RELAZIONE sulla discriminazione della donna nella pubblicità

25 luglio 1997

Commissione per i diritti della donna
Relatrice: on. Marlene Lenz

Con lettera del 22 ottobre 1996 la commissione per i diritti della donna ha chiesto l'autorizzazione ad elaborare una relazione sulla discriminazione della donna nella pubblicità.

Nella seduta del 15 novembre 1996 il Presidente del Parlamento ha comunicato che la Conferenza dei presidenti aveva autorizzato la commissione ad elaborare una relazione sull'argomento.

Nella riunione del 2 luglio 1996 la commissione per i diritti della donna aveva nominato relatrice la on. Lenz.

Nella riunione del 26-27 settembre 1995 ha deciso di inserire nella sua relazione, a norma dell'articolo 45, paragrafo 2 del regolamento, la seguente proposta di risoluzione:

- B4-0545/96 della on. Lissy Gröner, sulla discriminazione delle donne nella pubblicità, deferita il 13 luglio 1995 alla commissione per i diritti della donna per l'esame di merito.

Nelle riunioni del 24 febbraio 1997, 17 giugno 1997 e 23 luglio 1997 ha esaminato il progetto di relazione.

Nell'ultima riunione indicata ha approvato la proposta di risoluzione legislativa all'unanimità.

Hanno partecipato alla votazione gli onn. Dijk, presidente; Torres Marques, vicepresidente; Lenz, relatrice; Baldi; Blak (in sostituzione dell'on. Crawley); Colombo Svevo; d'Ancona; Flemming (in sostituzione dell'on. Banotti); Garcia Arias (in sostituzione dell'on. Frutos Gama); Ghilardotti; Grossetête; Gröner; Hawlicek; Heinisch (in sostituzione dell'on. Lulling); Keppelhoff-Wiechert (in sostituzione dell'on. Menrad); Kerr (in sostituzione dell'on. Crawley); Kestelijn-Sierens; Kokkola; Larive; Mann; McNally; Novo (in sostituzione dell'on. Eriksson a norma dell'articolo 138, paragrafo 2 del regolamento); Oddy (in sostituzione dell'on. Ahlqvist a norma dell'articolo 138, paragrafo 2 del regolamento); Oomen-Ruijten (in sostituzione dell'on. Peijs); Van Lancker; Waddington.

La relazione è stata depositata il 25 luglio 1997

Il termine per la presentazione di emendamenti sarà indicato nel progetto di ordine del giorno della tornata nel corso della quale la relazione sarà esaminata.

A. PROPOSTA DI RISOLUZIONE

Risoluzione sulla discriminazione della donna nella pubblicità

Il Parlamento europeo,

- vista la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo,

- visti gli articoli 1 e 5 della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna,

- vista la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

- vista la Conferenza di Vienna sui diritti dell'uomo, del 1993,

- visto il progetto di trattato di Amsterdam, in particolare l'articolo F, paragrafo 1 del trattato sull'Unione europea e gli articoli 2 e 6 A del trattato CE[1],

- visto l'articolo 1 della dichiarazione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

- viste le raccomandazioni del Consiglio d'Europa del 1984, sulla parità fra uomini e donne nei mezzi di comunicazione [2] e sui principi fondamentali della pubblicità televisiva [3], e del 5 febbraio 1985, sulla tutela giuridica nei confronti delle forme di discriminazione basate sul sesso [4],

- visto l'articolo 12 della direttiva sul coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (direttiva sulla televisione) [5],

- visto l'articolo 7 della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, del 5 maggio 1989,

- viste le richieste avanzate in occasione della Quarta Conferenza delle Nazioni Unite sulle donne, svoltasi nel 1995 a Pechino,

- vista la risoluzione del Consiglio del 5 ottobre 1995, concernente l'immagine dell'uomo e della donna nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione [6],

- visto il Libro verde della Commissione sulla comunicazione commerciale nel mercato interno [7],

- visto il Libro verde della Commissione sulla tutela dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi e di informazione [8],

- viste la comunicazione della Commissione sulle informazioni di contenuto illegale e nocivo su Internet [9] e la sua risoluzione del 24 aprile 1997 in merito [10],

- vista la sua risoluzione del 17 dicembre 1993 sulla pornografia [11],

- viste la Carta firmata a Roma il 18 maggio 1996 dalle Ministre degli Stati membri dell'Unione europea, la sua risoluzione del 24 maggio 1996 sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale [12] e la raccomandazione del Consiglio del 12 settembre 1996 sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale [13],

- vista la sua risoluzione del 14 ottobre 1987, sulla raffigurazione e posizione della donna nei mezzi di comunicazione di massa [14],

- vista la proposta di risoluzione della on. Gröner sulla discriminazione delle donne nella pubblicità (B4-0545/96),

- visto l'articolo 148 del suo regolamento,

- vista la relazione della commissione per i diritti della donna (A4-0258/97),

A. convinto che la discriminazione della donna viola i principi del rispetto della dignità della persona e dell'eguaglianza di diritti,

B. considerando che l'immagine della donna nella pubblicità può in alcuni casi dare adito a critiche se la pubblicità incoraggia la diffusione di cliché sessisti, il mantenimento di ruoli stereotipati e rappresentazioni umilianti e offensive del corpo femminile,

C. sottolineando che lo sfruttamento ingiustificato del corpo femminile a fini commerciali può offendere in modo particolare la dignità della donna,

D. considerando che i mezzi di comunicazione di massa influenzano i comportamenti sociali attraverso i modelli trasmessi e possono contribuire a un cambiamento della mentalità e alla realizzazione dell'eguaglianza rappresentando la varietà di ruoli dei due sessi,

E. convinto che la figura della donna si contraddistingue oggigiorno per la sua versatilità e che assegnarle un ruolo stereotipato è in contraddizione con la realtà femminile,

F. considerando che non esistono criteri universali in materia di pubblicità sessualmente discriminatoria,

G. consapevole che il modo in cui i messaggi pubblicitari vengono recepiti può dipendere altresì dal sesso e dalla cultura,

H. considerando che la pubblicità rispecchia anche aspirazioni sociali e può avere un impatto attraverso gli esempi positivi proposti,

I. considerando che la pubblicità può costituire uno strumento nella lotta contro il razzismo, il sessismo e la discriminazione, grazie ad un maggiore utilizzo dei diversi aspetti della società multiculturale di cui facciamo tutti parte,

J. consapevole del fatto che l'incisività degli slogan e la frivolezza dei testi sono tipiche della pubblicità moderna,

K. considerando che si delineano mutamenti nell'immagine della donna parallelamente all'evoluzione della società e che è complessivamente diminuita la frequenza delle denunce,

L. prevedendo che le attività di promozione commerciale aumenteranno in modo significativo con i nuovi servizi audiovisivi e di informazione, soprattutto su Internet, e che contenuti sinora chiaramente definiti assumeranno forme ibride,

M. considerando che i nuovi sistemi di comunicazione e i nuovi sistemi multimediali hanno modificato l'assetto dei mezzi di comunicazione, basato su meccanismi di controllo pubblici,

N. considerando che con i nuovi mezzi di comunicazione muta radicalmente anche il quadro per la tutela giuridica della dignità della persona e che si sta già discutendo di nuove forme di tutela,

O. esprimendo preoccupazione per le rappresentazioni violente nei nuovi mezzi di comunicazione,

P. convinto del fatto che alcune forme di pornografia offendono la dignità della persona, segnatamente quando sono accompagnate da immagini di violenza e di coercizione sessuale,

Q. convinto dell'inadeguatezza della legislazione degli Stati membri e della legislazione europea intese a impedire una rappresentazione umiliante della donna nei messaggi dei mezzi di comunicazione,

R. consapevole del fatto che solo di rado le disposizioni nazionali generali in materia di pubblicità, pur comprendendo la salvaguardia di interessi pubblici fra cui la tutela dei diritti umani e la tutela nei confronti di comportamenti antisociali, pongono l'accento sulla discriminazione sessuale,

S. consapevole del fatto che le restrizioni nazionali volte a garantire il rispetto di convenzioni sociali e le disposizioni nazionali in materia di autocontrollo sono estremamente difformi,

T. convinto che il diritto fondamentale alla libertà di espressione possa essere soggetto a limitazioni, nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 10, paragrafo 2 della Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo, al fine di tutelare la moralità pubblica,

U. convinto che la preminenza della dignità della persona richiede che essa sia rispettata anche nel gioco della concorrenza e che la violazione di tale dignità e la discriminazione di un sesso per incrementare le vendite di un prodotto sono intollerabili, per cui occorre fissare dei limiti quanto ai comportamenti ammissibili,

1. ribadisce che i diritti umani della donna rappresentano una componente inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti umani in senso lato e ricorda la dichiarazione dell'Unione europea sulla Conferenza mondiale sulle donne svoltasi nel 1995 a Pechino;

Unione europea

2. si compiace che nel progetto di trattato di Amsterdam la promozione della parità tra uomo e donna sia annoverata tra i compiti della Comunità così come la non discriminazione per motivi legati al sesso, ma si dichiara deluso dalle procedure decisionali prescelte;

3. ritiene che la tutela giuridica dei diritti fondamentali nella Comunità sarebbe rafforzata dall'adesione della Comunità stessa alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo;

Stati membri

4. chiede che sia data attuazione ai patti e alle convenzioni internazionali in materia nonché al principio della non discriminazione, a livello legislativo così come a livello pratico;

5. sollecita disposizioni legislative volte a proibire qualsiasi forma di pornografia nei mezzi di comunicazione e nella pubblicità, nonché il divieto di pubblicizzare prodotti pornografici e il turismo sessuale;

Pubblicità e mezzi di comunicazione utilizzati

6. invita i mezzi di comunicazione di massa ad assolvere al compito ad essi affidato a norma di legge per quanto riguarda il rispetto della dignità umana e la realizzazione della parità di diritti;

7. esorta i mezzi di comunicazione a contribuire al necessario cambiamento della mentalità allo scopo di concretizzare effettivamente la parità, e a non limitarsi a trasmettere immagini che comportano il mantenimento o un aggravamento della situazione di discriminazione esistente;

8. condanna la diffusione di immagini femminili nelle comunicazioni commerciali che sminuiscono la dignità della donna o la sua parità nei confronti del sesso maschile;

9. chiede che si lotti contro gli stereotipi sessisti nei contenuti, nelle immagini e nel linguaggio della pubblicità;

10. invita il settore della pubblicità a rinunciare in concreto e interamente a sminuire la donna a oggetto sessuale dell'uomo attraverso espedienti tecnici e raffigurazioni immaginose come il ridurre il ruolo femminile alla bellezza fisica e alla disponibilità sessuale;

11. incoraggia il settore pubblicitario a dar prova di maggiore e più costruttiva creatività nell'ideazione della pubblicità per evidenziare l'importanza della donna per la società nel lavoro, nella famiglia e nella vita pubblica;

12. invita l'associazione europea delle agenzie di pubblicità e la Commissione a promuovere una modifica nell'atteggiamento, attraverso iniziative di informazione e sensibilizzazione di carattere transnazionale rivolte ai mezzi di comunicazione e al settore della pubblicità, a favore di quei valori che possono caratterizzare e modificare l'immagine della donna;

13. ribadisce la richiesta di una partecipazione equilibrata di donne e uomini nel settore della pubblicità e nei mezzi di comunicazione, a livello produttivo e decisionale, per accrescere l'influenza delle donne sui contenuti della pubblicità e dei programmi sì che esse possano partecipare per tempo all'organizzazione del processo decisionale;

14. incoraggia le donne che operano nel settore della pubblicità a fondare agenzie di pubblicità proprie e/o alternative e a fare pubblicità all'insegna della non discriminazione e della parità di opportunità con strumenti originali e moderni;

15. raccomanda l'istituzione, presso i consigli dell'emittenza televisiva, di una commissione per gli aspetti etici dell'attività televisiva e pubblicitaria, che funga da organo di vigilanza neutrale ed elabori un codice etico;

Organi di autodisciplina del settore pubblicitario

16. invita il settore della pubblicità a fare in modo che le proprie procedure di autoregolamentazione sul piano nazionale ed europeo siano disponibili al pubblico, pubblicate e trasparenti, e che i singoli consumatori possano agevolmente presentare ricorso, senza incorrere personalmente in costi e con la prospettiva di una risposta sollecita e soddisfacente; incoraggia le aziende impegnate nell'autoregolamentazione a introdurre standard minimi in materia di pubblicità non discriminatoria;

17. valuta positivamente le integrazioni apportate al codice pubblicitario internazionale in occasione della sua più recente revisione (aprile 1997), con l'inserimento del divieto di messaggi che offendono la dignità umana o inducono alla violenza o a comportamenti illeciti

o riprovevoli e raccomanda di riformare ulteriormente l'ICC, in funzione della lotta contro le violazioni dei diritti della donna;

18. ritiene che la disciplina nazionale in materia pubblicitaria (competenze degli organi di vigilanza e norme disciplinari) debba evolvere nel senso di un'armonizzazione in ambito comunitario e che anche le norme e le restrizioni nazionali nel settore pubblicitario debbano di conseguenza convergere maggiormente a livello di Unione;

19. sollecita gli organi di autodisciplina a concordare forme efficaci per il controllo dell'attività pubblicitaria relativamente ai nuovi mezzi di comunicazione;

Commissione europea

20. invita a riflettere sull'opportunità che la Commissione istituisca un comitato consultivo per tutti i mezzi di comunicazione (Foro europeo dei mezzi di comunicazione), al fine di elaborare, con la partecipazione di tutti gli interessati, un'autoregolamentazione del settore pubblicitario contro qualsiasi forma di discriminazione;

21. invita la Commissione ad adoperarsi ulteriormente per promuovere nei mezzi di comunicazione e nella pubblicità un'immagine realistica della donna di oggi che svolge un ruolo attivo nel mondo del lavoro e si assume dei compiti nella società, e a tener conto anche della pubblicità nell'analisi della mutata percezione del ruolo dei due sessi;

22. propone alla Commissione di assegnare un premio europeo per la pubblicità sul modello del Premio NIKI;

23. esorta la Commissione a rielaborare l'attuale quadro normativo europeo relativamente al settore della pubblicità e sottolinea la necessità che la maggiore convergenza delle disposizioni nazionali garantisca al contempo un adeguato livello di tutela degli interessi collettivi;

24. invita la Commissione a dare attuazione alla piattaforma d'azione di Pechino per quanto riguarda l'aspetto donne e mezzi di comunicazione e a presentare ogni anno un bilancio dei risultati raggiunti;

25. invita la Commissione a promuovere la cooperazione fra le associazioni di categoria di livello comunitario nel settore della pubblicità e dei mezzi di comunicazione, le organizzazioni femminili e le organizzazioni non governative;

26. esprime pieno sostegno alla Commissione per quanto riguarda il progetto di creare un quadro giuridico coerente per tutelare la dignità della persona e impedire un uso scorretto dei nuovi servizi audiovisivi e di informazione;

27. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione, la motivazione e gli allegati al Consiglio, alla Commissione nonché ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, agli organismi di controllo della pubblicità degli Stati membri e alle federazioni europee di produttori di pubblicità.

  • [1] () CONF/4001/97.
  • [2] () Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R (84)17.
  • [3] () Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R (84) 3.
  • [4] () Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R (85) 2.
  • [5] () 89/552/CEE del 3 ottobre 1989, GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23.
  • [6] () 95/C 296/06, GU C 296 del 10.11.1995, pag. 15.
  • [7] () COM(96)0192 dell'8.5.1996.
  • [8] () COM(96)0483 del 16.10.1996.
  • [9] () COM(96)0487 del 16.10.1996.
  • [10] () A4-0098/97, cfr. processo verbale del 24.4.1997.
  • [11] () GU C 20 del 24.1.1994, pag. 546.
  • [12] () GU C 166 del 10.6.1996, pagg. 269-276.
  • [13] () 7047/2/96/riv. 2.
  • [14] () GU C 305 del 16.11.1987.

B. MOTIVAZIONE

INTRODUZIONE

L'immagine della donna nella pubblicità commerciale dà costantemente adito a critiche ed ha rappresentato uno degli aspetti esaminati nella relazione LENZ del 1987, sulla raffigurazione e posizione della donna nei mezzi di comunicazione di massa.

Già nel 1984 il Consiglio d'Europa aveva raccomandato la definizione di principi comuni europei nel settore della pubblicità per impedire rappresentazioni discriminatorie nei confronti della donna. La Quarta Conferenza mondiale sulle donne, svoltasi a Pechino nel 1995, ha sollecitato il superamento di stereotipi sessisti inveterati e di immagini degradanti della donna nelle comunicazioni commerciali a livello nazionale e internazionale. Nel 1995 il Consiglio Affari sociali ha lanciato un appello ai mezzi di comunicazione di massa e agli operatori del settore pubblicitario, invitandoli ad osservare l'obbligo che ad essi incombe di rispettare la dignità della persona ed evitare ogni forma di discriminazione.

I mezzi di comunicazione possono influenzare il comportamento sociale attraverso i modelli che essi presentano: riflettendo la varietà dei ruoli dei due sessi, essi contribuiscono a realizzare la parità tra uomini e donne. Gli stereotipi che presentano uomini professionalmente impegnati, abili negli affari e produttivi, ai quali si contrappone l'immagine di una donna casalinga, priva di autonomia e passiva, non corrispondono alla realtà sociale europea. Nel suo Quarto programma d'azione, la Commissione sottolinea la necessità di una nuova consapevolezza. La riuscita dell'opera di sensibilizzazione in termini di mentalità e valori può modificare l'immagine della donna nella pubblicità.

Ad essere chiamati in gioco sono soprattutto i nuovi mezzi di comunicazione, che hanno determinato negli ultimi dieci anni un radicale mutamento nell'assetto del settore dei mezzi di comunicazione, basato su meccanismi di controllo pubblico.

LA PUBBLICITA' OGGI

Nel mondo, la pubblicità attraverso i mezzi di comunicazione muove ogni anno più di 200 miliardi di dollari USA. In Germania, dei 41 miliardi di marchi investiti globalmente nel settore pubblicitario ben 20 riguardano i mezzi di comunicazione: il settore della stampa si finanzia al 50-70% attraverso la pubblicità, percentuale che passa rispettivamente al 30% e al 43% per emittenti pubbliche quali le tedesche ARD e ZDF e arriva al 100% per le emittenti commerciali. La quota maggiore della pubblicità rivolta al pubblico femminile riguarda il settore dei cosmetici e dell'abbigliamento intimo. Per quanto riguarda i beni di consumo effimeri, la pubblicità si rivolge sempre in maggior misura a entrambi i sessi. Se è vero che da un lato la pubblicità è circoscritta all'ambito nazionale/locale e deve tener conto di fattori tradizionali e culturali, d'altro lato essa assume un'impostazione sempre più internazionale e uniforme, in termini di contenuti, a causa della globalizzazione dei mercati. Nel mercato interno aumenta la pubblicità transnazionale, con azioni pubblicitarie per più paesi europei e l'internazionalizzazione dei mezzi attraverso i quali la pubblicità viene veicolata. Per quanto riguarda la scelta del mezzo, la questione del gruppo cui la pubblicità si rivolge riveste un'importanza primaria. I messaggi pubblicitari devono tener conto delle differenze culturali. Secondo quanto affermato dai pubblicitari, è dunque pressoché impossibile lanciare campagne pubblicitarie comuni a livello europeo. Nel Regno Unito, ad esempio, è escluso che si possano usare immagini di nudi dei due sessi per fare pubblicità.

Con l'inasprirsi della concorrenza e la valanga di informazioni che si rovescia di conseguenza sui consumatori, la pubblicità diviene più aggressiva. Ironia, erotismo, situazioni urtanti o vere e proprie offese, la tendenza è verso la provocazione. Solo ciò che irrita, infatti, "si fissa nella memoria del pubblico. Nella ricerca di trovate sempre nuove si corre spesso il rischio di urtare la sensibilità di qualcuno" [1]. Le trasgressioni sono diventate più numerose ma non significative poiché i pubblicitari devono badare alla propria reputazione, osserva il rappresentante del Deutscher Werberat (Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco) [2]. I pubblicitari volutamente disinibiti sono quindi una minoranza. Inoltre, oggi i consumatori sono organizzati meglio che in passato (associazioni di consumatori, organizzazioni femminili). Agli inizi degli anni '90 il boicottaggio attuato dai consumatori ha costretto ad esempio alla chiusura 200 filiali della catena Benetton.

La campagna pubblicitaria di un'azienda tessile tradizionale, trasmessa recentemente in prima serata dall'emittente tedesca ARD ha provocato decise reazioni. Il tono della campagna ricorda le linee telefoniche erotiche; secondo il responsabile dell'azienda, slogan come "i miei slip aspettano la vostra chiamata" o "lo vuoi a destra o a sinistra?" non si propongono di spaventare la clientela abituale ma solo di rinnovare l'immagine dell'azienda: giovane e scanzonata (troppo scanzonata o assolutamente priva di gusto?) [3]. In occasione di una sfilata di prêt-à-porter a Parigi, uno stilista ha presentato sulla passerella una modella che indossava solo una pelliccia di visone aperta. Il pubblico ne è rimasto scioccato. Su pressione dei cattolici, in Francia il cartellone pubblicitario del film Larry Flynt, che raffigurava un uomo nella posizione del crocifisso davanti a un enorme pube femminile coperto da un tanga, ha dovuto essere ritirato subito dopo la sua comparsa per decreto del tribunale; in Germania il ritiro è avvenuto su raccomandazione dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco. Negli Stati Uniti la sua diffusione era già stata vietata e anche in Olanda ha suscitato le proteste di potenti gruppi di pressione.

STATISTICHE - Critiche principali

Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione utilizzati, i settori, gli autori delle denunce e la frequenza delle stesse, da un'indagine condotta dall'associazione europea dell'autodisciplina pubblicitaria (EASA) risulta che nel periodo 1992-1995 gli organi di disciplina del settore pubblicitario di ben 11 paesi dell'Unione su 14 hanno più volte dovuto occuparsi di denunce concernenti l'immagine della donna (Danimarca, Grecia e Lussemburgo esclusi). (In Belgio, Irlanda, Spagna e Regno Unito vi sono state denunce quanto alla rappresentazione della figura maschile). Questi casi rappresentano complessivamente il 5% di tutte le proteste relative ai messaggi pubblicitari. Percentuali elevate si sono registrate in Austria, Germania e Spagna (25-51%).

In Germania, l'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco segnala una radicalizzazione delle posizioni. Nel 1995 esso ha respinto in quanto infondate il 75% delle lamentele.

L'accusa di svilire l'immagine della donna e offendere la sua dignità costituisce un tratto comune delle denunce in tutta l'Unione. E' cresciuta la sensibilità nei confronti della violenza (per quanto riguarda le denunce relative alla rappresentazione della figura maschile, la critica è "stupido e incompetente"). Le critiche mosse alla raffigurazione della donna vanno dal perpetuarsi di ruoli stereotipati alle grossolane dimostrazioni di cattivo gusto, dall'utilizzazione della donna quale richiamo sessuale per promuovere le vendite alla rappresentazione stereotipata delle relazioni fra i due sessi, sino al predominio dell'uomo sulla donna, alla sottomissione della donna all'uomo e alla propensione maschile alla violenza nei confronti della donna.

In base alle relazioni annuali dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco per il 1995 e il 1996 [4], il settore tessile si colloca al primo posto, seguito da quello automobilistico e dei prodotti alimentari. Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione utilizzati, in Germania sono le inserzioni sulla stampa a fare la parte del leone, con il 71% nel 1995. Delle 160 denunce presentate nel 1995, 40 riguardavano periodici destinati al grande pubblico, 25 quotidiani, 22 cartelloni pubblicitari, 132 riviste specializzate, 13 cataloghi e opuscoli. Gli spot televisivi contestati sono stati 24, ma in questo caso il controllo pubblico svolge maggiormente una funzione di filtro. Gli autori delle denunce sono singoli cittadini, associazioni femminili, uffici competenti in materia di parità e sindacati. Di norma la maggior parte dei pubblicitari reagisce positivamente, come confermano anche alcune associazioni femminili (Terre des Femmes in Germania). Dal 1972 al 1996 le denunce notificate dall'organo di controllo tedesco alle aziende interessate hanno provocato nel 95% dei casi la modifica delle pubblicità contestate o il loro ritiro.

DEFINIZIONI

Non esistono criteri universalmente validi per quanto riguarda la discriminazione sessuale nella pubblicità. Il concetto di morale è in costante evoluzione e la percezione di ciò che è provocatorio varia da individuo a individuo. Le norme giuridiche internazionali, le sentenze, le denunce, le direttive emanate dagli organi nazionali di controllo e le ricerche condotte forniscono criteri di valutazione.

La Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna definisce discriminatorie le distinzione in base al sesso che compromettono il riconoscimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali della donna, nonché i pregiudizi e le pratiche basati sull'idea dell'inferiorità o della superiorità dell'uno o dell'altro sesso o su una visione stereotipata dei ruoli di uomini e donne.

La Corte di cassazione federale tedesca ha definito discriminatoria in quanto lesiva della dignità della donna una pubblicità che evocava l'idea della "disponibilità sessuale" della donna [5]. Il tribunale regionale aveva respinto la denuncia adducendo a motivazione il fatto che la pubblicità moderna è caratterizzata da slogan icastici, testi frivoli e immagini con una forte valenza sessuale, aggiungendo che queste grossolane allusioni sono prive di qualsiasi significato sessista.

Per l'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco [6] la "rappresentazione sessuale riduttiva e chiaramente umiliante delle donne" non fornisce in quanto definizione (troppo vaga) alcuna certezza giuridica. Nella sua attività in quanto organo di disciplina, il criterio determinante cui esso si attiene per valutare le denunce è quello dell'opinione dominante nella società in materia di buon costume, pudore e morale.

Dai pareri pronunciati dall'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco si evince che presentare la donna in un ruolo tradizionale o superato, come "richiamo" o "elemento decorativo"

o con un riferimento sessuale o erotico non è di per sé umiliante o discriminatorio; occorre piuttosto che subentrino circostanze particolari, ad esempio lesive del comune senso del pudore [7].

L'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco ha ad esempio condannato una pubblicità che raffigurava due mani maschili su un seno nudo di donna con il sottotitolo "Lui se la gode, noi abbiamo la camicetta". La critica riguardava il ricorso alla sessualità quale strumento per aumentare le vendite [8]. Pure bocciata è stata la pubblicità di una bevanda alcolica che raffigurava una donna imprigionata in una rete con il titolo "Non avreste voglia di aprirla subito?". In questo caso l'Istituto di autodisciplina aveva sentenziato che lo slogan alludeva ambiguamente alla disponibilità sessuale della donna. Inoltre, è stata criticata la rappresentazione di una donna di colore presa in una rete come un animale feroce. La pubblicità di una casa editrice, che raffigurava una donna accovacciata in abbigliamento succinto è stata definita dall'organo di disciplina una discriminazione della donna a fini commerciali di un cattivo gusto particolarmente marcato [9].

La "discriminazione differenziata" della donna viene contestata più raramente dall'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria tedesco. Con discriminazione differenziata il Ministero federale tedesco per la donna e la famiglia intende fra l'altro quelle pubblicità che rappresentano le donne quali uniche consumatrici di prodotti per la casa. A giudizio dell'Istituto di autodisciplina si tratta di modi di vedere che non tengono conto della realtà. L'Istituto respinge di norma le posizioni più radicali dei critici della pubblicità [10]; nel caso delle contestazioni relative all'inserzione pubblicitaria di una compagnia aerea esso ha ad esempio osservato che, sostanzialmente, non vi è nulla di riprovevole nel fatto che un'azienda straniera faccia riferimento nella propria pubblicità a caratteristiche sociali del proprio paese, anche qualora queste ultime, misurate secondo criteri europei, non siano incondizionatamente condivisibili (lettera del 18.9.1991 in risposta all'associazione "Terre des Femmes", impegnata a favore dei diritti della donna).

STUDI E ANALISI

Nel 1979 si osserva che, in base all'immagine data del corpo femminile nella pubblicità, le donne, diversamente dall'uomo, hanno l'obbligo di essere belle, non possono ingrassare o invecchiare, sono esibizioniste, sciocche o cattive e sono più adatte a servire gli altri che a dedicarsi a una carriera professionale [11].

Nel 1987 si parla di un'immagine in evoluzione: i maghi della pubblicità si orientano verso un nuovo tipo di donna, l'angelo del focolare è demodé e si tiene conto in misura sempre maggiore dell'impegno professionale della donna. Pubblicità chiaramente misogine e sesso esplicito sono in declino [12].

Dal raffronto fra due ricerche sulla pubblicità televisiva, datate rispettivamente 1979 e 1988, emerge tuttavia che due topoi femminili (e i ruoli ad essi assegnati) sono rimasti pressoché immutati: da un lato la massaia materna e previdente e dall'altro la donna di sogno seducente e alla moda. Ad essi si è aggiunta una figura giovanilmente androgina, sicura di sé e professionalmente attiva, elementi questi considerati distintivi dell'emancipazione [13].

Più recente è il ricorso, nel linguaggio pubblicitario, a un frasario che potremmo definire "pseudofemminista" in quanto ancora sostanzialmente sessiste [14]. Il linguaggio sessista viene considerato un ostacolo per il superamento di modelli di comportamento socioculturali discriminanti [15].

Raffrontando i ruoli assegnati ai due sessi in 1.784 inserzioni pubblicitarie (1969-1988), la distanza fra ruoli maschili e ruoli femminili si è in apparenza ridotta (rappresentazione del successo professionale), ma le caratteristiche latenti peculiari a ciascuno dei due sessi rimangono sostanzialmente invariate (atteggiamento sottomesso e passivo della donna) [16].

In un'analisi delle pubblicità con una tematica sessuale, analisi che si propone di fornire un contributo alla modifica dei valori nel settore dei mezzi di comunicazione di massa, viene constatato che quasi tutti gli argomenti vengono "sessualizzati", laddove la sessualità dà un'impressione di apertura mentre nasconde cliché stereotipati e valori tradizionali [17].

L'immagine della donna nella televisione non è cambiata di molto: essa non rispecchia la vita reale delle donne, bensì continua a presentare ruoli stereotipati. Le donne sono imprigionate in ruoli caratterizzati dalla dipendenza e dalla mancanza di autonomia e debbono avere tassativamente un aspetto giovane e attraente [18].

L'analisi dettagliata della pubblicità di un profumo apparsa su un quotidiano rivela che, per quanto riguarda la presentazione dei due sessi, il messaggio pubblicitario non si limita a ripetere stereotipi tradizionali ma si spinge addirittura oltre, poiché le immagini suggeriscono l'idea della propensione alla violenza e dell'insensibilità maschile, cui si contrappone il ruolo succube della donna [19].

Ad onta di una certa originalità e modernità, agli inizi degli anni '90 si registra un'involuzione; la figura del padre moderno diviene rara e le donne appaiono sempre più belle nella loro nuova "libertà", con il detersivo in mano [20]. Gli stereotipi accantonati rinascono sotto nuove forme e il sessismo guadagna nuovamente terreno [21].

Viceversa, un'analisi del 1996 segnala che, accanto alla sopravvivenza di ruoli e cliché tradizionali, parallelamente all'evoluzione sociale sono riconoscibili mutamenti nell'immagine della donna che rispecchiano modelli sociali reali e si affiancano alla visione convenzionale. Oggetto dell'analisi era l'evoluzione dell'immagine della donna sulla base di 46 spot pubblicitari televisivi trasmessi fra il 1954 e il 1991 [22].

IL RECEPIMENTO DEI CONTENUTI DELLA PUBBLICITA'

Le ricerche effettuate giungono alla conclusione che il modo in cui la pubblicità viene recepita dipende dalla propria scala di valori, ossia dall'immagine che la donna ha di sé. Per questo motivo sono rare le pubblicità generalmente percepite dalle donne come discriminatorie nei loro confronti

[23]. Il giudizio sul carattere discriminatorio della pubblicità è inoltre condizionato dal sesso di appartenenza. E' raro che gli uomini avvertano come discriminatoria una pubblicità che utilizza l'immagine della donna quale richiamo. Molti uomini considerano naturale la visione della donna quale eterna seduttrice e quale oggetto sessuale (privo di volontà) e giudicano le critiche al riguardo come un segno di pruderie.

In base ad un'indagine, il 70% del pubblico televisivo critica tuttavia la commercializzazione del corpo femminile, la mancanza di figure femminili intelligenti e forti, la parzialità, gli stereotipi sessuali, il sessismo, l'immagine della donna "bella e oca". Non si tratta di morale sessuale bensì del messaggio trasmesso sulle donne. I pubblicitari e i responsabili dei programmi rimarrebbero troppo spesso prigionieri del mito secondo cui il ricorso al corpo femminile aumenta l'audience [24].

Il legame con il contesto culturale emerge chiaramente dalle reazioni provocate dalla campagna pubblicitaria di un produttore di acqua minerale. Mentre in Francia essa non aveva suscitato il benché minimo scalpore, tre anni dopo, nel luglio 1996, l'azienda ha dovuto ritirare in Belgio una pubblicità pressoché analoga, visto il successo del boicottaggio cui il gruppo di pressione europeo delle donne aveva invitato i consumatori. La pietra dello scandalo era rappresentata da tre donne stile anni '50 con il seno nudo e i capezzoli coperti da tappi a corona. Per il gruppo di pressione europeo delle donne si trattava di un chiaro caso di pubblicità discriminatoria, poiché la figura della donna non era in alcun modo collegata al prodotto.

Altrettanto discordante è stato il giudizio espresso sulla pubblicità di un profumo dai partecipanti a un seminario del Consiglio d'Europa. Confrontate con l'immagine di una donna appoggiata alla balaustra di un balcone, lo sguardo rivolto verso il mare, due psichiatre provenienti rispettivamente dalla Grecia e dalla Spagna sono giunte a conclusioni antitetiche, contrapponendo alla donna forte e indipendente la rappresentante archetipica di una donna irrimediabilmente prigioniera della propria femminilità. E' difficile individuare un denominatore comune per le immagini femminili positive e negative.

DIRITTO PRIMARIO

Tra le disposizioni di diritto internazionale che sanciscono la tutela della dignità della persona rientrano la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna.

Nelle disposizioni comuni del trattato sull'Unione europea l'Unione si impegna a rispettare i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. I diritti della donna sono una componente inalienabile dei diritti umani.

Gli atti legislativi in materia di pubblicità, informazione e pornografia incidono su diritti fondamentali. A livello comunitario, i diritti fondamentali vengono tutelati attraverso il riferimento ai principi comuni degli ordinamenti giuridici nazionali. L'adesione della Comunità alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ha accresciuto la protezione giuridica dei valori fondamentali [25]. Inoltre, il Parlamento europeo sollecita sin dal 1979 l'inserimento nei trattati di un elenco dei diritti fondamentali.

La richiesta della commissione per i diritti della donna corrisponde alla proposta avanzata dalla Conferenza intergovernativa (Dublino II), volta a inserire nei trattati, in occasione della loro revisione, una clausola antidiscriminatoria.

DIRITTO DERIVATO

In ambito comunitario lo strumento giuridico più importante per la pubblicità televisiva è rappresentato dalla direttiva sul coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (direttiva sulla televisione). La direttiva non incide sulle competenze degli Stati membri e delle pertinenti autorità nazionali ma coordina taluni settori fra cui quello della pubblicità televisiva, che non deve vilipendere la dignità umana o comportare discriminazioni in base al sesso. Nella messa a punto della direttiva si è partiti dal presupposto che l'articolo 12 della stessa dovesse riprendere nella sostanza le regole universalmente riconosciute dal settore. Tuttavia, data la formulazione vaga, finora non ci si è mai richiamati alla direttiva nei casi di pubblicità discriminatoria sottoposti all'esame delle autorità giudiziarie. Di conseguenza, si pone il problema dell'adeguatezza della normativa comunitaria volta a prevenire una raffigurazione umiliante della donna nei messaggi televisivi [26].

DISPOSIZIONI NAZIONALI IN MATERIA DI PUBBLICITA' E ORGANI DI VIGILANZA

Ferme restando le disposizioni legislative di carattere generale vigenti nella maggior parte degli Stati membri, che vietano la discriminazione in base al sesso (Francia, Italia, Lussemburgo, Austria, Paesi Bassi), alcuni paesi hanno varato leggi contro la discriminazione nella pubblicità in generale (Belgio, Grecia, Spagna, Regno Unito). Nella sua giurisprudenza sulla pubblicità discriminatoria, la Corte di cassazione federale tedesca applica la clausola dei comportamenti contro la morale prevista dalla legge sulla concorrenza sleale. La Corte parte dal presupposto che l'offesa arrecata alla dignità o la discriminazione di una fascia della popolazione per incrementare le vendite non corrisponde ai requisiti minimi da rispettare, in linea di principio, in termini di comportamenti (a mala pena) ancora tollerabili in quanto non offensivi secondo il giudizio dell'opinione pubblica e pr quanto riguarda la tutela di tutte le parti in concorrenza fra loro. La Corte non condanna pertanto le affermazioni discriminatorie nei confronti delle donne solo in base a criteri deontologici universali in materia di morale o buon gusto ma procede piuttosto a una valutazione etico-giuridica [27].

Nel settore della pubblicità pochi paesi hanno emanato disposizioni specifiche contro la discriminazione o norme rigorose per quanto riguarda la raffigurazione del corpo femminile. In Danimarca, Portogallo, Regno Unito e Belgio (radio e televisione) esiste un'autorità pubblica incaricata di occuparsi delle denunce concernenti pubblicità discriminatorie.

Le disposizioni generali relative alla pubblicità comprendono di norma il divieto di contenuti osceni, contrari alla morale o offensivi e mirano a salvaguardare interessi collettivi, ossia a tutelare i diritti umani e a prevenire comportamenti antisociali. Rientrano in questo campo il rispetto del senso del pudore e della dignità umana. E' raro che tali norme pongano l'accento sul divieto della discriminazione sessuale o sulla necessità di evitare stereotipi.

Le restrizioni previste dalle norme nazionali per salvaguardare interessi collettivi e le misure volte a garantire il rispetto delle convenzioni sociali in materia di buon gusto e pudore divergono fortemente fra loro. Stante tale difformità, la Commissione individua una necessità di azione ai fini della libera circolazione dei servizi. Nel suo Libro verde sulle comunicazioni commerciali essa dimostra, sulla base dei risultati di varie inchieste, che il regolare funzionamento del mercato interno non è affatto garantito in questo settore. La Commissione prevede che in futuro l'aumento della diffusione transfrontaliera della pubblicità commerciale attraverso i nuovi mezzi di comunicazione di massa renderà ancora più disomogenee le disposizioni giuridiche e si propone di eliminare gli ostacoli alla concorrenza attraverso la revisione del quadro giuridico europeo in materia di pubblicità (sulla base del principio della proporzionalità), garantendo al contempo un livello di protezione equivalente degli interessi collettivi. L'esempio della direttiva sulla pubblicità ingannevole rivela che le differenze nelle restrizioni previste dai vari Stati membri derivano dal grado minimo di armonizzazione previsto dalla direttiva stessa, se non dalla definizione della nozione di "ingannevole". La direttiva sulla televisione, da parte sua, non fornisce alcuna definizione della discriminazione sessuale.

Le associazioni di consumatori appoggiano l'armonizzazione delle norme sulla pubblicità, mentre i pubblicitari e gli organi nazionali di disciplina del settore puntano sull'autodisciplina, nel rispetto del principio del riconoscimento reciproco.

- EMITTENTI RADIOTELEVISIVE DI DIRITTO PUBBLICO

Nell'Unione europea solo poche emittenti radiotelevisive di diritto pubblico si sono dotate di un codice di condotta scritto, che nella maggior parte dei casi contiene indicazioni di carattere generale sulla raffigurazione dei due sessi, ma solo di rado indicazioni concrete quanto all'obbligo di evitare gli stereotipi a livello di immagini o di linguaggio [28]. Nella discussione si inseriscono le riflessioni circa l'opportunità di istituire organi neutrali di vigilanza [29], sotto forma di consigli dei mezzi di comunicazione in cui uomini e donne siano rappresentati in modo paritetico [30] o di comitati consultivi per l'emittenza televisiva sul modello spagnolo [31]. Si pensi al gruppo "Imago van de Vrouw" dell'emittente belga BRT o al gruppo "Vrouw in Beeld" delle emittenti radiotelevisive dei Paesi Bassi. In occasione della prima lettura della direttiva sulla televisione il Parlamento europeo aveva chiesto la costituzione di un consiglio dei mezzi di comunicazione, affiancato da una commissione per gli aspetti etici dell'attività televisiva.

Nel quadro del comitato direttivo per la parità nel settore radiotelevisivo, composto di rappresentanti delle principali emittenti radiotelevisive europee, la Commissione lavora dal 1986 alla messa a punto di azioni positive a favore delle donne nella programmazione ed ha pubblicato insieme all'Unione europea di radiodiffusione (UER) un codice di comportamento in materia di parità di opportunità.

La Commissione ha promosso la presentazione di un'immagine della donna vicina alla realtà attraverso progetti di ricerca e attraverso il cofinanziamento di programmi televisivi nell'ambito del Terzo programma d'azione (1991-1995). Tale obiettivo viene perseguito anche attraverso il Premio NIKI istituito nel 1988 (una delle richieste avanzate nella relazione LENZ). I premi conferiti ai programmi migliori o peggiori suscitano l'interesse degli addetti ai lavori. A titolo di esempio citiamo, a livello nazionale, il Prix Egalia della televisione svedese (SVT), assegnato alla trasmissione che ha fornito il maggior contributo alla promozione della parità di diritti tra uomini e donne, e la Saure Gurke (letteralmente, "cetriolo acido"), assegnata dal gruppo "Frauen in den Medien" (Le donne nei mezzi di comunicazione di massa) alla trasmissione più offensiva trasmessa dai canali tedeschi.

- MECCANISMI DISCIPLINARI DEL SETTORE PUBBLICITARIO

A fini di autodisciplina, il settore pubblicitario (aziende, agenzie pubblicitarie e mezzi di comunicazione utilizzati per la pubblicità) ha volontariamente istituito organi di controllo in tutti gli Stati dell'Unione europea allo scopo di intervenire, attraverso un esercizio di responsabilità collettiva, nei confronti di testi e immagini pubblicitarie reputate inopportune dalle aziende, dal settore pubblicitario stesso e dai consumatori.

Nel valutare le accuse mosse ai contenuti della pubblicità, gli organi di disciplina del settore si avvalgono delle norme nazionali in materia, dei propri codici di comportamento, del riferimento alla realtà sociale e dei principi del codice (etico) dell'attività pubblicitaria adottato dalla Camera di commercio internazionale (ICC). In base al codice ICC la pubblicità deve essere conforme alle leggi e al buon costume, onesta e veritiera. La pubblicità non rispondente a questi requisiti deve essere impedita o interrotta per tutelare l'opinione pubblica e garantire una concorrenza leale. Nell'aprile 1997 sono state inseriti principi relativi alla raffigurazione dei due sessi, ai sensi delle quali la pubblicità non può contenere affermazioni o immagini che offendono la dignità della persona o il comune senso del pudore ovvero che costituiscono una discriminazione in base al sesso.

A seconda del paese interessato, i meccanismi di disciplina del settore pubblicitario verificano a priori che la pubblicità rispetti determinate norme, formulano raccomandazioni preliminari, esaminano le denunce presentate, possono censurare pubblicamente una pubblicità o obbligare i responsabili a ritirarla. I mezzi di comunicazione vengono invitati a sospendere la diffusione della pubblicità contestata.

Secondo un'indagine EASA [32] la maggior parte dei paesi ha dichiarato che non esistono problemi rilevanti per quanto riguarda il rispetto dei codici relativi alla raffigurazione dei due sessi. In alcuni casi tali codici sono stati recentemente ampliati per vietare i messaggi discriminatori nei confronti della donna (ad esempio in Austria e Irlanda). Dal Libro verde della Commissione risulta che gli organi di controllo non ritengono necessaria un'armonizzazione a livello comunitario dei codici di condotta. In Austria e in Germania è aumentata la presenza femminile negli organi di controllo, mentre nei Paesi Bassi e nel Regno Unito le donne occupano le posizioni al vertice.

VIGILANZA A LIVELLO EUROPEO

L'organizzazione europea del settore pubblicitario, la European Advertsing Tripartite (EAT), ha istituito nel 1991 l'Associazione europea dell'autodisciplina pubblicitaria (EASA), della quale fanno parte 25 organi di disciplina pubblicitaria di 22 paesi diversi, fra cui tutti gli Stati membri dell'Unione. L'EASA non è un organo di autocontrollo poiché non ha funzioni di disciplina e non è responsabile dell'applicazione di un codice a livello europeo. Il suo compito è quello di promuovere un'efficace disciplina del settore pubblicitario a livello europeo, di coordinare i casi di contestazione di dimensioni transfrontaliere e di offrire un foro di discussione. L'EASA mira a conseguire un'omogeneizzazione in ambito europeo attraverso la convergenza, partecipando con funzioni consultive alla definizione dei meccanismi di controllo e dei codici di condotta nazionali. Essa ritiene che l'ottimizzazione della disciplina del settore pubblicitario a livello nazionale ed europeo sia preferibile all'adozione di una normativa europea ad hoc. Per quanto riguarda le denunce relative a pubblicità di carattere transnazionale, l'associazione verifica che la pubblicità in oggetto sia conforme alle norme di comportamento e alle disposizioni applicabili nel paese in cui ha sede il mezzo di comunicazione scelto per diffondere la pubblicità. La valutazione resta sostanzialmente di competenza degli organi nazionali di autodisciplina, cui l'EASA segnala i casi ad essa denunciati. In presenza di violazioni estremamente gravi da parte delle aziende che effettuano la pubblicità, l'EASA può ricorrere, come soluzione estrema, a una sorta di allarme pubblicitario europeo (Euro-Ad-Alert).

Fra il 1992 e il 1997 l'EASA ha esaminato 127 denunce relative a pubblicità di carattere transnazionale (14 nel 1994 e 51 nel 1995), riguardanti soprattutto la pubblicità diretta poiché questa formula viene utilizzata in modo sempre più massiccio in ambito internazionale. Fra il 1993 e il 1995 le denunce relative alla rappresentazione data dell'uno o dell'altro sesso sono state due all'anno, per lo più concernenti immagini di donne nude. In complesso, il modo in cui i due sessi vengono rappresentati non costituisce, secondo l'EASA, uno dei principali motivi di denuncia.

I NUOVI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA

Il carattere internazionale, decentrato, individualistico e difficilmente controllabile dei nuovi mezzi di comunicazione sta modificando radicalmente il quadro di riferimento per la tutela giuridica della dignità della persona. Occorre impedire, attraverso norme adeguate a livello nazionale ed europeo, l'uso scorretto dei nuovi mezzi di comunicazione per la diffusione di contenuti illeciti. In ambito europeo, finora solo l'articolo 22 della direttiva sulla televisione e l'articolo 7 della Convenzione europea sulle emissioni televisive transfrontaliere garantiscono una certa tutela per quanto riguarda i mezzi di comunicazione tradizionali.

Il Parlamento europeo ha più volte condannato il diffondersi delle immagini violente nelle applicazioni informatiche così come la pornografia della pubblicità a sfondo sessuale e di determinati programmi televisivi. Nel 1993 ha invitato il mondo del cinema, della televisione e della stampa a stroncare, attraverso l'autoregolamentazione, qualsiasi forma di pornografia. Occorre vietare la pubblicità di prodotti pornografici e del turismo sessuale.

E' necessario affrontare risolutamente il ravvicinamento delle disposizioni nazionali, la definizione di criteri comuni per la classificazione dei contenuti e di codici di autoregolamentazione per i nuovi mezzi di comunicazione, nonché l'adozione di misure volte a sensibilizzare gli utenti ed eventualmente la creazione di un quadro comune in materia di autocontrollo, così come di meccanismi europei di arbitrato e composizione delle controversie. Nella sua ultima relazione sulla società dell'informazione, il Parlamento europeo aveva auspicato la creazione di un diritto materiale per le comunicazioni e i mezzi d'informazione, nonché livelli e autorità di controllo e sorveglianza uniformi e coordinati per tutti i mezzi d'informazione [33].

Sulla base dei principi dell'attività pubblicitaria nel marketing tradizionale, la Camera di commercio internazionale sta lavorando alla definizione di norme ad hoc, per le comunicazioni commerciali tramite supporto elettronico o a carattere interattivo, che consentano di valutare la conformità della pubblicità in questione alle leggi del paese di cui essa è originaria. I criteri applicati sono quelli della responsabilità sociale, della concorrenza leale e della fiducia dei consumatori. Deve essere evitato qualsiasi messaggio pubblicitario che possa essere percepito come pornografico, violento, razzista o sessista.

I LIMITI DELL'AZIONE - LA LIBERTA' DI OPINIONE E LA LIBERTA' DI STAMPA

Quando si tratta di soppesare quale può essere la portata delle misure da adottare a livello nazionale ed europeo per garantire una maggior tutela nei confronti della discriminazione della donna nella pubblicità - così come di stabilire in che misura si debba tener conto della libertà di opinione nel valutare l'ammissibilità di un'inserzione pubblicitaria -, occorre conciliare la dignità della persona, che rappresenta un diritto fondamentale, e il principio della parità dei diritti con un altro diritto fondamentale qual è quello della libertà di opinione.

L'articolo 19 del Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici, così come l'articolo 10, paragrafo 2 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali ammettono la possibilità di disposizioni legislative volte a limitare, a fini di tutela della pubblica morale, la libertà di opinione, di stampa e di emissione radiotelevisiva sancita dalle Costituzioni nazionali, nell'ambito della quale possono rientrare le comunicazioni commerciali.

ALLEGATO 2

PROPOSTA DI RISOLUZIONE (B4-0545/95)

presentata a norma dell'articolo 45 del regolamento

dalla on. Gröner

sulla discriminazione delle donne nella pubblicità

Il Parlamento europeo,

A. considerando la risoluzione del 14 ottobre 1987 sulla raffigurazione e posizione della donna nei mezzi di comunicazione di massa (1),

B. considerando la risoluzione della commissione per le libertà pubbliche e gli affari interni del 17 dicembre 1993 sulla pornografia (2),

C. facendo riferimento ai limiti esistenti nel settore della pubblicità televisiva, fissati nell'articolo 12 (concernente la pubblicità discriminatoria) e nell'articolo 22 (concernente la tutela dei minorenni) della direttiva del Consiglio del 3 ottobre 1989 (3),

D. facendo riferimento al principio della parità di trattamento di uomini e donne nel settore deimezzi di comunicazione, ribadito nel terzo programma d'azione,

E. considerando il fatto che nel campo della pubblicità murale e illustrata le donne vengono spesso raffigurate, senza alcun riferimento al prodotto, semplicemente come specchietto per le allodole e oggetto sessuale e in tal modo degradate ad oggetto alla pari del prodotto stesso,

F. essendo persuaso che tali raffigurazioni offendono la dignità umana,

1. chiede alla Commissione di valutare la possibilità di proporre una normativa giuridica unitaria a livello europeo che vieti la discriminazione sessuale (stereotipizzazione) delle donne in tutte le forme di pubblicità stampata;

2. raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di elaborare un codice di comportamento per le aziende pubblicitarie e di verificarne l'osservanza, per evitare qualunque pubblicità, in parole ed immagini, che violi il principio del rispetto della dignità umana.

(1) GU C 305 del 16.11.1987, pag. 67.(2) GU C 20 del 24.1.1994, pag. 546.(3) Direttiva 89/552/CEE.