RACCOMANDAZIONE relativa al progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra
9.12.2010 - (05078/2010 – C7‑0036/2010 – 2008/0250(NLE)) - ***
Commissione per il commercio internazionale
Relatore: David Martin
PROGETTO DI RISOLUZIONE LEGISLATIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO
sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra
(05078/2010 – C7‑0036/2010 – 2008/0250(NLE))
(Approvazione)
Il Parlamento europeo,
– visto il progetto di decisione del Consiglio (05078/2010),
– visto il progetto di accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra (05558/2/2009),
– vista la richiesta di approvazione presentata dal Consiglio a norma dell'articolo 207, paragrafo 4, e dell'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (C7‑0036/2010),
– visti l'articolo 81 e l'articolo 90, paragrafo 8, del suo regolamento,
– visti la raccomandazione della commissione per il commercio internazionale e il parere della commissione per la pesca (A7‑0365/2010),
1. dà la sua approvazione alla conclusione dell'accordo;
2. incarica il suo Presidente di trasmettere la posizione del Parlamento al Consiglio e alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri e degli Stati del Pacifico.
MOTIVAZIONE
Accordi di partenariato economico (APE)
Nel 2000 gli Stati ACP e l’Unione europea hanno convenuto di stipulare nuovi accordi commerciali compatibili con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in sostituzione del sistema prevalente all’epoca, caratterizzato da un regime unilaterale di preferenze commerciali concesse dall’UE alle importazioni provenienti dai paesi ACP.
I negoziati per i nuovi accordi di partenariato economico (APE) sono stati avviati nel 2002 con l'intento di giungere alla loro conclusione entro il 31 dicembre 2007, nella consapevolezza che al 1° gennaio 2008 sarebbe scaduta la deroga OMC sugli accordi commerciali in vigore fra gli Stati ACP e l'Unione europea. Poiché gli accordi di partenariato economico sono tesi a istituire e rafforzare i processi di integrazione regionale nell'ambito degli Stati ACP, i negoziati si sono svolti a livello regionale con sei raggruppamenti regionali APE, decisi autonomamente dai paesi ACP.
Il processo di negoziazione degli APE ha coinvolto tutti i paesi ACP quando si è trattato di stabilire le questioni di interesse generale a carattere trasversale, mentre le questioni di interesse specifico nell’ambito dei negoziati sono state e continuano anche ora a essere stabilite a livello nazionale e regionale.
Il CARIFORUM è stato da allora l'unico raggruppamento regionale a firmare un APE globale.
Considerando che nell’ambito degli altri negoziati era improbabile giungere ad accordi di partenariato economico globali per tutti i partner/le regioni ACP, si è stabilito di concludere entro la fine del 2007 accordi di partenariato economico interinali che si concentrassero sugli scambi di merci e la compatibilità OMC, con l’intenzione di negoziare gli accordi globali nel corso del 2008.
Nella regione del Pacifico, l’accordo interinale è stato siglato soltanto dalle Isole Figi e dalla Papua Nuova Guinea, le maggiori economie della regione.
Accordi di partenariato economico interinali (APEI)
Gli accordi di partenariato economico "interinali" sono accordi sugli scambi di merci che mirano a evitare l’interruzione degli scambi commerciali fra i paesi ACP e l'Europa. Mentre gli accordi interinali possono essere considerati una prima fase del processo, in termini giuridici si tratta di accordi internazionali totalmente indipendenti che possono anche non rappresentare necessariamente il preludio a un APE completo.
Va inoltre sottolineato che il possibile consenso del Parlamento a un accordo di partenariato economico interinale non pregiudica la sua posizione per quanto concerne l’eventuale assenso nei confronti di un APE globale, dal momento che la procedura di conclusione fa riferimento a due accordi internazionali diversi.
Isole Figi
Le Isole Figi sono uno Stato insulare con una popolazione di 854.000 persone, l'87% delle quali vive nelle due isole più grandi tra le 322 che compongono l'arcipelago. In passato, il paese ha registrato problemi politici, compresi colpi di stato militari, e tensioni tra gli indigeni e gli indiani stabilitisi nel paese nel corso del 19° secolo.
Il paese ha inoltre incontrato ulteriori problemi – relativi alle industrie tessile e dello zucchero, alla perdita di lavoratori qualificati a causa dell'emigrazione che ha determinato una fuga di competenze, e alle catastrofi naturali tra cui i cicloni.
In passato, le relazioni dell'UE con le Isole Figi si sono concentrate sugli aiuti rurali e l'istruzione. Le Figi beneficiano di un accesso preferenziale al mercato per quanto riguarda lo zucchero (assistenza nel quadro delle misure di accompagnamento della riforma dello zucchero). Le Isole Figi hanno assunto impegni nei confronti dell'UE relativamente ad elementi essenziali in materia di diritti umani, principi democratici e Stato di diritto. Il Consiglio ha deciso di intensificare il dialogo politico tra i due gruppi di paesi e ha istituito un quadro per la futura cooperazione.
Papua Nuova Guinea
Papua Nuova Guinea è il più grande tra i paesi insulari e rappresenta il 70% della popolazione della regione e del volume degli scambi commerciali con l'UE. Si tratta di uno stato pluri-etnico composto da 344 isole, in cui si parlano circa 800 lingue. La maggioranza della popolazione è organizzata in società di sussistenza tradizionali. Lo sfruttamento delle risorse naturali ha provocato danni ambientali. La cooperazione allo sviluppo è stata rafforzata attraverso una maggiore collaborazione tra il governo di Papua Nuova Guinea e il suo donatore principale, l'Australia. La cooperazione allo sviluppo tra l'UE e Papua Nuova Guinea si è incentrata sullo sviluppo rurale e le problematiche ad esso collegate. L'accento è posto sullo sviluppo delle risorse umane, la gestione delle risorse naturali e lo sviluppo dell'istruzione – obiettivi che potranno permettere di fornire servizi migliori e generare reddito.
Accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea e gli Stati del Pacifico
L’accordo interinale fra la Papua Nuova Guinea, la Repubblica delle Isole Figi e la Comunità europea è stato siglato il 14 dicembre 2007. Questi due paesi sono stati gli unici membri della regione del Pacifico a siglare l’accordo, poiché gli altri membri del gruppo regionale del Pacifico, avendo volumi più scarsi di scambi commerciali con l'UE, hanno scelto di non siglare un accordo.
Le Isole Figi e la Papua Nuova Guinea hanno concluso l’accordo soprattutto nella speranza di proteggere le loro industrie dello zucchero e del tonno, che nell’ambito del sistema di preferenze generalizzate sarebbero state seriamente compromesse.
L'accordo interinale riguarda le norme d'origine e i problemi di accesso al mercato. In merito alle norme di origine, l'accordo riguarda le norme di origine nel settore della pesca, del tessile e dell'agricoltura, determinando opportunità in materia di investimenti e occupazione. Per quanto riguarda l'accesso al mercato, verrebbe garantito un accesso in franchigia di dazi doganali e di contingenti che offrirebbe opportunità di investimento e di occupazione. Le questioni relative al commercio e allo sviluppo devono essere trattate in un più ampio quadro regionale. L'accordo interinale ha inoltre determinato una riduzione del margine di manovra politica dei governi in termini di competenze normative.
Critiche
I negoziati sull'accordo interinale sono stati oggetto di forti critiche da parte dei membri della società civile e dei politici della regione del Pacifico. Un giudizio negativo sulla strategia negoziale dell’UE è emerso, in particolare, riguardo alla pressione esercitata sulle Isole Figi e sulla Papua Nuova Guinea per spingerle a firmare l’accordo interinale, sotto la minaccia di perdere l’accesso preferenziale ai mercati europei. I gruppi della società civile hanno criticato queste azioni, sostenendo che esse avevano diminuito i livelli di solidarietà tra gli Stati del Pacifico. Secondo le critiche, l'interesse dell'UE nei confronti della firma degli APE era semplicemente quello di garantire il proprio accesso alle materie prime e di far sì che paesi rivali, quali la Cina ad esempio, non vi avessero accesso, o che tali materie prime non venissero trasformate nel loro paese di origine attraverso processi tali da aggiungere valore.
L’impatto regionale e le conseguenze sulle relazioni con i terzi
I critici dell'accordo interinale sostengono che la solidarietà regionale è notevolmente diminuita. I progressi verso gli APE hanno condotto alla disgregazione dei singoli gruppi regionali (ad eccezione dei paesi CARIFORUM) a causa delle pressioni e delle scadenze improrogabili riguardo agli accordi interinali. Il raggruppamento regionale ACP del Pacifico è costituito da 14 Stati insulari con una popolazione che nel complesso è pari a 7 milioni di abitanti. Più che in qualsiasi altra regione, fra i paesi del Pacifico sono dunque evidenti notevoli differenze in termini di dimensioni e caratteristiche. L'APEI non dovrebbe ridurre gli interessi politici e l'aspirazione dell'opinione pubblica verso un'integrazione economica nel Pacifico.
L’accordo potrebbe anche avere ripercussioni sulle relazioni fra la regione del Pacifico e i suoi partner commerciali più prossimi e più importanti, l’Australia e la Nuova Zelanda. Le attuali clausole dell’accordo riguardanti gli scambi di merci potrebbero rappresentare un ostacolo a futuri accordi commerciali con tali paesi. Ad esempio, eventuali future concessioni commerciali concordate tra il Pacifico e l'Australia (principale partner commerciale) dovrebbero essere accordate anche all'UE. Pertanto, l’APE ha ripercussioni sui futuri negoziati commerciali fra gli Stati del Pacifico, l'Australia e la Nuova Zelanda. L'Accordo del Pacifico sull'intensificazione delle relazioni economiche (PACER) prevede che l'Australia e la Nuova Zelanda debbano essere consultate in relazione ad ogni accordo concluso tra i PACP e un altro paese sviluppato ed è improbabile che i due paesi accettino di essere sfavoriti.
Disposizioni specifiche relative alle norme di origine
Lo scopo delle disposizioni specifiche relative alle norme di origine per i prodotti della pesca è lo sviluppo di capacità di trasformazione a terra per il pesce degli Stati ACP del Pacifico al fine di creare occupazione e reddito su scala locale. L'industria della pesca è una fonte primaria di occupazione, in particolare per le donne. Secondo la Commissione, il rischio di destabilizzare i mercati dell'UE è minimo, in considerazione della limitata capacità di pesca della flotta da pesca degli Stati del Pacifico, della modicità delle quantità di prodotto della pesca interamente ottenute e della limitatezza delle loro capacità di trasformazione a terra. Tuttavia, secondo alcune fonti, diverse nuove imprese locali di trasformazione del tonno, di attività indotte e di infrastrutture di sostegno sono state sviluppate in Papua Nuova Guinea, oltre ai tre impianti operativi. È quindi importante monitorare attentamente la situazione e il relatore invita la Commissione a presentare al Parlamento una relazione su questi aspetti specifici del settore della pesca degli Stati del Pacifico, nonché sulla gestione degli stock ittici nel Pacifico, comprese le pratiche di sviluppo sostenibile.
I negoziati per un APE globale
La Commissione europea spera di concludere un accordo di partenariato economico globale con il gruppo regionale del Pacifico e sono in corso trattative con l'insieme dei 14 paesi come una regione.
Il relatore, dopo aver consultato numerosi rappresentanti di Papua Nuova Guinea e della Repubblica delle Isole Figi, ritiene che il Parlamento europeo debba dare la sua approvazione all'accordo di partenariato interinale fra gli Stati del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea, dall'altro, purché riceva da parte della Commissione e del Consiglio l'impegno irrevocabile di garantire che:
– sia rapidamente determinata e costituita la quota di risorse destinate all'aiuto al commercio (questi fondi dovrebbero rappresentare risorse aggiuntive e non un mero "intervento cosmetico" sul fondo FES; tali fondi dovrebbero conformarsi alle priorità di Papua Nuova Guinea e delle Isole Figi; la loro erogazione dovrebbe essere puntuale, prevedibile e in linea con i calendari di esecuzione dei piani di sviluppo strategici nazionali e regionali);
– l'APE globale comporti l'istituzione di una commissione parlamentare per monitorare l'attuazione dell'accordo, e la composizione della parte del Parlamento europeo della stessa sia in linea con quella della commissione parlamentare mista CARIFORUM-UE;
– l'APE globale contenga una clausola di revisione e preveda una valutazione d'impatto globale, da realizzare entro 3-5 anni dalla firma dell'accordo, al fine di determinare l'impatto socioeconomico dell'accordo stesso, compresi i costi e le conseguenze della sua attuazione;
– venga presentata al Parlamento una relazione sugli aspetti specifici del settore della pesca degli Stati del Pacifico, come sopra specificato.
PARERE della commissione per la pesca (27.10.2010)
destinato alla commissione per il commercio internazionale
sul progetto di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra
(05078/2010 – C7‑0036/2010 – 2008/0250(NLE))
Relatore per parere: Carmen Fraga Estévez
BREVE MOTIVAZIONE
1. Contenuto della proposta
Il 23 novembre 2007 la Commissione europea e gli Stati di Papua Nuova Guinea e delle Isole Figi hanno raggiunto un nuovo accordo provvisorio il cui obiettivo consisteva nel consentire agli Stati del Pacifico di iniziare a beneficiare delle migliori condizioni di accesso al mercato comunitario offerte dall'Unione europea nel quadro dei negoziati dell'accordo di partenariato economico (APE). Nel contempo, si intendeva evitare eventuali perturbazioni degli scambi tra gli Stati del Pacifico e la Comunità europea dopo la scadenza, il 31 dicembre 2007, delle preferenze commerciali concesse in virtù dell'accordo di Cotonou, nell'attesa della conclusione di un APE completo.
Conformemente a tale accordo, che dal 1° gennaio 2008 è già applicato a titolo provvisorio, sono soppressi i dazi doganali su tutti i prodotti originari di uno Stato del Pacifico, salvo alcune limitatissime eccezioni. La soppressione dei dazi riguarda tutti i prodotti della pesca.
Inoltre, un protocollo allegato all'accordo specifica dettagliatamente le norme d'origine in base alle quali si certifica l'origine negli Stati del Pacifico delle materie prime – trattandosi nella fattispecie dei prodotti vivi della pesca estratti dai pescherecci battenti bandiera di detti paesi, anche qualora siano stati pescati al di fuori delle loro acque territoriali. Vengono così precisati taluni criteri (Stato di registrazione, Stato di bandiera, proprietà del peschereccio) al fine di stabilire un collegamento sufficiente tra i pescherecci e i paesi beneficiari delle preferenze.
La definizione dell'origine dei prodotti trasformati della pesca, comprese le conserve di pesce di cui alla posizione 1604 del sistema armonizzato (SA), è soggetta ad alcune condizioni che determinano cosa s'intende per trasformazione sufficiente della materia prima, specificate in un elenco allegato al protocollo. Tali condizioni prevedono un limite del 15% di utilizzo di materie prime non originarie per stabilire l'origine dei prodotti finiti.
Una deroga a tale regola permette tuttavia a uno Stato del Pacifico di ottenere lo status di prodotti originari, e dunque l'accesso al mercato dell'UE in esenzione totale dei dazi doganali, per i prodotti della posizione SA 1604 fabbricati in siti di produzione situati nel territorio di detto Stato a partire da materie prime non originarie, sbarcate in un porto del medesimo Stato. A tale scopo, un paese che desidera beneficiare di tale deroga deve notificare alla Commissione europea che la materia prima non è disponibile in quantità sufficiente per soddisfare le esigenze di approvvigionamento della sua industria di trasformazione, ovvero che la capacità estrattiva dei pescherecci battenti bandiera di detto Stato non riesce a rifornire la sua industria di trasformazione.
Ciò significa che le industrie di trasformazione dei paesi favoriti dall'accordo possono esportare nell'Unione europea in esenzione dai dazi doganali prodotti della pesca trasformati originari di flotte di paesi terzi, cui tuttavia la legislazione dell'UE non concede tali vantaggi doganali.
2. Osservazioni del relatore per parere
Il relatore per parere desidera innanzitutto esprimere il grave malcontento e la frustrazione nutriti dal settore della pesca dell'UE a causa di tale situazione e rileva le notevoli ripercussioni negative di tale accordo sul settore della pesca, in particolare quello delle conserve di tonno, derivanti dalla deroga – assolutamente esorbitante – alle norme di origine inclusa nell'accordo in questione.
Le norme di origine preferenziali mirano essenzialmente a stabilire l'esistenza di un legame economico sufficiente tra i prodotti importati nell'UE e i paesi beneficiari delle preferenze da essa accordate, onde garantire che tali preferenze non siano indebitamente sfruttate a beneficio di altri paesi ai quali non erano destinate. Ossia, esattamente il contrario di quanto stabilito nell'accordo.
Nel caso di un prodotto a basso valore aggiunto quali sono le conserve di tonno, tutti gli accordi e regimi preferenziali autonomi finora applicati dall'UE hanno sempre previsto che il prodotto finito possa considerarsi originario soltanto se la maggior parte della materia prima utilizzata è originaria, ovvero proveniente dalla pesca effettuata da pescherecci aventi un collegamento sufficiente con il paese beneficiario.
La deroga accordata agli Stati del Pacifico e sfruttata da Papua Nuova Guinea ha fatto sì che questo paese divenisse un autentico "centro di distribuzione" per la trasformazione di enormi quantità di tonno di qualsiasi origine (Filippine, Thailandia, Cina, Stati Uniti, Australia ecc.) sbarcato nei suoi porti per esservi trasformato in stabilimenti installati in tutta fretta da operatori dei paesi interessati, al solo fine di beneficiare dell'esenzione totale dai dazi doganali accordata dall'UE ai sensi del predetto accordo provvisorio (le esportazioni dirette da tali paesi sono soggette a un dazio NPF del 24% o a un dazio ridotto a titolo del sistema delle preferenze generalizzate SPG).
Dato che la maggior parte di questi paesi sono inoltre concorrenti diretti dei produttori dell'UE, la dimensione raggiunta da tale fenomeno ha provocato notevoli perturbazioni nel mercato delle conserve di tonno e una concorrenza assai sleale per il settore europeo della trasformazione, già economicamente svantaggiato a causa dei costi elevati della manodopera e di requisiti molto più rigorosi in termini di norme ambientali e sanitarie, al punto tale che oggi migliaia di posti di lavoro in tale settore sono gravemente minacciati. Detto fenomeno arreca inoltre un considerevole pregiudizio ad altri paesi ACP o beneficiari del SPG che, non avendo ottenuto la concessione di una deroga analoga, possono contare solo sulle proprie materie prime per alimentare le rispettive industrie di trasformazione.
La giustificazione dell'aiuto allo sviluppo a favore degli Stati del Pacifico mediante una misura d'incentivazione all'investimento in tali paesi – spesso invocata dalla Commissione – non regge se si considera che gli stabilimenti costruiti in loco per sfruttare l'insperata deroga alle norme di origine dispongono di attrezzature molto rudimentali, impiegano personale asiatico proveniente da altri paesi della regione invece che manodopera locale, applicano retribuzioni irrisorie e sono sospettati di avere un impatto negativo sull'ambiente.
Senza contestare i meriti che possono essere riconosciuti all'accordo di partenariato interinale con gli Stati del Pacifico, la commissione per la pesca desidera richiamare l'attenzione della commissione per il commercio internazionale, incaricata di presentare tale accordo al Parlamento per l'approvazione, sul carattere nocivo e inopportuno della deroga prevista dall'articolo 6, paragrafo 6, del protocollo II sulle norme di origine.
Il relatore si compiace delle garanzie, fornite in varie occasioni dalla Commissione, di non accordare più deroghe di questo tipo a nessun altro partner dell'UE e ritiene che tali garanzie possano essere parimenti interpretate come un riconoscimento dell'errore commesso, ragion per cui, sebbene sia ormai troppo tardi per riparare ai danni subiti dal settore della pesca durante il periodo di applicazione provvisoria dell'accordo, confida nel fatto che la deroga in questione sia soppressa il prima possibile.
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La commissione per la pesca invita la commissione per il commercio internazionale, competente per il merito, a proporre al Parlamento di approvare la conclusione dell'accordo, previo inserimento dei seguenti punti nel progetto di risoluzione legislativa:
1. chiede con insistenza che il regime derogatorio alle norme di origine per i prodotti della pesca trasformati previsto dall'articolo 6, paragrafo 6, del protocollo II allegato all'accordo di partenariato interinale tra la Comunità europea, da una parte, e gli Stati del Pacifico, dall'altra, sia sospeso al più tardi al termine delle consultazioni previste all'articolo 6, paragrafo 6, lettera d) del medesimo protocollo;
2. invita la Commissione a garantire che l'accordo di partenariato definitivo con gli Stati del Pacifico, tuttora in corso di negoziazione, non preveda alcuna deroga di questo tipo alle norme di origine per i prodotti della pesca trasformati.
ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
26.10.2010 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
19 2 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
Josefa Andrés Barea, Antonello Antinoro, Kriton Arsenis, Alain Cadec, João Ferreira, Carmen Fraga Estévez, Pat the Cope Gallagher, Marek Józef Gróbarczyk, Carl Haglund, Iliana Malinova Iotova, Werner Kuhn, Isabella Lövin, Gabriel Mato Adrover, Guido Milana, Maria do Céu Patrão Neves, Britta Reimers, Crescenzio Rivellini, Ulrike Rodust, Struan Stevenson, Catherine Trautmann, Jarosław Leszek Wałęsa |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
Diane Dodds |
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ESITO DELLA VOTAZIONE FINALE IN COMMISSIONE
Approvazione |
1.12.2010 |
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Esito della votazione finale |
+: –: 0: |
20 7 0 |
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Membri titolari presenti al momento della votazione finale |
William (The Earl of) Dartmouth, Laima Liucija Andrikienė, David Campbell Bannerman, Harlem Désir, Christofer Fjellner, Joe Higgins, Yannick Jadot, Metin Kazak, Bernd Lange, David Martin, Vital Moreira, Godelieve Quisthoudt-Rowohl, Tokia Saïfi, Helmut Scholz, Peter Šťastný, Robert Sturdy, Keith Taylor, Paweł Zalewski |
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Supplenti presenti al momento della votazione finale |
George Sabin Cutaş, Małgorzata Handzlik, Salvatore Iacolino, Syed Kamall, Maria Eleni Koppa, Jörg Leichtfried, Michael Theurer, Jarosław Leszek Wałęsa |
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Supplenti (art. 187, par. 2) presenti al momento della votazione finale |
Markus Pieper, Giommaria Uggias |
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