile a quella dell'attuale articolo 308 TCE (nuovo articolo 352 TFUE), che permette al Consiglio, in caso di necessità, di adottare misure nei settori nei quali l'Unione non ha competenze esplicite. Questa clausola di flessibilità dà agli Stati membri tutte le garanzie: decisione all'unanimità, ambito limitato alle politiche definite dai trattati e perseguimento degli obiettivi sanciti negli stessi; la sua procedura di attuazione diventa più democratica, nella misura in cui è soggetta all'approvazione del Parlamento europeo e deve essere comunicata tempestivamente ai parlamenti nazionali prima che la decisione sia presa. Inoltre la CIG 2007 ha precisato che le misure basate su questa clausola non possono comportare interventi di armonizzazione legislativa nei settori per i quali i trattati escludono l'armonizzazione. L'articolo non può più essere utilizzato per il conseguimento di obiettivi riguardanti la politica estera e di sicurezza comune.

6.   Un quadro istituzionale rinnovato per un'Unione più forte, democratica e trasparente

Una delle questioni essenziali che il nuovo trattato doveva risolvere era quella dell'adeguamento delle istituzioni dell'Unione per consentire loro di fare fronte alla nuova situazione prodotta dall'allargamento. Infatti, l'organizzazione istituzionale dell'Unione continua essenzialmente ad essere basata sulle stesse strutture da quasi cinquant'anni, mentre i suoi compiti si sono considerevolmente estesi e l'Unione è passata da 6 a 27 Stati membri. Malgrado le successive conferenze intergovernative, le principali questioni istituzionali sono rimaste irrisolte, e le soluzioni trovate a Nizza non hanno soddisfatto alcuni dei negoziatori. Il Parlamento da parte sua non ha cessato di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e dei responsabili degli Stati membri sulla necessità di una profonda riforma istituzionale, che dotasse l'Unione di istituzioni efficaci, democratiche e trasparenti, preservando nel contempo l'equilibrio istituzionale e il metodo comunitario: la Commissione che propone, il Parlamento e il Consiglio che decidono, la Corte di giustizia che garantisce l'applicazione dei testi adottati.

La Costituzione conteneva già delle importanti modifiche istituzionali che rispondevano a questi desiderata e che non erano sostanzialmente state rimesse in questione in occasione della procedura di ratifica.

A parte determinate modifiche direttamente connesse all'abbandono dell'idea di Costituzione e al mantenimento con modifiche dei due trattati vigenti e l'abbandono degli elementi simbolici suscettibili di evocare nozioni statuali, le questioni istituzionali non dovevano dunque essere al centro dei negoziati del 2007. Così come tali questioni non avevano caratterizzato i dibattiti pubblici negli Stati membri dove aveva trionfato il "no" anche nella grande maggioranza degli Stati membri non si intendeva riaprire le discussioni sul pacchetto istituzionale, sapendo che ciò avrebbe significato rimettere in questione l'intero edificio. Alcune fra tali questioni hanno tuttavia formato oggetto di negoziati in sede CIG 2007, ma se si può affermare che nella sostanza l'accordo raggiunto nel 2004 aveva "tenuto".

6.1. Parlamento europeo

(1)  Il trattato di Lisbona rafforza considerevolmente il ruolo del Parlamento europeo, l'unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini:

- il suo ruolo di colegislatore è pienamente riconosciuto attraverso la generalizzazione dell'attuale codecisione, che viene elevata al rango di procedura legislativa ordinaria, ma anche attraverso il rafforzamento della sua partecipazione alle procedure legislative speciali. Ormai, i cittadini avranno la chiara percezione che gli atti legislativi europei sono adottati dalla camera che li rappresenta, oltre che dalla camera che rappresenta gli Stati; parallelamente, nel settore degli accordi internazionali, il suo consenso diviene la norma generale;

- esso acquisisce un diritto concorrente d'iniziativa di revisione dei trattati e partecipa alla procedura prendendo parte alla Convenzione incaricata di preparare la revisione (il Consiglio non può decidere di non convocare quest'ultima senza l'approvazione del Parlamento);

- i suoi poteri in materia di bilancio, che condivide pariteticamente con il Consiglio, si estendono ora a tutte le spese dell'Unione;

- le sue funzioni di controllo politico sono approfondite, in particolare attraverso l'elezione del Presidente della Commissione;

- numerose decisioni di grande importanza nella vita dell'Unione, sino ad ora di esclusiva competenza del Consiglio, sono ora soggette all'approvazione del Parlamento: la decisione di lanciare una cooperazione rafforzata; l'utilizzazione della clausola di flessibilità, che consente all'Unione di prendere misure non previste nei trattati per conseguire obiettivi da essi stabiliti; la decisione relativa all'utilizzazione di "passerelle" generali per il passaggio dall'unanimità alla maggioranza qualificata o da procedure legislative speciali alla procedura legislativa ordinaria; alcune decisioni che consentono di estendere il campo di applicazione delle basi giuridiche previste dai trattati, come quelle riguardanti la Procura europea o la cooperazione giudiziaria in materia penale;

- anche nel settore della politica estera e della sicurezza comune, nel quale non dispone di poteri decisionali, il Parlamento europeo acquisisce un diritto generale ad essere informato e consultato.

(2)  In conclusione si può dire che, malgrado vi siano alcuni campi nei quali si sarebbe potuto andare oltre, il Parlamento europeo diviene un "codecisore" in quasi tutti i settori della politica dell'Unione. Trattasi in realtà di concretizzare la doppia legittimità dell'Unione in quanto unione di Stati e di cittadini che, malgrado l'assenza di riconoscimento esplicito nei nuovi trattati, forma la base della costruzione europea. Il trattato di Lisbona rappresenta quindi, indubbiamente, un importante approfondimento della dimensione democratica dell'Unione.

(3)  Il numero di membri del Parlamento europeo è limitato a 751[26]. Il TUE modificato non prevede la ripartizione dei seggi per Stato membro, ma incarica il Consiglio europeo di decidere, su proposta del Parlamento europeo e previa approvazione di quest'ultimo, in merito a questa ripartizione entro le elezioni del 2009. La decisione deve fondarsi sulla base del principio della rappresentanza "degressivamente proporzionale", con una soglia minima di 6 seggi ed una soglia massima di 96 seggi per Stato membro (la Convenzione proponeva un minimo di 4 seggi e non fissava un massimo). Si tratta di una soluzione che permette di fare fronte con maggiore flessibilità all'evoluzione futura dell'Unione nel rispetto degli interessi di ciascuno Stato membro nonostante, a lungo termine, l'innalzamento della soglia minima a 6 potrebbe causare problemi.

6.2. Consiglio europeo

Il Consiglio europeo è riconosciuto come istituzione autonoma con un ruolo d'impulso politico; il TUE menziona expressis verbis che esso non esercita funzioni legislative[27]. Un'importante innovazione del trattato di Lisbona, che ricalca peraltro la Costituzione, è la soppressione della presidenza a rotazione ogni 6 mesi e la sua sostituzione con un Presidente eletto dai membri del Consiglio europeo per un periodo di 30 mesi rinnovabile una volta. Questo Presidente avrà funzioni di preparazione e di direzione dei lavori del Consiglio europeo, nonché di rappresentanza esterna dell'Unione, per migliorare la visibilità, la continuità e la coerenza della rappresentanza dell'Unione sul piano sia interno che esterno. Sono previste disposizioni volte ad assicurare che egli non eserciti funzioni esecutive e ad evitare eventuali conflitti con il Presidente della Commissione o con il vicepresidente / Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Solo la pratica mostrerà se queste disposizioni sono sufficienti.

6.3. Consiglio

(1)  La questione chiave del processo di riforma era quella della procedura di voto in seno al Consiglio quando questo delibera a maggioranza qualificata. Il fallimento del vertice di Bruxelles del dicembre 2003 era stato in parte dovuto alle divergenze tra Stati membri a questo proposito. Uno dei relatori ha ritenuto che l'introduzione del criterio della popolazione sia per la distribuzione dei seggi al Parlamento europeo che per le votazioni al Consiglio dei ministri rischia di non garantire un sistema equilibrato e ha ritenuto preferibile il sistema di ponderazione dei voti in seno al Consiglio. Il Parlamento europeo, a seguito della relazione Dimitrakopoulos-Leinen, ha tuttavia optato a grande maggioranza per il sistema della doppia maggioranza. Ecco perché, dopo l'avvio della Conferenza intergovernativa 2004, il Parlamento ha sottolineato che una soluzione per lui accettabile implicava il mantenimento del principio della doppia maggioranza degli Stati membri e della popolazione, e ciò al fine di mettere in evidenza la doppia legittimità che sottende alla costruzione dell'Unione in quanto unione di Stati membri e unione di cittadini, e ha insistito affinché la nuova procedura rendesse l'adozione di decisioni più agevole rispetto al sistema definito nel trattato di Nizza.

(2)  È stato scelto proprio il meccanismo di doppia maggioranza proposto dalla Convenzione, anziché una ponderazione dei voti. Si può anche considerare che, malgrado l'aumento delle soglie proposte dalla Convenzione (55% degli Stati anziché 50% e 65% della popolazione anziché 60%), il nuovo sistema facilita la presa di decisioni. Infatti, il sistema di ponderazione implicava, in molte combinazioni, soglie di popolazione molto più elevate perché una decisione fosse adottata. Inoltre, l'esigenza che una minoranza di blocco includa almeno quattro Stati membri ha per effetto, in molti casi, di abbassare considerevolmente la soglia del 65% della popolazione[28].

(3)  Purtroppo, l'aggiunta di meccanismi tendenti a ritardare l'entrata in vigore del nuovo sistema e a concedere dei presunti argini difensivi a determinati Stati membri che temevano che il nuovo sistema potesse indebolirne la posizione, ha avuto come conseguenza che i progressi in termini di trasparenza e leggibilità del sistema lasciano parecchio a desiderare… Certo, la logica della doppia maggioranza è molto più facile da capire che qualunque ponderazione dei voti, ma vi è il rischio che i cittadini considerino le soglie fissate come piuttosto arbitrarie e, soprattutto, l'aggiunta di criteri complementari riduce considerevolmente i benefici in termini di semplificazione e comprensibilità del sistema.

(4)  La CIG 2007 ha aggiunto dei meccanismi supplementari per vincere la resistenza della Polonia all'introduzione del sistema accordato nel 2004. Da un lato l'accordo ottenuto prevede il rinvio dell'entrata in vigore al novembre 2014. Pertanto, fino a quella data sarà applicabile il sistema di Nizza. Inoltre un protocollo allegato al nuovo trattato prevede che, fino al 31 marzo 2017, al momento di adottare una decisione a maggioranza qualificata, uno Stato membro possa chiedere che venga comunque applicato il sistema di voto del trattato di Nizza attualmente in vigore. Inoltre la CIG 2007 ha deciso di rafforzare quella specie di compromesso di Ioannina rivisto già adottato nel 2004 per un periodo transitorio (dichiarazione n. 7 all'Atto finale della CIG): ai sensi della dichiarazione del 2004, se alcuni membri del Consiglio, che rappresentano almeno i ¾ del numero degli Stati membri o del livello di popolazione necessari per bloccare una decisione, manifestano la loro opposizione all'adozione di un atto da parte del Consiglio a maggioranza qualificata, il Consiglio continuerà a discutere sul tema al fine di raggiungere, in tempi ragionevoli, un consenso più ampio. Al momento si prevede che tale accordo che avrebbe dovuto durare fino al 2014 sia applicato anche per il periodo 1° novembre 2014 – 31 marzo 2017. A partire da tale data le soglie necessarie per attivare il meccanismo sono abbassate al 55%, degli Stati membri o della popolazione, necessario per bloccare una decisione. L'accordo è formalizzato in una bozza di decisione che il Consiglio europeo ha approvato e che produrrà i suoi effetti il giorno stesso dell'entrata in vigore del nuovo trattato. Nella sua versione del 2004 la decisione doveva restare in vigore almeno fino al 2014, quando avrebbe potuto essere revocata dal Consiglio (alla maggioranza qualificata, che diviene la regola generale per le decisioni del Consiglio); nella versione 2007, secondo un nuovo protocollo, essa è mantenuta per un periodo indeterminato e potrà essere abrogata o modificata solo dopo un dibattito in seno al Consiglio europeo e una sua decisione favorevole adottata per unanime consenso.

(5)  Pur deplorando l'abbandono del compromesso previsto dalla Convenzione e il rinvio delle decisioni prese nel 2004, va ricordato che la soluzione trovata è stata infine raggiunta dopo una lotta accanita tra gli Stati membri, il cui oggetto ha talvolta sollevato qualche perplessità: la contabilità dei punti percentuali in più o in meno nel peso relativo di ciascuno Stato membro nel sistema di voto ha occultato il fatto che in realtà le divisioni tra tutti i "grandi" Stati da una parte e tutti i "piccoli" Stati dall'altra sono praticamente inesistenti. Spesso una stessa azione perseguiva simultaneamente obiettivi contraddittori: salvaguardare le proprie possibilità di blocco e cercare di ridurre le possibilità di blocco altrui… E soprattutto, tutta questa discussione si è svolta dimenticando che, in fin dei conti, la dinamica della negoziazione comunitaria ha sempre dimostrato che si arriva molto raramente a un voto. La realtà politica è comunque quella che è, e il Parlamento può accettare l'accordo raggiunto dai Capi di Stato o di governo, anche se non nasconde la sua delusione.

(6)  A prescindere dal metodo decisionale, è necessario che questo sia applicabile; da qui l'importanza della questione del campo di applicazione del voto a maggioranza qualificata. Il trattato di Lisbona realizza progressi considerevoli a questo proposito: si contano circa 44 nuovi casi di votazione a maggioranza qualificata in diversi settori (cfr. allegato 2). L'unanimità è invece ancora necessaria in 72 casi[29]. Se la tendenza globale può essere considerata molto positiva, non si può non deplorare che, in alcuni casi, non si sia andati più in là.

(7)  Un altro miglioramento importante introdotto dal trattato di Lisbona in termini di trasparenza è la prescrizione che le riunioni delle diverse formazioni del Consiglio siano divise in due parti, a seconda che si tratti di esercitare la funzione legislativa o altre funzioni, con il corollario che, quando delibera o vota su atti legislativi, le riunioni del Consiglio sono pubbliche. Anche se va considerato che gli Stati membri non abbiano seguito la proposta della Convenzione di creare un vero e proprio Consiglio legislativo autonomo, si può considerare comunque che l'aspetto essenziale di tale proposta, vale a dire la garanzia della pubblicità e della trasparenza dell'attività legislativa del Consiglio, è stato preservato.

(8)  A livello di formazioni e di funzionamento del Consiglio, la principale novità è la creazione di un Consiglio degli affari esteri autonomo, che sarà presieduto dall'Alto Rappresentante / vicepresidente della Commissione. Questo Consiglio e il Consiglio affari generali sono le sole due formazioni del Consiglio la cui esistenza è prevista dal nuovo trattato, che lascia ad una decisione del Consiglio europeo, adottata a maggioranza qualificata, la creazione di altre formazioni.

(9)  Gli sforzi per modificare l'attuale sistema delle presidenze a rotazione del Consiglio, in modo da assicurare una maggiore visibilità e la coerenza e continuità dei suoi lavori, hanno avuto risultati modesti. Gli Stati membri si sono infatti allontanati dalla proposta della Convenzione, mantenendo alla fine il principio di una rotazione paritetica nell'ambito di un sistema di presidenza a gruppi fissato da una decisione del Consiglio europeo, che decide a maggioranza qualificata, del quale non si può vedere a priori quali saranno esattamente i reali benefici[30]. Solo il Consiglio degli affari esteri (e il Consiglio europeo) hanno una presidenza stabile.

6.4. Commissione

(1)  Un'altra delle questioni istituzionali al centro dei dibattiti era la composizione della Commissione. La soluzione finalmente prescelta, differita nel tempo, è diversa dalla proposta della Convenzione ma corrisponde meglio alla realtà politica e può essere considerata positiva visto che permette di rispettare l'aspirazione dei nuovi Stati membri a essere rappresentati nella Commissione nei primi anni di adesione e che prevede al contempo, entro un termine ragionevole (2014), l'indispensabile riduzione del numero dei commissari (a 2/3 del numero degli Stati membri e ciò, in un'Unione 27, rappresenta già una riduzione del numero attuale dei commissari). Basata su un sistema di rotazione che mantiene la parità tra Stati membri (e che deve riflettere il ventaglio demografico e geografico dell'Unione), tale soluzione permetterà pertanto di contenere, entro limiti accettabili, la composizione numerica della Commissione. La frequenza con cui uno Stato membro non designerà il proprio commissario sarà di un mandato ogni tre.

(2)  Il trattato di Lisbona apporta anche importanti progressi per quanto riguarda la nomina del Presidente della Commissione, il quale d'ora in avanti verrà eletto dal Parlamento europeo, su proposta del Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata. Questo rappresenta un passo supplementare per quanto riguarda la legittimazione politica della Commissione soprattutto nella misura in cui il Consiglio europeo è tenuto a tenere conto dei risultati delle elezioni del Parlamento europeo e a procedere a "consultazioni appropriate" prima di designare il suo candidato. In un secondo tempo tutta la Commissione, Presidente, Alto Rappresentante designato secondo una procedura particolare (cfr. infra) e commissari, scelti questi dal Consiglio d'accordo con il Presidente designato, viene sottoposta in quanto collegio ad una votazione di approvazione da parte del Parlamento europeo[31]. La procedura nel suo insieme dimostra chiaramente all'opinione pubblica che la Commissione è un esecutivo politico che necessita della fiducia del Parlamento, e che non si tratta di "burocrati anonimi e incontrollati" come supposto da qualcuno.

(3)  Rileviamo inoltre il rafforzamento del ruolo del Presidente della Commissione, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione interna della Commissione e il diritto di chiedere le dimissioni di un commissario, cosa che accresce l'efficacia dell'Esecutivo europeo.

6.5. Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza / vicepresidente della Commissione

(1)  Una delle principali innovazioni istituzionali del trattato di Lisbona è la creazione della carica di Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza mediante la fusione in un posto unico di quelli già esistenti di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e di commissario responsabile per le relazioni esterne, che corrisponde all'obiettivo di assicurare la coerenza e la visibilità dell'azione esterna dell'Unione nel suo complesso. L'Alto rappresentante ha un doppio ruolo istituzionale: è incaricato della conduzione della Politica estera e di sicurezza comune dell'Unione – e a tale titolo presiede il Consiglio degli Affari esteri, presenta proposte e assicura l'esecuzione delle decisioni del Consiglio – ed è al tempo stesso vicepresidente della Commissione, assumendo le responsabilità di tale istituzione nel settore delle relazioni esterne e coordinando tutti gli aspetti dell'azione esterna dell'Unione. Sarà assistito da un servizio europeo per l'azione esterna composto da personale della Commissione, del segretariato generale del Consiglio e dei servizi diplomatici nazionali; tale servizio sarà creato con decisione del Consiglio previo parere del Parlamento europeo e approvazione della Commissione.

(2)  L'Alto rappresentante è quindi vicepresidente della Commissione ma ha uno statuto speciale che si traduce a livello delle procedure della sua nomina e delle sue eventuali dimissioni: è nominato dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata, con l'accordo del Presidente della Commissione; il suo mandato può essere revocato dal Consiglio europeo secondo la stessa procedura e, se il Presidente della Commissione lo richiede, presenta le sue dimissioni. In quanto membro della Commissione deve anche essere sottoposto al voto di investitura del Collegio da parte del Parlamento europeo e, nel caso in cui quest'ultimo adotti una mozione di censura, è costretto a seguire il Collegio nelle dimissioni collettive[32].

(3)  Tali disposizioni corrispondono essenzialmente a quanto il Parlamento europeo chiedeva da tempo: l'Alto rappresentante potrà in effetti rafforzare la coerenza e l'efficacia dell'azione internazionale dell'Unione, favorire l'emergere di una vera politica estera comune, migliorare la visibilità dell'Unione sul piano internazionale, darle un "volto". La triplice responsabilità politica dell'Alto rappresentante nei confronti del Parlamento europeo, del Consiglio e del Presidente della Commissione è un fatto positivo. Ma sono ancora possibili potenziali conflitti tra l'Alto rappresentante e il Presidente della Commissione o il Presidente del Consiglio e il suo status ibrido può far sorgere conflitti di lealtà tra il Consiglio e la Commissione.

6.6. Corte di giustizia dell'Unione europea

Il trattato di Lisbona rafforza anche il ruolo dell'organo giurisdizionale dell'Unione, che viene chiamato "Corte di giustizia dell'Unione europea", composta dalla "Corte di Giustizia", dal "Tribunale" e da eventuali "tribunali specializzati", i quali possono essere creati mediante regolamento[33]. Anche se non sono state introdotte grandi modifiche per quanto riguarda la composizione e l'organizzazione della Corte di Giustizia e del Tribunale, per quanto riguarda la procedura di nomina dei giudici e degli avvocati generali è prevista l'introduzione di una fase preliminare: prima di essere nominati dagli Stati membri i candidati indicati dai governi saranno sottoposti a un'audizione da un comitato incaricato di valutarne l'idoneità all'esercizio delle loro funzioni. Tale comitato sarà composto di 7 membri (ex membri della Corte di Giustizia o delle giurisdizioni supreme nazionali e giuristi con competenze degne di nota), uno dei quali proposto dal Parlamento europeo.

Gli atti del Consiglio europeo e delle agenzie saranno d'ora in avanti sottoposti a un controllo giurisdizionale di legalità. Le condizioni di ricevibilità dei ricorsi delle persone fisiche e giuridiche contro gli atti normativi vengono migliorate. Gli atti adottati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia potranno essere legittimamente oggetto di un ricorso giurisdizionale, salvo per quanto riguarda il controllo della validità e della proporzionalità delle operazioni di polizia, nonché l'esercizio da parte degli Stati delle loro responsabilità in materia di mantenimento dell'ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna. Infine, anche se gli atti adottati nel settore della politica estera e di sicurezza comune non possono essere oggetto di un ricorso di questo tipo, la Corte può tuttavia pronunciarsi sulla legalità delle decisioni europee che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche e giuridiche. Essa potrà inoltre pronunciarsi per stabilire se se una misura rientra nel campo di applicazione della PESC o rientra nelle altre competenze dell'Unione.

6.7. Altre istituzioni e organismi consultivi

(1)  Le disposizioni relative alla Banca centrale europea (elevata a rango di istituzione dell'Unione) e della Corte dei conti rimangono praticamente immutate, ma un'innovazione rispetto alla Costituzione consiste nel fatto che queste due istituzioni figurano ora nell'elenco di quelle incluse nel nuovo articolo 13 TUE. Si noti anche che i membri del direttivo della Banca saranno nominati dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata e non più all'unanimità.

(2)  Per quanto riguarda il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale si noti che il Comitato delle regioni acquisisce un diritto di ricorso giurisdizionale per violazione del principio di sussidiarietà contro gli atti legislativi per l'adozione dei quali il trattato di Lisbona prevede la sua consultazione.

* * *

Si può pertanto concludere che, nonostante alcuni aspetti per i quali non si può valutare in anticipo l'efficacia delle modifiche proposte, con il nuovo testo si perviene a un chiarimento e un rafforzamento della capacità delle istituzioni mantenendo al contempo il "metodo comunitario" e l'equilibrio istituzionale, cosa che dovrebbe permettere all'Unione di far fronte alla nuova situazione derivante dall'ampliamento e di affermarsi nel contesto internazionale.

7.   Atti e procedure: un sistema più coerente, preciso e comprensibile ma non perfetto

7.1. Il nuovo trattato realizza importanti progressi in termini di semplificazione e razionalizzazione delle procedure decisionali e degli strumenti d'azione. I miglioramenti per quanto riguarda l'efficacia delle procedure e la loro legittimazione democratica sono evidenti. Purtroppo, gli Stati membri hanno anche deciso di abbandonare le modifiche terminologiche introdotte dalla Costituzione, importanti per consentire ai cittadini di capire chi decide, che cosa e come. Il Parlamento europeo non può che deplorare un regresso che comporta una grossa perdita in termini di trasparenza.

7.2. La tipologia degli strumenti giuridici è mantenuta pressoché tale e quale, con una piccola semplificazione: sono previsti cinque tipi di strumenti giuridici: il regolamento, la direttiva, la decisione, la raccomandazione e il parere.

Viene mantenuta la distinzione, presente nella Costituzione, fra atti legislativi e atti esecutivi, cosa in sé quanto mai positiva, ma è stata abbandonata la terminologia del trattato costituzionale per gli atti legislativi, la legge e la legge-quadro, e ciò non va certo nel senso della trasparenza. D'ora in avanti si avranno atti legislativi denominati regolamenti, direttive o decisioni, e atti esecutivi anch'essi definiti regolamenti, direttive (o decisioni)…, ciò che fa tramontare l'aspirazione a una chiara gerarchia delle norme.

I termini previsti dalla Costituzione erano semplici e chiari e l'aggettivo europeo/europea aggiunto a ognuna di tali categorie avrebbe permesso ai cittadini di comprendere di cosa si tratta – tali termini hanno una corrispondenza nella terminologia utilizzata nella maggior parte degli Stati membri (una legge è un atto normativo emanato dal Parlamento, un regolamento è un atto normativo dell'esecutivo o dell'amministrazione locale) – ponendo fine alla confusione e all'imprecisione terminologica che regnavano fino a quel momento. Per denominare gli atti legislativi saranno invece mantenuti i termini regolamento e direttiva, che saranno utilizzati anche per gli atti non legislativi con l'aggiunta degli aggettivi "esecutivo/a" (o "delegato/a") per distinguerli dagli atti legislativi. Si mantiene così un linguaggio oscuro che rischia di comunicare ai cittadini l'impressione che tali atti emanino da un apparato burocratico torbido e poco trasparente al punto da considerare (nei paesi che utilizzano tale terminologia) il regolamento come un atto legislativo!

7.3. Malgrado le difficoltà terminologiche menzionate, il nuovo trattato stabilisce anche una gerarchia delle norme. La supremazia degli atti legislativi sugli atti esecutivi è chiaramente enunciata. Inoltre, se la regola generale è che l'attuazione delle decisioni adottate in sede europea appartiene agli Stati membri, la Commissione è esplicitamente riconosciuta come esecutivo europeo, che ha il potere di adottare le misure necessarie per l'esecuzione degli atti legislativi a livello europeo; il Consiglio invece assume funzioni esecutive soltanto in via eccezionale, ossia nei casi espressamente previsti, oppure quando gli atti legislativi lo specificano motivandolo debitamente.

7.4. La creazione di una categoria di regolamenti delegati, affidati dall'autorità legislativa (Parlamento europeo e Consiglio) alla Commissione, potrà contribuire all'efficacia dell'azione dell'Unione in quanto permetterà di liberare il legislatore dal compito di trattare i particolari tecnici che un esecutivo è meglio in grado di affrontare in modo rapido e adeguato; essa è accompagnata dalle indispensabili garanzie di controllo da parte dell'autorità legislativa (segnatamente tramite due meccanismi che consentono di bloccare l'adozione di una misura da parte della Commissione o revocare la delega dei poteri), ciò che assicura la piena parità tra il Parlamento europeo e il Consiglio[34].

Ci si trova così dinanzi a una gerarchia normativa in cui i regolamenti, le direttive e le decisioni (tout court) sono gli atti legislativi; i regolamenti e le direttive esecutive sono gli atti normativi di esecuzione che pongono in atto gli atti legislativi, mentre le decisioni possono essere sia atti di natura squisitamente politica (ad es. la decisione del Consiglio di ricorrere alla clausola "passerella") sia singoli atti di esecuzione.

7.5. Le nuove procedure legislative: Il trattato di Lisbona pone in primo piano la procedura legislativa ordinaria (che corrisponde all'attuale codecisione); si tratta della procedura legislativa per eccellenza in quanto gli altri tipi di procedura legislativa sono concepiti come eccezioni ("procedure legislative speciali") che debbono essere espressamente previste nei trattati. Tale procedura viene realizzata con l'iniziativa della Commissione (salvo per alcune materie del settore dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia dove viene condivisa con almeno ¼ degli Stati membri) e la codecisione del Parlamento europeo e del Consiglio (alcune piccole modifiche apportate alla vecchia procedura di codecisione mirano giustamente a sottolineare la parità totale tra queste due istituzioni), con il Consiglio che decide a maggioranza qualificata.

7.6. Il campo di applicazione della procedura legislativa ordinaria è stato sensibilmente ampliato: circa cinquanta nuove basi giuridiche (portando così il totale a 86) di cui alcune di enorme importanza come quelle che riguardano lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, le politiche agricole e della pesca, lo spazio di ricerca europeo, la definizione delle competenze esecutive (finora disciplinate dalla "decisione quadro sulla comitatologia") o l'attuale "regolamento finanziario" (cfr. allegato 3). In tutti questi settori il Consiglio non può più decidere da solo ma soltanto d'accordo con il Parlamento.

7.7. I casi delle procedure legislative speciali, con cui una delle istituzioni adotta l'atto con la partecipazione dell'altra istituzione – dall'approvazione al semplice parere – sono purtroppo ancora eccessivamente numerosi e in alcuni casi si può comprendere la scelta di questo tipo di procedura soltanto come risultato di concessioni fatte nel corso dei negoziati delle Conferenze intergovernative. In 3 casi gli atti legislativi (regolamenti) del Parlamento europeo devono essere adottati con l'approvazione del Consiglio[35]. I casi di atti legislativi del Consiglio ammontano da parte loro a 28[36]. L'atto legislativo contenente il bilancio annuale è oggetto di una procedura speciale di decisione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio (cfr. infra, punto 8).

7.8. Malgrado tali eccezioni è innegabile che il trattato di Lisbona comporta un netto miglioramento in termini di efficacia e di legittimazione democratica per la legislazione europea. Tali miglioramenti sono d'altronde accompagnati da progressi analoghi per quanto riguarda l'adozione degli accordi internazionali conclusi dall'Unione grazie alla più estesa applicazione della procedura di votazione a maggioranza qualificata presso il Consiglio e all'esigenza dell'approvazione del Parlamento europeo (ad esempio per quanto riguarda gli accordi che attuano la politica commerciale comune).

8.   Le finanze dell'Unione

8.1. Una delle questioni che ha provocato più discussioni, tanto in seno alla Convenzione quanto in seno alla Conferenza intergovernativa del 2004, è stata quella della riforma del sistema finanziario dell'Unione e in particolare la procedura di bilancio. Si trattava di istituzionalizzare un sistema che permettesse in futuro di finanziare l'Unione in modo adeguato, trasparente e democratico, e in particolare di consentire al Parlamento europeo di consolidare il suo potere in quanto ramo dell'autorità di bilancio concedendogli la decisione in ultima istanza sull'insieme del bilancio dell'Unione, quindi anche sulle spese finora qualificate come "obbligatorie", come ad esempio le spese relative alle politiche comuni dell'agricoltura e della pesca. Il risultato definitivo, anche se globalmente positivo, è stato ridimensionato dalla Conferenza intergovernativa 2004 che non ha seguito completamente le proposte della Convenzione. Per contro tale tema non ha mai formato oggetto di dibatti nel corso delle trattative del 2007.

8.2. La Convenzione aveva proposto un modello a tre fasi, semplice ed equilibrato:

-   il Consiglio continua a decidere all'unanimità (con la successiva approvazione degli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali), in merito agli elementi essenziali e al massimale delle risorse proprie[37]; il Parlamento europeo ha il solo potere di esprimere un parere;

-   il Parlamento europeo e il Consiglio decidono in merito alle prospettive finanziarie, iscritte nella Costituzione con la denominazione di Quadro finanziario pluriennale (il Consiglio decide a maggioranza qualificata a partire dal primo quadro finanziario successivo all'entrata in vigore della Costituzione);

-   queste due istituzioni decidono congiuntamente sul bilancio annuale: dopo una prima lettura presso ogni istituzione con possibile convocazione di un comitato di conciliazione, il Parlamento ha l'ultima parola in caso di disaccordo a condizione di ottenere una forte maggioranza, in caso contrario prevale la posizione del Consiglio.

8.3. Ciò significava che gli Stati membri avrebbero continuato a detenere la chiave essenziale della definizione dell'importo e della natura delle entrate dell'Unione, che i due rami dell'autorità di bilancio avrebbero dovuto mettersi d'accordo sulla programmazione della spesa e che, in caso di disaccordo sul bilancio annuale, il Parlamento europeo poteva avere l'ultima parola sull'insieme delle spese (soppressione della distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie), sempre entro i limiti dei massimali del quadro finanziario. In pratica, le due istituzioni erano così facendo fortemente indotte alla conciliazione.

8.4. Una buona parte degli Stati membri ha rimesso in causa questo sistema equilibrato e nel corso della Conferenza intergovernativa 2004 abbiamo assistito alla presentazione di proposte che pregiudicavano gravemente persino gli attuali poteri del Parlamento europeo in tale materia e rischiavano di distruggere l'idea di democrazia finanziaria nell'Unione. Grazie in particolare agli sforzi dei rappresentanti del Parlamento europeo e delle presidenze italiana e irlandese è stato possibile trovare un compromesso che mantiene sostanzialmente i diritti del Parlamento a tale riguardo. Tale compromesso non è stato rimesso in questione nel 2007. Le sole modifiche apportate a tale capitolo riguardano il deplorevole abbandono della terminologia degli atti legislativi prevista dalla Costituzione[38]:

-   le proposte della Convenzione sono state mantenute per quanto riguarda le risorse proprie;

-   il quadro finanziario deve sempre essere adottato dalle due istituzioni ma il Consiglio decide all'unanimità fino a che il Consiglio europeo, deliberando altresì all'unanimità, stabilisce che il Consiglio può deliberare a maggioranza qualificata;

-   il bilancio annuale viene altresì adottato congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ma in caso di disaccordo fra le due istituzioni la procedura dovrà ricominciare con la presentazione da parte della Commissione di un nuovo progetto di bilancio[39].

8.5. Questa soluzione, come già indicato, salvaguarda la sostanza dei poteri di bilancio del Parlamento europeo a cui viene riconosciuta una parola decisiva sul bilancio nel suo insieme con l'abbandono della distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie. Tuttavia il mantenimento dell'unanimità per l'adozione del quadro finanziario pluriennale complica seriamente i futuri negoziati in materia e indebolisce l'incoraggiamento alla concertazione in materia di bilancio tra le istituzioni a cui tendeva la proposta della Convenzione.

9.   Progressi nelle politiche settoriali

Le disposizioni concernenti le modifiche apportate alle politiche dell'Unione sono contenute nel TFUE (ad eccezione delle norme generali sull'azione esterna e le disposizioni della PESC, che si trovano nel TUE). La parte III contiene le disposizioni concernenti le "Politiche e azioni interne dell'Unione", la parte IV "L'associazione dei paesi e territori d'oltremare" e la parte V "L'azione esterna dell'Unione". Il nuovo trattato si limita in pratica ad introdurre modifiche procedurali nelle disposizioni degli attuali trattati riguardanti la definizione e l'attuazione delle politiche settoriali e in particolare le basi giuridiche per l'azione dell'Unione in ogni settore. Si potrebbe forse affermare che molte di queste disposizioni avrebbero potuto essere semplificate o adattate ai cambiamenti verificatisi dopo l'epoca della loro elaborazione. Ma la verità è che il mandato che il Consiglio europeo aveva all'epoca conferito alla Convenzione non autorizzava a procedere a una revisione profonda di tali disposizioni: la CIG 2004 non lo ha fatto e durante il nuovo processo negoziale del 2007 non sussistevano le condizioni politiche per riaprire questo spinoso dossier.

Così le modifiche apportate alle politiche dell'Unione sono essenzialmente la conseguenza delle modifiche strutturali, istituzionali e procedurali introdotte dal nuovo trattato, come la soppressione dei "pilastri", la definizione delle competenze dell'Unione, le istituzioni, le procedure decisionali e gli strumenti giuridici. A livello dei contenuti delle politiche propriamente dette non vi sono troppe novità. Le modifiche più marcate si ritrovano nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (grosso modo l'ex III pilastro) e nelle relazioni esterne, in particolare la politica estera e di sicurezza comune. Per quanto riguarda le altre politiche settoriali esse riguardano soprattutto le procedure applicabili e la ripartizione delle basi giuridiche tra gli atti legislativi e non legislativi, ciò che di per sé può già costituire una garanzia di maggiore efficacia, di legittimazione democratica e di trasparenza dell'azione dell'Unione tenuto conto del carattere positivo delle modifiche che abbiamo analizzato precedentemente. E' vero che talune nuove basi giuridiche davano nella Costituzione l'impressione di riconoscere nuove competenze, ma si tratta soprattutto di settori nei quali l’Unione interveniva già attraverso altri articoli fra cui l’articolo 308 del trattato CE. La Costituzione finiva dunque soprattutto per chiarire le modalità di esercizio delle competenze dell'Unione (ad es. nei settori energia, sanità, spazio, sport, turismo). Tali nuove disposizioni sono state mantenute con alcune modifiche. Sono state inoltre introdotte due importanti innovazioni, che riguardano la lotta contro i mutamenti climatici e la solidarietà energetica, due problemi che toccano molto da vicino i cittadini europei e sui quali l'Unione potrà apportare un evidente valore aggiunto. In questo caso, si tratta di nuovi obiettivi piuttosto che di nuove competenze. Peraltro, si noti l'introduzione di un capitolo iniziale che raggruppa le "clausole orizzontali" che si applicano trasversalmente a tutte le politiche. Passeremo ora in rassegna gli aspetti principali di tali modifiche sempre allo scopo di comprendere se permettono all'Unione di agire con più efficacia e più democraticamente nei settori in questione.

9.1. Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

(1)  In termini di politiche interne, è nel settore dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia che il trattato di Lisbona prevede le più importanti innovazioni, in particolare grazie alla soppressione della struttura a pilastri e all'integrazione della cooperazione giudiziaria penale e della cooperazione di polizia (che finora rientrava nel "III pilastro") nella logica "comunitaria", tramite la generalizzazione della procedura legislativa ordinaria e della votazione a maggioranza qualificata. Così era anche nel trattato costituzionale, ma il trattato di Lisbona ha ancora modificato, e in modo sensibile, tale settore divenuto ormai essenziale per la costruzione europea.

La "comunitarizzazione" dell'ex terzo pilastro non impedisce il persistere di un certo particolarismo istituzionale: definizione da parte del Consiglio europeo (all'unanimità) degli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa senza che il Parlamento europeo ne sia associato; condivisione dell'iniziativa legislativa tra la Commissione e un quarto degli Stati membri (e non più un solo Stato membro come avviene attualmente) nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia; ruolo rafforzato per i parlamenti nazionali, in particolare per quanto riguarda il controllo del rispetto del principio di sussidiarietà (un quarto dei parlamenti nazionali per far scattare l'allarme precoce invece di un terzo); esame dell'attuazione delle politiche dell'Unione in questo settore e controllo dell'attività di Eurojust e Europol.

(2)  Gli obiettivi delle politiche in questo settore sono chiariti e la loro definizione approfondita. L'azione dell'Unione in tale materia è esplicitamente subordinata ai diritti fondamentali. L'accesso alla giustizia è sancito come finalità generale. Il riconoscimento reciproco dei vari sistemi e il ravvicinamento delle legislazioni sono riconosciuti come due mezzi paralleli per la realizzazione delle politiche.

Le politiche di asilo e di immigrazione, dei controlli alle frontiere e dei visti sono riconosciute come politiche comuni dell'Unione, disciplinate dai principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri.

Il nuovo trattato registra inoltre notevoli progressi in materia di cooperazione giudiziaria civile e di cooperazione giudiziaria in materia penale, nonché in materia di cooperazione di polizia, grazie soprattutto all'applicazione della procedura legislativa ordinaria.

(3)  La cooperazione giudiziaria in materia civile viene così estesa a tutte le materie con incidenza transfrontaliera ed è basata sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e extragiudiziarie, con l'applicazione della procedura legislativa ordinaria alle eventuali misure di ravvicinamento delle legislazioni, salvo in materia di diritto familiare, dove l'unanimità è la regola (regolamento del Consiglio con semplice parere del Parlamento europeo). Tuttavia il Consiglio stesso può, previa consultazione del Parlamento europeo, decidere all'unanimità di estendere la procedura legislativa ordinaria ad alcuni aspetti del diritto di famiglia con incidenze transfrontaliere, sempre che nessun parlamento nazionale vi si opponga.

(4)  In quanto alla cooperazione giudiziaria in materia penale, la grande innovazione è che la procedura legislativa ordinaria (maggioranza qualificata) è prevista per il ravvicinamento delle legislazioni tanto in campo procedurale (norme minime per consentire il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, ecc.), quanto in quello del diritto penale materiale: norme minime per la definizione di alcuni reati gravi e di dimensione transfrontaliera enumerati nel TFUE, nonché delle relative sanzioni. Il nuovo trattato prevede inoltre che il Consiglio, deliberando all'unanimità e previo consenso del Parlamento europeo, possa identificare altri settori della procedura penale nonché altri settori della criminalità in cui la procedura legislativa ordinaria può essere applicata.

Tale evoluzione ha provocato forti resistenze da parte di alcuni Stati membri, malgrado la garanzia che la legislazione europea in questo settore deve rispettare gli aspetti fondamentali dei sistemi giuridici degli Stati membri. Per permettere il raggiungimento di un accordo, la Conferenza intergovernativa 2004 aveva previsto un meccanismo di "freno di emergenza" – ulteriormente rimaneggiato nel corso dei negoziati del 2007 – per dare tutte le garanzie richieste agli Stati membri che sollevano difficoltà su tale materia, senza tuttavia bloccare completamente le possibilità di evoluzione: se lo Stato membro ritiene che una proposta legislativa reca pregiudizio ad "aspetti fondamentali del suo ordinamento giudiziario penale", può chiedere che il Consiglio europeo venga consultato. Il Consiglio europeo dispone di un termine di quattro mesi per rinviare (consensualmente) la questione al Consiglio affinché la procedura possa continuare. Se il disaccordo persiste ancora al termine di questo periodo di 4 mesi, viene automaticamente avviata sulla questione una cooperazione rafforzata sulla base della proposta legislativa di cui trattasi, sempre che 9 Stati membri lo richiedano.

(5)  Inoltre il Parlamento europeo può rallegrarsi del fatto che, malgrado la viva opposizione di varie delegazioni durante la CIG 2004, il nuovo trattato abbia ora accolto la proposta della Convenzione concernente la creazione di una Procura europea competente per la lotta contro le infrazioni che recano pregiudizio agli interessi finanziari dell'Unione, la quale avrà il compito di perseguire i responsabili di tali infrazioni. L'unanimità per l'approvazione del regolamento europeo del Consiglio, che lo emana previa approvazione del Parlamento europeo, continua ad essere richiesta come nella Costituzione. Tuttavia nel corso dei negoziati 2007 è stata introdotta una clausola simmetrica a quella menzionata al paragrafo precedente e che potrebbe definirsi "acceleratore d'emergenza": in mancanza di unanimità in seno al Consiglio, un gruppo di almeno nove Stati membri può chiedere che il Consiglio europeo sia investito del progetto di testo; se si raggiunge un accordo in sede di Consiglio europeo, questo rinvia il progetto al Consiglio per il prosieguo della procedura; se il Consiglio europeo non raggiunge un accordo nel giro di quattro mesi, nove Stati membri (almeno) possono chiedere il passaggio automatico alla cooperazione rafforzata.

Inoltre, una clausola "passerella" prevede la possibilità di estendere i poteri della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave con dimensione transfrontaliera, mediante una decisione europea adottata all'unanimità dal Consiglio, previa approvazione del Parlamento europeo.

(6)  Infine, in materia di cooperazione di polizia si constata anche l'introduzione della procedura legislativa ordinaria, ma l'unanimità continua ad essere la regola per la cooperazione operativa e per l'intervento delle autorità competenti di uno Stato membro sul territorio di un altro. Come nel caso della Procura, la CIG 2007 ha aggiunto un "acceleratore d'emergenza" che in caso di blocco della procedura apre la strada a una cooperazione rafforzata se ciò viene richiesto da almeno nove Stati membri.

(7)  Per concludere, è bene anche rammentare che, soprattutto per iniziativa del Regno Unito, il cui status speciale in fatto di Giustizia e Affari interni era già stato riconosciuto (come per l'Irlanda e, in misura diversa, per la Danimarca[40]), si è provveduto mediante dei protocolli ad includere speciali disposizioni a sostegno di tale status particolare. Come contropartita del suo accordo il Regno Unito ha infatti preteso delle modifiche ai due protocolli che riconoscono la specificità dello status del Regno Unito e dell'Irlanda (la quale è in qualche modo costretta a seguire il Regno Unito in ragione del contenuto degli accordi particolari che legano i due Stati membri in questa materia) per quanto riguarda lo sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e le misure volte ad estendere l'acquis di Schengen.

La posizione dei due Stati membri deriva da fattori speciali: si tratta innanzitutto di isole che si basano sul sistema della common law e in cui non è prevista la carta d'identità per i residenti.

In tal modo il regime derogatorio già vigente per il Regno Unito e l'Irlanda in fatto di politica di immigrazione, di asilo e di visti nonché di cooperazione giudiziaria civile, è stato esteso alla cooperazione giudiziaria in materia penale e alla cooperazione di polizia[41]. Per quanto concerne l'acquis di Schengen, per il quale il Consiglio aveva accettato che il Regno Unito e l'Irlanda potessero partecipare caso per caso purché partecipassero al tempo stesso allo sviluppo delle relative misure parziali, i due Stati non saranno tenuti a partecipare a tali misure se non lo desiderano. Tuttavia, essi possono essere esclusi parzialmente o in toto dal settore di Schengen in questione, qualora il Consiglio, il Consiglio europeo o, in ultima istanza la Commissione decidano in tal senso[42].

Inoltre, per quanto riguarda la transizione verso il nuovo status giuridico degli atti dell'ex terzo pilastro, segnatamente il loro essere soggetti al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia e al controllo della Commissione, il Regno Unito ha ottenuto un'aggiunta al protocollo sulle disposizioni transitorie, in cui si specifica che le misure nel campo della cooperazione in materia penale e di polizia già vigenti alla data di entrata in vigore del nuovo trattato sono esonerati da tali controlli per un periodo fino a 5 anni (o fino a quando tali atti saranno modificati in base alle nuove procedure). Il Regno Unito può anche, prima dello scadere del quinquennio, scegliere di non accettare il nuovo regime applicabile a questi atti, nel qual caso tutti gli atti esistenti in tale settore cessano di essere applicabili al Regno Unito, il quale potrà anche essere obbligato, ove il Consiglio decida in tal senso[43], a farsi carico delle eventuali conseguenze finanziarie "derivanti necessariamente e inevitabilmente dalla cessazione della sua partecipazione agli atti suddetti".

9.2. Altre politiche interne

(1)  Prescindendo dall'introduzione di alcune nuove basi giuridiche corrispondenti alle competenze "nuove" – o meglio definite – le modifiche introdotte dal nuovo trattato a livello delle altre politiche settoriali sono soprattutto la conseguenza della conferma della codecisione (e quindi del voto a maggioranza qualificata) come procedura legislativa ordinaria e della "ripartizione" tra atti legislativi ed esecutivi secondo la nuova definizione.

(2)  Tra i cambiamenti più rilevanti si noterà quelli che riguardano la politica agricola e la politica della pesca: la procedura legislativa ordinaria sarà d'applicazione per l'adozione degli atti legislativi che stabiliscono le norme per le organizzazioni comuni dei mercati agricoli nonché le altre disposizioni necessarie al perseguimento degli obiettivi della politica comune dell'agricoltura e della pesca (attualmente, il Parlamento europeo ha soltanto il diritto di essere consultato). Ciò significa che i principali orientamenti delle politiche comuni dell'agricoltura e della pesca verranno anch'essi decisi dal Parlamento europeo e non più lasciati ai soli ministri dell'agricoltura. Per contro, la definizione dei prezzi, dei prelievi, degli aiuti e delle limitazioni quantitative, nonché la ripartizione dei contingenti di pesca, rientrano negli atti esecutivi e sono quindi di competenza del Consiglio, tramite regolamenti o decisioni esecutive europee.

(3)  Alla politica di ricerca e di sviluppo tecnologico viene aggiunto un nuovo comparto, quello della politica dello spazio. Il programma quadro di ricerca, d'ora in avanti un atto legislativo, sarà adottato a maggioranza qualificata. Parallelamente, uno spazio europeo di ricerca dove sia i ricercatori sia le conoscenze scientifiche e le tecnologie possano circolare liberamente sarà realizzato tramite regolamenti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Il programma spaziale europeo potrà anch'esso essere adottato secondo la procedura legislativa ordinaria.

(4)  Il nuovo titolo dell'energia mira, tra gli altri obiettivi, ad assicurare il funzionamento del mercato dell'energia e la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nonché a promuovere l'efficacia energetica e lo sviluppo delle energie rinnovabili. Tuttavia, il nuovo trattato ha introdotto un limite all'azione dell'Unione, che non potrà inficiare il diritto di un solo Stato membro a determinare le condizioni di sfruttamento delle proprie risorse energetiche, la scelta da operare tra varie fonti di energia e la struttura generale del suo approvvigionamento energetico. Peraltro, sebbene la procedura legislativa ordinaria e la votazione a maggioranza qualificata sono la regola in questo settore, la CIG ha previsto che ogni misura che abbia principalmente natura fiscale sia adottata mediante legge del Consiglio approvata all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo. Tuttavia il Consiglio può all'unanimità decidere di rendere la procedura applicabile a tali settori. Infine, a seguito del dibattito pubblico svoltosi nel corso degli ultimi due anni, la CIG 2007 ha introdotto un riferimento specifico alla solidarietà fra gli Stati membri nel settore energetico, così come auspicato del Parlamento europeo.

(5)  Durante la CIG 2007 gli Stati membri si sono accordati per aggiungere un riferimento specifico alla lotta contro i mutamenti climatici dando così all'Unione una base giuridica più specifica che le consente di adottare in materia provvedimenti vincolanti.

(6)  In materia di sanità pubblica il nuovo trattato aggiunge fra le azioni di sostegno realizzate dall'Unione la lotta contro i "grandi flagelli transfrontalieri": la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero. L'Unione deve anche, tra l'altro, stabilire misure che fissano norme elevate di qualità e di sicurezza dei prodotti medici, nonché misure di protezione della salute per quanto riguarda il tabacco e l'alcol. Sottolineiamo che il nuovo trattato precisa che l'azione dell'Unione in questo settore è svolta nel rispetto delle competenze degli Stati membri per quanto riguarda la definizione della loro politica in materia di salute, competenze che comprendono la gestione dei servizi sanitari e delle cure mediche, nonché la distribuzione delle risorse assegnate a tali compiti.

(7)  È deplorevole che il testo finalmente approvato non preveda modifiche più sostanziali in termini di politica sociale, in particolare per quanto riguarda l'estensione della maggioranza qualificata (non sono previste modifiche rispetto all'attuale situazione). Tuttavia, non sarebbe esatto affermare che il trattato di Lisbona comporta un arretramento in materia sociale. Al contrario, si riscontrano alcuni progressi. Così, oltre a classificare la politica sociale fra le competenze condivise e ad indicare espressamente che l'Unione può adottare iniziative di coordinamento delle politiche sociali degli Stati membri, il nuovo trattato fa dei passi avanti, prevedendo

- il riconoscimento della "piena occupazione" e del "progresso sociale" tra gli obiettivi dell'Unione;

- l'introduzione fra le "Disposizioni di applicazione generale (nella Parte I del TFUE) di una "clausola sociale" di carattere orizzontale, secondo la quale l'Unione deve prendere in considerazione, nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche, le esigenze connesse alla "promozione di un livello elevato di occupazione" e alla "garanzia di una protezione sociale adeguata", alla "lotta contro l'esclusione sociale" nonché a un "livello elevato di istruzione, di formazione e di protezione della salute umana";

- la creazione di una base giuridica che permetta il riconoscimento e la preservazione dei servizi di interesse economico e generale; inoltre la CIG 2007 ha aggiunto un protocollo sui servizi di interesse economico generale che menziona la specificità del regime relativo a tali servizi e precisa chiaramente che i trattati non inficiano la competenza degli Stati membri riguardo alla prestazione di "servizi di interesse generale non economico", ossia i servizi pubblici in senso stretto;

- il riconoscimento esplicito nel TFUE del ruolo delle "parti sociali" e in particolare del vertice sociale tripartito per la crescita e l'occupazione, che contribuisce al dialogo sociale.

(8)  Infine, si rileva che la procedura legislativa ordinaria sarà applicabile alle misure di sicurezza sociale concernenti il diritto alle prestazioni per i lavoratori migranti salariati e non salariati. Tutto ciò sarà combinato con un altro "freno di emergenza"; nel caso in cui uno Stato membro ritenga che tali misure potrebbero riguardare "aspetti fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale, in particolare il campo di applicazione, il costo o la struttura finanziaria di quest'ultimo, oppure che ne pregiudichi l'equilibrio finanziario", potrà chiedere che il Consiglio europeo venga investito della questione (con la conseguente sospensione della procedura legislativa). Il Consiglio europeo deve, entro un termine di quattro mesi, rinviare la questione al Consiglio affinché la procedura continui oppure chiedere alla Commissione di presentare una nuova proposta. In tale ipotesi, così come in caso di inazione, l'atto inizialmente proposto si considera non adottato.

(9)  Parallelamente, si constata inoltre che il trattato modificativo non apporta cambiamenti in materia di fiscalità, con l'unanimità che rimane la regola generale in materia: anche i passaggi (peraltro limitati) alla procedura legislativa ordinaria (e pertanto alla maggioranza qualificata) proposti dalla Convenzione in materia di misure di cooperazione amministrativa e di lotta contro la frode e l'evasione fiscale (mediante constatazione unanime da parte del Consiglio che le misure proposte rientrano fra tali questioni) non sono stati adottati dalla CIG.

(10) Un altro settore che è stato al centro delle discussioni, ma in cui le modifiche sono abbastanza modeste, è quello della governance economica. Tuttavia, giova sottolineare da un lato la conferma a livello delle competenze dell'Unione del coordinamento delle politiche economiche e dell'occupazione (sebbene la CIG 2004 abbia modificato il testo della Convenzione per mettere l'accento sul fatto che sono gli Stati membri che coordinano le loro politiche secondo modalità definite in seno all'Unione), accompagnato da un leggero rafforzamento della posizione della Commissione, e dall'altro il rafforzamento delle disposizioni relative agli Stati membri la cui moneta è l'euro: ad esempio, la decisione del Consiglio sull'adozione dell'euro da parte di nuovi Stati membri (proposta dalla Commissione) dev'essere preceduta da una raccomandazione adottata a maggioranza qualificata dagli Stati membri la cui moneta è già l'euro.

Peraltro, le modalità di funzionamento dell'Eurogruppo sono precisate in un protocollo allegato. Il nuovo trattato contiene inoltre una dichiarazione sul patto di stabilità e di crescita. Il patto è stato all'origine di aspre discussioni tra alcune delegazioni nel corso della CIG 2004, che hanno portato all'adozione di alcune modifiche al testo della Convenzione, che si traducono in particolare nell'attenuazione del ruolo proposto per la Commissione in merito alla procedura in caso di deficit eccessivi (le raccomandazioni rivolte dal Consiglio allo Stato membro in questione devono essere basate su una semplice raccomandazione della Commissione, come avviene attualmente, e non su una proposta, come proponeva la Convenzione).

9.3. La politica estera e di sicurezza comune

(1)  Il settore dell'azione esterna dell'Unione ha subito anch'esso profonde modifiche, soprattutto sul piano istituzionale. Si tratta comunque di un settore in cui il trattato di Lisbona si allontana molto dal testo del trattato costituzionale per quanto riguarda la sua struttura.

La CIG 2004 aveva infatti seguito la Convenzione per quanto concerne l'unità strutturale di tutte le disposizioni relative all'azione esterna dell'UE, le quali, prescindendo dai due articoli che definiscono i principi generali della parte I, erano state tutte riunite nel titolo V della parte III della Costituzione denominato "Azione esterna dell'Unione". Il trattato di Lisbona invece ha riunito nel titolo V del TUE le disposizioni generali sull'azione esterna dell'Unione e la totalità delle disposizioni concernenti la PESC, includendovi quelle relative alla difesa, mentre il resto delle norme relative agli altri settori dell'azione esterna (politica commerciale comune, cooperazione con i paesi terzi, aiuti umanitari ecc.) sono incorporati nella parte V del TFUE. Il fatto che i due trattati abbiano identico valore giuridico – come rammentato da entrambi nei primi articoli[44] – sembra salvaguardare i progressi derivanti dalla soppressione della struttura a pilastri e limitare la perdita di coerenza di tali disposizioni e il rischio che l'ambito intergovernativo della PESC "contamini" quello più "comunitarizzato" del resto delle relazioni esterne. Viva la chiarezza!

Per contro il trattato di Lisbona ha mantenuto, se non nella forma almeno nella sostanza, la principale innovazione di carattere istituzionale che il trattato costituzionale aveva introdotto: crea l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza che sostituisce il ministro degli affari esteri della Costituzione, mantenendone peraltro inalterate le funzioni e competenze (cfr. supra, punto 6.5.). L'Alto rappresentante, dotato di un duplice ruolo istituzionale e responsabile della direzione della politica estera e di sicurezza comune e del coordinamento di tutte le relazioni esterne dell'Unione, rappresenta la principale innovazione apportata dal nuovo trattato sul piano delle relazioni esterne dell'Unione. Il Parlamento spera che questa nuova carica possa effettivamente conferire maggiore coerenza ed efficacia all'azione esterna dell'Unione, ma molto dipenderà dalle relazioni che si instaureranno fra l'Alto rappresentante, il Presidente della Commissione e il nuovo Presidente del Consiglio.

Per quanto riguarda la politica estera e di sicurezza comune, che resta fondamentalmente un settore d'azione intergovernativo nel quale il ruolo del Consiglio europeo è preponderante, l'unanimità continua ad essere la regola e la maggioranza qualificata viene applicata soltanto per l'esecuzione delle decisioni prese dal Consiglio europeo (oppure per le proposte presentate dall'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza su richiesta del Consiglio europeo), o dal Consiglio. Tuttavia, un "freno di emergenza" è previsto nel caso in cui uno Stato si opponga all'adozione di una decisione a maggioranza qualificata per "motivi politici vitali". Nel corso della CIG 2004 varie proposte miravano ad andare più lontano in fatto di maggioranza qualificata, ma né le proposte della Convenzione (maggioranza qualificata per le proposte presentate dall'Alto rappresentante con il sostegno della Commissione) né quelle della presidenza italiana (maggioranza qualificata per tutte le proposte dell'Alto rappresentante) hanno potuto superare l'opposizione di alcuni Stati membri. Il nuovo trattato conserva comunque la "passerella" specifica PESC già prevista dalla Costituzione, in base alla quale il Consiglio europeo ha facoltà di decidere all'unanimità di applicare la maggioranza qualificata ad altri casi (ad eccezione delle decisioni attinenti al settore militare o della difesa).

È facile prevedere che l'applicazione di questa passerella incontrerà grosse difficoltà.

Il Parlamento europeo dal canto suo acquisisce in linea generale il diritto di essere informato (o consultato), il diritto di controllo (interrogazioni, dibattiti) e di voto del bilancio PESC. La competenza della Corte di Giustizia in materia di politica estera e di sicurezza comune si limita alla delimitazione fra la PESC e gli altri settori di intervento dell'UE nonché al controllo della legalità delle decisioni europee che comportano misure restrittive nei confronti dei privati.

In breve, ci si può rammaricare che non siano stati compiuti ulteriori progressi in fatto di decisioni a maggioranza qualificata, ma occorre essere realisti e comprendere che allo stato attuale dell'integrazione europea la politica estera è talmente legata al "nocciolo duro" delle competenze nazionali che non si può sperare in una vera politica estera comune senza la volontà politica di tutti gli Stati membri. La grande novità del nuovo trattato è soprattutto la creazione di condizioni istituzionali atte ad indurre gli Stati membri a concertarsi fra loro e a cercare di definire un approccio comune ai problemi internazionali che lo richiedono nonché a consultarsi reciprocamente prima di intraprendere azioni unilaterali suscettibili di nuocere agli interessi comuni.

(2)  È nel settore specifico della politica della sicurezza comune che il nuovo trattato permette di compiere i maggiori progressi: nella Conferenza intergovernativa 2004 si erano registrati importanti sviluppi che andavano anche al di là di ciò che era stato proposto dalla Convenzione e che sono stati ripresi quasi per intero nei negoziati del 2007.

In tal modo la prospettiva di una difesa comune, o comunque la definizione di una politica di difesa comune, i cui principi erano già stati stabiliti nel trattato di Maastricht, diventa più realistica[45]. Tale politica comune di difesa conferisce all'Unione una capacità operativa basata su strumenti civili e militari. Le principali innovazioni a tale riguardo concernono:

- l'aggiornamento degli obiettivi dei "compiti di tipo Petersberg"[46];

- la creazione di un'Agenzia europea per la difesa ("Agenzia nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell'acquisizione e degli armamenti")[47];

- la possibilità di creazione, con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, di una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa tra gli Stati membri che hanno le capacità militari necessarie e la volontà politica di aderirvi (un protocollo allegato definisce le condizioni dell'attuazione di tale cooperazione strutturata);

- la definizione di un obbligo di aiuto e di assistenza reciproca tra gli Stati membri, con tutti i mezzi, nel caso in cui uno Stato membro sia oggetto di un'aggressione armata sul suo territorio, in conformità con la Carta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e nel rispetto degli impegni dell'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord per gli Stati membri che vi appartengono. Il nuovo trattato sottolinea che tale obbligo non chiama in causa il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di alcuni Stati membri, cosa che costituisce un'importante garanzia per gli Stati membri tradizionalmente "neutrali";

- la possibilità che il Consiglio affidi a un gruppo di Stati la realizzazione di una missione per la preservazione dei valori dell'Unione;

- la creazione di un fondo di avviamento costituito dai contributi degli Stati membri per le spese militari che non sono a carico del bilancio dell'Unione;

- la definizione di una procedura di accesso rapido agli stanziamenti dell'Unione.

(3)  Il trattato UE modificato prevede inoltre una clausola di solidarietà tra gli Stati membri, secondo la quale gli altri Stati recano assistenza a uno Stato membro che sia oggetto di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale, su sua richiesta. Le condizioni di attuazione di tale clausola di solidarietà saranno adottate con decisione del Consiglio su proposta congiunta della Commissione e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Consiglio decide all'unanimità se tale decisione ha implicazioni in termini di difesa. Il Parlamento ne viene informato.

(4)  Questi progressi sono quindi significativi e non chiamano in causa né le specificità della politica di sicurezza e di difesa di alcuni Stati membri, né gli impegni degli Stati membri che appartengono alla NATO. Essi non rischiano neanche di trasformare l'Unione in un blocco militare aggressivo, come alcuni sembrano temere. Alcuni avrebbero certo auspicato di andare oltre, soprattutto in termini di maggioranza qualificata. Tuttavia, stante la natura eminentemente intergovernativa di tale settore e la realtà politica entro cui attualmente opera l'Unione, si può ritenere che il risultato finale sia abbastanza positivo. E tuttavia, durante i negoziati del 2007, per insistenza di alcuni Stati membri la redazione di talune disposizioni ha patito delle modifiche derivanti dalla volontà di assicurare – anche laddove ciò appare del tutto superfluo – che l'Unione si limiterà nel campo della PESC ad agire esclusivamente nell'ambito delle competenze attribuitele dai trattati... Inoltre, il nuovo trattato è stato "completato" da una serie di dichiarazioni[48] altrettanto superflue che riaffermano a volte anche in modo gratuito, tale concetto. Pur non trattandosi di enunciazioni dannose – visto che si limitano a riaffermare in modo lapalissiano il contenuto delle disposizioni del trattato – esse sono comunque sintomatiche di una visione piuttosto negativa della costruzione europea che finisce per inviare un messaggio erroneo all'opinione pubblica.

9.4. Altri settori delle relazioni esterne

(1)  In materia di relazioni esterne si devono sottolineare le modifiche positive introdotte in materia di politica commerciale comune. Il suo campo di applicazione viene esteso al commercio dei servizi e alla proprietà intellettuale. Il ruolo del Parlamento europeo viene rafforzato: è la procedura legislativa ordinaria che prevarrà per stabilire le misure di attuazione della politica commerciale comune; il Parlamento verrà regolarmente informato sui negoziati relativi agli accordi internazionali; tali accordi potranno essere conclusi soltanto con riserva della sua approvazione. Giova inoltre rilevare che il trattato di Lisbona ha confermato la c.d. "eccezione culturale"[49].estesa ad altri settori.

(2)  Infine, in materia di aiuti umanitari, il Parlamento europeo si compiace per la creazione di una base giuridica specifica, soggetta alla procedura legislativa ordinaria, che prevede la creazione di un corpo di volontari per l'aiuto umanitario.

(3)  Ricordiamo anche che il trattato di Lisbona mantiene le disposizioni specifiche relative alla sviluppo della politica di vicinato dell'Unione, e segnatamente la base giuridica che le permette di stipulare accordi in materia con i paesi interessati. Tali disposizioni sono però – poco coerentemente – incorporate nel titolo I del TUE (Disposizioni comuni).

10. Importanti elementi di flessibilità

Un'altra questione fondamentale è di stabilire se il nuovo contesto istituzionale sia sufficientemente flessibile per permettere all'Unione di adattarsi all'evoluzione delle circostanze e di rispondere alle nuove sfide che potranno sorgere in futuro.

La risposta a tale domanda può essere ricercata a due livelli diversi: da un lato quello della revisione dei trattati e dall'altro quello delle possibilità di evoluzione del sistema all'interno dell'attuale quadro istituzionale, senza necessità di revisione.

(1)  A livello della procedura di revisione il nuovo trattato propone miglioramenti evidenti: innanzitutto l'attribuzione al Parlamento europeo di un diritto d'iniziativa della revisione, allo stesso titolo degli Stati membri o della Commissione. Ma anche l'istituzionalizzazione della Convenzione come sede per la preparazione della revisione. Si tratta del riconoscimento del ruolo assolutamente decisivo della Convenzione per l'elaborazione della Costituzione e dei limiti inerenti al metodo intergovernativo. Il Parlamento europeo, che è stato il primo a proporre il ricorso al metodo della Convenzione, non può che rallegrarsi di tale modifica che contribuirà alla trasparenza e alla democratizzazione della procedura di revisione assicurandone anche una maggiore efficacia.

Particolarmente positivo è anche il fatto che l'approvazione del Parlamento europeo è richiesta perché il Consiglio possa decidere di non convocare una Convenzione, qualora l'incidenza delle modifiche proposte non lo giustifichi.

(2)  Purtroppo il nuovo trattato non va tanto lontano quanto auspicava il Parlamento europeo per quanto riguarda la semplificazione della procedura di revisione. Infatti, il testo dell'articolo 48 TUE prevede una procedura semplificata di revisione del contenuto delle disposizioni della parte III del TFUE relativa alle azioni e alle politiche interne dell'Unione – a condizione che tale revisione non accresca le competenze attribuite all'Unione – ma tale semplificazione consiste semplicemente nel permettere al Consiglio europeo di non convocare la Convenzione (senza aver a tal fine bisogno dell'approvazione del Parlamento europeo) e mantiene in ogni modo l'esigenza dell'unanimità e della ratifica da parte di tutti gli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. Il Parlamento europeo e la Commissione sono consultati.

(3)  Pertanto, la revisione dei trattati continuerà ad esigere, in tutti i casi, l'unanimità e la ratifica da parte di tutti gli Stati membri. Durante la Convenzione erano state formulate però alcune proposte, che avevano raccolto un ampio consenso presso il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali, le quali avrebbero permesso di conferire un po' più di flessibilità a tale esigenza in relazione alle disposizioni relative alle politiche interne dell'Unione, pur rispettando il principio essenziale che un ulteriore aumento delle competenze dell'Unione richiederebbe l'unanimità degli Stati membri.

(4)  Per contro, il Parlamento europeo può soltanto compiacersi per il mantenimento delle "passerelle" proposte dalla Convenzione per il passaggio sia dall'unanimità alla maggioranza qualificata del Consiglio sia dalla procedura legislativa speciale alla procedura legislativa ordinaria. Il fatto che una simile decisione possa essere adottata dal Consiglio europeo soltanto all'unanimità, con l'approvazione del Parlamento europeo e soltanto se non vi è opposizione di alcun parlamento nazionale entro un termine di sei mesi, costituisce una garanzia sufficiente dal punto di vista del rispetto dei diritti di ogni Stato membro e della trasparenza e legittimazione democratica della decisione. Notiamo tuttavia che, oltre a queste passerelle generali, ne esistono altre più specifiche che di solito o richiedono l'approvazione del Parlamento europeo (ampliamento delle competenze della Procura europea) o danno a qualunque parlamento nazionale la possibilità di bloccare la decisione del Consiglio.

(5)  Un altro aspetto positivo del nuovo testo riguarda i miglioramenti introdotti in materia di cooperazioni rafforzate, la cui importanza potrà aumentare in futuro in considerazione del notevole aumento del numero degli Stati membri. Pur preservando le condizioni necessarie per garantire la coesione dell'insieme dell'Unione e la sua unità istituzionale, il nuovo testo amplia il campo delle cooperazioni rafforzate (si possono applicare a tutti i settori non coperti dalle competenze esclusive dell'Unione, salvo il settore della difesa, attualmente escluso) e facilita il loro avvio: esse devono riunire almeno 9 degli Stati membri e richiedono una decisione del Consiglio a maggioranza qualificata, salvo che in materia di politica estera e di sicurezza comune, dove l'unanimità rimane necessaria (ma in questo campo esse sono attualmente escluse). L'esigenza dell'approvazione del Parlamento europeo (salvo nel settore della politica estera e di sicurezza comune) rafforza così la legittimazione democratica della decisione di avviare una cooperazione di questo tipo.

(6)  Infine, il fatto che il nuovo trattato abbia mantenuto, per le cooperazioni rafforzate, una disposizione "passerella" verso la maggioranza qualificata o verso la procedura legislativa ordinaria, come proposto dalla Convenzione, è anch'esso positivo.

(7)  Si noti anche che il trattato di Lisbona modifica le disposizioni relative alla procedura di allargamento dell'Unione, specificando che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali sono informati di ogni nuova richiesta di adesione e facendo esplicito riferimento ai "criteri di ammissibilità convenuti dal Consiglio europeo" (attualmente denominati "criteri di Copenaghen") dei quali si deve tener conto in sede di decisione del Consiglio, decisione che richiede, come attualmente, l'unanimità e la previa approvazione del Parlamento europeo alla maggioranza dei membri che lo compongono.

(8)  Il ritiro volontario dall'Unione: per la prima volta nei trattati istitutivi, prima delle Comunità europee, poi dell'Unione, che – salvo il primo, che istituisce la Comunità europea del Carbone e dell'Acciaio – erano espressamente conclusi per una durata illimitata senza prevedere una procedura di denuncia né collettiva né da parte di un solo Stato membro, il TUE conterrà nel suo articolo 50 un meccanismo di "ritiro volontario dall'Unione". Certo, in mancanza di una disposizione particolare, il diritto internazionale autorizzava già, seppure in via ipotetica, tale possibilità. Ma il suo riferimento reso esplicito nel testo stesso del TUE, oltre a stabilire modalità precise per gestire una simile eventualità, è anche un segnale forte e chiaro che nessuno Stato membro è obbligato a continuare a partecipare all'avventura comune se non lo desidera più. Ciò dimostra, insieme alle disposizioni relative alle cooperazioni rafforzate e strutturate, che l'adesione all'Unione e allo sviluppo delle sue politiche è un atto di libera scelta basato su un reale impegno politico.

11. L'entrata in vigore del nuovo trattato

Visto che il nuovo trattato si iscrive nella tradizione dei trattati che modificano trattati in vigore – che continueranno ad esistere come modificati – e che esso non ha la pretesa di abrogare per intero i trattati attuali e sostituirli, le norme relative alla sua entrata in vigore sono quelle abitualmente applicabili all'entrata in vigore di nuovi trattati. Così lo stesso trattato di Lisbona prevede (articolo 6.2) che il testo entrerà in vigore il 1° gennaio 2009, se tutti gli strumenti di ratifica saranno stati depositati; altrimenti, il primo giorno del mese successivo all'avvenuto deposito dell'ultimo strumento di ratifica. Il protocollo (n. 10) sulle disposizioni transitorie prevede gli adattamenti eventualmente necessari durante il periodo di transizione.

III.      Valutazione complessiva

1.        Alla luce dell'analisi esposta, la valutazione complessiva della commissione per gli affari costituzionali in merito all'esito della CIG che ha concluso la propria attività nell'ottobre 2007 e al trattato di Lisbona non può che essere del tutto positiva. In primo luogo, l'Europa ha potuto superare la situazione di stallo estremamente preoccupante in cui era venuta a trovarsi. L'adozione del trattato conferirà nuovo slancio al processo di ratifica in Francia e nei Paesi Bassi e semplificherà il ricorso alla via parlamentare per consentire l'entrata in vigore del nuovo testo.

2.        Naturalmente il nuovo trattato rappresenta un compromesso le cui concessioni sono in alcuni casi difficili da accettare da parte del Parlamento, come l'abbandono dell'idea stessa di Costituzione e di talune disposizioni contenute nel trattato costituzionale, gli incresciosi rinvii nell'entrata in vigore di determinate disposizioni e le misure specifiche introdotte per soddisfare le richieste di qualche Stato membro. Era il prezzo politico da pagare per trovare una via d'uscita dalla crisi provocata dall'esito negativo dei referendum in Francia e nei Paesi Bassi. Il testo presenta comunque numerosi punti notevolmente riformati e migliorati rispetto ai trattati esistenti, e le novità introdotte dalla Costituzione sono state in gran parte preservate.

           Il nuovo trattato, inoltre, consolida soprattutto la democrazia nell'Unione europea, promuovendo un processo decisionale più efficace e chiarendo maggiormente la suddivisione dei compiti all'interno dell'Unione e la distribuzione delle competenze dell'Unione da un lato e degli Stati membri dall'altro.

Ulteriori commenti di Íñigo Méndez de Vigo, correlatore

3.         L'approccio intergovernativo alla revisione del trattato ha dimostrato ancora una volta i propri limiti. Rispetto al trattato costituzionale, non si registra alcun passo in avanti significativo a fronte delle numerose soppressioni. In sostanza è prevalso l'istinto di eliminare anziché di creare. Inoltre, in palese spregio dei compromessi raggiunti, alcuni governi sono riusciti a invalidare gli accordi precedenti e ottenere speciali deroghe o interpretazioni favorevoli ai propri interessi. L'esempio più eclatante è l'approvazione delle "linee rosse" del governo britannico di Tony Blair.

4.         La mancanza di lungimiranza e di ambizione dimostrata dai leader nazionali in ambito europeo non è mai stata così ovvia, e il trattato di Lisbona riflette chiaramente un sentimento di diffidenza, se non addirittura di sfiducia nei confronti dell'Unione e delle sue istituzioni. Non sorprende pertanto che molti cittadini europei siano visibilmente amareggiati per la sorte del trattato costituzionale, uno sconforto simile a quello di Altiero Spinelli nel confrontare il trattato sull'Unione europea approvato dal Parlamento con l'Atto unico approvato dal Consiglio. Va osservato che molte delle migliorie contenute in quel progetto sono oggi applicate nella pratica. Un fenomeno simile avverrà con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona: i progressi introdotti dal trattato costituzionale entreranno a far parte del diritto comunitario primario.

5.         Al momento opportuno dovremo sfruttare al meglio le disposizioni istituzionali e il potenziale del trattato e svilupparne gli strumenti al fine di rendere l'Unione una parte ancora più integrante della quotidianità dei cittadini europei. L'Europa dovrà affrontare le crescenti minacce strategiche del terrorismo e della proliferazione nucleare e il nuovo quadro mondiale creato dalla globalizzazione e dalla rivoluzione tecnologica. Considerata la portata delle sfide da gestire, l'Europa non può nascondere la testa nella sabbia: se non punterà alla crescita economica, alle riforme di mercato e a una maggiore competitività non sarà in grado di affrontare con successo la potenza dell'economia statunitense e i nuovi venti provenienti da paesi come Cina e India. L'Unione deve concentrarsi sui principi e sui valori che uniscono gli europei ed ergersi a guardia di un modello sociale che nonostante le imperfezioni presenta innumerevoli vantaggi. Come direbbe Sant'Agostino: "Preso singolarmente valgo poco, a confronto con gli altri molto".

6.         L'Europa dovrà al tempo stesso affrontare la questione delle relazioni con i paesi vicini. Il trattato di Lisbona fornisce la base giuridica necessaria in questo settore, strettamente legato alla questione dei confini dell'Unione. Benché assente nel trattato di Lisbona, il motto del trattato costituzionale "Uniti nella diversità" dovrebbe guidare l'UE nella sua azione di sensibilizzazione e tutela del patrimonio storico. L'Europa deve valutare nuove forme di governance che assicurino un maggior coinvolgimento pubblico nelle questioni europee, con una maggiore democrazia deliberativa a livello locale, la democrazia elettronica, la pianificazione partecipativa e l'arbitrato come metodo per la risoluzione delle controversie. La governance economica, inoltre, e in particolare le relazioni tra l'Eurogruppo e la Banca centrale europea, deve essere al centro di un ampio dibattito finalizzato al superamento dei sempre più frequenti scontri dialettici.

7.         Resta la consapevolezza che sarà difficile che 27 Stati membri possano progredire insieme. Se l'Unione intende perseguire i propri obiettivi, il convoglio europeo non potrà procedere alla velocità della carrozza più lenta. In futuro sarà pertanto necessario ricorrere più spesso alla cooperazione rafforzata.

8.         L'Europa non deve, e non può, permettersi di chiudersi in sé stessa, compiacersi delle proprie crisi e attendersi che il mondo si fermi per lasciarle il tempo di risolvere dubbi ed esitazioni. Per ripristinare il proprio ordine interno l'Europa può contare oggi sul trattato di Lisbona e sulle innovazioni che questo apporta. Il trattato rappresenta l'unica via della speranza per il futuro, perché l'integrazione europea è un processo in evoluzione e, come Paul Valéry diceva di ogni poesia, "non è mai finita, è solo abbandonata". E sarà il Parlamento a far strada in questa direzione.

  • [1]     Entrato in vigore il 23 luglio 1952.
  • [2]     Belgio, Germania, Francia, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
  • [3]     Ai primi sei si sono aggiunti Danimarca, Irlanda e Regno Unito nel 1973, Grecia nel 1981, Spagna e Portogallo nel 1986, Austria, Finlandia e Svezia nel 1995, Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia nel 2004, Bulgaria e Romania nel 2007.
  • [4]     Entrati in vigore il 1° gennaio 1958.
  • [5]    Trattato di Lussemburgo del 17 febbraio 1986, entrato in vigore il 1° luglio 1987.
  • [6]    Firmato il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993.
  • [7]    Firmato il 2 ottobre 1997, entrato in vigore il 1° maggio 1999.
  • [8]    Firmato il 26 febbraio 2001, entrato in vigore il 1° febbraio 2003.
  • [9]    Firmato a Roma il 29 ottobre 2004, dovrebbe entrare in vigore il 1° novembre 2006 (cfr. articolo IV-447), purché entro tale data siano stati depositati tutti gli strumenti di ratifica.
  • [10]    Firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007.
  • [11]    Sono qui indicate da una parte le risoluzioni preparatorie alla CIG, dall'altra le risoluzioni che ne valutavano i risultati:
                   -              Atto unico europeo:
    risoluzione del 14 febbraio 1984: relazione e progetto di trattato Spinelli (GU C 77 del 19.3.1984, pag. 33)
    risoluzioni del 16 gennaio 1986: relazione Planas (GU C 36 del 17.2.1986, pag. 144)
                                                 e del 17 aprile 1986 (GU C 120 del 20.5.1986, pag. 96);
                   -              Trattato di Maastricht
    risoluzioni sulla relazione di D. Martin del
                                                 14 marzo 1990 (GU C 96 del 17.4.1990, pag. 114)
                                                 11 luglio 1990 (GU C 231 del 17.9.1990, pag. 97)
                                                 e del 22 novembre 1990 (GU C 324 del 24.12.1990, pag. 219)
    risoluzione del 7 aprile 1992: relazione D. Martin (GU C 125 del 18.5.1992, pag. 81);
                   -              Trattato di Amsterdam
    risoluzioni del 17 maggio 1995: relazione D. Martin/Bourlanges (GU C 151 del 19.6.1995, pag. 56)
                                                 e del 13 marzo 1996: relazione Dury/Maij-Weggen (GU C 96 dell'1.4.1996, pag. 77)
    risoluzione del 19 novembre 1997: relazione Méndez de Vigo/Tsatsos (GU C 371 dell'8.12.1997, pag. 99);
                   -              Trattato di Nizza
    risoluzioni sulla relazione Dimitrakopoulos/Leinen del 18 novembre 1999 (GU C 189 del 7.7.2000, pag. 222)
                                                 del 3 febbraio 2000 (GU C 309 del 27.10.2000, pag. 85)
                                                 e del 13 aprile 2000 (GU C 40 del 7.2.2001, pag. 409)
    risoluzione del 31 maggio 2001: relazione Méndez de Vigo/Seguro (GU C 47E del 21.2.2002, pag. 108);
                   -              Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa
    risoluzione del 24 settembre 2003: relazione Gil Robles/Tsatsos (GU C 77E del 26.3.2004, pag. 255)
    risoluzione del 12 gennaio 2005: relazione Corbett/Méndez de Vigo (GU C 247E del 6.10.2005, pag. 88).
  • [12]    GU C 80 del 10.3.2001, pagg. 85 e 86.
  • [13]  Basti ricordare qui le "Assise" di Roma con i parlamenti nazionali (Conferenza dei parlamenti della Comunità europea, dal 27 al 30 novembre 1990), le conferenze interistituzionali organizzate parallelamente alle CIG sull'Unione economica e monetaria e l'Unione politica, che hanno portato al trattato di Maastricht, la partecipazione di rappresentanti del Parlamento europeo al gruppo di riflessione che ha preceduto la CIG di Amsterdam, seguita dalla loro associazione ai lavori veri e propri di tale CIG e, infine, la loro integrazione quali osservatori nel gruppo preparatorio alla CIG di Nizza.
  • [14]  Risoluzione del 25 ottobre 2000 (relazione di Olivier Duhamel sulla costituzionalizzazione dei trattati), confermata dalla risoluzione del 31 maggio 2001 (relazione Méndez de Vigo/Seguro sulla valutazione del trattato di Nizza e il futuro dell'Unione europea).
  • [15]  Doc. SN 300/1/01 REV 1, allegato 1, pag. 19.
  • [16]  Risoluzione del 16 marzo 2000: relazione Duff/Voggenhuber sull'elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 377 del 29.12.2000, pag. 329)
    Decisione del 14 novembre 2000: relazione Duff/Voggenhuber sull'approvazione del progetto di Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (GU C 223 dell'8.8.2001, pag. 74)
    Risoluzione del 23 ottobre 2002: relazione Duff sull'impatto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e il suo status futuro (GU C 300E dell'11.12.2003, pag. 432)
    Risoluzione del 29 novembre 2001: relazione Leinen/Méndez de Vigo sul processo costituzionale e il futuro dell'Unione (GU C 153 del 27.6.2002, pag. 310 (E))
    Risoluzione del 25 ottobre 2001: relazione Poos sulla riforma del Consiglio (GU C 112 del 9.5.2002, pag. 317 (E))
    Risoluzione del 14 marzo 2002: relazione Carnero González sulla personalità giuridica dell'Unione europea (GU C 47 del 27.2.2003, pag. 594 (E))
    Risoluzione del 7 febbraio 2002: relazione Napolitano sulle relazioni tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali nel quadro della costruzione europea (GU C 284 del 21.11.2002, pag. 322 (E))
    Risoluzione del 16 maggio 2002: relazione Lamassoure sulla delimitazione delle competenze tra l'Unione europea e gli Stati membri (GU C 180 del 31.7.2003, pag. 493 (E))
    Risoluzione del 17 dicembre 2002: relazione Bourlanges sulla tipologia degli atti e la gerarchia delle norme nell'Unione europea (GU C 31 del 5.2.2004, pag. 126)
    Risoluzione del 14 gennaio 2003: relazione Napolitano sul ruolo dei poteri regionali e locali nella costruzione europea (GU C 38E del 5.2.2004, pag. 167)
    Risoluzione del 24 settembre 2003: sul progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa recante parere del Parlamento europeo sulla convocazione della Conferenza intergovernativa (CIG) (GU C 77E del 26.3.2004, pag. 255).
  • [17]  Un altro forum si è svolto nei giorni 3 e 4 dicembre, dopo l'accordo politico sul trattato di Lisbona.
  • [18]  Definizione data ai due rappresentanti di ciascuno Stato membro, del Parlamento europeo e della Commissione, che hanno preso parte a questa fase preliminare di consultazione. Gli "sherpa" del Parlamento europeo erano Klaus Welle, capo di gabinetto del Presidente Hans-Gert Pöttering e José Luís Pacheco, membro della segreteria della commissione per gli affari costituzionali.
  • [19]  Progetto di relazione di Carlos Carnero González sull'inserimento nel regolamento del Parlamento europeo di un nuovo articolo 202 bis, concernente l'uso da parte del Parlamento dei simboli dell'Unione, doc. PE 398.505 v03-00.
  • [20]  Il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica (CEEA/Euratom) non è tuttavia influenzato dal nuovo trattato – e resterà quindi in vigore parallelamente a quest'ultimo –, anche se alcune sue disposizioni sono modificate dal protocollo che modifica il trattato Euratom per renderle compatibili con il nuovo testo. Tuttavia, la Germania, l'Irlanda e l'Austria hanno auspicato, nella dichiarazione n. 54 allegata all'Atto finale della CIG, la convocazione entro il più breve termine di una Conferenza intergovernativa per rivedere il trattato Euratom.
    Inoltre, non possiamo esimerci dal constatare che il nuovo trattato è corredato da uno sconcertante numero di protocolli, allegati e dichiarazioni: 12 protocolli (sostanzialmente ripresi da quelli allegati ai trattati in vigore e semplicemente adeguati al testo costituzionale), fra i quali si possono citare quelli sull'acquis di Schengen, il ruolo dei parlamenti nazionali, i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, le disposizioni transitorie concernenti le istituzioni, la cooperazione strutturata permanente in materia di difesa ecc.), 2 allegati (già esistenti, contenenti l'elenco dei prodotti agricoli e l'elenco dei paesi e territori d'oltremare) e 65 dichiarazioni. Anche questi protocolli, altrettanto giuridicamente vincolanti quanto il trattato costituzionale, dovranno essere ratificati da tutti gli Stati membri. Lo stesso non si applica per le dichiarazioni, che non sono giuridicamente vincolanti ma possono essere utilizzate come elemento per l'interpretazione dei trattati.
  • [21]  Anche se è alquanto discutibile il fatto che l'Unione europea in quanto tale non sia dotata di quella personalità giuridica internazionale che i trattati non le riconoscono esplicitamente.
  • [22]  Si noterà l'abbandono, a seguito di una proposta francese, del riferimento in tale articolo alla concorrenza leale su cui, secondo il testo della Costituzione, si fonda il mercato interno. Questo abbandono viene giustificato con il fatto che la "concorrenza leale" non sarebbe che uno dei mezzi della costruzione del mercato interno, che è invece il vero obiettivo dell'Unione. La soppressione di tale menzione non ha d'altronde implicazioni giuridiche per il ruolo della concorrenza, come provato dal Protocollo (n. 6) sul mercato interno e la concorrenza.
  • [23]  Principio comunque già desumibile dalla prima parte del paragrafo 2 dell'articolo 5 TUE.
  • [24]  Il progetto di trattato presentato nel luglio 2007 affidava al TFUE anche la definizione della cittadinanza e solo l'azione determinata dei rappresentanti del Parlamento europeo alla CIG ha permesso di riportare il riconoscimento della cittadinanza europea fra le disposizioni del TUE (ancor più necessario visto che le disposizioni del trattato fanno sovente riferimento ai "cittadini"...).
  • [25]  Protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
  • [26]  Più precisamente 750 "più il Presidente" secondo la formulazione di cui all'articolo 14 TUE. Prescindendo da tale aggiunta dell'ultim'ora, fatta per soddisfare le richieste dell'Italia, le regole concernenti la composizione del Parlamento europeo e la procedura per determinarla sono identiche a quelle della Costituzione. Il Consiglio europeo del giugno 2007 aveva invitato il Parlamento europeo a presentare in tempo utile per il Consiglio europeo di ottobre una proposta di redistribuzione dei seggi secondo le nuove regole, adempimento assolto con l'adozione della risoluzione contenuta nella relazione Lamassoure-Severin (risoluzione del Parlamento europeo dell'11 ottobre 2007 sulla composizione del Parlamento europeo, P6_TA-PROV(2007)0429). Nella relazione il Parlamento europeo cercava di proporre una redistribuzione aderente alla nozione di proporzionalità degressiva sancita dal nuovo trattato, che non implicava per alcuno Stato membro alcuna perdita supplementare di seggi rispetto a quanto già concordato nel trattato di adesione di Bulgaria e Romania. L'Italia non era soddisfatta di questa proposta e ha finito per ottenere l'iscrizione nel trattato di un seggio in più, in deroga al principio di proporzionalità degressiva, al fine di mantenersi in parità con il Regno Unito. Una dichiarazione (n. 4) allegata al trattato di Lisbona afferma che "il seggio supplementare al Parlamento europeo sarà attribuito all'Italia". Naturalmente la nuova distribuzione dei seggi sarà applicata solo dopo l'entrata in vigore del trattato e l'approvazione formale della decisione di cui all'articolo 9 C.
  • [27]  Anche se il ruolo di "freno d'emergenza conferito al Consiglio europeo in relazione a talune decisioni concernenti la previdenza sociale e la cooperazione giudiziaria in materia penale può condurlo, anche se non a esercitare direttamente funzioni legislative (in quanto non partecipa all'adozione delle norme), almeno ad interferire in modo pressoché decisivo nello svolgimento di una procedura legislativa (cfr. infra, punti 9.1 e 9.2).
  • [28]  In effetti, il fatto che la CIG abbia introdotto l'esigenza del voto negativo di almeno 4 Stati membri per formare una minoranza di blocco implica che, in determinate circostanze, una decisione potrà essere adottata con molto meno del 62% della popolazione, che è la soglia fissata a Nizza per il criterio della popolazione; così, una decisione cui si opponessero, ad esempio, la Germania, la Francia e il Regno Unito sarebbe approvata anche se rappresenta solo circa il 58% della popolazione, perché questi tre Stati, da soli, non possono costituire una minoranza di blocco anche se, tutti e tre, rappresentano oltre il 41% della popolazione dell'Unione (sulla base dei 27 Stati membri attuali). Peraltro va ricordato che attualmente la gamma delle diverse combinazioni possibili per raggiungere la soglia di voti ponderati necessari per conseguire la maggioranza qualificata fa sì che, in molti casi, la percentuale di popolazione richiesta sia considerevolmente superiore a questi valori.
    D'altro canto, l'elevamento della soglia degli Stati membri non avrà, in pratica, effetti negativi molto significativi, avendo un senso solo nell'Unione a 25 Stati membri, ossia nella situazione del 2004. Infatti, il 55% degli Stati membri anziché la metà significava, nell'Unione a 25, il voto positivo di almeno 14 di essi (anziché 13), in assenza dell'esigenza supplementare accolta dalla CIG in base alla quale la maggioranza deve includere almeno 15 Stati membri; il numero di Stati necessario per impedire l'adozione di una decisione sarebbe passato a sua volta da 13 a 12. Ma in un'Unione a 27, il 55% degli Stati membri equivale comunque a 15 Stati. In pratica, d'altronde, gli eventuali accresciuti rischi di blocco dovuti a questo aumento non sono certo molto elevati. Infatti l'ipotesi di una decisione presa con gli Stati membri divisi in due blocchi antagonisti quasi identici non si verifica mai in realtà.
  • [29]  In tale materia il nuovo trattato ha praticamente seguito tutte le modifiche previste nella Costituzione. Le sole eccezioni riguardano il trattato di adesione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che dovrà essere approvata all'unanimità (QMV secondo la Costituzione) e la creazione di una nuova base giuridica relativa all'introduzione di norme sul trattamento dei dati personali nel quadro della PESC (articolo 39 TUE). Sebbene, secondo la migliore interpretazione, si tratti unicamente di stabilire regole comuni per l'esercizio di una competenza spettante in toto agli Stati membri (tutto ciò che riguarda le competenze dell'Unione in materia di protezione dei dati è soggetto all'articolo 16 TFUE), non ci si può che rammaricare del fatto che il Parlamento non sia stato associato a tale procedura e che non vi sia alcun riferimento esplicito al controllo da parte della Corte di giustizia.
  • [30]  Una dichiarazione (n. 9) allegata al trattato esprime l'accordo politico fra gli Stati membri su una decisione che prevede che la presidenza sia esercitata da gruppi predeterminati di tre Stati membri per un periodo di 18 mesi. Essi potranno eventualmente esercitare a turno le presidenze di tutte le formazioni settoriali del Consiglio per un periodo di sei mesi (secondo l'attuale sistema) oppure esercitarle per tutti i 18 mesi.
  • [31]  Rileviamo che la CIG 2004 non ha accolto la proposta della Convenzione la quale prevedeva la presentazione da parte del governo di ogni Stato membro di una rosa di tre nomi fra i quali il Presidente avrebbe scelto il commissario proposto dallo Stato membro in questione. Si può inoltre deplorare che la CIG 2004 non abbia adottato la proposta della Commissione e cioè che l'investitura della Commissione si concludesse con il voto (politicamente molto simbolico) del Parlamento europeo, e che abbia aggiunto una fase ulteriore alla procedura, la quale si conclude mediante la nomina della Commissione da parte del Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata.
  • [32]  La transizione verso la nuova realtà istituzionale instaurata dalla creazione dell'Alto rappresentante ha generato qualche difficoltà negli ultimi giorni delle trattative. Il Parlamento europeo voleva assicurare l'integrità di tali diritti in relazione sia a una nomina a titolo provvisorio subito dopo l'entrata in vigore del trattato (prevista per il 1° gennaio 2009) sia alla nomina del nuovo Alto rappresentante in occasione della formazione della prossima Commissione (novembre 2009, dopo le elezioni europee). Una dichiarazione (n. 12) adottata in occasione del Consiglio europeo di Lisbona dà soddisfazione al Parlamento europeo.
  • [33]  Adottato dal Parlamento e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria su proposta della Commissione previa consultazione della Corte di giustizia, oppure su richiesta della Corte di giustizia, previa consultazione della Commissione.
  • [34]  Meccanismi nel frattempo ampiamente attuati attraverso l'accordo interistituzionale sulla revisione del sistema di comitatologia negoziato nel 2006 da Richard Corbett e Joseph Daul per il Parlamento europeo [conclusione di un accordo interistituzionale sotto forma di dichiarazione congiunta sulla proposta di decisione del Consiglio recante modifica alla decisione 1999/468/CE che fissa le modalità dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (nuova procedura di regolamentazione con esercizio di controllo)].
  • [35]  I regolamenti che definiscono lo statuto dei deputati europei, lo statuto del Mediatore europeo e le modalità di esercizio del diritto d'inchiesta (che deve anche ricevere l'approvazione della Commissione); cfr. allegato 4.
  • [36]  In 22 di questi casi il Consiglio decide all'unanimità (in 5 casi con l'approvazione del Parlamento europeo, in 17 con parere semplice); in 6 casi decide a maggioranza qualificata (in 1 caso con l'approvazione del Parlamento europeo, in 5 casi con parere semplice); cfr. allegato 4.
  • [37]  Per contro, la Convenzione proponeva che le misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie fossero adottate mediante una legge del Consiglio che decide a maggioranza qualificata, con l'approvazione del Parlamento.
  • [38]  La legge che definisce il sistema e i massimali delle risorse proprie diviene un regolamento, al pari della legge che stabilisce i provvedimenti di attuazione di tale sistema; la legge che fissa il quadro finanziario pluriennale si trasforma anch'essa in regolamento, mentre il bilancio, che avrebbe dovuto essere approvato mediante una legge, diviene sic et simpliciter "il bilancio", termine che definisce la forma dell'atto legislativo che lo adotta; tuttavia l'articolo 314 TFUE menziona che esso è adottato mediante una procedura legislativa speciale, che configura di fatto un atto legislativo, a norma dell'articolo 289, paragrafo 3 TFUE.
  • [39]  Tale è la regola generale. Per casi specifici, il Parlamento può ancora imporre la propria posizione, attraverso una maggioranza molto elevata, ma si tratta di una possibilità assai teorica.
  • [40]  La posizione particolare del Regno Unito e dell'Irlanda è disciplinata dai due protocolli menzionati nelle due note seguenti. La posizione della Danimarca, che non ha subito sostanziali modifiche, risulta anch'essa da un protocollo specifico.
  • [41]  Protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
  • [42]  Protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea.
  • [43]  Articolo 10 del Protocollo (n. 11) sulle disposizioni transitorie.
  • [44]  Articolo 1, terzo comma del TUE e articolo 1 bis, paragrafo 2 del TFUE.
  • [45]  La decisione di creare, quando verrà il momento, una difesa comune è adottata dal Consiglio europeo che delibera all'unanimità; essa esige anche l'approvazione di tutti gli Stati membri secondo le proprie procedure costituzionali.
  • [46]  Tramite l'inclusione di missioni di disarmo, di consulenze in materia militare, di stabilizzazione al termine dei conflitti, di lotta contro il terrorismo, anche nei territori di paesi terzi, che si aggiungono alle missioni già previste, vale a dire umanitarie e di evacuazione, di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, e alle missioni delle forze di combattimento, di gestione della crisi e di ripristino della pace.
  • [47]  Si tratta in particolare di compiti per promuovere la razionalizzazione delle capacità militari degli Stati membri, il coordinamento delle attività di ricerca in materia di tecnologia di difesa e il miglioramento dell'efficacia delle spese militari.
  • [48]  E' il caso della dichiarazione n. 13, la quale sottolinea che le disposizioni riguardanti la PESC "lasciano impregiudicate" le attuali competenze degli Stati membri "per la formulazione e la conduzione della loro politica estera" e che le disposizioni riguardanti la politica comune in materia di sicurezza e di difesa non pregiudicano le loro politiche di sicurezza e di difesa. Lo stesso vale per la dichiarazione n. 14, secondo la quale il nuovo trattato non pregiudica la rappresentanza degli Stati membri alle organizzazioni internazionali compresa l'appartenenza di uno Stato membro al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite... Particolarmente ingiustificato, oltre che parzialmente inesatto, è il secondo comma di tale dichiarazione dove si afferma che le disposizioni relative alla PESC non conferiscono nuovi poteri alla Commissione di proporre decisioni né accrescono il ruolo del Parlamento europeo.
  • [49]  La Convenzione aveva proposto che il Consiglio dovesse deliberare all'unanimità per quanto riguarda gli accordi nel settore dei servizi culturali e audiovisivi, qualora possano recare pregiudizio alla diversità culturale e linguistica dell'Unione. Tale "eccezione" è stata "estesa" dalla CIG 2004 al commercio di servizi sociali, di istruzione e di sanità, qualora tali accordi rischino di perturbare gravemente l'organizzazione di tali servizi a livello nazionale e di recare pregiudizio alla competenza degli Stati membri per la fornitura di tali servizi. Il Consiglio deve inoltre deliberare all'unanimità per quanto riguarda gli accordi nel settore dei servizi in generale e degli aspetti della proprietà intellettuale, qualora comprendano disposizioni che richiedono l'unanimità per l'adozione di norme interne.

ALLEGATO 1: Le competenze dell'Unione   Il TFUE cita inoltre la politica estera e di sicurezza comune e il coordinamento delle politiche economiche e dell'occupazione, che non rientrano nelle tre categorie che figurano in questa tabella in ragione del loro carattere specifico. Gli ambiti di competenza sottolineati nelle varie colonne corrispondono a settori per i quali nessuna disposizione particolare è attualmente prevista nei trattati, ma nei quali l'Unione ha già agito, in particolare avendo fatto ricorso alle disposizioni relative al mercato interno o all'articolo 308 del TCE.

 

Tipo di competenze

 

Esclusive

(Elenco esaustivo)[2]

 

Condivise

(Elenco non esaustivo)[3]

 

Complementari

(Elenco esaustivo)

 

 

 

Definizione

 

Soltanto l'Unione può adottare atti giuridicamente vincolanti; gli Stati membri possono intervenire solamente se sono autorizzati a farlo dall'Unione o per applicare gli atti di quest'ultima

 

L'Unione e gli Stati membri hanno la facoltà di adottare atti giuridicamente vincolanti, e questi ultimi possono agire nella misura in cui l'Unione non l'ha fatto

L’Unione può intervenire solamente per appoggiare l'azione degli Stati membri (soprattutto attraverso interventi finanziari); essa può legiferare, ma non può armonizzare le disposizioni legislative e regolamentari nazionali

 

 

 

 

 

 

 

 

Materie

 

Unione doganale

 

Adozione delle regole di concorrenza necessarie per il funzionamento del mercato interno

 

Politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l'euro

 

Conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca

 

Politica commerciale comune

 

Mercato interno

Politica sociale

Coesione economica, sociale e territoriale

Agricoltura e pesca (ad esclusione della conservazione delle risorse biologiche del mare)

Ambiente

Protezione dei consumatori

Trasporti

Reti transeuropee

Energia

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Questioni comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica

Ricerca e sviluppo tecnologico

Politica dello spazio

Cooperazione allo sviluppo

 

Protezione e miglioramento della salute umana

 

Industria

 

Cultura

 

Turismo

 

Istruzione

 

Gioventù

 

Sport

 

Formazione professionale

 

Protezione civile

 

Cooperazione amministrativa

 

  • [1]    Il TFUE cita inoltre la politica estera e di sicurezza comune e il coordinamento delle politiche economiche e dell'occupazione, che non rientrano nelle tre categorie che figurano in questa tabella in ragione del loro carattere specifico. Gli ambiti di competenza sottolineati nelle varie colonne corrispondono a settori per i quali nessuna disposizione particolare è attualmente prevista nei trattati, ma nei quali l'Unione ha già agito, in particolare avendo fatto ricorso alle disposizioni relative al mercato interno o all'articolo 308 del TCE.
  • [2]    Al di là di queste competenze, l'Unione dispone anche di una competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali quando questa è prevista in un atto legislativo dell'Unione, quando è necessaria per consentirle di esercitare la propria competenza interna o quando è tale da avere un effetto su norme comuni o da modificarne la portata.
  • [3]    Nonostante il TFUE tratti delle politiche che figurano in corsivo in questa colonna all'articolo 4, relativo alle competenze condivise, si tratta di settori in cui l'azione dell'Unione non ha l'effetto di impedire l'esercizio delle competenze nazionali.

ALLEGATO 2: Elenco dei nuovi casi di votazione a maggioranza qualificata

I -  Basi giuridiche esistenti che passano alla maggioranza qualificata

[I numeri degli articoli del TUE e del TFUE indicati in primo luogo si riferiscono a quelli che sono mantenuti nel trattato di Lisbona; tra [...] figurano i numeri che gli articoli avranno in una futura versione consolidata dei trattati (secondo la tabella allegata al trattato di Lisbona); la procedura attuale figura tra parentesi e in corsivo.]

1.   Art. 9 C [16] TUE, paragrafo 3 e art. 201 ter [236], b) TFUE: Ordine delle Presidenze del Consiglio – decisione del Consiglio europeo, senza proposta della Commissione (art. 203 TCE – il Consiglio delibera all'unanimità)

2.   Art. 42 [48] TFUE: Libera circolazione dei lavoratori, prestazioni sociali – procedura legislativa ordinaria[1] (articolo 42 TCE: – codecisione – il Consiglio delibera all'unanimità)

3.   Art. 47 [53] paragrafo 1 TFUE: Libertà di stabilimento, accesso alle attività non salariate – procedura legislativa ordinaria quando l'attuazione delle direttive che esso adotta comporta una modifica dei principi legislativi in uno Stato membro (articolo 47, paragrafo 2, TCE – codecisione – il Consiglio delibera all'unanimità)

4.   Art. 61 G [74] TFUE: Cooperazione amministrativa nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia – regolamento del Consiglio, consultazione del PE (articolo 66 TCE e articolo 34, paragrafo 1, TUE: procedura definita all'articolo 67, paragrafi 1 e 2, TCE: unanimità al Consiglio, previa consultazione del PE – il Consiglio può decidere all'unanimità, previa consultazione del PE, di passare alla maggioranza qualificata)

5.   Art. 62 [77], paragrafo 2 TFUE: Controlli alle frontiere – procedura legislativa ordinaria (articolo 62 TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio, previa consultazione del PE; il Consiglio può decidere all'unanimità, previa consultazione del PE, di passare alla maggioranza qualificata)

6.   Art. 63 [78] TFUE: Asilo e protezione dei profughi e degli sfollati – procedura legislativa ordinaria (articolo 63, paragrafi 1 e 2, TCE: procedura definita all'articolo 67, paragrafo 5, TCE: unanimità e consultazione del PE per taluni aspetti; il Consiglio può decidere all'unanimità, previa consultazione del PE, di passare alla maggioranza qualificata)

7.   Art. 63 bis [79] TFUE: Immigrazione – procedura legislativa ordinaria (articolo 63, paragrafi 3 e 4, TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio e consultazione del PE; il Consiglio può decidere all'unanimità, previa consultazione del PE, di passare alla maggioranza qualificata)

8.   Art. 65 [81], paragrafo 2 TFUE: Cooperazione giudiziaria in materia civile (eccetto diritto di famiglia)[2] (articolo 81, paragrafo 2 TFUE) (articolo 65 TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE con possibilità di passaggio alla codecisione a seguito di decisione del Consiglio adottata all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo)

9.   Art. 69 A [82], paragrafi 1 e 2 TFUE: Cooperazione giudiziaria in materia penale – procedura legislativa ordinaria[3] (articolo 31, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) TUE – unanimità al Consiglio e parere del PE)

10. Art. 69 B [83], paragrafi 1 e 2 TFUE: Ravvicinamento delle disposizioni in materia penale, delle infrazioni e delle sanzioni[4] (articolo 31, paragrafo 1, lettera e) TUE – unanimità al Consiglio e parere del PE)

11. Art. 69 D [85] TFUE: Eurojust – procedura legislativa ordinaria (articolo 31, paragrafo 2, TUE – unanimità al Consiglio e parere del PE)

12. Art. 69 F [87], paragrafo 2 TFUE: Cooperazione di polizia non operativa – procedura legislativa ordinaria (articolo 30, paragrafo 1, TUE – unanimità al Consiglio e parere del PE)

13. Art. 69 G [88], paragrafo 2 TFUE: Europol – procedura legislativa ordinaria (articolo 30, paragrafo 2, TUE – unanimità al Consiglio e parere del PE)

14. Art. 71 [91], paragrafo 1 TFUE: Politica comune dei trasporti (compresi i casi di cui al paragrafo 3) – procedura legislativa ordinaria (articolo 71, paragrafo 2, TCE – il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del PE solamente nel caso delle deroghe previste al paragrafo 2)

15. Art. 107 [129], paragrafo 3 TFUE: Modifica di talune disposizioni dello Statuto del SEBC – procedura legislativa ordinaria (proposta della Commissione, previa consultazione della BCE, oppure raccomandazione della BCE, previa consultazione della Commissione) (articolo 107, paragrafo 5, TCE – nel caso di una proposta della Commissione, il Consiglio delibera all'unanimità, previa consultazione della BCE; in tutti gli altri casi il PE deve esprimere un parere conforme; in caso di una raccomandazione della BCE, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, previa consultazione della Commissione)

16. Art. 151 [167], paragrafo 5: Misure di incentivazione nel campo della cultura – procedura legislativa ordinaria (raccomandazioni del Consiglio, anche a maggioranza qualificata) (articolo 151, paragrafo 5, TCE – codecisione con unanimità al Consiglio; raccomandazioni: unanimità al Consiglio su proposta della Commissione)

17. Art. 161 [177] TFUE: Fondi strutturali e di coesione (articolo 161 TCE – Attualmente: unanimità al Consiglio e parere conforme del PE)

18. Art. 225 A [257] TFUE: Creazione di tribunali specializzati (articolo 225 A TCE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

19. Art. 245 [281] TFUE: Modifica dello statuto della Corte di giustizia, tranne titolo I e articolo 64 (articolo 245 TCE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

20. Art. 245 ter [283], paragrafo 2 TFUE: Nomina dei membri del direttivo della BCE – decisione del Consiglio europeo, previa raccomandazione del Consiglio, consultazione del PE e del consiglio dei governatori della BCE (articolo 112 TCE – Capi di Stato o di governo di comune accordo, resto senza modifiche)

21. Art. 249 B [290], paragrafo 2 e art. 249 C [291], paragrafo 3 TFUE: Modalità di controllo dell'esercizio delle competenze esecutive della Commissione (decisione attuale: comitatologia) – procedura legislativa ordinaria (articolo 202 TCE – decisione del Consiglio all'unanimità, previo parere del PE)

II - Basi giuridiche nuove a maggioranza qualificata

1.   Art. 9 B [15], paragrafo 5 TUE: Elezione del Presidente del Consiglio da parte del Consiglio europeo

2.   Art. 9 E [18], paragrafo 1 TUE: Nomina dell’Alto Rappresentante da parte del Consiglio europeo, con l’accordo del Presidente della Commissione

3.   Art. 15 ter [31], paragrafo 2, b) TUE: Iniziative dell’Alto Rappresentante dell’Unione nell’ambito della PESC su richiesta del Consiglio europeo – decisione del Consiglio

4.   Art. 16 [14] TFUE: Principi e condizioni per il funzionamento dei servizi di interesse economico generale – procedura legislativa ordinaria

5.   Art. 20 [23] TFUE: Misure per facilitare la protezione diplomatica e consolare – direttiva del Consiglio, consultazione del PE

6.   Art. 21 [24] TFUE: Iniziativa cittadina nella prospettiva della proposta di una legge europea – procedura legislativa ordinaria

7.   Art. 28 D [45], paragrafo 2 TUE: Statuto e sede dell'Agenzia europea per gli armamenti – decisione del Consiglio senza proposta della Commissione

8.   Art. 28 E [46], paragrafo 2 TUE: Istituzione di una cooperazione strutturata permanente nel campo della difesa – decisione del Consiglio senza proposta della Commissione, consultazione dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

9.   Art. 28 E [46], paragrafo 3 TUE: Ammissione di uno Stato membro alla cooperazione strutturata permanente nel campo della difesa – decisione del Consiglio (solo gli Stati membri partecipanti prendono parte alla votazione) senza proposta della Commissione, consultazione dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza

10. Art. 28 E [46], paragrafo 4 TUE: Sospensione della partecipazione di uno Stato membro dalla cooperazione strutturata permanente nel campo della difesa – decisione del Consiglio (solo gli Stati membri partecipanti prendono parte alla votazione) senza proposta della Commissione

11. Art. 49 A [50], paragrafo 2 TUE: Accordo sul ritiro di un Stato membro – decisione del Consiglio su proposta del negoziatore dell'accordo (in linea di principio, la Commissione), previa approvazione del PE

12. Articolo 61 C [70] TFUE: Misure di valutazione dell’attuazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia in seguito a semplice informazione del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali

13. Art. 69 C [84] TFUE: Misure di sostegno nel settore della prevenzione della criminalità – procedura legislativa ordinaria

14. Art. 97 bis [118] TFUE, primo comma: Proprietà intellettuale – procedura legislativa ordinaria

15. Art. 115 C [138] TFUE, paragrafi 1 e 2: Stati membri che hanno adottato l'euro, posizione comune e rappresentanza unica sulla scena internazionale – decisione del Consiglio, consultazione della BCE

16. Art. 149 [165], paragrafo 4 TFUE: Sport – procedura legislativa ordinaria

17. Art. 152 [168], paragrafo 4, lettera c) TFUE: Misure per far fronte ai problemi comuni di sicurezza nel settore della sanità[5]

18. Art. 152 [168], paragrafo 5 TFUE: Misure di sostegno per la protezione della salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli transfrontalieri, il tabagismo e il consumo eccessivo di alcol[6]

19. Art. 172 bis [189], paragrafo 2 TFUE: Politica dello spazio – procedura legislativa ordinaria

20. Art. 176 A [194], paragrafo 2 TFUE: Energia – procedura legislativa ordinaria[7]

21. Art. 176 B [195], paragrafo 2 TFUE: Turismo – procedura legislativa ordinaria

22. Art. 176 C [196], paragrafo 2 TFUE: Protezione civile[8]

23. Art. 176 D [197], paragrafo 2 TFUE: Cooperazione amministrativa – procedura legislativa ordinaria

24. Art. 188 J [214], paragrafi 3 e 5 TFUE: Aiuti umanitari[9] e creazione del Corpo volontario europeo

25. Art. 201 ter [236], a): Elenco delle composizioni del Consiglio – decisione del Consiglio europeo (senza proposta della Commissione)

26. Art. 254 bis [298], paragrafo 2 TFUE: Amministrazione dell'Unione europea

27. Art. 256 bis [300], paragrafo 5 TFUE: Revisione delle norme sulla composizione del CdR e del CES – decisione del Consiglio

28. Art. 269 [311], comma 4 TFUE: Misure di applicazione del sistema delle risorse proprie – legge del Consiglio, approvazione del PE (procedura legislativa speciale, ma nessuna menzione di unanimità)

  • [1]    Tale procedura è accompagnata da un meccanismo di "freno di emergenza": qualora uno Stato membro ritenga che le misure in questione possano interessare "aspetti fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale, in particolare il campo di applicazione, il costo o la struttura finanziaria" di quest'ultimo, o ne possano colpire "l'equilibrio finanziario", esso può chiedere che la questione sia deferita al Consiglio europeo (il che comporta la sospensione della procedura legislativa). Il Consiglio europeo deve, entro un termine di 4 mesi, deferire la questione al Consiglio affinché la procedura continui, o chiedere alla Commissione di presentare una nuova proposta.
  • [2]    Le lettere e), g) e h) del paragrafo 2 del presente articolo contengono basi giuridiche nuove; gli altri punti erano già coperti dall'articolo 65 TCE. Ai sensi del paragrafo 3 dello stesso articolo 65 [81] TFUE, il Consiglio può adottare una decisione che determina gli aspetti del diritto di famiglia con ripercussioni transfrontaliere suscettibili di essere oggetto di atti adottati conformemente alla procedura legislativa ordinaria.
  • [3]    Tale procedura è accompagnata da un meccanismo di "freno di emergenza": qualora uno Stato membro ritenga che una proposta legislativa possa interessare aspetti fondamentali del suo sistema di giustizia penale, esso può chiedere che la questione sia deferita al Consiglio europeo e che la procedura sia sospesa. Il Consiglio europeo deve, entro un termine di 4 mesi, deferire la questione al Consiglio, affinché la procedura continui, o chiedere alla Commissione, o al gruppo di Stati membri autori dell'iniziativa, di presentare una nuova proposta legislativa. Qualora il Consiglio europeo non adotti la decisione entro un termine di 4 mesi o qualora la nuova procedura legislativa avviata su sua richiesta non termini entro un periodo di 12 mesi, prende automaticamente avvio una procedura di cooperazione rafforzata in materia, purché almeno nove degli Stati membri lo richiedano.
  • [4]    Ibidem.
  • [5]    Le misure previste alle lettere c) e d) sono nuove. Le misure previste alle lettere a) e b) erano già previste all'articolo 152 TCE ed erano oggetto della procedura di codecisione.
  • [6]    Tutte le basi giuridiche previste nel paragrafo sono nuove, tranne quella concernente le misure di sostegno per la protezione della salute umana, già prevista all'articolo 152 TCE.
  • [7]    Si noti che attualmente l'Unione adotta già misure nel settore dell'energia, o in base a disposizioni che prevedono già la votazione a maggioranza qualificata o in base all'articolo 308 TCE.
  • [8]    In tale ambito sono già state adottate delle misure in virtù dell'articolo 308 TCE.
  • [9]    In tale ambito sono già state adottate delle misure in virtù dell'articolo 179 (a maggioranza qualificata) o in virtù dell'articolo 308 TCE (all'unanimità).

ALLEGATO 3: Atti legislativi – procedura legislativa ordinaria

L'allegato riporta l'elenco delle basi giuridiche a cui viene applicata la procedura legislativa ordinaria prevista dal trattato di Lisbona (corrispondente grosso modo alla procedura attuale di cui all'articolo 251 TCE, cosiddetta procedura di codecisione).

Le materie sottolineate sono quelle la cui base giuridica è completamente nuova oppure è interessata da una modifica di procedura, per cui passa alla “codecisione/procedura legislativa ordinaria".

I numeri degli articoli del TUE e del TFUE si riferiscono a quelli che sono mantenuti nel trattato di Lisbona; tra [...] figurano i numeri che gli articoli avranno in una futura versione consolidata dei trattati (secondo la tabella allegata al trattato di Lisbona).

Sono indicati in corsivo i corrispondenti articoli del trattato attualmente in vigore e, qualora il trattato di Lisbona ne modifichi la procedura, quella oggi applicata.

1.   Servizi d'interesse economico generale (articolo 16 [14] TFUE) (articolo 16 TCE)

2.   Modalità del diritto di accesso ai documenti (articolo 16 A [15], paragrafo 3 TFUE) (articolo 255, paragrafo 2)

3.   Protezione dei dati (articolo 16 B [16], paragrafo 2 TFUE) (articolo 286, paragrafo 2)

4.   Misure per combattere la discriminazione basata sulla nazionalità (articolo 16 D [18] TFUE) (articolo 12 TCE)

5.   Principi di base delle misure di incoraggiamento in materia di non discriminazione (16 E [19], paragrafo 2 TFUE) (articolo 13, paragrafo 2, TCE)

6.   Disposizioni volte a facilitare l'esercizio del diritto dei cittadini di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (articolo 18 [21], paragrafo 2 TFUE) (articolo 18, paragrafo 2, TCE)

7.   Iniziativa dei cittadini (articolo 21 [24] TFUE)

8.   Cooperazione doganale (articolo 27 bis [33] TFUE) (articolo 135 TCE)

9.   Applicazione delle norme di concorrenza alla politica agricola comune (articolo 36 [42] che rinvia all'articolo 43, paragrafo 2 TFUE) (articolo 36 TCE: maggioranza qualificata al Consiglio e parere del PE)

10. Legislazione in materia di politica agricola comune (articolo 37 [43], paragrafo 2, TFUE) (articolo 37, paragrafo 2: maggioranza qualificata al Consiglio e parere del PE)

11. Libera circolazione dei lavoratori (articolo 40 [46] TFUE) (articolo 40 TCE)

12. Mercato interno - misure nel campo della sicurezza sociale per i lavoratori comunitari migranti[1] (articolo 42 [48] TFUE) (articolo 42 TCE: codecisione – il Consiglio delibera all'unanimità)

13. Diritto di stabilimento (articolo 44 [50], paragrafo 1 TFUE) (articolo 44 TCE)

14. Esclusione di uno Stato membro da talune attività del campo di applicazione delle disposizioni sul diritto di stabilimento (articolo 45 [51], secondo comma TFUE) (articolo 45, secondo comma, TCE: maggioranza qualificata al Consiglio senza partecipazione del PE)

15. Coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che prevedono un regime speciale per i cittadini degli altri Stati membri nell'esercizio del diritto di stabilimento (articolo 46 [52], paragrafo 2 TFUE) (articolo 46, paragrafo 2, TCE)

16. Coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri sull'accesso alle attività non salariate e all'esercizio di tali attività e sul reciproco riconoscimento dei diplomi (articolo 47 [53], paragrafo 1 TFUE) (articolo 47 TCE: codecisione – decisione del Consiglio all'unanimità quando ciò implichi una modifica delle disposizioni legislative degli Stati membri)

17. Estensione del beneficio delle disposizioni relative alle prestazioni di servizi ai cittadini di un paese terzo residenti nella Comunità (articolo 49 [56], secondo comma TFUE) (articolo 49, secondo comma, TCE: maggioranza qualificata al Consiglio senza partecipazione del PE)

18. Liberalizzazione dei servizi in determinati settori (articolo 52 [59], paragrafo 1 TFUE) (articolo 52, paragrafo 1, TCE: maggioranza qualificata al Consiglio e parere del PE)

19. Servizi (articolo 55 [62] TFUE) (articolo 55 TCE)

20. Adozione di misure relative ai movimenti di capitali destinati a o provenienti da paesi terzi (articolo 57 [64], paragrafo 2 TFUE) (articolo 57, paragrafo 2, prima frase, TCE: maggioranza qualificata al Consiglio senza partecipazione del PE)

21. Misure amministrative relative ai movimenti di capitali in materia di prevenzione e lotta contro la criminalità e il terrorismo (articolo 61 H [75] TFUE) (articolo 60 TCE)

22. Visti, controlli alle frontiere esterne, condizioni di libera circolazione dei cittadini di paesi terzi, gestione delle frontiere esterne, assenza di controlli alle frontiere interne (articolo 62 [77], paragrafo 2 TFUE) (articolo 62 TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE con possibilità di passaggio alla codecisione a seguito di decisione del Consiglio adottata all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo)

23. Asilo, protezione temporanea o sussidiaria delle persone (articolo 63 [78], paragrafo 2 TFUE) (articolo 63, paragrafi 1 e 2, e articolo 64, paragrafo 2, TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE con possibilità di passaggio alla codecisione a seguito di decisione del Consiglio adottata all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo)

24. Immigrazione e lotta contro la tratta di esseri umani (articolo 63 bis [79], paragrafo 2 TFUE) (articolo 63, paragrafi 3 e 4, TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE con possibilità di passaggio alla codecisione a seguito di decisione del Consiglio adottata all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo)

25. Misure per favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi (articolo 63 bis [79], paragrafo 4 TFUE)

26. Cooperazione giudiziaria in materia civile (eccetto diritto di famiglia)[2] (articolo 65 [81], paragrafo 2 TFUE) (articolo 65 TCE: procedura definita all'articolo 67 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE con possibilità di passaggio alla codecisione a seguito di decisione del Consiglio adottata all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo)

27. Cooperazione giudiziaria in materia penale - procedure, cooperazione, formazione, conflitti di competenza, norme minime per il riconoscimento delle sentenze) (articolo 69 A [82], paragrafi 1 e 2 TFUE)[3] (articolo 31 TUE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

28. Norme minime per la definizione di infrazioni e sanzioni in materia di criminalità grave di dimensione transfrontaliera (articolo 69 B [83], paragrafo 1 e, eventualmente, paragrafo 2 TFUE) (articolo 31 TUE: procedura definita agli articoli 34, paragrafo 2, e 39, paragrafo 1, TUE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

29. Misure di sostegno alla prevenzione della criminalità (articolo 69 C [84] TFUE)

30. Eurojust (articolo 69 D [85], paragrafo 1, secondo comma TFUE) (articolo 31 TUE: procedura definita agli articoli 34, paragrafo 2, e 39, paragrafo 1, TUE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

31. Modalità di associazione del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali alla valutazione di Eurojust (articolo 69 D [85], paragrafo 1, terzo comma TFUE)

32. Cooperazione di polizia (taluni aspetti) (articolo 69 F [87], paragrafo 2 TFUE) (articolo 30 TUE: procedura definita agli articoli 34, paragrafo 2, e 39, paragrafo 1, TUE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

33. Europol (articolo 69 G [88], paragrafo 2, primo comma TFUE) (articolo 30 TUE: procedura definita agli articoli 34, paragrafo 2, e 39, paragrafo 1, TUE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

34. Modalità di controllo di Europol da parte del PE e dei parlamenti nazionali (articolo 69 G [88], paragrafo 2, secondo comma TFUE)

35. Applicazione della politica comune dei trasporti (articolo 71 [91], paragrafo 1 TFUE) (articolo 71 TCE)

36. Navigazione marittima e aerea (articolo 80 [100], TFUE) (articolo 80, paragrafo 2, TCE)

37. Misure relative al ravvicinamento delle disposizioni nazionali aventi per oggetto lo stabilimento o il funzionamento del mercato interno per promuovere gli obiettivi dell'articolo 22 bis [26] (articolo 94 [114], paragrafo 1 TFUE) (articolo 95, paragrafo 1, TCE)

38. Misure necessarie per eliminare le distorsioni del mercato interno (articolo 96 [116] TFUE) (articolo 96 TCE: maggioranza qualificata al Consiglio senza partecipazione del PE)

39. Proprietà intellettuale, salvo regimi linguistici dei titoli europei (articolo 97 bis [118], primo comma TFUE)[4]

40. Sorveglianza multilaterale (articolo 99 [121], paragrafo 6 TFUE) (articolo 99, paragrafo 5, TCE: procedura di cooperazione)

41. Modifica del protocollo sugli statuti del SEBC e della BCE (articolo 107 [129], paragrafo 3 TFUE) (articolo 107, paragrafo 5, TCE: unanimità al Consiglio o, a seconda dei casi, maggioranza qualificata, previo parere conforme del Parlamento europeo)

42. Misure necessarie per l'uso dell'euro (articolo 111 bis [133] TFUE) (articolo 123, paragrafo 4, TCE)

43. Misure a favore dell'occupazione (articolo 129 [149] TFUE) (articolo 129 TCE)

44. Politica sociale (articolo 137 [153], paragrafi 1, tranne i punti c), d), f) e g), e 2[5], primo, secondo e terzo comma TFUE (articolo 137, paragrafi 1 e 2 TCE)

45. Politica sociale (parità di opportunità, di trattamento e di retribuzione) (articolo 141 [157], paragrafo 3 TFUE) (articolo 141, paragrafo 3, TCE)

46. Fondo sociale europeo (articolo 148 [164], paragrafo 3 TFUE) (articolo 148 TCE)

47. Istruzione (tranne le raccomandazioni) (articolo 149 [165], paragrafo 4, lettera a) TFUE) (articolo 149, paragrafo 4 TCE:

48. Sport (Articolo 149 [165], paragrafo 2, lettera g) e paragrafo 4 TFUE)

49. Formazione professionale (articolo 150 [166], paragrafo 4 TFUE) (articolo 150, paragrafo 4 TCE)

50. Cultura (tranne le raccomandazioni) (articolo 151 [167], paragrafo 5, primo trattino TFUE) (articolo 151 TCE: codecisione – il Consiglio delibera all'unanimità)

51. Sanità pubblica - misure per far fronte ai problemi comuni di sicurezza nel settore della sanità[6] (articolo 152 [168], paragrafo 4 TFUE) (articolo 152, paragrafo 4, TCE)

52. Sanità pubblica - misure di incoraggiamento per proteggere la salute umana e, in particolare, per lottare contro i grandi flagelli transfrontalieri, il tabagismo e l'uso eccessivo di alcol (articolo 152 [168], paragrafo 5 TFUE)[7]

53. Tutela dei consumatori (articolo 153 [169], paragrafo 3 TFUE) (articolo 153, paragrafo 4, TCE)

54. Reti transeuropee (articolo 156 [172] TFUE) (articolo 156 TCE)

55. Industria (articolo 157 [173], paragrafo 3 TFUE) (articolo 157, paragrafo 3, TCE)

56. Misure nell'ambito della coesione economica e sociale (articolo 159 [175], terzo comma TFUE) (articolo 159 TCE)

57. Fondi strutturali (articolo 161 [177], primo comma TFUE) (articolo 161 TCE - Attualmente: unanimità al Consiglio e parere conforme del PE)

58. Fondo di coesione (articolo 161 [177], secondo comma TFUE) (articolo 161 TCE - Attualmente: unanimità e parere conforme del PE; a partire dal 2007: maggioranza qualificata al Consiglio e parere conforme del PE)

59. Fondo europeo di sviluppo regionale (articolo 162 [178] TFUE) (articolo 162 TCE)

60. Programma quadro di ricerca (articolo 166 [182], paragrafo 1 TFUE) (articolo 166, paragrafo 1, TCE)

61. Attuazione dello spazio europeo di ricerca (articolo 166 [182], paragrafo 4 TFUE)

62. Applicazione del programma quadro di ricerca: norme sulla partecipazione delle imprese e sulla diffusione dei risultati (articoli 167 [183] e 172 [188], comma 2 TFUE) (articolo 167 TCE)

63. Programmi complementari di ricerca per taluni Stati membri (articoli 168 [184] e 172 [188], comma 2 TFUE (articolo 168 TCE)

64. Partecipazione a programmi di ricerca intrapresi da vari Stati membri (articoli 169 [185] e 172 [188], comma 2 TFUE (articolo 169 TCE)

65. Politica dello spazio (articolo 172 bis [189] TFUE)

66. Ambiente (azioni comunitarie per raggiungere gli obiettivi in materia, ad eccezione di quelli di natura fiscale) (articolo 175 [192], paragrafo 1 TFUE) (articolo 175, paragrafo 1, TCE)

67. Programma d'azione nel settore dell'ambiente (articolo 175 [192], paragrafo 3 TFUE) (articolo 175, paragrafo 3, TCE)

68. Energia, eccetto misure di natura fiscale (articolo 176 A [194], paragrafo 2 TFUE)[8]

69. Turismo – misure per completare le azioni condotte dagli Stati membri (articolo 176 B [195], paragrafo 2 TFUE)

70. Protezione civile contro le catastrofi naturali o di origine umana (articolo 176 C [196], paragrafo 2 TFUE)[9]

71. Cooperazione amministrativa per l'applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri (articolo 176 D [197], paragrafo 2 TFUE)

72. Politica commerciale – misure di attuazione (articolo 188 C [207], paragrafo 2 TFUE) (articolo 133 TCE: maggioranza qualificata al Consiglio senza consultazione del PE)

73. Cooperazione allo sviluppo (articolo 188 E [209], paragrafo 1 TFUE) (articolo 179 TCE)

74. Cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi (articolo 188 H [212], paragrafo 2 TFUE) (articolo 181 A TCE: maggioranza qualificata al Consiglio e parere del PE)

75. Quadro generale per le azioni di aiuto umanitario (articolo 188 J [214], paragrafo 3 TFUE)

76. Corpo volontario europeo di aiuto umanitario (articolo 188 J [214], paragrafo 5 TFUE)

77. Statuto e norme di finanziamento dei partiti politici a livello europeo (articolo 191 [224] TFUE) (articolo 191 TCE)

78. Creazione di tribunali specializzati (articolo 225 A [257] TFUE) (articolo 225 A TCE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

79. Modifica dello statuto della Corte di giustizia, tranne titolo I e articolo 64 (articolo 245 [281] TFUE) (articolo 245 TCE: unanimità del Consiglio e parere del PE)

80. Modalità di controllo delle competenze di esecuzione (articolo 249 C [291], paragrafo 3 TFUE) (articolo 202 TCE: unanimità al Consiglio e parere del Parlamento)

81. Amministrazione europea (articolo 254 bis [298], paragrafo 2 TFUE)

82. Adozione delle norme finanziarie [l'unanimità al Consiglio viene mantenuta fino al 2006] (articolo 279 [322], paragrafo 1 TFUE) (articolo 279, paragrafo 1, TCE: unanimità al Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo quindi, a partire dal 2007, maggioranza qualificata al Consiglio)

83. Lotta contro la frode ai danni degli interessi finanziari della Comunità (articolo 280 [325], paragrafo 4 TFUE) (articolo 280, paragrafo 4, TCE)

84. Statuto dei funzionari e regime applicabile agli altri agenti dell'Unione (articolo 283 [336] TFUE) (articolo 283 TCE: maggioranza qualificata al Consiglio e parere del PE)

85. Statistiche (articolo 285 [338], paragrafo 1 TFUE) (articolo 285, paragrafo 1 TCE)

  • [1]    Con un meccanismo di "freno di emergenza": qualora uno Stato membro ritenga che le misure in questione possano interessare "aspetti fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale, in particolare il campo di applicazione, il costo o la struttura finanziaria del sistema, o ne possano colpire l'equilibrio finanziario", esso può chiedere che la questione sia deferita al Consiglio europeo (il che comporta la sospensione della procedura legislativa). Il Consiglio europeo deve, entro un termine di 4 mesi, deferire la questione al Consiglio affinché la procedura continui, o chiedere alla Commissione di presentare una nuova proposta.
  • [2]    Le lettere e), g) e h) del paragrafo 2 del presente articolo contengono basi giuridiche nuove; gli altri punti erano già coperti dall'articolo 65 TCE. Ai sensi di questo stesso articolo 81 TFUE, paragrafo 3, il Consiglio può ancora adottare una decisione che determina gli aspetti del diritto di famiglia con ripercussioni transfrontaliere suscettibili di essere oggetto di atti adottati conformemente alla procedura legislativa ordinaria.
  • [3]    I paragrafi 3 e 4 di questi articoli prevedono un meccanismo di "freno d'emergenza": qualora uno Stato membro ritenga che una proposta legislativa possa interessare aspetti fondamentali del suo sistema di giustizia penale, esso può chiedere che la questione sia deferita al Consiglio europeo e che la procedura sia sospesa. Il Consiglio europeo deve, entro un termine di 4 mesi, deferire la questione al Consiglio, affinché la procedura continui, o chiedere alla Commissione, o al gruppo di Stati membri autori dell'iniziativa, di presentare una nuova proposta legislativa. Se il Consiglio europeo non adotta la decisione entro il termine di 4 mesi o se la nuova procedura legislativa avviata su sua richiesta non ha esito nel termine di 12 mesi, viene automaticamente avviata una cooperazione rafforzata in tale ambito, purché almeno nove Stati membri lo richiedano.
  • [4]    In mancanza di una base giuridica specifica, in tale ambito l'Unione ha sinora agito in virtù dell'articolo 308 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE.
  • [5]    Negli ambiti previsti in questi punti, il Consiglio adotta la legislazione all'unanimità, previa consultazione del PE. Tuttavia, l'ultimo comma del paragrafo 2 contiene una clausola "passerella", in virtù della quale il Consiglio può decidere, all'unanimità, che nel caso dei punti d), f) e g) del paragrafo 1 sia applicata la procedura legislativa ordinaria.
  • [6]    Le misure previste alle lettere a) e b) del paragrafo 4 del presente articolo erano già previste all'articolo 152 TCE. Le misure previste alle lettere c) e d) sono nuove.
  • [7]    Tutte le basi giuridiche previste nel paragrafo sono nuove, tranne quella riguardante le misure per incentivare la protezione della salute umana, già prevista all'articolo 152 TCE.
  • [8]    In mancanza di una base giuridica specifica, in tale ambito l'Unione ha sinora agito in virtù dell'articolo 308 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE.
  • [9]    In mancanza di una base giuridica specifica, in tale ambito l'Unione ha sinora agito in virtù dell'articolo 308 TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE.

ALLEGATO 4: Atti legislativi - procedure legislative speciali

La presente nota contiene l'elenco delle basi giuridiche relative alle procedure legislative speciali.

I numeri degli articoli del TUE e del TFUE si riferiscono a quelli che sono mantenuti nel trattato di Lisbona; tra [...] figurano i numeri che gli articoli avranno in una futura versione consolidata dei trattati (secondo la tabella allegata al trattato di Lisbona).

Sono ripresi in corsivo, quando esistono, i corrispondenti articoli dei trattati attuali e, nel caso di un cambiamento della procedura, quella che si applica attualmente.

I -  Procedure ad hoc

1.   Bilancio annuale - decisione congiunta PE-Consiglio (Articolo 272 [314] TFUE) (Articolo 272 TCE: procedura ad hoc)

II - Atti del Parlamento europeo

2.   Statuto dei membri del Parlamento europeo (Articolo 190 [223], paragrafo 2 TFUE): il PE delibera di propria iniziativa, previa approvazione del Consiglio (all'unanimità per quanto concerne il regime fiscale) e parere della Commissione (Articolo 190, paragrafo 5 TCE)

3.   Modalità per l'esercizio del diritto d'inchiesta (Articolo 193 [226], terzo comma TFUE): il PE delibera di propria iniziativa, previa approvazione del Consiglio e della Commissione (Articolo 193 TCE: comune accordo)

4.   Statuto del Mediatore europeo (Articolo 195 [228], paragrafo 4 TFUE): il PE delibera di propria iniziativa, previa approvazione del Consiglio e parere della Commissione (Articolo 195, paragrafo 4 TCE)

III -    Atti del Consiglio

A.  Unanimità e approvazione del Parlamento europeo

5.   Misure per combattere le discriminazioni (Articolo 16 E [19], paragrafo 1 TFUE) (Articolo 13, paragrafo 1 TCE: Parere del PE)

6.   Estensione dei diritti legati alla cittadinanza (Articolo 22 [25] TFUE) - È necessaria la ratifica nazionale (Articolo 22 TCE)

7.   Procura europea (articolo 69 E [86], paragrafo 1 TFUE)

8.   Procedura elettorale uniforme (Articolo 190 [223], paragrafo 1 TFUE): su iniziativa e con l'approvazione del PE - È necessaria la ratifica nazionale (Articolo 190, paragrafo 4 TCE)

9.   Quadro finanziario pluriennale (Articolo 270 bis [312], paragrafo 2 TFUE) Non menzionato nei trattati. Attualmente si fonda su un Accordo interistituzionale

B.  Unanimità e consultazione del Parlamento europeo

10. Art. 6 TUE (con art. 188 N [218], paragrafi 6 e 8) adesione alla CEDU – decisione del Consiglio su proposta del negoziatore dell'accordo (in linea di principio, la Commissione), previa approvazione del PE

11. Misure concernenti la sicurezza sociale o la protezione sociale (Articolo 18 [21], paragrafo 3 TFUE) (Articolo 18, paragrafo 3 TCE)

12. Cittadinanza: diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza alle elezioni comunali ed europee (Articolo 19 [22] TFUE) (Articolo 19 TCE)

13. Adozione di misure relative ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che comportino un regresso nel processo di liberalizzazione previsto dalla legislazione comunitaria (Articolo 57 [64], paragrafo 3 TFUE) (Articolo 57, paragrafo 2 in fine TCE: Unanimità al Consiglio senza parere del PE)

14. Misure relative ai passaporti, alle carte d'identità e ai titoli di soggiorno (Articolo 62 [77], paragrafo 3 TFUE)

15. Cooperazione giudiziaria in materia civile concernente le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali[1] (Articolo 65 [81], paragrafo 3 TFUE) (Articolo 67, paragrafo 5, secondo trattino TCE)

16. Cooperazione operativa di polizia (Articolo 69 F [87], paragrafo 3 TFUE) (Articolo 30, paragrafo 1, lettera a): procedura definita all'articolo 34, paragrafo 2 e all'articolo 39, paragrafo 1 TUE)

17. Interventi delle autorità di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro (Articolo 69 H [89] TFUE) (Articolo 32 TUE: procedura definita all'articolo 34, paragrafo 2 e all'articolo 39, paragrafo 1 TUE)

18. Armonizzazione delle tasse sul fatturato e della fiscalità indiretta (Articolo 93 [113] TFUE) (Articolo 93 TCE)

19. Ravvicinamento delle disposizioni aventi un’incidenza diretta sul mercato interno (Articolo 95 [115] TFUE) (Articolo 94 TCE)

20. Regime linguistico dei titoli di proprietà intellettuale (Articolo 97 bis [118] TFUE)

21. Sostituzione del protocollo sui disavanzi eccessivi (Articolo 104 [126], paragrafo 14 TFUE) (Articolo 104, paragrafo 14 TCE)

22. Compiti specifici della Banca centrale europea in materia di vigilanza prudenziale (Articolo 105 [127], paragrafo 6 TFUE) (Articolo 105, paragrafo 6 TCE: Unanimità al Consiglio previa consultazione della BCE e parere conforme del PE)

23. Politica sociale: sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori, protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro, rappresentanza e difesa collettiva, e condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi[2] (Articolo 137 [153], paragrafo 1, lettere c), d), f) e g) e paragrafo 2, lettera b TFUE) (Articolo 137, paragrafo 1, lettere c), d), f) e g) e paragrafo 2, lettera b), secondo comma TCE)

24. Ambiente: disposizioni di natura fiscale, misure concernenti l'assetto territoriale, la gestione delle risorse idriche e la destinazione dei suoli, e misure aventi un'incidenza sull'approvvigionamento e la diversificazione delle risorse energetiche (Articolo 175 [192], paragrafo 2 TFUE) (Articolo 175, paragrafo 2 TCE)

25. Energia: misure di natura fiscale (Articolo 176 A [194], paragrafo 3 TFUE)

26. Associazione tra i paesi e i territori d'oltremare e l'Unione - procedura e modalità (Articolo 187 [203] TFUE – con consultazione del PE) (Articolo 187 TCE - senza consultazione del PE)

27. Giurisdizione della Corte di giustizia in materia di proprietà intellettuale (articolo 229 A [262] TFUE) (articolo 229 A TCE: unanimità al Consiglio e parere del PE, più ratifica nazionale)

28. Modifica del protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti (Articolo 266 [308], terzo comma) (Articolo 266, terzo comma TCE)

29. Risorse proprie dell'Unione - massimale e creazione di nuove risorse (Articolo 269 [311], terzo comma TFUE) - È necessaria la ratifica nazionale (Articolo 269 TCE)

C.  Maggioranza qualificata e approvazione del PE

30. Misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione (Articolo 269 [311], paragrafo 4 TFUE)

D.  Maggioranza qualificata e consultazione del PE

31. Misure necessarie per facilitare la tutela diplomatica (Articolo 20 [23] TFUE – adozione di direttiva con procedura legislativa speciale) (Articolo 20 TCE - accordo tra gli Stati membri: cooperazione intergovernativa)

32. Ricerca: programmi specifici di attuazione del programma quadro (Articolo 166 [182], paragrafo 4 TFUE) (Articolo 166, paragrafo 4 TCE)

33. Regioni ultraperiferiche (Articolo 299 [349], primo comma TFUE) (Articolo 299, paragrafo 2, secondo comma TCE)

  • [1]    Il Consiglio può decidere all'unanimità, previa consultazione del PE, di passare alla procedura legislativa ordinaria (articolo 65 [81] TFUE, paragrafo 3, secondo comma).
  • [2]    Il Consiglio può decidere all'unanimità, previa consultazione del PE, di passare alla procedura legislativa ordinaria per le lettere d), f) e g) (articolo 137 [153] TFUE, paragrafo 2, secondo comma).

LETTERA DELLA COMMISSIONE PER LO SVILUPPO REGIONALE

Lettera in data 23 gennaio 2008 dell’on. Gerardo GALEOTE, presidente della commissione per lo sviluppo regionale, all’on. Jo LEINEN, presidente della commissione per gli affari costituzionali

Traduzione

Oggetto:         Trattato di Lisbona

Onorevole Leinen,

dati i vincoli di tempo, la commissione per lo sviluppo regionale non sarà in grado di adottare un parere sul documento in oggetto, che tuttavia riteniamo oltremodo rilevante per lo sviluppo regionale. Di conseguenza desidero comunicarLe a nome della commissione la posizione di quest’ultima.

Il trattato di Lisbona introduce numerose modifiche significative che, in caso di ratifica, avranno un impatto diretto sulle attività della commissione per lo sviluppo regionale. Il trattato consentirà all’Unione di avanzare su una rinnovata base comune verso un futuro più democratico, efficiente e visibile. Assume particolare valore a tal riguardo il rafforzamento della dimensione regionale nel processo di elaborazione politica e di presa decisionale dell’UE.

La nostra commissione chiederebbe pertanto alla commissione per gli affari costituzionali di tenere conto dei seguenti aspetti nella sua relazione (2007/2286(INI) Relatori: Richard Corbett e Íñigo Méndez de Vigo):

La commissione per lo sviluppo regionale:

1. apprezza e approva l’inclusione nel trattato di Lisbona di aspetti regionali fondamentali quali il riconoscimento della diversità culturale e linguistica come uno degli obiettivi dell’UE, la rinnovata definizione del principio di sussidiarietà, la considerazione degli effetti della legislazione comunitaria sulle autorità locali e regionali nonché il riconoscimento del principio della consultazione delle autorità locali e regionali;

2. accoglie con favore l’adeguamento volto ad introdurre il concetto di “coesione territoriale” e il suo riconoscimento quale uno degli obiettivi dell’UE; rileva che la coesione territoriale è citata come ambito di competenza condivisa tra l’Unione e gli Stati membri; appoggia inoltre il fatto che l'articolo 158 del trattato CE, che definisce la politica di coesione, verrà modificato per includervi un nuovo paragrafo che riconosce lo status speciale delle regioni ultraperiferiche;

3. accoglie con favore l’estensione del voto a maggioranza qualificata e della procedura di codecisione per quanto riguarda, ad esempio, il regolamento generale relativo ai Fondi strutturali; ritiene che questi elementi siano destinati ad aumentare la capacità di influenza politica delle commissioni parlamentari aventi responsabilità nel campo della politica strutturale e di coesione;

4. accoglie con favore la particolare attenzione rivolta alle zone rurali, alle zone affette da transizione industriale e alle regioni che soffrono di svantaggi naturali o demografici gravi e permanenti, quali le regioni più settentrionali a densità demografica molto ridotta, quelle insulari, quelle transfrontaliere e quelle di montagna;

5. chiede alle autorità competenti di attuare appieno le disposizioni relative alla partecipazione dei parlamenti nazionali e regionali con competenze legislative alla procedura di allarme preventivo concepito per assicurare il rispetto del principio di sussidiarietà; rileva che la disposizione volta a consentire ai parlamenti nazionali e al Comitato delle regioni di promuovere un'azione giudiziaria in caso di violazione del principio di sussidiarietà può condurre a un cambiamento nelle relazioni esistenti in particolare tra la Commissione europea e gli Stati membri;

6. ritiene che la riuscita dell’attuazione del trattato di Lisbona e delle nuove disposizioni create nel campo dello sviluppo regionale e della politica di coesione vadano di pari passo con un dialogo rafforzato tra le istituzioni dell’UE e le associazioni regionali.

(formula di cortesia e firma)

PARERE della commissione per gli affari esteri (22.1.2008)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul trattato di Lisbona
(2007/2286(INI))

Relatore per parere: Andrew Nicholas Duff

SUGGERIMENTI

La commissione per gli affari esteri invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

Struttura

1.  rileva che, per quanto concerne l'azione esterna dell'Unione, il trattato di Lisbona, rispetto al trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (2004), apporta importanti modifiche strutturali mediante la separazione del Titolo V del Trattato sull'Unione europea − contenente disposizioni generali sull'azione esterna dell'Unione, disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e disposizioni sulla politica comune di sicurezza e di difesa (PESD) − dalla Parte V del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, contenente disposizioni generali sull'azione esterna dell'Unione, la politica commerciale comune, la cooperazione con i paesi terzi e l'aiuto umanitario, le misure restrittive, gli accordi internazionali, le relazioni con le organizzazioni internazionali, i paesi terzi e le delegazioni dell'UE, e la clausola di solidarietà;

2.  sottolinea pertanto che i due trattati modificati hanno lo stesso valore giuridico e suggerisce che, ai fini della coerenza e della comprensione, siano sempre interpretati insieme;

Sostanza

3.  rileva che, nonostante le differenze strutturali nel settore della politica estera, di sicurezza e di difesa, il trattato di Lisbona è nella sostanza (soppressione) simile al trattato costituzionale del 2004 e che, soprattutto in rapporto alle relazioni internazionali dell'Unione, il nuovo trattato costituisce un grande miglioramento delle disposizioni attualmente in vigore;

4.  accoglie con grande favore il nuovo trattato, che permette di accrescere il profilo internazionale dell'Unione e promuoverne la capacità di agire in modo efficace nelle questioni mondiali; sottolinea che il trattato di Lisbona mira a:

–    “[n]elle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tutela dei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite”[1];

–    rendere vincolante la Carta dei diritti fondamentali e consentire all'Unione di accedere alla Convenzione europea per la protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali[2];

–    affermare che per i futuri allargamenti si deve tenere conto dei criteri di Copenaghen;

–    fornire un'esplicita base giuridica per la politica di vicinato;

–    prevedere un'unica personalità giuridica per l'Unione nel suo insieme;

–    obbligare gli Stati membri a consultarsi e a dimostrare solidarietà reciproca;

–    introdurre un modesto elemento di votazione a maggioranza qualificata per le decisioni del Consiglio in materia di PESC, insieme alla possibilità di un'astensione costruttiva[3];

–    consentire in futuro un'ulteriore estensione della votazione a maggioranza qualificata (per le decisioni non concernenti il settore della difesa) qualora il Consiglio europeo, agendo all'unanimità, decida in tal senso;

–    agevolare una cooperazione rafforzata (da parte di almeno 9 Stati membri) nell'ambito della PESC;

–    creare la carica di Presidente del Consiglio europeo, che garantirà la rappresentanza esterna dell'Unione nella PESC al suo livello e in tale veste;

–    creare l'importante carica di Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che sarà Vicepresidente della Commissione europea e Presidente del Consiglio dei ministri degli Affari esteri, e dirigerà altresì la PESC e la PESD, contribuendo allo sviluppo delle politiche e garantendo la coerenza dell'azione esterna dell'Unione;

–    stabilire un Servizio europeo per l'azione esterna (EEAS), che assisterà l'Alto rappresentante e sarà istituito con l'approvazione della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo;

–    rafforzare i poteri di bilancio del Parlamento europeo su tutta la spesa comunitaria, con inclusione dell'EEAS, conferendo al Parlamento la parità con il Consiglio;

–    conferire al Parlamento il potere di codecisione nel settore della politica commerciale comune;

–    estendere il ricorso alla votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio e il diritto del Parlamento di approvare tutti gli accordi internazionali conclusi dall'UE in settori in cui sono applicabili le procedure legislative ordinarie o in cui la procedura legislativa speciale richiede l'assenso del Parlamento per gli affari interni;

–    fornire nuovi basi giuridiche per strumenti o politiche concernenti il sostegno finanziario urgente ai paesi terzi, l'aiuto umanitario, le sanzioni contro entità non statali, la politica spaziale, la sicurezza delle forniture energetiche, la lotta contro i cambiamenti climatici, la prevenzione del terrorismo internazionale e la protezione dei dati personali;

5.   accoglie inoltre con favore l'importante riforma della politica comune di sicurezza e di difesa, che comprende:

–    l'impegno nella PESD delle capacità civili e militari di tutti gli Stati membri[4], incluse le forze multinazionali, con la possibilità di affidare a un gruppo di Stati membri l'esecuzione dei compiti;

–    una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa tra gli Stati membri con capacità militari simili e che abbiano la volontà politica di affrontare le missioni più impegnative;

–    l'impegno a un miglioramento progressivo delle capacità militari;

–    l'espansione del ruolo dell'Agenzia europea della Difesa;

–    l'obbligo per gli Stati membri di aiutarsi in caso di attacco (ferma restando la neutralità di alcuni Stati membri o l'appartenenza di altri alla NATO);

–    il potenziamento degli obiettivi (i "compiti di Petersberg") al fine di includere la lotta contro il terrorismo;

–    l'insistenza sulla solidarietà reciproca in caso di minaccia o attacco terroristico o di disastro naturale;

6.   rileva tuttavia con rammarico che alcuni Stati membri in seno alla Conferenza intergovernativa hanno fatto di tutto per: (a) stabilire una rigida demarcazione tra PESC e PESD da un lato e altri aspetti dell'azione esterna dall'altro; (b) diluire gli effetti pratici della decisione teorica di sviluppare politiche comuni e di mettere in comune le risorse in tale settore; e (c) limitare rigidamente il ruolo politico della Commissione e del Parlamento e la funzione giudiziaria della Corte di giustizia[5];

7.   deplora che il Regno Unito e la Polonia abbiano deciso di non aderire alla Carta dei diritti fondamentali;

8.   deplora in particolare l'articolo 25 bis del trattato UE, in base al quale il trattamento dei dati personali nel campo della politica di sicurezza deve essere disciplinato dalle norme stabilite dal Consiglio, senza la partecipazione del Parlamento o la supervisione dei tribunali dell'UE;

9.   sottolinea in tale contesto la dichiarazione n. 13 della Conferenza intergovernativa, la quale afferma che le disposizioni PESC non incidono sulle attuali responsabilità degli Stati membri per la formulazione e la direzione della loro politica estera né sulla loro rappresentanza nazionale nei paesi terzi e in seno agli organismi internazionali, e in particolare sulle responsabilità primarie dei membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;

10. sottolinea inoltre la dichiarazione n. 14, la quale afferma che la PESC non inciderà sulle basi giuridiche esistenti, le responsabilità e i poteri di ciascuno Stato membro in relazione alla propria politica estera; deplora con forza la dichiarazione, gratuita e fuorviante, secondo cui le nuove disposizioni in materia di PESC non conferiscono nuovi poteri alla Commissione in materia di decisioni e non prevedono di accrescere il ruolo del Parlamento;

11. rileva parimenti la dichiarazione n. 24, che cerca di minimizzare l'effetto della decisione di potenziare la posizione giuridica dell'Unione nel quadro del diritto internazionale;

Attuazione

12. rileva che, in conformità della dichiarazione n. 12, saranno presi gli opportuni contatti con il Parlamento per la nomina da parte del Consiglio europeo, con il consenso del Presidente della Commissione, del primo Alto rappresentante, che dovrebbe assumere la carica al momento dell'entrata in vigore del trattato il 1° gennaio 2009; insiste sul fatto che lo spirito dell'articolo 9 E del trattato UE dovrebbe trovare piena applicazione nel caso di questa nomina interinale (in base all'articolo 9 D, paragrafo 7, del trattato UE, il Parlamento deve approvare la nomina dell'intera Commissione, incluso l'Alto rappresentante); comunica pertanto che è in attesa di essere pienamente consultato su questa prima nomina;

13. chiede che venga definita una chiara suddivisione dei compiti nel settore della politica estera tra il futuro Presidente del Consiglio, l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e il Presidente della Commissione;

14. segnala le maggiori possibilità di cui dispone il Parlamento europeo per esercitare un controllo democratico sulle attività dell'Alto Rappresentante nella sua funzione di Vicepresidente della Commissione;

15. in tale contesto insiste perchè l'accordo interistituzionale del 20 novembre 2002, concernente l'accesso da parte del Parlamento europeo a informazioni sensibili del Consiglio nel campo della politica di sicurezza e di difesa, sia rivisto alla luce del nuovo trattato;

16. sottolinea l'importanza di garantire la responsabilità e trasparenza democratica delle attività dell'Agenzia europea della Difesa;

17. alla luce del nuovo potenziale attribuito alla PESC e alla PESD dal trattato di Lisbona, intende promuovere una più stretta collaborazione tra le commissioni competenti dei parlamenti europei e nazionali, inclusi gli osservatori parlamentari di Stati terzi membri della NATO, insieme a membri dell'Assemblea parlamentare della NATO; propone inoltre che l'Assemblea parlamentare dell'Unione dell'Europa occidentale sia sciolta con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona;

18. deplora l'inutile complessità delle disposizioni di cui all'articolo 28 del trattato UE riguardo al rapido finanziamento delle attività PESD al di fuori del bilancio comunitario; insiste sulla necessità di dare piena attuazione all'accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria del 17 maggio 2006, nonché al dialogo strutturato tra il Consiglio e il Parlamento in esso previsto;

19. per quanto concerne l'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna (EEAS):

–    rileva che, in conformità dell'articolo 13 bis, paragrafo 3, del trattato UE, il Parlamento ha il diritto di essere consultato sull'istituzione di tale servizio, e ricorda che sta già elaborando una relazione in materia;

–    rileva che, in conformità della dichiarazione n. 15, i preparativi per l'istituzione dell'EEAS devono essere avviati subito dopo la firma del trattato; invita il Consiglio ad associare il Parlamento ai lavori preparatori; invita il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a presentare le loro proposte non oltre il luglio 2008;

–    sottolinea la necessità che l'EEAS diventi un servizio diplomatico professionale e permanente, in grado di contribuire efficacemente al conseguimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione e di sostenere efficacemente l'attività dell'Alto rappresentante;

–    sottolinea la necessità che l'EEAS sia organicamente collegato alle attuali delegazioni esterne della Commissione e sia finanziato dal bilancio dell'UE;

–    ricorda che il Servizio europeo per l'azione esterna può essere istituito solo previa approvazione della Commissione.

PROCEDURA

Titolo

Trattato di Lisbona

Riferimenti

2008/2286(INI)

Commissione competente per il merito

AFCO

Commissione competente per parere

       Annuncio in Aula

AFET

13.12.2007

 

 

 

Relatore per parere

       Nomina

Andrew Duff

27.11.2007

 

 

Esame in commissione

18.12.2007

22.1.2008

 

 

Approvazione

22.1.2008

 

 

 

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

41

5

2

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Christopher Beazley, Bastiaan Belder, André Brie, Elmar Brok, Colm Burke, Michael Gahler, Jas Gawronski, Bronisław Geremek, Ana Maria Gomes, Alfred Gomolka, Klaus Hänsch, Richard Howitt, Jana Hybášková, Anna Ibrisagic, Jelko Kacin, Metin Kazak, Helmut Kuhne, Vytautas Landsbergis, Johannes Lebech, Emilio Menéndez del Valle, Francisco José Millán Mon, Pasqualina Napoletano, Raimon Obiols i Germà, Vural Öger, Cem Özdemir, Ioan Mircea Paşcu, Alojz Peterle, João de Deus Pinheiro, Mirosław Mariusz Piotrowski, Samuli Pohjamo, Michel Rocard, Raül Romeva i Rueda, Libor Rouček, José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra, Jacek Saryusz-Wolski, György Schöpflin, Marek Siwiec, István Szent-Iványi, Konrad Szymański, Charles Tannock, Inese Vaidere, Geoffrey Van Orden, Zbigniew Zaleski, Josef Zieleniec

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Irena Belohorská, Giulietto Chiesa, Andrew Duff, Árpád Duka-Zólyomi, Evgeni Kirilov, Jo Leinen, Peter Liese, Sarah Ludford, Nickolay Mladenov, Antolín Sánchez Presedo

  • [1]  Articolo 2, paragrafo 5 del trattato UE.
  • [2]  A differenza di quanto prevede il trattato costituzionale del 2004, la decisione di accedere alla Convenzione dovrà essere presa all'unanimità.
  • [3]  Per quanto riguarda la PESC, la votazione a maggioranza qualificata si applica nel caso degli articoli 15 ter, paragrafo 2, 28, paragrafo 3, 28 D, paragrafo 2 e 28 E, paragrafi 2 e 3, del trattato UE.
  • [4]  Fatta eccezione per la Danimarca.
  • [5]  La Corte di giustizia ha un ruolo nella verifica del confine tra le questioni rientranti o meno nella PESC (articolo 25 ter del trattato UE), nell'esame della legalità delle sanzioni (articolo 240 bis del trattato sul funzionamento dell'Unione europea) e nel rilascio di pareri sulla compatibilità degli accordi internazionali (articolo 188 N del trattato sul funzionamento dell'Unione europea).

PARERE della commissione per lo sviluppo (15.1.2008)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul trattato di Lisbona
(2007/2286(INI))

Relatore per parere: Thijs Berman

SUGGERIMENTI

La commissione per lo sviluppo invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  rileva che l'articolo 9 C, paragrafo 6, del trattato di Lisbona (il nuovo trattato) recita: "il Consiglio Affari generali elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione" e che, in base all'articolo 9 E, paragrafo 4, il Vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante dell'Unione per la politica estera e di sicurezza comune "vigila sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione";

2.  si compiace del fatto che l'articolo 10A, paragrafo 2, del nuovo trattato, al Capo 5, Titolo 1, menzioni espressamente tra gli obiettivi delle azioni esterne dell'Unione quello "di favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale con l'obiettivo primario di eliminare la povertà" e di aiutare "le popolazioni, i paesi e le regioni colpiti da calamità naturali o provocate dall'uomo";

3.  si compiace del fatto che nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), nella Parte Quinta (Azione esterna dell'Unione) - Titolo III (Cooperazione con i paesi terzi e aiuto umanitario), la cooperazione allo sviluppo sia trattata come settore politico autonomo, su un piano di parità con altri ambiti;

4.  si compiace altresì del fatto che il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 188 J) riconosca l'aiuto umanitario come una politica a pieno titolo dell'Unione, essendo quest'ultima il primo donatore mondiale di aiuto umanitario; osserva che questo riconoscimento ha portato all'adozione da parte delle tre Istituzioni, il 18 dicembre 2007, di un consenso europeo sull'aiuto umanitario, frutto di una feconda riflessione comune;

5.  nota con soddisfazione il fatto che il TFUE (articolo 188 D) riconosce quale obiettivo primario della politica di sviluppo dell'Unione "la riduzione e, a termine, l'eliminazione della povertà"; insiste che tale obiettivo primario deve essere inserito nel contesto della realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, quale conseguenza dell'impegno assunto dalla comunità internazionale al Vertice ONU sul Millennio del 2000;

6.  nota con soddisfazione che il nuovo trattato comprende disposizioni vincolanti per la protezione dei diritti dei minori nel quadro degli obiettivi interni ed esterni dell'Unione europea;

7.  si compiace del fatto che, secondo il TFUE (articolo 188 D), la politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione e quella degli Stati membri "si completano e si rafforzano reciprocamente", e che gli Stati membri e l'Unione europea sono tenuti a incoraggiare un maggior coordinamento dei donatori e una migliore ripartizione dei compiti, il che contribuirà ad aumentare l'efficacia dell'aiuto;

8.  auspica che tale esigenza di complementarità reciproca tra l'Unione e gli Stati membri porti ad una maggiore chiarezza dei ruoli della Commissione e degli Stati membri, come richiesto dalla revisione tra pari dell'OCSE/DAC del giugno 2007, il che aprirà la strada ad una forte politica comune di sviluppo che consentirà di coordinare meglio le politiche dei diversi Stati membri tra loro e di evitare sovrapposizioni tra Stati membri e Commissione, migliorando così il rapporto costo/efficacia e l'efficienza dell'aiuto;

9. rileva altresì che, ai sensi dell'articolo 188 D del TFUE, "l'Unione tiene conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell'attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo"; sottolinea che l'Unione potrà realizzare gli obiettivi di sviluppo e i valori sanciti dal nuovo trattato solo se accorderà un'elevata priorità alla coerenza strategica per lo sviluppo; rileva che la valutazione di medio periodo della Politica agricola comune del 2008 dovrebbe portare ad adottare misure concrete e decisive in vista di una piena coerenza con gli obiettivi della politica di sviluppo dell'Unione, quali la soppressione graduale e rapida di tutte le sovvenzioni che contribuiscono alla distorsione del mercato;

10. insiste che, al fine di garantire la coerenza strategica per lo sviluppo, permane l'esigenza, a livello amministrativo, di istituire una Direzione generale specifica per lo sviluppo, responsabile della definizione politica, della consulenza politica e della gestione politica della cooperazione allo sviluppo dell'UE e, a livello politico, di prevedere un Commissario incaricato in particolare della politica di sviluppo dell'UE in tutti i paesi in via di sviluppo, che sia posto in condizione di promuovere gli interessi di tale politica dell'Unione nell'ambito del Collegio dei commissari e nei rapporti con il Consiglio;

11. invita la Commissione a correggere le incoerenze esistenti a livello di strutture e di competenze delle sue Direzioni generali, sia in termini di strategie che di bilancio; chiede che la Direzione generale dello sviluppo sia responsabile di tutta la cooperazione allo sviluppo dell'UE, ivi compresa la cooperazione con paesi in via di sviluppo non ACP, e chiede l'integrazione di EuropeAid nella Direzione generale per lo sviluppo;

12. chiede alla Commissione e al Consiglio, visto che gran parte delle attuali e future relazioni esterne UE riguardano la cooperazione allo sviluppo, di garantire che gli esperti di sviluppo della Direzione generale per lo sviluppo e i ministeri degli Stati membri siano adeguatamente rappresentati sia nella fase di messa a punto del servizio di azione esterna sia nel servizio in quanto tale;

13. si compiace dell'estensione della procedura legislativa ordinaria (codecisione) e sottolinea che ciò deve significare che il Parlamento godrà di un diritto reale ed effettivo di controllo democratico su tutti gli aspetti della politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione;

14. sottolinea che il Parlamento deve strutturarsi ed organizzarsi nel modo più efficace possibile così da poter controllare effettivamente l'attuazione delle norme relative all'applicazione delle disposizioni del nuovo trattato;

15. deplora che, in passato, sia il Consiglio che la Commissione siano stati poco inclini a riconoscere integralmente il diritto di controllo del Parlamento; si compiace dei recenti miglioramenti realizzati in tal senso attraverso l'accordo interistituzionale sulla comitatologia, quale primo passo in questa direzione;

16. chiede al riguardo l'estensione del campo di applicazione della procedura di regolamentazione con controllo;

17. accoglie favorevolmente la soppressione, nel nuovo trattato, dell'articolo 179, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea, che esclude il Fondo europeo di sviluppo (FES) dal campo di applicazione del trattato stesso, e rileva che tale decisione rende possibile l'inclusione del FES nel bilancio dell'Unione senza che sia necessario rivedere detto trattato; invita il Consiglio e la Commissione a includere il FES nel bilancio dell'Unione in occasione della revisione di metà percorso del 2008/2009, il che rafforzerà la legittimità democratica di una componente importante della politica di sviluppo dell'Unione e il suo bilancio.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

14.1.2008

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

25

0

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Margrete Auken, Alessandro Battilocchio, Thijs Berman, Josep Borrell Fontelles, Danutė Budreikaitė, Marie-Arlette Carlotti, Thierry Cornillet, Corina Creţu, Beniamino Donnici, Alain Hutchinson, Romana Jordan Cizelj, Madeleine Jouye de Grandmaison, Filip Kaczmarek, Glenys Kinnock, Maria Martens, Gay Mitchell, José Javier Pomés Ruiz, Frithjof Schmidt, Jürgen Schröder, Johan Van Hecke, Anna Záborská

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Fiona Hall, Manolis Mavrommatis

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Colm Burke, Michael Gahler

PARERE della commissione per il commercio internazionale (14.1.2008)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul trattato di Lisbona
(2007/2286(INI))

Relatore per parere: Carlos Carnero González

SUGGERIMENTI

La commissione per il commercio internazionale invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

1.  ritiene che, rispetto ai trattati esistenti, il trattato di Lisbona rappresenti un passo significativo verso la politica commerciale comune (PCC);

2.  sottolinea che i due trattati modificati hanno lo stesso valore giuridico e ribadisce che, nell'interesse della coerenza, efficienza, trasparenza e democrazia, essi dovrebbero essere sempre interpretati nello stesso modo;

3.  accoglie con favore il fatto che il trattato di Lisbona mantenga i miglioramenti apportati dal progetto di trattato che adotta una Costituzione per l'Europa alle disposizioni relative alla PCC, in particolare per quanto concerne:

     a)  il riconoscimento della PCC come competenza esclusiva dell'Unione, il che implica la piena e comparabile partecipazione di tutte le istituzioni dell'Unione alle decisioni sulla PCC;

     b)  l'estensione dell'ambito della PCC agli scambi di servizi e a tutti i settori connessi al commercio, compresi gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale e gli investimenti esteri diretti;

     c)  il riconoscimento della riduzione delle barriere non doganali tra gli obiettivi della PCC (articolo 188 B del trattato di Lisbona / articolo 131 del trattato CE);

     d)  l'applicazione della procedura legislativa ordinaria (ossia votazioni a maggioranza qualificata e codecisione con il Parlamento) agli atti legislativi relativi alla PCC;

     e)  riunioni del Consiglio in seduta pubblica in caso di discussione e adozione di legislazioni dell'Unione e, in particolare, di legislazioni relative alla PCC;

     f)   il fatto che, dal momento che si applica la procedura legislativa ordinaria, l'approvazione del Parlamento diventa obbligatoria, in linea generale, per tutti gli accordi conclusi a titolo della PCC, che siano o meno necessarie misure d'esecuzione;

     g)  l'applicazione della procedura del parere conforme prima della ratifica di accordi che riguardano principalmente il commercio estero;

4.  si compiace del fatto che, per quanto concerne la negoziazione e la conclusione di accordi internazionali nell'ambito della PCC, il trattato di Lisbona stabilisce che la Commissione avrà l'obbligo giuridico di informare il Parlamento sui progressi dei negoziati allo stesso modo del comitato speciale designato dal Consiglio di cui all'articolo 188 N del trattato di Lisbona (articolo 133 del trattato CE);

5.  deplora espressamente che il trattato di Lisbona non attribuisca al Parlamento il diritto di approvare il mandato della Commissione a negoziare un accordo commerciale e sottolinea lo squilibrio esistente, per quanto concerne il ruolo e i poteri del Parlamento, fra le competenze interne e quelle esterne nei settori della PCC;

6.  chiede pertanto alla Commissione di inserire clausole e norme sociali e ambientali di ampia portata negli accordi commerciali bilaterali o regionali; sottolinea che nessun accordo di libero scambio dovrebbe essere firmato senza un accordo di partenariato e cooperazione;

7.  plaude al fatto che venga esplicitamente enunciato che la PCC deve essere al servizio dei principi e degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione, tra cui la protezione dei suoi interessi fondamentali, il sostegno alla democrazia e allo Stato di diritto nonché la promozione dello sviluppo sostenibile;

8.  accoglie con favore l'istituzione di un Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza con doppio incarico, che vigilerà sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione; ritiene che il perseguimento di obiettivi di politica commerciale contribuirà all'interdipendenza globale e alla stabilità e sicurezza internazionali;

9.  rileva, a tale proposito, che nell'azione esterna dell'Unione rientra anche la PCC e che l'Alto rappresentante dovrebbe garantire non solo il giusto equilibrio fra la logica intergovernativa della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e la logica sovranazionale della PCC, ma anche che la logica intergovernativa della PESC non contamini la PCC;

10. prende atto che la negoziazione e la conclusione di accordi nel settore degli investimenti esteri diretti, dei servizi e degli aspetti commerciali della proprietà intellettuale sono soggette agli stessi criteri di voto della legislazione interna; prende atto inoltre del requisito dell'unanimità, in specifiche condizioni, nel settore dei servizi culturali e audiovisivi e dei servizi nell'ambito sociale, dell'istruzione e della sanità, che non rientreranno più nella competenza mista;

11. chiede al Consiglio europeo, al Consiglio e alla Commissione di prendere in esame la negoziazione di un nuovo Accordo interistituzionale che assicuri al Parlamento una definizione sostanziale dei suoi ruoli e del suo coinvolgimento in ogni fase del processo che porta alla conclusione di un accordo internazionale;

12. chiede alla Commissione di fornire in tempo utile al Parlamento tutte le necessarie informazioni relative alla PCC e alla negoziazione di accordi commerciali o di componenti commerciali di qualsiasi accordo, comprese tutte le proposte e i progetti di proposte per i mandati e/o le direttive negoziali, affinché il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali possano esprimere il loro punto di vista e la Commissione sia in grado di tenerne debitamente conto;

13. chiede alla Commissione, in merito alla trasparenza delle attività del comitato di cui all'articolo 188 N del trattato di Lisbona (articolo 133 del trattato CE), di mettere tutti i documenti a disposizione della commissione del Parlamento per il commercio internazionale;

14. invita la Commissione ad astenersi, nella futura legislazione di attuazione nel campo della politica commerciale, dall'apportare modifiche sostanziali all'atto giuridico di base o precisazioni che incidano sulla volontà politica che in esso si esprime; sottolinea pertanto che il ruolo del Parlamento nel settore della PCC è estremamente importante per garantire la legittimità e responsabilità democratica;

15. invita il Consiglio a trasmettere al Parlamento gli ordini del giorno delle riunioni del Consiglio "Relazioni esterne"; chiede che i rappresentanti del Parlamento partecipino pienamente a tutte le riunioni del COREPER II che trattano questioni rientranti nell'ambito della procedura legislativa ordinaria;

16. chiede al futuro Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e Vicepresidente della Commissione di esaminare con il Parlamento i metodi appropriati per tenere il Parlamento pienamente informato sull'azione esterna dell'Unione e consultarlo al riguardo.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

14.1.2008

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

13

1

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Francisco Assis; Carlos Carnero González; Françoise Castex; Christofer Fjellner; Ignasi Guardans Cambó, Helmuth Markov; David Martin; Georgios Papastamkos; Tokia Saïfi; Iuliu Winkler; Corien Wortmann-Kool

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Harlem Désir, Pia Elda Locatelli, Carl Schlyter

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

PARERE della commissione per i bilanci (23.1.2008)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul trattato di Lisbona
(2007/2286(INI))

Relatore per parere: Costas Botopoulos

SUGGERIMENTI

La commissione per i bilanci invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti elementi:

1.   sottolinea che il trattato di Lisbona ha introdotto importanti modifiche per quanto riguarda le questioni di bilancio e finanziarie:

a)   il Quadro finanziario pluriennale (QFP) diviene giuridicamente vincolante, ciò è chiaramente riportato nel trattato, e la sua durata è di un periodo di almeno 5 anni; è importante che il Parlamento europeo si veda attribuire legalmente il diritto di formulare un parere conforme sul QFP, anche qualora non sia ufficialmente in condizione di stabilire le disposizioni del QFP, necessarie per il corretto funzionamento della procedura di bilancio annuale, come avviene attualmente, ai sensi dell'accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria,

b)   nella procedura di bilancio è abolita l'attuale distinzione fra spese "obbligatorie" e "non obbligatorie", garantendo così la piena parità fra il Parlamento e il Consiglio,

c)   è stabilita una nuova procedura di bilancio semplificata, con una sola lettura, seguita da uno specifico comitato di conciliazione, che avrà il compito di trovare un accordo comune fra Parlamento e Consiglio entro un breve periodo di 21 giorni, fatta salva l'approvazione di entrambi i rami dell'autorità di bilancio, mentre il Parlamento avrà il diritto di adottare il bilancio in definitiva, qualora il Consiglio respinga l'accordo,

d)   le istituzioni dell'UE si sono formalmente impegnate a garantire la disciplina di bilancio in sede di adozione di qualsiasi atto che possa avere implicazioni sostanziali per il bilancio,

e)   la codecisione sarà applicata all'adozione del regolamento finanziario e alle sue norme di attuazione;

2.   saluta con favore le modifiche di cui sopra, che rendono l'intera procedura di bilancio più democratica e razionale e nota che esse danno vita a rapporti completamente nuovi fra i due rami dell'autorità di bilancio;

3.   deplora il fatto che, per quanto riguarda il sistema di risorse proprie dell'Unione, il ruolo del Parlamento non sia stato ampliato; reputa che il suo diritto ad emettere un parere conforme sulle corrispondenti misure di esecuzione, che dovrà essere stabilito dal Consiglio a maggioranza qualificata, potrebbe rappresentare un progresso verso una procedura più democratica ed efficace, tenendo tuttavia presente che il campo di applicazione delle misure di esecuzione è limitato a quanto stabilito nella decisione sulle risorse proprie;

4.   raccomanda che l'Accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria sia modificato secondo la nuova procedura di bilancio, come previsto al punto 4 di tale accordo;

5.   intende elaborare una relazione d'iniziativa sulla nuova procedura di bilancio, per effettuare un'analisi accurata e una valutazione adeguata del suo impatto sull'organizzazione interna del Parlamento e per salvaguardare le sue prerogative di bilancio a livello interistituzionale; ritiene che, dopo l'approvazione di tale relazione, la commissione competente sarà in grado di proporre le necessarie modifiche del regolamento, compreso l'allegato IV, tenendo conto di tutte le eventuali conseguenze che possono derivare dall'adozione del trattato e del suo impatto sulla riforma del Parlamento;

6.   ritiene che per il Parlamento la valutazione delle implicazioni di bilancio e finanziarie introdotte dal trattato di Lisbona dovrebbe rappresentare anche un'opportunità per contribuire all'attuale discussione sulla revisione del bilancio dell'UE.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

23.1.2008

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

28

 

 

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Reimer Böge, Konstantinos Botopoulos, Simon Busuttil, Daniel Daianu, Gérard Deprez, Brigitte Douay, Hynek Fajmon, Ingeborg Gräßle, Catherine Guy-Quint, Jutta Haug, Monica Maria Iacob-Ridzi, Anne E. Jensen, Wiesław Stefan Kuc, Janusz Lewandowski, Vladimír Maňka, Jan Mulder, Catalin Nechifor, Gérard Onesta, Margaritis Schinas, Nina Škottová, Theodor Stolojan, László Surján, Gary Titley, Kyösti Virrankoski, Ralf Walter

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Thijs Berman, Esther De Lange, Hans-Peter Martin

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

PARERE della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (19.12.2007)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul trattato di Lisbona
(2007/2286(INI))

Relatore per parere: Ján Hudacký

SUGGERIMENTI

La commissione per l'industria, la ricerca e l'energia invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

In generale

1.  ribadisce la sua posizione di vecchia data secondo cui andrebbe elaborato un testo consolidato dei trattati una volta che l'attuale trattato di modifica sia stato ratificato dagli Stati membri;

2.  è del parere che il protocollo n. 6 sul mercato interno e la concorrenza andrebbe applicato con prudenza e che la disposizione del trattato secondo cui "l'Unione adotta, se necessario, un'azione in base alle disposizioni del trattato" andrebbe chiarita facendo riferimento alle altre misure del trattato nonché all'acquis comunitario;

Industria

3.  ritiene che, nel settore industriale, gli emendamenti alle disposizioni esistenti del trattato CE non interferiranno con la struttura attuale degli interessi delle imprese e con le decisioni in materia di investimenti, poiché:

     a)  il settore industriale rientra nella competenza dell'Unione europea di sostenere, coordinare e completare le azioni degli Stati membri, mentre a questi ultimi spetta il compito di determinare e promuovere le rispettive politiche industriali,

     b)  ai fini dello sviluppo del settore industriale occorre stabilire, a livello di Unione, orientamenti, unitamente ad indicatori comuni e a disposizioni per la valutazione e il monitoraggio periodici delle politiche industriali, incoraggiando lo scambio delle migliori prassi fra gli Stati membri,

     c)  la disposizione che recita "ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri" non comporta necessariamente la fine di un approccio comune al settore industriale,

     d)  il Parlamento europeo apprezza l'impegno dell'Unione a migliorare la sua coesione economica, sociale e territoriale rivolgendo un'attenzione particolare alle zone rurali e alle zone interessate da transizione industriale,

     e)  il Parlamento europeo non parteciperà più al processo decisionale qualora sia ritenuto necessario un intervento coordinato, bensì sarà soltanto informato;

R&S

4.  rileva che le modifiche agli articoli 163, 165 e 166 del trattato CE andrebbero considerate come miglioramenti dal momento che rafforzano le basi scientifiche e tecnologiche mediante la creazione di uno spazio europeo della ricerca in cui ricercatori, conoscenze scientifiche e tecnologia circolano liberamente, consentendo in tal modo ai ricercatori di cooperare liberamente attraverso le frontiere e promuovendo nel contempo la competitività nell'Unione, specialmente nel settore industriale;

5.  rileva la presenza di due punti potenzialmente contenziosi tra il Parlamento europeo e il Consiglio, il quale è sostenuto dalla Commissione:

     a)  gli accordi internazionali non rientreranno più nella tradizionale procedura di cui all'articolo 300,

     b)  il fatto che gli articoli 171 e 172 siano stati conservati significherà che si continuerà a fare ricorso alla procedura di consultazione per la creazione delle agenzie, compromettendo in tal modo la prerogativa del Parlamento di parteciparvi pienamente;

Spazio

6.  esprime la propria soddisfazione per l'inserimento di una disposizione sulla politica spaziale europea nella sezione su Ricerca e sviluppo tecnologico, e per il conseguente riconoscimento, nel trattato, del fatto che lo Spazio riveste un'importanza pari a quella riservata a Ricerca e Sviluppo;

7.  accoglie con favore la possibilità concessa al Parlamento e al Consiglio di stabilire, nell'ambito della procedura di codecisione, le misure necessarie, che potrebbero trasformarsi in un programma spaziale europeo; ritiene tuttavia che l'espressione " ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in tale settore" possa comportare taluni ostacoli all'attuazione di una politica spaziale europea comune;

8.  accoglie altresì con favore la disposizione relativa all'instaurazione di tutti i collegamenti utili con l'Agenzia spaziale europea;

Energia

9.  manifesta la sua soddisfazione per il fatto che all'energia sarà ora dedicato un titolo separato nel trattato e, di conseguenza, una base giuridica nel contesto del mercato interno, e che l'attenzione sarà concentrata sul funzionamento del mercato energetico, sulla sicurezza dell'approvvigionamento, sull'efficienza e sul risparmio energetico, sullo sviluppo di forme di energia nuove e rinnovabili nonché sull'interconnessione delle reti energetiche;

10. esprime la propria soddisfazione e il proprio sostegno alla clausola di solidarietà che sarà applicata "qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell'energia";

11. sottolinea che, sebbene la futura procedura legislativa ordinaria (che attualmente è la codecisione) sarà di norma seguita, le decisioni in materia di mix energetico resteranno di competenza degli Stati membri e le misure fiscali in questo settore continueranno a richiedere la consultazione del Parlamento e l'unanimità in seno al Consiglio;

Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica

12. ritiene che, nonostante le sue imperfezioni, il trattato Euratom rimanga, per il momento, un quadro giuridico indispensabile e che l'attuale trattato di riforma non vi abbia apportato cambiamenti particolari; è comunque del parere che il protocollo n. 12 del trattato di riforma, relativo al trattato Euratom, renda il testo illeggibile e notevolmente complicato a causa dei numerosi riferimenti incrociati e dell'abrogazione di taluni articoli del trattato Euratom;

13. rileva che il trattato Euratom continuerà a mantenere la sua piena efficacia giuridica; richiama l'attenzione al protocollo n. 12, volto ad adeguare il trattato Euratom affinché tenga conto delle disposizioni comuni degli altri trattati, quali le misure istituzionali e finanziarie; ribadisce pertanto la necessità di un testo consolidato del trattato Euratom;

Fondo di ricerca del carbone e dell'acciaio

14. richiama l'attenzione della Commissione sul fatto che il protocollo n. 11 sul Fondo di ricerca del carbone e dell'acciaio introduce disposizioni procedurali che non miglioreranno la partecipazione del Parlamento europeo al processo decisionale, mantenendo la procedura di consultazione in un settore, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, in cui esso è colegislatore, indipendentemente dalle implicazioni finanziarie di tale fondo.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

19.12.2007

Esito della votazione finale

+ :

– :

0 :

425

0

 

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Šarūnas Birutis, Jan Březina, Renato Brunetta, Jerzy Buzek, Pilar del Castillo Vera, Jorgo Chatzimarkakis, Giles Chichester, Dragoş Florin David, Den Dover, Lena Ek, Nicole Fontaine, Adam Gierek, Norbert Glante, Umberto Guidoni, Fiona Hall, David Hammerstein, Rebecca Harms, Mary Honeyball, Ján Hudacký, Romana Jordan Cizelj, Anne Laperrouze, Romano Maria La Russa, Pia Elda Locatelli, Angelika Niebler, Reino Paasilinna, Atanas Paparizov, Anni Podimata, Miloslav Ransdorf, Vladimír Remek, Herbert Reul, Mechtild Rothe, Paul Rübig, Andres Tarand, Britta Thomsen, Catherine Trautmann, Claude Turmes, Nikolaos Vakalis, Alejo Vidal-Quadras, Dominique Vlasto

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Danutė Budreikaitė, Joan Calabuig Rull, Edit Herczog, Lambert van Nistelrooij, Pierre Pribetich, Dirk Sterckx, Silvia-Adriana Ţicău, Vladimir Urutchev

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

 

PARERE della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (18.12.2007)

destinato alla commissione per gli affari costituzionali

sul trattato di Lisbona
(2007/2286(INI))

Relatore per parere: Jean-Marie Cavada

SUGGERIMENTI

La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni invita la commissione per gli affari costituzionali, competente per il merito, a includere nella proposta di risoluzione che approverà i seguenti suggerimenti:

Il nuovo trattato: una via d'uscita lungamente attesa da una schizofrenia giuridica ed istituzionale nelle politiche relative alla libertà, alla sicurezza e alla giustizia ...

1.  plaude ai seguenti miglioramenti generali introdotti dal nuovo trattato per quanto riguarda le politiche relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia:

     a)  rendere giuridicamente coerente, vincolante e trasparente, a livello del trattato, la relazione esistente tra i diritti fondamentali sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e le politiche afferenti dell'Unione atte a garantire la salvaguardia e promozione di detti diritti. Disponendo di una carta vincolante, il legislatore comunitario è ormai in grado di attuare in modo più coerente tutte le politiche che possono avere ripercussioni sui diritti fondamentali dell'individuo. Ciò vale non soltanto per quanto riguarda le politiche espressamente incluse nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, quali il diritto d'asilo, o il diritto ad un processo equo, ma anche per quanto riguarda le politiche più generali concernenti la protezione della dignità umana contro qualsiasi forma di discriminazione, la protezione delle minoranze, il diritto alla trasparenza e a una sana governance a livello europeo, i diritti sociali e il diritto alla protezione dei dati. Inoltre, l'adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo conferisce una dimensione più solida a tale legame nella misura in cui le istituzioni europee dovranno rispondere dei loro atti dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo;

     b)  porre fine alla situazione istituzionale e giuridica schizofrenica creata quindici anni fa dal trattato di Maastricht che aveva introdotto un approccio giuridico parallelo e provvisorio per la giustizia e gli affari interni (il cosiddetto "terzo pilastro"). Ristabilendo le piene prerogative della Corte di giustizia, lo Stato di diritto viene ripristinato ove sia ancora mancante e, associando il Parlamento europeo alla codecisione, la legittimità democratica di tali politiche viene sostanzialmente migliorata;

     c)  rafforzare la responsabilità democratica dell'Unione europea estendendo la procedura di codecisione (la "procedura legislativa ordinaria") a misure concernenti la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale. Un ulteriore punto da accogliere favorevolmente è il fatto che il Consiglio debba ottenere l'approvazione del Parlamento qualora auspichi stabilire norme minime in altri" ambiti specifici della procedura penale, creare una Procura europea a partire da Eurojust ed estendere le prerogative della Procura europea;

     d)  associare il Parlamento europeo alla conclusione da parte dell'UE di trattati internazionali. Finora, nonostante l'articolo 21 del trattato UE, che prevede una consultazione del Parlamento europeo, non è mai stato consultato dal Consiglio, anche quanto il trattato in corso di negoziazione costituiva chiaramente un "aspetto principale della politica estera e di sicurezza comune" (come nel caso dell'accordo UE-USA in materia di estradizione per reati penali e cooperazione giudiziaria);

     e)  abolire, in parecchi casi, il principio di unanimità in seno al Consiglio. Il sistema di maggioranza qualificata faciliterà i negoziati in seno alle istituzioni comunitarie e permetterà di adottare norme più elevate in materia di protezione dei diritti fondamentali (contrariamente al principio dell'unanimità che favorisce l'adozione di un minimo denominatore comune, e in parecchi casi, suscita domande quanto al valore aggiunto della legislazione comunitaria).

          Allineando le procedure per quanto riguarda la votazione per maggioranza qualificata e la codecisione, il nuovo trattato rende più facile l'adozione, in un quadro politico coerente, di misure che, all'ora attuale, devono rientrare in parte nel requisito di unanimità e, in parte, nel requisito di maggioranza qualificata (come normalmente avviene per quanto riguarda l'immigrazione legale e illegale);

     f)   armonizzare gli strumenti giuridici. Anziché le "posizioni comuni", le "decisioni quadro", le "decisioni" e le "convenzioni" ai sensi dell'attuale articolo 34 del trattato UE, l'Unione europea adotterà gli strumenti comunitari tradizionali, ossia i regolamenti, le direttive e le decisioni disciplinati dal diritto comunitario, che condurranno ad un altro importante cambiamento, ossia la possibilità che tali atti legislativi abbiano un effetto diretto;

     g)  migliorare la trasparenza e la responsabilità nelle relazioni tra le istituzioni dell'UE ed i singoli cittadini, la società civile, i partiti politici ed i parlamenti nazionali. A tale riguardo, è estremamente positiva l'introduzione di un modello specifico per le politiche relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che consentirà alla Commissione, ai governi nazionali e ai parlamenti europei e nazionali di partecipare alla valutazione dell'impatto di tali politiche nell'UE. Per quanto riguarda il buon governo nell'UE, il Parlamento invita la Commissione e il Consiglio ad accelerare le deliberazioni sull'attuazione pratica del piano volto a stabilire un Ufficio del Pubblico Ministero europeo, quale condizione principale per la realizzazione degli obiettivi stabiliti nella prima frase della presente lettera.

2.  Si rammarica che il prezzo da pagare per questi miglioramenti abbia comportato:

     a)  il mantenimento, conformemente all'articolo 10 del protocollo sulle disposizioni transitorie, al trattato, delle misure adottate nel quadro del terzo pilastro al di fuori del controllo della Commissione, e per di più della Corte di giustizia, per un periodo di cinque anni a decorrere dall'entrata in vigore del nuovo trattato. E' difficile comprendere le ragioni che hanno portato gli Stati membri a far perdurare una situazione che essi stessi giudicano imperfetta dal punto di vista giuridico. Si tratta adesso di vedere come minimizzare le ripercussioni negative per i cittadini dell'Unione:

                    – una risposta iniziale a tale fatto è da trovarsi nel suddetto protocollo che prevede che, qualora un atto sia modificato, il periodo transitorio non sia più d'applicazione per l'atto modificato. Le istituzioni dovrebbero adesso decidere se non sia preferibile modificare immediatamente dopo l'entrata in vigore del nuovo trattato talune misure preesistenti meno soddisfacenti nel quadro del terzo pilastro,

          – un'ulteriore soluzione potrebbe essere quella di rinviare fino al periodo dal 1° gennaio al maggio 2009, l'adozione formale di misure attualmente basate sul terzo pilastro e tali da incidere sui diritti fondamentali dei cittadini. I cittadini europei comprenderanno facilmente un rinvio di alcuni mesi se sarà possibile far valere le nuove norme dinanzi alla magistratura europea;

     b)  l'introduzione di nuove disposizioni piuttosto complesse per far fronte al caso in cui uno Stato membro ritiene che un progetto di direttiva pregiudichi gli aspetti fondamentali del suo sistema di giustizia penale o quando non è possibile pervenire all'unanimità (cooperazione di polizia). In tali circostanze, lo Stato membro in questione può richiedere che il progetto di direttiva sia rinviato al Consiglio europeo. La prima ipotesi si comprende perfettamente ed è persino giustificabile, come sarebbe il caso anche per altre situazioni in cui uno Stato membro è confrontato al rischio di una diminuzione sostanziale della protezione dei diritti fondamentali; la seconda è piuttosto un problema di equilibrio dei poteri.

          In tali casi, la procedura legislativa "ordinaria" deve essere sospesa per quattro mesi. In caso di disaccordo, e se almeno nove Stati membri desiderano stabilire una cooperazione rafforzata in base al progetto di direttiva in questione, si considererà che l'autorizzazione a procedere in base alla cooperazione sia stata accordata (e non necessiti pertanto il consenso del Parlamento, così come richiesto dall'articolo 280 del trattato CE). Tuttavia, quando la procedura ordinaria è d'applicazione, è importante sottolineare che l'adozione della misura in quanto tale continua ad esigere la codecisione unitamente al Parlamento;

     c)  una complessità accresciuta del sistema di opt-ins e opt-outs. Benché le nuove disposizioni sulla cooperazione rafforzata non siano applicabili alle misure che si fondano sull'acquis di Schengen, il regime di Schengen sarà modificato (vedasi in appresso). Inoltre, le altre clausole di non partecipazione che si applicano alle misure non relative a Schengen, quali la cooperazione giudiziaria in materia civile, sono estese alla cooperazione di polizia e giudiziaria (si vedano le modifiche apportate ai protocolli di Schengen e le posizioni del Regno Unito, dell'Irlanda e della Danimarca);

     d)  per quanto riguarda la situazione particolare del Regno Unito e dell'Irlanda si deve ricordare che il Parlamento non è stato formalmente consultato quando si è deciso un regime specifico per detti paesi in seno al meccanismo Schengen nel 2000 e 2001. La situazione attuale prevede che il Regno Unito deve conformarsi all'acquis di Schengen quando ha deciso di parteciparvi, e quando ha optato per una non-partecipazione può non parteciparvi[1]. Le modifiche apportate al protocollo Schengen non modificheranno tale aspetto ma accorderanno al Regno Unito e all'Irlanda la possibilità di rifiutarsi di partecipare a una misura che si fonda sull'acquis di Schengen e relativamente alla quale hanno già deciso di partecipare.

          E' probabile che tale situazione causi un'ulteriore frammentazione delle regole. Il Parlamento non sarà consultato sulla partecipazione o meno a una misura e sulle conseguenze sull'acquis di Schengen. Tuttavia, la misura vera e propria necessiterà ancora di essere adottata nel quadro della codecisione, quando la procedura di decisione è applicabile;

     e)  inoltre, il Regno Unito e l'Irlanda potranno optare per una non partecipazione riguardo alle proposte di modifica di misure del Titolo IV da essi precedentemente accolte e non saranno vincolati dalle nuove norme in materia di protezione dei dati adottate in base alle nuove disposizioni del trattato che esentano i due Stati dalle norme sostanziali relative alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale

3.  ritiene che i miglioramenti introdotti dal nuovo trattato abbiano maggior peso delle sue debolezze. Le istituzioni dell'UE dovrebbero adesso fare il massimo per garantire la ratifica coronata da successo del nuovo trattato da parte degli Stati membri. Esse dovrebbero pertanto:

     a)  informare i cittadini comunitari sui loro nuovi diritti e sul nuovo quadro giuridico dell'UE; in tale contesto, invita gli Stati membri a lanciare campagne di informazione su vasta scala e a introdurre una formazione professionale specifica per i servizi giudiziari e di sicurezza nazionali, al fine di prevenire qualsiasi discriminazione illegale tra cittadini europei;

     b)  associare i parlamenti nazionali alla definizione del prossimo programma pluriennale relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; questa associazione potrebbe aver luogo nel modo più opportuno mediante:

          - fori informali (come il gruppo "Futuro", che si riunirà periodicamente durante le quattro Presidenze del Consiglio nel 2008 e nel 2009);

          - la trasmissione formale, regolare e tempestiva di tutti i testi preparatori legislativi, a partire dalle proposte legislative originarie, al fine di evitare la discriminazione tra parlamentari nazionali e fra cittadini europei;

   c)    condurre, nel 2008, i negoziati per l'adozione, all'inizio del 2009, di tutte le misure necessarie affinché il nuovo Parlamento eletto lanci con successo, a partire dal 2010, il nuovo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; considerando le riserve nazionali e/o parlamentari formulate riguardo a diverse procedure legislative, invita la Commissione e il Consiglio a riesaminare, dalla prospettiva delle nuove basi giuridiche introdotte dal trattato di Lisbona e tenendo conto del dibattito politico, i seguenti testi legislativi:

    Diritti generali

    – Decisione quadro sui diritti procedurali (2004/0113(CNS))

    – Decisione quadro sulla protezione dei dati a fini di sicurezza (da inserire nella revisione della direttiva 95/46/CE) (2005/0202(CNS)) (riserve parlamentari espresse da Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito)

    Cooperazione giudiziaria

    – Decisione quadro sul razzismo e la xenofobia (2007/2067(CNS)) (riserve parlamentari di Svezia, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda e Lettonia)

    – Decisione quadro sulle decisioni approvate "in absentia" (ancora da presentare)

    – Decisione quadro sul mandato europeo di ricerca delle prove (2003/0270(CNS)) (riserve parlamentari di Svezia e Danimarca)

    – Decisione quadro sul riconoscimento reciproco delle condanne (2005/0018(CNS)) (riserve parlamentari di Svezia, Paesi Bassi e Irlanda)

    – Decisione quadro sulle decisioni di controllo nelle procedure preprocessuali (2006/0158(CNS))

    – Decisione quadro sullo scambio di informazioni estratte da casellari giudiziari (2005/0267(CNS)) (riserve parlamentari di Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Irlanda, Grecia e Danimarca)

    – Decisione quadro su EUROJUST (ancora da presentare).

    Cooperazione di polizia

    – Decisione quadro sulla lotta contro la criminalità organizzata (riserva parlamentare della Svezia)

    – Decisione quadro sull'accesso ai dati VIS (sistema d'informazione sui visti) a fini di sicurezza (da inserire come emendamento del regolamento VIS) (2005/0232(CNS))

    – Decisione quadro sull'accesso a EURODAC a fini di sicurezza (da inserire come emendamento del regolamento VIS) (2006/0310(CNS))

    – Decisione quadro su EUROPOL (in attesa della consultazione del Parlamento europeo);

4.   dichiara la sua volontà di partecipare, in uno spirito di collaborazione con la Commissione e la Presidenza del Consiglio, alla rielaborazione di queste proposte nel corso del 2008 e si riserva il diritto di esprimere tutte le raccomandazioni formali necessarie per migliorare gli accordi politici già conclusi, come previsto dall'articolo 39 del trattato UE; a tal fine, propone la creazione, dall'inizio del 2008, di un gruppo di lavoro ad alto livello competente a discutere apertamente i miglioramenti da apportare ai testi succitati;

5.   accoglie con favore la dichiarazione della Conferenza concernente l'articolo 10 del Protocollo sulle disposizioni transitorie (Dichiarazione 39a) e invita la Commissione ad avviare fin dal 2008 i lavori per la modifica o la sostituzione degli atti giuridici che già risultano insoddisfacenti o inefficaci (come la Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale o altri testi che, in base all'esperienza, hanno bisogno di essere migliorati);

6.   ritiene che, a partire dal 2008, il Parlamento dovrebbe essere informato su base regolare e consultato sui principali programmi e accordi concernenti paesi terzi, come quelli riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia in Russia, la strategia internazionale contro il traffico di esseri umani e le questioni connesse al traffico di droga e alla prevenzione e lotta contro il terrorismo, anche se questa consultazione non è vincolante.

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

18.12.2007

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

41

1

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Alexander Alvaro, Roberta Angelilli, Mihael Brejc, Kathalijne Maria Buitenweg, Michael Cashman, Giuseppe Castiglione, Giusto Catania, Jean-Marie Cavada, Carlos Coelho, Panayiotis Demetriou, Gérard Deprez, Agustín Díaz de Mera García Consuegra, Bárbara Dührkop Dührkop, Claudio Fava, Armando França, Urszula Gacek, Kinga Gál, Roland Gewalt, Ewa Klamt, Henrik Lax, Roselyne Lefrançois, Sarah Ludford, Viktória Mohácsi, Claude Moraes, Javier Moreno Sánchez, Rareş-Lucian Niculescu, Martine Roure, Luciana Sbarbati, Inger Segelström, Søren Bo Søndergaard, Vladimir Urutchev, Ioannis Varvitsiotis, Manfred Weber, Renate Weber, Tatjana Ždanoka

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Edit Bauer, Genowefa Grabowska, Sophia in 't Veld, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Jean Lambert, Antonio Masip Hidalgo, Bill Newton Dunn

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale

Manuel Medina Ortega

  • [1]  Il Consiglio non ha pertanto autorizzato il Regno Unito a partecipare alla creazione di Frontex e all'adozione del regolamento (CE) n. 2252/2004 del 13 dicembre 2004 relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri, per cui il Regno Unito ha intentato due azioni contro il Consiglio (cause C-77/05, Regno Unito contro il Consiglio [2007], Racc. I-0000 e C-137/05, Regno Unito contro il Consiglio [2007], Racc. I-0000).

ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE

Approvazione

23.1.2008

Esito della votazione finale

+:

–:

0:

20

6

0

Membri titolari presenti al momento della votazione finale

Jim Allister, Enrique Barón Crespo, Bastiaan Belder, Jens-Peter Bonde, Richard Corbett, Brian Crowley, Jean-Luc Dehaene, Andrew Duff, Ingo Friedrich, Genowefa Grabowska, Anneli Jäätteenmäki, Sylvia-Yvonne Kaufmann, Timothy Kirkhope, Jo Leinen, Íñigo Méndez de Vigo, Ashley Mote, Borut Pahor, Rihards Pīks, József Szájer, Riccardo Ventre, Johannes Voggenhuber, Dushana Zdravkova

Supplenti presenti al momento della votazione finale

Konstantinos Botopoulos, Urszula Krupa, Gérard Onesta, Alexander Stubb

Supplenti (art. 178, par. 2) presenti al momento della votazione finale