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Procedura : 2010/2739(RSP)
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RC-B7-0391/2010

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PV 17/06/2010 - 12.3

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P7_TA(2010)0246

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Giovedì 17 giugno 2010 - Strasburgo
Esecuzioni in Libia
P7_TA(2010)0246RC-B7-0391/2010

Risoluzione del Parlamento europeo del 17 giugno 2010 sulle esecuzioni in Libia

Il Parlamento europeo,

–  viste le sue precedenti risoluzioni sull'abolizione della pena di morte e sulle relazioni annuali relative ai diritti umani nel mondo, segnatamente quella del 2008, nonché l'esigenza di un'immediata moratoria sulle esecuzioni nei paesi in cui la pena di morte è ancora in vigore,

–  viste le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite 62/149 del 18 dicembre 2007 e 63/168 del 18 dicembre 2008, nelle quali si chiede una moratoria sull'applicazione della pena di morte (sulla base della relazione della terza commissione, A/62/439/Add.2),

–  visti gli orientamenti dell'Unione europea in materia di pena di morte, del 16 giugno 1998, e la loro versione rivista e aggiornata del 2008,

–  vista la dichiarazione finale adottata dal Quarto congresso mondiale contro la pena di morte, tenutosi a Ginevra dal 24 al 26 febbraio 2010, in cui si chiede l'abolizione universale della pena di morte,

–  viste le convenzioni internazionali in materia di tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

–  vista la politica di immigrazione e asilo dell'UE e visti la convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e il protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati,

–  visti il dialogo informale in atto tra l'UE e la Libia, finalizzato al consolidamento delle relazioni, e l'attuale cooperazione tra l'UE e la Libia in materia di migrazione (due progetti realizzati nel quadro del programma Aeneas e dello strumento per la migrazione e l'asilo) e di HIV-AIDS (Piano d'azione per la lotta all'HIV a Bengasi),

–  visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.  considerando che l'abolizione della pena di morte è parte integrante dei valori fondamentali dell'Unione europea; che il Parlamento europeo è fermamente impegnato a favore dell'abolizione della pena di morte e si adopera affinché tale principio ottenga un riconoscimento universale,

B.  considerando che il governo libico ha opposto resistenza ai progressi verso l'abolizione della pena di morte; che nel dicembre 2007 e 2008 la Libia ha fatto parte della minoranza di Stati che hanno votato contro le risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, approvate con successo, nelle quali si chiedeva una moratoria delle esecuzioni a livello mondiale,

C.  considerando che la Libia è divenuta recentemente membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il che comporta un'accresciuta responsabilità in materia di diritti umani,

D.  considerando che secondo quanto riferito da Cerene, un giornale molto vicino a Saif al-Islam al-Gaddafi, figlio del leader libico Muammar al-Gaddafi, 18 persone sarebbero state giustiziate il 30 maggio scorso a Tripoli e a Bengasi, tra cui cittadini ciadiani, egiziani e nigeriani, a seguito dell'accusa di omicidio premeditato, e che le loro identità non sono state rese note dalle autorità libiche,

E.  considerando che sussiste il timore che le pene capitali siano comminate al termine di processi che non soddisfano i criteri internazionali relativi al giusto processo,

F.  considerando che la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, di cui la Libia è firmataria, in particolare l'articolo 6, paragrafo 2, richiede agli Stati firmatari che non hanno abolito la pena di morte di applicarla «soltanto per i delitti più gravi»,

G.  considerando che i tribunali libici continuano a comminare la pena capitale, in gran parte per reati di omicidio e di droga, sebbene tale pena possa essere inflitta anche per un'ampia gamma di altri reati, tra cui l'esercizio pacifico del diritto alla libertà di espressione e di associazione,

H.  considerando l'assenza di statistiche ufficiali disponibili sul numero di persone condannate a morte e giustiziate ogni anno in Libia, e che stando a varie fonti oltre 200 persone, compresi cittadini stranieri, si trovano attualmente nel braccio della morte in Libia,

I.  considerando che i cittadini stranieri sovente non hanno la possibilità di avvalersi dei propri rappresentanti consolari e di servizi di interpretazione e traduzione nel corso dei procedimenti giudiziari,

J.  considerando che, a norma dell'articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, «nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»,

K.  considerando che, dopo la sospensione delle sanzioni internazionali nei confronti della Libia nel 2003, l'Unione europea ha sviluppato una politica d'impegno graduale con la Libia e alla fine del 2007 ha avviato negoziati per un accordo quadro,

L.  considerando che sinora l'UE ha intrattenuto con la Libia un dialogo informale e una serie di consultazioni finalizzate alla firma di un accordo quadro, anche in merito alle questioni relative alla migrazione, e che i negoziati in corso si sono protratti per almeno sette fasi negoziali tra le due parti, senza che si sia registrato alcun progresso sostanziale o alcun chiaro impegno da parte della Libia per il rispetto delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani,

M.  considerando che il maggiore ostacolo nelle relazioni tra l'Unione europea e la Libia è costituito dalla mancanza di progressi nel dialogo sui diritti umani, le libertà fondamentali e la democrazia, in particolare la mancata ratifica della Convenzione di Ginevra, nonché dall'aggressiva politica estera del regime libico, non da ultimo nei confronti degli Stati europei; che la Libia non possiede un sistema nazionale di asilo che disciplina la selezione e la registrazione dei rifugiati, la concessione del relativo status, le visite ai centri di detenzione e la prestazione di assistenza medica e umanitaria, lavoro che è stato svolto dall'UNHCR,

N.  che secondo l'UNHCR in Libia sono stati registrati 9 000 rifugiati – per la maggior parte palestinesi, iracheni, sudanesi e somali – di cui 3 700 sono richiedenti asilo provenienti principalmente dall'Eritrea; che i rifugiati rischiano costantemente di essere rinviati nei loro paesi d'origine e di transito, senza che i principi della Convenzione di Ginevra siano rispettati, e sono così esposti al rischio di persecuzione e morte; che si sarebbero registrati casi di maltrattamento, tortura e omicidio nei centri di detenzione per rifugiati, come pure casi di abbandono di rifugiati in zone desertiche ai confini tra la Libia e altri paesi africani,

O.  considerando che l'8 giugno 2010 le autorità libiche hanno ordinato la chiusura dell'ufficio dell'UNHCR, presente a Tripoli dal 1991 e composto da 26 dipendenti, in quanto i suoi rappresentanti avrebbero «commesso attività illegali»,

P.  considerando che alla Libia, come ai paesi che hanno sottoscritto accordi di associazione, è stato concesso un programma indicativo nazionale per un importo di 60 milioni di EUR per il periodo 2011-2013 affinché il paese possa continuare a fornire aiuti sanitari e a combattere l'immigrazione clandestina,

1.  ribadisce la sua opposizione di lunga data alla pena di morte in ogni caso e in qualsiasi circostanza; ricorda il fermo impegno dell'Unione europea di operare per l'abolizione della pena di morte ovunque e sottolinea ancora una volta che l'abolizione della pena di morte contribuisce a promuovere la dignità umana e a far progredire i diritti dell'uomo;

2.  condanna fermamente l'esecuzione di 18 persone il 30 maggio 2010 ed esprime il suo cordoglio e la sua solidarietà alle famiglie delle vittime;

3.  chiede alla Libia di rivelare i nomi delle 18 persone giustiziate, compresi quelli dei cittadini stranieri;

4.  invita la autorità libiche ad assicurare che alle persone arrestate in relazione agli eventi sopra citati sia garantito un trattamento umano durante la detenzione e processi giusti conformemente al diritto internazionale, compreso il diritto a un avvocato di propria scelta e il rispetto del principio della presunzione di innocenza;

5.  esorta le autorità libiche a progredire verso una moratoria sulle esecuzioni;

6.  esprime profonda preoccupazione per la chiusura dell'ufficio dell'UNHCR in Libia;

7.  esorta le autorità libiche a ratificare quanto prima la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e a consentire e facilitare lo svolgimento delle attività dell'UNHCR in Libia, inclusa la creazione di un sistema nazionale di asilo;

8.  invita gli Stati membri che rinviano gli immigrati in Libia, in cooperazione con Frontex (l'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea), a porre immediatamente fine a queste pratiche qualora sussista il serio rischio che la persona interessata possa essere sottoposta alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti;

9.  invita la Commissione e il Consiglio ad adottare misure relativamente ai negoziati con la Libia ai sensi dell'articolo 265 e dell'articolo 218, paragrafo 10, del TFUE, che prevedono che il Parlamento europeo sia «immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura»; ribadisce il suo invito ad essere pienamente informato in merito al mandato di negoziazione della Commissione a tale riguardo;

10.  afferma che qualunque cooperazione o accordo tra l'Unione europea e la Libia deve essere subordinato alla ratifica e all'attuazione, da parte della Libia, della Convenzione di Ginevra sui rifugiati e delle altre principali convenzioni e protocolli sui diritti umani;

11.  si compiace del fatto che una commissione presieduta dall'ex presidente della Corte suprema Abdulraham Abu Tuta stia procedendo a una riforma del codice penale e auspica che essa possa presentare a breve un rapporto in proposito; invita le autorità libiche ad avviare un dibattito nazionale libero e democratico sulla pena di morte con l'obiettivo di aderire al nuovo orientamento mondiale a favore della sua abolizione;

12.  si compiace della liberazione del cittadino svizzero Max Goeldi;

13.  incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione nonché agli Stati membri, all'UNHCR, all'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA), all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e alle autorità libiche.

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